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    Numero 30 anno III7 settembre 2011

    edizione stampabile

    L.B.G.PENATI, PENATI, PENATI.

    Guido MartinottiRIDISEGNARE MILANO

    Pier Vito AntoniazziLUMILT DEI CORRUTTORI

    Mario De GaspariEDILIZIA, FINANZA, SPECULAZIONE E TANGENTI

    Lorenzo SacconiPERCH LA CORRUZIONE FA COS MALE ALLA SINISTRA? 1

    Pietro Cafiero

    CONSIGLI DI ZONA TRA RIFORMA E CITT METROPOLITANA

    Alessio FornasettiSEA MALPENSA: LA TERZA PISTA, PERCH?

    Jacopo GardellaLARGO CORSIA DEI SERVI: UN NON LUOGO

    Marco PontiDECENTRAMENTO COMUNALE E MOBILIT

    Beatrice Rangoni MachiavelliLA RAPINA DI ARCORE

    VIDEO

    FRANCO DALFONSOMOVIDA E SERRANDA SELVAGGIA

    LA NOSTRA MUSICA

    Bruno MartinoESTATE

    Chat Baker alla Tromba

    Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit

    MUSICA a cura di Paolo ViolaARTE a cura di Virginia Colombo

    CINEMA a cura di Paolo Schipani e Marco Santarpia

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    PENATI, PENATI, PENATI.Luca Beltrami Gadola

    difficile essere del tutto obiettivinel giudicare i comportamenti di unapersona quando non se ne condivi-

    dano le idee. Le idee e la politica diPenati non li ho mai condivisi. Dalpunto di vista politico poco o nullaso della sua attivit di sindaco diSesto: solo sul sindaco della tua cit-t puoi esprimere giudizi fondati. Diquello che ha fatto in Provincia sap-piamo invece tutto e abbiamo avutomodo di giudicare.Non mi piaciuto il suo modo di farpolitica inseguendo il centro destranelle sue iniziative sulla sicurezza esulla strategia della paura. Non mi piaciuto il suo modo di inseguire i

    cosiddetti moderati cercando dicatturarli giocando sulle loro debo-lezze e non sulle loro virt. Non misono piaciute n le sue vicinanze aCl n la continua presa di distanzadalla sinistra pi a sinistra del Pd,da quel Pd che lui avrebbe voluto.Non mi piaciuto il suo modo di ge-stire il ruolo della Provincia in mate-ria urbanistica e soprattutto sullequestioni del Parco Sud. Non misono piaciute le persone delle qualisi circondato, portandosi appressoda Sesto i suoi pi stretti collabora-

    tori e facendone quasi dei pretoria-ni.Non mi piaciuto nulla di quello che

    ha detto durante la sua campagnaper le elezioni a presidente dellaRegione. I suoi discorsi avevano ilfiato corto e mai come per lui valevala battuta di Moretti dicci qualcosadi sinistra. Battuto alle elezioni, in-vece di svolgere il ruolo naturaleche gli sarebbe toccato, il capodellopposizione, ha accettato il ruo-lo di vicepresidente del Consiglioregionale, un ruolo istituzionale mamolto limitativo per iniziative di op-posizione. E stato il paladino di poli-tiche consociative. Basta questo

    dissenso di fondo per esprimere ungiudizio morale di colpevolezza?No. Quanti sono i colpevolisti con-vinti che sotto sotto si augurano so-lo luscita di scena di un avversariopolitico? Che senso ha proclamareche a questo punto bisogna cam-biare la classe dirigente del Pd? Senon ci fosse il caso Penati biso-gnerebbe lasciare tutto come pri-ma? Comunque finisca questa vi-cenda per Penati come uomo, iocredo che qualunque dirigente poli-tico debba avere ben chiaro in men-

    te leffetto che le vicende hanno neiconfronti della gente e sopratutto diquei cittadini che si sono spesi nellecampagne elettorali, lumile mano-valanza senza la quale non si vin-cono le elezioni.Sono tutti quelli che fanno un amarobilancio e paragonano la fatica per-sonale spesa con la leggerezza dichi mette a rischio e d un calcio atutto questo, considerando il suoruolo politico come una sorta di pa-trimonio personale del quale fareluso che pi aggrada. Banalmente,una regola aurea per chi fa politica quella del con lui neanche un caf-f e a questa Penati troppo spesso

    venuto meno. Non c scusa chetenga: quando per ragioni di ufficiosi devono intrattenere rapporti conchi ha un interesse, anche solo po-tenziale, a ottenere favori o occhi diriguardo, non c limite alla cautela:parlarsi in pubblico e meglio ancoraintrattenere solo rapporti scritti certamente possibile. Moralismo?No. Prudenza e rispetto per chi ciha dato il voto. E comunque, triste-mente, come disse De Filippo: Hada pass a nuttata.

    RIDISEGNARE MILANOGuido Martinotti

    La vittoria elettorale di Giuliano Pi-sapia e della coalizione che lha so-stenuto, ha coinciso con un momen-to felice nella storia delle consulta-zioni amministrative, ma anche conun momento di profonda crisi delsistema politico italiano e della na-zione italiana nel suo insieme. Co-me dice il saggio cinese della vulga-

    ta cosmopolitana i momenti di crisisono anche momenti di opportunit,ma, sempre per rimanere allinternodella medesima mitologia, una anti-ca maledizione metempsicotica ci-nese augura al nemico di poter ri-nascere in tempi interessanti. Enessuno pu negare che il nostrosia un periodo interessante, anchese talvolta linteresse sconfinanellorrore quando si scopre che inostri destini sono appesi alle deci-sioni di un signore in shorts verdicon la faccia sempre pi simile alla

    creatura che prende il nome dallesue prodezze legislative.Ma il grande successo porta con smolti problemi: se le aspettative so-

    no grandi, le delusioni possono es-sere grandissime. E questa unacomponente, se vogliamo chiamarlacos, psicologica o emotiva matuttaltro che immateriale o irrilevan-te: ci dovrebbe essere da qualcheparte un termometro appeso chemisura lo stato delle aspettative edella loro soddisfazione. Il che non

    significa affatto cedere al solo mi-raggio del consenso: ci sono scelteimpopolari che possono, anzi devo-no essere prese con coraggio sesono per il bene comune e molteaspettative di chi ha votato per que-sta coalizione vanno nel senso diauspicare scelte coraggiose e giu-ste piuttosto che scelte popolari. Maal di l di questa preoccupazionediciamo cos metodologica, la vitto-ria milanese, con le altre di questatornata, pone un problema di fondoche ha valore per tutto il paese.

    La ricostruzione di un rapporto ge-nuino, cio veritiero ed efficiente trala societ comunale, lamministrazione pubblica e il decisore politico.

    In particolare il rapporto tra politicae amministrazione, va rivisto radi-calmente come dimostrano anche lerecenti tristi vicende che hanno in-vestito amministratori importanti deipartiti di sinistra, uno dei quali a-vrebbe facilmente potuto esserecandidato a Sindaco di Milano per lacoalizione antimorattiana. Non pos-

    siamo continuare a passare da unoscandalo allaltro, lasciando chenellintermezzo le pratiche corruttivevengano semplicemente ridottetemporaneamente a bassa intensi-t, accumulando cattive pratichefino alla prossima esplosione. Sem-pre pi ci si rende conto che i costiillegali della politica vanno iscrittimolto in alto nella lista dei problemiprioritari del nostro sistema politico,ma questa classe dirigente, sia alivello nazionale che a livello locale,non vuole, proprio non vuole affron-

    tare e risolvere il problema: ed fa-cile capire che se chi comanda nonvuole affrontare il problema tutti glialtri evadono quel che possono, ma

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    alcuni possono pi degli altri e ogniatto amministrativo diventa una oc-casione per spolpare le risorse pub-bliche.Pu sembrare che questo discorsosia fuori tema rispetto al ridisegnareMilano, ma non lo : inutile che cimettiamo a tracciare i migliori dise-gnini delle municipalit, se poi allafine il risultato non altro che aprireuna ulteriore occasione di parassiti-smo da parte di decisori sub-locali:ridisegnare Milano deve (e sottoli-neo la parola) ridisegnare la morfo-logia sociale e fisica della citt, maanche ridisegnare il modo di farepolitica, un impegno di Pisapia inpersona, garantito dalla sua coali-zione ed il terreno di sfida princi-pale per tutti noi. Sappiamo benis-simo che la corruzione e la confu-sione sono favorite da meccanismiistituzionali e costituzionali che non

    possono essere corretti solo a livellomunicipale, ma non possiamo a-spettare la prossima Bicamerale esoprattutto abbiamo capito (e que-sto uno dei significati centrali dellamobilitazione di questi mesi) checon lattuale classe dominante (macon la responsabilit, anche cultura-le, di tutte le forze politiche, ovvia-mente in gradi diversi) la proceduratop-down, non funziona. Se aspet-tiamo la prossima riforma istituzio-nale, campa cavallo: neppurelurgenza della crisi e le vergogne

    emerse durante la discussione dellacontro-manovra, sono riuscite asmuovere il terreno.Occorre quindi partire dal bassomettendo a punto meccanismi ebuone pratiche generalizzabili edestremamente efficaci per rompereil terribile meccanismo della corru-zione. Solo cos si riuscir a dareuna speranza anche alle migliaia dimilitanti e volontari che lavorano di-sinteressatamente per la res publi-ca. Si pu fare, ma occorre chequesto problema sia letteralmente incima a tutti i membri della giunta,prima ancora dei problemi urgenticome il bilancio, che peraltro si gio-ver enormemente di una politicameno corrotta. Questo tema non un optional, deve piuttosto diventareun assillo per gli eletti e materia diprofonda riflessione per tutti noi,dobbiamo trovare una soluzione senon vogliamo degradare a paesequarto mondo.Identit ed efficienza. La definizionedi un ambito geografico amministrativo una delle opera-zioni pi complesse che si possano

    immaginare. I confini sono sempreproblematici soprattutto quando ca-lano come gabbie di vetro su realtfisiche con scarse cesure visibili che

    possano guidare la nostra capacitdi razionalizzazione. I confini magarinon si vedono, ma ognuno di noiapplica le proprie incertezze per ilfuturo sulla collocazione al di qui oal di l di una linea immaginaria. Nericeviamo una verifica cogente daldibattito in corso proprio in questaestate 2011, quando in seguito alleminacce, poi ritirate, della manovra,in tutto il paese comuni e gruppi dicomuni si sono attivati per ridise-gnare comuni confini, in risposta acriteri puramente quantitativi e lar-gamente arbitrari. Va subito dettoche per la definizione di una circo-scrizione amministrativa il criteriodella quantit di popolazione inte-ressata tuttaltro che irrilevante,perch ha a che vedere con le eco-nomie di scala dei servizi, soprattut-to di quelli alle persone, e quindicon lefficienza amministrativa. Ma

    deve essere inserito in un contesto:ci possono essere sottocomuniturbane che hanno una loro storiasufficiente a garantire una loro effi-cacia amministrativa anche se daun punto di vista puramente azien-dalistico sono troppo piccole.Milano non una citt fortementedifferenziata e lo diventata sempremeno. Ci sono s luoghi tradiziona-li, in genere i comuni aggregati allacitt durante il fascismo, Affori, Gre-co, Baggio eccetera, oppure i grandiinterventi di edilizia popolare Galla-

