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1 Osservazioni a STUDIO IMPATTO AMBIENTALE “Progetto Mediglia per un’energia sostenibile” elaborate e sottoposte dal Gruppo Consiliare “LA FENICE PER MEDIGLIA” Osservazioni a STUDIO IMPATTO AMBIENTALE “Progetto Mediglia per un’energia sostenibile” elaborate e sottoposte dal Gruppo Consiliare LA FENICE PER MEDIGLIA Mediglia 14 Febbraio 2008

6 Osservazioni a SIA_Comune Mediglia

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Osservazioni a STUDIO IMPATTO AMBIENTALE “Progetto Mediglia per un’energia sostenibile” elaborate e sottoposte dal Gruppo Consiliare “LA FENICE PER MEDIGLIA”

Osservazioni a STUDIO IMPATTO AMBIENTALE

“Progetto Mediglia per un’energia sostenibile”

elaborate e sottoposte dal Gruppo Consiliare

LA FENICE PER MEDIGLIA

Mediglia 14 Febbraio 2008

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Osservazioni a STUDIO IMPATTO AMBIENTALE “Progetto Mediglia per un’energia sostenibile” elaborate e sottoposte dal Gruppo Consiliare “LA FENICE PER MEDIGLIA”

Riepilogo delle Osservazioni a STUDIO IMPATTO AMBIENTALE

“Progetto Mediglia per un’energia sostenibile” Richiesta di Parere Negativo alla Regione Lombardia: Sulla base di quanto esposto nel presente documento, si presume sussistano elementi di natura giuridico-amministrativa, tecnologica e medico-sanitaria di forza tale da far ritenere più che ragionevole la deliberazione, da parte della Regione Lombardia, di un giudizio negativo che precluda in via definitiva la possibilità di realizzare l’opera per la quale la MSE richiede l’autorizzazione di VIA. Ciò si ritiene sia applicabile per il progetto nel suo complesso e, con la stessa forza e per i medesimi motivi, per sue parti (singolarmente l’impianto di ricezione-trattamento RSU, l’impianto di tritovagliazione, l’impianto di compostaggio e l’impianto di gassificazione). Si ritiene altresì che tale deliberazione debba essere formulata dalla Regione Lombardia nel più breve tempo possibile, evitando o limitando al minimo eventuali fasi di sottomissione di contro-osservazioni e di richiesta di integrazioni o di nomina di commissioni di studio, e comunque non oltre quanto prescritto dalle procedure vigenti in materia di VIA: 150 giorni dalla data di pubblicazione dell’annuncio di deposito da parte del proponente, 90 giorni dalla data di ricezione della eventuale documentazione integrativa (si ritiene sia superflua), eventuali ulteriori 60 giorni per casi di particolare rilevanza (idem). In definitiva il parere dovrebbe essere espresso nel termine minimo del 23 maggio 2009 ed entro il termine massimo del 23 ottobre 2008. A supporto di questa richiesta si segnala che il Proponente non risulta abbia richiesto l’attivazione della fase preliminare di scoping impedendo così alla Regione Lombardia la nomina di osservatori e di partecipare all’impostazione del SIA. Tale decisione è da interpretarsi come assenza di necessità di approfondimenti ex-ante e mal si concilierebbe con l’emergere ex-post di fabbisogni di ulteriori analisi e consultazioni ai fini dell’assunzione della decisione. Inoltre è bene segnalare che eventuali approfondimenti in ambito tecnologico e medico-sanitario, come si presume di dimostrare col presente documento, assumono prevalentemente un carattere ausiliario e di supporto alle osservazioni recanti contenuti oggettivamente cogenti.

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OSSERVAZIONI: Introduzione Osservazione n. “i1” La ditta proponente Mediglia Servizi Ecologici S.p.A. non solo non è in grado di fornire referenze significativamente utili ai fini della costruzione e gestione di un impianto complesso come quello per cui richiede l’autorizzazione del VIA regionale, ma esibisce - al contrario – un track record di preoccupanti precedenti tecnici e amministrativi. Osservazione n. “i1bis” La MSE non ha i requisiti finanziari e operativi per costruire e gestire l’impianto per cui chiede l’autorizzazione: MSE ha un capitale sociale di 120mila euro a fronte di un investimento di 260 milioni di euro circa con costi operativi stimati in 60 milioni di euro/anno circa. La sua sede sociale è nel sito fatiscente dell’ex impianto di tritovagliazione. La documentazione depositata non include il Piano Finanziario, non descrive la tecnostruttura e le altre risorse della MSE. Sulla base delle informazioni disponibili la MSE è una scatola finanziaria piccola e vuota. Ne’ nella documentazione sono dimostrate possibili sinergie finanziarie e/o operative derivanti dall’eventuale collocazione della MSE all’interno di un qualche Gruppo di aziende e/o holding di una qualsivoglia architettura. Osservazione n. “i2” Tutti i documenti elaborati e depositati da MSE ai fini della concessione dell’autorizzazione di VIA regionale si caratterizzano per errori, omissioni e imprecisioni in quantità e di rilevanza tali da fornire al lettore medio un quadro fuorviante su aspetti chiave sia amministrativi che tecnologici, su livelli che vanno ben oltre il normale maquillage utilizzato ed utilizzabile per migliorare la “vendibilità del prodotto”. Osservazione n. “i3” La documentazione depositata da MSE non include nessun atto che comprovi la titolarità del possesso delle aree interessate dal progetto.

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Osservazioni per aspetti legislativi

Osservazione n. 1.1: Il Decreto Lgsl. N. 22/1997 “Ronchi” L’eventuale autorizzazione di VIA al progetto presentato da MSE è in contrasto con il nuovo approccio normativo sancito dal Decreto 22/1997 “Ronchi” che ha dato attuazione alle Direttive Comunitarie 442/75, 156/91 e 689/91. Osservazione n. 1.2: La Convenzione di Stoccolma sugli Inquinanti Organici Persistenti (POPs) L’eventuale autorizzazione di VIA al progetto presentato da MSE è in contrasto con i contenuti della Convenzione di Stoccolma sottoscritta dall’Italia nel 2001.

2.

Osservazione n. 1.3: Il problema dei benefici ex CIP6 Si valuta che il Progetto presentato da MSE, nonostante l’omissione nella documentazione depositata del Piano Finanziario e del Flusso di Cassa ai fini della valutazione di economicità, possa garantire un ritorno economico accettabile (a fronte di un investimento per circa 260 milioni di euro) solo se potrà beneficiare del riconoscimento ex CIP-6 che è però ritenuto illegittimo dalla Commissione Europea per questo tipo di impianto. In assenza di tale beneficio, l’impianto di Mediglia potrebbe garantire un ritorno economico accettabile solo grazie all’incenerimento, la cui legittimità andrà valutata in sede opportuna, di quantitativi esorbitanti di rifiuti “pericolosi” (cfr. in particolare le osservazioni 3.2.3.2 3.2.3.5 e 3.2.3.6).

Osservazioni per aspetti amministrativi

Osservazione n. 2: Preliminare a carattere generale Alla data odierna, e al contrario di quanto sostenuto da MSE in più punti della documentazione depositata, tutte le autorizzazioni concesse alla MSE per qualsivoglia attività in materia di gestione e trattamento dei RSU nel sito di Bustighera sono decadute per decorrenza dei termini o per inosservanza di prescrizioni vincolanti. Osservazione n. 2.1: Inesistenza delle attività di tritovagliazione e decadenza dell’autorizzazione a tale attività L’impianto di tritovagliazione oggi non esiste più in quanto non è stato mai ripristinato a seguito dell’incendio del giugno 2007 e l’autorizzazione provvisoria all’esercizio rilasciata a quello precedente è da ritenersi REVOCATA, sulla base della Comunicazione Dirigenziale n.259/2007 della Provincia di Milano.

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Osservazione n. 2.2: Decadenza dell’autorizzazione alla costruzione dell’impianto di compostaggio L’autorizzazione 545/2006 citata a pagina 4 nella Premessa della Sintesi non Tecnica per la procedura di VIA per il gassificatore è decaduta per decorrenza dei termini. Pertanto MSE non può più avviare la costruzione dell’impianto di compostaggio e tanto meno avanzare rivendicazioni, ai fini dell’autorizzazione del progetto di gassificazione, su eventuali benefici diretti e/o indiretti che da tale iter autorizzativo discendevano, inclusi quelli ex Decreto 636/2006 della Regione Lombardia. Osservazione n. 2.3: Incompatibilità del Progetto MSE verso il Piano Provinciale dei Rifiuti (PPR) e verso il Piano Generale Regolatore e il Rapporto Ambientale del Comune di Mediglia Non sussistevano in precedenza e non sussistono ad oggi i presupposti per autorizzare la costruzione né dell’impianto di tritovagliazione né di quello di compostaggio e che quindi, “a fortiori”, non sussistono le condizioni per l’autorizzazione dell’impianto di tritovagliatura-compostaggio-gassificazione ora proposto da MSE. Osservazione n. 2.3bis: Incompatibilità del Progetto MSE verso il Piano Provinciale dei Rifiuti (PPR) e verso il Piano Generale Regolatore e il Rapporto Ambientale del Comune di Mediglia Un non auspicato parere favorevole a livello di Regione Lombardia che imponesse per Decreto l’approvazione della VIA al progetto della MSE, determinerebbe direttamente o indirettamente (richiedendo l’approvazione di appositi atti a vari livelli) un numero esorbitante di varianti e deroghe alla quasi totalità degli atti amministrativi che trattano problematiche relative ai RSU a livello di Provincia di Milano, Ente Parco Agricolo Sud Milano e Comune di Mediglia. Osservazione n. 2.3.1: Incompatibilità del Progetto della MSE verso le Linee Guida per la localizzazione di attività di trattamento e smaltimento rifiuti, autodemolizioni, centri per il riciclaggio, deposito e vagliatura inerti, ecc. per aree comprese all’interno del perimetro del Parco Agricolo Sud Milano (D.C.D. n. 29/2005 del 27 settembre 2007) Il Progetto della MSE non supera il blocco posto dai tre criteri preliminari, ciascuno singolarmente con valore escludente, indicati dal PPGR: a) inclusione preventiva dell’impianto nel PRGR e nel PPGR, b) consenso dell’Amministrazione Locale e, c) interventi di mitigazione/ compensazione ambientali adeguati.

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Osservazione n. 2.3.2: Incompatibilità del Progetto della MSE rispetto a numerosi criteri escludenti ai fini della macrolocalizzazione Il Progetto della MSE è incompatibile con le prescrizioni di numerosi criteri escludenti indicati dal PPGR (cfr. PPGR pagg. 350 sgg.). Osservazione n. 2.3.2.1: Protezione di beni storici e risorse naturali Il Progetto della MSE è incompatibile con l’applicazione dei vincoli escludenti riguardanti la protezione di beni storci e risorse naturali (cfr. PPGR pagg. 350 sgg.) per l’adiacenza di aree protette, bellezze d’insieme, zone umide, ambiti di rilevanza naturalistica e paesistico-fluviale. Osservazione n. 2.3.2.1.1: Sistema delle aree protette L’area interessata dal Progetto e/o sue immediate adiacenze includono zone indicate dal Sistema delle aree protette (D.Lgs. 394/91, Art. 11 comma 3 lettera b, L.R. n. 86/1983 3 e NTA del PTC del Parco Agricolo Sud Milano). In particolare la presenza del Parco dell’Addetta esteso sui Comuni di Mediglia, Tribiano e Culturano, attraversato dal colatore omonimo. Osservazione n. 2.3.2.1.2: Bellezze d’insieme All’area interessata dal Progetto e/o sue immediate adiacenze sono applicabili le prescrizioni valide per le bellezze d’insieme (ex D.Lgsl. 42/04, art. 136). Osservazione n. 2.3.2.1.3: Zone umide All’area interessata dal Progetto e/o sue immediate adiacenze è applicabile il vincolo “zone umide” ex PTCP art. 66. Osservazione n. 2.3.2.1.4: Ambiti di rilevanza naturalistica All’area interessata dal Progetto e/o sue immediate adiacenze sono applicabili le prescrizioni valide per gli ambiti di rilevanza naturalistica (PTCP Art.32, Comma 3 lettera b) Osservazione n. 2.3.2.1.5: Ambiti di rilevanza paesistico-fluviale All’area interessata dal Progetto e/o sue immediate adiacenze sono applicabili le prescrizioni valide per gli ambiti di rilevanza paesistico-fluviale (PTCP Art.31, Comma 3, lettera b)

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Osservazione n. 2.3.2.2: Previsioni degli strumenti urbanistici Comunali Il Progetto della MSE è incompatibile con l’applicazione dei vincoli escludenti riguardanyi l’applicazione di quanto previsto dagli strumenti urbanistici del Comune di Mediglia,tsegnatamente il PRG e il Rapporto Ambientale, con particolare riferimento alla destinazione d’uso delle aree interessate dal progetto e limiti delle emissioni in atmosfera qui analizzati. Si è omesso per brevità di riportare osservazioni su ulteriori problematiche quali inquinamento acustico ed elettromagnetico per le quali non è difficile riscontrare l’applicabilità di rilievi analoghi a quelli qui esposti. Osservazione n. 2.3.2.2.1: Destinazione d’uso delle aree interessate dal progetto Le aree interessate dal Progetto sono destinate in larghissima parte dal PRG ad uso agricolo, non suscettibile di modificazioni, contrariamente a quanto sostenuto dalla documentazione depositata da MSE. Osservazione n. 2.3.2.2.1.bis Il PRG del Comune di Mediglia prescrive in ogni caso che su aree classificate come “zone produttive” è severamente proibito l’installazione di industrie insalubri di prima classe ex Decreto Ministero della Salute del 5 settembre 2004. Si ricorda che tale Decreto stabilisce che non solo un gassificatore, ma qualunque impianto destinato al trattamento di RSU, ivi inclusi impianti di compostaggio e di tritovagliazione, sono industrie insalubri di prima classe. Infine, le caratteristiche dell’impianto violano tutti gli indici e le prescrizioni tipologiche del PRG del Comune di Mediglia. Osservazione n. 2.3.2.2.2: Aria La documentazione depositata da MSE rappresenta un quadro fuorviante e molto peggiore della realtà per l’attuale situazione di inquinamento dell’aria nella zona dell’impianto allo scopo di minimizzare l’evidenza degli impatti del nuovo insediamento. (rif. Piano di Risanamento della qualità dell’aria, Relazione sullo Stato dell’Ambiente 2005, Rapporto di Sostenibilità 2007, Relazione Galileo Ambiente snc – Mediglia 2000). Osservazione n. 2.3.3: Incompatibilità del Progetto della MSE rispetto ai criteri escludenti ai fini della microlocalizzazione Il Progetto della MSE è incompatibile con le prescrizioni di numerosi criterie scludenti ai fini della micro localizzazione indicati dal PPGR (cfr. PPGR pagg. 350 sgg.)

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Osservazione n. 2.3.3.1: Tutela della popolazione Il Progetto della MSE è incompatibile con l’applicazione dei vincoli escludenti ai fini della microlocalizzazione riguardanti la tutela della popolazione Osservazione n. 2.3.3.1.1: Distanza da funzioni sensibili (strutture scolastiche, asili, ospedali, case di riposo Il confine dell’area del progetto si trova a meno di 700 metri dal complesso scolastico di Bustighera a fronte di un criterio escludente che prevede una distanza minima superiore ai 1.000 metri. Osservazione n. 2.3.3.1.2: Distanza dal centro abitato (le distanze si intendono misurate dalla recinzione dell’impianto) L’impianto di gassificazione si collocherebbe all’interno del Centro Abitato di Bustighera, l’impianto di compostaggio a cavallo del confine del Centro Abitato e l’impianto di tritovagliazione e pretrattamento dei RSU a meno di 200 dal confine del Centro Abitato. Osservazione n. 2.3.3.1.3: Distanza da case sparse Nel Comune di Tribiano, al di la della SP 39 Cerca sono presenti alcune case sparse a distanza inferiore ai 200 metri dal confine dell’impianto Osservazione n. 2.3.3.1.4: Documentazione fotografica La documentazione fotografica inclusa nei materiali depositati da MSE instilla in chi legge il falso convincimento che il sito sia del tutto isolato in aperta campagna, mentre al contrario ricade per oltre la metà nel centro abitato di Bustighera e si colloca in un contesto eco-rurale-architettonico in cui sono presenti innumerevoli beni di pregio storico, rurale, culturale, ambientale e architettonico. Osservazione n. 2.3.3.2: Protezione dei beni storici e risorse naturali Il Progetto della MSE è incompatibile con l’applicazione dei vincoli escludenti ai fini della microlocalizzazione riguardanti la protezione dei beni storici e risorse naturali Osservazione n. 2.3.3.2.1: Elementi del paesaggio agrario Le aree interessate dal Progetto e/o rilevanti aree ad esse adiacenti costituiscono elementi fondamentali del paesaggio agrario Osservazione n. 2.3.3.2.2: Percorsi di interesse paesistico Le aree interessate dal Progetto e/o rilevanti aree ad esse adiacenti sono attraversate da percorsi di interesse paesistico (Art. 40)

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Osservazione n. 2.3.3.2.3: Distanza da opere di captazione di acqua ad uso potabile Nelle aree adiacenti al sito interessato dal progetto sono presenti numerosi fontanili e pozzi in attività da cui si estrae acqua potabile utilizzata in prevalenza per uso zootecnico. Osservazione n. 2.3.4: Incompatibilità del Progetto della MSE rispetto ai criteri penalizzanti ai fini della microlocalizzazione Il Progetto della MSE è incompatibile con le prescrizioni di numerosi criteri penalizzanti ai fini della micro localizzazione indicati dal PPGR (cfr. PPGR pagg. 350 sgg.) Osservazione n. 2.3.4.1: Protezione di beni storici e risorse naturali: Rete Ecologica (PTCP Art. 57, 58, 59) Il Progetto della MSE è incompatibile con l’applicazione dei vincoli penalizzanti ai fini della microlocalizzazione riguardanti la protezione di beni storici e risorse naturali-Rete Ecologica Osservazione n. 2.3.5: Incompatibilità del Progetto della MSE rispetto ai criteri preferenziali ai fini della microlocalizzazione Il Progetto della MSE non beneficia della quasi totalità dei criteri preferenziali ai fini della microlocalizzazione. Al contrario, un certo numero di tali criteri assume, ad una attenta analisi, un forte ruolo di supporto ai criteri escludenti e/o penalizzanti esposti in precedenza. Osservazione n. 2.3.5.1: Aree industriali e aree ecologicamente attrezzate (PTCP art 90) Il Progetto non può beneficiare del criterio preferenziale per la vicinanza di aree industriali e aree ecologicamente attrezzate (ex art 90 PTCP) per insussistenza del beneficio. Osservazione n. 2.3.5.2: Aree e interventi di rilevanza sovra comunale (PTCP art 81) Il Progetto non può beneficiare del criterio preferenziale per aree e interventi di rilevanza sovra comunale ed art.81 PTCP per insussistenza del beneficio

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Osservazione n. 2.3.5.3: Dotazione infrastrutturale Il progetto non solo non può beneficiare del criterio preferenziale dotazione infrastrutturale in quanto insussistente, ma la configurazione anche prospettica della viabilità locale è tale da configurare per la “dotazione infrastrutturale” un vero e proprio criterio escludente. Osservazione n. 2.3.5.4: Vicinanza di distretti industriali Il progetto non può beneficiare del criterio preferenziale per la vicinanza di distretti industriali. Osservazione n. 2.3.5.5: Vicinanza ad aree di maggiore produzione di rifiuti Il Progetto non solo non può beneficiare del criterio preferenziale per vicinanza ad aree di maggiore produzione dei rifiuti in quanto insussistente, ma la combinazione distanza da centri di produzione + caratteristiche del sistema viario locale + dimensione dell’impianto, costituiscono qualcosa di più di un vincolo fortemente penalizzante. Osservazione n. 2.3.5.6: Aree dismesse Il Progetto non può beneficiare del criterio preferenziale per la presenza di aree dismesse per insussistenza del beneficio. Osservazione n. 2.3.5.7: Preesistenza reti di monitoraggio su varie componenti ambientali Il Progetto non può beneficiare del criterio preferenziale per la preesistenza di reti di monitoraggio su varie componenti ambientali, per insussistenza del beneficio. Osservazione n. 2.3.5.8: Disponibilità aree contorno all’impianto tali da permettere la realizzazione degli interventi di mitigazione Il progetto non solo non può beneficiare del criterio preferenziale per la disponibilità di aree contorno all’impianto tali da permettere la realizzazione degli interventi di mitigazione per insussistenza del beneficio, ma ne è penalizzato per l’applicabilità di altri vincoli escludenti e/o penalizzanti all’argomento in oggetto. Stante la vicinanza alle abitazioni di Bustighera e alla provinciale Cerca, ogni opera di mitigazione è di fatto impossibile, incluse quelle richieste dalla precedente E OGGI DECADUTA autorizzazione alla costruzione di un impianto di compostaggio.

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Osservazione n. 2.3.5.9: Aree contigue alle strutture dedicate ai conferimenti differenziati (stazioni e piattaforme) Il Progetto non può beneficiare del criterio preferenziale per l’esistenza di arre contigue alle strutture dedicate ai conferimenti differenziati (stazioni e piattaforme) per insussistenza del beneficio. L’impianto di tritovagliazione non è mai stato ripristinato dopo l’incendio del 2007 e il sito, da allora, non è stato più utilizzato nemmeno come discarica o piattaforma di transito. Osservazione n. 2.3.5.10: Localizzazione in aree agricole Il progetto non solo non può beneficiare del criterio preferenziale “localizzazione in aree agricole” per insussistenza del beneficio, ma, per quanto detto in precedenza, ne è penalizzato per l’applicabilità di altri vincoli escludenti e/o penalizzanti all’argomento in oggetto. Osservazione n. 2.3.5.11: Discariche e impianti esistenti Il progetto non solo non può beneficiare del criterio preferenziale di vicinanza di discariche e impianti esistenti per insussistenza del beneficio, ma ne è penalizzato per l’applicabilità di altri vincoli escludenti e/o penalizzanti all’argomento in oggetto e per la sussistenza di ingiunzioni alla bonifica del sito sottoposte da privati, alla luce della decadenza di tutte le autorizzazioni a favore di MSE per la gestione (tritovagliazione) e per l’ampliamento (compostaggio) di qualsivoglia attività concernente la gestione di RSU nel sito di Bustighera. Osservazione n. 2.3.5.12: Vicinanza a cave Il progetto non può beneficiare del criterio preferenziale per vicinanza a cave per insussistenza del beneficio. Osservazione n. 2.3.5.13: Vicinanza a reti di servizio, reti di energia elettrica, elettrodotti e/o sottostazioni per vettoriamento di energia elettrica, discariche e a possibili utenze di teleriscaldamento Il progetto può beneficiare del criterio preferenziale per vicinanza a reti di servizio per quanto riguarda la sola vicinanza di un elettrodotto. Per il resto il criterio si applica in senso penalizzante per la presenza sull’area di due gasdotti della Rete Regionale di Snam Rete Gas, la cui eventuale variante risulta impossibile stante la configurazione del territorio e degli insediamenti agricoli e urbani. Osservazione n. 2.3.5.14: Possibilità di attivare il trasporto intermodale Il progetto non può beneficiare del criterio preferenziale di possibile attivazione del trasporto intermodale, per insussistenza del beneficio.

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Osservazione n. 2.3.5.15: Aree destinate dagli strumenti urbanistici comunali a servizi tecnologici Il progetto non può beneficiare del criterio preferenziale per aree destinate dagli strumenti urbanistici comunali a servizi tecnologici per insussistenza del beneficio. Osservazione n. 2.3.5.16: Impianti di termodistruzione esistenti Il progetto non può beneficiare del criterio preferenziale di preesistenza di impianti di termodistruzione per insussistenza del beneficio.

3.

Osservazione n. 2.3.5.17: Centrali termoelettriche dismesse Il progetto non può beneficiare del criterio preferenziale per l’esistenza di centrali termoelettriche dismesse per insussistenza del beneficio.

Osservazioni per aspetti tecnologici

La documentazione depositata da MSE è largamente deficitaria al fine di una corretta valutazione tecnologica del progetto. In particolare mancano: il nome della tecnologia utilizzata e della società proprietaria dei brevetti (nella sintesi non tecnica posta sul sito della Regione Lombardia). In tutta la documentazione mancano inoltre: copia del contratto di acquisizione della licenza da parte di MSE, il confronto tra metodi alternativi per lo smaltimento dei rifiuti e tra tecnologie alternative per il loro trattamento termico. Tutto ciò in aggiunta alla già segnalata mancanza del piano finanziario.

Osservazione n. 3.1: Incompletezza della documentazione

Osservazione n. 3.2: Insussistenza dei benefici tecnologici illustrati da MSE Le affermazioni riportate a pag. 9 della Sintesi non Tecnica “Presentazione del Progetto” sono il larga parte errate o incomplete o imprecise, al punto da dover considerare il quadro prospettato dal documento in esame più che fuorviante ai fini di una corretta valutazione tecnologica del progetto proposto. Ciò vale in particolare per i supposti vantaggi della tecnologia proposta (punto c): emissioni di diossine e furani al limite della non misurabilità, trasformazione in materiale inerte vetrificato riutilizzabile senza ulteriori trattamenti, recupero dei metalli pesanti nei rifiuti, elevato rendimento elettrico, stabilità delle emissioni per variazioni del materiale di alimentazione all’impianto”.

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Osservazione n. 3.2.1: Genesi della tecnologia GMR Non risponde a verità che, come vorrebbe far supporre la MSE, la tecnologia utilizzata nel progetto per Mediglia sia il meglio disponibile per la termovalorizzazione dei rifiuti. E’ vero anzi in contrario. La tecnologia GMR è stata portata in dote alla JFE dalla NKK Steel Corporation ed era utilizzata per lo smaltimento delle scorie dell’industria siderurgica. Si tratta di una tecnologia gemella della Thermoselect, che la JFE promuove anche con maggior successo della GMR. Entrambe le tecnologie GMR e Thermoselect sono molto discusse ed hanno creato casi anche giudiziari per danni ambientali sia in Germania (Karlsruhe) sia in Italia (Fondotoce). Osservazione n. 3.2.2: Sostenibilità ambientale della tecnologia GMR Non è corretto sostenere che la tecnologia GMR sia stata sviluppata in Giappone per motivi ambientali. Anche in Giappone il suo uso per termovalorizzazione rifiuti è estremamente limitato e in diminuzione. L’impianto di Fukuyama citato come referenza dalla MSE non tratta RSU bensì pellet di derivazione industriale, l’impianto di maggiori dimensioni al mondo a tecnologia GMR (Chikushino) che tratta solo RSU ha una capacità di 250 tonnellate al giorno rispetto alle 900 tonnellate al giorno previste per Mediglia. Osservazione n. 3.2.3.1: Emissioni di diossine e furani L’affermazione della MSE circa la “capacità di basse emissioni con valori di diossine e furani al limite della non misurabilità” non è supportata da nessuna credenziale. Viceversa, i rilievi indicati nel testo seguente, sono più che sufficienti a farla ritenere completamente errata. Si segnala tra l’altro il gravissimo uso improprio del brevetto che non prevede, al contrario di quanto indicato dalla MSE, il riciclo nel reattore dei fanghi derivanti dal processo di depurazione delle acque. Inoltre il progetto della MSE trascura del tutto l’enorme problema dell’inquinamento da nano polveri sia in quanto tali sia in quanto veicoli di diossine. Osservazione n. 3.2.3.1.1: Per quanto riguarda le emissioni di diossine e di furani nei gas derivati Il progetto presentato dalla MSE non utilizza tutte le Migliori Tecnologie Disponibili , laddove la Direttiva IPPC (96/61/CE) e il d.lgs. 59/2005 di recepimento presuppongo, per l’autorizzazione integrata ambientale (AIA), che gli impianti adottino “le migliori tecniche disponibili” (MTD, o in inglese BAT).

