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Progetto RiUscire Rete Universitaria SocioCulturale per l'Istruzione e il Recupero in Carcere Key A2 - Cooperation for innovation and the exchange of good practices - Codice attività: 2014-1-IT02-KA204-003517 CUP (E62I14000310005) Intellectual Output 05 Study Report: Good Practices Analysis Fase del progetto/Project phase Implementation Descrizione/Description Ricognizione di buone pratiche riguardanti i modelli ed i percorsi di: educazione linguistica e/o culturale per detenuti nei Paesi coinvolti; formazione per il miglioramento di competenze interculturali degli operatori coinvolti; aggiornamento/perfezionamento/formazione per docenti che operano in contesto penitenziario.

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 Progetto RiUscire Rete Universitaria SocioCulturale per l'Istruzione e il Recupero in Carcere

Key A2 - Cooperation for innovation and the exchange of good practices - Codice attività: 2014-1-IT02-KA204-003517 CUP (E62I14000310005)

 

   

Intellectual  Output  05    

Study  Report:  Good  Practices  Analysis    Fase  del  progetto/Project  phase  Implementation    Descrizione/Description    Ricognizione  di  buone  pratiche  riguardanti   i  modelli   ed   i  percorsi  di:  educazione   linguistica  e/o  culturale  per  detenuti  nei  Paesi  coinvolti;  formazione  per  il  miglioramento  di  competenze  interculturali   degli   operatori   coinvolti;   aggiornamento/perfezionamento/formazione   per  docenti  che  operano  in  contesto  penitenziario.  

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 Progetto RiUscire Rete Universitaria SocioCulturale per l'Istruzione e il Recupero in Carcere

Key A2 - Cooperation for innovation and the exchange of good practices - Codice attività: 2014-1-IT02-KA204-003517 CUP (E62I14000310005)

 

(O5)   The   Study   Report   contains   the   results   of   the   Good   Practices   collection   and   analysis  carried  out  in  the  partner  countries.  They  concern  models  for  linguistic/cultural  education  for  inmates;  training  for  the  improvement  of  intercultural  communication  skills  for  penitentiary  staff  and  teachers.  The  analysis  of  the  good  practices  has  been  conducted  with  the  revision  of  the   three  anonymous  referees.  The   results  are  widely  descripted   in   the  volume:  A.  Benucci,  G.Grosso,  Buone  pratiche  e  repertori  linguistici  in  carcere,  2017,  Roma,  Aracne.          Report    2.  Buone  Pratiche:  definizioni  e  campo  di  indagine  

Il  concetto  di  ‘buona  pratica’,  per  la  sua  genericità  è  sempre  stato  di  difficile  definizione  e  ancora  di  più  riguardo  alla  nozione  che  assume  in  contesto  penitenziario  europeo,  al  cui  interno  è  possibile  proporre  una  notevole  varietà  di  tecnologie  e  azioni  innovative  da  impiegare  nell’istruzione,  nella  formazione  e  nella   rieducazione   sociale   dei   detenuti.   Le   buone   pratiche   sono   sempre   più   evocate   negli   ultimi  decenni   in   particolar   modo   in   alcun   ambiti   come   quello   medico-­‐sanitario   o   dell’industria   e   del  commercio,  in  misura  ridotta  in  ambito  pedagogico  e  glottodidattico  anche  per  l’innegabile  difficoltà  di  riportarne  i  risultati  con  quantificazioni  e  qualificazioni  ben  determinabili  in  questo  ambito  di  studio.  Nel   documento   del   portale   al   servizio   delle   camere   di   commercio   e   delle   loro   articolazioni  

troviamo1:    il   concetto   di   buona  pratica   si   utilizza   per   descrivere   i   risultati,   i   punti   di   forza   e   di   debolezza,   ed   i   processi   di   un  qualsivoglia   progetto   o   iniziativa   in   relazione   alle   sue   linee   operative,   all’efficacia   del   suo   svolgimento   ed   alle   sue  modalità  di  realizzazione.  In  questo  senso,  una  pratica  –  un’idea  progettuale,  un  approccio  metodologico,  una  soluzione  operativa  –  si  connota  come   buona   per   l’efficacia   dei   risultati   che   ha   consentito   di   raggiungere,   per   le   sue   intrinseche   caratteristiche   di  qualità   e   innovatività,   e   per   il   contributo   offerto   alla   soddisfazione   del   bisogno   o   alla   soluzione   dell’eventuale  problema  che  l’ha  fatta  intraprendere.  Le   buone   pratiche   sono   utili   da   condividere   e   divulgare   nella   misura   in   cui   tali   esperienze   siano   in   grado   di  alimentarne   di   nuove   in   contesti   diversi   da   quello   originario,   o   rappresentino   un   riferimento   efficace   per   trarre  spunti,  informazioni  e  soluzioni  utili  ad  innestare  sviluppi  innovativi  o  implementazioni  alle  proprie  iniziative,  ovvero  essere  adattate  –  con  le  dovute  accortezze  -­‐  al  proprio  contesto  locale  ed  alle  proprie  esigenze  interne.    E’,   questa,   evidentemente   una   definizione   in   sé   molto   generica   che   può   riferirsi   a   campi   e   a  

circostanze  diversificati.  Gli   attributi   più   ricorrenti   nella   definizione   di   ‘buona   pratica’   si   riferiscono   direttamente   o  

indirettamente   alla   possibilità   di   un   miglioramento   della   qualità   del   prodotto/azione   e   alla   sua  applicabilità   in   contesti   e   situazioni   altri   da   quello   originario.   Si   tratterebbe   dunque   di   iniziative,  progetti,  azioni  e  politiche  innovative  che  possono  portare  a  tangibili  miglioramenti  nel  campo  in  cui  vengono  applicate  permettendo  di   raggiungere   i   risultati  prestabiliti  e   che  possono  essere  assunte  a  modello  per  altre  pratiche  in  contesti  nuovi  e  diversificati.  

Altre definizioni di Buona Pratica sottolineano le caratteristiche dell’efficienza e dell’efficacia, secondo Cittadinanzattiva Onlus

si definisce buona pratica ogni iniziativa di successo volta a migliorare contestualmente l'efficienza (economicità) e l'efficacia (come modalità per soddisfare, in maniera adeguata, i bisogni e le aspettative dei cittadini) della gestione ed erogazione dei servizi

                                                                                                               1 AGO (Apprendimento Gestione Organizzazione), Unioncamere 2016.

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 Progetto RiUscire Rete Universitaria SocioCulturale per l'Istruzione e il Recupero in Carcere

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mentre per il Beep Glossary (2003), invece, l’accento è posto sul carattere della trasferibilità e la

possibilità di trarre ispirazione per la creazione di nuove pratiche:  the best examples of practice, e.g. which methods, tools, organisation, systems, technology, etc., were used to achieve the excellent performance seen. Such examples should also imply ease of transference to other situations where users have similar objectives and should facilitate learning by them. In Beep, best practice is the tool used to show how the best performers achieve their excellent results. Beep users find best practice by searching the Knowledge Base using characteristic indicators only, so that the user seeks inspiration and information. This is looking for Best Practice only and does not involve Benchmarking. The user is probably looking for ideas and inspiration as to how to do something he/she has not yet tried, thus has no need of Benchmarking.  Nell’indagine  del  Centre  for  Educational  Innovation  dell’Università  del  Sussex    learning  to  transfer  practices  is  not  just  a  one-­‐sided  thing  that  the  originator  does  more  or  less  effectively.  It  is  also  a  reciprocal  process   that  not  only  requires  negotiation  between   those   involved,  but  also  significant  engagement  with  the  professional  and  student  cultures  of  the  participating  institutions2.    I   fattori   che   favoriscono   la   trasferibilità  di  pratiche  (di  classe,  organizzative  e  di  management)  da  

un’istituzione  scolastica  all’altra  riguardano  dunque  i  rapporti  tra  i  professionisti  e  gli  istituti  coinvolti  che   favoriscano   lo  scambio  di  esperienze  e   la   fiducia  nelle  opinioni,   l’idea  e   l’identità  di   insegnanti  e  istituzioni   in   merito   ai   propri   ruoli   e   posizioni   professionali   dato   che   queste   influiscono  inevitabilmente   sui   processi   collaborativi   di   condivisione   delle   pratiche,   infine   il   grado   di  coinvolgimento  del  destinatario.  La  catalogazione  delle  Buone  Pratiche  del  Fondo  Sociale  Europeo3,  rivolta  a  tutti  i  soggetti  coinvolti  

nella   ideazione/programmazione   e   valutazione   di   iniziative   comunitarie,   riconosce   da   una   parte  l’importanza  dell’individuazione  delle  buone  pratiche  e  della  loro  trasferibilità  ma    “evidenzia  anche   la  difficoltà  di   “catturarle”entro  parametri  univoci   e  oggettivamente  definibili   […]   tale  difficoltà   si  rileva,   in  particolare,   quando  dalla   teoria   si   passa   all’effettiva   creazione  di   cataloghi   o   raccolte  di   buone  pratiche   a  livello   comunitario   o   nazionale.   Questo   processo   si   scontra   infatti   con   numerosi   ostacoli   che   spesso   rendono  problematica  la  stessa  individuazione  dei  criteri  o  delle  linee  guida  per  procedere  alla  loro  selezione  […]  la  sostanziale  assenza   di   linee   guida   condivise   tra   i   diversi   paesi   fa   sì   che   nei   database   comunitari   siano   compresi   progetti  considerati  come  buone  pratiche  in  un  paese,  ma  che  non  sarebbero  reputati  tali  se  analizzati  con  i  criteri  di  un  altro”  (2008:  11).    Le  raccolte  di  Buone  Pratiche  possono  essere  rivolte  a  soggetti  con  differenti  statuti  e  avere  natura  

ben  differenziata  tra  di  esse  comprendendo  per  esempio  cataloghi  per  le  attività  di  operatori,  dati  su  eventi,  analisi  di  risultati  conseguiti  in  ambiti  ben  distanti  tra  di  essi.  Il   macro   ambito   che   qui   maggiormente   interessa   è   quello   del   contatto   linguistico,   socio-­‐

(ri)educativo,  culturale,  didattico.  Un  modello  di  analisi  già  sufficientemente  sperimentato  e  condiviso  a   livello   educativo   europeo   è   quello   elaborato   all’interno   delle   azioni   del   Progetto   Redinter4   che,  seppur  con  finalità  scientifiche  e  pratiche  ben  distinte  da  quelle  del  Progetto  RiUscire,  con  quest’ultimo  condivide  una  parte  della  tipologia  dei  destinatari  (insegnanti,  studenti),  ambienti  di  realizzazione  con  vocazioni   simili   (università,   corsi   scolastici,   corsi   di   lingua),   azioni   di   didattica   delle   lingue   e   delle  culture.   Si   è   quindi   partiti   dalla   condivisione   della   definizione   di   buona   pratica   già   elaborata   dagli  intercomprensionisti,  molti  dei  quali  si  occupano  di  diffondere  l’intercomprensione  anche  in  ambiti  di  

                                                                                                               2 M. Fielding, S. Bragg, J. Craig, I. Cunningham, M. Eraut, S. Gillinson, M. Horne, C. Robinson, J. Thorp 2005: 26. 3 M. Mancini, M. D’Angelo, L. Accogli (2008). 4 Il Progetto Redinter (Rede Europiea de Intercompreensao), chiuso nel 2013, ha costituito la prima rete tematica sull’IC creata all’interno delle reti

europee del Programma trasversale – Activité Clé n° 2; riuniva le istituzioni europee che si occupavano di IC ed era coordinata dell’Universidade Católica Portuguesa, Centro Regional das Beiras VISEU con la partecipazione di 27 istituzioni di vari paesi.

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 Progetto RiUscire Rete Universitaria SocioCulturale per l'Istruzione e il Recupero in Carcere

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svantaggio   sociale,   sottolineando   da   una   parte   la   riconoscibilità   dei   loro   risultati   e   la   possibilità   di  reimpiego:   «Le   “Buone   pratiche”   in   quanto   attività   pedagogica   (progetto,   linea-­‐guida,   materiali  didattici,   ecc.)   dovrebbero   permettere   di   raggiungere   i   risultati   previsti   grazie   al   loro   valore  riconosciuto,  tale  da  costituire  un  modello,  e  poter  essere  riutilizzate  con  profitto   in  contesti  nuovi  e  diversificati»  (Benucci,  2011:  30).  Per  rendere  il  più  possibile  oggettiva  la  catalogazione  delle  pratiche  e   la   loro   classificazione,   gli   esperti   di   Redinter   avevano   elaborato   15   criteri   di   analisi,   che   hanno  costituito  anche  la  base  per  la  ricerca  in  RiUscire,  pur  con  le  dovute  cautele  già  evidenziate:    Riteniamo  che  per  poter  utilizzare  questi  criteri  nella  valutazione  delle  BP  si  debbano  tenere  ben  presenti  difficoltà  sia  intrinseche  che  estrinseche  del  concetto  stesso.  Riguardo  alle  difficoltà  intrinseche,  è  ormai  chiaro  che  tali  15  criteri  non  possono  essere  sufficienti  a  delimitare  il  concetto  di  BP  e  non  offrono  garanzie  di  corretta  categorizzazione.  Cosa  può   significare   il   riconoscimento   istituzionale  nelle  diverse   realtà   europee  ed  extraeuropee?  E   inoltre,   come  si  può  valutare  l’efficacia  di  apprendimento  in  mancanza  di  un  sillabo  per  l’IC  a  cui  fare  riferimento  per  valutare  gli  effettivi  risultati  raggiunti  nella  comprensione?  (Benucci,  2015a:  211)    Nonostante   tutte   le   difficoltà   a   cui   si   è   accennato   trarre   profitto   dalle   esperienze   altrui   è  

fondamentale  per  lo  sviluppo  di  politiche  e  pratiche  di  successo  ed  è  inoltre  necessario  condividere  tali  esperienze   che   troppo   spesso   sono   restate   confinate   all’interno   della   singola  organizzazione/istituzione  che  le  ha  attuate  e/o  concepite,  magari  anche  con  successo.  I  15   criteri  di  qualità  per   la  valutazione  delle  buone  pratiche   in  ambito  penitenziario   stabiliti  dal  

gruppo   di   ricerca   RiUscire   sono:   efficacia,   efficienza,   livello   di   innovazione,   accessibilità,   facilità   di  organizzazione,   riconoscimento   istituzionale,   sostenibilità,   riproducibilità,   coerenza   con   i   principi  ispiratori,   efficacia   di   apprendimento,   grado   di   coinvolgimento   e   di   soddisfazione   di   insegnanti   e  apprendenti,   esplicitazione   della   concezione   e   riflessione   sul   processo   di   apprendimento,  sensibilizzazione  al  ricorso  a  preconoscenze5.  La  diffusione  di  buone  pratiche  e   la   loro   realizzazione   costituisce  un  valore  aggiunto  alla  politica  

rieducativa   europea   malgrado   l’eterogeneità   dei   sistemi   di   detenzione,   istruzione   e   formazione  professionale  presenti,  oltre  all’oggettiva  l’impossibilità  di  individuare  un  unico  approccio  educativo,  e  costituisce  un  vantaggio  non  soltanto  nei  confronti  del  detenuto,  ma  anche  nei  confronti  della  società,  in  quanto,  diminuendo  il  tasso  di  recidiva,  diminuiscono  anche  le  situazioni  di  pericolo  per  i  cittadini  stessi6.   E’   possibile   ad   ogni  modo,   partendo   dalla   condivisione   di   esperienze   e   dalla   collaborazione  quali  sono  presenti  in  RiUscire,  rintracciare  caratteristiche  comuni  che  permettano  di  considerare  una  pratica   come   ‘buona’   e   pertanto   trasferibile   in   contesti   e   paesi   diversi.   Almeno   per   il   settore   di  interesse  e  per  gli  obiettivi  che  riguardano  il  Progetto7.    

3.  Modalità  di  classificazione,  valutazione  e  analisi   Ciascun  partner  ha  provveduto  alla  ricognizione  delle  pratiche  più  diffuse  nel  proprio  paese  fino  a  

marzo  2016  tenendo  presenti  per  la   loro  individuazione  i  15  criteri  stabiliti:   le  pratiche  censite  sono  22  per  la  Francia,  14  per  il  Portogallo,  20  per  la  Germania,  14  per  la  Spagna  e  60  per  l’Italia;  in  totale  130.   Il   Portogallo   è   il   paese   che   ha   creato   più   difficoltà   nel   reperimento   di   pratiche   e   progetti   di  

                                                                                                               5 Criteri riportati nella Tab. 2. 6  L.  Lochner,  E.  Moretti  E.  (2004).   I  vantaggi,  come  sostiene  Del  Sette  nella  sua  tesi  di   laurea  Magistrale  “Le  buone  pratiche  nelle  carceri  

italiane   ed   europee”   a.   a.   2015-­‐216,   sono   evidenti   anche   a   livello   economico,   è   stato   infatti   dimostrato   che   nel   Regno  Unito   i   costi   per   i  detenuti   che   reiterano   il   crimine   costituiscono  una  percentuale   rilevante   del   costo   della   criminalità   per   la   società:   lo   studio   condotto   dal  Matrix   Knowledge   Group   (Lifelong   Learning   and   Crime:   An   Analysis   of   the   Cost   Effectiveness   of   In   Prison   Educational   and   Vocational  Interventions,   IFLL   Public   Value   Paper   2,   Leicester,   National   Institute   for   Adult   and   Continuing   Learning   NIACE,   2009  http://www.niace.org.uk/lifelonglearninginquiry/docs/Public-­‐value-­‐paper-­‐2.pdf)  sostiene  che  per  ogni  sterlina  investita  nell’educazione  in  carcere,  il  beneficio  economico  di  ritorno  è  equivalente  a  2.50£,  quindi  più  del  doppio  dell’investimento  effettuato.  

