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Accordi tra distributori di gas naturale per partecipare alle gare. Il Tar del Lazio ricorda all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che il suo compito non è proteggere la "verosimile concorrenza" in sede di gara ma reprimere gli accordi che alterano in misura consistente la concorrenza nel mercato.
di Laura De Sanctis Materia: appalti / A.T.I. Accordi tra distributori di gas naturale per partecipare alle gare: il Tar del Lazio ricorda all’Autorità
Garante della Concorrenza e del Mercato che il suo compito non è proteggere la “verosimile concorrenza” in
sede di gara ma reprimere gli accordi che alterano in misura consistente la concorrenza nel mercato.
Introduzione
Lo scorso 7 maggio il Tar del Lazio ha pubblicato la sentenza [1] con cui ha annullato il provvedimento
dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (“Autorità”) del 2 agosto 2012 [2], avente ad oggetto
l’associazione temporanea di imprese (“ATI”) costituita da Linea Distribuzione S.r.l. (“LD”) e da E.On Rete
S.r.l. (successivamente 2iGas Infrastruttura Italiana S.r.l., “2iGas”) [3] per partecipare alla gara per
l’affidamento della distribuzione del gas naturale bandita nel 2010 dal Comune di Casalmaggiore, quale
capofila di altri sette comuni del cremasco. Le due società avevano entrambe i requisiti per partecipare alla
gara previsti dal bando predisposto dal comune ed erano gestori uscenti, rispettivamente, in 3 e 5 degli otto
comuni interessati. Con la vittoria della gara in ATI erano riuscite a mantenere la fornitura del servizio nei
comuni di cui erano già affidatarie, presentando un’offerta contenente le condizioni minime previste dal
bando. Alla luce di queste circostanze, l’Autorità ha ritenuto che l’ATI tra le parti non fosse altro che
un’intesa restrittiva della concorrenza in violazione dell’art. 2 della legge 10 ottobre 1990, n. 287 (“l. n.
287/1990”), considerato anche che, sempre per l’Autorità, la sua costituzione non era obbiettivamente
giustificata da ragioni di efficienza, o di carattere tecnico-industriale, ed era piuttosto finalizzata a
ripartire tra le parti le concessioni negli otto comuni di riferimento, in modo da mantenere inalterato
l’assetto preesistente alla gara.
La Sentenza in esame riveste particolare interesse poiché per la prima volta il giudice
amministrativo si è espresso sull’approccio dell’Autorità in materia di applicazione del diritto della
concorrenza agli accordi tra operatori per la partecipazione alle gare nel settore della distribuzione del gas
naturale.
La disciplina di queste gare, come noto, è stata recentemente oggetto di una pervasiva riforma, che
ha sacrificato almeno in parte la concorrenzialità del settore ad una migliore organizzazione del servizio. In
particolare, per porre rimedio alla frammentazione dell’offerta di distribuzione del gas naturale, si è
cercato di ridurre il numero dei distributori intervenendo “dall’esterno” sulla configurazione della domanda.
Fermo restando il principio dell’affidamento in esclusiva mediante gara da parte degli enti locali, è stata
quindi ampliata l’area di gestione del servizio ed è stata prevista una disciplina uniforme sullo svolgimento
delle gare per ottenerne la concessione. In particolare, il territorio nazionale è stato diviso in 177 “ambiti
territoriali minimi” (“ATEM”) [4], ciascuno dei quali comprende una pluralità di comuni, che devono affidare il
servizio nei propri territori mediante un’unica gara. Lo svolgimento delle gare per ATEM è stato disciplinato
in dettaglio dal Regolamento Criteri [5], che, tra l’altro, delinea il contenuto dei bandi e dei disciplinari [6] e
specifica i requisiti di partecipazione [7], anche in forma associata, in modo tale da consentire un ampio
accesso alle gare a tutti gli operatori presenti nel settore della distribuzione del gas naturale, o che sono
intenzionati ad entrarvi. Le sue disposizioni in materia di raggruppamenti e consorzi, in particolare, tendono
a bilanciare almeno in parte gli effetti della riforma. L’ampliamento dei bacini di gara, infatti, avrà l’effetto
di limitare l’accesso alle gare poiché innalza la barriera finanziaria, che da sempre grava sugli operatori del
settore della distribuzione del gas naturale. Questi ultimi devono infatti disporre di risorse sufficienti per
affrontare i costi delle gare per la concessione del servizio, per sostenerne la gestione per tutto il periodo
dell’affidamento e, nel caso di aggiudicazioni in territori diversi da quelli già gestiti, per corrispondere
rimborsi ai gestori uscenti. Pertanto è probabile che saranno indotti ad aggregarsi in modo stabile,
attraverso fusioni e acquisizioni [8], e/o a raggiungere accordi in vista delle gare, specie se non hanno i
requisiti o la capacità finanziaria per partecipare individualmente. Il Regolamento Criteri consente quindi
alle imprese un’ampia facoltà di costituire raggruppamenti o consorzi, anche se possiedono individualmente i
requisiti di gara, salvo l’obbligo della mandataria di possedere tali requisiti in misura minima del 40% [9].
Inoltre, il regolamento prevede che, una volta aggiudicata la gara, i partecipanti al raggruppamento, o al
consorzio, debbono costituire una società di capitali, che sarà il soggetto che stipulerà il contratto di
servizio con la stazione appaltante [10]. Nell’ottica del regolatore, dunque, l’aggregazione tra operatori viene
disciplinata nella prospettiva di favorire il più ampio confronto concorrenziale nelle gare e ridurre il rischio
che la selezione dei gestori della distribuzione avvenga solo sulla base della loro disponibilità finanziaria.
L’Autorità considera l’aggregazione tra distributori di gas naturale in una prospettiva completamente
diversa da quella che ha trovato espressione nel Regolamento Criteri e guarda a tale fenomeno con sospetto.
Ritiene che le gare per l’affidamento del servizio hanno un’importanza cruciale, poiché sono l’unica occasione
per l’esplicarsi della concorrenza nella distribuzione del gas naturale. A suo dire, infatti, i distributori
possono competere solo “per il mercato”, ovverosia per l’affidamento del servizio nelle procedure concorsuali
[11]. Di tal che eventuali accordi per la partecipazione alle gare in forma associata potrebbero alterare la
concorrenza in violazione della l. n. 287/1990. L’Autorità si è quindi assunta il compito di preservare il più
possibile la c.d. concorrenza “per il mercato” in sede di gara. Ciò che si evince dai provvedimenti da essa
adottati nell’ultimo anno, con cui è intervenuta per reprimere, o indurre le parti a modificare, accordi che
avevano per effetto la limitazione della concorrenza poiché: ì) riducevano il numero dei potenziali
concorrenti in gara e, quindi, delle offerte a disposizione della stazione appaltante [12], o ìì) incrementavano
i vantaggi in sede di gara di cui godevano gli operatori maggiormente presenti negli ATEM interessati, c.d.
incumbent [13], o, infine, ììì) potevano dar luogo al coordinamento tra imprese di distribuzione concorrenti
nella partecipazione ad una pluralità di gare [14]. In tutti questi casi, l’Autorità non ha esitato ad utilizzare
gli strumenti posti a sua disposizione dalla l. n. 287/1990 e, in particolare, gli artt. 2 e 6 di questa legge, che
riguardano, rispettivamente il divieto di intese e concentrazioni restrittive della concorrenza, per
proteggere la c.d. “verosimile concorrenza” in sede di gara.
