18
e-tutor: V. Pedrelli – V. Zangari – ANITeL – associazione insegnanti per la formazione www.anitel.it Per una ricerca didattica in rete A- PRIMA: le basi pedagogiche, metodologiche, didattiche B- DURANTE: la progettazione, le proposte operative C- DOPO: verifica, valutazione, condivisione

A- PRIMA: le basi pedagogiche, metodologiche, didattiche B ... · Per una ricerca didattica in rete A- PRIMA: le basi pedagogiche, metodologiche, didattiche ... agire come “guida

Embed Size (px)

Citation preview

e-tutor: V. Pedrelli – V. Zangari – ANITeL – associazione insegnanti per la formazione www.anitel.it

Per una ricerca didattica in rete

A- PRIMA: le basi pedagogiche, metodologiche, didattiche

B- DURANTE: la progettazione, le proposte operative

C- DOPO: verifica, valutazione, condivisione

2 e-tutor: V. Pedrelli – V. Zangari – ANITeL – associazione insegnanti per la formazione

www.anitel.it

Per una ricerca didattica in rete

INDICE

A- PRIMA: le basi pedagogiche, metodologiche, didattiche

A1 la pedagogia A1a Vigotskij e la zona di sviluppo potenziale/prossimale A1b Il costruttivismo sociale: apprendimento come processo di gruppo A1c Intelligenze multiple di H. Gardner

A2 la metodologia A2a Il metodo Cooperative Learning: punto di forza di una didattica coinvolgente

A2b gruppi di lavoro, lavori di gruppo: l’organizzazione, il ruolo, l’interazione, il laboratorio

A2c il group investigation approach nella teoria di Sharan

A3 la didattica A3a Il cognitivismo e la rete di relazioni tra concetti A3b Strumenti grafici per rappresentare informazione e conoscenza A3c La mappa concettuale e mentale

B- DURANTE: la progettazione, le proposte operative

B1 l’individuazione del tema contestualizzazione nel progetto formativo annuale le aree interdisciplinari l’introduzione dell’insegnante

B2 la formazione dei gruppi di lavoro

l’organizzazione, il ruolo, interazione, la tempistica

B3 l’individuazione degli strumenti i libri, la biblioteca, i multimedia, le testimonianze, il laboratorio, Internet

B4 webquest metodologia didattica e organizzazione della ricerca: metodo, senso e significato; introduzione, compito, procedimento, risorse, conclusione, valutazione

B5 Focus group e Brainstorming: scelta e organizzazione dei contenuti del singolo

gruppo B6 Brainstorming dei gruppi: organizzazione globale della ricerca

C- DOPO: verifica, valutazione, condivisione

C1 verifica e valutazione sugli obiettivi e le competenze raggiunte C2 pubblicazione: stampa, realizzazione di ipertesti, implementazione e condivisione in

internet C3 riflessioni finali: individuazione degli indici di miglioramento

3 e-tutor: V. Pedrelli – V. Zangari – ANITeL – associazione insegnanti per la formazione

www.anitel.it

Per una ricerca didattica in rete

RIFLESSIONI PRELIMINARI

Può succedere? Forse… Stavo iniziando il capitolo “prima rivoluzione industriale” che mi avrebbe tenuto occupato in una serie di lezioni frontali interessanti, impegnative. Chissà se i miei studenti sarebbero stati in grado di intuirne l’importanza e avrebbero infuso il giusto impegno! Volevo coinvolgerli, interessarli, ma come? Le nuove generazioni, si sa, comunicano prevalentemente con i media digitali e fanno largo uso di tecnologia. Una soluzione quindi poteva essere quella: assegnare una ricerca in internet sui vari aspetti del tema. Dopo un paio di incontri, per allontanare quell’apatia asettica che accompagnava le spiegazioni, feci la proposta: per incanto, molti di loro cominciarono ad intervenire, mostrando evidenti segni d’interesse e dichiarando livelli personali di competenza. Bene, allora come compito una bella ricerca sulla prima rivoluzione industriale! La settimana dopo fui sommerso di centinaia di stampati prodotti con il copia-incolla. Disperazione. Avevo raggiunto un solo importante obiettivo: il coinvolgimento interessato ma tutto il resto? Mi accorsi di aver commesso una grossa superficialità: scambiare il prodotto finale con gli obiettivi da raggiungere senza riferirmi a nessuna delle basi pedagogiche, metodologiche, didattiche…

4 e-tutor: V. Pedrelli – V. Zangari – ANITeL – associazione insegnanti per la formazione

www.anitel.it

Per una ricerca didattica in rete

ARIMA: le basi pedagogiche, metodologiche, didattiche

A1 la pedagogia

Vigotskij e la zona di sviluppo potenziale/prossimale

Zona di sviluppo potenziale/prossimale in Vigotskij e Bruner La zona di sviluppo prossimale secondo Vygotskij consiste “nella capacità che ha il bambino di fare uso di allusioni per avvalersi dell’aiuto che gli altri gli forniscono per organizzare i suoi processi mentali in attesa che egli sia in grado di farcela da solo. Avvalendosi dell’aiuto degli altri egli pone la propria coscienza e la propria prospettiva sotto controllo e raggiunge un “livello più elevato”. Così, per citare V. “ i nuovi concetti di ordine superiore trasformano il significato di quelli inferiori. L’adolescente che ha appreso i concetti dell’algebra si fa forte di una posizione vantaggiosa dalla quale vede i concetti dell’aritmetica in una prospettiva più ampia”(Vygotskij, Pensiero e Linguaggio, 235). (Bruner, Autobiografia, 151) Sviluppo prossimale: operare in questo senso significa porre attenzione, in ogni momento del processo, al livello reale di sviluppo del ragazzo, per capire quali percorsi può affrontare senza l’assistenza dell’insegnante e quali no. “La distanza tra la parte di un compito che una persona è già in grado di eseguire e il livello potenziale cui può giungere nel tentativo di compiere la parte restante del compito può essere percorsa da solo o sotto la guida di una persona più esperta, (un magister, qualcuno che è magis, di più)” Significa anche essere in grado di “squilibrare” un sistema in formazione per mezzo del dialogo pedagogico. Ricusare, cioè, una pedagogia dei “piccoli passi”: la ripetizione eccessiva degli stessi concetti conduce ad apprendimenti “atoni”. Il ruolo principale dell’insegnante è di creare le condizioni di “disequilibrio” per aumentare gradatamente il livello delle soglie raggiungibili [nozione di “dissonanza cognitiva”].

