99642075 William Hart L Arte Di Vivere Tecnica Di Meditazione VipassanaGoenka

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99642075 William Hart L Arte Di Vivere Tecnica Di Meditazione VipassanaGoenka

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  • William Hart

    L'ARTE DI VIVERE

    La tecnica di meditazione Vipassana secondo S. N. Goenka

    traduzione di

    MARIA ANGELA PALA e PIERLUIGI GONFALONIERI

    Biblioteca Rizzoli Universale

  • INTRODUZIONE

    Supponete di avere la possibilit di liberarvi da tutte le responsabilit sociali per dieci giorni e di poter vivere in un luogo tranquillo, appartato e protetto da ogni occasione di disturbo. In tale luogo si provveder alle vostre esigenze fisiche fondamentali di vitto e alloggio, mentre alcuni volontari baderanno a che, nei limiti del ragionevole, non vi manchi nulla. In cambio, ci si aspetter da voi solo che evitiate i contatti con gli altri e, a parte le attivit essenziali, trascorriate tutte le ore di veglia con gli occhi chiusi, mantenendo la mente focalizzata su un ben determinato oggetto di attenzione. Accettereste lofferta? Supponete di aver semplicemente sentito dire che una tale possibilit esiste e che persone come voi non solo hanno la volont ma anche il desiderio di trascorrere il proprio tempo libero in questo modo. Come definireste la loro attivit? Fissarsi lombelico, potreste dire; o anche contemplazione, fuga o ritiro spirituale; autointossicazione o autoricerca; introversione o introspezione. Sia in senso negativo che positivo, limpressione comune che si ha in merito alla meditazione che essa sia un ritiro dal mondo. Anche se, ovviamente, esistono tecniche che hanno tale funzione, la meditazione non necessariamente una fuga. Pu anche essere un mezzo per incontrare il mondo al fine di comprenderlo e di comprendere se stessi. Ogni essere umano condizionato a presumere che il mondo reale sia al di fuori, che per vivere si debba entrare in contatto con una realt esterna, cercando input, sia fisici che mentali, dal di fuori. La maggior parte di noi non ha mai considerato la possibilit di recidere i legami con lesterno per vedere ci che accade allinterno. Lidea di agire in tal modo ci sembrerebbe probabilmente come scegliere di trascorrere ore e ore a fissare le righe di uno schermo televisivo. Preferiremmo esplorare laltra faccia della luna o il fondo delloceano piuttosto che le profondit nascoste dentro di noi. In realt luniverso esiste per ognuno di noi solo quando lo sperimentiamo con il corpo e con la mente. Non mai altrove, ma sempre qui-e-ora. Esplorando il qui-e-ora di noi stessi possiamo esplorare il mondo. Senza indagare il nostro mondo interiore, non potremo mai conoscere la realt: conosceremo soltanto le nostre convinzioni o le nostre concezioni intellettuali su di essa. Osservandoci, invece, possiamo arrivare a conoscere la realt direttamente e imparare a gestirla in modo positivo e creativo. Un metodo per esplorare il mondo interiore la meditazione Vipassana. un modo pratico di esaminare la realt del proprio corpo e della propria mente, di portare alla luce e di risolvere qualsiasi problema vi sia nascosto, di sviluppare nuovi potenziali incanalandoli verso il bene proprio e degli altri. Nellantica lingua indiana pli Vipassana significa introspezione, osservazione e comprensione profonda della realt, cos come essa . lessenza dellinsegnamento del Buddha, lesperienza concreta delle verit da lui proclamate; egli stesso ha fatto quella esperienza attraverso la pratica della meditazione e quindi ha prima di tutto insegnato la meditazione. Le sue parole testimoniano la sua esperienza di meditazione, come pure le istruzioni particolareggiate su come procedere per fare diretta esperienza della verit. Tutto questo ampiamente accettato, ma rimane il problema di come comprendere e seguire le istruzioni date dal Buddha. Infatti, mentre le sue parole sono state tramandate dai testi riconosciuti come autentici, al di fuori di un contesto di pratica viva linterpretazione delle sue istruzioni su come meditare appare difficile. Ma se esiste una tecnica che si mantenuta per innumerevoli generazioni e produce risultati identici a quelli descritti dal Buddha, e se essa si conforma in modo preciso alle sue istruzioni e ne chiarisce dei punti che a lungo sono sembrati oscuri, allora sicuramente merita di essere indagata. E questa tecnica Vipassana: straordinaria per la sua semplicit, per lassenza di qualsiasi dogma e, soprattutto, per i risultati offerti. La meditazione Vipassana viene insegnata in corsi della durata di dieci giorni, aperti a chiunque sinceramente desideri imparare la tecnica e possieda le attitudini sia fisiche che mentali per farlo. Per tutti e dieci i giorni i partecipanti non escono mai dal luogo in cui si tiene il corso e non hanno alcun contatto con il mondo esterno. Si astengono dal leggere e dallo scrivere e sospendono ogni altra pratica, religiosa o no, attenendosi esattamente alle istruzioni ricevute. Per lintero periodo del corso seguono un codice morale di base che comprende lastensione da ogni attivit sessuale e da ogni sostanza intossicante. Per i primi nove giorni del corso osservano il silenzio fra loro, mentre sono liberi di discutere i problemi inerenti la meditazione con il maestro e i problemi materiali con la direzione. Durante i primi tre giorni e mezzo i partecipanti praticano un esercizio di concentrazione mentale preparatorio alla tecnica di Vipassana vera e propria, che viene fatta conoscere il quarto giorno. Gli altri elementi vengono introdotti giorno per giorno, in modo che alla fine del corso la tecnica stata presentata nel suo insieme secondo uno schema generale. Al decimo giorno il silenzio finisce e i meditatori fanno ritorno a un genere di vita pi aperto ai contatti con gli altri. Il corso si conclude nella mattinata dellundicesimo giorno.

  • Lesperienza di questi dieci giorni riserva probabilmente numerose sorprese ai meditatori. La prima che la me- ditazione un lavoro duro! Si sperimenta subito che essa non ha niente a che vedere con il luogo comune che la rappresenta come una sorta di inattivit o di rilassamento. infatti necessaria unapplicazione continua per guidare consciamente i processi mentali in un determinato modo. Si viene esortati a mettercela tutta, seppure senza tensione, ma finch non si impara come fare, lesercizio pu essere frustrante o persine estenuante. Unaltra sorpresa che, tanto per cominciare, le conoscenze profonde ottenute con lauto-osservazione non sono probabilmente tutte piacevoli e beatificanti. Di norma siamo molto selettivi nelle opinioni su noi stessi. Quando ci guardiamo allo specchio, badiamo di assumere la posa pi lusinghiera, lespressione pi gradevole. Allo stesso modo ognuno di noi ha unimmagine mentale di s che, mentre enfatizza le qualit migliori, minimizza i difetti e omette del tutto alcuni lati del nostro carattere. Vediamo limmagine che desideriamo vedere, non la realt. La meditazione Vipassana, per, una tecnica per osservare la realt da ogni angolazione. Invece che con unimmagine di s attentamente costruita, il meditatore si confronta con una verit completa, non censurata. E certi aspetti di essa saranno difficili da accettare. Talvolta,pu sembrare che, attraverso la meditazione, invece di trovare la pace intcriore non si trovi altro che turbamento. Tutto, nel corso, pu apparire insostenibile, inaccettabile: lorario pesante, la sistemazione, la disciplina, le istruzioni e i consigli del maestro, la tecnica stessa. Unaltra sorpresa, tuttavia, che le difficolt a un certo momento scompaiono. Gradualmente i meditatori impa- rano a fare sforzi senza sforzo, a mantenere unattenzione rilassata, un coinvolgimento distaccato. Invece di combatterla, vengono completamente assorbiti dalla pratica. A quel punto la scomodit della sistemazione non sembra pi importante, la disciplina diventa un utile supporto, le ore passano rapidamente, inosservate. La mente diviene calma come un lago di montagna allalba, che rispecchia perfettamente i dintorni e nello stesso tempo rivela le sue profondit a quelli che lo guardano pi da vicino. Quando si fa strada questa chiarezza, ogni momento pieno di conferme, di bellezza, di pace. Cos il meditatore scopre che la tecnica funziona realmente. Ogni passo pu sembrare a volte un salto enorme, ma ci si accorge che possibile compierlo. Alla fine dei dieci giorni si nota chiaramente quale lungo viaggio si compiuto dallinizio del corso. Il meditatore si sottoposto a un processo analogo a unoperazione chirurgica per incidere col bisturi una ferita purulenta. Mettere a nudo la lesione e premere per rimuovere il pus doloroso, ma senza di questo la ferita non pu guarire. Una volta che il pus stato rimosso, ci si liberati sia di esso che del dolore e ci si avvia verso la guarigione. Allo stesso modo, passando attraverso i dieci giorni di corso, il meditatore libera la mente da alcune delle sue tensioni e acquista una salute mentale migliore. Il metodo Vipassana ha lavorato in profondit, producendo cambiamenti interni che persistono dopo la fine del corso. Il meditatore verifica che tutta lenergia mentale acquisita durante il corso, tutto ci che ha imparato, pu essere applicato nella vita quotidiana a proprio vantaggio e per il bene degli altri. La vita diviene pi armoniosa, fruttuosa e felice. La tecnica Vipassana insegnata da S. N. Goenka quella che egli ha imparato dal suo maestro birmano, ora defunto, Sayagyi U Ba Khin, al quale era stata insegnata da Saya U Thet, un maestro di meditazione assai conosciuto in Birmania nella prima met del nostro secolo. A sua volta Saya U Thet era stato allievo di Ledi Sayadaw, un famoso monaco birmano vissuto tra la fine del 1800 e linizio del 1900. Risalendo pi indietro nel tempo, non si ricordano altri nomi di insegnanti di questa tecnica, ma coloro che la praticano ritengono che Ledi Sayadaw abbia appreso la meditazione Vipassana da maestri tradizionali, che lavevano mantenuta in vita per intere generazioni, fin dallantichit, allorquando linsegnamento del Buddha era stato per la prima volta introdotto in Birmania. Non c dubbio che la tecnica concordi con le istruzioni del Buddha sulla meditazione, con il significato pi semplice e pi letterale delle sue parole. E, cosa pi importante, produce dei buoni risultati, personali, tangibili e immediati. Questo libro non un manuale di fai-da-te per praticare la meditazione Vipassana, e chiunque lo usi in tal modo lo fa a proprio rischio e pericolo. La tecnica deve essere appresa esclusivamente attraverso un corso, dove c lambiente adatto ad aiutare il meditatore e una guida adeguatamente istruita. La meditazione una cosa seria, e specialmente la tecnica Vipassana, che affronta gli stati mentali profondi. Non ci si dovrebbe mai avvicinare ad essa con leggerezza o per caso. Il nostro proposito solo quello di offrire una visione generale del metodo Vipassana, nella speranza che questo aiuti ad ampliare la comprensione degli insegnamenti del Buddha e della tecnica di meditazione che ne costituisce lessenza.