L’Autorità ha fatto riferimento a questo concetto per la prima volta proprio nel Provvedimento
Casalmaggiore, in cui ha concentrato la sua attenzione nel cercare di individuare i soggetti che avrebbero
avuto interesse o un incentivo a partecipare alla gara bandita dal comune. Dai requisiti di partecipazione
previsti nel bando di gara e dalle risposte fornite nel corso dell’istruttoria dalle altre imprese invitate dal
comune, l’Autorità ha dedotto che LD e 2iGas erano gli unici concorrenti potenziali nella gara, poiché
possedevano autonomamente i requisiti previsti per competere ed erano le uniche imprese interessate a
partecipare per poter mantenere i rispettivi affidamenti; era invece altamente improbabile che le altre
imprese invitate sarebbero state interessate a presentare offerte in ragione delle peculiarità e della
tempistica della gara. Pertanto, secondo l’Autorità LD e 2iGas, “i due gestori incumbent negli otto comuni
della gara di Casalmaggiore, che avevano tutti i requisiti per poter partecipare autonomamente a tale gara,
nonché LGH e E.ON Italia, in qualità di società controllanti, …[avevano] costituito un’ATI per finalità
anticoncorrenziali e più specificamente meramente ripartitorie, miranti a replicare lo status quo ante gara.
Ciò ha consentito di eliminare l’unica verosimile concorrenza attendibile in sede di gara, ossia quella tra i due
soli gestori incumbent, e di ottenere il servizio alle condizioni economiche e tecniche minime previste dal
bando” [15]. Nel Provvedimento ACEGAS, l’Autorità ha sviluppato ulteriormente il suo approccio, tentando
addirittura una valutazione prognostica sulle condizioni di mercato nelle quali si svolgeranno le future gare in
alcuni ATEM del Nord Italia. In particolare, ha cercato di stabilire se la “pluralità di soggetti partecipanti
[poteva] considerarsi tutelata, ovvero inficiata” dall’operazione di concentrazione tra due distributori
sottoposta alla sua attenzione e, in particolare, se la riduzione del numero dei probabili concorrenti in gara
andasse a vantaggio dell’incumbent in ciascuno degli ambiti di riferimento [16].
Ne deriva che, da un lato, l’Autorità identifica la restrizione consistente della concorrenza, che
costituisce il presupposto per vietare un accordo tra concorrenti ai sensi dell’art. 2 della l. n. 287/1990,
nella riduzione del numero delle imprese che verosimilmente potrebbero partecipare da sole ad una gara per
l’affidamento della distribuzione del gas naturale [17]. Dall’altro, ritiene che un’operazione di concentrazione
dia luogo alla creazione e/o rafforzamento di una posizione dominante restrittiva ai sensi dell’art. 6 della l.
n. 287/1990 se consente ad un incumbent di accrescere i vantaggi di cui godrà nelle prossime gare per
ATEM [18]. In tal modo, l’Autorità non solo ha abbassato notevolmente la soglia del suo intervento nel
settore della distribuzione del gas naturale rispetto ai casi ordinari di applicazione del diritto della
concorrenza, ma ha anche introdotto una serie di limitazioni per la partecipazione alle gare di alcuni
soggetti, che pure potrebbero lecitamente competere ai sensi del Regolamento Criteri, e, in particolare: ì)
dei raggruppamenti di imprese tra soggetti in possesso dei requisiti di gara [19] e ìì) degli operatori in
posizione preminente nell’ambito di riferimento o in quelli limitrofi, c.d. incumbent. A questi ultimi posssono
essere preclusi l’utilizzo dei raggruppamenti di impresa, anche con operatori minori [20], e/o la stipula di
altri accordi con potenziali concorrenti, aventi, direttamente o indirettamente, un impatto sulla
partecipazione a gare negli ambiti in cui detengono una posizione preminente, o in quelli limitrofi [21].
Non resta che concludere che l’Autorità ha aggiunto altri elementi al già complesso contesto
regolatorio delle gare per l’affidamento dei servizi di distribuzione del gas naturale e ha accresciuto le
incertezze che caratterizzano questa fase di transizione verso l’applicazione della riforma. Nei suoi
provvedimenti aventi ad oggetto accordi tra distributori di gas naturale, l’Autorità, come detto, ha
concentrato la sua attenzione solo sull’individuazione di quelli che sarebbero stati i probabili concorrenti
nelle gare, senza però tenere conto delle dinamiche attraverso le quali si svolge in concreto la concorrenza
del settore. Inoltre, ha mostrato di voler valutare con particolare severità gli accordi cui partecipano i c.d.
incumbent, senza però definire con chiarezza chi siano questi soggetti. Nei suoi provvedimenti, infatti, fa
riferimento genericamente a operatori che hanno una presenza pregressa significativa negli singoli ambiti
[22], che non sono soggetti a vincoli finanziari, che godono di particolari vantaggi in sede di gara e, a suo
dire, sempre interessati a confermarsi nei territori già gestiti.
Non è escluso che l’approccio dell’Autorità per preservare la “verosimile concorrenza di gara” non
finisca per impedire la costituzione di raggruppamenti di impresa e/o la stipula di altri accordi, quali la
costituzione di consorzi o imprese comuni, tra soggetti che non sono effettivamente in grado di competere
nella gare per ATEM e/o che non solo non produrrebbero danni alla concorrenza, ma, anzi, amplierebbero le
offerte a disposizione delle stazioni appaltanti. Si pensi, ad esempio, ai raggruppamenti tra due o più
operatori, che posseggono i requisiti per poter partecipare individualmente e che si associano per
presentare il migliore piano di investimenti e di sviluppo della rete. Oppure si pensi al caso di un operatore in
possesso dei requisiti per partecipare alla gara in un ATEM, che si potrebbe associare ad altri operatori e
ridurre il rischio finanziario di questa gara, risparmiando risorse da impegnare nella partecipazione a gare in
altri ATEM. Si pensi, infine, al caso di un operatore che non opera nell’ambito di riferimento, o non fa ciò in
misura significativa, ma possiede i requisiti di capacità economico-finanziaria e di capacità tecnica per
partecipare alla gara in questo ambito e che si associa ad altri concorrenti per dividere con essi il rischio
finanziario ed entrare in un nuovo territorio. Queste scelte organizzative, che sembrano giustificate dal
punto di vista economico e che, in ultima analisi, contribuirebbero ad aumentare la concorrenza tra più
offerte a tutto vantaggio delle stazioni appaltanti, potrebbero essere messe in discussione dall’Autorità,
che si ostina a non voler prendere atto, da un lato, del fatto che nel settore in esame l’accesso alle
procedure concorsuali è limitato dalla barriera finanziaria, per cui depotenziare istituti come il
raggruppamento di imprese significa ridurre ulteriormente il confronto in sede di gara. Dall’altro, del fatto
che i soggetti che si trovano oggi ad avere una posizione preminente negli ATEM sono profondamente diversi
quanto a natura, dimensione ed estensione d’area d’attività. Accanto ad operatori di dimensione nazionale,
quali Italgas e F2i, ancora oggi convivono imprese di dimensione inferiore attive solo a livello locale, e
imprese di livello intermedio, le cui attività sono però concentrate solo in alcune parti del territorio
nazionale. Come risulta da uno studio sul settore in esame [23], infatti, in 121 ATEM, che da soli
rappresentano l’85% del mercato, il primo operatore detiene una quota pari ad almeno il 50%, raggiungendo
addirittura il 70% in 24 ATEM del Centro Italia. Negli altri 56 ATEM, la quota media detenuta dal principale
operatore è comunque elevata, risultando pari in media al 40%; solo in 5 di questi ATEM è inferiore al 30%.