7 Per una più puntuale trattazione delle Buone pratiche in RiUscire si veda A. Benucci, M. Birello (2017) e S. Carmignani (2012).

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 Progetto RiUscire Rete Universitaria SocioCulturale per l'Istruzione e il Recupero in Carcere

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integrazione   dei   detenuti,   questo   Paese,   infatti,   pur   avendo   aderito   ad   alcuni   progetti   come   ente  partner,   ed   essere   il   capofila   di   un   numero   limitato   di   progetti   appare   come  quello  meno   capace   di  dare  visibilità  alle,  pur  se  scarse,  iniziative  presenti  nei  suoi  penitenziari.  D’altronde,  secondo  il  dossier  Immigrazione   gli   stranieri   in   questo  Paese   sono   soltanto   il   3,8%  della   popolazione   (riferimento   alla  fine  del  2015).  Le  buone  pratiche  e  i  dati  sull’Italia  sono  molto  più  numerosi  e  dettagliati  di  quelle  degli  altri  Paesi,  e  ciò  non  soltanto  perché  l’Università  per  Stranieri  ne  ha  monitorato  da  tempo  l’esistenza  e  la   natura   ma   anche   perché   l’Italia   sembra   essere   il   Paese   più   capace   di   allestire   e   disseminare   le  pratiche,   anche   grazie   ad  una   rete   capillare  di   associazioni   di   volontariato   ed   enti   che   a   vario   titolo  operano  ormai  da  anni  in  carcere.  In   gran   parte   i   progetti   analizzati   sono   stati   elaborati   e   finanziati   all’interno   del   programma  

comunitario   Grundtvig,   del   Lifelong   Learning   Programme8,   rivolto   a   istituzioni,   persone,   enti   e  organizzazioni  che  operano  nel  campo  dell’istruzione  degli  adulti.  Per  la  raccolta  e  la  catalogazione  delle  pratiche  è  stata  concepita  una  scheda  di  rilevazione  (cfr.  Tab.  

1)   composta   da   sezioni   con   più   livelli   di   approfondimento,   sia   a   carattere   descrittivo   sia   analitico,  inviata   ai   contatti   che   ciascun   partner   ha   nel   paese   e   inserita   nel   sito   del   Progetto,   contenente   la  descrizione  sintetica  e  anagrafica  del  progetto,  la  descrizione  del  materiale  e  le  specifiche  del  progetto,  dati  informativi  sui  partecipanti  al  progetto  e  indicazioni  per  eventuali  contatti,  livello  di  reperibilità  di  eventuale  materiale.  Le   pratiche   possono   essere   anche   suddivise   in   merito   all’essere   direttamente   o   indirettamente  

rivolte  al  detenuto.  Nella  seconda  categoria  rientrano  quelle  destinate  alla   formazione  di  operatori  e  insegnanti  del  carcere,  che  vertono  su  aspetti  strettamente  legati  alla  professione  come  metodologia  e  pedagogia  della  gestione  di  classi  multietniche,  plurilinguistiche  e  multilivello  per   insegnanti  oppure  di   sensibilizzazione   all’intercultura   e   anche   alla   gestione   dei   fenomeni   di   razzismo,   violenza   fisica   e  psicologica  per  gli  operatori9.  I  programmi  di  istruzione  e  formazione,  le  azioni  rieducative  e  trattamentali  presenti  all’interno  dei  

penitenziari  europei  rivolti  direttamente  al  detenuto  afferiscono  a  tre  macro  categorie:  - istruzione generale tramite corsi in cui vengono insegnate materie scolastiche (talvolta universitarie) come storia, scienze, letteratura, matematica, geografia, lingua del paese ospite, informatica oppure di prima e seconda alfabetizzazione in L2: la prima tipologia di questi corsi è erogata tramite i rispettivi sistemi scolastici e universitari mentre la seconda è per lo più affidata ad associazioni di volontariato o a enti che non afferiscono ai ministeri dell’istruzione e della ricerca; - istruzione e formazione professionale con corsi che mirano a fornire ai detenuti competenze, conoscenze e abilità necessarie per svolgere attività lavorative intramurarie o per entrare nel mercato del lavoro: questi progetti sono generalmente gestiti da cooperative e possono coinvolgere le aziende e le imprese del territorio; - istruzione non formale che verte soprattutto in attività per lo sviluppo di competenze trasversali necessarie ad aiutare il detenuto nella gestione della rabbia, della depressione, e di altri comportamenti connotati da disturbi della personalità, ma anche a praticare l’autostima e la fiducia in sé stesso. In genere riguardano l’arte, il teatro, la musica e tutto ciò che può essere di ausilio per la riflessione individuale e di gruppo, per apprendere ad interagire e puntano dunque al reinserimento affettivo nella società. Le  pratiche  raccolte  dovevano  comunque  fondarsi  su  alcuni  aspetti  inerenti  agli  obiettivi  prefissati  

con  RiUscire:  -­‐  percorsi  linguistico-­‐professionali;  -­‐  percorsi  linguistici  (L1-­‐L2-­‐LS);  

                                                                                                               8 Il Lifelong Learning Programme, o Programma di Apprendimento Permanente, è progettato dall’Unione Europea per consentire agli individui di

ricercare e prendere parte ad attività di apprendimento stimolanti in tutto il territorio comunitario, durante l’intero arco della loro vita. 9 Nel documento europeo sull’educazione e la formazione nelle prigioni europee a cura di J. Hawley, I. Murphy, M. Souto-Otero (2013) si affronta

la complessità della tipologie di pratiche circolanti nelle carceri europee e vengono riportati alcuni esempi di qualitatàn Prison education and training in Europe. Current state-of-play and challenges.

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-­‐  parzialità  delle  competenze  da  sviluppare;  -­‐  trasversalità  degli  apprendimenti;  -­‐  valore  di  reinserimento  sociale;  -­‐  percorsi  di  comunicazione  (interculturale);  -­‐  percorsi  di  metodologia  (glotto)didattica-­‐educativa;  -­‐  percorsi  di  ricerca  educativa;  -­‐  analisi  e  sviluppo  dei  bisogni  formativi  degli  attori  del  contesto  penitenziario;  -­‐  azioni  di  genere  e  pari  opportunità;  -­‐  reti  di  progetti  educativi  relativi  all’ambiente  penitenziario;  -­‐  progetti  finanziati  con  programmi  europei  o  nazionali.    

Tab.   1   -­‐   Scheda   di   segnalazione   di  Buone   Pratiche:  progetti   e   attività   in   carcere   su   lingua   italiana   per   stranieri   e  lavoro,  progetti  europei  e  italiani  finanziati,  progetti  e  corsi  di  formazione  per  personale,  ecc.  Ai  fini  della  costituzione  di  una  banca  dati  il  più  possibile  esaustiva  Vi  chiediamo  cortesemente  se  potete  segnalarci  iniziative  o  progetti  

attinenti  alle  finalità  del  progetto  che  a  vostro  avviso  sono  di  interesse.     Finalità  RiUscire  

Descrizione  del  

materiale  da  inserire  

nella  banca  dati  

Le  Buone  pratiche  devono  essere:  -­‐  percorsi  linguistico-­‐professionali;  -­‐  percorsi  linguistici  (L1-­‐L2-­‐LS);  -­‐  parzialità  delle  competenze  da  sviluppare;  -­‐  trasversalità  degli  apprendimenti;  -­‐  valore  di  reinserimento  sociale;  -­‐  percorsi  di  comunicazione  (interculturale);  -­‐  percorsi  di  metodologia  (glotto)didattica-­‐educativa;  -­‐  percorsi  di  ricerca  educativa;  -­‐   analisi   e   sviluppo   dei   bisogni   formativi   degli   attori   del  contesto  penitenziario;  -­‐  azioni  di  genere  e  pari  opportunità;  -­‐   reti   di   progetti   educativi   relativi   all’ambiente  penitenziario;  -­‐  progetti  finanziati  con  programmi  europei  o  nazionali.  

Dati  informativi  

sui  partecipanti  al  progetto  

Ente/soggetto  responsabile:  ……………………………..…….  Data  inizio:  ……………………………………………………  Data  termine:  ………………………………………………….  Luogo  di  svolgimento:  ..………………………………………  Responsabile  dell’iniziativa:  ..………….……………………..  Indicazioni  per  il  contatto:  …..……….……………………….  Reperibilità  del  materiale  su:  -­‐-­‐-­‐-­‐-­‐…………………….……….  

 Dopo   aver   raccolto   tutte   le   schede   delle   pratiche   si   è   proceduto   alla   loro   valutazione   ricorrendo   a  referee   di   differenti   paesi   e   conoscenze   linguistiche   diversificate,   non   partecipanti   al   Progetto   o   ad  altri   in   ambito   penitenziario,   dunque   esperti   esterni,   ma   con   solide   competenze   nell’ambito   della  linguistica  educativa  e  del  contatto,  della  comunicazione,  della  didattica  delle  lingue,  della  valutazione  di  progetti  e  materiali  didattici/operativi/scientifici.  Per   la   valutazione   delle   singole   Buone   Pratiche   è   stata   adattata   la   scheda   già   elaborata   e  

sperimentata  dal  Coordinatore  di  Riuscire  per  il  Progetto  Redinter  (con  i  15  criteri  a  cui  si  è  accennato  nel  par.  2.2.)  e  composta  da  10  criteri  di  analisi:  - efficacia: i risultati conseguiti sono efficaci e in linea con gli obiettivi iniziali del progetto, nell’ottica di reinserimento sociale del detenuto; - efficienza: il bilancio tra risorse investite per la sua realizzazione e i risultati conseguiti è equilibrato e favorevole; - coerenza: garantisce una coerenza interna ed esterna tra le azioni attuate e gli obiettivi di reinserimento socio-professionale dei detenuti;

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 Progetto RiUscire Rete Universitaria SocioCulturale per l'Istruzione e il Recupero in Carcere

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- riproducibilità: è possibile trasferire il progetto in contesti locali e culturali diversi da quello di partenza; - grado di coinvolgimento e soddisfazione: i beneficiari del progetto si sentono coinvolti e sono soddisfatti delle attività intraprese e dei risultati conseguiti, e sviluppa un migliore atteggiamento nei confronti della diversità culturale e valorizzazione della stessa oppure una maggior fiducia nei confronti della possibilità di reinserimento professionale da parte dei detenuti; - innovatività: vengono utilizzate attività, metodologie e strumentazioni nuove e creative che stimolino la partecipazione dei beneficiari e di altri soggetti esterni al sistema carcerario; - accessibilità: misura il grado in cui l’organizzazione e la partecipazione da parte dei detenuti viene facilitata e resa possibile, anche a livello economico; - valore aggiunto: misura i cambiamenti prodotti all’interno del contesto penitenziario e i risultati conseguiti nella diminuzione del tasso di recidiva; - riconoscimento istituzionale: valuta se e in che modo la pratica venga riconosciuta e/o promossa a livello istituzionale; - sostenibilità: valuta se la pratica viene portata avanti sulla base di risorse già esistenti e allo stesso tempo se è in grado di continuare a produrre effetti e benefici oltre la durata dell’intervento.

Per ogni criterio i referee hanno assegnato un voto da 1 a 5, la media finale dei 10 criteri dà come risultato il voto complessivo della pratica.

Il modello di scheda utilizzato per la valutazione è il seguente:  

Tab.  2  Scheda  di  valutazione  delle  Buone  Pratiche  in  RiUscire  per  i  referee  

Numero  PROGETTO    

Criteri   Definizione          Risposte                    Punteggio  

1.  Efficacia   Produce  risultati  in  linea  con  gli  obiettivi  del  progetto  adeguati  rispetto  agli  effetti  diretti  sui  destinatari  finali  ed  agli  effetti  indiretti  sul  contesto  sociale  in  relazione  al  reinserimento  lavorativo  dei  detenuti.  

 

5  

4  

3  

2  

1  

2.  Efficienza     Garantisce  un  bilancio  favorevole  tra  risorse  utilizzate  per  la  sua  realizzazione  (esperti  di  problematiche  linguistiche  e  di  reinserimento  socio-­‐professionale  di  detenuti)  e  risultati  conseguiti  (effettive  esperienze  di  reinserimento  dei  detenuti,  realizzazione  di  percorsi  di  comunicazione  interculturale).  

 

5  

4  

3  

2  

1  

3.  Coerenza   Garantisce  una  coerenza  interna  (tra  attività,  risultati  e  obiettivi)  e  esterna  di   riferimento,   ovvero   l’educazione   degli   adulti   e   le   raccomandazioni  dell’UE   in   merito   al   reinserimento   socio   –professionale   dei   detenuti  stranieri.  

 

5  

4  

3  

2  

1  

4.  Riproducibilità   È  possibile  replicare  alcuni  aspetti  del  modello  proposto  in  contesti  nuovi,  simili   o   diversi   dal   contesto   in   cui   è   stata   realizzata   originariamente   (ad  esempio,   ad   altre   tipologie   di   target   quali   l’intera   popolazione   carceraria  donne  detenute  o  minori,  o  soggetti  svantaggiati  in  generali,  minoranze).  

 

5  

4  

3  

2  

1  

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5.  Grado  di  coinvolgimento  e  soddisfazione  

Elicita,  stimola  e   favorisce   le  risorse  tecniche,  culturali  e  umane  del   target  di   riferimento,   ovvero   insegnanti,   apprendenti   detenuti   e   operatori  penitenziari.    Sviluppa   attitudini   positive   (dirette   e   indirette)   nei   partecipanti,   come   ad  es.   un   migliore   atteggiamento   nei   confronti   della   diversità   culturale   e  valorizzazione  della   stessa   (nel   caso  degli   operatori)   oppure  una  maggior  fiducia   nei   confronti   della   possibilità   di   reinserimento   professionale   da  parte  dei  detenuti.  

 

5  

4  

3  

2  

1  

6.    Innovatività   Fornisce  soluzioni  nuove  e  creative  a  livello  di  prodotto  e/o  di  processo  (es.  modalità  di  gestione,  metodologia  di  monitoraggio  e  di  valutazione,  sistema  di  disseminazione  dei  risultati...).    Stimola  la  partecipazione  attiva  dei  beneficiari  e  di  altri  soggetti  (contesto  lavorativo,  referenti  istituzionali)?  vengono  forniti  ai  detenuti  reclusi  strumenti  per  lo  sviluppo  dell’autoimpiego.  vengono   sperimentate   pratiche   di   integrazione   fra   politiche   sociali,   della  formazione   e   del   lavoro?     Coinvolge   attori   sociali   esterni   al   contesto  penitenziario,  come  ad  es.  Università,  imprese,  istituti  bancari,  aumentando  la  capacità  di  creare  reti.  

 

5  

4  

3  

2  

1  

7.  Accessibilità   Sono  economiche  e  pratiche  l'organizzazione  e  la  partecipazione?    L’organizzazione  e  la  partecipazione  dei  detenuti  stranieri  reclusi,  degli  insegnanti  e  del  personale  penitenziario  viene  facilitata.  

 

5  

4  

3  

2  

1  

8.  Valore  aggiunto     Produce   qualche   cambiamento   nel   contesto   penitenziario   e   sociale.  Contribuisce   alla   caduta/all’abbassamento   del   tasso   di   recidiva   tra   le  persone  detenute.  Migliora  le  competenze  degli   insegnanti  e  del  personale  penitenziario  nella  gestione  della  diversità  culturale.    

 

5  

4  

3  

2  

1  

9.  Riconoscimento  istituzionale  

Valutare   se   la   pratica   è   stata   riconosciuta,   rispettata   o   promossa   a   livello  istituzionale  e  inclusa  e  utilizzata  all’interno  di  una  progettazione  organica  di  interventi  destinati  al  contesto  penitenziario.    

 

5  

4  

3  

2  

1  

10.  Sostenibilità   È   fondata   su   risorse   (finanziarie,   professionali,   tecnologico-­‐logistiche)  esistenti  o  è  capace  di  generare  nuove  risorse  (per  es.  ci  sarebbe  qualcuno  disposto  a  pagare  per  questo  tipo  di  corso/materiale/progetto...).  È  capace  di   continuare   a   esistere   o   a   produrre   effetti   anche   oltre   la   durata  dell'intervento.  

 

5  

4  

3  

2  

1  

Media  punteggio      

 

A   questo   punto   si   poneva   il   problema   di   stabilire   la   soglia   che   permettesse   di   considerare   “buone”  alcune   pratiche   rispetto   ad   altre   ritenute   solo   “pratiche”:   si   è   ritenuto   opportuno   valutare   come  “buone”   solo   le   pratiche   che   in   seguito   al   referaggio   avessero   ottenuto   un   punteggio   medio   non  inferiore  a  3,0.   Il   voto  medio  di  ogni  pratica  è   stato   stabilito   sulla  base  di  dieci   criteri  di  qualità   che  tenessero   conto   dei   tratti   intrinseci   alla   pratica,  ma   anche   dei   beneficiari   e   della   considerazione   da  parte  di  enti  esterni.  Ben  l’88,47%  delle  130  pratiche  analizzate  è  risultato  “buono”;  sono  quindi  state  scartate  le  restanti  

pratiche  per  procedere  all’ulteriore  analisi  funzionale  alla  classificazione.  