(R. Minello, Laboratorio di analisi delle interazioni educative 2002/03, Università Cà Foscari di Venezia, SSIS http://www.univirtual.it/corsi/2002_2003/minello_scaramuzza/default.htm ) i processi psichici superiori (pensiero, linguaggio, memoria) non hanno un'’rigine naturale, ma sociale e li si può comprendere solo prendendo in considerazione la storia sociale. Le ricerche di Vygotskij hanno dimostrato che una buona cooperazione fornisce la base dello sviluppo individuale; i processi cognitivi si attivano quando il bambino interagisce con persone del suo ambiente e in cooperazione con i suoi compagni che lo inducono a riflettere ed autoregolare il proprio comportamento. Una volta che questi processi sono interiorizzati, diventano parte del risultato evolutivo autonomo del bambino. In questo contesto egli introdusse il concetto di zona di sviluppo prossimale, definita come la zona all'’nterno della quale un bambino può risolvere, con l'’iuto di una persona più esperta, dei problemi che non sarebbe in grado di risolvere da solo. -ella teoria di Lev Vygotskij la Zona di sviluppo prossimale (ZSP) è un concetto fondamentale che serve a spiegare come l'’pprendimento del bambino si svolga con l'’iuto degli altri. La ZSP è definita come la distanza tra il livello di sviluppo attuale e il livello di sviluppo potenziale, che può essere raggiunto con l'’iuto di altre persone, che siano adulti o dei pari con un livello di competenza maggiore. Infatti, a differenza dell'’pproccio Piagetiano, Vygotskij non riteneva che il bambino passasse attraverso diversi stadi e dunque "“osse pronto"”ad apprendere nuove conoscenze che prima non era in grado di ritenere, ma sostiene che il bambino impara da coloro che si trovano ad un livello di conoscenza superiore. La zona di sviluppo prossimaleSecondo Vygotskij, l'’ducatore dovrebbe proporre al bambino problemi di livello un po'’superiore alle sue attuali competenze, ma comunque abbastanza semplici da risultargli

5 e-tutor: V. Pedrelli – V. Zangari – ANITeL – associazione insegnanti per la formazione

www.anitel.it

Per una ricerca didattica in rete

comprensibili; insomma, all'’nterno di quell'’rea in cui il bambino può estendere le sue competenze e risolvere problemi grazie all'’iuto degli altri (la ZSP, appunto). Questi problemi potranno infatti essere risolti dal bambino aiutato da un esperto (l'’ducatore, un adulto o anche un pari con maggiori competenze in quel campo), ma non dal bambino che dovesse affrontarli da solo (in quel caso saremmo all'’nterno della zona di sviluppo attuale). Se il processo è impostato correttamente, la zona di sviluppo attuale del bambino si amplia, includendo quella che in precedenza era la zona di sviluppo prossimale, in altre parole egli diventa capace di eseguire autonomamente un compito che prima non sapeva eseguire. All'’sterno della zona di sviluppo attuale si crea una nuova zona di sviluppo prossimale. Questo processo iterativo dovrebbe dunque permettere al bambino di acquisire nuove capacità senza sperimentare la frustrazione del fallimento. Un concetto simile è stato elaborato da un autore americano negli anni '‘0: è il concetto di Scaffolding di Jerome Bruner.

A1b Il costruttivismo sociale: apprendimento come processo di gruppo “IL COSTRUTTIVISMO SOCIALE” di Marianna Del Prà tratto da Laboratorio Itals Il costruttivismo sociale non è un metodo. È una teoria epistemologica che afferma che la costruzione della conoscenza avviene all’interno del contesto socioculturale in cui agisce l’individuo. Secondo questa prospettiva, pertanto, interazioni e linguaggi svolgono una funzione fondamentale in un processo di apprendimento. In pedagogia alcuni autori che a ragione si possono collocare entro la corrente costruttivista, ad esempio J. Piaget, avevano incentrato le proprie teorie sulle costruzioni individuali, trascurando l’aspetto sociale ed interpersonale. Il costruttivismo sociale, invece, considera l’apprendimento come un processo di costruzione di significati negoziati assieme agli altri, e non come l’acquisizione di conoscenze che esistono da qualche parte esternamente allo studente. La moderna pedagogia deve molto alle osservazioni di Vygotskij, il quale ha avuto il merito di sottolineare la natura intrinsecamente sociale, interpersonale dell’apprendimento. I suoi studi sulla relazione tra pensiero e linguaggio hanno contribuito in modo significativo allo sviluppo successivo di correnti di pensiero e di metodologie didattiche che evidenziano gli aspetti cooperativi e collaborativi nel processo di insegnamento/apprendimento. Ma come già detto, il costruttivismo sociale non è un metodo, visto che non intende fornire agli insegnanti manuali o indicazioni precise da seguire nella prassi didattica. Autori come N. Goodman, e recentemente le americane P. Oldfather, J. West, J. White, J. Wilmarth, o in Italia il Prof. Mario Polito, affermano che ciascun insegnante sviluppa progressivamente approcci e metodiche mentre impara a conoscere gli interessi e i bisogni dei suoi studenti e a scoprire quello che è adatto per loro. Affermano anche che l’insegnamento è il risultato di attente osservazioni e di una notevole sensibilità nei confronti degli studenti. Ma che significato, quale ricaduta possono avere queste considerazioni sul lavoro dell’insegnante di lingua, in particolare nella gestione di una classe ad abilità miste? Come poter andare incontro ai bisogni linguistici dei singoli e potenziare le competenze di ognuno adottando un’impostazione sociale? In una visione sistemica il gruppo classe viene considerato nella sua interezza ed inteso non come semplice somma di individui, bensì come rete di relazioni e connessioni reciproche. In tale ottica l’insegnante vede i propri studenti come facenti parte appunto di una comunità, in cui possono aiutarsi ad imparare insieme mettendo a frutto le risorse di ciascuno. Così, mentre in una visione “lineare“ della classe l’insegnante si rapporta ad ognuno in modo unilaterale tenendo conto dei suoi personali bisogni, in quella “sistemica“ egli dovrebbe riuscire a vedere, a registrare ed a considerare anche l’invisibile, ovvero gli aspetti socio-affettivi e relazionali che intercorrono tra i vari componenti della classe, nonché la ricchezza derivante dalle diverse intelligenze e potenzialità. Operare in un’ottica costruttivista significa pertanto farsi carico delle varie potenzialità ed agire affinché esse non solo riescano ad emergere, ma anche possano costituire motivo di arricchimento per tutti. In poche parole, creare una sorta di “archivio“ finalizzato alla comune costruzione del sapere. Molti insegnanti che si ispirano al costruttivismo sociale riescono a strutturare le attività in classe in modo da agire come “guida al fianco” ed a rendere l’apprendimento un’impresa collaborativa in cui gli studenti si aiutano reciprocamente. In una dimensione sociale dell’apprendimento il clima della classe è fortemente determinato dalla presenza significativa di ognuno, e l’insegnante più che essere l’unica fonte di sapere diviene egli stesso una variabile in gioco.

