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Rank 2016 e differenza sul 2015 Chi sale e chi scende Rank Ateneo Diff. 1 Verona 0 2 Trento 0 3 Bologna 0 4 Politecnico di Milano 0 5 Milano - Bicocca 1 6 Padova -1 7 Politecnico di Torino 5 8 Siena -1 9 "Ca' Foscari" di Venezia 0 10 Piemonte Orientale 3 11 Pavia -1 12 Politecnica delle Marche -4 13 Macerata -2 14 Ferrara 0 15 Modena e Reggio Emilia 6 16 Salerno 10 17 Milano -2 18 Tuscia -1 19 Udine -1 20 Firenze -4 21 Iuav di Venezia -2 22 Stranieri di Siena -2 23 Torino 1 24 Roma "Foro Italico" -1 25 Brescia -3 26 Pisa -1 27 Chieti-Pescara 6 Rank Ateneo Diff. 28 Roma "La Sapienza" 0 29 Trieste 1 30 Perugia 5 31 Foggia 5 32 Insubria -5 33 "L'Orientale" di Napoli 1 34 Genova -5 35 Messina 4 36 Roma "Tor Vergata" 4 37 Teramo -6 38 Bergamo -6 39 Parma -2 40 Catanzaro 1 41 Roma Tre -3 42 Camerino 1 43 Sannio di Benevento -1 44 Basilicata 0 45 Molise 4 46 Salento 4 47 Cassino e del Lazio Merid. 0 48 L’Aquila 5 49 Politecnico di Bari 3 50 Sassari -2 51 Stranieri di Perugia -5 52 Mediterranea di Reggio C. -7 53 Urbino "Carlo Bo" -2 54 Catania 2 Rank Ateneo Diff. 55 Palermo 0 56 Seconda Univ. Napoli 1 57 Napoli "Federico II" 1 58 Bari 2 59 Cagliari 0 60 Della Calabria -6 61 "Parthenope" di Napoli 0 Fonte: elaborazioni del Sole 24 Ore Rank 2016 e differenza sul 2015 Ateneo Rank Diff. Luiss "Guido Carli" - Roma 1 1 Bocconi Milano 2 -1 S. Raffaele Milano 3 0 Libera Università di Bolzano 4 0 Univ. "Campus Bio-Medico" Roma 5 2 Liuc 6 -1 Cattolica del Sacro Cuore 7 -1 Valle d'Aosta 8 0 Iulm - Milano 9 0 Suor Orsola Benincasa 10 1 Libera Univ. "Maria Ss.Assunta" Roma 11 -1 UNINT (ex Luspio) 12 0 Lum Casamassima (Ba) 13 0 "Kore" Enna 14 1 Europea - Roma N.c. N.d. La classifica delle statali La classifica delle non statali

20170102-SOLE SOLE-7-Focus Universita 01 · cosiddette cattedre Natta), che a mio avviso vanno corrette (per esempio trasformandole in un piano “giovani ricercatori eccellenti”

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Page 1: 20170102-SOLE SOLE-7-Focus Universita 01 · cosiddette cattedre Natta), che a mio avviso vanno corrette (per esempio trasformandole in un piano “giovani ricercatori eccellenti”

UNIVERSITÀFOCUS LUNEDÌ 02 GENNAIO 2017

WWW.ILSOLE24ORE.COM

Le classifiche del Sole 24 Ore. Nel nuovo ranking sulla qualità di didattica e ricerca migliorano università meridionali come Salerno e Foggia, ma nel complesso il Sud resta in difficoltà

Verona e Trento al vertice degli ateneiTra le statali sul podio anche il Politecnico di Milano - Tra le non statali bene la Luiss e la Bocconi

Gianni Trovati

pLa  qualità  universitaria italiana continua ad abitare alNord, da Verona a Trento, dalPolitecnico di Milano a Bolo­gna, e fra i poli non statali ri­propone il solito terzetto ditesta: la Luiss, però, supera diun’incollatura la Bocconi, chesi piazza al secondo posto pre­cedendo il San Raffaele. 