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Ai   fini   della   definitiva   classificazione   si   è   proceduto   ad   individuare   le   azioni   principali   a   cui   si  rivolgono   le   pratiche,   ciò   che   ha   permesso   di   raggrupparle   per   tipologia   e   quindi   di   poterle,   pur   se  concepite  per  contesti  e  destinatari  non  coincidenti,  confrontare.  Queste  azioni  sono:  

- lavoro sui linguaggi: comprende tutte le pratiche che mirano a far lavorare il detenuto sulle sue capacità di espressione grazie all’arte in generale e ad attività alternative come laboratori teatrali, di cinema, di danza e musica o di pittura e disegno;

- insegnamento L1-L2: corsi di L2 indirizzati a detenuti stranieri per l’apprendimento della lingua del posto, o di L1 indirizzati anche a detenuti nazionali con scarsi livelli di istruzione o a livelli di analfabetismo;

- comunicazione: progetti che puntano a facilitare la comunicazione e la condivisione di esperienze tra i partner coinvolti;

- trasversalità degli apprendimenti: progetti atti a promuovere la formazione dei detenuti attraverso percorsi multidisciplinari;

- arti plastiche: attività che danno ai detenuti la possibilità di confrontarsi con diversi materiali o forme d’arte (scultura, pittura, produzione di gioielli e oggettistica) e forme di espressione grazie alle quali il detenuto può distrarsi dalla sua condizione, ma anche esprimere sé stesso e quello che prova;

- ricostruzione sociale: attività di supporto al detenuto per il suo percorso di riabilitazione e reinserimento sociale; queste attività iniziano all’interno del carcere ma possono proseguire anche all’esterno, per esempio aiutando l’ex-detenuto a cercare lavoro o a mantenere i rapporti con la sua famiglia;

- formazione professionale: progetti che coinvolgono il detenuto, ma anche associazioni ed imprenditori esterni al sistema carcerario che decidono di investire su questo settore di manodopera; in questo modo il detenuto ha la possibilità di acquisire abilità pratiche e di riscattarsi e riacquisire la dignità attraverso il lavoro;

- formazione operatori penitenziari: rientrano in questo campo tutti i progetti che puntano alla formazione giuridica, interculturale e sociopedagogica di tutto il personale che opera all’interno dell’ambiente carcere, dalle guardie agli educatori, ma sono presenti anche progetti che abbiano come scopo l’informazione e la sensibilizzazione della società per la decostruzione dei pregiudizi nei confronti di detenuti ed ex-detenuti;

- corso di informatica: per dare ai detenuti la possibilità di acquisire le competenze informatiche di base che gli saranno utili in campo lavorativo, ma che possono sfruttare anche per la loro istruzione o per l’apprendimento a distanza;

- corso di scrittura: questi corsi si basano sulla considerazione che la scrittura è sempre stato un modo per aumentare nei detenuti la consapevolezza della propria condizione, del proprio passato e del tempo che scorre e per stimolare in loro la volontà di migliorare la propria vita, spesso consistono nella scrittura di lettere, racconti o articoli di giornale che parlino delle loro esperienze; tale abilità è poi, d’altronde, fondamentale in carcere dove gran parte della comunicazione formale passa per il canale scritto (cfr. le “domandine” nella realtà italiana10);

- istruzione (e-learning): ai detenuti viene data la possibilità di assistere (a discrezione delle strutture carcerarie e delle possibilità economiche dei singoli detenuti) a lezioni a distanza con l’aiuto di materiale telematico e tutor personali;

- corso di lettura: attività di lettura, di gruppo o singole, che stimolino la riflessione e la presa di coscienza da parte del detenuto sulla sua condizione e sulle motivazioni alla base dei suoi comportamenti.  

                                                                                                               10 Sulle “domandine” cfr. A. Benucci 2007a.

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I. 3.

Buone Pratiche in Italia

di ANTONELLA BENUCCI 1. Detenuti e carcere in Italia

La   presenza   di   stranieri   nelle   carceri   è   un   fenomeno   relativamente   recente   per   il   sistema   penale   e  penitenziario   italiano  destinato  ad  aumentare  nel   futuro   se  non   interverranno  cambiamenti  di   rotta  radicali  nella  politica  di  gestione  dei  flussi  dell'immigrazione.  Come  è  noto  le  modalità  con  le  quali   le  direzioni  penitenziarie   si   rapportano  alla  presenza  di  detenuti   stranieri  possono  avere  una  notevole  influenza   sulla   qualità   dei   rapporti   interni   agli   istituti:   una   di   queste   è   rappresentata   senz’altro   dal  modo   in   cui   queste   persone   vengono   inserite   negli   istituti   e   di   conseguenza   da   quale   convivenza  riescono  ad  instaurare  con  il  resto  della  popolazione  detenuta:   infatti   la  soluzione  adottata   in  alcune  realtà   di   tenere   separati   i   vari   gruppi   rischia   invece   di   risolvere   eventuali   aspetti   conflittuali,   di  coabitazione,  di  alimentare  i  problemi.  Il  sistema  penitenziario  italiano  è  regolato  in  base  alle  norme  della  legge  26  luglio  1975,  n.  354  e  dal  

regolamento  penitenziario  del  2000  (DPR  230)  in  cui  è  presente  un    articolo,   il  n.  35,  espressamente  destinato  alla  popolazione  penitenziaria  di  origine  non  italiana  di  cui  si  dovrebbe  tenere  conto  almeno  per  affrontare  i  disagi  generati  dalle  specifiche  identità  linguistiche  e  culturali.  Le  attività  di  istruzione  e  lavoro  sono  disciplinate  dalla  legge  del  1975  negli  articoli  19,  20  e  21  che  si  suddividono  in  progetti  di   educazione   formale   (i   percorsi   di   studio   paralleli   a   quelli   del   mondo   libero)   e   di   avviamento  professionale  o  di  trattamento  in  generale  che  possono  essere  svolti  sia  all’interno  sia  all’esterno  della  struttura  (cfr.  Carmignani  2012)  sia  presso  le  strutture  pubbliche  che  private.  Esistono  anche  progetti  di  azioni  pensati  per  gruppi  specifici  di  detenuti,  come  quelli  destinati  al  genere  femminile,  a  persone  con   disturbi   di   personalità,   ai   tossicodipendenti   ecc.;   sono   molto   meno   presenti   invece   le   attività  trattamentali  che  coinvolgono  la  famiglia  e  il  mondo  di  provenienza  del  detenuto.  Secondo   i   dati   riportati   nel   Dossier   statistico   immigrazione   del   2016   il   sistema   penitenziario  

italiano,  a  seguito  della  sentenza  della  corte  europea  dei  diritti  umani  del  2015  e  della  condanna  dei  giudici  di  Strasburgo  per  le  condizioni  di  detenzione  degradante  determinate  dal  sovraffollamento,  ha  avviato  una  serie  di  percorsi  di  riforme  e  tavoli  di  lavoro.  Uno  di  questi  tavoli  è  dedicato  agli  stranieri  in  carcere,  coordinato  da  Paolo  Borgna.  Malgrado  siano  anni  che  chi  si  occupa  di  questioni  educative  in  carcere  abbia  denunciato  il  problema,  ancora  una  volta  il  Ministero  della  Giustizia  propone  a  livello  di  intenti  (per  il  futuro,  ancora  una  volta,  e  non  nell’immediato)  iniziative  che  mirino  a  ridurre  le  barriere  e   anche   a   provvedere   all’assunzione   di   una   figura,   di   fondamentale   importanza   ma   praticamente  assente,   quale   è   quella   del  mediatore   culturale.   Tra   gli   intenti   segnalati   c’è   anche   quello   di   formare  operatori   nella   gestione   del   detenuto   straniero,   ciò   in   cui   si   adopera   e   si   è   adoperato   almeno   negli  ultimi   due   anni   la   Direzione   generale   della   formazione   penitenziaria   grazie   anche   all’opera   della  dottoressa  Alessandra  Bormioli   che,   tra   l’altro,  ha  collaborato  al  progetto  Riuscire11.  Se  è  vero  che   la  percentuale  massima  di  detenuti  stranieri  in  Italia  si  è  avuta  tra  il  2009  e  il  2010  con  un  valore  di  37%,  nei   dati   del   2016,   dopo   un   leggero   calo   negli   anni   precedenti,   si   osserva   un   nuovo   attestarsi   su                                                                                                                  

11 Altre azioni di formazione per operatori penitenziari sono state condotte da ricercatori di RiUscire presso l'Università per Stranieri di Siena rispettivamente nel 2008 e nel 2014 /15.

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 Progetto RiUscire Rete Universitaria SocioCulturale per l'Istruzione e il Recupero in Carcere

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percentuali  alte,  33,5%.  Come  è  risaputo  la  presenza  di  stranieri  in  carcere  in  molti  casi  è  dovuta  ad  un  utilizzo  della  custodia  cautelare  molto  meno  frequentemente  adoperata  che  per  gli  stessi  procedimenti  che   riguardano   le   detenuti   italiani.   Gli   stranieri   nelle   carceri   italiane   sono   il   91,1%   di   coloro   che  devono  scontare  un  residuo  di  pena   inferiore  a  tre  anni  e  che  dunque,  se   fossero   italiani  potrebbero  accedere  a  misure  alternative  alla  detenzione.  Ciò  evidenzia  una  discriminazione  tra  italiani  e  stranieri  che  il  dettato  normativo  non  ha  ancora  risolto.    

2. Le pratiche in Italia In   Italia   le   pratiche   specificamente   destinate   a   detenuti   stranieri   sono   poche,   in   molti   casi   sono  costituite  quasi  unicamente  da  corsi  di  alfabetizzazione  o  dalla  creazione  di  sportelli  informativi  e/o  di  orientamento  12.  I   dati   raccolti   con   il   Progetto   RiUscire   per   l’Italia   sono   i   più   consistenti,   anche   per   le   pregresse  

attività   di   ricerca   che   il   capofila   ha   già   svolto   nell’ambiente   penitenziario   e   per   via   della   sua  partecipazione   diretta   alla   proposta   e   implementazione   di   alcune   di   queste   pratiche13:   le   pratiche  raccolte   sono   60.   La   gran   parte   dei   progetti   trattamentali   professionalizzanti   di   successo   è   situata  presso  gli   istituti  del  Nord  e  del  centro   Italia,  ma  vi  sono  anche  altre  realtà  di  eccellenza  nelle  sud  e  nelle  isole,  in  particolare  si  citano  le  attività  del  carcere  di  Augusta  e  di  Siracusa,  ma  anche,  come  già  sottolineato  in  altra  sede  (Benucci,  2015b),  quelle  delle  colonie  penali  sarde.  Tra  queste  pratiche  il  dato  più  rilevante,  e  che  distingue  l’Italia  dagli  altri  paesi  del  Progetto,  è  che  

31  riguardano  la  formazione  professionale  dei  detenuti  (anche  se  non  sempre  destinata  nello  specifico  agli   stranieri).   Attraverso   queste   pratiche,   non   di   rado   condotte   in   stretta   collaborazione   con   le  imprese  e  le  aziende  esterne,  è  data  la  possibilità  ai  detenuti  di  produrre  e  anche  vendere  le  merci.  Tra  le   attività   professionali   più   presenti   troviamo   delle   pratiche   che   riguardano   il   settore   della  ristorazione  e  alimentare,  come  la  BP:  IT04  relativa  alla  pasticceria  del  carcere  di  Padova  o  la  BP:  IT  27  “Banda  biscotti”,  ma  anche  le  cene  galeotte  di  Volterra  (BP:  IT38).  Sono  comunque  presenti  in  maniera  significativa  altre  tipologie  di  lavoro  come  quella  del  progetto  “Mille  una  bici”  (BP:  IT08)  che  prevede  il  recupero  di  biciclette  raccolte  dal  Comune  di  Firenze,  o  di  attività  per  prodotti  agricoli  biologici.  Una  sola   di   queste   pratiche   coniuga   l’aspetto   linguistico   con  quello   professionale   ed   è   quella   che   è   stata  organizzata  e  coordinata  dallo  stesso  coordinatore  del  progetto  RiUscire14.    In  seconda  posizione,  con  percentuali  ugualmente  rilevanti,  si  trovano  di  lavori  sui  linguaggi  e  le  

azioni  destinate  alla  ricostruzione  sociale.    Tutte  le  altre  pratiche  si  attestano  su  percentuali  di  inferiori.  Sono  soltanto  5  quelle  destinate  alla  

formazione   socio-­‐pedagogica   degli   operatori   penitenziari   e   non  molte   sono   anche   quelle   che   hanno  per   oggetto   l’insegnamento   della   L1-­‐L2,   i   corsi   di   scrittura   e   i   corsi   di   apprendimento   a   distanza.  Troviamo  anche  esempi  singoli  di  attività  finalizzate  al  miglioramento  delle  competenze  comunicative,  delle  competenze  trasversali  e  di  corsi  di  scrittura.  Mancano  invece  corsi  di  informatica  o  che  utilizzino  le  arti  plastiche.  

                                                                                                               12  Come  più  volte  commentato,  cfr.  tra  gli  altri  A.  Benucci  (2007a)  e  A.  Benucci,  G.  I.  Grosso  (2015).  13   Per   esempio   la   creazione   di   14   Quaderni   per   percorsi   di   apprendimento   linguistico-­‐professionale   (2015,   a   cura   di   A.   Benucci,   P.   B.  

Maiorano  con   la  partecipazione  di   vari   autori)   e   l’organizzazione  di   corsi  di   lingua   settoriale  ma  anche  di   livello   iniziale   (A1  e  A2),   con   il  manuale   “L’ora   di   italiano”   a   cura   di   A.   Benucci,   V.   Bianchi,   E.   Tronconi   (2010),   la   somministrazione   di   prove   di   certificazione   (CILS   –DEPORT),  a  partire  dal  2001  con  la  partecipazione  al  progetto  ITACAR  “Italiano  come  L2  nella  Casa  Penale  di  Sollicciano  (Firenze)  –  promosso  da  IRRE  Toscana  (2001-­‐2003)  e  successivamente  ma  soprattutto  con  la  gestione  di  progetti  di  ricerca  e  azioni  di  formazione:  Potenziamento  della   comunicazione   tra   detenuti   stranieri   e   operatori   penitenziari   I   e   II   (2008-­‐2010   e   2006-­‐2008);   IDRP   -­‐   Immigrazione,   devianza,  reinserimento  e  professione.  Aspetti  linguistico-­‐culturali  e  criticità  nell’accesso  degli  immigrati,  detenuti  e  non,  al  mondo  del  lavoro  (2010-­‐2012);  DEPORT  “Oltre  i  confini  del  carcere:  portfolio  linguistico  -­‐  professionale  per  detenuti  (2012-­‐2015).  

14 A. Benucci (2015c e 2015d).

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 Progetto RiUscire Rete Universitaria SocioCulturale per l'Istruzione e il Recupero in Carcere

Key A2 - Cooperation for innovation and the exchange of good practices - Codice attività: 2014-1-IT02-KA204-003517 CUP (E62I14000310005)

 

In  generale  nella  situazione  italiana  si  nota  un  proliferare  di  pratiche  educative  in  carcere,  tuttavia  ciò  che  emerge  è  una  generale  mancanza  di  accordo  tra  singoli  istituti  e  una  differenziazione  netta  tra  ciò  che  si  riesce  a  realizzare  nelle  diverse  regioni.  Anche  nel  caso   italiano   la  specifica  attenzione  alla  formazione   professionale   degli   stranieri   è   quasi   del   tutto   assente   e   infatti   difficilmente   questi   sono  impegnati  nelle  attività  lavorative  sia  intra  che  extra  murarie.  Ciò  è  dovuto  senza  dubbio  oltre  ad  altri  aspetti  di  natura  normativa  al   loro   livello  di   conoscenza  della   lingua   italiana   che  mediamente  non  è  sufficiente  per  svolgere  correttamente  attività  professionali  in  cui  è  richiesta  una  pratica  comunicativa  funzionale  alle  attività  stesse.  D’altronde,  come  si  è  avuto  modo  di  verificare  con  l’erogazione  di  corsi  professionali  sia  nel  corso  del  progetto  DEPORT  che  in  quello  oggetto  di  questo  volume,  la  disparità  di  livelli  di  istruzione  e  di  competenza  in  L2,  la  comunque  alta  percentuale  di  mancanza  di  istruzione  e  di  abitudini   allo   studio   e   alla   concentrazione   fanno   sì   che   anche   qualora   il   detenuto   straniero   sia  fortemente   motivato   nel   seguire   il   corso   questi   incontri   tuttavia   le   difficoltà   non   irrilevanti   per  raggiungere   i   livelli   di   competenza   linguistica   necessari,   che   con   il   progetto   RiUscire   si   intendono  anche  certificare  con  delle  apposite  prove  costituite  ai  fini  del  rilascio  del  Portfolio.  Si  riportano  qui  sotto  i  dati  di  sintesi  sulle  Buone  Pratiche  italiane  per  macro  tipologia.      

Tab  1.  Azioni  Buone  Pratiche  Italia  (tot.  60)  Tipologia   n.   percent

uali  Lavoro  sui  linguaggi   12   18,18%  Insegnamento  L1-­‐L2   3   4,54%  Comunicazione   1   1,51%  Trasversalità  degli  apprendimenti   1   1,51%  Arti  plastiche   0    Ricostruzione  sociale   7   10,60%  Formazione  operatori   5   7,57%  Formazione  professionale   31   46,96%  Corso  informatica   0    Corso  scrittura   3   4,54%  Istruzione  (e-­‐learning)   2   3,03%  Corso  lettura   1      

.

3. Percentuali ed esempi di Buone Pratiche

Considerazioni aggiuntive vanno fatte riguardo alle percentuali che la situazione italiana ha registrato per ogni singolo criterio tra le 10 delle schede di valutazione compilate da parte dei referee.

Il criterio della riproducibilità è al primo posto con 4,08% di punteggio, seguito da quello del grado di coinvolgimento e soddisfazione con un 4,03% ma percentuali abbastanza alte vengono registrate anche per il principio della coerenza. Le buone pratiche italiane presentano quindi un potenziale di diffusione e di disseminazione e replica in altri contesti, diversi da quelli originali, e sono anche molto apprezzate da coloro a cui sono destinate. Bisognerebbe però a questo punto che intervenisse un’azione centrale e governativa per regolamentare e, soprattutto, permettere a queste preziose esperienze di non terminare con la fine dei progetti a cui sono associate o la cessazione dell’accordo con l’imprenditore che ha contribuito a implementarle. Il criterio con percentuali più basse registrate è infatti quello del loro riconoscimento istituzionale con una percentuale di 3,53% (ma in generale anche per le altre realtà, 3,33%) ma tutto sommato in linea con i risultati dello stesso criterio negli altri paesi, ad eccezione del Portogallo in cui i valori sono molto inferiori.