    ratese, Comasina, Forlanini eccete-ra oppure luoghi i cui nomi entranonella tradizione orale popolare, Pon-te Lambro, Morivione, Bovisa, Ba-rona, Bicocca, Niguarda, Darsenaspesso legati a funzioni urbane si-gnificative. Per nessuna di questeunit ha una sufficiente autonomiadimensionale o identitaria da diven-tare ipso facto un municipio auto-nomo. Occorre procedere attraversocombinazioni, che possono esserefatte solo con tre criteri, omogeneit(aggregazione di aree simili o percontro stimolazione di mixit) in-terdipendenza (aggregazione sullabase degli scambi, per esempio itrasporti o la mobilit in generale) omorfologici (grandi separazioni ur-banistiche, visto che a Milano nonc il fiume).Originariamente le venti zone oripartizioni create a seguito dellagrande ondata di decentramentopartecipativo degli anni 70, eranomodellate a partire dalle 24 zonestatistiche a loro volta suddivise in144 aree di rilevazione statistica. Ibilanci sociali elaborati dallasses-

    sorato al decentramento sotto laspinta di Samek Ludovici tra il man-dato di Tognoli e il primo di Pillitteri,rappresentarono il maggiore sforzo

    di organizzazione del sistema in-formativo del Comune a fini pere-quativi della spesa. Fu un progettoche oggi possiamo criticare per nonessersi radicato, ma pochi sannoche i parametri di distribuzione dellerisorse elaborati dal gruppo di lavo-ro sono per anni stati adottati for-malmente dal Comune per distribui-re le spese in bilancio a livello terri-toriale.Comunque la divisione in zone (cheprecedeva il bilancio sociale) nonera soddisfacente e si discusse alungo su come riorganizzarle. Tra il1989 e il 1990 lISAP avanz unaproposta alla quale avevo collabora-to anche io con Ettore Rotelli, che sibasava su due principi, uno lidea dirompere il sistema concentrico, chefiniva sempre per porre la Zona 1(centro) in posizioni di maggior privi-legio, due lidea che si dovessero

    aggregare anche aree esterne alcomune, nei casi di evidente conti-nuit, tre che si dovessero crearedei veri sub-municipi sul modelloparigino, il che implicava anche unariduzione del numero delle zone.Pi o meno questo il modello chefu poi adottato (ma mi sfugge dachi) con una variazione abbastanzaragionevole che consiste nel man-tenere il centro unitario, mentre nel-la formulazione talebana del mo-dello ISAP si insisteva simbolica-mente sullaccesso di ogni zona al

    sagrato per evitare disparit simbo-liche. Durante il primo mandato Al-bertini, lallora assessore Paolo delDebbio lanci un grande e intelli-gente piano di riqualificazione delleperiferie con vari interventi, cui col-labor anche il Dipartimento di So-ciologia di UNIMIB, sia per lanalisidei dati sia per la formazione deimanagers delle periferie come di-ceva il linguaggio burocratico, ciodi due funzionari per zona che a-vrebbero dovuto servire da inter-faccia con i bisogni della popola-zione. Il progetto fu poi dimenticato.Nella ripresa di interesse per un ri-disegno del territorio milanese, forsesi pu cercare di ripercorrere questastoria caratterizzata invece da nefa-ste discontinuit: per fare un piccoloesempio quando ho discusso conPaolo del Debbio del progetto misono reso conto che lassessorenon aveva la bench minima ideadella provenienza originaria delladivisione per settori, per contro ionon sapevo quando fosse stata a-dottata. Facciamo dellinnovazionesenza gettare le molte conoscenze

    accumulate. Una forte raccomanda-zione: oggi lamministrazione comu-nale ha a disposizione una mole didati e una cassetta di strumenti di

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    analisi molto sofisticati per la rap-presentazione geocodificata dei da-ti. Si possono unire i dati socioeco-nomici a quelli aerofotogrammetriciper produrre rappresentazioni moltoprecise al fine per simulare in tempirapidi le conseguenze di varie pos-sibili configurazioni.Ma per farlo bene bisogna averemolto ben chiari i presupposti: nelridisegnare Milano cosa vogliamoottenere? Quali sono i criteri sui

    quali ci vogliamo basare? Come sisceglie tra alternative valide, ma traloro contraddittorie? Possiamo tra-sformare questa operazione tecnicain una grande e innovativa occasio-ne di nuova politica? Personalmenteavrei un sogno: che si potesse arri-vare ad avere un grande displaycon le nuove municipalit e che ognimilanese potesse accedere a que-sto display facendosi rappresentarele pi disparate caratteristiche del

    luogo in cui abita o in cui lavora inconfronto al resto della citt, nonperch tutti debbano essere eguali,ma perch le differenze dovrebberoessere evidenti e spiegabili ragione-volmente e che nel display fossepossibile a chiunque inserire le pro-prie segnalazioni, proposte dolan-ces, ovviamente con la mediazionedi un sistema centrale di governodel sistema.

    LUMILT DEI CORRUTTORIPier Vito Antoniazzi

    Che cosa ci fa dire di essere di s i-nistra? La nostra formazione puessere iniziata dalla opposizione auna condizione di oppressione vis-suta o condivisa o sentita come tale

    e combattuta. Oppure dalle parole odallesempio di figure di riferimento(anche familiari...). Oppure il condi-videre una spinta generazionale(laria che tira) a innovare, a ribel-larsi, a scandalizzarsi e indignarsiper le ingiustizie e le diseguaglianzesentendosi cosi parte (compagno)di un movimento pi ampio. Oppurecome estensione del proprio criteriomorale e religioso dalla sfera privataallintera vita sociale, come ideale diumanizzazione (o cristianizzazio-ne) della civis. Oppure tutte que-ste cose insieme e altre.E allinizio (da giovani) con una fortepassione e militanza, spesso conlidea che la rivoluzione sia a portatadi mano, e solo la pigrizia dei vec-chi pi ancora che la durezza delnemico, siano lostacolo. Ma comein tutte le emozioni c un rapportoinversamente proporzionale tralintensit e la durata. Viene poi iltempo in cui lideale diviene quoti-dianit, tempi lunghi. Allora si con-verte in esperienza professionale, inpratica che pu tenere dentro pi omeno certi valori, pu essere mi-

    cropolitica, oppure assenza di poli-tica. La politica si riduce a opinione,a lettura di giornali, al voto ogni tan-to. Ma per chi continua a fare politi-ca professionale negli anni di bas-sa (e a Milano dal 92 al 2010sono stati anni di bassa) il fine,lideale diviene un mezzo, un brandsi direbbe oggi. Lidentit di un part i-to e di una politica pi il posizio-namento sul mercato, che non lapratica coerente della ricerca di unbene comune.Per chi viene da una tradizione co-

    munista (mai seriamente revisiona-ta), di partito unico e centralismodemocratico, la consuetudine conun fideismo partitico (che sembra

    riprendere il motto ecclesiasticonulla salus, nisi ecclesia in senzapartito, nessuna salvezza) e conla sostituzione del partito stesso edei suoi interessi alla causa ideale,

    porta anche a una abdicazione dellaresponsabilit personale. Chi fapolitica scopre di non poterla fareda solo, deve fare gruppo, asso-ciarsi a una corrente. E una corren-te ha bisogno di spazio, di potere, diseguito, di fedelt chi esprime po-sizioni critiche un rompic.., uninaffidabile, uno che disturba il ma-novratore di qui allassuefazioneai gruppi dominanti il passo breve.Dunque, di fronte allemergere diuna probabile questione moralenel PD, il segretario Bersani ha pre-cisato non siamo diversi antropolo-gicamente ma lo siamo politicamen-te. Giusto! Ma forse non suffi-ciente. Si pu negare unoriginemorale nel divenire di sinistra? Sipu negare una certa presunzionemoralista della sinistra nel giudica-re il consumismo, il capitalismo, ilberlusconismo, la societ liquidadella spettacolarizzazione, e via viatutte le pratiche ritenute di destra econformiste?E allora forse un po di questa pre-sunzione andrebbe abbandonataper cercare di pi di capire come le

    umili attrattive del male corruttivoprendano piede anche tra noi(prendo a prestito il termine daL'umilt del male di Franco Cas-sano, una lettura consigliabile a tut-ta la sinistra...). Intanto andrebbetolta tutta quella nebbia che stazio-na intorno a finanziamenti, lobby,scambio tra economia pubblica epartiti. Se nel 92 i partiti potevanolamentare leggi vecchie che nonprevedevano i costi della politica,oggi tra finanziamenti alla stampa dipartito, rimborsi elettorali regionali e

    nazionali, i partiti (anche quelliche non esistono pi) sono som-mersi di soldi. E tutto questo mentre

    c crisi e a tutti si chiedono sacrifi-ci!!In secondo luogo i partiti (anchequello che ha voluto chiamarsi de-mocratico) sono sempre pi auto-

    cratici, leaderistici, mancano di realedemocrazia interna. In questo qua-dro facile per i pochi che hannoruoli istituzionali (presidenti, sindaci,assessori, deputati,) esercitare unruolo di comando con pochi elemen-ti di controllo. Questi ruoli nel ven-tennio di bassa milanese citatosono stati veramente pochissimi,ma ora potrebbero essere di pi, dacui un ulteriore motivo ad attrezzarsicon vaccini. Diverse potrebbero es-sere le misure ma le riassumo inuna: vera democrazia, vera conten-dibilit del potere politico, battagliatrasparente sulle idee e i compor-tamenti.Faccio, provocatoriamente ma nontroppo, un esempio/metafora. Sup-poniamo che il partito sia lequi-valente di unindustria culturale peresempio quella della moda.Unindustria culturale produce benimateriali e immateriali, comunicacon pubblici diversi, propone modellidi comportamento e atteggiamento.Ogni marchio, ogni brand ha unalinea di sviluppo che ricorda i compi-ti di un partito, deve confermare una

    identit e insieme, ogni stagione,innovare.Al prodotto finale ogni stagione con-tribuisce un lavoro di equipe straor-dinario: dal creativo stilista, allascelta dei materiali, dalle soluzionitecniche al confronto con i puntivendita, dalle foto alle sfilate, daigiornalisti di moda alla campagna dicomunicazione.Ma qual il meccanismo di produ-zione delle idee/pratiche di un parti-to democratico? Ci sono realt terri-toriali (punti vendita?): ma quanto

    interagiscono nella valutazione dellenuove idee? Ci sono consulenti co-municativi: ma con chi si confronta-no? C un gruppo dirigente che fa

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    le scelte, a volte sorretto da com-missioni settoriali che esprimonopareri tecnici, ma sembra immutabi-le: indipendentemente dai suoi risul-tati si autoperpetua.Ecco forse abbandonare la presun-zione di superiorit (politica o mora-le che sia), mettere in atto meccani-smi di trasparenza amministrativa,

    attuare meccanismi partecipativi edemocratici di elaborazione dellescelte, applicare criteri di responsa-bilit personale e politica e prevede-re rotazione dei ruoli possono esse-re vaccini che riducono il fascino e ilsuccesso dellumilt dei corruttori.Insomma chi si iscrive a un partitonon pu essere figlio di una libert

    minore. Non pu avere solo il dirittodi aderire e mai di poter proporre,quello di non avere e quindi non po-ter chiedere conto della responsabi-lit, quello di poter scegliere solo traessere servitore o essere ai margi-ni