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Osservazione n. 3.2.3.1.2: Per quanto riguarda le emissioni di diossine nei sottoprodotti della lavorazione Il progetto presentato dalla MSE prevede il ricircolo nel reattore dei fanghi provenienti dal trattamento delle acque reflue di processo che contengono metalli e diossine, pur non precisandone la effettiva composizione. Il brevetto della JFE non prevede tale ricircolo che infatti avvelenerebbe il reattore diminuendone l’efficienza e incrementando in modo disastroso il contenti di diossine nei fumi immessi in atmosfera con un circolo vizioso che alla fine richiederebbe l’evacuazione forzata di concentrati di diossine e metalli in quantità intollerabili. La previsione di immettere nel reattore, come da tabelle degli input ammessi, anche materiali estremamente pericolosi (da relativi codici CER) rende plausibile il sospetto che si voglia far diventare l’impianto di Mediglia la cloaca massima degli scarti pericolosi di molti altri inceneritori e di chissà quali altri innominabili schifezze di provenienza più o meno ignota. Osservazione n. 3.2.3.1.3: Per quanto riguarda la produzione di diossina e nano polveri rilasciate in atmosfera Il progetto presentato dalla MSE non considera gli effetti delle più recenti prescrizioni in materia di nano polveri né del divenire della legislazione in materia, in particolare della Direttiva Europea 81/2001. Inoltre le statistiche più recenti relative al monitoraggio di emissioni di particolato, nano polveri e diossine relativi a impianti di dimensioni comparabili dimostrano inequivocabilmente che, al di la dei target di progetto (emissioni “garantite”) e dell’assicurazione di risultati anche migliori da parte del Proponente, (emissioni “effettive”), le reali situazioni effettive delle emissioni NON RISPETTANO I VINCOLI DI LEGGE.

Ma naturalmente i residui effettivi dell’impianto sono molto più numerosi e descritti qua e la nella documentazione della MSE: 5.000 tonnellate all’anno di metalli, tonnellate all’anno di prodotti sodici residui, le già citate oltre 10.000 tonnellate all’anno di fanghi concentrati di idrossidi di metalli e diossine, sottoprodotti derivanti dalla rigenerazione degli scambiatori ad ioni nemmeno citati e, per finire i residui della sezione di trattamento RSU pari 16.800 tonnellate all’anno più

Osservazione n. 3.2.3.2: Trasformazione della parte non combustibile dei rifiuti in materiale inerte vetrificato, riutilizzabile senza ulteriori trattamenti In virtù della forte contaminazione con diossine e metalli i cosiddetti “inerti vetrificati” sono “rifiuti pericolosi”. E’ quindi scorretto, come fa la Relazione Tecnica, sostenere che questa scoria sia classificabile come “inerte vetrificato”, e quindi classificarla col codice CER 19-04-01. Ciò potrà essere fatto solo a seguito di eventuali risultanze delle analisi effettuate dall’ARPA dopo l’avviamento dell’impianto.

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Alluminio per 960 tonnellate all’anno più Residui ferrosi per 8.400 tonnellate all’anno. PER NESSUNO DI QUESTI RESIDUI E’ INDICATA LA DESTINAZIONE, TRANNE CHE PER FANGHI PER I QUALI E’ PREVISTA LA GIA’ CITATA FOLLIA DEL RICIRCOLO. Osservazione n. 3.2.3.3: Capacità di recuperare i metalli presenti nei rifiuti L’affermazione della MSE in merito alla capacità della tecnologia GMR di recuperare i metalli presenti nei rifiuti è quanto meno azzardata alla luce di quanto detto ai punti precedenti. Rimane comunque il problema dell’illegittima (riciclo fanghi) o non definita destinazione dei residui ad elevata concentrazione di metalli e diossine. Osservazione n. 3.2.3.4: Elevato rendimento elettrico L’affermazione della MSE in merito al supposto elevato rendimento elettrico è FALSA. In primo luogo va osservato che il PPGR (Allegato 4) prescrive che “La sola produzione di sola energia elettrica non è invece possibile ai sensi delle prescrizioni del Piano di Risanamento della Qualità dell’Aria, ed in particolare del DGR n. 7/6501 del 19/10/01 (vincoli questi recepiti per la definizione dei criteri localizzativi dei nuovi impianti)”. Prescrive altresì che “Con riferimento alle indicazioni del BREF sull’incenerimento dei rifiuti, il rendimento complessivo di conversione dell’energia contenuta nel rifiuto in energia utile (termica + elettrica) deve essere pari almeno al 65%.” A fronte di queste prescrizioni l’impianto proposto ma MSE prevede la SOLA produzione di energia elettrica e, laddove fosse predisposto per la cogenerazione, vincoli logistici e l’evidente mancanza di mercato per il calore, renderebbero, anche in prospettiva, irrealistica tale prospettiva. La seconda osservazione nasce dal confronto tra il rendimento elettrico lordo indicato pari al 25% per l’impianto della MSE a fronte della citata prescrizione del PPGR che richiede un rendimento non inferiore al 65%: il rendimento del progetto è largamente inferiore alla metà del minimo ritenuto accettabile dal PPGR. Osservazione n. 3.2.3.5: Altri input all’impianto della MSE La documentazione depositata dalla MSE non espone con la dovuta precisione e completezza l’insieme di tutti gli input dell’impianto e non ne considera le rilevanti implicazioni logistiche: 240 mila metri cubi all’anno di metano, 160 mila metri cubi all’anno di acqua industriale, 16.500 tonnellate all’anno di carbon coke, 11.000 tonnellate all’anno di calcare più una serie di altri prodotti anche “pericolosi” (tab.35 della Relazione Generale).

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Si osserva inoltre che la Relazione Tecnica (pag. 118/133) prevede uno stoccaggio di ossigeno pari a 200 metri cubi che richiede l’applicazione della legge Seveso non considerata nella Relazione di progetto che andrebbe quindi respinto in forza di questa singola osservazione. Osservazione n. 3.2.3.6: Stabilità a fronte di variazioni del materiale di alimentazione dell’impianto L’affermazione che l’impianto garantirebbe stabilità a fronte di variazioni nel materiale di alimentazione all’impianto non solo non è credibile ma è lecito ritenere l’esatto opposto in ragione di: a) previsione di riciclo dei fanghi residui all’interno del reattore non prevista nel brevetto della tecnologia GMR; b) riconoscimento della stessa MSE che “Naturalmente gli elementi quantitativi indicati, essendo correlati in modo sostanziale alla composizione merceologica dei rifiuti, soggiacciono alle variazioni dovute alle condizioni stagionali ed alle condizioni sociali del periodo” (pag. 21 della Relazione Generale); c) Presenza tra gli input di provenienza esterna ammessi per l’impianto di ceneri e fanghi (codice CER 10) e scorie, ceneri e fanghi (codice CER 19). E’ lecito preoccuparsi che per l’impianto di Mediglia sia possibile, quanto meno, il ruolo di cloaca massima dei residui “pericolosi” provenienti da altri termovalorizzatori/inceneritori e/o di altra origine. Osservazione n. 3.2.3.7: Referenze della tecnologia e casi di successo In aggiunta a quanto già osservato al punto ….., si osserva che in Europa l’applicazione di tecnologie simili alla GMR ha prodotto risultati disastrosi a Fondotoce (Italia) e Karlsruhe (Germania). Si osserva inoltre che esistono numerosi altri esempi di proposte (utilizzanti tutti tecnologie similari di gassificazione dei RSU) che non hanno superato l’iter amministrativo e di impianti che, una volta costruiti, sono stati chiusi per il mancato rispetto dei vincoli sulle emissioni. Tra quelli chiusi per problemi operativi e mancato rispetto delle norme sulle emissioni vanno ricordati, oltre ai citati Fontodoce e Karlsruhe, i casi della Brightstar Environmental (Australia), della Hawai Medical (Honolulu, Hawai), della Allied Technology (Richland, Washington) e della Ebara (Broga, Malysia). Si osserva infine il caso dell’impianto della JFE per un impianto a Romoland, California (2004): l’impianto non superò un primo test sui forni nel 2004. Un test condotto nel 2005 utilizzando RSU fu dichiarato un successo dalla JFE. Ma una analisi condotta dal South Coast Air Quality Management District stabilì che i processi di pirolisi dell’impianto emettevano più diossine, Nox, composti organici volatili e particolati dell’insieme dei due grandi inceneritori dell’area di Los Angeles.

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4.

Osservazioni per aspetti medico-sanitari

Osservazione n. 4.1: Assenza del piano di monitoraggio sanitario La documentazione depositata da MSE è largamente deficitaria al fine di una corretta valutazione medico-sanitaria del progetto in quanto non contiene riferimenti alle possibili conseguenze per una esposizione prolungata della popolazione residente alle emissioni dell’impianto. La stessa documentazione non include altresì un Piano di Monitoraggio Sanitario. Osservazione n. 4.2: Sulle gravi e documentate conseguenze mediche dell’esposizione prolungata alle emissioni da impianti di termovalorizzazione Le conseguenze documentate da studi clinici di effetti devastanti sulla salute di persone esposte per lungo tempo alle emissioni da impianti di termovalorizzazione evidenziano l’insorgere ben oltre le normali soglie statistiche di: neoplasie in genere, linfomi non-Hodgkins, neoplasie polmonari, neoplasie infantili, sarcomi dei tessuti molli, tra gli altri. Il contenuto dello studio “Effetti sulla salute umana degli impianti di incenerimento dei rifiuti” a cura della d.ssa Patrizia Gentilizi, oncologa, Associazione dei Medici per l’Ambiente, ISDE Italia riportato nel seguito si intende parte integrante della presente osservazione 4.2, inclusi i riferimenti bibliografici ivi inclusi e qui omessi per brevità. Qui si riporta solo l’efficace frase conclusiva: “… appare moralmente inaccettabile continuare ad esporre le popolazioni a rischi assolutamente evitabili.”

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Introduzione Il presente documento sottomette alla Regione Lombardia una richiesta di Parere Negativo alla richiesta di VIA presentata il 23 dicembre 2008 dalla Mediglia Servizi Ecologici S.p.A. (nel seguito MSE) e pubblicata sul Corriere della Sera in data 30 dicembre 2008. Questa richiesta trova fondamento sull’esposizione di un ampio numero di osservazioni allo Studio di Impatto Ambientale (nel seguito SIA) e alla ulteriore documentazione depositata da MSE. La richiesta è formulata come segue:

A supporto di questa richiesta si segnala che il Proponente non risulta abbia richiesto l’attivazione della fase preliminare di scoping impedendo così alla Regione Lombardia la nomina di osservatori e di partecipare all’impostazione del SIA. Tale decisione è da interpretarsi come assenza di necessità di approfondimenti ex-ante e mal si concilierebbe con l’emergere ex-post di

Richiesta di Parere Negativo alla Regione Lombardia: Sulla base di quanto esposto nel presente documento, si presume sussistano elementi di natura giuridico-amministrativa, tecnologica e medico-sanitaria di forza tale da far ritenere più che ragionevole la deliberazione, da parte della Regione Lombardia, di un giudizio negativo che precluda in via definitiva la possibilità di realizzare l’opera per la quale la MSE richiede l’autorizzazione di VIA. Ciò si ritiene sia applicabile per il progetto nel suo complesso e, con la stessa forza e per i medesimi motivi, per sue parti (singolarmente l’impianto di ricezione-trattamento RSU, l’impianto di tritovagliazione, l’impianto di compostaggio e l’impianto di gassificazione). Si ritiene altresì che tale deliberazione debba essere formulata dalla Regione Lombardia nel più breve tempo possibile, evitando o limitando al minimo eventuali fasi di sottomissione di contro-osservazioni e di richiesta di integrazioni o di nomina di commissioni di studio, e comunque non oltre quanto prescritto dalle procedure vigenti in materia di VIA: 150 giorni dalla data di pubblicazione dell’annuncio di deposito da parte del proponente, 90 giorni dalla data di ricezione della eventuale documentazione integrativa (la riteniamo superflua), eventuali ulteriori 60 giorni per casi di particolare rilevanza (idem). In definitiva il parere dovrebbe essere espresso nel termine minimo del 23 maggio 2009 ed entro il termine massimo del 23 ottobre 2008.

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fabbisogni di ulteriori analisi e consultazioni ai fini dell’assunzione della decisione. Inoltre è bene segnalare che eventuali approfondimenti in ambito tecnologico e medico-sanitario, come si presume di dimostrare col presente documento, assumono prevalentemente un carattere ausiliario e di supporto alle osservazioni recanti contenuti oggettivamente cogenti. Le osservazioni sono state elaborate in riferimento alle informazioni riportate nella “Relazione non Tecnica” del SIA (documento D01), nonché negli elaborati depositati da MSE anche presso il Comune di Mediglia, con particolare evidenza per la “Relazione Generale” del Progetto Tecnico (documento A01), la Relazione Tecnica della Sezione Trattamento (documento B-01), la Relazione Tecnica della Sezione Valorizzazione Termica (documento C01), la Relazione Generale dello Studio di Impatto Ambientale (documento D01) e relativi allegati, con particolare riferimento all’Allegato Due “fotografico”. L’analisi di tutti i documenti depositati da MSE si è resa indispensabile in quanto la Relazione non Tecnica del SIA omette di rappresentare informazioni determinanti ai fini della elaborazione delle osservazioni, ma anche della semplice analisi e comprensione del testo: ad esempio non cita il tipo di tecnologia utilizzata né il suo licenziatario, rendendo impossibile ogni valutazione sui dati tecnici e sulle stime di produzione di scorie e di emissioni. Le osservazioni con rilevanza legislativa e /o amministrativa nascono dal confronto tra quanto riportato nei documenti sopraindicati con le prescrizioni contenute nei pertinenti atti emanati da: Commissione Europea, Regno/Stato Italiano, Regione Lombardia, Provincia di Milano, Ente di Gestione Parco Agricolo Sud Milano, Comune di Mediglia. Per queste osservazioni ci si è avvalsi del supporto di un primario Studio Legale di Milano. Le osservazioni di natura tecnica, aventi o meno implicazioni legali, sono derivate dal confronto tra i contenuti dell’intera documentazione depositata da MSE con informazioni fornite da consulenti tecnici e/o ricavate via Internet. Per queste osservazioni ci si è avvalsi del contributo di tecnici locali e del Comitato di Malagrotta-Roma. Le osservazioni di natura medico-sanitaria non sono riferibili a contenuti espressi dai documenti MSE, in quanto in essi l’argomento non è trattato, mancando addirittura la predisposizione di un Piano di Monitoraggio Sanitario. Per queste osservazioni ci si è avvalsi degli studi della d.ssa Patrizia Gentilizi, oncologa, Associazione dei Medici per l'Ambiente, I.S.D.E. Italia.

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Le osservazioni coprono in primo luogo gli ambiti per i quali risultano in vigore prescrizioni con effetto diretto di vincolo ostativo ai fini dell’approvazione del SIA (ambiti “legislativo” e “amministrativo”), in secondo luogo gli ambiti in cui sono attive prescrizioni con effetto mediato di vincolo ostativo ai fini dell’approvazione del SIA (ambito “tecnologico”) e infine gli ambiti in cui, pur non potendosi individuare immediati vincoli ostativi di tipo legislativo e/o amministrativo, sono disponibili studi autorevoli che supportano la tesi della pericolosità dell’impianto oggetto del SIA (ambito “medico-sanitario”). Per la corretta valutazione del SIA è utile l’analisi di tutti gli ambiti sopracitati, con l’avvertenza che sussiste un numero rilevante di vincoli ostativi ex lege e/o di origine amministrativa, molti dei quali di portata tale da costituire singolarmente condizione sine qua non ai fini del rigetto del progetto in esame. Non va inoltre sottovalutato che un non auspicato parere favorevole a livello di Regione Lombardia che imponesse per Decreto l’approvazione della VIA al progetto della MSE, determinerebbe direttamente o indirettamente (richiedendo l’approvazione di appositi atti a vari livelli) un numero esorbitante di varianti e deroghe alla quasi totalità degli atti amministrativi che trattano problematiche relative ai RSU a livello di Provincia di Milano, Ente Parco Agricolo Sud Milano e Comune di Mediglia (cfr. osservazione n. 2.3bis). Pertanto, le valutazioni maggiormente suscettibili di opinabilità, specie in ambito tecnologico e medico-epidemiologico, al netto delle loro implicazioni legali “certe”, e pur mettendo in evidenza aspetti estremamente critici, sono qui riportati in gran parte a titolo di completezza e allo scopo di meglio supportare le ragioni che sostengono invece i vincoli “fatali” ai fini dell’approvazione del progetto presentato da MSE. Nel seguito le osservazioni sono ripartite in quattro capitoli che analizzano i quattro ambiti sopracitati (legislativo, amministrativo, tecnologico e medico); ogni singola osservazione è posta in un riquadro all’inizio del paragrafo o sottoparagrafo che immediatamente a seguire ne espone i razionali, e numerata in ordine progressivo con il numero del capitolo ed eventualmente del paragrafo e del sottoparagrafo di riferimento. Per comodità di sintesi e di lettura del presente documento, l’elenco della “richiesta” e delle sole osservazioni è stato riportato all’inizio del presente documento.

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Si rimarca che le “osservazioni" riportate nei riquadri costituiscono solo un mezzo editoriale per sintetizzare i rilievi per comodità di chi legge, ma che vanno considerate, ai fini del presente documento, unitamente ed imprescindibilmente dalle analisi ad esse collegate nell’immediato seguito e/o in altre qualsivoglia parti dell’intero documento. Per iniziare si sottopongono le quattro seguenti osservazioni preliminari e a carattere generale che vengono numerate per comodità “i1” , “i1bis”,“i2” e “i3”: Osservazione n. “i1” La ditta proponente Mediglia Servizi Ecologici S.p.A. non solo non è in grado di fornire referenze significativamente utili ai fini della costruzione e gestione di un impianto complesso come quello per cui richiede l’autorizzazione del VIA regionale, ma esibisce - al contrario – un track record di preoccupanti precedenti tecnici e amministrativi.

Naturalmente questo rilievo di natura finanziaria ha delle evidenti implicazioni operative in quanto una società con una capitalizzazione di 120 mila euro non può

Osservazione n. “i1bis” La MSE non ha i requisiti finanziari e operativi per costruire e gestire l’impianto per cui chiede l’autorizzazione: MSE ha un capitale sociale di 120mila euro a fronte di un investimento di 260 milioni di euro circa con costi operativi stimati in 60 milioni di euro/anno circa. La sua sede sociale è nel sito fatiscente dell’ex impianto di tritovagliazione. La documentazione depositata non include il Piano Finanziario, non descrive la tecnostruttura e le altre risorse della MSE. Sulla base delle informazioni disponibili la MSE è una scatola finanziaria piccola e vuota. Ne’ nella documentazione sono dimostrate possibili sinergie finanziarie e/o operative derivanti dall’eventuale collocazione della MSE all’interno di un qualche Gruppo di aziende e/o holding di una qualsivoglia architettura. Il primo fatto da rilevare è che MSE sta proponendo la realizzazione di un progetto per il quale prevede di investire circa 260 MILIONI di euro, laddove MSE è una Società per Azioni con capitale versato pari a 120 MILA euro. Ci si chiede in virtù di quale alchimia finanziaria i 260 milioni di euro di investimento entrerebbero nelle disponibilità di MSE, essendo impossibile un leverage di tale entità e non potendosi ipotizzare operazioni di ricapitalizzazione o altri interventi, in quanto la cospicua documentazione prodotta da MSE non include il Piano Finanziario del progetto.

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essere dotata di una struttura adeguata per la realizzazione di un progetto così impegnativo. In realtà probabilmente non ha affatto una struttura. Come potrebbe dimostrare il fatto che la Sede Legale della MSE S.p.A. si trova a Mediglia, in Località Bustighera all’altezza della SP 39 Cerca. Ossia all’interno del capannone dell’ex trito vagliatore che è peraltro inagibile da due anni a seguito dell’incendio che lo ha devastato nel giugno del 2007. Tutto ciò pone seri problemi di accountability per la MSE quanto a individuazione delle controparti cui chiedere eventualmente ragione di malfunzionamenti e omissioni sia in fase di costruzione che di gestione dell’opera. Ne’ nella documentazione sono dimostrate possibili sinergie finanziarie e/o operative derivanti dall’eventuale collocazione della MSE all’interno di un qualche Gruppo di aziende e/o holding di una qualsivoglia architettura. Il citato evento dell’incendio è un altro buon argomento di prova a sostegno della osservazione “i1”. Infatti, l’incendio al trito vagliatore del giugno 2007 ha interessato il capannone nel quale si stima fossero stipate oltre 7.000 tonnellate di rifiuti di ogni tipo. L’incendio è durato per oltre una settimana, non è stato spento sul nascere per la verificata assenza dell’impianto antincendio, ed ha originato una colonna di fumo che, oltre a ostacolare il traffico sulla SP 39 Cerca, ha creato non solo allarme e inquinamento in un’area del raggio di almeno 10 km dall’epicentro, ma anche conseguenze mediche per alcuni. Mentre le amministrazioni comunale e provinciale ritardavano inspiegabilmente nel comunicare alla cittadinanza interessata anche gli elementari criteri di precauzione da adottare, mentre l’ARPA misurava con tutte le lentezze possibili l’eventuale inquinamento da diossine e altri agenti, mentre i VVFF si limitavano a tenere l’incendio sotto controllo in attesa che si estinguesse da solo, la Provincia, ed è ciò che conta in questa sede, inviava una serie di diffide alla MSE, diffide culminate con la Disposizione Dirigenziale n. 259/2007 del 26 giugno 2007 che intimava alla MSE la predisposizione entro tre giorni di un piano di svuotamento del capannone e di ripristino delle condizioni operative, pena la decadenza dell’autorizzazione alla tritovagliatura. Tali condizioni non sono state rispettate da MSE che pertanto, in virtù della citata delibera, ad oggi non è più in possesso di autorizzazioni per l’esercizio di qualsivoglia attività nell’area in oggetto (cfr. in particolare osservazione 2.1). Tale episodio non può essere considerato occasionale o dovuto a fatalità, e infatti è stato rubricato come “doloso” dalla Procura della Repubblica. Assume però ben altro rilievo ai fini della valutazione dell’affidabilità della MSE, ed escludendo ogni ipotesi di colpa in merito all’incendio e fino a prova contraria, se

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viene inquadrato nel contesto ricostruibile dalle informazioni disponibili da Internet e da numerosi media a vari livelli, ivi incluse le inchieste sviluppate anche recentemente dalla televisione nazionale e il sequestro dell’impianto di gassificazione di Malagrotta, nonché dai pareri espressi in numerose occasioni da personalità politiche provinciali e regionali. Questo “contesto” rappresenta infatti per la MSE, quanto a qualità della gestione operativa e quanto a “profili” di persone riconducibili direttamente o indirettamente alla MSE, una collezione di incidenti, di ricorsi, di indagini da parte della magistratura e di condanne per reati vari attinenti la gestione dei RSU. Tutto ciò limitandosi ai soli fatti certi e dimostrabili, e accettando, e fino a prova contraria, quali semplici “illazioni”, ogni ulteriore addebito ricostruibile dai media e riferibile alla MSE e/o a persone ricoprenti in essa cariche sociali, aventi per oggetto ipotesi di reati di ben altro livello e gravità. Osservazione n. “i2” Tutti i documenti elaborati e depositati da MSE ai fini della concessione dell’autorizzazione di VIA regionale si caratterizzano per errori, omissioni e imprecisioni in quantità e di rilevanza tali da fornire al lettore medio un quadro fuorviante su aspetti chiave sia amministrativi che tecnologici, su livelli che vanno ben oltre il normale maquillage utilizzato ed utilizzabile per migliorare la “vendibilità del prodotto”. L’analisi che segue è infarcita di rilievi che supportano l’osservazione “i2”. A titolo esemplificativo si verifichi quanto riportato nel presente documento a proposito di: a) decadenza, per decorrenza dei termini o per inosservanza di prescrizioni ricevute, di tutti gli atti amministrativi che abilitavano MSE all’esercizio e all’ampliamento di qualsivoglia attività attinente la gestione dei rifiuti nel Comune di Mediglia (cfr osservazione 2 e sgg.) e, b) errata valutazione e/o omissione delle distanze dal centro abitato di Bustighera e dai punti sensibili (edificio scolastico), errori peraltro già presenti nel precedente iter autorizzativo dell’impianto di compostaggio, che costituivano e costituiscono vincolo escludente ai fini della micro localizzazione del sito (cfr. osservazione 2.3.4.1). Per concludere questa introduzione si sottopone anche la seguente osservazione:

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Osservazione n. “i3” La documentazione depositata da MSE non include nessun atto che comprovi la titolarità del possesso delle aree interessate dal progetto. Va infatti rilevato che la documentazione presentata da MSE nulla dice a proposito della titolarità del possesso dell’area interessata dal progetto. Si rimarca che solo il titolare del possesso dell’area interessata ha titolo ha sottoporre ipotesi di progetti per l’autorizzazione di VIA. L’assenza documentale di un rogito notarile che dimostri la titolarità dell’intera area in capo a MSE S.p.A. costituisce di per sé elemento escludente nei confronti di ogni possibile autorizzazione a qualsivoglia progetto.

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1. In questo capitolo si esamineranno solo gli aspetti legislativi a carattere generale, applicabili cioè all’intero progetto, che hanno valenza tale da poter essere utilizzati ai fini del rigetto della richiesta di autorizzazione sottoposta da MSE. Viceversa, riferimenti a leggi, decreti e altri atti pertinenti o a parti di essi, che hanno forza di vincoli escludenti in relazione a singole specificità del Progetto saranno citate ove opportuno in corrispondenza dell’analisi delle varie componenti del Progetto medesimo.

Osservazioni per aspetti legislativi

1.1

Il Decreto Lgsl. N. 22/1997 “Ronchi”

• “recupero” (art.2 comma 2): “i rifiuti devono essere recuperati o smaltiti” ove il “recupero” precede, nell’ordine, e prevale sempre sullo “smaltimento”. E l’articolo 4 comma 1 prescrive che “ai fini di una corretta gestione del rifiuto, le autorità favoriscono la riduzione del rifiuto attraverso il reimpiego, il riciclaggio e le altre forme di recupero”.

Osservazione n. 1.1 L’eventuale autorizzazione di VIA al progetto presentato da MSE è in contrasto con il nuovo approccio normativo sancito dal Decreto 22/1997 “Ronchi” che ha dato attuazione alle Direttive Comunitarie 442/75, 156/91 e 689/91. In seguito alla successiva reiterazione di ben 18 Decreti Legge sui residui riciclabili e sulle materie prime secondarie riutilizzate in nuovi cicli produttivi, e a seguito di una storica censura della Corte Costituzionale sull’invasiva occupazione, anche da parte dell’esecutivo, dell’area riservata al Parlamento, il 5 febbraio 1997 è stato varato il Decreto “Ronchi”. Con tale provvedimento si abbandona, sulla base delle prescrizioni della Direttiva Comunitaria 156/91, la logica dello smaltimento generalizzato dei rifiuti, per accogliere e tradurre in disposizioni, un nuovo approccio culturale volto alla massima estensione possibile di:

• “prevenzione” e “riduzione” (articolo 3): della produzione (quantità) e della pericolosità (qualità) dei rifiuti mediante apposite e ben note tecnologie.

• “residualità” (art.5): dello smaltimento, da compiere in condizioni di massima sicurezza, secondo una “rete integrata ed adeguata di impianti, ricercando l’autosufficienza per i rifiuti urbani non pericolosi, in ambiti territoriali

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ottimali, riducendo al massimo la loro movimentazione

Il progetto proposto da MSE, non previsto dal Piano Provinciale dei Rifiuti e di capacità spropositata anche rispetto al deficit di termovalorizzazione ipotizzato nel lungo periodo per la Provincia di Milano (100mila tonnellate/anno contro le 300mila tonnellate del progetto MSE) confligge con tutti e tre i sopraindicati principi normati dal Decreto “Ronchi”: confligge cioè sia con principi generali in materia di rifiuti (primi due punti) sia anche con il principio di macrolocalizzazione indicato (terzo punto), come risulterà evidente dall’analisi elaborata nel presente documento. Si rileva da ultimo che i citati principi normativi del Decreto “Ronchi” sono stati fatti propri, né poteva essere altrimenti, sia dal Piano Provinciale dei Rifiuti, sia dal Piano Territoriale di Coordinamento dell’Ente di Gestione del Parco Agricolo Sud Milano, sia infine dal Rapporto Ambientale del Comune di Mediglia.

