79
I a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE GUIDA PER IL TRATTAMENTO CONSERVATIVO DELLE LESIONI MUSCOLARI DELL’ARTO INFERIORE NELLO SPORTIVO Introduzione Le lesioni muscolari (LM) rappresentano un evento particolarmente frequente nell’ambito delle attività sportive o ricreative e vedono la loro eziologia per oltre il 90% attribuibile a traumi diretti od indiretti (Jarvinen e coll., 2005). Durante uno studio condotto per la durata di cinque anni su di una popolazione di calciatori professionisti militanti in un club di serie A italiano, le LM indirette (LMI) rappresentavano il 30% di tutte le football injuries (FI) ed erano così ripartite: 32% a livello del quadricipite femorale, 28% a carico degli hamstring, 19% a carico degli adduttori e 12% a livello del complesso del gastrocnemio (i.e. gemello laterale, gemello mediale e soleo). A distanza di oltre 10 anni, su di uno studio condotto nell’ambito di due stagioni consecutive (2014/ 2015 e 2015/2016) la stessa squadra mostrava una mappatura anatomica delle lesioni ben diversa ossia: hamstring 41% quadricipite 17%, adduttori 13% e complesso del gastrocnemio 24% . Il confronto dei dati è riportato in tabella 1. Il drastico incremento delle lesioni del gastrocnemio e degli hamstring, quasi raddoppiato il primo e raddoppiato il secondo, è la testimonianza di una netta diversità dei fattori di rischio, dovuti sia a fattori modificabili che non-modificabili, che ha caratterizzato il periodo intercorso tra i due studi. In effetti, questo trend d’incremento delle lesioni muscolari, nella fattispecie degli hamstring (HS) è riportato anche da alcuni autori (Ekstrand e coll., 2016), che mostrano in un recente studio condotto attraverso un’analisi longitudinale per un periodo di 13 anni negli UEFA Elite Club come, a partire dal 2001, le lesioni a carico degli HS registrate in allenamento aumentino di circa il 2% all’anno, questo mentre la lesioni degli HS che avvengono in competizione rimangono sostanzialmente stabili. Una possibile spiegazione di questa curiosa situazione è rappresentata dal fatto che durante le sessioni di allenamento l’intensità di queste ultime è andata progressivamente aumentando, allo scopo di far si che l’allenamento divenga il più simile possibile, in termini sia d’intensità che di volume, al modello di competizione. Al contrario, il fatto che le lesioni degli HS registrate durante le competizioni sia rimasto sostanzialmente stabile, è probabilmente da attribuirsi al fatto che l’alta intensità e l’altrettanto elevato volume di lavoro imposto nelle sessioni di allenamento costituisce, per i giocatori, un fattore di adattamento protettivo nei confronti delle lesioni muscolari che possono essere provocate dalle alte intensità di gioco, visto appunto che questo parametro risulta essere molto simile a quello adottato in allenamento. In altre parole, le alte intensità di allenamento preparerebbero in modo ottimale il giocatore alle richieste funzionali imposte dalla competizione. E’ comunque abbastanza sorprendente, perlomeno a prima vista, il constatare che, sebbene in questi ultimi anni, si sia

a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

  • Upload
    lyanh

  • View
    233

  • Download
    6

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Ia “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE GUIDA PER IL TRATTAMENTO CONSERVATIVO DELLE LESIONI MUSCOLARI DELL’ARTO INFERIORE NELLO

SPORTIVO

Introduzione

Le lesioni muscolari (LM) rappresentano un evento particolarmente frequente nell’ambito delle attività sportive o ricreative e vedono la loro eziologia per oltre il 90% attribuibile a traumi diretti od indiretti (Jarvinen e coll., 2005). Durante uno studio condotto per la durata di cinque anni su di una popolazione di calciatori professionisti militanti in un club di serie A italiano, le LM indirette (LMI) rappresentavano il 30% di tutte le football injuries (FI) ed erano così ripartite: 32% a livello del quadricipite femorale, 28% a carico degli hamstring, 19% a carico degli adduttori e 12% a livello del complesso del gastrocnemio (i.e. gemello laterale, gemello mediale e soleo). A distanza di oltre 10 anni, su di uno studio condotto nell’ambito di due stagioni consecutive (2014/ 2015 e 2015/2016) la stessa squadra mostrava una mappatura anatomica delle lesioni ben diversa ossia: hamstring 41% quadricipite 17%, adduttori 13% e complesso del gastrocnemio 24% . Il confronto dei dati è riportato in tabella 1. Il drastico incremento delle lesioni del gastrocnemio e degli hamstring, quasi raddoppiato il primo e raddoppiato il secondo, è la testimonianza di una netta diversità dei fattori di rischio, dovuti sia a fattori modificabili che non-modificabili, che ha caratterizzato il periodo intercorso tra i due studi. In effetti, questo trend d’incremento delle lesioni muscolari, nella fattispecie degli hamstring (HS) è riportato anche da alcuni autori (Ekstrand e coll., 2016), che mostrano in un recente studio condotto attraverso un’analisi longitudinale per un periodo di 13 anni negli UEFA Elite Club come, a partire dal 2001, le lesioni a carico degli HS registrate in allenamento aumentino di circa il 2% all’anno, questo mentre la lesioni degli HS che avvengono in competizione rimangono sostanzialmente stabili. Una possibile spiegazione di questa curiosa situazione è rappresentata dal fatto che durante le sessioni di allenamento l’intensità di queste ultime è andata progressivamente aumentando, allo scopo di far si che l’allenamento divenga il più simile possibile, in termini sia d’intensità che di volume, al modello di competizione. Al contrario, il fatto che le lesioni degli HS registrate durante le competizioni sia rimasto sostanzialmente stabile, è probabilmente da attribuirsi al fatto che l’alta intensità e l’altrettanto elevato volume di lavoro imposto nelle sessioni di allenamento costituisce, per i giocatori, un fattore di adattamento protettivo nei confronti delle lesioni muscolari che possono essere provocate dalle alte intensità di gioco, visto appunto che questo parametro risulta essere molto simile a quello adottato in allenamento. In altre parole, le alte intensità di allenamento preparerebbero in modo ottimale il giocatore alle richieste funzionali imposte dalla competizione. E’ comunque abbastanza sorprendente, perlomeno a prima vista, il constatare che, sebbene in questi ultimi anni, si sia

Page 2: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

registrato un netto incremento per ciò che riguarda la prevenzione delle lesioni muscolari, queste ultime siano addirittura aumentate. Tuttavia, ad una più approfondita analisi non possiamo disconoscere il fatto che, con ogni probabilità, l’incremento dell’implementazione dei programmi preventivi è controbilanciato, in senso avversativo, dall’aumento dell’intensità sia delle sessioni di allenamento, che del gioco stesso. Delucidante in tal senso uno studio di Barnes e coll. (2014) che mostra come nell’ambito della English Premier League, nel periodo compreso tra il 2006 ed il 2013, durante le competizioni si sia registrato un aumento delle distanze coperte con corsa ad alta intensità e della distanza e del numero degli sprint, rispettivamente pari al 30 ed al 35%.

Data quindi la sempre maggiore importanza che le LM rivestono nell’ambito del calcio moderno gli scopi di questa Consensus Conference sono quelli di fornire delle linee guida per ciò che concerne:

i. L’Eziologia e la biologia delle LM ii. La classificazione delle LMI e delle LMD.

iii. La valutazione clinica delle LMI e delle LMD iv. Il trattamento conservativo delle LMI e delle LMD.

Locazione anatomica

LM stagioni 1999-2004 (%)

LM stagioni 2014-2016(%)

Quadricipite 32 41

Hamstring 28 17

Adduttori 19 14

Gastrocnemio 12 24

Altro 9 4

Tabella 1: percentuale d’incidenza delle LMI nella stessa squadra riguardati le stagioni 1999-2004 (colonna 1) e 2014-2016 (colonna 2).

Bibliografia

Barnes C, Archer DT, Hogg B, et al. The evolution of physical and technical performance parameters in the English Premier League. Int J Sports Med 2014;35:1095–100.

Ekstrand J, Waldén M, Hägglund M. Hamstring injuries have increased by 4% in men’s professional football, since 2001: a 13 year longitudinal analysis of the UEFA Elite Club injury. Br J Sports Med. 2016 Jun;50(12):731-7.

Page 3: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Jarvinen TA, Jarvinen TL,Kaariainen M,et al.Muscleinjuries:biologyandtreatment. AmJ Sports Med 2005;33:745–64.Sports Med 2005;33:745–64.

Volpi P, MelegatiG, Tornese D, et al. Muscle strains in soccer: a five-year survey of an Italian major league team. Knee Surg Sports Traumatol Arthrosc 2004;12:482–5.

Page 4: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Elenco dei partecipanti alla Consensus Conference Amato Maurizio Ist. Cl. S. Anna - Brescia Alberti Giampietro Scuola di Scienze Motorie

Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute. Uni Statale Milano

Allegra Francesco Univ La Sapienza Roma C/O ICOT Latina Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza,

Università degli Studi di Torino

Auci Alessio UOS Angiografia e radiologia interventistica, Ospedale delle Apuane, Massa-Carrara

Bait Corrado Istituto Clinico Villa Aprica, Como Balzarini Luca Istituto Clinico Humanitas, Milano Bastieri Gian Matteo Centro Studi Kinemove Rehabilitation Centers,

La Spezia Bellini Gianandrea Atalanta BC, Bergamo Bettinsoli Pier Francesco Ospedale C Poma - Mantova - Volley

Montichiari Bisciotti Alessandro Centro Studi Kinemove Rehabilitation Centers,

Pontremoli Bisciotti Andrea Centro Studi Kinemove Rehabilitation Centers,

Pontremoli Bisciotti Gian Nicola Qatar Orthopaedic and Sport Medicine

Hospital, Doha. Bona Stefano Istituto Clinico Humanitas, Milano Brambilla Lorenzo Università degli Studi di Milano Bresciani Marco Vicenza Calcio 1902, Vicenza Buffoli Michele Feralpisaló, Salò Calanna Filippo Ist Ort G. Pini. Milano Canata Gian Luigi Koelliker , Torino Cardinali Davide Centro Studi Kinemove Rehabilitation Centers,

Pontremoli Carimati Giulia Istituto Clinico Humanitas, Milano Cassaghi Gabriella Centro Studi Kinemove Rehabilitation Centers,

Pontremoli Cautero Enrico Ospedale di Latisana, Udine Cena Emanuele Qatar Orthopaedic and Sport Medicine

Hospital, Doha Chamari Karim Qatar Orthopaedic and Sport Medicine

Hospital, Doha

Page 5: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Corradini Barbara Centro Studi Kinemove Rehabilitation Centers, Pontremoli

Corsini Alessandro FC Internazionale, Milano D’Agostino Cristina Istituto Clinico Humanitas, Milano De Donato Massimo Istituto Clinico Humanitas, Milano Delle Rose Giacomo Istituto Clinico Humanitas, Milano Di Marzo Francesco Ospedale Unico della Versilia, Asl Nordovest,

Lido di Camaiore Di Pietto Francesco AORNA Cardarelli Napoli Drapchind Enrica Centro Studi Kinemove Rehabilitation Centers,

Pontremoli Eirale Cristiano Qatar Orthopaedic and Sport Medicine

Hospital, Doha Febbrari Luigi Università Cattolica, Milano Ferrua Paolo ASST Pini – CTO, Milano Foglia Andrea Studio Riabilita, Civatanova Marche Galbiati Alberto FC Internazionale, Milano Gheza Alberto Feralpisarò, Brescia Giammattei Carlo Az USL Toscana Nord Oves Masia Francesco Clinica Ortopedica, Università di Sassari,

Sassari Melegati Gian Luca Galeazzi IRCCS - Milano Moretti Biagio Università di Bari Moretti Lorenzo Policlinico di Bari Niccolai Roberto FC Internationale, Milano Orgiani Antonio Istituto Clinico Humanitas, Milano Orizio Claudio Dept. Scienze Cliniche e Sperimentali

Università degli Studi di Brescia

Pantalone Andrea Uni Chieti - Pescara Parra Federica Centro Studi Kinemove Rehabilitation Centers,

Pontremoli Patroni Paolo Trauma Klinik Kinetik, Bergamo Pereira Ruiz Maria Teresa Clinica Montallegro, Genova Perri Marzio Centro Sanitario Livorno Petrillo Stefano Università Campus Biomedico, Roma Pulici Luca Ist Ort G. Pini, Uni Milano Quaglia Alessandro Istituto Clinico Humanitas, Milano Ricciotti Luca Centro Studi Kinemove Rehabilitation Centers,

Pontremoli Rosa Francesco Istituto Clinico Humanitas, Milano Sasso Nicola Fédération Monégasque de Ski

Page 6: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Sprenger Claudio FC Internazionale, Milano Tarantola Chiara Centro Studi Kinemove Rehabilitation Centers,

Pontremoli Tenconi Fabio Gianpaolo Studio Tenconi FKT, Genova Tosi Fabio FC Internazionale, Milano Trainini Michele Università di Brescia Tucciarone Agostino ICOT Latina Volpi Piero Istituto Clinico Humanitas, Milano Vuckovic Zarko Qatar Orthopaedic and Sport Medicine

Hospital, Doha Yekdah Ali FAF Jenia Centre Med Sport, Algeri Zini Raul Maria Cecilia Hospital Gvm Care and

Research, Cotignola

Page 7: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

DOCUMENTO 1 Eziologia e biologia delle LM

Bisciotti GN, Volpi P.

Page 8: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

1.1 Introduzione

Nonostante esistano numerose tipologie di muscoli che possono essere classificate in base alle loro caratteristiche istologiche (muscoli lisci o striati), al numero dei punti d’inserzione (muscoli monocaudati, bicaudati, tricaudati o pluricaudati), alla loro morfologia (muscoli lunghi o fusiformi, larghi, brevi ed anulari o curvilinei), alla presenza o meno di tendini intermedi (muscoli monogastrici, digastrici e poligastrici) oppure all’orientamento delle fibre (muscoli fusiformi, semipennati, bipennati e pluripennati) tutti, con diversa sensibilità di esposizione, sono anatomicamente propensi all’insulto lesionale soprattutto a livello del punto d’interfaccia tra due differenti tipi di tessuto, quello muscolare e quello tendineo (Garrett et al., 1987; 1988). Questa zona, fisiologicamente e biomeccanicamente molto particolare, viene denominata giunzione muscolo-tendina (MTJ) ed è normalmente dislocata sia prossimalmente che distalmente rispetto al ventre muscolare stesso. Tuttavia, occorre considerare il fatto che gli HS ed il muscolo quadricipite femorale (Q) presentano un lungo tendine centrale che di fatto è da considerarsi una MTJ che mostra gli stessi rischi lesionali e le stesse difficoltà di riparazione anatomica di MTJ prossimale o distale (Garrett et al., 1989; Hughes et al., 1995 ; Volpi e Bisciotti, 2016)

1.2 La definizione di lesione muscolare

Pochi Autori hanno esplicitamente definito il termine di “lesione muscolare”, anche se alcuni hanno tentato di correlare il concetto di lesione a quello della perdita delle funzioni proprie del muscolo (Brooks e coll., 1995). Tuttavia, identificare la lesione muscolare con la semplice perdita di funzionalità di quest’ultimo non è del tutto corretto, infatti la funzionalità muscolare può essere inficiata anche da eventi, come ad esempio la fatica oppure l’atrofia, che niente hanno a che vedere con il meccanismo lesivo. Per questi motivi, anche se il concetto di perdita di funzionalità rappresenta una delle caratteristiche principali della lesione del muscolo, crediamo che la corretta definizione di lesione muscolare non possa prescindere dal concetto di “danno” nei confronti della struttura muscolare stessa. Pertanto, una corretta definizione in questo senso potrebbe essere la seguente:

“la lesione muscolare è identificabile in una perdita della funzionalità del muscolo causata da un danno, più o meno severo, a livello della struttura muscolare demandata a generare od a trasmettere la forza”,

intendendo con l’ultima esplicitazione i danni a livello del passaggio muscolo tendineo. Questa definizione in effetti chiarisce il concetto che nell’ambito della lesione muscolare la perdita di funzionalità non può essere disgiunta dal concetto di danno strutturale.

1.3 La connessione dell’apparato contrattile alla matrice extra-cellulare

La giunzione delle fibre muscolari al tendine od alla fascia, deve avere la capacità di resistere a forze considerevoli che possono superare i 1000 kg durante sollecitazioni di tipo massimale (Tidball, 1991; Tidball e Daniel, 1986). Per possedere una così gran forza tensile, ogni fibra

Page 9: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

contiene delle specifiche catene di molecole: l’ integrina ed il complesso distrofina1-glicoproteina (Mayers, 2003; Michele e Campbell, 2003). Questi due complessi proteici connettono l’apparato contrattile miofilamentoso alla matrice extracellulare (ECM) attraverso il sarcolemma (Brown, 1996; Chargé e Rudnicki, 2004; Chiquet, 2003; Ervasti, 2004; Giancotti e Rouslathi, 1999; Kääriäinen e coll., 2000; Sunada e Campbell, 1995). Occorre ricordare brevemente che l’ECM è costituita da un’intricata rete di macromolecole formata da proteine fibrose incluse in un gel di polisaccaridi. L’ECM, oltre ad essere particolarmente presente a livello del muscolo scheletrico, risulta anche abbondante nel tessuto connettivale. Le integrine sono una famiglia di “molecole di adesione” dislocate nella membrana cellulare, che ricoprono un ruolo fondamentale in molti processi biologici legati alla sopravvivenza tissutale, alla crescita ed alla rigenerazione. Inoltre, le integrine partecipano attivamente alla comunicazione cellulare, come ad esempio nel caso di segnalazione tra cellula e cellula, d’interazione tra cellula ed ECM oppure nel processo di traduzione del segnale all’interno ed all’esterno della cellula stessa (Giancotti, 1999; Mayer, 2003; Rouslathi, 1996). In una fibra muscolare sana la maggioranza delle integrine sono dislocate a livello della giunzione muscolo tendinea (MTJs) (Bao e coll., 1993; Kääriäinen e coll., 2000a; Kääriäinen e coll., 2000b; Mayer, 2003) e sono organizzate in una struttura specifica denominata “integrin-associated-complex” (figura 1). In questo complesso l’actina sarcomerica terminale si lega, attraverso diverse molecole sub-sarcolemmali, alle sub-unità β1dell’integrina transmembranaria muscolo-specifica α7β1 (Kääriäinen e coll., 2000a; Mayer, 2003; Otey e coll., 1990; Song e coll., 1994; Yao e coll., 1996), che a sua volta collega l’apparato contrattile intra-cellulare con la circostante ECM per mezzo del vincolo con le proteine ECM (Burkin e Kaufman, 1999) (figura 1). Al contrario di quanto si possa osservare per l’integrina, il cui accumulo si riscontra in prossimità della parte distale della fibra muscolare, le molecole del complesso distrofina-glicoproteina (figura 1) sono relativamente distribuite lungo l’intero sarcolemma, sebbene risultino più abbondanti a livello della MTJs e della giunzione neuro-muscolare (Brown, 1996; Cohn e Capmbell, 2000; Hoffmann, 1996; Kääriäinen e coll., 2000; Michele e Campbell, 2003; Sunada e Campbell, 1995). L’actina terminale si lega alla distrofina che è a sua volta legata a tre complessi proteici: i distroglicani, i sarcoglicani e le sintrofine (Cohn e Campbell, 2000; Ground, 1991; Michele e Campbell, 2003), di questi gli α-distroglicani si legano alle proteine ECM (Michele e Campbell, 2003). Le integrine formano quindi dei veri e propri “complessi di adesione focale”, che costituiscono di fatto degli articolati sistemi biologici che si dimostrano estremamente sensibili nei confronti delle forze meccaniche che sollecitano il complesso muscolare e potrebbero, per questo motivo, rivestire un ruolo chiave nel meccanismo inducente il fenomeno ipertrofico (Fluk e coll., 1991). La formazione di nuovi sistemi di adesione focale, potrebbe infatti indurre una modificazione dei processi di trascrizione e di traslazione del mRNA, inducendo la cellula

1 Distrofina: la distrofina è una proteina, e una parte importante di un complesso di proteine che connette il citoscheletro di una fibra muscolare alla matrice extracellulare circostante attraverso la membrana cellulare. La sua deficienza è una delle cause della distrofia muscolare. È stata identificata nel 1987 da Louis M. Kunkel, dopo la scoperta, nel 1986, del gene mutato che causa la distrofia muscolare di Duchenne (DMD). Il tessuto normale contiene piccole quantità di distrofina (circa lo 0.002% della quantità totale delle proteine muscolari), ma la sua assenza porta sia alla DMD che alla fibrosi, una condizione di indurimento del muscolo. Una diversa mutazione dello stesso gene determina una distrofina difettosa, portando alla distrofia muscolare di Becker (BMD). La distrofina è il più lungo gene finora conosciuto

Page 10: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

muscolare ad aumentare la sintesi proteica, nonché a variare le caratteristiche delle isoforme espresse dalla catena pesante della miosina (Lee e coll., 1991).

In ultimo dobbiamo ricordare il ruolo della distrofina come marker della lesione muscolare. Alcune ricerche condotte su modello animale mostrano una cospicua diminuzione per colorazione alla distrofina nel muscolo subito dopo che quest’ultimo era stato sottoposto ad una contrazione eccentrica (Koh e Escobedo, 2004; Lovering e Deyne, 2004). In questi studi la perdita di distrofina era associata alla diminuzione di un’altra proteina di membrana, la beta-spectrina il cui ruolo sembrerebbe essere simile a quello della distrofina nell’ambito della stabilizzazione della membrana. D’altro canto il ruolo della distrofina nel mantenimento dell’integrità membranaria nonché della sua stabilità è suffrgato dal fatto che la sua mancanza genetica è alla base dell’insorgenza della distrofia di Duchenne (Hoffman e coll., 1987; Zubrycka-Gaarn e coll., 1988). Tuttavia, non è del tutto corretto considerare la perdita dell’integrità membranaria sempre e comunque come un evento negativo in grado di compromettere l’omeostasi muscolare attraverso la distruzione della barriera che permette appunto di mantenere un equilibrio ideale tra molecole intra ed extra cellulari. In effetti una ridotta e transitoria distruzione della membrana può permettere un normale pathway sia per il rilascio che per l’assunzione di alcune molecole, soprattutto in un tessuto esposto a ripetitivi stress meccanici (McNeil e Khakee, 1992). Il tessuto muscolare in effetti mostra delle innegabili capacità nel riparare rapidamente i danni di minor entità a carico della struttura membranaria, limitandone in tal modo le possibili conseguenze negative. Una molecola il cui passaggio dipende appunto da una transitoria perturbazione dell’integrità della membrana è il Basic Fibroblast Growth Factor (bFGF), fattore di crescita fortemente implicato sia nei processi di riparazione tissutale, che nei processi di adattamento del tessuto muscolare nei confronti dell’esercizio fisico strenuo. In ultima analisi quindi una transitoria e modesta perdita dell’intergrità della membrana, può essere intepretata anche come una risposta fisiologica del tessuto muscolare nei confronti dell’esercizio intenso, risposta vista in funzione del rilascio e del passaggio di fattori di crescita essenziali per la rparazione e l’adattamanto funzionale e biologico del muscolo stesso. Se questo processo di distruzione dell’integrità della membrana esiterà verso una riparazione ed un adattamento, oppure verso la morte cellulare dipenderà,ovviamente, dall’entità dell’evento lesivo in sè e da tutto un ordine di altri fattori che contribuiranno al processo di lesione e riparazione. Per facilitare la comprensione dei termini tecnici da parte del lettore, in tabella 1 riportiamo la terminologia generica e specifica normalmente utilizzata nell’ambito della fisiologia muscolare.

Page 11: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Figura 1: rappresentazione schematica dell’adesione fibra muscolare-matrice extracellulare (ECM). Ogni fibra contiene delle specifiche catene di molecole denominate integrina e distrofina, le quali connettono l’apparato contrattile miofilamentoso all’ECM attraverso il sarcolemma. La maggior parte dell’integrina è dislocata nella giunzione neuro-muscolare. L’actina sarcomerica si lega attraverso più molecole, collocate a livello sarcomerale, alle β1 sub-unità della integrina transmembranaria muscolo-specifica α7 β1, che si lega, a sua volta, alle proteine ECM. Le molecole del complesso distrofino-associato, sono relativamente distribuite in modo omogeneo lungo l’intero sarcolemma, sebbene esse siano particolarmente abbondanti nella giunzione muscolo-tendinea e nella giunzione neuro-muscolare. L’actina si lega alla distrofina che è a sua volta associata con tre proteine complesse : i distroglicani, i sarcoglicani e le sintrofine.

Page 12: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Figura 2: rappresentazione schematica del muscolo scheletrico.

Cellula muscolare Fibra muscolare o fibrocellula m.

Membrana cellulare Sarcolemma

Citoplasma Sarcoplasma

Mitocondri Sarcosomi

Termine generico Termine muscolare specifico

Reticolo endoplasmatico Reticolo sarcoplasmatico

Tabella 1 : equivalente terminologico dei principali termini muscolari

Page 13: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

1.4 Danno strutturale e modalità di contrazione: una visione d’insieme.

Il danno strutturale della fibra muscolare può essere causato, sia da una singola contrazione muscolare, come dall’effetto cumulativo di una serie di contrazioni (Armstrong, e coll., 1991b). In ogni caso, il meccanismo maggiormente correlato al possibile danneggiamento della fibra muscolare, risulterebbe essere la contrazione di tipo eccentrico (Armstrong, 1991b; Garret, 1990). La ragione della maggior incidenza traumatica a livello muscolare, riscontrabile durante una situazione di contrazione eccentrica, è soprattutto imputabile alla maggior produzione di forza registrabile nel corso di quest’ultima, rispetto a quanto invece non avvenga nella modalità di attivazione di tipo concentrico od isometrico (Stauber, 1989; Garret, 1990). Infatti durante una contrazione eccentrica, effettuata alla velocità di 90° · s-1, la forza espressa dal distretto muscolare risulta essere di ben tre volte maggiore di quella prodotta, alla stessa velocità, durante una contrazione concentrica (Middleton e coll., 1994). Questa maggior produzione di forza durante una contrazione eccentrica, è sostanzialmente dovuta alle capacità elastiche della coda della miosina; infatti dal momento che, durante una contrazione eccentrica la produzione di forza avviene durante il distacco dei ponti acto-miosinici, il fatto che la coda della miosina sia capace di resistere al distacco grazie alle sue caratteristiche elastiche, permette un sostanziale aumento delle capacità di produzione di forza durante il corso del fenomeno eccentrico (Middleton e coll., 1994). Inoltre, durante una contrazione eccentrica, risulta maggiore anche la forza generata dagli elementi passivi del tessuto connettivo del muscolo sottoposto ad allungamento (Elftman, 1966). Soprattutto in riferimento a quest’ultimo dato, occorre sottolineare come anche il fenomeno puramente meccanico dell’elongazione, possa giocare un ruolo importante nell’insorgenza dell’evento traumatico, visto che quest’ultimo può verificarsi, sia in un muscolo che si presenti attivo durante la fase di stiramento, come in un distretto muscolare che, durante la fase di elongazione, sia totalmente passivo (Garrett e coll., 1987). Tuttavia, il rateo di allungamento entro il quale il muscolo rischia la sua integrità strutturale è piuttosto ampio, essendo infatti compreso tra il 75 ed il 225% della sua lunghezza di riposo (Garret, 1990). Questo dato sottolinea il fatto che l’insulto muscolare, dovuto ad elongazione, non si verifica ad una lunghezza di allungamento relativamente costante ma può dipendere da molti altri fattori, come ad esempio il livello di attivazione elettrica del muscolo sottoposto ad allungamento, oppure la debolezza strutturale di quest’ultimo in seguito a precedenti danni strutturali subiti.