    EDILIZIA, FINANZA, SPECULAZIONE E TANGENTIMario De Gaspari

    Un articolo comparso recentementesu Breakinviews ad opera di FionaMaharg-Bravo conferma una voltadi pi le nostre opinioni sulle conse-guenze economiche della specula-zione immobiliare. Uno dei dati pipreoccupanti delleconomia spagno-la il numero degli immobili inven-

    duti: una zavorra di 700.000 case.Ma perch questo stock zavorraleconomia? Perch, potrebbe pen-sare il cittadino, leconomia non vaavanti lo stesso. Le case restano l,chi se ne importa?! In effetti le casese, ipotizziamo, fossero state co-struite da un grande magnate consoldi tirati fuori direttamente dallasua cassaforte, potrebbe essere co-s. Se qualcuno ha fatto un investi-mento, o una speculazione, sbaglia-ta, peggio per lui. Se vuol recupera-re qualcosa, che venda a metprezzo.Ma le cose non stanno cos, e quel-le case sono davvero una zavorra.Le banche posseggono una cre-scente quota di queste case inven-dute, poich continuano a pignoraregli immobili dai costruttori edili falliti.Nonostante gli sforzi per liberarse-ne, stanno ancora accumulando piimmobili di quanti riescano a ven-derne. pi chiaro? Lo snodo cen-trale della moderna economia labanca, o meglio il sistema delcredito.Il credito - spiegava il grande eco-

    nomista Schumpeter essenzial-mente creazione di poteredacquisto al fine di cederloallimprenditore, e non semplice-mente trasferimento di poteredacquisto Attraverso il credito siapre agli imprenditori laccesso alfrutto dei beni della societ, primache abbiano acquisito il normale di-ritto su di essi. Le banche, ci diceleconomista, non sono semplici in-termediari finanziari, ma, attraversoil credito, creano davvero moneta:anzi, in una economia moderna, il

    credito il modo essenziale attra-verso cui viene creata moneta.Attraverso il credito si apre agli im-prenditori laccesso al frutto dei beni

    della societ, prima che abbianoacquisito il normale diritto su di essi.In un certo senso esso sostituiscetemporaneamente questo diritto conla finzione di esso. Creare denaroin questo modo, attraverso una fin-zione, utile, addirittura necessarioalleconomia di scambio, dove pre-

    vale la propriet privata, perch soloin questo modo possibile lo svi-luppo. il credito che consente disuperare quello che un vero eproprio ponte sullabisso tra im-mobilit e sviluppo.Il dispositivo si inceppa pericolosa-mente quando i beni creati attraver-so la finzione del credito rimango-no invenduti per troppo tempo, acausa di una sovrapproduzione o diprezzi eccessivi. Lintero processopu essere definito come inflazioneda credito, e qui i problemi, perleconomia, sono davvero seri. Ov-viamente tutto questo non vale soloper le case: anche le automobili, sesono troppe e troppo care, restanoinvendute e i banchieri che hannofinanziato i produttori di veicoli nonsaranno troppo allegri: non capitamai, per, che le banche creditrici,si prendano in bilancio, a ristoro deicrediti erogati, qualche migliaio diautomobili nuove.Con le case diverso, perch sonobeni immobili, sono soggette cioa un deperimento di valore moltolento nel tempo e le variabili anzia-

    nit tecnologia - obsolescenzanon sono cos significative come neibeni strumentali (ad esempiounautomobile o un computer). Cos,invece di svalutare le case invendu-te, ammettendo lerrore (che, in ca-so di bolla, un errore sistemico,cio non riguarda singoli costruttorio speculatori, ma il sistema finanzia-rio - costruttivo nel suo insieme) equindi le perdite, si seguono altrestrade. Ovviamente il motivo per cuiil sistema fatica ad ammettere leperdite e segue strade alternative

    un motivo forte, tuttaltro che insigni-ficante.Non solo per ingordigia, cio cheimmobiliaristi e banche non ammet-

    tono le perdite: i debiti e i crediti (ri-spettivamente per i costruttori e perle banche) cos accumulati possonorappresentare un problema serioper leconomia, perch le banche,scarsamente capitalizzate, sonotroppo esposte. Hanno creatotroppo denaro a credito e ora che il

    mercato fermo quel denaro si starivelando non solo una finzionetemporanea (in attesa di essereconvalidato dalle vendite), ma unafinzione tout court, cio si sta rive-lando falso. E con questo risultanofalsi anche gli attivi corrispondentidelle banche, le ipoteche e tutte leposte finanziarie a garanzia di queicrediti ormai inesigibili.Per difendersi, le banche acquisi-scono quindi grandi quantit di im-mobili, trasferendo lesposizione dalcredito a beni in un certo senso pisolidi, ma fortemente illiquidi, ciodifficilmente trasferibili. I bilanci so-no formalmente e temporaneamen-te salvi, ma leconomia ferma. Lebanche, coi bilanci cos infettati diasset sopravvalutati (valori immobi-liari irreali), evitano i fallimenti ma, inun certo senso, cessano di fare lebanche. E per di pi sono prese dimira dalla speculazione. Il sistemasi avvita e uscirne diventa semprepi complicato.Non successo solo in Spagna. Ilpremio nobel Stiglitz sostiene datempo che anche negli USA occorre

    ammettere le perdite e deprezzarele ipoteche e leconomista Kobaya-shi parla di lezione inascoltata delGiappone, dove leconomia, nono-stante tutti gli aiuti alle banche, co-minci a riprendersi solo quando ibilanci delle banche furono ripuliti e imercati ripresero fiducia. Ora laMaharg-Bravo applica lo stessoschema alla Spagna e sostiene chequanto prima le banche toglierannodai loro bilanci questi pesi morti,tanto pi facile sar aumentare ilcredito. Ci aiuterebbe anche a ri-

    dare fiducia al sistema finanziario epotrebbe rivelarsi pi efficace cheaggiustare alla meglio laliquota I-va.

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    E in Italia? Da noi siamo ancora piindietro, siamo ancora nella fasedella crescita della bolla. Incredibilea dirsi, ma proprio cos. Piani ca-sa, ledilizia vero volano del-leconomia (dichiarazioni del go-verno), turismo immobiliare al 20%del Pil (idem), citt satelliti in ogni

    citt (Berlusconi), ecc. E la sinistra?Rimando alla vicenda Mezzani - U-niland e al ruolo che vi hanno avutoil Banco emiliano romagnolo e ilConsorzio Cooperative Costruttori.

    Si capiscono una sacco di cose. Seil sistema cooperativo diventa lacassa di compensazione del siste-ma immobiliare e ne prolungalagonia favorendo allinfinito la spe-culazione sugli immobili e il ristagnodel credito e delleconomia siamoveramente nei guai. E qui rimando,

    a puro titolo esemplificativo, alle vi-cende Falck (Sesto San Giovanni),Miluce (Milano), Santa Monica (Se-grate), Parco delle Cascine (Pioltel-lo).

    Abbiamo detto in pi occasioni cheoccorre partire dal governo locale.Per ora la consapevolezza del pro-blema pare davvero scarsa e le no-stre amministrazioni locali sembra-no voler correre in aiuto alla specu-lazione pi che dare un contributoalleconomia reale. Le tangenti sono

    solo laspetto residuale, e talvoltainevitabile, di questo sistema.

    PERCH LA CORRUZIONE FA COS MALE ALLA SINISTRA? 1Lorenzo Sacconi

    Le recenti vicende di corruzione po-litica, che hanno riguardato FilippoPenati a Milano, fanno molto male

    al PD e alla sinistra. Ecco alcuneriflessioni sul perch. Nella secondaparte discuter i rimedi che sono adisposizione della sinistra e del PD.1. La corruzione politica e ammini-strativa designa un fenomeno preci-so: uno scambio occulto tra un de-cisore pubblico e un soggetto (im-prenditore) privato per il loro reci-proco vantaggio. Il decisore pubbli-co mette in vendita le sue decisioni(in cambio di utilit private) elimprenditore le compra per il suovantaggio. Tali decisioni divergonoin tutto o in parte dallinteresse pub-blico affidato al politico, e comunqueforniscono di tale interesse pubblicouninterpretazione discrezionale taleda creare rendite a favore di certiprivati e a scapito di altri.La parola corruzione contiene perun giudizio di condanna dello scam-bio occulto. Esso aliena la relazio-ne di fiducia tra politico e cittadini, inbase alla quale legittimatalautorit di prendere decisioni pub-bliche, poich sostituisce quella re-lazione fiduciaria con una relazionedi fiducia privata con limprenditore,

    contraddittoria con la prima. E inbase alla prima relazione fiduciariache lautorit pu essere esercitata.Ma mettendo lautorit al servizio diuna relazione fiduciaria contradditto-ria, il politico ne demolisce le basi.Egli corrompe, cio danneggia,guasta, degrada lautorit politica eamministrativa poich distrugge lebasi della sua legittimazione (la fi-ducia dei cittadini, appunto). Perquesto la corruzione non pu cheessere un patto collusivo nasco-sto. Se fosse stretto alla luce del

    sole esso sarebbe inefficace, poichla sua conoscenza comune distrug-gerebbe le condizioni grazie allequali le parti hanno interesse a col-

    ludere, cio poter sfruttare lautorit(legittima) e piegarla ai loro interessiprivati.

    2. Ci detto a proposito della suanatura generale, vi possono esseretipi diversi di corruzione. Primo tipo,ovvero la corruzione da Prima Re-pubblica: partiti e imprese sonomondi separati con finalit distinte.Essi per negoziano nel loro inte-resse reciproco (e dei loro dirigenti).La vendita delle decisioni pubblichein cambio di benefici economici di-venta sistematica e regolare, assi-curando alle due parti benefici dilungo periodo. Di questa corruzione accusato Filippo Penati come sin-daco di Sesto S. Giovanni, cos co-me lo erano stati molti politici dellaPrima Repubblica. Siccome di solitoil personale politico della sinistranon proviene dal mondo del busi-ness, questo il tipo di corruzioneche tocca pi spesso i suoi espo-nenti (anche se vi possono esserecasi di corruzione di politici di sini-stra che rientrano nel secondo tipo).Il secondo tipo quello Berlusco-niano. Tra politici e affaristi si perdeogni distinzione significativa. I politi-ci vengono dal mondo degli affari odelle professioni e verosimilmente

    intendono tornarvi, e nel periodo incui esercitano il potere politico ope-rano al servizio dei propri interessieconomici esterni e degli interessidel gruppo economico o della coali-zione daffari con cui sono in conta t-to, da cui provengono, da cui hannotratto benefici e intendono continua-re a trarne anche in futuro. Se sonoprofessionisti la cosa ancora pifacile: mentre ricoprono la carica, inbase alla relazione fiduciaria con icittadini, coltivano le relazioni fidu-ciarie con le imprese o i singoli con

    le quali erano gi in contatto e cheverosimilmente ne hanno sostenutolelezione. Questi politici non hannofinalit e identit distinte dai gruppi

    economici cui offrono le loro deci-sioni in cambio di utilit (non solodenaro ma altre opportunit daffari

    ecc).Questa forma di corruzione lasciaindizi evidenti, poich il politico affa-rista in conflitto di interessi poten-ziale con la carica pubblica che ri-copre. Lesempio pi plateale Ber-lusconi, ma anche Bertolaso non male come esemplare. La regina ditutte le corruzioni sarebbe stata laprivatizzazione della Protezione Ci-vile, che avrebbe portato fuori dalleregole e dai controlli del sistemadegli appalti pubblici lassegnazionedei lavori finanziati con fondi neces-sariamente pubblici della ProtezioneCivile. Un modo per legalizzarelassegnazione dei lavori agli appar-tenenti al gruppo affaristico che a-veva Bertolaso come referente poli-tico, con relativa spartizione dellarendita.3. Bench, come detto, il secondotipo sia pi facilmente identificabilea partire dal segnale del conflitto diinteressi potenziale, la prima formadi corruzione pi fragile, e quindimaggiore il rischio per chi la prati-ca. Infatti lo scambio illegale devereggersi sulla fiducia reciproca tra le

    parti del patto occulto. Laccordonon pu essere fatto valere dallalegge. Per questo deve ripetersi neltempo, in modo che la prospettiva divantaggi futuri mantenga lomertcirca la corruzione passata. Oppurerichiede lintervento della mafia: es-sa ha un capitale di violenza privatache pu essere messo a garanziadel rispetto dei patti corrotti.Siccome nella corruzione di primotipo i due lati dello scambio sono piestranei e hanno finalit distinte, egli scambi tra loro sono circoscritti

    alle attivit corrotte, la relazione difiducia meno stabile. E possibileche i loro interessi prima o poi di-vergano, e che una delle parti cerchi

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    di uscirne a danno dellaltra. Questo meno facile nella corruzione disecondo tipo, in cui il politico affari-sta e corrotto parte organica delgruppo economico per conto delquale amministra le sue decisioni.DellUtri, Previti e Berlusconi non sitradiranno mai.