, limitando il recapito in discarica ai soli rifiuti inerti e ad altre categorie appositamente individuate.

1.2

La Convenzione di Stoccolma sugli Inquinanti Organici Persistenti (POPs)

(

Osservazione n. 1.2 L’eventuale autorizzazione di VIA al progetto presentato da MSE è in contrasto con i contenuti della Convenzione di Stoccolma sottoscritta dall’Italia nel 2001. L’Italia è l’unico Paese europeo, insieme a Bosnia Erzegovina, Serbia e Irlanda, che – pur avendola sottoscritta - non aver ancora ratificato la Convenzione di Stoccolma sugli Inquinanti Organici Persistenti (Persistent Organic Pollutant - POPs) del 23 maggio 2001. http://chm.pops.int/Countries/StatusofRatification/tabid/252/language/en-

US/Default.aspx) La convenzione di Stoccolma pone infatti vincoli tali da rendere praticamente impossibile l’approvazione di progetti quali quello presentato da MSE, come risulta evidente dal congelamento della costruzione di impianti di termovalorizzazione di RSU registrati nei paesi occidentali più evoluti che hanno ratificato la convenzione, segnatamente Stati Uniti e Giappone. In particolare, l’Annesso C della Convenzione “Produzione non intenzionale” identifica i POPs prodotti non intenzionalmente soggetti alle prescrizioni dell’Art. 5 “Misure per ridurre o eliminare il rilascio da produzioni non intenzionali”: Polychlorinated dibenzo-p-dioxins and dibenzofurans (PCDD/PCDF), Hexachlorobenzene (HCB) (CAS No: 118-74-1) e Polychlorinated biphenyls (PCB).

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La produzione non intenzionale di tali inquinanti persistenti è attribuita dallo stesso Annesso C a “processi termici che coinvolgono materiali organici e cloro come risultato di combustione incompleta o reazioni chimiche” e al primo posto indica “a) inceneritori di rifiuti, inclusi i co-inceneritori di RSU”.

La Relazione Tecnica del Progetto di gassificazione RSU per Mediglia prevede (pag.66) una produzione nei fumi di PCDD/PCDF inferiore al vincolo di legge pari a 0,1 picogrammi/metro3 e nulla dice sulla produzione di HCB e PCB. Nel corso dell’esposizione si dimostrerà che la previsione di contenuti di diossina quasi nulli nei fumi è irrealistica alla luce delle esperienze e delle statistiche disponibili, che l’accumulo di diossina nei fanghi è stata ignorata così come anche la molto più rilevante produzione di diossina associata al rilascio in atmosfera delle nanoparticelle da combustione, anch’essa ignorata.

Tutto ciò assume particolare rilievo in quanto la mancata ratifica da parte dell’Italia della Convenzione di Stoccolma non è di per sé una ragione escludente della applicabilità di tale convenzione all’Italia, essendo stata sottoscritta e approvata (16 novembre 2004) dalla Comunità Europea con la seguente dichiarazione: “Inoltre, la Comunità dichiara di aver già adottato strumenti legali, obbligatori per I propri Stati Membri, riguardanti material governata da questa Convenzione, e sottoporrà e aggiornerà, a seconda delle necessità, una lista di tali strumenti legali alla Conferenza delle Parti in accordo con l’Articolo 15 della Convenzione. La Comunità è responsabile per l’osservanza di quelle obbligazioni risultanti dalla Convenzione che sono coperte dalla legge Comunitaria in vigore”.

Questo rilievo, unitamente alle infrazioni a Direttive e norme Comunitarie poste in evidenza dal punto successivo, prefigura per l’Italia uno stato di estrema arretratezza normativa in merito all’approccio al problema della gestione dei RSU, dando adito alla possibilità di ricorsi a livello europeo contro l’insediamento di mega impianti di gassificazione per il trattamento dei RSU. Tali ricorsi possono riguardare sia l’incompatibilità delle emissioni da tali impianti con le stringenti prescrizioni della normativa vigente e della Convenzione di Stoccolma (ancorché non ratificata dall’Italia) sia l’impropria assimilazione dei RSU a fonti rinnovabili che beneficiano di incentivi (CIP6) contestati più volte all’Italia dalla Commissione Europea anche attraverso procedure di infrazione.

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1.3

Il problema dei benefici ex CIP6

L’impianto proposto a Mediglia dalla MSE è, sulla base dei costi di investimento e dei costi operativi dichiarati, largamente antieconomico nel caso la MSE non fosse autorizzata ad usufruire degli incentivi CIP6 per la vendita dell’energia elettrica prodotta e dei relativi certificati verdi. Tali facilitazioni sono ammesse dalla legislazione vigente ma sono illegali alla luce delle disposizioni comunitarie

Osservazione n. 1.3 Si valuta che il Progetto presentato da MSE, nonostante l’omissione nella documentazione depositata del Piano Finanziario e del Flusso di Cassa ai fini della valutazione di economicità, possa garantire un ritorno economico accettabile (a fronte di un investimento per circa 260 milioni di euro) solo se potrà beneficiare del riconoscimento ex CIP-6 che è però ritenuto illegittimo dalla Commissione Europea per questo tipo di impianto. In assenza di tale beneficio, l’impianto di Mediglia potrebbe garantire un ritorno economico accettabile solo grazie all’incenerimento, la cui legittimità andrà valutata in sede opportuna, di quantitativi esorbitanti di rifiuti “pericolosi” (cfr. in particolare le osservazioni 3.2.3.2 3.2.3.5 e 3.2.3.6).

I costi dello smaltimento dei rifiuti tramite incenerimento sono indirettamente sostenuti dallo Stato sotto la forma di incentivi alla produzione di energia elettrica: infatti questa modalità di produzione era considerata (sebbene in violazione delle normative europee in materia), come da fonte rinnovabile (assimilata) alla stregua di idroelettrico, solare, eolico e geotermico.

1

1 Le modalità di finanziamento sono due, correlate ma diverse: pagamento maggiorato dell'elettricità prodotta per 8 anni (incentivi cosiddetti

.

CIP 6) e riconoscimento di "certificati verdi" che il gestore dell'impianto può rivendere (per 12 anni). Per quanto riguarda gli incentivi CIP 6 (circolare n° 6/1992 del Comitato Interministeriale Prezzi), chi gestisce l'inceneritore – per otto anni dalla sua costruzione – può vendere al GSE (la società cui è affidato il compito di assicurare la fornitura di energia elettrica italiana) la propria produzione elettrica a un costo circa triplo rispetto a quanto può fare chi produce elettricità usando metano, petrolio o carbone. I costi di tali incentivi ricadono sulle bollette degli utenti, che comprendono una tassa per il sostegno delle fonti rinnovabili1. Sempre il CIP 6 prevede inoltre che gli impianti incentivati godano di un innalzamento della tariffa riconosciuta dal GSE per compensare eventuali spese aggiuntive per l'attuazione del protocollo di Kyoto, annullando così del tutto i benefici della riduzione delle quote gratuite di emissione da 28 a 3,5 Mt/a di CO2 prevista dal Piano nazionale di assegnazione delle emissioni (Pna) 2008-2012, attualmente in fase di approvazione, e rischiando perciò di comprometterne l'intero impianto, giacché gli impianti CIP 6 sono il settore su cui si concentra la gran parte delle riduzioni. Per quanto riguarda i certificati verdi, si tratta di certificati che corrispondono ad una certa quantità di emissioni di CO2: se un impianto produce energia emettendo meno CO2 di quanto avrebbe fatto un impianto alimentato con fonti fossili (petrolio, gas, carbone ecc.) perché "da fonti rinnovabili", il gestore ottiene dei certificati verdi che può rivendere a industrie o attività che sono obbligate a produrre una quota di energia mediante fonti rinnovabili ma non lo fanno autonomamente.Il prezzo dei certificati verdi è stato pari a circa 125 €/MWh nel 2006.

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Infatti, secondo la normativa europea, solo la parte organica dei rifiuti potrebbe essere considerata rinnovabile; la restante parte può essere considerata esclusivamente una forma di smaltimento del rifiuto, escludendo esplicitamente la valenza di "recupero". Pertanto, la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione contro l'Italia per gli incentivi dati dal governo italiano per produrre energia bruciando rifiuti inorganici considerandoli "fonte rinnovabile". A tal proposito già nel 2003 il Commissario UE per i Trasporti e l'Energia, Loyola De Palacio, in risposta a una interrogazione dell'On. Monica Frassoni al Parlamento Europeo, ha ribadito l'opposizione dell'Unione Europea all'estensione del regime di sovvenzioni europee previsto dalla Direttiva 2001/77 per lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili all'incenerimento delle parti non biodegradabili dei rifiuti2

Il testo dibattuto ed approvato in Parlamento, per eliminare l'infrazione alle norme europee, escludeva tutte le fonti "«assimilate»" dagli incentivi alle rinnovabile, concedendo una deroga solo agli impianti «già in funzione», mentre il testo del «maxi-emendamento» approvato con la fiducia ha concesso una ulteriore deroga a tutti gli impianti anche solamente «autorizzati» senza che questa dicitura fosse stata concordata fra le parti. Per regolamentare la questione il 7 febbraio 2007 è stato presentato dal Consiglio dei Ministri un disegno di legge (n. 1347) passato all'esame delle Commissioni Industria e Ambiente del Senato e finalizzato a limitare gli incentivi «ai soli impianti realizzati e operativi» come originariamente previsto

.

Chi difende tale impostazione si richiama a una norma della direttiva comunitaria 2001/77/CE apparentemente in contraddizione con le direttive europee nel campo, la quale autorizza in deroga l'Italia a computare l'elettricità prodotta dalla quota non rinnovabile dei rifiuti nel totale dell'elettricità prodotta da fonti rinnovabili ai fini del raggiungimento dell'obiettivo del 25% di produzione rinnovabile nel 2010: proprio questa deroga nel 2006 è stata attaccata in sede di Parlamento europeo con l'emendamento (articolo 15 bis) alla legge Comunitaria 2006.

Eliminando gli incentivi agli inceneritori, si vuole ristabilire un equilibrio di trattamento tale da consentire la piena applicazione della strategia integrata di smaltimento dei rifiuti; a tale esigenza fa riscontro la necessità secondo alcuni di aumentare l'incenerimento in Italia.

2 Queste le affermazioni testuali del Commissario all'energia: «La Commissione conferma che, ai sensi della definizione dell'articolo 2, lettera b) della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità, la frazione non biodegradabile dei rifiuti non può essere considerata fonte di energia rinnovabile». Il fatto che una legge nazionale (v. art. 17, D. Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387.) includa, nell'atto di recepimento italiano della Direttiva 2001/77, i rifiuti tra le fonti energetiche ammesse a beneficiare del regime riservato alle fonti rinnovabili, ivi compresi i rifiuti non biodegradabili non elimina l'infrazione alla normativa europea, rendendola invece certa e palese.

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dalla finanziaria 2007. La norma è stata infine approvata nella finanziaria 2008 ma nei fatti rimessa ampiamente in discussione dal Decreto 113 del 30 giugno 2008 che riapre i termini delle autorizzazioni "in deroga".

Sono 129 gli impianti che attualmente beneficiano del CIP 6; per 29 il periodo di incentivazione è già scaduto. Gli impianti autorizzati ma non operativi sono 16, di cui 11 sono termovalorizzatori di rifiuti, tra cui gli inceneritori di Torino e di Roma, 4 impianti in Sicilia, 2 impianti in Campania (fra cui Acerra). In ogni caso, il totale degli incentivi CIP 6 erogati si ridurrà progressivamente fino a esaurirsi nel 2015, o al più tardi nel 2021. A seguito di ciò il costo dell'incenerimento dei rifiuti dovrebbe nel tempo aumentare di circa 50 €/t, facendo diventare decisamente più conveniente il riciclaggio, ma anche la discarica.

In definitiva: la Relazione del Progetto dichiara costi di gestione pari a 67,3 euro a tonnellata. Ma non mette a disposizione un vero business plan con relativo flusso di cassa per valutare la redditività ed il payout del progetto. In particolare non sono state quantificate le previsioni per le tariffe di conferimento che i proponenti chiederanno ai Comuni per poterne valutare la sostenibilità e l’opportunità a fronte di alternative come il recupero dei materiali (recycling).

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2. Il progetto “Mediglia per un’energia sostenibile” della MSE, ai fini dell’ottenimento dell’autorizzazione Regionale di VIA, è stato presentato come “il naturale completamento dell’impianto autorizzato (nel 2006), con la chiusura del ciclo di trattamento e recupero energetico degli RSU e della Frazione Residuale con una nuova unità di gassificazione” (pag. 4 della Premessa della Sintesi non Tecnica posta in inchiesta pubblica sul sito della Regione Lombardia). Tale affermazione induce a ritenere che la richiesta di costruzione di un gassificatore si aggiunga a un già approvato progetto di compostaggio che a sua volta rappresenterebbe un ampliamento di un impianto di tritovagliazione già operante da tempo sul sito di Bustighera di Mediglia. La realtà è molto diversa da quanto rappresentato dai documenti predisposti e depositati dalla MSE che forniscono una rappresentazione fuorviante dello stato dell’arte amministrativo, urbanistico e ambientale in virtù di rilevanti e numerosi errori, imprecisioni e omissioni i cui effetti vanno valutati singolarmente e nel loro complesso. A tal fine vale la seguente osservazione preliminare, sostanziata in dettaglio dalle osservazioni successive.

Osservazioni per aspetti amministrativi

Pertanto, dal punto di vista amministrativo il progetto “Mediglia per un’energia sostenibile” va considerato per quello che è, ossia un progetto che richiede la

Osservazione n. 2 Alla data odierna, e al contrario di quanto sostenuto da MSE in più punti della documentazione depositata, tutte le autorizzazioni concesse alla MSE per qualsivoglia attività in materia di gestione e trattamento dei RSU nel sito di Bustighera sono decadute per decorrenza dei termini o per inosservanza di prescrizioni vincolanti. Considerati tutti gli atti amministrativi disponibili, l’autorizzazione provvisoria all’impianto di tritovagliazione è stata revocata a seguito dell’incendio del 2007 e l’autorizzazione alla costruzione dell’ampliamento del compostaggio è ampiamente decaduta per decorrenza dei termini. Dal punto di vista “fisico”, l’attuale stato del sito consiste di un capannone inagibile a seguito dell’incendio e di un capannone di servizio inutilizzato. Il sito nella sostanza è fatiscente e abbandonato a se stesso.

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costruzione ex novo di un maxi impianto di ricezione, smaltimento, tritovagliazione, compostaggio e gassificazione dei rifiuti. Come tale va valutato in tutte le sue componenti, nessuna esclusa, che rappresentano singolarmente e nel loro complesso un nuovo insediamento, stante la nullità di tutte le implicazioni dirette e indirette degli atti precedenti riguardanti la discarica, il tritovagliazione e il compostaggio. Tali implicazioni sono state sistematicamente ignorate nei documenti predisposti dalla Mediglia Servizi Ecologici S.p.A. nella documentazione sottoposta per il progetto di gassificazione. A titolo di esempio si cita quanto riportato in merito alla destinazione urbanistica della metà dei mappali interessati dal progetto (pag. 15 della Relazione generale A01) laddove si sostiene che “L’autorizzazione rilasciata dalla Provincia di Milano con Autorizzazione Dirigenziale n.545/2006 del 19 dicembre 2006 ha automaticamente modificato la destinazione urbanistica da “zona agricola” a “zona produttiva” per i seguenti mappali: 20/16, 21/16, 68/16, 73/16,75/16”. Poiché l’Autorizzazione Dirigenziale n.545/2006 è DECADUTA, tale affermazione è FALSA. In definitiva il progetto presentato da MSE non ha titolo ad avvalersi di alcuni “benefici” su cui invece invoca pretese: dal supposto cambiamento di destinazione dei terreni interessati dal precedente progetto di compostaggio, al concetto di “estensione-completamento” di impianti da tempo in funzione (trito vagliatore) o già autorizzati (compostaggio). Limitatamente agli aspetti riguardanti l’iter amministrativo dei vari insediamenti succedutisi nel tempo nel sito di Bustighera, dall’iniziale discarica di emergenza, al trito vagliatore operante in regime provvisorio più volte prorogato, per terminare con l’attuale progetto di gassificazione, valgono le seguenti osservazioni specifiche: 2.1

Inesistenza delle attività di tritovagliazione e decadenza dell’autorizzazione a tale attività

L’impianto di tritovagliazione non esiste più a seguito dell’incendio che lo ha distrutto nel giugno del 2007. La verifica di stabilità del capannone adibito a deposito rifiuti (fax. N. 29390 del 26/06/07), eseguita dai VVFF di Milano a seguito

Osservazione n. 2.1 L’impianto di tritovagliazione oggi non esiste più in quanto non è stato mai ripristinato a seguito dell’incendio del giugno 2007 e l’autorizzazione provvisoria all’esercizio rilasciata a quello precedente è da ritenersi REVOCATA, sulla base della Comunicazione Dirigenziale n.259/2007 della Provincia di Milano.

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dell’incendio del luglio 2007 recita infatti che “si è evidenziato lo spostamento relativo tra la trave portante e il pilastro della terza campata a partire dall’entrata principale … provocato dalla demolizione della parete adiacente effettuata nel pomeriggio al fine di ottimizzare le operazioni di smussamento… al fine di permettere il proseguimento delle operazioni di asportazione dei rifiuti, si è provveduto a far accedere i mezzi dal lato opposto del capannone”. Tale impianto era nato e lavorava in regime provvisorio (Autorizzazione provvisoria all’esercizio delle operazioni di tritovagliatura con Decreto n.6/45387 del 10 gennaio 1999 della Giunta della Regione Lombardia) su un sito in precedenza adibito a discarica rifiuti, anche questo sorto in regime provvisorio a seguito delle ordinanze n. 40 e 41 del 12 e 21 maggio 1997 emesse dal Sindaco di Mediglia per “occupazione di emergenza” del sito. Avverso tali ordinanze era stato a suo tempo presentato ricorso al TAR in data 23 giugno 2006 da due consiglieri comunali di Mediglia. L’impianto di tritovagliazione aveva già beneficiato di numerose proroghe, l’ultima delle quali, la Disposizione Dirigenziale n. 56/2006 del 30 gennaio 2006 della Provincia di Milano, è stata sospesa a seguito dell’incendio in virtù della Disposizione Dirigenziale n. 259/2007 del 26 giugno 2007. La disposizione Dirigenziale 259/2007 dispone infatti “l’immediata sospensione dell’autorizzazione dirigenziale n.56/2006 del 31 dicembre 2006 .. omissis .. fino a che non saranno ripristinate le normali condizioni di operatività”. Dispone inoltre “l’obbligo di presentare alla Provincia di Milano entro tre giorni dalla notifica del presente provvedimento un piano contenente le azioni, i relativi tempi di realizzazione che la ditta dovrà intraprendere per lo svuotamento del capannone fino al completo raggiungimento delle normali condizioni operative”. Tali condizioni operative non sono state mai ripristinate in quanto l’impianto non è stato riparato e dal luglio 2007 non è più entrato in funzione. A tale proposito va rilevato che la documentazione fotografica presentata dalla Mediglia Servizi Ecologici S.p.A. in allegato al Progetto di Gassificazione non consente una piena comprensione dell’attuale stato di degrado e di abbandono del capannone sopravvissuto all’incendio, mentre i “coni di vista” sono stati accuratamente scelti per nascondere la prossimità del centro abitato di Bustighera (cfr. Allegato 2 ‘fotografico’ allo Studio di Impatto Ambientale e successiva osservazione 2.3.4.1.4). Pertanto è da ritenersi operativa la disposizione contenuta nella medesima disposizione n.259/2007 che recita “si fa presente che la mancata osservanza del

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presente provvedimento comporterà ai sensi dell’art. 208 comma 20 del D.L.vo 152/06 la revoca dell’autorizzazione”. Va infine sottolineato che il Piano Provinciale dei Rifiuti riapprovato nel novembre 2008 a seguito del recepimento di alcune indicazioni fornite dalla Regione Lombardia e recentemente approvato in sede Regionale, è viziato da un errore materiale in quanto l’impianto di tritovagliazione continua a essere erroneamente indicato in più punti del testo (errore presente anche nel Piano del 2007) come impianto in attività. Ad esempio, il testo recita infatti che (punto 3.4 a pag. 11) “Nel territorio provinciale risultano attualmente attivi i seguenti impianti … omissis … impianto Mediglia Servizi Ecologici (Mediglia), di triturazione, selezione, trasbordo (99.000 t/a triturazione rifiuto indifferenziato; 9.900 t/a triturazione e vagliatura indifferenz.)”. Si rileva anche che il Piano del 2007 è stato approvato in sede Provinciale DOPO la promulgazione della citata disposizione dirigenziale n. 259/2007 e DOPO l’avvenuta decadenza dell’autorizzazione alla trito vagliatura. 2.2

Decadenza dell’autorizzazione alla costruzione dell’impianto di compostaggio

La Provincia di Milano, viste le risultanze della Conferenza dei Servizi definitiva del 20 novembre 2006 e visto il Decreto 636 della Regione Lombardia, ha autorizzato il

Osservazione n. 2.2 L’autorizzazione 545/2006 citata a pagina 4 nella Premessa della Sintesi non Tecnica per la procedura di VIA per il gassificatore è decaduta per decorrenza dei termini. Pertanto MSE non può più avviare la costruzione dell’impianto di compostaggio e tanto meno avanzare rivendicazioni, ai fini dell’autorizzazione del progetto di gassificazione, su eventuali benefici diretti e/o indiretti che da tale iter autorizzativo discendevano, inclusi quelli ex Decreto 636/2006 della Regione Lombardia.

La Regione Lombardia con il Decreto 636 del 23 gennaio 2006 ha decretato “giudizio positivo, previa ottemperanza a una serie di condizioni riportate nel Decreto medesimo, circa la compatibilità ambientale del progetto ‘ Realizzazione ed esercizio impianto di trattamento e valorizzazione degli RSU, della frazione secca residuale e compostaggio della frazione organica’ sito nel Comune di Mediglia”.

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Progetto con l’Autorizzazione Dirigenziale n. 545/2006 del 19 dicembre 2006, alle condizioni richiamate nell’Autorizzazione medesima. La condizione n. 3 dell’Autorizzazione di cui al precedente capoverso, recita che “il presente provvedimento decade automaticamente qualora l’impresa autorizzata non inizi i lavori entro un anno dalla data di approvazione del provvedimento stesso e non completi la realizzazione dell’impianto o sue parti funzionali entro tre anni dalla medesima data”. Su tali basi l’autorizzazione all’ampliamento dell’impianto di tritovagliazione mediante costruzione di un impianto di compostaggio è ampiamente decaduta per decorrenza dei termini. Il Piano Provinciale dei Rifiuti riapprovato nel novembre 2008 a seguito del recepimento della quasi totalità delle numerose indicazioni, pure in sè non vincolanti, fornite dalla Regione Lombardia e recentemente approvato in sede Regionale in via definitiva, riporta due fatti rilevanti:

• L’impianto di compostaggio di Mediglia rimane un impianto solo “possibile”, quindi non “certo” e tantomeno “già autorizzato”.

• L’impianto di tritovagliazione continua a essere erroneamente indicato in più punti del testo (errore presente anche nel Piano del 2007) come impianto in attività. Ad esempio, il testo recita infatti che (punto 3.4 a pag. 11) “Nel territorio provinciale risultano attualmente attivi i seguenti impianti … omissis … impianto Mediglia Servizi Ecologici (Mediglia), di triturazione, selezione, trasbordo (99.000 t/a triturazione rifiuto indifferenziato; 9.900 t/a triturazione e vagliatura indifferenz.)”

In definitiva, è da ritenersi quanto meno fuorviante quanto sostenuto nella citata Sintesi non Tecnica, ossia che “la Mediglia Servizi Ecologici S.p.A. ha presentato un progetto per un impianto di trattamento meccanico/biologico degli RSU e della Frazione Residuale e per il compostaggio della FORSU e del verde da R.D. (TBM) che è stato approvato dalla Provincia di Milano con Autorizzazione Dirigenziale n. 545/2006 del 19 dicembre 2006 (a seguito di giudizio di compatibilità ambientale positivo espresso dalla Regione Lombardia – Direzione Generale Territorio e Urbanistica con Decreto n. 636 del 23/01/2006)”. 2.3

Incompatibilità del Progetto MSE verso il Piano Provinciale dei Rifiuti (PPR) e verso il Piano Generale Regolatore e il Rapporto Ambientale del Comune di Mediglia

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Osservazione n. 2.3 Non sussistevano in precedenza e non sussistono ad oggi i presupposti per autorizzare la costruzione né dell’impianto di tritovagliazione né di quello di compostaggio e che quindi, “a fortiori”, non sussistono le condizioni per l’autorizzazione dell’impianto di tritovagliatura-compostaggio-gassificazione ora proposto da MSE. e

1. “… omissis … precisando che, per le aree non ricomprese nel comune capoluogo rimangono inalterati i criteri individuati come escludenti nel sistema delle aree protette indicate nel PPGR adottato in data 05/07/2007”.

Osservazione n. 2.3bis Un non auspicato parere favorevole a livello di Regione Lombardia che imponesse per Decreto l’approvazione della VIA al progetto della MSE, determinerebbe direttamente o indirettamente (richiedendo l’approvazione di appositi atti a vari livelli) un numero esorbitante di varianti e deroghe alla quasi totalità degli atti amministrativi che trattano problematiche relative ai RSU a livello di Provincia di Milano, Ente Parco Agricolo Sud Milano e Comune di Mediglia. Non va infatti sottovalutato che un non auspicato parere favorevole a livello di Regione Lombardia che imponesse per Decreto l’approvazione della VIA al progetto della MSE, determinerebbe direttamente o indirettamente (richiedendo l’approvazione di appositi atti a vari livelli) un numero esorbitante di varianti e deroghe alla quasi totalità degli atti amministrativi che trattano problematiche relative ai RSU a livello di Provincia di Milano, Ente Parco Agricolo Sud Milano e Comune di Mediglia (cfr. osservazioni n. 2.3 e sgg.) Come si è già detto, in data 3 novembre 2008 il Consiglio Provinciale di Milano ha approvato la “Proposta di riadozione del Piano provinciale per la gestione dei rifiuti ai sensi dell’art.2, comma 6, della L.R. 26/2003 e della D.G.R. 6950 del 02.04.08”. La proposta è stata approvata con l’assenza di 17 consiglieri (tra cui il Presidente Penati) e con il voto favorevole, sui 29 presenti, di diciassette consiglieri, tre contrari e nove astenuti. Ai fini delle valutazioni riportate nel seguito fanno fede i contenuti della Delibera sopracitata laddove recita che:

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2. “… omissis … e ribadisce che i criteri di localizzazione debbono tener conto del regime vincolistico previsto dal PTC del Parco Agricolo Sud Milano,…”

I rilievi, le precisazioni, correzioni e integrazioni proposte dagli scriventi ai fini del processo di inchiesta pubblica in corso, sono posti a confronto con quanto prescritto/indicato da:

• i criteri escludenti o comunque critici ai fini della localizzazione riportati nel PPGR del luglio 2007;

• la scheda dedicata all’impianto di compostaggio di Mediglia dal PPGR del 2007;

• il PRG del Comune di Mediglia “Norme tecniche di Attuazione” del 1988 con le modifiche del 10/7/2008 e del 18/9/2008;

• il Rapporto Ambientale del Comune di Mediglia del dicembre 2008; • il PTC del Parco Agricolo Sud Milano; • le dichiarazioni della MSE S.p.A. nei documenti sottoposti per

l’autorizzazione di VIA. Si ricorda che la scheda dedicata all’impianto di compostaggio autorizzato nel 2006 (autorizzazione oggi decaduta per decorrenza dei termini) inclusa nel PPGR del luglio 2007 già prefigurava una situazione ben oltre il limite ai fini della esclusione del sito per la presenza di molti criteri “penalizzanti”. Tuttavia, tale elaborato, come si dimostrerà nel seguito, si basava su una serie di dati errati (es. distanza dal centro abitato di Bustighera), su alcune omissioni rilevanti e su alcune interpretazioni tra l’arbitrario e il benevolo di altri fattori che non mettevano in luce la sussistenza di rilevanti criteri escludenti. In altre parole in questa sede si sostiene che, in virtù dell’omissione dei vincoli escludenti e della non corretta valutazione complessiva dell’impatto dei vincoli penalizzanti, non sussistevano e non sussistono ad oggi i presupposti per autorizzare la costruzione né dell’impianto di tritovagliazione né di quello di compostaggio e che quindi, “a fortiori”, non sussistono le condizioni per l’autorizzazione dell’impianto di tritovagliatura-compostaggio-gassificazione ora proposto. Ciò vale, in virtù di quanto detto, sia per l’impianto nel suo complesso come oggi proposto, sia, in eventuale subordine, in riferimento alle singole componenti “gassificatore”, “compostaggio”, “tritovagliatore” e “discarica”, in ordine decrescente di importanza. Si rammenta a tal proposito che sono infatti decadute, oltre all’autorizzazione alla costruzione del compostaggio anche quelle relative all’esercizio del tritovagliatore e all’uso del sito come discarica.