6 e-tutor: V. Pedrelli – V. Zangari – ANITeL – associazione insegnanti per la formazione

www.anitel.it

Per una ricerca didattica in rete

Inutile dire che tale impostazione richiede all’insegnante un grande sforzo nel cambiamento di mentalità. La progettazione delle attività didattiche nella classe, non avvenendo più in forma “lineare“, ossia rivolta unilateralmente ad uno o a più alunni con le medesime capacità linguistiche ed in modo differenziato a seconda dei livelli, si ispira ad una sorta di “circolarità” dove l’alunno agisce autonomamente scegliendo le attività a lui più consone. Ciò non significa che la figura dell’insegnante debba sparire, e con lui il sapere e le competenze di cui egli è portatore, e neppure che l’alunno debba venire lasciato solo nella scelta del compito e nell’esecuzione dello stesso. L’insegnante agisce come guida competente al fianco degli studenti, predispone un ampio ventaglio di attività che possano soddisfare le esigenze ed i bisogni dei diversi livelli compresenti in classe, si premura che ad ogni singolo venga offerto il giusto grado di sfida cognitiva e che i materiali proposti non risultino né troppo banali, pena la demotivazione, né troppo impegnativi da sembrare impossibili. E soprattutto egli deve fornire agli studenti la possibilità di scegliere quelle attività che prevedano un giusto grado di sfida. In sostanza, ognuno trova la risposta ai propri bisogni, ed è proprio questa autonomia, questa autodeterminazione nella scelta dei contenuti, i quali possono essere appunto negoziati con l’insegnante ed il gruppo classe- che porta ogni discente ad avere un ruolo attivo, profondamente motivante, e non uno passivo da mero consumatore di conoscenza. Questo non significa del resto che l’insegnante debba accettare tutto. Egli interviene sapendo che l’obiettivo fondamentale del suo agire è l’autorealizzazione dei singoli e che è molto più probabile che questi si impegnino maggiormente nel processo di apprendimento se provano un senso di autostima e di autoefficacia. La realizzazione dei principi ora esposti in una classe di lingua ad abilità miste, potrebbe in parte avvenire durante il center time, ovvero nell’ambito di attività che gli alunni svolgono autonomamente entro l’orario scolastico, in un periodo di tempo prestabilito, percorrendo stazioni di lavoro o centri d’interesse e a cui corrispondono attività differenti e graduate per livelli. In sostanza, la disomogeneità del livello di competenza linguistica di base degli alunni non deve essere necessariamente considerata dall’insegnante come un limite vincolante, ma piuttosto come un arricchimento alla crescita personale, umana e linguistica di ognuno. Poiché, secondo l’affermazione del Prof. Mario Polito, “.èa scuola diventa allora il luogo dove costruire la propria rappresentazione mentale, utilizzando i mattoni cognitivi offerti dagli altri: studiosi, insegnanti, compagni, amici...”. Bibliografia Goodman N., Vedere e costruire il mondo, Bari, Laterza, 1988. Oldfather P., West J., White J., Wilmarth J., L’apprendimento dalla parte degli alunni. Didattica costruttivista e desiderio di imparare, Trento, Erckson, 2001. Polito M., Attivare le risorse del gruppo classe. Nuove strategie per l’apprendimento reciproco e la crescita personale, Trento, Erickson, 2000. La teoria del costruttivismo sociale di Vygotskij Tratto da Istituto veneto di Scienze “Ciò che i bambini possono fare affiancati dall'’ppoggio degli altri è ancora più indicativo del loro livello di sviluppo mentale di ciò che essi possono fare da soli.” Lev S. Vygotskij, 1978 L'’solamento nel quale si trovava il bambino piagetiano, in grado di seguire un percorso di apprendimento in modo autonomo ed incentrato sui processi intrapsicologici, si ritrova anche nel costruttivismo personale, in cui non viene considerato il processo di interazione con gli altri. Ma se ognuno di noi elabora una propria idea della realtà, nata dal fatto che ognuno di noi costruisce la propria conoscenza, come è possibile poi avere un dialogo con gli altri, la cui idea del mondo è diversa dalla nostra, perché frutto delle proprie esperienze e ragionamenti? Tale obiezione veniva delineata da Jonassen (1994) come uno degli equivoci del costruttivismo, che porterebbe a far pensare ad esso come ad una sorta di “anarchia intellettuale”. L'’stacolo però viene superato facilmente se si considera che esiste un mondo soggetto a leggi fisiche percepite più o meno allo stesso modo dalle persone ed inoltre, elemento importante tipico del costruttivismo sociale, la realtà viene “condivisa” tra i soggetti grazie a processi di negoziazione sociale che portano le persone a confrontarsi tra di loro e con la cultura di riferimento in cui si trovano ad operare. Ecco che, al contrario di quando considerato da Piaget, il fattore sociale è fondamentale per l'’cquisizione di conoscenza da parte dell'’ndividuo, che solamente grazie al continuo rapporto con gli altri può crescere e riuscire a conseguire quelle capacità e quelle nozioni basilari per poter operare in modo efficace nella

7 e-tutor: V. Pedrelli – V. Zangari – ANITeL – associazione insegnanti per la formazione

www.anitel.it

Per una ricerca didattica in rete

società di cui fa parte. Vygotskij ha sviluppato una psicologia interamente culturale evidenziando il ruolo primario della comunicazione e della vita sociale nella formazione del significato e della conoscenza. Nella sua teoria si pone l'’nfasi sull'’nterazione tra il linguaggio, la società e il soggetto che apprende. Mentre per Piaget lo sviluppo, e quindi l'’pprendimento, è da considerarsi una successione invariante di strutture di conoscenza, ciascuna caratterizzata da un equilibrio interno e, nel rapporto con l'’mbiente, migliore rispetto a quello della struttura antecedente, per Vygotskij consiste invece nella trasformazione di processi psichici “naturali” in processi “superiori o culturali”, passando da una dimensione biologica (dotazione mentale naturale) ad una culturale (controllo della dotazione naturale tramite segni e linguaggio). Quindi l'’pprendimento è visto più come una struttura cognitiva utilizzata per interpretare la natura che come un evento fisico. In questo approccio il contesto sociale in cui l'’pprendimento ha luogo è cruciale. Evidenziando il ruolo dell'’nterazione sociale, Vygotskij afferma il significato del dialogo come strumento attraverso il quale gli individui possono negoziare i cambiamenti concettuali (Boudourides, 1998). Nei suoi esperimenti, Vygotskij ha studiato la differenza tra il ragionamento di un bambino quando viene messo in condizioni di lavorare in modo autonomo e isolato, e quando invece ha la possibilità di lavorare assieme ad un adulto. Egli riteneva che il ruolo dell'’nsegnante fosse quello di impegnare e “sfidare” il bambino ad andare oltre il limite al quale si sarebbe altrimenti fermato. Egli concepì il concetto di “Zona di Sviluppo Prossimale”, definita da lui stesso come “la distanza tra il livello attuale di sviluppo, determinato dalla capacità di risolvere problemi in modo autonomo, ed il livello di sviluppo potenziale, determinato dalla capacità di risolvere problemi con la guida di un adulto o con la collaborazione di pari più bravi” (Vygotskij, 1978).

