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2018 | n.3 Infermieri Informati NOTIZIE DALL' OPI VICENZA EDITORIALE La strada da percorrere… FORMAZIONE Digital Health e nuove tecnologie informatiche a supporto della salute del paziente Diffusione Risk Management: risultati sulla tipologia dei rischi APPROFONDIMENTI Mobilizzazione precoce post-intervento di artroprotesi d'anca: è possibile usare il solleva-persone? Gli ha rubato la mente. Mi ha spezzato il cuore L'ANGOLO DELL'INFERMIERE City of Angels RIVISTA IN ABBONAMENTO

2018 | n.3 Infermieri · nuto con il nuovo PSSR 2019/2023 ed altri contenuti di interesse professionale di livello regionale). Il 2018 è stato anche l’anno dei cambia-menti politici

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2018 | n.3

InfermieriInformati

NOTIZIE DALL'OPI VICENZA

EDITORIALELa stradada percorrere…

FORMAZIONEDigital Health e nuovetecnologie informatichea supportodella salute del paziente

Diffusione Risk Management:risultati sulla tipologia dei rischi

APPROFONDIMENTIMobilizzazione precocepost-intervento di artroprotesi d'anca: è possibile usareil solleva-persone?

Gli ha rubato la mente.Mi ha spezzato il cuore

L'ANGOLODELL'INFERMIERECity of Angels

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ISSN 1721-2456Quadrimestrale

ANNO 2018NUMERO 3

DIRETTORE RESPONSABILEArianna Saugo

REDAZIONEFederico PegoraroSonia MarcanteMonica VaccarettiArianna Saugo

RESPONSABILE EDITORIALEFederazioe OPI di VicenzaViale Trieste, 29/C - 36100 VicenzaTel. 0444 303313 - Fax 0444 514311e-mail: [email protected]

PROGETTO GRAFICOElena Fattorelliwww.fattorelli.it

DIRITTITutti i diritti sono riservati.È vietata la riproduzione, anche parziale, senza l’autorizzazione dell’editore.

FOTOShutterstock

Infermieri Informati pubblica aggiornamenti, comunicazioni brevi, note di attualità, rassegne il cui contenuto sia di chiaro interesse professionale-scientifico infermieristico. Verranno presi in considerazione solo lavori originali (non pubblicati in precedenza) e che non verranno successivamente pubblicati altrove. La responsabilità del contenuto scientifico è esclusivamente degli Autori.La pubblicazione del materiale è subordinata al giudizio insindacabile della Redazione, la quale si riserva la facoltà di apporre piccole modifiche nel contenuto e/o nella forma.

Note tecniche: il materiale dovrà pervenire in formato elettronico(Word o Rtf) via e-mail con oggetto “Proposta di pubblicazione” all’indirizzo: [email protected] o su CD, completo di eventuali tabelle, immagini allegate (segnare nel testo, tra parentesi quadre e in grassetto, il punto di inserzione di ogni allegato). I lavori originali vanno scritti con interlinea 1,5, su una sola facciata, con pagine numerate progressivamente.Nella prima pagina saranno indicati: il titolo, il nome (per esteso), il cognome degli autori, qualifiche professionali ed Ente di appartenenza. Sempre nella prima pagina dovrà comparire il recapito dell’autore (preferibile l’indirizzo di posta elettronica).

In particolare per la sezione “Approfondimenti” è consigliabile la presenza di un riassunto in italiano e preferibilmente anche in inglese con relative parole chiave. Eventuali ringraziamenti saranno posti alla fine dell’articolo prima della bibliografia. Le tabelle andranno citate in extenso nel testo e con numeri arabi (ad es. tabella 1, figura 1, tutto minuscolo). Se si usano parole straniere è bene ricordare che non si declina mai (ad es. caregiver e non caregivers).La Bibliografia, secondo Vancouver Style, va inserita nell’ultima pagina e va numerata nell’ordine con cui le singole voci vengono citate nel testo. I richiami, nell’articolo, vanno in numerazione araba. Per le riviste: Autori (cognome e iniziale del nome). Titolo dell’articolo. Titolo della rivista; anno e dopo il punto e virgola (;) il volume. A seguito due punti (:) pagine. Non è obbligatorio indicare il numero del fascicolo.

Ad esempio:Storti M, Dal Santo P, Zanolin ME. A comparison study between two pain assessment scales for hospitalized and cognitively impaired patients with advanced dementia. Prof Inferm 2008; 61: 210-5. Per i libri: Autori (cognome e iniziale del nome). Titolo. Editore, città di edizione e anno di edizione.

Norme editoriali

InfermieriInformati

NOTIZIE DALL'OPI VICENZA

EditorialeLa strada da percorrere… 5

FormazioneDigital Health e nuove tecnologie informatichea supporto della salute del paziente 6

diffusione risk management:risultati sulla tipologia dei rischi 8

ApprofondimentiMobilizzazione precoce post-interventodi artroprotesi d'anca: è possibile usare il solleva-persone? 11

Gli ha rubato la mente. Mi ha spezzato il cuore. 14

l'Angolo dell'InfermiereCity of Angels 17

Indice

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Infermieri Informati | 2018 | n.3 5

C ara/o collegaIl 2018, anno di grandi cambiamenti, è giunto alla sua conclusione.

Pochi giorni fa il Consiglio Direttivo si è riunito per fare il bilancio del primo anno di mandato, un anno che ha cambiato in maniera radica-le l’essenza dell’Ente (grazie al passaggio da Collegio ad Ordine Professionale con l’entra-ta in vigore della Legge 3/2018) ed ha anche rinforzato quello che già la legge istitutiva degli ex Collegi IPASVI delineava per le sue due finalità:• ESTERNA, verso i cittadini che devono essere presi incarico da

professionisti competenti ed abilitati, in grado di erogare cure efficaci e sicure, vigilando sugli abusi professionali;

• INTERNA, verso i professionisti iscritti per i quali l’Ente si fa garante della tutela dell’immagine professionale e contribuisce allo sviluppo del professionista iscritto, ma provvede anche quando necessario a san-zionare i professionisti i cui comportamenti si esprimano in violazione di quanto previsto dal Codice Deontologico.

Un anno denso di attività che hanno visto coinvolti tutti i componenti del Consiglio Di-rettivo, con costante impegno e dedizione.Un anno che ha visto anche la ricostituzione del Coordinamento Regionale degli OPI del Veneto, tassello essenziale per compattare la professione e per poter intervenire con forza su argomenti il cui interlocutore principale ri-sulta essere la Regione Veneto (come avve-nuto con il nuovo PSSR 2019/2023 ed altri contenuti di interesse professionale di livello regionale).

Il 2018 è stato anche l’anno dei cambia-menti politici e del corpo dirigente profes-sionale a livello nazionale, è stato l’anno delle riflessioni sul modello di infermiere che dovremmo essere nel prossimo futuro.In primis a partire dalla consapevolezza, vista anch’essa in un’ottica di cambiamento.La presidente Barbara Mangiacavalli affer-mava recentemente che “Non possiamo es-

fermiere assumerà nei prossimi anni: “Come Governo abbiamo fatto più di qualcosa in questi primi 6 mesi di lavoro, contiamo per il prossimo anno di fare molto ma molto di più e gli infermieri saranno giocatori titolari nella partita del futuro del Servizio sanitario na-zionale […]. Come tutti sanno recentemente ho azzerato il Consiglio superiore di Sanità e nell’esaminare chi erano i componenti uscenti mi sono accorta che non solo mancavano le rappresentanze di molte professioni, ma che non c’era neppure un infermiere: ora ci sarà, ve lo assicuro”.