Anche con quote così rilevanti, tuttavia, i c.d. incumbent dovranno possedere una cospicua capacità
finanziaria per potersi assicurare gli ambiti in cui godono di una presenza significativa, posto che, una volta
vinte le gare in questi ambiti, saranno tenuti a pagare gli indennizzi a tutti gli altri gestori uscenti. Pertanto,
anche per gli incumbent potrebbe essere necessario aggregarsi con altri operatori per dividere i rischi e i
costi delle gare.
Il Tar del Lazio non solo ha annullato il Provvedimento Casalmaggiore, ma ha del tutto rimesso in
discussione l’approccio dell’Autorità sulla valutazione concorrenziale degli accordi tra distributori di gas
naturale, come si vedrà dopo aver fornito ulteriori dettagli sul Provvedimento Casalmaggiore. Questo
provvedimento, infatti, è di particolare interesse per gli operatori del settore della distribuzione del gas
naturale, poiché, nelle intenzioni dell’Autorità, doveva contenere le linee guida in materia di ATI, e, in ogni
caso, affronta alcune tematiche particolarmente rilevanti in vista delle prossime gare per ATEM.
1. Il Provvedimento Casalmaggiore
Venendo al provvedimento, va tenuto presente che è stato un banco di prova particolarmente
importante per l’Autorità, perché per la prima volta si è trovata a valutare un’ATI che non era parte di più
ampi accordi tra i partecipanti ed era stata costituita per la partecipazione ad una gara nel settore del gas
naturale. Prima del Provvedimento Casalmaggiore, infatti, l’Autorità aveva considerato restrittivi della
concorrenza raggruppamenti e consorzi in settori diversi da quello in esame, che venivano utilizzati dalle
imprese per ripartirsi clienti, territori e/o forniture, in attuazione di intese e collaborazioni pluriennali su
tutto il territorio nazionale, o su ampie porzioni di esso [24]. Per il resto, si era limitata a dare indicazioni
alle stazioni appaltanti sulle condizioni per escludere nei bandi di gara i raggruppamenti di imprese.
Inizialmente, aveva suggerito di non consentire la partecipazione dei c.d. raggruppamenti
“sovradimensionati”, ovverosia composti da soggetti che possedevano i requisiti dei bandi e potevano
partecipare autonomamente [25], poiché riducevano il numero dei partecipanti alle gare e, quindi, delle
offerte concorrenti. Nel 2011, tuttavia, l’Autorità aveva rimeditato la posizione da suggerire alle stazioni
appaltanti, stabilendo che era maggiormente in linea con le disposizioni del diritto della concorrenza
l’approccio per cui le stazioni appaltanti non prevedessero nei bandi di gara la partecipazione di
raggruppamenti sovradimensionati solo dopo aver svolto un’analisi della struttura e delle dinamiche
caratterizzanti il mercato interessato, nonché di qualsiasi altro elemento da cui potesse desumersi una
precisa volontà anticoncorrenziale delle imprese coinvolte [26]. In particolare, secondo l’Autorità, un
raggruppamento tra imprese poteva essere giustificato dalla diversa specializzazione delle imprese che ne
facevano parte o dall’esigenza di realizzare una più razionale diversificazione del rischio industriale [27].
Ci si sarebbe attesi che nel Provvedimento Casalmaggiore l’Autorità avrebbe seguito l’approccio da
essa stessa suggerito nel 2011 alle stazioni appaltanti e che non avrebbe quindi assunto un atteggiamento
preconcetto di sfavore per l’ATI sovradimensionata, valutandone in concreto la compatibilità con il diritto
della concorrenza. Tanto più che il caso in esame era anche il primo in cui l’Autorità doveva valutare un
raggruppamento tra operatori del settore della distribuzione del gas naturale, che presenta dinamiche
concorrenziali molto peculiari legate proprio alla disciplina delle gare per l’affidamento del servizio. Ma non
è stato così e per tutelare la “concorrenza per il mercato” l’Autorità ha “recuperato” l’approccio che aveva
suggerito alle stazioni appaltanti nei primi anni ’90, mostrando un estremo sfavore nei confronti dei
raggruppamenti sovradimensionati tra operatori incumbent, a prescindere da qualsiasi verifica del loro
impatto concreto nel mercato.
In tale ottica, non è forse un caso che, nel Provvedimento Casalmaggiore, l’Autorità abbia ritenuto
che il mercato rilevante in cui valutare l’ATI fosse quello della distribuzione del gas naturale negli otto
comuni interessati dalla gara [28]. A suo dire, infatti, la distribuzione di gas naturale costituirebbe un
mercato distinto poiché è un servizio pubblico caratterizzato da condizioni di monopolio naturale e svolto in
monopolio legale dalle imprese di distribuzione. Dal punto di vista geografico, il mercato ha dimensione
locale, pari all’area di attribuzione di ciascuna concessione esclusiva. L’ATI tra 2iGas e LD avrebbe ristretto
al concorrenza in questo mercato poiché ciascuna delle due società possedeva i requisiti previsti dal bando di
gara. Le parti erano quindi “concorrenti potenziali” in sede di gara e attraverso l’ATI non avevano fatto
altro che concordare l’offerta alla stazione appaltante, anziché proporne ciascuna una autonoma.
Che l’Autorità sia pronta a sollevare obiezioni sulle ATI sovradimensionate a prescindere dal loro
impatto sulla concorrenza non è l’unica indicazione che emerge dal provvedimento in esame, in cui sono state
affrontate tre questioni che potranno avere rilevanza per gli operatori che si accingono a partecipare alle
prossime gare per ATEM.
La prima è relativa alle circostanze per cui un’ATI nel settore della distribuzione del gas naturale
restringe la concorrenza. A tale proposito, nel provvedimento l’Autorità ha ribadito che l’ATI è un accordo
tipizzato e lecito, che può tuttavia costituire un’intesa contraria al diritto della concorrenza se il suo
concreto utilizzo avviene per raggiungere finalità anticoncorrenziali [29]. Per stabilire che sia così non è
necessario dimostrare che il raggruppamento si inserisca in accordi di cooperazione più ampi fra i suoi
partecipanti. Tanto è vero che l’ATI tra LD e 2iGas è stata considerata restrittiva della concorrenza anche
se era stata l’unica forma di collaborazione tra le parti, che prima non avevano mai stipulato intese o
collaborazioni e tanto meno concordato le strategie di gara.