Nella figura 2.1 viene illustrato il concetto. Un bambino che si trovi al livello cognitivo x, ha le potenzialità, innate oppure dettate dall'’mbiente in cui vive, di raggiungere il livello x+1. L'’rea compresa tra i due livelli si chiama appunto Zona di Sviluppo Prossimale, ed è compito del docente cercare di raggiungere il livello x+1 per ogni studente nella sua classe (Sutherland, 1992).

A1c Intelligenze multiple di H. Gardner Come esposto in precedenza, Skinner e Piaget, nonostante le critiche avanzate da quest'ultimo allo studioso americano, avevano un punto di vista comune: tutti i soggetti, qualunque siano il loro vissuto e le loro caratteristiche, apprendono seguendo gli stessi percorsi, che possono essere determinati dall'’sterno (Skinner), o seguiti nella loro precisa scansione temporale (Piaget). Gardner elabora negli anni '‘0 la teoria delle sette forme di intelligenza umana. Stando a questa teoria, tutti noi possediamo la capacità di acquisire conoscenza attraverso diverse strategie intellettive: il linguaggio, l'analisi logico matematica, la rappresentazione spaziale, il pensiero musicale, l'’so del corpo, la comprensione degli altri e la comprensione di noi stessi. In ognuno di noi queste “forme di intelligenza” hanno un vigore diverso (profilo delle intelligenze), tale per cui vengono utilizzate secondo modalità diverse e differenti combinazioni a seconda del compito che sono chiamate ad assolvere. C'’ quindi chi ha un approccio prettamente linguistico all'apprendimento, mentre altri rendono al meglio quando sono chiamati ad eseguire prove pratiche e ad interagire con gli altri; c'’ chi ha un'agilità maggiore nel movimento, chi ha una maggiore abilità a leggere le note musicali, chi invece riesce con facilità a riconoscere gli oggetti naturali: anche di queste diversità è necessario tenere conto quando si vanno a strutturare dei percorsi e dei materiali didattici.

8 e-tutor: V. Pedrelli – V. Zangari – ANITeL – associazione insegnanti per la formazione

www.anitel.it

Per una ricerca didattica in rete

Per questo motivo Gardner afferma che per favorire un apprendimento efficace nella variegata gamma di studenti è necessario da una parte valutarne l'apprendimento secondo diverse modalità, dall'’atra “riuscire a presentare le discipline in una molteplicità di modi diversi” (Gardner, 1991). A questo proposito Gardner propone cinque approcci diversi, che lui definisce come “porte di accesso” ad un argomento e che grosso modo ricalcano le tipologie di intelligenze da lui delineate, che possono essere d'aiuto all'insegnante per proporre nuovi concetti in modo che essi risultino facilmente assimilabili dagli studenti: a. approccio narrativo: presentare una storia concernente il concetto in questione; b. approccio logico – quantitativo: il concetto viene affrontato in base a processi di ragionamento deduttivo; c. approccio filosofico – concettuale: prevede l'esame degli aspetti filosofici e terminologici del concetto; d. approccio estetico: gli studenti vengono portati a considerare la bellezza e quindi l'’spetto esteriore del concetto; e. approccio esperienziale: prevede un contatto diretto con gli oggetti che rappresentano il concetto. L'insegnante valido è quello che riesce a servirsi di tutte queste “porte di accesso” ai concetti, in modo che ogni studente possa scegliere quella a lui più congeniale e che quindi, da un ingresso o da un altro, riesca ad accedere al concetto in esame. Nell'ambito scolastico si riscontrano le seguenti situazioni: 1. considerando lo studente, le peculiarità del singolo soggetto lo portano ad elaborare teorie e spiegazioni semplici e funzionali dei fenomeni naturali che lo circondano, frutto di comprensione intuitiva e non di conoscenze scientifiche: ai nostri occhi di adulti possono sembrare errate, e spesso lo sono, ma servono perfettamente al loro scopo nel ristretto mondo esperienziale dello studente, e per tale motivo vengono considerate valide; 2. gli educatori vogliono dagli studenti interpretazioni meccaniche e convenzionali, universalmente accettate e valide. Il fine di questa posizione è sicuramente nobile, e cioè di fornire agli studenti gli strumenti per riuscire a comprendere un mondo regolato da legi ben precise, il problema sorge quando si predilige la trasmissione delle informazioni trascurando i processi innati nel soggetto che apprende: ecco quindi che non sempre alla correttezza delle risposte è abbinata una comprensione vera dei concetti. La situazione migliore si ha quando le prestazioni dello studente sono frutto di una comprensione vera e non sono puramente meccaniche: le informazioni apprese a scuola vengono utilizzate in ambienti diversi e in contesti nuovi rispetto a quelli nei quali sono state acquisite. Anche Gardner insiste sull'importanza e la forza delle idee pregresse, che rischiano di rendere vano l'apprendimento scolastico: per quanto riguarda le concezioni errate in campo scientifico, un modo per raggiungere una comprensione più ampia dei concetti scientifici è quello di prevedere degli “incontri cruciali”, che secondo Gardner (1991) sono “situazioni in cui le concezioni errate o i modelli infantili degli studenti vengono messi chiaramente a fuoco grazie a un'esperienza atta a palesare in modo diretto l'inconsistenza del modello finora favorito”

A2 la metodologia A2a Il metodo Cooperative Learning: punto di forza di una didattica coinvolgente

COOPERATIVE LEARNING

L'’PPRENDIMENTO COOPERATIVO COME METODOLOGIA COMPLE SSIVA DI GESTIONE DELLA CLASSE

Il Cooperative Learning costituisce una specifica metodologia di insegnamento attraverso la quale gli studenti apprendono in piccoli gruppi, aiutandosi reciprocamente e sentendosi corresponsabili del reciproco percorso. L’insegnante assume un ruolo di facilitatore ed organizzatore delle attività, strutturando “ambienti di apprendimento” in cui gli studenti, favoriti da un clima relazionale positivo, trasformano ogni attività di apprendimento in un processo di “problem s ecolardi gruppo”, conseguendo obiettivi la cui realizzazione richiede il contributo personale di tutti. Tali obiettivi possono essere conseguiti se all’interno dei piccoli gruppi di apprendimento gli studenti sviluppano determinate abilità e competenze sociali, intese come un insieme di “abilità interpersonali e di piccolo gruppo indispensabili per sviluppare e mantenere un livello di cooperazione qualitativamente alto”