L’OPI di Vicenza, giovedì 13 dicembre scorso, ha allestito per la prima volta un evento di ac-coglienza nella comunità professionale per gli infermieri neolaureati della sessione autunnale del 2018; 61 emozionatissimi professionisti hanno assistito ad un evento che, oltre a favo-rire il senso di appartenenza con l’Ordine, ha cercato di dare corpo e valore al senso del no-stro mandato professionale: abbiamo bisogno di non abbandonare la clinica, di mantenere il rapporto, il contatto con la persona in quanto l’infermiere ha e deve avere sempre di più un rapporto privilegiato con l’assistito, che riesce ad esaltare solo se veicola la tecnica con un’a-deguata relazione di aiuto, non più parlando di ospedale e territorio o di continuità assisten-ziale tra questi, ma di domiciliarità e prossimi-tà con l’assistito.

La strada da percorrere è tracciata, sta a tutti noi seguirla assieme per diventare protagonisti del nostro futuro; dal canto nostro, come OPI, noi ci saremo, pronti a stare accanto a te.

Un Augurio Sincero di Buone Feste da parte mia e di tutto il Consiglio Direttivo a te ed alla tua famiglia.

Federico Pegoraro

sere spettatori passivi, ma dobbiamo essere attori protagonisti dell’evoluzione del sistema nei prossimi dieci anni e dobbiamo avere la capacità di gestire il cambiamento e l’innova-zione sia dal punto di vista manageriale che da quello clinico, perché si deve sempre avere ben presente il faro della relazione con l’assi-stito, la necessità di percepire i reali bisogni della persona. Siamo la professione che può governare l’evoluzione del sistema e per farlo dobbiamo essere consapevoli che tanto an-cora c’è da fare […]”.Consapevolezza (e competenza) che dovrà essere costruita, interiorizzata, consolidata e diffusa mediante:• Costruzione di solide basi culturali per

accogliere le innovazioni e consentirci di poter governare adeguatamente i bisogni di salute dei cittadini, in continua evoluzione;

• Sviluppo dei percorsi di formazione specialistica che coinvolgano anche l’infungibilità della professione, in quanto la specializzazione richiama l’infungibilità mentre la non specializzazione riconosce la compensazione;

• Presidio delle competenze contendibili, perché esistono ruoli e/o incarichi di responsabilità attribuiti in base a profili professionali ritenuti aprioristicamente più adeguati, non in base a competenze specifiche.

Il tema della formazione post base interes-serà anche il piano regionale, relativamente alla definizione di percorsi per i professionisti che dovranno ricoprire il ruolo di “esperto” (ex CCNL 2018) e non specialista ex Legge 43/2006 (professionisti con Master Universita-rio Clinico/Specialistico); su questo aspetto il Coordinamento Regionale OPI del Veneto sta già contribuendo.Un pensiero dichiarato dal Ministro della Salu-te Giulia Grillo nell’ultimo Consiglio Nazionale FNOPI va anch’esso nel senso dello sviluppo di consapevolezza del profilo di rilevo che l’in-

Editoriale

a cura diDott. Federico PegoraroPresidente OPI VICENZA

LA STRADAda percorrere...

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Infermieri Informati | 2018 | n.3 Infermieri Informati | 2018 | n.36 7

di Arianna Saugo

Dott.ssa Arianna SaugoMaster in Risk Management Infermiera presso Ambulatorio CardiologicoUlss 8 Berica Ospedale di Vicenza

Formazione

DIGITAL HEALTHe nuove TecnologieInformatichea supporto della salutedel paziente

Alcuni esempi di DIGITAL HEALTH:WEARABLES DI SAMNSUNGdi vari tipi e modelli che permette larilevazione di alcuni parametri fisiologici.

APPLE WATCH 4permette il rilevamento continuo della FC.

EMBRACE SMARTWATCHper monitorare le crisi neurologiche; è stato inserito nel mercato nel 2015 ed è in grado di:• monitorare i tipi più pericolosi di convulsioni• rilevare i parametri di chi lo indossa (come attività del sistema nervoso e temperatura corporea)

• elaborare i dati grazie all’AI (Artificial Intelligence) di cui è dotato• inviare sullo smartphone di un soccorritore l’allarme qualora si verifichi una crisi convulsiva.Inoltre, tale sistema permette il monitoraggio continuo dei dati fisiologici di interesse per il benessere generale, misurando il sonno, lo stress e l’attività fisica.

APP scaricabili per scopi di ricercaSi possono consultare particolari linee guida in real time. In caso di necessità per lo staff clinico tale modalità riveste un importante fattore di prevenzione, sicurezza e miglio-

ramento della qualità di assistenza erogata (Wearable wellness system).

APP CERTIFICATE, come ad esempio quelle sul controllo della temperatura corporea che può essere visualizzata sia dal paziente che dal medico.

Sicuramente esistono innumerevoli altri di-spositivi a supporto della salute. Da uno stu-dio effettuato e pubblicato su Mondo Sanità si evince che i sistemi informatici maggior-mente utilizzati, rispetto a quelli presenti in commercio, sono attualmente i text messa-ging e/o le e-mail.

La DIGITAL HEALTH ha tuttavia un prezzo in termini di aumento della circolazione di dati perso-nali e sensibili che non dovrebbe essere mai trascurato. Prima di tutto dal legislatore, ma anche da chi offre tali strumenti e servizi.Al di là degli aspetti privacy, un tema molto spinoso che tocca in modo diretto il settore della DIGITAL HEALTH è quello relativo alla classificazione degli strumenti che ne sono espressione. A cominciare dalle app. La linea di confine tra app semplicemente e genericamente funzio-nali al wellness e app diagnostiche/terapeutiche, soggette alla disciplina sui dispositivi medici, è ancora labile, anche perché le norme - nonostante gli sforzi dei legislatori, come quello statunitense con le guideline sulle mobile medical applications emanate dalla Fda, quel-lo europeo con linee guida Meddev 2.1/6 e il nuovo regolamento sui dispositivi medici (Ue) 2017/745 - non riescono a tenere il passo del progresso tecnologico, rapidissimo e inarrestabile.

a DIGITAL HEALTH è la convergenza delle tecnologie informatiche con i

campi della salute, dell'assistenza sanita-ria, dello stile di vita e la società, al fine di migliorare l'efficienza dell'erogazione delle cure sanitarie e rendere i farmaci più personalizzati e precisi

È una disciplina è cresciuta con l’evoluzione tecnologica. Se alcuni anni fa era impossi-bile immaginare un’assistenza al paziente che potesse utilizzare la “robotica”, al giorno d’oggi è quasi impossibile vivere senza un cellulare che permetta la comunicazione.Il numero di DIGITAL HEALTH APP è cresciu-to vertiginosamente negli ultimi quattro anni. Si è passati da circa 66 mila nel 2013 a oltre 318 mila nel 2017. Solo due anni fa, le app di questo tipo disponibili erano la metà di oggi (circa 165 mila).Evidenze scientifiche e risultati concreti stanno dimostrando che le applicazioni e le tecnologie di sanità digitale stanno davvero iniziando a creare benefici tangibili ai pazienti e, di conseguenza, alla salute umana.Alcune prove arrivano dal report Iqvia “The Growing Value of Digital Health”. Esso è suddiviso in tre aree tematiche: Innovation, Evidence e Adoption. Il documento mostra che la proliferazione degli strumenti di DIGI-TAL HEALTH, che comprende principalmente le health app e i sensori indossabili per i di-spositivi mobili, appaiono oggi davvero assai promettenti per contribuire al miglioramento della saluteIn un ulteriore studio pubblicato su PUB MED nel 2017 è stata valutata l’efficacia di un programma sulla sorveglianza elettroni-ca che prevedeva anche un supporto deci-sionale allo staff clinico che aveva in cura il paziente. Sviluppando un preciso algoritmo venivano inviati degli allert in tempo reale agli infermieri sulle proiezioni della sepsi con le indicazioni precise sulle gestione del caso: antibiotico profilassi e altre raccomandazioni specifiche derivanti da linee guida. I risulta-ti ottenuti sono stati significativi in quanto è stata riscontrata una riduzione del tasso di mortalità causata da sepsi nel periodo com-preso tra gennaio 2011 e settembre 2013.È così dal momento che, anche grazie a un numero sempre crescente di studi al riguar-do, nella comunità scientifica si sta creando sempre più consenso in merito alla loro effica-cia, e questo è il presupposto imprescindibile per consentirne l’impiego nella pratica clinica.