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Tra le pratiche analizzate si hanno alcuni esempi di eccellenza come per esempio il Polo penitenziario universitario (BP IT02) le attività di sartoria della BP IT22 del carcere di San Vittore oltre ad altre pratiche già citate nel settore della produzione alimentare e dolciaria. Nella realtà italiana non sono state valutate come buone sette pratiche, numero che apparentemente può sembrare alto ma se rapportato ai valori percentuali è in media con i casi non positivi registrati negli altri paesi del progetto.

In conclusione sembra che le pratiche italiane siano per lo più improntate alla strumentalità, alla praticità delle attività di recupero dei detenuti, ed è da notare una minore sensibilità rispetto alla Francia riguardo alla componente psicologica e relativa al recupero della personalità e di abilità trasversali.

A titolo esemplificativo si riportano due notizie di buone pratiche e una scheda compilata15. Titolo progetto: Teatro e carcere in Europa. Formazione, sviluppo e divulgazione di metodologie innovative Anno: 2004 Coordinatore: Italia Partecipanti: Francia, Germania, Spagna, Regno Unito Sito: n.d. Obiettivi: Lo scopo del progetto è integrare le esperienze del carcere in prigione nei diversi paesi europei, promuovendo così metodi di insegnamento e addestramento professionale alternativi rivolti ai detenuti, ma anche a coloro che lavorano con i detenuti.

Titolo progetto: Piccole storie, grandi speranze Anno: 2008 Coordinatore:  Italia  Partecipanti:  Belgio,  Polonia,  Romania  Sito:  n.d.  Obiettivi:   Il   progetto   consiste   in   attività   svolte   all’interno   degli   istituti   penitenziari   per   la   produzione   di   materiali  autobiografici  per  incoraggiare  i  detenuti  a  riflettere  sulla  loro  vita  passata  e  riprogrammare  il  loro  futuro  fuori  dal  carcere,  con  nuove  prospettive  e  nuove  opportunità.   Titolo progetto: Memory and time: autobiography as an instrument for re-planning in consequence of an imprisonment Anno: 2009 Coordinatore: Italia Partecipanti: Belgio, Spagna, Polonia, Portogallo Sito: n.d. Obiettivi: Il progetto si basa sulla considerazione che la scrittura è sempre stato un modo per aumentare nei detenuti la consapevolezza della propria condizione, del proprio passato e del tempo che scorre e per stimolare in loro la volontà di migliorare la propria vita. Partendo da questa considerazione, il progetto mira a raccogliere le esperienze dei detenuti che, attraverso la narrazione della propria vita, dei propri pensieri e delle proprie esperienze, hanno deciso di cambiare per avere nuove e migliori prospettive e opportunità nel loro futuro.

Titolo progetto: Writing Theatre Anno: 2009 Coordinatore: Italia Partecipanti:  Grecia,  Romania  Sito:  n.d.  Obiettivi:   Il   progetto   nasce   per   far   fronte   al   problema   dell’abbandono   scolastico,   per   dar  modo   ai   detenuti   di   acquisire   le  qualificazioni   necessarie   per   entrare   nel   mondo   del   lavoro.   Il   progetto   si   basa   sul   trasferimento   delle   conoscenze,   delle  tecniche  relative  alla  scrittura  di  drammi  e  commedie  usate  per   lavorare  con  detenuti  adulti  e  per  gli  operatori  sociali  che  lavorano  con  persone  con  disabilità.  Lo  scopo  finale  è  far  utilizzare  i  risultati  ottenuti  a  insegnanti  ed  educatori  che  lavorano  con  giovani  a  rischio  di  abbandono  scolastico.   Tabella  n.  1    

RIUSCIRE  IT58  

  EEPP  

                                                                                                               15 Si ringrazia Valentina del Sette per la collaborazione nella redazione di questi strumenti e nel commento relativo a questa sezione della ricerca.

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Descrizione  sintetica  del  progetto  

Progetto EEPP – E-learning Education for Prisoners and Prisoners Professionals L’obiettivo primario del progetto è stabilire e sviluppare un dialogo tra le organizzazioni penitenziarie e il personale e i docenti delle organizzazioni educative che lavorano con i detenuti sui problemi, le dinamiche e le esperienze correlate all’uso delle tecnologie e dell’apprendimento a distanza all’interno delle carceri.

Descrizione  del  materiale  

- Apprendimento a distanza; - Comunicazione e scambio di informazioni e metodi tra diverse organizzazioni penitenziarie ed educative.

Dati  informativi  sui  partecipanti  al  

progetto  

- Dip. Sociologia e scienza della politica - Univ. di Salerno (Italia); - Casa di reclusione- ICATT (Italia); - Centrul de Reeducare Buzias (Romania); - CNRS Délégation Languedoc Roussillon (Francia).

Indicazioni  per  contatto  

 ttp://www.europeansharedtreasure.eu/detail.php?id_project_base=2009-­‐1-­‐IT2-­‐GRU06-­‐06471   (consultato   il  05/05/2016)  

Reperibilità  del  materiale  delle  buone  pratiche  

 Sito  web,  rapporto  finale  e  recensioni  internazionali.  

Descrizione  del  data  base  

 

FONTE:  Da  database  progetto  RiUscire.  

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I. 4.

Buone Pratiche in Francia

di ANTONELLA BENUCCI 1. Detenuti e carcere in Francia

Le   prigioni   francesi   (circa   200   stabilimenti)   sono   gestite   dall’amministrazione   penitenziaria   che   dal  1911   dipende   dal   ministero   della   Giustizia.   La   loro   capacità   di   accoglienza   nel   2014   era   di   57.680  posti,   con   una   maggioranza   di   detenuti   di   genere   maschile   su   quello   femminile,   un   costo   medio   a  persona  di  circa  32.000  euro  all’anno  per  lo  Stato  ed  un  impegno  per  favorire  il  loro  reinserimento  per  prevenire   il   rischio   di   recidiva.   Agli   inizi   del   2017   con  69430  detenuti   ospitati   è   stato   raggiunto   un  nuovo  record  di  presenze  contro  i  58.664  posti  disponibili:  anche  per  il  caso  francese  si  può  parlare  di  sovrappopolazione.  L'amministrazione   penitenziaria   è   composta   di   una   organizzazione   centrale,   di   servizi   decentrati  

(direzioni   interregionali,   stabilimenti   penitenziari,   servizi   penitenziari   di   inserimento   e   libertà  vigilata),  di  un  servizio  di   impiego  penitenziario   (SEP)  di   competenza  nazionale  e  dall'ENAP  (Scuola  Nazionale  di  Amministrazione  Penitenziaria).  

Gli stabilimenti penitenziari francesi sono suddivisi in maisons d'arrêt, istituti differenziati per pena (centri penitenziari, centri di detenzione, case centrali, centri di semi-libertà), stabilimenti penitenziari per minori, a cui si aggiunge uno stabilimento pubblico di salute nazionale ospitato all’interno della maison d'arrêt di Fresnes (istituto che è stato coinvolto nella ricerca di RiUscire). Le maisons d'arrêt accolgono soggetti con pene minori (inferiori ai due anni) o con giudizio non definitivo; i centri di detenzione ricevono detenuti con condanne definitive di lunga pena; le case centrali sono invece destinate a detenuti le cui caratteristiche fanno sì che siano considerati più difficili da reinserire.

Il servizio pubblico penitenziario francese ha la duplice missione di partecipare all’esecuzione delle decisioni e delle sentenze nel mantenimento della sicurezza pubblica e di favorire il reinserimento sociale dei soggetti in esecuzione di pena, compito che svolge in partenariato con enti pubblici o associativi.

Dal punto di vista del reinserimento e della preparazione all’uscita dal carcere la ricerca di legami con la società passa vocazionalmente dal lavoro e dalla famiglia di cui si occupano i servizi penitenziari d'inserimento e di libertà vigilata (SPIP) con misure trattamentali finalizzate.

Come in altre realtà oggetto della ricerca di RiUscire anche in Francia il sistema penitenziario è oggetto di giudizi sia a livello nazionale (per esempio i rapporti di inchiesta parlamentari del 2000, i richiami dell’Osservatorio internazionale penitenziario) o internazionale come i rapporti dell’ONU o del Comitato europeo di prevenzione della tortura (CPT) organismo, quest’ultimo, che nel 2007 ha denunciato trattamenti disumani e degradanti soprattutto per quanto attiene alle questioni dell’isolamento e della sovrappopolazione (fenomeno registrato maggiormente per gli stabilimenti che ospitano detenuti con pene brevi, quindi in cui più probabilmente si trovano gli stranieri). I problemi noti in altre realtà nazionali del sud d’Europa sono ben presenti anche nella realtà francese come per esempio la mancanza cronica di risorse e di mezzi. Dai dati di quattro anni fa (a disposizione quando è stato concepito il Progetto RiUscire) risultava che il tasso delle azioni di autolesionismo e suicidi manifestatisi nei penitenziari francesi era, in rapporto agli altri paesi del Consiglio d’Europa, il più elevato: due volte più della media europea.

La possibilità di accedere alla formazione culturale, elemento fondante di percorsi di reinserimento, non avviene in Francia sempre con facilità dato che la maggior parte dei detenuti è illetterata o analfabeta.

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Dunque anche se tutti gli istituti dispongono di una biblioteca questo servizio non sempre viene utilizzato malgrado i dati registrati in RiUscire (ma limitati alla sola popolazione straniera del campione) vedano la Francia al primo posto per l’utilizzo della biblioteca e i suoi detenuti siano tra i più grandi lettori (86%): ad ogni modo anche in Francia le biblioteche dei penitenziari possiedono scarsi contenuti multimediali, pochi periodici e soprattutto pochi testi in lingua straniera.

Gli SPIP si presentano come realtà con offerte variegate di opportunità riabilitative e programmano attività come atelier di pratiche artistiche di varia tipologia: arti plastiche, scrittura, audiovisivi, teatro, musica, di cui però non sempre vengono esplicitati i benefici attesi e gli obiettivi in termini di opportunità di recupero.

Circa la metà dei detenuti in Francia è in possesso di bassi titoli di studio (con tassi superiori alla media nazionale) e non dispone di una reale qualificazione professionale: la formazione dunque, di cultura generale o professionale, dovrebbe costituire uno strumento essenziale di reinserimento ma i dati registrati in RiUscire non evidenziano una particolare attenzione a questi aspetti. Sul piano dell’insegnamento i detenuti possono beneficiare di una formazione generale impartita da insegnanti dell’educazione nazionale mentre la formazione professionale è centrata a livello di pre-qualificazione sui settori dei servizi e delle costruzioni. Il lavoro è su base volontaria e non obbligatorio (articoli 717-3 e D432-1 e sgg. del Codice di procedura penale) e può svolgersi presso l’amministrazione penitenziaria stessa (pulizia, cucina, ristrutturazione di locali ecc.) o tramite la RIEP16: nelle officine e aziende di produzione (settore delle confezioni, lavorazione del metallo ecc.) e per/nelle imprese private consorziate con gli istituti penitenziari17.

2. Le pratiche in Francia

 In  Francia  le  pratiche  più  presenti,  sebbene  in  percentuali  non  troppo  superiori  rispetto  alle  altre,  sono  quelle  che  riguardano  il  lavoro  sui  linguaggi  –  anche  in  questo  caso,  come  già  commentato  nel  Cap.  I.2.,  si  tratta  per  lo  più  di  realizzazione  di  spettacoli  teatrali  come  il  Théâtre  M.C.  de  Poissy  (BP:  FR03)  o  il  Théȃtre  de  l’Opprimé  –  Festival  MigrActions  (BP:  FR06).  Seguono  poi  pratiche  rivolte  alla  formazione  professionale  e  alla  ricostruzione  sociale,   tutte  con  una  presenza  pari  al  18%,  mentre  subito  dopo  si  trovano  pratiche  che  riguardano  le  arti  plastiche  (15%).  I  dati  raccolti  evidenziano  che  in  Francia  viene  data   maggiore   importanza   alle   attività   che   sarebbe   possibile   definire   di   istruzione   e   formazione  informale,  dunque  sono  privilegiate  attività  pratiche  rispetto  a  corsi  di  natura  più  teorica  come  mostra  la  scarsa  presenza  di  corsi  di  insegnamento  di  L1-­‐L2  e  soprattutto  la  assoluta  assenza  di  specifici  corsi  di  scrittura,  lettura  e  insegnamento  tramite  e-­‐learning.  Tra  le  Buone  Pratiche  francesi  si  segnala,  per  le  finalità  in  parte  condivise  con  il  Progetto  RiUscire,  

“Enlivrons-­‐nous!”  (BP:  FR04)  che  prevede  un  insieme  di  azioni:  l’insegnamento  della  L2  (FLE  francese  lingua   straniera)  per   tutti   i   livelli,   attività  di   comunicazione   (interculturale)   e  mira  alla   trasversalità  degli  apprendimenti.    Inoltre  è  degno  di  nota   il   progetto  «J'étais,   je   suis,   je   serai»   (BP:  FR16)   che   sviluppa  azioni  per   il  

miglioramento   della   salute   psico-­‐fisica   dei   detenuti   con   la   creazione   di   carte   geografiche   dipinte   e  sonore,   attività  molto   originale   e   con   nessun   altro   riscontro   nella   panoramica   della   Buone   Pratiche  raccolte  in  RiUscire.  

A Parigi VII, nella sezione des Étudiants empechés, vengono svolte varie azioni come per esempio conferenze periodiche rivolte alle detenute, formazione alla realizzazione di prodotti audiovisivi, ed è anche presente anche un premio letterario «Esprits libres: lire malgré les murs» attribuito da una giuria di detenuti di genere femminile e maschile.

                                                                                                               16 Régie industrielle des établissements pénitentiaires. 17  Per  ulteriori  dati  si  vedano  tra  gli  altri  D.  Fassin  (2015),  L.  Jacqua  (2003).  

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Le BP: FR07 e FR08 ISP “Grand Public” e “ISP Scolaires” sono un ottimo esempio di azioni di informazione e sensibilizzazione per la decostruzione di pregiudizi presso un pubblico adulto e scolastico. Qui  di  seguito  si  riportano  i  dati  raccolti.    

Tab.1  Azioni  relative  alle  Buone  Pratiche  -­‐  Francia  Lavoro  sui  linguaggi   5   18,5%  Insegnamento  L1-­‐L2   1   3,7%  Comunicazione   2   7,4%  Trasversalità  degli  apprendimenti   1   3,7%  Arti  plastiche   4   14,8%  Ricostruzione  sociale   5   18,5%  Formazione  operatori   3   11,1%  Formazione  professionale   5   18,5%  Corso  informatica   1   3,7%  Corso  scrittura   0   0  Istruzione  (e-­‐learning)   0   0  Corso  lettura   0   0  

  3. Percentuali ed esempi di buone pratiche Tra le 22 pratiche analizzate per la Francia il criterio n. 5 “Grado di riconoscimento e soddisfazione”, è quello che presenta percentuali più alte (4,52 su un massimo di 5), soltanto una pratica è stata ritenuta al di sotto della soglia minima (3 su 5), il criterio n. 9, del “Riconoscimento istituzionale”, è quello con percentuali più basse. Ciò conferma un generale scolamento tra singole esperienze e adozione di protocolli condivisi a livello di amministrazione centrale, caratteristica non soltanto francese. A  scopo  esemplificativo  si  riportano  i  dati  descrittivi  delle  schede  di  due  buone  pratiche  ritenute  valide  per  i  finiti  della  ricerca  qui  descritta.  Il   progetto   “Cyber   bases”   (BP:   FR18),   rilevante   esempio   di   buona   pratica   applicata   al   sistema  

penitenziario,   è   stato   avviato   nel   2007   dal   Ministero   della   Giustizia   francese   e   prevede   la  sperimentazione   in   carcere   di   un   accesso   sorvegliato   a   internet   da   parte   dei   detenuti,   al   fine   di  “colmare   il  divario  digitale  e   l’analfabetismo”.   Il  vantaggio  principale  di  questo  progetto  consiste  nel  contributo   che   esso   può   dare   alla   formazione   dei   detenuti   andando   a   colmare   lacune   della   loro  formazione   con   azioni   generalmente  di   difficile   implementazione   in   carcere  per   via   delle   normative  vigenti  ma  di  vitale  importanza  per  il  reinserimento  professionale  nella  attuale  società  informatizzata.  Questi,   infatti,   possono,   anche   senza   supervisione,   accedere   a   siti   web   selezionati   dal   personale  docente  per  svolgere  degli  esercizi  online  e  usufruire  di  forme  più  attive  di  apprendimento.  I  vantaggi  riscontrati  e  i  risultati  positivi  raggiunti  fino  ad    ora  grazie  a  questo  progetto  hanno  spinto  organismi  indipendenti   di   monitoraggio   delle   carceri   a   chiedere   un   allargamento   di   “Cyber   bases”   a   tutte   le  carceri  e  una  più  ampia  possibilità  di  accesso  ad  internet18.    

Titolo  progetto:  Cyber  Bases  Anno:  2007  Coordinatore:  Ministero  della  Giustizia  francese  Partecipanti:  n.d.  Sito:  n.d.  Obiettivi:  Il  progetto  è  stato  avviato  e  gestito  dal  Ministero  della  Giustizia  francese  

                                                                                                               18 L’analisi di queste due pratiche portate ad esempio è impostata sulla base dell’esposizione dalla tesi di Valentina del Sette.

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Al  momento  il  progetto  è  portato  avanti  in  sette  carceri  (per  minori,  uomini  e  donne).    Un’altra  pratica  degna  di  menzione  è  la  BP:  FR20  per  la  finalità  professionalizzante  in  essa  insita.    

