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6 La revisione legale nelle cooperative di Andrea Dili 6.1 Premessa Nel presente capitolo sono analizzate le particolari problematiche connesse al- l’attività di revisione legale nelle società cooperative. Occorre preliminarmente sottolineare come anche alle società cooperative sono generalmente applicabili le regole e le procedure analizzate nei capitoli precedenti, ma, considerate le pecu- liarità di tali soggetti, è imprescindibile focalizzare l’attenzione su tutte quelle fattispecie che sono proprie soltanto di tale tipologia societaria. Come noto, infatti, alle società cooperative sono generalmente applicabili le nor- me civilistiche e fiscali proprie delle società di capitali, ma occorre tenere conto che tali soggetti sono altresì disciplinati da norme peculiari che, in molti casi, assumono una notevole ed autonoma rilevanza: si pensi, ad esempio, al concetto di prevalenza mutualistica, all’istituto del ristorno, al particolare regime fiscale ad esse riservato. Si comprende, dunque, che prima di procedere all’analisi dell’attività di revisione sulle società cooperative, è necessario predisporre un breve inquadramento nor- mativo con l’obiettivo di sottolinearne le principali caratteristiche. Si procederà, successivamente, ad un breve excursus sulle varie forme di controllo cui sono sottoposte le società cooperative, per poi affrontare in modo sistematico il tema della revisione legale. 6.2 Scopo mutualistico e inquadramento normativo Le società cooperative, rispetto agli altri soggetti societari, sono caratterizzate dal particolare fine perseguito, comunemente conosciuto come “scopo mutualistico”. Se, infatti, lo scopo di una società di capitali è massimizzare il profitto, distribuendo tale vantaggio ai propri soci sotto forma di dividendo, il fine perseguito da una società cooperativa consiste nel fornire ai propri soci beni e/o servizi ovvero occa- sioni di lavoro a condizioni più favorevoli di quelle che essi troverebbero sul merca- to. Tra socio e cooperativa, dunque, si instaura un ulteriore rapporto, definito “mu- tualistico”, distinto rispetto al rapporto sociale. Tale concetto – sebbene non ne esi-

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6 La revisione legale nelle cooperativedi Andrea Dili

6.1 PremessaNel presente capitolo sono analizzate le particolari problematiche connesse al-l’attività di revisione legale nelle società cooperative. Occorre preliminarmentesottolineare come anche alle società cooperative sono generalmente applicabili leregole e le procedure analizzate nei capitoli precedenti, ma, considerate le pecu-liarità di tali soggetti, è imprescindibile focalizzare l’attenzione su tutte quellefattispecie che sono proprie soltanto di tale tipologia societaria.

Come noto, infatti, alle società cooperative sono generalmente applicabili le nor-me civilistiche e fiscali proprie delle società di capitali, ma occorre tenere contoche tali soggetti sono altresì disciplinati da norme peculiari che, in molti casi,assumono una notevole ed autonoma rilevanza: si pensi, ad esempio, al concettodi prevalenza mutualistica, all’istituto del ristorno, al particolare regime fiscalead esse riservato.

Si comprende, dunque, che prima di procedere all’analisi dell’attività di revisionesulle società cooperative, è necessario predisporre un breve inquadramento nor-mativo con l’obiettivo di sottolinearne le principali caratteristiche. Si procederà,successivamente, ad un breve excursus sulle varie forme di controllo cui sonosottoposte le società cooperative, per poi affrontare in modo sistematico il temadella revisione legale.

6.2 Scopo mutualistico e inquadramento normativoLe società cooperative, rispetto agli altri soggetti societari, sono caratterizzate dalparticolare fine perseguito, comunemente conosciuto come “scopo mutualistico”.Se, infatti, lo scopo di una società di capitali è massimizzare il profitto, distribuendotale vantaggio ai propri soci sotto forma di dividendo, il fine perseguito da unasocietà cooperativa consiste nel fornire ai propri soci beni e/o servizi ovvero occa-sioni di lavoro a condizioni più favorevoli di quelle che essi troverebbero sul merca-to. Tra socio e cooperativa, dunque, si instaura un ulteriore rapporto, definito “mu-tualistico”, distinto rispetto al rapporto sociale. Tale concetto – sebbene non ne esi-

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sta alcuna definizione legislativa 1 – è direttamente richiamato dall’art. 45 dellaCarta Costituzionale che, infatti, dispone: “La Repubblica riconosce la funzionesociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazioneprivata. La legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e neassicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità”.

La disciplina generale sulle società cooperative è contenuta nel Titolo VI del Li-bro V c.c. (artt. 2511 e ss.). Essa è integrata da numerose leggi e norme dettatespecificamente per tali soggetti.

Come accennato, in estrema sintesi, le società cooperative possono configurarsiin due specifici modelli che fanno riferimento:

– generalmente alle norme sulla società per azioni;– alle norme sulla società a responsabilità limitata, nei casi in cui il numero dei

soci cooperatori sia inferiore a venti ovvero l’attivo dello stato patrimoniale nonsia superiore a un milione di euro 2.