L

DIGITAL HEALTH e nuove Tecnologie Informatichea supporto della salute del paziente

Source: IQVIA Institure, Sep 2017

Bibliografia• Manaktala S1, Claypool SR2. Evaluating the

impact of a computerized surveillance algorithm and decision support system on sepsis mortality. J Am Med Inform Assoc. 2017 Jan;24(1):88-95. doi: 10.1093/jamia/ocw056. Epub 2016 May 25.

• FORUM RISK MANAGEMENT IN SANITÀ Dott, Ciapparelli: Sepsi e nuove tecnologie digitali

ed informatiche nel territorio, appunti di Arianna Saugo, Firenze novembre 2018.

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di Arianna Saugo

FormazioneDiffusione RISK MANAGEMENT:risultati sulla tipologia dei rischi

Dott.ssa Arianna SaugoMaster in Risk Management Infermiera presso Ambulatorio CardiologicoUlss 8 Berica Ospedale di Vicenza

RISCHI CORRELATI ALLUOGO DI LAVOROÈ una macro area ma si intendono, i rischi correlati agli ambiente in cui si svolge l’attivi-tà lavorativa e in cui i lavoratori autorizzati ad accedervi possono recarsi o sostare anche in momenti di pausa, riposo o sospensione del lavoro. Ne possono far parte ad esempio l’aerazione sfavorevole, illuminazione inade-guata, carenze nella struttura e nell’igiene dei locali.

DATO IL DIVIETO ALLA DIVULGAZIONE DEI DATI DELLA RICERCA, SI RIPORTANO DI SEGUITO CERCANDO DI PORRE ALL’ATTENZIONE DEL LETTORE I PROFILI DI RISCHIO EVIDENZIATI E LE LORO PARTICOLARITÀ.

RISCHIO SULLADIFETTOSITÀ DEL PRODOTTOQuesto aspetto è regolato dal D.Lgs. 206/2005 - Codice del Consumo, che rece-pisce la Direttiva Comunitaria n. 374/85).Il concetto di sicurezza è stato apposita-mente concepito in modo molto ampio per tutelare sia l’integrità fisica del consumatore, sia i suoi beni. Accanto infatti ai danni dovuti tradizionalmente a difetti in fase di progetta-zione o fabbricazione, il produttore è chia-mato a rispondere anche dei danni conse-

guenti ai difetti manifestatisi durante l’uso del prodotto da parte dell'utente.Quello che è bene sapere, però, è che la re-sponsabilità per i danni materiali e diretti che tale prodotto può causare non è solo da im-putare al produttore, inteso come fabbrican-te del prodotto finito, di una sua componente o della materia prima.È infatti da ritenere responsabile insieme al produttore:• chi appone sul prodotto il proprio nome,

il marchio o un altro segno distintivo;

N ei luoghi di lavoro, è risaputo, i rischi che possono intercorrere sono all’ordine del giorno e sempre di più negli anni si moltiplicano ed assumono caratteristiche ed entità diverse.Nel 2012, è stato avviato l’Osservatorio sulla diffusione del risk management nelle pic-

cole e medie imprese (comprese quelle sanitarie) con l’obiettivo di fotografare lo stato dell’arte sulla gestione del rischio nel tessuto industriale italiano. A partire dalla III edizione, il Consorzio realizza l’indagine in collaborazione con Mediobanca e si focalizza esclusivamente sulle medie imprese italiane. Nello specifico, la ricerca si distingue per avere le seguenti caratteristiche:1. Riguarda solo le medie imprese italiane (con un numero di dipendenti tra 50 e 499 uni-

tà e con un fatturato netto compreso tra i 16 e i 355 milioni di euro a livello consolidato).2. Presenta una classificazione dei profili di rischio in ordine di priorità sulla base della rilevanza

attribuita da parte degli imprenditori. Per ogni profilo vengono richieste le scelte di trasferimento assicurativo e la disponibilità sul mercato di prodotti adatti alle esigenze di copertura dell’azienda.

3. La classificazione dell’esposizione ai rischi viene indagata anche nei diversi settori merceologici: alimentare, chimico-farmaceutico, meccanico, metallurgico e beni per la persona e la casa.

4. Dall’indagine emergono dati sulla gestione del rischio che vengono confrontati con i risultati di fatturato. Negli ultimi due anni si sono evidenziate correlazioni positive tra la gestione integrata dei rischi e le performance economiche dell’azienda, ma anche tra la gestione dei rischi e la capacità di innovazione nonché con la proiezione verso i mercati internazionali maggiormente attrattivi.

L’indagine proveniente dall’osservatorio Cineas/Mediobanca del 2018 presentata il 6 novem-bre scorso al Politecnico di Milano offre un’ampia panoramica sulle caratteristiche dei rischi per le aziende citando in particolare:• aspetti legati alle normative (sicurezza sul lavoro, rischio inquinamento, etc..);• le innovazioni di Industry 4.0;• la gestione delle risorse chiave e i piani di formazione;• la pianificazione del passaggio generazionale. Tutti aspetti che fanno parte del processo integrato di valutazione dei rischi.

ogni giornole realtà sanitarie sono chiamatea gestire molteplici tipologie di rischio

• chi importa prodotti da paesi esteri alla comunità europea;

• chi vende prodotti di cui non si possono identificare né il produttore né l’importatore.

Un esempio su tutti: le informazioni e le istruzioni per l’utilizzo di un prodotto devono poter essere pienamente comprese da qual-siasi utilizzatore e prevenire fraintendimenti o erronee interpretazioni che, per la direttiva 374/1985, porterebbero quasi inevitabilmen-te alla configurazione della responsabilità del produttore.

RISCHIO CYBERÈ definito anche rischio informatico. Ogni azienda a seconda del settore di attività e della propria dimensione (ma tra queste rien-tra senza dubbio anche l’azienda sanitaria) possiede PC aziendali, uno o più server, e volumi di dati che necessariamente e quoti-dianamente incamera e gestisce. Ciascuno di questi device rappresenta una “porta” di accesso potenziale per chiunque nel mon-do sia intenzionato a danneggiare l’impresa. Secondo uno studio statistico condotto a

livello internazionale il “Netdiligence claims study 2015” tra questi vi sono:• Malware/virus 54%• Hacker 45%• Altre cause 1%

RISCHIO REPUTAZIONALERischio attuale o prospettico derivante da una percezione negativa dell’immagine dell’azienda da parte di clienti, controparti, azionisti, investitori o autorità di vigilanza.È un rischio di secondo livello, poiché deriva da eventi sfavorevoli riconducibili ad altre ca-tegorie di rischio, relative ad esempio all’area operativa, legale, di compliance o strategica.I rischi reputazionali possono derivare da:• incidenti che riguardano salute e sicurezza;• violazione delle norme sulla privacy, anche a seguito di attacchi cyber;• eventi e crisi operative (es. inquinamento accidentale);• richiamo di prodotti ed errori nel controllo qualità;• contraffazione involontaria del marchio altrui;• interruzione di attività e servizi;• irregolarità e perdite finanziarie;• partnership negative con terzi;• investigazioni legali e normative;• accuse riguardo a procedure aziendali;• questioni e violazioni etiche;• scandali che coinvolgono i testimonial del marchio.Eventi di questo genere arrivano facilmen-te all’attenzione di mezzi di comunicazione capaci di darne una risonanza tale da deter-minare un peggioramento nella percezione dell’azienda, quindi un danno reputazionale, con conseguente contrazione del volume degli affari, del valore del marchio e spese aggiuntive per rispondere alla crisi e ad ac-cuse o investigazioni legali.

