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N. 10 DICEMBRE 2016 EDItORIalE NatalE CON I tuOI StuDI ORIONINI lE SCaRPE DI DON ORIONE Poste Italiane s.p.a. - Sped. in Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1, comma 1, CDM Bergamo - Anno CXI 4BANCA POPOLARE DI VICENZA, AG 5 DI ROMA - IBAN IT27 F057 2803 2056 7557 0774 043 SWIFT (per coloro che effettuano bonifici dall’estero) BPVIIT21675 Intestato a: OPERA DON ORIONE, Via Etruria 6 - 00183 Roma 4CONTO CORRENTE POSTALE n. 919019 - Intestato a: OPERA DON ORIONE, Via Etruria 6 - 00183 Roma 4FONDAZIONE DON ORIONE ONLUS (con possibilità di detrazione fiscale) • Banca Prossima - IBAN: IT 04 W033 5901 6001 0000 0001 484 Intestato a: Fondazione Don Orione Onlus, Via Cavour n. 238 – 00184 Roma • CONTO CORRENTE POSTALE n. 88787080 Intestato a: Fondazione Don Orione Onlus, Via Cavour n. 238 – 00184 Roma C ari Amici e Benefaori dell’Opera Don Orione, vi ringraziamo per aver risposto con tanta generosità all’appello fao dalla nostra Congregazione per aiutare le zone terremotate del Centro Italia. La nostra iniziava prosegue, giacché i for terremo dello scorso oobre hanno ulteriormente aggravato la situazione di sofferenza e di forte disagio che stanno vivendo le migliaia di persone che vivono in quelle zone. Come Figli di Don Orione, ricordiamo che ci samo im- pegnando per sostenere un’opera che ci sarà indicata da Mons. Giovanni D’Ercole, orionino, vescovo di Ascoli Piceno, una delle province maggiormente colpite dal terremoto. DOSSIER Il PRESEPE SIMBOlO DI SPIRItualIta’ Aiuto alle zone terremotate del Centro Italia “A Greccio, io ci fui parecchie volte. San Francesco, tornato dalla Palestina, ancora infervorato dalla visione dei luoghi santi, volle che anche in Italia si facesse il Presepio vivente. Noi dobbiamo tornare ai primitivi tempi, al primitivo presepio, e si fa del bene”. (Don Orione) Coloro che desiderano partecipare alla nostra iniziativa possono inviare un contributo attraverso:

A C I - Don Orione · Come gli accadde più di duemila anni fa, incontra ancora oggi tante difficoltà a venire nel nostro mondo. Sono ancora tanti gli ostacoli. Anche oggi c’è

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Page 1: A C I - Don Orione · Come gli accadde più di duemila anni fa, incontra ancora oggi tante difficoltà a venire nel nostro mondo. Sono ancora tanti gli ostacoli. Anche oggi c’è

N. 10

DICEMBRE2016

EDItORIalE

NatalE CON I tuOI

StuDI ORIONINI

lE SCaRPEDI DON ORIONE

Poste Italiane s.p.a. - Sped. in Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1, comma 1, CDM Bergamo - Anno CXI

4BANCA POPOLARE DI VICENZA, AG 5 DI ROMA - IBAN IT27 F057 2803 2056 7557 0774 043

SWIFT (per coloro che effettuano bonifici dall’estero) BPVIIT21675Intestato a: OPERA DON ORIONE, Via Etruria 6 - 00183 Roma

4CONTO CORRENTE POSTALE n. 919019 - Intestato a: OPERA DON ORIONE, Via Etruria 6 - 00183 Roma

4FONDAZIONE DON ORIONE ONLUS (con possibilità di detrazione fiscale)

• Banca Prossima - IBAN: IT 04 W033 5901 6001 0000 0001 484

Intestato a: Fondazione Don Orione Onlus, Via Cavour n. 238 – 00184 Roma

• CONTO CORRENTE POSTALE n. 88787080

Intestato a: Fondazione Don Orione Onlus, Via Cavour n. 238 – 00184 Roma

Cari Amici e Benefattori dell’Opera Don Orione, vi ringraziamo per aver

risposto con tanta generosità all’appello fatto dalla nostra Congregazione

per aiutare le zone terremotate del Centro Italia. La nostra iniziativa prosegue,

giacché i forti terremoti dello scorso ottobre hanno ulteriormente

aggravato la situazione di sofferenza e di forte disagio che

stanno vivendo le migliaia di persone che vivono in

quelle zone.

Come Figli di Don Orione, ricordiamo che ci stiamo im-

pegnando per sostenere un’opera che ci sarà indicata

da Mons. Giovanni D’Ercole, orionino, vescovo di

Ascoli Piceno, una delle province maggiormente

colpite dal terremoto.

DOSSIER

Il PRESEPE SIMBOlODI SPIRItualIta’

Aiuto alle zone terremotatedel Centro Italia

“A Greccio, io ci fui parecchie volte. San Francesco, tornato dalla Palestina, ancorainfervorato dalla visione dei luoghi santi, volle che anche in Italia si facesse il Presepio vivente.Noi dobbiamo tornare ai primitivi tempi, al primitivo presepio, e si fa del bene”.

(Don Orione)

Coloro che desiderano parteciparealla nostra iniziativa possono inviare un contributoattraverso:

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flavIo pelosoEDItORIalE

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dIrezIone e ammInIstrazIoneVia etruria, 6 - 00183 RomaTel.: 06 7726781Fax: 06 772678279e-mail: [email protected]

Spedizione in abbonamentopostale BergamoRegistrata dal Tribunale di Roman° 13152 del 5/1/1970.

Nostro CCP è 919019 intestato a:OPeRA DON ORIONeVia etruria, 6 - 00183 Roma

dIrettore responsabIleFlavio Peloso

redazIoneGiampiero CongiuAngela CiaccariGianluca Scarnicci

segreterIa dI redazIoneenza Falso

progetto grafIcoAngela Ciaccari

Spedito nel DICeMBRe 2016

ImpIantI stampaeditrice VeLAR - Gorle (BG)www.velar.it

fotografIeArchivio Opera Don Orione

hanno collaborato:

Flavio Peloso - Antonio AscenzoAchille Morabito - Facundo MelaMaurizio Macchi - Suor M. Alicjaenzo Fortunato - Tarcísio VieiraFrancesco Junior VolpeGianluca Scarnicci - Alessandro Belano

w w w. d o n o r i o n e . o r g

S O M M a R I O

N. 10

DICEMBRE2016

EDI TOR IA LE

NATALE CON I TUOISTUD I ORIONI NI

LE SCARPEDI DON ORIONE

Poste Italiane s.p.a. - Sped. in Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1, comma 1, CDM Bergamo - Anno CXI

4BANCA POPOLARE DI VICENZA, AG 5 DI ROMA - IBAN IT27 F057 2803 2056 7557 0774 043SWIFT (per coloro che effettuano bonifici dall’estero) BPVIIT21675Intestato a: OPERA DON ORIONE, Via Etruria 6 - 00183 Roma

4CONTO CORRENTE POSTALE n. 919019 - Intestato a: OPERA DON ORIONE, Via Etruria 6 - 00183 Roma4FONDAZIONE DON ORIONE ONLUS (con possibilità di detrazione fiscale)

• Banca Prossima - IBAN: IT 04 W033 5901 6001 0000 0001 484Intestato a: Fondazione Don Orione Onlus, Via Cavour n. 238 – 00184 Roma

• CONTO CORRENTE POSTALE n. 88787080Intestato a: Fondazione Don Orione Onlus, Via Cavour n. 238 – 00184 Roma

D OSSI ER

IL PRESEPE SIMBOLODI SPIRITUALITA’

“A Greccio, io ci fui parecchie volte. San Francesco, tornato dalla Palestina, ancorainfervorato dalla visione dei luoghi santi, volle che anche in Italia si facesse il Presepio vivente.Noi dobbiamo tornare ai primitivi tempi, al primitivo presepio,e si fa del bene”.

(Don Orione)

È InvIata In omaggIo a benefattorI, sImpatIzzantI e amIcI e a quantIne faccIano rIchIesta, a nome dI tuttI I nostrI poverI e assIstItI

3EDItORIalE

Natale con i tuoi5

DIalOGO CON I lEttORI

Il nuovo dicastero vaticanoL’“Idolatria del pensiero unico”

6IN CaMMINO CONPaPa FRaNCESCO

«L’apparentemente impossibileè Diventato possibile»

8Il VaNGElO, lE DOMaNDEDElla GENtE

Giovanni e i Sinottici

10StuDI ORIONINI

Le scarpe di Don Orione

12MONDO ORIONINO

Lavoriamo e sacrifichiamociin umiltà, a gloria di Dio!Incontro delleFamiglie carismatiche

15DOSSIER

Il Presepe, simobolodella spiritualità

19aNGOlO GIOVaNI

Il servizio civile ti cambia la vitaSIDeR

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PaGINa MISSIONaRIa

“Sei disposto ad andarein missione?”

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PaGINa MISSIONaRIa25 anni al servizio dei poveri

25IStItutO SECOlaREORIONINO

In cammino verso l'unità

26IN BREVE

Notizie flash dal mondo orionino

29SPlENDERaNNOCOME StEllE

Don Sterpi ricordacome conobbe Don Orione

30FOtOStORIa

Presepi viventi

Cari lettori del Don Orione oggi.

Siamo a Natale e mettiamo il nostro cuore nel presepio

e nella liturgia che ci ricordano che Gesù

“è venuto ad abitare in mezzo a noi”.

Il clima del Natale suscita un’onda di calore e di nostalgia

di affetti familiari, di unione con le persone che fan parte

della nostra vita.

Questo moto di familiarità è la risonanza affettiva del fatto

che Gesù “è venuto ad abitare in mezzo a noi”, rendendo

bella e amabile la vita e i suoi protagonisti.

NataleCON I tuOI

“Natale con i tuoi e Pasqua con chi vuoi”

È un detto popolare che sembra non valere quasi più, data la grandemobilità e molteplicità di relazioni tipiche della nostra vita attuale.

Chi sono “i tuoi”, “i miei”? “Natale con i tuoi” ha per me, per noi preti e religiosi, un significato

interiore e una realizzazione esteriore particolari. Infatti, la mia famiglia non èpiù solo quella di origine, allargata e anche allentata dallo scorrere del tempo, enemmeno una famiglia nuova in cui dire “mio” e “mia” a persone concrete conquel vincolo affettivo che solo il matrimonio e la paternità/maternità possono dare.

Noi preti e religiosi siamo chiamati a svolgere il nostro ministero in luoghi ecomunità diverse, dove il superiore o il vescovo inviano. Ogni cambio è un rinascere inuna nuova famiglia. Certo rinascere è pianto e gioia insieme ma, proprio perché Gesù “è venutoad abitare in mezzo a noi”, ovunque incontriamo un Tabernacolo e dei fratelli e sorelle.

E così scatta l’effetto famiglia. Fino a giugno di quest’anno avevo per “famiglia” la Congregazione intera. Da una parte

all’altra del mondo orionino mi sentivo chiamare “padre” per il fatto di essere di 7° successore diDon Orione.

Ora, mi trovo a celebrare il primo Natale come parroco nella Parrocchia “Mater Dei” di MonteMario, a Roma. I parrocchiani sono diventati la mia nuova famiglia. E mi sono sentito fin da subitoin famiglia, per l’accoglienza calorosa che ho ricevuto e per la consuetudine di vita instaurata.Ma non solo. È Gesù a renderci familiari gli uni gli altri.

Pensando alla grande famiglia orionina e avendo, ora, negli occhi e nel cuore la mia famigliaparrocchiale e del Centro Don Orione di Monte Mario celebro il Natale “con i miei”, in famiglia.

A partire da questa personale esperienza, invito tutti ad accogliere, in modo speciale in questigiorni, la persona più importante e determinante nel fare famiglia: Gesù, il figlio di Dio.In copertina: Santuario di Greccio (RI). Parte dell'affresco del 1300 che adorna l’antica grotta dove San Francesco, la notte del

24 dicembre 1223, volle rievocare la nascita di Gesù, dando origine alla tradizione del Presepe.

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rancesco ritorna ritorna spesso su questo avvertimento: “anche oggi c'è l’idolatria del pensierounico” e come rimedio indicava “il consiglio del Signore di fronte a questa dittatura è lo stesso

sempre: vigilare e pregare”. Avere la coscienza sveglia e la volontà fissata nel bene è il primo attodi libertà e di contestazione alla dittatura del pensiero unico. e poi c’è sempre la legge evangelicadi “vincere il male con il bene”.Dobbiamo avere la fiducia nella vita bella, buona, veramente umana, come la natura presenta,la ragione comprende, la parola di Dio conferma. Solo l’esperienza gioiosa del bene resiste e con-trasta l’ideologia che oggi ci avvolge e domina.

ì, sarebbe stato bello. Per quan-to ne so era uno dei nomi pos-

sibili. Credo che Papa Francesco, vo-lendo privilegiare la relazione conl’uomo e il mondo d’oggi, abbiascelto questa espressione perché è unpo’ laica, universalmente compresa econdivisa: “servizio dello sviluppoumano integrale”.Questo nome non mette in secondopiano la sostanza della carità nel-

l’azione di solidarietà cristiana.Le attività di “sviluppo umano inte-grale” sono solo l’aspetto visibile etangibile della carità cristiana che,prendendo vita dalla comunione diDio, a questa comunione mirano per-ché fa parte del bene integrale dellapersona e ne è il compimento.In fondo, anche Don Orione e la no-stra Congregazione possono apparirecome una impresa benefica e di soli-

darietà umana. Però Don Orione eanche noi oggi sappiamo che “la ca-rità apre gli occhi alla fede e riscaldai cuori all’amore di Dio” e che inten-diamo “dare con il pane del corpo ildivino balsamo della fede”.La Chiesa non è una ONG.