1. L’art. 2511 c.c. qualifica le cooperative come società a capitale variabile con scopo mutualisticoiscritte presso l’albo delle società cooperative, senza fornire alcuna definizione del concetto di“mutualità”.2. In questi casi la cooperativa può liberamente scegliere se adottare le norme previste per la societàa responsabilità limitata o per la società per azioni. In realtà esiste anche una terza fattispecie, previ-

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Si comprende, dunque, come, a parità di condizioni, l’attività di revisione legaleche abbia per oggetto una società cooperativa sia normalmente più complessa diquella riferita ad una società di capitali. Nelle pagine successive si cercherà dievidenziare tutte quelle peculiarità proprie del mondo cooperativo che diretta-mente e indirettamente vanno a incidere sull’attività di revisione legale. In talecontesto, assume particolare rilevanza il peculiare regime fiscale che la normativatributaria dedica alle società cooperative. Si tratta, in estrema sintesi, di un regimeche – analogamente a quello civilistico – deve fare riferimento:

– in primo luogo alle norme di carattere generale previste per le società di capitali;– in secondo luogo, alle numerose norme fiscali di carattere agevolativo e non,

alcune dettate per la generalità delle società cooperative, altre previste soltantoper specifiche tipologie (generalmente settoriali) di cooperative.

Ulteriore specificità è data dal fatto che il regime tributario IRES riservato allesocietà cooperative, regime che contempla una lunga serie di agevolazioni 3, hauno dei suoi presupposti nel rispetto di determinati parametri di natura civilistico-contabile: alle sole cooperative a mutualità prevalente è, infatti, destinato il pienogodimento di tali benefici.

6.3 Le tipologie cooperativeNel paragrafo precedente si è affermato che lo scopo mutualistico consiste nelfornire ai soci delle cooperative condizioni più favorevoli di quelle che essi trove-rebbero sul mercato: tale fine si realizza nello scambio socio/cooperativa (comu-nemente noto come “scambio mutualistico”), ove oggetto di tale scambio è laprestazione del socio nei confronti della cooperativa. Ovviamente, tale scambiopuò assumere connotazioni diverse a seconda delle modalità in cui si instaura ilrapporto tra cooperativa e socio, ovvero:

– cooperazione di lavoro, dove il socio svolge la propria prestazione lavorativanei confronti della cooperativa, nelle forme contemplate dall’art. 1 della Leggen. 142/2001. Il vantaggio mutualistico si estrinseca nelle migliori condizioni dilavoro (anche migliore retribuzione) rispetto a quelle mediamente praticate dalmercato. In tale categoria rientra la cooperazione sociale;

sta dal secondo comma dell’art. 2522 c.c.: si tratta delle cooperative con un numero di soci – tuttepersone fisiche – da tre a otto, che devono obbligatoriamente applicare le regole previste per lasocietà a responsabilità limitata.3. Anche se, a causa degli interventi del legislatore fiscale che hanno caratterizzato l’ultimo decen-nio, la loro portata è stata, per la maggioranza degli enti cooperativi, notevolmente ridotta.

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– cooperazione di consumo o utenza, dove il socio è cliente della cooperativa. Intali fattispecie il vantaggio mutualistico si realizza nell’acquisto di beni e/o ser-vizi a prezzi migliori di quelli mediamente praticati sul mercato;

– cooperazione di imprenditori o consortile, dove il socio è un imprenditore chefornisce beni o servizi alla cooperativa. In tali casi il vantaggio mutualisticoconsiste in una migliore valorizzazione dei prodotti o servizi conferiti rispetto aquella mediamente ottenibile sul mercato.

È necessario sottolineare come in realtà, all’interno di queste macro-categorie,esistano ulteriori specificazioni 4, a cui spesso si riferiscono particolari disposi-zioni di legge. Di conseguenza, l’attività di revisione sulle società cooperativedovrà prendere in considerazione anche le specifiche peculiarità che caratterizza-no le singole categorie esaminate.

6.4 Cooperative a mutualità prevalente e cooperative a mu-tualità non prevalente

All’interno di un insieme unitario qualificato dal perseguimento dello scopo mu-tualistico, la riforma del diritto societario ha previsto la coesistenza di due model-li, con aspetti molto simili tra loro, denominati rispettivamente cooperative amutualità prevalente e cooperative a mutualità non prevalente. Le differenze traqueste due fattispecie rilevano quasi esclusivamente sul piano delle agevolazionifiscali (di cui godono pienamente soltanto le prime); mentre le caratteristiche strut-turali tipiche del soggetto cooperativo rimangono proprie di entrambi.

4. È interessante fare riferimento alla classificazione contenuta nel modello C17, utilizzato per lecomunicazioni all’Albo delle cooperative, allegato al bilancio d’esercizio e depositato presso le

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Il contemporaneo rispetto di queste due opzioni qualifica le cooperative a mutua-lità prevalente ed è condizione necessaria per usufruire pienamente delle agevola-zioni fiscali dettate dalla normativa tributaria a favore delle società cooperative.Anche le cooperative a mutualità non prevalente, comunque, possono usufruiredi benefici fiscali, seppur molto più limitati.

Come accennato, la prevalenza gestionale viene normalmente rilevata mediantela costruzione di parametri che traggono la loro origine da dati contabili, specifi-catamente da alcune voci contenute nel conto economico del bilancio d’esercizio.Non mancano, tuttavia, eccezioni a questa regola di carattere generale, eccezioniche possono essere riferite, in alcuni casi particolari specificamente indicati dallalegge, all’utilizzo di modelli di calcolo speciali o ai casi di cooperative “prevalen-ti di diritto” o comunque esentate dal dare dimostrazione del conseguimento del-l’opzione gestionale.