Titolo  progetto:  Sharing  experiences  about  prisoners  LLL  and  employment  after  releasing  Anno:  2008  Coordinatore:  Francia  Partecipanti:  Belgio  (ASBL  APRES),  Malta  (European  Prison  Education  Association  –  Malta  Branch)  Sito:  n.d.  Obiettivi:  Scopo  primario  del  progetto  è  la  condivisione  di  esperienze  e  pratiche  tra  le  organizzazioni  partner,  con  particolare  attenzione  all’inserimento   lavorativo  dei  detenuti  o  ex-­‐detenuti  dopo   la   fase  di   apprendimento  e  di   formazione   in   carcere.  Scopo  finale  è  aiutare  gli  apprendenti  a  trovare  la  soluzione  migliore  per  il  reinserimento  socio-­‐professionale  una  volta  fuori  dal  carcere.  

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I. 5.

Good Practices in Portugal

di MANUELA RIBEIRO NIZA, CRISTINA GADALETA19

1. Inmates and penitentiary institution in Portugal

Speaking of Practice in the Portuguese prison context is speaking of an ongoing process, revised and adopted to every reality timeline.

As far as foreign inmates are concerned, the national prison situation is quite different from the other countries involved in the Riuscire project. In fact, practically all of the foreign inmates in the Portuguese prison system, are Portuguese speakers, coming from countries that integrated the former colonies until the 70's of the last century, and Brazil.

Despite of this sharing of the base language, in terms of specific language there are some impediments that imply a clear action of linguistic training.

This article aims to give an account of the various activities available to inmates in order to provide their social reintegration.

The school education / training of the prison population is ensured in all prison establishments under the terms of Joint Order No. 451/99, published in DR No. 127 of June 1, 1999. Until 1979, education was provided by Ministry of Justice technicians placed in prisons which accumulated teaching functions with other tasks in the area of education. Since 1979, the school /training in prisons, became jointly undertaken by the Ministries of Justice and Education. In the last two years, as a response to the educational needs of the prison population, the total number of inmates attending education is close to 3700, corresponding to 28% of the total of the prison population. At the same time, under the same legal diploma and insert in the educational project of each prison establishment, various extracurricular activities are implemented and extracurricular courses are offered, namely Portuguese language for Foreigners, Education for citizenship, Visual Arts, Music and Sports.

In Portugal, there are 48 prison establishments. Inmate population by gender: Women 6%; Men 94%.

The source of the data of Table 1, 2 and 3 is the Relatório De Actividades, Ministro da Justiça – Direção-Geral de Reinserção e Serviços Prisionais 2005-2015. Table 1. Age Distribution Age N. Men % Men N. Women % Women 16-18 11 0,5 0 0 19-20 37 1,6 3 1,4 21-24 237 10,5 29 13,7 25-29 471 20,8 42 19,8 30-39 755 33,4 73 34,4 40-49 510 22,5 40 18,9 50-59 194 8,6 17 8

                                                                                                               19 Manuela Niza Ribeiro Universidade Fernando Pessoa; Cristina Gadaleta Università per Stranieri di Siena.

Il paragrafo 1 è di Niza Ribeiro, i paragrafi 2 e 3 sono di Gadaleta.

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60 and more

47 2,1 8 3,8

Table 2. Educational qualifications of the reclusive population by gender and nationality (3rd quarter of 2016)

Qualifications Foreigners/Men Foreigners/Women

N° % N° % Do not know how to read or write

54 2,4 6 2,8

Know how to read and write

92 4,1 17 8,1

1º Cycle of Basic Education

345 15,3 38 17,9

2º Cycle of Basic Education

371 16,4 19 8,9

3º Cycle of Basic Education

675 29,8 55 25,9

High School 564 24,9 44 20,8 Higher Education 133 5,8 16 7,6 Other Courses 4 0,2 4 1,9 Information non available 24 1,1 13 6,1

Table 3. Inmates by Nationalities

African Countries Men Women Angola (1) 197 9,2 5 2,4 Cape Verde (1) 676 31,7 25 11,8 Guiné 18 0,8 1 0,5 Guiné-Bissau (1) 164 7,7 5 2,4 Marrocos 47 2,2 2 0,9 Mozambique (1) 16 0,8 1 0,5 Nigéria 20 0,9 0 0,0 S.Tomé e Principe (1) 51 2,4 1 0,5 Outros 32 1,5 1 0,5

South-American Countries

Men Women

Argentina 14 0,7 1 0,5 Brasil (1) 298 14,0 64 30,2 Colombia 19 0,9 4 1,9 Venezuela 23 1,1 13 6,1 Others 18 0,8 14 6,6 European Countries Men Women Germany 9 0,4 1 0,5 Bulgaria 15 0,7 17 8,0 Spain 84 3,9 17 8,0 France 25 1,2 3 1,4 Great-Britain 22 1,0 0 0,0 Netherlands 18 0,8 3 1,4 Italy 25 1,2 5 2,4 Moldavia 23 1,1 1 0,5 Romenia 175 8,2 17 8,0 Russia 3 0,1 0 0,0 Ukraine 36 1,7 1 0,5 Others 46 2,2 10 4,7

(1) Countries of Portuguese Official Language.

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The prison establishments that supported this project, like almost all of the Portuguese counterparts, also promote the treatment of drug addicts, being equipped with a unit for it as well as an autonomous unit for inmates in open regime.

Given the integration policy promoted by the Directorate General of Rehabilitation and Prison Services, the education is ensured for the most part, the schools of the area.

All prison establishments have their own space for the school, which means classrooms and a library. The larger prison establishments also have a room equipped with computer equipment and an office for teachers.

1.1. Educational levels

The establishment of Santa Cruz do Bispo Prison produced a survey of educational needs and concluded that in the case of male area, the following courses became necessary:

- Basic Education: 1st cycle - Basic skills in language and culture; 2nd Cycle: Courses EFA B- (adult 2 education and training).

- 1 Foreign Language - Initiation to English: a total of 25 hours spread over 2 classes per week. Takes into account the importance of English as a privileged mean of communication; 2 Plastic Expression: This area contributes to an interrelationship between the school and the rest of the prison community and generates moments of social visibility through the different exhibitions organized throughout the year: Acrylic paint technique - 25 h, Oil painting technique - 25 h, Oil painting technique - development - 50 h (4 classes per week). 1.2. Information and communication Technologies Is intended to students of the first levels of education, as well as the entire prison population, given its significance both in school education, either on the appropriation of tools in order to employability: a) Word processor - 50 h, b) Spreadsheet - 50 h (4 classes per week).

Musical Education is composed of Vocal and instrumental expression - 25 h and Musical workshop - 25 h (2 classes per week).

This ensures the right to basic education for inmates and strengthens conditions to combat illiteracy. At the same time it promotes the awareness of citizenship and the autonomy in the use of knowledge and critical thinking.

As the practice/methodology to be implemented concerns, it is based on the differentiation, adequacy and flexibility of teaching practices and methodologies in order to motivate students to use information and communication technologies as transdisciplinary training. As for human resources and given the specificity of education in prison, namely the constant mobility, there will be a responsible teacher, throughout the year, for compliance and guidance of each student in their individual training itinerary. There will also be a teacher ensuring the functions of Pedagogical Mediator.

The mission of the ‘school’ within a Prison Establishment has assumed, over time, a preponderant role in the promotion of initiatives of socio-cultural scope implemented in articulation with the developed curricular projects.

These initiatives, although with a clearly ludic aspect, have an added pedagogical value. In fact, through some initiatives, the social sense of some commemorative dates is promoted; access to the various areas of expression; acquisition of habits of participation in different cultural initiatives; in the end, the main objective is the acquisition of personal and social skills.

In this context, the most important activities of the Portuguese calendar are promoted, which in relation to other cultures can also serve as a way of making the culture, history and social structure of the host country known.

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As these activities are considered "extra-curricular" when literacy situation further increased the specificity of the location and the characteristics of the students themselves, the realization of the initiatives becomes a complex and lengthy process, which involves teamwork.

Faced with this fact are considered non-teaching hours for the development of extracurricular activities and socio-cultural activities, as well as participation in meetings in the respective schedules of outstanding teachers. 1.3. Vocational Training / Reinsertion in Active Life Entities promoting are -Protocol Center for Vocational Training for the Justice Sector (C.P.J.), band Leiriconsulte and Profile. Courses in progress with double certification, school (9th grade) and professional; -Civil Locksmithing - Agricultural mechanization - Agricultural operator (horticulture / floriculture) - Electrician of installations - Coating Courses underway with professional certification: - Painting of civil construction - Electrician – Plumber.

A Vocational Training in a Real Job is provided by sector of activity such as: - Agricultural sector: a) agricultural and forestry, b) forestry and livestock, c) dairy production and goat

farming - Maintenance sector: cleaning, kitchen and laundry services.

1.4. Conclusion The same way that currently vocational training initiatives are considered essential for the qualification of resources and to increase employability "out side" are on the same way, in the prison context; although the condition of inmate overlaps the trainee one.

If unemployment is felt in society, even more it is felt in a prison context. If it focuses only on employability, it runs the risk of vocational training to become a disappointment because it may not become a job. So it is urgent to redefine the purposes of vocational training, especially in prison context.

2. Practices in Portugal

Analysing practices in Portuguese prisons it is possible to notice that there are three areas in which they operate: the majority of practices in prison context are addressed to foreign detainees, but there are also actions for prison staff and for teachers.

The data collected for the project RiUscire show that more than a quarter of practices in prison context is about professional training (28,6%), following activities for training of operators (21,4%), and it is also possible to point out that almost 15% of actions is about teaching Portuguese as a foreign language.

Actions for inmates aim to aid personal development and professional qualification, furthermore they are designed to support their social reintegration. For this reason, following the guidelines of Directorate General of Rehabilitation and Prison Services, in cases of the penalty exceeds one year, prison treatment is based on an Individual Rehabilitation Plan (PIR), which is periodically evaluated and updated. The individual plan of Rehabilitation aims at preparing for freedom, establishing appropriate measures and activities for the prison treatment of the inmates, particularly in the areas of education, training, work, and socio-cultural activities. Prisoners have an active participation in the preparation and implementation of their plan.

Table 1 shows the percentage of prisoners condemned with Individual Rehabilitation Plan approved by Internal Technical Council (ITC). This organ (ITC), that works inside every prison, shall be chaired by the Director of penitentiary institution and it is composed by the Chief of the Guards, the Higher Technician of Reeducation and Institute for Social Reintegration (I.R.S.).

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For 2015, the national average of prisoners with PIR was 85%. 20

Table 1. Condemned prisoners with Individual Rehabilitation Plan approved by ITC in 2015

SOURCE: Center for Program Management and Prison Treatment Activities (CCGPATP).

¹ It integrates the Chain of Support of Horta. ² Rate above 100% is justified by the divergence in the number of convicted prisoners with criteria for PIR. The value achieved must not exceed

100% and, in such situations, it has been reduced to 100% for the purposes of evaluation of results in the results maps by EP.

Job and extracurricular training activities are part of the Individual Rehabilitation Plan. Every good practice is oriented to provide opportunities for socio-professional reintegration of prisoners and to prevent criminal recidivism by creating integrated responses to the level of vocational guidance, skills development and socio-professional insertion of (ex) inmates.

A vast majority of good practices in Portugal are related to professional education, in order to give the opportunity to acquire more skills to gain more school and professional qualifications, with the goal of reentering or advancing in the labor market.

Job training are in different areas: Floriculture and Gardening (BP: PORT03, BP: PORT09), IT and new technologies (BP: PORT02) and hotel industry and catering (BP: PORT14). Every field represents a

                                                                                                               20 Relatório de Atividades e Autovaliação 2015.

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professional sector in which detainees will be able to work positively and with competences after they have left prison. Some of these courses allow to obtain a qualification of the National Qualifications Catalogue or a final certification, useful to prove their skills and knowledge acquired during this training process. In few cases, the training program includes a period of internship to be carried out outside the penitentiary institution.

Along with professional orientation of educational interventions in prisons, there is a more specific work related to social reconstruction, a formation to integration (BP: PORT08), which is focused on the development of citizenship, human rights and values.

Despite the fact that many foreign detainees are Portuguese speakers, it is considered important to guarantee an access to Portuguese language teaching programs (BP: PORT07). The guiding principles governing the Portuguese penitentiaries allow the expression of cultural heritage of foreign prisoners or prisoners that belong to ethnic or linguistic minorities, but it is also consider significant – in order to alleviate any difficulties of social integration – promoting an improvement of Portuguese language21. In 2010, for 2390 foreign inmates – approximately 35% were Portuguese speakers – 279 have taken part of a course of Portuguese, and it is interesting to underline that in one case, in the Penitentiary of Lisbon, the course was held by volunteer inmates.

More than a quarter of actions for inmates are about Arts and creativity. These practices allow to promote the self-esteem, self-control and personal and civic formation of the inmates, by the artistic creation in the field of music, as BP: PORT12 (that introduce Opera in a juvenile detention centre), writing (BP: PORT06) and theatre (BP: PORT05). The projects aim to promote creativity and reflection on the relationship between art and life, contributing to the personal and interpersonal development of prisoners and their social integration in the local community, involving local artistic structures.

With the aim of reforming the Portuguese Prison System and following the need of a convergence with European standards, Directorate General of Rehabilitation and Prison Services started an ambitious process of organizational change through different projects addressed to prison staff. The objective is improving the conditions within the prisons, increasing training of operators, promoting social reintegration of (ex) inmates and encouraging an intercultural environment.

In particular way, the practice “Projeto de gestão integrada da população reclusa” (BP: PORT11) is concerned with integration and continuous accompaniment of detainees from their entry to the possible formalization of a PIR.

The project “Reclusão - Palco de reflexão e aprendizagem” (BP: PORT13) is part of a National meeting for teachers that work in prisons. The idea behind this training action is that teachers, who work in prisons, need to study and reflect on practices aimed at improving their professional performance and, above all, improving the educational outcomes of detainee students and their social reintegration.

Table 2. Typology and number of good practices in Portugal (total 14)

Languages - forms of expression 2 Teaching L2-L1 2 Communication 0 Transversality of learning 0 Plastic arts 0 Social reconstruction 1 Training for prison staff and teachers 3 Job training 4 IT course 1 Writing course 1 E-learning / Istruzione (e-learning) 0 Reading course 0

                                                                                                               

21 Cf. Art. 3, Code of Execution of Sentences and Privative Measures of Freedom, Law No 115, 12 October 2009.

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3. Percentages and sample of Good Practices

Between the criteria of evaluation of practices in Portugal the criterion of ‘coherence’ (4,28%) stands out and it’s higher than average of other European partners that take part in the project RiUscire. This criterion is followed by “level of involvement and satisfaction” (3,92%) and “reproducibility in other context” (3,78%), these last two criteria are in average with practices in other country. The criteria with the lowest-scoring (2,57%) are “added value”, “sustainability” and “institutional recognition”, the last one in average with other European practices.

Four out of fourteen practices go below the level of “satisfactory”, because they do not have a minimum score of 3. In general, it’s possible to notice that practices in Portugal have a low score compared to practices in other country.

The chart below shows the typologies of practices and their percentages.

Figure n.1 Da database progetto RiUscire.

By way of example, two good practices are analysed more in detail.

The first one is “Rumos de Futuro - da prisão para a inclusão” (BP: PORT01), a project that involved a total of 75 inmates, 20 families and 30 employers. It was part of the project EQUAL, a European Community initiative, which aim was to promote new ways of combating all forms of discrimination and inequalities in the labour market and to facilitate the social and occupational integration.

The second one concerns creativity and food, “Taste of freedom” (BP: PORT06). This practice was part of European project Grundtvig. The project’s main themes were the food as pleasure, culture, tradition, identity and lifestyle; the culture of health and the local production sustainability. The project was based on the interchange of food traditions and cultural values, through theoretical and practical activities. Prisoners and prison staff participated in all phases of the project, as actors and creators of a cultural journey through territories and tastes.

Title project: Rumos de Futuro - da prisão para a inclusão Years: 2005-2007 Coordinator: Centro de Estudos de Serviço Social e Sociologia, Universidade Católica Portuguesa; AERLIS – Associação Empresarial da Região de Lisboa e Vale do Tejo; ANJAF – Associação de Jovens para a Acção Familiar; ANJE – Associação Nacional de Jovens Empresários; CMS – Câmara Municipal de Sintra; Cidater – Cooperativa de Ensino e Cultura; DGSP / EPS – Estabelecimento Prisional de Sintra; SCMA – Santa Casa da Misericórdia da Amadora. Participants: Portugal Website: http://www.anjaf.pt/projecto.php?projectoID=31 Objective: This project had as general objective the experimentation of new methodologies in the approach to the processes of social reintegration of (ex) prisoners. Specifically, the project aimed to: create and test integrated orientation / training / insertion courses; evaluate systematically the development of activities, results and impacts, and the development of partnership and target groups; readapt the infrastructure for the functionality of the services, in order to get tailor-made answers.

Title project: Taste of freedom Years: 2013-2015

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Coordinator: Slow Food Monteregio, Italy; Cooperativa Beniamino Onlus, Italy; Panevezys Correction House, Lithuania; Cepa Las Palmas Cono Sur, Spain; Ayaş District Directorate of National Education, Turkey; Confar-Associação de Fraternidade Prisional, Portugal. Participant: Italy, Portugal, Spain, Lithuania, Turkey. Website: http://www.confiar-pf.pt/pt/cooking-for-freedom Objective: The main objective is to contribute to the integration of prisoners into society through a deeper knowledge of local culture and traditions. The specific objective are: educate for healthy diet and healthy eating; raise awareness of local products; spread the idea of a fair and sustainable consumption; discover and appreciate each culture through food; being aware of the differences among cultures; educate for active citizenship; bring out the inmates creativity through various activities related to food and local traditions (writing and painting activities); promote active and respectful collaboration with people from other countries; help making prisons more closely linked to the “outside” society.