In ogni caso, è importante segnalare il fatto che alcuni Autori avanzano l’ipotesi che la lunghezza alla quale il muscolo viene ad essere sottoposto ad allungamento rappresenta un fattore chiave nell’entità del possibile danno, in quanto ad una maggiore lunghezza iniziale del muscolo stesso corrisponderebbe una maggiore entità di allungamento e, conseguente, un maggior possibile danno strutturale (Talbot e Morgan, 1998). Il fatto che ad una maggiore lunghezza di allungamento del muscolo possa conseguire un maggior danno strutturale dipenderebbe dall’eterogeneità di lunghezza dei vari sarcomeri che compongono le fibre muscolari. Infatti, a maggiori lunghezze di allungamento i sarcomeri di minor dimensione subirebbero un fenomeno di “overstretching” la cui magnitudo sarebbe direttamente correlata alla lunghezza muscolare alla quale s’innesca il processo di allungamento (Morgan, 1990).

Page 14: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

E’ infatti a questo proposito importante sapere che un muscolo attivo è capace di assorbire molta più energia –in termini di energia tensiva – rispetto ad un muscolo passivo. Per cui il potenziale di assorbimento energetico di un muscolo è fortemente aumentato nel momento in cui quest’ultimo si contrae attivamente (Garret, 1990) Questo introduce il concetto di come un muscolo, contraendosi attivamente, possa mettere in atto una sorta di strategia autolimitante i danni conseguenti ad un’eccessiva elongazione. La capacità di un muscolo di resistere ad una forza elongativa assorbendo energia è rappresentabile graficamente, in termini meccanici dall’area sottesa al di sotto della curva stress-strain, come mostrato in figura 3.

Figura 3: un materiale biologico come il muscolo scheletrico allungato oltre una certa lunghezza produce una certa quota di energia tensiva che, nel grafico che raffigura la relazione forza-lunghezza, è rappresentata dall’area sottesa alla curva.

Possiamo considerare che all’interno della struttura biologica muscolare, vi siano due componenti strutturali in grado di assorbire energia tensiva: la componente passiva e la componente contrattile. Le possibilità di assorbimento energetico da parte della componente passiva non dipendono dall’attivazione muscolare, ma sono essenzialmente attribuibili al tessuto connettivale che si trova all’interno del ventre muscolare ma anche al “dumping factor” costituito dalla fibra stessa ed alla quota di tessuto connettivo ad essa associato. Il muscolo mostra tuttavia un incremento delle sue capacità di assorbimento di energia tensiva grazie alle sue caratteristiche contrattili, che ovviamente

Page 15: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

dipendono dal suo livello di contrazione al momento dell’evento elongativo, come si può vedere rappresentato graficamente nella figura 4.

Figura 4: rappresentazione grafica della relazione forza-lunghezza in un muscolo elongato sino al suo limite di rottura sia in condizione passiva, che di contrazione. Come è facilmente osservabile dal grafico, il picco di forza di rottura è maggiore, nel muscolo contratto rispetto allo stesso muscolo in condizioni di rilassamento, di una quota pari a solamente il 15%. Tuttavia, l’energia tensile assorbita dal muscolo contratto risulta essere molto maggiore rispetto a quella assorbita dallo stesso muscolo in condizioni di rilassamento. Inoltre, è interessante notare che l’energia assorbita è maggiore a bassi livelli di allungamento. (da Garret, 1990, modificato).

Per cui potrebbero sussistere delle condizioni in grado di diminuire la capacità contrattile del muscolo e quindi di ridurre contestualmente la sua capacità di assorbire energia durante una fase di elongazione. La fatica muscolare e la debolezza strutturale conseguente ad una precedente lesione, potrebbero essere due fattori determinati in quest’ambito. E’ anche importante notare che un ottimale capacità di assorbimento di forza elongativa rappresenta un importante fattore protettivo, non solamente per il muscolo stesso ma anche per ciò che riguarda le articolazioni e l’apparato capsulo-legamentoso (Radin e coll., 1979). Inoltre, è interessante osservare che a bassi livelli di tensione elongativa, l’energia assorbita dal muscolo è pressoché totalmente a carico della componente contrattile e, dal momento che la normale attività eccentrica muscolare, comporta livelli tensivi piuttosto ridotti, la quasi totalità dell’energia dovuta allo stress tensile è assorbita in questo caso dalla componente contrattile stessa (Radin e coll., 1979).

Page 16: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Durante la contrazione eccentrica il muscolo è in effetti comunque sottoposto ad un fenomeno di “overstretching” che, in quanto tale, può determinare l’insorgenza di lesioni a livello dell’inserzione tendinea, della giunzione muscolo-tendinea, oppure a livello di una zona muscolare resa maggiormente fragile da un deficit di vascolarizzazione (Middleton e coll., 1994). E’ interessante notare come siano i muscoli pluriarticolari quelli maggiormente esposti all’insulto traumatico, proprio per il fatto di dover controllare, attraverso la contrazione eccentrica, il range articolare di due o più articolazioni (Brewer, 1960). Oltre a ciò, anche la conformazione di muscoli stessi può essere un fattore predisponente al rischio lesivo, infatti i muscoli fusifomi si dimostrano particolarmente esposti alle lesioni indirette (Palmer e coll., 1999). Anche la diversa tipologia delle fibre muscolari presenta una differente incidenza di evento lesivo. Le fibre a contrazione rapida (FT), sono infatti maggiormente esposte a danni strutturali rispetto a quelle a contrazione lenta (ST), probabilmente a causa della loro maggior capacità contrattile, che si traduce in un’accresciuta produzione di forza, e di velocità di contrazione, rispetto alle fibre di tipo ST (Garret e coll., 1984; Fridén e Lieber, 1992). Inoltre i muscoli che presentano un’alta percentuale di FT, sono generalmente più superficiali (Lexell e coll., 1983) e normalmente interessano due o più articolazioni, fattori entrambi predisponenti al danno strutturale (Brewer, 1960; Garret, 1990). A questo si unisce il fatto che alcuni studi (Potvin, 1997), dimostrino come nel corso della fase eccentrica del movimento, l’attività elettromiografica mostri un reclutamento preferenziale di fibre FT.

Oltre a queste ipotesi, è interessante segnalare alcuni studi, ritrovabili in bibliografia, che imputavano la maggior suscettibilità al danno strutturale da parte delle fibre glicolitiche al loro particolare metabolismo (Patel e coll., 1998). Secondo questa teoria il basso potenziale ossidativo, tipico delle fibre glicolitiche, predisporrebbe queste ultime al danno strutturale nel corso di contrazioni eccentriche reiterate a causa della deplezione dei fosfati altamente energetici. A questo conseguirebbe la formazione di ponti actomiosinici in “rigor state” particolarmente esposti, proprio a causa della loro eccessiva rigidità, al danno strutturale potenzialmente inducibile dalla contrazione eccentrica. Tuttavia questa ipotesi, anche se avvincente e non priva di razionalità, non fu suffragata da evidenze sperimentali nel corso di ulteriori studi condotti dallo stesso Autore, durante i quali non fu possibile dimostrare, su modello animale, che un maggior potenziale ossidativo delle fibre glicolitiche, indotto da uno specifico piano di allenamento, potesse rappresentare un fattore protettivo per i possibili danni inducibili dalla contrazione eccentrica. Al di là delle indubbie differenze di tipo metabolico intercorrenti tra le fibre glicolitiche e quelle ossidative, altre teorie che tentano di argomentare la maggiore predisposizione all’insulto traumatico delle FT, chiamano in causa il diverso contenuto di queta ultime per ciò che riguarda il livello di alcune proteine citoscheletriche (Koh, 2002). Queste particolari proteine citoscheletriche, che sarebbero contenute in maniera minore nelle fibre glicolitiche rispetto a quanto osservabile invece in quelle ossidative, fornirebbero una sorta di supporto strutturale per i sarcomeri e la membrana cellulare, contribuendo in tal modo a mantenere l’integrità di tali strutture anatomiche nei confronti dello stress meccanico rappresentato dalla contrazione eccentrica. Lo stesso Koh identificò inoltre in altre particolari molecole proteiche, denominate “heat shock proteins” che farebbero capo ad una famiglia di “proteine dello stress” ancora una volta contenute in quota maggiore nei muscoli ossidativi rispetto a quelli glicolitici, delle sostanze in grado di svolgere un ruolo protettivo nei confronti della struttura muscolare sempre nel corso delle “induced injury contraction” rappresentata dalla contrazione eccentrica.

Page 17: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Un ulteriore fattore di rischio è rappresentato dall’eterogeneità della lunghezza sarcomerale. I sarcomeri di minor lunghezza costituiscono, infatti, il “punto debole della catena “ durante il fenomeno dell’overstretching eccentrico (Morgan, 1990). A questo proposito è importante ricordare come dopo una lesione muscolare si sia potuto notare, in un modello animale, un aumento dell’eterogeneità della lunghezza sarcomerale (Patel e coll., 2004), questo potrebbe, almeno in parte, spiegare il fatto di come, un muscolo precedentemente lesionato, presenti un più alto rischio di recidiva traumatica. Inoltre, è interessante notare come l’insulto traumatico sia prevalentemente localizzato a livello della giunzione muscolo-tendinea, a testimonianza del fatto che in questa zona, come del resto nella porzione finale della fibra muscolare, si verifichi il maggior stress meccanico (Garrett, 1990; Garrett e coll., 1987; Lieber e coll., 1991). Anche se a questo proposito occorre comunque ricordare che alcuni studi (Huxley e Peachey, 1961) dimostrerebbero come la fibra muscolare, in prossimità della giunzione muscolo tendinea, mostri un allungamento minore durante una fase eccentrica, rispetto a quello osservabile nella sua area centrale. Questo dato ci potrebbe indurre a formulare l’ipotesi che i danni susseguenti ad una contrazione eccentrica, a livello della giunzione muscolo-tendinea, non siano tanto da imputarsi all’entità dell’allungamento in quanto tale, quanto piuttosto all’applicazione di forze di tipo tangenziale a livello di un’area meno vascolarizzata e pertanto strutturalmente più fragile. In ultimo, occorre sottolineare il particolare aspetto metabolico connesso alla contrazione di tipo eccentrico. Durante la contrazione di tipo eccentrico, dal momento che la perfusione muscolare viene drasticamente diminuita con conseguente deficit funzionale del meccanismo aerobico, il lavoro svolto è di tipo prevalentemente anaerobico; questo determina, sia un aumento della temperatura locale, che dell’acidosi, oltre ad una marcata anossia cellulare. Questi eventi metabolici si traducono in un’aumentata fragilità muscolare ed in una possibile necrosi cellulare, sia a livello muscolare, che del connettivo di sostegno (Middleton e coll., 1994).

1.5 La fase di Calcium overload

Da un’attenta disamina della letteratura internazionale appare chiaro che, se da una parte l’esercizio muscolare costituisce una potenziale fonte di eventi traumatici, dall’altra un corretto condizionamento del muscolo stesso e della sua funzionalità, può ridurre considerevolmente il rischio di lesioni (Armstrong, 1984; Ebbeling e Clarkson 1989; Schwane e Armstrong, 1983; Stauber, 1989). La maggior parte degli studi si accorda sul fatto che il danno muscolare si produce, in pratica quasi nella totalità dei casi, attraverso una contrazione di tipo eccentrico, durante la quale il muscolo stesso viene allungato nel momento stesso in cui è attivato dal punto di vista contrattile (Armstrong e coll., 1983b; Lieber e Fridén, 1988; McCully e Faulkner, 1985), inoltre il danno muscolare sembrerebbe correlato sia all’intensità, che alla durata dell’esercizio (McCully e Faulkner, 1986; Tiidus e Inauzzo, 1983). L’evento traumatico è in genere accompagnato da tutta una serie di problematiche di ordine clinico e funzionale che sostanzialmente sono identificabili in : perdita di forza contrattile, sensazione dolorosa, gonfiore e/o edema, diminuzione della capacità contrattile, alterazione del pattern propriocettivo muscolare ed alterazione nello schema di attivazione neuro-muscolare(Armstrong, 1984; Ebbeling e Clarkson 1989; Davies e White, 1981; Fridén e coll., 1983; Hough, 1901; Newman e coll., 1983; Ogilvie e coll., 1985; Warren e coll., 1990). Il trauma muscolare indiretto deve essere nettamente distinto dal DOMS (Delaeyd Muscle Soreness), infatti, anche se i due quadri biologici presentano molti punti comuni, il DOMS deve

Page 18: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

essere comunque inteso come un fisiologico processo che si pone a tutti gli effetti come naturale precursore di un processo di adattamento muscolare rivolto al miglioramento funzionale del muscolo stesso nei confronti di un carico esterno, costituito dal processo di allenamento (Armstrong, 1984; Armstrong, 1990). L’iniziale evento lesivo, conduce rapidamente ad una perdita, localizzata all’interno delle fibre muscolari lesionate, dell’omeostasi del Ca++che viene denominata come “Ca++ overload phase”. Le cellule muscolari posseggono alcuni meccanismi specifici deputati alla regolazione dei livelli di Ca++ citosolico (Carafoli, 1985; Klug e Tibbis, 1988); nel momento in cui questi meccanismi di buffering e traslocazione vengono inibiti dall’eccessivo livello intracellulare di Ca++, causato dalla rottura del reticolo sarcoplasmatico susseguente all’evento lesivo, si assiste all’attivazione di numerosi pathways di degradazione all’interno della fibra muscolare nella zona lesionale. Si innesca in tal modo, nel sito della lesione, un meccanismo di degradazione autogenetico che include l’attivazione della fosfolipase A2 (PLA2) con conseguente produzione a cascata di acido arachidonico, prostaglandine, leucotrieni, proteasi Ca++ dipendente e proteasi lisosomiale. Inoltre, l’aumento dei livelli di Ca++ intracellulare, oltre che provocare una contrazione sarcomerale riflessa (ossia non mediata dal SNC) , può inibire, od addirittura sopprimere, la normale respirazione mitocondriale. Questa cascata di fattori autogenetici all’interno delle fibre lesionate avviene prima dell’invasione, all’interno della fibra lesa dei macrofagi e perdura, comunque, anche dopo la comparsa di questi ultimi nel sito della lesione.

1.6 Le ipotesi d’insorgenza del danno muscolare

Anche se l’eziologia dell’evento o degli eventi specifici in grado d’indurre una lesione a livello della fibra del muscolo scheletrico non sono, ad oggi, esaustivamente compresi, le ipotesi a questo proposito possono essere, in ogni caso, suddivise in due tipologie, la prima di ordine fisico e la seconda di origine metabolica, anche se in molti casi questi due quadri eziologici si sovrappongono non permettendo, di fatto, una netta ed inequivocabile distinzione.

1.7 Le ipotesi di natura fisica

I possibili meccanismi di natura fisica capaci di indurre il danno strutturale iniziale alla fibra muscolare, possono essere sostanzialmente suddivisi in due categorie, delle quali la prima comprende le ipotesi di natura meccanica, mentre la seconda annovera quelle indotte dai cambiamenti della temperatura. Il fatto che il danno muscolare riconosca nella contrazione eccentrica il suo primum movens, è un concetto ormai diffusamente condiviso dalla maggioranza degli Autori (Armstrong, 1984; Ebbeling e Clarkson, 1989; Stauber, 1989; Kano e coll., 2008; Schache e coll., 2008; Chang e coll., 2009), per questo motivo dunque la teoria meccanica del danno fibrillare, sottolinea la sostanziale differenza, in termini di forza espressa, tra la contrazione eccentrica e quella concentrica ed isometrica, mentre la teoria che identifica il danno come conseguenza di un meccanismo “temperatura-dipendente” si basa sull’ipotesi che, durante una contrazione eccentrica, la temperatura locale del muscolo sia maggiormente elevata, fattore che predisporrebbe le fibre muscolari a dei cambiamenti strutturali e/o metabolici, potenzialmente deleteri.

Page 19: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

1.8 Le ipotesi di natura fisica : la teoria dei fattori meccanici

La teoria meccanica è basata sostanzialmente sul ruolo centrale che riveste la contrazione eccentrica nell’ambito del processo lesivo. Il muscolo scheletrico può essere definito come un materiale biologico duttile, ossia un materiale che è in grado di subire un elongazione che può anche andare al di là del 5% della sua lunghezza a riposo (Popov, 1990). Tuttavia, il muscolo scheletrico è, nello stesso tempo, un materiale biologico composito di tipo complesso e, proprio per questa ragione, lo studio delle sue componenti di debolezza strutturale, che possono determinare il cedimento meccanico, si rivela estremamente difficoltoso. Come già precedentemente accennato, il danno strutturale a carico della fibra muscolare può essere la conseguenza , sia di una singola contrazione muscolare, come dell’effetto cumulativo di una serie di contrazioni (Armstrong, e coll., 1991). Durante una contrazione la fibra muscolare può meccanicamente cedere, nel momento in cui lo stress tensivo, a cui le sue componenti strutturali sono sottoposte, supera la massima produzione di forza delle componenti stesse ed oltrepassa il cosiddetto “valore massimo teorico di stress” (VMTS). Se lo stress tensile al quale la fibra viene sottoposta, supera il VMTS, le componenti strutturali del muscolo cedono; in altre parole si verifica una lesione irreversibile a livello della fibra muscolare (figura 5) In modo analogo a quanto osservabile nel corso di un elongazione monodirezionale, come quella descritta in una curva stress-strain, la struttura muscolare può cedere irreversibilmente anche nel momento in cui viene sottoposta ad uno stress di taglio, in conformità a quanto enunciato dalla “maximum stress-shear theory”, detta anche “maximum distortion-energy theory” (Popov, 1990), nella quale le forze agenti sulla fibra muscolare vengono considerate in modo tridimensionale.

Page 20: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Figura5: una curva di stress-strain, tipica di un materiale biologico duttile sottoposto a tensione. Il materiale dimostra, prima che lo stress a cui è sottoposto superi il suo valore di massima produzione di forza (VMPF), un comportamento di tipo elastico. Una volta superato il VMPF, il materiale subisce un cambiamento permanente della sua forma, in altre parole è sottoposto ad una cosiddetta “deformazione plastica”. Una volta raggiunto il valore di massima forza tensile (VMTS) il materiale cede strutturalmente in modo irreversibile. Da un punto di vista traumatologico possiamo quindi identificare tre diverse zone nell’ambito della curva stress-strain di una fibra muscolare sottoposta a tensione nel corso di una contrazione eccentrica. La prima compresa tra l’inizio dell’elongazione ed il valore di VMPF, all’interno della quale, nonostante lo stress elongativo, la fibra muscolare mostra un comportamento elastico e quindi non rischia danni strutturali. La seconda compresa tra il valore di VMPF ed il valore di VMTS, all’interno della quale la fibra supera i suoi limiti elastici e subisce una deformazione plastica. In quest’ambito possiamo identificare tutti i danni elongativi, nei quali la fibra non mostra ancora una perdita della sua integrità strutturale. Ed infine una zona che va al di là del valore di VMTS, nella quale si verifica un cedimento strutturale della fibra stessa. In quest’ultimo caso, siamo nell’ambito dello strappo muscolare la cui entità - I°, II° o III° - grado è direttamente correlata alla magnitudo dello stress tensile al quale la fibra viene sottoposta.

Tuttavia, gli studi sui meccanismi che possono causare dei danni strutturali alla fibra muscolare, si sono rivolti e si rivolgono tuttora, anche all’effetto cumulativo delle tensioni meccaniche alle quali la fibra stessa viene sottoposta, focalizzandosi in tal modo sull’importante aspetto della resistenza del materiale biologico al fenomeno della fatica. In questo particolare ambito d’indagine si studia la risposta del materiale biologico nel momento in cui quest’ultimo venga sottoposto ad un alto numero di fasi di tensione e rilassamento, sino al raggiungimento del suo limite di rottura. Per i

Page 21: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

materiali che presentano un alto grado di duttilità, la relazione tra lo stress a cui vengono sottoposti ed il numero di cicli tensione-rilassamento che conducono alla loro rottura, è di tipo esponenziale (figura 6). Ad un aumento dello stress al quale il materiale viene sottoposto, corrisponde una diminuzione del numero dei cicli che portano al cedimento strutturale del materiale stesso (Ashby e Jones, 1988). In conformità a quanto enunciato dalle teorie della resistenza alla fatica dei materiali biologici, l’energia assorbita da un muscolo nel corso di una energica elongazione, può essere dissipata sia sotto forma di calore, che di deformazione plastica, intendendo con quest’ultimo termine un cambiamento permanente della forma e delle dimensioni delle componenti strutturali della fibra muscolare. Una deformazione plastica, in una struttura biologica come quella che può essere rappresentata dalla fibra muscolare, può iniziare con un iniziale cedimento di una o più delle sue componenti ultrastrutturali, che può condurre, al perpetuarsi dei cicli tensione-rilassamento, ad una franca rottura delle strutture sottoposte allo stress tensivo. Inoltre, occorre sottolineare che l’incremento del rateo di sviluppo dello stress tende a ridurre il numero dei cicli che portano al cedimento strutturale, sottolineando in tal modo che la velocità di allungamento della fibra muscolare può giocare un importante ruolo nella dinamica d’insorgenza del danno (Armstrong e coll., 1991).

Page 22: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Figura 6: una curva di fatica tipica di un materiale biologico duttile. Nel momento in cui lo stress medio applicato durante un ciclo tensione rilassamento - definibile anche da un punto di vista meccanico come un ciclo tensione-compressione – aumenta, si verifica una diminuzione del numero dei cicli che conducono ad un cedimento strutturale. Nel grafico la linea orizzontale punteggiata rappresenta il limite di endurance del materiale, valore di stress al di sotto del quale il materiale biologico considerato può sopportare un numero infinito di cicli tensione-rilassamento senza incorrere in danni strutturali. La linea rossa rappresenta invece il comportamento di un materiale maggiormente resistente alla fatica rispetto a quello il cui comportamento è rappresentato dalla linea di colore blu. (da Armstrong e coll., 1991, modificato).

L’analisi delle lesioni muscolari affrontata attraverso la prospettiva fornita dalla letteratura inerente la scienza dei materiali, appare comunque difficoltosa. La prima difficoltà concettuale alla quale ci si trova di fronte, è rappresentata dal fatto che non esistano dei dati concernenti la relazione tra l’entità delle forze tensili, o di quelle di taglio, ed il grado di gravità della lesione. Pochi studi hanno infatti indagato, sotto quest’ottica, le forze direttamente espresse all’interno della struttura muscolare, e anche nel caso in cui siano state effettuate questo tipo d’indagini, i valori desunti si riferiscono sempre alla registrazioni della forze effettuate a livello della struttura tendinea. E’ importante ricordare che, in questo caso specifico, i valori delle forze così calcolati rappresentano la somma dei valori di stress di ogni singolo componente strutturale, moltiplicati per la loro rispettiva area di sezione (cross-sectional area, CSA). In tal modo quindi appare chiaro come, da questo valore “globale”, risulti difficoltoso, se non impossibile, effettuare un’analisi dei fattori e dei valori di cedimento strutturale per ogni singolo componente del sistema biologico considerato. Un secondo problema è rappresentato dal fatto che i valori individuali di VMPS e di VMTS dei singoli elementi che costituiscono la fibra muscolare sono, in effetti, sconosciuti. Un ultimo aspetto, problematico in quest’ambito, è costituito dalla reale scarsa conoscenza delle capacità totali di lavoro, in relazione al rischio di lesione, che il muscolo scheletrico dimostra di poter sopportare durante un ciclo di contrazioni eccentriche. Soprattutto in merito a quest ambito specifico, mancano dati certi sulla percentuale di energia assorbita dal muscolo e che viene dissipata sotto forma di deformazione plastica. Nonostante le indubbie difficoltà concettuali or ora enunciate, da un attento esame della letteratura possiamo comunque ricavare alcuni importanti dati inerenti le capacità di resistenza tensiva della fibra muscolare nei confronti della contrazione eccentrica. Il primo dato interessante è rappresentato dal fatto che durante una contrazione eccentrica la produzione di forza può superare di una percentuale compresa tra il 50 ed il 100% il massimo valore di forza isometrica (P0) del muscolo considerato (Woledge e coll., 1985), inoltre, come già precedentemente ricordato durante una contrazione eccentrica, effettuata alla velocità di 90° · s-1, la forza espressa dal distretto muscolare risulta essere di ben tre volte maggiore di quella prodotta, alla stessa velocità, durante una contrazione concentrica (Middleton e coll., 1994). Ricordiamo che questa maggior produzione di forza durante una contrazione eccentrica, è sostanzialmente dovuta alle capacità elastiche della coda della miosina; che grazie alle sue caratteristiche elastiche, permette un sostanziale aumento delle capacità di produzione di forza durante la fase elogativa della contrazione (Middleton e coll., 1994). Un altro interessante aspetto è dato dal fatto che, durante una contrazione eccentrica, per poter comunque soddisfare il principio di una contrazione isovolumetrica, la CSA di ogni fibra diminuisce in funzione del grado di allungamento al quale la fibra stessa viene sottoposta. Da