Gli elementi specifici in base ai quali l’ATI tra 2iGas e LD è stata ritenuta restrittiva della
concorrenza, sono: ì) due circostanze attenenti al contesto di riferimento e, in particolare, quella che,
secondo l’Autorità, sarebbe l’imminente apertura del mercato alla concorrenza per effetto delle gare per
ATEM e la prassi, diffusa, soprattutto tra gli operatori medio-piccoli, di difendere le proprie preesistenti
posizioni di incumbency (c.d. stronghold strategy) nell’attesa dell’entrata in vigore della riforma; ìì) alcune
caratteristiche dell’ATI tra LD e 2iGas, tra cui il suo sovradimensionamento, il fatto che non avesse nessuna
giustificazione di efficienza, industriale o gestionale, dal momento che ogni società rimaneva gestore
individuale nei comuni in cui già esercitava il servizio in precedenza, e il fatto che non creava un maggiore
concorrenza in sede di gara, né produceva alcun valore aggiunto al servizio gestito da ogni singola impresa ;
ììì) la preoccupazione di ciascuna delle parti, in prospettiva delle nuove gare di ambito, di razionalizzare il
portafoglio delle concessioni e/o di pianificare accordi con i propri concorrenti ; e ìv) alcune caratteristiche
specifiche della gara, compreso il comportamento tenuto dalle parti nel corso del suo svolgimento [30].
Si consideri però che sia l’imminente entrata in vigore della riforma delle gare, che non aprirà alla
concorrenza il mercato e provocherà una riduzione del numero degli operatori, sia la tendenza degli
operatori a mantenere gli affidamenti nei territori già gestiti, per evitare di pagare cospicui rimborsi ai
gestori uscenti, sembrano elementi atti a giustificare la costituzione di un raggruppamento temporaneo,
piuttosto che a sancirne la restrittività dal punto di vista del diritto della concorrenza. Non dovrebbe quindi
deporre necessariamente a favore della restrittività di un’ATI sovradimensionata per partecipare ad una
gara per ATEM il fatto che uno o più dei suoi membri siano gestori uscenti in alcuni comuni ricompresi
nell’ambito di riferimento. Quanto agli altri elementi considerati dall’Autorità, da un lato si tratta di
circostanze che di regola non rilevano per stabilire se un accordo sia restrittivo della concorrenza ai sensi
dell’art. 2 della l. n. 287/1990, quali, ad esempio, le ipotesi di strategia elaborate autonomamente da
ciascuna delle parti e il fatto che l’ATI tra 2iGas e LD non fosse giustificata in termini di efficienza;
dall’altro, si tratta di deduzioni fatte dall’Autorità sulla base del bando di gara e del comportamento delle
parti nel corso del suo svolgimento che, però, sono prive di riscontri concreti. A ben vedere, quindi,
l’Autorità, anziché valutare in concreto la portata dell’ATI, come pur si era proposta, si è focalizzata
sostanzialmente solo sul fatto che LD e 2iGas potessero partecipare da sole alla gara e, ciò nonostante,
avessero costituito un’ATI per ripartirsi le forniture negli otto comuni in modo da mantenere l’assetto
preesistente. Il che è quanto dire che l’Autorità ha finito per presumere che un’ATI sovradimensionata sia
restrittiva della concorrenza.
Ciò che è confermato laddove l’Autorità lascia intendere che un’ATI sovradimensionata che sia
sorretta da obiettive ragioni di efficienza o tecnico-industriali non sarebbe vietata. Sembra un’apertura a
favore dei raggruppamenti di impresa, ma in realtà non lo è. Nel Provvedimento Casalmaggiore, si afferma
infatti che la valutazione di un’ATI comporta che “l’Autorità una volta valutati, caso per caso, gli elementi
addotti dalle Parti al fine di fornire una giustificazione specifica “proconcorrenziale” del raggruppamento e
in assenza di una tale giustificazione, valuti congiuntamente una serie di indizi rivelatori dell’illiceità
dell’ATI” [31]. Di regola, però, per poter vietare un’intesa ai sensi di detta disposizione, è l’Autorità a dover
dimostrare che l’intesa abbia oggetto o effetto restrittivo della concorrenza, alla luce del contesto
economico giuridico di riferimento, e che sia priva di giustificazione obiettiva. L’efficienza del
comportamento delle parti potrà eventualmente avere rilevanza solo in un secondo momento, quando cioè le
parti dell’intesa, di cui l’Autorità ha già provato la restrittività ai sensi dell’art. 2, chiedono che sia
autorizzata ai sensi dell’art. 4 della l. n. 287/1990 [32]. A ciò si aggiunga che l’Autorità non ha comunque
chiarito in che cosa consistano l’efficienza e le ragioni tecnico-industriale da dimostrare per giustificare la
costituzione di un’ATI. Dal Provvedimento Casalmaggiore si evince solo che l’ATI tra LD e 2iGas è stata
considerata illecita anche perché non aveva l’obiettivo di realizzare un’integrazione industriale tra le parti e
ciascuna di loro avrebbe continuato a gestire in autonomia i comuni nei quali era gestore uscente.
La seconda questione trattata nel Provvedimento Casalmaggiore è quella della possibilità di
giustificare la costituzione di un’ATI per superare la barriera finanziaria che altrimenti impedirebbe la
partecipazione alle gare. Nel corso del procedimento, questo tema aveva assunto una particolare rilevanza,
poiché il bando predisposto dal Comune di Casalmaggiore rendeva difficoltosa, se non impossibile, la
partecipazione a causa degli oneri finanziari a carico dell’aggiudicatario [33]. LD, quindi, aveva giustificato la
propria condotta anche dichiarando di aver partecipato in forma associata perché aveva difficoltà a reperire
le risorse economiche per sostenere gli oneri imposti all’aggiudicatario dal bando di gara e non voleva
compromettere la partecipazione alle ormai prossime gare per ATEM, che avrebbero richiesto un impegno
finanziario molto elevato. L’Autorità ha respinto queste argomentazioni, poiché, a suo dire, la partecipazione
in ATI di LD era in realtà frutto di una scelta aziendale e non di un’obiettiva necessità. Tuttavia non ha
escluso che “l’argomento della barriera finanziaria [possa] essere utilizzato qualora esso non si riferisca ad
una specifica gara ma all’insieme delle gare a cui una o più imprese intendono partecipare. Con riferimento ad
una gara singola, la scelta di partecipare in ATI in virtù dell’obiettivo di non pregiudicare la partecipazione,
singola o in ATI, appare sempre una libera scelta aziendale” [34]. L’Autorità ha anche indicato che i requisiti
di gara e la capacità finanziaria di 2iGas e LD andavano misurati in relazione ai gruppi di appartenenza, che
facevano capo, rispettivamente, a E.On Italia S.p.A. (“EON”) e a Linea Group Holding S.r.l. (“LGH”). Secondo
l’Autorità, queste società sono a capo di gruppi di grandi dimensioni e sarebbero state in grado di finanziare
la partecipazione delle proprie controllate alla gara di Casalmaggiore.
