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5156 interno - Aracne · rapporto tra azionisti ed executive, il rischio che i manager possano deviare dal criterio della shareholder value maximization impone il ri-corso a meccanismi

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Simona Catuogno

I piani di stock option

Governance, valuation e accounting

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Copyright © MMXIIARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133/A–B00173 Roma(06) 93781065

isbn 978-88-548-5156-6

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: ottobre 2012

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A Marcello Maria, con tutto il cuore

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Indice Introduzione .................................................................... 9

Capitolo I Stock option e governance:

Il quadro teorico di riferimento 1. Le origini delle stock option nella Agency Theory ...... 15 2. L’impiego delle stock option oltre la Optimal Contracting View

.................................................................................... 20 3. La Rent Extraction View in presenza di azionisti di controllo

.................................................................................... 25 3.1. Meccanismi incentivanti e tutela delle minoranze. Alcune

possibili declinazioni della governance ............................... 29 4. La Perceived Cost View .............................................. 35

Capitolo II Valuation e accounting

1. Fair value versus intrinsic value. Gli effetti economici

sull’informazione di bilancio. .............................................. 47 2. Il fair value delle stock option ..................................... 49 2.1. Il pricing delle stock option ...................................... 54 2.2. La prescrizione del fair value nell’accounting regulation

.................................................................................... 58 3. L’intrinsic value ed il costo storico e delle stock option

.................................................................................... 67 3.1. Un focus sul costo opportunità delle stock option ... 74

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Indice

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3.2. La prescrizione dell’intrinsic value nell’accounting regulation .................................................................................... 77

3.3. Le motivazioni a supporto dell’intrinsic value ........ 80 4. Le stock option in Italia tra convenzioni contabili e dottrina

classica ................................................................................. 87 4.1. L’azionariato ai dipendenti nella previsione codicistica 96 4.2. La transizione italiana all’IFRS 2 ........................... 99

Capitolo III La leva fiscale

1. Premessa ..................................................................... 115 2. Il D.P.R. 917/86 e successive modifiche prima della riforma del

2006 .................................................................................... 116 3. La riforma fiscale del D.L. 223/2006 e gli effetti successivi 123 4. Le modifiche del D.L. 262/2006. La distinzione tra “azioni

vendibili” e “azioni non vendibili” ...................................... 127 5. Il D.L. 112/2008. Il Decreto Legge Tremonti ............. 137 6. La disciplina dell’addizionale su bonus e stock option nel settore

finanziario ............................................................................ 142 7. La deducibilità delle stock option ............................... 146 7.1. La deducibilità delle stock option alla luce dell’IFRS 2 149

Capitolo IV L’indagine empirica

1. L’obiettivo dell’indagine e la research question ........ 157 2. Theoretical background .............................................. 158 3. Il campione e la metodologia di ricerca ...................... 160 4. L’analisi dei risultati ................................................... 162 Sintesi e conclusioni ....................................................... 179 Indice delle opere citate .................................................. 187

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Introduzione In accordo alla optimal contracting view, le stock option rappresen-

tano un efficace meccanismo di governance su cui possono contare a-zionisti dispersi e numerosi per limitare ex-ante i comportamenti op-portunistici dei Chief Executive Officers nelle public company caratte-rizzate da separazione tra proprietà, governo e controllo. Infatti, nel rapporto tra azionisti ed executive, il rischio che i manager possano deviare dal criterio della shareholder value maximization impone il ri-corso a meccanismi di allineamento. L'idea di legare la remunerazione del top management alla capacità di creare valore per gli azionisti ap-pare uno strumento efficace per garantire gli shareholders.

Nonostante le numerose caratteristiche positive attribuibili alle re-tribuzioni basate sulle azioni (alignment, retention e risk taking), ulti-mamente le stesse sono finite al centro di numerosi dibattiti con rife-rimento alla loro effettiva capacità di garantire l’allineamento degli in-teressi di manager e azionisti, anche nell’ambito delle stesse public company statunitensi.