  • CAPITOLO PRIMO LA RICERCA Ognuno di noi cerca la pace e l'armonia, perch ci che manca alla nostra vita. Tutti vogliamo essere felici; lo consideriamo un nostro diritto. La felicit la meta a cui tendiamo, anche se spesso difficile da ottenere. Tutti noi di quando in quando sperimentiamo l'insoddisfazione: turbamenti, irritazione, disarmonia, sofferenza. Anche se in questo momento siamo liberi da tali negativit, tutti possiamo ricordare un periodo in cui ci hanno tormentato e anche prevedere quando torneranno. In ogni caso, tutti noi dobbiamo affrontare la sofferenza della morte. La nostra insoddisfazione personale, inoltre, non resta limitata a noi stessi: al contrario, tendiamo a farne partecipi gli altri. L'atmosfera attorno a una persona infelice si carica di inquietudine, cosicch chiunque entri in contatto con lei finisce col sentirsi agitato e infelice. In tal modo le tensioni individuali, combinandosi fra loro, creano tensioni sociali. E questo il problema fondamentale della vita: la sua natura insoddisfacente. Avvengono cose che non vogliamo, e le cose che vogliamo non avvengono. E ignoriamo come e perch tale processo si realizzi, proprio come ignoriamo quale sia il nostro inizio e quale la nostra fine. Venticinque secoli fa, nell'India settentrionale, un uomo decise di indagare questo problema: il problema della sofferenza umana. Dopo anni di ricerca e di tentativi condotti con vari metodi, scopr una via per ottenere una comprensione profonda della realt della propria natura e sperimentare la vera libert dalla sofferenza. Avendo raggiunto la meta pi alta, ossia la liberazione dall'infelicit e dai conflitti, dedic quel che gli restava della vita ad aiutare gli altri a fare ci che lui stesso aveva fatto, mostrando loro la via per liberarsi. Questa persona Siddhattha Gotama, noto come il Buddha, l'Illuminato ha sempre dichiarato di non essere altro che un uomo. Come accade a tutti i grandi maestri, su di lui sono fiorite numerose leggende, ma'nonostante le storie meravigliose che si raccontano sulle sue passate esistenze e sui suoi poteri magici, tutti i racconti concordano sul fatto che non si mai dichiarato di origine divina o ispirato da un dio. Quali che fossero le sue particolari doti, erano doti eminentemente umane, che egli aveva portato alla perfezione. Di conseguenza, tutto ci che egli ha realizzato nelle possibilit di qualsiasi essere umano che agisca come lui. Il Buddha non ha insegnato n una religione n una filosofia n un sistema di credenze. Chiam il suo insegnamento Dhamma, ovvero legge, la legge della natura. Non aveva alcun interesse nei dogmi o nelle speculazioni oziose. Al contrario, offriva una soluzione pratica e universale per un problema universale. Ora come sempre diceva parlo della sofferenza e di come eliminarla. ' Rifiut persino di discutere su tutto ci che non avesse a che fare con l'eliminazione delle miserie umane. Tale insegnamento, insisteva, non era qualche cosa che aveva inventato o che gli era stato rivelato da una divinit. Era semplicemente la verit, la realt che attraverso i suoi sforzi era riuscito a scoprire, cos come tanti avevano fatto prima di lui e come tanti avrebbero fatto dopo di lui. Affermava di non avere il monopolio della verit e non rivendicava un'autorit particolare come maestro, n perch la gente aveva fede in lui n per la natura evidentemente logica di ci che insegnava. Al contrario, affermava che giusto dubitare e provare tutto ci che va oltre la propria esperienza:

    Non credete a tutto ci che vi si dice n a tutto ci che stato tramandato dalle generazioni passate, e neppure a ci che opi- nione corrente o che dicono i testi sacri. Non accettate qualcosa come vera semplicemente basandovi su una deduzione o su un'illazione, sull'apparenza esteriore o sulla parzialit di una certa prospettiva o in base alla sua plausibilit o perch il vostro maestro vi dice che cos. Ma quando voi, da soli, direttamente riconoscete: Questi principi non sono benefici, sono biasimevoli, condannati dai saggi, se adottati e messi in pratica producono danno e sofferenza , allora li dovete abbandonare. E quando da soli, direttamente, riconoscete: Questi principi sono benefici, non biasimevoli, lodati dai saggi, se adottati e messi in pratica conducono al benessere e alla felicit , allora li dovete accettare e mettere in pratica.2

    L'autorit pi alta la propria esperienza della verit. Nulla deve essere accettato solo in base alla fede. Dobbiamo esaminare ogni cosa per vedere se logica, pratica, benefica. Neanche l'aver esaminato un insegnamento uti- lizzando la ragione sufficiente per accettarlo intellettualmente come vero. Se vogliamo trarre beneficio dalla verit, dobbiamo sperimentarla direttamente. Solo allora potremo sapere che realmente vera. Il Buddha, come lui stesso ha sempre sottolineato, insegnava solo ci che aveva sperimentato direttamente e incoraggiava gli altri a sviluppare da soli tale conoscenza e quindi divenire essi stessi l'autorit a cui riferirsi: Ognuno di voi sia un'isola per se stesso, sia un rifugio per se stesso; non c' altro rifugio. Sia la verit la vostra isola, sia la verit il vostro rifugio; non c' altro rifugio .3 L'unico vero rifugio nella vita, l'unico terreno solido su cui posare, la sola autorit che pu dare una guida e una protezione sicura la verit, il Dhamma, la legge della natura, sperimentata e verificata di persona. Quindi, nel suo insegnamento il Buddha ha sempre dato la pi grande importanza all'esperienza diretta della verit.

  • Spiegava nel modo pi chiaro possibile quello che aveva sperimentato, cos da fornire agli altri delle linee di condotta da elaborare per giungere alla personale realizzazione della verit. Egli ha detto: L'insegnamento che ho presentato non ha due versioni separate, una esteriore e una segreta. Nulla stato tenuto nascosto nel pugno chiuso del maestro.4 La sua non era una dottrina esoterica per pochi eletti: al contrario, egli desiderava far conoscere la legge della natura in modo chiaro ed esauriente, cosicch ne potesse beneficiare il maggior numero di persone possibile. Non era nemmeno interessato a fondare una setta o un culto incentrato sulla sua persona. La personalit di colui che insegna, egli affermava, di minor importanza rispetto all'insegnamento. Il suo proposito era di mostrare agli altri come liberarsi, non di farli diventare ciecamente devoti. A un seguace che gli dimostrava eccessiva venerazione, disse: Che cosa ottieni a vedere questo corpo, che soggetto al disfacimento? Chi vede Dharnma, vede me, chi vede me, vede Dhamma .5 La devozione nei confronti di un'altra persona, per quanto santa essa sia, non sufficiente a liberare qualcuno; non ci pu essere liberazione o salvezza senza l'esperienza diretta della realt. Pertanto la supremazia della verit e non di chi ne parla. Si deve rispettare chiunque insegni la verit, ma la via migliore per mostrare tale rispetto lavorare per realizzare la verit. Quando verso la fine della vita gli furono tributati onori eccessivi, il Buddha comment: Non cos che si onora un Illuminato, non cos che gli si mostra rispetto, non cos che deve essere stimato, o riverito, o venerato. Piuttosto sono il monaco e la monaca, il seguace e la seguace laici che procedono con costanza lungo il sentiero di Dhamma, dal primo passo fino alla meta ultima, chi pratica il Dhamma operando nel giusto modo, che onorano, stimano, rispettano, riveriscono e venerano al massimo grado l'Illuminato.6 Ci che il Buddha ha insegnato era una via che ogni essere umano pu seguire. Chiam questa via il Nobile Ottuplice Sentiero, ossia una pratica divisa in otto parti fra loro collegate. nobile nel senso che chi segue il sentiero destinato a diventare un uomo dal cuore nobile, una persona santa, liberata dalle sofferenze. un sentiero che porta a una comprensione profonda della natura, della realt, un sentiero di realizzazione della verit. Per risolvere i nostri problemi, dobbiamo vedere come realmente la nostra situazione. Dobbiamo imparare a riconoscere la realt apparente, superficiale e anche a penetrare al di l delle apparenze per percepire le verit pi sottili sino alla verit ultima, e quindi sperimentare la libert dalla sofferenza. Qualsiasi nome scegliamo di dare a questa verit di liberazione, sia esso nibbna, paradiso , o qualsiasi altro, non ha importanza. La cosa importante farne esperienza. Il solo modo per sperimentare direttamente la verit di guardare dentro noi stessi, di osservarci. Per tutta la vita siamo stati abituati a guardare fuori. Siamo sempre interessati a ci che accade fuori, a ci che fanno gli altri. Raramente, se non mai, abbiamo cercato di esaminare noi stessi, la nostra struttura mentale e fisica, le nostre azioni, la nostra realt. Perci siamo degli sconosciuti ai nostri stessi occhi. Non comprendiamo quanto sia dannosa questa ignoranza, quanto rimaniamo schiavi delle nostre forze interiori di cui non siamo consapevoli. Questa oscurit interiore deve essere scacciata dalla conoscenza della verit. Dobbiamo conseguire la comprensione profonda della nostra stessa natura per comprendere la natura dell'esistenza. Pertanto, il sentiero che il Buddha ha mostrato il sentiero dell'introspezione, dell'auto-osservazione. Egli ha detto: "Proprio all'interno di questo corpo, che contiene la mente con le sue percezioni, ho potuto conoscere l'universo, la sua origine, la sua cessazione.7 L'intero universo e le leggi della natura per mezzo delle quali esso opera devono essere sperimentati all'interno di noi stessi. Possono essere sperimentati solo all'interno di noi stessi. Il sentiero anche un sentiero di purificazione. Ricerchiamo la verit su noi stessi non per un'oziosa curiosit intellettuale quanto piuttosto con uno scopo ben preciso. Osservandoci, diventiamo consapevoli per la prima volta delle nostre reazioni condizionate, dei pregiudizi che oscurano la nostra visione mentale, che ci nascondono la realt e producono sofferenza. Identifichiamo le tensioni accumulate interiormente che ci turbano e ci rendono infelici e comprendiamo che possono essere rimosse. Impariamo gradualmente come permettere loro di dissolversi; e le nostre menti diventano pure, calme e felici. Il sentiero un processo che richiede un'applicazione continua. Possono sopraggiungere improvvise intuizioni, ma sono il risultato di uno sforzo continuo. necessario lavorare passo per passo; del resto, ad ogni passo i benefici sono immediati. Non seguiamo il sentiero nella speranza di accumulare benefici da godere solo nel futuro, o di ottenere, dopo la morte, un paradiso che ora possiamo solo immaginare. I benefici devono essere concreti, vividi, personali, sperimentati qui-e-ora. E, soprattutto, un insegnamento da praticare. Avere semplicemente fede nel Buddha o nel suo insegnamento non ci aiuter a liberarci dalla sofferenza; n lo far una comprensione meramente intellettuale del sentiero. Questo ha valore solo se ci ispira a mettere in pratica l'insegnamento. Solo la pratica concreta di ci che il Buddha ha insegnato dar risultati concreti e cambier in meglio la nostra vita. Il Buddha ha detto:

    Una persona pu recitare alla perfezione molti testi, ma se non li mette in pratica sventata come il bovaro che conta solo le mucche degli altri: non gode delle ricompense proprie della vita di un ricercatore di verit. Un'altra persona pu essere capace di recitare solo poche parole dei testi, ma se conduce una vita di Dhamma, procedendo passo dopo passo verso la meta finale, allora pu godere delle ricompense della vita di un ricercatore di verit.8

    Il sentiero deve essere seguito, l'insegnamento deve essere messo in pratica, altrimenti l'esercizio privo di senso. Non necessario definirsi un buddista per praticare questo insegnamento. Le etichette sono irrilevanti. La sofferenza non fa distinzioni, ma comune a tutti: quindi il rimedio, per essere utile, deve essere ugualmente applicabile a tutti.