Come prescritto dal citato art. 2513 c.c., la prevalenza gestionale deve esseredocumentata dagli amministratori in nota integrativa e dai sindaci nella loro rela-zione al bilancio. Nessun riferimento diretto è fatto alla figura del soggetto inca-ricato della revisione legale dei conti. Tuttavia, a parere di chi scrive, tale verificarientra pienamente anche tra i compiti del revisore, che sarà chiamato ad esamina-re tanto le procedure messe in atto dagli amministratori della cooperativa perconsentire la corretta rilevazione dei dati necessari ai fini della costruzione deiparametri di prevalenza come la loro regolare contabilizzazione 5.

Lo stesso art. 2513 c.c. dispone che la documentazione della prevalenza gestiona-le deve essere effettuata mediante l’individuazione e la verifica dei seguenti para-metri di origine contabile:

Camere di commercio. Tale modello contempla le seguenti categorie:• cooperative di produzione e lavoro;• cooperative sociali;• cooperative di conferimento prodotti agricoli e allevamento;• cooperative edilizie di abitazione;• cooperative della pesca;• cooperative di consumo;• cooperative di dettaglianti;• cooperative di trasporto;• consorzi agrari;• banche di credito cooperativo;• consorzi e cooperative di garanzia fidi;• altre cooperative.5. Si pensi alle implicazioni che la verifica di tali parametri potrebbe comportare sul calcolo delleimposte d’esercizio.

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– ricavi dalle vendite dei beni e dalle prestazioni di servizi nei confronti dei socisuperiori al 50% del totale dei ricavi dalle vendite dei beni e dalle prestazioni diservizi di cui al punto A1 del conto economico del bilancio di esercizio, perquanto attiene alle cooperative che svolgono la propria attività nei confronti deisoci consumatori o utenti di beni e servizi;

– costo del lavoro dei soci superiore al 50% del totale del costo del lavoro di cui alpunto B9 (computate le altre forme di lavoro inerenti lo scopo mutualistico chetrovano allocazione nel punto B7) del conto economico del bilancio di eserci-zio, per quanto riguarda le cooperative che si avvalgono nello svolgimento del-la propria attività delle prestazioni lavorative dei soci;

– costo della produzione per servizi ricevuti dai soci ovvero per beni conferiti daisoci rispettivamente superiore al 50% del totale dei costi dei servizi di cui alpunto B7 del conto economico del bilancio di esercizio ovvero al costo dellemerci o materie prime acquistate o conferite di cui al punto B6 del conto econo-mico del bilancio di esercizio, per quanto concerne le cooperative che siavvalgono nella propria attività degli apporti di servizi o di beni da parte deisoci.

Per quanto attiene alle cooperative agricole, la legge prevede che il parametrodi prevalenza gestionale possa essere alternativamente costruito tanto sullabase di grandezze contabili – nei termini appena esposti – come utilizzandodati extracontabili, specificatamente le quantità dei prodotti acquistati e con-feriti.

Nei casi in cui la stessa cooperativa realizza diverse tipologie di scambio mutua-listico, invece, occorre fare riferimento alla media ponderata delle percentuali deisingoli parametri considerati.

Come accennato, tuttavia, le regole appena esposte non sono applicabili all’uni-versalità delle società cooperative: il legislatore, infatti, ha previsto alcuni parti-colari casi di deroga. Innanzi tutto, già in sede di riforma del diritto societario, erastato specificato come alcuni soggetti fossero esonerati di diritto dall’obbligo didimostrare la propria prevalenza gestionale e, dunque, dovessero essere conside-rati a mutualità prevalente in considerazione della loro tipica rilevanza sociale odi determinate caratteristiche soggettive. Si tratta:

– delle cooperative sociali, a condizione che rispettino le disposizioni di cui allalegge 8 novembre 1991, n. 381;

– delle banche di credito cooperativo, a condizione che osservino le norme delleleggi speciali ad esse relative;

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– delle banche popolari;– dei consorzi agrari.

Infine, il d.m. 30 dicembre 2005, dando attuazione a quanto previsto dall’art. 111-undecies disp. att. c.c., ha introdotto i cosiddetti “regimi derogatori”, ovvero unaserie di regole specifiche da applicare in ben determinati casi, essenzialmentericonducibili alle seguenti fattispecie 6:

– casi in cui le cooperative devono dare dimostrazione della prevalenza secondocriteri, contabili o extracontabili, ad hoc, differenti dalle norme generali sopraesposte;

– casi in cui le cooperative sono esentate dal dare dimostrazione del rispetto dellaprevalenza.

Un ulteriore approfondimento sui temi legati al concetto di prevalenza mutualisti-ca – qui trattati in maniera estremamente sintetica – esula dagli scopi di questolibro; tuttavia, la seguente tabella 7 può costituire un rapido strumento di ausilioper orientarsi nel complesso ambito della dimostrazione della prevalenza gestio-nale.