Page 23: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

un’attenta analisi di questi dati, possiamo desumere che il valore medio dello stress tensivo che una fibra muscolare, allungata attivamente durante una contrazione eccentrica al 130% della sua lunghezza di riposo (L0), può risultare essere maggiore dal 100 al 160% rispetto a quello che si verifica durante una contrazione isometrica massimale effettuata ad L0. Anche per quello che riguarda il turn-over di formazione e distacco dei ponti acto-miosinici, è possibile desumere dalla letteratura specifica alcune interessanti informazioni. Il numero dei ponti acto-miosinici sembrerebbe infatti decrescere contestualmente all’aumento della velocità di allungamento del muscolo (McMahon, 1984). Questo fenomeno potrebbe comportare un aumento della forza prodotta a livello di ogni singolo ponte acto-miosinico, predisponendo in tal modo le proteine contrattili del muscolo all’insulto traumatico (McMahon, 1984). Inoltre, alcune evidenze sperimentali condotte in tal senso confermerebbero le teorie sin’ora citate. Su preparati isolati di muscolo sartorio di rana, dopo solamente tre contrazioni eccentriche, il rateo di sviluppo della forza diminuisce significativamente e si può ooservare uno spostamento della curva lunghezza-tensione del muscolo verso lunghezze muscolari maggiori. Tuttavia, questi cambiamenti si verificano solamente in seguito a contrazione di una certa magnitudo e comunque non prima di valori di forza eccedenti il 180% di P0 (McCully e Faulkner, 1985; 1986). Anche se, nella pratica corrente, il maggior numero di lesioni muscolari sembrerebbe avvenire nel corso di contrazioni eccentriche particolarmente veloci, il grado, inteso come severità, dell’insulto strutturale della fibra è principalmente correlato al picco di forza espresso durante la contrazione eccentrica stessa e non alla sua velocità intrinseca (McCully e Faulkner, 1986). Inoltre, è interessante notare come se contrazioni eccentriche di magnitudo pari all’85% di P0, siano già in grado di causare danni strutturali all’architettura della fibra muscolare, questo non si verifichi durante contrazioni isometriche o concentriche della stessa intensità. Questo particolare comportamento meccanico, può essere spiegato dal fatto che lo stesso picco di forza, durante una contrazione eccentrica, viene prodotto ad una lunghezza muscolare maggiore rispetto a quella riscontrabile nel corso di una contrazione isometrica o concentrica, fattore che diminuirebbe le capacità di resistenza tensiva della fibra. Infatti, il picco di forza durante una contrazione eccentrica viene raggiunto ad una lunghezza maggiore rispetto a quella osservabile durante una contrazione isometrica o concentrica, ossia mediamente al 110% versus il 100% di L0 (McCully e Faulkner, 1986; Newham e coll., 1988). Sin dal 1939 (Katz, 1939) si era potuto constatare come il processo lesivo a carico del muscolo scheletrico fosse di tipo “lunghezza – dipendente”, intendendo con questo che la maggioranza dei danni alla struttura muscolare avvenivano nel momento in cui la contrazione eccentrica si verificava a lunghezze muscolari importanti e comunque maggiori di L0; gli stessi dati trovati da Katz furono in seguito confermati da altri Autori (McCully e Faulkner, 1985; 1986). Possiamo quindi affermare che le contrazioni eccentriche effettuate a lunghezze maggiori di L0, causino un eccessivo stress tensile potenzialmente lesivo non solo per gli elementi attivi dell’ultrastrutture muscolare ma anche per quelli passivi, come ad esempio il tessuto connettivo di sostegno. In effetti questa sorta di debolezza strutturale intrinseca che la fibra del muscolo striato mostra durante una contrazione eccentrica, è probabilmente sostanzialmente riconducibile al fatto che, durante il raggiungimento del picco di forza nel corso di una contrazione eccentrica, il numero di ponti acto-miosinici attivi è probabilmente minore rispetto a quanto non sia osservabile durante il raggiungimento del picco di forza in una contrazione isometrica e/o concentrica. E’ anche importante sottolineare che nella curva tensione-allungamento della fibra muscolare isolata si verifica, per lunghezze eccedenti L0, un decremento della tensione attiva, che viene comunque compensato da un contestuale incremento della tensione espressa dagli elementi passivi, che in questo caso contribuiscono alla produzione del

Page 24: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

livello di forza totale, dando comunque nello stesso tempo un idea di quanto anch’essi siano sollecitati dal punto di vista tensivo durante l’allungamento del muscolo. Per questo motivo, durante la fase di allungamento un complesso muscolare –inteso sia nella sua componente attiva, che in quella passiva - è esposto all’evento lesivo, non solo quando sia elettricamente attivo ma anche in una fase elettricamente silente. Molti Autori hanno sottolineato il fatto che, per un dato livello di produzione di forza, lo stress generato a livello degli elementi passivi del muscolo, sia maggiore durante una contrazione eccentrica rispetto a quanto non sia nel corso di una contrazione isometrica o concentrica (McCully e Faulkner, 1986; Faulkner e coll., 1989). Tuttavia, è altresì vero il fatto che durante un allungamento effettuato alla stessa velocità di allungamento alla quale viene effettuata una contrazione eccentrica – considerata quindi in questo caso come una sorta di allungamento attivo del muscolo – non si verifichi generalmente un evento lesivo a livello strutturale (McCully e Faulkner, 1986; Faulkner e coll., 1989), questo significa che, nonostante il fatto che sia teoricamente possibile un danno strutturale anche nel corso di un allungamento di un muscolo elettricamente silente, è altrettanto vero il fatto che il carico tensivo a cui vengono sottoposti gli elementi passivi del muscolo non sia lo stesso durante un allungamento attivo o passivo. In effetti, non vi sono molte evidenze pratiche o sperimentali che testimonino del fatto che gli elementi passivi del muscolo possano essere danneggiati durante una contrazione eccentrica. Infatti, in questi casi la maggior parte della tensione passiva, sino a lunghezze sarcomerali maggiori del 140 – 150% di L0, viene assorbita dal sarcolemma (Casella, 1951; Higuchi e Umazume, 1986; Rapoport, 1972). A causa della disomogeneità della lunghezza sarcomerale, nel corso di una contrazione eccentrica, i sarcomeri di minor dimensione possono subire un eccessivo allungamento, anche se il cambiamento del ventre muscolare in toto è relativamente esiguo (Colomo e coll., 1988; Julian e Morgan, 1979). In questa particolare situazione, i sarcomeri di minor dimensione, che a causa di ciò subiscono un vero e proprio meccanismo di overstretching, possono lesionarsi oppure causare una lesione nei sarcomeri a loro adiacenti. L’importanza dell’integrità sarcomerale, è ben illustrata nelle patologie associate alla distrofia muscolare di Duchenne dove si assiste allo sviluppo di tutta una serie di difetti a livello del sarcomero (Bhattacharya e doll., 1989) essenzialmente imputabili ad una mancanza di distrofina2 (Hoffman e coll., 1987; Zubrycka-Gaarn e coll., 1988). A questo proposito, alcuni Autori (Karpati e Carpenter, 1989) hanno sottolineato da tempo la fondamentale importanza della distrofina per la stabilità meccanica del plasmalemma3 , soprattutto per quello che riguarda il mantenimento di un corretto allineamento tra lamina basale e plasmalemma stesso. Alcuni esperimenti condotti su muscolo isolato di rana (frog semitendinosus muscle), dimostrano come si verifichi un importante perdita di energia in concomitanza all’aumento della lunghezza sarcomerale, postulando in tal modo che la quota energetica così dispersa possa essere dispersa sotto forma di calore, oppure in deformazione plastica del sarcolemma, del reticolo sarcoplasmatico, della lamina basale o del citoscheletro (Tidball e Daniel, 1986). Globalmente dagli stessi dati si può desumere che circa il 77% della dissipazione energetica totale, che si verifica nel corso di una stretching-shortening cycle, venga dissipata a livello della membrana basale. Questi stessi dati, furono in seguito confermati da altri studi sperimentali (Stauber, 1989), che dimostrarono un’evidenza istochimica ed immunoistochimica di danno a livello della lamina basale e dell’endomisio in un

2 Nella distrofia muscolare di Duchenne, dovuta a mutazioni spontanee del gene Xp21, la ricerca della distrofina con metodiche immuno-istochimiche dimostra l’assenza della proteina in tutte le fibre muscolari, o la sua presenza in un massimo del 3% delle fibre. 3 Plasmalemma: membrana che delimita esternamente il protoplasto, ossia il corpo protoplasmatico di una cellula (membrana cellulare).

Page 25: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

muscolo sottoposto a contrazione eccentrica. Anche la teoria della disomogeneità della lunghezza sarcomerale - e conseguentemente del fenomeno di overstretching a cui venivano sottoposti, durante una contrazione eccentrica, i sarcomeri di minor lunghezza strutturale- fu in seguito confermata anche da studi successivi (Morgan, 1990). Morgan propose anche una sequenzialità di eventi ben definiti in questo senso:

a) La contrazione eccentrica porta alcuni sarcomeri – la cui lunghezza è minore rispetto alla lunghezza sarcomerale media – ad essere sovratensionati

b) I sarcomeri sovratensionati non riescono a rilassarsi convenientemente durante il ciclo contration-time / relaxation time

c) Soprattutto nel corso di un ciclo di contrazioni eccentriche particolarmente veloci i sarcomeri sovratensionati, e per questo motivo incapaci di raggiungere un sufficiente rilassamento durante la successione delle contrazioni, trasferiscono lo stress tensile sulle miofibrille adiacenti

d) In conseguenza al trasferimento di un eccessivo stress tensile, il sarcolemma ed il reticolo sarcoplasmatico delle fibre adiacenti ai sarcomeri sovratensionati, cede strutturalmente.

Questa teoria è, perlomeno parzialmente, suffragata dai dati forniti da McCully e Faulkner (1986) che dimostrarono come non vi fosse alcuna evidenza di danno strutturale quando la velocità di allungamento risultava ridotta al di sotto un certo limite. In ogni caso, i dati forniti dagli studi sperimentali di McCully e Faulkner, forniscono l’evidenza che le componenti strutturali della fibra muscolare possono conoscere un fenomeno di affaticamento connesso alla ripetitività della contrazione eccentrica. Di particolare interesse è la forte correlazione, mostrata dagli stessi Autori, tra l’aumento del numero delle contrazioni eccentriche, il decremento del picco di massima forza eccentrica del muscolo e l’aumento delle aree di cedimento strutturali osservabili all’interno del muscolo stesso. Questo dato suggerisce come che il grado di lesione possa essere proporzionale all’ammontare complessivo di lavoro eccentrico effettuato dalle fibre muscolari. Dai dati desumibili dai lavori di McCully e Faulkne, si potrebbero quindi trarre due importanti conclusioni, che hanno delle altrettanto considerevoli ricadute sul piano pratico / riabilitativo e cioè:

i) Il muscolo avrebbe un limito massimo di contrazioni eccentriche al di là del quale inizierebbe un progressivo fenomeno di indebolimento strutturale che potrebbe condurre al danno strutturale.

ii) Dal momento che un progressivo aumento del numero delle contrazioni eccentriche, porterebbe ad un contestuale progressivo decremento del picco di massima forza eccentrica, dovuto al fenomeno della fatica, esprimibile dal muscolo, esisterebbe un limite del suddetto valore di forza eccentrica, al di sotto del quale il muscolo sarebbe esposto al rischi di danno strutturale. Secondo quanto riportato da McCully e Faulkner, tale limite sarebbe compreso tra il 60 e l’80% del massimo valore di forza eccentrica. In altre parole quando il decremento della produzione di forza eccentrica,

Page 26: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

scende al di sotto del 20 – 40% il muscolo corre il rischio di danneggiarsi strutturalmente.

Da un punto di vista pratico e soprattutto riabilitativo/preventivo, questi dati sottolineano l’importanza di:

i) Aumentare le capacità del muscolo nell’ambito della resistenza specifica nei confronti della contrazione eccentrica, in modo tale da poter aumentare la quantità del lavoro eccentrico sopportabile dal muscolo stesso, spostando in tal modo la curva di cedimento strutturale della relazione “stress-numero di cicli conducenti a cedimento strutturale”, verso l’alto ed a destra.

ii) Aumentare il valore massimale di forza eccentrica, limitando il decremento di quest’ultimo in concomitanza all’aumento del numero di cicli di contrazione. A questo proposito è importante ricordare come il valore di forza resistente – in questo caso di forza resistente in regime eccentrico – dipenda dai valori di forza massimale – e quindi in questo caso specifico di forza massimale eccentrica.

1.9 Le ipotesi di natura fisica : il ruolo dell’aumento di temperatura nel danno muscolare.

Numerosi studi (Nadel e coll., 1972; Nielsen 1969; Pahud e coll., 1980) testimoniano del fatto di come la temperatura intramuscolare sia maggiore durante il lavoro negativo (i.e contrazione eccentrica) rispetto a quanto non sia invece osservabile nel corso del lavoro positivo (i.e contrazione concentrica), quando il dato sia rapportato ad un equivalente metabolico oppure ad un rateo di produzione di calore (per maggiori approfondimenti vedere il riquadro di approfondimento specifico). In condizioni sperimentali equivalenti la contrazione eccentrica, rispetto a quella concentrica produrrebbe un aumento di calore superiore di circa 1.2°C (Nadel e coll., 1972), aumento sufficiente a determinare un decremento della viscosità del sarcolemma pari a circa il 7% (Nagamoto e coll., 1984). Tale decremento di viscosità, seppur modesto, sarebbe comunque in grado di attivare la fosfolipasi A2, innescando in tal modo un aumento del rateo di degradazione della membrana cellulare (Chang e coll., 1987). Altri studi, condotti su muscolo in vitro, evidenzierebbero come un aumento della temperatura da 25 a 35° C ottenuto sottoponendo il muscolo ad una serie di contrazioni eccentriche, aumenti il rischio di danno strutturale di ben il 50% (Zerba e coll., 1990). Tuttavia, occorre adottare una certa cautela nell’interpretare il ruolo dell’aumento della temperatura del muscolo nell’ambito del suo danno strutturale. Tale prudenza è d’obbligo soprattutto considerando il fatto che, negli studi citati , la differenza tra il picco di temperatura ottenuto durante il lavoro negativo e positivo sarebbe sostanzialmente modesta; secondariamente il rateo metabolico assoluto non sembrerebbe, in questo specifico ambito, il parametro maggiormente discriminante. Oltre a questo, occorre considerare che l’effetto Fenn predirebbe teoricamente un rateo di produzione di calore minore durante una contrazione eccentrica rispetto a quello teoricamente prevedibile nel corso di una contrazione isometrica e concentrica. In effetti, la previsione teorica effettuata basandosi sull’effetto Fenn, che predirebbe una minor produzione calorica durante una contrazione eccentrica, sarebbe avvallata anche da alcuni dati

Page 27: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

sperimentali (Abbot e Aubert, 1951). Tutte queste osservazioni ci potrebbero indurre a considerare la maggior produzione di calore osservabile nel corso del lavoro negativo, non tanto come un aumento del rateo di produzione di calore da parte del muscolo stesso in simili condizioni quanto, piuttosto, come la conseguenza della diminuzione del rateo di rimozione di calore da parte del muscolo, stesso registrabile durante una contrazione eccentrica (per maggiori approfondimenti fare riferimento al riquadro di approfondimento specifico).

RIQUADRO DI APPROFONDIMENTO

Contrazione eccentrica e termodispersione

La produzione di calore metabolico ed il suo smaltimento, possono essere modellizzati attraverso un nucleo centrale “produttore di calore”, costituito dai muscoli scheletrici, dai visceri, dagli organi interni e dal sistema nervoso centrale, un “sistema di trasporto”, costituito dal sistema circolatorio e da una “superficie di raffreddamento”, costituita dalla cute. Durante un contrazione eccentrica si verifica un transitorio ed intermittente meccanismo di vasocostrizione che limita fortemente la capacità di trasporto del calore, prodotto dalla contrazione muscolare, da parte del sistema circolatorio. Per questo motivo la maggior produzione di calore durante il lavoro negativo, rispetto alla produzione di calore registrabile durante il lavoro positivo, è sostanzialmente da imputarsi al ridotto rateo di degradazione del calore che si verifica durante il lavoro negativo, causato dal meccanismo vasocostrittivo sopramenzionato.

Page 28: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

1.10 Le ipotesi metaboliche: il ruolo di un’insufficiente respirazione mitocondriale.

Nel corso dell’ esercizio fisico la respirazione mitocondriale risulta elevata insieme alla sintesi ed all’idrolisi dell’ATP. Questa situazione è ben bilanciata da un punto di vista fisiologico nel corso di un esercizio condotto ad intensità moderata nel quale, le fibre muscolari in attività, riescono a mantenere la concentrazione dell’ ATP vicino ai valori di base (Krisanda e coll., 1988). Tuttavia, nel corso di un esercizio intenso e prolungato, si verifica costantemente una certa riduzione nella concentrazione dei fosfati energetici (Krisanda e coll., 1988) e la possibilità che quest’evenienza si verifichi all’interno di alcuni compartimenti specifici della fibra, rappresenta una concreta e ragionevole ipotesi che potrebbe spiegare gli eventi iniziali del meccanismo della lesione muscolare. Ad esempio, nel caso in cui si verifichi una diminuzione dei livelli di ATP nella vicinanza della Ca++ - ATPase a livello del reticolo sarcoplasmatico o del sarcolemma, la rimozione del Ca++ dal citoplasma potrebbe risultare compromessa, causando in tal modo un aumento del Ca++ citosolico. A questo proposito esistono importanti evidenze sperimentali che mostrano come, per mantenere un ottimale stato di funzionamento cellulare, sia di vitale importanza mantenere una funzionalità ottimale della pompa Ca++ (Duncan, 1987)4. Sempre in quest’ambito, alcuni studi hanno dimostrato come una diminuzione nel rifornimento energetico cellulare possa comportare un rilascio di Ca++ dal reticolo sarcoplasmatico (Duchen e coll., 1990). Alcune evidenze fisiologiche dimostrerebbero che il deficit di respirazione mitocondriale all’interno della fibra muscolare, non può essere comunque considerato alla stregua di un evento iniziale nell’insorgenza del danno muscolare; queste affermazioni si baserebbero sul fatto che, un dato livello di produzione di forza e/o di potenza meccanica da parte del muscolo, generato attraverso una contrazione eccentrica, risulterebbe metabolicamente meno costoso di quanto non sia lo stesso livello di produzione di forza e/o potenza generato tramite una contrazione di tipo concentrico od isometrico (Bonde-Peterson e coll., 1972; Curtin e Davies, 1970; Infante e coll., 1964). Nonostante ciò, è la contrazione eccentrica il tipo di comportamento muscolare contrattile che mostra maggior potenzialità lesive nei confronti dell’integrità della struttura muscolare (Armstrong e coll., 1983; Asmussen, 1956; Newham e coll, 1983; Armstrong, 1984; Ebbeling e Clarkson, 1989; Stauber, 1989). Questa mancanza di correlazione tra costo metabolico ed evento lesivo nel corso di una contrazione di tipo eccentrico, indicherebbe, secondo alcuni Autori, che l’eziologia della lesione muscolare non sarebbe da ricondursi ad un insufficiente produzione di ATP. Alcuni Autori hanno mostrato come non vi siano cambiamenti nei livelli di ATP, di CP o nel pH dopo un evento lesivo, anche se 24 ore dopo un esercizio intenso si può registrare un significativo aumento dei livelli di fosfato inorganico (Aldridge e coll., 1986). Nello stesso tempo, è ragionevole potersi aspettare che durante una serie di contrazioni concentriche il pH muscolare sia più basso di quanto non possa essere durante una lavoro di tipo eccentrico. Questo potrebbe rappresentare un’ulteriore prova indiretta del fatto che l’abbassamento del pH non possa, di per sé, costituire il fattore iniziale del danno muscolare. In questo senso esistono sperimentazioni che dimostrano come, su muscolo isolato, si possa indurre un danno muscolare anche in presenza di pH neutro (compreso tra 7.3 e 7.6) con una media di 3 mmol di lattato per litro (Duncan, 1987). Nonostante ciò, è di estrema importanza sottolineare che questi studi, e le loro conseguenti ipotesi, seppur logiche e razionali, non costituiscono la prova indiscutibile del fatto che la deplezione di ATP o l’abbassamento del pH,

4 Questi studi sperimentali sono stati condotti grazie all’utilizzo di un specifico colorante denominato “rosso di rutenio”. Il rosso di rutenio inibisce la Ca++ ATPase nel sarcolemma, nel reticolo sarcoplasmatico e nei mitocondri, causando un rapido e drammatico danno all’ultrastruttura muscolare.

Page 29: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

non siano implicati nei processi che conducono alla lesione muscolare, ma come piuttosto mostrino che il danno muscolare possa avvenire anche in assenza di questi presupposti di ordine metabolico (Armstrong e coll., 1991). Particolare attenzione deve essere posta sul fatto che questi specifici quadri di “disparità” metabolica”, possono essere del tutto focali all’interno delle fibre, ragion per cui in una ben delimitata area di fibre muscolari si possono osservare delle sostanziali deplezioni di fosfati energetici e/o di accumulo di lattato che, al contrario, non sono osservabili nel resto della totalità del ventre muscolare. Per cui, anche se mancano delle dimostrazioni certe del fatto che le lesioni muscolari riconoscano la loro causa eziologica in un insufficiente rateo respiratorio mitocondriale, non mancano comunque in bibliografia degli studi che ipotizzino come il danno muscolare, soprattutto a carico delle fibre glicolitiche pure, per lo meno su modello animale, sia riconducibile al meccanismo eccentrico contestuale ad un quadro metabolico predisponente al danno stesso (Liebere e Fridén, 1988). In effetti un’ipotesi forse maggiormente razionale in questo senso è quella che vede l’anossia intermittente, di cui il muscolo soffre durante una serie di intense contrazioni eccentriche, come la causa della diminuzione del pH muscolare a cui consegue una situazione di potenziale fragilità strutturale sia del tessuto contrattile, che del tessuto connettivale all’interno del muscolo stesso (Armstrong e coll., 1991). In linea generale quindi, un quadro di fatica periferica può costituire , per lo meno da un punto di vista teorico, una situazione predisponente al danno muscolare, anche se una precisa quantificazione del ruolo della fatica nel meccanismo lesivo a carico del muscolo scheletrico, è obiettivamente difficoltoso.

Page 30: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Figura 7: in un muscolo sottoposto ad una serie di intense contrazioni eccentriche si può verificare una vasocostrizione capillare che può, a sua volta, essere la causa di un anossia intermittente e transitoria all’interno del ventre muscolare stesso. La diminuzione dell’efficienza del meccanismo di respirazione mitocondriale, causerebbe una diminuzione della produzione di ATP fornito dal meccanismo aerobico, che indurrebbe un sempre maggior coinvolgimento nella produzione energetica del meccanismo anaerobico lattacido. Questo, unitamente alla perdita di efficienza dei meccanismi termoregolatori sempre dovuta al fenomeno della vasocostrizione, causerebbe un abbassamento del pH ed un aumento della temperatura muscolare, fattori che condurrebbero ad un aumento della fragilità sia delle miofibrille, che del tessuto connettivo di sostegno predisponendo, in tal modo, il muscolo all’evento lesivo. ( Armstrong e coll., 1991).

1.11 La produzione di radicali liberi.

Un’ulteriore conseguenza dell’aumento del metabolismo durante l’esercizio è rappresentata dall’elevata produzione di radicali liberi (Jenkins, 1988; Packer, 1985; Packer, 1986; Matsunaga e coll., 2003; Kon e coll., 2008). Anche se in molte situazioni l’aumentata produzione di radicali liberi viene controllata da un’ampia gamma di enzimi e di molecole antiossidanti (Xu e coll., 1997; Kon e coll., 2008) (per ulteriori approfondimenti fare riferimento al capitolo specifico), in altre circostanze questo meccanismo protettivo può risultare inefficace (Demopoulos, 1973b: Jenkins, 1988; Horáková e coll., 2005). Un’incontrollata produzione di radicali liberi può causare un danno a livello cellulare attraverso un meccanismo di ossidazione dei fosfolipidi (Blake e coll., 1987; Demopoulos, 1973), del DNA (Cochrane e coll., 1988), dei carboidrati (Blake e coll., 1987) e delle proteine (Tappel, 1973; Wolffe coll., 1986). La lipoperossidazione della membrana lipidica può alterare la normale permeabilità della barriera del sarcolemma (Quintanihla e coll., 1982), permettendo in tal modo un’anormale diffusione molecolare,in particolare di Ca++ e di enzimi intramuscolari (Braughler, 1988; Malis e Boventre, 1988). Alcuni Autori hanno anche suggerito come la Ca++ ATPase possa essere uno dei bersagli preferenziali nell’ambito dei fenomeni delle reazioni ossidative della membrana cellulare (Braughler, 1988); l’inattivazione di questo enzima può infatti perturbare l’omeostasi del Ca++all’interno della fibra muscolare e causare, di conseguenza, l’attivazione di una serie di processi di degradazione cellulare. Tuttavia, le ricerche che supportino in modo evidente il ruolo dei radicali liberi nell’eziologia delle lesioni muscolari, sono abbastanza limitate, soprattutto se correlate alla contrazione eccentrica come causa meccanica principale. Uno degli studi maggiormente convincenti in quest’ambito è rappresentato da quello svolto da Zerba nel 1990 (Zerba e coll., 1990), nel quale gli Autori dimostrarono come, in un modello murino, un’iniezione intraperitoneale di superossido.- dismutasi limitasse, dopo l’imposizione di una serie di contrazione eccentriche in situ, la diminuzione del valore di P0 del muscolo considerato. Il trattamento a base di superossido-dismutasi era in grado di ridurre la diminuzione del valore di P0 per un periodo di ben tre giorni successivo all’esercizio eccentrico. Ulteriori lavori sperimentali, sempre condotti su modello animale, hanno ulteriormente corroborato le ipotesi formulate da Zerba (Strosová e coll., 2005; Kon e coll., 2007), per questo dunque appare ragionevole estendere questo modello teorico anche all’ambito umano (Castilho e coll., 1996; Close e coll., 2005; Clanton, 2007; Kerkweg e coll., 2007; Voss e coll., 2008). Non mancano tuttavia in letteratura studi che non avvallino la tesi che la somministrazione di un agente anti-ossidante possa ridurre i danni muscolari connessi ad un esercizio di alta intensità (Warren e coll., 1990; Kerkweg e

Page 31: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

coll., 2007; Childs e coll., 2001; Sacheck e Blumberg, 2001). E’ altresì importante ricordare alcune interessanti esperienze (Brooks e coll., 2008) che sottolineano il fatto che la produzione di radicali liberi, da parte del muscolo scheletrico, e conseguentemente il loro controllo e la loro regolazione, siano in funzione di stimoli fisiologici ben precisi e di come questi parametri giochino un importantissimo ruolo nell’ambito degli adattamenti fisiologici del muscolo durante il meccanismo di contrazione. Questi adattamenti includerebbero un’ottimizzazione del meccanismo di contrazione, ed inoltre rappresenterebbero l’inizio dei processi di adeguamento e cambiamento dell’espressione genica nei confronti dello stress indotto dalla contrazione muscolare. Evidentemente questi effetti benefici effetti dei radicali liberi nell’ambito della contrazione muscolare, contrastano con le evidenze scientifiche contrarie, che vedono nei radicali liberi l’inizio e/o la causa di un pathways di tipo degenerativo che si rivelerebbe fondamentale, non solo nell’ambito dei possibili danni strutturali a carico del muscolo scheletrico, ma anche, più in generale, nel suo processo d’invecchiamento. Questa forse solo apparente contraddizione, sottolinea comunque la necessità di un maggior approfondimento nella comprensione del ruolo ricoperto dai radicali liberi nell’ambito sia dell’esercizio fisico, che della sarcopenia. In ogni caso, nonostante la relativa mancanza di convincenti ed indiscutibili evidenze scientifiche in merito al ruolo dei radicali liberi nell’ambito dei meccanismi iniziali, e/o predisponenti alla lesione muscolare, è senza dubbio lecito porsi questa domanda: è ragionevole poter supporre un’aumentata produzione di radicali liberi durante l’esercizio eccentrico? Per rispondere a questo interessante e legittimo quesito, è utile ricordare che alcuni studi ( Brand e Lehninger, 1975) mostrano come durante il fenomeno ischemico, in una modellizzazione di danno ischemico/riperfusione, si evidenzi nel muscolo cardiaco una distruzione della normale stretta associazione osservabile tra gli elementi della catena di trasporto degli elettroni. Questo comporterebbe una produzione particolarmente evidente di radicali liberi durante la fase di riperfusione, fase nella quale si ritrovano elevate concentrazioni di O2 tissutale (Arkhipenko e coll., 1983; Faust e coll., 1988; Fisher, 1988; Hess e coll., 1982). E’ possibile quindi ipotizzare che le alte e specifiche tensioni muscolari che si verificano nell’ambito della contrazione eccentrica, possano alterare la normale struttura citoscheletrica, tra le cui funzioni vi quella di stabilizzare la posizione dei mitocondri (Bigland-Richie e Woods, 1976). La distruzione del citoscheletro potrebbe, a sua volta, causare uno scompaginamento della configurazione spaziale degli elementi che compongono la catena di respirazione mitocondriale (Demopoulos, 1973a). Questa perturbazione strutturale della catena di trasporto degli elettroni potrebbe condurre ad un’eccessiva produzione di radicali liberi e quindi ad un drammatico aumento del fenomeno di lipoperossidazione. Per cui, in senso generale, ogni perturbazione della catena di respirazione mitocondriale, può comportare un aumento della produzione di radicali liberi e rappresentare potenzialmente un meccanismo iniziale nell’ambito del fenomeno che possiamo denominare come “exercise-induced muscle fibre injury”.