  • N la pratica riservata agli eremiti che si sono allontanati dalla vita ordinaria. Sebbene sia necessario dedicare un determinato periodo all'apprendimento, una volta che questo sia concluso, si deve applicare l'insegnamento alla vita quotidiana. Chi lascia la propria casa e le responsabilit del mondo per seguire il sentiero ha la possibilit di lavorare pi intensamente, di assimilare l'insegnamento pi profondamente e quindi di progredire pi rapidamente. D'altra parte, chi coinvolto nella vita mondana, impegnato a far fronte a molte e diverse responsabilit, pu dedicare solo un tempo limitato alla pratica. Ma Dhamma deve essere applicato sia da coloro che hanno lasciato le loro case, sia dai capifamiglia. Solo se viene applicato, Dhamma da dei risultati. Se questa veramente la via che conduce dalla sofferenza alla pace, allora, man mano che progrediamo nella pratica la nostra vita quotidiana deve diventare pi felice, pi armoniosa, apportatrice di pace interiore. Nello stesso tempo i nostri rapporti con gli altri devono diventare pi pacifici e armoniosi. Invece di aumentare le tensioni della societ, dobbiamo essere capaci di fornire un contributo positivo che accrescer la felicit e il benessere di tutti. Per seguire il sentiero dobbiamo vivere la vita di Dramma, della verit ,della purezza. Questo il modo giusto di seguire linsegnamento. Dramma, correttamente praticato , larte di vivere.

    Domande e risposte

    DOMANDA: Voi fate riferimento al Buddha. Insegnate quindi il buddismo? SATYA NARAYAN GOENKA: Non mi occupo di ismi .Insegno Dhamma, e cio quello che ha insegnato il Buddha. Egli non ha mai insegnato un ismo o una dottrina settaria. Ha insegnato qualcosa da cui chiunque, quale che sia la sua provenienza, pu trarre beneficio: un'arte di vivere. Rimanere nell'ignoranza dannoso per tutti: sviluppare la saggezza un bene per tutti. Cos, chiunque pu praticare questa tecnica e trame beneficio. Un cristiano diventer un buon cristiano, un ebreo diventer un buon ebreo, un musulmano un buon musulmano, un ind un buon ind, un buddista un buon buddista. Ognuno deve diventare un buon essere umano, altrimenti non potr mai essere un buon cristiano, un buon ebreo, un buon musulmano, un buon ind, un buon buddista. Come diventare buoni esseri umani: questa la cosa pi importante.

    Voi parlate del condizionamento. Questo tipo di esercizio non anch'esso una forma di condizionamento della mente, anche se positivo?

    Al contrario, un processo di decondizionamento. Invece di imporre qualcosa alla mente, automaticamente rimuove le qualit non benefiche, cosicch rimangono solo quelle positive e benefiche. Eliminando la negativit, esso scopre la positivit, che la natura fondamentale di una niente pura.

    Ma il fatto che per un determinato periodo di tempo si debba sedere in una certa posizione e dirigere l'attenzione in un certo modo, non una forma di condizionamento?

    Se fate questo come un gioco o come un rito meccanico, allora indubbiamente condizionate la mente. Ma sarebbe un uso sbagliato di Vipassana, mentre quando la tecnica viene praticata in modo corretto vi rende capaci di sperimentare direttamente la verit, da soli. E da questa esperienza si sviluppa naturalmente la comprensione, che distrugge tutti i condizionamenti precedenti.

    Non egoistico dimenticare il mondo e limitarsi a starsene seduti a meditare tutto il giorno?

    Lo sarebbe se fosse fine a se stesso, ma un mezzo per raggiungere un fine che non affatto egoistico: una mente sana. Quando il vostro corpo malato, andate in ospedale per recuperare la salute. Non rimanete l per tutta la vita, ma semplicemente per recuperare la salute, di cui poi farete uso nella vita ordinaria. Allo stesso modo, frequentate un corso di meditazione per ottenere la salute mentale che utilizzerete nella vita di tutti i giorni per il bene vostro e degli altri.

    Rimanere felici e in pace anche quando ci si confronta con la sofferenza altrui non forse pura insensibilit?

    Essere sensibili alle sofferenze degli altri non significa che si debba diventare tristi. Al contrario, dovete rimanere calmi ed equilibrati cos da poter alleviare le sofferenze altrui. Se anche voi diventate tristi, accrescete l'infelicit attorno a voi; non aiutate gli altri e non aiutate voi stessi.

  • Perch necessario un corso di dieci giorni per apprendere questa tecnica? certo che se poteste fermarvi per un periodo pi lungo sarebbe ancor meglio! Ma dieci giorni sono il tempo minimo che consente di comprendere lo schema della tecnica.

    Perch dobbiamo rimanere per dieci giorni nel luogo in cui si tiene il corso?

    Perch siete qui per compiere un'operazione alla mente. Cos come le operazioni chirurgiche devono essere fatte in ospedale, in sale operatorie protette da fonti di infezioni, cos qui, dentro i confini del luogo dove si tiene il corso, l'operazione sulla vostra mente pu essere compiuta senza essere disturbati da influenze esterne. Quando il corso finisce, anche l'operazione finita e voi siete pronti a rientrare in contatto con il mondo.

    Questa tecnica guarisce malattie fisiche?

    S, come risultato secondario. Molti disturbi psicosomatici spariscono spontaneamente allorch le tensioni mentali si dissolvono. Se la mente turbata, le malattie sono portate a svilupparsi. Quando la mente diviene calma e pura, scompaiono automaticamente. Ma se vi prefiggete come scopo la cura di un malessere fisico invece della purificazione della niente, non raggiungerete n l'uno n l'altro risultato. Ho appurato che chi segue il corso con lo scopo di curare una malattia fisica fissa l'attenzione solo su questo per tutto il periodo del corso: "Oggi va meglio? No, non va meglio... Oggi sto migliorando? No, niente miglioramento". E tutti i dieci giorni se ne vanno in questo modo. Ma se l'intenzione semplicemente quella di purificare la mente, allora molti malanni scompariranno automaticamente, come risultato della meditazione.

    Qual secondo voi lo scopo della vita?

    Uscire dall'infelicit. Gli esseri umani hanno la meravigliosa capacit di scavare a fondo dentro di s, di osservare la realt e uscire dalla sofferenza. Non usare questa capacit significa sprecare la propria vita. Utilizzatela per vivere una vita sana e felice.

    Voi parlate di essere sopraffatti dalla negativit. Cosa pensate del caso contrario, cio di essere sopraffatti dalla positivit, per esempio dall'amore?

    Quella che voi definite positivit la natura reale della mente. Quando la mente libera dal condizionamento, sempre piena d'amore amore puro e ci si sente in pace e felici. Se si rimuove la negativit, allora rimane la positivit, rimane la purezza. Che tutto il mondo possa essere sommerso da questa positivit!

  • CAPITOLO SECONDO IL PUNTO DI PARTENZA La fonte della sofferenza dentro ciascuno di noi. Quando avremo imparato a conoscere profondamente la nostra propria realt, allora avremo trovato la soluzione al problema della sofferenza. Conosci te stesso: tutti i saggi lo hanno consigliato. Dobbiamo iniziare a conoscere la nostra propria natura, altrimenti non potremo mai risolvere i nostri problemi o i problemi del mondo. Ma in realt che cosa sappiamo di noi? Ognuno di noi convinto di essere importante, unico, ma la conoscenza che abbiamo di noi stessi solo superficiale. A livelli pi profondi, non ci conosciamo affatto. Il Buddha ha esaminato il fenomeno dell'essere umano indagando la sua propria natura. Lasciando da parte ogni pregiudizio, ha esplorato la realt interiore e compreso che ogni essere un insieme di cinque aggregati, quattro mentali e uno fisico. La materia Cominciamo con l'aspetto fisico. il pi ovvio, la nostra parte pi visibile, subito percepita dai sensi, ma quanto poco la conosciamo in realt! Possiamo controllare il corpo superficialmente: si muove e agisce secondo la volont cosciente. Ma a un altro livello, tutti gli organi interni funzionano fuori dal nostro controllo, senza che noi sappiamo come. A un livello pi sottile, non abbiamo la percezione delle incessanti reazioni biochimiche che avvengono dentro ogni cellula del corpo. Ma questa non ancora la realt ultima del fenomeno materia. In definitiva il corpo, che sembra solido, composto di particelle subatomiche e di spazi vuoti. Persino queste particelle subatomiche non hanno una solidit reale; il tempo di esistenza di una di esse molto meno di un trilionesimo di secondo. Le particelle nascono e svaniscono continuamente, passando dentro e fuori dallo stato di esistenza, come un flusso di vibrazioni. Questa la realt ultima del corpo, di tutta la materia, scoperta dal Buddha 2500 anni fa. Con le loro ricerche, gli scienziati moderni hanno riconosciuto e accettato questa realt ultima dell'universo materiale, senza tuttavia divenire delle persone liberate, illuminate. Con la loro curiosit essi hanno indagato la natura dell'universo utilizzando l'intelletto e affidandosi agli strumenti per verificare le loro teorie. Il Buddha, al contrario, era motivato non soltanto dalla curiosit quanto piuttosto dal desiderio di trovare una via d'uscita dalla sofferenza. Nella sua ricerca non us altri strumenti tranne la propria mente. La verit che scopr non fu il risultato di una razionalizzazione, bens della sua esperienza diretta. Ecco perch riusc a liberarsi. Scopr che l'intero universo materiale era composto da particelle, chiamate in pli kalpa, unit indivisibili. Nelle loro infinite varianti queste unit possiedono le qualit fondamentali della materia: massa, coesione, temperatura e movimento. Si combinano per formare strutture che sembrano avere una qualche permanenza, ma che di fatto sono tutte composte di minuscole kalpa, che sono in uno stato di continuo sorgere e sparire. Questa la realt ultima della materia: un costante flusso di onde o particelle. Questo il corpo che ciascuno di noi chiama me stesso . La mente Insieme con i processi fisici, c' il processo psichico, la mente. Sebbene non possa essere toccata o veduta, sembra ancor pi intimamente connessa a noi stessi che non i nostri corpi: possiamo immaginarci un'esistenza futura senza il corpo, ma non possiamo immaginare tale esistenza senza la mente. E di essa, tuttavia, conosciamo ben poco, e ben poco siamo in grado di controllarla. Quanto spesso essa rifiuta di fare ci che vogliamo, e fa ci che non vogliamo! Il nostro controllo sulla mente cosciente gi abbastanza debole, ma l'inconscio sembra addirittura fuori del nostro potere e della nostra comprensione, pieno di forze che forse non approveremmo o di cui non siamo consapevoli. Cos come esamin il corpo, il Buddha esamin anche la mente e scopr che, essenzialmente, nella sua totalit, essa consiste di quattro processi: coscienza (vinnna), percezione (sanno), sensazione (vedano) e reazione (san-khra). II primo processo, la coscienza, la parte recettiva della mente, l'atto di consapevolezza indifferenziata o cognizione. Registra semplicemente gli eventi fenomenici, la recezione di ogni input fisico e mentale. Annota i dati grezzi dell'esperienza senza assegnare etichette o dare giudizi di valore. II secondo processo mentale la percezione, l'atto di riconoscere. Questa parte della mente identifica qualsiasi cosa sia stata annotata dalla coscienza. Distingue, etichetta e divide in categorie i dati grezzi e li valuta, in modo positivo o negativo. La fase successiva della mente consiste nella sensazione. Di fatto, appena un input viene ricevuto, sorge la sensazione, il segnale che qualcosa avvenuto. Fino a quando l'input non stato valutato, la sensazione rimane neutrale. Ma una volta che si sia attribuito un valore, la sensazione diviene piacevole o spiacevole, a seconda della valutazione data. Se la sensazione piacevole, si avverte il desiderio di prolungare e intensificare l'esperienza. Se, al contrario, spiacevole, quello di mettervi fine, di scacciarla.