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Numerosi atti amministrativi attinenti lo sviluppo sul sito in oggetto dall’iniziale discarica di emergenza, all’impianto di tritovagliazione, alla richiesta di compostaggio e oggi di gassificazione, hanno ignorato, nonostante le numerose osservazioni, comunicazioni e segnalazioni sottoposte in fase di inchiesta pubblica, di Conferenza dei Servizi e con comunicazioni private (rivolte alla Regione Lombardia, alla Provincia di Milano, all’Ente di Gestione del Parco Agricolo Sud Milano e al Comune di Mediglia) la sussistenza di criteri escludenti “fatali” ai fini autorizzativi. A supporto di quanto sin qui detto si espongono le seguenti osservazioni di dettaglio. 2.3.1

Incompatibilità del Progetto della MSE verso le Linee Guida per la localizzazione di attività di trattamento e smaltimento rifiuti, autodemolizioni, centri per il riciclaggio, deposito e vagliatura inerti, ecc. per aree comprese all’interno del perimetro del Parco Agricolo Sud Milano (D.C.D. n. 29/2005 del 27 settembre 2007)

a) l’impianto deve essere previsto nel PRGR e nel PPGR;

Osservazione n. 2.3.1 Il Progetto della MSE non supera il blocco posto dai tre criteri preliminari, ciascuno singolarmente con valore escludente, indicati dal PPGR: a) inclusione preventiva dell’impianto nel PRGR e nel PPGR, b) consenso dell’Amministrazione Locale e, c) interventi di mitigazione/ compensazione ambientali adeguati. In via preliminare si rileva che (PPGR pag. 337) “la realizzazione di tali impianti è comunque consentita alle condizioni previste dalla Linee Guida precedentemente citate al punto c) Nuove attività; in particolare:

b) l’impianto deve avere il consenso dell’Amministrazione locale (Accordo di programma) c) l’impianto deve prevedere forme di mitigazione/compensazione ambientali anche aggiuntive a quelle indicate negli studi di impatto ambientale eventualmente dovuti.” Tali condizioni sono singolarmente escludenti anche alla luce di quanto esposto immediatamente nel seguito ove si recita che:

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d) “la presenza di tali aree nei ‘Territori di collegamento tra città e campagna’ (art. 27 NTA PTC) nei ‘territori agricoli della cintura metropolitana’ (art. 25 NTA PTC) è invece da considerare un fattore penalizzante per tutte le tipologie impiantistiche”. I criteri escludenti a), b) e c) sopra riportati, individualmente e nel loro complesso, costituiscono condizione di esclusione irrevocabile del sito indicato dal progetto della MSE per Mediglia in quanto: a) l’impianto non è previsto nel PRGR e nel PPGR, b) l’impianto non ha il consenso dell’Amministrazione di Mediglia per deliberazione del Consiglio Comunale, per le dichiarazioni rese dal Sindaco Andena e per la sussistenza di fatali vincoli escludenti (l’impianto ricadrebbe ALL’INTERNO del centro abitato di Bustighera così come delimitato dalla segnaletica stradale e a 70 metri dai confini della prima abitazione del centro abitato) e, c) non sarà possibile prevedere forme ulteriori di mitigazione/compensazione ambientale in quanto la relazione pro VIA già riconosce che la specchiatura della recinzione è l’ultima ratio possibile per mancanza di alternative stante la vicinanza delle abitazioni e la prossimità della Provinciale Cerca (parallela al perimetro dell’impianto). In relazione al fattore penalizzante d) sopra riportato si rileva che la SP 39 Cerca è una fondamentale arteria di collegamento tra città e campagna e che la strada Comunale “Floriana” che dalla Provinciale Cerca conduce a Bustighera è una frequentatissima strada di collegamento tra la SP 39 Cerca e la SP 159 Bettola-Sordio. Tanto è vero che, a fronte del mancato rispetto del divieto di transito per i non residenti in determinate fasce orarie, l’Amministrazione ha recentemente programmato l’installazione di videocamere per la rilevazione delle infrazioni (cfr. dichiarazioni alla stampa del vicesindaco Bianchi). 2.3.2

Incompatibilità del Progetto della MSE rispetto a numerosi criteri escludenti ai fini della macrolocalizzazione

Nel seguito, oltre a dimostrare in modo inequivocabile che al progetto in oggetto si applica in modo “fatale”, ai fini dell’autorizzazione di VIA, il criterio escludente di micro localizzazione “tutela della popolazione” (distanze), si muovono anche numerosi rilievi di inesattezze e/o omissioni (ai fini dell’applicabilità di criteri escludenti la macro e micro localizzazione) nelle varie classificazioni del territorio interessato dal progetto indicate a vari scopi dalle tavole del PTCP, dalle mappe riportate a pgg. 359-365 della Relazione di Piano del PPGR (del tutto inutilizzabili ai

Osservazione n. 2.3.2 Il Progetto della MSE è incompatibile con le prescrizioni di numerosi criteri escludenti indicati dal PPGR (cfr. PPGR pagg. 350 sgg.)

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fini analitici), nonché dai dettagli desumibili dalle mappe medesime disponibili su Internet. (http://ambiente.provincia.milano.it/sia/ot/parcosud/cartografia/cartografia_3.asp?rif1=psud&rif2=x&idrf=1925). 2.3.2.1

Protezione di beni storici e risorse naturali

2.3.2.1.1

Osservazione n. 2.3.2.1 Il Progetto della MSE è incompatibile con l’applicazione dei vincoli escludenti riguardanti la protezione di beni storci e risorse naturali (cfr. PPGR pagg. 350 sgg.) per l’adiacenza di aree protette, bellezze d’insieme, zone umide, ambiti di rilevanza naturalistica e paesistico-fluviale. Cfr. Punti successivi.

Sistema delle aree protette

Osservazione n. 2.3.2.1.1 L’area interessata dal Progetto e/o sue immediate adiacenze includono zone indicate dal Sistema delle aree protette

2.3.2.1.2

(D.Lgs. 394/91, Art. 11 comma 3 lettera b, L.R. n. 86/1983 3 e NTA del PTC del Parco Agricolo Sud Milano). In particolare la presenza del Parco dell’Addetta esteso sui Comuni di Mediglia, Tribiano e Culturano, attraversato dal colatore omonimo. La zona interessata dal progetto e sue immediate adiacenze, includono tipologie di aree individuate dagli articoli da 28 a 40 del PCT (riserve naturali, interesse naturalistico, corsi d’acqua, nuclei rurali di interesse paesistico, etc.) che sono indicati come fattori escludenti per tutte le tipologie di impianti (PPGR pag. 337). In particolare si osserva la presenza del Parco dell’Addetta di estensione intercomunale (Mediglia, Tribiano, Culturano), attraversato dal colatore Addetta e individuato sia come area di rilevanza paesistica (art. 31), ma con caratteristiche eco ambientali nei fatti ben più rinomate e tali da essere incluso nel sistema delle aree protette.

Bellezze d’insieme

Osservazione n. 2.3.2.1.2

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All’area interessata dal Progetto e/o sue immediate adiacenze sono applicabili le prescrizioni valide per le bellezze d’insieme (ex D.Lgsl. 42/04, art. 136). La Relazione Generale di SIA della MSE riporta che (pag. 25) “nel raggio di circa due chilometri si rilevano centri storici e nuclei di antica formazione, nonché insediamenti rurali di rilevanza paesistica (art. 58)”, senza ulteriori commenti. Si osserva che nel Comune di Mediglia sono presenti i seguenti siti: • “Architettura religiosa (art.39)”

: due Chiese a Caluzzano distanti circa 500 m dal perimetro dell’impianto, una Chiesa a Bustighera a circa 500 metri, una Chiesa in località Zoate (Golf Club) a circa 500 metri. Nel raggio di due chilometri sono rilevabili numerosi altri siti di questo tipo appartenenti a Comuni di Mediglia (inclusa la Chiesa di Santo Stefano nella frazione Triginto di Mediglia), Tribiano e Caluzzano. “Insediamenti rurali di rilevanza paesistica (art.39)”:

un sito in Caluzzano a circa 500 metri, un sito in località Zoate nel Comune di Tribiano a 500 metri, la Cascina Canova a circa un chilometro, la Cascina Crocefisso a 900 metri, e numerosi altri siti. Si sottolinea in particolare che il sito di Caluzzano è classificato anche come “centro storico e nucleo di antica formazione (art. 36)” , collocato in un’area di “rilevanza paesistica (art.31)”. “Architettura civile residenziale (art.39)”

: cascina “Lovati” in località Bustighera a 200 metri, soggetta peraltro a vincolo della Sopraintendenza alle Belle Arti per il pregio artistico di una serie di componenti architettonici, inclusa una storica scalinata in marmo.

2.3.2.1.3

Zone umide

Osservazione n. 2.3.2.1.3 All’area interessata dal Progetto e/o sue immediate adiacenze è applicabile il vincolo “zone umide” ex PTCP art. 66. La Relazione di SIA ignora che l’intera area su cui insisterebbe l’impianto fa parte di un ecosistema caratterizzato da una falda acquifera di altezza variabile e comunque largamente inferiore ai 5 metri dalla superficie, da una fitta rete di canali anche irrigui, da una pratica agricola di frequenti esondazioni a scopo irriguo stante l’elevata fertilità del terreno. Il terreno si presta particolarmente a tale pratica stante anche la sua derivazione storica di utilizzo come risaia.

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Tutto ciò conferisce alla zona una rilevante caratteristica di umidità, particolarmente evidente nel periodo autunnale ed in corrispondenza delle irrigazioni a scopo agricolo. 2.3.2.1.4

Ambiti di rilevanza naturalistica

2.3.2.1.5

Osservazione n. 2.3.2.1.4 All’area interessata dal Progetto e/o sue immediate adiacenze sono applicabili le prescrizioni valide per gli ambiti di rilevanza naturalistica (PTCP Art.32, Comma 3 lettera b) Nelle immediate vicinanze del sito sono presenti numerosi filari rilevati dalle mappe del PTCP.

Ambiti di rilevanza paesistico-fluviale

Osservazione n. 2.3.2.1.5 All’area interessata dal Progetto e/o sue immediate adiacenze sono applicabili le prescrizioni valide per gli ambiti di rilevanza paesistico-fluviale (PTCP Art.31, Comma 3, lettera b) La Relazione Generale della MSE (pag. 25) indica che “il tracciato della SP 39 Cerca separa, nella porzione sud-orientale, l’area d’intervento da un ambito di rilevanza paesistico-fluviale corrispondente al colatore Addetta ubicato interamente nel comune di Tribiano.” Si osserva in primo luogo che il territorio del Comune di Mediglia di estende anche al di la della SP 39 Cerca e che detta estensione include parte del colatore Addetta e i suoi affluenti. Si segnala altresì, che pur essendo detto colatore Addetta, esterno al perimetro dell’area del progetto, una serie di canali che cadono sul perimetro medesimo confluiscono nel colatore Addetta. Si sostiene in definitiva l’applicabilità di questo criterio escludente in ragione della fitta rete idrica che interessa la conformazione del territorio interessato dall’impianto e delle sue adiacenze con aree soggette al vincolo medesimo.

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2.3.2.2

Previsioni degli strumenti urbanistici Comunali

2.3.2.2.1

Osservazione n. 2.3.2.2 Il Progetto della MSE è incompatibile con l’applicazione dei vincoli escludenti riguardanyi l’applicazione di quanto previsto dagli strumenti urbanistici del Comune di Mediglia,tsegnatamente il PRG e il Rapporto Ambientale, con particolare riferimento alla destinazione d’uso delle aree interessate dal progetto e limiti delle emissioni in atmosfera qui analizzati. Si è omesso per brevità di riportare osservazioni su ulteriori problematiche quali inquinamento acustico ed elettromagnetico per le quali non è difficile riscontrare l’applicabilità di rilievi analoghi a quelli qui esposti. Per le valutazioni seguenti si fa riferimento al PRG e al Rapporto Ambientale del Comune di Mediglia.

Destinazione d’uso delle aree interessate dal progetto

Osservazione n. 2.3.2.2.1 Le aree interessate dal Progetto sono destinate in larghissima parte dal PRG ad uso agricolo, non suscettibile di modificazioni, contrariamente a quanto sostenuto dalla documentazione depositata da MSE.

Lo Studio di Impatto Ambientale predisposto da MSE si limita a dire che “L’area oggetto di progettazione viene identificata in parte come “area industriale” ed in parte come “area agricola”. L’area a destinazione agricola rientra nel territorio normato dal PTC del Parco Agricolo Sud Milano (vedi paragrafo 2.6)”. Come riportato a pag. 15 della Relazione Generale al progetto tecnico, “sulla base delle mappe catastali dell’Ufficio del Territorio di Milano, inerenti al Comune di Mediglia (foglio 16) risultano interessati dall’intervento i seguenti mappali: n.20/16; n.21/16; n.30/16; n.31/16; n.49/16; n.68/16; n.73/16; n.75/16; parte del n.36/16 (identificato come 36b); parte del n.74/16 (identificato come 74/b); parte del n.76/16 (identificato come 76/b).” Si dice inoltre che “l’estratto del PRG del Comune di Mediglia prevede una destinazione urbanistica a “zona produttiva” per i mappali 30/16; 31/16 e 49/16 mentre prevede una destinazione a “zona agricola” per tutti gli altri.”

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Con la chiosa finale che “l’autorizzazione rilasciata dalla Provincia di Milano con Autorizzazione Dirigenziale n. 545/2006 del 19 dicembre 2006 ha automaticamente modificato la destinazione urbanistica da “zona agricola” a “zona produttiva” per i seguenti mappali: 20/16, 21/16, 68/16, 73/16, 75/16.” Tutte le affermazioni precedenti sono vere, ad eccezione dell’ultima che è FALSA. L’Autorizzazione Dirigenziale in oggetto non avrebbe potuto avere la forza di modificare la destinazione d’uso, per la quale sarebbe stato necessaria una deliberazione del Comune di Mediglia e dell’Ente Parco Agricolo Sud Milano, previo avallo della Provincia. In ogni modo, come già più volte ripetuto, tale autorizzazione è decaduta per decorrenza dei termini e quindi sarebbero decaduti anche le eventuali supposte modificazioni della destinazione d’uso. Pertanto è fuorviante l’affermazione che “L’area oggetto di progettazione viene identificata in parte come “area industriale” ed in parte come “area agricola”, in quanto solo tre mappali su 11 hanno la destinazione di “area produttiva”, trattandosi peraltro di mappali la cui superficie rappresenta solo il 15% dell’area che verrebbe interessata dall’intero progetto. Tutto ciò premesso, nel seguito si riportano le prescrizioni del PRG e del Documento di VAS del Comune di Mediglia che hanno invece effetto di vincoli escludenti l’ipotesi di progetto in esame. Si ricorda che tali vincoli hanno la precedenza rispetto a qualsivoglia deliberazione a livello Regionale, Provinciale e di Ente di gestione del Parco Agricolo Sud Milano i cui eventuali atti autorizzativi non determinerebbero, in nessun caso, condizioni di “deroga” rispetto a quanto stabilito dal PRG e dal Documento VAS del Comune di Mediglia: • le aree cui si riferiscono i mappali sopra indicati che hanno destinazione agricola (tutti, esclusi il 30/16, 31/16 e 49/16) rientrano, secondo l’Art. 21 del PRG nelle “Zone agricole (E)”. • Per tali zone lo stesso Art. 21 “Definizioni e destinazioni d’uso” dice che “trattasi di aree già in atto prevalentemente destinate alla produzione agricola e che si ritiene debbano mantenere od acquisire tale funzione”, e che “nell’ambito di tali aree ricadono alcune cascine che presentano rilevante valore storico-ambientale e per le quali vengono conseguentemente dettate le seguenti prescrizioni particolari”. • Pur non insistendo cascine sui mappali interessati dal progetto , si segnala che tra le cascine segnalate dallo stesso Art. 21, alcune si trovano nelle immediate

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vicinanze: cascina Villazurli (1.000 m), cascina Bustighera-Tadini (500 m) e cascina Caluzzano (300 m). • L’art 21 del PRG esclude categoricamente per tali aree sia variazioni d’uso sia, a maggior ragione, insediamenti industriali del tipo proposto.

o “oltre ai locali destinati alle attività manifatturiere vere e proprie sono ammessi magazzini, depositi, laboratori di ricerca ed uffici, tutti funzionali all’esercizio delle suddette attività,

Osservazione n. 2.3.2.2.1.bis Il PRG del Comune di Mediglia prescrive in ogni caso che su aree classificate come “zone produttive” è severamente proibito l’installazione di industrie insalubri di prima classe ex Decreto Ministero della Salute del 5 settembre 2004. Si ricorda che tale Decreto stabilisce che non solo un gassificatore, ma qualunque impianto destinato al trattamento di RSU, ivi inclusi impianti di compostaggio e di tritovagliazione, sono industrie insalubri di prima classe. Infine, le caratteristiche dell’impianto violano tutti gli indici e le prescrizioni tipologiche del PRG del Comune di Mediglia. Infatti, ove mai venisse approvata una variante della destinazione d’uso da “Zona Agricola (E) a “Zona Produttiva”, si applicherebbero le prescrizioni dell’Art. 19 del medesimo PRG. In particolare:

e che comunque non debbono interessare più del 60% della superficie utile lorda

. Nel caso in oggetto la superficie interessata sarebbe superiore 80%.

o

E’ vietato l’insediamento di nuove industrie insalubri di prima classe. In base al contenuto del Decreto Ministeriale (Ministero della Salute) del 5 settembre 1994 “Elenco delle industrie insalubri di cui all’Art. 216 del testo unico delle leggi sanitarie”, il gassificatore in oggetto è una industria insalubre di prima classe (Parte I del Decreto):

per tipologia di impianto (Parte I-Sezione C):

è assimilabile almeno a una centrale termoelettrica e/o a un inceneritore.

o Per tipologia di materiali prodotti e/o utilizzati e/o stoccati:

“Sostanze chimiche” (Parte I-Sezione A): tra gli altri, come da Relazione Tecnica, Alluminio, Alogeno-derivati organici, Ammoniaca, gas tossici come da Regio Decreto 9 gennaio 1927 n.147, Mercurio, Zolfo, nonché numerosi altri metalli contenuti nei fanghi e altri residui della lavorazione.

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o “Prodotti e materiali” (Parte I-Sezione B):

o Le caratteristiche del progetto violerebbero gli indici e le prescrizioni tipologiche (pag. 53 del PRG), che prevedono i seguenti limiti massimi:

aggressivi chimici, agglomerati di combustibili in genere, catalizzatori, concimi, gas povero, metalli, rifiuti solidi e liquami, rifiuti tossici e nocivi di cui al DPR 915/82.

Ut = 0,7 mq/mq Uf = 0,8 mq/mq Pp = 20% della Sip Rc = max 60% della Sf Distanza tra gli edifici: • minimo m.10 tra fronti finestrate • minimo m. 6 tra fronti ciechi 2.3.2.2.2

Aria

Osservazione n. 2.3.2.2.2 La documentazione depositata da MSE rappresenta un quadro fuorviante e molto peggiore della realtà per l’attuale situazione di inquinamento dell’aria nella zona dell’impianto allo scopo di minimizzare l’evidenza degli impatti del nuovo insediamento. (rif. Piano di Risanamento della qualità dell’aria, Relazione sullo Stato dell’Ambiente 2005, Rapporto di Sostenibilità 2007, Relazione Galileo Ambiente snc – Mediglia 2000). Il Documento di VAS del Comune di Mediglia indica che “la fonte primaria di emissioni in atmosfera a Mediglia è costituita dal traffico veicolare, in ragione anche della presenza di una serie di arterie stradali molto trafficate”. Come indicato a pag. 43 della Sintesi non Tecnica del SIA della MSE S.p.A. le emissioni PM10 dell’Area di Studio (17 comuni – 10 x 10 km) è di 353 tonnellate all’anno, per il Comune di Mediglia di 27 tonnellate all’anno e per la SP39 Cerca di 11 tonnellate all’anno. Il terzo dato relativo alla SP 39 Cerca è contraddetto dalla fig.1 riportata nel Documento di VAS del Comune di Mediglia che indica emissioni per 0,1-0,5 tonnellate all’anno, che in prossimità del sito dell’impianto raggiungono le 0,5-1,0 tonnellate all’anno.

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Volumi di traffico dell’ordine di grandezza di quelli indotti dal progetto in esame (cfr. punto….), in ogni ragionevole ipotesi di incremento del traffico di veicoli pesanti funzionali all’impianto, determinerebbero sulla SP 39 Cerca livelli di emissioni di PM10 del tutto abnormi rispetto all’attuale configurazione ambientale del territorio. Su tali basi tutte le stime riportate a pag. 43 della Sintesi Tecnica del SIA della MSE S.p.A. in merito alle trascurabili emissioni previste, sono da ritenersi irrealistiche. Le considerazioni sopra esposte in merito alle emissioni di PM10 si applicano infatti, a titolo di controprova, alle emissioni di NOx, per le quali si riporta nel seguito la figura estratta dal Documento di VAS del Comune di Mediglia.

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Il SIA della MSE S.p.A. indica (pag.43) emissioni di NOx sulla SP 39 Cerca pari a 155 tonnellate all’anno, a fronte delle 0-10 tonnellate all’anno indicate dalla figura precedente (10-20 tonnellate all’anno in corrispondenza del sito). In definitiva l’affermazione riportata a pag. 43 della SIA in esame “i valori attesi delle emissioni dell’impianto sono invece largamente inferiori alle emissioni esistenti, anche di più di un ordine di grandezza”, non solo è falsa, ma è falsa “anche di più di un ordine di grandezza”.

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2.3.3

Incompatibilità del Progetto della MSE rispetto ai criteri escludenti ai fini della microlocalizzazione

2.3.3.1

Osservazione n. 2.3.3 Il Progetto della MSE è incompatibile con le prescrizioni di numerosi criterie scludenti ai fini della micro localizzazione indicati dal PPGR (cfr. PPGR pagg. 350 sgg.)

Tutela della popolazione

2.3.3.1.1

Osservazione n. 2.3.3.1 Il Progetto della MSE è incompatibile con l’applicazione dei vincoli escludenti ai fini della microlocalizzazione riguardanti la tutela della popolazione

Distanza da funzioni sensibili (strutture scolastiche, asili, ospedali, case di riposo

Osservazione n. 2.3.3.1.1 Il confine dell’area del progetto si trova a meno di 700 metri dal complesso scolastico di Bustighera a fronte di un criterio escludente che prevede una distanza minima superiore ai 1.000 metri. Il PPGR recita che “Per quanto riguarda i nuovi impianti, allo scopo di prevenire situazioni di compromissione della sicurezza delle abitazioni o di grave disagio degli abitanti sia in fase di esercizio regolare che in caso di incidenti è fissata una distanza minima tra l’area dove vengono effettivamente svolte le operazioni di smaltimento e/o recupero, indipendentemente dalla presenza di eventuali opere di mitigazione previste in progetto e le funzioni sensibili (strutture scolastiche, asili, ospedali, case di riposo) prossime all’area stessa. Le distanze si intendono misurate dalla recinzione dell’impianto.” (pag. 340 del PPGR).

Criterio escludente (pag. 366 del PPGR): “Per tutti gli impianti per i quali è applicabile questo criterio la distanza da considerare è pari a 1.000 m. Per le stazioni di trasferimento, le piattaforme e gli impianti di compost verde tale distanza potrà essere

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ridotta in funzione delle caratteristiche locali previa verifica da condurre in fase autorizzativa.” “Tutti gli impianti” significa tutti gli impianti classificati da A ad F, ossia (pag. 366 PPGR):

A. discariche di rifiuti inerti, non pericolosi o pericolosi B. impianti per il trattamento termico dei rifiuti urbani, speciali pericolosi e

non pericolosi C. impianti di trattamento chimico-fisico, impianti di inertizzazione o altri

trattamenti specifici, impianti di trattamento degli inerti, impianti di cdr e selezione/stabilizzazione

D. impianti di compostaggio (di RSU) E. stazioni di trasferimento, piattaforme F. impianti di compost verde

La distanza dalla recinzione dell’impianto al Plesso Scolastico di Bustighera è di 700 metri (cfr. misura su foto satellitare nel seguito). La documentazione prodotta da MSE S.p.A. ignora la sussistenza del vincolo escludente in oggetto.

Si ricorda inoltre che il Plesso di Bustighera è in fase di potenziamento e ospiterà gli alunni provenienti anche dai Comuni di Tribiano e in parte di Pantigliate e Paullo. Per raggiungere la sede scolastica gli scuolabus percorrono la strada provinciale “Floriana” che collega la SP Cerca a Bustighera, parallela e adiacente al confine ovest del terreno interessato dal progetto. Si sottolinea inoltre che la sede del Municipio di Tribiano è a soli 500 metri dal confine nord del perimetro dell’impianto (cfr. misura su foto satellitare nel seguito). L’incontrovertibile applicabilità di questo criterio escludente rende impossibile l’autorizzazione del progetto in oggetto nella sua interezza, ma rende altresì impossibile anche una eventuale autorizzazione di sue sottoparti, essendo gli impianti di compostaggio (D), tritovagliatura (C ed E) e di discarica (A) soggetti allo stesso vincolo escludente cui è soggetto il gassificatore (B). Va infine segnalato che, come già rilevato più volte, la decaduta autorizzazione all’impianto di compostaggio e tutti gli atti propedeutici ad essa collegati (PPGR, Delibera dell’ente Parco, Delibera della Conferenza dei Servizi, atti amministrativi del Comune di Mediglia) omettevano di considerare la sussistenza del vincolo in esame.

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2.3.3.1.2

Distanza dal centro abitato (le distanze si intendono misurate dalla recinzione dell’impianto)

Osservazione n. 2.3.3.1.2 L’impianto di gassificazione si collocherebbe all’interno del Centro Abitato di Bustighera, l’impianto di compostaggio a cavallo del confine del Centro Abitato e l’impianto di tritovagliazione e pretrattamento dei RSU a meno di 200 dal confine del Centro Abitato. Il PPGR recita che (pag. 340 del PPGR) “il centro abitato è qui considerato come definito dal Art. 3 Comma 1 punto 8 del nuovo codice della strada D.Lgs. n. 285/1992”, ossia (nota 3, stessa pagina) “Centro abitato: insieme di edifici, delimitato lungo le vie di accesso dagli appositi segnali di inizio e fine. Per insieme di edifici si intende un raggruppamento continuo, ancorché intervallato da strade, piazze, giardini o simili, costituito da non meno di venticinque fabbricati e da aree di uso pubblico con accessi veicolari o pedonali sulla strada”.

• Criteri escludenti (pagg. 366 e 367 del PPGR), distanze dal “centro abitato”:

Discariche:

50-100 m per inerti, 200 m per rifiuti non pericolosi non putrescibili, 400 m per rifiuti non pericolosi putrescibili,400 m per rifiuti pericolosi.