1.12 La perdita della Ca++ omeostasi.

Se gli eventi iniziali del meccanismo lesionale sono di natura meccanica e metabolica, le fasi immediatamente successive all’evento lesivo stesso, sono connotate da un’elevazione dei livelli di Ca++ intracellulare nel sito lesionale (Boobis ecoll., 1990; Baracos e coll., 1984; Carpenter, 1989; Kameyana e Etlinger, 1979; Publicover e coll., 1978; Statham e coll., 1976). E’ interessante notare come anche in pazienti affetti da distrofia muscolare ed altre patologie muscolari, sia riscontrabile

Page 32: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

un aumento dei livelli intracellularei di Ca++ (Jackson e coll., 1985; Turner e coll., 1988;). L’importanza del mantenimento della concentrazione del Ca++ citosolico libero, è indirettamente sottolineata dal numero dei meccanismi di trasporto del Ca++ dal compartimento citosolico che la cellula possiede (Gillis, 1985; Klug e Tibbits, 1988). Esistono infatti almeno sette sistemi di trasporto membranario del Ca++. Allo stato attuale delle conoscenze nell’ambito specifico, non sembrerebbe che esistano, ad oggi, delle evidenze dirette del fatto che un’elevazione dei livelli intracellulari di Ca++ sia coinvolta nel meccanismo di “exercise-induced muscle fibre injury” (Hall-Craggs, 1980; Steer e Mastaglia 1986; Childs e coll., 2001;), anche se esistono comunque degli studi che mostrano come nella condizione di DOMS, siano presenti all’interno del muscolo degli alti livelli di Ca++ contestuali ad un altrettanto aumentato livello di Ca++ mitocondriale (Duan e coll., 1990a). Le ipotesi che giustificherebbero un aumento dei livelli di Ca++ intracellulare, sono essenzialmente riconducibili alla distruzione del sarcolemma riscontrabile durante l’evento lesivo. Il sarcolemma rappresenta infatti una barriera atta al mantenimento della concentrazione e del gradiente elettrico tra gli spazi intra ed extra cellulare, una sua distruzione quindi permette al Ca++ di invadere lo spazio intracellulare. La concentrazione di Ca++ libero extracellulare oscilla tra le 2 e le 3 mmol .l-1 mentre quella del Ca++ citosolico, nella fibra muscolare a riposo, è di circa 0.1µmol.l-

1. Appare quindi evidente come, a carico del Ca++, esista un importante gradiente tra lo spazio intra e quello extra cellulare e di come ogni perdita della normale permeabilità della barriera, rappresentata dal sarcolemma, possa causare un importante flusso di ioni Ca++ nello spazio intracellulare. In sperimentazioni effettuate su fibre muscolari trattate con saponina ed incubate in soluzione di Ca++ in concentrazioni comprese tra 0.5 e 8 µmol.l-1, si può osservare una distruzione delle miofibrille ed un ipercontrazione dei sarcomeri (Duncan, 1987). Dal momento che tali concentrazioni rientrano nello stesso range fisiologico osservabile durante la contrazione muscolare in vivo, questi dati sperimentali potrebbero indurre a credere che anche durante le normali attività contrattili il livello di Ca++ libero citosolico potrebbe essere sufficientemente elevato per dare inizio alla degradazione dell’ultrastruttura muscolare. Tuttavia, questo evento non si verifica soprattutto perché l’aumento del livello di Ca++ citosolico nel corso di una contrazione muscolare in vivo è di tipo transiente; ossia nel momento in cui il Ca++ viene rilasciato dal reticolo sarcoplasmatico nel corso della contrazione stessa, il suo livello è prontamente limitato dalle proteine regolatrici, in modo tale che il suo livello si presenti elevato solamente per un periodo di tempo molto ridotto e comunque troppo esiguo per permettere l’attivazione degli enzimi proteolitici (Robertson e coll., 1981) ; inoltre gli enzimi proteolitici all’interno della fibra sono compartimentalizzati e per questo motivo non sono influenzati dall’aumento del livello di Ca++ che si verifica durante il ciclo eccitazione-contrazione. Per cui, i danni alla membrana muscolare, od al reticolo sarcoplasmatico, possono essere causati da un aumento della concentrazione di Ca++ solo in quei compartimenti, all’interno della fibra muscolare, dove sia permesso al Ca++ di arrivare a contatto con i siti di legame degli enzimi degradanti (Duncan, 1987). Sostanzialmente quindi, non sarebbe il livello assoluto di Ca++ quello che può rappresentare un importante fattore di avvio del processo di danneggiamento muscolare, quanto piuttosto la durata temporale della magnitudo del movimento attivo del Ca++ attraverso la membrana della fibra muscolare (Duncan, 1987). In alcuni esperimenti che simulavano una lesione, simile a quella che può avvenire in seguito ad una contrazione eccentrica, ottenuta utilizzando delle micro punture effettuate a livello del sarcolemma, si è potuto osservare che l’area di necrosi corrispondente al luogo dell’infissione, veniva letteralmente “circondata” da una sorta di barriera, costituita da miofilamenti ipercontratti, in cui era riscontrabile un aumento della concentrazione di Ca++ (Armstrong e coll., 1983b; Ogilvie e coll., 1988). Un

Page 33: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

simile meccanismo è probabilmente osservabile anche in seguito ad un “exercise-induced muscle fibre injury “(Armstrong e coll., 1983b; Kuipers e coll., 1983; Ogilvie e coll., 1988). Molti disturbi muscolari mostrano un aumento dei livelli di Ca++ intracellulare, causato dalla perturbazione della normale permeabilità di barriera del sarcolemma nei confronti del Ca++ stesso. Ad esempio nei muscoli affetti da distrofia di Duchenne, la degradazione proteica è direttamente correlata all’aumento dei livelli intracellulari di Ca++ (Turner e coll., 1988). Un altro esempio di patologia in cui si osserva un’elevata concentrazione di Ca++ è rappresentato dall’ipertermia maligna, nella quale un agente specifico causa un prolungato aumento della concentrazione di Ca++ intracellulare che, a sua volta, provoca una massiccia ed incontrollata contrazione muscolare, la cui conseguenza è un aumento della temperatura corporea che può raggiungere i 46° C (Cheah e Cheah, 1985). Un secondo meccanismo responsabile dell’elevazione dei livelli di Ca++ libero citosolico è rappresentato dalla disfunzione del reticolo sarcoplasmatico. Oltre al fatto che esistano evidenze del verificarsi, a seguito di una contrazione eccentrica che abbia causato un danno muscolare, di un afflusso di Ca++ dallo spazio extracellulare (Duan e coll., 1990b), sembrerebbe anche certo il fatto che un mal funzionamento da parte del reticolo sarcoplasmatico nel riassorbimento del Ca++, possa contribuire all’aumento della sua concentrazione citosolica. In effetti il reticolo sarcoplasmatico vede ridotte le sue capacità di riassorbimento del Ca++ nel corso di esercizio esaustivo, sia nel caso che l’intensità di quest’ultimo sia moderata, oppure massimale (Byrd e coll., 1999). Tuttavia, non esistono dei dati certi che ci possano delucidare in merito ai diversi possibili effetti dell’esercizio eccentrico, concentrico oppure isometrico sulla funzionalità del reticolo sarcoplasmatico. In ogni caso, è plausibile poter avanzare l’ipotesi che la disomogeneità della lunghezza sarcomerale possa influire negativamente sugli adiacenti segmenti del reticolo sarcoplasmatico stesso (Armstrong e coll., 1991). Alcuni esperimenti su muscolo isolato andrebbero in effetti in tal senso. Quando un muscolo isolato viene incubato con caffeina – sostanza che stimola il Ca++ inducendone il rilascio da parte del reticolo sarcoplasmatico – è possibile, in effetti, osservare un deterioramento della struttura miofibrillare (Duncan, 1987); d’altro canto anche l’incubazione di muscolo isolato in rosso di rutenio – sostanza che inibisce la Ca++ -ATPase – è in grado d’indurre un danno significativo alla struttura della miofibrilla (Duncan e coll., 1980). Questi dati sperimentali testimoniano del fatto che una perdita nell’omeostasi del Ca++, come appunto nel caso di lesione muscolare, potrebbe essere, perlomeno in parte, dovuta ad un malfunzionamento e/o ad una diminuzione dell’efficienza dei normali meccanismi di riassorbimento del Ca++ da parte del reticolo sarcoplasmatico. Alcuni Autori, a questo proposito, enfatizzano il fatto che i meccanismi che causano la distruzione della membrana, siano i principali responsabili dell’aumento dei livelli di Ca++ intracellulare all’interno delle fibre lesionate (Armstrong e coll., 1991), anche se comunque si deve ammettere l’esistenza di numerosi altri fattori in grado di perturbare l’omeostasi di quest’ultimo. Ad esempio alcuni studi (Lopez e coll., 1985; Snowdowne e Lee, 1980) evidenzierebbero l’esistenza, all’interno del muscolo scheletrico, di canali del calcio sensibili allo stiramento (stretch-sensitive calcium channel); per cui - dal momento che il muscolo durante la contrazione eccentrica viene meccanicamente elongato nel momento stesso in cui è elettricamente attivo - appare più che plausibile l’ipotesi che questi canali specifici siano coinvolti nei meccanismi che inducono, durante la contrazione eccentrica stessa, l’aumento dei livelli di Ca++ intracellulare. Un altro meccanismo che potrebbe essere implicato nell’aumento del Ca++ intracellulare sarebbe il pathway del Na+ : Ca++, via attraverso la quale si espleta il meccanismo di uptake e rilascio del Ca++ a livello cellulare, (Allen e coll., 1989), anche se in verità non esistono ad oggi delle prove inequivocabili del suo coinvolgimento nell’ambito del meccanismo di Ca++ overload osservabile nel muscolo scheletrico lesionato. E’ stato anche

Page 34: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

dimostrato come l’inibizione della acetilcolinesterasi5 a livello delle giunzioni neuromuscolari, causi un afflusso di Ca++ all’interno dell’area muscolare, contestuale a contrattura delle fibre e necrosi locale di queste ultime (Leonard e Salpeter, 1979). Anche altri studi sperimentali simili, che abbiano cioè indotto un aumento del rilascio di Ca++ da parte del reticolo sarcoplasmatico, hanno permesso di osservare un aumento della contrazione delle fibre, unitamente ad un rapido processo di distruzione della struttura miofibrillare – che si verificava in meno di 30 minuti - oltre ad una diminuzione degli enzimi intramuscolari (Duncan, 1987). Questi dati sottolineano l’importanza che potrebbe avere il ruolo dell’aumento dei livelli di Ca++ intracellulare nell’ambito del costrutto del modello teorico dell’ “exercise-induced muscle fibre injury”. Una delle conseguenze dell’elevazione del livello intracellulare di Ca++, è rappresentato dal cosiddetto fenomeno del “blebbing”, che consiste nella formazione di allargamenti vescicolari citoplasmatici sulla superfici cellulare. Si ritiene che queste alterazioni siano da mettere in relazione ad una possibile perturbazione del rapporto che intercorre tra le proteine citoscheletriche (in particolare actina e tubulina) e la cellula della membrana (Orrenius e coll., 1989). Il fenomeno del blebbing è peraltro osservabile anche al di fuori del modello rappresentato dal muscolo scheletrico, come ad esempio nelle cellule del miocardio nell’ambito del modello di “ischemia-riperfusione” (Ganote e Humprey, 1985; Arieli e coll., 2008). Alla luce di quanto sin’ora detto, nell’ambito del modello teorico dell’ “exercise-induced muscle fibre injury”, si può pensare che, durante l’esercizio stesso, si verifichi un danno iniziale, di probabile natura meccanica, a carico delle componenti deputate al mantenimento di una corretta permeabilità di barriera nei confronti del Ca++ extracellulare. Quest’alterazione permetterebbe la massiccia diffusione, tramite il sito membranario danneggiato, di Ca++, dando origine, in tal modo, al cosiddetto fenomeno di “Ca++ overload”, la cui conseguenza è rappresentata dall’annichilimento dei sistemi tampone della fibra muscolare (come ad esempio le proteine di legame Ca++ , le funzionalità del reticolo sarcoplasmatico ed i mitocondri). Una volta che il livello di Ca++ citosolico ha raggiunto un livello critico, che permane per un livello di tempo sufficientemente lungo – e soprattutto se quest’ultimo rimane elevato all’interno di specifici compartimenti della fibra – si avviano diversi meccanismi degradativi all’interno della fibra muscolare lesionata che sono rappresentati da:

- il meccanismo della contrattura miofibrillare riflessa

- Il fenomeno del Ca++ overload mitocondriale

- il meccanismo di attivazione della proteasi Ca++- dipendente

- la proteasi lisosomiale

5 Acetilcolinesterasi è un enzima appartenente alla classe delle idrolasi che catalizza la seguente reazione: acetilcolina + H2O → colina + acetato.L'enzima è normalmente presente nell'organismo dei mammiferi localizzato nella membrana post-sinaptica delle giunzioni colinergiche. La sua funzione è quella di idrolizzare l'acetilcolina scindendola in colina e acido acetico. L'attività di questo enzima può essere modificata sia da farmaci, che da tossine naturali. Per esempio nella diagnosi della miastenia gravis, al soggetto viene inoculato un farmaco, la piridostigmina, che con la sua inibizione dell'enzima porta un leggero potenziamento delle facoltà motorie confermando l'ipotesi della diagnosi supposta.

Page 35: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

- il pathway della fosfolipasi A2.

1.13 Il meccanismo della contrattura miofibrillare riflessa

La perdita dell’omestasi del Ca++ comporta un’incontrollata contrazione riflessa (ossia non mediata dal SNC) dei sarcomeri all’interno dell’area lesa (Ogilvie e coll., 1988). Occorre però precisare che il fenomeno della contrattura miofibrillare riflessa, non deve essere necessaariamente inteso come un fenomeno degradativo in senso stretto, come ad esempio potrebbe essere il pathway enzimatico. Anche se alcuni Autori hanno avanzato l’ipotesi che questa zona di contrazione possa costituire una sorta di barriera atta a bloccare i processi degradativi impedendo che questi ultimi si estendano ai sarcomeri adiacenti alla zona della lesione (Carpenter e Karpati, 1989), occorre considerare che quest’incontrollato stato di contrazione dei sarcomeri può avere serie conseguenze nell’ambito dell’aggravamento del danno strutturale. Il primo effetto negativo è rappresentato dalla deplezione locale di ATP conseguente al perdurare della contrazione stessa, che darebbe origine ad un circolo vizioso, e dunque, in quanto tale, capace di auto sostentamento, identificabile in “deplezione di ATP – aumento dei livelli di CA++” e viceversa (Goodman, 1987). La seconda conseguenza negativa del meccanismo di contrattura miofibrillare riflessa è costituita dal fatto che tale fenomeno produce delle forze meccaniche, all’interno delle fibre, in grado di danneggiare ulteriormente sia la membrana, che le stesse componenti contrattili, contribuendo in tal modo ad un ulteriore aggravamento del quadro clinico (Armstrong e coll., 1991).

1.14 Il fenomeno del Ca++ overload mitocondriale.

I mitocondri all’interno della fibra muscolare hanno, tra i loro compiti, anche quello di agire da buffer, ossia da meccanismo tampone, nei confronti dell’aumento della concentrazione del Ca++ citosolico. Tuttavia in genere trova credito l’ipotesi che l’uptake di Ca++ a livello mitocondriale sia piuttosto modesta, ed in ogni caso insufficiente per poter considerare come fondamentale, o quantomeno importante, il ruolo svolto dai mitocondri stessi nell’ambito del meccanismo di rilassamento della fibra muscolare. Anche se comunque occorre ricordare che i mitocondri, in particolari situazioni patologiche, sono capaci di accumulare una grande quantità di ioni (Gillis, 1985). Tra tutte le tipologie di fibre, quelle ossidative dimostrano spiccate capacità di buffering mitocondriale nei confronti del Ca++, che possono superare di ben 2-3 volte quelle registrabili a livello delle fibre glicolitiche (Sembrowich e Quintinskie, 1985). Un eccesso di uptake di Ca++ da parte dei mitocondri si accompagna ad un contemporaneo uptake di fosfato causando, in tal modo, una precipitazione di fosfato di calcio che può andarsi a depositare negli spazi intramitocondriali (Gillis, 1985). Quindi, se da un lato, un aumento del livello Ca++ mitocondriale, che resti comunque in un range nano-molare, si rivela utile nello stimolare la respirazione mitocondriale, dall’altro un accumulo di Ca++, in un range micro-molare, causa una depressione delle funzioni respiratorie a livello dei mitocondri stessi (Wrogemann e Pena, 1976; Hansford, 1985; McMillin e Madden 1989).

Page 36: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

1.15 Il meccanismo di attivazione della proteasi Ca++- dipendente.

La proteasi Ca++- dipendente è di due tipi: il tipo I ed il tipo II; questa suddivisione si basa sul livello di Ca++ necessario alla loro attivazione. L’isoforma di tipo I si attiva in presenza di livelli micro-molari di Ca++, mentre la forma di tipo II necessita per la sua attivazione di quantità milli-molari di Ca++ (Murachi e coll., 1981). A differenza di quanto non sia per la protesi lisosomiale, questo enzima ha il suo pH ottimale nell’ambito della neutralità. La sua attivazione è associata alla degradazione di particolari strutture all’interno della miocellula ed in particolare alla degradazione della stria Z (Bush e coll., 1972; Ishiura e coll., 1980), dei miofilamenti (Dayton e coll., 1976; Dayton e coll., 1979; Cullen e Fulthorpe, 1982) e della banda A (Fridén e coll., 1981; Newham e coll., 1983; Ogilvie e coll., 1988). Tutte queste alterazioni sono osservabili in un muscolo lesionato in seguito ad un esercizio eccentrico. Anche le proteine del citoscheletro rappresenterebbero un substrato preferenziale per l’azione espletata dalla proteasi Ca++- dipendente (Pontremoli e Melloni., 1986). A questo proposito è stata anche avanzata l’ipotesi che la proteolisi della vinculina (una proteina del citoscheletro che ancora la membrana cellulare al citoscheletro) da parte della proteasi Ca++- dipendente, causi una fragilità del sarcolemma delle cellule del miocardio nel corso del processo ischemico (Steenbergen e coll., 1987a).

1.16 La proteasi lisosomiale.

Dal momento che le proteine miofibrillari possono essere degradate dagli enzimi proteolitici contenuti nei lisosomi delle fibre muscolari (Schwartz e Bird, 1977), è ragionevole poter ipotizzare che la proteasi lisosomiale svolga un importante ruolo nell’ambito della fase autogenica successiva al danno muscolare. Questa ipotesi è corroborata dall’evidenza di un forte aumento della proteasi lisosomiale, a seguito di esercizio esaustivo nel modello animale (Vinko e coll., 1978). Vi è anche evidenza del fatto che gli enzimi lisosomiali vengano attivati dall’aumento del livello di Ca++ intracellulare (Rodemann e coll., 1982).

1.17 Il pathway della fosfolipasi A2.

La fosfolipasi A2 (PLA2) utilizza la membrana fosfolipidica come substrato per la produzione di acido arachidonico, prostaglandine - in particolare le prostaglandine E2 (PGE2) –, leucotrieni6 e

6 Leucotrieni: i leucotrieni sono molecole lipidiche appartenenti al sistema immunitario che contribuiscono ai processi infiammatori nell'asma e nella bronchite, i loro antagonisti sono usati per l'appunto nel trattamento di queste patologie. Essi sono eicosanoidi, derivati dell'acido arachidonico per azione dell'enzima 5-lipoossigenasi, e la loro produzione è solitamente accompagnata da quella di istamina, anch'essa grandemente implicata nei casi di infiammazione e di asma.

Page 37: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

trombossani7. Questo enzima è localizzato nel sarcolemma, nella membrana mitocondriale, nel compartimento citosolico e nei lisosomi (Van der Vusse e coll., 1989). In particolare si ipotizza che la PLA2 presente nella membrana mitocondriale possa essere implicata nei meccanismi che inducono la perdita dell’omeostasi del Ca++ (Cheah e Cheah, 1985). Parimenti un aumento della concentrazione di Ca++ intracellulare comporterebbe un’attivazione della PLA2 (Vane e Botting., 1987). L’acido arachidonico8 ed i lisofosfolipidi9 prodotti dalla attivazione della PLA2 causerebbero una destabilizzazione delle strutture membranarie assumendo, in tal modo, un importante ruolo nell’ambito dei processi autogenetici susseguenti all’evento lesivo (Jackson e Edwards, 1986; Chang e coll., 1987). Inoltre la PLA2 contribuirebbe alla perdita di enzimi intramuscolari osservabile nel quadro di una lesione muscolare (Jackson e coll., 1987). E’ interessante sapere che la PLA 2 è uno dei più importanti principi attivi del veleno dei serpenti e delle api. Infatti l’iniezione del veleno del serpente corallo (Micrurus fulvius) nel muscolo di topo, provoca un danno molto simile a quello che viene causato da un esercizio eccentrico (Arroyo e coll., 1987), anche se occorre sottolineare il fatto che la necrosi muscolare indotta dal veleno di serpente è molto più rapida e massiva di quella osservabile in un danno susseguente ad esercizio eccentrico, basti pensare che un iniezione di soli due microgrammi di veleno di serpente tigre australiano (Notechis scutatus) a livello del muscolo soleare di ratto, porta alla distruzione totale delle fibre solamente nel giro di 24 ore (Harris, 1989). E’ anche altrettanto interessante sapere che la PLA possiede anche un ruolo protettivo nei confronti dello stress ossidativo (Van Kuijk e coll., 1987).

7 Trombossano o tromboxano: il trombossano è una molecola di natura lipidica, derivato dell'acido arachidonico nella via delle cicloossigenasi; nella sua forma attiva, è caratterizzata da un endoperossido nell’anello penta-atomico tipico delle prostaglandine, modificato. Il trombossano (TXA2) è dotato di spiccata attività aggregante piastrinica e vaso costrittiva. Gli antagonisti recettoriali ed inibitori della sintesi del trombossano trovano pertanto indicazione nel trattamento delle malattie cardiovascolari

8 Acido arachidonico: l'acido arachidonico è un acido grasso poli-insaturo, ovvero che reca nella propria molecola più doppi legami carbonio-carbonio .L'acido arachidonico presente nell'organismo umano è introdotto con la dieta o deriva dall'acido linoleico ( acido grasso essenziale). All'interno delle cellule è legato a fosfolipidi di membrana (fosfatidilinositolo, fosfatidilcolina, fosfatidiletanolamina)

9 Lisofosfolipidi: molecole prodotte dall’idrolisi dei fosfolipidi da parte delle fosfolipasi che quindi possiedono un solo acido grasso.

Page 38: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Key points reminder

i. Il ruolo centrale della contrazione eccentrica nell’eziopatogenesi delle LMin.

i. La sovrapposizione di cause meccaniche e metaboliche.

ii. Il ruolo metabolico nella predisposizione alla lesione.

i. La fase di calcium overload e la conseguente fase di auto-aggravamento della lesione.

1.18 La patobiologia delle lesioni muscolari

L’elemento distintivo che differenzia una lesione muscolare da una lesione a livello osseo, è rappresentato dal fatto che il muscolo scheletrico si risana principalmente attraverso un fenomeno di “riparazione”- anche se il muscolo scheletrico in effetti mostra anche delle capacità rigenerative - mentre il danno osseo viene ripristinato grazie ad un processo di “rigenerazione”. La maggior parte dei tessuti biologici corporei, nel momento cui viene danneggiata, risana attraverso un processo che comunque esita nella formazione di un’area cicatriziale , che rappresenta un tessuto biologicamente diverso rispetto a quello pre-esistente. Al contrario, quando un segmento osseo viene lesionato il tessuto rigenerato risulta identico rispetto al tessuto pre-esistente. Il processo di riparazione di un muscolo scheletrico lesionato segue ineluttabilmente un pattern costante, indipendentemente dalla causa che ha provocato la lesione stessa, contusione, stiramento o strappo che sia ( Hurme e coll., 1991; Kalimo e coll., 1997). In questo tipo di processo sono identificabili sostanzialmente tre fasi:

1) la fase di distruzione, che è caratterizzata dalla rottura e dalla conseguente necrosi delle fibre muscolari, dalla formazione di un ematoma tra i monconi delle fibre lesionate e dalla reazione infiammatoria cellulare.

2) La fase di riparazione, che consiste nella fagocitosi del tessuto necrotizzato, nella riparazione delle fibre e nella concomitante produzione di tessuto connettivo cicatriziale, contestuale alla crescita capillare nella zona lesionale. .

Page 39: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

3) La fase di rimodellamento, periodo durante il quale avvengono la maturazione delle fibre riparate, la contrazione, ossia la riduzione, e la riorganizzazione del tessuto cicatriziale ed, in ultimo, il recupero delle capacità funzionali del muscolo.

Le ultime due fasi, di riparazione e di rimodellamento, sono solitamente associate o sovrapponibili (Kalimo e coll., 1997).

1.19 Le tre settimane post-lesionali

I processi di riparazione muscolare si completano in un periodo di circa tre settimane (per una lesione “tipo” classificabile in grado II secondo la classificazione AMA) durante il quale si susseguono delle tappe biologiche ben precise e scadenzate che possiamo schematicamente illustrare in sei fasi fondamentali come di seguito illustrato :

Secondo giorno post-lesionale : le parti necrotizzate delle fibre muscolari sono state rimosse dai macrofagi mentre, contestualmente, è cominciata la formazione, da parte dei fibroblasti, del tessuto connettivo di cicatrizzazione all’interno della zona centrale (CZ).

Page 40: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Terzo giorno: le cellule satellite hanno già dato inizio alla loro attivazione che ha luogo all’interno dei cilindri della lamina basale nella zona di riparazione (RZ).

Quinto giorno: i mioblasti si aggregano all’interno dei miotubi della RZ ed il tessuto connettivo della CZ comincia a diventare più denso.

Page 41: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Settimo giorno: i processi riparativi delle cellule muscolari si estendono al di fuori dei vecchi cilindri della lamina basale sin nella zona CZ ed iniziano a penetrare attraverso la zona cicatriziale.

Quattordicesimo giorno: la zona cicatriziale nella zona CZ si è ulteriormente condensata e ridotta di dimensioni e le miofibre riparate colmano il gap residuo della zona CZ stessa.