La terza questione affrontata dall’Autorità riguarda il ruolo delle società capogruppo nelle scelte di
gara delle parti. EON e LGH, che detenevano, rispettivamente, la totalità o quasi del capitale di 2iGas e LD,
sono state anch’esse responsabili dell’infrazione poiché sarebbero state coinvolte nelle decisioni delle loro
controllate in merito alla gara di Casalmaggiore. Secondo l’Autorità, infatti, le partecipazioni detenute
facevano presumere di per sé che esercitassero un’influenza determinante sulle due imprese partecipanti
all’ATI [35]. Inoltre, in quanto capogruppo, avevano capacità decisionale sugli investimenti compiuti da
queste ultime e venivano messe al corrente delle problematiche e delle decisioni da prendere sulla strategia
di partecipazione alle gare per l’aggiudicazione delle concessioni di distribuzione del gas naturale. L’Autorità,
tra l’altro, ha considerato inidonei ad escludere l’influenza di LGH su LD i seguenti elementi: ì) il fatto che i
rapporti infragruppo tra LD e LGH fossero strutturati in modo tale che la politica in materia di gare veniva
decisa esclusivamente dalla società controllata e, in particolare, dal suo consiglio di amministrazione e/o dal
suo procuratore, a seconda del valore economico della gara; ìì) il fatto che LGH non avesse mai avuto una
strategia di gara; ììì) il fatto che gli scambi informativi tra il suo amministratore delegato e LD fossero
successivi all’adozione delle strategie di gara; e ìv) il fatto che i rapporti tra LGH e LD fossero strutturati in
conformità all’Unbundling [36], ovverosia l’insieme delle specifiche disposizioni di derivazione comunitaria
che fanno sì che il gestore della distribuzione del gas naturale agisca come un’“impresa separata” dal resto
del gruppo di appartenenza. Queste disposizioni prevedono, in particolare, che il gestore goda di
indipendenza decisionale rispetto alla sua società madre, in deroga al diritto societario [37]. L’Autorità ha
tuttavia ritenuto che l’attuazione nei rapporti intragruppo tra LGH e LD di queste regole non valesse ad
escludere che l’impresa di distribuzione avesse agito come un’“entità unica” secondo una strategia coordinata
con la società madre, soprattutto per quanto riguarda le decisioni economiche-finanziarie di medio lungo
periodo come la partecipazione ad una gara. Pertanto, sempre secondo l’Autorità, l’unica misura per
prevenire l’influenza della società madre sulla figlia sarebbe stata la separazione proprietaria [38]. Come ha
fatto nella valutazione dell’ATI rispetto al Regolamento Criteri, che pure consente la costituzione di
raggruppamenti sovradimensionati, anche sotto il profilo dei rapporti intragruppo l’Autorità ha fatto un passo
ulteriore rispetto alla legislazione di settore, sancendo che, ai fini dell’applicazione del diritto della
concorrenza, l’Unbundling non sia sufficiente ad isolare l’impresa di distribuzione dalla sua società madre.
2. La Sentenza
Il Tar del Lazio ha annullato il Provvedimento Casalmaggiore poiché l’Autorità non ha provato che le
parti avessero concordato di restringere in misura significativa la concorrenza nel mercato rilevante ai sensi
dell’art. 2 della l. n. 287/1990. Il giudice è giunto a questa conclusione svolgendo due ordini di considerazioni,
che ruotano entrambi intorno al tema della mancata dimostrazione da parte dell’Autorità del fatto che l’ATI
tra 2iGas e LD desse luogo ad un’alterazione consistente della concorrenza nel mercato.
Innanzitutto, il giudice ha criticato la definizione del mercato rilevante, in cui l’Autorità ha preteso
di valutare l’accordo tra 2iGas e LD: la distribuzione del gas naturale negli otto comuni interessati, ovverosia
il servizio messo a gara.
Il Tar non ha contestato il fatto che, in linea di principio, anche una singola gara possa costituire un
mercato rilevante ai sensi dell’art. 2 della l. n. 287/1990; tuttavia ha affermato che“[i]l presupposto
fondante il potere sanzionatorio della Autorità…. appare pur sempre essere la rilevanza - quantitativa e
qualitativa - del mercato di riferimento pur prescindendosi dalla singolarità del contesto competitivo ovvero
dell’ambito geografico di riferimento…” [39]. In particolare, secondo il giudice, due sono le condizioni per cui
una gara, pur se di dimensione locale, può costituire un mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto
della concorrenza. In primo luogo, “anche una porzione ristretta del territorio nazionale [può] assurgere a
“mercato rilevante” laddove in essa abbia luogo l’incontro di domanda ed offerta in condizioni di autonomia
rispetto ad altri ambiti anche contigui e, quindi, esista una concorrenza suscettibile di essere alterata” [40].
Nel Provvedimento Casalmaggiore, l’Autorità si era limitata a rilevare che il servizio di distribuzione del gas
naturale era caratterizzato da una situazione di monopolio dal lato dell’offerta. Per il giudice, tuttavia, “la
mera sussistenza di una situazione di “monopolio dal lato dell’offerta” non può in alcun modo caratterizzare
l’ambito territoriale in oggetto che, infatti, non assume alcuna peculiarità rispetto ai circa 6.500 mercati
locali nei quali la domanda appare egualmente distribuibile ad opera dei medesimi operatori presenti sul
mercato e pari, secondo quanto riportato nello stesso provvedimento della Autorità, a 248” [41]. Dopo aver
rilevato anche che l’Autorità non aveva indicato che i servizi richiesti dal Comune di Casalmaggiore fossero
talmente peculiari da far sì che la gara potesse essere ritenuta un mercato separato, il giudice ha lasciato
intendere che l’ambito in cui valutare l’intesa tra 2igas e LD potesse essere più ampio di quello identificato
nel provvedimento, considerato anche che la stessa Autorità, nel Provvedimento CDP, aveva riconosciuto che
il mercato delle gare per la distribuzione del gas naturale aveva dimensione nazionale.
La seconda condizione richiamata dal giudice è che una gara costituisce un mercato rilevante ai sensi
dell’art. 2 della l. n. 287/1990 se ha dimensione nazionale o se riguarda una parte rilevante del territorio
nazionale [42]. Nel Provvedimento Casalmaggiore, l’Autorità non si era curata di fare alcuna verifica al
riguardo e si era limitata a far coincidere la dimensione geografica del mercato con l’ambito delle
concessioni oggetto di gara. Il Tribunale ha rilevato, invece, che la gara di Casalmaggiore non pare costituire
una porzione significativa del un mercato nazionale, poiché riguardava soltanto 9.200 punti di riconsegna,
pari a circa il 5% di quelli della provincia di Cremona, dove si trovano gli otto comuni interessati, e ad una
quota di gran lunga inferiore all’1% del totale di quelli nazionali [43].