Compostaggio e selezione/stabilizzazione o altri trattamenti meccanico biologici:

500 m (anche inferiori, da valutare caso per caso per impianti di compost verde)

Trattamento termico:

non precisata, da valutare in funzione di vari altri parametri. Si deve comunque assumere che debba essere almeno compresa tra i 500 m previsti per il compostaggio e i 1.000 metri previsti per le funzioni sensibili.

Trattamento chimico-fisico, inertizzazione e altri:

da collocare in aree industriali già provviste di impianti di depurazione delle acque reflue.

Trattamento degli inerti: Sulla base della definizione di “centro abitato” sopra riportata, ossia facendo riferimento alla segnaletica disposta sulla strada comunale Floriana, il “centro abitato” di Bustighera (tale è in quanto rispondente agli altri requisiti della definizione) inizia in corrispondenza dei capannoni attualmente dismessi dell’ex tritovagliatore. Sulla base di tale interpretazione

all’interno di cave.

l’impianto di gassificazione, compostaggio, tritovagliazione e discarica si colloca per oltre i due terzi ALL’INTERNO del centro abitato di Bustighera (cfr. misura su foto satellitare nel seguito).

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Ma anche se si volesse concedere che il centro abitato comincia dal confine del primo lotto di terreno su cui sorge l’abitazione del centro abitato di Bustighera più prossima al terreno interessato dal progetto, la distanza dal perimetro dell’impianto sarebbe di 70 m. Tale distanza aumenterebbe a 280 m escludendo il gassificatore e facendo riferimento al solo compostaggio (in quanto il gassificatore è, come da progetto, l’impianto più vicino al centro abitato!) e aumenterebbe a 400 metri escludendo anche il compostaggio e facendo riferimento solo al tritovagliatore e alla discarica. Va anche rilevato che abitazioni del centro abitato di Tribiano si trovano a distanze comprese tra i 100 e i 300 m in direzione nord-est. La documentazione prodotta da MSE S.p.A. riporta un valore della distanza dal centro abitato pari a 280 m. Tale valore è presumibilmente riferito alla distanza del confine della prima abitazione. Sulla base di quanto sopra riportato questa indicazione è in ogni caso errata. Pertanto, e in tutti i casi, l’incontrovertibile applicabilità di questo criterio escludente rende impossibile l’autorizzazione del progetto in oggetto nella sua interezza, ma rende altresì impossibile anche una eventuale autorizzazione di sue sottoparti, essendo gli impianti di compostaggio (D), tritovagliatura (C ed E) e di discarica (A) soggetti allo stesso vincolo escludente cui è soggetto il gassificatore (B). Si ricorda infine che, come già rilevato più volte, la decaduta autorizzazione all’impianto di compostaggio e tutti gli atti propedeutici ad essa collegati (PPGR, Delibera dell’ente Parco, Delibera della Conferenza dei Servizi, atti amministrativi del Comune di Mediglia) indicavano per il compostaggio la errata indicazione di una distanza di “circa 500 metri”, pari al limite da considerare per la sussistenza del vincolo in esame.

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2.3.3.1.3

Distanza da case sparse

2.3.3.1.4

Osservazione n. 2.3.3.1.3 Nel Comune di Tribiano, al di la della SP 39 Cerca sono presenti alcune case sparse a distanza inferiore ai 200 metri dal confine dell’impianto

Documentazione fotografica

Osservazione n. 2.3.3.1.4 La documentazione fotografica inclusa nei materiali depositati da MSE instilla in chi legge il falso convincimento che il sito sia del tutto isolato in aperta campagna, mentre al contrario ricade per oltre la metà nel centro abitato di Bustighera e si colloca in un contesto eco-rurale-architettonico in cui sono presenti innumerevoli beni di pregio storico, rurale, culturale, ambientale e architettonico. La “documentazione fotografica” (Allegato 2 alla Relazione di SIA) è stata addomesticata, come dimostra la scelta dei “coni fotografici”, scelta effettuata tra l’altro utilizzando criteri che derogano dalle prescrizioni vigenti, come riconosce la stessa MSE nel citato Allegato 2. In sostanza, la scelta effettuata per tali coni propone una serie di viste che escludono la visibilità dei centri abitati di Bustighera, di Tribiano e di Caluzzano, del Cimitero di Bustighera, del distributore di benzina sulla SP 39 Cerca, della Fornace di Bustighera, delle cascine circostanti, dei filari di alberi, e via dicendo. Parimenti non si fornisce visione dello stato attuale del capannone reso inagibile dall’incendio del giugno 2007. In definitiva, a controprova di quanto detto in merito alle distanze, si riportano le evidenze fotografiche relative a ulteriori “coni fotografici” ubicati nelle posizioni indicate nella mappa successiva.

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Vista del Cono “A”

Vista del Cono “B”

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Vista del Cono “C”

Vista del Cono “D”

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Vista del Cono “E”

Vista del Cono “F”

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Vista del Cono “G”

Vista del Cono “H”

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Ulteriori Viste significative:

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2.3.3.2 Protezione dei beni storici e risorse naturali Osservazione n. 2.3.3.2 Il Progetto della MSE è incompatibile con l’applicazione dei vincoli escludenti ai fini della microlocalizzazione riguardanti la protezione dei beni storici e risorse naturali La Relazione Generale di SIA della MSE riporta che (pag. 25) “nel raggio di circa due chilometri si rilevano centri storici e nuclei di antica formazione, nonché insediamenti rurali di rilevanza paesistica (art. 58)”, senza ulteriori commenti. Si osserva che nel Comune di Mediglia sono presenti i seguenti siti: • “Architettura religiosa (art.39)”: due Chiese a Caluzzano distanti circa 500 m dal

perimetro dell’impianto, una Chiesa a Bustighera a circa 500 metri, una Chiesa in località Zoate (Golf Club) a circa 500 metri. Nel raggio di due chilometri sono rilevabili numerosi altri siti di questo tipo appartenenti a Comuni di Mediglia (inclusa la Chiesa di Santo Stefano nella frazione Triginto di Mediglia), Tribiano e Caluzzano.

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• “Insediamenti rurali di rilevanza paesistica (art.39)”: un sito in Caluzzano a circa 500 metri, un sito in località Zoate nel Comune di Tribiano a 500 metri, la Cascina Canova a circa un chilometro, la Cascina Crocefisso a 900 metri, e numerosi altri siti. Si sottolinea in particolare che il sito di Caluzzano è classificato anche come “centro storico e nucleo di antica formazione (art. 36)” , collocato in un’area di “rilevanza paesistica (art.31)”.

• “Architettura civile residenziale (art.39)”: cascina “Lovati” in località Bustighera a 200 metri, soggetta peraltro a vincolo della Sopraintendenza alle Belle Arti per il pregio artistico di una serie di componenti architettonici, inclusa una storica scalinata in marmo.

2.3.3.2.1 Elementi del paesaggio agrario Osservazione n. 2.3.3.2.1 Le aree interessate dal Progetto e/o rilevanti aree ad esse adiacenti costituiscono elementi fondamentali del paesaggio agrario La Relazione di SIA omette di citare l’esistenza di filari che raggiungono il confine dell’impianto di direzione ortogonale alla SC Floriana che sono considerati vincolo escludente ai sensi dell’art. 64 del PTCP. Si rileva altresì che in Zoate di Tribiano, a meno di 500 metri dal confine dell’impianto, sono presenti due gradi aree adiacenti tra di loro classificate come: a) “10 grandi foreste di pianura (art.63)” e, b) “parchi urbani ed aree per la fruizione (art.35)”, per le quali è applicabile un vincolo escludente. Tale fatto è ignorato dalla Relazione di SIA. 2.3.3.2.2 Percorsi di interesse paesistico Osservazione n. 2.3.3.2.2 Le aree interessate dal Progetto e/o rilevanti aree ad esse adiacenti sono attraversate da percorsi di interesse paesistico (Art. 40) La Relazione Generale della MSE riporta che (pag. 25) “in tale ambito il PTCP riporta lo sviluppo in un percorso di interesse paesistico”, senza ulteriori commenti. Si rileva che detto percorso lambisce l’area del progetto sul lato in direzione Bustighera, provenendo dal ricco sistema del Comune di Mediglia attraversando numerose cascine e dirigendosi verso il Parco dell’Addetta. Tale percorso è frequentemente utilizzato, oltre che dai cacciatori, anche per turismo ecologico nonché per maratone infra-comunali.

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2.3.3.2.3 Distanza da opere di captazione di acqua ad uso potabile Osservazione n. 2.3.3.2.3 Nelle aree adiacenti al sito interessato dal progetto sono presenti numerosi fontanili e pozzi in attività da cui si estrae acqua potabile utilizzata in prevalenza per uso zootecnico. Come si evince dalle mappe del PTCP nella zona sono presenti numerosi fontanili e pozzi in attività da cui si estrae acqua potabile utilizzata in prevalenza per uso zootecnico.

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2.3.4 Incompatibilità del Progetto della MSE rispetto ai criteri penalizzanti ai

fini della microlocalizzazione Osservazione n. 2.3.4 Il Progetto della MSE è incompatibile con le prescrizioni di numerosi criteri penalizzanti ai fini della micro localizzazione indicati dal PPGR (cfr. PPGR pagg. 350 sgg.) 2.3.4.1 Protezione di beni storici e risorse naturali: Rete Ecologica (PTCP Art.

57, 58, 59) Osservazione n. 2.3.4.1 Il Progetto della MSE è incompatibile con l’applicazione dei vincoli penalizzanti ai fini della microlocalizzazione riguardanti la protezione di beni storici e risorse naturali-Rete Ecologica La Relazione Generale di SIA della MSE indica che (pag. 25) “le opere di progetto si trovano nelle vicinanze di un corridoio ecologico primario (art. 58)”, senza ulteriori commenti. Si osserva che il corridoio ecologico primario in oggetto collega i due gangli primari bari centrati sulla località San Martino-Villa Zurlli e il Parco dell’Addetta e transita esattamente sull’area interessata dal Progetto della MSE. Si osserva altresì che, fatto ignorato dalla Relazione di SIA, un Varco (Art. 59) è posizionato esattamente sul terreno interessato dal Progetto della MSE. Si osserva infine che il colatore Addetta, già citato al punto…. , è considerato un corridoio ecologico principale da corsi d’acqua ex Art. 58 del PTCP.

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2.3.5 Incompatibilità del Progetto della MSE rispetto ai criteri preferenziali ai

fini della microlocalizzazione Osservazione n. 2.3.5 Il Progetto della MSE non beneficia della quasi totalità dei criteri preferenziali ai fini della microlocalizzazione. Al contrario, un certo numero di tali criteri assume, ad una attenta analisi, un forte ruolo di supporto ai criteri escludenti e/o penalizzanti esposti in precedenza. In particolare: 2.3.5.1 Aree industriali e aree ecologicamente attrezzate (PTCP art 90) Osservazione n. 2.3.5.1 Il Progetto non può beneficiare del criterio preferenziale per la vicinanza di aree industriali e aree ecologicamente attrezzate (ex art 90 PTCP) per insussistenza del beneficio. In prossimità del sito interessato dal progetto MSE pur risultando presente l’area industriale di Tribiano, non risultano presenti, dall’esame delle mappe associate al PTCP, aree ecologicamente attrezzate. 2.3.5.2 Aree e interventi di rilevanza sovra comunale (PTCP art 81) Osservazione n. 2.3.5.2 Il Progetto non può beneficiare del criterio preferenziale per aree e interventi di rilevanza sovra comunale ed art.81 PTCP per insussistenza del beneficio Dall’analisi delle mappe associate al PTCP non risultano aree cui si applichi l’art. 81.

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2.3.5.3 Dotazione infrastrutturale Osservazione n. 2.3.5.3 Il progetto non solo non può beneficiare del criterio preferenziale dotazione infrastrutturale in quanto insussistente, ma la configurazione anche prospettica della viabilità locale è tale da configurare per la “dotazione infrastrutturale” un vero e proprio criterio escludente. Cfr. successiva osservazione 2.3.6.5. 2.3.5.4 Vicinanza di distretti industriali Osservazione n. 2.3.5.4 Il progetto non può beneficiare del criterio preferenziale per la vicinanza di distretti industriali. Il sito del progetto si colloca in prossimità di una limitata area industriale (cfr. osservazione 2.3.6.1., ma di nessun distretto industriale. 2.3.5.5 Vicinanza ad aree di maggiore produzione di rifiuti Osservazione n. 2.3.5.5 Il Progetto non solo non può beneficiare del criterio preferenziale per vicinanza ad aree di maggiore produzione dei rifiuti in quanto insussistente, ma la combinazione distanza da centri di produzione + caratteristiche del sistema viario locale + dimensione dell’impianto, costituiscono qualcosa di più di un vincolo fortemente penalizzante. Il Progetto non può beneficiare di questo criterio preferenziale per insussistenza del beneficio. Dall’analisi della ripartizione della produzione di rifiuti nei Comuni della Provincia di Milano riportata nel PPR, si evince chiaramente l’inapplicabilità di questo beneficio e la sussistenza, al contrario, di un vincolo escludente/penalizzante. La Sintesi non tecnica SIA prodotta da MSE S.p.A. analizza al punto 5.3 il “sistema viabilistico”. Si indica (pag. 35) che in fase di esercizio il conferimento di RSU in ingresso sarebbe operato da 150 veicoli pesanti al giorno.

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Essendo la capacità di lavorazione maggiore o uguale a 900 tonnellate al giorno, ne deriverebbe un carico di sei tonnellate per veicolo che corrisponde alla massima capacità di carico di un autoarticolato destinato a “trasporti eccezionali”. Ipotizzando di utilizzare veicoli pesanti normalmente impiegati per il trasporto di RSU, il numero di veicoli è non inferiore a 250 in ingresso, numero che va moltiplicato per due per includere il viaggio di ritorno (valutazione omessa nel documento MSE S.p.A.). Pertanto il traffico aggiuntivo di soli veicoli pesanti sulla SSP 39 Cerca sarebbe di 500 autoveicoli pesanti al giorno, numero assolutamente irrealistico quanto a possibilità di assorbimento da parte dell’esistente sistema viario. Inoltre, nel descrivere il sistema di mobilità viaria lo studio MSE S.p.A. omette alcune valutazioni che peggiorano ulteriormente il quadro fin qui descritto: a) Con recente Delibera di Consiglio Comunale il Comune di Mediaglia ha autorizzato il P.I.I. di Mombretto, nonché il nuovo Centro Commerciale che determineranno un significativo incremento del traffico anche sulla SP 39 Cerca; b) La rotonda posizionata dal progetto in oggetto all’imbocco della strada comunale Floriana (che dalla SP 39 Cerca porta a Bustighera) e che raccorda inoltre l’uscita dalla zona di Tribiano e Zoate, è stata spostata rispetto al precedente progetto di Compostaggio, in quanto la rotonda doveva fungere da collegamento dell’impianto alla SP 39 Cerca dei mezzi di trasporto rifiuti. Con la nuova progettazione, i mezzi in uscita dall’impianto sarebbero tutti obbligatoriamente incanalati in direzione Sud (Melegnano), anche quelli che devono prendere la direzione opposta (Monza) . Questi ultimi sarebbero costretti, per invertire il senso di marcia, a percorrere due volte il tratto di strada che intercorre dall’impianto alla rotonda di Colturano (già critica oggi) nella quale convergono anche la SP 159, la derivazione per Lodi e il collegamento con la via Emilia. Ipotizzando che la metà dei veicoli pesanti in uscita abbiano destinazione nord, sul tratto di SP 39 Cerca interessata da questo fenomeno (8 km. dal sito del progetto alla rotonda di Colturano) transiterebbero 750 veicoli pesanti in più al giorno. c) La strada comunale Floriana che collega Bustighera con la SP 39 Cerca, è interessata da un traffico automobilistico in crescita in quanto rappresenta, specie nelle ore di mobilità dei pendolari, una via di collegamento tra la SP 39 Cerca e la SP 159 che da Peschiera Borromeo raggiunge la citata rotonda di Colturano. Rilevazioni recenti indicano un traffico medio di 5 veicoli al minuto con punte superiori a 20 veicoli al minuto nelle ore di punta, in larga prevalenza nella direzione da SP 39 a SP 159. La strada comunale Floriana scorre parallelamente al confine dell’area interessata dal progetto e non potrà essere più utilizzata per convogliare questo traffico tra le due SP, con il risultato che anche questo traffico verrà

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canalizzato nel tratto di SP 39 Cerca già interessato del fenomeno di cui al precedente punto b). 2.3.5.6 Aree dismesse Osservazione n. 2.3.5.6 Il Progetto non può beneficiare del criterio preferenziale per la presenza di aree dismesse per insussistenza del beneficio Va rilevato che il Piano Provinciale Cave (D.c.r. VIII/166 del 16/05/2006) indica che l’area intereressata dai resti del tritovagliatore (area a destinazione industriale), di proprietà all’epoca della ditta Biotech Sistemi Spa, è “ad oggi in corso di bonifica”. 2.3.5.7 Preesistenza reti di monitoraggio su varie componenti ambientali Osservazione n. 2.3.5.7 Il Progetto non può beneficiare del criterio preferenziale per la preesistenza di reti di monitoraggio su varie componenti ambientali, per insussistenza del beneficio Non risultano né agli atti né in loco reti di monitoraggio cui si possa applicare questo criterio. 2.3.5.8 Disponibilità aree contorno all’impianto tali da permettere la

realizzazione degli interventi di mitigazione Osservazione n. 2.3.5.8 Il progetto non solo non può beneficiare del criterio preferenziale per la disponibilità di aree contorno all’impianto tali da permettere la realizzazione degli interventi di mitigazione per insussistenza del beneficio, ma ne è penalizzato per l’applicabilità di altri vincoli escludenti e/o penalizzanti all’argomento in oggetto. Stante la vicinanza alle abitazioni di Bustighera e alla provinciale Cerca, ogni opera di mitigazione è di fatto impossibile, incluse quelle richieste dalla precedente E OGGI DECADUTA autorizzazione alla costruzione di un impianto di compostaggio. Infatti nella documentazione depositata da MSE non sono previste opere di mitigazione, al contrario di quanto era invece ampiamente previsto nella

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precedente relazione relativa all’impianto di compostaggio. Si ricorda che in quel caso l’autorizzazione (oggi decaduta) era stata concessa dalla Provincia solo a condizione che venissero realizzare cospicue opere di mitigazione ulteriori rispetto a quelle indicate dal proponente. Nella nuova situazione prospettata dal progetto di gassificazione l’area interessata dalle opere di mitigazione è ora destinata al gassificatore, rendendo impossibile la realizzazione delle opere di mitigazione già previste dalla precedente autorizzazione (decaduta) nonché di quelle, di dimensione molto maggiore, che dovrebbero essere richieste per il gassificatore. Semplicemente perché il confine della prima abitazione di Bustighera è a 80 metri dal confine dell’area del progetto e perché sull’altro versante il confine dell’area del progetto consiste con la SP 38 Cerca. La terza direttrice dell’area scorre parallela alla strada comunale Floriana e quindi non consente opere di mitigazione che sarebbero possibili solo nell’unica direttrice (direzione Melegnano) per la quale è disponibile un’area adeguata. Peccato che si tratti della direzione che pone relativamente meno problemi quanto a distanze da punti sensibili. 2.3.5.9 Aree contigue alle strutture dedicate ai conferimenti differenziati

(stazioni e piattaforme) Osservazione n. 2.3.5.9 Il Progetto non può beneficiare del criterio preferenziale per l’esistenza di arre contigue alle strutture dedicate ai conferimenti differenziati (stazioni e piattaforme) per insussistenza del beneficio. L’impianto di tritovagliazione non è mai stato ripristinato dopo l’incendio del 2007 e il sito, da allora, non è stato più utilizzato nemmeno come discarica o piattaforma di transito. Il progetto non solo non può beneficiare di questo criterio preferenziale per insussistenza del beneficio, ma ne è penalizzato per l’applicabilità di altri vincoli escludenti e/o penalizzanti all’argomento in oggetto. Si ricorda infatti che il trito vagliatore e la stazione di smaltimento sono inagibili e inattivi dal 2007. Si rammenta altresì l’avvenuta decadenza di tutti gli atti amministrativi ed autorizzativi che li riguardavano. 2.3.5.10 Localizzazione in aree agricole Osservazione n. 2.3.5.10

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Il progetto non solo non può beneficiare del criterio preferenziale “localizzazione in aree agricole” per insussistenza del beneficio, ma, per quanto detto in precedenza, ne è penalizzato per l’applicabilità di altri vincoli escludenti e/o penalizzanti all’argomento in oggetto. Il progetto insisterebbe per la quasi totalità su aree agricole collocate all’interno dei confini del Parco Agricolo sud Milano e all’interno del centro abitato di Bustighera in un contesto eco-ambientale e rurrale-architettonico in cui sono presenti numerosi elementi di pregio cui si è fatto riferimento nelle osservazioni precedenti ove appropriato. 2.3.5.11 Discariche e impianti esistenti Osservazione n. 2.3.5.11 Il progetto non solo non può beneficiare del criterio preferenziale di vicinanza di discariche e impianti esistenti per insussistenza del beneficio, ma ne è penalizzato per l’applicabilità di altri vincoli escludenti e/o penalizzanti all’argomento in oggetto e per la sussistenza di ingiunzioni alla bonifica del sito sottoposte da privati, alla luce della decadenza di tutte le autorizzazioni a favore di MSE per la gestione (tritovagliazione) e per l’ampliamento (compostaggio) di qualsivoglia attività concernente la gestione di RSU nel sito di Bustighera. Il progetto non può beneficiare di questo criterio preferenziale per insussistenza del beneficio. Come si è ampiamente dimostrato tutte le autorizzazioni rilasciate in favore della MSE per la gestione (tritovagliazione) e per l’ampliamento (compostaggio) di qualsivoglia attività concernente la gestione di RSU nel sito di Bustighera. In aggiunta le attività di tritovagliazione non sono state mai ripristinate a seguito dell’incendio del giugno 2007 per il quale sono ancora aperti un fascicolo per incendio doloso nonché una serie di cause civili intentate da privati per risarcimento danni. Come si è già detto il progetto attuale si qualifica per un progetto ex-novo di discarica-trattamento-tritovagliazione-compostaggio-gassificazione dei RSU e altri residui. Si è altresì detto che nel suo complesso e con riferimento a ciascuna singola componente dell’impianto sussistono un numero enorme di vincoli ostativi di tipo ostativo e penalizzante e che gli stessi criteri preferenziali qui esaminati o non sono applicabili o assumono, in virtù dei propri contenuti, caratteristica di vincoli escludenti/penalizzanti.

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Infine, si ha notizia di una diffida da parte del legale di un cittadino di Mediglia all’apertura di eventuali cantieri e di richiesta al Comune di Mediglia di ingiunzione entro 30 giorni alla MSE di ripristino del sito mediante demolizione dei capannoni dell’ex trito vagliatore. Tale comunicazione sarebbe stata inviata, oltre che al Comune di Mediglia, a Regione Lombardia, Provincia di Milano, Ente Parco Agricolo Sud Milano, ARPA e Vigili del Fuoco. 2.3.5.12 Vicinanza a cave Osservazione n. 2.3.5.12 Il progetto non può beneficiare del criterio preferenziale per vicinanza a cave per insussistenza del beneficio. Non si rileva l’esistenza di cave né sul sito né nelle immediate vicinanze. 2.3.5.13 Vicinanza a reti di servizio, reti di energia elettrica, elettrodotti e/o

sottostazioni per vettoriamento di energia elettrica, discariche e a possibili utenze di teleriscaldamento

Osservazione n. 2.3.5.13 Il progetto può beneficiare del criterio preferenziale per vicinanza a reti di servizio per quanto riguarda la sola vicinanza di un elettrodotto. Per il resto il criterio si applica in senso penalizzante per la presenza sull’area di due gasdotti della Rete Regionale di Snam Rete Gas, la cui eventuale variante risulta impossibile stante la configurazione del territorio e degli insediamenti agricoli e urbani.

Beneficio in parte applicabile per quanto riguarda il solo elettrodotto. Si ricorda peraltro che il progetto richiederebbe una rilevante variante a due metanodotti della Rete Regionale Snam Rete Gas di ardua o impossibile realizzazione per la vicinanza delle abitazioni di Bustighera e per la prospicienza della strada Provinciale Cerca. 2.3.5.14 Possibilità di attivare il trasporto intermodale Osservazione n. 2.3.5.14 Il progetto non può beneficiare del criterio preferenziale di possibile attivazione del trasporto intermodale, per insussistenza del beneficio.

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Non risultano pianificazioni dei interventi di questo tipo, comunque di ardua realizzazione per la conformazione del territorio. 2.3.5.15 Aree destinate dagli strumenti urbanistici comunali a servizi

tecnologici Osservazione n. 2.3.5.15 Il progetto non può beneficiare del criterio preferenziale per aree destinate dagli strumenti urbanistici comunali a servizi tecnologici per insussistenza del beneficio. Le aree in oggetto sono destinate a uso agricolo. 2.3.5.16 Impianti di termodistruzione esistenti Osservazione n. 2.3.5.16 Il progetto non può beneficiare del criterio preferenziale di preesistenza di impianti di termodistruzione per insussistenza del beneficio. L’espansione di impianti pre-esistenti è per l’appunto il principio ispiratore della strategia espressa nel Piano Provinciale dei rifiuti per la localizzazione degli incrementi di capacità di termovalorizzazione. 2.3.5.17 Centrali termoelettriche dismesse Osservazione n. 2.3.5.17 Il progetto non può beneficiare del criterio preferenziale per l’esistenza di centrali termoelettriche dismesse per insussistenza del beneficio. Non sono presenti sul sito centrali termoelettriche dismesse.

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3. Osservazioni per aspetti tecnologici 3.1 Incompletezza della documentazione Osservazione n. 3.1 La documentazione depositata da MSE è largamente deficitaria al fine di una corretta valutazione tecnologica del progetto. In particolare mancano: il nome della tecnologia utilizzata e della società proprietaria dei brevetti (nella sintesi non tecnica posta sul sito della Regione Lombardia). In tutta la documentazione mancano inoltre: copia del contratto di acquisizione della licenza da parte di MSE, il confronto tra metodi alternativi per lo smaltimento dei rifiuti e tra tecnologie alternative per il loro trattamento termico. Tutto ciò in aggiunta alla già segnalata mancanza del piano finanziario. Nelle 75 pagine della Sintesi non tecnica dello Studio di Impatto Ambientale (SIA) per il “Progetto Mediglia per un’energia sostenibile” non è stata riportata l’indicazione della tecnologia utilizzata né della Società proprietaria dei brevetti utilizzati, né copia del contratto di acquisizione della licenza. Tale omissione renderebbe impossibile la valutazione critica dei dati relativi alle emissioni e alla produzione di scorie dell’impianto in oggetto. In aggiunta manca completamente un confronto, ai fini della valutazione economica e degli impatti ambientali, tra: a) metodi alternativi per lo smaltimento dei rifiuti e, b) tecnologie alternative per il trattamento termico dei rifiuti. Alcune informazioni sono tuttavia riscontrabili nel Progetto Tecnico per la sezione di valorizzazione termica depositato insieme ad altri materiali presso la Provincia di Milano, l’Ente Parco Agricolo Milano Sud e i Comuni di Mediglia e Tribiano. L’omissione di tali informazioni nella Sintesi non tecnica del SIA sottoposta a inchiesta pubblica ha consigliato una approfondita valutazione della Relazione Tecnica del progetto. 3.2 Insussistenza dei benefici tecnologici illustrati da MSE

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Osservazione n. 3.2 Le affermazioni riportate a pag. 9 della Sintesi non Tecnica “Presentazione del Progetto” sono in larga parte errate o incomplete o imprecise, al punto da dover considerare il quadro prospettato dal documento in esame più che fuorviante ai fini di una corretta valutazione tecnologica del progetto proposto. Ciò vale in particolare per i supposti vantaggi della tecnologia proposta (punto c): emissioni di diossine e furani al limite della non misurabilità, trasformazione in materiale inerte vetrificato riutilizzabile senza ulteriori trattamenti, recupero dei metalli pesanti nei rifiuti, elevato rendimento elettrico, stabilità delle emissioni per variazioni del materiale di alimentazione all’impianto”. Dalla Sintesi non Tecnica si evince che (pag.9 “Presentazione del Progetto”) “per individuare la configurazione impiantistica più appropriata si sono analizzate le varie possibilità oggi disponibili, valutandone punti di forza e criticità relativamente al progetto in esame” e che di conseguenza:

a) “la scelta è caduta sulla tecnologia di gassificazione “High Temperature Gasifying and Direct Melting Reactor” (GMR) brevettata da “JFE Environmental Solutions Corporation” (JFE) – Tokyo (Giappone)”;

b) “la tecnologia GMR è stata sviluppata in Giappone da JFE come risposta alle crescenti esigenze poste dallo sviluppo di una maggiore sensibilità ambientale (riflessa da norme più severe)”;

c) “i vantaggi che la tecnologia proposta comporta sono: i. capacità di basse emissioni con valori di diossine e furani al limite della

non misurabilità; ii. trasformazione della parte non combustibile dei rifiuti in materiale inerte

vetrificato, riutilizzabile senza ulteriori trattamenti; iii. capacità di recuperare i metalli presenti nei rifiuti; iv. elevato rendimento elettrico; v. stabilità a fronte di variazioni del materiale di alimentazione

dell’impianto”; d) “L’affidabilità della tecnologia è testimoniata dai numerosi impianti in Giappone

in cui è applicata con successo. L’impianto di Fukuyama-Hiroshima, in esercizio commerciale dal Marzo 2004, ne è la rappresentazione e l’identificazione più completa”;

e) “Il coniugarsi di prestazioni elevate e di affidabilità dimostrata è l’elemento che ha condotto alla scelta della tecnologia GMR”.