Page 42: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Ventunesimo giorno: l’intreccio delle miofibre è virtualmente completato con l’interposizione di una piccola quantità di tessuto cicatriziale. La quantità di tessuto cictariziale è comunque inversamente correlata alla qualità dei processi riparativi stessi. La fase di rimodellamanto dell’area lesa si può protrarre comunque per un periodo di oltre 60 giorni, in funzione dell’entità anatomica e funzionale del danno stesso. È interessante notare a questo proposito che alcuni Autori hanno mostrato che, nel caso in cui che quando la lesione muscolare si estenda per più del 50% della superficie di sezione anatomica, la riparazione tissutale completa avviene in un periodo non inferiore alle cinque settimane (Pomeranz e Heidt, 1993 ).

1.20 La necrosi delle fibre muscolari.

Nel momento in cui un muscolo scheletrico viene lesionato, generalmente si può osservare un’eccessiva forza meccanica che si estende attraverso l’intera sezione trasversale di ogni singola fibra e che causa la rottura del sarcoplasma all’interno dei monconi delle fibre già lesionate, lasciando quest’ultimo ampiamente aperto. Dal momento che le miofibrille (e conseguentemente le fibre muscolari) sono, da un punto di vista strutturale, delle cellule di notevole lunghezza e dalla forma allungata ed affusolata, sussiste un rischio reale che il processo di necrosi, iniziato nella sede della lesione, si estenda lungo l’intera lunghezza della fibra stessa. Tuttavia, esiste una speciale struttura anatomica, denominata “banda di contrazione “(contraction band), costituita da una zona di materiale citoscheletrico particolarmente denso, che si comporta come una vera e propria “porta tagliafuoco” (Hurme e col., 1991). Nell’arco di alcune ore successive all’evento traumatico, la propagazione del processo necrotico è bloccata da un fenomeno locale rappresentato da una sorta di sigillo effettuato dalla banda di contrazione a livello delle zone alterate della membrana cellulare. In tal modo, si crea una sorta di barriera protettiva all’interno della quale si può dare inizio ai processi riparativi nei confronti della lacerazione della membrana cellulare (Hurme e coll., 1991). Recenti studi hanno inoltre dimostrato che le vescicole lisosomiali che si trovano all’interno del sito di distruzione della membrana cellulare, rivestono il ruolo di una membrana temporanea, e svolgono un compito centrale nel processo di guarigione della membrana cellulare (Mcneil, 2002 ; Miyake e coll., 2001).

Page 43: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

1.21 La fase infiammatoria.

Contestualmente alla lesione delle fibre muscolari, nell’evento traumatico, vengono lacerati anche i vasi sanguigni del tessuto muscolare leso; in tal modo le cellule infiammatorie, trasportate dal flusso sanguigno, hanno direttamente accesso al sito di lesione. La reazione infiammatoria è in seguito “amplificata” dal fatto che le cellule satellite e le parti necrotizzate delle fibre muscolari lese, rilasciano diverse sostanze, denominate “wound hormones”, che si comportano da chemio-attrattivi accrescendo in tal modo lo stravaso delle cellule infiammatorie (Chazaud e coll., 2003; Hirata e coll., 2003; Tidball, 1995). All’interno del muscolo leso, si possono osservare macrofagi e fibroblasti la cui attivazione dà origine a dei segnali chemio- tattici addizionali (come growth factors, chemiochine e citochine) diretti alle cellule infiammatorie circolanti. In aggiunta a questa quota di fattori di crescita, prodotti ex novo, la maggior parte del tessuto muscolare contiene fattori di crescita stoccati in forma attiva all’interno della sua ECM, pronti per essere utilizzati nei casi di urgente necessità, come appunto ad esempio nella riparazione di una lesione (Rak e Kerbel, 1997). Nel caso d’insulto tissutale, la capacità di riparazione del tessuto biologico, dipende dal rilascio e dall’attivazione dei fattori di crescita ECM-dipendenti (ossia ai fattori di crescita legati alla ECM) e dalla loro capacità di dar inizio ai processi riparativi (Ragk e Kerbel, 1997). In particolare, esistono evidenze dirette che il Tumor Necrosis Factor –α (TNF-α) riveste un importante ruolo fisiologico nel processo riparativo del muscolo scheletrico lesionato, la cui dimostrazione è data dal fatto che, se la sua attività viene inibita durante il processo di guarigione, si registra un leggero deficit delle capacità riparative del muscolo scheletrico stesso (Warren e coll., 2002). Inoltre, un gran numero di fattori di crescita e di citochine, come i membri della famiglia dei fattori di crescita fibroblastici (Fibroblastic Growth Factors, FGF), dei fattori di crescita insulino-simili (IGF), dei Transforming Growth Factors –β (TGF-β), oltre agli Hepatocyte Growth Factors (HGF) ed all’ Interleuchina -1β (IL-1β) ed all’ Interleuchina-6, sono ampiamente conosciuti per la loro espressione durante i traumi muscolari. D’altronde è altresì certo che molti altri fattori, come il fattore di crescita piastrinico (Pleteled-Derived- Growth-Factor), siano presenti nel corso delle varie tappe che si registano a fronte di un insulto muscolare (Burkin e Kaufman, 1999; Mishra e coll., 1995). E anche noto il fatto che la loro espressione può essere indotta, nell’ambito del muscolo scheletrico, da stimoli fisiologici simili a quelli che causano le lesioni micro-traumatiche, come i fenomeni di overstretching, o quelli relativi a carichi meccanici esterni non consoni (Burkin e Kaufman 1999; Perrone e coll., 1995). Considerando il fatto che questi fattori di crescita costituiscono dei potenti attivatori mitogenici per numerosi tipi di cellule, è ormai un dato di fatto acquisito che questi ultimi possano anche essere coinvolti nell’attivazione dei processi rigenerativi del muscolo scheletrico lesionato (Best e coll., 2001; Burkin e Kaufman, 1999; Chargé e Rudnicki, 2004). Un certo numero di questi fattori di crescita, come il FGFs, IGF1, IGF2, TGF-β, HGF, TNF-α ed il IL-6, sono dei potenziali attivatori della proliferazione dei precursori cellulari miogeni ( MPC, Myogenic Precursor Cell, ossia le cellule satellite) (Chargé e Rudnicki, 2004). Alcuni di loro sono anche dei potenti stimolatori per la differenziazione degli MPC ed in seguito, nel corso dei processi rigenerativi, per quanto riguarda la fusione dei miotubi in miofibre multinucleate mature (Best e coll., 2001; Burkin e Kaufman, 1999; Chargé e Rudnicki, 2004). In ogni caso per un ulteriore approfondimento sui meccanismi d’intervento e di regolazione dei fattori di crescvita, rimandiamo al capitolo specifico. Nella fase acuta vera e propria, susseguente ad un evento lesivo muscolare, i leucociti polimorfonucleati risultano essere le cellule più abbondanti presenti sul sito di lesione (Brickson e coll., 2001; Brickson e coll., 2003; Hurme e coll., 1991; Schneider e coll., 2002; Thorsson e coll., 1998) ma,

Page 44: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

entro il primo giorno, questi ultimi vengono sostititi dai monociti. In relazione ai principi di base su cui si regge un processo infiammatorio, questi monociti sono eventualmente trasformati in macrofagi, che vengono attivamente ingaggiati nella proteolisi e nella fagocitosi del materiale necrotico, grazie al rilascio di enzimi lisosomiali (Best e Hunter, 2001; Farges e coll., 2002; Hurme e coll., 1991; Timballi, 1995). La fagocitosi da parte dei macrofagi a carico del materiale necrotico, costituisce un processo altamente specifico. In questa fase i cilindri intatti della lamina basale, circondano la parte necrotizzata delle cellule sopravvissute che sono state lasciate intatte dagli attacchi dei macrofagi e che, conseguentemente, verranno utilizzate come impalcatura (scaffold) all’interno del quale le cellule stallite, in grado di sopravvivere, inizieranno la formazione di nuove miofibre ( Grounds, 1991; Hurme e Kalimo., 1992; Hurme e Kalimo, 1991). Un’affascinate dimostrazione dell’incredibile specificità e dell’alta coordinazione biologica di questo processo, è data dal fatto che i macrofagi, nel momento stesso in cui fagocitano i residui necrotici che circondano le cellule satellite, inviano simultaneamente dei fattori di sopravvivenza specifici alle cellule satellite stesse (Chazaud e coll., 2003). E’ inoltre importante, ricordare ancora una volta come il trauma lesionale comporti una contestuale rottura del reticolo sarcoplasmatico ed una conseguente fuoruscita degli ioni calcio in esso contenuti. Il drastico aumento di ioni calcio all’interno delle fibra muscolare stessa determina, nelle 24-48 ore post-lesionali, una contrazione riflessa della miofibille all’interno e nei dintorni della zona di lesione. Questo fenomeno comporta una fase di autoaggravemento della lesione che si protrae in funzione del periodo di contrazione muscolare riflessa dovuta a questa fase definita con il termine di “calcium overload”(Armstrong e coll., 1991a) di cui abbiamo già peraltro ampiamente parlato precedentemente.

Page 45: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Riquadro di approfondimento

Il TGF- β ela proliferazione tumorale I meccanismi molecolari che si ritrovano alla base della proliferazione delle metastasi tumorali sono, in linea generale, ad oggi poco conosciuti. Tuttavia, recentemente un gruppo di ricercatori del Memorial-Kettering Cancer Center di New York, (Massagué, 2008) è riuscito a stabilire il meccanismo attraverso il quale un tumore primario al seno, riesce a sviluppare metastasi a livello polmonare. Era già da tempo noto come il TGF-β venisse prodotto in abbondanza dalle cellule che circondano la zona tumorale, e di come questo costituisca comunque un fenomeno, data la sua duplice e dicotomica natura, stranamente insolito. Infatti, durante le fasi iniziali di formazione tumorale, il TGF-β ne sopprimerebbe lo sviluppo, svolgendo un’azione inibitrice nei confronti della crescita tumorale, al contrario, nelle fasi successive ne favorirebbe paradossalmente la crescita. Ora, grazie alla ricerca condotta dal gruppo di lavoro coordinato da Joan Messegué, si è potuto stabilire che il TGF-β, svolge un ruolo centrale, per quello che riguarda il cancro al seno, nello sviluppo delle metastasi tumorali. Infatti, la maggior espressione di TGF-β, si riscontra nei tumori mammari più aggressivi e maggiormente propensi a metastasizzare a livello polmonare. La ricerca ha stabilito come su modello murino, il TGF-β favorisca la metastasizzazione promuovendo la sintesi di una molecola di segnalazione denominata ANGPTL4 (angiopoietina di tipo 4), che è a sua volta in grado di potenziare la capacità delle cellule neoplastiche di raggiungere i polmoni per via ematica. Questo studio apre nuove prospettive nell’ambito della ricerca tesa all’individuazione dei meccanismi di altri tipi di metastasi tumorali - come le metastasi ossee, epatiche o cerebrali – e avanza quindi l’ipotesi che potrebbe vedere il sistema TGF-β - ANGPTL4 implicato anche in altri tipi di patologie tumorali. 1.22 Il ruolo del lattato nel processo di guarigione muscolare Nel giro di poche ore dall’evento lesivo, il consumo di ossigeno a riposo, all’interno dell’area muscolare lesa, si alza drasticamente, generando come conseguenza uno squilibrio tra il rifornimento e la richiesta di O2, che determina a sua volta una rapida discesa della tensione di O2 all’interno dell’area insultata. Contestualmente a questo, si assite ad aumento della concentrazione di lattato all’interno della lesione. Tutta questa serie di eventi è ben dimostrata nel processo di riparazione tissutale nell’orecchio di coniglio osservato a 15 giorni dall’evento traumatico (Hunt e Hussain, 1993). Nel momento in cui la tensione dell’O2 cade, ha inizio il processo di accumulo del lattato (Wassermann e coll., 1990); a questo proposito è importante ricordare che il muscolo produce sempre una quantità di lattato maggiore rispetto a quella che consuma, in tutte le condizioni, compresa quella di riposo (Graham e coll., 1986). In questo contesto fisiologico, il lattato assume una sorta di «ruolo guida» , inducendo i fibroblasti a secernere collagene ed influenzando i macrofagi, ed eventualmente anche i linfociti, a secernere sosanze angiogenetiche. Le componenti riparative che potremmo definire come «lattato-guidate», sembrerebbero assumere un’importanza sempre maggiore, soprattutto nel momento in cui diminuisce notevolmente la componente infiammatora, ossia a partire, approssimativamente, dal settimo giorno post-lesionale (Hunt e Hussain, 1993). L’accumulo di lattato nella zona lesionale è sostanzialmente imputabili a

Page 46: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

tre fattori. Il primo di questi è costituito dal fatto che il danno vascolare, conseguente al danno tissutale, inibisce la diffussione dell’O2 all’interno dei tessuti lesionati, da questo consegue che una quota di lattato viene prodotta tramite la glicolisi anaerobica (Im e Hoopes, 1970a; Im e Hoopes, 1970b). In secondo luogo, il danno vascolare limita, di fatto, la diffusione esterna del lattato (Hunt e coll., 1967) ed in ultima ragione, fatto che costituisce però l’aspetto di maggior importanza, l’attivazione dei leucociti causa il rilascio di una gran quantità di lattato, sia di natura ipossica, che non (Calwell e coll., 1984). I macrofagi che appaiono sul sito della lesione entro poche ore dall’evento lesivo - svolgendo il ruolo di «cellule guida» nell’ambito dei primi processi riparativi – sono, non solo in grado di approvvigionare di lattato la zona lesionale ma vengono anche influenzati dalla quota di lattato stesso presente. Infatti, a conferma di questa ipotesi, è possibile notare come la concentrazione di lattato all’interno della zona lesa, diminuisca solo leggermente nel momento in cui sale la concentrazione di O2 (Hunt e coll., 1978). A questo proposito, vale la pena di menzionare come alcuni Autori riportino valori di concentrazioni di lattato, all’interno della zona muscolare lesa, compresi tra le 8 e le 18 mmol.l-1 (Hunt e Hussain, 1993). D’altro canto, l’ipotesi che il lattato fosse implicato nella sintesi del collagene era gia stata avanzata da alcuni Autori ben più di quaranta anni fa (Green e Goldberg, 1963; Levine e Bates, 1976). In questi lavori sperimentali, veniva descritto come il lattato fosse implicato nella sintesi di collagene, gli Autori infatti notarono come nelle loro sperimentazioni i fibroblasti messi in coltura, producessero una maggior quantità di collagene, rispetto al gruppo di controllo, quando la concentrazione di lattato superava le 20 mmol . l-1. In queste, come in altre successive sperimentazioni di tal genere, si osservò che in regime di ipossia, la produzione di collagene viene ritardata sino al momento in cui le cellule ipossiche non vengono nuovamente rifornite di ossigeno. In altre parole, la produzione di collagene ha inizio solamente quando vi sia la contestuale presenza di ossigeno e di lattato. Questo dato suggerisce come l’effetto del lattato sia indipendete rispetto a quello dell’ossigeno (Comstock e Udenfriend, 1970). Tuttavia, nostante questi primi stimolanti risulatati, questa linea di ricerca fu praticamante abbandonata a partire dal 1976. Dopo quasi vent’anni, altri Autori ipotizzarono che il lattato potesse fungere da regolatore nel processo di sintesi del collagene all’interno dei tessuti lesi (Hunt e Hussain, 1993). Secondo questi Autori, il massimo rateo di pruduzione di collagene, avverrebbe in presenza di un’alta concentrazione di lattato, compresa appunto tra le 8 e le 18 mmol.l-1, concomitante ad un alto valore di PO2, pari a circa 100 mm Hg . Questo dato, a prima vista, sembrerebbe in effetti paradossale, dal momento che usualmente si considera logica una forte presenza di lattato laddove vi siano condizioni di carenza di O2. Tuttavia, occorre ricordare che i leucociti sono responsabili della produzione, in condizioni aerobiche, di un importante quantità di lattato all’interno dell’area tissutale lesa, e che la produzione di lattato da parte dei leucociti all’interno della ferita rimane alta anche in presenza di un alto valore di PO2 (Levine e Bates, 1976). Questo tipo di modello biologico, caratterizzato da un’alta concentrazione di lattato contestuale ad un alto valore di PO2, costituirebbe una condizione favorevole, non soltanto alla sintesi di collagene ma anche all’angiogenesi (Hunt e Hussain, 1993), è inoltre anche probabile che il lattato funga da stimolo alla secrezione di TGF-β nella zona di lesione (Falanga e coll., 1991).

1.23 La fase di riparazione e di rimodellamento delle fibre muscolari.

Una volta che la fase di distruzione è diminuita d’intensità, inizia il reale processo di riparazione del muscolo lesionato, che si articola attraverso due concomitanti processi, che si dimostrano tra loro, allo stesso tempo, complementari ed antagonisti : la riparazione delle miofibre distrutte e delle loro rispettive innervazioni e la formazione di tessuto di cicatrizzazione. Una progressione bilanciata di questi due processi, costituisce il pre-requisito essenziale per un ottimale ripristino delle funzioni contrattili del muscolo scheletrico (Hurme e Kalimo, 1991; Kalimo e coll., 1997). Nonostante il fatto che le fibre muscolari siano, in linea generale, considerate come fibre di tipo irreversibilmente

Page 47: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

post-mitotico, il comunque notevole potenziale riparativo del muscolo scheletrico, è garantito da un meccanismo intrinseco in grado di ripristinare l’apparato contrattile lesionato. Di conseguenza, un pool di riserva di cellule indifferenziate, denominate cellule satellite sono, durante lo sviluppo fetale, dislocate al di sotto della lamina basale di ogni singola fibra muscolare (Hurme e Kalimo, 1992; Kalimo e coll., 1997; Rantenen e coll., 1995). In risposta all’evento lesivo, queste particolari cellule, dapprima proliferano, in seguito si differenziano in mioblasti ed alla fine del processo, si collegano con le restanti fibre formando dei miotubi multinucleati. I miotubi multinucleati di recente formazione si fondono, in un secondo tempo, con la parte della fibra lesa che è sopravvissuta al trauma iniziale (Hurme e Kalimo, 1992). Infine, la parte di miofibra rigenerata acquisisce la sua forma matura, con una normale striatura e con i mionuclei dislocati perifericamente (Hurme e Kalimo, 1992). Curiosamente, in risposta a traumi molto blandi, come nel caso ad esempio una di singola elongazione eccentrica che provochi un trauma di lieve entità, le cellule satellite rispondono immediatamente iniziando a proliferare, ma a causa della limitatezza del trauma e della rapida risposta “intrinseca” di riparazione da parte delle fibre del muscolo leso, autobloccano la propria attivazione prima ancora che si formino i mioblasti (Äärimaa e coll., 2004). Nel muscolo scheletrico maturo esistono almeno due popolazioni principali di cellule satellite (Jancowski e coll., 2002; Kalimo e coll., 1997; Qu-Petersen e coll., 2002; Rantanen e coll., 1995; Rouger e coll., 2004 ; Zammit e coll., 2004). Le cellule satellite “classiche”, che risiedono al di sotto della lamina basale della fibra muscolare e che possono essere suddivise in “committed satellite cells”, che sono pronte a differenziarsi in mioblasti immediatamente dopo l’evento lesivo e le “stem satellite cells”, che debbono invece essere prima sottoposte a divisione cellulare per potersi poi differenziare (Kalimo e coll., 1997; Rantanen e coll., 1995; Zammit e coll., 2004). Attraverso questa divisione cellulare (che può essere intesa dal punto di vista biologico come un vero e proprio processo di proliferazione), la popolazione di stem satellite cells, ricostituisce la riserva di cellule satellite per una futura possibile richiesta rigenerativa (Rantanen e coll., 1995; Zammit e coll., 2004). Tra questa popolazione di cellule satellite, si può notare l’esistenza di una sottopopolazione di cellule che sono capaci di differenziarsi, al di là delle linee miogeniche, non solamente in linee mesenchimali ma anche in quelle neurali od endoteliali (Jankowski e coll., 2002; Qu-Petersen e coll., 2002). Sino ad oggi le cellule satellite erano ritenute la sola risorsa del mionucleo nel corso del processo di riparazione muscolare (Chargé e Rudnicki, 2004)., recenti scoperte hanno invece dimostrato la presenza una diversa popolazione di cellule staminali multipotenti, che possono contribuire alla rigenerazione del muscolo scheletrico lesionato: le “cellule staminali non-muscolo-residenti”(Chargé e Rudnicki, 2004). Infatti, anche alcuni progenitori cellulari isolati dal midollo osseo (BM), il compartimento neuronale, e diversi tessuti mesenchimali, sono in grado di differenziarsi in linee miogeniche. Le cellule derivate dal BM, non solo contribuiscono alla rigenerazione delle fibre muscolari nel muscolo scheletrico lesionato, ma sono anche in grado di reintegrare il pool delle cellule satellite nel muscolo scheletrico insultato (Labarge e Blau 2002). In ogni modo, è importante notare che la frequenza alla quale questi eventi accadono sembra essere molto bassa, anche nel caso di una lesione severa, se comparata con il numero di mioblasti rigenerati derivati dalle cellule satellite “muscolo residenti” (Grounds e coll., 2002; LaBarge e Blau, 2002). Perciò, è abbastanza discutibile il fatto che le cellule staminali “non muscolo residenti” possano dare un significativo contributo alla riparazione del muscolo scheletrico lesionato (Ground e coll., 2002). Oltre alle cellule satellite classiche, residenti nella parte più bassa della lamina basale, esiste anche un’altra distinta popolazione di cellule staminali collocata extra-laminarmente, all’interno del tessuto connettivo del muscolo scheletrico (Dreyfus e coll., 2004). In

Page 48: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

risposta ad un evento lesivo a carico del muscolo scheletrico, queste cellule prendono parte alla formazione dei mioblasti ed alla differenziazione in miotubi (Chargé e Rudnicki, 2004). Dopo che i cilindri della vecchia lamina basale sono stati riempiti con le nuove miofibre, la miofibra stessa si estende, attraverso l’apertura della lamina basale, verso il tessuto connettivo cicatriziale che è stato formato tra i monconi delle miofibre sopravvissute (Hurme e coll., 1991; Kalimo e coll., 1997). Su entrambe le parti della cicatrice di tessuto connettivo, le miofibre ed i monconi delle fibre sopravvissute, nel tentativo di passare attraverso la cicatrice che li separa, formano molteplici diramazioni, (Hurme e coll., 1991). Dopo aver cercato di estendersi, per una corta distanza, le diramazioni cominciano ad aderire al tessuto connettivo con le loro punte finali, formando delle mini MTJs con il tessuto cicatriziale. Con l’andare del tempo, l’area cicatriziale progressivamente diminuisce nelle sue dimensioni, conducendo i monconi in ferma aderenza l’un con l’altro (Vaittinen e coll., 2002). Non è ancora comunque noto se i monconi delle fibre tranciate dalle opposte parti del tessuto cicatriziale, si fondano tra loro totalmente alla fine del processo rigenerativo o se, al contrario, rimanga tra di loro qualche forma di setto di natura connettivale (Äärima e coll., 2004; Vaittinen e coll., 2002). E’ stato inoltre ampiamante dimostrato come le capacità riparative del muscolo scheletrico, in risposta ad un trauma, siano significativamente ridotte nel corso della vita (Järvinen e coll., 1983). Questa diminuzione di capacità rigenerativa non è apparentemente attribuibile ad una diminuzione del numero o dell’attività delle cellule satellite (Järvinen e coll., 1983) ma piuttosto ad una complessiva diminuzione delle capacità riparative del muscolo del soggetto anziano, tanto che ogni fase dei processi di riparazione sembra rallentare e deteriorarsi con l’avanzare dell’età (Järvinen e coll., 1983).

1.24 La formazione del tessuto cicatriziale connettivale.

Immediatamente dopo un trauma muscolare, il gap formatosi in corrispondenza della rottura delle fibre, viene colmato da un ematoma, entro il primo giorno le cellule pro-infiamatorie, inclusi i fagociti, invadono l’ematoma stesso ed iniziano a formare il coagulo sanguigno (Cannon e Pierre, 1998; Hurme e coll, 1991b; Tidball, 1995). La fibrina e la fibronectina si legano per formare sia un iniziale tessuto di granulazione, che un’iniziale ECM, che serviranno da scaffold (ossia da impalcatura) e da sito d’ ancoraggio per la successiva invasione da parte dei fibroblasti (Hurme e Kalimo, 1991). Occorre a questo proposito ricordare come qualche fibroblasta presente nel tessuto di granulazione, possa anche derivare dalla cellule miogeniche (Li e Huard, 2002). E’ molto importante sottolineare il fatto che questo tessuto di neo-formazione, conferisce al tessuto della zona lesa la resistenza iniziale per poter sopportare le forze di contrazione che vengono applicate su quest’ultima (Hurme e coll., 1991c; Lehto e coll., 1986 ; Lehto e coll., 1985). In seguito, i fibroblasti iniziano la sintesi delle proteine e dei proteoglicani dell’ECM, al fine di restaurare l’integrità dell’intelaiatura del tessuto connettivale (Goetsch e coll., 2003; Hurme e coll., 1991c; Lehto e coll., 1985; Lehto e coll., 1986). Tra le prime proteine dell’ECM sintetizzate vanno annoverate la tenascina- C (TN-C) e la fibronectina (Goetsch e col., 2003; Hurme e Kalimo, 1992; - Hurme e Kalimo, 1991c; Lehto e coll., 1986),che inizialmente virano in fibrille multimeriche per poi formare la super-fibronectina, una proteina che presenta proprietà adesive molto migliori (Morla e coll., 1994; Wierzbika-Patynowski e Schwarzbauer, 2003). Sia la fibronectina, che la TN-C, in virtù delle loro proprietà elastiche, sono in grado di sopportare un cospicuo numero di cicli elongativi , rispetto alla loro lunghezza di riposo. Queste elongazioni, che sono dovute ai carichi

Page 49: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

meccanici applicati a livello tissutale, rivestono in ogni caso un importante ruolo sia nella produzione di forza, sia per ciò che concerne l’apparizione dei primi comportamenti elastici precoci da parte del neo-tessuto di granulazione del muscolo scheletrico lesionato ( Järvinen e coll., 2003a; Järvinen e coll., 2003b; Järvinen e coll., 2000). L’espressione della fibronectina è dopo poco seguita da quella del collagene di tipo III (Goetsch e coll., 2003; Grounds e coll., 2002; Best e coll., 2001; Hurme e coll., 1991; Lehto e coll., 1986; Lehto e coll., 1985), la produzione del collagene di tipo I, al contrario, viene iniziata solamente un paio di giorni più tardi, per poi rimanere elevata per più settimane (Yan e coll., 2003; Best e coll., 2001; Hurme e coll., 1991; Lehto e coll., 1985; Lehto e coll., 1985b). L’iniziale, ampio tessuto di granulazione (ossia la cicatrice che si forma tra i monconi delle fibre lesionate), concentra un elevato grado di efficienza meccanica in una zona particolarmente ridotta di tessuto connettivo, zona che è prevalentemente composta di collagene di tipo I (Järvinen e Lehto, 1993; Hurme e coll., 1991; Lehto e coll., 1985; Lehto e coll., 1985b; Järvinen, 1975). Malgrado il diffuso preconcetto che la formazione della fibrosi costituisca un processo inevitabile nella storia naturale della lesione muscolare (Huard e coll., 2002), l’ammontare del tessuto connettivo intramuscolare, in effetti, non aumenta in maniera sostanziale in un muscolo lesionato, a meno che il muscolo stesso non venga completamente immobilizzato per un periodo di tempo eccessivamente prolungato (Järvinen, 1975; Järvinen e Lehto, 1993; Lehto e coll., 1985). La cicatrice di tessuto connettivo, che si forma nella zona della lesione, rappresenta comunque, di fatto, il punto debole del muscolo lesionato nelle fasi immediatamente post-traumatiche (Hurme e coll., 1991; Kääriäinen e coll., 1998); tuttavia, la sua capacità di forza tensile, aumenta considerevolmente con la produzione di collagene di tipo I (Kääriäinen e coll., 1998; Lehto e coll., 1985; Lehto e coll., 1985b). La stabilità meccanica del collagene, a sua volta, è da attribuirsi alla formazione di cross-links intermolecolari, ossia dei ponti di collegamento, che si formano durante la maturazione del tessuto cicatriziale (Lehto e coll., 1985b). Approssimativamente dieci giorni dopo il trauma, la maturazione della cicatrice ha già raggiunto una fase in cui non rappresenta più l’anello strutturalmente debole della catena all’interno del muscolo lesionato, tant’è che, se quest’ultima viene nuovamente tensionata sino al punto di rottura, la lesione generalmente avviene all’interno del tessuto adiacente rispetto a dove si sono formate delle nuove mini- MTJs tra le miofibre riparate ed il tessuto cicatriziale (Järvinen, 1975; Järvinen, 1976; Kääriäinen e coll., 1998). In ogni caso, occorrerà comunque ancora un lungo periodo di tempo, prima che la forza del muscolo sia completamente recuperata ai livelli precedenti l’evento lesivo (Järvinen, 1975; Järvinen, 1976; Kääriäinen e coll., 1998). Sebbene una grande maggioranza di eventi lesivi a carico del muscolo scheletrico, guarisca senza la formazione di una cicatrice fibrotica disabilitante dal punto di vista funzionale, la proliferazione di fibroblasti può talvolta essere eccessiva ed esitare nella formazione di uno spesso tessuto cicatriziale all’interno del muscolo leso. In questi casi, che sono comunque generalmente associati ai traumi muscolari maggiori, e soprattutto alle recidive, la cicatrice può creare una barriera meccanica che ritarda, o talvolta limita fortemente, la riparazione delle miofibre attraverso il varco formato dalla lesione, ossia attraverso il gap lesionale (Järvinen, 1975; Järvinen, 1976). Alcuni studi sperimentali, hanno recentemente fornito interessanti delucidazioni riguardanti la formazione della cicatrice nel muscolo scheletrico lesionato; si è potuto constatare infatti, come l’applicazione diretta sia di una particolare forma di leucina arricchita con proteoglicani (small leucine-rich proteoglycan, SLRP), di decorina e di un agente atifibrotico come la suramina od il γ-interferone, siano in grado di inibire la formazione cicatriziale nel muscolo scheletrico lesionato (Fukushima e coll., 2001; Chan e coll., 2003; Foster e coll., 2003). La decorina, la suramina ed il γ-interferone, sono tutti inibitori specifici del TGF-β (Trasforming Growth Factor) (Yamaguchi e

Page 50: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

coll., 1990; Grounds, 1991; Hildebrand e coll., 1994; Chan e Foster, 2003) un fattore di crescita che è ritenuto responsabile della formazione cicatriziale durante i processi di riparazione lesionale del muscolo. Oltre all’azione inibitrice nei confronti del TGF-β, la decorina e il SLRP, anche se non potendo comunque legarsi ai differenti collageni, sono tuttavia in grado di regolare la fibrillogenesi e l’assemblaggio delle fibrille di collagene di tipo I (Frank e coll., 1999; Nakamura e coll., 2000; Corsi e coll., 2002).