Il  Mezzogiorno  continuainvece a soffrire e occupa sta­bilmente gli ultimi scalini del­le graduatorie, chiuse anchequest’anno dalla Parthenopedi Napoli fra gli atenei statali edalla Kore di Enna fra quellinon statali: anche a Sud, però,qualcosa  si  muove: Salernoconsolida il proprio status di“eccezione  territoriale”,  e scala dieci posizioni passan­do  dalla  26esima  posizionedel 2015 alla casella 16 e cen­trando il miglioramento piùnetto a livello nazionale, macrescono anche le quotazionidi Foggia, che sale di cinqueposizioni, di Messina, Cam­pobasso e Lecce, tutte con unguadagno di quattro posti inclassifica  rispetto  all’annoscorso,  e  del  Politecnico  diBari, che di scalini ne guada­gna tre. Al contrario viaggia­no le università calabresi, con

la Mediterranea che perde 7posizioni  (peggioramento più significativo a livello na­zionale) e quella di Cosenzache ne lascia sul campo sei.

La  nuova  edizione  deiranking universitari del Sole 24 Ore, articolata sui 12 indica­tori tradizionali che puntano a misurare i risultati di didat­tica e ricerca, mostra insom­ma una geografia della qualitàaccademica sempre più con­solidata,  soprattutto  per  igrandi atenei. Da segnalare ibalzi di Modena e Reggio (seiposizioni  in  più  dell’annoscorso, come Chieti) e del Po­litecnico di Torino (+5), men­tre tra i grandi poli in arretra­mento si incontrano Genova(­5) e Firenze (­4). Questa ar­chitettura  conferma  che  gliindicatori  utilizzati  per  co­struire il ranking riescono amisurare le dinamiche conso­lidate dell’accademia italiana,e che le performance delle di­verse strutture sono figlie di fattori di lungo periodo chehanno bisogno di tempo permostrare significativi cambi di ritmo.

Fin qui le classifiche gene­rali, che servono a dare un’in­dicazione di massima (e perquesto sono utilizzate anchedalle istituzioni che misuranoin termini ufficiali la qualità universitaria  spesso  per  di­stribuire una quota di fondipubblici) e una sintesi di feno­meni complessi, ma che da so­le non bastano certo a dare in­dicazioni complete sulla no­stra accademia. O a dire, sem­pre da sole, quale universitàsia da frequentare e quale siainvece da trascurare.

Una scelta di questo tipo, dacondurre con consapevolez­za sempre maggiore soprat­tutto in tempi nei quali il mer­cato del lavoro non offre solu­zioni facili, va basata sull’esa­me di una serie di dati moltopiù ampia, di cui gli indicatorie i punteggi pubblicati in que­ste pagine offrono solo la sin­tesi sommaria. Per questa ra­

gione il Sole 24 Ore, con unascelta di trasparenza che con­duce  ormai  da  anni,  offriràdalla prossima settimana sulproprio  sito  Internet(www.ilsole24ore.com)  undossier di documentazione incui per ogni indicatore sono disponibili i dati di base, con­sultabili in fogli excel in formaaperta per soddisfare le esi­genze informative dei diversipubblici  che  consultano  ilranking. Studenti e  famigliehanno la possibilità di consul­tare i dati di base che produco­no  ogni  singolo  indicatore,suddivisi per aree di studioquando le fonti ufficiali per­mettono questa scomposizio­ne. Docenti e strutture tecni­che delle università, dal cantoloro, hanno  la possibilità diutilizzare questi database perverificare gli effetti delle loropolitiche e condurre verifichee confronti con i risultati otte­nuti dagli atenei “concorren­ti”.  Nascono  da  qui  anche azioni  di  “autocorrezione”come quelle realizzate in que­sti anni da alcuni atenei su te­mi delicati come l’accredita­mento degli stage o gli sforzi(talvolta affannosi) di allarga­re la platea degli studenti cheottengono davvero la borsa distudio dopo essersi visti rico­noscere il diritto (si veda an­che l’altro articolo in pagina).