DiffusioneRISK MANAGEMENT:risultati sullatipologia dei rischiDALL’OSSERVATORIOCINEAS/MEDIO BANCA 2018

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Infermieri Informati | 2018 | n.3 Infermieri Informati | 2018 | n.310 11

L a movimentazione manuale dei cari-chi, il sollevamento e il trasferimento del paziente rappresentano una delle

attività più faticose e rischiose dell’assistenza infermieristica. Questa pratica comporta un certo grado di rischio sia per il paziente sia per l’infermiere, soprattutto quando si tratta di un paziente ortopedico, operato di protesi d’an-ca e in stato di compromissione cognitiva. Il sollevatore potrebbe rappresentare un va-lido aiuto in quanto consente di spostare il paziente più facilmente, riducendo così il ri-schio di sviluppo di complicanze post-opera-torie e d’allettamento e il rischio di lesioni al rachide da parte dell’infermiere. Spesso an-che se presente nelle strutture ospedaliere, non viene utilizzato in quanto ci si trova di fronte a una precisa prescrizione medica che ne vieta l’utilizzo, soprattutto nel caso del pa-ziente operato di artroprotesi d’anca.

SCOPO DELLO STUDIONell’assistenza infermieristica al paziente post-operato di protesi d’anca, quali sono le indicazioni sulla corretta mobilizzazione? Quali sono le precauzioni e le controindicazio-ni? Quali sono le motivazioni per cui è consi-gliato o sconsigliato l’uso del sollevatore

RISULTATI1. Utilizzo del sollevatore nei pazientioperati di protesi d’anca:né in PubMed né in Cochrane Library sono stati trovati studi specifici sull’utilizzo del sol-levatore nella mobilizzazione di pazienti ope-rati di protesi d’anca.

2. Movimentazione dei pazienti dopointervento di protesi d’anca:sono stati trovati in PubMed 6 articoli ineren-ti, in Cochrane Library 2 articoli. Dai quali si evince che:1) La rapida mobilizzazione comporta una riduzione della lunghezza complessiva della degenza per oltre il 70 % dei pazienti (1).

presenza di comorbilità (come ad esempio il diabete mellito) (3).4) La comparsa delle complicanze aumenta progressivamente con l'aumentare dell'età (4).5) Una riduzione del dolore e l’esecuzione di programmi di esercizi preoperatori favorisco-no il recupero precoce e ottimale della mobi-lizzazione (5).6) Non ci sono prove di efficacia sufficienti per determinare l’effetto di ogni strategia di

2) La mobilizzazione durante il primo gior-no dall'intervento di protesi d’anca aumenta significativamente la probabilità di prognosi favorevole rispetto alla mobilizzazione nel giorno successivo all'intervento riducendo così la durata della degenza (2).3) I fattori che influenzano i tempi di recupe-ro nella riabilitazione del paziente operato di artroprotesi sono l'età, stato di salute gene-rale del paziente, tipo di protesi utilizzata e la

RISCHIO DA INVALIDANTE BUSINESS CONTINUITY MANAGEMENTIl Business Continuity Management è un processo gestionale olistico che identi-fica, in anticipo, il potenziale impatto di un’ampia varietà di interruzioni alla abilità dell’organizzazione di funzionare, consen-tendo a tale organizzazione di tollerare in parte o in tutto la sua capacità operativa.Gli elementi “chiave” del Business Continu-ity Management includono la comprensione del contesto nel quale è inserita l’organizza-zione; la comprensione dei prodotti e servizi critici che l’organizzazione deve consegna-re (i suoi obiettivi); capire quali ostacoli od interruzioni possono opporsi alla consegna dei prodotti e servizi critici; comprendere come l’organizzazione possa continuare a raggiungere i suoi obiettivi in caso di inter-ruzioni; comprendere quali risultati si otten-gono qualora siano resi operativi i controlli ed altre azioni di mitigazione; comprendere quali sono i criteri e le leve che fanno scat-tare la risposta all’incidente e all’emergenza e le procedure di ripartenza; assicurare la comprensione del proprio ruolo e delle re-sponsabilità da parte del personale, qualo-ra dovesse avvenire una catastrofe; creare un generale consenso e partecipazione alla realizzazione, diffusione ed esercizio della Business Continuity; integrare la Business Continuity nel business di tutti i giorni.Questo aspetto coinvolge tutte le funzioni aziendali e riesce a rappresentare in modo attendibile i rischi e gli impatti nei quali l’A-zienda può incorrere e ad aggiornarli tempe-stivamente al mutare dell’ambiente, la metà del lavoro è già fatto. In ambito sanitario e in determinati contesti viene utilizzata la ROOT CAUSE ANALYSIS (RCA), una tecnica di indagine applicata ad eventi di particolare impatto come ad esem-pio incidenti ed è finalizzata ad esaminare quanto accaduto ricercandone le cause. Il

si tende ad assumere una caratteristica in quanto è posta in opposizione diretta all’in-novazione. È un’idea abbastanza diffusa e condivisa che l’innovazione tenda a gene-rare prodotti avanzati di alta qualità mentre l’imitazione spingerebbe alla realizzazione di prodotti/servizi di bassa qualità, magari an-che creati con la violazione delle norme sulla proprietà intellettuale.Resta tuttavia il fatto che l’imitazione resta un aspetto cruciale all’interno dei processi di diffusione della conoscenza, delle innova-zioni e delle tecnologie poco approfondito. Tuttavia, ad ampio raggio in Sanità si parla Benchmarking ovvero uno strumento che permette di aiutare l'azienda a migliorare con continuità i propri processi apprenden-do dall'esperienza di altri. Il termine inglese Benchmarking è traducibile con "parametro di riferimento" e definisce lo standard con cui rapportarsi. Fu l’azienda Xerox, nel 1979, ad introdurre nell'industria contemporanea il concetto di Benchmarking. Mai in prece-denza si era pensato di migliorare i processi aziendali studiando e imitando le soluzioni più brillanti escogitate da altri. Oggi invece moltissime aziende dispongono di reparti dedicati al Benchmarking, diretti da manager specializzati in questo campo.

suo obiettivo è quindi focalizzato non tanto sulla ricerca delle responsabilità (chi è stato), quanto sulla identificazione degli interventi di miglioramento in modo da evitare il ripetersi dell’accaduto.

RISCHIO AMBIENTALE LEGATO ALLE ATTIVITÀ PRODUTTIVEÈ dato dalla probabilità che un determinato prodotto possa causare ingenti danni che possono colpire: l’uomo in termini di salute e l’ambiente (inquinamento). Il rischio ambien-tale può essere mitigato attraverso strategie di prevenzione, con azioni mirate alla riduzio-ne della vulnerabilità e coerenti ai progressi delle ricerche sulla pericolosità ambientale.

RISCHIO DACATASTROFE NATURALEUn disastro naturale è la conseguenza di un evento naturale violento, determinato da par-ticolari fenomeni (terremoti, inondazioni...) a volte amplificati dall'attività umana. Un disa-stro naturale può provocare la perdita di vite umane e causare danni ingenti la cui entità dipende anche dalla densità di popolazione coinvolta e dalla capacità di risollevarsi dopo l'evento. Qualsiasi azienda dovrebbe avere dei protocolli atti ad affrontare tale tipologia di rischio.

RISCHIO DA INCONGRUACOMPLIANCE CON LA NORMATIVAIl rispetto delle regole in alcune circostanze può venire omesso causando il verificarsi di incidenti sui luoghi di lavoro. Ne consegue una precisa e dettagliata attività di vigilan-za in materia di salute e sicurezza sul lavo-ro come riportato nel Testo Unico D.Lgs. n. 81/2008.

RISCHIO DALL’IMITAZIONEDEL PRODOTTO Quando si parla di imitazione di un prodotto

sia il pazienteche l'infermierepossono corrererischi durantegli spostamentipost intervento

ApprofondimentiFormazioneDiffusione RISK MANAGEMENT:risultati sulla tipologia dei rischi

Questi su presentati sono i rischi mag-giori emersi dall’indagine effettuata su piccole e medie imprese che forse ri-schia di andare fuori strada rispetto al concetto di Risk Management in Sanità, ma si sono volutamente riportati esempi di rischio che possono fungere da os-servatorio per le realtà sanitarie che ogni giorno sono chiamate ad affrontare e ge-stire molteplici tipologie di rischi.