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DIalOGO CON I lEttORI

l’ IDOlatRIa DElPENSIERO uNICOMi ha molto impressionato l’editoriale del mese precedente in cui richiama con

lucidità quello che è sotto gli occhi di tutti: la stretta connessione tra potere economico

e potere mediatico. Con la comunicazione che persuade consenso popolare a volere

“democraticamente” quello che pochi e occulti potenti stabiliscono non solo in campo

economico, ma anche politico, etico, culturale. Mi domando però come reagire, evitando

di assuefarsi e adeguarsi al conformismo del “tanto è così, non ci si può fare niente.

Pasquale Scognamiglio

Nel Don Orione oggi ho letto la presentazione del nuovo dicastero vaticano “per il Servizio dello Sviluppo

Umano Integrale”. Trovo il nome un po’ complicato. Io mi aspettavo che si chiamasse il “ministero della carità”

o qualcosa di simile.

G. Di Domenico

Il NuOVO DICaStERO VatICaNO

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Anche lui è venuto tra noi a cercare famiglia. Vuole fare “Natale con i suoi”. Il Natale che cele-briamo è il suo. E lui vuole che si rinnovi ogni anno per ognuno di noi.

Troverà spazio a casa nostra e nei nostri affetti? Come gli accadde più di duemila anni fa, incontra ancora oggi tante difficoltà a venire nel nostro

mondo. Sono ancora tanti gli ostacoli. Anche oggi c’è chi resta indifferente, o addirittura, rifiuta“il Natale di Gesù” e, così, rifiuta anche “il Natale dell’uomo”.

Saremo tra quelli che lo aiuteranno a trovare casa in mezzo a gente che vive chiusure e discri-minazione, guerre e violenze, odio ed egoismo, sopraffazioni e ingiustizie?

“Natale con i tuoi”. C’è famiglia dove c’è Gesù. Viviamo il nostro Natale, o meglio, il Natale di Gesù in famiglia.

Non lasciamoci trasportare dal desiderio di riempire la casa di cose, perché non manchi nullaper la festa, fino al punto di dimenticarci del festeggiato.

Il Signore cerca casa e ci dà casa. Noi gli siamo cari. Tutti. Tutti, anche quelli lontani o controdi Lui. Ama tutti al di là di ogni merito.

Dalle pagine del Don Orione oggi giunga alla grande famiglia dei Lettori l’augurio che Gesùpossa fare Natale con ciascuno di voi e, così, possa mettervi in clima di famiglia.

Buon Natale ai piccoli e agli anziani, a chi è rimasto orfano o vedovo, a chi vivrà un Natale piùtriste per la perdita di una persona cara o per la solitudine.

Buon Natale a chi soffre nell’anima o nel corpo, a chi guarda al futuro con preoccupazione etimore.

Buon Natale a tutti i religiosi, religiose e laici della Famiglia Orionina chiamati a “seminare earare Cristo nel mondo”.

Buon Natale a Papa Francesco e a tutti i Vescovi e Sacerdoti che rendono amica e accoglientela casa di Dio, la Chiesa.

Sia un buon Natale per tutti e ci introduca a un nuovo anno nella speranza.“Che la tua benedizione, o Gesù Bambino, discenda abbondantissima e infiammi sempre più

di fervore gli spiriti. Cari amici e fratelli in Gesù Cristo, Buon Natale e felice anno nuovo!”.

Don Orione oggi

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antonIo ascenzo

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IN CaMMINO CON PaPa FRaNCESCO

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IN CaMMINO CON PaPa FRaNCESCO

«l’ aPPaRENtEMENtEIMPOSSIBIlE E’ DIVENtatOPOSSIBIlE»In questa chiave («l’apparentemente impossibile, con papa francesco è diventatopossibile») il priore di bose, enzo bianchi, ha letto il viaggio di papa francesco a lund(cfr. intervista a “repubblica” del 31-10-2016, citata da “l’osservatore romano”).

i impossibile che diventapossibile aveva parlato inprecedenza il pastore Martin

Junge, Segretario Generale della Fede-razione Luterana Mon-diale, presentando,assieme al card. Koch,il viaggio del Papa inSvezia: «Negli anni Ot-tanta - aveva dichia-rato Junge - nessunoavrebbe creduto cheluterani e cattolici sa-rebbero stati capaci diraggiungere un ac-cordo sulla questionedella giustificazione, come è avvenutonel 1999, e solo pochi anni fa se sifosse parlato di una commemorazionecomune dei 500 anni della Riforma diMartin Lutero molti avrebbero detto:impossibile. Questo mi dice che le

cose impossibili a volte diventano pos-sibili». Che Papa Francesco ci tenessetanto a questo evento lo si era capitodalle parole con cui aveva salutato un

migliaio di giovaniluterani venuti inpellegrinaggio aRoma (udienza del13-10-2016): «Allafine di questomese, a Dio pia-cendo, mi recheròa Lund, in Svezia, einsieme alla Fede-razione LuteranaMondiale faremo

memoria, dopo cinque secoli, dell’ini-zio della riforma di Lutero e ringrazie-remo il Signore per cinquant’anni didialogo ufficiale tra luterani e cattolici.Parte essenziale di questa commemo-razione sarà il rivolgere i nostri sguardi

verso il futuro, in vista di una testimo-nianza cristiana comune al mondo dioggi, che tanto ha sete di Dio e dellasua misericordia. La testimonianza cheil mondo si aspetta da noi è soprat-tutto quella di rendere visibile la mise-ricordia che Dio ha nei nostri confrontiattraverso il servizio ai più poveri, agliammalati, a chi ha abbandonato lapropria terra per cercare un futuro mi-gliore per sé e per i propri cari. Nelmetterci a servizio dei più bisognosisperimentiamo di essere già uniti: è lamisericordia di Dio che ci unisce».

uN attO DI CORaGGIO,uN GEStO PROFEtICO

Commemorare insieme ai Luterani il500° anniversario della Riforma èstato un atto di coraggio, che - comeha rilevato enzo Bianchi - «ha posto e

mI recherò a lund,In svezIa, e InsIeme allafederazIone luterana

mondIale faremomemorIa, dopo cInquesecolI, dell’InIzIo della

rIforma dI lutero erIngrazIeremo Il

sIgnore per cInquan-t’annI dI dIalogo

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pone dei problemi. Se infatti la cele-brazione era prevista da anni nelmondo protestante ed è stata prepa-rata anche da un documento redattoda una commissione teologica bilate-rale cattolico-luteranache invita a passareDal conflitto alla co-munione, ci si è tutta-via interrogati fino alloscorso anno sulla possi-bilità e l’opportunitàche anche la Chiesacattolica partecipassea tale evento». Ma«Papa Francesco, con la sua capacitàdi porre gesti profetici, ha manife-stato la volontà di prendere parte allamemoria celebrata a Lund». e «allasua audacia ha risposto l’altrettantosofferta e coraggiosa decisione dellaFederazione luterana mondiale di ac-cogliere l’inattesa richiesta e invitareformalmente il Papa». Per il Papa que-sto doveva essere, oltre che un atto dicoraggio, un gesto profetico dei cri-stiani - di tutti i cristiani - in un mondoframmentato e ferito da conflitti insa-nabili, che ha bisogno di chi sa rivol-gere lo sguardo verso il futuro e di chirende «visibile la misericordia che Dioha nei nostri confronti».

GESu ’ E ’ la NOStRaMOtIVazIONE, laNOStRa FORza

Nell’intervista rilasciata a padre Ulf Jon-sson, direttore della rivista dei gesuitisvedesi “Signum”, Papa Francesco haconfessato: «Gesù per me è Colui chemi ha guardato con misericordia e miha salvato. Il mio rapporto con Lui hasempre questo principio e fonda-

mento. Gesù ha dato senso alla miavita di qui sulla terra, e speranza per lavita futura. Con la misericordia mi haguardato, mi ha preso, mi ha messo instrada… E mi ha dato una grazia impor-

tante: la grazia dellavergogna... La vergo-gna è positiva: ti faagire, ma ti fa capirequal è il tuo posto, chitu sei, impedendo ognisuperbia e vanagloria».Questo afflato forte losi è sentito nella pre-ghiera ecumenica co-

mune (cattedrale luterana di Lund, 31ottobre 2016), dove nell’omelia PapaFrancesco ha parlato così: «“Rimanetein me e io in voi”.Queste parole, pronunciate da Gesùnel contesto dell’Ultima Cena, ci con-sentono di accostarci al cuore di Cristopoco prima del suo donarsi definitivosulla croce. Possiamo sentire i suoi bat-titi di amore per noi e il suo desideriodi unità per tutti coloro che credonoin lui. Ci dice che lui è la vera vite e noii tralci; e che, come Egli è unito alPadre, così noi dobbiamo rimanereuniti a lui, se vogliamo portare frutto.In questo incontro di preghiera, qui aLund, vogliamo manifestare il nostrocomune desiderio di rimanere uniti alui per avere la vita.(…) Attraverso l’ascolto comune dellaParola di Dio nelle Scritture, il dialogotra la Chiesa Cattolica e la FederazioneLuterana Mondiale, di cui celebriamoil 500° anniversario, ha compiutopassi importanti. Chiediamo al Signoreche la sua Parola ci mantenga uniti,perché essa è fonte di nutrimento e divita; senza la sua ispirazione non pos-siamo fare nulla.

(…) Luterani e cattolici preghiamo in-sieme in questa Cattedrale e siamoconsapevoli che senza Dio non pos-siamo fare nulla; chiediamo il suoaiuto per essere membra vive unite alui, sempre bisognosi della sua graziaper poter portare insieme la sua Parolaal mondo, che ha bisogno della sua te-nerezza e della sua misericordia».

aVVICINaRMI:la VICINaNza Fa BENEa tuttI

A padre Ulf Jonsson che gli chiedevacon quali speranze e attese si recavaa Lund, Papa Francesco ha risposto:«A me viene da dire una sola parola:avvicinarmi. La mia speranza e la miaattesa sono quelle di avvicinarmi dipiù ai miei fratelli e alle mie sorelle.La vicinanza fa bene a tutti.La distanza invece ci fa ammalare.Quando ci allontaniamo, ci chiu-diamo dentro noi stessi e diventiamomonadi, incapaci di incontrarci.Ci facciamo prendere dalle paure.Bisogna imparare a trascendersi perincontrare gli altri. Se non lo fac-ciamo, anche noi cristiani ci amma-liamo di divisione. La mia attesa èquella di riuscire a fare un passo di vi-cinanza, a essere più vicino ai mieifratelli e alle mie sorelle che vivono inSvezia».Alla domanda su quali sono mezzi mi-gliori per promuovere l’unità dei cri-stiani, il Papa ha risposto: «Spetta aiteologi continuare a dialogare e astudiare i problemi (…) Il dialogo teo-logico deve proseguire, perché è unastrada da percorrere.(…) Personalmente credo anche chesi debba spostare l’entusiasmo versola preghiera comune e le opere di mi-sericordia, cioè il lavoro fatto insiemenell’aiuto agli ammalati, ai poveri, aicarcerati. Fare qualcosa insieme èuna forma alta ed efficace di dialogo.(…) Parlare, pregare, lavorare insieme:questo è il cammino che dobbiamofare. Vedi, nell’unità quello che nonsbaglia mai è il nemico, il demonio.Quando i cristiani sono perseguitati euccisi, lo sono perché sono cristiani enon perché sono luterani, calvinisti,anglicani, cattolici o ortodossi. Esisteun ecumenismo del sangue».

«gesù per me È coluIche mI ha guardato

con mIserIcordIae mI ha salvato.

Il mIo rapporto conluI ha sempre

questo prIncIpIoe fondamento

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gelo si trovano molti discorsi, lunghi eorganici, strutturati in modo com-plesso e retoricamente valido” (Do-glio-Vignolo). Basta leggere il branodella Samaritana (4,4ss.), l’episodio delcieco nato (9,1ss.) - dove tra l’altro simanifesta un’altra caratteristica gio-vannea, quella della iro-nia -, e i cosiddetti discorsidi addio durante l’ultimacena (cc. 14-17). Infine va ricordato chesolo cinque pericopi di Gvricorrono nei Sinottici:due le abbiamo viste(moltiplicazione dei panie Gesù che cammina sulleacque); le altre tre sono:la cacciata dei venditoridal Tempio (2,14-17; Mc 11,15-17 epar.); l’unzione di Betania (12,1-8; Mc14,3-9 e par.) e l’ingresso messianicodi Gesù in Gerusalemme (12,12-19;Mc 11,1-10 e par.). e ancora: nessunaccenno in Gv della predicazione delRegno di Dio, tema così centrale neiSinottici. Nessuna parabola, genere let-terario tanto caro ai Sinottici (la parolaparabolé ricorre nel NT solo in essi edue volte in Ebrei); in Gv troviamo laparola paroimía, che vuol dire «esem-pio, similitudine» e ricorre in 10,6;16,25.29. Presenti, invece in Gv, legrandi immagini: acqua, vite, vino,pane, pastore. Va ricordato, infine, chesolo in Gv si accenna alla lavanda deipiedi (13,1ss.).

E QualI SONOlE DIFFERENzENEl BlOCCOPaSSIONE-MORtE-RISuRREzIONE?