Le stock option, inoltre, si sono enormemente diffuse anche nelle società con assetti proprietari e di governance profondamente diffe-renti rispetto allo schema degli azionisti numerosi, dispersi e separati rispetto al management.

In Italia, ad esempio, negli ultimi anni, i piani di stock option sono stati ampiamente utilizzati in quasi tutte le società quotate ed un aspet-to estremamente interessante riguarda proprio la considerazione dell’assetto istituzionale di queste imprese. Si tratta, prevalentemente, di società quotate con proprietà concentrata privata, per le quali esi-stono importanti meccanismi di potenziamento del controllo quali fa-

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Introduzione

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miglia, grande azionista di riferimento, gruppo di azionisti di control-lo, gruppi piramidali, partecipazioni incrociate, patti di sindacato, ban-che azioniste. In tali circostanze la presenza di un soggetto controllan-te dovrebbe accrescere la possibilità di monitorare l'operato del management e ridurre la probabilità di azioni opportunistiche. Oppure, negli altri casi, si tratta di società nelle quali i manager sono diretta espressione degli azionisti di controllo o addirittura sono identificati con la proprietà, non essendoci affatto separazione tra proprietà e go-verno.

Sta di fatto che, tanto nella prima quanto nella seconda circostanza, non sembrerebbe affatto necessario un così consistente ricorso agli incentive plans e, al contrario, il loro impiego diffuso sembrerebbe contraddire le assunzioni della agency theory, la quale prescrive l'uti-lizzo di piani incentivanti qualora vi sia separazione tra proprietà e controllo.

Ciò detto, ai fini della comprensione del fenomeno, il presente la-voro intende inquadrare il tema degli incentive plans anche alla luce di impostazioni teoriche antagoniste alla teoria dell’agenzia, per accerta-re la capacità esplicativa delle stock option, per scopi diversi dall’allineamento.

In alternativa alla teoria dell’agenzia, la rent extraction (o manage-rial-power) view è in grado di spiegare il massiccio ricorso alle retri-buzioni incentivanti in assenza di contrapposizione tra management e proprietà o, forse, proprio nei casi in cui gli interessi degli azionisti di riferimento convergono con quelli dei top executive e degli ammini-stratori.

Il caso dell’Italia è particolarmente emblematico rispetto al frame-work teorico del quale si sta discutendo. L’impiego delle stock option in Italia non sembra rispondere alla funzione economica originaria per la quale esse erano state concepite nell’ambito della teoria dell’agenzia, ossia, allineamento degli interessi divergenti tra share-holders e manager, nelle public company pure.

Il lavoro di ricerca si articola in quattro capitoli. Il Capitolo I illu-stra l’inquadramento teorico delle stock option nell’ambito dei diversi framework sviluppati dalla letteratura al fine di spiegare l’utilizzo dei meccanismi incentivanti nei diversi contesti geografici ed istituzionali. Il Capitolo II affronta il tema della valuation e della relativa iscrizione

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Introduzione

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in bilancio degli option plans, tra fair value e valore intrinseco, giun-gendo alla conclusione per la quale il valore intrinseco, al di fuori dei piani che prevedono la assegnazione e l’esercizio immediato delle op-zioni da parte dei dirigenti, non possiede alcun fondamento nell’ambito del sistema dei valori economico aziendali in quanto si pone esclusivamente come un criterio di estrema semplicità applicati-va, finalizzato ad evitare la contabilizzazione del costo delle executive compensation nel conto economico. Il Capitolo III tratta del rilevante ruolo svolto della leva fiscale ai fini della maggiore o minore diffusio-ne dei piani di stock option in Italia. Nel Capitolo IV, infine, viene condotta una indagine empirica volta a comprendere le principali fina-lità economiche che si intendono perseguire mediante il ricorso alle stock option in un contesto atipico come quello domestico, le cui ca-ratteristiche distintive (assetti proprietari fortemente concentrati, mo-delli di governance poco formalizzati, peculiari caratteristiche del consiglio di amministrazione e scarso decentramento dei poteri di ge-stione) sembrerebbero contrastare con l’ambito ideale di applicazione delle stock option. I risultati sono piuttosto interessanti.