Mobilizzazioneprecocepost-interventodi ARTROPROTESI D’ANCA:è possibile usareil solleva-persone?

AUTORE DELLA TESIDott.ssa Alessia Vaccaro

Laurea in infermieristica 2015

SINTESI DI TESI a cura diDott.ssa Sonia Marcante

Coord. attività didattiche e docenteCorso di Laurea in Infermieristica

sede di Montecchio P.Università di Padova

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Infermieri Informati | 2018 | n.312

Approfondimenti

do l’adduzione, la flessione superiore a 90° e l’intra-rotazione per prevenire il rischio di lussazione. Elementi predittivi dell’esito della riabilita-zione sono lo stato mentale, la mobilità e la funzionalità del paziente prima dell’infortunio che possono essere utilizzati come parametri per valutare il tipo di programma riabilitativo da impostare.

DISCUSSIONEPer quanto riguarda nello specifico le strategie di mobilizzazione del paziente operato di pro-tesi d’anca non ci sono prove di efficacia suf-ficienti per determinare l’effetto di ogni stra-tegia di mobilizzazione o programma. Rimane il fatto che la mobilizzazione dell’arto operato è necessaria al fine di ripristinare il livello to-no-trofico precedente il trauma, stimolare la circolazione periferica e prevenire la rigidità articolare dovuta al dolore post chirurgico.Nel caso in cui il paziente risulti non auto-nomo e non collaborante, queste tecniche

mobilizzazione o programma dopo un trat-tamento chirurgico per frattura del femore in pazienti anziani. Tuttavia è possibile migliora-re la loro mobilità anche se non è chiaro con quali strategie (6).

3. Movimentazione dei pazienticon compromissione cognitiva:sono stati trovati 2 articoli:1) I pazienti anziani con frattura dipenden-ti nelle ADL, con comorbidità psichiatriche (compresa la demenza), e un elevato numero di altri problemi di comorbidità sono a rischio per lo sviluppo di delirio: si raccomanda agli infermieri di valutare le capacità funzionali e cognitive dei pazienti in una fase iniziale della permanenza in ospedale (7). 2) Il programma riabilitativo viene attuato comunque nei pazienti anziani con frattura femore e cognitivamente deteriorati, anche se il loro stato cognitivo compromesso influ-isce negativamente sull’esito del programma riabilitativo stesso (8).

4. L’utilizzo del sollevatore:in Google Scholar sono stati trovati 3 articoli.1) I criteri per la selezione di sollevatori sono: le caratteristiche intrinseche (stabilità, fissag-gio dell’imbragatura, velocità di movimento, escursione del braccio elevatore, sicurezza e comfort del paziente, manovrabilità), altri criteri sono: la tipologia di paziente e le ca-ratteristiche strutturali degli ambienti (9).2) Esistono molti modelli per poter soddisfare le varie esigenze e le varie tipologie di utenza; è importante pertanto, al pari della scelta del sollevatore, valutare quale è l’imbracatura più idonea per quella persona e per il tipo di tra-sferimento che si deve effettuare (10).3) Esistono alcune controindicazioni di utiliz-zo, che devono essere valutate preventiva-mente:• nei casi di persone con tubo tracheale o

con drenaggio che devono mantenere una posizione supina;

• in presenza di frattura del femore o quando la persona ha limitazioni nel piegare l’arti-colazione dell’anca (11).

5. Assistenza infermieristica al paziente operato di protesi d’anca Fondamentale è l’integrazione e la collabo-razione tra infermiere e fisioterapista ai fini della riabilitazione dell’anziano con frattura femore pre e post intervento chirurgico. La riabilitazione si avvale all’inizio di un corret-to programma di cambio postura a letto, per infine raggiungere la stazione eretta e la de-ambulazione che avverrà con l’ausilio di un deambulatore e la presenza di 1-2 operatori. La riabilitazione va pianificata al momento del ricovero, deve avvenire a partire dalle 24-48h dall’intervento. Evitare nel primo perio-

manuali di sollevamento e trasferimento let-to-carrozzina/sedia, anche se eseguite con appropriata manualità, possono comportare un rischio elevato sia per il paziente sia per il personale addetto all’assistenza, per questo è bene valutare e scegliere la tecnica corretta di movimentazione in funzione delle caratte-ristiche del paziente (peso, capacità di col-laborare nel movimento, eventuali condizioni mediche che possono influenzare la scelta del metodo di sollevamento e riposiziona-mento). L'uso di ausili per la movimentazione dei pa-zienti consentono di spostare più facilmente il paziente, riducendo le sollecitazioni mec-caniche per il rachide dell’operatore. Per ausili si intendono attrezzature, dispositivi e strumenti di lavoro concepiti per ausiliare gli operatori nelle operazioni di sollevamento e trasferimento del paziente non collaborante o parzialmente collaborante. Si distinguono: ausili maggiori (sollevatori, carrozzine, comode e barelle) e ausili minori

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Mobilizzazione precoce post-interventodi artroprotesi d’anca:

è possibile usare il solleva-persone?

Mobilizzazione precoce post-interventodi artroprotesi d’anca:è possibile usare il solleva-persone?

(cinture ergonomiche, teli di scorrimento, pe-dana girevole, assi di scivolamento, trapezio). In ambito ospedaliero le operazioni più com-plesse di trasferimento di pazienti richiedono spesso l’uso del sollevatore.Mettendo a confronto gli articoli ricercati sull’utilizzo del sollevatore e i criteri per la se-lezione dello stesso i risultati ottenuti concor-dano su molti aspetti, quali:• il sollevatore è indispensabile per effettuare i trasferimenti di una persona non autosuffi-ciente dal letto alla carrozzina e viceversa; garantisce sicurezza alla persona e diminui-sce il carico assistenziale di chi assiste. Per un corretto utilizzo è necessario l’addestra-mento da parte dell’operatore;• esistono diverse tipologie di sollevatore: fis-so o mobile;• nel caso di un sollevatore mobile è impor-tante che l’altezza fra il margine inferiore del letto e il pavimento sia di almeno 8-10 cm, in modo da garantire lo spazio nella manovra di avvicinamento al letto;

• prima della scelta del tipo di sollevatore sarà indispensabile analizzare le seguenti de-terminanti fondamentali: tipologia dei pazien-ti, tipologia delle operazioni di sollevamento/spostamento dei pazienti, caratteristiche de-gli spazi dell’Unità Operativa;• non esistono controindicazioni assolute, ma la scelta del modello è sempre legata ad una attenta valutazione del singolo caso clinico che deve tenere in considerazione le condi-zioni di disabilità della persona e il contesto nel quale viene utilizzato il sollevatore;• alcune controindicazioni di utilizzo devono essere valutate preventivamente: nei casi di persone con tubo tracheale o con drenaggio che devono mantenere una posizione supi-na, in presenza di frattura femore o quando la persona ha limitazioni nel piegare l’artico-lazione dell’anca;• caratteristiche ottimali delle imbracature: essere realizzate in tessuto “antiattrito” e poroso, essere imbottite, avere la disponibi-lità di più misure e tipologie, essere di tipo contenitivo fino alle spalle o al capo (per gli anziani);• per quanto riguarda i sistemi di aggancio e in particolare l’imbracatura, le controindi-cazioni sono relative al mantenimento della posizione seduta: instabilità vertebrale, me-tastasi ossee, presenza di dolore forte e dif-fuso, rigidità articolari in particolare rachide, anche e ginocchia; rischio di lussazione delle anche in caso di artroprotesi (evitare flessio-ne maggiore di 90°), spasmi in flessione degli arti e opistotono;

CONCLUSIONI L’uso del sollevatore e le possibili implica-zioni per il paziente sono in generale poco trattate. Prendendo in considerazione le precauzioni alla mobilizzazione del paziente operato di protesi d’anca (come la limitazione nel flettere l’articolazione dell’anca oltre i 90°) non è possibile attualmente suggerirne l’uti-lizzo per l’elevato rischio di lussazione della protesi che compromettere l’esito dell’inter-vento stesso.

