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A Carmelo, amico fraterno. Roberto Bonomi Scienze Motorie - Tor Vergata - Roma La corsa veloce è lunica specialità sportiva le cui prestazioni sono legate

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Roberto BonomiScienze Motorie - Tor Vergata - Roma

La corsa veloce è l’unica specialità sportiva le cui prestazioni sono legate all’utilizzazione di tutte le espressioni di forza di cui la muscolatura è capace, risulta, quindi, facile capire quanto questo fenomeno, del tutto insolito e singolare, richieda una articolazione più complessa dei mezzi dell’allenamento ed una loro organizzazione sempre più sofisticata ed artificiosa, rispetto alle strategie metodologiche adottate dalle discipline di forza per antonomasia, quali il sollevamento pesi ed i lanci dell’atletica.

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Diventa essenziale, quindi, un metodo che non incida molto sulla ipertrofia muscolare, ma stimoli principalmente il Sistema Nervoso Centrale ad emettere salve di treni di stimoli di sempre più elevata frequenza, per accrescere il “reclutamento istantaneo” di una maggiore quantità di unità motrici.

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Il miglioramento dell’efficienza muscolare è da attribuire, principalmente, a fattori neuromuscolari quali:

• reclutamento,

• sincronizzazione,

• coordinazione intra-muscolare,

Questi fattori sono tutti collegati ad una più fine modulazione delle afferenze propriocettive.

L’EFFICIENZA MUSCOLARE

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E’, inoltre, opportuno ricordare che le esercitazioni di forza massimale e di forza esplosiva sono prodotte da violente accelerazioni esercitate contro la forza di gravità. (Bosco, 1992)

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DALLA PEDANA A TUTTO IL CORPO

La stimolazione fisica meccanica con vibrazione total body

(Whole Body Vibration) porta alla sollecitazione di tutte le

afferenze propriocettive i cui effetti si evidenziano:

• sull’apparato locomotore e muscolare

• sul sistema neuromuscolare, neuro-ormonale e circolatorio Bosco 1996

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Le pedane vibranti, al pari di manubri, bilancieri e cavi vibranti, permettono di applicare al corpo o alle sue diverse parti un sovraccarico gravitazionale, per mezzo di elevate e ripetute accelerazioni.

Queste accelerazioni sono simili a quelle che si ottengono con le esercitazioni che prevedono contrazioni muscolari pliometriche, cioè contrazioni concentriche precedute da un velocissimo allungamento della fibra muscolare. (Bosco e Cotelli 1995)

Tali modificazioni della risposta neuromuscolare, accompagnate da variazioni ormonali, sono connesse sia al tipo di lavoro svolto che alla velocità di esecuzione. (Guezenec et al. 1986 - Bosco et al. 1999 )

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Anni di esperienze nell’ utilizzo della vibrazione quale mezzo per il miglioramento della prestazione hanno portato all’integrazione dei metodi di allenamento della forza veloce finora impiegati, con sistemi atti a produrre vibrazioni. Ciò ha permesso la formalizzazione di due metodi (Bonomi-Cotelli) che sommano la caratteristiche della vibrazione a quella delle esercitazioni con sovraccarico dove l’effetto di carico è determinato una volta da un sovraccarico fisico (bilanciere) e l’altra da una contrapposizione isometrica.

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Il metodo a “velocità variabile”

Uno dei sistemi più utilizzati da molti anni, per allenare la “forza veloce ciclica”, è frutto di esperienze e discussioni condotte con il Prof. Vittori e va sotto il nome di:

“Metodo a velocità variabile”

Bonomi –Vittori

Nel 2005 è stata fatta una comunicazione che è stata, in seguito, pubblicata, su “Atletica studi”, n° 3-4/2006, ed anche se fa riferimento diretto alla velocità, pur tuttavia, è indice di una filosofia operativa che può essere facilmente traslata su realtà diverse.

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Tale metodo, si prefigge l’obiettivo di

elevare le punte delle varie espressioni di forza e per quanto possibile di diminuire i tempi della loro estrinsecazione,

Obiettivi del metodo

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ed offre il grande vantaggio di abbreviare i tempi della traduzione delle capacità di forza in capacità di compiere movimenti veloci, rispetto all’esecuzione in “successione”.

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in modo che a fare la differenza metodologica, per favorire una maggiore velocità, sarà, una volta, la diminuzione del carico e, l’altra, la difformità del piegamento al ginocchio. Quale che sia la scelta operata le due esecuzioni si alternano, eseguendo prima quella con carico elevato che influenza di più la forza e, dopo l’altra che stimola di più la velocità.

1) dimezzamento del carico, qualora nell’alternanza si usasse lo stesso esercizio

2) apertura dell’angolo di lavoro al ginocchio, come risulta dalle tre posizioni di: squat, di squat orizzontale e di ½ squat

La doppia esigenza, dell’incremento della forza e della velocità della sua manifestazione, viene soddisfatta contestualmente nella stessa unità di allenamento e per ciascuna delle diverse espressioni, scegliendo, di volta in volta ed a seconda delle esigenze dell’atleta, una delle due opzioni:

Strategia metodologica

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I mezzi utilizzati

si rifanno a tre esercizi:

1) lo squat completo = piegamentomassimo degli arti inferiori

2) lo squat parallelo = piegamentoparziale con cosce orizzontali

3) il mezzo squat = semipiegamento

con cosce a 90° al ginocchio

Facilmente si comprende come, il solo passaggio dall’esercizio di squat completo agli altri, mantenendo lo stesso carico, permetta una maggiore velocità d’esecuzione purché, nell’esecuzione, si mantenga sempre massima l’intensità dello sforzo.