6. Le fattispecie definite dal d.m. 30 dicembre 2005 riguardano:– il costo del lavoro dei lavoratori non soci assunti in forza di obbligo di legge o di CCNL o di

convenzione con la P.A. e dei lavoratori che per espressa disposizione di legge non possonoacquisire la qualità di socio ovvero il costo del lavoro dei lavoratori non soci di nazionalità stra-niera impiegati in attività svolte all’estero, per quanto riguarda le cooperative di lavoro;

– le cooperative per la produzione e la distribuzione di energia elettrica;– le cooperative di allevamento e le cooperative agricole di conduzione associata di terreni;– gli enti di formazione costituiti in forma cooperativa;– le cooperative per il commercio equo e solidale;– le società finanziarie costituite in forma cooperativa;– le cooperative giornalistiche;– le cooperative di consumo operanti nei territori montani;– i casi di perdita della prevalenza a causa di calamità naturali;– i casi in cui la cooperativa effettui cessioni di beni o prestazioni di servizi nei confronti di persone

fisiche socie di enti giuridici aventi la qualità di soci della cooperativa, per quanto attiene allecooperative di consumo o utenza;

– le cooperative di editori che gestiscono agenzie giornalistiche.7. La tabella è tratta da A. DILI, L’IRES nelle società cooperative. Mutualità, ristorni, agevolazioni,Giuffrè, Milano, 2007, pag. 10.

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DIMOSTRAZIONE DELLA PREVALENZAMUTUALISTICA

COOPERATIVE

Cooperative di consumoe di utenza

Cooperative di lavoro

Cooperative di servizi

Cooperative di conferi-mento

Cooperative “miste”

Cooperative agricole diconferimento

Regimi derogatori

Cooperative sociali

Banche di creditocooperativo

Banche popolari

Consorzi agrari

AREA DIRIFERIMENTO

Ricavi delle vendite e delleprestazioni

Costi per il personale

Costi per servizi

Costi per mat. prime, suss.,cons. e merci

Media ponderata delle di-verse aree di riferimento

Valore dei beni conferiti oquantità dei beni conferiti

Regole specifiche per sog-getti individuati con appo-sito decreto

Esonerate dalla dimostra-zione

Esonerate dalla dimostra-zione

Esonerate dalla dimostra-zione

Esonerati dalla dimostra-zione

NORMA DIRIFERIMENTO

art. 2513, c. 1, lett. a) , c.c.

art. 2513, c. 1, lett. b) , c.c.

art. 2513, c. 1, lett. c) , c.c.

art. 2513, c. 1, lett. c) , c.c.

art. 2513, c. 2 , c.c.

art. 2513, c. 3 , c.c.

d.m. 30 dicembre 2005

art. 111-septies disp. att.c.c.

art. 5, c. 3, legge 3 ottobre2001 n. 366; art. 28, c. 3, eart. 150-bis d.lgs. 1 settem-bre 1993, n. 385

art. 5, c. 3, legge 3 ottobre2001 n. 366; art. 150-bisd.lgs. 1° settembre 1993, n.385

art. 9, c. 1, legge 23 luglio2009, n. 99

Le cooperative che intendono qualificarsi a mutualità prevalente, come sopra evi-denziato, devono inserire nei propri statuti le clausole indicate dall’art. 2514 c.c.(opzione statutaria). Tali clausole, che limitano notevolmente il lucro soggettivodei soci cooperatori, contemplano:

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– “il divieto di distribuire i dividendi in misura superiore all’interesse massimodei buoni postali fruttiferi 8, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitaleeffettivamente versato”;

– “il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai socicooperatori in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previstoper i dividendi”;

– “il divieto di distribuire le riserve fra i soci cooperatori”;– “l’obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell’intero patri-

monio sociale, dedotto soltanto il capitale sociale e i dividendi eventualmente ma-turati, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione”.

La rilevanza del concetto di prevalenza mutualistica ed i suoi riflessi sulla deter-minazione del carico fiscale di una società cooperativa rendono imprescindibileche l’attività di revisione si concentri particolarmente sul controllo del rispettodelle norme – e dei comportamenti – che ne sono all’origine: le procedure per larilevazione delle grandezze che permettono la verifica dell’opzione gestionale, laloro contabilizzazione e l’adeguatezza del piano dei conti e, dunque, della struttu-ra amministrativo-contabile, l’accertamento della sussistenza e del rispetto delleclausole statutarie ex art. 2514 c.c. sono, infatti, tutte attività che richiedono alsoggetto incaricato della revisione di una società cooperativa un’approfondita at-tività di analisi e che toccano aspetti ulteriori se paragonati alle società di capitali.

6.5 Breve analisi delle ulteriori specificità cooperativeCome evidenziato nelle pagine precedenti, le società cooperative presentano nu-merosi aspetti che le differenziano notevolmente dalle società di capitali. Il perse-guimento dello scopo mutualistico, infatti, implica che la società cooperativa siastrutturata secondo principi volti alla sua integrale realizzazione. Nel presenteparagrafo si analizzeranno sinteticamente le principali caratteristiche strutturalidi tali soggetti societari.

• Capitale variabileA differenza delle altre tipologie societarie le cooperative sono società a capitalevariabile: la variazione del capitale sociale, di conseguenza, non implica unamodifica statutaria, non essendo individuato in un ammontare prestabilito all’in-terno dell’atto costitutivo.

8. È opportuno sottolineare come tale limite massimo debba essere determinato in sede di assembleache delibera la distribuzione dei dividendi, facendo riferimento al decreto ministeriale relativo al-l’emissione della serie più recente di buoni postali fruttiferi.

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• Voto per testaNelle società cooperative – essendo prevalente, centrale la remunerazione dellaprestazione mutualistica rispetto a quella del capitale – il diritto dei soci a parteci-pare alle decisioni sociali non è legato alla percentuale di capitale posseduta: quindi,ad ogni socio viene attribuito un voto in assemblea indipendentemente dal capita-le sottoscritto.