In Gv non c’è alcun accenno all’ago-nia nel Getsemani, né al bacio diGiuda, né alla fuga dei discepoli.L’omissione più importante è l’as-senza del processo giudaico davantial sinedrio.Giovanni non riferisce degli oltragginella casa del sommo sacerdote(Mt 26,67) e alla corte di erode(Lc 23,11); non riporta il grido “Diomio, Dio mio, perché mi hai abban-donato?”; né parla delle tenebre chesi diffusero su tutta la terra al mo-mento della morte. Nessun accenno

ai due ladroni (presente solo in Lc) oalla morte di Giuda (presente solo inMt). Sul Calvario Gv si allontana an-cora di più dai Sinottici: solo in Gv siaccenna alla discussione sul cartelloaffisso sulla croce (I.N.R.I.), alla cita-zione del Salmo 21 per l’interpreta-

zione della divisionedelle vesti, alla pre-senza di Maria e deldiscepolo predilettoai piedi della croce(19,25ss.), al colpodi lancia (19,31ss.).e ancora: la corsa diPietro e Giovanni alsepolcro (20,3ss.),la presenza di Nico-demo, insieme a

quella di Giuseppe d’Arimatea(19,39), il dialogo con Maria Madda-lena (20,11ss.), l’apparizione pre-sente anche Tommaso detto Dídimo(20,24ss.), il dialogo con Pietro:“Mi ami tu”? (21,15ss).

GIOVaNNI ha CONO-SCIutO I SINOttICI?

Ora proviamo a farci alcune do-mande: quali sono le “fonti” a cui haattinto Giovanni? Giovanni ha cono-sciuto i Sinottici? Se li ha conosciuti,perché ha scritto un vangelo così di-verso? Possiamo pensare ad un com-pletamento o superamento dellatradizione sinottica? Oggi la maggio-

ranza degli studiosi sostiene che Gio-vanni deriva “da una propria tradi-zione indipendente, eppurechiaramente ancorata alla tradizioneapostolica più antica. Tutto ciò che èdiverso si può spiegare in quantoparte dell’ambiente culturale giovan-neo e appartenente all’autentica tra-dizione dell’apostolo.Così Giovanni utilizza uno schemanarrativo proprio, mentre i Sinottici ri-producono tutti uno stesso antico ca-novaccio narrativo” (Doglio-Vignolo).Non mancano delle concordanze –prigionia del Battista (3,24); l’ele-zione degli Apostoli (6,70); l’attivitàtaumaturgica di Gesù (6,2: “Lo se-guiva molta gente, perché vedevanoi segni che faceva sui malati”); le re-lazioni di Gesù con la famiglia di Be-tania (Lc 10,38-42 e Gv 11,1ss.;12,1ss.) – ma queste vengono spie-gate con materiale che si può definire“pre-sinottico”, appartenevano cioèal campo più ampio della tradizioneorale della comunità primitiva.Questo spiegherebbe anche quantohanno messo in luce alcuni studirecenti, e cioè l’esistenza di alcuni le-gami tra Gv e Mc e soprattutto traGv e Lc. Concludendo, possiamo af-fermare che Giovanni “pur concor-dando qua e là con la tradizionesinottica, si presenta come opera so-stanzialmente indipendente, conindole e fisionomia tutta propria”(Adalgisi-Ballarini).

l problema dei problemi” è la data dell’ultima cena. In sintesi: per iSinottici l’ultima cena ebbe luogo la sera del 14 del mese di Nisan

(marzo/aprile: vedi Mc 14,12-17; Mt 26, 17-20; Lc 22,7-13); per Gio-vanni, invece, il 14 di Nisan è la data della morte di Gesù (19,31).Detto diversamente: per tutti gli evangelisti Gesù è morto di venerdì; maper i Sinottici quel venerdì era il 15, per Giovanni era il 14 di Nisan e il sa-bato che seguiva non era un sabato comune, ma la Pasqua (19,14.31).Dalla cronologia giovannea, inoltre, si deduce che l’ultima cena non è statauna cena pasquale! Su questo argomento, come è facile immaginare, èstato scritto tantissimo. Un testo classico, cui ci permettiamo di rimandare,è quello di Joseph Blinzler, Il processo di Gesù (editrice Paideia, Brescia).Anche Papa Benedetto, nel suo Gesù di Nazaret, ha tentato una risposta,riprendendo la soluzione proposta nel 1965 da Annie Jaubert.Rimandiamo alle pagine di Benedetto XVI, anche perché presentano il pro-blema con straordinaria chiarezza (Gesù di Nazaret. Seconda parte: Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione, LeV, 2011, pp. 122-132).

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Il VaNGElO, lE DOMaNDE DElla GENtE

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uanto al vocabolario gio-vanneo abbiamo già dettoqualcosa, in modo partico-

lare per quanto riguarda i termini«alétheia – verità» e «seméia – segni».Ora ci limitiamo ad un tema moltocaro a Gv, che è quello della «fede»,del «credere in Gesù».“Il vangelo di Giovanni è un costanteappello alla fede. Ma quale fede? Nelquarto vangelo non ricorre mai il so-stantivo astratto «fede» (pístis), ma ilverbo «credere» (pistéuein). La fede èuna realtà dinamica, un cammino,non uno stato immobile.Giovanni usa molto fre-quentemente la formapisteuein eis (credere in)seguita dall’accusativo,come un moto a luogo.Nella quasi totalità deicasi il termine verso cuila fede si protende è la persona diGesù. «Credere in» è lo slancio delcuore, l’adesione di tutta la persona”(Maggioni). Pertanto, in Gv «crederein Gesù» non significa aderire ad un’idea religiosa, ma aderire a Gesù, di-ventare come Gesù.

QuaDRO GEOGRaFICOE CRONOlOGICO

Mentre i Sinottici accennano ad unasola Pasqua, Giovanni parla di tre festepasquali (2,1-13; 6,4; 12,1). Loschema sinottico, in altre parole, pre-senta Gesù che, dopo il ministero inGalilea e in altre regioni (Tiro, Deca-poli, Perea), sale a Gerusalemme unasola volta per subirvi la passione.In Giovanni, invece, assistiamo ad unandirivieni tra la Galilea e Gerusa-lemme, con tappe a Cana, nella valle

del Giordano (3,22-36), Samaria, Cafar-nao (6,1-71), oltre ilGiordano (10,39s),Betania. In Giovanni,dunque, c’è unaestensione del mini-stero di Gesù in Giu-

dea, con più viaggi a Gerusalemme.C’è ancora un’altra differenza: l’attivitàdi Gesù, nei Sinottici, inizia dopo l’ar-resto del Battista (Mt 4,12ss. e paral-leli); in Giovanni assistiamo allacontemporaneità del ministero diGesù e del Battista (Gv 1,29ss.).

E PER QuaNtORIGuaRDaIl CONtENutO?

Un dato che attira immediatamentel’attenzione concerne i miracoli(«segni» in Gv); dei 29 narrati dai Si-nottici, solo due si trovano anche inGiovanni: la moltiplicazione dei pani(6,1-15) e Gesù che cammina sulleacque (6,16-21).A questo si aggiunga che dei segninarrati da Giovanni non c’è traccia neiSinottici: Cana (2,1-11), guarigionedel figlio di un funzionario regio(4,46-54), guarigione dell’infermodella piscina di Betzaetà (5,1-9), gua-rigione del cieco nato (9,1ss.), risurre-zione di Lazzaro (11,33-44).L’altra grande differenza riguarda i di-scorsi: “In Giovanni abbiamo lunghidiscorsi di controversie e di insegna-mento, mentre i Sinottici hanno ingenere antologie di brevi logia indi-pendenti. Anche se Matteo ha rac-colto il materiale in grandi discorsi, difatto si tratta sempre di compilazioniin cui è evidente l’origine autonomadei vari detti; invece nel quarto van- D

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GIOVaNNIE I SINOttICI

gIovannI “pur con-cordando qua e làcon la tradIzIonesInottIca, sI pre-

senta come operasostanzIalmente

IndIpendente, conIndole e fIsIonomIa

tutta proprIa”(adalgIsI-ballarInI)

non occorre essere degli specialisti per accorgersi delle grandi differenze che esistonotra il quarto vangelo e i tre sinottici. diverso è il linguaggio, diverso il contenuto(a parte il grande blocco della passione-morte-risurrezione, dove comunque ci sonograndi differenze), diverso il quadro generale dell’opera.

In gv «credere Ingesù» non sIgnIfIcaaderIre ad un’ Idea

relIgIosa, ma aderIrea gesù, dIventare

come gesù

Il PROBlEMa DEI PROBlEMI!

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Un Don Orione stranamente ele-gante: una rarità!Don Paolo Albera, antico compagnodi seminario e poi di apostolato, pre-sente anche lui in Sicilia pero il dopo-terremoto ed allora amministratoredella mensa vescovile, lo squadra dacapo a piedi e gli dice ad alta voce:«Dove l’hai presa tutta questa roba?Dove l’hai rubata?».«Zitti», replica Don Orione, «non misvergognate! È tutta roba che ho presoin prestito per l’occasione da quattrodiverse persone. Se fossi venuto colmio cappello, con la mia tonaca, miavreste cacciato via come quel taledella parabola evangelica...»”.Un altro fatto interessante è accadutoa Staghiglione, un piccolo paese doveDon Orione andò a predicare in occa-sione della prima messa di Don Risi, il17 giugno 1900. I parrocchiani eranoin attesa di incontrare il giovane fon-datore e superiore di una nuova con-gregazione. Dopo la lettura delVangelo, un prete uscì dalla sacrestia,fece la genuflessione e salì sul pulpito.Quelli che erano vicini, dopo avervisto le scarpe deformate e fatiscenti,commentarono: “Non è quello lì DonOrione! Non può essere”.Dopo pochi secondi, nel cominciarela sua omelia, la gente commentò indialetto: “L’è lù” (È lui, È lui).

uN PO’ D’uMORISMO

In una lettera collettiva in occasionedella Pasqua, Don Orione con sensod’umorismo per quello che era suc-cesso un giorno in cui si trovava senzascarpe, scrisse: “Mesi fa l’Arcivescovo di Milano, l’Emi-nentissimo Cardinale Schuster, dopoaver visitato il Piccolo Cottolengo Mi-lanese, disse al nostro Don Sterpi:«Scriva a Don Orione, che, se torneràdall’America con del denaro, non loriconoscerò più per Don Orione!»Quando m’è giunta la commissione,ho passato un bel quarto d’ora di ila-rità, poiché, proprio in quel mo-mento, ero anche senza scarpe,obbligato a non poter uscire di ca-mera (…). Inimicìtiam ponam inter teet pecùniam, pare mi abbia detto ilSignore”.

DON ORIONE NONVOlEVa SCaRPENuOVE

Infine, nella sua lettera “la PiccolaOpera è per i poveri”, Don Flavio Pe-loso ci ricorda un fatto accadutodopo che il corpo di Don Orione fuimbalsamato: “Davanti all’urna di Don Orione, guar-deremo ancora una volta quelle sue

scarpe vecchie e sformate, con ilbuco nella suola. Guardando quellescarpe ripenserò a quanto ho ascol-tato dalla Dot.sa Maria Venturini,dell’équipe medica del Prof. Mons.Gianfranco Nolli che trattò il corpo diDon Orione. «Quando lo rivestivamo – raccontal’esperta anatomopatologa -, i sacer-doti ci diedero un paio di scarpenuove per i suoi piedi. Gliele met-temmo ma, stranamente, al mattinole trovammo sfilate. Riprovammo lasera seguente e, al mattino, le ve-demmo di nuovo uscite dai piedi.Don Ignazio Terzi, con una motiva-zione che a noi parve un po’ devota,ci disse che forse Don Orione non vo-leva scarpe nuove, ma scarpe usate,da povero. Gli mettemmo un vecchiopaio di scarpe. Gli calzarono bene.Sono quelle che ancora rimangono aipiedi di Don Orione»”.

aSPEttaNDOIl SIGNORE CONlE VECChIE SCaRPE

Vedendo il corpo di Don Orione conle scarpe vecchie ricordiamo quantogrande era il suo amore per i poveri,e quanto generoso il suo cuore.Quindi, quando andate al Santuariodella Guardia, ricordate che i resti delFondatore aspettano il ritorno delSignore, come Don Orione lo voleva:indossando scarpe da povero.

na delle cose più sorpren-denti nell’avvicinarsi al-l'urna contenente il corpo

di Don Orione nel Santuario della Ma-donna della Guardia (Tortona), è no-tare quanto vecchie e sbiadite sianole scarpe che calza il Fondatore.La suola della scarpa sinistra è addirit-tura bucata. Qualsiasi pellegrino di-stratto potrebbe pensare che si trattadi una svista, ma le scarpe di secondamano rispondono alla povertà evan-gelica che abbracciò Don Orionenella sua vita. Perciò, vediamo alcunipassaggi della sua vita per chiarirequesta affermazione.

DONaRElE SCaRPE NuOVE

Nel suo libro “I fioretti di Don Orione”,Msgr. Gemma ci racconta una sem-plice e concreta espressione della ca-rità di Don Orione: “…di ritorno a piedida una missione predicata in un paesedi montagna, [Don Orione] bussò allaporta del parroco di Borgoratto Mar-

morolo (PV) e fu ospite gradito quantoinaspettato. Era fradicio e stanco. Fucambiato d’abito, ristorato e regalatodi un bel paio di scarpe nuove che su-bito calzò in sostituzione delle vec-chie, al solito sfondate. Si trovava incanonica il dottor Alberto Bernardellie avendo Don Orione espresso il desi-derio di proseguire al piùpresto, si offrì di accompa-gnarlo sul proprio calessefino a Casteggio.Partirono la mattina e giuntialla Fornace di Staghiglioneci fu una sosta perchè il me-dico era impegnato in unavisita. Nel frattempo unmendicante male in arnesesi avvicinò a Don Orione,che rimaneva solo sul calesse, e do-mandò l’elemosina. Don Orione nonstette su a pensarci: si slacciò unadopo l’altra le scarpe nuove che avevaai piedi e le consegnò al povero rimet-tendosi quelle logore ancora marcie diacqua; e dei due non si saprebbe direchi fosse più felice”.

uN SEGNOPaRtICOlaRE:SCaRPE VECChIEE SBIaDItE

Con il tempo, i suoi religiosi e la genteimpararono a conoscere Don Orioneper le sue scarpe vecchie e sbiadite.