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Animal model; Rubin et al., 2001, Nature

Circa dieci anni orsono, perché poco soddisfatto dei risultati ottenuti sugli atleti di alto livello del settore velocità nell’utilizzo della vibrazione a carico naturale, in accordo con il prof Bosco, cominciai a sperimentare l’utilizzo di mezzi che riproducono le variazioni delle forze gravitazionali attraverso l'applicazione di vibrazioni meccaniche (pedana vibrante Nemes) in aggiunta alle esercitazioni con sovraccarico. Questi sistemi erano stati utilizzati, in passato, nel campo della clinica medica dove gli stimoli vibratori venivano applicati per studiare la risposta dei propriocettori neuromuscolari alle perturbazioni meccaniche indotte.

Frequenza (Hz)

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Risposta elettromiografica del tibiale anteriore sottoposto a stimoli vibratori a frequenza variabile Rob

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Durante il trattamento vibratorio sia il corpo che i muscoli vengono sottoposti a piccole variazione di lunghezza (stiramento-accorciamento). Il prestiramento rapido di un muscolo elettricamente attivo favorisce la stimolazione del riflesso miotatico ed il conseguente potenziamento muscolare durante la fase di contrazione che segue lo stiramento (Burke e coll.). I riflessi da vibrazione operano prevalentemente o esclusivamente direttamente sul neurone motoneurone (alfa), e non viene utilizzata la medesima via efferente di origine corticale come avviene usualmente durante una contrazione volontaria. Gli studi di Carmelo Bosco, Atko Viru e Roberto Bonomi (1993-1998) hanno dimostrato come le vibrazioni producono risposte adattative da parte dell’apparato neuromuscolare umano sia di tipo metabolico che meccanico sulla stiffness muscolare. R

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Durante esercitazioni di ½ squat jump con sovraccarico uguale alla metà del peso del corpo, sono stati registrati miglioramenti varianti dal 7% al 10% nella prestazione di salto in atleti nazionali del settore velocità quando venivano utilizzate vibrazioni. Anche la potenza meccanica dei muscoli estensori delle gambe durante esecuzione di squat paralleli con carico uguale al 150% del BW risulta migliorata in presenza di vibrazioni.

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La Contrazione Massima Forzata (CMF) è stata ottenuta mediante un reclutamento della massima forza degli arti inferiori in posizione piegata, aiutata dalla azione delle braccia in controresistenza su di un manubrio: in sintesi facendo fulcro sulle mani si riesce ad esercitare una “iperforza” di tipo prevalentemente isometrico. Particolare della Pedana vibrante con manubrio

adatto a creare la “CONTRAZIONE MASSIMALE FORZATA”

Nel secondo metodo, che va sotto il nome Bonomi-Cotelli, l’effetto del carico è determinato da una

contrapposizione isometrica

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Registrazione EMG e degli spostamenti meccanici della

“pedana vibrante con manubrio“ (CMF)

Contrazione Massima Forzata (CMF)

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Durante la fase di contrazione massima forzata (CMF) con vibrazione a 35 Hz, l’attività media del vlsx è migliorata del 48%, quella del vldx del 52%, mentre l’attività media del vmsx è migliorata del 21%, quella del vmdx è del 23%.

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Analisi elettromiografia (EMG)

L’analisi dei risultati dimostra che la contrazione massimale forzata (CMF) gestisce e controlla lo spostamento verticale della pedana (smorzamento) tanto meglio quanto più si passa dai 25 ai 35 Hz; in questo range i soggetti riescono a contrastare efficacemente lo spostamento verticale esercitato dalla pedana vibrante, mentre a frequenze più alte la gestione del movimento verticale diviene sempre più difficile.

Oltre i 35-38 Hz, nella maggior parte dei casi, il soggetto subisce le vibrazioni e quindi l’allenamento risulta essere meno redditizio.

Durante la fase di contrazione massima forzata (CMF), l’attività EMG media del vasti laterali e mediali può aumentare dal 100% al 200%.

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Per avere un elevato rendimento biomeccanico tutti i gruppi muscolari preposti devono lavorare in modo estremamente coordinato e cioè i muscoli agonisti devono contrarsi velocemente, mentre gli antagonisti si devono rilasciare completamente tranne quando deve iniziare la necessaria azione frenante.

Tali rilievi, mostrano che la condizione più allenante risulta essere quella in cui l’atleta riesce a gestire integralmente i movimenti della macchina stessa: tanto più subisce le vibrazioni della macchina, tanto minore è il rendimento biomeccanico, sia per l’allenamento che per la rieducazione.

Se così non succede, avviene quello che si chiama “co-contrazione” durante la quale i muscoli antagonisti, non perfettamente decontratti, ostacolano l’espressione di forza degli agonisti portando ad una riduzione dell’efficienza di quel movimento.

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Questi risultati sono espressione di un fenomeno neuromuscolare che trova ancora difficoltà ad essere spiegato.

È possibile pensare che entrambe i metodi coinvolgano, molto verosimilmente, il sistema neuromuscolare centrale e le strutture nervose riflesse oltre la naturale soglia di attivazione.

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“A volte mi chiedo come sia accaduto che sia stato io a formulare la teoria della relatività. La ragione, credo, è che un adulto non si ferma mai a riflettere sui problemi dello spazio e del tempo, perché queste sono cose su cui ha pensato da bambino. Ma il mio sviluppo intellettuale fu tardivo, e di conseguenza io cominciai a interrogarmi sullo spazio e il tempo quando ero già adulto.”

A. Einstein

Grazie per l’attenzione

Roberto Bonomi

[email protected]

Roma, 11 Settembre 2009