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Capitolo I

Stock option e governance: Il quadro teorico di riferimento

SOMMARIO: 1. Le origini delle stock option nella Agency Theory - 2. L’impiego delle stock option oltre la Optimal Contracting View - 3. La Rent Extraction View in presenza di azionisti di controllo - 3.1. Meccanismi incentivanti e tutela delle minoranze. Alcune possibili declinazioni della governance - 4. La Perceived Cost View.

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1. Le origini delle stock option nella Agency Theory Le stock option, intese come meccanismo di remunerazione incen-

tivante dei top executive e degli amministratori delle imprese quotate in qualunque parte del mondo, sono nate in seno alla teoria dell’agenzia 1 e, più in generale, in seno all’approccio contrattuale nel-la definizione dell’azienda che ha riscosso notevole interesse negli studi di economia generale 2, finanza 3, marketing, accounting, orga-nizzazione e sociologia.

La teoria contrattuale assume che l’azienda è il luogo di incontro tra molteplici stakeholders con interessi spesso contrastanti che vanno adeguatamente contemperati e solo attraverso la definizione di con-tratti ottimali è possibile pervenire alla composizione dei conflitti pre-servando, nel lungo periodo, la sopravvivenza dell’azienda e la sua capacità di creare valore economico.

In un’ottica di razionalità perfetta, si può immaginare di pianifica-re, attuare e gestire tutto il sistema aziendale attraverso una serie di contratti completi, tuttavia la realtà è molto più complicata dal mo-mento che intervengono fenomeni di razionalità limitata, costo dell’informazione, incertezza, mercati imperfetti, asimmetrie informa-tive, opportunismo, free riding, selezione avversa e azzardo morale 4.

In tali circostanze occorre stabilire chi ha il compito di prendere le decisioni residuali su tutto quanto non già regolato dai contratti e, di conseguenza, a chi spettano i risultati residuali positivi e negativi.

In linea di principio il rischio economico residuale, i residual claims o risultati residuali, nonchè le decisioni residuali su tutto quan-

1 JENSEN, MECKLING, Theory of the firm. 2 COASE, Nature of the firm. 3 FAMA, Agency problems. 4 HOLMSTRÖM, COSTA, Managerial Incentives.

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Capitolo I

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to non ancora regolato da accordi contrattuali o norme di legge, spet-tano agli azionisti proprietari dell’azienda.

La coincidenza tra i rendimenti residuali e le decisioni residuali do-vrebbe supporre anche la coincidenza tra proprietà, gestione e control-lo, praticabile solo nelle aziende piccole o familiari, poco complesse nell’organizzazione e che operano in contesti ambientali stabili o poco perturbati.

Tuttavia, nella realtà delle aziende più grandi e complesse, quando gli azionisti sono piccoli e diffusi, accade che il governo dell’azienda venga delegato ai manager i quali, di conseguenza, finiscono per di-sporre di importanti “residual control right” e si ritrovano spesso ad adottare comportamenti contrari agli interessi degli azionisti detentori dei residual claims 5.

Perciò, la separazione tra i rendimenti residuali ed i poteri decisio-nali, benché estremamente vantaggiosa nella misura in cui consente un efficace frazionamento del rischio, una riduzione del costo del capita-le, nonché una conveniente specializzazione dell’attività dei manager, comporta, frequentemente, il pericolo di comportamenti opportunistici a scapito degli interessi dei proprietari 6.

A partire dagli anni settanta, gli studi in tema di agency theory si sono occupati a fondo delle cause dei conflitti di interesse tra le diver-se categorie di agents e principals e delle possibili soluzioni per argi-narli.