Un fatto sorridente èche, in un occa-sione, nessuno rico-nobbe Don Orionecon scarpe e vestitinuovi, dei quali ov-viamente era in pre-stito. “L’archivescovodi Reggio Calabria,monsignor Roussetera solito ogni anno

dare un solenne banchetto con invi-tati, in occasione del suo onomastico.Un anno invitò anche Don Orione. Questi partì da Messina e giunse al-l’appuntamento tutto ben aggiu-stato: barba ben rasata, veste ecappello nuovi, scarpe discrete e unampio mantello alla siciliana.D

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avoriamo e sacrifichia-moci in umiltà, a gloria diDio! Soli Deo honor et

gloria! Regni sempre tra voi la bella,soavissima unione e concordia, che hafatto ognora di noi un cuor solo eun’anima sola, ai piedi della Chiesa. La-voriamo a salvar anime, specie la gio-ventù più povera e i poveri piùabbandonati” (Don Orione).Queste parole del nostro Fondatoreesprimono molto bene quanto si è

vissuto ad Oradea in occasione dei fe-steggiamenti del 25° anniversariodella nostra presenza in Romania.

uNa FESta DI FaMIGlIaPresenti i responsabili e i rappresen-tanti delle tre comunità della Roma-nia (Voluntari, Iaşi e Oradea), ilSuperiore provinciale Don AurelioFusi, gli amici (volontari di Udine e ichierici di Roma). Si respirava real-mente la gioia di essere fratelli e nel

ricordo di coloro che con tanto sacri-ficio hanno dato vita all’opera in que-sta amata terra. Questo è il dono piùbello e significativo perché dimostrache il bene seminato sta dando frutti.

uNa FEStaDI RINGRazIaMENtOQuanto bene si è fatto e quante per-sone hanno collaborato con i sacer-doti per dare speranza e futuro agiovani, anziani e a tanti poveri.

MONDO ORIONINO

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maurIzIo macchIMONDO ORIONINO

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laVORIaMO ESaCRIFIChIaMOCIIN uMIlta’, a GlORIa DI DIO!dal 27 al 30 ottobre si sono svolti ad oradea i festeggiamenti per il 25 anniversariodella presenza orionina in romania.

a presenza orionina in Romania è oggi abbastanza consolidata con tre principali centri, a oradea, a voluntari e a Iaşi,e con un buon numero di Confratelli rumeni.

Ad Oradea, città importante ai confini con l’Ungheria, di quasi 200.000 abitanti, iniziò la presenza della Congregazione inRomania nel giugno 1991, dopo la caduta del regime comunista, aiutando quella gente a ricostruire il vivere civile e religiosomediante le opere di carità. Inizialmente, Don Luigi Tibaldo e i primi Confratelli si stabilirono in un ex convento e celebravano nella vicina chiesa di SantaMaria l’unica Messa cattolica in lingua rumena di tutta la Città. Vi si avviò un Oratorio, parola ed esperienza che diverrà poipopolare in Romania. Si aiutarono ragazzi e poveri di ogni appartenenza religiosa. Nel 1992, si poté acquistare un vasto terreno in periferia della Città per costruirvi una scuola che entrò in attività come “LiceoDon Orione” nel 1995; qui venne a risiedere la comunità. Il tutto oggi costituisce il Centrul Don Orione frequentato da oltre400 alunni, con classi dalla scuola materna fino alle scuole superiori. Tra le attività del Centro sono ancora da segnalare l’Ora-torio, frequentato quotidianamente da circa 100 ragazzi e il movimento Scouts che conta 150 membri. A 100 metri dallascuola, c’è la chiesa parrocchiale dedicata a “Ognissanti”.Nel 1994 inizia un’attività caritativa a Bucarest, destinata all’accoglienza di coloro che non hanno mai avuto una vera epropria casa, avendo come centri di riferimento la Chiesa Italiana di Via Maghiero e il Centro “Don Orione” di Voluntari(estrema periferia di Bucarest). Nel settembre del 1999 vengono accolte a Voluntari 30 ragazze orfane ed alcune signoreanziane: da qui inizia la storia del Centrul Don Orione, inaugurato il 23 giugno 2007. Il Centro ospita un centro per bambinie adulti disabili, un centro diurno per bambini disabili, la casa di riposo Don Orione, la Chiesa dedicata a San Luigi Orione.Nel 1998 si è dato vita a Iaşi alla costituzione del Seminario. Accanto al Seminario orionino sorgono due piccole attività: unora torio rivolto soprattutto a ragazzi di etnia Rom e una casa per giovani orfani, completata da alcuni locali riservati ad unprogramma di recupero di giovani alcolisti.

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la PRESENza ORIONINa IN ROMaNIa OGGI

Un ringraziamento che è stato condi-viso attraverso uno spettacolo con-dotto dai giovani e ragazzi dellascuola Don Orione, dai ragazzi di Bu-carest e dai seminaristi di Iasi. Ringra-ziamento anche da parte delleautorità civili della città e del governopresenti alla manifestazione.

uNa FESta DElSERVIzIOServizio inteso come vuole Gesù“Io sono venuto per servire e non peressere servito”. Il segno è stato la con-segna dei grembiuli alle autorità, aisuperiori, al Vescovo, ai professori, aivolontari e ai seminaristi, ricordandoloro che tutti siamo servitori e nes-suno può ritenersi superiore all’altro,come ha voluto Don Orione.

uNa FEStaDI CONDIVISIONEUna giornata è stata dedicata al con-fronto con i professori della scuoladove tutti hanno potuto esprimere ilproprio parere sull’attività che la Con-gregazione svolge in Romania.

uNa FEStaDElla CultuRaSi è parlato di educazione con diversiprofessori universitari ed esperti nel-l’azione educativa dei giovani.

Ringraziamo il Vescovo Greco Catto-lico Virgil che ha presieduto la cele-brazione di chiusura del venticin-quesimo. Durante la celebrazione haconferito al padre provinciale Don Au-relio il titolo di iconologia stavroforo,come segno di gratitudine alla provin-cia religiosa per il bene svolto da tantiorionina nella diocesi e nella scuolaDon Orione.

Diciamo grazie al Signore che nono-stante i nostri limiti continua la suaazione, ringraziamo i nostri confratelliche con dedizione e spirito di sacrifi-cio continuano l’opera intrapresa 25anni fa, ringraziamo tutti i nostri col-laboratori e soprattutto il direttore eil manager della scuola Don Orionecha hanno reso possibile questoevento.

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anno partecipato 6 membridella Famiglia orionina: traFDP, PSMC, e MLO.

Questo è il secondo Incontro, il primoè stato organizzato l’anno scorsocome risposta alla chiamata di PapaFrancesco affinché l’Anno della VitaConsacrata (2015) sia celebrato nonsolo da persone consacrate, ma ancheda altri, in particolare i fedeli laici che,proprio nella loro condizione laicale,condividono la stessa realtà carisma-tica (cfr. Lettera Apostolica a tutti iconsacrati in occasione dell’Annodella Vita Consacrata, III 1).In collaborazione con UISG e la USG eResponsabili delle Associazioni, siaLaicali sia di diversi stati di vita, checondividono, ciascuno secondo il pro-prio stato, la stessa realtà carismatica,questo nuovo organismo ha preso ilnome di AMCG (Associazione MembriCurie Generalizie) - Famiglie Carisma-tiche e il suo fine è quello di favorireil collegamento e il dialogo fra le di-verse Famiglie Carismatiche (sacer-doti, consacrati/e, e laici).

È stato già redatto il Regolamento adexperimentum e scelta la commis-sione e il Comitato esecutivo per or-ganizzare gli incontri a scopo diconoscere di più le Famiglie Carisma-tiche e sensibilizzare alla comunione,alla formazione e alla collaborazione.In questo Incontro di novembrehanno preso parte tante Famiglie ca-rismatiche e fra queste quella di DonOrione rappresentata da: Don Lau-reano, Don Leonardo, sr M. Alicja, srM. ema, sr M. Florette e sig.ra Ar-manda Sano.Nel primo giorno dell’Incontro sonostati significativi gli interventi di RinoCozza (Famiglia del Murialdo) sultema: “Le Famiglie Carismatiche dalVaticano II ad oggi: luci, ombre, pro-spettive” e le condivisioni dell’espe-rienza di cammino da parte dellaFamiglia Trinitaria, Lasalliana, dei Figlidella Chiesa e Caracciolina. I lavori neigruppi e la condivisione vicendevoleha arricchito tantissimo ogni parteci-pante. La mattina del secondo giornoè stata animata da Sr. Leslye del So-

corro Sandigo (Famiglia Salesiana), laquale ha coinvolto tutti a riflettere vi-vacemente sul tema: “Quale strategiaper una formazione comune e in co-munione nella nostra Famiglia Cari-smatica” durante il quale ogniFamiglia carismatica cercava le possi-bili soluzioni per migliorare il propriocammino di comunione.Nel pomeriggio si è cercato di condi-videre altre esperienze e suggeriredelle proposte per gli incontri del-l’AMCG-Famiglie Carismatiche nel2017. Alla fine come frutto del cam-mino d’insieme delle Famiglie cari-smatiche è stata la presentazionedell’esperienza dell’”Associazione probambini di Kabul” [PBK] e quella in Si-cilia in aiuto ai profughi.L’incontro ha favorito in ogni parteci-pante e nelle Famiglie carismaticheche si stanno consolidando il deside-rio di camminare più efficacementesu questa scia consapevoli che è lastrada dello Spirito che unisce tutti idoni e dei carismi per contribuire al-l’Instaurare omnia in Cristo.

INCONtRO DEllEFaMIGlIE CaRISMatIChEun Incontro di comunione significativo per la sua natura e dinamica è stato quellodelle famiglie carismatiche organizzato nei giorni 4-5 novembre 2016 nella casa deifratelli delle scuole cristiane a roma.

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suor m. alIcjaMONDO ORIONINO

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per il mese di dicembre abbiamo pen-sato di offrire ai nostri lettori un focusspeciale sul presepe che fu un tema caro

a don orione. fu proprio lui ad organizzaretra il 1930 e il 1932 alcune tra le più grandi

rappresentazioni della natività con centinaiadi figuranti e una grandissima

partecipazione dei fedeli.

Il dossier di questo mese si divideproprio tra la cronaca di questi eventi

eccezionali e il contributo di padre enzofortunato del sacro convento di assisi, che ci aiuta a comprendere il senso piùprofondo di questo evento centrale dellastoria del cristianesimo alla luce degliinsegnamenti di san francesco.

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COME NACQUE IL PRESEPE

DA UN SOGNO DI SAN FRANCESCO

di padre enzo fortunatodirettore della sala stampa del sacro convento di assisi

n feeling inossidabile da circa 800 annilega Betlemme e Greccio fatto di spiritua-lità natalizia, amore per la Natività, le-

game per tutte le immagini che da secoliraccontano al mondo intero il mistero della ve-nuta al mondo del Nostro Signore. Un legame cheha preso forma e vita originariamente nel cuore enell'anima di San Francesco d'Assisi, che provavanei confronti di Betlemme, il luogo della nascita di Gesù, unaparticolarissima devozione, dalla quale ebbe l'ispirazione direalizzare, durante gli anni trascorsi a Greccio, la prima rap-presentazione vivente della Natività. Vale a dire quello chenegli anni successivi e fino ai giorni nostri fu chiamato Pre-sepe.Dal punto di vista storico – stando alle storie francescane –tutto nasce intorno al 1209, l'anno dell'arrivo a Greccio diSan Francesco di Assisi. In quegli anni la popolazione localeera sottoposta a gravi prove per i danni che le piogge e lagrandine avevano causato nei campi e per la presenza digrossi lupi che depredavano la cittadina.Prove che cessarono misteriosamente con l'arrivo del Pove-rello che si era sistemato in un capanno fuori da Greccio, sulMonte Lacerone, dove passava ore ed ore in meditazione ea pregare. Francesco amava l'eremo di Greccio, e aveva unapredilezione anche per gli abitanti di quella terra, per la loropovertà e semplicità. “Non esiste una grande città dove –era solito dire - si sono convertiti al Signore tante quante neha un paese così piccolo."Nell'autunno del 1223 Francescosi trovava a Roma in attesa dell'approvazione della Regoladefinitiva scritta per i suoi frati e presentata al Pontefice Ono-rio III. La bolla, con l'approvazione papale, gli fu recapitatail 29 Novembre di quell'anno. e fu così che, al momento diritirare la bolla dalle mani del Pontefice, chiese proprio adOnorio III il permesso di poter rappresentare per la primavolta la Natività presso il suo eremo di Greccio. Permessoche il Papa gli concesse senza problemi. Va ricordato che laspeciale predilezione di Francesco per il Natale era legata alviaggio che egli fece in Palestina. e Greccio, come dichiaròlui stesso in più occasioni, gli ricordava emotivamente