Estrarre dal mare dei datidodici  indicatori  sintetici, eda lì trarne una classifica com­plessiva, è insomma un eser­cizio inevitabilmente arbitra­rio,  che  mette  a  confrontostrutture diverse per storia,dimensioni e contesto territo­riale. I dati sul successo occu­pazionale o sulla trama deglistage certificati dal riconosci­mento  dei  crediti  formativisono evidentemente influen­zati dalla presenza di un tes­suto produttivo e dei servizi dinamico  e  interessato  alle competenze accademiche, e quindi “favoriscono” le areepiù vivaci del Nord e le grandicittà. I Politecnici hanno ca­ratteristiche proprie, e fannouna gara a sé sulla base dellecaratteristiche proprie deglistudenti di ingegneria e archi­tettura, mediamente più pun­tuali e mobili dei loro colleghidelle facoltà umanistiche. Co­sì fondato, però, l’esercizio of­fre indicazioni solide che tro­vano  nei  singoli  indicatorispunti articolati a seconda de­gli ambiti di interesse dei di­versi lettori.

Come sempre, gli indicato­ri sono divisi in due grandiambiti. I primi nove misura­no il polso alle attività di di­dattica dei singoli atenei, dal­la solidità della struttura deidocenti alla capacità di ga­rantire puntualità negli stu­di, collegamenti internazio­nali ed esperienze lavorativedurante il corso di laurea. Gliultimi tre misurano invece irisultati della ricerca, in tremacro­ambiti esaminati dal­l’Agenzia nazionale di valu­tazione: la qualità della pro­duzione  scientifica,  quelladei dottorati e la capacità deidipartimenti di ottenere  fi­nanziamenti esterni per i lo­ro progetti. Su questi ultimiaspetti  l’Anvur  ha  diffusonelle scorse settimane i pri­mi  dati  generali  del  ciclo2011­2014 di valutazione dellaqualità  della  ricerca  (Vqr),ma i ranking utilizzano i datidi dettaglio che saranno dif­fusi solo nei prossimi mesidall’agenzia. Per questa  ra­gione, i tre indicatori si riferi­scono  inevitabilmente  agliesiti  della  Vqr  precedente,relativa al 2004­2010.

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L’ANALISI

StefanoPaleari

Quel migliomancanteper il verosalto di qualità

u Continua da pagina 1

D a sottolineare anche ilcompletamento dellaseconda «Vqr», la

“valutazione della qualità della ricerca”. Rispetto a quella iniziale, che si riferiva al periodo 2004­2010, la nuovasembra evidenziare una maggiore qualità diffusa nelle Università italiane. Restano le differenze tra gli Atenei ma possiamo dire che i vagoni lenti hanno accelerato senza rallentare quelli veloci.

Come terzo punto, va senzadubbio rilevato un sistema di finanziamento che ormai attribuisce su base competitiva più della metà dei fondi. Si tratta di un traguardo che vede l’Università italiana primeggiare a livello europeo.

Infine, una ritrovata unitàdel sistema universitario pur all’interno di un contesto di risorse decrescenti e nella valorizzazione delle differenze che pure esistono. 

Nell’ultimo periodo, poi, pare essersi arrestata l’emorragia di studenti, anche in molte università del Sud, a testimonianza del lavoro svolto da dirigenti coraggiosi e accademici determinati. Ovviamente, il diritto allo studio, oggi insufficiente, resta fondamentale e questo Parlamento ha dimostrato una consapevolezza e una volontà ben oltre i confini della maggioranza governativa.

Fin qui le note positive che,per una volta, vale la pena menzionare prima delle dolenti. Sui fondi, inutile continuare a citare i tagli effettuati dal 2008; si sappia però, per evitare confronti davvero impropri, che le entrate correnti della sola Harvard o di Stanford valgono più di due terzi di tutto il finanziamento italiano. E che questo è un terzo di quello tedesco.

In realtà, la questione più urgente è quella giovanile. Due numeri: diecimila dottori di ricerca all’anno che si battono per meno di mille posizioni di ricercatore. E poi, pochissimi professori con meno di 40 e 50 anni e con dinamiche salariali tali per cuiil loro stipendio è inferiore alla pensione dei colleghi più anziani. Se non si interviene, anche ciò che di buono è stato fatto negli ultimi anni rischia di essere messo in discussione. 