  • La mente reagisce con sensazioni di piacere o di avversione.1 Per esempio, quando l'orecchio funziona normalmente e si ode un suono, la cognizione al lavoro. Quando il suono viene riconosciuto come parole, con connotazioni positive o negative, la percezione comincia a funzionare. Poi segue la sensazione. Se le parole sono di approvazione, nasce una sensazione piacevole. Se sono insulti, nasce una sensazione spiacevole. Tutto questo subito seguito da una reazione. Se la sensazione piacevole, si inizia a provarne piacere e si desidera una quantit maggiore di parole di approvazione. Se la sensazione spiacevole, si inizia a provarne dispiacere, e si vuole che le ingiurie finiscano. Lo stesso processo avviene ogni volta che gli altri sensi ricevono un input: coscienza, percezione, sensazione, reazione. Queste quattro funzioni mentali sono anche pi fluttuanti delle effimere particelle che compongono la realt materiale. Ogniqualvolta i sensi vengono in contatto con un oggetto, i quattro processi mentali sopravvengono con la rapidit del fulmine e si ripetono ad ogni contatto; del resto si verificano cos rapidamente che non si consapevoli di cosa stia avvenendo. solo quando una particolare reazione si ripete per un lungo periodo e ha preso una forma definita e intensa che se ne consapevoli a livello conscio. L'aspetto pi singolare di questa descrizione dell'essere umano non consiste in ci che include, ma in ci che omette. Occidentali od orientali, cristiani o ebrei, musulmani o ind, buddisti o atei o altro ancora, tutti noi abbiamo la certezza congenita che, da qualche parte dentro di noi, esiste un Io, un'identit permanente. Senza rifletterci, operiamo presupponendo che la persona che esistita dieci anni fa sia essenzialmente la stessa di oggi e la stessa che esister tra dieci anni: forse anche la stessa che esister in una vita futura dopo la morte. Quale che sia la filosofia, la teoria o il credo che noi consideriamo veri, di fatto ognuno vive con una convinzione ben radicata: Io ero, io sono, io sar . Il Buddha ha sfidato questa istintiva affermazione di identit. E nel farlo non ha esposto un'altra visione speculativa per combattere le teorie altrui, bens ha ribadito pi e pi volte che non stava proponendo un'opinione, ma semplicemente descrivendo la verit che aveva sperimentato e che ogni persona comune pu sperimentare. L'Illuminato ha messo da parte tutte le teorie diceva perch ha visto la realt della materia, della sensazione, della percezione, della reazione e della coscienza, il loro sorgere e svanire .2 Nonostante le apparenze, aveva scoperto che ogni essere umano in realt una serie di eventi separati ma collegati fra loro. Ogni evento il risultato del precedente e lo segue senza soluzione di continuit. La progressione ininterrotta di eventi intimamente connessi da l'apparenza della continuit, dell'identit, ma si tratta solo di una realt apparente e non della verit ultima. Possiamo dare un nome a un fiume, ma in realt un flusso d'acqua che non smette mai di scorrere. Possiamo pensare alla luce di una candela come a qualcosa di costante, ma, se la osserviamo da vicino, vediamo che in realt la fiamma nasce da uno stoppino che brucia per un istante ed subito rimpiazzata da una nuova fiamma, istante dopo istante. Parliamo della luce di una lampadina elettrica senza fermarci mai a pensare che in realt, come i1 fiume, essa un flusso costante: in questo caso un flusso di energia prodotta da oscillazioni ad altissima frequenza, che avvengono dentro il filamento. In ogni momento, qualcosa di nuovo nasce come prodotto del passato, per essere rimpiazzato da qualcos'altro nel momento seguente. La successione degli eventi cos rapida e continua che difficile da discernere. In un determinato punto del processo non possibile affermare che ci che sta avvenendo uguale a ci che avvenuto in precedenza, n si pu dire che non lo sia. Ci nondimeno, il processo avviene. Allo stesso modo, il Buddha comprese che una persona non un'entit finita e immutabile, ma un processo che fluisce momento per momento. Non c' un essere reale, ma soltanto un flusso che va, un processo continuo di divenire. Naturalmente nella nostra vita quotidiana dobbiamo trattare gli altri come persone provviste di una natura pi o meno definita, non mutevole; dobbiamo accettare le apparenze esterne, la realt apparente, altrimenti non riusciremo a funzionare. La realt esteriore una realt, ma solo quella superficiale. A livelli pi profondi, la realt che l'intero universo, animato e inanimato, in costante stato di divenire: di nascere e svanire. Ognuno di noi, di fatto, un flusso di particelle subatomiche in costante mutamento, e insieme ad esso mutano, ancor pi rapidamente dei processi fisici, i processi di coscienza, di perce- zione, di sensazione e di reazione. Questa la realt ultima del s con cui ognuno di noi deve fare i conti. questo il corso degli eventi in cui siamo implicati. Se saremo in grado di comprenderlo con esattezza, attraverso l'esperienza diretta, troveremo la strada che ci condurr fuori dalla sofferenza. Domande e risposte DOMANDA: Quando parlate di mente, non sono sicuro di cosa volete intendere. Mi impossibile localizzare la mente.

    SATYA NARAYAN GOENKA: E ovunque, in ogni atomo. Ovunque sentite qualcosa, l c' la mente. La mente sente.

    Dicendo mente allora non volete indicare il cervello?

  • Oh no, no. Qui in Occidente si pensa che la mente sia solo nella testa. un concetto sbagliato. La mente in tutto il corpo?

    S, tutto il corpo contiene la mente, tutto il corpo!

    Lei parla dell'esperienza dell'Io solo in termini negativi. Non ha un lato positivo? Non c' un'esperienza dell'Io che riempie la per sona di gioia, di pace, di estasi?

    Con la meditazione si scopre che tali piaceri sensoriali vanno e vengono. Se questo Io realmente ne gioisse, se fossero miei piaceri, allora l'Io dovrebbe avere qualche potere su di essi. Ma essi nascono e svaniscono al di fuori del mio controllo. In questo caso, che cos' l'Io?

    Non sto parlando di piaceri sensoriali, ma di quelli a un livello molto profondo.

    A quel livello l'Io non ha alcuna importanza. Quando si raggiunge quel livello, l'ego si dissolve. C' solo gioia. La questione dellio allora non si pone neppure.

    D'accordo, invece di Io diciamo allora l'esperienza della persona.

    la sensazione stessa che sente; nessuno la sente. Le cose stanno solo avvenendo, ecco tutto. Ora, a voi sembra che ci debba essere un Io che sente, ma con la pratica finirete col raggiungere il livello in cui l'ego si dissolve. E a quel punto questa domanda non avr pi ragione di essere.

    1o sono venuto qui perch sentivo che il mio Io aveva bisogno di venire qui.

    S. vero. Per gli scopi convenzionali, non possiamo sfuggire dall'Io o dal mio. Ma attaccarci ad essi, considerarli reali nel senso ultimo ci porter solo sofferenza.

    Mi domando se ci sono delle persone che provocano la nostra sofferenza.

    Nessuno vi causa sofferenza. La sofferenza nasce dentro di voi, allorch generate tensioni nella mente. Sapendo come evitarlo diventa facile rimanere in pace e felici in ogni situazione.

    E quando qualcuno ci fa del male?

    Non dovete permettere che qualcuno vi faccia del male. Ogni volta che qualcuno fa qualcosa di sbagliato, fa male agli altri e nello stesso tempo a se stesso. Se gli permettete di fare del male, lo incoraggiate a farlo. Dovete usare tutta la vostra forza per fermarlo, ma solo con benevolenza, con compassione e simpatia per quella persona. Se agite con odio o ira, allora aggravate la situazione. Ma voi non potete avere benevolenza per tale persona a meno che la vostra mente non sia calma e in pace. Una volta che avrete appreso con la pratica a sviluppare la pace dentro di voi, il problema potr essere risolto.

    A quale scopo cercare pace dentro di noi quando non c' pace nel mondo?

    11 mondo sar in pace solo quando la gente sar in pace e felice. Il cambiamento deve partire a livello individuale. Se la foresta si inaridisse e voi voleste ridarle vita, dovreste innaffiare ogni albero. Se volete un mondo di pace, dovete imparare a essere in pace con voi stessi. Solo allora potrete portare la pace nel mondo.

    Posso capire come la meditazione sia in grado di aiutare persone infelici, disadattate, ma per chi si sente soddisfatto della sua vita, che gi felice?

    Chi soddisfatto dai piaceri superficiali della vita ignora i turbamenti profondi della mente. Si illude di essere una persona felice, ma i suoi piaceri non sono duraturi e le tensioni generate nell'inconscio si accresceranno, per apparire prima o poi al livello mentale conscio. Quando accade ci, questa cosiddetta persona felice diventa triste. E allora, perch non iniziare a lavorare qui-e-ora per allontanarsi da una simile situazione?

    Voi insegnate Mahyna o Hinayna?

  • Nessuno dei due. La parola yana di fatto significa veicolo che vi porter alla meta finale , ma oggi gli si da erroneamente una connotazione settaria. Il Buddha non ha mai insegnato qualcosa di settario. Ha insegnato il Dhamma, che universale. questa universalit che mi ha attratto verso l'insegnamento del Buddha, ed da esso che ho tratto giovamento. Quindi questo Dhamma universale che offro a tutti con tutto il mio amore e la mia compassione. Per me, il Dhamma non n Mahyna n Hinayna, n alcuna setta.

  • CAPITOLO TERZO

    LA CAUSA IMMEDIATA Il mondo reale non regge il paragone con quello delle fiabe, in cui ognuno vive felice per sempre. Non possiamo nasconderci la verit, e cio che la vita imperfetta, incompleta, insoddisfacente: la verit dell'esistenza della sofferenza. Assodata questa realt, ci che importante sapere se la sofferenza abbia una causa e, in caso affermativo, se sia possibile rimuovere tale causa in modo che anche la sofferenza possa essere rimossa. Se gli avvenimenti che provocano la nostra sofferenza sono semplicemente delle circostanze casuali su cui non abbiamo alcun controllo o influenza, allora siamo impotenti e possiamo lasciar perdere il tentativo di cercare una via d'uscita. Se invece le nostre sofferenze sono dettate da un essere onnipotente che agisce in modo arbitrario e imperscrutabile, allora dobbiamo scoprire come propiziarci tale essere in modo che sia benevolo. Il Buddha ha compreso che la nostra sofferenza non solo un prodotto del caso. Ci sono delle cause dietro ad essa, esattamente come ci sono cause per tutti i fenomeni: la legge di causa ed effetto kamma universale e fondamentale per l'esistenza; e non esistono cause al di l del nostro controllo.