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I. 6.

Good Practices in Germany

How to overcome the traditional barriers between the outside world and the internal reality of prisons

di VINCENZO PICOZZI22

1. Introduction This article has the aim to briefly show the situation of Germany from many points of view: political system, labor system, the prison system, best practices in prisons, education in prison, training and immigration. The areas of interest are many and also involve the situation of the Free State of Bavaria in particular: immigration, prisons, educational system, and professional training. 1.2. The project RiUscire and the German territory Initially, we mainly dealt with linguistic and cultural aspects, analyzing the situation and the actions within the German prison system. The project RiUscire23 has proven to be an important observatory of this reality. Germany is a nation that contributes a lot to the protection of prisoners' rights. It takes the directives of the Council of Europe24 in this area into account and in recent years has begun to develop actions and more specific research. The grounding reason of this attitude is the number of foreign immigrants living in Germany, a number that has highly increased in recent times. Germany, therefore, places itself at the forefront when it comes to the resolution of national and international issues.

Bavaria is the largest German state for its extent and one of the most populated and economically influent.

The Ministry of Justice of Bavaria manages the entire correctional system; within the ministry 25 employees deal with this matter in particular. Their tasks include: - the organization of the penal system; - personnel management; - staff training; - monitoring and budget evaluation; - controlling and management structures; - participation in legislation; - education and vocational training of prisoners; - gathering data and information concerning the penal system.

                                                                                                               22 Otto-Friedrich Universität Bamberg. 23  www.riuscire.org.  24   The   Common   European   Framework   of   Reference   for   Languages:   Learning,   Teaching,   Assessment,   is   a   guideline   used   to   describe  

achievements  of  learners  of  foreign  languages  across  Europe.  It  was  put  together  by  the  Council  of  Europe  between  1989  and  1996.  Its  aim  is  to   provide   a   method   of   learning,   teaching   and   for   all   languages   in   Europe.   In   November   2001,   an   European   Union   Council   Resolution  recommended   to   use   the   CEFR   to   build   up   validation   systems   of   language   abilities.   The   six   reference   levels   (A1,   A2,   B1,   B2,   C1,   C2)   are  accepted  for  grading  an  individual's  language  proficiency.  For  the  Syllbus  of  Italian  as  Forein  Language  see  Benucci  (2007b).    

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All employees in the Bavarian legislation are obliged to preserve detainees in order to avoid a relapse into crime and prepare them for an effective social reintegration, and simultaneously maintaining all necessary measures to ensure the protection of its citizens.

As stated in art.2 entered into force the 1st January 2008: Der Vollzug der Freiheitsstrafe dient dem Schutz der Allgemeinheit vor weiteren Straftaten. Er soll die Gefangenen befähigen, künftig in sozialer Verantwortung ein Leben ohne Straftaten zu führen (Behandlungsauftrag)25.

Fulfilling these tasks requires great efforts from prison personnel, research, management of financial

resources and also the understanding and participation of free citizens in order to make the entire system function properly. Bavaria has built 36 prisons26 (21 independent ones and 15 affiliates) and 6 juvenile detention centers with 11.958 places: 11.056 for men and 902 for women. These data also include open structures (862 for men and 44 for women).

In recent years there has been a significant increase of employment in Bavarian prisons. Generally speaking, the number of prisoners increased by 29% compared to 1991. The most critical period lasted from early 2005 until mid-2007: starting from the end of January 2005 for the first time the number of prisoners reached and exceeded the 13.000 threshold. Numbers peaked in April 2005 with 13.113 inmates; by March 2015 the number had decreased again to 11.045 prisoners.

The main reasons for this development are: - the increase in investigations after the opening of Bavaria’s eastern borders; - a growing crime rate around the perimeter of this state, mainly due to drug dealing, - the presence of foreign prisoners. On the 31st of March 2015, the percentage of foreigners in Bavarian prisons was 32%. Data reveal that

the origin of these 2.434 foreigners is divided as follows: Turkey 16,9%; Romania 11,4%; Poland 7,2%; Italy 5,3%; Other countries 42,4%.

Of the 11,045 individuals who were arrested (on the 31st of December 2015) it is noted that: 8.459 prisoners are in preventive custody; 322 are younger than 21; 4.671 are older than 21 (max. 25).

In the effort to improve social rehabilitation of the condemned, Bavaria provides education and vocational training and the opportunity to work, so as to promote their reintegration into society after the sentence is served.

Prisoners can work thanks to the collaboration between institutions, companies and prison system. The employment situation as updated in 2013 is as follows: the average occupancy was 52,4% and the

remaining 47,6% were not interested in finding a job. Other details concerning the vocational training of inmates found that 52% of adult prisoners and 15% of

young prisoners complete their professional training. It should also be noted that a significant portion of the detainees did not complete schooling.

For this purpose, a program was created which allows prisoners to complete their studies. This project stems from an agreement between correctional facilities, the Ministry of Culture and professional schools dating back to 1980, which provides detainees with the opportunity to work and cooperate with local schools in order to achieve a certificate or a studying license for various degrees.

It is worth noting the presence of volunteers in the Bavarian prison system: they highly contribute to improving the lifestyle of inmates inside prison. In 2014 nearly 1500 free citizens were enrolled as volunteers in this system and dealt with forming recreational groups, organizing outdoor activities, advising

                                                                                                               25  “The  purpose  of  the  sentence  is  to  protect  society  from  further  crimes.  This  should  allow  the  prisoner  to  lead  a  socially  responsible  life  

in  the  future  without  further  crimes”.  26   Prisons   in   Bavaria:   Aichach,   Amberg,   Ansbach,   Aschaffenburg,   Augsburg-­‐Gablingen,   Bad   Reichenhall,   Bamberg,   Bayreuth,   Bernau,  

Ebrach,  Eichstätt,  Erding,  Erlangen,  Garmisch-­‐Partenkirchen,  Hof  mit  Jugendarrestanstalt,  Ingolstadt,  Kaisheim,  Kempten  (Allgäu),  Kronach,  Landsberg   a.   Lech,   Landshut   mit   Jugendarrestanstalt,   Laufen-­‐Lebenau,   Memmingen,   Mühldorf   a.   Inn,   München,   Neuburg   a.   d.   Donau,  Neuburg-­‐Herrenwörth,   Niederschönenfeld,   Nürnberg   mit   Jugendarrestanstalt,   Passau,   Regensburg,   Schweinfurt,   Straubing   mit  Sicherungsverwahrung,  Traunstein,  Weiden  i.  d.  OPf.,  Würzburg  mit  Jugendarrestanstalt,  Bayerische  Justizvollzugsakademie  Straubing.  

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prisoners who are in a situation of personal conflict, accompanying prisoners during outings and finally mediating the transition between the prison and the outside world.

The Bavarian system is, therefore, firmly trying to overcome the difficulties between its territory and detainees (particularly foreign prisoners).

2. The research

Thereafter, the research is focused on a practical analysis in direct contact with companies, institutions, and universities. In this regard, the contact between the University for Foreigners of Siena and the Otto-Friedrich University of Bamberg was especially important. The research within the project RiUscire casts light on 20 best practices within the German territory. The number of best practices is not high as in other countries because federal states like Bavaria already have inside their prison system practices in the range of education, professional training and recreational activities. The interested areas of best practices are very different. The data obtained show that those actions are mainly focused on language and writing skills; it is noteworthy that these actions outnumber those focusing on distance learning through e-learning technologies, and those concerning the teaching of L1 and L2.

3. Best Practices in Germany

The search for best practices in Germany was mainly conducted online. It became evident early on that a high number of best practices was to be found in Germany, yet its outreach was limited to the state’s territory itself, mainly due to an inefficient promotion within the network. To expand and make actions more accessible to other users, English is normally used as a language of communication and dissemination of content in addition to the original language of the territory, something that is not done in Germany, where the best practices discovered are all in German only.

The material has been translated in order to better understand the content of the actions and to transmit contents more efficiently inside the RiUscire project.

Three best practices found in the German territory will be further analyzed as examples: The first is called Bluespots Productions27. This project dates back to 2014 and mainly concerns the

prison of Augusta. Here, prisoners are involved in activities with volunteers from the outside. Together they stage small theatrical productions and organize workshops like classes in creative writing. The activities have a duration of one hour and a half and are held twice a week. The aim of this practice is to not only train prisoners in workshops, but mostly to make them interact both with other fellow detainees who directly experience their same condition and people who do not live in this environment. Great importance is given to establishing a serene and effective communication between inmates with the aim to make them reflect on their own person, their wishes and aspirations in relation to what could be a productive reintegration in the society.

The second practice dates back to 2010 and is called Kunst in Gefängnis28. The name already introduces the aim of the activities. This association was founded to create contacts between prisoners and music, painting, writing, photography, sculpture and movie-making. Through these actions prisoners are re-evaluated in a positive way, that is otherwise often overshadowed. This is of fundamental importance because inmates are in prison to serve a sentence, so that at the end of the re-education process, they may have learnt better attitudes and have a different self-awareness. This opportunity is often denied to inmates by companies, which relegates ex-prisoners to the lower classes of society. This practice, therefore, has a

                                                                                                               27  http://www.bluespotsproductions.de.  28  www.kunstimgefaengnis.de.  

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very positive scope and a very interesting aim; in fact there’s a high number of prisons participating in the project which makes it clear that the reproducibility of this practice is high29.

The last practice has been in place in Germany for many years, specifically since 1974: the Telematics University of Hagen30. There is plenty of information about the actions undertaken within this project but so far it was not possible to find and identify its participants. Already in 1974, prisoners were given the opportunity to study, thanks to two different types of participation: full-time (40 hours per week) or part-time (20 hours per week). This reflects the fact that prisoners’ demands for education are variable: there are prisoners who see education as a real opportunity to improve their standard of living, thus deciding to use almost all their free hours during the whole week on studying. Another very interesting factor is the variety of courses provided by the university. They organized and recognized graduation programs for inmates in mathematics, informatics, electronic engineering, economics, history, political science, social science, sociology, philosophy, ancient and modern literature, law, psychology, education science. Detainees are at the center of their educational process starting from the choice of their curriculum. Detainees are also given the opportunity to (at the discretion of the prison facilities) attend lessons with a teacher, try distance learning with the help of electronic material and, if they are allowed to go outside, to be able to take part in workshops lasting maximal two days. This is a significant element in the educational project of a prisoner because they do not only lay attention on education (which still remains the main goal) but also on the growth of their individuality, as well as creating bonds between prisoners, workers and the outside world.

The identified practices focus on the rehabilitation of the prisoner in various forms but mostly on the growth of their own critical awareness.

4. Final analysis of the best practices

For the classification of the best practices the RiUscire project has created a schedule with six sections in order to analyze and better describe them.

The board is divided as follows: brief description of the project (title, year, context, program context); description of the material (aim, innovative aspects, description); data of the participants; contacts; availability of teaching material; database description.

This stage of collecting data was followed by the evaluation phase of every single best practice with a schedule which includes 10 analysis criteria (see II.1 by Benucci).

Data identified for the German territory show that the best practices that have achieved a higher score are those related to writing classes and those who work on the language; not only because they are more numerous than the others, but also because these practices establish oral communication and writing skills as a key objective. These practices show a more significant development because they put the individual (in this case the prisoner) in the center of the project, giving to him a role and an importance that is often forgotten. With this attitude they can learn not only to communicate but also to relate with others, thus promoting the growth of a mature individuality both from the professional point of view but mainly also in relation to their skills and individual characteristics that define the essence of each person.

From a formal point of view, these practices can be considered “best practices” because both have an average score of 4. 3. The practice, however, which does not fully meet the criteria to be defined as "best" is the one linked to the visual art world: average score of 2.7. Most likely because of a difficult reproducibility in different contexts. Maybe because of a real difficulty in prisoners to relate to a world so far away from them, often perceived as "ephemeral" and not linked to a real opportunity to help them in a future reintegration into society. Between these two intervals all other practices that have achieved good results in the evaluation are placed: 12 of 20 practices have an average score that varies from 3.0 points to 3.9, while 7

                                                                                                               29  Participating  prisons:  Zeithain  (Ger),  Dresden  (Ger),  Chemnitz  (Ger),  Leipzig  (Ger),  Waldheim  (Ger),  Torgau  (Ger),  Zwickau  (Germany),  

Bautzen  (Germany),  Görlitz  (Ger),  Regis-­‐Breitingen  (Ger).  30  www.fernuni-­‐hagen.de.  

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out of 20 practices have a high score that ranges from 4.0 points and a maximum of 4.3. The situation for Germany is therefore positive because although the number of good practices observed is not the highest, almost all fully reflect the criteria set out by the project RiUscire. Inside the best practices identified it is obvious that the evaluation criteria that has reached a high score of 4 out to 5 in the majority of cases is reproducibility. This is very important because the RiUscire project pursues the aim of cooperation between prisons.

5. Results

Germany, therefore, is a nation that has many positive aspects within the prison system. Many are the actions created to make life easier in prison for detainees and they often involve not only the latter but also penitentiaries employees or even third-figures like volunteers or often the family members of prisoners. As seen from the data obtained so far, the professional education and training education are vital elements in German prisons because it does not only help the inmate to make to live a better and efficient life inside the structure, but also favors a future successful reintegration to society by educating the inmates themselves. Human relations are in the foreground, in an effort to create an environment that overcomes the traditional barriers between prisoner-prison prisoner-operator but more importantly between outside-world and internal world. These data show us a bright future both for prisoners and for all prison workers, also in relation to the networks that Germany is building with other countries in projects like RiUscire.

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I. 7.

Buone Pratiche per l’educazione interculturale e interlinguistica

1. Introduzione Il lavoro di raccolta delle buone pratiche è stato uno degli assi portanti del progetto RiUscire. Come già messo in evidenza dai contributi precedenti in questo volume, ha infatti permesso di avere una panoramica sulle principali azioni che si svolgono nelle carceri dei paesi partner del progetto, azioni sia indirizzate ai detenuti stranieri che agli operatori penitenziari. Fra le pratiche raccolte all’interno del progetto, almeno la metà sono classificabili come buone pratiche che puntano all’educazione interculturale e interlinguistica.

Ma cosa si intende con questi due termini? I molteplici documenti dell’Unione Europea che affrontano l’argomento dell’integrazione degli immigrati

nei paesi europei inseriscono l’educazione interculturale sia dei cittadini autoctoni che degli immigrati tra gli aspetti di fondamentale importanza per determinare una convivenza basata sul rispetto reciproco e arricchente per entrambe le parti.

Nella Guida per lo sviluppo e l’attuazione di curricoli per un’educazione plurilingue e interculturale (2016) vengono definite come segue la competenza plurilingue e interculturale:

La competenza plurilingue e interculturale è definita come la capacità di usare un ampio e diversificato repertorio di

risorse linguistiche e culturali per soddisfare bisogni comunicativi o interagire con l’altro e di far evolvere e arricchire questo stesso repertorio. La competenza plurilingue rinvia al repertorio di ogni parlante, composto di risorse acquisite in tutte le lingue conosciute o apprese e relative alle culture legate a queste lingue (lingua di scolarizzazione, lingue regionali o minoritarie o della migrazione, lingue straniere moderne o lingue classiche); la pluriculturalità designa la capacità di costruire relazioni con diversi gruppi sociali e di partecipare alle loro culture acquisendo le competenze linguistiche necessarie. La competenza interculturale designa la capacità di fare esperienza dell’alterità e della diversità culturale, di analizzare questa esperienza e di trarne profitto. A partire da tale definizione, sono state selezionate tra le buone pratiche censite all’interno di RiUscire

tutte quelle che in ciascun Paese avevano come obiettivo principale proprio l’educazione plurilingue e interculturale.

Perché la necessità di progetti di questo tipo in carcere? 2. Le buone pratiche rilevate

Come già trattato negli articoli precedenti, la convivenza fra detenuti di diverse lingue e culture all’interno delle carceri d’Europa determina la necessità di migliorare gli strumenti per la gestione di questa diversità attraverso specifici progetti. Fra essi spiccano naturalmente i progetti mirati a facilitare la comunicazione interculturale e interlinguistica, di cui si cercherà di rendere conto in questo contributo. La percentuale di progetti classificati come “buona pratica” nel campo dell’educazione interculturale e interlinguistica varia molto a seconda del paese partner. In Germania è stata rilevata una sola buona pratica con l’obiettivo di migliorare la competenza linguistica dei detenuti stranieri, “Literacy and life skills in prison” (BP: GER 12, punteggio ottenuto dopo la revisione dei referee 3,6). In particolare, lo scopo del progetto di cui la Germania è capofila, con la Romania come partner, è quello di analizzare e migliorare i corsi e i materiali disponibili per l’alfabetizzazione e lo sviluppo di competenze all’interno delle carceri in diversi Paesi europei.

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Il progetto è finanziato dal programma Grundtvig, parte del Lifelong Learning Programme. Ha prodotto un sito web con esempi di materiali in uso, una bibliografia sull’istruzione in carcere.

In Catalogna sono state invece rilevate un numero maggiore di buone pratiche collegate all’educazione interculturale e interlinguistica. In particolare, all’educazione interlinguistica sono stati dedicati vari progetti. Il primo, “Lectura fàcil: nivells inicials” (BP: SP01, punteggio 4,7), aperto a studenti che presentino delle difficoltà nella lettura e nella comprensione del catalano, riguarda il miglioramento delle competenze linguistiche in questa lingua, con il limite però che a questo progetto non possono prendere parte gli studenti che non hanno una conoscenza di base di questa lingua. L’obiettivo principale del progetto è quello di migliorare le competenze linguistiche in catalano sia come lingua di lettura che come lingua di comunicazione veicolare nel quotidiano. I materiali di lavoro sono costituiti dai libri presenti nella biblioteca dell’Istituto penitenziario.