Oggi il Governo ha davantia sé un’agenda chiara e, aldilà delle modalità scelte per alcune iniziative (le cosiddette cattedre Natta), che a mio avviso vanno corrette (per esempio trasformandole in un piano “giovani ricercatori eccellenti” selezionati secondo standard internazionali), c’è spazio politico anche in questo 

ultimo scorcio di legislatura. Mi permetto di suggerire pochi punti, rivolti in prevalenza ai giovani:

1) rivedere le modalità di ingresso in università, oggi estenuanti fino alla patologia, e consentire ai bravi di entrare presto e agli altri di dirigersi verso altre strade;

2) ridurre il gap tra dottoridi ricerca e nuovi ricercatori per evitare frustrazioni e brain drain;

3) aumentare la libera circolazione dei ricercatori, favorendo la mobilità tra gli atenei italiani;

4) promuovere in sede europea più libertà, che equivale a più opportunità: più libertà di movimento, attraverso il riconoscimento di un unico piano previdenziale; più libertà di ricerca e di didattica attraverso la promozione di progetti e carriere multidisciplinari sui grandi temi della società; più libertà di gestione, cioè maggiore flessibilità amministrativa in cambio della certificazione esterna dei bilanci; più flessibilità nel valutare le 

risorse umane con percorsi di carriera accelerati e premi al risultato. 

A fronte di queste richieste,spesso prive di impatto economico, alle università è chiesto di fare ogni sforzo affinché la loro attività sia il più possibile di impatto per la società. 

C’è da far ripartire il Paese,si devono accendere i motori, quelli della conoscenza e quelli di una nuova industria. Non perdiamo questa occasione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

LE NOTE POSITIVEBene l’affermazionedei costi standarde l’attribuzionesu base competitivadi oltre la metà dei fondi

I PUNTI CRITICIIl nodo centrale restala questione giovanile:anche i ricercatori più bravi fanno faticaa entrare nel sistema

ANNA GODEASSI

Diritto allo studio. Solo il 56% degli «idonei» riceve davvero il sostegno nel corso dell’anno accademico

Borsa negata a uno studente su duepPoco più di un’università su due riesce a garantire con la do­vuta tempestività la borsa di stu­dio a tutti gli studenti che ne han­no  diritto.  Rispetto  agli  anni scorsi, il dato è in leggero miglio­ramento, anche grazie al  fatto che l’indagine condotta oggi èandata oltre i dati ufficiali del mi­nistero per abbracciare anche le borse erogate più o meno affan­nosamente con risorse alternati­ve come il fondo sociale europeo,ma il problema rimane grave. 

A indicare il diritto alla borsadi studio sono dati fissati dalla legge,  cioè  l’Isee  (indicatore della  situazione  economicaequivalente) e l’Ispe (indicato­re della situazione patrimonialeequivalente), ma tanta “scienti­fica” oggettività si perde quan­do si passa all’atto pratico. Il ri­

conoscimento dell’«idoneità»,cioè del diritto dello studente aottenere la borsa, spesso si per­de nell’assenza di risorse pertradurlo in realtà.

La responsabilità è prima ditutto delle regioni, che hanno la competenza diretta sul tema e spesso hanno deciso di tagliare questa voce di bilancio ritenen­dola secondaria anche sul piano politico, ignorando l’ovvia con­siderazione che ridurre questerisorse significa mettere un’altra

piccola  ipoteca sul  futuro. Gli atenei nelle regioni più proble­matiche,  quindi,  non  possono che limitarsi a prendere atto del­la situazione, e in qualche caso adavviare appunto la ricerca alter­nativa  da  questo  o  quel  fon­do: con il risultato, paradossale, che a volte la borsa arriva anche molto tempo dopo la fine dell’an­no accademico a cui si riferisce(ma queste borse ritardatarie, at­tribuite dopo il 31 ottobre e quindinei fatti un rimborso ex post che abbandona il ruolo vero di finan­ziare gli studi di chi non ha i mez­zi, non sono calcolate negli indi­catori del ranking). 