    Kamma

    Alla parola kamma (o, nella pi conosciuta forma sanscrita, karm) viene generalmente attribuito il significato di fato. Purtroppo le connotazioni di questa parola sono proprio il contrario di ci che il Buddha intendeva con kamma. Il fato qualcosa che sta fuori del nostro controllo, il decreto della provvidenza, ci che stato pre-ordi-nato per ognuno di noi. Tuttavia, kamma letteralmente significa azione . Proprio le nostre azioni sono la causa di tutto ci che sperimentiamo: Tutti gli esseri compiono i loro atti, sono eredi dei loro atti, hanno origine dai loro atti, sono legati ai loro atti; i loro atti sono il loro rifugio. Cos come i loro atti sono vili o nobili, altrettanto lo saranno le loro esistenze. Tutto ci in cui ci imbattiamo nella nostra vita il risultato delle nostre azioni. Di conseguenza, tutti possiamo diventare padroni del nostro destino diventando padroni delle nostre azioni. Ognuno di noi responsabile delle azioni che danno origine alla propria sofferenza. Ognuno di noi ha i mezzi per porre fine alla sofferenza provocata dalle proprie azioni. Il Buddha ha detto:

    Ciascuno maestro di se stesso; Ciascuno costruisce il proprio futuro.

    Cos, ognuno di noi come un uomo che non ha mai imparato a guidare e siede con gli occhi bendati al volante di un'auto in corsa su una strada piena di traffico. Non possibile che egli raggiunga la destinazione senza incidenti. Anche se pu pensare di essere lui a guidare la macchina, in realt la macchina a guidare lui. Se vuole evitare un incidente e fare in modo di arrivare a destinazione, deve togliersi la benda dagli occhi, imparare a guidare il veicolo e condurlo fuori pericolo il pi rapidamente possibile. Analogamente, noi dobbiamo diventare consapevoli di ci che facciamo, e quindi imparare a compiere quelle determinate azioni in grado di condurci dove vogliamo realmente andare.

    Le tre categorie di azioni

    Ci sono tre categorie di azioni: fisica, verbale e mentale. Normalmente diamo maggiore importanza alle azioni fisiche, meno alle azioni verbali e meno ancora alle azioni mentali. Colpire una persona ci sembra un'azione pi grave che insultarla, ed entrambe appaiono pi pesanti di una malevolenza inespressa nei suoi confronti. Di fatto, sarebbe questo il giudizio conforme alle leggi emanate dagli uomini in ogni paese. Ma secondo Dhamma, la legge della natura, l'azione mentale la pi importante. Un'azione fisica o verbale assume un significato completamente diverso a seconda delle intenzioni con cui la si compie. Un chirurgo usa il bisturi per operare d'urgenza un uomo in pericolo di vita, ma l'intervento non ha successo e il paziente muore; un assassino usa il pugnale per colpire a morte la sua vittima: fisicamente le due azioni sono simili, con gli stessi effetti, ma mentalmente sono agli antipodi. Il chirurgo agisce per compassione, l'assassino per odio. I risultati ottenuti sono radicalmente diversi, perch diversa l'azione mentale. Allo stesso modo, nel caso della parola, la cosa pi importante l'intenzione. Un uomo discute con un collega e lo ingiuria, definendolo pazzo. Esprime ira. Lo stesso uomo vede suo figlio che gioca nel fango e teneramente lo chiama pazzo. Esprime amore. In entrambi i casi sono state pronunciate le stesse parole, ma per esprimere due opposti stati mentali. l'intenzione delle nostre parole che determina il risultato. Parole e azioni, e i loro effetti esterni, sono mere conseguenze dell'azione mentale. Essi si giudicano in relazione alla natura dell'intenzione che esprimono.

    L'azione mentale il vero kamma, la causa che dar i risultati nel futuro. Comprendendo questa verit il Buddha ha annunciato:

    La mente precede tutti i fenomeni, la mente la cosa pi importante, ogni cosa fatta dalla mente.

  • Se con una mente impura parlate o agite, allora la sofferenza vi seguir, come la ruota di un carro segue l'animale da tiro. Se con una mente pura parlate e agite, allora la felicit vi seguir come un'ombra che non svanisce mai.

    La causa della sofferenza

    Ma quale azione mentale determina il nostro destino? Se la mente non consiste di nient'altro che di conoscenza, percezione, sensazione e reazione, quale di queste da origine alla sofferenza? Ognuna di esse coinvolta in qualche misura nel processo della sofferenza. Le prime tre, tuttavia, sono principalmente passive. La coscienza recepisce soltanto i primi dati dell'esperienza, la percezione li inserisce in una categoria, la sensazione segnala ci che accaduto nei passaggi precedenti. Il lavoro di queste tre azioni mentali quello di assimilare di mano in mano le informazioni subentranti. Ma quando la mente inizia a reagire, la passivit lascia il passo all'attrazione o alla repulsione, al piacere o al dispiacere. Questa reazione mette in moto una nuova catena di eventi, all'inizio della quale c' la reazione, sankhra. Ecco perch il Buddha ha detto:

    Qualsiasi sofferenza sorga ha una reazione quale causa. Se tutte le reazioni cessassero, allora non ci sarebbe pi sofferenza.

    Il vero kamma, la vera causa della sofferenza, la reazione della mente. Ogni fugace reazione di piacere o dispiacere pu non essere molto forte e pu non dare molti risultati, ma pu avere un effetto cumulativo. La reazione ripetuta momento per momento, intensificandosi a ogni ripetizione e sviluppandosi verso la bramosia o l'avversione: ci che nel suo primo sermone il Buddha ha definito tanh, letteralmente sete: cio l'abitudine mentale all'insaziabile bramosia di ci che non c', la quale implica una uguale e irrimediabile insoddisfazione per ci che c'. E man mano che bramosia e insoddisfazione aumentano di intensit, pi profonda sar la loro influenza sui nostri pensieri, sui nostri discorsi e sulle nostre azioni: e maggiore la sofferenza che provocheranno. Alcune reazioni, ha detto il Buddha, sono come linee tracciate su uno specchio d'acqua: appena disegnate, si cancellano. Altre sono come linee tracciate sulla sabbia: se sono state disegnate al mattino, spariranno durante la notte, eliminate dalla marea o dal vento. Altre sono come linee incise profondamente nella roccia con scalpello e martello. Anch'esse scompariranno a causa dell'erosione, ma ci vorr molto molto tempo. Ogni giorno, per tutta la vita, la nostra mente continua a generare reazioni: eppure se alla fine di ciascun giorno cerchiamo di ricordarle, non saremo in grado di richiamarne alla memoria che una o due, ossia quelle che quel giorno ci hanno maggiormente impressionato. Cos, se cerchiamo di ricordare tutte le reazioni che abbiamo avuto nel corso di un mese, saremo capaci di rammentarne solo una o due che in quel mese ci hanno impressionato pi profondamente. E allo scadere di un anno saremo capaci di ricordare solo una o due reazioni che in quell'anno hanno lasciato l'impressione pi profonda. Le reazioni profonde di questo tipo sono assai pericolose e conducono a un'immensa sofferenza. Il primo passo per emergere da tale sofferenza quello di accettarne la realt, non come un concetto filosofico o un articolo di fede, ma come un dato della nostra stessa esistenza. Se accetteremo questo e comprenderemo che cos' la sofferenza e perch soffriamo, cesseremo di essere guidati e saremo noi a cominciare a guidare. Imparando a comprendere la nostra natura, potremo incamminarci sul sentiero che conduce alla fine della sofferenza.

    Domande e risposte DOMANDA: La sofferenza non forse una parte naturale della vita? Perch dobbiamo cercare di sfuggirle?

    SATYA NARAYAN GOENKA: Siamo ormai cos immischiati con la sofferenza che esserne esenti ci sembra innaturale. Ma quando sperimenterete la reale felicit della purezza mentale, allora vi renderete conto che questo uno stato naturale della mente.

    L'esperienza della sofferenza pu nobilitare una persona e aiutarla a fortificare il carattere?

    S. Questa tecnica infatti utilizza deliberatamente la sofferenza come uno strumento per rendere nobile una persona. Ma ci accadr solo se questa persona imparer a osservare oggettivamente la sofferenza. Se rimane attaccata alla sua sofferenza, l'esperienza non la nobiliter ed essa rimarr sempre infelice.

    Controllare le proprie azioni non una sorta di repressione?

    No. Si impara solo a osservare oggettivamente ci che avviene. Se qualcuno adirato e cerca di nascondere la sua collera, di sopportarla, allora, s, c' repressione. Ma osservando la collera, scoprirete che automaticamente essa svanisce. Vi liberate dalla collera quando imparate a osservarla oggettivamente.

    Se continuiamo a osservare noi stessi, come possiamo vivere in modo naturale? Saremmo cos impegnati a guardarci che non potremmo agire liberamente o spontaneamente.

  • Non questo ci che le persone verificano dopo aver completato un corso di meditazione. Qui imparate un training mentale che vi metter in grado di osservarvi nella vita quotidiana ogni volta che ne avrete bisogno. Non che si debba continuare a esercitarsi a occhi chiusi tutto il giorno per tutta la vita, ma cos come la forza che si acquista attraverso l'esercizio fisico vi aiuta nella vita quotidiana, analogamente questo esercizio mentale vi fortificher. Quella che viene chiamata azione libera e spontanea in realt una reazione cieca, sempre pericolosa. Imparando ad osservarvi, scoprirete che possibile mantenere l'equilibrio della mente tutte le volte che vi trovate in una situazione difficile. questo equilibrio che vi mette in grado di scegliere liberamente come agire. Compirete allora un'azione reale, che sempre positiva e sempre di beneficio per voi e per gli altri.

    Esistono avvenimenti fortuiti, eventi accidentali senza una causa?

    Nulla avviene senza una causa. impossibile. Talvolta i nostri sensi limitati e il nostro intelletto non la possono di- scernere con chiarezza, ma questo non significa che non ci sia.

    Voi affermate che ogni cosa nella vita predeterminata?

    Certamente le nostre azioni passate daranno dei frutti, buoni o cattivi. Sono esse a determinare il tipo di vita che conduciamo, la situazione generale in cui ci troviamo. Ma ci non significa che qualsiasi cosa ci accada sia predestinata, stabilita dalle nostre azioni passate, e che non possa accadere nient'altro. Non cos. Le nostre azioni passate influenzano il corso della nostra vita dirigendola verso esperienze piacevoli o spiacevoli. Ma le azioni presenti sono ugualmente importanti. La natura ci ha dato la capacit di essere padroni delle nostre azioni presenti: con tale padronanza possiamo cambiare il nostro futuro.

    Ma certamente anche le azioni degli altri ci influenzano.