Il secondo progetto censito in Catalogna è intitolato “Xerrades multiculturals” (BP: SP04, punteggio 4,8) e ha il doppio obiettivo di affrontare tematiche relazionate con la multiculturalità da un lato, e di sviluppare le competenze sociopragmatiche dei partecipanti dall’altro.

Il terzo progetto attuato in Catalogna, “Sin Barreras” (BP: SP09, punteggio 3,7) prevede da parte dei Paesi partner la condivisione di esperienze nel campo dell’educazione indirizzata ad adulti a rischio di emarginazione ed esclusione sociale, con l’obiettivo finale del reinserimento sociale dei destinatari di questi interventi. Punta a creare all’interno degli istituti un ambiente di rispetto e valorizzazione della diversità culturale, con l’obiettivo dell’integrazione sociale dei detenuti immigrati. Anche questo progetto, di cui la Spagna è capofila e che ha come partner Francia e Norvegia, è finanziato dal programma Grundtvig che fa parte del Lifelong Learning Programme.

Fra le buone pratiche censite in Italia sono state inclusi i progetti IDRP e DEPORT (BP: IT06, BP: IT07, punteggio 5), realizzati dall’Università per Stranieri di Siena. Entrambi i progetti avevano come obiettivo principale lo studio e il miglioramento della comunicazione nell’ambiente pluriculturale del carcere e ruotavano su tre assi: la formazione linguistico-professionale dei detenuti stranieri, la formazione dei docenti e la formazione degli operatori penitenziari. I progetti, pur essendo indirizzati in primo luogo a interventi sul territorio toscano, hanno registrato l’interesse di altri PRAP regionali (Sardegna, Sicilia, Campania, Veneto), che si sono resi disponibili ad ampliare le possibilità di raccogliere dati al fine di costituire un corpus che potesse rapportare la situazione toscana a quella più generale italiana e garantire la replicabilità della proposta di ricerca toscana, che è venuta così configurarsi come esempio di eccellenza di ricerca nel contesto penitenziario italiano. L’apprezzamento del progetto da parte del Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria (DAP) e dell’Istituto Superiore di Studi Penitenziari (ISSP), manifestatosi anche attraverso la concessione del patrocinio delle attività del progetto confermano il valore della proposta di ricerca e delle azioni in essa contenute.

Un'altra buona pratica è costituita dal progetto educativo attuato nel carcere femminile di Venezia-Associazione “La gabbianella” (BP: IT09, punteggio 3,1). È questa una buona pratica che valorizza l’educazione interculturale dei piccoli ospiti che vivono con le madri detenute.

Nell’ottica del sostegno alla genitorialità, soprattutto della genitorialità fragile, si fa carico dell’accompagnamento dei bambini del nido del carcere femminile della Giudecca fino all’asilo comunale nella stessa isola di Venezia. Da due anni, all’interno del nido del carcere, la stessa associazione persegue un Progetto Educativo in cui sono previste attività che favoriscano i rapporti tra mamma e bambino, ne facilitino la comunicazione e aiutino la socializzazione di piccoli e mamme con l’esterno. Durante le ore che le psicologhe passano con le mamme, vengono affrontati temi che vanno dall’educazione dei figli all’educazione alimentare. In particolare l’educazione alimentare passa attraverso l’organizzazione di feste di compleanno e merende, stimolando le mamme a preparare alimenti sani per i propri bambini e raccogliendo le loro ricette, provenienti da diversi paesi. Si valorizza quindi la cultura e la tradizione culinaria delle madri dei bambini presenti al nido.

Altre buone pratiche censite in Italia riguardano laboratori di attività artistiche, nella fattispecie il teatro, e che coinvolgono trasversalmente le competenze linguistiche.

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Nella Casa Circondariale di Roma Regina Coeli è infatti attivo, da anni, il laboratorio teatrale “Arte Studio”, Associazione Culturale riconosciuta (BP: IT52, punteggio 3,7). L’attività è rivolta sia a detenuti italiani che a stranieri, che rappresentano il 70% del totale.

La partecipazione dei detenuti stranieri al laboratorio teatrale accresce l’apprendimento della lingua italiana. Un forte coinvolgimento si ottiene grazie all’espediente voluto dalla regia di ripetere una stessa battuta del testo sia nella lingua italiana che nelle lingue madri dei detenuti, espediente che valorizza la pluralità linguistica e culturale presente in carcere.

Sempre all’interno del carcere di Regina Coeli vengono svolti da anni corsi di alfabetizzazione linguistica e di istruzione primaria (BP: IT11, punteggio 3,9) realizzati dai docenti tenuti dal Centro Territoriale Permanente, 21° Distretto, che sono stati opportunamente adattati alle caratteristiche dell‘istituto penitenziario. In particolare, il detenuto/studente aderisce a un “ patto formativo” che ha l’obiettivo di motivarlo e responsabilizzarlo. I corsi attualmente realizzati presso Regina Coeli sono quelli di italiano per stranieri Livelli A1 e A2 e di preparazione al conseguimento della licenza della scuola primaria e della scuola secondaria di I grado. Come avviene nelle classi delle scuole per adulti, i gruppi si presentano eterogenei, sia per età anagrafica dei partecipanti che per provenienza. Una parte considerevole degli iscritti è analfabeta sia in italiano che nella lingua del Paese d’origine. Ai corsi destinati ai detenuti si affianca un altro aspetto di questa buona pratica, ovvero la formazione linguistica in inglese del personale penitenziario, che quotidianamente entra in contatto con una popolazione costituita al 70% da detenuti stranieri.

Anche fra le buone pratiche censite in Francia sono presenti progetti artistici che hanno fra gli obiettivi principali l’inclusione sociale e l’educazione interculturale. È questo il caso del progetto “Festival Migractions” (BP: FR06, punteggio 3,9) festival di teatro dell’oppresso arrivato alla decima edizione che persegue proprio la finalità di celebrare diverse forme di espressione culturale, diventando luogo di incontro e di scambio di esperienze di artisti internazionali attraverso la proposta di spettacoli teatrali, di danza, di musica o di lettura.

E proprio la lettura è al centro del secondo progetto, “Enlivrons nous!” (BP: FR04, punteggio 4) attuato nella casa di reclusione di Poissy, che prevede l’insegnamento del francese come L2 a tutti i livelli, principalmente con l’obiettivo di migliorare l’abilità della comprensione scritta. Il progetto prevede incontri con scrittori e poeti all’interno della casa di reclusione.

Per quanto riguarda il Portogallo, non sono presenti buone pratiche riguardanti nello specifico l’educazione interculturale e interlinguistica, se escludiamo la presenza di corsi di portoghese per stranieri, non rilevati effettivamente come una vera e propria buona pratica.

3. Conclusioni Sebbene, come già detto, sia fondamentale che progetti e azioni di educazione interculturale e

interlinguistica vengano implementati nel contesto penitenziario europeo per migliorare la convivenza all’interno del carcere, come emerge dalla rilevazione essi non sono diffusi come dovrebbero nelle carceri.

Soprattutto si rileva la mancanza di strumenti che permettano la diffusione e la condivisione di questi progetti, in modo che essi possano diventare esempio per altre realtà penitenziarie. Il progetto RiUscire risponde, fra gli altri, anche all’obiettivo di colmare questo gap di informazioni.

 

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I. 8.

Buone Pratiche nei penitenziari europei: criticità ed esempi di eccellenza

di ANTONELLA BENUCCI

1. Le Buone Pratiche nei Paesi del Progetto RiUscire: analisi globale delle tipologie più presenti

Le   pratiche   risultate   ‘buone’   sono   state   classificate   secondo   l’elenco   descritto   in   I.   2.   e   sono   così  suddivise:   il   35%   è   stato   considerato   come   progetti   per   la   formazione   professionale   –   tra   i   quali  giardinaggio/manutenzione   di   aree   verdi,   settore   della   ristorazione   e   sartoria/manufatti,   in  prevalenza  -­‐,  il  19,2%  come  lavori  sui  linguaggi  in  cui  prevalgono  attività  teatrali,  l’11,7%  ha  lo  scopo  di   favorire   la   ricostruzione   sociale,   il   10,8%   è   indirizzata   alla   formazione,   aggiornamento   e  riqualificazione   degli   operatori   penitenziari,   il   6,7%   riguarda   l’insegnamento   della   L1   o   della   L2,   il  5,8%  è  costituita  da  sono  dei  corsi  di  scrittura,  il  5%  riguarda  attività  che  promuovo  la  comunicazione  in   generale,   il   4,2%   è   relativo   ad   arti   plastiche   -­‐   perlopiù   pittura   e   disegno-­‐,   alla   trasversalità   degli  apprendimenti   è   invece  dedicato   il   3,3%,   così   come  a  quelle  di   istruzione  nel   campo  dell’e-­‐learning,  molto  meno  presenti  i  corsi  di  informatica  con  solo  il  2,5%  di  pratiche31.  Risulta  evidente  che  la  maggior  parte  delle  pratiche  raccolte  mira  alla  formazione  professionale  dei  

detenuti  anche  se  solo  in  pochissimi  casi  prevede  una  esplicita  attenzione  agli  stranieri,  presente  quasi  unicamente  in  Italia.    Le  pratiche  che  sono  state  riunite  sotto  l’etichetta  “lavori  sui  linguaggi”  sono  presenti  in  percentuali  

significative   tuttavia   in   questo   gruppo,   come   già   notato,   prevalgono   attività   che   possono   essere  ricondotte  all’ambito  della   realizzazione  di   spettacoli   teatrali,   considerate  unanimemente  molto  utili  per  aiutare   il  detenuto  nel  percorso  di  riabilitazione  dato  che  permettono  di  esternare   le  emozioni,   i  sentimenti   ma   anche   di   imparare   a   cooperare   e   a   confrontarsi   con   gli   altri.   Rientrano   in   questa  tipologia   anche   attività   che   riguardano   il   disegno,   la   danza,   la   musica,   l’opera   e   la   produzione   di  manufatti  che  favoriscono  la  capacità  di  espressione  nel  campo  delle  arti  in  generale.    I   dati   raccolti   in   merito   al   settore   dell’insegnamento   della   L2   sono   in   percentuali   poco   elevate  

mentre,   data   la   presenza   non   proprio   irrilevante   di   detenuti   stranieri   nelle   realtà   esaminate,   ci   si  sarebbe  aspettati  un  numero  maggiore  di  corsi  di  lingua  e  magari  anche  di  cultura  del  Paese  ospitante.  Inoltre,   anche   se   non   è   stato   oggetto   della   ricerca   di   RiUscire,   è   noto   che   sovente   anche   i   detenuti  autoctoni   non   possiedono   competenze   elevate   nelle   loro   L1,   dunque   alla   formazione   linguistica  dovrebbero  invece  essere  dedicate  maggiori  risorse:  come  si  è  visto  soltanto  poco  più  del  6,7%  delle  pratiche   analizzate   è   indirizzato   al   potenziamento   delle   competenze   linguistiche   dei   detenuti,   che  siano  in  L1  o  L2.  E’  evidente  che  i  paesi  di  RiUscire  non  hanno  ancora  recepito  le  numerose  direttive  e  raccomandazioni   del   Consiglio   d’Europa   nonostante   la   crescente   consapevolezza   del   ruolo  fondamentale   che   giocano   la   capacità   di   comunicazione   e   il   potenziamento   del   plurilinguismo   non  unicamente  per   il   raggiungimento  delle   cittadinanza  europea  ma  anche  e   soprattutto  per   la   crescita  intellettiva  e  della  persona,  meta  di  ogni  azione  di   rieducazione   in  carcere   (e  non  soltanto   in  questo  luogo).   L’esigua   presenza   di   corsi   di   insegnamento   L2   destinati   a   detenuti   stranieri   poi,   dato   che  corrisponde   ad   una   delle   finalità   del   Progetto,   se   da   una   parte   conforta   confermando   l’adeguatezza                                                                                                                  

31 Per quanto riguarda le azioni delle Buone Pratiche, va tenuto conto che una stessa pratica può rientrare tra più azioni, anche se si è cercato, quando possibile, di considerare solo quella principale.

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 Progetto RiUscire Rete Universitaria SocioCulturale per l'Istruzione e il Recupero in Carcere

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degli  obiettivi  di  RiUscire  in  quanto  innovativi  e  capaci  di  incidere  nello  specifico  campo  di  azione  dei  sistemi  penitenziari  europei  colmando  lacune  esistenti,  dall’altra  è  motivo  di  preoccupazione  perché  è  la  spia  della  notevole  carenza  di  riflessione  che  linguisti,  sociolinguisti  e  glottodidatti  hanno  dedicato  a  questo   specifico   ambiente   che   invece   si   configura   sempre   più,   come   si   è   visto   nella   sezione   I   del  volume,   come   plurilinguistico   e   interculturale,   con   potenzialità   ancora   inesplorate.   Un   motivo   per  questa   situazione  può  essere  attribuito   al   fatto   che  di   carcere   tradizionalmente   si   occupano  giuristi,  criminologi,  psicologi  e  talvolta  pedagogisti.  Crea   perplessità   anche   il   fatto   che   i   detenuti   stranieri   sovente   vengano   inseriti   in   corsi   di  

alfabetizzazione   in   cui   sono   presenti   madrelingua   con   livelli   di   scolarizzazione   molto   bassi   o  inesistenti   e   che   tali   corsi   siano   tenuti   da   docenti   che,   pur   possedendo   una   solida   esperienza   di  insegnamento,  non  hanno  una   formazione  all’insegnamento  di  una  L2.   I  paesi  più  all’avanguardia  da  questo  punto  di  vista  sono  la  Spagna  (Catalogna)  e  l’Italia,  forse  anche  per  via  del  fatto  che  in  Catalogna  le  problematiche  della  identità  linguistica  sono  avvertite  come  fondanti  per  l’esistenza  della  regione  e  che   la  questione  della  diversità   linguistica  e  culturale   in   Italia  è  più  radicata  che   in  altri  Paesi  per   la  caratteristica  stessa  del  suo  repertorio  linguistico  e  a  causa  della  sua  storia  politica  e  linguistica,  basti  pensare  che  non  più  tardi  della  fine  degli  anni  ’70  lo  spazio  linguistico  italiano  registrava  non  meno  di  130  lingue32  e  che  la  dialettofonia  nelle  carceri  italiane  è  sempre  stata  elevata.  Praticamente   assenti   (con   eccezioni   in   Francia   e   Italia)   sono  di   conseguenza   le   attività   educative  

miranti   a   sviluppare   nei   detenuti   interesse   e  motivazione   all’apprendimento   in   quanto   processo   di  maturazione   e   quindi   capacità   di   assumere   responsabilità   rispettando   gli   impegni   e   le   scadenze  assunti.  Eppure  gli  studi  su  motivazione,  autodeterminazione  e  creatività  ne  evidenziano  l’importanza  per   lo   sviluppo   di   atteggiamenti   e   comportamenti   di   inclusione   sociale.   Infatti   nei   dati   risultanti  dall’analisi  dei  questionari  rivolti  ai  detenuti  che  sono  stati  commentati  nella  Parte  I  di  questo  volume,  emerge   una   bassa   motivazione   allo   studio   in   generale   (QDet   D17)   quale   che   sia   la   causa   che   gli  intervistati   dichiarano   perché   anche   la   difficoltà   di   concentrazione   è   riconducibile   alla  mancanza   di  volontà  nello  svolgere  una  azione  qualsiasi.  Del   tutto   assenti   nel   campione   di  RiUscire   sono   pratiche   che  mirino   a   sviluppare   nei   detenuti   la  

capacità  di  agire  con  consapevolezza  e  appropriatezza   interculturale   in  un  evento  comunicativo.  Per  raggiungere   questo   scopo   occorrerebbe   conoscere   sia   i   codici   verbali   sia   alcuni   valori   culturali   che  generano   aspetti   problematici   a   livello   mentale,   di   comunicazione,   di   contesto,   sociopragmatici:  problemi  purtroppo  molto  rilevanti  nelle  comunicazioni  che  vigono  in  carcere  dato  che,  in  particolare,  gli  aspetti  socio  pragmatici  determinano  il  successo  di  un'interazione  in  quanto  espressione  non  della  competenza  teorica  ma  della  performance  (intesa  come  capacità  di  realizzare  interazioni  appropriate  rispetto  al  contesto,  come  viene  concepita  dall’etnometodologia  della  comunicazione  (cfr.  gli   studi  di  Hymes).  Le   percentuali   più   basse   del   campione   RiUscire   sono   quelle   relative   a   corsi   specifici   per   il  

miglioramento   delle   abilità   di   lettura,   sia   in   L1   che   in   L2,   che   invece   necessiterebbero   di  maggiore  attenzione   da   parte   di   coloro   che   organizzano   attività   trattamentali   perché   sono   comunque   state  segnalate  tra  i  bisogni  dichiarati  dai  detenuti  sia  al  di  fuori  che  all’interno  del  carcere.  Nonostante   la   diffusione   di   nuove   tecnologie   nei   paesi   europei   del   progetto   e   del   loro   impiego  

nell’ambito   educativo   del   mondo   ‘libero’   pressoché   per   tutti   i   livelli   di   istruzione,   risultano   ancora  pochi   i   progetti   finalizzati   all’insegnamento   delle   nuove   tecnologie   informatiche   nei   penitenziari.  Indubbiamente   questo   potrebbe   essere   imputabile   alle   caratteristiche   normative   che   connotano   la  detenzione   ai   fini   della   sicurezza  ma   più   probabilmente   sono   attribuibili   alla   scarsa   disponibilità   di  strumenti  informatici  stessi  e  di  misure  di  controllo  del  loro  impiego.  

                                                                                                               32 Cfr. l’intervento di M. Vedovelli al Convegno del Progetto RiUscire “Il sistema penitenziario e i detenuti stranieri: problematiche, risorse e

prospettive” 26-27 maggio 2017.