Sarebbero pertanto necessari degli studi tecnici, da parte delle ditte produttrici di sollevatori, che permettessero la crea-zione di imbracature conformate in modo tale da rispettare le limitazioni alla mobi-lizzazione del paziente con protesi d’anca, al fine di favorire l’utilizzo del solleva-per-sone e ridurre il rischio di lesioni al rachide da parte degli operatori.

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8. Heruti R.J., Lusky A., Barell V., Ohry A., Adunsky A. Cognitive status at admission: Does it affect the rehabilitation outcome of elderly patients with hip fracture? Arch Phys Med Reabil. Vol 80, April 1999; 80:432-6.

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10. Caracciolo A. I sollevatori/Hoists. Portale SIVA Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus. 2003; Milano.

11. Il sollevatore mobile (solleva-persone). Corso di formazione Ausili per la vita quotidiana nel progetto di autonomia possibile-Metodologia della scelta, conoscenza delle norme vigenti, riorganizzazione domestica-ambientale. 2007; Brescia

l’uso del sollevatorecomporta dei rischi epuò comprometterel’esito dell’interventostesso

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Approfondimenti

nell’aspetto, mi ha particolarmente colpito per il suo prendersi cura e per il tono della voce con cui si rivolge sempre a mio padre. Qualche volta, quando arrivo di buon’ora su-bito dopo il giro dei prelievi e prima delle cure igieniche, mi è capitato di vederlo seduto su questa seggiola, appena smontato dalla notte, con il sonno e la divisa addosso e la voglia di mettersi a parlare con mio padre. Mi commuove perché mi rivedo nei suoi tentati-vi di cercare un contatto con lui, di guardare dentro quegli occhi come velati di bianco, di cogliere un attimo di vigile coscienza o un bagliore di ragione in una mente che pare es-sere andata da un’altra parte. Chissà dove e chissà perché, pare chiedersi. E sembra par-lar da solo. Si sa soltanto quando e come è iniziata la deriva, come si legge nella cartella clinica e come racconto agli amici e ai parenti che ancora si ricordano e ogni tanto chiedo-no distrattamente di lui. Ancor più di questo giovane collega, anch’io ho cercato un approccio per anni, come fi-glia oltre che come infermiera. Ma lui, pur es-

iedo sconsolata su una seggiola ac-canto a chi un tempo è stato mio pa-dre, quando aveva una mente brillan-

te e una vita piena ed io ero una figlia di cui ancora si ricordava il nome. Tiene la mano ossuta aggrappata alla sponda del letto mentre gli accarezzo lievemente la fronte su-data e i capelli arruffati sul cuscino. Il caldo è soffocante nella stanza di degenza. Dalla finestra socchiusa sul parco che circonda la moderna residenza per anziani entra sol-tanto una leggera brezza che non mitiga la mia insofferenza per il caldo e la stanchez-za né dà sollievo ai corpi addormentati de-gli ospiti, avvolti nelle lenzuola stropicciate. È tardi, avrei dovuto essere a casa per l’ora di cena. Da qualche mese ho ricominciato a trascurare la famiglia, come i primi tempi della malattia, ma desidero fermarmi qualche momento ancora. Come se non ci fosse più tempo. Mio padre è qui da dieci anni, dopo i quattro passati con me. La malattia lo ha acchiappato appena sessantenne, in piene forze e d’improvviso. E non lo ha più lasciato. Stare bene. Sentirsi vivo. Essere se stesso. Mentre mi perdo nei pensieri, l’infermiere del turno di notte, quello che prende servizio ogni fine settimana, entra nella stanza, come fa sera dopo sera, con la flebo prescritta ad orario in mano. Mi saluta cortesemente con un sorriso, controllando la grafica ai piedi del letto e scambiando poi qualche piacevo-le convenevole. Si avvicina a mio padre per somministrargli con l’idratazione anche un po’ di vitalità, in un corpo rattrappito e rag-grinzito che se ne sta rannicchiato e contorto da anni su questo materasso ad aria. Non lo fa mai in silenzio, ma gli parla con gentilezza mentre cerca una vena per un buon accesso venoso su braccia dalla pelle di carta velina. Non sa che siamo colleghi, voglio restare in incognito qui dentro e lasciargli fare bene il suo mestiere. Ma non posso fare a meno di osservare gli infermieri e gli operatori che di volta in volta trovo affaccendati attorno a mio padre per accudirlo al posto mio. E que-sto collega, professionale nei modi e gentile

sendo un estraneo, è un infermiere che non si limita a somministrare pillole ma va oltre, con quella tenerezza empatica e spontanea che fa una certa differenza tra i professioni-sti della salute. Forse lo fa per una sensibilità più fine, per la sua intelligenza emotiva o per il suo vissuto. Non mi permetto di chiedere, mi basta vedere che questa attenzione verso mio padre rivela un bel modo di essere in-fermiere. Stasera, mentre regola il deflussore con il contagocce, mi sorprende quasi leg-gendomi nel pensiero: “Sa, io credo che sen-tono e percepiscono qualcosa. Non so fino a che punto ma, aldilà di questi sguardi assenti e smarriti e di un corpo che risponde sem-pre meno, penso che ci sia ancora qualcuno dentro, come intrappolato. E ha paura. Non riesco a non parlargli, io vorrei che qualcuno lo facesse con me se mi trovassi così. Suo padre deve essere stato una bella persona e lo è ancora”.Ed esce dalla stanza, lasciandomi lì, per continuare il giro delle terapie e per la sorve-glianza notturna, sparsa su più piani e lunghi

solo da pochi mesi, portata via da un cancro al seno, dopo anni di interventi e di chemio-terapie. Anche no, ancora, ricominciare con mio padre. Ma toccava a me. Come lo era stato con lei. E ho reagito, facendo quello che dovevo fare e facendolo meglio che potevo. Non sono mai stata sola, il marito e i figli mi hanno sempre dato una mano, ma il peso fi-sico ed emotivo lo avevo indubbiamente io sulle spalle. Per quattro lunghi anni il mattino andavo in corsia tra i pazienti del giorno che mi venivano affidati e, stimbrato il cartellino in ospedale, lo ritimbravo a casa da mio pa-dre per seguirlo e cercare in tutti i modi di mantenere le sue autonomie e conservare le sue memorie. Ricordargli di mangiare ciò che gli cucinavo, di assumere le terapie, di raccogliere il bucato steso ad asciugare. Far-lo passeggiare e giocare a carte con i nipoti. Ricordo ancora con tenerezza il quadernet-to sul quale mia figlia lo faceva colorare con i pennarelli nuovi. E poi rendersi conto che ogni tentativo di tenerlo ancorato al presen-te e al quotidiano, normale per noi ma non

corridoi avvolti dalla penombra.Sì. Ha ragione. Mi guardo attorno e mi ren-do conto che il nostro viaggio insieme nel-la demenza sta arrivando al capolinea. Non manca molto, ormai. Lo so, lo sento, lo vedo. Con gli occhi clinici da infermiera, con il cuo-re di figlia, con la ragione di chi ha imparato a prendersi cura di qualcuno che gli è affidato. Perché di mio padre sono stata infermiera, familiare, caregiver. E proprio in questo ordi-ne, anche temporale. Ho affrontato e gestito la sua malattia come fossi triplicata. Normale che io mi senta esausta, penso, perché ho dato tanto, ho dato tutto. Per tre. E in termini di tempo, sentimento, energie. E ritorno ai giorni lontani in cui l’Alzheimer è entrato in casa nostra, sconvolgendoci la quotidianità. Tra i familiari, mi sono accorta per prima che qualcosa non andava. La cli-nica l’ho vista tutta e ho fatto diagnosi an-cor prima di portarlo dai medici. Ma quando il neurologo ha confermato il mio sospetto il mondo mi è crollato comunque addosso. Al-zheimer lieve moderato. Mia madre era morta

Gli ha rubatoLA MENTE.Mi ha spezzatoIL CUORE.