    Naturalmente. Siamo influenzati da chi ci circonda e dall'ambiente, cos come noi li influenziamo. Se ad esempio la maggioranza favorevole alla violenza, allora possono avvenire guerre e distruzioni, provocando immani sofferenze. Ma se la gente incomincia a purificare la mente, allora non pu esserci violenza. La radice del problema nella mente di ogni essere umano, e dato che la societ composta di individui, se ogni persona inizia a cambiare, cambier anche la societ e guerre e distruzioni diventeranno eventi rari.

    Come possiamo aiutarci l'un l'altro se ognuno di noi deve confrontarsi con i risultati delle proprie azioni?

    Le nostre azioni mentali influenzano gli altri. Se nella mente non generiamo altro che negativit, tale negativit ha un effetto pericoloso su quelli che entrano in contatto con noi. Se colmiamo la mente di positivit e benevolenza verso gli altri, questo avr un effetto giovevole su coloro che ci circondano. Non potete controllare le azioni, il kamma degli altri, ma potete diventare padroni di voi stessi per esercitare un influsso positivo su coloro che vi stanno intorno.

    Perch essere ricchi un buon karma? Se cosi, significa forse che la maggior parte di coloro che vivono in Occidente hanno un buon karma e la maggior parte di coloro che vivono nel Terzo mondo hanno un cattivo karma?

    La ricchezza da sola non un buon karma. Se diventate ricchi ma restate infelici, qual l'utilit della vostra ricchezza? Essere ricchi e anche felici, realmente felici: questo un buon karma. La cosa pi importante essere felici, ricchi o no.

    Non forse innaturale non reagire mai?

    ci che sembra a coloro che hanno esperienza solo degli errati schemi abituali di una mente impura. Ma naturale per una mente pura rimanere distaccata, piena d'amore, compassione, benevolenza, gioia ed equanimit. Dovete imparare a sperimentarlo.

    Come possiamo essere coinvolti nella vita senza reagire?

    Invece di reagire, imparate ad agire, ad agire con una mente equilibrata. Il meditatore di Vipassana non diventa inattivo come un vegetale. Impara ad agire positivamente. Quando sarete in grado di cambiare gli schemi abituali da reazione ad azione, allora avrete ottenuto qualcosa di grande valore. E Vipassana porta a questo cambiamento.

  • CAPITOLO QUARTO

    LA RADICE DEL PROBLEMA La verit della sofferenza deve essere esplorata fino alla radice, ha detto il Buddha.1 Nella notte in cui raggiunse l'illuminazione, sedette risoluto a non alzarsi finch non avesse compreso come nasce la sofferenza e come pu essere sradicata.

    Definizione della sofferenza

    II Buddha si rese conto chiaramente che la sofferenza esiste. un fatto incontrovertibile, per quanto spiacevole possa essere. La sofferenza inizia con l'inizio della vita. Non abbiamo alcun ricordo conscio dell'esistenza intrauterina, ma l'esperienza comune che veniamo alla luce piangendo. La nascita un grande trauma. Iniziata la vita, siamo tutti costretti ad affrontare la sofferenza delle malattie e della vecchiaia. Per quanto malati possiamo essere, per quanto vecchi e decrepiti, nessuno di noi vuole morire, perch la morte una grande infelicit. Ogni creatura vivente deve far fronte a tutte queste sofferenze. E mentre la nostra vita scorre, siamo costretti ad affrontare altre sofferenze, una variet di dolori sia fisici che mentali. Siamo immersi nell'infelicit e la felicit ci sfugge. Non riusciamo ad avere ci che vogliamo e, al contrario, otteniamo ci che non vogliamo. Sono tutti casi di sofferenza evidenti per chiunque si fermi a riflettere. Ma il futuro Buddha non era soddisfatto delle limitate spiegazioni dell'intelletto. Continu ad esplorare dentro di s per sperimentare la vera natura della sofferenza e scopr che l'attaccamento ai cinque aggregati costituisce la sofferenza.2 A livello pi profondo, la sofferenza l'attaccamento eccessivo che ognuno di noi ha sviluppato per il proprio corpo e per la propria mente, con le sue cognizioni, percezioni, sensazioni e reazioni. La gente si attacca con forza alla propria identit al proprio essere fisico e mentale quando in realt ci sono solo processi in evoluzione, Questo attaccamento a un'idea irreale di s, a qualcosa che di fatto in costante mutamento, sofferenza.

    Lattaccamento

    Ci sono diversi tipi di attaccamento. Per prima cosa c' l'attaccamento all'abitudine di cercare la gratificazione dei sensi. Un tossicomane si droga perch desidera sperimentare la sensazione piacevole che la droga gli procura, anche se sa che drogandosi aumenta la sua dipendenza. Analoga la nostra dipendenza da desideri sempre nuovi: non appena un desiderio soddisfatto, ne creiamo un altro. L'oggetto secondario; in realt noi facciamo in modo di prolungare all'infinito lo stato di desiderio, in quanto esso fa sorgere in noi una sensazione piacevole che vogliamo continuare a provare. Il desiderare diventa un'abitudine che non possiamo abbandonare, una dipendenza. E proprio come un drogato gradualmente sviluppa assuefazione nei confronti della sostanza che assume abitualmente e quindi ha bisogno di dosi sempre maggiori, cos pi cerchiamo di soddisfare i nostri desideri, pi essi diventano forti, si trasformano in bramosia. una via senza uscita, perch finch desidereremo ardentemente qualcosa, non potremo mai essere felici. Un altro grande attaccamento si ha verso l'Io, l'ego, l'immagine che abbiamo di noi stessi. Per ciascuno di noi, l'Io la

    persona pi importante del mondo. Ci comportiamo,come calamite che accentrano automaticamente sopra se stesse la limatura di ferro. Se riflettiamo un attimo, tutti noi istintivamente cerchiamo di sistemare il mondo a nostro piacimento, cercando di attrarre ci che piacevole e di respingere ci che spiacevole. Ma nessuno di noi solo al mondo; ciascun Io costretto a entrare in conflitto con un altro. Il modello che ognuno cerca di creare disturbato dai campi magnetici degli altri e noi stessi siamo soggetti a repulsioni e ad attrazioni. Il risultato non pu essere altro che infelicit e sofferenza. N limitiamo l'attaccamento all'Io, ma lo estendiamo al mio, a tutto ci che ci appartiene. Sviluppiamo un grande attaccamento a ci che possediamo, perch collegato a noi e sostiene l'immagine dell'Io. Questo attaccamento non causerebbe problemi se quello che chiamiamo mio fosse eterno e l'Io ne potesse godere eternamente. Ma, nella realt, prima o poi l'Io viene separato dal mio. Il tempo della separazione deve necessariamente venire, e in quel momento la sofferenza sar tanto pi intensa quanto pi grande l'attaccamento al mio . Ma l'attaccamento va anche oltre: si estende alle nostre opinioni e alle nostre convinzioni. Quale che sia il loro contenuto, siano esse giuste o sbagliate, se siamo attaccati ad esse certamente ci renderanno infelici. Siamo tutti convinti che le nostre opinioni e tradizioni siano le migliori e ogni volta che le sentiamo criticare ne restiamo colpiti. Se cerchiamo di spiegare le nostre opinioni e gli altri non le accettano, anche in questo caso ci turbiamo. Non siamo capaci di riconoscere che ognuno ha le proprie convinzioni. Invece di perdersi in futili discussioni sulla validit o meno delle varie opinioni, sarebbe pi proficuo lasciare da parte le nozioni preconcette e cercare di vedere la realt. Ma il nostro attaccamento alle opinioni ci impedisce di far questo e cos restiamo infelici. Infine, c' l'attaccamento alla religione e alle relative cerimonie. Tendiamo ad attribuire pi importanza alle manifestazioni esteriori della religione piuttosto che al loro significato intrinseco e pensiamo che chi non compie tali cerimonie non pu essere una persona veramente religiosa. Dimentichiamo che senza la sua essenza, l'aspetto formale della religione un guscio vuoto.

  • Recitare devotamente le preghiere o partecipare assiduamente alle funzioni non ha valore se la mente rimane colma di ira, risentimento e malevolenza. Per essere veramente religiosi dobbiamo sviluppare un'attitudine religiosa: purezza di cuore, amore e compassione per tutti. Tuttavia l'attaccamento alle forme esteriori della religione ci induce a dare maggiore importanza alla lettera piuttosto che allo spirito. Perdiamo l'essenza della religione e quindi rimaniamo infelici. Tutte le nostre sofferenze, di qualunque genere possano essere, sono collegate all'uno o all'altro di questi attaccamenti. Attaccamento e sofferenza vanno sempre di pari passo.

    I! Sorgere Condizionato: la catena di causa ed effetto da cui trae origine la sofferenza.

    Che cosa provoca l'attaccamento? Come sorge? Analizzando la sua propria natura, il futuro Buddha scopr che esso si sviluppa a causa di reazioni mentali momentanee di piacere e dispiacere. Le reazioni brevi e inconsce della mente si ripetono e si intensificano momento per momento, fino a trasformarsi in potenti attrazioni e repulsioni e in tutte le nostre forme di attaccamento. L'attaccamento non altro che la forma sviluppata di una reazione transitoria. questa la causa immediata della sofferenza. Che cosa provoca le reazioni di piacere e dispiacere? Andando ancora pi a fondo, il Buddha osserv che esse sono causate da una sensazione: proviamo una sensazione piacevole e iniziamo ad amarla; ne proviamo una spiacevole e iniziamo a rifiutarla, a respingerla. Ora, perch queste sensazioni? Che cosa le provoca? Analizzandosi ancor pi profondamente, egli vide che sorgono a causa di un contatto: contatto dell'occhio con una cosa visibile, contatto dell'orecchio con un suono, contatto del naso con un odore, contatto della lingua con un sapore, contatto del corpo con un oggetto tangibile, contatto della mente con un pensiero, un'emozione, un'idea, una fantasia o un ricordo. con i cinque sensi fisici e con la mente che noi sperimentiamo il mondo. Ogni volta che un oggetto o un fenomeno entra in contatto con una di queste sei basi dell'esperienza, si produce una sensazione, piacevole o spiacevole. E perch questo contatto il primo a prodursi? Il futuro Buddha vide che il contatto avviene proprio in quanto esistono le sei basi sensoriali, ovvero i cinque sensi fisici pi la mente. Il mondo pieno di innumerevoli fenomeni: visioni, suoni, odori, sapori, oggetti, pensieri ed emozioni. Per tutto il tempo in cui i nostri recettori sono in funzione, il contatto inevitabile. E perch esistono le sei basi sensoriali? Perch sono gli aspetti essenziali del fluire della mente e della materia. Perch allora questo flusso di mente e materia? Che cosa lo provoca? Il futuro Buddha comprese che il processo sorge a causa della coscienza, l'atto cognitivo che separa il mondo in conoscente e conosciuto, soggetto e oggetto, l'Io e gli altri . Da questa separazione deriva l'identit, la nascita . Ad ogni istante la coscienza sorge e assume una specifica forma mentale e fisica. Nell'istante successivo, di nuovo, la coscienza prende una forma leggermente diversa. La coscienza fluisce e muta attraverso tutta l'esistenza. Alla fine arriva la morte, ma la coscienza non si ferma: senza alcun intervallo, nell'istante successivo, assume una forma nuova. Da un'esistenza a un'altra, vita dopo vita, il fluire della coscienza continua. Qual dunque la causa di questo fluire della coscienza? Egli ne vide il sorgere da una reazione. La mente costantemente reattiva e ogni reazione da forza al fluire della coscienza, cos da perpetuarsi nell'istante successivo. Pi una reazione forte, pi grande l'impulso che suscita. La reazione leggera d un istante sostiene il fluire della coscienza solo per un istante. Ma se quella reazione momentanea di piacere o dispiacere si intensifica in bramosia o avversione, guadagna forza e sostiene il fluire della coscienza per molti istanti, per minuti, per ore. E se la reazione di bramosia o avversione si intensifica ancora, sostiene il flusso per giorni, mesi, anni. E se durante la sua vita una persona tende a ripetere e a intensificare certe reazioni, esse sviluppano una forza sufficiente a sostenere il fluire della coscienza non solo da un istante all'altro, da un giorno all'altro, da un anno all'altro, ma da una vita allaltra. E che cosa provoca queste reazioni? Osservando la realt a un livello pi profondo, egli comprese che le reazioni avvengono a causa dell'ignoranza. Siamo inconsapevoli del fatto che reagiamo, e altrettanto inconsapevoli della vera natura di ci a cui reagiamo. Siamo all'oscuro della natura impermanente e impersonale della nostra esistenza e ignoriamo che l'attaccamento a essa ci procura soltanto sofferenza. Non conoscendo la nostra vera natura, reagiamo alla cieca. Non sapendo neppure di aver reagito, persistiamo nelle nostre reazioni cieche e permettiamo loro di intensificarsi. Cos, a causa dell'ignoranza, diventiamo prigionieri dell'abitudine a reagire. Ecco come la ruota della sofferenza inizia a girare:

    Se sorge l'ignoranza, c' la reazione; se sorge la reazione, c' la coscienza; se sorge la coscienza, ci sono la mente e la materia; se sorgono la mente e la materia, ci sono i sei sensi; se sorgono i sei sensi, c' il contatto; se sorge il contatto, c' la sensazione; se sorge la sensazione, ci sono il desiderio e l'avversione; se sorgono il desiderio e l'avversione, c' l'attaccamento;

  • se sorge l'attaccamento, c' i! processo del divenire; se sorge il processo del divenire, c' la nascita; se c' la nascita, ci sono l'invecchiamento e la morte, insieme a dolore, lamenti, sofferenze fisiche e mentali, tribolazioni. In questo modo sorge l'intera massa della sofferenza.3

    Da questa catena di causa ed effetto il sorgere condizionato siamo stati condotti nel nostro presente stato di esistenza, ad affrontare un futuro di sofferenza. Alla fine la verit gli fu chiara : la sofferenza inizia con l'ignoranza della realt della nostra vera natura, del fenomeno etichettato come Io. E la causa successiva di sofferenza il sankhra, l'abitudine mentale alla reazione. Accecati dall'ignoranza, generiamo reazioni di bramosia e di avversione che si sviluppano in attaccamento, il quale conduce a tutti i generi di infelicit. L'abitudine a reagire il kamma, il modellatore del nostro futuro. Dunque la reazione sorge solo a causa dell'ignoranza circa la nostra vera natura. Ignoranza, bramosia e avversione sono le tre radici da cui nascono tutte le sofferenze della nostra vita.

    La via duscita della sofferenza

    Avendo compreso cosa sia la sofferenza e quale ne sia l'origine, il futuro Buddha affront il problema successivo: come si pu far cessare la sofferenza? Ricordando la legge del kamma, la legge di causa ed effetto: Se questo esiste, quello avviene; quello sorge dal sorgere di questo. Se questo non esiste, quello non avviene; quello cessa dal cessare di questo.4 Nulla accade senza una causa. Se la causa viene sradicata, allora non ci saranno effetti. In tal modo, il processo del sorgere della sofferenza pu essere invertito:

    Se l'ignoranza sradicata e finisce del tutto, la reazione finisce; se la reazione finisce, la coscienza finisce; se la coscienza finisce, la mente e la materia finiscono; se la mente e la materia finiscono, i sei sensi finiscono; se i sei sensi finiscono, il contatto finisce; se il contatto finisce, la sensazione finisce; se la sensazione finisce, il desiderio e l'avversione finiscono; se il desiderio e l'avversione finiscono, l'attaccamento finisce; se l'attaccamento finisce, finisce il processo del divenire; se il processo del divenire finisce, la nascita finisce; se la nascita finisce, l'invecchiamento e la morte finiscono, insieme a dolore, lamenti, sofferenze mentali e fisiche e tribolazioni. Cos finisce l'intera massa della sofferenza.5

    Se mettiamo fine all'ignoranza, allora non ci saranno reazioni cieche con il loro seguito di sofferenze di vario genere. E se non vi sar pi sofferenza, allora sperimenteremo la vera pace, la vera felicit. La ruota della sofferenza pu trasformarsi nella ruota della liberazione. Questo ci che Siddhattha Gotama ha fatto per conseguire l'illuminazione. Questo ci che ha insegnato a fare agli altri. Egli ha detto:

    Compiendo delle azioni negative vi contaminate. Non compiendo azioni negative vi purificate.6

    Ognuno di noi responsabile delle reazioni che causano la nostra sofferenza. Accettando questa responsabilit, possiamo imparare ad eliminare la sofferenza.

    II flusso delle esistenze successive

    Con la Ruota del Sorgere Condizionato il Buddha ha spiegato il processo di rinascita o samsra. Nell'India dei suoi tempi questo concetto era comunemente accettato come un dato di fatto, mentre oggi, per molti, pu sembrare una dottrina estranea, forse insostenibile. Prima di accettarla o rifiutarla, dovremmo tuttavia comprendere di che cosa si tratta e di che cosa non si tratta. Samsra il ciclo delle esistenze ripetute, la successione delle vite passate e future. Le nostre azioni sono le forze che ci spingono di vita in vita. Ogni vita, di basso o alto grado, sar come sono state le nostre azioni, vili o nobili. Sotto questo aspetto il concetto non differisce in sostanza da quello di molte religioni che predicano un'esistenza futura in cui riceveremo

  • la ricompensa o il premio per le nostre azioni in questa vita. Il Buddha ha per compreso che anche nell'esistenza pi esaltante pu esservi sofferenza. Quindi non dobbiamo lottare per avere una rinascita fortunata, dal momento che nessuna rinascita completamente fortunata. Il nostro scopo, piuttosto, dovrebbe essere la liberazione da tutte le sofferenze. Quando ci liberiamo dal ciclo delle sofferenze, sperimentiamo una felicit pura pi grande di qualsiasi piacere del mondo. Il Buddha ha insegnato una via per sperimentare tale felicit proprio in questa vita. Samsra non l'idea popolare della trasmigrazione di un'anima o di un s che mantiene un'identit fissa attraverso ripetute reincarnazioni. Questo, ha detto il Buddtia, proprio ci che non accade, e ha ripetutamente affermato che non esiste un'identit immutabile che passa da una vita all'altra: Proprio come da una mucca proviene il latte, dal latte la cagliata, dalla cagliata il burro, dal burro fresco il burro chiarificato, dal burro chiarificato la scrematura grassa. Quando c' il latte, non si pensa che sia cagliata o burro fresco o burro chiarificato o scrematura. Analogamente, ogni volta va considerato reale solo lo stato di esistenza presente e non il passato n il futuro .7 Il Buddha non riteneva che un ego fisso si reincarnasse in esistenze successive e neppure che non ci fossero esistenze passate o future. Al contrario, egli ha compreso e insegnato che il processo del divenire continua da un'esistenza all'altra, per tutto il tempo in cui le nostre azioni gli danno impulso. Anche se non si crede che ci sia un'altra esistenza oltre la presente, la Ruota del Sorgere Condizionato ha ancora la sua importanza. Ogni momento in cui ignoriamo che le nostre reazioni sono cieche, creiamo della sofferenza che sperimentiamo qui-e-ora. Se eliminiamo l'ignoranza e smettiamo di reagire ciecamente, faremo esperienza della pace che ne deriva, qui-e-ora. Il paradiso e l'inferno esistono qui-e-ora, possono essere sperimentati in questa vita, in questo corpo. Il Buddha ha affermato: Anche se [qualcuno crede] che non ci sia un altro mondo, n una ricompensa futura per le buone azioni n una punizione per le cattive, gi in questa stessa vita pu vivere felicemente, mantenendosi libero dall'odio, dalla malevolenza e dallansia . Sia che crediamo o non crediamo in esistenze passate o future, dobbiamo tuttavia affrontare i problemi della vita presente, problemi causati proprio dalle nostre reazioni cieche. La cosa pi importante per noi di risolvere questi problemi ora, fare dei passi avanti per porre fine alla nostra sofferenza ponendo fine all'abitudine a reagire, e in tal modo sperimentare ora la felicit della liberazione.

    Domande e risposte

    DOMANDA: Ci possono essere bramosie e avversioni benefiche: per esempio combattere contro lingiustizia, bramare la libert, temere i malanni fisici?

    SATYA NARAYAN GOENKA: Avversione e bramosia non possono mai essere benefiche. Vi renderanno sempre tesi e infe- lici. Se agite avendo nella mente bramosia e avversione, sia pure spinti da uno scopo encomiabile, il mezzo usato per raggiungerlo non sano. Certo dovete agire per proteggervi dai pericoli. Potete farlo sopraffatti dalla paura, ma in questo modo sviluppate un complesso di paure che alla lunga saranno dannose. Oppure, avendo odio nella mente, potete avere successo combattendo contro l'ingiustizia, ma quell'odio diverr un complesso mentale dannoso. Dovete combattere contro l'ingiustizia, dovete proteggervi dai pericoli, ma potete farlo con una mente equilibrata, senza tensioni. E potete lavorare in modo equilibrato per raggiungere qualcosa di buono, per amore degli altri. Una mente equilibrata sempre utile e dar i risultati migliori.

    Cosa c' d sbagliato nel desiderare cose materiali per assicurarsi una vita pi confortevole?

    Se un'esigenza reale, non c' nulla di sbagliato purch lo facciate con il dovuto distacco. Per esempio, se avete sete e desiderate dell'acqua, non c' nulla di dannoso in questo. Avete bisogno di acqua e quindi fate in modo di ottenerla e placare la vostra sete. Ma se questo diventa un'ossessione, non potr aiutarvi: anzi, vi fa del male. Dovete lavorare per ottenere ci di cui avete necessit. Se non riuscite a ottenere qualcosa, ebbene dovete sorridere e tentare ancora, in un modo diverso. Se ci riuscite, rallegratevi di ci che avete ottenuto, ma senza attaccamento.

    Che cosa potete dire circa la pianificazione del futuro? Si potrebbe chiamare attaccamento?

    Ancora una volta, dipende da quanto siete attaccati ai vostri piani. Ognuno deve provvedere al suo futuro. Se i vostri progetti non hanno successo e iniziate a lamentarvi: questa la prova del fatto che contavate troppo su di essi. Ma se non avete successo e riuscite ugualmente a sorridere pensando: "Ho fatto del mio meglio. In che cosa ho fallito? Prover ancora!", allora state lavorando in modo distaccato e restate felici . Fermare la Ruota del Sorgere Condizionato sembra una specie di suicidio, di auto-annullamento. Perch dovremmo volerlo?