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E’  piuttosto  bassa  anche  la  percentuale  di  pratiche  indirizzate  agli  operatori  penitenziari  e  a  tutte  le  altre  persone  che  lavorano  all’interno  delle  strutture  penitenziarie.  Pur  condividendo  e  giustificando  la  priorità  accordata  ad  azioni  rieducative  rivolte  ai  detenuti  si  ritiene  comunque  necessario  sviluppare  una   maggiore   sensibilità   nei   confronti   delle   problematiche   che   quotidianamente   devono   affrontare  coloro   che   per   motivi   professionali   agiscono   nel   contesto   penitenziario.   Infatti   è   fondamentale,  affinché   il   percorso   di   riabilitazione   possa   essere   portato   a   termine   con   successo,   che   anche   queste  persone  abbiano  la  possibilità  di  acquisire  oltre  a  quelle  più  tecniche  relative  alla  professione,  anche  determinate  competenze  socio-­‐pedagogiche,  comunicative  e  interculturali.  Per  gestire  il  rapporto  con  detenuti  stranieri  è  necessario  formarsi  agli  aspetti  della  comunicazione  e  dell’interculturalità  (lingue  e  culture  degli  stranieri),  essere  sensibili  a  rilevare  i  comportamenti  relativi  alla  diversità  culturale  ma  anche   potenziare   la   conoscenza   –   ovviamente   non   specialistica-­‐   delle   dinamiche   del   contatto  linguistico  da  parte  dei  detenuti  stranieri33.  E’  da  notare,  inoltre,  seppur  rarissima  sia  la  loro  occorrenza,  la  presenza  di  pratiche  che  mirano  alla  

sensibilizzazione  e  alla  informazione  dei  cittadini  liberi,  per  favorire  la  decostruzione  di  pregiudizi  sul  mondo  del  carcere  e  sulle  figure  dei  detenuti  ed  ex-­‐detenuti;  tra  i  paesi  del  Progetto  la  Francia  mostra  di  essere  quello  con  maggiore  attenzione  verso  questi  aspetti.  Si  conferma  l’adeguatezza  delle   finalità  del  Progetto  Riuscire  nel  predisporre  azioni  di  educazione  

dei  detenuti  improntate  all’  ”agire  concreto”  e  all’apprendimento  strumentale  poiché  i  dati  sulle  Buone  Pratiche   mostrano   che   nel   contesto   penitenziario   vengono   privilegiate   le   attività   che   implicano   un  agire   pratico   da   parte   del   detenuto,   probabilmente   anche   a   causa   di   una   preferenza   per   questa  tipologia  di  attività  da  parte  dei  detenuti   stessi,   che  sono  più  motivati  a  seguire  corsi   che  assicurino  loro  una  attività  lavorativa  nel  futuro.  

 2.  Considerazioni  generali    

Nella  classificazione  delle  Buone  Pratiche  in  base  alle   loro  azioni  principali  e  alla   loro  valutazione  da  parte  dei  referee  sono  state  ottenute  percentuali  illustrative  delle  qualità  possedute  in  base  ai  dieci  criteri  stabiliti.  Le   pratiche   che   hanno   ottenuto   i   punteggi   più   alti   sono   quelle   dedicate   alla   formazione  

professionale,  anche  se  questo  fatto  è  probabilmente  dovuto  all’alto  numero  di  tale  tipologia  di  pratica,  mentre  in  proporzione  le  pratiche  di  lavoro  sui  linguaggi  sono  quelle  che  hanno  ottenuto  le  votazioni  meno  alte:   su  21  pratiche  di   lavoro  sui   linguaggi,  18  hanno  ottenuto  un  voto  medio   inferiore  a  4.  Le  attività  di   insegnamento  L1-­‐L2,   invece,  sebbene  più  rare,  hanno  ricevuto  voti  medi  superiori  a  4  in  6  casi  su  10,  per  cui  presentano  dei  buoni  risultati  a  livello  qualitativo  più  che  quantitativo.  Si  riporta  di  seguito  la  tabella  riassuntiva  dei  punteggi  delle  pratiche  in  base  alla  loro  azione.  Nella  

prima  colonna  sono  state  selezionate  tutte  le  pratiche  che  avessero  ottenuto  dei  voti  medi  superiori  a  3,   e   dunque   classificabili   come   ‘buone   pratiche’,   ma   inferiori   a   4;   nella   seconda   colonna   sono   state  selezionate   le   pratiche   con   voti   medi   superiori   a   4,   quindi   le   pratiche   che   possiamo   considerare  ‘migliori’.  Infine,  nell’ultima  colonna,  sono  state  calcolate  le  percentuali  complessive  di  tutte  le  pratiche  considerate  ‘buone’34.  

 Tabella  2.  Distribuzione  delle  pratiche  nei  Paesi       FR  (22)   POR  

(14)  GER  (20)  

CAT  (14)  

IT  (60)   TOT  (130)  

Lavoro  su   5   2   5   0   12   23  

                                                                                                               33 Finalità ben evidenti tra l’altro nella Raccomandazione CM/Rec 2012 rispondenti a necessità registrate tra le esigenze espresse dagli operatori

stessi, come chi scrive ha potuto osservare nel corso degli ultimi dieci anni circa in Italia con le attività organizzate in progetti che includevano anche un aggiornamento per gli operatori penitenziari.

34 La predisposizione delle tabelle di analisi si deve a V. Del Sette, a C. Gadaleta e a S. Carluccio, alle quali va il personale ringraziamento di chi scrive.

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linguaggi   (22,7%)   (14,3%)   (25%)   (20%)   (19,2%)  Insegnamento  L1-­‐L2    

1  (4,5%)  

2  (14,3%)  

1  (5%)  

3  (21,4%)  

3  (5%)   8  (6,7%)  

Comunicazione   2  (9%)   0   1  (5%)  

2  (14,3%)  

1  (1,6%)  

6  (5%)  

Trasversalità  degli  apprendimenti  

1  (4,5%)  

0   0   2  (14,3%)  

1  (1,6%)  

4  (3,3%)  

Arti  plastiche    

4  (18,2%)  

0   2  (10%)  

0   0   5  (4,2%)  

Ricostruzione  sociale  

5  (22,7%)  

1  (7,1%)  

2  (10%)  

0   7  (11,6%)  

14  (11,7%)  

*Formazione  operatori*  

3  (13,6%)  

3  (21,4%)  

1  (5%)  

3  (21,4%)  

5  (8,3%)  

13  (10,8%)  

Formazione  professionale  

5  (22,7%)  

4  (28,6%)  

2  (10%)  

3  (21,4%)  

31  (51,6%)  

42  (35%)  

Corso  informatica  

1  (4,5%)  

1  (7,1%)  

1  (5%)  

0   0   3  (2,5%)  

Corso  scrittura   0   1  (7,1%)  

3  (15%)  

1  (7,1%)   3  (5%)   7  (5,8%)  

Istruzione  (e-­‐learning)  

0   0   2  (10%)  

0   2  (3,3%)  

4  (3,3%)  

Corso  lettura   0   0   0   1  (7,1%)   1  (1,6%)  

2  (1,7%)  

FONTE:  data  base  RiUscire.    

Tabella  3.  Punteggi  per  categorie     Da  3  a  4  (79)   BP  4  a  5  (51)   Da  3  a  5  (130)  Lavoro  su  linguaggi   18  (22,8%)   3  (6,4%)   21  (16,2%)  Insegnamento  L1-­‐L2   4  (5,1%)   6  (12,8%)   10  (7,7%)  Comunicazione   4  (5,1%)   2  (4,3%)   6  (4,6%)  Trasversalità  degli  apprendimenti  

2  (2,5%)   2  (4,3%)   4  (3,1%)  

Arti  plastiche   1  (1,3%)   3  (6,4%)   4  (3,1%)  Ricostruzione  sociale   6  (7,6%)   5  (10,6%)   11  (8,5%)  Formazione  operatori*  

10  (12,6%)   5  (10,6%)   15  (11,5%)  

Formazione  professionale  

24  (30,4%)   17  (36,2%)   41  (31,5%)  

Corso  informatica   3  (3,8%)   1  (2,1%)   4  (3,1%)  Corso  scrittura   5  (6,3%)   3  (6,4%)   8  (6,2%)  Istruzione  (e-­‐learning)  

1  (1,3%)   3  (6,4%)   4  (3,1%)  

Corso  lettura   1  (1,3%)   1  (2,1%)   2  (1,5%)  FONTE:  data  base  RiUscire.  

Il paese con pratiche inferiori alla soglia minima di 3 stabilita è l’Italia con un totale di 9 pratiche seguito

dal Portogallo, con 4 pratiche che non sono state considerate come “buone”, mentre la Francia e la Germania ne hanno soltanto 1; tutte le pratiche segnalate per la Catalogna sono state considerate “buone”. Va detto tuttavia che le pratiche censite per l’Italia sono in assoluto le più numerose e quindi se si va ad analizzare il dato in percentuale è il Portogallo a risultare il Paese con la maggior presenza di pratiche sotto la soglia stabilita.

3. I criteri delle schede di valutazione

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Le  attività  trattamentali  che  sembrano  funzionare  di  più  sono  quelle  di  natura  espressiva  e  quelle  che  sono   in   grado   di   proporre   al   detenuto   degli   obiettivi   finali   di   natura   pratica,   in   cui   rientrano   sia   le  attività  di   tirocinio  o  di   lavoro   stesso,  ma  anche   la  produzione  di  manufatti   e  di  prodotti  della   sfera  delle  “arti”.  Si  tratta  di  attività  fortemente  motivanti  per  il  detenuto  perché  gli  permettono  di  mettersi  in  gioco  e  di  creare  i  presupposti,  sia  di  ordine  pratico  che  psicologico,  per  migliorare  le  sue  condizioni  di  vita  una  volta  scontata  la  pena,  al  rientro  nella  società.  I   criteri   di   valutazione   che   sono   risultati   maggiormente   presenti   nel   campione   sono:   la  

riproducibilità  e  il  grado  di  coinvolgimento  e  soddisfazione,  rispettivamente  con  una  media  di  4.12%  e  4.11%,  tutti  gli  altri  criteri  si  attestano  con  punteggi  medi  che  vanno  da  3.33%  a  3.93%.  Merita   una   specifica   considerazione   il   criterio   della   riproducibilità35,   criterio   che   costituisce   uno  

degli  obiettivi  del  Progetto  RiUscire  la  cui  rete  intende  essere  un  modello  di  condivisione  che  possa  in  futuro  coinvolgere  altri  paesi  europei  affinché  le  esperienze  che  hanno  avuto  un  esito  positivo  possano  essere   estese   ad   altre   realtà   in   un   dialogo   sempre   più   proficuo.   La   maggior   parte   delle   pratiche  analizzate   ha   ottenuto   un   punteggio   superiore   a   4   mostrando   dunque   di   possedere   le   qualità   per  essere  trasferita  in  paesi  e  contesti  penitenziario  diversi:  si  tratta  di  una  buona  base  per  la  costruzione  di  pratiche  comunitarie.    Di  non  secondaria  importanza  è  anche  l’indice  di  gradimento  da  parte  dei  beneficiari  dei  progetti,  

dato  importante  di  cui  tener  conto,  poiché  soltanto  se  il  detenuto  e  l’operatore  si  sentono  coinvolti  e  percepiscono  con  chiarezza  di  essere  assistiti  nei  loro  percorsi  di  riabilitazione  o  di  aggiornamento  si  creano   le   condizioni   per   il   generale   miglioramento   di   tutte   le   attività   che   hanno   luogo   all’interno  dell’ambiente   penitenziario.   E   tuttavia   andrebbe   verificato   anche   se   i   progetti   siano   efficaci   a   lungo  periodo   perché   i   percorsi   formativi   proposti   nelle   carceri   spesso   si   rivelano   come   esperienze   di  passaggio,   frammentarie,   e   raramente   continuano   ad   essere   valide   e   ad   avere   effetto   quando   il  detenuto  esce  dal  carcere.  E’  importante  puntualizzare  che,  nonostante  le  pratiche  relative  all’insegnamento  linguistico  siano  

poche,   hanno   tutte   ottenuto   dei   punteggi   ottimi,   ad   indicare   che   malgrado   la   consapevolezza  dell’importanza   della   componente   linguistica   e   culturale   nella   formazione   dei   detenuti   sia   stata  acquisita   recentemente,   la   strada   intrapresa   con   DEPORT   e   RiUscire   presenta   importanti   sviluppi  futuri.  Si  riportano  qui  di  seguito  le  percentuali  relative  ai  dieci  criteri  di  analisi.    Tabella  4  Punteggi  dei  criteri  di  analisi    N.  criterio   IT   CAT   PORT   GER   FR   media     percentuali  1  efficacia   3,90   4,14   3,42   3,7   3,81   3,79  2  efficienza   3,80   4,00   2,92   3,75   4,00   3,7  3  coerenza   3,93   3,86   4,28   3,9   3,71   3,93  4  riproducibilità   4,08   4,14   3,78   4,15   4,38   4,12  5  grado  coinvolgimento  e  soddisfazione  

4,03   4,21   3,92   3,8   4,52   4,11  

6  innovatività   3,63   3,29   2,78   3,55   3,67   3,37  7  accessibilità   3,66   3,93   2,71   3,6   3,71   3,52  8  valore  aggiunto  

3,78   3,64   2,57   3,8   3,90   3,54  

9  riconoscimento  istituzionale  

3,53   3,86   2,57   3,6   3,14   3,33  

                                                                                                               35 Su questo si veda M. Fielding et al. (2005).

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 Progetto RiUscire Rete Universitaria SocioCulturale per l'Istruzione e il Recupero in Carcere

Key A2 - Cooperation for innovation and the exchange of good practices - Codice attività: 2014-1-IT02-KA204-003517 CUP (E62I14000310005)

 

10  sostenibilità   3,92   3,71   2,57   3,35   3,90   3,45  FONTE:  data  base  RiUscire.    

4. Conclusioni e scenari futuri

Si   evidenzia,   anche   in   virtù   dei   diversi   contesti   nei   quali   le   azioni   di   educazione   in   prigione   si  realizzano   nei   paesi   del   progetto   (ma   anche   in   tutta   Europa)   che   hanno   istituti   numericamente  diversificati,   percentuali   di   detenuti   stranieri   varie   e   con   distinti   profili,   che   non   vi   può   essere   un  singolo  approccio  per  la  concezione  e  l’erogazione  di  pratiche  educative  e  formative  che  possa  essere  applicato   con   gli   stessi   risultati   attesi   in   tutti   i   paesi36.   Basti   pensare   ad   esempio   che   mentre   in  Germania   e   in   Portogallo   è   il   Ministero   delle   Giustizia   che   gestisce   centralmente   la   formazione   di  operatori,   docenti   e   detenuti,   in   Italia   la   formazione   degli   insegnanti   è   di   competenza   del   MIUR.  Tuttavia  un  numero  non  irrilevante  di  caratteristiche  costituisce  elemento  di  eccellenza  comune  dato  che  sono  ispirate  a  politiche  fondate  su  una  forte  collaborazione  tra  gli  attori  implicati  e  permettono  al  recluso   di   capitalizzare   gli   apprendimenti   che   ha   iniziato   o   perfezionato   durante   la   reclusione   e  premiano  gli   investimenti  fatti  ma  il  carattere  che  più  emerge  da  questa  piccola  indagine  mostra  che  l’individualizzazione  dei  percorsi  educativi  è  vincente.  L’erogazione  di  corsi  modulari  e  di  mono  unità  è  la  maggiore  risorsa  di  successo,  la  qual  cosa  conforta  nel  proseguire  nella  somministrazione  di  mini  corsi  linguistico-­‐professionali,  che,  come  del  resto  altri  tipi  di  mini-­‐corsi  modulari,  non  garantiscono  la  piena  educazione  ma   costituiscono   invece  un  potente   strumento  di   avviamento  alle   attività   future  e  per   far   comprendere   che   quegli   apprendimenti   potranno   costituire   una   risposta   ai   loro   bisogni   e  aspirazioni  futuri  e  avervi  un  impatto.  Possibili  aree  per  futuri  progetti  sono:  -­‐  impiego  di  un  approccio  multi-­‐agency  e  multi-­‐faced  per  capire  il  ruolo  dell’educazione  nello  sforzo  

riabilitativo;  -­‐   in   rapporto   ai   costi   effettivi   dell’educazione   in   prigione   comprendere   i   benefici   del   lifelong  

learning  per  prigionieri;  -­‐  come  possano  essere  usate  in  modo  compatibile  con  la  sicurezza;  -­‐   comprendere   specifici   bisogni   di   sottogruppi   di   prigionieri   per   concepire   azioni   educative   e  

formative  in  merito  ai  loro  bisogni;  -­‐  comprendere  i  benefici  di  facilitating  arts  in  prigione;  -­‐  valutazione  della  qualità  delle  misure  e  azioni  esistenti  per   identificare  quelle   che  costituiscono  

“buone”  o  “migliori”  pratiche;  -­‐misure  europee  contro  la  dispersione  e  per  favorire  la  capacità  di  replicare  le  pratiche  sotto  forma  

di  standard  condivisi.  

                                                                                                               36 Altre indicazione per procedere in questa analisi sono reperibili in altri documenti quali per esempio: per il Portogallo il Relatório de actividades

2009 Ministèrio da Justiça Direcção-Geral dos Serviços Prisionais, Relatório de actividades 2010 volume I e II Ministèrio da Justiça Direcção-Geral dos Serviços Prisionais, Relatório de actividades e Autoavaliação 2014 Direcção-Geral dos Serviços Prisionais del Ministério da Justiça Lisboa; in Grifo Cunha (2013); in Costelloe, Langelid (2011); Heard 2016; Hawley, Murphy, Souto-Otero (2013); Delvaux, Dubois, Megherbi 2009. Per l’Italia si vedano le pubblicazioni a cura di Antigone.

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