Nella Sentenza, il giudice ha affrontato il tema della mancata dimostrazione da parte dell’Autorità di
un’alterazione sensibile della concorrenza nel mercato sotto un altro e ancor più rilevante profilo: la mancata
prova del fatto che l’ATI tra le parti fosse finalizzata alla ripartizione delle concessioni negli otto comuni di
riferimento. Nel far ciò il giudice non si è limitato ad esaminare gli elementi probatori utilizzati
dall’Autorità, ma ha sentito la necessità di tracciare i principi che essa avrebbe dovuto seguire per valutare
l’intesa in esame.
In particolare, il giudice ha fatto riferimento ai principi del diritto della concorrenza comunitario e
nazionale in materia di accertamento della restrittività di intese che non consistono in veri e propri accordi,
ma in comportamenti paralleli e uniformi di imprese concorrenti, le c.d. pratiche concordate, oppure che
consistono in accordi leciti ai sensi di disposizioni dell’ordinamento giuridico diverse dalle regole del diritto
della concorrenza, che danno però luogo al coordinamento del comportamento di mercato dei soggetti che li
stipulano. Ciò che accomuna entrambe queste tipologie di comportamento è che entrambe soggiacciono al
divieto di cui all’art. 2 della l. n. 287/1990 solo se l’autorità di concorrenza accerta che sono riconducibili ad
una strategia comune concordata tra i soggetti che li pongono in essere per alterare in misura consistente la
concorrenza nel mercato rilevante [44], ovverosia per incidere negativamente su variabili quali prezzi,
produzione, innovazione, qualità e/o quantità dei prodotti e servizi offerti agli utenti [45]. Nei casi in esame,
non è dunque sufficiente a provare un’intesa illecita l’accertamento della mera restrizione della concorrenza
tra le parti, che non sia idonea ad incidere in maniera consistente sulla concorrenza nel mercato, anche alla
luce del contesto economico-giuridico di riferimento [46]. Il che è quanto dire che l’Autorità non può vietare
un’ATI tra operatori in possesso dei requisiti previsti dal bando predisposto dalla stazione appaltante [47]
solo perché restringe la “verosimile concorrenza” tra loro in sede di gara, ovverosia perché attraverso la sua
costituzione hanno presentato un’offerta congiunta [48], anziché competere individualmente.
Inoltre, il giudice ha richiamato anche i principi consolidati per cui la prova di un’intesa illecita non
può ritenersi raggiunta laddove l’autorità di concorrenza non dimostri che i comportamenti paralleli o i
contratti leciti, anziché trovare origine in esigenze di carattere tecnico ed economico o, più in generale, in
scelte “di convenienza economica”, sono mossi anche da un intento anticoncorrenziale condiviso dalle parti
[49]. Nel caso di un’ATI, ciò significa che l’autorità di concorrenza può vietarla solo dopo aver “verificato in
concreto, il suo utilizzo a fini anticoncorrenziali, attraverso l’individuazione dell’effettiva causa dell’accordo
concluso tra le parti, …[ovverosia] della giustificazione dell’operazione posta in essere, quale essa è
desumbibile dal concreto atteggiarsi degli interessi” delle parti [50]. Il che va stabilito alla luce di una serie
di elementi, tra cui il contenuto dell’accordo tra le parti e il contesto di riferimento [51].
E’ sulla base di queste linee interpretative che il Tar ha quindi ribadito che l’ATI è un contratto
lecito, il cui utilizzo non viene limitato in linea di principio dal Codice dei contratti pubblici [52]. Nel caso di
specie, peraltro, il bando prevedeva e favoriva le ATI sovradimensionate [53]. Il giudice ha anche richiamato
la giurisprudenza amministrativa per cui la mera partecipazione ad un gara in raggruppamento non è di per sé
sintomo sufficiente a provare un’intesa restrittiva [54]. Ciò posto, ha affermato che l’aggregazione tra
concorrenti di gara non solo è lecita, ma potrebbe essere una forma di cooperazione utile ad accrescere la
concorrenzialità del mercato [55]. Ha così “ribaltato” la prospettiva da cui parte l’Autorità, che presume,
come detto, che i raggruppamenti sovradimensionati restringano la concorrenza e li vieta, a meno che le parti
non dimostrino che siano efficienti. Inoltre, ha fatto un passo ulteriore per ristabilire i confini tra evidenza
pubblica e tutela della concorrenza ai sensi della l. n. 287/1990, che, nell’approccio dell’Autorità, vengono
sostanzialmente a coincidere. Nella Sentenza ha infatti richiamato le affermazioni del Consiglio di Stato per
cui: “la limitazione a priori alle imprese della facoltà d’un tipo di ATI per ragioni antitrust, non rispond[e] di
per sé sola ad alcuna reale esigenza sottesa all’evidenza pubblica, soprattutto se meramente astratta, non
proporzionata al concreto oggetto dell’appalto e non suffragata da gravi indizi di intese di cartello tra le
imprese…. Pare tuttavia al Collegio che, a tutto concedere, la facoltà delle stazioni appaltanti di non
ammettere queste ultime alle gare, non essendo basata su norme imperative….. e non potendo esser statuita
in via pretoria….., resta allora soggetta agli ordinari canoni di proporzionalità e di ragionevolezza, sia in sé,
sia con riguardo ed all’oggetto dell’appalto ed alla predetta utilità sperata. Sicché, assodato che la tutela
della concorrenza nell’evidenza pubblica va governata all’interno della gara e per il conseguimento del
risultato economico che il soggetto aggiudicatore si prefigge, non si può ritenere collusiva un’ATI
“sovrabbondante” per il sol fatto che si presenti ad una gara pubblica. L’accordo associativo per tali ATI,
come ogni rapporto tra privati, in realtà è neutro e, come tale, soggiace alle ordinarie regole sulla liceità e la
meritevolezza della causa e non può dirsi di per sé contrario al confronto concorrenziale proprio dell’evidenza
pubblica. Insomma, elidere senz’altro la possibilità di ATI “sovrabbondante”, in assenza di motivate ragioni
direttamente incidenti sulle esigenze concorrenziali della gara, soprattutto in gare, come quella per cui è
causa, complesse ed articolate, potrebbe anche comprimere in modo eccessivo facoltà dell’imprenditore per
ragioni non basate sull’art. 41 Cost. ed anche non consentire quelle virtuose aggregazioni commisurate a tali
esigenze reali” [56]. In tal modo, il Consiglio di Stato ha tracciato il punto di equilibrio tra diritto delle
imprese di utilizzare un contratto lecito per partecipare alle gare e tutela della concorrenza, per cui un tal
diritto recede solo a fronte di un’effettiva esigenza legata alla gara. Ne deriva che le stazioni appaltanti
potranno escludere i raggruppamenti sovradimensionati solo dopo aver svolto un’analisi sulle loro
caratteristiche e sulla situazione del mercato, da cui si evinca che, in concreto, detti raggruppamenti
restringono la concorrenza e che, tenuto conto delle esigenze della gara, sia ragionevole e proporzionato non
consentire ad essi di partecipare alle gare [57].