    La maggiore vulnerabilit della pri-ma forma di corruzione invecesottolineata dal fatto che c semprela possibilit di trasformarla nellafavola dellimprenditore concussodal politico prepotente. Questa sempre la tesi che limprenditorecercher di accreditare quandorompe il patto corrotto. Il magistrato,per guadagnare la sua collabora-zione e farlo parlare, potr dimo-strarsi pronto a credere che si trattidi un reato di concussione, in cam-bio di informazioni su fatti che con-

    sentano di scavare pi a fondo nelleindagini (e in fin dei conti vero chelaspetto pi ripugnante della corru-zione quello del politico che tradi-sce la fiducia pubblica).Inoltre sono sempre in agguato gliideologi del neoliberismo, per so-stenere la tesi che la politica, non gliaffari, responsabile della corruzio-ne. Il loro scopo ridurre quanto possibile le funzioni dello Stato. Percurare la corruzione essi dunqueproporranno di eliminare le sceltepubbliche che un politico potrebbemettere in vendita. Niente sceltepubbliche da vendere, niente corru-zione, solo mercato.Dal punto di vista del cittadino lacura assomiglia molto a quel maritoche per far dispetto alla moglie si facastrare: niente decisioni pubbliche,niente welfare locale, niente pianifi-cazione del territorio, niente salva-guardia ambientale e del patrimonioculturale, niente di niente. Ma sarpoi vero che questa ricetta ci metteal riparo dagli effetti della corruzio-ne? Nientaffatto: laddove cerascambio corrotto ora ci sar collu-

    sione privata, che ignora comunquelinteresse pubblico che il politicoavrebbe dovuto presidiare e che ora

    nessuno pi incaricato di custodi-re. Perch bisogna sempre ricorda-re che in certi casi mercati efficientinon esistono, e avere decisioni pri-vate in quei casi non significa attiva-re meccanismi di concorrenza per-fetta, ma semplicemente collusionetra soggetti privati nel loro reciproco

    interesse e con rilevanti effetti e-sterni negativi sui terzi.Ecco quindi tre ragioni per cui lacorruzione particolarmente nocivaper la sinistra. Il patto collusivo colpolitico di sinistra fragile, e quindioltre che immorale ed economica-mente dannosa, la corruzione an-che autodistruttiva e perci stupida.Secondariamente, vi sempre pos-sibilit che la sua responsabilit ri-cada interamente addosso al politi-co come mero abuso del potere, inmodo quasi assolutorio per le con-

    troparti private (concussione). Il chepu essere utile per rompere il sin-golo patto collusivo, ma di certo nonfavorisce la comprensione del fe-nomeno e la messa in atto di politi-che preventive (in effetti favorisce ilpassaggio dalla corruzione di primotipo a quella di secondo tipo). Infined spago alle posizioni della destra,basate sullillusoria soluzione neoli-berista, che mentre non ci mette alriparo dai costi della corruzione, alcontempo spinge a sacrificare granparte delle finalit per cui la politicademocratica unattivit degnadesser fatta (eguale considerazionee rispetto delle persone, imparzialitdi trattamento e giustizia sociale,protezione dellambiente e dei benicomuni ecc.).4. Vi per una quarta ragione percui la corruzione massimamentenociva per la sinistra, e per ogni po-litica democratica che intenda, at-traverso lazione collettiva, produrrebeni pubblici. Essa ha un gigante-sco potere demoralizzante, poichsuggerisce che quella politica siaimpossibile. Infatti, data la natura

    egoistica e auto interessata (direm-mo carrierista e affaristica) dellemotivazioni di coloro che fanno poli-

    tica, se ne conclude che essi sonoincapaci di promuovere e partecipa-re volontariamente allazione collet-tiva. I comportamenti da free rider(cercare di avvantaggiarsi della co-operazione altrui senza fare la pro-pria parte) prevalgono sul desideriodi partecipare alla produzione dei

    beni pubblici o comuni (cio gli sco-pi dellazione collettiva). Siffattopersonale politico ha bisogno di fortiincentivi selettivi di tipo privato epersonale per partecipare. Per otte-nerli, vende le decisioni pubbliche incambio di benefici privati, che pos-sono eventualmente essere estesialla corte dei miracoli dei seguaci.Il paradosso che quanto maggiore il ricorso agli incentivi personali eprivati, attraverso la vendita di deci-sioni, tanto minore il bene pubbli-co che si pu generare con lazione

    collettiva. Alla fine la ricerca discambi privati permea ogni risvoltodellazione del partito, e nessunopartecipa pi o attribuisce alcun va-lore allazione collettiva. Ne segue ilcambiamento di natura della orga-nizzazione politica, che diventa uncomitato daffari (qualcuno si ricordala fine del PSI craxiano?).Questa mutazione del ceto politicova insieme con la perdita di riferi-menti ideali e culturali, e di sistemidi valore come efficaci meccanismidi identificazione e motivazione. Ciche resta il professionismo e latecnica elettorale strumentale, ca-pace di cacciare quote di elettorato.La trovata del PD del Nord comevariante di sinistra della Lega-Nord(al tempo della Presidenza Penatialla Provincia di Milano) fu unbellesempio del pauroso sbanda-mento ideale e valoriale cui pu an-dare incontro un partito di sinistrademocratica per il quale ogni strate-gia elettorale sia buona pur di man-tenere il controllo su una ammini-strazione locale, mentre si diffondeil malcostume amministrativo volto a

    procacciare incentivi selettivi priva-ti.

    CONSIGLI DI ZONA TRA RIFORMA E CITT METROPOLITANAPietro Cafiero

    In attesa di capire che destino sarriservato al PGT della giunta prece-dente, ora che con una mossa de-gna del miglior azzeccagarbugli stato messo in condizioni di non

    nuocere (sempre che la cura nonsia peggiore del male, ma mi riser-vo di tornare sullargomento in unprossimo articolo), un tema di forte

    attualit nellambito del rinnova-mento della macchina comunaleportato avanti dallattuale giunta quello della riforma del Decentra-mento. Daltra parte nel programma

    elettorale di Pisapia si propone diprocede alla revisione dello Statutodel Comune, per estendere poteri efunzioni delle zone, da ridisegnare

    e aumentare di numero: servizi allapersona, edilizia privata, pianifica-zione urbanistica attuativa, manu-tenzioni e opere pubbliche di rilievozonale, vigilanza di quartiere, con la

    conseguente attribuzione di auto-nomia di bilancio. E con coerenza stato istituito un assessorato adhoc, quello al Decentramento.

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    Ma andiamo per gradi e vediamo diprecisare meglio largomento.Quando si parla di "decentramento"ci si riferisce sia allambito politicosia a quello amministrativo (le noveZone in cui suddiviso il territoriocomunale). Il decentramento politi-co ha finalit partecipative e di con-

    trollo e si attua attraverso i Consiglidi Zona (CdZ). Il decentramentoamministrativo serve per portare iservizi comunali pi vicini ai cittadini(per esempio gli uffici di zonadellanagrafe). Il referente politico il Presidente del CdZ, mentre quelloamministrativo il Direttore. Ognizona ha il suo budget (definito dalComune), il suo regolamento edesprime pareri obbligatori, attraver-so il CdZ, su alcune questioni loca-li principalmente di carattere urba-nistico (pianificazione, verde pub-

    blico, traffico, ). Se vero che iCdZ esprimono pareri obbligatori sunumerosi aspetti della vita cittadinaaltrettanto vero che mancano direali poteri operativi.Di fatto negli ultimi anni il dibattitosulla riforma del Decentramento haregistrato varie posizioni, spessocontrastanti. Si oscilla tra la richie-sta di aumentare il numero dellezone (tornando da 9 a 20 comerain passato) in modo da presidiaremeglio il territorio e le sue specifici-t e la voglia di eliminare del tutto iCdZ, ritenendoli fonti dinefficienza,spreco e clientele politiche (nel2007 i 359 consiglieri zonali costa-vano al Comune 3 milioni di eurolanno). Allo stesso modo le finan-ziarie schizofreniche degli ultimi

    anni hanno ricalcato le medesimedivergenze.Vedete che largomento comples-so, ma proviamo fissare alcuni pun-ti. Le zone sono realmente efficaci,se sono dotate di poteri decisionalireali. Ovviamente le scelte dellezone devono attuarsi allinterno di

    una cornice generale in cui le stra-tegie sono chiare e definite (per e-sempio dal PGT). Probabilmente ladirezione in cui muoversi quelladelle Municipalit (sul modello ro-mano, ma cercando di prendernesolo i pregi e non gli italici difetti).Quali funzioni delocalizzare? Di-pende tutto dal modello di citt chesi desidera perseguire. Si parla tan-to di citt policentriche, di citt nellecitt o di citt di citt. Di sicuro ilmodello dei Municipi va in questadirezione.

    Va anche definito che ruolo do-vrebbero avere i CdZ, non solo perle loro competenze locali, ma anchenelle decisioni e nelle strategie ge-nerali della citt, giacch questi so-no (in teoria) pi vicini ai problemidei cittadini rispetto al ConsiglioComunale. Dopo averne fissate lecompetenze (solo allora), avr sen-so decidere in quante zone deveessere diviso il territorio comunale eridisegnare i confini delle stessesecondo criteri non solo geograficio geometrici, ma anche identitari. Inquesto caso forse le indagini e illavoro fatto in sede di analisi per ilPGT al fine di identificare i NIL (nu-clei di identit locali) potrebberotornare utili. Ha senso che la stessastrada abbia i due lati in zone diver-

    se? Forse si possono trovare solu-zioni pi efficaci. Inoltre vi il ri-schio che moltiplicando le zone siaumentino i centri di potere. Certo,fa specie che una citt come NewYork sia divisa in soli cinque distret-ti (boroughs).In pi se vogliamo vedere la cosa

    alla scala vasta e inseriamo il temadella Citt Metropolitana nellequa-zione cosa succede? I nuovi comu-ni accorpati a Milano potrebbero(dovrebbero) a loro volta essere deinuovi Municipi? La nuova CittMetropolitana (di cui si parla tanto,ma forse con troppa leggerezza,come di tutto ci che di moda) vaper progettata con attenzione enon pu essere la semplice sommadelle parti di ci che esisteva prima.Jane Jacobs in Vita e morte dellegrandi citt (Einaudi) pone

    lattenzione sul problema dei vuotidi confine cio di quelle zone chesi trovano sul confine di parti di ter-ritorio ben definite. Zone margina-lizzate e fonti di degrado. Se creouna citt di citt senza comprende-re questo fenomeno e senza porrein atto strategie per integrare le par-ti, potrei trovarmi a dover gestiretanti spazi interstiziali a rischio didegrado tra ogni citt (nella citt).Insomma il tema vasto e deveessere affrontato con cautela, sen-za retorica e senza residui ideologi-ci, bens con chiarezza e determi-nazione. Un efficace banco di provaper la nuova amministrazione.