• Principio della “porta aperta”Dal concetto di variabilità del capitale sociale deriva che l’iter di entrata (maanche di “uscita”) dei soci dalla cooperativa risulta estremamente semplificatorispetto a quanto avviene nelle altre tipologie societarie: la legge, infatti, favori-sce l’ingresso di nuovi soci nella cooperativa mediante una procedura ad hocstabilita dall’art. 2528 c.c. È opportuno sottolineare, altresì, come tale principionon debba essere interpretato come mero diritto di ammissione per qualunquepersona fisica o giuridica che ne faccia richiesta: si deve fare riferimento, infatti,tanto ai requisiti 9 che l’atto costitutivo contempla al fine di poter acquisire lostatus di socio quanto alle condizioni oggettive 10 in cui si trova la stessa coopera-tiva nel momento in cui l’organo amministrativo è chiamato a deliberare sul-l’eventuale ammissione.

• Numero minimo di sociPer costituire una società cooperativa è necessario che i soci siano almeno nove 11.Nel caso in cui il numero dei soci si riduca al di sotto del minimo legale, esso deveessere reintegrato entro un anno, altrimenti la società si scioglie e deve esseremessa in liquidazione.

• Soci cooperatori e soci finanziatoriFino ad ora, tutte le volte che si è fatto riferimento alla figura del socio si è parlatodi soggetti che realizzano con la cooperativa il cosiddetto scambio mutualistico:tale figura è comunemente conosciuta come “socio cooperatore”. Accanto a que-sta fondamentale figura l’ordinamento civilistico contempla che altri soggetti

9. Secondo criteri non discriminatori.10. La cooperativa deve trovarsi in condizioni che permettano di instaurare con il nuovo socio ilrapporto mutualistico.11. Esistono alcune eccezioni a tale regola di carattere generale, ovvero:– se la cooperativa adotta le norme della società a responsabilità limitata e i soci sono persone

fisiche, il numero minimo di soci è pari a tre;– particolari tipologie di cooperative possono richiedere un numero di soci diverso, secondo quanto

stabilito dalla legge.

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possano divenire soci della cooperativa anche senza realizzare direttamente loscambio mutualistico 12. Si tratta essenzialmente dei cosiddetti “soci finanziato-ri”, fattispecie delineata dall’art. 2526 c.c. e che – normalmente – viene connotatadal godimento di minori diritti amministrativi e maggiori diritti patrimoniali ri-spetto ai soci cooperatori.

• Organo amministrativoLa maggioranza dei membri dell’organo amministrativo deve essere scelta tra isoci ovvero tra le persone indicate dai soci cooperatori persone giuridiche.

• Destinazione del risultato di esercizioLa destinazione del risultato d’esercizio di una società cooperativa presenta nu-merose peculiarità, che la differenziano notevolmente dalle società di capitali.Innanzi tutto, occorre porre l’attenzione su quanto previsto dai primi due commidell’art. 2545-quater c.c., ovvero:

– “qualunque sia l’ammontare del fondo di riserva legale, deve essere a questodestinato almeno il trenta per cento degli utili netti annuali”;

– “una quota 13 degli utili netti annuali deve essere corrisposta ai fondi mutuali-stici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, nella misura e con lemodalità previste dalla legge”.

Di conseguenza, le destinazioni obbligatorie riguardano, generalmente, il 33%degli utili netti annuali di una società cooperativa.

Inoltre, qualora la cooperativa rispetti i vincoli per la prevalenza mutualistica,dovrà qualificare le proprie riserve indivisibili tra i soci cooperatori. In estre-ma sintesi, si rileva come la società cooperativa sia l’unica tipologia societariain cui si assiste alla contemporanea presenza di riserve divisibili e indivisibilitra i soci.

• RistorniTra gli strumenti tipici della cooperazione spicca per rilevanza l’istituto del ristor-no. Anche se non ne esiste alcuna definizione legislativa, esso potrebbe esseredescritto come “il vantaggio mutualistico riconosciuto al socio cooperatore, allostesso attribuito in via posticipata e quindi a seguito dell’evidenziazione, nel bi-

12. La presenza dei soci finanziatori è legata a un investimento finanziario in un’ottica dipotenziamento della società cooperativa.13. Si tratta di una quota pari al 3% degli utili netti annuali, secondo quanto disposto dall’art. 11della legge n. 59/1992.

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lancio di esercizio, di un avanzo di gestione” 14. La Corte di Cassazione lo ha defi-nito come “uno degli strumenti tecnici per attribuire ai soci il vantaggio mutualisti-co (risparmio di spesa o maggiore remunerazione) derivante dai rapporti di scam-bio intrattenuti con la cooperativa” 15. Esso può essere equiparato ad “una sorta diconguaglio, giacché permette alla società di restituire ai soci una parte del prezzopagato per acquistare beni o servizi da essa ceduti ovvero incrementare i corrispet-tivi pagati ai soci che abbiano fornito beni o servizi alla cooperativa” 16.

14. G. PETRELLI, I profili della mutualità nella riforma delle società cooperative, in Studi e materialiin tema di riforma delle società cooperative, collana studi del Consiglio Nazionale del Notariato,Giuffrè, Milano 2005, pag. 45.15. Corte di Cassazione, sez. I, sentenza 8 settembre 1999, n. 9513.16. COMMISSIONE COOPERATIVE – UNIONE GIOVANI DOTTORI COMMERCIALISTI DI ROMA, Mutualità: de-terminazione della prevalenza e definizione dei requisiti, ottobre 2005, pag. 4.17. Art. 2521 c.c.18. Art. 2545-sexies c.c.