Inoltre alla sezione 5 “Brevetti” (Pag.41) è riportato:

f) l’elenco dei brevetti utilizzati siglati JP-xxxx-B,

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mentre nella successiva sezione 6 “Referenze”:

g) si cita il caso del Giappone con una lista dei siti che utilizzerebbero la tecnologia JFE per lo smaltimento dei RSU (Hokkaido, Gifu, Fukuoka, Iwate, Oita, Fukuyama-Hiroshima, Ibaragi, Kochi, Stimane, Fukuoka.

Viene anche detto che:

h) “il primo impianto di gassificazione su scala industriale è stato realizzato dal Gruppo CO.LA.RI-Sorain-Cecchini a Roma nel sito industriale di Malagrotta” e che

i) “a Roma (Albano Laziale ndr) è stato recentemente autorizzato un secondo impianto, gemello di quello qui proposto (a Mediglia ndr) e sono iniziati da poco i lavori di realizzazione”.

Nel seguito si riportano le necessarie correzioni, precisazioni e integrazioni per ciascuno dei punti sopraindicati, con l’osservazione generale che errori, imprecisioni ed omissioni risultano così numerose e rilevanti, da dover considerare il quadro prospettato dal documento in esame più che fuorviante ai fini di una corretta valutazione tecnologica del progetto proposto. In particolare: 3.2.1 Genesi della tecnologia GMR Osservazione n. 3.2.1 Non risponde a verità che, come vorrebbe far supporre la MSE, la tecnologia utilizzata nel progetto per Mediglia sia il meglio disponibile per la termovalorizzazione dei rifiuti. E’ vero anzi in contrario. La tecnologia GMR è stata portata in dote alla JFE dalla NKK Steel Corporation ed era utilizzata per lo smaltimento delle scorie dell’industria siderurgica. Si tratta di una tecnologia gemella della Thermoselect, che la JFE promuove anche con maggior successo della GMR. Entrambe le tecnologie GMR e Thermoselect sono molto discusse ed hanno creato casi anche giudiziari per danni ambientali sia in Germania (Karlsruhe) sia in Italia (Fondotoce). Sorvolando sui vari errori ortografici con cui la parola “gasifying” è riportata in varie parti del testo, probabilmente imputabili alle insufficienti conoscenze linguistiche della segretaria di turno, va rilevato che: non è preciso affermare che la tecnologia GMR sia stata brevettata dalla

giapponese JFE Environmental Solutions Corporation, pur essendo oggi di

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proprietà della JFE. Tale tecnologia era di proprietà della NKK Steel Corporation che nel 2001, fondendosi con la Kawasaki Steel Corporation, diede origine alla JFE Group, oggi il quarto produttore mondiale di acciaio.

Infatti, i brevetti JFE indicati nella sezione 5 “Brevetti” della relazione tecnica (cfr. precedente punto f), erano di proprietà della NKK Corporation (http://www.freepatentsonline.com/JP2768144.html?query=JP-2768144-B&stemming=on), risalgono al periodo 1992-1999 e si riferiscono a tecnologie utilizzate dall’industria siderurgica per l’incenerimento delle scorie derivanti dalla produzione dell’acciaio e non già alla tecnologia di gassificazione dei rifiuti solidi urbani, ancorché siano state successivamente adattate a tale scopo.

Tale precisazione ha delle conseguenze sostanziali su quanto si dirà qui di seguito e sulla valutazione della correttezza delle informazioni sulle emissioni e sulle scorie residuali riportate nei documenti predisposti dalla Mediglia Servizi Ecologici S.p.A.

La stessa JFE promuove l’utilizzo della tecnologia JFE THERMOSELECT gasifying & melting furnace, utilizzata a Malagrotta. Trattasi di una tecnologia gemella della GMR, ma altamente controversa, in virtù dei numerosi danni e dispute provocate sia in Italia (Fondotoce) sia in Germania (Karlsruhe) 3

.

3.2.2 Sostenibilità ambientale della tecnologia GMR

3 Il processo di gassificazione e melting della Thermoselect è stato sviluppato in Svizzera tra il 1985 e il 1992. Un impianto dimostrativo della capacità di 110 tonnellate al giorno fu costruito a Fondotoce in Italia ed utilizzato per validare la tecnologia; l’impianto è rimasto attivo a fronte di una licenza commerciale dal 1992 al 1999. Nel dicembre 1999 il fondatore e ingegnere capo di Thermoselect e due membri del consiglio d'amministrazione sono stati condannati da tribunali italiani per violazioni ambientali nel primo impianto di gassificazione per rifiuti solidi urbani a Fondotoce, in Italia, sul Lago Maggiore. Le violazioni ambientali si riferivano, in questo caso, anche all'inquinamento del lago con composti tossici, compreso il cianuro, il cloro e composti di azoto. I funzionari della Thermoselect sono stati condannati a sei mesi di arresto con la condizionale e al pagamento di multe. Questo impianto ha avuto problemi operativi e non è stato in grado di funzionare a piena capacità per più di un mese ad ogni tentativo, prima di chiudere definitivamente. Un impianto di dimensioni maggiori è stato poi costruito ed avviato nel 1999 a Karlsruhe in Germania. L’impianto ha operato a fronte di una licenza commerciale finchè è stato bloccato definitivamente alla fine del 2004 per le controversie suscitate e le opposizioni ricevute. Negli anni ’90 la Kawasaki Steel Corporation si interessò alla tecnologia Thermoselect e, nel 1999, avviò il primo impianto in Giappone basato su tale tecnologia a Chiba City nei pressi di Tokyo. Nel 2001 la Kawasaki Steel si fuse con la NKK Corporation per formare la JFE, il quinto maggior produttore di acciaio del mondo. Il secondo impianto Thermoselect in Giappone entrò in funzione nel 2003 a Mutsu. Altri 4 impianti furono costruiti nel 2005 ed un settimo entrò in attività a Yorii nel 2006.

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Osservazione n. 3.2.2 Non è corretto sostenere che la tecnologia GMR sia stata sviluppata in Giappone per motivi ambientali. Anche in Giappone il suo uso per termovalorizzazione rifiuti è estremamente limitato e in diminuzione. L’impianto di Fukuyama citato come referenza dalla MSE non tratta RSU bensì pellet di derivazione industriale, l’impianto di maggiori dimensioni al mondo a tecnologia GMR (Chikushino) che tratta solo RSU ha una capacità di 250 tonnellate al giorno rispetto alle 900 tonnellate al giorno previste per Mediglia. In base a quanto detto al punto precedente, non è corretto affermare che la tecnologia GMR sia stata sviluppata in Giappone per motivi ambientali. E’ viceversa vero che è stata sviluppata nell’ambito dell’industria siderurgica e che nel trattamento dei RSU ha trovato limitate applicazioni anche in Giappone, largamente inferiori a quell’utilizzo estensivo che si vorrebbe far supporre. Infatti risulta che: la capacità installata in Giappone alla fine del 2006 dei vari processi di

trattamento termico dei rifiuti era di 40.580 tonnellate al giorno, di cui 19.780 tonnellate al giorno trattate da processi JFE. Tuttavia tra gli impianti JFE quelli che utilizzano la tecnologia GMR lavorano solo 1.171 tonnellate al giorno (cfr. http://www.jfe-eng.co.jp/en/en_product/environment/environment2101.html). Si tratta di quantitativi largamente inferiori anche a quelli trattati mediante la controversa tecnologia Thermoselect (1.980 tonnellate al giorno).

Lo scopo precipuo della tecnologia di gassificazione è di eliminare per quanto possibile i metalli pesanti e tossici dalle scorie ferrose e minerali (residui del processo) affinché le scorie stesse siano riciclabili nell’industria delle costruzioni (strade e abitazioni) e nell’industria dei metalli. Pertanto la gassificazione si è sviluppata in Giappone all’interno dell’industria siderurgica con l’obiettivo di eliminare le scorie derivanti dalla produzione dell’acciaio e solo in un secondo momento è stata applicata anche allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Infatti un numero rilevante di impianti che utilizzano la tecnologia GMR della JFE sono dedicati a siti industriali e a volte trattano anche RSU.

Ben il 40% delle 1.171 tonnellate al giorno lavorate in Giappone con tecnologia JFE GMR riguardano rifiuti non urbani o rifiuti urbani trattati insieme a rifiuti industriali (cfr. pagina web sopraccitata).

L’impianto di Fukuyama, citato nella Relazione Generale come referenza, lavora in realtà 314 tonnellate al giorno di “pelletized Refuse Derived Fuel”, ossia pastiglie di combustibile sintetico derivanti da scarti di origine industriale.

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La massima dimensione degli impianti che utilizzano la tecnologia JFE GMR in Giappone per trattamento esclusivo di RSU è di 250 tonnellate al giorno lavorate su due linee da 125 tonnellate al giorno con una potenza elettrica di 4,99 MW (impianto di Chikushino, operante dal 2008, cfr. stesso sito web JFE sopracitato).

Non esiste nessun impianto in area OCSE che utilizzi la tecnologia JFE GMR su una scala simile a quella proposta per l’impianto di Mediglia: 900 tonnellate al giorno di rifiuti, pari al 360% dell’impianto di maggiori dimensioni operante in Giappone!

In Giappone gli impianti di gassificazione seguono tutti un protocollo di controllo della purezza (non tossicità) delle scorie estremamente severo, in quanto le scorie sono effettivamente vendute ad altre industrie. E’ solo questa garanzia, assente in Italia, che ha reso possibile lo sviluppo di una tecnologia altrimenti poco efficace e molto costosa in paragone ad altre analoghe destinate allo smaltimento dei RSU.

In Italia, ad oggi non è consentito utilizzare i residui vetrificati da gassificazione dei RSU, ancorché purificati a regola d’arte, nell’ambito dell’industria delle costruzioni; per tale motivo anche il teorico vantaggio economico di un riciclaggio industriale delle scorie purificate è impossibile.

Sulla base delle rilevazioni di emissioni di diossine, furani e nano particelle, il Giappone ha bloccato lo sviluppo di questi inceneritori e sta predisponendo un piano di chiusura per quelli esistenti.

3.2.3 Supposti vantaggi della tecnologia GMR Tutte le affermazioni riportate al punto c) (cfr. precedente osservazione 3.2) sono errate, incomplete e fuorvianti. In particolare: 3.2.3.1 Emissioni di diossine e furani Osservazione n. 3.2.3.1 L’affermazione della MSE circa la “capacità di basse emissioni con valori di diossine e furani al limite della non misurabilità” non è supportata da nessuna credenziale. Viceversa, i rilievi indicati nel testo seguente, sono più che sufficienti a farla ritenere completamente errata. Si segnala tra l’altro il gravissimo uso improprio del brevetto che non prevede, al contrario di quanto indicato dalla MSE, il riciclo nel reattore dei fanghi derivanti dal processo di depurazione delle acque.

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Inoltre il progetto della MSE trascura del tutto l’enorme problema dell’inquinamento da nano polveri sia in quanto tali sia in quanto veicoli di diossine. In via preliminare va precisato che le diossine sono tossiche per l'organismo umano. Sono poco volatili per via del loro elevato peso molecolare e sono solubili nei grassi, dove tendono ad accumularsi. Proprio questo è il principale problema: l'organismo umano non le smaltisce. Pertanto anche una esposizione a livelli minimi ma prolungata nel tempo può recare gravi danni alla salute sia umana che animale (si veda in proposito la voce diossina). È bene quindi sottolineare che la soglia minima di sicurezza per tali sostanze è ancora oggetto di investigazione scientifica; inoltre, i limiti imposti dalla UE sulle emissioni (0,1 nanogrammi/m3 di fumi), corrisponderebbero alle concentrazioni medie che è possibile ottenere applicando le migliori tecniche di incenerimento e filtraggio presenti sul mercato e non a valori basati su studi medici. Il sospetto è che quindi le leggi siano tarate sugli impianti e non sul concreto rischio tossicologico, che come detto è comunque ancora incerto (cfr. Sezione n... “Effetti sulla salute umana degli impianti di incenerimento dei rifiuti”). Le emissioni di diossina e furani, seppur ormai minime ed entro i limiti di legge, sono ritenute da molti comunque significative, in quanto protratte nel tempo nello stesso luogo. L'obiettivo di minimizzare le emissioni di diossina contrasta in parte con il recupero dell'energia, in quanto una elevata temperatura di combustione ed un veloce raffreddamento dei fumi (condizioni ideali per ridurre la formazione di diossina) sono incompatibili con una massima efficienza nel recupero dell'energia termica. Le emissioni sono strettamente legate alla composizione del CDR alimentato. A questo proposito il documento illustra una composizione media “presupposta” da progetto (Tabelle n. 6.1 e 6.2 a pag. 19 della relazione generale) ma si sostiene anche (pag. 5 della relazione generale) che “Il flusso 4), oltre che dal trattamento dei flussi 1) e 2), può in piccola parte provenire anche da conferimenti esterni che presentino le medesime caratteristiche merceologiche della frazione prodotta dai trattamenti interni e comunque sempre nel rispetto del quantitativo massimo già autorizzato delle 800 t/g” di cui nulla si dice quanto a composizione e metodi di controllo. In particolare non risulta essere stata prevista un’analisi qualitativa e quantitativa dei composti organici (PVC e altri) alimentati al gassificatore. Le statistiche disponibili sulla produzione di diossine e furani da impianti di incenerimento e massificazione raccontano una storia molto diversa rispetto ai target dichiarati dalla società licenziatarie delle varie tecnologie: a fronte di un limite di legge pari a 0,1 nanogrammi TEQ/m3, una recente rilevazione su alcuni siti italiani rileva valori sì inferiori al limite di legge ma comunque preoccupanti (Desio

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0,028 nel 2005) e indica che le BATs (migliori tecnologie disponibili) garantiscono emissioni nell’intervallo 0,01-0,1 nanogrammiTEQ/m3 (cfr. Studio ATOR per il gassificatore di Gerbido in Piemonte. (cfr. http://www.provincia.torino.it/ambiente/file-storage/download/ato_r/pdf/studio_termovalorizzatore.pdf) Tutto ciò rende irrealistica la “promessa” della MSE di un valore atteso pari a 0,001 nanogrammiTEQ/m3 (pag. 168 della Relazione completa di impatto ambientale). La produzione di diossine e furani si concentra sia nei gas derivati, sia nei sottoprodotti della lavorazione, sia nelle nanoparticelle emesse in atmosfera. I tre aspetti vanno considerati separatamente: 3.2.3.1.1 Per quanto riguarda le emissioni di diossine e di furani nei gas

derivati Osservazione n. 3.2.3.1.1 Il progetto presentato dalla MSE non utilizza tutte le Migliori Tecnologie Disponibili , laddove la Direttiva IPPC (96/61/CE) e il d.lgs. 59/2005 di recepimento presuppongo, per l’autorizzazione integrata ambientale (AIA), che gli impianti adottino “le migliori tecniche disponibili” (MTD, o in inglese BAT). il documento sostiene che “Il gas prodotto nella sezione 2 invece risale (agevolato dalla depressione causata dal ventilatore posto nella zona terminale dell’impianto) in questa sezione, dove viene in parte combusto grazie all’apporto di aria fornito dal condotto superiore (third tuyere). In questo modo la temperatura è mantenuta superiore a 850°C per almeno due secondi, condizione che, insieme all’atmosfera riducente, permette il completamento della decomposizione molecolare di diossine e TAR” (pag.19 Progetto tecnico sezione di valorizzazione termica). Il Decreto Legislativo 133/05 prevede che siano applicati sistemi di rilevamento in continuo (SME) per i seguenti inquinanti: Nox, polveri totali, TOC, HCI, SO2 ed HF (verificare se ci sono nel progetto) e impone per le diossine, furani e metalli misurazioni almeno quadrimestrali in fase di esercizio e trimestrali nel corso dei primi 12 mesi di attività. Stante la fatale tossicità di questi prodotti, sarebbe indispensabile anche per le diossine il monitoraggio in continuo. Tale monitoraggio in continuo è però impossibile in quanto in commercio non sono ancora disponibili misuratori con tali caratteristiche. Sicché l’affermazione precedente non è verificabile. La Relazione Tecnica dell’impianto di Mediglia non contempla nemmeno l’utilizzo di palliativi all’assenza di rilevatori in continuo di diossine quali sarebbero, secondo

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alcuni, i campionatori automatici programmabili da poche ore a vari giorni (oltre i 15 giorni per tutti i modelli, non oltre il mese); tali strumenti sono stati verificati e, almeno alcuni, certificati come campionatori isocinetici automatici. Da prove eseguite dall’Agenzia Ambientale Britannica (EA), a fronte di buone risposte in termini di trend, non è stata riscontrata una confrontabilità soddisfacente negli intervalli di misura considerati, caratterizzati da valori sempre piuttosto bassi. A causa di possibili artefatti (positivi o negativi), i campionatori automatici costituiscono uno strumento di valutazione a livello sperimentale dell’andamento degli inquinanti nel tempo, di stima delle emissioni annue, ma non di utilizzo alternativo al metodo ufficiale. Una modalità integrata di controllo e di prevenzione dei superamenti di PCDD/PCDF dovrà prevedere, oltre alle misure manuali previste dalla norma: l’utilizzo dei campionatori automatici per PCDD/PCDF e l’analisi dei campioni prelevati, previa correlazione con i risultati delle determinazioni con il metodo ufficiale in manuale (UNI EN 1948-1-2-3); la correlazione dei dati analitici per PCDD/PCDF con i parametri gestionali dei sistemi di trattamento fumi pertinenti; la correlazione dei dati analitici per PCDD/PCDF con l’emissione di particolato rilevata in continuo. L’insieme di queste azioni, può portare alla definizione di livelli di “attenzione” (intesi come indici compositi) e di protocolli di intervento anche per questi inquinanti. In altri Paesi Europei (Germania) è prevista la misura in continuo anche del mercurio, sia per la rilevanza sanitaria di tale inquinante, sia per la disponibilità sul mercato di strumentazione idonea. L’adozione di tale sistema, è consigliata. La Direttiva IPPC (96/61/CE) e il d.lgs. 59/2005 di recepimento presuppongo, per l’autorizzazione integrata ambientale (AIA), che gli impianti adottino “le migliori tecniche disponibili” (MTD, o in inglese BAT). Le tecniche adottate nel progetto per Mediglia non sono tra queste. Ad esempio non prevedono l’iniezione di carboni attivi, individuata come BAT dal “Bref for Waste Incineration” è efficace sia per l’abbattimento dei metalli pesanti che per l’abbattimento delle diossine per la cui rimozione è importante anche il contributo fornito dal sistema SCR di rimozione degli NOx. Non trova applicazione peraltro, nel caso di Mediglia, nemmeno le tecnica di brusco raffreddamento dei fumi applicata a Malagrotta che avrebbe consentito di bloccare la riformulazione di diossine in fase di evacuazione dei fumi nell’intervallo di temperatura tra 300 e 500 gradi centigradi. La mancata applicazione delle BAT nel caso del progetto per Mediglia riguarda comunque altri aspetti, come si può valutare confrontando le emissioni previste

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dalla Relazione Tecnica con le emissioni conseguibili grazie all’applicazione delle BAT riconosciute dal Bref for Waste Incineration. 3.2.3.1.2 Per quanto riguarda le emissioni di diossine nei sottoprodotti della

lavorazione Osservazione n. 3.2.3.1.2 Il progetto presentato dalla MSE prevede il ricircolo nel reattore dei fanghi provenienti dal trattamento delle acque reflue di processo che contengono metalli e diossine, pur non precisandone la effettiva composizione. Il brevetto della JFE non prevede tale ricircolo che infatti avvelenerebbe il reattore diminuendone l’efficienza e incrementando in modo disastroso il contenti di diossine nei fumi immessi in atmosfera con un circolo vizioso che alla fine richiederebbe l’evacuazione forzata di concentrati di diossine e metalli in quantità intollerabili. La previsione di immettere nel reattore, come da tabelle degli input ammessi, anche materiali estremamente pericolosi (da relativi codici CER) rende plausibile il sospetto che si voglia far diventare l’impianto di Mediglia la cloaca massima degli scarti pericolosi di molti altri inceneritori e di chissà quali altri innominabili schifezze di provenienza più o meno ignota. A supporto di questa osservazione, valgono le seguenti considerazioni: I fanghi provenienti dal trattamento delle acque reflue di processo (quelle che puliscono il gas derivato) contengono diossina. I fanghi di questa natura sono classificati come “rifiuto pericoloso”. Nella relazione tecnica non si dice quale sarà la produzione di tali fanghi né quale è la loro composizione prevista, al contrario di quanto avveniva nella relazione tecnica predisposta per l’impianto di Malagrotta, basato su una tecnologia gemella. In tale relazione è indicata una produzione di fanghi, ottenuti per separazione solido/liquido dalle acque di processo opportunamente trattate, pari a 6.400 tonnellate all’anno. La medesima relazione indica che in tali quantitativi di fanghi è prevista una concentrazione di diossine in quantità dichiarate pari a 313 mgr/anno. Considerato che la capacità dell’impianto di Malagrotta è di 182.500 tonnellate all’anno di RSU mentre quello proposto a Mediglia è di 300.000 tonnellate all’anno di RSU, fatte le debite proporzioni e trascurando il pur rilevante “effetto scala” (le emissioni aumentano in modo più che proporzionale rispetto alla dimensione), ne deriverebbe per l’impianto di Mediglia una produzione di fanghi e diossine almeno superiori del 65% rispetto a Malagrotta, pari cioè a 10.520 tonnellate all’anno di fanghi ed a 515 mgr/anno di diossine.

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Al di la delle abnormi produzioni di fanghi contaminati da diossina, risulta di estrema gravità l’utilizzo indicato nella relazione tecnica per tali fanghi:

i. “Altri sottoprodotti ... omissis .. sono immessi nuovamente nel reattore ad alta temperatura fino alla loro completa eliminazione”; inoltre

ii. “Le fasi di lavorazione e manutenzione possono portare allo stoccaggio temporaneo di quantità limitate di rifiuti come i fanghi prodotti in loco dagli effluenti, contenenti sostanze pericolose (codice 06 05 02)”.

Gli schemi della tecnologia GMR visionabili su internet non prevedono, e a ragione, il riciclo di tali fanghi inquinati da diossine (http://www.jfe-eng.co.jp/en/en_product/environment/environment2101.html), bensì il loro smaltimento in altri siti (vedere la freccia “slag and metal”). Tali fanghi nel caso dell’impianto di Karlsruhe oggi chiuso (che utilizzava la tecnologia gemella Thermoselect) erano stati inizialmente destinati all’industria dello zinco. Tuttavia, poiché la produzione di fanghi eccedeva la capacità di assorbimento da parte dell’industria dello zinco, se ne è previsto lo smaltimento in cavità saline. E inquietante che lo schema del processo riportato a pag. 15 della relazione tecnica (al contrario di quanto detto in altra parte della relazione, cfr. sopra) non preveda il riciclo dei fanghi, così come per l’alimentazione dei forni (pag.16) prevede solo, oltre ai RSU, carbone e carbonato di calcio e ceneri recuperate (che sono altra cosa dai fanghi), così come il supposto impianto di stoccaggio dei fanghi non è descritto al punto 21 di pagina 118 “Riassuntivo stoccaggi”. Appare plausibile che le affermazioni di cui al precedente punto 1. siano state “aggiunte” a un testo preesistente per eliminare il ripetersi di osservazioni sui fanghi, così come è avvenuto per il VIA di Malagrotta. Tutto ciò è di una inaudita gravità in quanto:

i. su nessun impianto in attività vengono riciclati fanghi contenenti diossina;

ii. tale riciclo, infatti, determinerebbe un aumento del tenore di diossina presente nel reattore e quindi nei fumi in uscita e diretti alla caldaia di produzione di vapore. Tale maggiore concentrazione di diossina non è stata tenuta in alcun conto nel dimensionamento delle apparecchiature di abbattimento degli inquinanti che pertanto risultano sottodimensionati. L'intero progetto è pertanto tecnicamente inconsistente e non permette di validare l'affermazione dei proponenti secondo cui i fumi conterranno diossina nei limiti di legge.

iii. Si prevede lo stoccaggio di quantitativi non precisati di tali fanghi che potrebbero raggiungere, per accumuli successivi, quantità fatali di diossina.

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iv. Rimane legittimo il sospetto che tali fanghi possano essere invece evacuati in modo non trasparente nel caso raggiungano quantità ingestibili di diossina.

3.2.3.1.3 Per quanto riguarda la produzione di diossina e nano polveri

rilasciate in atmosfera Osservazione n. 3.2.3.1.3 Il progetto presentato dalla MSE non considera gli effetti delle più recenti prescrizioni in materia di nano polveri né del divenire della legislazione in materia, in particolare della Direttiva Europea 81/2001. Inoltre le statistiche più recenti relative al monitoraggio di emissioni di particolato, nano polveri e diossine relativi a impianti di dimensioni comparabili dimostrano inequivocabilmente che, al di la dei target di progetto (emissioni “garantite”) e dell’assicurazione di risultati anche migliori da parte del Proponente, (emissioni “effettive”), le reali situazioni effettive delle emissioni NON RISPETTANO I VINCOLI DI LEGGE. Il problema ha due aspetti; il primo è l’associazione di diossine alle nanopolveri, il secondo riguarda le nanopolveri in quanto tali. Entrambi gli aspetti, sono ritenuti rilevantissimi da una sterminata e autorevole bibliografia e sono completamente ignorati dalla Relazione Tecnica che non prevede né sistemi di monitoraggio né sistemi di controllo per entrambi questi fenomeni. Per rilievi sugli effetti tossici di diossine e nanopolveri si rimanda alla sezione quattro. In particolare:

• di recente è venuto alla ribalta il problema delle nanoparticelle o nanopolveri, particolato ultrafine con un diametro inferiore a 0,1 µm (100 nanometri), che rappresentano un ulteriore tipo di contaminante altamente tossico emesso da questi impianti.

• La normativa europea in materia di emissioni da impianti industriali e da impianti di incenerimento prescrive il monitoraggio e fissa limiti di emissione per le polveri (PM10- particolato di dimensioni minori di 10 µm) ma non contiene alcun riferimento specifico alle nanopolveri, questo perché i dettagliati meccanismi della loro formazione e della loro dispersione in atmosfera sono ancora oggetto di studio.