S

di Monica Vaccaretti

Dott.ssa Monica VaccarettiInfermiera presso U.O. PoliambulatoriUlss 8 Berica e Consigliere OPI

Convegno Alzheimer IPAB Monte Crocetta 10 ottobre 2018

più per lui, svaniva nell’oblio e precipitava nell’assurdo. E allora dimenticava la strada di casa e ritornava accompagnato da qual-che buon’anima grazie ai documenti in tasca. Nascondeva pane e soldi in nascondigli mai scoperti. Mangiava solo latte e panbiscotto. Entrava per una visita alla moglie al cimitero dall’ingresso principale e ne usciva perso da quello sul retro, dopo essersi aggirato tra le tombe senza orientarsi e senza trovarla per donarle un fiore. Fuggiva per tornare alla sua casa di bambino, a Villabalzana, non ricono-scendola perché il tempo che passa aveva stravolto il paesaggio e, inseguendo i suoi passi o le sue falcate in bicicletta, lo ritrovavo smarrito e confuso mentre mi indicava, tra i cespugli del campo, i fratelli tornati bambini

c’è ancora ilsentimento,da qualche parte,che ogni tantoritorna, quandomeno te lo aspetti

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Infermieri Informati | 2018 | n.3

Approfondimenti

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Gli ha rubato la mente. Mi ha spezzato il cuore.

che giocavano a nascondino e li chiamava per nome. E li vedeva quei ricordi, si facevano vivi. E lui viveva in quel passato. E dormiva di giorno e restava sveglio di notte. Così avevo preso l’abitudine di accompagnarlo nell’orto nel pomeriggio e lo portavo a fare quattro passi la sera dopo cena, così da stancarlo e favorire il suo riposo notturno. Eravamo tutti schierati nella prima linea del fronte, in questa battaglia che era il nostro in-cubo continuo, anche quando sono arrivate le ombrellate ai passanti, gli schiaffi ai nipoti, gli scatti di aggressività quando si sentiva più spaventato del solito perché non capiva e di-sorientato lungo le strade di casa. Anche se manteneva la sua forza di uomo corpulento, diventava ogni giorno più fragile dentro. Il suo lento declino era iniziato poco dopo la perdi-ta di mia madre, che aveva un temperamento forte e deciso; mi son spesso chiesta se la sua mente avesse smarrito le coordinate per aver perso il suo punto di riferimento costan-te di una vita insieme. Non era mai stato un uomo affettuoso, non amava il contatto fisi-co, non ho carezze nei miei ricordi di bam-bina. E non vuole essere toccato neanche qui, quando lo lavano e lo vestono. Tuttavia, steso su questo letto, talvolta cerca la mia mano come per riconoscermi. Come se per-cepisse la presenza umana di qualcuno, non mi illudo che senta la mia. E tra tutti i nostri nomi chiama sempre quello di Gabriele, il suo ultimo nipote, tra i mugolii farfugliati che non dicono niente, unici suoni che emette a parte questo nome. Ma non dovrebbe ricordarselo, perché è un ricordo recente. Forse ha ragione l’infermiere del turno di notte: c’è ancora sen-timento, è ancora lui, da qualche parte, che ogni tanto ritorna, quando meno te lo aspetti. Magari di notte, quando c’è lui ad assistere, ma io purtroppo non lo vedo. Come infermiera, l’uomo che conoscevo come padre è morto nel momento della dia-gnosi. Perché sapevo già quale sarebbe stata la sua fine. Così come sapevo esattamente cosa dovevo fare per garantirli le cure più ap-propriate. Da protocollo. Come figlia invece l’ho perso lentamente ogni giorno nel corso degli anni, man mano che lo smarrivo in casa e per strada senza più sapere che fare per riportarlo a me se non al sicuro vicino a noi. Come familiare di riferimento, cui tutti face-vano affidamento, sentivo la mia stanchezza e non so ancora adesso come ce l’ho fatta ad occuparmi di tutto, trovando energie che non sospettavo di avere. Mi sentivo però in trappola, io con lui e lui sicuramente più di me. Sentivo che non ce l’avrei fatta ancora per molto. Quando si è aperta la prospettiva di ricoverarlo in una struttura adeguata, visto l’inesorabile aggravarsi del decadimento fi-sico e cognitivo, confesso di aver tirato un sospiro di sollievo. Senza sensi di colpa, sen-

za rimproverarmi nulla perché in fondo non lo avevamo mai lasciato solo. Avevo semplice-mente capito che dovevo farmi aiutare, affi-dandolo a mani sapienti e professionalmente amorevoli. Perché mentre lui scompariva, an-nientato dalla sua stessa mente, se mi fossi fatta prendere dalla malattia, avrei finito con l’ammalarmi pure io. Di qualcos’altro. Già l’Alzheimer mi aveva spezzato il cuore mentre a lui rubava la ragione.Ricordo il giorno in cui, seduti al tavolo della cucina, gli ho detto, tra una mezza bugia e una mezza verità, che lo avrei portato qui. La sera stessa del suo arrivo ero già di ritorno in bicicletta, dopo cena, mi mancava non averlo a casa. E ogni tanto andavamo a riprenderlo per qualche ora e ce lo portavamo dietro a fare un giro in auto, dove potevamo, come un bambino. Tornavamo anche a Villabalzana, dai suoi fratelli ancora nascosti nel boschetto dietro la casa che non c’era più. Finché non ha smesso di vedere anche loro. E ora mi tornano in mente tutti gli anni che l’Alzheimer ci ha rubato. Lo rivedo in giardino tra gli alberi da frutto e nel vitigno a potare prima della vendemmia, cantando con la piuma d’alpino i suoi ricordi militareschi prima che anche le ultime note gli fossero cancellate. Lo risento dire “Ho la parola sulla punta della lingua ma non mi viene in mente”, cercando così di nascon-dere la sua smemoratezza, ingannare la sua consapevolezza, mascherare l’esordio della malattia. Risento ancora le sue frasi ripetute, intervallate da silenzi e ordini dimenticati un attimo dopo averli ascoltati. E poi sono arri-vate soltanto le sillabe ed un mutismo inter-

rotto talvolta da parole e frasi senza senso e fuori luogo. Ricordo quando marciava avanti e indietro lungo i corridoi dell’istituto, instan-cabile. Quando gli parlavo per ore con la sen-sazione di parlare al vento o che ascoltasse senza capire e senza rispondermi, pur di mantenere una relazione. Quando gli parlavo con calma per non agitarlo, quando mante-nevo un clima sereno in famiglia perché una voce alterata tra noi lo innervosiva facendogli perdere il controllo. L’infermiere ritorna in stanza, la flebo è finita. Gli parla con garbo sistemando la piega del risvolto del lenzuolo e mi invita a tornare tran-quilla a casa, per riposare. Lo ringrazio e lo saluto, infinitamente grata. Mi fermo soltanto un attimo per dare un bacio sulla fronte a mio padre. E penso un’ultima volta che tra me e lui c’è l’Alzheimer. Ma tra l’Alzheimer e me, c’è mio padre. Con la sua forza, il suo spirito, la sua personalità. Lui vive e sopravvive nel-la mia memoria se non più nella sua. Come infermiera, donna e figlia me ne sono presa cura in mille modi diversi al meglio delle mie capacità e fragilità. L’ho accompagnato nei suoi mondi e ho cercato di fargli vivere le identità che di volta in volta si ritrovava ad-dosso senza volerlo e senza saperlo. Ho pro-vato a reiventare un legame con lui perché lui non è cambiato, no. Lui ha perso tutto. Per noi due l’Alzheimer è stato un fiume in piena che gli ha trascinato via ricordi, sentimenti, pensieri, personalità.E quando se ne andrà portato via dal vento in un giorno qualsiasi del tempo, ne custodirò il ricordo buono e ve ne racconterò la storia. Perché lui è mio padre.