Dal punto di vista dello stu­dente, però, quello che conta è il risultato finale, perché se la borsadi studio non c’è poco importa che a farla mancare sia la regione

o l’ateneo. Ad aggravare il pro­blema c’è il fatto che ancora una volta sono le regioni del Sud a mostrare i dati più sconfortanti.All’Orientale di Napoli  solo  il 15,6% degli studenti hanno visto realizzato il loro diritto alla borsadi studio, a Benevento i “fortuna­ti” sono il 22,3% mentre a Catan­zaro si arriva al 25,4% e a Palermoal 35,4 per cento. Sono numeriche parlano da soli, e che sanci­scono il fatto che il diritto è nega­to proprio dove  le condizioni economiche  delle  famiglie  lo rendono più indispensabile. An­che questo aiuta a spiegare i più bassi tassi di iscrizione all’uni­versità, e gli alti abbandoni, checaratterizzano  il  Mezzogior­no: chi ha i mezzi spesso sceglie di trasferirsi in atenei delle regio­ni che offrono più chance profes­sionali, e chi non li ha rinuncia deltutto all’università.

G.Tr.© RIPRODUZIONE RISERVATA

I MOVIMENTIBalzi in avanti per Modena, Chieti e il Politecnico di Torino mentre tra i poli maggiori arretranoGenova e Firenze

LE CAUSESul banco degli imputatic’è il taglio delle risorsedeciso da molte Regioniche hanno ritenuto questa spesa «secondaria»

La didattica. Bologna primeggia nella specialegraduatoria calcolata su nove indicatoriupagine 8 e 9

La ricerca. Dopo le prime della classe ottimo risultato per Padova e Milano Bicocca upagine 8 e 9

Gli stage. Brescia, Insubria e Piemonte Orientalesi confermano nelle posizioni più elevateupagine 8 e 9

Rank 2016 e differenza sul 2015

Chi sale e chi scende

Rank Ateneo Diff.

1 Verona 0

2 Trento 0

3 Bologna 0

4 Politecnico di Milano 0

5 Milano ­ Bicocca 1

6 Padova -1

7 Politecnico di Torino 5

8 Siena -1

9 "Ca' Foscari" di Venezia 0

10 Piemonte Orientale 3

11 Pavia -1

12 Politecnica delle Marche -4

13 Macerata -2

14 Ferrara 0

15 Modena e Reggio Emilia 6

16 Salerno 10

17 Milano -2

18 Tuscia -1

19 Udine -1

20 Firenze -4

21 Iuav di Venezia -2

22 Stranieri di Siena -2

23 Torino 1

24 Roma "Foro Italico" -1

25 Brescia -3

26 Pisa -1

27 Chieti­Pescara 6

Rank Ateneo Diff.

28 Roma "La Sapienza" 0

29 Trieste 1

30 Perugia 5

31 Foggia 5

32 Insubria -5

33 "L'Orientale" di Napoli 1

34 Genova -5

35 Messina 4

36 Roma "Tor Vergata" 4

37 Teramo -6

38 Bergamo -6

39 Parma -2

40 Catanzaro 1

41 Roma Tre -3

42 Camerino 1

43 Sannio di Benevento -1

44 Basilicata 0

45 Molise 4

46 Salento 4

47 Cassino e del Lazio Merid. 0

48 L’Aquila 5

49 Politecnico di Bari 3

50 Sassari -2

51 Stranieri di Perugia -5

52 Mediterranea di Reggio C. -7

53 Urbino "Carlo Bo" -2

54 Catania 2

Rank Ateneo Diff.

55 Palermo 0

56 Seconda Univ. Napoli 1

57 Napoli "Federico II" 1

58 Bari 2

59 Cagliari 0

60 Della Calabria -6

61 "Parthenope" di Napoli 0

Fonte: elaborazioni del Sole 24 Ore

Rank 2016 e differenza sul 2015

Ateneo Rank Diff.

Luiss "Guido Carli" ­ Roma 1 1

Bocconi Milano 2 -1

S. Raffaele Milano 3 0

Libera Università di Bolzano 4 0

Univ. "Campus Bio­Medico" Roma 5 2

Liuc 6 -1

Cattolica del Sacro Cuore 7 -1

Valle d'Aosta 8 0

Iulm ­ Milano 9 0

Suor Orsola Benincasa 10 1

Libera Univ. "Maria Ss.Assunta" Roma 11 -1

UNINT (ex Luspio) 12 0

Lum Casamassima (Ba) 13 0

"Kore" Enna 14 1

Europea ­ Roma N.c. N.d.

La classifica delle statali

La classifica delle non statali

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