• Sulla materia non vi sono ad oggi studi epidemiologici estesi, per la relativa novità del filone di ricerca. C’è ancora molta cautela sull’argomento, ma in Europa sta nascendo un movimento di scienziati che preme per spingere i

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politici a una legislazione molto più restrittiva sulla quantità di polveri ultrafini che si possono emettere nei processi industriali. L’Unione Europea prevede di introdurre nuove norme di qualità dell’aria per le particelle sottili (PM2,5), al fine di raggiungere “livelli di qualità dell’aria che non comportino rischi o impatti negativi significativi per la salute umana e per l’ambiente”, come stabilisce il sesto programma d’azione per l’ambiente: se per l’ambiente naturale questo significa non superarne i carichi e i livelli critici, per la salute umana la situazione è più complessa perché non esiste un livello di sicurezza conosciuto per l’esposizione ad alcuni inquinanti, soprattutto il particolato e l’ozono troposferico.

• Per questo, oltre ai controlli già in atto sul PM10, è necessario limitare rischi derivanti dall’esposizione al PM2,5 e ridurre l’esposizione generale dei cittadini di tutti i paesi europei. Viene proposto un livello massimo di 25 µg/m3, valore scelto tenendo conto delle incertezze che caratterizzano le attuali conoscenze sui rischi del PM2,5. Si propone inoltre che gli Stati membri procedano ad un monitoraggio più globale dei livelli di PM2,5 nell’aria ambiente delle zone urbane: per tutti gli Stati membri viene proposto un obiettivo di riduzione provvisorio e comune per tutti pari al 20%, che dovrà essere raggiunto tra il 2010 e il 2020 e che si prevede di riesaminare non appena saranno disponibili maggiori informazioni ricavate dal monitoraggio della qualità dell’aria. Nel corso del 2006 la Commissione ha proceduto al riesame della Direttiva relativa ai limiti nazionali di emissione di alcuni inquinanti atmosferici (2001/81/CE), introducendo l’obbligo di rilevamento per il PM2,5.

• A dimostrazione della inattendibilità dei target di progetto “garantiti” dai proponenti, sono significativi i risultati di un’analisi dell’aria promossa dall’Istituto Superiore di Sanità in prossimità del termovalorizzatore ASM di Brescia.

• I dati sono stati resi noti il 20 marzo 2008, e sono relativi ad una campagna di rilevamento delle diossine, PCB e alcuni metalli nell’aria di Brescia, effettuata tra il 2 ed il 21 agosto 2007, cioè nel periodo feriale, e promossa dall’Istituto superiore di Sanità87. Tutte le misure dimostrano una situazione di inquinamento da diossine diffuso e rilevantissimo (media di 83 fg/m3), molto superiore alla situazione estiva di Mantova (4,42 –6,24 fg/m3) e di Augsburg in Germania (14-15 fg/m3), doppia del valore dell’area urbana di Milano, in estate, (39,75 fg/m3, Fanelli 1997), di gran lunga superiore alle concentrazioni medie annue rilevate nell’aria di Firenze (7,3 – 19,7 fg/m3, Arpa Toscana 1996-2000), addirittura superiore a quella rilevata a Taranto nei dintorni della grande acciaieria Ilva, nel giungo 2007 (38,4 - 67,8 fg/m3 – Arpa Puglia 2007). Al dato di Brescia si deve aggiungere un valore medio di 25 fg/m3 dovuto al contributo di tossicità (TEQ) dei PCB-diossina simili (83+25=118 fg/m3) che

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contribuisco quindi in modo tutt’altro che trascurabile alla tossicità complessiva (Si noti che a Taranto tale contributo oscilla tra 1,9 e 23,4 fg/m3 – Arpa Puglia 2007).

• I PCB totali rilevati, inoltre, sono estremamente alti (1.008,76 – 8.723,90 pg/m3) in tutti i campioni.

• Una corretta gestione dell’impianto dovrà prevedere che, alla luce degli andamenti “normali” dei valori misurati per gli inquinanti e di quelli fissati per gli aspetti definiti negli altri punti di controllo previsti nel piano, siano definiti congiuntamente dal soggetto controllore e dal gestore dell’impianto dei livelli di “attenzione”, il superamento dei quali caratterizza situazioni anomale comunque entro i limiti fissati, nelle quali sia prevista l’attuazione di verifiche e di eventuali azioni correttive finalizzate a limitare al minimo il rischio di superamento. In particolare, nella definizione del livello di “attenzione” per il parametro polveri, va tenuto conto delle correlazioni sperimentali tra questo parametro e i microinquinanti (PCCD/PCDF, PCB, IPA, metalli) che vengono emessi principalmente con il particolato. Esperienze sperimentali hanno evidenziato che i superamenti dei microinquinanti organici possono avvenire anche ben al di sotto dei 10 mg/Nm3, limite giornaliero per le polveri.

3.2.3.2 Trasformazione della parte non combustibile dei rifiuti in materiale

inerte vetrificato, riutilizzabile senza ulteriori trattamenti Osservazione n. 3.2.3.2 In virtù della forte contaminazione con diossine e metalli i cosiddetti “inerti vetrificati” sono “rifiuti pericolosi”. E’ quindi scorretto, come fa la Relazione Tecnica, sostenere che questa scoria sia classificabile come “inerte vetrificato”, e quindi classificarla col codice CER 19-04-01. Ciò potrà essere fatto solo a seguito di eventuali risultanze delle analisi effettuate dall’ARPA dopo l’avviamento dell’impianto. Ma naturalmente i residui effettivi dell’impianto sono molto più numerosi e descritti qua e la nella documentazione della MSE: 5.000 tonnellate all’anno di metalli, tonnellate all’anno di prodotti sodici residui, le già citate oltre 10.000 tonnellate all’anno di fanghi concentrati di idrossidi di metalli e diossine, sottoprodotti derivanti dalla rigenerazione degli scambiatori ad ioni nemmeno citati e, per finire i residui della sezione di trattamento RSU pari 16.800 tonnellate all’anno più Alluminio per 960 tonnellate all’anno più Residui ferrosi per 8.400 tonnellate all’anno.

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PER NESSUNO DI QUESTI RESIDUI E’ INDICATA LA DESTINAZIONE, TRANNE CHE PER FANGHI PER I QUALI E’ PREVISTA LA GIA’ CITATA FOLLIA DEL RICIRCOLO. A supporto della precedente osservazione valgono le seguenti considerazioni: Il materiale inerte vetrificato non è affatto l’unico residuo della parte non combustibile dei rifiuti (oltre naturalmente alle emissioni di cui al punto precedente). L’elenco completo è il seguente: Granulato minerale: Si tratterebbe di un inerte minerale reso in forma solida vetrificata. I quantitativi previsti sono pari a 3.591 kg/h (pag.51 della Relazione Tecnica) con le tre linee in funzione. Ipotizzando un funzionamento di 8.000 ore all’anno, pari a circa 30.000 tonnellate all’anno di inerti vetrificati. Verrebbero entrambi destinati all’industria ma non si dice se esistano già contratti di accettazione di tale prodotto (sappiamo che in Giappone effettivamente il granulato viene riutilizzato nella siderurgia). In ogni caso il sottoprodotto è contaminato da diossine e da metalli pericolosi come piombo, cromo, nichel, mercurio e cadmio. Stiamo parlando comunque in alcuni casi di centinaia di kilogrammi all’anno di metalli pesanti di cui non è dato sapere la destinazione. In virtù della forte contaminazione con diossine e metalli questi residui sono “rifiuti pericolosi” E’ quindi scorretto, come fa la Relazione Tecnica, sostenere che questa scoria sia classificabile come “inerte vetrificato”, e quindi classificarla col codice CER 19-04-01. Ciò potrà essere fatto solo a seguito di eventuali risultanze delle analisi effettuate dall’ARPA dopo l’avviamento dell’impianto. Metalli: i residui metallici, anch’essi provenienti dal reattore, sono previsti 627 kg/h, pari a 5.000 tonnellate all’anno (cfr. pag. 51 della Relazione Tecnica) nella stessa ipotesi di cui al punto precedente. Valgono le considerazioni di cui al punto precedente. Prodotti sodici residui: derivano dagli spurghi dei filtri a maniche per la depurazione dei gas di scarico. Sono previsti in 333 kg/h, pari a 2.700 tonnellate all’anno circa. Valgono le stesse considerazioni dei punti precedenti. Fanghi concentrati di idrossidi di metallo e carbonio e di diossine: la relazione Tecnica non riporta né le quantità previste né la loro composizione. Stime per comparazione con l’impianto di Malagrotta (basato su una tecnologia gemella) indicano per l’impianto di Mediglia una produzione di fanghi e diossine pari a 10.520 tonnellate all’anno di fanghi ed a 515 mgr/anno di diossine. La Relazione Tecnica prevede l’assurdo di riciclare nel reattore di tali fanghi. (cfr. precedente punto…).

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Sottoprodotti della rigenerazione degli scambiatori a ioni: Argomento non citato, laddove invece il processo di rigenerazione degli scambiatori a ioni è una fonte potenziale di inquinamento da metalli pesanti. Residui dalla linea trattamento RSU (cfr. pag.10 della Relazione Generale): residui da lavorazione per 16.800 tonnellate all’anno della cui destinazione nulla si dice, Alluminio per 960 tonnellate all’anno, Idem e Residui ferrosi per 8.400 tonnellate all’anno, Idem.

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3.2.3.3 Capacità di recuperare i metalli presenti nei rifiuti Osservazione n. 3.2.3.3 L’affermazione della MSE in merito alla capacità della tecnologia GMR di recuperare i metalli presenti nei rifiuti è quanto meno azzardata alla luce di quanto detto ai punti precedenti. Rimane comunque il problema dell’illegittima (riciclo fanghi) o non definita destinazione dei residui ad elevata concentrazione di metalli e diossine. 3.2.3.4 Elevato rendimento elettrico Osservazione n. 3.2.3.4 L’affermazione della MSE in merito al supposto elevato rendimento elettrico è FALSA. In primo luogo va osservato che il PPGR (Allegato 4) prescrive che “La sola produzione di sola energia elettrica non è invece possibile ai sensi delle prescrizioni del Piano di Risanamento della Qualità dell’Aria, ed in particolare del DGR n. 7/6501 del 19/10/01 (vincoli questi recepiti per la definizione dei criteri localizzativi dei nuovi impianti)”. Prescrive altresì che “Con riferimento alle indicazioni del BREF sull’incenerimento dei rifiuti, il rendimento complessivo di conversione dell’energia contenuta nel rifiuto in energia utile (termica + elettrica) deve essere pari almeno al 65%.” A fronte di queste prescrizioni l’impianto proposto ma MSE prevede la SOLA produzione di energia elettrica e, laddove fosse predisposto per la cogenerazione, vincoli logistici e l’evidente mancanza di mercato per il calore, renderebbero, anche in prospettiva, irrealistica tale prospettiva. La seconda osservazione nasce dal confronto tra il rendimento elettrico lordo indicato pari al 25% per l’impianto della MSE a fronte della citata prescrizione del PPGR che richiede un rendimento non inferiore al 65%: il rendimento del progetto è largamente inferiore alla metà del minimo ritenuto accettabile dal PPGR. Va in primo luogo rimarcato che le linee guida associate al PPGR (Allegato 4) prescrivono senza ombra di dubbio quanto segue: In sintesi, l’ordine di priorità nelle scelte relative al recupero energetico dovrà essere il seguente:

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• utilizzazione di calore in utenze industriali o civili (teleriscaldamento) attive lungo tutto l’arco dell’anno (quest’ultimo è il caso in cui la richiesta della rete di teleriscaldamento sia tale da far sì che l’impianto di termovalorizzazione fornisca il solo carico di base);

• cogenerazione, con produzione simultanea di calore ed energia elettrica, modulabili in funzione delle effettive richieste; in tale ipotesi, ai sensi della citata DGR, la potenza impiegata nella fornitura di calore nel periodo invernale deve essere maggiore del 50% della potenza totale prodotta.

• La sola produzione di sola energia elettrica non è invece possibile ai sensi delle prescrizioni del Piano di Risanamento della Qualità dell’Aria, ed in particolare del DGR n. 7/6501 del 19/10/01 (vincoli questi recepiti per la definizione dei criteri localizzativi dei nuovi impianti).

• Sempre nell’ottica della massimizzazione del recupero energetico complessivo, potranno essere valutate anche opzioni tecnologiche più avanzate, quali ad esempio l’integrazione (da un punto di vista unicamente di ciclo termico e non della combustione o del trattamento degli effluenti gassosi) dell’impianto di termovalorizzazione con centrali tradizionali di produzione di energia da fonti fossili.

• Con riferimento alle indicazioni del BREF sull’incenerimento dei rifiuti, il rendimento complessivo di conversione dell’energia contenuta nel rifiuto in energia utile (termica + elettrica) deve essere pari almeno al 65%.

A fronte di tali prescrizioni, il progetto della MSE prevede quanto segue: o La potenza elettrica installata LORDA è pari a 52,0 MWe, da cui vanno dedotti

autoconsumi per circa 10 MWe, determinando una potenza netta di 42,0 MWe circa. Pertanto, il recupero energetico complessivo netto del CDR è in realtà significativamente inferiore al dato del 25% indicato come rendimento termico lordo complessivo. Una stima ragionevole pone questo rendimento netto nell’intorno del 20% (riferito al CDR in ingresso). Ad ogni modo è smentita l’affermazione contenuta nella Relazione Tecnica, secondo cui la gassificazione dei rifiuti garantisce elevati rendimenti energetici. I rendimenti sono in realtà quelli tipici dell’incenerimento e molto più bassi delle tradizionali centrali elettriche a metano, che oggi superano il 40% con i cicli combinati.

o Decisamente non proprio un grande risultato se confrontato con gli esistenti “inceneritori classici”. Tutti i dati della documentazione prodotta che rivendicato migliaia di KWh di EE netta per tonnellata di CDR risultano quindi largamente sovrastimati, essendo in realtà pari alla metà del dichiarato. E ciò solo se l’impianto marcerà regolarmente per 8.000 ore all’anno senza problemi. Il che è tutto da dimostrare.

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3.2.3.5 Altri input all’impianto della MSE Osservazione n. 3.2.3.5 La documentazione depositata dalla MSE non espone con la dovuta precisione e completezza l’insieme di tutti gli input dell’impianto e non ne considera le rilevanti implicazioni logistiche: 240 mila metri cubi all’anno di metano, 160 mila metri cubi all’anno di acqua industriale, 16.500 tonnellate all’anno di carbon coke, 11.000 tonnellate all’anno di calcare più una serie di altri prodotti anche “pericolosi” (tab.35 della Relazione Generale). Si osserva inoltre che la Relazione Tecnica (pag. 118/133) prevede uno stoccaggio di ossigeno pari a 200 metri cubi che richiede l’applicazione della legge Seveso non considerata nella Relazione di progetto che andrebbe quindi respinto in forza di questa singola osservazione. Sin qui si è analizzato il solo bilancio di energia elettrica. Ai fini di una valutazione complessiva del bilancio energetico dell’impianto e del suo conseguente rendimento complessivo vanno considerati anche gli altri assorbimenti di energia e gli altri input all’impianto. In particolare, l’impianto assorbirebbe: o Metano di rete: 720 metri cubi/giorno pari a 240.000 metri cubi all’anno. o Acqua industriale: 478 metri cubi al giorno, pari a 160.000 metri cubi all’anno.

L’acqua evaporata è pari a 90,3 metri cubi al giorno per ogni linea. Si conferma una tecnologia estremamente dispendiosa di una risorsa critica come l’acqua.

o Ossigeno: la Relazione Tecnica (pag. 118/133) prevede uno stoccaggio di ossigeno pari a 200 metri cubi. Tale quantità di ossigeno richiede l’applicazione della legge “Seveso”. Pertanto la richiesta di VIA va respinta in quanto incompleta.

o Carbon coke: 49.500 kg/giorno, pari a 16.500 tonnellate all’anno. o Calcare: 33.300 kg/giorno, pari a oltre 11.000 tonnellate all’anno. o Una serie di altri prodotti, anche “pericolosi” in quantità variabili, ma comunque

rilevanti (cfr. tabella pag. 35 della Relazione Generale). o Oltre agli aspetti di rendimento energetico qui investigati, la movimentazione di

tutti questi materiali comporta problemi logistici che vanno ad aggiungersi a quelli già insormontabili posti dalla movimentazione dei RSU.

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3.2.3.6 Stabilità a fronte di variazioni del materiale di alimentazione dell’impianto

Osservazione n. 3.2.3.6 L’affermazione che l’impianto garantirebbe stabilità a fronte di variazioni nel materiale di alimentazione all’impianto non solo non è credibile ma è lecito ritenere l’esatto opposto in ragione di: a) previsione di riciclo dei fanghi residui all’interno del reattore non prevista nel brevetto della tecnologia GMR; b) riconoscimento della stessa MSE che “Naturalmente gli elementi quantitativi indicati, essendo correlati in modo sostanziale alla composizione merceologica dei rifiuti, soggiacciono alle variazioni dovute alle condizioni stagionali ed alle condizioni sociali del periodo” (pag. 21 della Relazione Generale); c) Presenza tra gli input di provenienza esterna ammessi per l’impianto di ceneri e fanghi (codice CER 10) e scorie, ceneri e fanghi (codice CER 19). E’ lecito preoccuparsi che per l’impianto di Mediglia sia possibile, quanto meno, il ruolo di cloaca massima dei residui “pericolosi” provenienti da altri termovalorizzatori/inceneritori e/o di altra origine. In aggiunta alle osservazioni già esposte in precedenza (cf……), si può aggiungere che tutta la letteratura disponibile sull’argomento sostiene che esiste una forte correlazione tra l’incremento delle emissioni pericolose rispetto ai dati di targa di progetto, in presenza di oscillazioni anche modeste della composizione dei RSU in ingresso all’impianto. La stessa Relazione Generale (pag. 21) riconosce che “Naturalmente gli elementi quantitativi indicati, essendo correlati in modo sostanziale alla composizione merceologica dei rifiuti, soggiacciono alle variazioni dovute alle condizioni stagionali ed alle condizioni sociali del periodo”. Tale affermazione risulta molto preoccupante in quanto dall’esame della lista dei materiali ipotizzati come possibili input dell’impianto risultano non solo RSU, ma anche ceneri e fanghi (Codice 10:01) e scorie, ceneri e fanghi (Codice 19:01). Non è usuale trovare in questo tipo di documenti tale specificazione. Nei casi di Malagrotta e di Albano non venivano specificati. L’impressione che se ne trae è che questo impianto sia sostanzialmente dedicato allo smaltimento delle ceneri che vengono da altri inceneritori. Così si spiegherebbe anche la scelta di riciclare le polveri prodotte in questo gassificatore dentro il gassificatore stesso. Il tutto prefigura un utilizzo della tecnologia, già in sé

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altamente discutibile, al di fuori delle prescrizioni del brevetto di licenza e in assenza di esperienze (al mondo) degli effetti di simili stravolgimenti. Ad ogni modo, va tassativamente escluso che un inceneritore per RSU possa essere alimentato con rifiuti pericolosi come le ceneri: gli item CER 10 e CER 19 vanno eliminati dalla lista degli input ammessi. 3.2.3.7 Referenze della tecnologia e casi di successo Osservazione n. 3.2.3.7 In aggiunta a quanto già osservato al punto ….., si osserva che in Europa l’applicazione di tecnologie simili alla GMR ha prodotto risultati disastrosi a Fondotoce (Italia) e Karlsruhe (Germania). Si osserva inoltre che esistono numerosi altri esempi di proposte (utilizzanti tutti tecnologie similari di gassificazione dei RSU) che non hanno superato l’iter amministrativo e di impianti che, una volta costruiti, sono stati chiusi per il mancato rispetto dei vincoli sulle emissioni. Tra quelli chiusi per problemi operativi e mancato rispetto delle norme sulle emissioni vanno ricordati, oltre ai citati Fontodoce e Karlsruhe, i casi della Brightstar Environmental (Australia), della Hawai Medical (Honolulu, Hawai), della Allied Technology (Richland, Washington) e della Ebara (Broga, Malysia). Si osserva infine il caso dell’impianto della JFE per un impianto a Romoland, California (2004): l’impianto non superò un primo test sui forni nel 2004. Un test condotto nel 2005 utilizzando RSU fu dichiarato un successo dalla JFE. Ma una analisi condotta dal South Coast Air Quality Management District stabilì che i processi di pirolisi dell’impianto emettevano più diossine, Nox, composti organici volatili e particolati dell’insieme dei due grandi inceneritori dell’area di Los Angeles. In relazione ai riferimenti a supposti casi di successo nell’applicazione della tecnologia GMR in oggetto, prima di esaminare i casi Giapponesi (cui si è già fatto cenno al punto ….) varrebbe la pena di prendere in considerazione esempi geograficamente più prossimi, ossia gli impianti di Fondotoce in Italia e di Karlsruhe in Germania che utilizzavano la tecnologia gemella Thermoselect della JFE. L’impianto di Karlsruhe (cfr. EUWID n.18 del 3/5/2005) è stato chiuso in quanto “… il contratto tra l’operatore EnBW e le Autorità Municipali per il trattamento dei RSU è stato annullato. Dopo cinque anni di operazioni l’impianto di trattamento ad alta temperatura è stato chiuso alla fine del 2004 … Le perdite di EnBW ammontavano a

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100 milioni di euro … EnBW ha pagato alla Municipalità 1,45 milioni di euro come compensazione.”4

Va infine ricordato che la reputazione della Thermoselect/JFE è stata danneggiata anche da numerosi scandali. Nel 1995 la società versò 100mila marchi al partito Cristiano-Democratico CDU del Baden-Wuttemberg per ottenere l’approvazione dell’impianto di Karlsruhe. La società è stata anche coinvolta in tentativi di corruzione di politici al fine di ottenere autorizzazioni per localizzazioni di impianti in Svizzera ed Austria

Uno dei tanti test di monitoraggio aveva rivelato che il contenuto di diossina nei fumi risultava superiore di un fattore sette al limite di legge di 0,1 nanogrammi/m3. In due test su tre risultò che il contenuto di diossina nei gas “puliti” era significativamente maggiore di quello del gas che veniva avviato al trattamento di pulizia. Per quanto riguarda l’impianto italiano di Fondotoce (Lago Maggiore) basta ricordare che nel dicembre 1999 il fondatore e ingegnere capo della Thermoselect e due membri del Consiglio di Amministrazione sono stati condannati da tribunali italiani per violazioni ambientali a sei mesi di arresto con la condizionale e al pagamento di multe. Tali violazioni si riferivano anche all’inquinamento del lago con composti tossici, compreso il cianuro, il cloro e composti di azoto.

5

In aggiunta ai casi citati, esistono numerosi altri esempi di proposte (utilizzanti tutti tecnologie similari di gassificazione dei RSU) che non hanno superato l’iter amministrativo e di impianti che, una volta costruiti, sono stati chiusi per il mancato rispetto dei vincoli sulle emissioni. Tra quelli chiusi per problemi operativi e mancato rispetto delle norme sulle emissioni vanno ricordati, oltre ai citati Fontodoce e Karlsruhe, i casi della Brightstar Environmental (Australia), della Hawai

.

4 L’impianto di Karlsruhe è identico a quello dei progetti presentati da Co.La.Ri per Malagrotta, e molto simile a quelli

proposti per Albano e Mediglia. A Karlsruhe, ottenuto il permesso di realizzazione nel 1996, solo nel 2002 veniva concesso il permesso ad operare a determinate condizioni, in quanto in fase di sperimentazione le soglie nocive di emissioni erano state superate e l’impianto era stato sottoposto a numerose trasformazioni in corso d’opera. Il permesso fu rilasciato sulla base di un test durato 4 settimane (dal 23 ottobre al 21 novembre 2001), periodo nel quale le tre linee hanno lavorato al 60% della potenza dichiarata.

A fronte di un permesso di consumo di acqua pari a 356.000 metri cubi all’anno, l’impianto ha consumato 400.000 metri cubi di acqua in sei mesi; anche il consumo di gas per il funzionamento degli altoforni è risultato superiore alle aspettative collocandosi tra i 290 e i 380 metri cubi per tonnellata di CDR.

Sulla base di tale pessima performance l’impianto, che avrebbe dovuto gassificare 250 tonnellate al giorno di RSU (poco più di un quarto di quanto previsto a Mediglia), è stato in condizione di gassificare non oltre le 120 tonnellate al giorno nel 2002, anno di picco di utilizzo.

Della vicenda si sono occupati per anni i giornali locali. 5 Nella trasmissione “Per un pugno di rifiuti” a firma della giornalista Dinorah Cervini, mandato in onda il 15 novembre

2007 dalla Televisione della Svizzera Italiana per la rubrica “Falò”, l’ing. Mauro Gandolla, ex responsabile per il settore rifiuti del Canton Ticino, denuncia pubblicamente il tentativo di corruzione e le successive pressioni anche a livello familiare subite dalla Thermoselect che lo hanno indotto a dare le dimissioni dal suo incarico.

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Medical (Honolulu, Hawai), della Allied Technology (Richland, Washington) e della Ebara (Broga, Malysia). Fra le proposte che non hanno superato l’iter di approvazione per incapacità dei proponenti di dimostrare la validità delle loro promesse di “affidabilità” e “emissioni non misurabili” si devono ricordare:

• Proposta della North America Power Company per un impianto a Chowchilla, California (2003): ritirata dalla società proponente a seguito dell’opposizione delle comunità locali per non essere stata in grado di dimostrate la validità della loro “promessa” di zero emissioni.

• Proposta della Alameda Power e della APT per un impianto ad Alameda, California (2003): APT spese mezzo milione di dollari in consulenze per convincere la municipalità della validità della tecnologia di gassificazione. L’ Alameda Public Utilities Board espresse riserve e votò contro l’idea di continuare con studi su tali tecnologie di conversione “finché saranno disponibili dati verificabili su cui basare le decisioni”.

• Impianto della NET e della JFE per un impianto a Romoland, California (2004): l’impianto non superò un primo test sui forni nel 2004. Un test condotto nel 2005 utilizzando RSU fu dichiarato un successo dalla JFE. Ma una analisi condotta dal South Coast Air Quality Management District stabilì che i processi di pirolisi dell’impianto emettevano più diossine, Nox, composti organici volatili e particolati dell’insieme dei due grandi inceneritori dell’area di Los Angeles.

• Proposta della Plastic Energy LCC per un impianto in Hanford, California (2002): l’impianto fu inizialmente autorizzato senza informare la comunità e senza analisi di VIA. I residenti e greenaction forzarono l’agenzia competente a revocare il permesso per l’insufficienza dei dati forniti a giustificazione delle “promesse” sulle emissioni. Nel novembre 2004 esponenti della compagnia parteciparono a un forum organizzato dalla comunità locale nel corso del quale ammisero che la loro tecnologia implicava emissioni tossiche, che non avevano a disposizione i dati per impianti simili che avevano detto di avere e annunciarono la sospensione del progetto. La compagnia non ha ripresentato richiesta di autorizzazione.

• Proposta della Global Energy Resources a Sierra Vista, Arizona (2004): la compagnia, per ottenere l’autorizzazione, affermò che il loro progetto non avrebbe avuto emissioni e che essi già possedevano e operavano impianti simili. Sfidati a dimostrare queste affermazioni nel corso di un dibattito con l’Autorità locale, i consulenti ammisero che ci sarebbero state delle emissioni pericolose e che la compagnia non aveva mai né posseduto né operato impianti simili. Il progetto è stato cancellato.

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4. Osservazioni per aspetti medico-sanitari 4.1 Assenza del piano di monitoraggio sanitario Osservazione n. 4.1 La documentazione depositata da MSE è largamente deficitaria al fine di una corretta valutazione medico-sanitaria del progetto in quanto non contiene riferimenti alle possibili conseguenze per una esposizione prolungata della popolazione residente alle emissioni dell’impianto. La stessa documentazione non include altresì un Piano di Monitoraggio Sanitario. In primo luogo va osservato che la documentazione presentata da MSE S.p.A., pur includendo un piano di monitoraggio ambientale, NON include un piano di monitoraggio sanitario periodico della popolazione la cui salute potrebbe essere presumibilmente messa a rischio dalla realizzazione del progetto. Tale rilievo assume particolare pregnanza alla luce di numerosi studi recenti elaborati da clinici di chiara fama in materia di effetti nocivi sulla salute derivanti da emissioni da impianti di termovalorizzazione dei RSU. 4.2 Sulle gravi e documentate conseguenze mediche dell’esposizione

prolungata alle emissioni da impianti di termovalorizzazione Osservazione n. 4.2 Le conseguenze documentate da studi clinici di effetti devastanti sulla salute di persone esposte per lungo tempo alle emissioni da impianti di termovalorizzazione evidenziano l’insorgere ben oltre le normali soglie statistiche di: neoplasie in genere, linfomi non-Hodgkins, neoplasie polmonari, neoplasie infantili, sarcomi dei tessuti molli, tra gli altri. Il contenuto dello studio “Effetti sulla salute umana degli impianti di incenerimento dei rifiuti” a cura della d.ssa Patrizia Gentilizi, oncologa, Associazione dei Medici per l’Ambiente, ISDE Italia riportato nel seguito si intende parte integrante della presente osservazione 4.2, inclusi i riferimenti bibliografici ivi inclusi e qui omessi per brevità. Qui si riporta solo l’efficace frase conclusiva: “… appare moralmente inaccettabile continuare ad esporre le popolazioni a rischi assolutamente evitabili.”