Con il richiamo a queste considerazioni del Consiglio di Stato, il Tar ha invitato l’Autorità, da un lato,
a non sovrapporre l’applicazione della l. n. 287/1990 alle regole dell’evidenza pubblica, cui spetta la tutela del
confronto concorrenziale in sede di gara. Dall’altro, l’ha invitata ad intervenire per limitare il diritto delle
imprese di associarsi per partecipare alle gare solo a fronte di un’effettiva esigenza di protezione del
mercato. Il che è quanto dire che l’Autorità può vietare solo ATI finalizzate a restringere in misura
consistente la concorrenza nel mercato, ad esempio, perché costituite allo scopo di escludere altri operatori
dalla partecipazione alla gara [58], o per dare attuazione ad intese più ampie per la ripartizione dei mercati
e/o delle forniture, a livello nazionale o in una pluralità di gare.
Resta fermo in ogni caso che i membri del raggruppamento devono avere la possibilità di giustificare
la sua costituzione. Ad oggi, la giurisprudenza amministrativa non ha chiarito quali siano le possibili
giustificazioni di un’ATI ai fini dell’applicazione del diritto della concorrenza [59]. Né lo ha fatto il Tar nella
sentenza in esame, in cui però ha precisato che, in ogni caso, “le associazioni temporanee di imprese hanno
sempre e comunque la facoltà di presentare offerte a gare di appalto di lavori pubblici senza necessità di
dimostrare incrementi di efficienza nella gestione” [60], lasciando così intendere che, anche sotto questo
profilo, va disatteso l’approccio dell’Autorità, per cui, come detto, i partecipanti ad un raggruppamento
sovradimensionato sono tenuti a dimostrare che dia luogo a guadagni in termini di efficienza per evitare di
incorrere nel divieto dell’art. 2 della l. n. 287/1990. Ne deriva che il fatto che un’ATI sia costituita da
imprese in possesso dei requisiti per partecipare autonomamente ad una gara e preveda la ripartizione tra
esse delle forniture non vale, in nessun caso, a sollevare l’Autorità dall’onere di accertare che dia luogo ad
una restrizione consistente della concorrenza nel mercato prima di vietarla ai sensi dell’art. 2.
Infine, il giudice ha esaminato in dettaglio i mezzi di prova utilizzati nel Provvedimento Casalmaggiore
per sostenere che l’accordo tra LD e 2iGas fosse restrittivo della concorrenza. Nel far ciò ha richiamato,
ancora una volta, la giurisprudenza amministrativa in materia di accertamento della restrittività di contratti
leciti. Da tale giurisprudenza si evince, inequivocabilmente, che l’onere della prova dell’illiceità concorrenziale
di un accordo lecito è più gravoso di quello che ordinariamente deve soddisfare l’Autorità per accertare la
sussistenza di un’intesa anticoncorrenziale. Il Consiglio di Stato ha, infatti, indicato che: “non possono
essere utilizzati quali riscontri del fine anticoncorrenziale dell’accordo i contatti e lo scambio di
informazioni, antecedenti la formalizzazione dell’accordo…Infatti, a differenza di altre ipotesi di intese
anticoncorrenziali, nelle quali lo scambio di informazioni può essere indice di un concordato parallelismo di
comportamenti, in caso di utilizzo dello strumento di un contratto tipico e “neutro” ai fini antitrust…, gli
indici rivelatori della illiceità dell’accordo devono essere ricercati all’esterno di questo, e non già nella sua
fase di formazione, finendo altrimenti per ritenere l’accordo in sé non consentito” [61]. Sempre secondo il
Consiglio di Stato, oltre che esterni all’accordo di cui si vuole dimostrare l’illiceità concorrenziale, i riscontri
utilizzati dall’Autorità debbono essere concreti ed essa non può limitarsi a vietare detto accordo in base a
deduzioni prive di riscontri nella realtà [62]. Infine, in assenza di circostanze di fatto idonee a qualificare
come anticoncorrenziale l’accordo in esame, l’Autorità è tenuta a dimostrare che la sua conclusione non trova
spiegazioni diverse dal raggiungimento di una finalità anticoncorrenziale [63].
E’ sulla base di questi principi che il giudice ha ritenuto che nel Provvedimento Casalmaggiore
“[d]ifettano… positivi riscontri atti a consentire di ricostruire – con la necessaria concludenza, e fuori,
dunque, da un quadro argomentativo fondato su indimostrati teoremi – una concertazione inter partes che,
lungi dal limitarsi alla individuazione di ragioni di politica imprenditoriale rilevanti ai fini della congiunta
partecipazione a singole gare, inquadrasse piuttosto tale collaborazione all’interno del perseguimento di un
più ampio intendimento strategico, volto ad alterare e/o restringere il gioco della concorrenza sull’intero
mercato rappresentato dall’affidamento delle concessioni in oggetto” [64].
In particolare, nel caso in esame, per provare l’illiceità dell’ATI, l’Autorità non poteva limitarsi a
dare atto delle motivazioni individuali di ciascuna delle parti, ma avrebbe piuttosto dovuto dimostrare che
esse avessero concordato una strategia comune per restringere la concorrenza. Non poteva però dedurre
una strategia di tal genere, pretendendo che fossero irrilevanti le motivazioni alla base dell’interesse a
partecipare di ciascuna i esse [65].
Sempre per quanto riguarda le strategie delle parti, secondo il Tar: “una strategia di
razionalizzazione delle concessioni non [può] “tout court” assumere una valenza anticoncorrenziale;
“preservare il proprio bacino di affidamento” e “razionalizzare il portafoglio di concessioni”, infatti, non
costituiscono di per sé una illecita modalità indicativa di finalità anticompetitive, ma si inseriscono in una
strategia di impresa tesa alla creazione di utili sinergie e riduzione dei costi in ragione di una politica di
efficientamento comune alla totalità delle imprese presenti sul mercato. Non v’è dubbio, infatti, che la
ricerca di sinergie con altri operatori ben può assumere una valenza lecita volta alla implementazione della
efficacia ed economicità della gestione” [66], tenuto anche conto della “peculiarità del mercato del gas e
[della] problematicità dello stesso con riferimento ad elementi di rischio e di redditività che connotano
l’assuzione della gestione” [67]. In tal modo, il giudice ha lasciato intendere che le peculiarità del settore
della distribuzione del gas naturale possono spiegare il fatto che gli operatori cerchino sinergie ed accordi
con i propri concorrenti al fine di razionalizzazione le concessioni e mantenere i territori già gestiti.
Inoltre, secondo il Tar, non costituivano riscontri concreti della finalità illecita di ripartire il
mercato il fatto che le parti possedessero i requisiti economici e finanziari per partecipare alla gara, che
non avessero fornito giustificazioni industriali e gestionali per il loro raggruppamento e che avessero
elaborato autonomi business plan, da cui si evinceva che entrambe avevano interesse a presentare l’offerta
alle condizioni minime previste dal bando [68]. In particolare, posto che gli elementi di prova della
restrittività dell’ATI vanno ricercati all’esterno di essa [69], l’Autorità non poteva evincere l’intento
spartitorio delle parti dal contenuto dell’offerta al minimo e dalla ripartizione delle forniture [70]. Né
l’Autorità poteva far affidamento sul fatto che le imprese avessero presentato un’offerta al minimo nella
certezza che non vi fossero altri partecipanti alla gara, anche perché, secondo il Tar, vi erano elementi che
deponevano in senso contrario alle sue conclusioni [71].