Fatte queste premesse, occorre sottolineare come la legge preveda che l’atto co-stitutivo di una società cooperativa debba contenere i criteri per la ripartizione deiristorni 17, criteri che devono comunque rispettare la proporzionalità tra quantità equalità degli scambi mutualistici intrattenuti dai singoli soci con la cooperativa evalore dei ristorni ad essi erogati 18.

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L’assemblea dei soci è l’organo deputato a deliberare in merito all’assegnazionedei ristorni. Essendo ormai pacifico che non esiste in capo ai soci un diritto sog-gettivo alla percezione dei ristorni 19, l’assemblea può liberamente deliberare perla loro erogazione o meno.

È opportuno sottolineare come la legge ponga dei limiti all’erogazione dei ristor-ni: in primo luogo, è fondamentale considerare il concetto secondo il quale puòessere retrocesso ai soci, sotto forma di ristorno, soltanto il surplus relativo all’at-tività che la cooperativa ha svolto con i soci stessi, ovvero l’avanzo di gestionegenerato dall’attività con i soci. In secondo luogo, occorre considerare le modali-tà di calcolo del massimo ristorno distribuibile secondo quanto previsto dalle spe-cifiche indicazioni contenute nel verbale di revisione delle società cooperative.

Si comprende, dunque, come il processo di attribuzione dei ristorni ai soci coope-ratori comporti una serie di passaggi e adempimenti – anche sul piano fiscale –che richiedono un’attenta attività di verifica da parte del soggetto incaricato dellarevisione legale sulla cooperativa.

6.6 Il bilancio d’esercizio: aspetti peculiariAlle società cooperative sono applicabili le norme e le regole previste per la reda-zione dei bilanci di esercizio delle società di capitali. Tuttavia, in considerazionedel fatto che le cooperative perseguono lo scopo mutualistico, ulteriore obiettivodel bilancio di esercizio di tali soggetti è rappresentare in modo completo e detta-gliato tutti gli aspetti relativi alla gestione mutualistica dell’impresa.

Si comprende, dunque, come le ordinarie norme civilistiche sulla redazione deibilanci debbano essere integrate con le specifiche regole previste per le societàcooperative.

Fatte queste premesse, si cercherà di evidenziare sinteticamente le principali pe-culiarità proprie dei bilanci di tali soggetti. In tal senso, occorre focalizzare l’at-tenzione sulle seguenti fattispecie:

– operazioni effettuate con soci rispetto a non soci;– voci di credito e debito riferite a rapporti vari con soci;– varie tipologie di soci;– riserve, evidenziandone il regime di divisibilità;– politica dei ristorni;– prestito sociale;

19. Corte di Cassazione, sez. I, sentenza 8 settembre 1999, n. 9513, cit.

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– rapporti con altre cooperative e consorzi e informazioni sul gruppo pariteticocooperativo;

– rapporti con i fondi mutualistici;– rapporti con la vigilanza;– gestione della prevalenza mutualistica;– criteri di gestione della mutualità;– agevolazioni fiscali godute 20.

6.7 Il regime fiscaleCome accennato, le società cooperative possono usufruire di una serie di normefiscali di carattere agevolativo, opportunamente dettate dal legislatore anche alfine di riconoscere l’apposita funzione sociale della cooperazione.

20. La presente classificazione è tratta da E. BELBELLO – A. DILI, Il bilancio delle società cooperati-ve, Franco Angeli, Milano, 2010, pag. 68 e ss.

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Le norme fiscali di carattere agevolativo previste per le società cooperative ineri-scono una pluralità di imposte e tasse, ma, senza dubbio, è all’interno del regimeIRES che si concentrano le peculiarità più rilevanti; mentre all’interno dei regimiIRAP e IVA sono contenute norme dettate per specifiche tipologie di cooperative(sociali, agricole, edilizie di abitazione, ecc.).

Per quanto attiene al regime IRES delle società cooperative, le disposizioni detta-te dal legislatore fiscale possono essere classificate in due macro categorie:

– norme contemplate per la generalità delle società cooperative;– norme prescritte a favore di specifiche tipologie di cooperative.

Fanno parte della prima categoria:

– l’art. 12 della legge 16 dicembre 1977, n. 904 (non imponibilità delle sommedestinate a riserva indivisibile);

– il comma 10 dell’art. 21 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (deducibilitàdelle imposte sui redditi calcolate sulle variazioni fiscali);

– il comma 3 dell’art. 7 della legge 31 gennaio 1992, n. 59 (non imponibilità degliutili destinati a rivalutazione del capitale sociale entro i limiti Istat);

– il comma 9 dell’art. 11 della legge 31 gennaio 1992, n. 59 (deducibilità delcontributo sugli utili netti annuali destinato ai fondi mutualistici per la promo-zione e lo sviluppo della cooperazione).

La seconda categoria, invece, annovera essenzialmente le norme dettate dal d.P.R.29 settembre 1973, n. 601 (dall’art. 10 all’art. 14).

• La non imponibilità delle somme destinate a riserva indivisibileTale disposizione, definita e considerata come norma cardine del regime fiscaledelle società cooperative, contempla che “non concorrono a formare il redditoimponibile delle società cooperative e dei loro consorzi le somme destinate alleriserve indivisibili, a condizione che sia esclusa la possibilità di distribuirle tra isoci sotto qualsiasi forma, sia durante la vita dell’ente che all’atto del suo scio-glimento”.