    SEA MALPENSA: LA TERZA PISTA, PERCH?Alessio Fornasetti*

    Il Gruppo SEA* gestisce il sistemaaeroportuale milanese di Linate eMalpensa in base a una Conven-

    zione quarantennale sottoscritta nel2001 fra SEA ed ENAC. Il CapitaleSociale di SEA cos suddiviso:84,6% Comune di Milano, 14,6%ASAM, 0,9% Altri. Presidente eCEO di SEA Giuseppe Bonomi.Le attivit di SEA sono suddivise intre maggiori aree: 1) AVIATON:41,4% dei ricavi - che include la ge-stione e lo sviluppo delle infrastrut-ture di volo, da cui SEA percepiscediritti e corrispettivi; 2) HANDLING:19,9% dei ricavi - che include tutti iservizi di assistenza a terra dihandling rampa, merci e passegge-ri, da cui SEA percepisce corrispet-tivi; 3) NON AVIATON: 31,5% deiricavi - che include le attivit di ven-dita al dettaglio, la gestione dei par-

    cheggi, gli spazi a supporto di han-dler terzi, le attivit di real estate, dacui SEA percepisce corrispettivi e

    royalties.Da questo profilo importante com-prendere un elemento: SEA derivasolo il 41% dei propri ricavi dallagestione del settore AVIATON,quello dei voli, suddiviso 40/60 fraLinate e Malpensa, e di cui Malpen-sa assorbe circa il 70% con i voliCargo. Le due piste dei dueTerminal di Malpensa sono oggi uti-lizzate al 55% delle loro capacit, econ prospettive di ulteriore calo, duele ragioni: la crisi economica inter-nazionale, che potrebbe durare oltretre anni; il progressivo spostamentodi traffico aereo, passeggeri e mer-ci, verso aeroporti (Bergamo, Bre-scia, Verona) assai meglio dislocatirispetto alle grandi direttrici ferrovia-

    rie e autostradali: Brennero e la col-legata Milano - Venezia.Si scopre che Malpensa assai

    mal posizionata sia dal punto divista viabilistico su gomma, ma so-prattutto da quello ferroviario cheper chiare ragioni non potr comun-que essere mai riadeguato. Fralaltro, Pedemontana, BreBeMi eTem, tanto sbandierate negli ultimitre anni, sono state bloccate daiprovvedimenti dellultima manovrafinanziaria, e le prospettive per unaripresa e un successivo sviluppo diMalpensa diventano sempre pi dif-ficili, forse impossibili: se cos, i dueTerminal di Malpensa mai torneran-no al pieno utilizzo.Si comprende poi come il declas-samento avvenuto nel 2009 da HUBINTERNAZIONALE a MERCI LOWCOST non fu solo legato ad Alitalia,

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    ma corrispondeva a precise logichedi mercato, di ricerca di un miglioresfruttamento di caratteristiche siageografiche che infrastrutturali me-glio adeguate alla competizione in-ternazionale fra vettori e aeroporti. Ilprogetto di quotazione in borsa diSEA, alla luce di prospettive cos

    difficili, appare come un tentativo unpoco ingenuo di scaricare sul ri-sparmiatore pesi e limiti ormai strut-turali, e di reperire sul mercato, at-traverso il consueto giochetto dellevalutazioni e dei valori, comunquesempre ben autorevolmente con-trollati e certificati, fondi e finan-ziamenti che mai investitori privati oistituzionali vorrebbero sostenere.Il settore ormai sottoposto a unaconcorrenza internazionale sfrena-ta, con una corsa al taglio di costi espese, a una drastica riduzione di

    diritti e royalties, in parte per com-pensare labnorme aumento dellespese del carburante e della movi-mentazione, e per una naturale ten-denza alla riduzione dei costi aero-

    portuali per far volare e spedire contariffe sempre pi basse: oggi si puvolare da Milano a Londra con me-no di 20 Euro!La quotazione di SEA (vedi in pro-posito: Corriere Economia del 18luglio u.s. SEA, pista pericolosaverso Piazza Affari di G.F. Cuneo)

    dovrebbe portare al reperimento dirisorse finanziarie per la costruzionedella Terza Pista, che avverrebbesottraendo circa 400Ha al Parco delTicino, trasformando un pezzo diLombardia ancora abbastanza natu-ra-compatibile in un agglomerato dicapannoni e depositi, di cui la TerzaPista dovrebbe essere il centro ditraffico e di rifornimento.Un investimento da centinaia di mi-lioni di Euro basato su presuppostiormai superati. Su questo il CEOBonomi, e con lui il Comune di Mi-

    lano, insistono e con grande deter-minazione, ma molti si chiedono:per arrivare a cosa? Quello che oggi ben chiaro che questo bizzarroprogetto di SEA succhierebbe capi-

    tali che potrebbero essere utilizzatiper progetti di sviluppo assai megliodestinati; che andrebbe a deturparee rendere invivibile il territorio pro-tetto del Parco del Ticino, patrimo-nio di tutti; che porterebbe a undrammatico peggioramento dei fa-stidi da rumore e da inquinamento

    per oltre 600.000 persone delleProvince di Milano, Novara e Vare-se, che hanno finalmente capito, esi sono organizzate in numeroseAssociazioni territoriali per cercarecon ogni mezzo legale e procedura-le di bloccare questo progetto. IlMaster Plan della Terza Pista Mal-pensa giunto alla fase di VIA, po-trebbe anche fermarsi qui: tutti i cit-tadini lombardi e piemontesi di buonsenso se lo augurano, e speranonella razionalit e nella lucidit delpadrone di SEA, il Comune di Mila-

    no.

    *Tavolo Permanente Malpensa

    LARGO CORSIA DEI SERVI. UN NON LUOGOJacopo Gardella

    La chiusura, o meglio la ostruzione,del Largo Corsia dei Servi, prima diessere una vergogna architettonica un sopruso amministrativo: la

    sottrazione illegale alluso dei citta-dini di una propriet pubblica. E unesproprio alla rovescia: non la sot-trazione da parte dello Stato di unbene privato, per motivi di utilitpubblica; bens esattamente il con-trario: la sottrazione da parte delComune di un bene pubblico, unbene di tutti i cittadini, per favorireuna attivit privata. Il primo tipo diesproprio ammesso e regolatodalla legge; il secondo va conside-rato un gesto di prepotenza comu-nale.

    Il Largo Corsia dei Servi era unapiazzetta in diretta comunicazionecon la strada principale di Milano:Corso Vittorio Emanuele. Dai porticimeridionali del Corso si accedeva,attraverso un ampio sottoportico,alla retrostante piazzetta. A metdel sottoportico, ben visibile sia dachi transitava lungo il Corso, sia dachi sostava nella piazzetta, si sno-davano due rampe incrociate di sca-le leggermente in curva: una bellainvenzione architettonica, una ge-niale composizione plastica che sinotava per il suo slancio e la suaoriginalit. Ora le scale sono chiusee nascoste entro un ambiente priva-to, e non vi pi possibilit di ve-derle dallesterno.

    Quale il fatto gravissimo interve-nuto con prepotenza in questa zonaurbana, tale da sconvolgerla e sna-turarla? E la quasi totale chiusura

    del sottoportico di collegamento fra iportici del Corso e la piazzetta coin-cidente con il Largo; lostruzionedel frequentatissimo passaggio co-perto che univa i primi alla seconda.Il passaggio ora ridotto a unostretto cunicolo rilegato in un angolodi quello che prima era un ampiograndioso sottoportico. Un ingom-brante volume vetrato, appartenentea un esercizio commerciale privato,ha invaso lintero sottopasso; ha in-globato al suo interno la strutturadelle due scale incrociate; ha ottura-

    to per sempre quella che era unaampia comunicazione pedonale traCorso e piazzetta. Inutile dire che lepareti vetrate che delimitanolambiente privato, sono di qualitestetica pi che scadente: banalilastre di cristallo, incorniciate da ba-nali telai metallici, suddivise in ba-nali specchiature trasparenti.Laccostamento fra questo volgarescatolone di vetro e la architetturadel portico, e delledificio che si a f-faccia sul Corso e sulla piazzetta, un accostamento che suscita nontanto disapprovazione quanto indi-gnazione.Ledificio stato progettato dallostudio di architettura B.B.P.R., unodei migliori di Milano, conosciuto in

    Italia e allestero. Un minimo di ri-spetto per i progettisti; un minimo didecenza urbana; un minimo di sen-sibilit per le architetture a ridosso

    delle quali si interveniva, avrebbedovuto suggerire uno studio accura-to del delicato inserimento posto aridosso della preesistente costru-zione.Ci si domanda perch non era inter-venuta a suo tempo la Commissio-ne Edilizia Comunale, alla qualespettava la tutela del decoro urba-no. La Commissione Edilizia ha ta-ciuto, di stretta intesa con gli altriuffici Comunali, perch tutta la ope-razione di chiusura del sottoporticoera stata architettata per ottenere

    un surrettizio incremento delle cas-se comunali. Gli oneri di urbanizza-zione, di costruzione, di affitto delsuolo pubblico, rappresentavano ungoloso introito per il bilancio in dis-sesto della precedente Amministra-zione Comunale; la quale, come harivelato il nuovo Sindaco, ci ha la-sciato in eredit un vergognoso con-to in rosso.Largo Corsia dei Servi, situato a ca-vallo di due importanti arterie delcentro (Corso Vittorio Emanuele eCorso Europa); adiacente alla zonacommerciale di Milano pi ricca, pielegante e pregiata, avrebbe potutoessere un vivacissimo luogo di ritro-vo, di incontro, di comunicazione.Con la recente chiusura del sotto-

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    portico lungo Corso Vittorio Ema-nuele, il Largo ha subito una con-danna definitiva, una morte urbani-stica irrimediabile. Si ridurr ad es-sere un residuo di area emarginata,defilata, nascosta; e quindi deserta.Un esempio lampante di come nonsi sappiano progettare interventi nei

    punti cruciali della citt.Anche prima di ricevere il colpo digrazia della recente intrusione vo-lumetrica, il Largo presentava alcu-ne carenze urbane, alcuni errori diprogettazione urbanistica. Ora aivecchi errori se ne sono aggiunti dinuovi, e lo stato attuale del Largo ormai privo di speranze. E utile e-saminare quali erano gli errori diprogettazione imputabili al Largo.* Un primo errore la sbagliata pro-porzione fra area di calpestio e al-tezze delle pareti: il largo, pi che

    una piccola e raccolta piazza, ha lesembianze di una cavit di poco re-spiro ed eccessiva profondit. Selaltezza dei fabbricati che la delimi-tano fosse stata dimezzata si sa-rebbe ottenuto un ambiente urbanodi dimensioni giuste, proporzionate,gradevoli. Cos invece chi si trova alsuo interno sente incombere e pre-mere su di s le vertiginose facciatedegli edifici circostanti. La colpa ov-viamente non va attribuita ai proget-tisti, ma alla politica di pianificazioneurbana, che permette di realizzarenel centro-citt cubature eccessive:fuori scala, opprimenti, contrarie adogni decoro urbano.* Un secondo errore di progettazio-ne la concentrazione di pi struttu-re eterogenee, affastellateallinterno della gi molto ridotta a-rea libera. Sarebbe stata una feliceidea lasciare intatta la piccola epreesistente chiesa seicentesca(San Vito in Pasquirolo), e conser-varla al centro della piazzetta; maavrebbe dovuto essere lunica co-struzione ammessa, in modo da ri-sultare ben visibile ed isolata, come