PRESUPPOSTI TEORICI-PEDAGOGICI

teorici dell'’pprendimento cooperativo

John Dewey e l'’mbiente sociale di apprendimento

Kurt Lewin, la teoria del campo e la teoria dei cli mi di apprendimento

9 e-tutor: V. Pedrelli – V. Zangari – ANITeL – associazione insegnanti per la formazione

www.anitel.it

Per una ricerca didattica in rete

Bion: la relazione tra affettivo e cognitivo, tra e mozioni e apprendimento

Mugny e il concetto di intelligenza al plurale

Piaget e la cooperazione come fattore essenziale de l progresso intellettuale

Vygotskij e la zona di sviluppo prossimale

M. Deutsch e il concetto di interdipendenza

Johnson & Johnson e le prime esperienze di Cooperat ive Learning

ricerca in Italia

Il Cooperative Learning è un metodo didattico in cui gli studenti lavorano insieme in piccoli gruppi per raggiungere obiettivi comuni, cercando di migliorare reciprocamente il loro apprendimento. Tale metodo si distingue sia dall’apprendimento competitivo che dall’apprendimento individualistico e, a differenza di questi, si presta ad essere applicato ad ogni compito, ad ogni materia, ad ogni curricolo. Il lavoro di gruppo non è una novità nella scuola, ma la ricerca dimostra che gli studenti possono anche lavorare insieme senza trarne profitto. Può infatti accadere che essi operino insieme, ma non abbiano alcun interesse o soddisfazione nel farlo. Nei gruppi di apprendimento cooperativo, invece, gli studenti si dedicano con piacere all’attività comune, sono protagonisti di tutte le fasi del loro lavoro, dalla pianificazione alla valutazione, mentre l’insegnante è soprattutto un facilitatore e un org anizzatore dell’attività di apprendimento.

Quali vantaggi presenta?

Rispetto ad un’impostazione del lavoro tradizionale, la ricerca mostra che il Cooperative Learning presenta di solito questi vantaggi:

• Migliori risultati degli studenti : tutti gli studenti lavorano più a lungo sul compito e con risultati migliori, migliorando la motivazione intrinseca e sviluppando maggiori capacità di ragionamento e di pensiero critico;

• Relazioni più positive tra gli studenti : gli studenti sono coscienti dell’importanza dell’apporto di ciascuno al lavoro comune e sviluppano pertanto il rispetto reciproco e lo spirito di squadra;

• Maggiore benessere psicologico : gli studenti sviluppano un maggiore senso di autoefficacia e di autostima, sopportano meglio le difficoltà e lo stress.

Che cosa rende efficace la cooperazione ?

I cinque elementi che rendono efficace la cooperazione sono:

• L’interdipendenza positiva, per cui gli studenti si impegnano per migliorare il rendimento di ciascun membro del gruppo, non essendo possibile il successo individuale senza il successo collettivo;

• La responsabilità individuale e di gruppo: il gruppo è responsabile del raggiungimento dei suoi obiettivi ed ogni membro è responsabile del suo contributo;

• L’interazione costruttiva: gli studenti devono relazionarsi in maniera diretta per lavorare, promuovendo e sostenendo gli sforzi di ciascuno e lodandosi a vicenda per i successi ottenuti;

• L’attuazione di abilità sociali specifiche e necessar ie nei rapporti interpersonali all’interno del piccolo gruppo: gli studenti si impegnano nei vari ruoli richiesti dal lavoro e nella creazione di un clima di collaborazione e fiducia reciproca. Particolare importanza rivestono le competenze di gestione dei conflitti, più in generale si parlerà di competenze sociali, che devono essere oggetto di insegnamento specifico;

• La valutazione di gruppo: il gruppo valuta i propri risultati e il proprio modo di lavorare e si pone degli obiettivi di miglioramento.

L'efficacia della metodologia cooperativa è data inoltre dal supporto di alcuni comportamenti e valori specifici. All'interno di questo quadro generale, le diverse interpretazioni del principio di interdipendenza e delle variabili più significative nell'apprendimento (interazione, motivazione all'apprendimento, compito e ruolo dell'insegnante) hanno originato lo sviluppo di diverse correnti o modalità di Cooperative Learning. Attualmente i maggiori gruppi di ricerca sul Cooperative Learning sono quelli di D. Johnson e R. Johnson alla University of Minnesota di Minneapolis, quello di R. Slavin alla Johnns Hopkins University di Baltimora e quello di S. Sharan alla Tel Aviv University di Tel Aviv. Alcuni aspetti del Cooperative Learning sono ancora oggetto di discussione e di approfondimento: la situazione dei più dotati, l'inserimento di alunni con handicap

10 e-tutor: V. Pedrelli – V. Zangari – ANITeL – associazione insegnanti per la formazione

www.anitel.it

Per una ricerca didattica in rete

grave, le modalità in relazione a specifici obiettivi trasversali, la possibilità di sviluppare questo metodo combinandolo con altri e con l'’so delle nuove tecnologie. E'’importante che anche in Italia questa metodologia continui ad essere approfondita, studiata e sviluppata e che non diventi una nuova moda che prima crea entusiasmo e poi viene presto accantonata per una presunta inefficacia dovuta più a un'inadeguata applicazione che non al metodo in sé.

http://www.provincia.milano.it/scuola/istruzione/intelligente/schede/curiosita/banchi%20usa/banchi%20usa.htm

Cooperative learning, USA

Sintesi: Nel corso del 2000 si è aperto, in USA, un dibattito su come condurre le lezioni in classe e la conseguente disposizione degli arredi.

Nelle scuole statunitensi sembra emergere la tendenza a disporre i banchi a cerchio o a ferro di cavallo, oppure divisi in tanti quadrati o triangoli per 4 -–6 alun ni ognuno . Nel primo caso, l'insegnante sta al centro, nel secondo si sposta da un gruppo all'altro. In certe scuole, la disposizione dei banchi, cambia più volte al giorno a seconda degli insegnanti o delle materie. E non mancano le classi dove anziché banchi si trovano tavoli, o dove i ragazzi siedono a terra sul tappeto.

Una rivoluzione che suscita perplessità in molti genitori e apre dibattiti alla radio, tv e nei giornali. Il cambiamento è cominciato una decina di anni fa e pare che le classi con i banchi in fila siano ora una minoranza. Il merito, o la colpa, vine attribuito a un discusso metodo di insegnamento, il "cooperative learning"”(imparare collaborando) praticato in circa il 60% delle scuole americane. Sebbene non sia dimostrato, esso vuole che gli allievi studino di più e meglio se distribuiti in piccoli gruppi di 4-6 appunto.

Christine Mosteller, una professoressa di storia di Washington, caldeggia la nuova disposizione dei banchi. "“e file tradizionali -–afferma -–avevano un che di militaresco, erano un simbolo di disciplina, come le uniformi. Falsavano il rapporto tra i ragazzi e gli insegnanti. Con i banchi disposti in modo diverso, cresce la partecipazione degli alunni"” Al contrario, Anthony Navarro, il preside del liceo Mount Harmony nel Maryland, insiste sulle file: "“'’l'unico modo per l'’nsegnante di vedere tutti gli allievi e di tenerne avvinta l'attenzione. Il nuovo metodo è caotico, e nei compiti in classe favorisce i disonesti"”

Il direttore del "“cooperative learning center"” il professore Roger Johnson dell'università del Minnesota, sostiene che, "“on più ostaggi delle file, i ragazzi imparano il lavoro di squadra, soprattutto se divisi in gruppi"” A suo parere, "questo metodo è molto più fruttifero"” Johnson ritiene addirittura che la disposizione dei banchi debba cambiare con le materie "perché ciascuna richiede un diverso ambiente"” Gail Womble, la direttrice didattica delle elementari Rachel Carson in Virginia, è invece dell'avviso che sia controproducente: Si