Betlemme. Tormentato dal vivo desiderio didover celebrare quell’anno,

nel miglior

modo possibile, la nascita del Redentore, giunto aFonte Colombo, mandò subito a chiamare Gio-vanni Velita, signore di Greccio, dicendogli: "Vogliocelebrare teco la notte di Natale. Scegli una grottadove farai costruire una mangiatoia ed ivi condur-rai un bove ed un asinello, e cercherai di ripro-durre, per quanto è possibile la grotta diBetlemme! Questo è il mio desiderio, perché vo-

glio vedere, almeno una volta, con i miei occhi, la nascitadel Divino infante". Il cavaliere Velita impiegò una quindicina di giorni per pre-parare quanto Francesco gli aveva chiesto. e quando arrivòNatale tutto era pronto, con la Grotta ed i personaggi –a partire dalla Madonna, San Giuseppe e il Bambinello – tutticollocati ai loro posti secondo la tradizione evangelica.Accorsero a vedere la scena tutti gli abitanti di Greccio ed ifrati, portando in mano torce accese e ceri luminosi. L'ultimoad arrivare fu Francesco che al cospetto della Grotta si com-piacque, soffermandosi a lungo in preghiera con gli occhipieni di lacrime per la commozione. Greccio da quel primoNatale fu così chiamata la nuova Betlemme!Narra Tommaso da Celano che San Francesco "fu talmentecommosso nel nominare Gesù Cristo, che le sue labbra tre-mavano, i suoi occhi piangevano e, per non tradire troppola sua commozione, ogni volta che doveva nominarlo, lochiamava il Fanciullo di Betlemme. Con la lingua si lambivale labbra, gustando anche col palato tutta la dolcezza diquella parola e a guisa di pecora che bela dicendoBetlemme, riempiva la bocca con la voce o meglio con ladolcezza della commozione". Al punto che, sempre se-condo Tommaso da Celano, sembra che “vedesse realmenteil Bambino sulla mangiatoia scuotersi come da un sonnotanto dolce e venirgli ad accarezzare il volto”. In molti quellanotte di Natale – raccontano le storie francescane – videro ilPoverello “stringere al petto un bambinello dalla mangiatoiacon tutte e due le braccia”. era nato il Presepe natalizio.e da allora ogni anno la sacra rappresentazione della Nativitàfu ripetuta con immutata fede e spiritualità fino a diventareuna incancellabile tradizione natalizia arrivata fino ai giorninostri e ramificata in tutto il mondo.Grazie a San Francescod'Assisi.

uando andrete nell’Umbria avrete la for-tuna di andare a Greccio. Io ci fui parecchievolte. San Francesco, tornato dalla Pale-

stina, ancora infervorato dalla visione dei luoghi santi,volle che anche in Italia si facesse il Presepio vivente. Noidobbiamo tornare ai primitivi tempi, al primitivo presepio,e si fa del bene”. A scrivere queste parole fu San Luigi Orione (1872-1940),che rilanciò la sacra rappresentazione del presepio viventerealizzata da San Francesco per la prima volta, nel Natale1223, a Greccio, con l’aiuto della popolazione locale e diGiovanni Velìta, signore dei luoghi. Con il presepe vivente,il “Poverello d’Assisi” e, recentemente, il “Santo della Di-vina Provvidenza” intesero ricreare la mistica atmosfera

del Natale di Betlemme, per aiutare a vedere con ipropri occhi dove nacque Gesù.

I PRIMI PRESEPI DI DON ORIONE

Alcune note storiche sui presepi viventi organizzati da DonOrione negli anni Trenta ci aiutano a ricostruire quelle sin-golari manifestazioni religiose e soprattutto il loro spirito.Dopo un primo presepio vivente realizzato a Bra (Cuneo)nel 1925, ben riuscito ma di carattere locale, nel dicembre1930, Don Orione decise di promuovere l’iniziativa nellacittà di Tortona conferendole il carattere di grande mani-festazione popolare. Da quest’anno molti “presepi viventi”si susseguiranno in diverse città d’Italia. A Tortona, le locandine avvisavano che “Il 6 gennaio uncoro di 150 Angeli osannanti precederà i Pastori e i ReMagi; essi canteranno melodie celesti. I Re Magi avrannoun numeroso seguito di cavalieri e di paggi in co-stume orientale”.

U

DON ORIONE,

“SACERDOTE DAL NOME ASTRONOMICO”

CHE AMAVA IL PRESEPEdi gIanluca scarnIccI

Il corriere della sera nel 1932 così definiva il santo tortonese che, ispirandosi a sanfrancesco d'assisi, organizzò spettacolari rappresentazioni sacre del misteri natalizi,

manifestazioni di fede e di arte che attrassero decine di migliaia di persone.

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Padre Enzo Fortunato

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apire il dolore per condivi-derlo. Queste sono le operedi carità, nell’esperienza

concreta del Servizio Civile. Non esiste misericordia intima cheresti ferma e nascosta nel cuore. essatrabocca in un atto di soccorso, in unaiuto concreto rivolto achi suscita pietà, chenasce da una compas-sione scaturita dal cuoree si tramuta in servizionei confronti di chi, nellavita quotidiana, neces-sita di aiuto. Un giorno, una setti-mana, nove mesi, unanno: non conta quantigiorni concederai all’al-tro, ma quanto sei disposto a dare e aricevere. Il tempo è solo uno stru-mento per confermare ciò che già ilprimo giorno eri riuscito a capire:“La carità salverà il mondo”. La carità, fin da subito, ti viene fatta en-trare in testa quando varchi la sogliadel don Orione. La vivrai e basta, senzatroppe definizioni. Non te ne accorge-rai nemmeno, se non quando andraivia. Cristiano, cattolico, musulmano,fascista o comunista: “Fare del benesempre”. L’esperienza del Servizio Ci-vile è uno dei requisiti per ottenere l’in-dulgenza con te stesso, con le tueimperfezioni. Imparerai a essere quelloche sei o a costruire la tua identità, ap-prezzando ciò che hai, quello cheavevi e quello che vorresti. Avverrà un giorno che, dopo esserestato a contatto con la diversità, guar-derai il mondo con delle lenti diverse.Gli ammalati e i disabili possono averedifficoltà nei movimenti o avere dei dis-turbi cognitivi: tu, pian piano, li conos-cerai anche in quelli che si reputanonormali. Da animatore di carità, impa-rerai a non giudicare se non ad averetanta pazienza nei confronti di chi è

arido di cuore. Da volontario, sarai il“Virgilio” della situazione che aiuta itanti “Dante” ad attraversare l’infernodei loro handicap per raggiungere unutopico paradiso. In un’altra ottica, seitu, il Dante volontario, che deve sco-vare tanti “Virgilio” o tante anime del

purgatorio per ritro-vare il camminodella retta via. In-somma, lo scambioè reciproco. I volon-tari vivono questaesperienza da disce-poli di Cristo perdare un messaggioprima a loro stessi epoi a tutti gli altri. Bisogna sentirsi res-

ponsabili dell’altro e adoperarsi perportare gioia attraverso l’amore do-nato, perché la misericordia di Dio ènostra responsabilità. Ognuno esercitala misericordia verso l’altro ed è unamisericordia gratuita: il suo caratterefondamentale non è quello dell’assun-zione doverosa in forza di un obbligo enon è tantomeno un’ideologia.

Altruismo? Bontà di cuore? Semplice-mente umanità. Viviamo in una società dominata daquella che Papa Francesco ha piùvolte definito come la cultura delloscarto. Chi non è produttivo è messoda parte secondo un’inumana logicadel profitto. Al contrario, una culturadel dialogo, valorizza questo scam-bio, dando valore alla vita e alla dig-nità della persona. Il Servizio Civile ha cambiato la vita ditanti giovani: un’opportunità, un’es-perienza di crescita e di formazione.Non te ne accorgerai subito. Cambie-rai lentamente e inevitabilmente, per-ché è solo vedendo il dolore cheimpari a condividerlo; è solo vedendogli altri volti dell’umano che impari ariconoscere ciò che è giusto da ciòche è assolutamente sbagliato. Se solo si investisse di più sul volonta-riato, il mondo sarebbe migliore e lacarità, quella predicata da donOrione, davvero potrebbe salvare ilmondo. Grazie di vero cuore per questa bellis-sima esperienza!

C

Il SERVIzIO CIVIlEtI CaMBIa la VIta

La novità fu accolta con entusiasmo dai cittadini, coinvolsetutta la vasta regione tra Piemonte, Lombardia e Liguria.Don Orione si impegnò personalmente con la sagacia diuno stratega e l’ingenuità di un fanciullo. A Tortona si ri-versarono da ogni parte centinaia e migliaia di persone perassistere alla pittoresca rappresentazione sacra.Il presepio fu veramente solenne e commovente. Il corteo,tra ali di folla, confluì, al canto del Gloria in excelsis Deo,presso la capanna ove si svolse l’atto di adorazione a Gesù.era questo il momento che Don Orione – prima rimasto di-screto tra la folla - riservava a sé: dare Gesù da baciare allafolla . era quello l’atto che riassumeva e coronava lo scopodella manifestazione popolare.La sacra rappresentazione fu replicata 4 volte nel periododelle festività natalizie. ebbe vasta risonanza con entusia-stici articoli apparsi sul Corriere della sera , Gazzetta delPopolo , La stampa , Italia e altri giornali locali.

Il successo delle rappresentazioni

L’anno seguente, 1931, l’iniziativa si dovette ripetere, perrichiesta della gente. La fantasia e l’intraprendenza di DonOrione erano inesauribili. Giunse a presentare domandaalla Casa Reale “per ottenere alcuni dromedari, per brevigiorni, onde dare al Presepio vivente, unico in Italia, vita ecolorito più orientale”. Da notare anche che “Con i doniofferti per il Presepio vivente si dà un pranzo a 200 poveri.(…) Il pranzo, al Collegio Dante, sarà servito dagli Angeli edai Pastori del Presepio vivente”.Nel 1932, il presepio vivente, che Don Orione presentòcome “ “una manifestazione di fede e di arte veramentegrandiosa, unica in Italia”, si svolse a Voghera.L’esito fu superiore alle aspettative, come ne riferisce un ar-ticolo apparso su La stampa del 28.12.1932. “Successo viè stato e grandioso e lo dimostra la folla convenuta in nu-mero strabocchevole soprattutto dall’Oltrepò e dalla zonamontana, con ogni mezzo, per vedere il presepio vivente,e si calcola che oltre 40.000 siano le persone che vi hannoassistito lungo la romana Via Emilia”.

Il Corriere della sera, sempre del 28.12.1932, fa cenno aDon Orione: “Questo sacerdote dal nome astronomico èun tipico esempio della umana bontà senza riposi, senzaambizioni e senza enfasi. (…) Don Orione ha infine bene-detto la folla che ha elevato canti e inni religiosi, confe-rendo alla scena un significato di viva commozione e dialta spiritualità”.Nel 1933, l a sacra rappresentazione si tenne a Novi Ligureil 26 dicembre e il 6 gennaio. Don Orione spiegò ai suoiConfratelli: “Il Presepio Vivente lo facciamo per ravvivareil sentimento religioso della gente, perché quello che cadesotto gli occhi resta più vivamente impresso nella memo-ria, specie dei piccoli e del popolo. Il presepio vivente èuna passività, materialmente parlando, ma una attivitànelle bilance del bene. È una predica fatta a 30-50.000persone”. Quello di Novi Ligure del 1933 fu l’ultimogrande presepio vivente organizzato personalmente daDon Orione. In quell’anno egli partì per l’America Latina eritornò in Italia nel 1937. Al ritorno, non poté più realiz-zarlo, sebbene lo desiderasse.

Una istituzione da propagare

Alla vigilia del Natale 1937, animò i suoi figli spirituali acontinuare questa manifestazione popolare di fede e rac-comandò: “Il presepio vivente dovrà divenire una istitu-zione della nostra Congregazione e dovremo propagarlanel mondo. Se Dio ci darà vita, lo si farà a Milano. Se ionon fossi qui nei prossimi anni, vedrete che lo farò in Ame-rica. Sarebbe meraviglioso passare col presepio vivente da-vanti al duomo di Buenos Aires: il governo è moltobenevolo pel presepio” ( Parola VII, 166).La Congregazione orionina è rimasta sensibile alla tradi-zione dei presepi viventi. Continuò a organizzarne un po’ovunque. Tra i recenti sono da ricordare, in Italia, quelli diFumo (Pavia), di Pescara, di Bergamo, di Pietra Ligure. Sem-pre, a Boston come a Claypole (Buenos Aires) o a Santiagodel Cile.

Il Centro Don Orione di roma - monte mario ha una lunga tradizione di collaborazionedei giovani del servizio civile. riportiamo la testimonianza di francesco junior volpe.

un gIorno,una settImana,

nove mesI,un anno: non conta

quantI gIornIconcederaI all’altro,

ma quanto seIdIsposto a dare

e a rIcevere

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Le stelle brillano, sono visibili, sono punti di riferimento e Don Orionesogna i giovani come coloro che possono brillare in questo nostro mondo,diventare visibili grazie al loro entusiasmo e alla loro creatività, che possonoessere vere "stelle" per l'umanità e la società d'oggi.

ulla scia della fiducia di

Don Orione verso i gio-

vani, la Congregazione si

occupa dei ragazzi e dei giovani nelle scuole,

nel volontariato e nelle attività parrocchiali.

Il Segretariato per la Pastorale giovanile–vocazio-

nale, con la partecipazione di alcuni animatori gio-

vanili, ha pubblicato il progetto SIDER (sidus, siderasignifica stelle): si tratta di quattro sussidi per conoscere

Don Orione e per guardare assieme a lui in alto e in avanti nel

cammino della vita.

Don Orione guarda ai giovani e i giovani sono invitati a guardare

a lui come testimone luminoso, creativo dell’azione di Dio nella

storia di ogni uomo.