impegno per aiutare le persone bisognose di cure ed assistenza”. Anche i miei passi si son fermati un pome-riggio, ci son passata casualmente davanti rincorrendo il caffe di fine turno. E ho foto-grafato, non con occhi clinici ma simpatici ed empatici, i lineamenti più o meno noti dei col-leghi stampati su quella parete. Ho cercato trovandoli visi amici, visi già visti da qualche parte, visi incrociati nei corridoi e negli ascen-sori, visi condivisi nei momenti di assistenza. Istantanee di Noi. Che andiamo in ospedale ogni giorno. Giorno dopo giorno. Notte inclu-sa. Gigantografie di gente strana che vive qui dentro, più che altrove, ma fuori di qui perso-ne normali con una vita semplice e complica-ta, come tutti. Che ci aspetta la sera. E che si lascia a casa di notte. Per poi riprenderla all’alba. Perché anche gli angeli, oltre alle ali per volare, hanno desiderio di un affetto sotto un tetto al quale tornare.Ogni fotografia si accompagna a una dida-scalia che racconta il pensiero di quel volto. Così che quell’istantanea catturata durante l’esercizio della professione diventa persona con un nome. Infermieri, medici, operatori sanitari sono uno accanto all’altro su quei pannelli, come nella realtà lavorativa di ogni giorno, condividendo il tempo di uno scatto e lo spazio di una parete anonima.L’ambiente diventa più bello, si riempie di sorrisi che accompagnano parole. Che dico-no ciò per cui non potrebbero vivere senza. E ciò di cui sono fatti i loro sogni. Che com-muovono per la loro semplicità ed autenticità. Scopriamo così che a Paola “piace accudire e abbracciare i piccoli che le vengono affida-ti, che se ne prende cura con una dolcezza ed un calore fuori dal comune. Che nel tempo libero ascolta sempre musica e le piace mol-to leggere. Che sogna di prendersi un anno per viaggiare in giro per il mondo”.

a qualche tempo c’è un angolo di-verso al piano terra del San Bortolo. Entrando dagli ingressi posti ai lati

del lungo corridoio sul quale si affacciano gli ambulatori della Chirurgia Maxillo Facciale, si nota come la parete sia rivestita di pannelli dalle sfumature di grigio che danno un tono di colore al bianco asettico. Avvicinandosi per raggiungere le varie destinazioni che cer-cano salute, i passi della gente che vanno di corsa si fermano piacevolmente incuriositi scoprendo di percorrere un sentiero fotogra-fico. Il grigio anonimo si delinea chiaramente in una galleria di volti di uomini e donne. Con un sorriso e una divisa addosso. Il grigiore della pellicola toglie il colore della casacca che contraddistingue le varie figure profes-sionali, ma stranamente i volti sembrano meno grigi, quasi illuminati, in un gioco di luci ed ombre su occhi e labbra ridenti. Il fotografo professionista Mauro Pozzer ha voluto valorizzare così, con il suo progetto City of Angels, il personale che lavora nel nostro ospedale raccontando il lavoro, le sofferenze e le gioie di chi dedica la propria vita ad aiutare il prossimo. “Talvolta chi entra in contatto con un ospedale non avverte il grande lavoro e sacrificio di queste perso-

ne. Ogni giorno è richiesto loro un grande impegno psicofisico per destreggiarsi tra orari di lavoro impegnativi e contesti di la-voro mutevoli. I nostri Angels sono profes-sionisti che si dedicano con passione ed

CITYofANGELSritratti di professionistie persone speciali

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Dott.ssa Monica VaccarettiInfermiera presso U.O. Poliambulatori

Ulss 8 Berica e Consigliere OPI

di Monica Vaccaretti

l'Angolo dell'Infermiere

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Infermieri Informati | 2018 | n.318

a tutti gli Infermieri dell'Ordine

l'Angolo dell'InfermiereCity of Angels - ritratti di professionistie persone speciali

nel freddo di una sera senza nuvole, inven-to la mia didascalia su una foto non ancora scattata.“Monica. Ama perdersi e ritrovarsi nei libri che legge e nelle storie vere che racconta. Nel tempo libero dalla professione infermieri-stica ama il mestiere dello scrivere. Non po-trebbe vivere senza la scrittura e una penna in mano. Il suo sogno è amare il suo complice e girare il mondo insieme condividendo pen-sieri ed emozioni, per sentirsi viva e libera. Il suo motto? Vivo ciò che scrivo, scrivo ciò che vivo”. Vivere felice, l’emozione di un sorriso, gli ab-bracci e qualcuno da strapazzare di coccole, una moto e un camper, il vento e il mare sul viso, il vino bianco e una tazza di caffè, isole lontane e sabbie avventurose, un bimbo che si aspetta e un uomo che si aspetta papà. Sono solo alcune delle parole più significati-ve e struggenti che dicono tutto il mondo che sta dentro di noi, che attendiamo di realizzare cercando di fermare il tempo che fugge e ci sfugge. E men-tre realizziamo i desideri più semplici del no-stro quotidiano negli intermezzi liberi dal lavo-ro che amiamo, accarezziamo in-tanto i sogni più arditi, appisolati con noi sul diva-no prima e dopo il turno in ospedale.

Ritroviamo Michele “un grande appassio-nato di montagna che nel tempo libero ama arrampicarsi con gli amici. Sogna di visitare l’Australia e correre la “Marathon des Sables” in Marocco. Per i suoi 50 anni ha già deciso di ricomprarsi la moto”.Che si legge di Riccardo? Che “Non sarebbe felice senza il vento cavalcando con il suo winsurf le onde e sentendo sul viso l’acqua fresca del mare”.Marcello non potrebbe fare a meno dell’emo-zione di un sorriso. “Ama le passeggiate in montagna e vorrebbe vivere in una baita. La sua bevanda preferita è il vino bianco struttu-rato da bere con gli amici”. Greta invece è “una grande appassionata di jazzercise e nel tempo libero non perde oc-casione per andare in palestra. Ama leggere e il suo libro preferito è il Piccolo Principe. Il suo sogno? Vendere gelati a Bora Bora in compagnia del suo cane”!Silvia si definisce “una sognatrice, un’in-guaribile romantica. La famiglia, l’amore e l’amicizia sono le cose più importanti nella sua vita. Il suo sogno è riuscire a fermare il tempo, per dedicarsi a tutte le persone a cui vuole bene, senza limiti”.Elisa sogna invece “di visitare l’India e di in-contrare il bimbo che sta aspettando di adot-tare. Ha due gattoni, Mafalda e Merlino, che sicuramente saranno due fantastici compa-gni di giochi per il piccolo che arriverà”.La massima aspirazione di Stefano “è vivere felice, magari gestendo un rifugio in monta-gna. Fa teatro ed è un bravo attore. Non a caso il suo personaggio storico preferito è William Shaskespeare”.Loredana è “un angelo che passa il suo tem-po libero strapazzando la figlia di coccole. La sua eroina preferita è Giovanna D’Arco, la sua scrittrice Jane Austen”.Giovanna è “una donna di una dolcezza in-finita e non potrebbe vivere senza la sua im-mancabile tazza di caffè”. Sonia, che sogna di andare a Istanbul, “ non potrebbe vivere senza la sua famiglia e neppure senza la piz-za”. Alberto ama lo sport e il sogno da realiz-zare al più presto è diventare papà.E poi troviamo Chiara che si diletta a fare marmellate, conserve e cibi essiccati. “Vor-rebbe visitare l’Africa in camper ma per il momento il suo relax è composto dal divano e… Jessica Fletcher!”.E mentre scatto qualche foto ai pannelli e ai volti degli infermieri che conosco, mi ricono-sco. Avrei voluto esserci anch’io sul muro per rendere più bello questo ospedale, che è la nostra seconda casa, con la forza del mio sorriso e del mio sogno. E nubivagando qui dentro, mentre fuori ci si avvolge nel buio e

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