Key points remainder

i. L’importanza di tenere conto delle differenti fasi della riparazione / rigenerazione del tessuto muscolare nel piano riabilitativo.

ii. L’importanza del ruolo delle SC nel processo di riparazione /rigenerazione.

iii. Le tappe di strutturazione (in termini di stiffness) dello scar tissue e l’inserimento della contrazione eccentrica

1.25 La rivascolarizzazione del muscolo lesionato

Un processo fondamentale nell’ambito della rigenerazione del muscolo lesionato, è rappresentato dalla rivascolarizzazione dell’area insultata (Järvinen, 1976; Józsa e coll., 1980; Snow, 1973). Il ripristino della vascolarizzazione nell’area lesa, rappresenta il primo segno di rigenerazione ed è un pre-requisito per i successivi recuperi morfologici e funzionali del muscolo lesionato. La nuova rete capillare trae origine dai tronchi sopravvissuti dei vasi sanguigni che si dirigono verso il centro dell’area traumatizzata (Järvinen, 1976) e vanno a rifornire l’area stessa di un adeguato apporto di ossigeno permettendo, in tal modo, il successivo ripristino funzionale del metabolismo aerobico, che rappresenta, a sua volta, una tappa fondamentale nell’ambito del processo di riparazione delle miofibre. I giovani miotubi sono forniti di pochi mitocondri e mostrano solamente una moderata capacità funzionale nell’ambito del meccanismo di ripristino energetico aerobico ma presentano contestualmente un chiaro incremento del meccanismo di ripristino energetico anaerobico (Järvinen e Sorvari, 1978). In ogni caso, durante le fasi finali della riparazione tissutale, il metabolismo aerobico costituisce la principale risorsa energetica per le miofibre multinucleate (Järvinen e Sorvari, 1978). Questo particolare iter riparativo, fornisce anche una plausibile spiegazione del perché la rigenerazione delle miofibre non progredisca oltre la fase precoce di formazione di sottili miotubi, sino a quando la crescita di una sufficiente rete capillare non riesca ad assicurare l’apporto di ossigeno necessario al un soddisfacente ripristino funzionale del meccanismo aerobico (Järvinen, 1976; Järvinen e Sorvari, 1978).

Page 51: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

1.26 La rigenerazione dei nervi intramuscolari

In modo simile a quanto avviene nel corso del processo di rivascolarizzazione, la rigenerazione del muscolo scheletrico può essere anche bloccata da un fallimento nella rigenerazione dei nervi intramuscolari (Hurme e coll, 1991; Rantanen e coll., 1995; Vaittinen e coll., 1999; Vaittinen e coll., 2001). La rigenerazione della miofibra continua dalla fase di formazione dei miotubi anche in assenza dell’innervazione ma se l’innervazione non fosse completata correttamente, subentrerebbe inevitabilmente un processo di atrofizzazione (Rantanen e coll., 1995). In caso di denervazione neurogenica, ossia di rottura dell’assone, il processo di reinnervazione richiede le ricrescita di un nuovo assone, distalmente rispetto alla zona di rottura. Tuttavia, dal momento che gli assoni usualmente subiscono una rottura all’interno o nelle vicinanze del muscolo, il contatto nervo-muscolo viene, in genere, rapidamente ristabilito (Kalimo e coll., 1997).

Figura 8: rappresentazione schematica di un trauma da rottura del muscolo scheletrico. Le fibre muscolari lesionate si contraggono e il gap tra i monconi, ossia la zona centrale CZ, inizialmente comincia ad essere riempito dall’ematoma. Le fibre muscolari sono necrotizzate all’interno della loro lamina basale, su di una distanza che è compresa tra circa 1 e 2 millimetri. All’interno di questo segmento generalmente, col tempo, si verifica una riparazione completa (zona di riparazione RZ ; mentre nella parte di muscolo che non viene direttamente lesa dal trauma, si osservano soltanto dei cambiamenti di tipo reattivo (zona di sopravvivenza SZ). Ogni fibra muscolare è innervata, in un singolo e ben preciso sito, da una giunzione neuromuscolare (NMJs, punto pieno nello schema). Dal momento che le fibre muscolari si rompono generalmente dall’una o dall’altra parte rispetto alla fila di NMJs delle fibre stesse , i monconi accessori della fibra 1 e delle fibre che vanno dalla 3 alla 5, del lato “ad » (destro), rimangono innervati, mentre i loro monconi accessori dal lato “ab” (sinistro), restano denervati. Nello stesso tempo il moncone accessorio della fibra 2 è rimasto denervato, perché la sua NMJ si trova nella zona RZ. La re- innervazione del moncone accessorio avverrà attraverso la penetrazione di una nuova germogliazione assonale attraverso la zona cicatriziale in formazione (CZ) e quindi grazie alla

Page 52: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

formazione di una nuova NMJ (rappresentata dal punto bianco nello schema). La fibra 2 ritornerà alla sua normale reinnervazione quando il processo riparativo nella zona RZ arriverà a completamento.

1.27 L’aderenza della miofibra all’ECM.

Nel momento in cui una miofibra perde la sua continuità, anche la continuità dell’unità “tendine-muscolo-tendine” viene interrotta nel punto di rottura stesso e la forza contrattile non può essere trasmessa attraverso il gap che si è venuto a creare tra i monconi delle fibre. In una tale situazione infatti , durante la contrazione muscolare i monconi sono semplicemente spinti ulteriormente in disparte. La parte finale delle miofibre in via di riparazione che tentano di passare attraverso il tessuto cicatriziale, mantiene un visibile cono di crescita per un periodo relativamente lungo durante il processo riparativo (Hurme e coll., 1991; Hurme e Kalimo, 1992), questo rappresenta un periodo di tempo durante il quale la parte finale delle miofibre non può aderire fermamente al tessuto cicatriziale. Tuttavia, le miofibre in corso di riparazione rinforzano la loro aderenza alla ECM in entrambe le parti del loro profilo laterale, sia nella loro parte intatta, che in quella in via di ricrescita (Allikian e coll., 2004; Kääriänen e coll., 2000; Sorokin e coll., 2000) (figura 9). Questo rinforzo dell’aderenza laterale riduce sia il movimento dei monconi, che la spinta sull’ancora fragile cicatrice, riducendo in tal modo il rischio di ri-rottura e permettendo, nel contempo, un qualche utilizzo del muscolo lesionato anche prima che il processo di guarigione sia completato (Kääriänen e coll., 2001; Kääriänen e coll., 2002). Appare molto interessante il fatto di come lo stress meccanico sia un pre-requisito per il processo di aderenza laterale, come recentemente hanno suggerito alcuni studi che mostrano appunto come il fenomeno non avvenga in assenza di quest’ultimo (Kääriänen e coll., 2001). In una fase più avanzata del processo di riparazione, viene a stabilirsi, alla fine di ogni moncone, una forte aderenza terminale, che consiste nello stesso tipo di aderenza molecolare che si può osservare in una MTJ normale, ossia un ammasso di molecole associate di integrina e distrofina ( Song e coll., 1992; Kääriänen e coll., 2000a; Kääriänen e coll., 2000b; Kääriänen e coll., 2001; Kääriänen e coll., 2002) (figura 9). Contestualmente, l’originale (pre-lesionale) unità “tendine-miofibra-tendine”, viene rimpiazzata da due unità consecutive di tipo “tendine-miofibra-mini MTJ” separate dalla cicatrice. Queste due unità consecutive si contraggono in modo sincrono, grazie al fatto che entrambe vengono re-innervate dallo stesso nervo (Rantanen e coll., 1995). Nella ECM, a livello della sede delle nuove mini-MTJs, vengono copiosamente espresse delle molecole elastiche ed adesive, il cui ruolo è quello di assorbire le forze create dalle contrazioni muscolari (Hurme e Kalimo, 1992; Järvinen e coll., 2000). A questo punto del processo riparativo, avendo ristabilito delle solide adesioni terminali attraverso queste mini-MTJs, le miofibre non necessitano più di adesioni laterali di rinforzo e, di conseguenza, decresce la forte espressione di integrina a livello del sarcolemma laterale (Kääriänen e coll., 2000a). La cicatrice interposta gradualmente diminuisce in dimensione, in tal modo i monconi si avvicinano tra loro ed infine le miofibre divengono intrecciate, anche se, probabilmente, non del tutto riunite (Kääriänen e coll., 1998; Kääriänen e coll., 2000a; Vaittinen e coll., 2002) (figura 9 riquadro C).

Page 53: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

A

B

Page 54: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

C

Figura 9: all’inizio del processo di guarigione del muscolo scheletrico lesionato (riquadro A), l’espressione di adesione cellulare delle molecole di integrina (α7β1) è arricchita nella parte terminale delle fibre del muscolo lesionato in fase di rigenerazione, mentre solo un piccolo ammontare di queste ultime sono presenti nel profilo laterale della miofibra. Un drammatico incremento dell’espressione dell’ integrina α7β1si verifica lungo l’aspetto laterale della membrana plasmatica (riquadro B), sia nella parte intatta, che nella parte in fase di ricrescita delle miofibre lese, nel momento in cui le fibre muscolari in fase di riparazione penetrano nel tessuto leso. In tal modo l’ α7β1 provvede a fornire stabilità alle fibre muscolari in fase ricrescita che mancano ancora di adesione nella loro parte terminale. L’espressione dell’integrina α7β1 ritorna a livelli normali a livello del sarcolemma laterale (riquadro C) contestualmente alla normalizzazione della redistribuzione dell’integrina α7β1 nella parte terminale delle fibre in riparazione, quando queste ultime formano delle nuove giunzioni miotendinee ed aderiscono alla cicatrice.

Key points remainder

i. L’immobilizzazione e la mobilizzazione precoce del tessuto muscolare leso.

ii. Il principio del RICE nel trattamento immediato.

iii. Il principio del PRICE nel trattamento immediato.

iv. L’introduzione dello stretching.

Page 55: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Bibliografia

Äärima V., Kääriäinen M., Vaittinen S. Restoration of myofiber continuity after transection injury in the rat soleus. Neuromuscul Disord. 14: 421-428, 2004. Äärima V., Rantanen J., Best T., Schultz E., Corr D., Kalimo H. Mild eccentric stretch injury in skeletal muscle cause transient effects on tensile load and cell proliferation. Scan J Med Sci Sports. 14: 367-372, 2004.

Aarimaa V, Käãriäinen M, Vaittinen S, et al. Restoration of myofiber continuity after transection injury in the rat soleus. Neuromuscul Disord. 14:421-428, 2004

Abbot BC. Aubert XM. Changes of energy in a muscle during very slow stretches. Proceedings of the Royal Society B 139: 104-117, 1951

Aldridge R, Cady EB, Jones DA, Obletter G. Muscle pain after exercise is linked with an inorganic phosphate increase as shown by 31P NMR. Biosci Rep.Jul;6(7):663-7, 1986

Allikian MJ., Hack AA., Mewborn S., Mayer U., McNalli EM. Genetic compensation for sarcoglycan loss by integrin α 7β1 in muscle. J Cell Sci. 117:3821-3830, 2004.

Almekinders LC. Anti-inflammatory treatment of muscular injuries in sport: an update of recent studies. Sports Med. 28:383-388, 1999.

Almekinders LC. Anti-inflammatory treatment of muscular injuries in sports. Sports Med. 15:139-145, 1993. Almekinders LC. Results of surgical repair versus splinting of experimentally transected muscle. J Orthop Trauma. 5:173-176, 1991 Anitua E, Sanchez M, Nurden AT., Zalduendo M., De La Fuente M., Azofra J., Andia I. Reciprocal actions of platelet-secreted TGF-beta1 on the production of VEGF and HGF by human tendon cells. Plast Reconstr. 119(3):950-959, 2007.

Anitua E., Sanchez M., Nurden AT., Orive G., Zalduendo M., De La Fuente M., Azofra J., Andia I. Autologous fibrin matrices: a potential source of biological mediators that modulate tendon cell activities. J Biomed Mat Res. 77: 285-93, 2006.

Page 56: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Arieli D, Nahmany G, Casap N, Ad-El D, Samuni Y. The effect of a nitroxide antioxidant on ischemia-reperfusion injury in the rat in vivo hind limb model. Free Radic Res. Feb;42(2):114-23, 2008.

Arkhipenko IuV, Pisarev VA, Kagan VE. Modification of an enzymic system of Ca2+ transport in sarcoplasmic reticulum membranes during lipid peroxidation. Induction and regulation systems of lipid peroxidation in skeletal and heart muscles Biokhimiia. Aug;48(8):1261-70, 1983

Armstrong RB, Laughlin MH, Rome L, Taylor CR. Metabolism of rats running up and down an incline. Journal of Applied Physiology 55: 518-521, 1983a. Armstrong RB, Ogilvie RW, Schwane JA. Eccentric exercise-induced injury to rat skeletal muscle. Journal of Applied Physiology 54: 80-93, 1983b

Armstrong RB, Warren GL, Warren JA. Mechanisms of exercise-induced muscle fibre injury. Sports Med. Sep;12(3):184-207, 1991.

Armstrong RB. Initial events in exercise induced muscular injury. Med. Sci. Sports Exerc. 22: 429- 437, 1991a.

Armstrong RB. Mechanisms of exercise-induced delayed onset muscular soreness: a brief review. Medicine and Science in Sports and Exercise 16: 529-538, 1984. Armstrong RB., Warren GL., Warren A. Mechanism of exercise induced fiber injury. Sports Med. 12: 184-207, 1991b.

Arroyo CM, Kramer JH, Dickens BF, Weglicki WB. Identification of free radicals in myocardial ischemia/reperfusion by spin trapping with nitrone DMPO. FEBS Lett. 1987

Asmussen E. Observations on experimental muscular soreness. Acts Rheumatologica Scandinavica 2: 109-116, 1956. Aspelin P., Ekberg O., Thorsson O., Wilhelmsson M., Westin N. Ultrasound examination of soft tissue injury of the lower limb in athletes. Am J Sports Med. 20.601-603, 1992.

Aspenberg P., Virchenko O. Platelet concentrate injection improves Achilles tendon repair in rats. Acta Orthopaed Scand 75:93–9, 2004.

Banfi G., Corsi MM., Volpi P. Could platelet rich plasma have effects on systemic circulating growth factors and cytokine release in orthopaedic applications? Br J Sports Med. 40:816, 2006.

Bao ZZ., lakonishok M., Kaufman S., Horwitz AF. α7β1 integrin is a component of the myotendinous junction on skeletal muscle. J Cell Sci. 106: 579-590, 1993.

Baracos VE, Wilson EJ, Goldberg AL. Effects of temperature on protein turnover in isolated rat skeletal muscle. Am J Physiol. 1984 Jan;246(1 Pt 1):C125-30

Barrett S., Erredge S. Growth factors for chronic plantar fascitis. Podiatry Today. 17:37–42, 2004.

Page 57: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Beiner JM, Jokl P. Muscle contusion injury and myositis ossificans traumatica. Clin Orthop. 403(suppl):S110-S119, 2002. Beiner JM., Jokl P., Cholewicki J., Panjabi MM. The effect of anabolic corticosteroids and corticosteroids on healing of muscle contusion injury. Am J Sports Med. 27:2-9, 1999. Best TM., Hunter KD. Muscle injury and repair. Phys Med Rehabil Clin N Am. 11: 251-266, 2001. Best TM., Loitz-Ramage B., Corr DT., Vanderby R. Hyperbaric oxygen in the treatment of acute muscle stretch injuries: results in an animal model. Am J Sports Med. 26:367-372, 1998. Best TM., Shehadeh SE., Leverson G., Michel JT., Corr DT., Aeschlimann D. Analysis of changes in RNA levels of myoblast and fibroblast-derived gene products in healing skeletal muscle using quantitative reverse transcription-polymerase chain reaction. J Ortho pres. 19: 565-572, 2001. Bhattacharya SK. Crawford AJ, Thakar 1H, Johnson PL Path genetic roles of intracellular calcium and magnesium in membrane-mediated progressive muscle degeneration. In Duchenne muscular dystrophy. In Fiskum G tEd.) Cell calcium metaholism. pp. 513-525, Plenum. New York. 1989. Bisciotti GN. Allenamento eccentrico e prevenzione dei danni muscolari. New Athletic Research in Science Sport.169-170:28-33,2001. Bleakley C, McDonough S, MacAuley D. The use of ice in the treatment of acute soft tissue injury: a systematic review of randomized controlled trials. Am J Sports Med. 34:251-261, 2004 Bonde-Petersen F. Knuttgen HG, Henriksson J. Muscle metabolism during exercise with concentric and eccentric contractions. Journal of Applied Physiology 33: 792-795, 1972

Boobis AR, Murray S, Hampden CE, Davies DS. Genetic polymorphism in drug oxidation: in vitro studies of human debrisoquine 4-hydroxylase and bufuralol 1'-hydroxylase activities. Biochem Pharmacol. Jan 1;34(1):65-71, 1985.

Brand MD, Lehninger AL. Superstoichiometric Ca2+ uptake supported by hydrolysis of endogenous ATP in rat liver mitochondria. J Biol Chem. Oct 10;250(19):7958-60, 1975.

Braughler JM, Burton PS, Chase RL, Pregenzer JF, Jacobsen EJ, VanDoornik FJ, Tustin JM, Ayer DE, Bundy GL. Novel membrane localized iron chelators as inhibitors of iron-dependent lipid peroxidation. Biochem Pharmacol. Oct 15;37(20):3853-60, 1988.

Brewer BJ. Instructional Lecture American Academy of Orthopaedic Surgeons 17: 354-358, 1960.

Brickson S., Hollander J., Corr DT., Ji LL., best TM. Oxidant production and immune response after stretch injury in skeletal. Med Sci Sport Exerc. 33: 2010-2015, 2001.

Brickson S., Ji LL., Schell K., Olabisi R. St Pierre Schneider B., Best TM. M1/70 attenuates blood-borne neutrophil oxidants, activation and myofiber damage following stretch injury. J Appl Physiol. 95: 969-976, 2003.

Page 58: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Brooks SV, Vasilaki A, Larkin LM, McArdle A, Jackson MJ. Repeated bouts of aerobic exercise lead to reductions in skeletal muscle free radical generation and nuclear factor kappaB activation. J Physiol. Aug 15;586(16):3979-90, 2008.

Brown RH. Dystrophin-associated proteins and the muscular dystrophies: a glossary. Brain Pathol. 6: 19-24, 1996.

Buckwalter JA. Should bone, soft tissue, and joint injuries be treated with rest or inactivity. J Orthop Res. 13: 155-156, 1995.

Bulyakova NV, Azarova VS. Regeneration of skeletal muscles and state of thymus in gamma-irradiated rats under laser therapy of the area of muscle trauma. Minim Invasive Ther Allied Technol. 5(5):277-85, 2006.

Burkin DJ., Kaufman SJ. The α7β1 integrin in muscle development and disease. Cell tissue Res. 296: 183-190, 1999.

Bush ME, Alkan SS, Nitecki DE, Goodman JW. Antigen recognition and the immune response. "Self-help" with symmetrical bifunctional antigen molecules. J Exp Med. Dec 1;136(6):1478-83, 1972.

Byrd SK., Bode AK., Klug GA. Effects of exercise of varying duration on sarcoplasmetic reticulum function. J Appl Physiol. 66: 1383-1389, 1989.

Caldwell MD., Shearer J., Morrs A. Evidence for aerobic glycolysis in lambda-carrageenan-wounde skeletal muscle. J Surg Res. 37: 63-68, 1984. Cannon IP., Pierre BA. Cytokines in exertion-induced skeletal muscle injury. Mol, Cell Biochem. 179: 159-167, 1998.

Carafoli E. The homeostasis of calcium in heart cells. Journal of Molecular and Cell Cardiology 17: 203-212, 1985. Carda C, Mayordomo E, Enciso M. Structural effects of the application of a preparation rich in growth factors on muscle healing following acute surgical lesion. Poster presentation at the 2nd International Conference on Regenerative Medicine 2005

Carpenter S, Karpati G. Segmental necrosis and its demarcation in experimental micropuncture injury of skeletal muscle fibers. J Neuropathol Exp Neurol. Mar;48(2):154-70, 1989.

Castilho RF, Carvalho-Alves PC, Vercesi AE, Ferreira ST. Oxidative damage to sarcoplasmic reticulum Ca(2+)-pump induced by Fe2+/H2O2/ascorbate is not mediated by lipid peroxidation or thiol oxidation and leads to protein fragmentation. Mol Cell Biochem. Jun 21;159(2):105-14, 1996.

Castilho RF, Kowaltowski AJ, Vercesi AE. The irreversibility of inner mitochondrial membrane permeabilization by Ca2+ plus prooxidants is determined by the extent of membrane protein thiol cross-linking. J Bioenerg Biomembr. Dec;28(6):523-9, 1996.

Page 59: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Chan YS., Li Y., Foster W. Antifibrotic effects of suramin in injured skeletal muscle after laceration. J Appl Physiol. 95: 771-780, 2003.

Chang J, Musser JH, McGregor H. Phospliolipase A2: function and pharmacological regulation. Biochemical Pharmacology 36: 2429-2436, 1987.

Chang R, Turcotte R, Pearsall D. Hip adductor muscle function in forward skating Sports Biomech. Sep;8(3):212-2222, 2009.

Chargé SBP., Rudnicki MA. Cellular and molecular regulation of muscle regeneration. Physiol Rev. 84: 209-238, 2004. Chazaud B., Sonnet C., Lafuste P. Satellite cells attract monocytes and use macrophages as a support to escape apoptosis and enhance muscle growth. J Cell Biol. 163: 133-1143, 2003.

Cheah KS, Cheah AM. Malignant hyperthermia: molecular defects in membrane permeability. Experientia. May 15;41(5):656-61, 1985.

Childs A, Jacobs C, Kaminski T, Halliwell B, Leeuwenburgh C. Supplementation with vitamin C and N-acetyl-cysteine increases oxidative stress in humans after an acute muscle injury induced by eccentric exercise. Free Radic Biol Med. Sep 15;31(6):745-753, 2001.

Chiquet M. How do fibriblast translate mechanical signal into changes in extracellular matrix production? Matrix Biol. 22. 73-80, 2003.

Clanton TL. Hypoxia-induced reactive oxygen species formation in skeletal muscle. J Appl Physiol. Jun;102(6):2379-88, 2007.

Close GL, Ashton T, McArdle A, Maclaren DP. The emerging role of free radicals in delayed onset muscle soreness and contraction-induced muscle injury. Comp Biochem Physiol A Mol Integr Physiol. Nov;142(3):257-66, 2005.

Cohn RD., Capmbell KP. Molecular basis of muscular dystrophies. Muscle Nerve. 23: 1456-1471, 2000.

Colomo F, Lombardi V, Piazzesi G. The mechanisms of force enhancement during constant velocity lengthening in tetanized single fibres of frog muscle. Adv Exp Med Biol. 226:489-502, 1988.

Comstock JP., Udenfriend S. Effect of lactate on collagen proline hydroxilase activity in cultured L-929 fibroblast. Proc Natl Acad Sci USA. 66 : 522-557, 1970. Corsi A. Xu T., Chen XD. Phenotypic effects of biglycan deficiency are linked to collagen fibril abnormalities, are synergized by decorin deficiency, and mimic Ehlers-Danlos-like changes in bone and other connective tissues. J Bone Miner Res. 17: 1180-1189, 2002.

Creaney L, Hamilton B. Growth factor delivery methods in the management of sport injuries: the state of play. Br J Sports Med. 42:314-320, 2008.

Page 60: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Creaney L., Hamilton B. Growth factor delivery methods in the managements of sports injuries: the state of play. Br J Sports Med. 42: 314-320, 2008.

Cullen MJ, Fulthorpe JJ. Phagocytosis of the A band following Z line, and I band loss. Its significance in skeletal muscle breakdown. J Pathol. Oct;138(2):129-43, 1982.