La teoria dell’agenzia 7, nata come teoria dei costi di agenzia, stu-dia gli agency problems che nascono dalle agency relationships e le possibili soluzioni per tenere sotto controllo l’entità degli agency costs. Le agency relationships sono tutti i rapporti contrattuali in cui i

5 SHLEIFER, VISHNY, Corporate Governance. 6 Si tratta del fenomeno noto come “managerialismo”, ovvero comportamento tenden-

zialmente rivolto alla soddisfazione dei propri interessi in danno di quelli degli azionisti attra-verso, ad esempio, l’implementazione di strategie di mantenimento a basso rischio per con-servare l’incarico ricevuto, la autoattribuzione di benefits in natura di vario tipo appropriando-si di ricchezza e valore creato per gli azionisti e, infine, ancora conflitti potrebbero sorgere in caso di M.B.O, in quanto, l’interesse del management a mantenere basso il prezzo delle azioni fino al momento dell’acquisto, non può certamente dirsi in linea con quello degli azionisti.

7 I maggiori contributi scientifici si ritrovano in JENSEN, MECKLING, Theory of the firm; FAMA, Agency problems; FAMA, JENSEN, Agency Problems; FAMA, JENSEN, Ownership and Control.

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Stock option e governance: il quadro teorico di riferimento

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principali delegano gli agenti allo svolgimento di alcune attività, dele-gando anche i relativi poteri decisionali, dalle quali attività i principali stessi dovrebbero trarre beneficio senza poter essere in grado, o essen-dolo solo parzialmente, di controllare che le modalità di svolgimento delle attività siano quelle per loro più favorevoli.

Agency relationships esistono tipicamente tra gli azionisti ed i manager, ma possono rinvenirsi anche rispetto ad altre categorie di stakeholders (azionisti di minoranza, lavoratori, clienti, fornitori).

Gli agency problems derivano dal fatto che l’agente potrebbe per-seguire interessi personali che non coincidono con quelli del principa-le e l’azienda, nel tentativo di limitare tali comportamenti opportuni-stici, sostiene una serie di agency costs.

In seno alla teoria dell’agenzia, la optimal contracting view presu-me che non esista nessun contratto in grado di allineare perfettamente gli interessi di manager e shareholders ma il contratto ottimale è quel-lo che minimizza i costi di agenzia intesi come la somma dei costi di contrattazione, i costi per il monitoraggio sulle attività degli agenti e gli altri costi sostenuti per strutturare l’organizzazione in modo da li-mitare i comportamenti indesiderati.

Per il controllo degli agency problems la teoria dell’agenzia ha pre-visto strumenti di diversa natura riconducibili, in estrema sintesi, a due filoni principali.

Da una parte, si decide di controllare ciascuna attività degli agents attraverso supervisori esterni, consiglieri di amministrazione non ese-cutivi e sistemi interni di monitoraggio incrociato. In effetti soluzioni di questo tipo si sono rivelate, nella maggioranza dei casi, estrema-mente costose e persino inefficaci.

Dall’altra parte, si tende a responsabilizzare l’agente mediante una serie di incentivi tesi ad allineare i suoi interessi a quelli del principal.

Nel caso del rapporto tra azionisti ed executive, ad esempio, il ri-schio che i manager possano deviare dal criterio della shareholder va-lue maximization impone il ricorso a meccanismi di allineamento 8. L'idea di legare la remunerazione del top management alla capacità di creare valore per gli azionisti appare uno strumento efficace per garan-

8 JENSEN, MURPHY, CEO incentives.

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Capitolo I

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tire gli shareholders 9. E’ in tale filone che si inserisce la soluzione delle stock option co-

me efficace meccanismo di governance su cui possono contare azioni-sti dispersi e numerosi per limitare ex-ante i comportamenti opportu-nistici dei Chief Executive Officers, nelle grandi public company quo-tate, caratterizzate da separazione tra proprietà, governo e controllo 10.