S

sussIdI per gIovanI In cammIno con don orIone

Ci piace, a proposito, ri-cordare che Orione èanche una costellazionetra le più belle e luminose.Gli astronomi affermano:“La costellazione di Orione è unadelle più semplici da riconoscere e daosservare e contiene un gran numerodi stelle luminose, al punto che è per-fettamente visibile senza difficoltà.Viene chiamata «dorato Orione» per-ché quando si leva, la notte simula laluminosità del giorno e allunga lebraccia su una vasta estensione dicielo e si solleva verso le stelle con unpasso imponente”.Questo sussidio è stato ideato per igiovani, per riscoprire Don Orionecome una costellazione di stelle tra lepiù significative grazie alla sua santità,alla passione per le Anime ed in parti-colar modo per i giovani, all’amoreper questo nostro mondo e per laChiesa, e soprattutto grazie alla suaCarità.Il sussidio è suddiviso per fasce di età:medie, superiori, universitari. Presenta12 momenti della vita di Don Orione,raccontati da un punto di vista ironicoe vicino ai ragazzi, con 12 nuove eoriginali illustrazioni, scaricabili dalsito [email protected].

Su ogni storia, sono of-ferti diversi approfondi-menti per leggere con iragazzi e giovani questi12 momenti di vita e di

fede che fanno di Don Orione il santodella Carità per eccellenza. Con questi sussidi vi invitiamo a cono-scere Don Orione sempre di più, con-sapevoli dell’imprescindibile relazioneche c’è tra conoscenza e amore: “piùsi conosce più si ama, più si ama piùaumenta il desiderio di cono-scere”.È un modello di vita cheaiuta ciascuno a diven-tare una stella luminosaper tanti fratelli e so-relle che desiderano easpettano un po’ di luce.Il cielo è pieno di stelle,pianeti e corpi celesti diogni forma, coloree luminosità.Facile è per-dere l’orien-t a m e n t o :ogni astro-nomo, mari-naio o sognatore che sirispetti, quando volge losguardo e la punta del

naso al cielo stellato, ha bisogno diuno strumento che lo indirizzi eorienti per non perdersi nelle miriadidi astri che vede sopra di sé. L’astro-labio è la “bussola del cielo” e il suonome deriva dal greco λαμβάνω(astèr, astro) e dal verbo greco λαμ-βάνω (lambàno, afferrare), “afferrarele stelle”, niente male! Il sussidio è come l’astrolabio che in-dica e focalizza alcuni punti di parti-colare importanza. Sapendo che per“orientarsi con le stelle”, da bravi

orionini quali siamo, la stella checi può guidare è la preghiera:

essa dà un indirizzo correttoa tutto il nostro “fare”.Un’ultima fondamentale rac-comandazione: questo è sol-

tanto un sussidio di carta conla pretesa di guidarvi alla

scoperta di qualcosa dimolto più grande di

tutti noi. Dai a que-sto insieme difogli il giustopeso, tutto ilresto deve ve-

nire dalla vostratestimonianza viva, splen-

dente, stellare!

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“SEI DISPOStO aDaNDaRE IN MISSIONE?”

a Chiesa è missionaria eesiste per continuare lamissione di Gesù. Da più

di 2000 anni la Chiesa invia i missio-nari. Un giorno ha inviato anche me,perché così era la mia vocazione.Quando il mio parroco in confessione,nel ’49, mi disse: «Ti piacerebbe an-dare in seminario e diventare sacer-dote?» Risposi: «Io voglio fare ilmissionario». Allora mi disse: «Ora vain seminario e verrà un tempo in cuisarai chiamato a fare il missionario».Divenni sacerdote nel 1969.Non pensai più a fare il missio-nario perché ero felice così.ero formatore dei seminari-sti a Botticino, dove in quelperiodo c’era anche OresteFerrari, seminarista e ora sa-cerdote ed è qui con noi oggi.era il mese di ottobre del ‘76, ini-zio della scuola. Vennero a farci vi-sita il Superiore generale e il PadreProvinciale. Mi chiamarono in di-sparte e mi dissero: «Sei dispostoad andare in missione inMadagascar conun altro confra-tello?» Risposiesclamandocon gioia:

«Il Signore si è ricordato ancora delmio primo desiderio del ’49!». Il 10novembre con il confratello, P. Ago-stino Casarin, accompagnati dalPadre Generale, Don Terzi, partimmoda Roma in aereo per la nuova mis-sione in Madagascar, ‘facendo SanMartino’, come si dice quando si cam-bia abitazione. Una nazione tutta di-versa dall’Italia che era progreditasotto ogni aspetto, mentre lì c’eratanta povertà. La prima cosa che ab-

biamo fatto è stataquella di im-

parare

la lingua malgascia, perché non la co-noscevamo per nulla. Abbiamo stu-diato per 8 mesi con altri missionari esuore, 4 ore al giorno. Nel pomerig-gio ci trattenevamo nel cortile dellamissione con tanti bambini curiosi diconoscerci e con loro imparavamo leparole malgasce.Tante erano le necessità della mis-sione, ma nel momento ci siamo datial lavoro pastorale che consisteva nelcelebrare ogni giorno la Santa Messa,nelle confessioni, nella catechesi enell’aiuto ai poveri. In quel periodoabbiamo dato inizio anche a un pic-colo atelier, piccola scuola di falegna-meria per ragazzi che non studiavanodopo la V elementare. Quando poi arrivarono altri confratellisacerdoti in missione, ci siamo dati dafare per offrire qualcosa di più nelcampo sociale. Si è fatta la scuola ele-mentare per i bambini bisognosi(circa 800), ai quali si dava pure una

refezione quotidiana.Con un dottore eun’assistente socialesi è iniziato il dispen-sario-ambulatorio pertanti ammalati. Si ècostruita una verascuola professionale

di falegnameria e meccanica per ra-gazzi e giovani dopo la V elementare(circa 200), che dura tre anni e cheora produce bene e aiuta anche lamissione. C’è pure, e funziona bene,una scuola di taglio e cucito, la ma-glieria per ragazze, circa 200, in

collaborazione con le SuoreOrionine.

Ora c’è anche la scuola media concirca 800 alunni. Con queste attivitàil cortile spazioso della missione eraed è invaso tutt’ora ogni giorno damille ragazzi-bambini che si danno iturni per la ricreazione.Abbiamo iniziato pure unpiccolo seminario che ciha dato 11 giovani sacer-doti malgasci, che orasono divisi in 4 comunità,che sono distanti unadall’altra e in altre zonedel paese. Ogni comunitàha le sue attività pastoralie sociali con varie scuole, insegna-menti extrascolastici, dispensari emense per i poveri. Nella missione ul-tima che ho lasciato, al nord del Ma-dagascar, ci sono 65 chiese in zona dimontagna con scuole elementari,medie, un liceo e un piccolo semina-rio con 20 aspiranti di liceo. Ora i sa-cerdoti che lavorano nelle 4comunità orionine sono 16, di cui 5italiani e 11 malgasci e ci sono ancorabuone speranze dal Seminario.Il 14 marzo scorso è deceduto unodei primi missionari, P. Jan Osmalek,polacco, che l’anno scorso durante levacanze ha salutato la Polonia ed èpassato anche di qui al Centro DonOrione di Bergamo dicendo: «Ho sa-lutato i miei parenti e confratelli po-lacchi perché non ritornerò più e

voglio morire nel Madagascar». Col-pito da un ictus, in 10 giorni terminòla sua vita dopo 37 anni di missione;aveva 86 di età. Mi ha preceduto nelRegno dei cieli, perché anch’io volevo

morire nel Mada-gascar ed esseresepolto vicinoalla grotta dellaMadonna. Il Si-gnore ha volutodiversamente.Ora sono qui alCentro di Ber-gamo da 4 anni

con i miei piccoli acciacchi e con-tento di fare ancora un po’ di bene inmezzo a questi nonni che hanno bi-sogno di una buona parola, di un sor-riso, di una carezza e di tantatenerezza, e anche della grazia di Dioche doniamo con i sacramenti e lapreghiera del Santo Rosario, per direche non sono abbandonati, che Gesù

li ama per mezzo di tante personeche li curano con tanto amore e pa-zienza.Quest’anno la missione orionina delMadagascar compie 40 anni. Noi dueprimi missionari orionini in Madaga-scar (io e Don Agostino Casarin), cheora ci troviamo in Italia, siamo stati in-vitati a partecipare. La mia salute ora,come vedete, non mi permette di an-dare. Sarò spiritualmente presentecon la Santa Messa”.Don Pietro ha concluso l’omelia ricor-dando le parole del Santo Padre perla Giornata Missionaria, invitando tuttia pregare e a impegnarsi, anche conun’offerta, per le missioni. Al Centro di Bergamo Don Pietro Vaz-zoler continua a fare il missionario: lìc’è un campo immenso per compierela carità. È lui stesso a dirlo: “Si puòancora fare tanto bene anche qui inItalia, se uno vuol vivere la carità diDon Orione”.

PaGINa MISSIONaRIa

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tarcísIo vIeIraPaGINa MISSIONaRIa

don pietro vazzoler, 81 anni di età e 47 di sacerdozio, è stato per 36 anni missionarioin madagascar. lo scorso ottobre, in occasione della giornata missionaria mondiale, hapresieduto la celebrazione eucaristica nella chiesa del centro don orione di bergamo,dove risiede da quattro anni, e nell’omelia ha ricordato la sua vocazione missionariacon una bella ed emozionante testimonianza.

ognI comunItà ha lesue attIvItà pastoralI

e socIalI con varIescuole, InsegnamentI

extrascolastIcI,dIspensarI e mense

per I poverI

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«tI pIacerebbe andareIn semInarIo e dIventare

sacerdote?»rIsposI: «Io voglIo fare

Il mIssIonarIo»

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l giorno 30 ottobre 2016 pressola Curia Generale dei Figli dellaDivina Provvidenza, alla presenza

del Direttore generale P. TarcísioVieira e del Consigliere generale e as-sistente spirituale P. Laureano De LaRed Merino, presente anche l'assi-stente regionale Don enrico Casolari,si è svolto l'incontro dei due Istituti se-colari: ISO e Maria di Nazaret per darecontinuità al camminodi discernimento versol'unità, nella consapevo-lezza che la ricchezzadi ciascuno arricchiscetutti.P. Laureano ha guidatoun momento introdut-tivo di preghiera. Poi ilDirettore generale haspiegato di aver volutoincontrare i due Istitutisoprattutto per conoscere il percorsogià fatto da quando l’assemblea gene-rale dell’ISO, realizzata nel febbraioscorso, ha accolto favorevolmente larichiesta di unione dell’Istituto Maria diNazaret in un unico Istituto SecolareOrionino, iniziando un cammino co-mune in vista di un discernimento perl'unità.

Tenendo conto del carattere più infor-male dell’incontro, P. Tarcísio ha vo-luto raccontare una particolarità cheriguarda la formazione del fiume bra-siliano Rio delle Amazzoni e provo-care poi i partecipanti (una ventinacirca) a costruire una “parabola” sulprocesso di unificazione.Fatto è che il Rio delle Amazzoni,forse il fiume più lungo del mondo e

sicuramente il piùmitico, inizia il suopercorso propriocon questo nome,nei pressi della cittàdi Manaus, quandoil fiume “Rio Negro”si unisce al fiume“Rio Solimões”.La particolarità èche per circa 6 chi-lometri i due corsi

d'acqua - diversi per temperatura,densità e velocità di scorrimento -viaggiano paralleli senza fondersi unonell'altro: le acque scure del “RioNegro” scorrono fianco a fianco conquelle gialle e calde del “Rio Soli-mões” senza mescolarsi.I fiumi si mescolano solo quando letemperature delle loro acque si met-

tono in equilibrio e quando lascianoai margini i materiali non essenzialiche hanno portato con sé (sedimentiandini del fiume più chiaro e residuiorganici del fiume più scuro).In quel momento formano il mae-stoso Rio delle Amazzoni, le cui acquepercorreranno altri 3.106 km di terri-torio brasiliano per confluire nel-l’Oceano Atlantico.Questo racconto ha stimolato l’imma-ginazione di tutti: l'abbraccio tra i duefiumi è come l'abbraccio tra i due Isti-tuti. ed è cominciata la costruzionedella parabola, per parlare, con impe-gno e diligenza, del percorso di unitàdegli Istituti. Dopo la riunione i parte-cipanti si sono recati nella cappelladella Curia generale, per celebrare in-sieme l’eucaristia - il ringraziamentoal Signore per il dono dei due Istitutie per l’importante incontro della gior-nata in cui si è presa qualche deci-sione per la continuità del dialogo.Nell’omelia, Padre Tarcísio ha fatto ac-cenno anche al testo della preghieradella Colletta in cui si è chiesto alSignore la grazia di “camminaresenza ostacoli” verso i beni da Lui pro-messi, ma quando c’è qualche osta-colo, l’atteggiamento deve esserecome quello di Zaccheo per il qualela difficoltà diventa una possibilità.Infine, Don Giampiero Congiu, Diret-tore della Curia, ha offerto a tutti unpranzo di famiglia per continuare nelclima di condivisione e di gioia.