Davies CT, White MJ. Muscle weakness following eccentric work in man. Pflugers Arch. Dec;392(2):168-71, 1981.

Dayton WR, Goll DE, Zeece MG, Robson RM, Reville WJ. A Ca2+-activated protease possibly involved in myofibrillar protein turnover. Purification from porcine muscle. Biochemistry. May 18;15(10):2150-2158, 1976.

Dayton WR, Schollmeyer JV, Chan AC, Allen CE. Elevated levels of a calcium-activated muscle protease in rapidly atrophying muscles from vitamin E-deficient rabbits. Biochim Biophys Acta. May 1;584(2):216-30, 1979.

De Smet AA., Best TM. MR imaging of the distribution and location of acute hamstring injuries in athletes. Am J Roentgenol. 174: 393-399, 2000.

De Vos R., Wei A., Van Schie H., Bierma-Zeinstra S., Verhaar J., Tol J. Plateled-rich plasma injection for chronic Achilles tendinopaty. A randomized controlled trial. JAMA. 303(2): 144-149, 2010.

Deal DN., Lipton J., Rosencrance E. Curl WW., Smith Il. Ice reduces edema: a study of microvascular permeability in rats. J Bone Joint Surg Am. 84: 1573-1578, 2002.

Demopoulos HB. Control of free radicals in biologic systems. Fed Proc. Aug;32(8):1903-1908, 1973a.

Demopoulos HB. The basis of free radical pathology. Fed Proc. Aug;32(8):1859-1861, 1973b.

Dreyfus PA., Chretien F., Chazaud B. Adult bone marrow-derived stem cells in muscle connective tissue and satellite cell niches. Am J Pathol. 164: 773-779, 2004.

Duan C, Delp MD, Hayes DA, Delp PD, Armstrong RB. Rat skeletal muscle mitochondrial [Ca2+] and injury from downhill walking. J Appl Physiol. Mar;68(3):1241-1251, 1990.

Duchen MR. Effects of metabolic inhibition on the membrane properties of isolated mouse primary sensory neurones. J Physiol. May;424:387-409. 1990.

Duncan CJ, Greenaway HC, Smith JL. 2,4-dinitrophenol, lysosomal breakdown and rapid myofilament degradation in vertebrate skeletal muscle. Naunyn Schmiedebergs Arch Pharmacol.;315(1):77-82, 1980.

Duncan CJ. Role of calcium in triggering rapid ultrastructural damage in muscle: a study with chemically skinned fibres. J Cell Sci. May;87 ( Pt 4):581-594, 1987.

Ebbeling CB, Clarkson PM. Exercise-induced muscle damage and adaptation. Sports Med. Apr;7(4):207-34, 1989.

Page 61: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Edman KA., Reggiani PC. The sarcomere length-tension relation determined in short segments of intact muscle fibres of the frog. J. Physiol. (Lond.) 385: 709-732, 1987.

Ekstrand J, Hägglund M, Waldén M . Injury incidence and injury patterns in professional football - the UEFA injury study. Br J Sports Med. 2009 Jun 23, E pub.

Ervasti JM. Costameres: the Achille’hell of Herculean muscle. J Biol Chem. 278: 13591-13594, 2004.

Evans CH., Robbins PD. Genetically augmented tissue engineering of the musculoskeletal system. Clin Orthop. 367(suppl): S410-S418, 1999. Evans, C. Cytokines and the Role They Play in the Healing of Ligaments and Tendons. Sports Medicine. 28(2): p. 71-76, 1999.

Everts P, Mahoney C, Hoffmann J. Platelet-rich plasma preparation using three devices: Implications for platelet activation and platelet growth factor release. Growth Factors. 24(3):165-171, 2006.

Falanga V., Qian SW., Danielpour D., Katz MH., Roberts AB., Sporn MB. Hypoxia upregulates the synthesis of TGF-beta 1 by human dermal fibroblasts. J Invest Dermatol. 97(4):634-7, 1991. Farges MC., Balcerzak D., Fisher BD. Increased muscle proteolysis and antifibrosis after local trauma mainly reflets macrophage-associated lysosomial protheolysis. Am J Physiol Endocrinol Metab. 282: E326-E335, 2002.

Faulkner JA, Jones DA, Round JM. Injury to skeletal muscles of mice by forced lengthening during contractions. Q J Exp Physiol. Sep;74(5):661-70, 1989.

Faust KB, Chiantella V, Vinten-Johansen J, Meredith JH. Oxygen-derived free radical scavengers and skeletal muscle ischemic/reperfusion injury. Am Surg. Dec;54(12):709-719, 1988.

Fisher JW. Pharmacologic modulation of erythropoietin production. Annu Rev Pharmacol Toxicol.;28:101-22, 1988.

Fluk M., Carson JA., Gordan SE., Ziemieeki Booth FW. Focal adhesion proteins FAK and paxillin increase in hypertrophied skeletal muscle. Am J Physiol Cell. 277: 152-C162, 1999.

Foster W., Li Y., Usas A., Somogyi G., Huard G. Gamma interferon as an antifibrosis agent in skeletal muscle. J Orthop Res. 21: 798-804, 2003.

Frank CB., hart DA., Shrive NG. Molecular biology and biomechanics of normal and healing ligaments: a review. Osteoarthritis Cartilage. 7: 130-140, 1999.

Fridén J, Sjöström M, Ekblom B. A morphological study of delayed muscle soreness. Experientia. May 15;37(5):506-507, 1981.

Page 62: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Fridén J., Lieber RL. Structural and mechanical basis of the exercise-induced muscle injury. Med. Sci. Sports Exerc. 24: 521-530, 1992.

Fukudaka S., Miyagoe-Suzuki Y., Tsukihara H. Muscle regeneration by reconstitution with bone marrow or fetal liver cells from green fluorescent protein-gene transgenic mice. J Cell Sci. 115: 1285-1293, 2002.

Fukushima K., Badlani N., Usas A., Riano F., Fu F., Huard J. The use of antifibrosis agent to improve muscle recovery after laceration. Am J Sports Med. 29: 394-402, 2001.

Ganote CE, Humphrey SM. Effects of anoxic or oxygenated reperfusion in globally ischemic, isovolumic, perfused rat hearts. Am J Pathol. Jul;120(1):129-145, 1985.

Garret WE. Jr., Califf JC., Basset FH. Histochemical correlates of hamstring injuries. Am. J. Sports Med. 12: 98-103, 1984.

Garret WE. Muscle strain injury: clinical and basic aspects. Med. Sci. Sports Exerc. 22: 439-443, 1990.

Garret WEJr, Nikolaou PK, Ribbeck BM,et al. Effect of muscle architecture on the biomechanical failure properties of skeletal muscle under passive extension.AmJSportsMed 1988;16:7–12.

Garrett WE Jr, Safran MR, Seaber AV, et al. Biomechanical comparison of stimulated and nonstimulated skeletal muscle pulled to failure. Am J Sports Med 1987;15:448–54.

Garrett WE Jr, Rich FR, Nikolaou PK, et al. Computed tomography of hamstring muscle strains. Med Sci Sports Exerc 1989;21:506–14.

Giancotti FG., Rouslathi E. Integrin signaling. Science. 285: 1028-1032, 1999.

Gigante A, Del Torto M, Alberto B. Platelet-Rich Plasma in Muscle Healing. In: EFOST; 2008; Antalya, Turkeyp. 41-42, 2008.

Gillis JM. Relaxation of vertebrate skeletal muscle. A synthesis of the biochemical and physiological approaches. Biochim Biophys Acta. Jun 3; 811(2):97-145, 1985.

Goetsch SC., Hawke TJ., Gallardo TD., Richardson JA., Garry DJ. Transcriptional profiling and regulation of the extracellular matrix during muscle regeneration. Physiol Genomics. 14: 261-271, 2003.

Goodman MN. Differential effects of acute changes in cell Ca2+ concentration on myofibrillar and non-myofibrillar protein breakdown in the rat extensor digitorum longus muscle in vitro. Assessment by production of tyrosine and N tau-methylhistidine. Biochem J. Jan 1;241(1):121-127, 1987.

Graham TE., Barklay JK., Wilason BA. Skeletal muscle lactate release and glycolytic intermediates during hypercapnia. J Appl Physiol. 60 : 568-575, 1986.

Page 63: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Green H., Goldberg B. Collagen and cell protein synthesis by an established mammalian fibroblast line. Nature. 204 : 347-349, 1963.

Griffiths HR, Lunec J, Jefferis R, Blake DR, Willson RL. A study of ROS induced denaturation of IgG3 using monoclonal antibodies; implications for inflammatory joint disease. Basic Life Sci.;49:361-364, 1988.

Grounds MD. Towards understanding skeletal muscle regeneration. Pathol Res Pract. 187: 1-22, 1991. Grounds MD., White JD., Rosenthal N., Bogoyevitch MA. The role of stem cells in skeletal and cardiac muscle repair. J Histochem Cytochem. 50: 589-610, 2002.

Hall-Craggs EC. Early ultrastructural changes in skeletal muscle exposed to the local anaesthetic bupivacaine (Marcaine). Br J Exp Pathol. Apr;61(2):139-49, 1980.

Hamilton B. Therapeutic use of autologus blood products in track and field. IAAF World Antidoping Symposium 2006.

Hammond JW, Hinton RY, Curl LA, Muriel JM, Lovering RM. Use of autologous platelet-rich plasma to treat muscle strain injuries. Am J Sports Med. Jun;37(6):1135-42, 2009.

Hannallah D, Peng H, Young B, Usas A, Gearhart B, Huard J. Retroviral delivery of Noggin inhibits the formation of heterotopic ossification induced by BMP-4, demineralized bone matrix, and trauma in an animal model. J Bone Joint Surg Am. 86:80-91. 2004.

Hansford RG. Relation between mitochondrial calcium transport and control of energy metabolism. Rev Physiol Biochem Pharmacol. 102:1-72, 1985.

Harris AJ, Duxson MJ, Fitzsimons RB, Rieger F. Myonuclear birthdates distinguish the origins of primary and secondary myotubes in embryonic mammalian skeletal muscles. Development. Dec;107(4):771-84, 1989.

Hess ML, Manson NH, Okabe E. Involvement of free radicals in the pathophysiology of ischemic heart disease. Can J Physiol Pharmacol. Nov;60(11):1382-1389, 1982.

Hidebrand K, Woo S, Smith D. The effect of platelet derivedgrowth factors-BB on healing of the rabbit medial collateral ligament. An in vivo study. Am J Sports 26: 549-54, 1998.

Higuchi H, Umazume Y. Lattice shrinkage with increasing resting tension in stretched, single skinned fibers of frog muscle. Biophys J. Sep;50(3):385-389, 1986.

Hildebrand A., Romaris M., Rasmussen LM. Interaction of the small interstitial proteoglycans byglican, decorin, and fibromodulin with transforming growth factor β. Biochem J. 302: 527-534, 1994.

Hirata A., Matsuda S., Tamura T. Expression profiling of cytokines and related genes in regeneration skeletal muscle after cardiotoxin injection : a role for osteopontin. Am J Pathol. 163: 203-215, 2003.

Page 64: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Hoffmann EP. Clinical and histopathological features of abnormalities of the distrophin-based membrane cytoskeleton. Brain Pathol. 163: 203-215, 1996.

Hofmann WW. Musculotrophic effects of insulin receptors before and after denervation. Brain Res. Jan 20;401(2):312-321, 1987.

Horáková L, Strosová M, Skuciová M. Antioxidants prevented oxidative injury of SR induced by Fe2+/H2O2/ascorbate system but failed to prevent Ca2+-ATPase activity decrease. Biofactors.;24(1-4):105-109, 2005.

Hughes CT, Hasselman CT, Best TM, et al. Incomplete, intrasubstance strain injuries of the rectus femoris muscle. Am J Sports Med 1995;23:500–6.

Huard J., Li Y., Fu FH. Muscle injury and repair: current trends in research . J Bone Joint Surg Am. 84: 822-832, 2002.

Hunt TK., Connoly WB., Aronson B. Anaerobic metabolism and woud healing. An hypothesis for the initiation and cessation of collagen synthesis in wound. Am J Surg. 135. 328-332, 1978. Hunt TK., Hussain Z. Can wound healing be a paradigm for tissue repair? Med Sci Sport Exerc. 25(6): 755-788, 1993. Hunt TK., Twomey P., Zederfeldt B. Respiratory gas tensions in healing wounds. Am J Surg. 114: 302-307, 1967. Hurme T., Kalimo H. Activation of myogenic precursor cells after muscle injury. Med Sci Sport Exerc. 24: 197-205, 1992. Hurme T., Kalimo H. Adhesion in skeletal muscle regeneration. Muscle Nerve. 15: 482-489, 1992.

Hurme T., Kalimo H., Lehto M., Järvinen M. Healing of skeletal muscle injury: an ultrastructural and immunohistochemical study. Med Sci Sport Exerc. 23: 801-810, 1191a.

Hurme T., Kalimo H., Sandemberg M., Lehto M., Vuorio E. Localization of type I and III collagen and fibronectin production in injure gastrocnemius muscle. Lab Invest. 64: 76-84, 1991c.

Hurme T., Lehto M., Falck B., Taino H., Kalimo H. Electromyography and morphology during regeneration of muscle injury in rat. Acta Physiol Scand. 142: 443-456, 1991b. Hurme T., Rantanen J., Kalimo H. Effects of early cryotherapy in experimental skeletal muscle injury. Scan J Med Sci Sport. 3: 46-51, 1993.

Huxley AF., Peachey LD. The maximum length for contraction in vertebrate striated muscle. J Physiol. 156: 150-166, 1961. Im MJC., Hoopes JE. Energy metabolism in healing skin wounds. J Surg Res. 10: 459-464, 1970. Im MJC., Hoopes JE. Glycolysis in healing skin wounds. J Surg Res. 10: 173-179, 1970a.

Page 65: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Infante AA., Klaupiks D., Davies RE. Length, tension and metabolism during short isometric contractions of frog Sartorius muscles Biochim Biophys Acta. Jul 29;88:215-217, 1964.

Ishiura S, Sugita H, Nonaka I, Imahori K. Calcium-activated neutral protease. Its localization in the myofibril, especially at the Z-band. J Biochem. Jan;87(1):343-346, 1980.

Jankowski RJ., Deasy BM., Cao B., Gates C., Huard J. The role of CD34 expression and cellular fusion in the regeneration capacity of myogenic progenitor cells. J Cell Sci. 115: 4361-4374, 2002. Järvinen M, Lehto M, Sorvari T. Effect of some anti-inflammatory agents on the healing of ruptured muscle: an experimental study in rats. J Sports Traumatol Rel Res. 14:19-28, 1992.

Järvinen M. Sorvari T. A histochemical study of the effect of mobilisation and immobilisation on the metabolism of healing muscle injury. In: Landry E ed. Sport Medicine. Miami, Fla: Symposia Specialist, Orban WAR: 177-181, 1978. Järvinen M. Healing of a crush injury in rat striated muscle, 2: a histological study of the effect of early mobilization and immobilization on capillary ingrowth. Acta Pathol Microbiol Scand. 84A: 269-282, 1975.

Järvinen M. Healing of a crush injury in rat striated muscle, 3: a microangiographical study of the effect of early mobilisation and immobilisation an capillary ingrowth. Acta Phatol Microbiol Scand. 84A: 85-94, 1976. Järvinen M. Healing of a crush injury in rat striated muscle, 3: a microangiographical study of the effect of early mobilization and immobilization on capillary ingrowth. Acta Pathol Microbiol Scand. 84A:85-94, 1976.

Järvinen M. Healing of a crush injury in rat striated muscle, 4: effect of early mobilisation an immobilisation on the tensile properties of gastrocnemius muscle. Acta Chir Scan. 142: 47-56, 1976.

Järvinen M., Aho Aj., Lehto M., Toivonen H. Age dependent repair of muscle rupture: qa histological and microangiographical study in rats. Acta Orthop Scand. 54: 64-74, 1983. Järvinen M., Letho MUK. The effect of early mobilization and immobilization on the healing process following muscle injury. Sports med. 15. 78-89, 1993.

Järvinen M., Sorvari T. Healing of a crush injury in rat striated muscle, 1: description and testing of a new method of inducing a standard injury to the calf muscles. Acta Pathol Microbiol Scand. 83A: 259-265, 1975.

Järvinen MJ., Einola SA., Virtanen EO. Effect of the position of immobilization upon the tensile properties of the rat gastrocnemius muscle. Arch Phys Rehabil. 73: 253-257, 1992. Kannus P., Parkkari J., Järvinen TA., Järvinen M. Basic science and clinical studies coincide: active approach is needed in the treatment of sports injuries. Scan J Med Sci Sports 13: 150-154, 2003.

Page 66: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Järvinen MJ., Einola SA., Virtanen EO. Effect of the position of immobilisation upon the tensile properties of the rat gastrocnemius muscle. Arch Phys med Rehabil. 73: 253-257, 1992.

Järvinen MJ. Immobilization effect on the tensile properties of striated muscle: an experimental study in the rat. Arch Phys Med Rehabil. 58: 123-127, 1977.

Järvinen TAH., Kannus P., Järvinen TLN., Jósza L., Kalimo H., Järvinen M. Tenascin-C in the patobiology and healing process of musculoskeletal tissue injury. Scan J Med Sci Sports. 10: 367-382, 2000.

Järvinen TAH., Järvinen TLN., Kääriänen M., Kalimo H., Järvinen M. Muscle injury. Biology and treatment. Am J Sports Med. 33(5): 745-764, 2005.

Järvinen TAH., Järvinen TLN., kannus P., Kalimo H. Ectopic expression of tenascin-C. J Cell Sci. 116: 3851-3853, 2003.

Järvinen TAH., Jósza L., Kannus P. Mechanical loading regulates the expression of tenascin-C in the myotendinous junction and tendon but does not induce de novo-syntesis in the skeletal muscle. J Cell Sci. 116: 857-866, 2003.

Järvinen TAH., Józsa L:, Kannus P., Järvinen TL., Järvinen M. Organization and distribution of intramuscular connective tissue in normal and immobilized skeletal muscle: an immunohistochemical polarization and scanning electron microscopic study. J Muscle Res cell Motil. 23.245-254, 2002.

Jenkins RR Free radical chemistry. Relationship to exercise. Sports Med. Mar;5(3):156-170, 1988.

Józsa L, Kannus P, Thoring J, Reffy A, Järvinen M, Kvist M. The effect of tenotomy and immobilisation on intramuscular connective tissue: a morphometric and microscopic study in rat calf muscles. J Bone Joint Surg Br. 72:293-297, 1990. Józsa L., Reffy A., Demel Z. Alterations of oxygen and carbon dioxide tension in crush-injured cal muscle of rat. A Exp Chir. 13: 91-94, 1980.

Julian FJ, Morgan DL. The effect on tension of non-uniform distribution of length changes applied to frog muscle fibres. J Physiol. Aug;293:379-392, 1979.

Kaäriäinen M, Kaäriäinen J, Järvinen TLN, Sievanen H, Kalimo H, Järvinen M. Correlation between biomechanical and structural changes during the regeneration of skeletal muscle after laceration injury. J Orthop Res. 16:197-206, 1998. Kääriäinen M., Järvinen TAH., Järvinen M., kalimo H. Adhesion and regeneration of myofibers in injured skeletal muscle. Scan J Med Sci Sport. 10. 332-337, 2000a.

Kääriäinen M., Kääriäinen J. Järvinen TNL., Sievanen H., Kalimo H., Järvinen M. Correlation between biomechanical and structural changes during the regeneration of skeletal muscle after laceration injury. J Orthop Res. 16: 197-206, 1998.

Page 67: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Kääriäinen M., Kääriäinen J., Järvinen TLN. Integrin and dystrophin associated adhesion protein complexes during regenerating of shearing-type muscle injury. Neuromuscul Disord. 10: 121-134, 2000.

Kääriänen M., Liljamo T., Pelto-Huikko M., Heino J., Järvinen M., Kalimo H. Regulation of α 7 integrin by mechanical stress during skeletal muscle regeneration. Neuromuscul Disord. 11: 360-369, 2001.

Kääriänen M., Nissinen L., Kaufman S. Expression of α 7 β1 integrin splincing variants during skeletal muscle regeneration. Am J Pathol. 161: 1023-1031, 2002.

Kajikawa Y, Morihara T, Sakamoto H, Matsuda K, Oshima Y, Yoshida A. Platelet-rich plasma enhances the initial mobilization of circulation-derived cells for tendon healing. J Cell Physiol. 215(3):837–45, 2008.

Kalimo H., Rantanen J., Järvinen M. Muscle injuries in sports. Baillieres Clin Orthop. 2: 1-24, 1997.

Kameyama T, Etlinger JD. Calcium-dependent regulation of protein synthesis and degradation in muscle. Nature. May 24;279(5711):344-346, 1979.

Kang R., Ghivazzani SC., Muzzonigro TS. Herndon JH., Robbins PD., Evans CH. Orthopaedic applications of gene therapy from concept to clinic. Clin Orthop. 375-337, 2000.

Kano Y, Masuda K, Furukawa H, Sudo M, Mito K, Sakamoto K. Histological skeletal muscle damage and surface EMG relationships following eccentric contractions. J Physiol Sci. Oct;58(5):349-355, 2008.

Kärkkäinen AM., Kotimaa A., Huusko J., Heinon SE et al. Vascular endothelial growth factor-D transgenic mice show enhanced blood capillary density, improved postischemic muscle regeneration, and increased susceptibility to tumor formation. Blood 113:4468–4475, 2009.

Katz B. The relation between force and speed in muscular contraction. J Physiol. Jun 14;96(1):45-64, 1939.

Kerkweg U, Petrat F, Korth HG, de Groot H. Disruption of skeletal myocytes initiates superoxide release: contribution of NADPH oxidase. Shock. May;27(5):552-558, 2007.

Klug GA, Tibbits GF The effect of activity on calcium-mediated events in striated muscle. Exerc Sport Sci Rev.16:1-59, 1988.

Koh ESC., McNally EG. Ultrasound of skeletal muscle injury. Semin Musculoskeletal Radiol. 11: 162-173, 2007.

Kon M, Kimura F, Akimoto T, Tanabe K, Murase Y, Ikemune S, Kono I. Effect of Coenzyme Q10 supplementation on exercise-induced muscular injury of rats. Exerc Immunol Rev. 13:76-88, 2007.

Page 68: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Kon M, Tanabe K, Akimoto T, Kimura F, Tanimura Y, Shimizu K, Okamoto T, Kono I. Reducing exercise-induced muscular injury in kendo athletes with supplementation of coenzyme Q10. Br J Nutr. Oct;100(4):903-909, 2008.

Krisanda JM, Paul RJ. Dependence of force, velocity, and O2 consumption on [Ca2+]o in porcine carotid artery. Am J Physiol. Sep;255(3 Pt 1):C393-400, 1988.

Kuipers H, Drukker J, Frederik PM, Geurten P, van Kranenburg G. Muscle degeneration after exercise in rats. Int J Sports Med. Feb;4(1):45-51, 1983.

Kujala UM, Orava S, Järvinen M. Hamstring injuries: current trends in treatment and prevention. Sports Med. 23:397-404, 1997. Kujala UM., Orava S., Järvinen M. Hamstring injuries: current trends in treatment and prevention. Sports med. 23: 397-404, 1997.

Kvist M., Järvinen M. Clinical, histochemical and biomechanical features in repair of muscle and tendon injuries. In J Sports med. 3(suppl 1): 12-14, 1982.

Labarge MA., Blau HM. Biological progression from adult bone marrow to mononucleate muscle stem cell to multinucleate muscle fiber in response to injury. Cell. 589-601, 2002.

Leal Junior EC, Lopes-Martins RA, Baroni BM, De Marchi T, Taufer D, Manfro DS, Rech M, Danna V, Grosselli D, Generosi RA, Marcos RL, Ramos L, Bjordal J. Effect of 830 nm low-level laser therapy applied before high-intensity exercises on skeletal muscle recovery in athletes. Lasers Med Sci. Nov;24(6):857-63, 2009.

Lee JC. Calcium ion and cellular function Sheng Li Ke Xue Jin Zhan. 11(1):55-64, 1980.

Lee TC., Chow KL., Pang P., Schwartz RJ. Activation of skeletal a-actine gene transcription: the cooperative formation of serum response factor-binding complexes over positive cis-actin promoter serum response elements displaces a negative-actin nuclear factor enriched in replicating myoblast and nonmyogenic cells. Mol Cell Biol. 11: 5090-5100, 1991.

Lehto M., Duance VC. Restall D. Collagen and fibronectin in a healing skeletal muscle injury: o immunohistochemical study of the effects of physical activity on the repair of injured gastrocnemius muscle in the rat. J Bone Joint Surg Br. 67: 820-828, 1985.

Lehto M., Järvinen., Nelimarkka O. Scar formation after skeletal muscle injury: a histological and autoradiographical study in rats. Arch Orthop Trauma Surg. 104: 366-370, 1986.

Lehto M., Sims TJ., Bailey AJ. Skeletal muscle injury: molecular changes in the collagen durin healing. Res Exp med (Berl). 185. 95-106, 1985b.

Leitner G, Gruber R, Neumuller J. Platelet content and growth factor release in platelet-rich plasma: a comparison of four different systems. Vox Sanguinis. 91:135-139. 2006.

Leonard JP, Salpeter MM. Agonist-induced myopathy at the neuromuscular junction is mediated by calcium. J Cell Biol. Sep;82(3):811-819, 1979.

Page 69: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Levine CJ., Bates CJ. The effect of hypoxia on collagen synthesis in cultured 3T6 fibroblasts and its relationship to the mode of action of ascorbate. Biochim Biophys Acta. 444: 446-452, 1976. Li Y., Huard J. Differentiation of muscle-derived cells into myofibroblast in injured skeletal muscle. Am J Pathol. 161: 895-907, 2002.

Lieber RL, Fridén J. Selective damage of fast glycolytic muscle fibres with eccentric contraction of the rabbit tibialis anterior. Acta Physiol Scand. Aug;133(4):587-588, 1988.

Lieber RL., Woodburn TM., Fridén J. Muscle damage induced by eccentric contractions of 25% strain. J. Appl. Physiol. 70: 2498-2507, 1991.

Liu XG, Zhou YJ, Liu TC, Yuan JQ. Effects of low-level laser irradiation on rat skeletal muscle injury after eccentric exercise. Photomed Laser Surg. Dec;27(6):863-869, 2009.

López JR, Alamo L, Caputo C, Wikinski J, Ledezma D. Intracellular ionized calcium concentration in muscles from humans with malignant hyperthermia. Muscle Nerve. Jun;8(5):355-358, 1985.

Lyras DN, Kazakos K, Verettas D, Botaitis S, Agrogiannis G, Kokka A, Pitiakoudis M, Kotzakaris A. The effect of platelet-rich plasma gel in the early phase of patellar tendon healing. Arch Orthop Trauma Surg. 2009.

Magnunsson SP., Simonsen EB., Agaard P., Glem GW., McHug MP. Kjaer M. Viscoelastic response to repeated static stretching in the human hamstring muscle: Scand J Med Sci Sport. 5: 342-347, 1995.