11 e-tutor: V. Pedrelli – V. Zangari – ANITeL – associazione insegnanti per la formazione

www.anitel.it

Per una ricerca didattica in rete

formano caste di studenti -– obietta -, i più bravi in un gruppo, i meno bravi in un altro. Molti restano indietro. E si creano ostilità tra i capi gruppo"”

Ma che cosa ne pensano i ragazzi? Il Washington Post ne ha intervistati alcuni, e ha scoperto che sono spaccati in due, come gli insegnanti. J ecolarHoy, della media Takoma Park, preferisce il nuovo metodo: "“i si aiuta a vicenda, ed è importante: quando le classi sono numerose, i professori non riescono a fare tutto"” Ma Paul Brown, della media Dear Park, si lamenta: "“el nuovo metodo le distrazioni abbondano, forse ci si diverte di più ma certamente si studia di meno"” Ed è il giudizio di molti genitori.

Ma non è finita. Molti medici si oppongono alla disposizione dei banchi in quadrati o in triangoli perché i 4-6 alunni sono costretti a girarsi per seguire l'’nsegnante o guardare la lavagna, spesso per periodi assai lunghi.

E la dottoressa Kathleen Finch della Clinica di Bethesda, la clinica dei presidenti, teme che i ragazzi prendano il torcicollo. La soluzione? "“'’nica saggia alternativa alle file -–dice -–è il ferro di cavallo"”

IInnsseeggnnaarree aa ssttuuddeennttii ccoonn pprroobblleemmii aattttrraavveerrssoo mmeettooddoollooggiiee ddiiffffeerreennzziiaattee ddii ggeessttiioonnee ddeellllaa ccllaassssee

I PROBLEMI SU CUI INCIDERE

"“uesti ragazzi non hanno voglia di studiare"” "“ ragazzi non sanno comunicare, spiegare bene le cose, esprimere in modo chiaro le loro idee ..."” "“ono molto egocentrici ed immaturi..."” "“ono poco s ecolarizzati non stanno attenti, sono indisciplinati e, oggi più di ieri, si muovono in continuazione..."” "“'’difficile individualizzare l'’pprendimento quando ti trovi a lavorare con alunni portatori di problemi così diversi tra loro: c'’ chi é isolato, chi vuole prevalere sugli altri, chi é in costante ritardo nei ritmi di apprendimento e chi si confronta con un ideale talmente perfetto che non porta mai a termine il lavoro ....."” "“orrei trovare delle soluzioni didattiche più efficaci ma è difficile farlo da soli, così come é arduo riuscire a concordare qualche intervento con i colleghi..."”

Se raccogliamo le impressioni dei ragazzi invece sentiamo dire: "“uesta materia é proprio noiosa ..."” "“.. l'’nsegnante dice tante cose, ma dimentica di insegnarci a studiare ..."” "“uesta scuola è troppo difficile!"” "“eglio cercarsi un lavoro ben pagato che continuare a perdere tempo solamente per avere il pezzo di carta"”

Queste possono essere un campione di affermazioni e percezioni che insegnanti e studenti nutrono nei confronti della scuola e dell'’pprendimento. Esse fanno riferimento a problemi di comportamento, di mantenimento della disciplina, di motivazione, di impegno responsabile verso i compiti scolastici, insoddisfazione professionale, di disagio verso la scuola.

Questi sono solo alcuni dei problemi che, ogni giorno, insegnanti ed alunni si trovano a vivere sulla loro pelle e che, se non affrontati, portano al “burn out” dei docenti e al disagio e alla dispersione scolastica degli studenti.

Fin dove possono intervenire gli insegnanti curricolari, oltre a quello che abitualmente fanno per gestire la classe, per agire con efficacia anche nei confronti di quegli alunni non "“ertificati"”ma considerati "“roblematici"”

Come é possibile intervenire dando risposte individualizzate lavorando con classi composte da più di 20 studenti?

12 e-tutor: V. Pedrelli – V. Zangari – ANITeL – associazione insegnanti per la formazione

www.anitel.it

Per una ricerca didattica in rete

Qual é il ruolo dell'’nsegnante di classe in relazione a quello di insegnanti di sostegno, di consulenti esterni dell'’.S.L., di eventuali figure di psicopedagogisti o psicologi scolastici presenti nell'’stituzione, di assistenti sociali o altro personale della scuola?

Fino a che punto il rapporto con le famiglie diventa un tassello essenziale della gestione di situazioni problema e chi lo deve gestire?

Quali metodologie / strategie di insegnamento possono essere utili attuare per gestire situazioni problema sempre più variegate?

IL RUOLO DELL'’NSEGNANTE

Ci sembra che agli insegnanti possano essere affidate alcune funzioni fondamentali:

1. quella di istruire, cioè di aiutare gli allievi ad acquisire padronanza di abilità e di conoscenze disciplinari; 2. quella di condurre la classe, cioè di definire regole e procedure, tenendo costante l'’ttenzione e la partecipazione durante la lezione;

3. quella di socializzare gli studenti e mantenere un buon clima di classe. Spesso succede che non tutti gli studenti reagiscano in maniera positiva agli interventi di istruzione, gestione della classe o socializzazione e che sia necessario un lavoro suppletivo, che richiede ulteriori abilità. Per rispondere agli interrogativi sovraesposti, infatti, sono necessarie la capacità di analizzare la situazione, di decodificare le diagnosi dei diversi specialisti, di condurre interviste finalizzate a raccogliere le informazioni utili alla costruzione di un piano di intervento. Ma prima ancora é indispensabile l'’pertura ad accorgersi che c'’ un problema e che su questo problema é possibile intervenire efficacemente anche se risulta difficile; é vitale pensare che sia effettivamente possibile risolvere il problema e che il primo passo per fare ciò consista nell'’ffrontarlo, superando l'’nsia, l'’mpotenza, l'inadeguatezza o la rabbia, che coglie chiunque di fronte ad una situazione nuova, complessa e stressante.

Daniela Pavan, Piergiuseppe Ellerani

Apprendimento Cooperativo di A. Carletti VEDI DIAPOSITIVE IN PTT

L’organizzazione pratica VEDI DIAPOSITIVE IN PDF Scheda di progettazione intervento in classe Preleva scheda pianificazione e all’intervento: uno schema Preleva schema

A2b gruppi di lavoro, lavori di gruppo: l’organizzazione, il ruolo, interazione, il laboratorio

Gruppo di lavoro Il laboratorio delle responsabilità

Come costruire i presupposti per lavorare bene insi eme

Un gruppo di lavoro è costituito da un insieme di individui che interagiscono tra loro con una certa regolarità, nella consapevolezza di dipendere l’uno dall’altro e di condividere gli stessi obiettivi e gli stessi compiti. Ognuno svolge un ruolo specifico e riconosciuto, sotto la guida di un leader, basandosi sulla circolarità della comunicazione, preservando il benessere dei singoli (clima) e mirando parallelamente allo sviluppo dei singoli componenti e del gruppo stesso. Perché un gruppo di lavoro possa evolversi e maturare nel tempo e per permettere una maggiore collaborazione tra i suoi membri ed una loro partecipazione più attiva, è necessario che si passi dalla semplice interazione ad una vera e propria integrazione, affinchè i partecipanti al gruppo possano condividere bisogni ed esigenze. La realizzazione concreta della collaborazione all'interno del gruppo, è poi facilitata dal meccanismo di negoziazione, che permette il confronto e il passaggio dal punto di vista dei singoli individui ad un punto di vista comune e condiviso per realizzare al meglio gli obiettivi previsti.