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IStItutO SECOlaRE ORIONINO

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IN CaMMINOVERSO l'uNIta'

I

I due IstItutIsecolarI percorrono

un cammIno dIdIscernImento verso

l'unItà, nellaconsapevolezzache la rIcchezza

dI cIascunoarrIcchIsce tuttI

25 aNNIal SERVIzIO DEI POVERI

elebrante principale è statoil Vescovo diocesano, Mon-signor Antonio Tobias. Per

l’occasione sono giunti da Romaanche il Direttore Generale, P. TarcísioVieira ed il Vicario generale Don Ore-ste Ferrari. Proprio Don Oreste è stato uno deiprimi due missionari inviati nelle Filip-pine, l’altro, Don Luigi Piccoli, morìnella stessa parrocchia dopo soli 3 annidi lavoro ed è tuttora sepolto in unadelle chiese della parrocchia.Il vescovo, durante la sua omelia, hasottolineato che le difficoltà degli iniziper lavorare in una baraccopoli dovenon c’era né elettricità, né acqua cor-rente, né strade asfaltate, né situa-zione igienica accettabile, ma tantoodore proveniente dalla vicina disca-rica, non hanno fermato i primi sacer-doti e il duro lavoro, negli anni, haportato ai buoni frutti che si possonovedere oggi. Questo ci deve far riflet-tere sulla nostra fede e sul dove po-niamo le nostre priorità di vita.“Sembra ieri – comunica Don Oreste -quando partimmo missionari da Romaper dare inizio alla missione orioninanelle Filippine. L’idea era sorta dalla vi-sione profetica dell’allora Direttore ge-nerale Don Masiero e dal suoconsigliere Don Mugnai. A partire nel1991, eravamo in quattro: due sacer-

doti e due laici volontari. Dopo qual-che difficoltà iniziale, ci stabilimmo aFilnevest, una zona residenziale, doveiniziammo ad organizzare la celebra-zione della messa e dei sacramenti.Qualche tempo dopo, su indicazionedel Card. Sin, Arcivescovo di Manila, ri-cevemmo in consegna una nuova par-rocchia a Payatas nella periferia norddella metropoli, zona molto poveracon una immensa baraccopoli, afianco della “Smokey Mountain” (mon-tagna di rifiuti) ov-vero la discaricaprincipale dellacittà. Qui c’eranouna decina cap-pelle gestite dalaici. Noi – prose-gue Don Orestescegliemmo lacappella di “San Nino” quale chiesaparrocchiale, perché collocata al cen-tro della zona”. La parrocchia fu isti-tuita il 12 gennaio 1992 con unacelebrazione presieduta dal Card.Haime Sin, a cui parteciparono circa2000 persone. Dopo poco i religiosiorionini comprarono un piccolo ter-reno accanto alla chiesa parrocchialedove fu costruita la casa che abitaronoil 12 luglio 1992. La parrocchia fuchiamata “Madre della Divina Provvi-denza” e ci fu una grande celebra-

zione il 17 novembre 1992.Iniziarono ad accogliere ragazzi ab-bandonati e disagiati, tanto che dovet-tero costruire una casa d’accoglienzaaccanto alla chiesa. In seguito istitui-rono un ente giuridico denominatoPAOFI (Payatas Orione Foundation In-corporated) per distinguere tra la vitacomunitaria dei religiosi e l’opera dicarità e di promozione sociale.Durante questi 25 anni i sacerdoti diDon Orione hanno creato al servizio

della parrocchia asili,centri di nutrizione, do-poscuola, due clinichee tante opere sociali;inoltre, a Montalban, aqualche chilometro didistanza, sono sorti ilSeminario, il noviziato eil Cottolengo filippino.

A circa 3 ore di distanza, nella città diLucena, c’è la terza comunità orioninacon un altro Centro sociale.Le opere sono ancora gestite dai sacer-doti missionari, dato che finora c’è unsolo sacerdote autoctono, però cisono un buon numero di giovani reli-giosi nelle varie tappe della forma-zione. Da poco più di dieci anni sonoarrivate anche le nostre suore edhanno due comunità e un buon nu-mero di aspirati, filippine e indone-siane.

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opere socIalI

Il 13 novembre a payatas, in occasione della festa patronale della parrocchia orionina“madre della divina provvidenza”, si sono svolti i festeggiamenti del 25° anniversariodel nostro arrivo nelle filippine.

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IN BREVEMaDaGaSCaR

aperta la nuova comunità delle psmc

La Delegazione “Maria Regina della Pace” delle PSMC sta allargando i suoi orizzonti nelservire i più piccoli. Sabato 22 ottobre è stata ufficialmente aperta una nuova comunitànella zona di Mandiavato, dove le suore sono già presenti  con il Dispensario “CliniqueDon Orione Mandiavato” a Tsararivotra, a 3 km dalla comunità “Coeur Immaculé deMarie”. La nuova comunità porta il nome di “Notre Dame de Lourdes”.La Santa Messa di inaugurazione è stata presieduta dal Parroco P. Aurelien e concelebratadal Vice Parroco P. Madison. Alla cerimonia erano presenti tutte le consorelle della casa“Coeur Immaculé de Marie”, alcune consorelle della comunità “Mater Dei” di Andram-bato insieme ad una rappresentante della comunità “Notre Dame du St. Rosaire” di Ana-tihazo. Presenti anche 5 membri dell’Associazione Italiana “DUNKIe” con il loroeconomo il Sig. Andrea, il presidente del Distretto di Mandiavato, alcuni collaboratoridel Dispensario e coloro che hanno costruito la casa.

MaDaGaSCaR

ordinazione sacerdotalea namehana

Domenica 30 ottobre è stato ordinatosacerdote P. Andriamahandry HeritianaRasoamiaramanana. La cerimonia si èsvolta a Namehana, un grande centroorionino nel Madagascar, durante lacelebrazione presieduta da Mons. Ro-sario Vella, vescovo di Ambanja.«Giorno di “Grazia” quello vissuto oggia Namehana - ha scritto Don GianniGiarolo - per l’ordinazione sacerdotaledi P. Heritiana Rasoamiaramanana.Il vescovo ordinante Mons. RosarioVella, della diocesi di Ambanja, ha invi-tato il novello sacerdote ad essereuomo di fede e di perdono e gli ha au-gurato che, dovunque vada, possa at-tualizzare l’espressione che Gesù harivolto Zaccheo: “Oggi per questa casaè venuta la salvezza”». Hanno fatto dacorona alla bellissima celebrazionetutti i Confratelli orionini del Madaga-scar, le Suore, i parrocchiani, i parentie gli amici. Suggestiva la cerimonia ani-mata per ben 4 ore con canti e danzeeseguiti dai giovani del College “St.Paul”, dal coro e dai rappresentanti deivillaggi e di tutte le comunità di base.A rappresentare la Provincia religiosac’erano i Consiglieri provinciali DonFelice Bruno e Don Gianni Giarolo.

NOtIzIE FlaSh Dal MONDO ORIONINO

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aRGENtINa

75 anni del piccolo cottolengo don orione

Il Piccolo Cottolengo Don Orione di SanMiguel (Argentina) ha festeggiato dal 7all’11 novembre i 75 anni della sua fon-dazione. Per festeggiare l’evento sonostati organizzati incontri con rivisitazionistoriche dell’Istituto, convegni ed unospettacolo organizzato dalle donne disa-bili che vivono nella struttura. L’eventocentrale è stato quello dell’11 novembre,iniziato con una mostra organizzata dairesidenti del Cottolengo, a cui è seguitala Santa Messa celebrata dal Vescovo diSan Miguel Mons. Sergio Fenoy. A dare ul-teriore gioia ai festeggiamenti, ha contri-buito anche la presenza della reliquia delsangue di Don Orione, che dal mese dimaggio è pellegrina nel Paese.

BRaSIlE NORD

Inaugurata una nuova aladella casa don orione

Lo scorso 23 settembre 2016, il Pic-colo Cottolengo di Caucaia (Ce- BrasileNord), ha inaugurato una nuova aladella Casa Don Orione per ragazzi disa-bili. All’inaugurazione hanno parteci-pato, oltre al Direttore Pe.Pedro Junior Pereira Vila Nova, alunni ,genitori , docenti, dipendenti, volontarie partner dell’istituto.La nuova ala è un’estensione dellaCasa, che ospita attualmente 20 ra-gazzi portatori di handicap. Questonuovo settore ha ampliato la capacitàdi accoglienza della Casa, passando da25 a 45 residenti, con sistemazioniconfortevoli, collettive e individuali, alfine di fornire ai figli di Don Orione ladignità, l’affetto e l’amore di cui hannotanto bisogno.La Casa Don Orione è suddivisa in20 stanze arredate e luminose, unagrande sala da pranzo, la cucina, la la-vanderia, una palestra, una infermeria,due sale TV, un soggiorno, un ambula-torio medico; tutto questo per offrire ainostri residenti il massimo confort econsentirgli, in tal modo, di progrediresecondo i loro modelli di sviluppo. Inol-tre, possono avvalersi del sostegnodella scuola di educazione speciale,che si trova in un altro padiglione del-l’istituto e del suo team di professionistie tecnici.

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SPaGNa

Incontro del mlo a manises

Si è svolto nei giorni 22 e 23 ottobre aValencia, presso la Parrocchia di Mani-ses, un incontro di famiglia organizzatodal Movimento Laicale Orionino a cuihanno partecipato numerosi laici ac-compagnati dall’assistente spiritualePadre Pablo, e le PSMC della comunità“Nuestra Señora del Rocio” (Madrid).Durante l’incontro sono state presen-tate le varie attività parrocchiali e JavierRodriguez Mendez, Coordinatore ge-nerale e territoriale (Spagna-Venezuela)del MLO, ha presentato con profonditàe chiarezza l’identità del Movimentonel carisma di Don Orione.Nel pomeriggio il gruppo si è recatoalla Cattedrale di Valencia, dove ha vis-suto un momento di spiritualità intensoed emozionante nel varcare la Portadella Misericordia, ascoltare alcunistralci commoventi della vita dei Mar-tiri Orionini e contemplare il Santo Ca-lice. In seguito è stato realizzato ungiro turistico che ha permesso di far gu-stare maggiormente la storia, la bel-lezza e la cultura di questi luoghimeravigliosi.Domenica, dopo uno spazio dedicatoalle dinamiche di gruppo, è stata cele-brata l’eucaristica animata dal coro diMadrid, Asturias e Manises. Al terminedella celebrazione tutti i partecipantihanno venerato la Reliquia del PadreFondatore che è stata presente nei mo-menti più significativi dell’incontro.I partecipanti sono tornati poi nella salaparrocchiale per riflettere e confron-tarsi, prima divisi in 3 gruppi e poi in as-semblea, sul passato, presente e futuro.Dopo il pranzo tutti hanno fatto ritornoa casa contenti di aver sperimentatoancora una volta il clima di famiglia.

aRGENtINaun viaggio pieno di musica e di amicizia

La Banda musicale del Collegio di Don Orione di Santiago del Cile ha visitato diversecase orionine in Argentina e in Uruguay, festeggiando così i 60 anni di vita.Dal 9 al 23 ottobre gli Studenti della Banda hanno dato diversi concerti, interpretandomolti brani di tutti gli stili musicali. La Banda, fondata da P. ettore Limonta (italiano), 60anni fa, si esibisce spesso anche nelle cerimonie militari e collabora con le orchestresinfoniche. È composta di 80 giovani musicisti, dai 12 ai 17 anni. A Buenos Aires, i gio-vani musicisti hanno visitato la Comunità orionina di Luján, il Cottolengo di Claypole,hanno partecipato alle celebrazioni del 50° anniversario del Collegio San Vicente dePaul in Villa Dominico e poi hanno continuato le loro visite a nei quartieri Pompeya eGerli. Durante la visita a Buenos Aires i ragazzi hanno potuto anche dare un concertodavanti all’obelisco dell’Av. 9 de Julio e conoscere alcuni luoghi turistici. Successiva-mente si sono trasferiti al Collegio Boneo a Rosario e poi al San José a Mar del Plata.

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DON ORIONE OGGI • DICEMBRE 2016

ARGENTINAvisita delcoordinatore generale mlo

Lo scorso ottobre, al termine dell’Assem-blea Generale del MLO, il Sig. Javier Rodrí-guez Méndez Coordinatore generale MLOha fatto visita ad alcune realtà orionine inArgentina. Il percorso fatto dal Sig. JavierRodriguez ha avuto carattere carismaticoed è stato fatto intenzionalmente, per co-noscere meglio il carisma di Don Orioneche aveva vissuto una buona parte dellasua vita in questa terra, ma anche pervivere più profondamente la comunionecon i laici orionini dell’Argentina, parlarecon loro e condividere i nostri ideali, perprogrammare meglio il cammino del Mo-vimento Laicale Orionino.

POLONIA25 anni del centro educativogiovanile di varsavia

Il 6 ottobre 2016 sono stati celebrati i 25anni di riapertura del Centro educativogiovanile per ragazzi difficili di Via Barska4 a Varsavia. La festa giubilare è comin-ciata con la Santa Messa presieduta dalCardinale di Varsavia S.e. Mons. KazimierzNycz nella chiesa parrocchiale diocesana,accanto del nostro Istituto.Dopo la Messa tutti sono stati invitati apartecipare alla festa che si è svolta nel-l’aula parrocchiale. Si sono susseguiti di-versi interventi, i ringraziamenti ed ancheun piccolo spettacolo teatrale preparatodai ragazzi dell’Istituto. Dopo il pranzo èstato visitato tutto l’Istituto.Hanno partecipato ai festeggiamenti di-verse autorità ecclesiali e civili. Da partedella Congregazione orionina è interve-nuto Don Alessio Cappelli, in rappresen-tanza del Superiore generale, P. TarcísioViera. era presente anche il ministro dellaCancelleria del Presidente della Polonia,sig. Adam Kwiatkowski, un fedele amicodel nostro Istituto. Attualmente nell’Isti-tuto per ragazzi difficili di Via Barska 4 cisono 72 ragazzi, altri 20 si trovano nellasuccursale “Trampolino 1” a Varsavia-Anin, e poi 6 ragazzi adulti abitano negliappartamenti a Via Brechta sempre a Var-savia, gestiti da loro stessi.