Le soluzioni di questo tipo si sono dimostrate generalmente efficaci e, soprattutto se adottate nel rispetto di alcune condizioni, idonee a ri-durre sensibilmente il livello degli agency costs.

In particolare lo schema retributivo può includere opzioni sulle a-zioni della società legate esclusivamente al valore di mercato dei titoli, come nel caso dei cosiddetti fixed stock option plans, ed allora l’effetto incentivante è piuttosto modesto in quanto il valore di merca-to delle azioni non è sempre un indicatore affidabile della performance aziendale e risente spesso di fenomeni economici non controllabili dai manager. Oppure, con la adozione dei performance stock option plans, la remunerazione viene ancorata ad alcuni indici che dovrebbero e-sprimere la performance aziendale (ROE, ROI, EPS).

Si diceva che le stock option, alla luce della teoria dell’agenzia, rappresentano un efficace meccanismo di allineamento degli interessi divergenti tra shareholders e manager, nelle public company pure a proprietà diffusa ed eterogenea, quotate e caratterizzate dalla separa-zione tra proprietà e governo.

Costituiscono una parte molto consistente del pacchetto retributivo degli executive, soprattutto nei paesi anglo-americani, dove si ritiene che rappresentino un incentivo per i manager ad agire nell’interesse degli azionisti, per effetto dell’esistenza di un legame diretto tra la lo-ro remunerazione e le performance azionarie 11. Inoltre si riconoscono un’altra serie di effetti positivi che vanno dalla capacità di attrarre e mantenere in servizio dipendenti estremamente motivati, allo stimolo verso l’assunzione di maggiori rischi da parte dei manager, alla ridu-zione del complessivo esborso monetario relativo alla remunerazione dei top executive.

9 ROSS, Theory of Agency. 10 BERLE, MEANS, The modern corporation. 11 JENSEN, MURPHY, CEO incentives.

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Stock option e governance: il quadro teorico di riferimento

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Tuttavia, recentemente, le stock option attribuite in US a manager e consiglieri di amministrazione sono state oggetto di aspre critiche da parte del mondo accademico e dell’opinione pubblica in quanto tal-mente lucrative e generose da ingenerare il sospetto di una illecita di-strazione di valore ai danni della società.

Si ritiene, precisamente, che lo strumento delle stock option si pos-sa prestare anche ad impieghi aventi obiettivi molto diversi dall’allineamento quali, ad esempio, l’espropriazione degli azionisti di maggioranza o di minoranza (Bebchuk and Fried, 2006), oppure l’occultamento del costo realmente sostenuto per la remunerazione dei dirigenti 12.

Sorprendentemente, poi, in evidente diniego dei presupposti della teoria dell’agenzia, le stock option si sono diffuse non solo all’interno delle public company pure ma anche nelle società con assetti proprie-tari e di governance profondamente differenti rispetto allo schema de-gli azionisti numerosi, dispersi e separati rispetto al management.

Pertanto, si rende necessario, ai fini della comprensione del feno-meno, inquadrare il tema degli incentive plans anche alla luce di im-postazioni teoriche antagoniste alla teoria dell’agenzia, per accertare la capacità esplicativa delle stock option, per scopi diversi dall’allineamento.

Le due teorie che possono spiegare l’impiego delle stock option laddove non è in grado di farlo la teoria dell’agenzia sono:

1) la rent extraction (o managerial-power) view, la quale presup-pone che i manager o i consiglieri di amministrazione particolarmente influenti siano portati ad utilizzare i meccanismi incentivanti per e-spropriare gli azionisti di maggioranza o di minoranza 13;

2) la perceived-cost view, la quale implica che gli schemi di option-based potrebbero essere impiegati per ottenere un risparmio comples-sivo di costo, reale o solo presunto 14.

12 HALL, MURPHY, Stock Options. 13 BEBCHUK, FRIED, WALKER, Managerial Power. 14 HALL, MURPHY, Stock Options.