13 e-tutor: V. Pedrelli – V. Zangari – ANITeL – associazione insegnanti per la formazione

www.anitel.it

Per una ricerca didattica in rete

Sette sono quindi gli elementi chiave che concorrono nella costruzione e nell?evoluzione di un efficace gruppo di lavoro:

• Obiettivo • Metodo • Ruolo • Leadership • Comunicazione • Clima • Sviluppo

Obiettivo Nessun gruppo di lavoro può essere efficace se l'obiettivo che deve raggiungere non è chiaro e ampiamente condiviso dai suoi membri. L'obiettivo di un gruppo di lavoro efficace deve essere definito in termini di risultato, costruito su dati osservabili e risorse disponibili, espresso in termini chiari, chiarito e articolato in compiti, e infine valutabile. Un obiettivo chiaro e ben esplicitato contribuisce a consolidare la coesione e il senso di appartenenza al gruppo da parte dei suoi componenti e contemporaneamente contribuisce a definire in maniera chiara il rapporto con l'organizzazione, quindi il clima interno. Metodo Il metodo assume per il gruppo una duplice accezione: da una parte stabilisce i principi, i criteri e le norme che orientano l'attività del gruppo, dall'altra richiama le modalità di organizzazione e strutturazione efficace dell'attività stessa. Un buon metodo di lavoro da sicurezza al gruppo e permette un miglior utilizzo nell'uso e nella gestione delle risorse disponibili. Ruolo Il ruolo rappresenta la parte assegnata a ciascun membro del gruppo in funzione del riconoscimento delle sue competenze e capacità; esso racchiude poi anche l'insieme dei comportamenti che ci si attende da chi occupa una certa posizione all'interno del gruppo stesso. Fondamentale per un efficace sistema di ruoli è la qualità della comunicazione interna al gruppo stesso perché un suo corretto funzionamento permette che si realizzi corrispondenza tra attese e richieste dei singoli e prestazioni e comportamenti del gruppo. Leadership La leadership è la variabile di snodo tra le variabili di tipo strutturale, quali obiettivo, metodo e ruoli, e variabili di tipo processuale, quali clima, comunicazione e sviluppo. Il leader si definisce in primo luogo come un professionista di relazioni, anche se non esiste "il buon leader" per antonomasia, ma piuttosto si dovrebbero definire delle funzioni di leadership efficacemente svolte e ruoli di leader ben negoziati e definiti. E' inoltre importante che la funzione di leadership sia quanto più possibile circolare e diffusa a seconda degli obiettivi e dei compiti del gruppo nelle diverse occasioni. Questo significa che esisterà un leader istituzionale, che è quello individuato dall'organizzazione e che avrà la responsabilità e l'autorità del ruolo formalmente

14 e-tutor: V. Pedrelli – V. Zangari – ANITeL – associazione insegnanti per la formazione

www.anitel.it

Per una ricerca didattica in rete

affidatogli, ma che proprio grazie ad essi, questo leader avrà la facoltà di scegliere i leader situazionali di volta in volta più idonei al perseguimento degli obiettivi del gruppo stesso. Dunque egli avrà il compito di individuare, sulla base della conoscenza delle competenze degli altri membri del gruppo, quelle persone che di volta saranno più idonei ad affiancarlo e a cui potranno essere delegati compiti e funzioni necessari per il buon funzionamento del gruppo stesso. Comunicazione La comunicazione è il processo chiave che permette il funzionamento del lavoro di gruppo poiché permette lo scambio di informazioni finalizzato al raggiungimento dei risultati. Tuttavia essa orienta ed è a sua volta orientata dal sistema di relazioni e ruoli presenti nel gruppo stesso. Essa presuppone tre livelli: - uno interattivo, che va a impattare sulla struttura relazionale del gruppo; - uno informativo, che è relativo allo scambio e all'elaborazione di materiali e conoscenze inerenti il lavoro; - uno trasformativo, che concerne gli scambi che producono il cambiamento. Il processo comunicativo diventa anche il luogo di verifica del linguaggio del gruppo e la definizione del codice. Clima Il clima consiste nell'insieme degli elementi, delle opinioni, delle percezioni dei singoli membri rispetto alla qualità dell'ambiente del gruppo e della sua atmosfera. Una buona percezione del clima si attua quando c'è un giusto sostegno e calore nel gruppo, i ruoli dei singoli sono riconosciuti e valorizzati, la comunicazione è aperta, chiara e fornisce feedback accettabili sui comportamenti delle persone e sui risultati conseguiti dal gruppo. Una leadership partecipativa e gli obiettivi opportunamente calibrati alle capacità del gruppo sono tra i fattori che maggiormente influenzano il clima. Sviluppo Questa variabile identifica la costruzione del sistema di competenze del gruppo di lavoro e parallelamente la crescita del sistema delle competenze individuali. I due processi dovrebbero portare da una parte allo sviluppo del singolo all'interno del gruppo e dall'altra alla creazione all'interno del gruppo di un sapere condiviso e diffuso e alla capacità di lavorare in modo efficace.

Bibliografia

• E.Spaltro, P.De Vito Piscitelli Psicologia per le organizzazioni La Nuova Italia Scientifica Roma 1990

• G.P. Quaglino, M.Mander I climi organizzativi Il Mulino Bologna 1987 • G.P. Quaglino, S. casagrande, A. Castellano Gruppo di lavoro, lavoro di gruppo Raffaello

Cortina Editore Milano 2001 • Lewin K. Principi di psicologia topologica O.S. Firenze Firenze 1961 • Lewin K. Teoria e sperimentazione in psicologia sociale Il Mulino Bologna 1976 • Spaltro E. Gruppi e cambiamento Etas Kompass Milano 1970 • Spaltro E. Pluralità Patron Bologna 1985

Da http://www.urp.it/Sezione.jsp?idSezione=54&idSezioneRif=39

IL LABORATORIO Preleva dispensa

A2c il group investigation approach nella teoria di Sharan 1. Per un’educazione che voglia fondare le sue strategie sulla superiorità dell’apprendimento sull’insegnamento 2. Il metodo Cooperative Learning rivolto agli adolescenti: punto di forza di una didattica coinvolgente 3. Proposta di un modello di itinerario cooperativo 4. Caratteristiche del modello dell'indagine di gruppo/"insegnare a piccoli gruppi", analizzato da Sharan Hertz-Lazarowitz 5. Costruiamo insieme un itinerario didattico cooperativo seguendo il modello Group Investigation Approach 5.1. Scheda di progettazione intervento in classe di Cooperative Learning 5.2. Guida alla pianificazione e all’intevento: uno schema