BRASILEI voti perpetui di sei religiosi

La famiglia orionina in Brasile (Nord eSud) ha ringraziato il Signore per la Pro-fessione perpetua di sei religiosi.Il 10 novembre a Itapipoca, P. Jorge Hen-rique Rocha, Consigliere provinciale delBrasile Nord, ha ricevuto, a nome del Di-rettore provinciale, i Voti perpetui delCh. Sebastião Bertoldo Tigre, studentedel 3° anno di Teologia. La celebrazionesi è svolta nella parrocchia Nossa Senhoradas Graças, in Parque Potira, ed è stataanimata dai religiosi orionini e dalla co-munità parrocchiale. Sabato 12 novem-bre a Belo Horizonte, P. Josumar dosSantos e e P. Rodinei Carlos Thomazella,rispettivamente Provinciali del BrasileNord e del Brasile Sud, hanno ricevuto ilVoti perpetui di cinque chierici: AdrianoRoque, Carlos Santos, Fabiano de Oli-veira, Renaldo elesbão e Rui Pedro. L’evento si è svolto nella parrocchia“Nossa Senhora da Divina Providência” aBelo Horizonte. “Misericordiosi come ilPadre” (Lc 6,36), è stato il tema della pro-fessione perpetua dei cinque religiosi.

NOTIZIE FLASH DAL MONDO ORIONINO

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DON ORIONE OGGI • DICEMBRE 2016

TORTONAscuola sacro cuore: apertocentenario di fondazione

La Scuola “Sacro Cuore” di Tortona fe-steggia il prossimo anno il Centenario difondazione (1917-2017). Nel corso deiprossimi mesi sono previste diverse ini-ziative e appuntamenti per ricordarel’attività di questa storica struttura chemolto ha contribuito all’educazione eformazione dei bambini tortonesi.

Sabato 15 ottobre in occa-sione della benedizione

ed inaugurazione dellanuova aula dedicata aSuor M. Oliva PacisTorti delle PSMC, cheha dedicato la suavita a quest’opera, è

stato ufficialmenteaperto il Centenario di

fondazione, alla pre-senza del Sindaco di Tor-

tona Gianluca Bardone, delle altreautorità civili e militari della città, delRettore del Santuario Madonna dellaGuardia Don Renzo Vanoi, di un gruppodi bambini con i loro genitori, amicidella Scuola e cittadini di Tortona. Per lePiccole Suore Missionarie della Caritàera presente Suor M. del CarmenAquino, Consigliera della Provincia ita-liana “Mater Dei”, in rappresentanza ditutte le PSMC, insieme ad altre conso-relle. La direttrice della Scuola MartaCassano nel suo discorso di benvenutoha letto anche il messaggio auguralegiunto dal vescovo Mons. Viola.

TORTONAricordato don giulio cremaschi

Sabato 5 novembre presso il Santuario“Madonna della Guardia” in Tortona nelgiorno in cui la Congregazione comme-mora tutti i fratelli defunti, è stato cele-brato il ricordo del 70° anniversario dellamorte di Don Giulio Cremaschi (3 novem-bre 1946). La Celebrazione eucaristica èstata presieduta da Don Achille Morabito,Maestro dei Postulanti. Al termine ci si èrecati in Cripta davanti alla tomba di DonCremaschi per una preghiera di suffragioa lui e tutti coloro che sono sepolti in que-sto luogo. Don Giulio Cremaschi, per piùdi trent’anni, fu il formatore e l’animatorespirituale di Villa Moffa, sede per oltre ot-tant’anni del noviziato.

on-lineon-lineper le tue donazioni

www.donorione.org

el 1889 facevo la quintaginnasiale quando mi in-contrai la prima volta col

chierico Orione. Lui faceva la prima fi-losofia. Non c'erano contatti tra lamia camerata e la sua, anzi questoera proibito, ma pure il seminaristaOrione si era fatto notare da tutti. Sivedeva in quel figliuolo qualche cosadi non comune. Soprattutto si distin-gueva per la Comunione frequente.Alla fine dell'anno scolastico chiese alRettore di fermarsi in Seminario.Gli rincresceva andare in Paese e de-siderava trattenersi per non perdere ilfrutto spirituale raccolto. Ne fece pa-rola con Mons. Daffrache gli consentì di ri-manere, aggregan-dolo alla camerata diV ginnasiale. I filosofiinfatti lasciavano il Se-minario per S. Pietro,mentre noi restavamofino al 15 luglio. Ve-nuto con noi alla finedi giugno vi rimaseper quei quindicigiorni, edificandoci tutti col suo buonesempio. Alla sera contava dei fattimolto vivi e si può dire che tutta la ca-merata si stringeva attorno a lui. L'anno dopo, 1890-1891, ci siamotrovati insieme, in filosofia. Lui fre-quentava la seconda e io la prima.Per una pura combinazione ci siamofatta continua compagnia perché vi-cini di posto in Cappella, in refettorioe mi pare anche in studio. A passeg-gio eravamo compagni di fila.era molto dedito alla pietà. Parlavaspesso della Comunione frequente edesortava quanti più poteva ad acco-starsi sovente al banchetto eucari-stico. Ricordava Don Bosco, DonBerto; era pieno di devozione per ilPapa, e già fin d'allora in relazione coiBuffa di Genova, massime con Dome-

nico Buffa che venne a Tortona perconferenze. erano gli esponenti deicattolici votati alla causa della SedeApostolica senza reticenze, papalinid’un pezzo. Avevano come motto"Linea recta brevissima".L'anno dopo, 1891-1892, andò cu-stode in Duomo e io fui destinatoVice prefetto in quarta ginnasio. C'eraDon Ascagni come prefetto e mi pareDon Merlini in qualità di insegnante.Per quanto lontani uno dall'altro, ab-biamo mantenuto sempre affettuosirapporti. Quando ci si trovava era unpiacere e un conforto vicendevole.Intanto dava principio alla sua mis-

sione di bene,prima con l'Orato-rio festivo e poi colCollegio di S. Ber-nardino. La stimache avevo già tantoprofonda di lui,andò sempre piùcrescendo, tantoche sentii come unimpulso interioreche mi spingeva ad

unirmi a lui per dargli una mano.ero in quegli anni a Stazzano. Nel feb-braio del 1895 ci siamo incontrati al-l'Albergo S. Antonio di Serravalle.C'era con lui, mi pare, il chiericoTimo: andavano a Monte Spineto. Fuallora che gli domandai se mi accet-tava. Mi rispose di sì, subito, e con evi-dente consolazione.Aspettavo che mi dicesse quando do-vevo raggiungerlo e verso la fine del-l'anno ero già pronto per far ritorno aStazzano quando ricevetti una carto-lina con la quale mi comunicava chemi attendeva senz'altro a Tortona,avendo ottenuto il desiderato con-senso di S.e. Mons. Bandi. La cosa eraandata così. Tra i ragazzi del Collegiodi S. Bernardino ce n'era qualcuno unpo’ vivace.

Tra questi,i due fratelliF i amber t i ,figli del Diret-tore della localeBanca Popolare.Uno dei due,che fu poi inge-gnere, era giàgrandetto, face-va la quinta gin-nasio, e dava nonpoche preoccupa-zioni a Don Orioneperché aveva unarelazione amorosa.Finì col mandare achiamare il padre perdirgli che ritirasse il fi-gliuolo, non potendooltre tenerlo in collegio.Il papà dei Fiamberti,per la carica che rive-stiva, era una autorità inTortona, e influente.Cominciò a ingiuriareDon Orione e anche a mi-nacciarlo, ma inutilmente.Allora andò da Mons. Vescovo ene sollecitò l'intervento. Il Vescovofece venire a sé Don Orione e gli rac-comandò molto il ragazzo, facendoinsistenze perché lo tenesse ancora,"Ma se non ho di assistenti, eccel-lenza, come posso tenere un ragazzoche ha tanto bisogno di essere vigi-lato?". Alla domanda di Don Orione,Mons. Vescovo rispose: "Dimmi chivuoi per assistente, e te lo darò..."."Mi dia Sterpi...".Mons. Vescovo aderì alla richiesta e fucosì che il mio baule invece di andarea Stazzano prese la strada di Tortona.Quando arrivai a San Bernardino, nelCollegio, Don Orione era in studio.Assisteva lui perché non c'era nes-suno. Mi salutò e: "Fermati qui unpo’" mi disse.

SPLENDERANNO COME STELLE

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DON STERPI RICORDACOME CONOBBEDON ORIONE

a passeggIo eravamocompagnI dI fIla.

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PRESEPI VIVENtI

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a sacralità del presepio inter-rotta da un audace, il quale,dopo aver prelevato il Bam-

binello dalla sua tradizionale mangia-toia, si dirige adesso verso i fedeli,esortandoli ad avvicinarsi. Sembra ilfotogramma di un film in bianco nero,ma è tutto vero. La scena è quella diun Presepio vivente, giunto al culminedella rappresentazione. L’infiltrato èdon Luigi Orione, il quale, novello cri-stoforo in veste e stola, stringe tra lebraccia la reliquia più sacra e si appre-sta a porgerla ai numerosi convenuti.Siamo nel dicembre del 1933, a NoviLigure, nella piazzetta antistante ilglorioso Collegio San Giorgio.Da qualche anno, don Orione, ispiran-dosi a Francesco d’Assisi, ha organiz-zato spettacolari presepi viventi cheattirano la curiosità e l’interesse di mi-

gliaia di fedeli. Grande esperto inmass–media, ne fa anche propa-ganda preventiva: “Una mistica e pit-toresca novità avremo quest’anno,novità interessantissima sotto la lucereligiosa e poetica: la popolazionedella nostra città e dei vicini paesiavrà il gradito e gratuito spettacolodel presepio vivente. Tutto sarà fattoin umiltà e grande semplicità.Vi sarà la capanna e la mangiatoiacon il fieno e Gesù tra la paglia e ilbue e l’asinello, vivi, s’intende, e ilcanto degli angeli e risuoneranno an-tiche laudi italiane. e poi giungerannoi pastori e suoneranno la cornamusa,i flauti e la zampogna e condurrannole loro pecorelle con gli agnellini.e davanti al presepio, i bambini e lebambine buone diranno cose belle alsanto Bambino.

Tutto questo avverrà in umiltà grande,semplicità e in fervore di spirito”.Ritorniamo alla foto. Per tutto iltempo della sacra manifestazionedon Orione ha camminato frettoloso,avanti e indietro, ha guidato i movi-menti, ha animato le comparse e in-coraggiato i presenti. Il numero deipersonaggi coinvolti è impressio-nante: il corteo è formato da circaduecento angeli, seguito da gruppi dipastori e greggi di pecore. Non man-cano i Magi a cavallo, i palafrenieri, gliarmigeri e i paggi, la schiera dei“popolani” che fa da indispensabilecorredo e perfino la stella cometa cheapre il corteo, sorretta da un corpu-lento angelo. Don Orione è giuntoaddirittura a presentare domanda allaCasa Reale “per ottenere alcuni dro-medari, onde dare al Presepio vivente

vita e colorito più orientale”.Nel frattempo l’aria si riempie con ilsuono delle campane della città, glisquilli di tromba e il canto dei pre-senti: si va dal tradizionale “Tu scendidalle stelle”, a un preoccupante “Fral’orrido rigor di stagion cruda”, perconcludere con un più rassicurante“Dormi, dormi, bel Bambin”.Oltre agli effetti visivi e sonori, l’Apo-stolo del presepio ha pensato anchea quelli odorosi e ad effetto: chili diincenso vengono bruciati su alcuni tri-podi, spandendo nell’aria un grade-vole profumo che sa di misticaorientale, mentre decine di bianchecolombe volteggiano sulla improvvi-sata capanna. “Il più impensato deglispettacoli... realizzato da un sacer-dote dal nome astronomico”, comescrisse un inviato sul Corriere della

Sera del 27 dicembre 1933.Al termine della sacra rappresenta-zione si giunge al momento clou,fissato dallo scatto del fotografo.L’orfano pro tempore è silenzioso, masembra felice di essere cullato, per unpo’, da altre braccia premurose. Sullosfondo, Maria e Giuseppe, in atto diadorazione. Davanti, stupiti e attenti,lo stuolo dei pastori. Fra poco l’intra-prendente regista si avvicinerà ai pre-senti, li benedirà sollevando il preziosoBambino e inviterà tutti al tradizionalebacio di adorazione e venerazione.Molti applaudono sonoramente, qual-cuno si asciuga le lacrime. Lo “spetta-colo” non finisce qui. A coronamentodel presepio vivente, don Orione è so-lito offrire un pranzo a centinaia di po-veri, servito da pastori in costume.L’istantanea è suggestiva. Non si tratta

soltanto di una manifestazione folklo-ristica, una esibizione spettacolare.In quel gesto così premuroso si na-sconde un grande insegnamento: èdon Orione che consegna Cristo aipoveri e ai diseredati. Le sue bracciasono diventate la nuova culla, perstringere e trasmettere la reliquia piùsanta. Il presepio vivente è stato da luiideato per ridestare la fede nel cuoredei piccoli e dei grandi, per smuoverele emozioni dello spirito, come lostesso ideatore ebbe a dichiarare:“Noi non vogliamo fare degli esibizio-nisti, non intendiamo fare spettacolo.Noi intendiamo fare opere di fede: ri-destare la fede nel cuore dei piccoli edei grandi. Il nostro è un atto di reli-gione, di amore a Gesù Cristo”. Poesia e prosa. Arte e devozione.Fede e carità. Veri presepi viventi.

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