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A titolo di esempio significativo, si riporta nel seguito un adattamento dello studio “Effetti sulla salute umana degli impianti di incenerimento di rifiuti: cosa emerge dallo studio di Forlì” a cura della d.ssa Patrizia Gentilizi, oncologa, Associazione dei Medici per l'Ambiente, I.S.D.E. Italia. • Nelle popolazioni esposte alle emissioni di inquinanti provenienti da inceneritori

sono stati segnalati numerosi effetti avversi sulla salute sia neoplastici che non. Fra questi ultimi si annoverano: incremento dei nati femmine e parti gemellari, incremento di malformazioni congenite, ipofunzione tiroidea, diabete, ischemie, problemi comportamentali, patologie polmonari croniche aspecifiche, bronchiti, allergie, disturbi nell’ infanzia. Ancor più numerose e statisticamente significative sono le evidenze per quanto riguarda il cancro: segnalati aumenti di: cancro al fegato, laringe, stomaco, colon-retto, vescica, rene, mammella. Particolarmente significativa risulta l’ associazione per cancro al polmone, linfomi non Hodgkin, neoplasie infantili e soprattutto sarcomi, patologia “sentinella” dell’ inquinamento da inceneritori.

• Gli impianti di incenerimento rientrano fra le industrie insalubri di classe I in base all’articolo 216 del testo unico delle Leggi sanitarie (G.U. n. 220 del 20/09/1994 , s.o.n.129) e qualunque sia la tipologia adottata (a griglia, a letto fluido, a tamburo rotante) e qualunque sia il materiale destinato alla combustione (rifiuti urbani, tossici, ospedalieri, industriali, ecc) danno origine a diverse migliaia di sostanze inquinanti, di cui solo il 10-20% è conosciuto. La formazione di tali inquinanti dipende, oltre che dal materiale combusto, dalla mescolanza assolutamente casuale delle sostanze nei forni, dalle temperature di combustione e soprattutto dalle variazioni delle temperature stesse che si realizzano nei diversi comparti degli impianti, come è stato descritto anche recentemente.

• Fra gli inquinanti emessi dagli inceneritori possiamo distinguere le seguenti grandi categorie: Particolato - inalabile (PM10), fine (PM2.5) ed ultrafine ( inferiore a 0.1 micron) - metalli pesanti, diossine, composti organici volatili, ossidi di azoto ed ozono. Si tratta in molti casi di sostanze estremamente tossiche, persistenti, bioaccumulabili; in particolare si riscontrano: Arsenico, Berillio, Cadmio, Cromo, Nichel, Benzene,Piombo, Diossine, Dibenzofurani, Policlorobifenili, Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA) ecc. Le conseguenze che ciascuno di essi, a dosi anche estremamente basse, esercita sulla salute umana sono documentate da una vastissima letteratura e nuovi effetti sono stati descritti recentemente per molti di essi. Tali effetti possono essere diversi e più gravi in relazione alla predisposizione individuale e alle varie fasi della vita e sono soprattutto pericolosi per gli organismi in accrescimento, i feti e i neonati.

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• Metalli pesanti e diossine rappresentano le due categorie più note e studiate di inquinamento prodotto da inceneritori, anche se un recente articolo richiama l’ attenzione anche sulla pericolosità del particolato ultra fine che si origina dagli inceneritori. I metalli pesanti sono considerati un “tracciante” specifico dell’inquinamento di tali impianti: anche il recente studio “ Patos” della regione Toscana - che ha raccolto e tipizzato il particolato atmosferico di diverse centraline dislocate nel territorio - attribuisce la maggior variabilità di metalli pesanti riscontrata a Montale, territorio rurale, proprio alla presenza di un impianto di incenerimento per varie tipologie di rifiuti. Arsenico, Berillio, Cadmio, Cromo, Nickel, sono cancerogeni certi (IARC 1) per polmone, vescica, rene, colon, prostata; Mercurio e Piombo sono classificati con minor evidenza dalla IARC (livello 2B) ed esplicano danni soprattutto a livello neurologico e cerebrale, con difficoltà dell’apprendimento, riduzione del quoziente intellettivo (QI), iperattività (13-14). Si calcola che ogni anno nascano negli U.S.A. da 316.000 a 637.000 bambini con un livello di mercurio nel sangue ombelicale superiore a 5,8 mcg/litro, livello che determina diminuzione significativa del Quoziente Intellettivo (Q.I.); la perdita di produttività negli U.S.A. conseguente all’aumento di popolazione con minor Q.I. è calcolato in 8,7 miliardi di $ (15). Per il Piombo si è calcolato che nel 1997 il costo per i danni sui bambini sia ammontato a ben 43.4 miliardi di dollari! Per quanto riguarda le diossine gli inceneritori risultano essere la II fonte di emissione di diossine in Europa, dopo le acciaierie ed una recente revisione ne ha ribadito il ruolo. Le diossine, la cui tossicità si misura in picogrammi (miliardesimi di milligrammo), sono liposolubili e persistenti (tempi di dimezzamento 7-10 anni nel tessuto adiposo, da 25 a 100 anni sotto il suolo), vengono assunte per il 95% tramite la catena alimentare in quanto si accumulano in cibi quali carne, pesce, latte, latticini, compreso il latte materno, che rappresenta il veicolo in cui esse maggiormente si concentrano. La più tristemente nota è la TCDD (2,3,7,8-tetraclorodibenzo-p-dioxin) (tetraclorodibenzodiossina) che, a 20 anni dal disastro di Seveso, è stata riconosciuta nel 1997 dalla Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) a livello I, ossia come cancerogeno certo per l’uomo ed il cui ruolo è stato anche di recente rivisitato. Del tutto recentemente, inoltre è stato individuato e descritto un altro possibile meccanismo di azione di queste sostanze: la formazione di enzimi atipici che interferiscono con i fisiologici meccanismi di degradazione delle proteine.

• Le diossine, esplicano complessi effetti sulla salute umana in quanto sono in

grado di legarsi ad uno specifico recettore nucleare - AhR - presente sia nell’uomo che negli animali, con funzione di fattore di trascrizione. Una volta avvenuto il legame fra TCDD e recettore con la formazione del complesso ARNT/HIF-1B, la trascrizione di numerosi geni - in particolare P4501A1 - viene

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alterata sia in senso di soppressione che di attivazione, con conseguente turbamento di molteplici funzioni cellulari, in particolare dell’apparato endocrino (diabete, disfunzioni tiroidee), dell’apparato riproduttivo (endometriosi, infertilità, disordini alla pubertà), del sistema immunitario e, soprattutto, con effetti oncogeni, con insorgenza soprattutto di linfomi, sarcomi, tumori dell’apparato digerente, tumori del fegato e delle vie biliari, tumori polmonari, tumori della tiroide, tumori ormono-correlati quali cancro alla mammella ed alla prostata.

• Gli inquinanti emessi dagli inceneritori esplicano i loro effetti nocivi sulla salute

delle popolazioni residenti in prossimità degli impianti o perché vengono inalati, o per contatto cutaneo, o perché, ricadendo, inquinano il territorio e quindi i prodotti dell’agricoltura e della zootecnia. Questo è il caso in particolare delle diossine. Non a caso, il Decreto Legislativo 228 del 18/05/2000 stabilisce che non sono idonee ad ospitare inceneritori le zone agricole caratterizzate per qualità e tipicità dei prodotti. In diversi paesi europei ( Olanda, Spagna, Belgio, Francia) sono state segnalate contaminazioni da diossine, specie di latte e suoi derivati, in aziende agricole poste in prossimità di tali impianti. Non va dimenticato inoltre che gli alimenti eventualmente contaminati possono essere distribuiti e consumati altrove, per cui la popolazione esposta può essere ovviamente molto più numerosa. La stima dell’esposizione di fondo (TCDD e similari) nei paesi dell’Unione Europea è compresa fra 1,2-3.0 pg/WHO TEQ/kg pro capite; tali limiti sono già ampiamenti superati in diverse realtà e, se pensiamo che l’UE raccomanda come dose massima tollerabile 2pg/TEQ/kg.day, è ovvio che qualsivoglia ulteriore esposizione porterebbe facilmente a superare ciò che la stessa Unione Europea raccomanda!

• La letteratura medica segnala circa un centinaio di lavori scientifici a

testimonianza dell’interesse che l’argomento riveste. Fra questi, diverse decine sono costituiti da studi epidemiologici condotti per indagare lo stato di salute delle popolazioni residenti intorno a tali impianti e/o dei lavoratori addetti e, nonostante le diverse metodologie di studio applicate ed i numerosi fattori di confondimento, sono segnalati numerosi effetti avversi sulla salute, sia neoplastici che non. Prima di esporre i dati a nostro avviso più eclatanti, appare comunque opportuno ricordare come anche di recente sia stato ribadito quanto pesantemente gli interessi economici influenzino la salute pubblica e come errori negli studi epidemiologici, sia nella selezione dei casi come dei controlli, possano sottostimare le conseguenze sulla salute. Di recente questo è stato ribadito per i rischi occupazionali, ma non si vede perché ciò non possa anche essere vero in epidemiologia ambientale, in cui le variabili in gioco sono ancora maggiori. Gli effetti non neoplastici più segnalati sono ascrivibili soprattutto agli effetti di

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diossine (e più in generale degli endocrin disruptor) ed all’emissione di particolato e ossidi di azoto. Sono stati descritti: alterazione nel metabolismo degli estrogeni, incremento dei nati femmine e parti gemellari, incremento di malformazioni congenite, ipofunzione tiroidea, disturbi nella pubertà, ed anche diabete, patologie cerebrovascolari, ischemiche cardiache, problemi comportamentali, tosse persistente, bronchiti, allergie. Un ampio studio condotto in Giappone ha analizzato lo stato di salute di 450.807 bambini da 6 a 12 anni della prefettura di Osaka - ove sono attivi 37 impianti di incenerimento per rifiuti solidi urbani (RSU) - ed ha evidenziato una relazione statisticamente significativa fra vicinanza della scuola all’impianto di incenerimento e sintomi quali: difficoltà di respiro, mal di testa, disturbi di stomaco, stanchezza

• Neoplasie: ancor più numerose e statisticamente significative sono comunque le

evidenze emerse per quanto il cancro e più che analizzare i singoli studi sembra più utile riportare quanto segue: la revisione di 46 studi, selezionati in quanto condotti con particolare rigore, evidenzia un incremento statisticamente significativo nei 2/3 degli studi che hanno analizzato incidenza, prevalenza, mortalità per cancro (in particolare cancro al polmone, linfomi Non Hodgkin, sarcomi, neoplasie infantili). Segnalati anche aumenti di cancro al fegato, laringe, stomaco, colon-retto, vescica, rene, mammella. L’indagine francese “Etude d’incidence des cancers à proximité des usines d’incenèration d’ordures ménagerer” dell’Invs. Departement Santè Environnement 2006 ha esaminato 135.567 casi di cancro insorti negli anni 1990-99 su 25.000.000 persone/anno residenti in prossimità di inceneritori. In questo studio è stato considerato come indicatore l’esposizione alle diossine e passando dal minor al maggior grado di esposizione si registra un aumento statisticamente significativo (p<0.05) di rischio per: tutti i cancri nelle donne dal +2.8% al +4%, cancro alla mammella dal +4.8% al +6.9%, linfomi dal +1.9% al +8.4, tumori al fegato dal +6.8% al +9.7%; per i sarcomi il rischio passa dal +9.1% al +13% (p=0.1). Le neoplasie che più appaiono correlate all’esposizione ad inquinanti emessi da inceneritori sono i linfomi non Hodgkin (LNH), i tumori polmonari, le neoplasie infantili ed i sarcomi; i dati a questo riguardo saranno pertanto analizzati più in dettaglio.

• Linfomi Non Hodgkin : si tratta di patologie di cui si è registrato un preoccupante

aumento sia di incidenza che di mortalità nonostante i grandi progressi registrati dal punto di vista terapeutico. Il ruolo che inquinanti - peraltro normalmente presenti nelle emissioni degli inceneritori - hanno nella loro patogenesi è stato anche di recente ribadito.

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Per quanto attiene i linfomi NH, alcuni degli studi più recenti che hanno evidenziato tale relazione sono: lo studio condotto a Besancon in cui è risultato un RR di incidenza di LNH pari a 2,3 nella popolazione residente in prossimità di impianto di incenerimento per rifiuti ed il cui impatto ambientale è stato anche di recente riconsiderato alcuni studi condotti in Toscana che hanno evidenziato eccessi di mortalità in conseguenza dell'inquinamento da diossine per la presenza di inceneritori. Questi risultati sono poi stati confermati in un’analisi condotta su 25 comuni d’Italia ove sono attivi impianti di incenerimento: da essa emerge un eccesso di mortalità in media dell’8% nel sesso maschile. Nel comune di Forlì ad es. negli anni 1981-2001 si sono riscontrati 80 decessi invece dei 70 attesi .

• Neoplasie polmonari: Per quanto attiene le neoplasie polmonari il rischio

rappresentato dall’inquinamento ambientale è ormai fuori dubbio; esso risulta in particolare correlato all’esposizione a metalli pesanti ed al particolato ultrafine: per quest’ultimo si calcola che per ogni incremento di 10 microgrammi/m3 si abbia un incremento del 14% di mortalità per cancro al polmone. Per quanto attiene il Rischio Relativo di mortalità per neoplasie polmonari in persone residenti in prossimità di impianti o in personale addetto, esso è risultato variabile da 2 a 6.7.

• Neoplasie Infantili: le neoplasie infantili sono, fortunatamente, patologie

relativamente rare, di cui tuttavia si sta registrando un costante aumento che non può non destare allarme: secondo i dati riportati su Lancet infatti i tumori infantili sono aumentati in Europa negli ultimi trenta anni di circa l’1.2% /per anno da 0 a 12 anni e dell’ 1.5% dai 12 ai 19 anni. Numerosi fattori sono stati invocati per spiegare questi dati epidemiologici, non ultimo che si tratti di aumenti “fittizi”, legati alle migliori capacità diagnostiche della Medicina. Tali osservazioni sono state oggetto di vivaci disquisizioni scientifiche, ma, di fatto, l’aumento delle neoplasie infantili è un dato ormai universalmente riconosciuto ed attribuibile, verosimilmente, alla sempre maggior presenza nell’ambiente di agenti tossici ed inquinanti. Gli studi epidemiologici condotti in Gran Bretagna dal Prof E.G. Knox sulle neoplasie infantili in quel paese sono, a questo riguardo, di particolare interesse; in prossimità di impianti di incenerimento segnalano un aumento di mortalità per neoplasie infantili con RR variabile da 2 a 2,2 ( 46-47-48). Del tutto recentemente questo ricercatore ha confermato che le neoplasie insorte nell’infanzia sono correlate con esposizione a cancerogeni atmosferici noti quali quelli provenienti da combustioni industriali, Composti Organici Volatili (VOCs), composti esausti del petrolio e da altri agenti quali 1-3 butadiene, diossine e

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benzopirene. Il rischio è risultato statisticamente significativo per i bambini con indirizzo alla nascita entro 1 km dalla fonte di emissione.

• Sarcomi dei Tessuti Molli: da numerose segnalazioni proprio i sarcomi vengono

ritenuti patologie “sentinella” del multiforme inquinamento prodotto da impianti di incenerimento e sono stati correlati in particolare all’esposizione a diossine. Fra questi ricordiamo l’indagine condotta a Besancòn (Francia) in prossimità di un impianto con emissione di elevati livelli di diossine, che ha riscontrato un aumento di rischio di incidenza di sarcomi del +44% e lo studio condotto a Mantova, in prossimità di un inceneritore per rifiuti industriali che ha evidenziato un Odds Ratio, di incidenza di sarcoma dei tessuti molli nei residenti entro 2 km dall’ impianto pari a 31.4. Di grandissimo interesse risulta poi il recente studio sui sarcomi in provincia di Venezia che ha dimostrato un rischio di sviluppare la malattia 3.3 volte più alto fra i soggetti con più lungo periodo e più alto livello di esposizione ed ha evidenziato inoltre come il massimo rischio sia correlato, in ordine decrescente, alle emissioni provenienti rispettivamente da rifiuti urbani, ospedalieri ed industriali.

• Dati di Forlì: cosa risulta dallo studio Enhance Health: del tutto recentemente

(marzo 2007) è stato presentato a Forlì lo studio Enhance Health, reperibile sul web nel sito di un consigliere comunale. Si tratta di uno studio, finanziato dalla Comunità Europea, i cui obiettivi erano:

1. dare una visione globale del possibile impatto sulla salute in aree ove sono ubicati inceneritori attraverso studi pilota sintetizzare i risultati dei 3 studi pilota condotti nelle vicinanze di inceneritori in Ungheria, Italia, Polonia ( di quest’ultimo non vengono forniti dati in quanto l’impianto non è ancora attivo)

2. fornire spunti valutativi per l’implementazione di un sistema di sorveglianza integrato (ambientale e sanitario) i cui elementi fondanti vengono individuati in: monitoraggio dello stato di salute con dati di mortalità e morbilità e monitoraggio dell’inquinamento dell’aria.

Nel Report finale sono disponibili i dati relativi alle indagini effettuate in Ungheria ed in Italia e in entrambe, a nostro avviso, non mancano elementi di preoccupazione. Purtroppo le metodologie usate nei due paesi sono state diverse e questo rende i risultati non confrontabili fra loro (in palese contraddizione con le premesse, che letteralmente recitano “il Partner Ungherese, il Partner Polacco, l’ARPA e l’AUSL per l’Italia, hanno condotto l’attività di sperimentazione assicurando la comparabilità dei risultati al fine di garantire la “trasferibilità” nonché correttezza scientifica del progetto”).

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• Ungheria-Dorog: per quanto attiene l’ Ungheria, l’indagine è stata condotta a Dorog - ove è presente un inceneritore per rifiuti tossici che dal 1980 al 1996 ha trattato 30.000 ton/anno. E’ stato valutato lo stato di salute della popolazione residente entro 30 km dall’ impianto attraverso l’analisi di dati di mortalità e morbidità. Le analisi sono state condotte per anelli concentrici di 5 km rispetto all’impianto, aggiustate per sesso ed età sia per la mortalità che per la morbilità e confrontate con i dati nazionali. Per quanto riguarda la mortalità sono state analizzate le seguenti cause: Tutte le cause, tutti i tumori, cancro al polmone, leucemie, cancro al colon-retto, malattie cerebrovascolari, malattie respiratorie croniche, malattie ischemiche cardiache. I risultati sono:

1. nel sesso maschile si registrano i seguenti aumenti statisticamente significativi di SMR (standardized mortality ratio): +38% per cancro al colon-retto, +65% per eventi cardiaci, +35% per eventi cerebro-vascolari, +42% per malattie polmonari croniche.

2. nel sesso femminile si registra un aumento statisticamente significativo di SMR del +49% per eventi cerebrovascolari.

Particolarmente significativa è anche la mortalità per patologie polmonari croniche in funzione della distanza, in cui è evidente il progressivo incremento fino a 15 km dall’ impianto. Per quanto riguarda la morbilità infantile, in particolare, si registra un incremento di problemi delle alte e basse vie respiratorie, di bronchiti e polmoniti sia in funzione dei livelli di PM 10 che di monossido di carbonio. • Italia-Forlì : ancor più interessanti sono tuttavia i dati che emergono dallo studio

di Forli, ove sono attivi due impianti: uno per rifiuti ospedalieri ed uno per RSU. L’indagine è stata condotta con metodo Informativo Geografico (GIS) ed ha riguardato l’esposizione a metalli pesanti (stimata con un modello matematico) della popolazione residente per almeno 5 anni entro un’area di raggio di 3.5 km dagli impianti. Sono stati analizzati dati di mortalità (per tutte le cause e per singole cause, per tutti i tumori e per singole neoplasie), di incidenza per i tumori ed i ricoveri ospedalieri per singole cause. Il confronto è stato fatto prendendo come popolazione di riferimento quella esposta al minor livello stimato di ricaduta di metalli pesanti. Per il sesso maschile non emergono differenze per quanto attiene la mortalità complessiva e la mortalità per tutti i tumori, ad eccezione del cancro a colon retto (come già a Dorog) e prostata, che presentano entrambi un RR statisticamente significativo pari a 2.07 nel terzo livello di esposizione. Si fa notare comunque che gli stessi estensori, nella Discussione dei Risultati, letteralmente affermano: “l’analisi dei ricoveri ospedalieri mostra un aumento

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nella frequenza di angina, BPCO e asma negli uomini residenti nell’area più vicina agli impianti”

Per il sesso femminile i risultati che emergono sono invece, a nostro avviso, particolarmente inquietanti. Si registrano infatti eccessi statisticamente significativi sia nella mortalità complessiva che nella mortalità per tumori. Nello specifico risulta nelle donne un aumento del rischio di morte per tutte le cause, correlato alla esposizione a metalli pesanti, tra il +7% e il +17%. La mortalità per tutti tumori aumenta nella medesima popolazione in modo coerente con l’aumento dell’esposizione dal +17% al +54%. In particolare per il cancro del colon-retto il rischio è compreso tra il + 32% e il +147%, per lo stomaco tra il +75% e il +188%, per il cancro della mammella tra il + 10% ed il +116%.

Questa stima appare particolarmente drammatica perché si basa su un ampio numero di casi (358 decessi per cancro tra le donne esposte e 166 tra le “non” esposte) osservati solo nel periodo 1990-2003 e solo tra le donne residenti per almeno 5 anni nell’area inquinata.

Tali risultati potrebbero essere ancora di ancora maggior rilievo, qualora la popolazione di riferimento fosse realmente non esposta: infatti il livello minimo di esposizione preso come riferimento corrisponde ad una ricaduta stimata dei metalli pesanti compresa tra 0,61 e 1.9 ng/m3, valore certo non nullo né trascurabile. Davvero singolari appaiono pertanto le conclusioni dell’indagine in cui letteralmente si afferma “lo studio epidemiologico dell’area di CF nell’analisi dell’intera coorte per livelli di esposizione ambientale potenzialmente attribuibili agli impianti di incenerimento (tracciante metalli pesanti) con aggiustamento per livello socio-economico della popolazione, non mostra eccessi di mortalità generale e di incidenza di tutti i tumori.” Aggregando insieme il sesso maschile (in cui non si registrano eccessi) ed il sesso femminile si ottiene una “diluizione” dei risultati emersi e una sottostima di quelle che sono le reali condizioni di salute della popolazione esaminata. Le nostre preoccupazioni sembrano tuttavia, almeno in parte, condivise dagli stessi estensori del Report che più oltre affermano: “Tuttavia, analizzando le singole cause, sono stati riscontrati alcuni eccessi di mortalità e incidenza da considerare con maggior attenzione. Infatti è stato riscontrato nelle donne un eccesso di mortalità per tumori dello stomaco, colon retto mammella e tutti i tumori”.

Per i sarcomi possono farsi analoghe considerazioni. Anche in questo caso emergono - a nostro avviso - dati inquietanti: sono infatti elencati nella tabella

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riassuntiva n° 6 ben 18 casi di sarcoma, di cui si perde in qualche modo traccia nelle tabelle generali, in cui sono disaggregati per sesso. Trattandosi di patologie rare, disaggregando per sesso si perde di significatività, con l’effetto di togliere rilievo ad un dato altrimenti particolarmente significativo in quanto riferito a una patologia “sentinella” dell’inquinamento da inceneritori. Anche in questo caso, tuttavia, gli stessi estensori dello studio non possono fare a meno di annotare nella discussione (pag. 42) che “gli eccessi di mortalità per sarcoma dei tessuti molli sono degni di nota” affermando, a pag. 39, che, “si osserva un aumento statisticamente significativo della mortalità nel livello più elevato di metalli pesanti ( RR = 10.97, IC 95%=1.14-105.7, 3 casi) per la coorte di tutti i residenti”.

• Conclusioni: l’impressione che rimane, dopo un’attenta lettura del Report di

Enhance Health come di tanta altra letteratura, è che le informazioni che di volta in volta potrebbero apparire per lo meno inquietanti, vengano poi immediatamente smentite, attenuate o corrette con intento tranquillizzante: la finalità delle indagini condotte sembrerebbe pertanto non quella di evidenziare i rischi per la salute delle popolazioni esaminate, ma quella di non destare allarme. A nostro avviso, viceversa, i risultati che emergono dallo studio Enhance Health sono fortemente preoccupanti ed in linea con quanto riportato dalla letteratura precedentemente esaminata e soprattutto con l’indagine francese che registra i maggiori danni alla salute proprio nel sesso femminile, che appare essere particolarmente vulnerabile e più sensibile all’ inquinamento ambientale. Questi dati sono ancora più allarmanti se li si considera alla luce del contesto geografico del nostro territorio. La Romagna è situata nella Pianura Padana, area fra le più inquinate non solo d’Europa ma dell’intero pianeta: si consideri che il comunicato del 10 ottobre 2007 dell’ Agenzia Europea dell’ Ambiente ha stimato una perdita di speranza vita alla nascita variabile dai 9 ai 36 mesi per i livelli di PM 2.5 di origine antropica emesso nel 2000! Nella nostra regione si registra inoltre una delle più alte incidenze di cancro di tutto il paese. Per quanto attiene il sesso maschile la Romagna è al 1° posto per incidenza di cancro nella nostra regione e al 4° posto in Italia dopo Friuli Venezia Giulia, Veneto e Varese. Dai dati del Registro Tumori della Romagna pubblicati e riferiti al quinquennio 1998-2002 risulta infatti una incidenza di 498,2 casi/anno per 100.000 abitanti nel sesso maschile (tutti i tumori escluso cute), contro una incidenza in Italia di 470,3 casi /anno per 100.000 abitanti. Sembra inoltre che da noi non si stia verificando il rallentamento generalmente segnalato nell’incidenza di cancro nel sesso maschile: l’aumento in percentuale nel nostro territorio è infatti del 6,14% rispetto al quinquennio precedente (1992-1997), contro un incremento medio in Italia dell’ 1,4%.

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Per quanto riguarda il sesso femminile si registrano dati per certi versi ancora più preoccupanti: l’incidenza di cancro nelle donne è infatti in Emilia Romagna la più alta d’Italia: la Romagna è al 3° posto in Italia dopo Parma e Ferrara per incidenza di cancro nelle donne con 425,2 casi/anno per 100.000 donne (tutti i tumori escluso cute) vs una incidenza in Italia di 398,70 casi/anno e l’incremento percentuale che si è registrato rispetto al quinquennio precedente (1992-97) è del 10,50% vs una media in Italia del 4,79%. I dati sopra esposti vengono spesso attribuiti al buon livello di assistenza sanitaria e di diagnosi precoce (certamente presente e di cui non possiamo che rallegrarci), ma ancora una volta sembra che non si voglia indagare su altre possibili cause, in primis l’assenza di efficaci interventi di Prevenzione Primaria che appaiono indifferibili dato l’elevatissimo grado di inquinamento che ci caratterizza. Una buona occasione di fare Prevenzione Primaria è a nostro avviso quella di scegliere metodi di gestione dei rifiuti alternativi all’incenerimento, evitando di costruire impianti che emettono pericolosi inquinanti, tra cui anche sostanze classificate come cancerogeni certi per l’uomo. Sotto questo profilo appare moralmente inaccettabile continuare ad esporre le popolazioni a rischi assolutamente evitabili.