    lo sarebbe un monumento celebra-tivo od una opera darte posta e-spressamente ad abbellire il luogo.Purtroppo a ridosso della chiesetta

    stato elevato un ingombrante pa-diglione, rivestito di pannelli metalli-ci, simile ad un capannone com-merciale: non solo esso soffoca ildelicato volume storico, contro ilquale si addossa e preme, ma stonaanche con lo stile seicentesco se-vero, composto e garbato del pic-

    colo edificio religioso. Su questo in-discreto padiglione resta il dubbiose la colpa sia dei progettisti, troppoindulgenti nel consentire linse-rimento di una cos stridente stona-tura a ridosso della chiesetta: o siapiuttosto del committente, ansiosodi sfruttare la massimo la cubaturaconsentita.* Infine un terzo errore, se non diprogettazione certamente di sfrut-tamento esasperato del suolo, anzidel sottosuolo, rappresentato dalladoppia rampa di discesa allauto-

    rimessa sotterranea; una larga stra-da in pendenza, che occupa tutto lospazio libero, ed impedisce un uti-lizzo pedonale della piazzetta.Tirando le somme, e volendo dareuna classificazione tipologica alLargo, si costretti ad ammettereche esso ha le sembianti non tantodi una piazzetta pubblica, quanto diun cortile affastellato e ingombro dieterogenee strutture edilizie. Inquesta piazzetta, lunico gradevolespazio, rimasto disponibile per i pe-doni, sarebbe stato il perimetro con-tinuo dei porticati perimetrali, che sisviluppano lungo i quattro lati, e cheavrebbero potuto diventare luogo disosta, di ristoro, di conversazionecome lo sono i portici di tante anti-che piazze italiane. Anche questapossibilit, tuttavia, ormai triste-mente preclusa dalla recente chiu-sura del sottoportico, e dal conse-guente isolamento del Largo dalflusso continuo di passanti che simuove lungo Corso Vittorio Ema-nuele.La vicenda di Largo Corsia dei Serviinvita ad alcune riflessioni di caratte-

    re urbanistico.* Una prima riflessione riguarda laincompatibilit fra un elevato indicedi edificazione (ossia di cubatura

    edificabile) e una accettabile pro-porzione degli spazi pubblici postiallinterno degli antichi centri urbani.Le dimensioni e le configurazionistoriche di strade, piazze, slarghi,cos come ci sono state consegnatedalla tradizione, non tollerano edificidi altezza accentuata, non soppor-

    tano volumi eccessivamente elevati,non consentono grattacieli incom-benti. Le costruzioni alte vannomantenute al di fuori dei centri stori-ci, lontane dal tessuto antico. Lastessa Torre Velasca, progettata daimedesimi autori di Largo Corsia deiServi, e considerata uno straordina-rio esempio di architettura post-modern, non un felice esempio diinserimento urbanistico. Troppo vi-cina al Duomo, o viene da questonascosta, oppure nasconde quello;in ogni caso i due monumenti si

    nuociono a vicenda; come gi sta-to coraggiosamente denunciatodallarchitetto Giancarlo Consonni,docente alla Facolt di Architettura.* Una seconda riflessione suggeritadalla vicenda di Largo Corsia deiServi riguarda il cattivo uso dellearee urbane e la negligenza con cuivengono inseriti, con irresponsabiledisinvoltura, oggetti di arredo urba-no, strutture di servizio pubblico,costruzioni impiantistiche, senzanessun riguardo per la forma deglispazi aperti, per laspetto visibile deiluoghi pubblici. Le rampe che scon-volgono larea calpestabile di LargoCorsia dei Servi; che occupano unazona riservata ai soli pedoni; chesquarciano con violenza la superfi-cie calpestabile e la fagocitano tutta;non solo sono un atto di prepotenzacivica; ma sono anche un gesto diinsensibilit estetica, una offesa alvolto della citt. Ci non stupiscegiacch il volto della citt, la bellez-za urbana, come sostienelurbanista Marco Romano, ormaiignorato dagli amministratori e sco-nosciuto dal pubblico. Come con-

    fermano i tristi esempi di tanta ur-banistica attuale; e non solo in Italia.

    Corso Vittorio Emanuele. Il porticolungo il marciapiede si univa al re-trostante sottoportico e collegavaCorso Vittorio Emanuele con LargoCorsia dei Servi; oggi il portico e ilsottoportico sono interamente chiusied occupati da esercizi commerciali.Le colonne del portico e del sotto-

    portico si presentavano libere edisolate; oggi sono inglobate nelle

    vetrine e confuse con i telai metalli-ci dei grandi cristalli. Una situazionespaziale aerea, aperta, trasparente stata distrutta; sottratta alla citta-dinanza; trasformata in un dozzinalesfilata di negozi

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    Di tutto lampio sottoportico, chemetteva in comunicazione CorsoVittorio Emanuele con il retrostanteLargo Corsia dei Servi, rimastosoltanto questo stretto passaggio,privo di qualit architettoniche escarso di luce; ultimo angusto resi-duo dell ampia area pubblica ini-zialmente lasciata libera e copertaad uso dei cittadini.

    Nel caotico e affastellato Largo diCorsia dei Servi si trovano, addos-

    sati e confusi, numerosi elementieterogenei: uscite di sicurezza, de-positi di biciclette, appezzamenti diprato, muretti di protezione. Il largonon pi uno spazio pubblico; uncoacervo di opere murarie e metalli-che, che ingombrano, invadono, tol-

    gono spazio ed impediscono possi-bilit di movimento.

    L altezza degli edifici che circonda-no Largo Corsia dei Servi escludeogni parvenza di spazio aperto o dipiazzetta urbana; il Largo diventa-to un luogo infossato, privo di respi-ro, poco invitante alla sosta ed allaconversazione.

    Le rampe di discesa alle autorimes-se sotterranee si presentano comeampie voragini che fagocitano tuttolo spazio libero. Ai pedoni non la-sciata nessuna possibilit n di so-stare n di camminare con agio elibert; il passaggio delle auto, siain ingresso che in uscita dalle auto-rimesse, disturba e minaccia co-stantemente i passanti.

    La chiesetta di San Vito in Pasquiro-lo soffocata dal padiglione in pan-nelli metallici che la stringe sul fian-co sinistro, subito dietro la facciata.Non vi stato nessun rispetto nper il significato religioso n per il

    valore storico dell edificio antico. Lafebbre della massima cubatura ot-tenibile passa al di sopra di ogni al-tra considerazione.

    DECENTRAMENTO COMUNALE E MOBILITMarco Ponti

    Caminante no hay camino, se haceUna radicale riforma e potenzia-mento del decentramento comuna-le, come sembra essere nei pro-grammi dellamministrazione Pisa-pia, pu presentare rilevanti beneficianche dal punto di vista della mobili-t e dei trasporti, come vedremo.Occorre solo un caveat iniziale:occorre che i vincoli alla spesa sia-no fatti osservare rigidamente, per-ch si avr maggiore separazionetra chi gestisce le risorse (il comu-ne), e i potenziali decisori di spesa(gli organi di quartiere), si sa, que-sto in s pu generare tentazioni.

    Parlando ora di mobilit urbana, oc-corre innanzitutto osservare che gliinterventi di grana fine sono assaipi critici di quanto si pensi, e la

    scala di quartiere senzaltro quellapi adatta a suggerirli e a control-larne lesecuzione. Si pensi a titolodi esempio (ma la casistica moltovasta), alla segnaletica orizzontale,oggi del tutto trascurata. Una effica-ce segnaletica delle aree di sosta, edelle corsie di marcia, pu aumenta-re di molto la capacit della retestradale con costi bassissimi (sefatta rispettare con severit ameri-cana).La capacit di una rete urbana infatti proporzionale al deflusso diveicoli ottenibile a ogni ciclo sema-forico, e la segnaletica pu massi-

    mizzare questo deflusso delimitan-do le corsie di marcia ed eviden-ziando lassoluto divieto di sostarviin prossimit dei semafori. Si ricorda

    poi, a beneficio di alcuni ambientali-sti dilettanti, che fluidificare la circo-lazione, a traffico dato, diminuiscedrasticamente le emissioni, che so-no massime con i regimi di stopand go. Ma questo, si ripete, soloun esempio delle molte cose impor-tanti che una logica di grana finepu conseguire, anche in termini diarredo urbano e di immagine com-plessiva della citt (che fu definitadallEconomist la capitale europeadella sosta in doppia fila).Un altro aspetto importante quellodel trasporto pubblico, cio dellagestione di ATM. Pisapia ha pro-

    messo di estenderne i servizi inmodo capillare, soprattutto nelle pe-riferie. Ma in un servizio ad alta in-tensit di lavoro e con altissimi livelli

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    di sussidio come il trasporto pubbli-co, questo costosissimo per le e-sangui casse comunali. Se non sivogliono alzare ulteriormente le ta-riffe (che pure dopo laumento nonsono ancora al livello di quelle eu-ropee), occorre allora ridurre i costidi produzione del servizio, anche

    questi molto elevati rispetto al restodEuropa.Ovviamente non si pu chiedereallimpresa monopolista di suicidar-si abbassando spontaneamente icosti: bisogna fare una gara seria, eforse la manovra finanziaria in corsolo consentir (la liberista giuntaMoratti ben se ne guardata, perragioni di voto di scambio). Si ricor-da qui la storia del servizio radiobus, che costato ai contribuenti124 per passeggero trasportato, eanche lodioso episodio

    dellextracomunitario escluso daATM pur avendo i titoli per essereassunto, per chiarire le difficolt del-lo spontaneo abbattimento dei co-sti.E una gara vera richiede lo spezza-tino, cio di mettere in gara il mag-

    gior numero possibile di lotti. Infattilesperienza pi di successo di garenel TPL stata fatta a Londra, dovesono stati messi in gara 550 lottiseparati (cio piccoli gruppi di line-e). Poi i vincitori sono stati meno diuna decina. Questa procedura nonsolo consente lingresso di operatori

    piccoli, spesso pi efficienti di quelligrossi e politicamente protetti, magarantisce anche lamministrazione:se un vincitore si comporta male,non puntuale ecc., semplice so-stituirlo. Se si fa un lotto unico, il ve-ro padrone del servizio diventa quelvincitore, e si rischia di passare daun monopolio pubblico a uno priva-to.A Milano si potrebbero mettere ingara sei lotti, quanti sono i maggioridepositi attuali di ATM, forse convincoli specifici che una impresa

    non possa vincerne pi di due, perevitare una posizione dominante.Una delle obiezioni (legittime) delsindacato che la sua forza contrat-tuale diminuirebbe. Certo, ma cosdiminuirebbero i meccanismi, citatisopra, di voto di scambio, che sono

    pervasivi in questo settore. Credoche i lavoratori vadano difesi in mo-do orizzontale, e cominciando daquelli pi deboli, che non si trovanocerto in questo settore. La protezio-ne verticale del lavoro si chiamacorporativismo.Il ruolo dei quartieri in questo mo-

    dello a spezzatino sarebbe ovvia-mente ottimizzato, sia nel controllodelle prestazioni dei vincitori, chenel dialogo con essi per una miglio-re calibrazione del servizio rispettoalle esigenze locali. E gli operatori,sapendo di dover affrontare una ga-ra successiva dopo alcuni anni, sa-ranno anche molto solleciti a dareascolto alle richieste della rappre-sentanza locale degli utenti, certomolto attenta e informata.La prospettata liberalizzazione deitaxi aprirebbe ulteriori spazi

    allinnovazione funzionale dei tra-sporti collettivi, ma di questo parle-remo una prossima volta.