La portata di tale disposizione è stata progressivamente ridotta da successivi in-terventi legislativi volti a riformare il regime tributario delle società cooperative,fino alla legge finanziaria 2005 che ha delineato la disciplina tuttora vigente. Perquanto concerne le cooperative a mutualità prevalente, il comma 460 di tale leggedispone che: “Fermo restando quanto disposto dall’art. 6 commi 1, 2 e 3, del d.l.15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla Legge 15 giugno 2002,n. 112, l’art. 12 della legge 16 dicembre 1977, n. 904, non si applica alle societàcooperative e loro consorzi a mutualità prevalente di cui al libro V, titolo VI, capo

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I, sezione I, del codice civile, e alle relative disposizioni di attuazione e transito-rie, e che sono iscritti all’Albo delle cooperative sezione cooperative a mutualitàprevalente di cui all’art. 223-sexiesdecies delle disposizioni di attuazione del codicecivile:

a) per la quota del 20% degli utili netti annuali delle cooperative agricole e loroconsorzi di cui al d.lgs. 18 maggio 2001, n. 228, delle cooperative della picco-la pesca e loro consorzi;

b) per la quota del 30% degli utili netti annuali delle altre cooperative e loroconsorzi”.

In sintesi, dunque, la possibilità di usufruire dell’agevolazione prevista dall’art.12 della legge n. 904/1977 viene esclusa relativamente:

– alla quota del 20% degli utili netti annuali delle cooperative agricole e loroconsorzi e delle cooperative della piccola pesca e loro consorzi;

– alla quota del 30% degli utili netti annuali delle altre cooperative e loro consorzi.

Le cooperative sociali, invece, possono applicare la norma senza alcuna limita-zione, dunque sul 100% degli utili netti annuali destinati a riserva indivisibile.

Un successivo intervento del legislatore fiscale 21 ha preso in considerazione lecooperative di consumo e i loro consorzi, incrementando di fatto la quota di im-ponibilità degli utili netti annuali dal 30% al 55%.

La seguente tabella illustra il regime di applicazione della norma in oggetto:

21. Si tratta del comma 28 dell’art. 82 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazionidalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

COOPERATIVE A MUTUALITÀ QUOTA DI UTILE QUOTA DI UTILEPREVALENTE NON IMPONIBILE IMPONIBILE

Cooperative agricole 80% 20%

Cooperative di consumo 45% 55%

Cooperative sociali 100% –

Altre cooperative 70% 30%

Cooperative a mutualitànon prevalente 33% 67%

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• La deducibilità delle imposte sui redditi calcolate sulle variazioni fiscaliTale norma prevede che, ai fini di quanto previsto dall’art. 12 della legge n. 904/1977, l’IRES che deriva dalle variazioni fiscali effettuate ai sensi del Tuir nonconcorra a formare il reddito delle società cooperative: in altre parole, l’IRESdiviene deducibile proporzionalmente alla quota di utile netto non imponibile,nelle percentuali indicate nella tabella precedente.

• Cooperative agricole (art. 10, comma 1, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601)Tale disposizione prevede l’esenzione da IRES dei redditi conseguiti:

– mediante l’allevamento di animali con mangimi ottenuti per almeno un quartodai terreni dei soci;

– ovvero mediante la manipolazione, valorizzazione, trasformazione e alienazio-ne di prodotti agricoli e zootecnici e di animali conferiti prevalentemente daisoci 22.

Per effetto delle limitazioni introdotte dalla citata legge finanziaria 2005, tale esen-zione non opera su una quota pari al 20% degli utili netti delle cooperative agrico-le. Di conseguenza, la verifica delle citate condizioni rende esenti:

– l’intero reddito che deriva dalle variazioni fiscali;– l’80% degli utili netti annuali, indipendentemente dalla loro destinazione.

• Cooperative della piccola pesca (art. 10, comma 2, d.P.R. 29 settembre 1973,n. 601)

Analogamente alle cooperative agricole, anche i redditi delle cooperative dellapiccola pesca godono di un’esenzione da ires che riguarda:

– l’intero reddito che deriva dalle variazioni fiscali;– l’80% degli utili netti annuali, indipendentemente dalla loro destinazione.

• Cooperative di produzione e lavoro (art. 11, comma 1, d.P.R. 29 settembre1973, n. 601)

I redditi delle cooperative di produzione e lavoro possono godere di una parzialeesenzione da IRES 23, a seconda del valore di un parametro che include al nume-

22. È evidente, dunque, che l’agevolazione in oggetto è limitata alle cooperative agricole che nellaloro attività si avvalgono, secondo diverse modalità, principalmente dell’apporto dei soci. È neces-sario, quindi, verificare se sia stato predisposto un opportuno sistema di misurazione che permettadi riscontrare la presenza delle condizioni indicate dalla norma.23. Anche in questo caso la portata originaria della norma in esame è stata notevolmente ridottadalle previsioni della legge finanziaria 2005.

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ratore il costo del lavoro dei soci ed al denominatore tutti gli altri costi del contoeconomico, con l’eccezione di quelli relativi alle materie prime e sussidiarie.