15 e-tutor: V. Pedrelli – V. Zangari – ANITeL – associazione insegnanti per la formazione

www.anitel.it

Per una ricerca didattica in rete

5.3. Monitoraggio e revisione 5.4. Schede di osservazione/rilevazione proposte per il Group Investigation 5.5. Scelta delle modalità di valutazione 5.6. La valutazione dell’apprendimento individuale e/o di gruppo: osservazioni 6. Schede-guida per il docente

SCARICA LA DISPENSA >>

A3 la didattica A3a Il cognitivismo e la rete di relazioni tra concetti

Come è noto, il cognitivismo non è un corpo sistematico compatto, né nei modelli teorici di riferimento né nella impostazione metodologica. Nella teoria dell'apprendimento, in particolare, le diverse ricerche di stampo cognitivista si differenziano nei metodi, nei presupposti teorici ed anche nell'oggetto di indagine, tanto che esse risultano, talora, difficilmente confrontabili (2). Inoltre, non è possibile tracciare una netta linea di confine tra gli studi più marcatamente cognitivisti, le indagini neo-piagetiane e le teorie di Bruner. Vi è tuttavia un nucleo teorico che è sufficiente a caratterizzare con chiarezza l'impostazione cognitivista, differenziandola in maniera netta dalle teorie comportamentiste. Le tesi cognitiviste sull'apprendimento si possono cogliere in modo assai chiaro quando le si contrappone alle tesi rivali; procederò pertanto per opposizioni, illustrando la posizione cognitivista sull'apprendimento in antitesi al comportamentismo (e, dove è il caso, in antitesi ai presupposti teorici della "scuola attiva").

SCARICA DISPENSA >>

A3b Strumenti grafici per rappresentare informazione e conoscenza Le mappe concettuali evidenziano le relazioni tra i concetti, aiutando la rappresentazione della conoscenza, delle sue strutture e del loro utilizzo. SCARICA DISPENSA >>

A3c La mappa concettuale e mentale

16 e-tutor: V. Pedrelli – V. Zangari – ANITeL – associazione insegnanti per la formazione

www.anitel.it

Per una ricerca didattica in rete

Una mappa concettuale rappresenta graficamente una rete di relazioni tra concetti. I concetti compaiono nella mappa in forma assai sintetica (tre, quattro parole per caratterizzare un concetto; non sono ammesse caratterizzazioni prolisse). La struttura ha la forma di un albero che si ramifica verso il basso: vi sono bolle (cioè concetti) che si trovano a livelli più elevati (nella parte alta della mappa) e bolle che si trovano più in basso. Il collegamento tra una bolla più "alta" e una bolla più bassa, indicato da un tratto che congiunge le due bolle, rappresenta una connessione (logica, argomentativa, causale, cronologica, predicativa, o di altro tipo).

SCARICA DISPENSA >> SCARICA DIAPOSITIVE >>

B- DURANTE: la progettazione, le proposte operative

B1 l’individuazione del tema

La prima rivoluzione industriale

Alla luce delle basi pedagogiche, metodologiche e didattiche che abbiamo avuto modo di approfondire, adeguando con esperienza professionale i vari pensieri delle diverse correnti, facciamo affidamento sulla conoscenza del contesto di interazione in cui dovremo operare e confezioniamo un abito su misura all’ambiente specifico, oggetto del nostro intervento. E’ ora di accendere le telecamere e passare all’azione! Come in una diretta, ogni nostra azione lascerà una traccia: ecco perché si rende indispensabile una progettazione generale atta ad individuare proposte operative.

17 e-tutor: V. Pedrelli – V. Zangari – ANITeL – associazione insegnanti per la formazione

www.anitel.it

Per una ricerca didattica in rete

contestualizzazione nel progetto formativo annuale

Il tema della ricerca in questo esempio non è opzionale ma previsto dal corso di studi e inserito nella programmazione didattica annuale. Nonostante tutto eviterò un’imposizione cattedratica (tanto si deve fare) ma anticiperò in tempi adeguati l’avvicinarsi dell’appuntamento all’interno del programma annuale (già illustrato ad inizio d’anno), chiedendo suggerimenti e idee sul modo di affrontarlo

le aree interdisciplinari Oltre a storia: letteratura, scienze e fisica, economia, musica, arte ecc

l’introduzione dell’insegnante Sarà mia cura iniziare con un’introduzione generale sulla prima rivoluzione industriale, che alla fine si tradurrà in una mappa concettuale (vedi fig. pag. precedente)

B2 la formazione dei gruppi di lavoro l’organizzazione, il ruolo, interazione, la tempistica Una volta introdotto lo scenario generale, affiderò ai gruppi di lavoro i vari ambiti e i diversi compiti (vedi parte teorica con schemi allegati)

B3 l’individuazione degli strumenti i libri, la biblioteca, i multimedia (immagini, sonori, filmati), le testimonianze, il

laboratorio (come interazione di gruppo) , Internet

B4 webquest metodologia didattica e organizzazione della ricerca: metodo, senso e significato; introduzione, compito, procedimento, risorse, conclusione, valutazione

che cos’e’ un webquest? >> scarica dispensa costruire un webtest online >> pagina internet guida webtest online >> vai all’url genera un webtest online >> da aula21 modello per generare un webtest online >> apri e personalizza con frontpage un esempio di webtest offline >> vedi esempio in ppt genera un webtest offline >> aprii modello in ppt una griglia per la valutazione del webquest >> vai all’url esempio online >> pascoli esempio online >> conoscere la diversità esempio online >> Le proprietà nascoste delle figure

equicomposte

B5 Focus group e Brainstorming di gruppo: scelta e organizzazione dei contenuti del singolo gruppo

B6 Brainstorming dei gruppi: organizzazione globale della ricerca Leggi approfondimenti >>

18 e-tutor: V. Pedrelli – V. Zangari – ANITeL – associazione insegnanti per la formazione

www.anitel.it

Per una ricerca didattica in rete

C- DOPO: verifica, valutazione, condivisione

C1 verifica e valutazione sugli obiettivi e le competenze raggiunte

Scheda di rilevazione utilizzata dall’insegnante in itinere Autovalutazione dei processi formativi dello studente Autovalutazione dell’efficienza del gruppo Valutazione dell’apprendimento (possibile verifica sommativa, eventuale verifica per allievi svantaggiati) Attività di recupero prevista • Feedback finale

C2 pubblicazione e condivisione

Possibili prodotti finali: dispensa realizzazione di ipertesti su CD Rom implementazione in internet

C3 riflessioni finali: individuazione degli indici di miglioramento