    LA RAPINA DI ARCOREBeatrice Rangoni Machiavelli

    Allinizio degli anni 70 nessuno, adeccezione di Berlusconi e Previti,

    conosceva lentit della rapina per-petrata ai danni di Annamaria Casa-ti Stampa per la vendita della villa diArcore, a cominciare da lei stessa.Minorenne e sola al mondo, avevacommesso lingenuit di fidarsi diPreviti, che si era auto-nominatosuo co-tutore, e le aveva promessodi aiutarla a pagare alcune rate del-la tassa di successione (800 milionidi lire allanno) grazie alla vendita diVilla San Martino a un certo Berlu-sconi. Di fronte alle perplessit diAnnamaria sull'entit della somma,le era stato assicurato che si tratta-va del valore della Villa completa-mente svuotata dalle opere d'arte edagli arredi molto pregiati di cui erapiena, e di un piccolo pezzo delgiardino intorno.Berlusconi prese possesso dellaVilla andandoci ad abitare ancorprima di completare il pagamentopattuito, che comunque non fu maiinteramente versato. Solo in seguitosi scoperto che Previti era gi so-cio della Fininvest e che Berlusconi,dando in garanzia la Villa, quelloche conteneva e 30 ettari fra giardi-

    no e terreni, aveva ottenuto 7 mi-liardi e 300 milioni di lire in prestitodalla Banca Popolare di Milano, con

    i quali cominci a costruire Milano2.

    La memoria corta degli italiani, nonricorda che nel gennaio 1997 vennepromulgata la legge Istituzione diuna Commissione Parlamentare perle riforme costituzionali, compostada 35 deputati e 35 senatori: venneeletto Presidente Massimo DAlemaallora Segretario DS, con lappoggiodi Forza Italia e dei centristi. Berlu-sconi, allepoca, aveva debiti per13.000 miliardi di lire e attendevaansiosamente il rinnovo delle con-cessioni delle reti Tv per Mediaset.Il giudice Gherardo Colombo, definla Commissione figlia del ricatto.Violante afferm che per poterla co-stituire: era stata data piena garan-zia a Berlusconi che non sarebberostate toccate le sue Tv. SecondoSylos Labini la legittimazione politi-ca del Cavaliere scatt automatica-mente quando fu varata la Bicame-rale; non era infatti possibile com-battere Berlusconi avendolo comepartner, per riformare nientemenoche la Costituzione.Il Fatto Quotidiano ha pubblicato il18/9/2010 un articolo di Marco Lillo,nel quale sosteneva che Don Vito

    Ciancimino ex Sindaco di Paler-mo, condannato per Mafiaallergastolo - era furibondo per laconfisca dei suoi beni, e per il trat-

    tamento di favore riservato invece aBerlusconi. Don Vito scriveva te-

    stualmente: "sia io, Vito Ciancimino,che altri imprenditori amici abbiamoritenuto opportuno, su indicazione diDell'Utri, di investire in aziende ri-conducibili a Berlusconi. Diversi mi-liardi di lire sono stati investiti inspeculazioni immobiliari nell'imme-diata periferia di Milano".Mio fratello Pierdonato Don dalleRose, che aveva sposato Annama-ria Casati, incontr allinizio del1980 il Cavaliere per chiedere larestituzione almeno di qualche qua-dro. Arrivando ad Arcore si trov inuna gabbia di ferro, abbagliato dafari, mentre una voce dal tipico ac-cento siciliano domandava: chi sie-te, cosa volete?. Alla sua risposta,lo fecero aspettare qualche minuto,poi il cancello si apr: trov dellepersone armate di fucili a cannemozze, che lo accompagnarono finoalla Villa. Molto meravigliata dellaaccoglienza, ne chiese a Berlusco-ni. La risposta fu: sono delle stra-ordinarie guardie del corpo che miha trovato Marcello DellUtri per pro-teggermi, perch sono stato minac-ciato dalla mafia, ne sono contentis-

    simo, soprattutto del loro coordina-tore Mangano, persona di grandequalit.

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    Nel 1984 i carabinieri trovarono adArcore alcuni latitanti condannatiper mafia; stupiti interrogarono Ber-lusconi, che rispose esattamentequello che aveva risposto a mio fra-tello. I quotidiani di quel periodo par-larono della cattura dei latitanti aVilla San Martino. Alla trasmissionedi Gad Lerner del 22/11/2010, Mar-cello dellUtri ha avuto limpudenzadi dichiarare, che quando Manganoera stato assunto come stalliere adArcore, non si sapeva nulla del suopassato mafioso. DellUtri nel 1994aveva dichiarato che si era candida-to al Senato per non finire in gale-ra e che considerava Mangano uneroe perch, interrogato in prigionenon aveva parlato.

    Alla Villa San Martino si incontrava-no gli Jacini, i Bergamasco, i Prinet-ti, i Gallarati Scotti, i liberali lombardimodernisti, seguaci di Ernesto Bo-naiuti, grande intellettuale antifasci-sta e molto legato ad Angelo Ron-calli, il Papa Giovanni XXIII checonvoc il Concilio Vaticano II nel1962 per riformare la Chiesa e apri-re il dialogo con i protestanti. Fre-quentavano inoltre la Villa ancheBenedetto Croce, Tommaso Galla-rati Scotti e Piero Treves, figlio diClaudio e perseguitato politico, chetrov asilo come precettore dellafamiglia Casati. Berlusconi riuscitoa distruggere e dissacrare tuttoquello che Villa San Martino rappre-senta per la storia del liberalismo

    italiano. Nelle cantine ha ricavato unnight club dedicato al bunga-bunga,e sui quotidiani si parla della bandadi Arcore.Ho ringraziato il Sindaco RosalbaColombo per il grande striscione diArcore sfilato nel corteo del 25 apri-le a Milano. Ho ricevuto in rispostauna lettera di cui pubblico uno stral-cio: Sono nata e cresciuta ad Arco-re e ne sono orgogliosa. Ne ho ri-vendicato la storia che vanta nomicome Gilera e Piaggio; la stessastoria dei Conti Casati e GallaratiScotti, che ci hanno lasciato dimoreprestigiose.

    Scrive Gregorio Praderio a Edoardo Marini e Mauro Cavicchini

    L'intervento sul PGT solleva a mioparere problemi reali, ma confidoanche risolvibili. Sui termini di ap-provazione dei PGT, non mi sembrache la sentenza TAR citata facciaritornare alla situazione ante LR12/05, di assoluta incertezza suitempi di accoglimento o meno delleosservazioni. Il termine resta co-munque "ordinatorio" e il Comuneresta in ogni caso obbligato a dimo-

    strare di non aver perso inutilmentetempo in lungaggini, ad esempiopredisponendo celermente la deli-bera di controdeduzioni; quello chela sentenza TAR ci dice che per

    il rispetto di questi termini non pucomprimere il principio pi generaledi esame nel merito delle osserva-zioni.Su questo argomento giova ricorda-re che in tempi non sospetti l'alloracandidato Sindaco Pisapia avevainvitato la Regione a modificare itermini assurdamente brevi per l'e-same delle osservazioni (tempi, ri-cordiamo, uguali per il Comune di

    Maccastorna e per quello di Milano),almeno per le grandi citt; propostapurtroppo rifiutata ma che potrebbeessere utilmente ripresa in uno spiri-to "bipartisan" (come si dice spesso)

    in occasione della prossima propo-sta di modifica della LR 12 (vistoche comunque una modifica all'an-no l'hanno sempre fat-ta).Sull'accoglimento di osservazioniche modifichino sostanzialmente ilpiano... be', mi sembra che la partefinale dell'intervento indichi chiara-mente una possibile soluzione:pubblicare di nuovo. Certo questopotrebbe comportare tempi pi lun-

    ghi per l'approvazione finale; mameglio questo dell'incertezza gene-rata dai possibili ricorsi.

    Scrive Giuseppe Vasta a Paolo Favole e Edoardo Ugolini

    Vorrei fare una modesta propostasulle opinioni espresse da Favole eUgolini, unendole assieme: in tempidi crisi della finanza pubblica, dovetrovare nuove risorse senza sven-dere i gioielli di famiglia, se non in-

    tervenendo sulla rendita fondiaria?Si pu fare molto nel PGT o rive-dendo la delibera degli oneri, certo.Ma la cosa pi semplice, rapida equasi banale sarebbe aggiornare(ma veramente, stavolta!) la delibe-ra di monetizzazione.In poche parole, cosa successo aMilano? La delibera del '97 preve-deva infatti di equiparare i valori del-le monetizzazioni ai costi necessariper l'esproprio di aree simili. Questidipendono da due fattori: dal costodi mercato dei terreni edificabili (in

    funzione come noto dei valori fina-li di vendita del bene finito) e dalledisposizioni normative di determina-zione di tale costo (a suo tempo

    calcolato come media fra il valore dimercato e il reddito domenicale, co-sa che comportava di fatto il dimez-zamento del primo termine). La de-libera prevedeva anche di aggiorna-re tali valori al variare di questi due

    fattori. Ora, dal '97 i valori immobi-liari sono cresciuti mediamente dioltre il 70%, mentre per legge in se-de di esproprio la media con il reddi-to domenicale non si fa pi (chevuol dire un ulteriore aumento del100%).Cosa ha fatto invece il Comune diMilano? Ha aggiornato il valore deiterreni edificabili con l'indice Istat(molto pi basso, circa il 3% all'an-no) e facendo riferimento a unapronuncia della Corte Europea sullariduzione dei valori di esproprio in

    caso di "riforme sociali" (l'esempiomi sembra fosse quello della Slo-vacchia alla fine del comunismo oqualcosa del genere) ha avuto l'ardi-

    re di sostenere che il riuso delle a-ree dismesse fosse un caso di "ri-forma sociale" e che pertanto l'in-cremento (della sola monetizzazio-ne, per) fosse solo del 60% (anzi-ch il 100%). In buona sostanza,

    mentre i costi di esproprio sono ver-tiginosamente saliti, i valori di mone-tizzazione (ovvero i soldi che gli o-peratori pagano al Comune nei PII oche vengono utilizzati come riferi-mento per il cosiddetto standardqualitativo) stranamente no.Mi piacerebbe sapere qual stato ildanno per le casse comunali perquesto aggiornamento mal fatto (matalmente mal fatto da dubitare dellabuona fede degli autori). E per ovvi-are la soluzione semplice e rapi-da: una semplice determina dirigen-

    ziale che ricalcoli correttamentel'aggiornamento. Si pu sperare chevenga fatto?

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    Scrive Francesco Colombo a Paolo Favole

    Dell'argomento mi occupai per il ter-reno di un amico che possedeva nelComune di forte di Marmi. Inseritonel PRG come area di servizi non

    valeva pi niente, al contrario delplusvalore generato in base allalegge Bucalossi. La Regione To-scana diede ragione ai miei amici.

    Ma non chiedetemi altri dati. Nonsaprei fornirli perch non sono unurbanista.

    Scrive Felice Besostri a Luca Beltrami Gadola

    Giusto quantificare la spesa pro ca-pite per l'aumento dell'addizionaleIRPEF, ma dubito che il messaggiopassi. Ormai l'opinione pubblica come un toro che va dietro allostraccio rosso che gli si agita davan-ti. Sull'abolizione delle province Va-lerio Onida ha scritto cose sensate,come chiunque conosca l'argomen-to di cui si parla, ma non convincernessuno. La caccia ai privilegi dellacasta giusta, ma se viene direttal'indignazione soltanto contro i com-

    ponenti di organi elettivi sarebbe

    negativo. intanto quel club di rivolu-zionari di professione dell'ufficioStudi della Banca d'Italia ci dice chenel 2009 (nel 2011 peggio) il 10%delle famiglie italiane deteneva il45% della ricchezza delle famiglie,mentre un 50% delle famiglie si do-veva accontentare del 10%L'addizionale IRPEF purtroppo col-pisce in misura maggiore i contri-buenti fiscalmente onesti. Se non siincomincia a considerare anche ipatrimoni non ci sar mai giustizia

    fiscale. Demagogia per demagogia

    impariamo dagli islandesi che han-no mandato sotto processo ilpremier conservatore come corre-sponsabile della crisi finanziaria. Seci sono dei buchi di bilancio qualcu-no li ha provocati: chiamiamo a ri-sponderne in sede civile e contabile(danno erariale) i precedenti ammi-nistratori. E' un'azione che potreb-bero avviare anche semplici cittadinimilanesi, come azione popolare.