    Cercare l'annientamento della vita certamente dannoso, cos come attaccarsi alla vita. Ma, al contrario, si impara a permettere alla natura di fare il suo lavoro, senza desiderare ardentemente nulla, neanche la liberazione.

  • Ma avete detto che non appena la catena dei sankhra ha termine, allora anche la rinascita si ferma. S, ma questa una cosa ben lontana. Interessatevi ora della vita presente! Non preoccupatevi per il futuro. Rendete buono il presente, il futuro sar automaticamente buono. Certamente, allorch vengono eliminati tutti i sankhra che sono responsabili di una nuova nascita, il processo di vita e morte si ferma.

    Non forse questo un annullamento, un'estinzione?

    L'annullamento dell'illusione dell'Io, l'estinzione della sofferenza. Questo il significato della parola nibbna: l'estinzione del bruciare. Bruciamo costantemente nella bramosia, nell'avversione, nell'ignoranza. Quando il bruciare si ferma, l'infelicit si ferma, e ci che rimane solo positivo. Ma descriverlo in parole non possibile, perch qualcosa che va al di l del campo sensoriale. Dovete sperimentarlo in questa vita, solo cos saprete di che cosa si tratta. Allora la paura dell'annullamento scomparir.

    Cosa accade poi alla coscienza?

    Perch preoccuparsene? Non aiuta nessuno speculare su qualcosa che pu solo essere sperimentato, non descritto. Questo non fa che distrarre dallo scopo reale, che lavorare per arrivarci. Quando raggiungerete quel livello, ne gioirete e tutte le domande spariranno. Non avrete altre domande! Lavorate per raggiungere quello stadio.

    Come pu funzionare il mondo senza attaccamento? Se i genitori sono distaccati, allora non si prenderanno certamente cura dei figli. Come possibile amare ed essere coinvolti nella vita senza attaccamento?

    Distacco non significa indifferenza; corretto chiamarlo santa indifferenza. Come genitori, dovete assumere la responsabilit di prendervi cura dei vostri figli con tutto l'amore possibile, ma senza attaccamento. Dovete fare il vostro dovere per amore. Supponete di aver cura di un malato e che, nonostante le vostre attenzioni, questi non si ristabilisca. Non iniziate a lamentarvi, sarebbe inutile. Con mente equilibrata, cercate di trovare un altro modo di aiutarlo. Questa la santa indifferenza: n inazione n reazione, ma un'azione concreta e positiva con una mente equilibrata.

    Molto difficile.

    S, ma ci che bisogna imparare.

  • CAPITOLO QUINTO LA PRATICA DELLA CONDOTTA MORALE

    II nostro compito di eliminare la sofferenza sradicandone le cause: ignoranza, bramosia e avversione. Per conseguire questo scopo, il Buddha ha scoperto, seguito e insegnato una via pratica. Ha chiamato questa via il Nobile Ottuplice Sentiero. Una volta, alla richiesta di spiegare la via con parole semplici, il Buddha ha detto:

    Astenersi dalle azioni malvagie, compiere solo azioni buone, purificare la mente: questo l'insegnamento delle persone illuminate.

    E' un'esposizione molto chiara, che pu essere accettata da tutti. Tutti sono d'accordo sul fatto che si dovrebbero evitare azioni dannose e compiere solo quelle benefiche. Ma come definire ci che benefico e ci che dannoso, ci che buono e ci che nocivo? Quando cerchiamo di far ci ci basiamo sulle nostre opinioni, sulle convinzioni tradizionali, sulle nostre preferenze e i nostri pregiudizi e di conseguenza otteniamo definizioni parziali e settarie che sono accettabili per qualcuno ma inaccettabili per altri. In luogo di tali ristrette interpretazioni il Buddha ha offerto una definizione universale di buono e dannoso, di piet e colpa. Ogni azione che reca danno agli altri, che disturba la loro pace e armonia, un'azione colpevole, un'azione dannosa.

    Ogni azione che aiuta gli altri, che contribuisce alla loro pace e armonia, un'azione pia, un'azione valida. Inoltre, la mente viene veramente purificata non attraverso cerimonie religiose o esercizi intellettuali, ma sperimentando direttamente la propria realt e lavorando sistematicamente per rimuovere i condizionamenti che danno origine alla sofferenza. Il Nobile Ottuplice Sentiero pu essere diviso in tre livelli di educazione:, sla samdhi e pa. Sla la pratica morale, l'astensione da tutte le azioni dannose sia fisiche che verbali. Samdhi la pratica della concentrazione, che sviluppa l'abilit di controllare e dirigere coscientemente i propri processi mentali. Pa la saggezza, lo sviluppo di una osservazione e comprensione profonda, purificatrice, della propria natura.

    I! valore della pratica morale

    Chiunque desideri praticare Dhamma deve iniziare con la pratica di Sla. Questo il primo passo, senza il quale non si pu avanzare. Dobbiamo astenerci da tutte le azioni, parole e gesti che recano danno agli altri. una cosa facile da capire, in quanto la societ richiede un simile comportamento per evitare la propria disgregazione. Ma, in effetti, ci asteniamo da tali azioni non solo perch danneggiano gli altri, ma anche perch danneggiano noi stessi. impossibile commettere un'azione cattiva insultare, uccidere, rubare o violentare senza che ci generi grande agitazione mentale, bramosia, avversione. Queste manifestazioni momentanee di bramosia e avversione sono causa di infelicit ora, e pi ancora in futuro. Il Buddha ha detto:

    Bruciare ora, bruciare in futuro, chi fa del male soffre doppiamente. Essere felice ora, essere felice in futuro, la persona virtuosa gioisce doppiamente.

  • Non dobbiamo aspettare fin dopo la morte per sperimentare il paradiso e l'inferno; possiamo sperimentarli in questa vita, dentro di noi. Quando commettiamo un'azione negativa sperimentiamo il fuoco dell'inferno della bramosia e dell'avversione. Quando compiamo un'azione positiva sperimentiamo il paradiso della pace interiore. Quindi non solo per il bene degli altri che ci asteniamo da parole e gesti nocivi, ma a nostro stesso beneficio, per evitare di danneggiare noi stessi. C' anche un'altra ragione per intraprendere la pratica di Sla. E l'aspirazione a esaminarci, a vedere nel profondo della nostra realt. Fare questo richiede una mente molto calma e tranquilla. impossibile vedere nelle profondit di uno specchio d'acqua quando agitato. L'introspezione richiede una mente calma, libera da qualsiasi turbamento. Ogni volta che si commette un'azione negativa, la mente pervasa dall'agitazione. Quando ci si astiene da tutte le azioni negative, sia fisiche che verbali, solo allora la mente ha la possibilit di raggiungere uno stato di pace tale per cui pu avvenire l'introspezione. C' ancora un'altra ragione per cui Sla essenziale: chi pratica Dhamma sta lavorando verso lo scopo ultimo della liberazione da tutte le sofferenze. E mentre assorbito in questo compito non pu essere coinvolto in azioni che rinforzerebbero proprio le abitudini mentali che cerca di sradicare. Ogni azione che danneggia gli altri necessariamente causata e accompagnata da bramosia, avversione e ignoranza. Commettere tali azioni significa retrocedere di due passi per ogni passo che si fa in avanti sul sentiero, cio impedire ogni progresso verso la meta. La pratica di Sla, inoltre, non solo necessaria per il bene della societ nel suo complesso, ma per il bene di ogni suo membro; e non solo per il benessere materiale di una persona, ma anche per consentirle di progredire lungo il sentiero di Dhamma. Tre parti del Nobile Ottuplice Sentiero rientrano nell'ammaestramento di Sla: giusta parola, giusta azione, giusti mezzi di sussistenza.

    Giusta parola Bisogna parlare in modo puro e benefico. La purezza si raggiunge eliminando l'impurit, e quindi in primo luogo deve esserci chiaro che cosa significhi linguaggio impuro. In esso sono compresi atti quali: dire bugie, cio dire pi o meno la verit, riferire racconti che possono seminare ziz- zania tra amici, calunniare e diffamare, pronunciare parole dure che disturbano gli altri e che non hanno buoni effetti, darsi a pettegolezzi inutili e chiacchiere senza senso, che sono solo tempo perso sia per chi le fa che per chi le ascolta. Astenersi da questo linguaggio impuro porta au- tomaticamente a un giusto parlare. Non si tratta per di un concetto esclusivamente negativo. Chi pratica la giusta parola, ha spiegato il Buddha:

    colui che dice la verit ed fermo nella sua sincerit, degno di fede, sicuro, leale con gli altri. Riconcilia i litiganti e incoraggia l'unit. Ama l'armonia, ricerca l'armonia, gioisce dell'armonia e crea armonia con le sue parole. Il suo dire garbato, piacevole per l'orecchio, gentile, scalda il cuore, cortese, gradevole a molti. Egli parla al momento opportuno, secondo i fatti, secondo ci che utile, secondo il Dhamma e il Codice di condotta. Le sue parole meritano di essere ricordate, sono tempestive, ben ragionate, ben scelte e costruttive.

    Giusta azione

    Anche l'azione deve essere pura. Come gi a proposito della parola, dobbiamo comprendere in che cosa consista l'azione impura, in modo da potercene astenere. Nel comportamento impuro sono compresi atti quali: uccidere una creatura vivente, rubare, condurre una vita sessuale

  • disdicevole, per esempio commettere adulterio o violenza carnale, o intossicarsi fino a non essere pi in s e non sapere quello che si dice o si fa. Evitare queste cinque azioni impure porta automaticamente a un giusto comportamento. Anche questo non un concetto esclusivamente negativo. Descrivendo chi pratica la corretta azione fisica, il Buddha ha detto: Lasciando da parte il bastone e la spada, egli attento a non recar danno a nessuno, pieno di gentilezza, alla ricerca del bene per tutte le creature viventi. Libero da ogni ambiguit, la sua stessa condotta quella di un essere puro .

    I precetti morali

    Per la gente comune, coinvolta nella vita sociale, la via per seguire la giusta parola e la giusta azione quella di osservare i Cinque Precetti, che sono:

    1. astenersi dall'uccidere qualsiasi creatura vivente; 2. astenersi dal rubare; 3. astenersi da una condotta sessuale biasimevole; 4. astenersi dal dire il falso; 5. astenersi da sostanze intossicanti.

    Questi Cinque Precetti sono il minimo essenziale necessario per tenere una condotta moralmente accettabile e devono essere seguiti da chiunque desideri praticare il Dhamma. A volte, nel corso della vita, pu presentarsi la possibilit di accantonare temporaneamente forse per pochi giorni, forse solo per un giorno i problemi quotidiani per purificare la mente e lavorare per la liberazione. il tempo da dedicare a una seria pratica di Dhamma, e di conseguenza la propria condotta deve essere ancor pi attenta che nella vita ordinaria. importante inoltre evitare azioni che possano distrarre dall'opera di autopurificazione o interferire con essa. in questo periodo che si osservano gli otto precetti. Questi comprendono i cinque precetti di base, con una modifica: invece di astenersi solo da una condotta sessuale biasimevole, ci si astiene da ogni attivit sessuale. Inoltre ci si impegna a non mangiare fuori del tempo previsto (ovvero dopo mezzogiorno), ad astenersi da ogni piacere sensuale e ornamento fisico, nonch dall'uso di letti troppo confortevoli. La richiesta di astinenza ses