Malis CD, Bonventre JV. Susceptibility of mitochondrial membranes to calcium and reactive oxygen species: implications for ischemic and toxic tissue damage. Prog Clin Biol Res. 1988;282:235-59

Marx RE. Platelet-rich plasma: evidence to support its use. J Oral Maxillofac Surgery 62:489–96, 2004.

Massagué J. TGFbeta in cancer. Cell. Jul 25;134(2):215-30, 2008.

Matsunaga M, Ohtaki H, Takaki A, Iwai Y, Yin L, Mizuguchi H, Miyake T, Usumi K, Shioda S. Nucleoprotamine diet derived from salmon soft roe protects mouse hippocampal neurons from delayed cell death after transient forebrain ischemia. Neurosci Res. Nov;47(3):269-267, 2003.

Matsunaga S, Inashima S, Yamada T, Watanabe H, Hazama T, Wada M. Oxidation of sarcoplasmic reticulum Ca(2+)-ATPase induced by high-intensity exercise. Pflugers Arch. Jun;446(3):394-399, 2003.

Mayers U. Integrins: redundant or important players in skeletal muscle? J Biol Chem. 278: 14587-14590, 2003.

McCully KK, Faulkner JA. Characteristics of lengthening contractions associated with injury to skeletal muscle fibers. Journal of Applied Physiology 61: 293-299. 1986.

-7.

Page 70: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

McCully KK, Faulkner JA. Injury to skeletal muscle fibers of mice following lengthening contractions. J Appl Physiol. Jul;59(1):119-126, 1985.

McMahon T.A. Muscles, reflexes, and locomotion. Princeton University. Press. 1984

McMillin JB, Madden MC. The role of calcium in the control of respiration by muscle mitochondria. Med Sci Sports Exerc. Aug;21(4):406-410, 1989.

McNeil PL. Repairing a torn cell surface: make way, lysosomes to the rescue. J cell Sci. 115: 873-879, 2002.

Megliola A., Eutropi F., Scorzelli A. Ultrasound and magnetic resonance imaging in sport-related muscle injuries. Radiol Med. 111: 836-845, 2006.

Menetrey J, Kasemkijwattana C, Day CS, Bosch P, Vogt M, Fu FH, Moreland MS, Huard J. Growth factors improve muscle healing in vivo. J Bone Joint Surg Br. Jan; 82(1):131-137, 2000.

Menetrey J, Kasemkijwattana C, Fu FH, Moreland MS, Huard J. Suturing versus immobilization of a muscle laceration: a morphological and functional study in a mouse model. Am J Sports Med. 27:222-229, 1999. Messina S., Mazzeo A., Bitto A, Migliorato A., De Pasquale MG et al. VEGF overexpression via adeno-associated virus gene transfer promotes skeletal muscle regeneration and enhances muscle function in mdx mice. FASEB J 21:3737–3746, 2007.

Michele DE., Campbell KP. Dystrophin-glycoprotein complex: post-transational processing and dystroglycan function. J Biol Chem. 278: 15457-15460, 2003.

Middleton WD Ultrasonography of rotator cuff pathology. Top Magn Reson Imaging. Spring;6(2):133-138, 1994.

Mishra A, Pavelko T. Treatment of chronic elbow tendinosis with buffered platelet rich plasma. Am J Sports Med. 34:1774–1778. 2006.

Mishra DK, Fridén J, Schmitz MC, Lieber RL. Anti-inflammatory medication after muscle injury: a treatment resulting in short-term improvement but subsequent loss of muscle function. J Bone Joint Surg Am. 77:1510-1519. 1995.

Mishra DK., Fridèn J., Schmitz MC., Lieber RL. Anti-inflammatory medication after muscle injury; a treatment resulting in short-term improvement but subsequent loss of muscle function. J Bone Joint Sur Am. 77: 1510-1519, 1995. Miyake K., McNeil PL., Suzuki K., Tsunoda R., Sugai N. An actin barrier to realising. J Cell Sci . 114: 3487-3494, 2001.

Molloy, T., Y. Wang, and G.A. Murrell. The Roles of Growth Factors in Tendon and Ligament Healing. Sports Medicine. 33(5): p. 381-394, 2003.

Morgan DL New insights into the behaviour of muscle during active lengthening Biophys J. Jul;60(1):290-2, 1991.

Page 71: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Morgan DL. New insights into the behavior of muscle during active lengthening. Biophysical Journal 57: 209-221, 1990. Morla A., Zhang Z., Rioslathi E. Superfibronectin is a functionally distinct form of fibronectin. Nature. 367: 193-196, 1994.

Murachi S, Nogami H, Oki T, Ogino T. Familial tricho-rhino-phalangeal syndrome Type II. Clin Genet. Mar;19(3):149-155, 1981

Musaro A, Giacinti C, Borsellino G. Stem cell-mediated muscle regeneration is enhanced by local isoform of insulin-like growth factor 1. Proc Natl Acad Sci USA. 101:1206-1210, 2004. Musgrave DS., Pruchnic R., Bosch P., Ziran BH., Whalen J., Huard J. Human skeletal muscle cells in ex vivo gene therapy to deliver bone morphogenetic protein-2. J Bone Joint Surg Br. 84: 120-127, 2002.

Nadel ER, Bergh U, Saltin B. Body temperature during negative work. Journal of Applied Physiology 33: 553-558, 1972 Nakamura N., hart DA., Boorman RS. Decorin antisense gene therapy improves functional healing of early rabbit ligament scar with enhanced collagen fibrillogenesis in vivo. J Orthoped Res. 18: 517-523, 2000.

Newham DJ, Jones DA, Ghosh G, Aurora P. Muscle fatigue and pain after ecceninc contractions at long and short length. Clinical Science 74: 553-557, 1988 Newham DJ. Mills KR. Quigley BM, Edwards RHT. Pain and fatigue after concentric and eccentric muscle contractions. Clinical Science 64: 55-62, 1983. Nielsen B. Thermoregulation in rest and exercise. Acta Physiologica Scandinavica (Suppl.) 323: 1-74, 1969. Noonan TJ, Best TM, Seaber AV, Garrett WE Jr. Thermal effects on skeletal muscle tensile behaviour. Am J Sports Med. 21:517522, 1993. Obremsky WT, Seaber AV, Ribbeck BM, Garrett WE Jr. Biochemical and histological assessment of a controlled muscle strain injury treated with piroxicam. Am J Sports Med. 22:558-561, 1994.

Ogilvie RW, Armstrong RB, Baird KE, Bottoms CL. Lesions in the rat soleus muscle following eccentrically biased exercise. Am J Anat. Aug;182(4):335-346, 1988.

Ogilvie RW, Hoppeler H, Armstrong RB. Decreased muscle function following eccentric exercise in the rat. Medicine and Science in Sports and Exercise 17: 195, 1985. O'Grady M, Hackney AC, Schneider K. Diclofenac sodium (Voltaren) reduced exercise-induced injury in human skeletal muscle. Med Sci Sports Exerc. 2000;32:1191-1196.

Page 72: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Orrenius S, McConkey DJ, Bellomo G, Nicotera P. Role of Ca2+ in toxic cell killing. Trends Pharmacol Sci. Jul;10(7):281-285, 1989.

Otey CA., Pavalko FM., Burridge K. An interaction between α-actinin and β-integrin subunit in vitro. J cell Biol. 111: 721-729, 1990.

Pahud P, Ravussin E, Acheson KJ, Jequier E. Energy expenditure during oxygen deficit of submaximal concentric and eccentric exercise. Journal of Applied Physiology 49: 16-21. 1980. Pahud P, Ravussin E, Acheson KJ, Jequier E. Energy expenditure during oxygen deficit of submaximal concentric and eccentric exercise. Journal of Applied Physiology 49: 16-21. 1980. Palmer WE, Kuong SJ, Elmadbouh HM. MR imaging of myotendinous strain. AJR Am J Roentgenol. 1999 Sep;173(3):703-9. Patel TJ., Das R., Fridén J., Lutz GJ., Lieber RL. Sarcomere strain and heterogeneity correlate with injury to frog skeletal muscle fiber bundles. J Appl Pysiol. 97: 1803-1813, 2004.

Pelinkovic D, Lee JY, Engelhardt M. Muscle cell-mediated gene delivery to the rotator cuff. Tissue Eng. 9:143-151, 2003. Peng H, Huard J. Stem cells in the treatment of muscle and connective tissue diseases. Curr Opin Pharmacol. 3:329-333, 2003. Perrone CE., Fenwich-Smith D., Vanderburgh HH. Collagen and stretch modulate autocrine secretion of insulin-like growth factor-1 and insulin growth factor binding proteins from the differentiated skeletal muscle cells. J Biol Chem. 270: 2099-2106, 1995. Perrone CE., Fenwich-Smith D., Vanderburgh HH. Collagen and stretch modulate autocrine secretion of insulin-like growth factor-1 and insulin growth factor binding proteins from the differentiated skeletal muscle cells. J Biol Chem. 270: 2099-2106, 1995. Pomeranz SJ., Heidt RS Jr. MR imaging in the prognostication of hamstring injury. Work in progress. Radiology. Dec, 189(3): 897-900, 1993. Pontremoli S, Melloni E Extralysosomal protein degradation. Annu Rev Biochem. 55:455-81, 1986.

Popov EP. Engineering mechanics of solids, Prentice Hall, 1990 Publicover SJ, Duncan Si, Smith JL The use of A23187 to demonstrate the role of intracellular calcium in causing uluastructural damage in mammalian muscle. Journal of Neuropathology and Experimental Neurology 37: 554-557. 1978. Potvin JR. Effects of muscle kinematics on surface amplitude and frequency during fatiguing dynamic contractions J Appl Physiol. Jan;82(1):144-51, 1997.

Page 73: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Publicover SJ, Duncan CJ, Smith JL. The use of A23187 to demonstrate the role of intracellular calcium in causing ultrastructural damage in mammalian muscle. J Neuropathol Exp Neurol. Sep;37(5):554-557, 1978.

Qu- Petersen Z., Deasy B., Jankowski R. Identification of a novel population of muscle stem cells in mice: potential for muscle regeneration. J Cell Biol. 157: 851-864, 2002.

Quintanilha AT, Packer L, Davies JM, Racanelli TL, Davies KJ. Membrane effects of vitamin E deficiency: bioenergetic and surface charge density studies of skeletal muscle and liver mitochondria. Ann N Y Acad Sci. 393:32-47, 1982.

Radin EL., Simon SR., Rose RM., Paul IL. Practical biomechanics for the orthopaedic surgeon. New York: A Wiley Medical Publication. 1979, pp 165.

Rak J., Kerbel RS. bFGF and tumor angiogenesis: bach in the lime-light? Nat Med. 1083-1084, 1997. Rantanen J, Thorsson 0, Wollmer P, Hurme T, Kalimo H. Effects of therapeutic ultrasound on the regeneration of skeletal muscle myofibers after experimental muscle injury. Am J Sports Med. 27:54-59, 1999. Rantanen J., Hurme T., Lukka R., Heino J., Kalimo H. Satellite cell proliferation and expression of myogenin and desmin in regenerating skeletal muscle: evidence for two different population of satellite cells. Lab Invest. 72: 341-347, 1995. Rantanen J., Ranne J., Hurme T., Kalimo H. Denervated segments of injured skeletal muscle fibres are reinnervated by newly formed neuromuscular junctions. J Neuropathol Exp Neurol. 54: 188-194, 1995. Rapoport SI. Mechanical properties of the sarcolemma and myoplasma in frog muscle as a function of sarcomere length. Journal of General Physiology 59: 559-585. 1972.

Research Committee of the AOSSM. Hyperbaric oxygen therapy in sports. Am J Sports Med. 26:489-490, 1998. Richardson TP., Peters MC., Ennett AB., Mooney DJ. Polymeric system for dual growth factor delivery. Nat Biotechnol 19:1029–1034, 2001.

Rizzi CF, Mauriz JL, Freitas Corrêa DS, Moreira AJ, Zettler CG, Filippin LI, Marroni NP, González-Gallego J Effects of low-level laser therapy (LLLT) on the nuclear factor (NF)-kappaB signaling pathway in traumatized muscle. Lasers Surg Med. Aug;38(7):704-713, 2006.

Robertson SP, Johnson JD, Potter JD. The time-course of Ca2+ exchange with calmodulin, troponin, parvalbumin, and myosin in response to transient increases in Ca2+. Biophys J. Jun;34(3):559-569, 1981.

Rodemann HP, Waxman L, Goldberg AL. The stimulation of protein degradation in muscle by Ca2+ is mediated by prostaglandin E2 and does not require the calcium-activated protease. J Biol Chem. Aug 10;257(15):8716-8723, 1982.

Page 74: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Rouger K., Brault M., Daval N. Muscle satellite cell heterogeneity: in vitro an in vivo evidences of population that fuse differently. Cell Tissue res. 317: 319-326, 2004. Rouslathi E. Integrin signaling and matrix assembly. Tumor Biol. 17: 117-124, 1996.

Sacheck JM, Blumberg JB. Role of vitamin E and oxidative stress in exercise. Nutrition. Oct;17(10):809-814, 2001.

Safran MR, Garrett WE Jr, Seaber AV, Glisson RR, Ribbeck BM. The role of warm-up in muscular injury prevention. Am J Sports Med. 16:123-129, 1988. Safran MR, Seaber AV, Garrett WE Jr. Warm-up and muscular injury prevention. Sports Med. 8:239-249, 1989. Sanchez AR, Sheridan PJ, Kupp LI. Is platelet-rich plasma the perfect enhancement factor? A current review. Int J Oral Maxillofac Implants 18:93–103, 2003.

Sanchez M, Anitua E, Andia I. Application of autologous growth factors on skeletal muscle healing. Poster Presentation at 2nd International Conference on Regenerative Medicine 2005.

Sanchez M, Anitua E, Azofra J. Comparison of surgically repaired Achilles tendon tears using platelet-rich fibrin matrices. Am J Sports Med 35:245–51, 2007.

Sanchez M, Anitua E, Gorka O, Mujika I, Andia I. Platelet Rich Therapies in the Treatment of Orthopedic Sport Injuries. Sports Med 39 (5); 345-354, 2009.

Sanchez M, Azofra J, Anitua E, et al Use of a preparation rich in growth factors in the operative treatment of ruptured Achilles tendon. Poster Presentation at 2nd International Conference on Regenerative Medicine 2005.

Schache AG, Wrigley TV, Baker R, Pandy MG. Biomechanical response to hamstring muscle strain injury. Gait Posture. Feb;29(2):332-338, 2009.

Schneider BS., Sannes H., Fine J., Best T. Desmin characteristics of CD11b-positive fibers after eccentric contractions. Med Sci Sports Exerc. 34: 274-281, 2002.

Schraufstätter I, Hyslop PA, Jackson JH, Cochrane CG. Oxidant-induced DNA damage of target cells. J Clin Invest. Sep;82(3):1040-1045, 1988.

Schwane JA. Armstrong RB. Effect of training on skeletal muscle injury from downhill running in rats. Journal of Applied Physiology 55: 969-975, 1983

Schwartz W, Bird JW. Degradation of myofibrillar proteins by cathepsins B and D. Biochem J. Dec 1;167(3):811-20, 1977.

Schwarz A. A promising Treatment for Athletes, in the Blood. New York Times February 16, 1009, 2009.

Sembrowich WL, Quintinskie JJ, Li G. Calcium uptake in mitochondria from different skeletal muscle types. J Appl Physiol. Jul;59(1):137-141, 1985.

Page 75: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Shefer G, Wleklinski-Lee M, Yablonka-Reuveni Z. Skeletal muscle satellite cells can spontaneously enter an alternative mesenchymal pathway. J Cell Sci.117:5393-5404. 2004.

Silveira PC, Silva LA, Fraga DB, Freitas TP, Streck EL, Pinho R. Evaluation of mitochondrial respiratory chain activity in muscle healing by low-level laser therapy. J Photochem Photobiol B. May 4;95(2):89-92, 2009.

Slavotinek JP., Verral GM., Fon GT. Hamstring injury in athletes: using MR imaging measurement to compare extend of muscle injury with amount of time lost from competition. Am J Roentgenol. 179: 1621-1628, 2002.

Snow MH. Metabolic activity during the degenerative and early regenerative stages on skeletal muscle. Anat rec. 176: 185-204, 1973. Song WK., Wang W., Foster RF., Biesler DA., Kaugman SJ. H36-α7 is a novel integrin α chain that is developmentally regulated during skeletal myogenesis. J Cell Biol. 117: 643-657, 1992.

Sorokin LM., Maley Mal., Moch H. Laminin α 4 and integrin α 6 are upregulated in regenerating dy/dy skeletal muscle: comparative expression of laminin and integrin isoform in muscle regenerating after crush injury. Exp cell res. 256: 500-514, 2000.

Statham HE, Duncan CJ, Smith JL. The effect of the ionophore A23187 on the ultrastructure and electrophysiological properties of frog skeletal muscle. Cell Tissue Res. Oct 6;173(2):193-209, 1976.

Statham HE, Duncan CJ, Smith JL. The effect of the ionophore A23187 on the ultrastructure and electrophysiological properties of frog skeletal muscle. Cell Tissue Res. Oct 6;173(2):193-209, 1976.

Stauber WT. Eccentric action of muscles: physiology, injury and adaptation. Exerc. Sport Sci. Rev. 17: 157-185, 1989.

Steenbergen C, Hill ML, Jennings RB. Cytoskeletal damage during myocardial ischemia: changes in vinculin immunofluorescence staining during total in vitro ischemia in canine heart. Circ Res. Apr;60(4):478-486, 1987.

Steer JH, Mastaglia FL, Papadimitriou JM, Van Bruggen I. Bupivacaine-induced muscle injury. The role of extracellular calcium. J Neurol Sci. Apr;73(2):205-217, 1986.

Steer JH., Mastaglia FL. Protein degradation in bupivacaine-treated muscles. The role of extracellular calcium. J Neutol Sci. Oct; (75): 343-351, 1986.

Strosová M, Skuciová M, Horáková L. Oxidative damage to Ca2+-ATPase sarcoplasmic reticulum by HOCl and protective effect of some antioxidants. Biofactors. 24(1-4):111-6, 2005.

Sunada Y., Campbell KP. Dystrophin-glycoprotein complex: molecular organisation and critical roles in skeletal muscle. Curr Opin Neurol. 8: 379-384, 1995.

Page 76: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Suresh SPS, Ali KE, Jones H. Medial epicondylitis: is ultrasound guided autologous blood injection an effective treatment? Br J Sports Med 40: 935-9 Surg 2007; 119: 950-959, 2006.

Takahashi T, Ishida K, Itoh K. IGF-I gene transfer by electroporation promotes regeneration in a muscle injury model. Gene Ther. 10:612-620, 2003. . Takala TE, Virtanen P. Biochemical composition of muscle extracellular matrix: the effect of loading. Scand J Med Sci Sports. 10:321-325, 2000.

Tappel AL. Lipidoperoxidation damage to cell components. Fed Proc. Aug;32(8):1870-1874, 1973.

Taylor M, Norman T, Clovis N, Blaha D. The response of rabbit patellar tendons after autologous blood injection. Med Sci Sports Exerc. 34(1):70–3, 2002.

Thorsson O, Rantanen J, Hurme T, Kalimo H. Effects of nonsteroidal antiinflammatory medication on satellite cell proliferation during muscle regeneration. Am J Sports Med. 26:172-176, 1998. Thorsson O., Hemdal B., Lilja B., Westlin N. The effect of external pressure on intramuscular blood flow at rest and after running. Med Sci Sports Exerc. 19:469-473, 1987. Thorsson O., Lilja B., Ahlgren L., Hemdal B., Westlin N. The effect of local cold application on intramuscular blood flow at rest and after running. Med Sci Sports Exerc. 17:710-713, 1985. Thorsson O., Lilja B., Nilsson P, Westlin N. Immediate external compression in the management of an acute muscle injury. Scand J Med Sci Sports. 7:182-190, 1997. Thorsson O., Lilja B., Nilsson P. Comparing ultrasononography, magnetic resonance imaging and scintigraphy in evaluating an experimentally induced muscular hematoma. Scan J Med sci Sports. 3: 110-116, 1993.

Thorsson O., rantanen J., Hurme T., Kalimo H. Effects of nonsteroidal antiinflammatory medication on satellite cell proliferation during muscle regeneration. Am J Sport Med. 26: 172-176, 1998. Tidball JG, Daniel TL. Tidball JG. Force transmission across muscle membrane. J Biomech. 24 (supp 1): 43-52, 1991.

Tidball JG., Daniel TL. Myotendinous junctions of tonic muscle cells: structure and loading. Cell Tissue Res. 245: 315-322, 1986.

Tidball JG, Daniel TL. Elastic energy storage in rigored skeletal muscle cells under physiological loading conditions. American Journal of Physiology 250: R54-R64, .1986

Tiidus PM., Ianuzzo CD. Effects of intensity and duration of muscular exercise on delayed muscular soreness. Med Sci Sport Exerc. 15: 461-465, 1973.

Timball JG. Inflammatory cell response to acute muscle injury. Med Sci Sport Exerc. 27: 1022-1032, 18995.

Page 77: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Turner JD, Rotwein P, Novakofski J, Bechtel PJ. Induction of mRNA for IGF-I and -II during growth hormone-stimulated muscle hypertrophy. Am J Physiol. Oct;255(4 Pt 1):E513-517, 1988.

Uchiyama A, Kim JS, Kon K, Jaeschke H, Ikejima K, Watanabe S, Lemasters JJ. Translocation of iron from lysosomes into mitochondria is a key event during oxidative stress-induced hepatocellular injury. Hepatology. Nov;48(5):1644-54, 2008.

Vaittinen S., Hurme T. Rantanen J., Kalimo H. Transected myofibers may remain permanently divided in two parts. Neuromuscular Disord. 12: 584-587, 2002. Vaittinen S., Lukka R., Sahlgren C. Specific and innervation-regulated expression of the intermediate filament protein nestin at neuromuscular and myotendinous junctions in skeletal muscle. Am J Pathol. 154: 591-600, 1999. Vaittinen S., Lukka R., Sahlgren C. The expression of intermediate filament protein nestin as related to vimentin and desmin in regenerating skeletal muscle. J Neuropathol Exp Neurol. 60: 588-597, 2001.

Van Der Vusse GJ, Janssen GM, Coumans WA, Kuipers H, Does RJ, Hoor F. Effect of training and 15-, 25-, and 42-km contests on the skeletal muscle content of adenine and guanine nucleotides, creatine phosphate, and glycogen. Int J Sports Med. Oct;10 Suppl 3:S146-152, 1989.

Van Kuijk FJ, Dratz EA. Detection of phospholipid peroxides in biological samples. Free Radic Biol Med. 1987;3(5):349-54.

Vane J, Botting R. Inflammation and the mechanism of action of anti-inflammatory drugs. FASEB J. Aug;1(2):89-96, 1987.

Vihko V, Salminen A, Rantamäki J. Acid hydrolase activity in red and white skeletal muscle of mice during a two-week period following exhausting exercise. Pflugers Arch. 1978 Dec 28;378(2):99-106

Virchenko O, Aspenberg P. How can one platelet injection after tendon injury lead to a stronger tendon after 4 weeks? Interplay between early regeneration and mechanical stimulation. Acta Orthop 77 (5): 806-812, 2006.

Volpi P; Bisciotti GN. La muscolatura degli hamstring: anatomia, biomeccanica e componente di rischio lesionale. Medicina dello Sport 2016 Giugno;69(2):297-307

Voss P, Engels M, Strosova M, Grune T, Horakova L. Protective effect of antioxidants against sarcoplasmic reticulum (SR) oxidation by Fenton reaction, however without prevention of Ca-pump activity. Toxicol In Vitro. Oct;22(7):1726-1733, 2008.

WADA. The World Antidoping Code. The 2017 Prohibited List. World Antidoping Agency: Montreal, 2017.

Warren GL., Hulderman T., Jensen N. Physiological role of tumor necrosis factor α in traumatic muscle injury. FASEB J. 16: 1630-1632, 2002.

Warren JS, Johnson KJ, Ward PA. PAF and immune complex-induced injury. J Lipid Mediat. 2 Suppl:S229-37, 1990.

Page 78: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali

Wasserman K., Beaver WL., Whipp BJ. Gas exange theory and lactic acidosis (anaerobic) threshold. Circulation. 81: 1114-1130, 1990.

Wierzbika-Patynowski I., Schwarzbauer JE. The ins and outs of fibronectin matrix assembly. J Cell Sci. 116: 3269-3276, 2003.

Wilkin LD, Merrick MA, Kirby TE, Devor ST. Influence of therapeutic ultrasound on skeletal muscle regeneration following blunt contusion. Int J Sports Med. 25:73-77, 2004.

Woledge RC, Curtin NA, Homsher E Energetic aspects of muscle contraction. Monogr Physiol Soc. 41:1-357, 1985.

Woodard C. What is active treatment? In: Woodard C, ed Sports medicine , London England. Max Parrish & Co. 1-14, 1954.

Wrogemann K, Pena SD. Mitochondrial calcium overload: A general mechanism for cell-necrosis in muscle diseases. Lancet. Mar 27;1(7961):672-674, 1976.

Xu KY, Zweier JL, Becker LC. Hydroxyl radical inhibits sarcoplasmic reticulum Ca(2+)-ATPase function by direct attack on the ATP binding site. Circ Res. Jan;80(1):76-81, 1997.

Xu KY, Zweier JL, Becker LC. Oxygen-free radicals directly attack the ATP binding site of the cardiac Na+,K+-ATPase. Ann N Y Acad Sci. Nov 3;834:680-683, 1997.

Yamaguchi Y., Mann DM., Ruoslahti E. Negative regulation of transforming growth factor –β the proteoglycan decorin. Nature. 346: 281-284, 1990.

Yan Z., Choi S Liu X. Highly coordinated gene regulation in mouse skeletal muscle regeneration. J Biol Chem. 278: 8826-8836, 2003.

Yao C., Ziober BL., Squillace RM., Kramer RH. α7 integrin mediates cell adhesion and migration on specific lamin isoforms. J Biol Chem. 271: 25598-25603, 1996.

Young BH, Peng H, Huard J. Muscle-based gene therapy and tissue engineering to improve bone healing. Clin Orthop. 2002;403(suppl):S243-S251. Zammit PS., Golding JP., Nagata Y., Hudon V., Partridge TA., Beauchamp JR. Muscle satellite cells adopt divergent fates: a mechanism for self-renewal? J Cell Biol. 166: 347-357, 2004.

Zerba E, Komorowski TE, Faulkner JA. Free radical injury to skeletal muscles of young, adult, and old mice. Am J Physiol. Mar;258(3 Pt 1):C429-435, 1990.

Zerba E, Komorowski TE, Faulkner JA. Free radical injury to skeletal muscles of young, adult, and old mice. Am J Physiol. Mar;258(3 Pt 1):C429-435, 1990.

Zubrzycka-Gaarn EE, Bulman DE, Karpati G, Burghes AH, Belfall B, Klamut HJ, Talbot J, Hodges RS, Ray PN, Worton RG. The Duchenne muscular dystrophy gene product is localized in sarcolemma of human skeletal muscle. Nature. Jun 2;333(6172):466-469, 1988.

Page 79: a “ITALIAN CONSENSUS CONFERENCE” SULLE LINEE … · Aprato Alessandro Università di Torino, CTO Artina Matteo Presidio CTO, Città della salute e della scienza, ... Torino Cardinali