    Scrive Gio da Milano a Massimo Cingolani

    Premesso che lultimo articolo sullepolizze del Pio Albergo Trivulziocontiene un maxi errore clamoroso - da mesi che il Consiglio di Ammi-nistrazione stato surrogato dalcommissario regionale!!! - lo ritengoun inno alla dietrologia. Possibileche nemmeno da voi arriviunattenzione vera e catalizzi l'opi-

    nione pubblica sul fatto che sonoallo studio le nuove nomine. Possi-bile che non si capisca che sparan-do su delle cose pi o meno vere siperde di vista il futuro? Perch' nonsi vuole premere per nomine aparti-tiche basate su competenza e serie-t anzich sullappartenenza partiti-ca? Forse non interessa anche a

    voi? Dovreste premere perch pre-valgano quelli che hanno capacitper amministrare unazienda con pidi mille dipendenti e altrettanti ospiti.Li lasciamo ancora alle mogli diqualcuno o al solito primario amicodi qualcun altro? Forse questo unargomento pi' attuale e di interes-se.

    Scrive lUfficio Comunicazione di Aon a Massimo Cingolani

    In merito allarticolo postato daMassimo Congolani, il 19 luglio2011 dal titolo Pio AlbergoTrivulzioPolizze e Brokers, Aon S.p.A so-ciet leader di mercato precisa chela normativa riguardante lattivit diBrokeraggio assicurativo contenu-ta nel titolo IX del Codice delle assi-curazioni private (D. Lgs. 209/2005)e nel successivo Regolamento I-SVAP n. 5 del 16 ottobre 2006.

    utile ricordare che la figura delBroker di assicurazione assimila-bile a quella del mediatore al qualecolui che intende stipulare una po-lizza si rivolge per una consulenza oper assistenza nella scelta della co-pertura assicurativa. Lelemento di-scretivo tra la figura del Broker equella dellAgente assicurativo pertanto costituito dal fatto che que-sta ultimo opera in nome e per con-to di una o pi Imprese di assicura-zione o riassicurazione, mentre ilBroker opera su incarico del clien-te/assicurato mantenendo una posi-zione indipendente rispetto alleCompagnie delle quali non ha i po-teri di rappresentanza. Il Broker dunque, essenzialmente, un esperto

    del settore assicurativo al quale puricorrere chi abbia lesigenza di af-frontare problematiche che richie-dono una particolare analisi e in-quadramento sotto il profilo dellaindividuazione delle tipologie di ri-schio e delleforme di copertura piappropriate, ovvero chi intenda av-valersi di competenze qualificate alfine di ricercare le condizioni pivantaggiose presenti sul mercato. In

    tale ottica lAzienda di Servizi allaPersona Istituti Milanesi Martinett eStelline e Pio Albergo Trivulzio, inesecuzione alla determinazione n.AG/21 del 29 marzo 2011, ha deci-so di avvalersi della collaborazioneprofessionale di un Broker assicura-tivo ai sensi delD.Lgs 209/20905,per procedere alla gestione dellepolizze assicurative a tutela dei ri-schi caratterizzati la propria attivitistituzionale. Lintervento professio-nale mira alla individuazione di spe-cifiche coperture da definirsi tramite-la realizzazione di testi tailor madeda collocare sul Mercato assicurati-vo, in luogo di un acquisto diretto diprodotti assicurativi pre-esistenti econcepiti secondo standard di

    Compagnia (ad es: la citata copertu-ra che molti hanno sulla propria abi-tazione). Il servizio, come riportatonegli atti di gara, non comporta one-ri diretti per lAmministrazione inquanto le misure percentuali di ag-giudicazione indicate, quale com-penso al Broker, saranno a caricodelle Compagnie di assicurazione enon potranno costituire un onereaggiuntivo per lAmministrazione. La

    suddetta previsione chiarisce inmodo incontestabile il processo diremunerazione al Broker che, a dif-ferenza di quanto asserito in modoprovocatorio (. tangente sullim-portodelle polizze .), non incidesulla spesa corrente della PubblicaAmministrazione in quanto, comeconfermato anche dal comune o-rientamento giurisprudenziale, ilcompenso riconosciuto al Brokerrientra tra i costi che le Compagniedi assicurazione sono comunquetenute a riconoscere alla propria re-te agenziale, indipendentemente omeno dalla presenza della suddettafigura professionale .2 Alla selezio-ne scadente lo scorso 10 maggio2011 indetta tramite Cottimo Fidu-

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    ciario hanno partecipato 3 impresesingole (Aon Assiteca Willis) edue riunitesi in Raggruppamento-Temporaneo di Impresa (Ja-nua/Italbrokers). Al termine delleprocedure di analisi delle offerte

    presentate dai concorrenti lAmmi-nistrazione ha provveduto ad aggiu-dicare il servizio alla Aon S.p.A.(non credo serva citarlo ma PaoloArnaboldi Brichetto risulta, perlISVAP, inoperativo dallo scorso

    30/10/2010).Ogni informazione cita-ta verificabile nei documenti nor-mativi, Regolamenti e nei documentirelativi a Gare regolamente indette.

    RUBRICHE

    MUSICAquesta rubrica curata da Palo Viola

    [email protected]

    Festival destate

    La qualit dei festival estivi miglioradi anno in anno in modo impressio-nante; anni fa si favoleggiava solo diBayreuth e di Glyndebourne, poi cifu Salisburgo, ora non si contanopi e possiamo dire che le stagioni

    musicali - quelle invernali nellegrandi citt e quelle estive nei bor-ghi e nelle citt minori si susse-guono una dopo laltra e quasi siequivalgono per raffinatezza e auto-revolezza. I grandi interpreti, com-plici anche la crescita dei paesi au-strali e la crisi che ha ridotto cartel-loni e cachet, non hanno pi requiee sono costretti a correre tuttolanno da una parte allaltra del pia-neta.Buon ultima arrivata Milano che inassociazione con Torino ha incune-

    ato questo MiTo tardo-estivo o pre-autunnale che, con la pretesa di of-frire di tutto, si presenta molto di-spersivo e forse non brilla per raffi-natezza e autorevolezza, ma riescea mettere a segno alcuni xploit dicui va giustamente fiero, comelapertura scaligera di domenicascorsa affidata a Barenboim ed e-saurita da tempo.Tornando ai festival estivi di eccel-lenza, in questi ultimi anni la palmadella qualit musicale e per certiversi potremmo dire anche ambien-tale, non fossaltro che per la strepi-tosa sala disegnata da Jean Nouvele poeticamente affacciata sul lagodebba essere assegnata a Lucernadove impera, senza sovrastare ntiranneggiare, Claudio Abbado. Ilquale, la sera del 10 agosto, ha i-naugurato il festival con un concertodi cui hanno gi ampiamente riferitoi critici musicali dei maggiori quoti-diani europei; per cercare di carpirequalche segreto di ci che gi si in-tuiva sarebbe stato un evento stra-ordinario, abbiamo voluto assisterealla prova generale che si svolta,

    generosamente aperta al pubblico,la sera precedente. Non ce ne sia-mo pentiti perch latmosfera eraassolutamente magica.

    Il programma prevedeva il primoConcerto per pianoforte e orchestrain re minore di Brahms, il Preludiodel primo atto del Lohengrin elAdagio della incompiuta decimaSinfonia di Mahler. Al pianoforte do-

    veva sedere la bella Hlne Gri-maud, che ha rinunciato allultimaora per divergenze artistiche con ildirettore, e gi qui dobbiamo osser-vare che normalmente - in casi co-me questo, tuttaltro che rari - senon si veri e seri musicisti si vaavanti lo stesso con le prove elesecuzione cercando di scaricarelun laltro la responsabilit del risul-tato inevitabilmente mediocre (adanno ovviamente degli ascoltatori).Qui invece, al posto della Grimaud, comparso il grande Radu Lupu

    che di Brahms, oltre a essere ma-gnifico interprete, sembra un sosia:seduto su una poltroncina in mani-che di camicia (la giacca di vellutoappoggiata sullo schienale) e vistodi profilo con la sua barba grigia,sembrava proprio lui e suonava conuna tale disinvoltura e nonchalance,che pareva proprio improvvisare,riflettere, meditare, cercare suonipreziosi, dialogare con lorchestracome per spiegare il significato diogni nota.Abbado, anche lui in camicia, con lemaniche arrotolate, il pullover appe-so al leggo di un violinista perchlui, come sempre, dirige a memoriae non conosce leggi (ma non u-suale che il direttore dorchestra co-nosca a memoria i pezzi, ancorchceleberrimi, che prevedono la con-certazione con un solista!), coscome ora lo conosciamo pelle e os-sa ma sorridente e ispirato, con gliinconfondibili gesti diventati iconedella musica sinfonica, sembrava ilsacerdote di un rito misterico: lamano destra che non batte il tem-po ma ne indica solo il fluire, la sini-

    stra che sembra estrarre uno a uno isuoni dagli strumenti dellorchestra.La magia della serata era dovutaancor alla tensione estrema che te-

    neva insieme tutti i protagonisti sulpalcoscenico (lorchestra del festivaldi Lucerna, si sa, composta daelementi provenienti da altre orche-stre abbadiane e da molti solistiamici del direttore) e tuttavia una

    tensione priva di ansia, senza alcuntipo di soggezione o di preoccupa-zione, procurata solo dalla grandegioia di ritrovarsi per suonare anco-ra una volta insieme e dallattentoascolto degli altri, con un risultatoche sembra sorprendere e com-muovere loro per primi. Musicisti ditutte le et, che tanto si intendonocon i loro strumenti quanto faticanoa parlarsi nelle loro cento lingue di-verse; ma la comune passione, lacomplicit, il rispetto reciproco, lacertezza di partecipare a un evento

    essenziale e memorabile, il palpabi-le sentimento di amicizia che li ani-ma, ha un effetto incredibilmentemaieutico.Dopo Brahms Wagner, un accosta-mento sempre intrigante fra due vi-sioni storicamente opposte del sen-tire musicale, che tuttavia Abbadoriconcilia con grande maestria pro-ponendo un preludio del Lohengrin -con quello straordinario crescendo- che sembra la naturale evoluzionedellintimismo brahmsiano.Il pubblico che riempiva totalmentela grandiosa sala del Festival (eche, salvo qualche abito, non avevanulla di diverso dal pubblico dellaprima) rimasto stregato, visibil-mente preso da grande emozione,con il fiato sospeso sino allassot-tigliarsi delle note, esangui, con cuisi conclude la pagina wagneriana.Charles Baudelaire cos descrive lesue sensazioni dopo averlo ascolta-to per la prima volta: Mi sentii libe-rato dai legami di pesantezza e ri-trovai la straordinaria volutt checircola nei luoghi alti. Dipinsi a mestesso lo stato di un uomo in preda

    ad un sogno in una solitudine asso-luta, con un immenso orizzonte euna larga