• Cooperative sociali (art. 11, comma 1, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601)Le cooperative sociali, contrariamente alle cooperative di produzione e lavoro,possono applicare la norma nella sua portata originaria: una volta verificato ilvisto parametro, infatti, si possono configurare le seguenti fattispecie:

– se il risultato è non inferiore al 50%, i redditi della cooperativa sono esenti da IRES;– se, invece, il risultato è inferiore al 50% ma non al 25%, la cooperativa ha diritto

ad applicare un’aliquota d’imposta ridotta alla metà sull’intero reddito IRES;– se, infine, tale valore è inferiore al 25%, la cooperativa non può beneficiare di

tale norma.

6.8 Il sistema dei controlliLe società cooperative sono sottoposte a molteplici forme di controllo, alcuneequivalenti a quelle previste per le società di capitali, altre tipiche della fattispeciecooperativa. In estrema sintesi, le tipologie di controllo sulle società cooperativeineriscono:

– il controllo del Collegio sindacale;– il “controllo interno” rappresentato dalla revisione legale dei conti;– la certificazione di bilancio, secondo quanto disposto dall’art. 15 della legge 31

gennaio 1992, n. 59;– la vigilanza cosiddetta esterna ai sensi del d.lgs. 2 agosto 2002, n. 220.

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• Collegio sindacaleLe società cooperative devono fare riferimento alla normativa prevista per le so-cietà per azioni o per le società a responsabilità limitata a seconda di quanto indi-cato nello statuto sociale. L’art. 2543, primo comma, c.c. indica i casi in cui èobbligatoria la nomina del Collegio sindacale nelle società cooperative: in realtà,tale norma rimanda ai casi stabiliti dai commi 2 e 3 dell’art. 2477 c.c., nonchéall’ipotesi di emissione di strumenti finanziari non partecipativi. In sintesi, l’ob-bligo di nomina del Collegio sindacale è previsto quando:

– il capitale sociale è pari ad almeno 120.000 euro;– per due esercizi consecutivi sono superati due dei limiti indicati dall’art. 2435-

bis c.c. (bilancio in forma abbreviata);– la cooperativa emette strumenti finanziari non partecipativi;– è previsto dallo statuto;– la cooperativa è obbligata alla redazione del bilancio consolidato;– la cooperativa controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti 24.

Le ultime due fattispecie sono state introdotte dal d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 39.

• Soggetto incaricato della revisione legaleNelle cooperative che adottano le norme sulla società per azioni mentre la nominadel Collegio sindacale è obbligatoria soltanto nei casi sopra contemplati, la nomi-na del soggetto incaricato della revisione legale è sempre necessaria. Per quantoattiene alle cooperative che adottano le norme sulla società a responsabilità limi-tata, invece, il Collegio sindacale – se non è prescritto diversamente dall’attocostitutivo – esercita automaticamente anche la funzione di revisione legale.

• Certificazione di bilancioLe società cooperative ed i loro consorzi sono sottoposte alla certificazione an-nuale del bilancio nei casi in cui si verifichi almeno una delle seguenti fattispecie:

– valore della produzione superiore a euro 60.000.000;– riserve indivisibili superiori a euro 4.000.000;– prestiti o conferimenti di soci finanziatori superiori a euro 2.000.000;– partecipazione di controllo in società per azioni.

Tale obbligo decorre dall’esercizio successivo a quello del verificarsi della fattis-pecie, mentre decade nello stesso esercizio in cui tale presupposto viene meno.

24. Il presente elenco è tratto da G. GENTILI – F. FRANGUELLI, Le forme di controllo nelle societàcooperative, in Cooperative & Consorzi n. 7/2010, Ipsoa, pagg. 14 e ss.

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La certificazione deve essere eseguita:

– nei casi in cui la cooperativa sia iscritta ad una associazione nazionale di rap-presentanza e tutela cooperativa, da parte di una società iscritta all’albo specialeo di una società di revisione autorizzata dal Ministero dello sviluppo economi-co che siano convenzionate con l’associazione stessa;

– nei casi in cui la cooperativa non aderisca ad alcuna delle predette associazioni,da una delle società di revisione iscritte nell’apposito elenco formato dal Mini-stero dello sviluppo economico;

– nei casi in cui la cooperativa sia sottoposta alla vigilanza delle regioni a statutospeciale, da una società di revisione iscritta negli elenchi formati dalle stesseregioni.

• Vigilanza esternaLe società cooperative ed i loro consorzi sono sottoposte a vigilanza esterna, se-condo quanto previsto dal d.lgs. 2 agosto 2002, n. 220. Scopo della revisione è:

– fornire agli organi direttivi delle cooperative suggerimenti per migliorare il li-vello di democrazia interna e la gestione;

– controllare la gestione amministrativa, contabile e sociale ai fini dell’accerta-mento della natura mutualistica dell’ente;

– verificare la partecipazione dei soci allo scambio mutualistico con la società ealla vita sociale;

– controllare la consistenza della situazione patrimoniale;– verificare l’esistenza e la corretta applicazione del regolamento sul socio lavo-

ratore 25.

La revisione esterna sulle cooperative viene eseguita:

– nei casi in cui la cooperativa sia iscritta ad una associazione nazionale di rap-presentanza e tutela cooperativa, da revisori incaricati da tali associazioni;

– nei casi in cui la cooperativa non aderisca ad alcuna delle predette associazioni,dal Ministero dello sviluppo economico.

La vigilanza esterna ha normalmente cadenza biennale, ma sono previsti alcunispecifici casi in cui la revisione deve essere svolta annualmente.

25. Tale elenco è tratto da G. GENTILI – F. FRANGUELLI, Le forme di controllo nelle società coope-rative, op. cit., pagg. 14 e ss.

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