In conclusione, secondo il giudice, l’Autorità non avrebbe fornito adeguati riscontri esterni
all’accordo che dimostrassero che non fosse stato posto in essere per “implementare l’economicità e
l’efficienza della presenza sul mercato attraverso l’utilizzazione di (consentiti) strumenti di partecipazione
alle gare per l’aggiudicazione della gestione delle concessioni di gas” [72].
3. Conclusioni
Il Tar del Lazio ha disatteso l’approccio dell’Autorità sulle ATI nel settore della distribuzione del
gas naturale e ha ricondotto la loro valutazione nell’alveo dei principi generali del diritto della concorrenza
comunitario e nazionale. Ha inoltre richiamato la stessa Autorità ad intervenire solo su comportamenti idonei
ad alterare in misura consistente la concorrenza nel mercato e a non svolgere un ruolo “quasi regolatorio”,
stabilendo regole sulla partecipazione alle gare, che si sovrappongono a quelle dell’evidenza pubblica.
L’Autorità può dunque intervenire ai sensi della l. n. 287/1990 per reprimere un’ATI solo ove accerti, in
concreto, che sia finalizzata a restringere la concorrenza in un mercato rilevante. Ciò che accade quando, ad
esempio, le parti costituiscono un raggruppamento per escludere altri concorrenti dalla gara o per dare
attuazione ad intese più ampie per la ripartizione di mercati e/o di forniture, a livello nazionale o in una
pluralità di gare. La Sentenza ristabilisce così l’equilibrio tra diritto delle imprese di utilizzare un contratto
lecito per partecipare alle gare e l’interesse alla tutela della concorrenza nel mercato, per cui un tal diritto
recede solo a fronte di un’effettiva esigenza di protezione del mercato. In tal senso, e, specificamente,
nella misura in cui stabilisce che l’Autorità sia tenuta ad intervenire solo ove riscontri in concreto
un’alterazione concorrenziale consistente nel mercato rilevante, la Sentenza finisce per assumere una
valenza che va ben oltre la fattispecie considerata dal Tar. Alla luce delle sue affermazioni, infatti, sembra
difficile che altri tipi di accordi tra distributori di gas naturale per la partecipazione alle prossime gare per
ATEM [73] possano essere vietati solo perché potrebbero dar luogo alla riduzione del numero dei probabili
partecipanti a gare ancora da bandire.
La Sentenza è significativa anche perché richiama l’Autorità a tenere debitamente conto delle
peculiarità del settore della distribuzione del gas naturale e, in particolare, del fatto che la ricerca di
sinergie e collaborazioni da parte dei distributori è legata ai rischi e alle peculiarità della gestione del
servizio e non è necessariamente sintomo di comportamenti volti a restringere la concorrenza. Il giudice ha
però lasciato aperte tre questioni rilevanti per gli operatori che si accingono a partecipare alle gare per
ATEM.
Innanzitutto, la Sentenza non contiene indicazioni definitive sul mercato, in cui misurare la portata
concorrenziale degli accordi tra distributori di gas naturale, la cui individuazione viene rimessa all’Autorità.
In particolare, resta aperta la possibilità che anche una singola gara per ATEM possa essere considerata un
“mercato rilevante” ai sensi dell’art. 2 della l. n. 287/1990, fermo restando, però, che grava sull’Autorità
l’onere di indicare le peculiarità che la distinguono dalle altre gare per ATEM. Tale onere potrebbe essere
gravoso, poiché queste gare si svolgeranno sulla base di regole omogenee e in un arco di tempo limitato. Il
che potrebbe indurre a ritenere che il mercato rilevante, nell’ambito del quale valutare gli accordi tra
distributori, sia quello nazionale, come peraltro già indicato nel Provvedimento CDP. Si consideri, però, che
nei suoi ultimi provvedimenti aventi ad oggetto concentrazioni tra operatori della distribuzione del gas
naturale, l’Autorità ha ritenuto che il mercato in cui valutare queste operazioni fosse costituito solo dagli
ATEM interessati da ciascuna di esse [74]. Ne deriva che la collaborazione tra distributori concorrenti in
vista delle gare per ATEM potrebbe continuare ad essere oggetto di scrutinio da parte dell’Autorità per le
sue implicazioni a livello locale.
Inoltre, rimane aperta la questione della rilevanza della barriera finanziaria per giustificare un’ATI
e/o altri tipi di accordo aventi un impatto sulla partecipazione alle gare. Il Tar non ha affrontato questo
tema in dettaglio e l’Autorità non ha dato indicazioni chiare, anche se dal Provvedimento Casalmaggiore si
evince che dimostrare la mancanza di risorse finanziarie può essere particolarmente difficoltoso, se non
impossibile. Nel provvedimento in esame, l’Autorità ha, infatti, indicato che i requisiti di gara e la capacità
finanziaria di 2iGas e LD andavano misurati in relazione ai gruppi di appartenenza. Ciò a prescindere dalla
verifica in concreto di come erano ripartite le risorse finanziarie nell’ambito di ciascun gruppo, ai fini del
raggiungimento dei rispettivi obiettivi strategici, e delle eventuali difficoltà all’accesso al credito, che,
specie alla luce della crisi iniziata nel 2008, potevano assumere particolare rilevanza. Pare quindi che,
secondo l’Autorità, qualsiasi impresa di distribuzione che appartenga ad un gruppo societario di dimensione
significativa deve essere ritenuta in grado di disporre dei cospicui finanziamenti per partecipare alle gare
per ATEM [75]. Inoltre, dal Provvedimento Casalmaggiore emerge che la mera intenzione di partecipare a
più gare per ATEM non ha giustificato la costituzione dell’ATI da parte di LD. Come detto, l’Autorità ha
infatti ritenuto che allorché si tratti di partecipare ad una singola gara la costituzione di un’ATI è frutto di
una libera scelta aziendale e non di obiettiva necessità. Ne deriva che, per giustificare un’ATI
sovradimensionata, le parti dovrebbero quantomeno fornire elementi più concreti della mera intenzione di
competere in più ATEM; ad esempio, dovrebbero dar prova dei loro piani strategici, indicando a quali gare
intendono partecipare e i costi che dovranno sostenere a tal fine. Infine, dal Provvedimento Casalmaggiore
non è dato capire se l’esistenza di una barriera finanziaria vada dimostrata o meno per tutte le imprese che
intendono partecipare all’ATI. Nel caso di specie, ad esempio, solo LD aveva lamentato la mancanza della
capacità finanziaria, mentre 2iGas non sembrava avere le sue stesse difficoltà.
Il Tar non ha neanche affrontato una altro aspetto sempre legato al tema della barriera finanziaria.
Resta ancora da chiedersi, infatti, se, posto che la capacità finanziaria e il ricorso al credito sono elementi
che incidono in misura decisiva sull’accesso alle gare per l’affidamento della distribuzione del gas naturale, il
primo elemento da considerare per valutare un raggruppamento temporaneo ai sensi del diritto della
concorrenza è se sia, o meno, composto da operatori che potrebbero partecipare da soli alla gara sulla base
del bando e del disciplinare.
Il criterio utilizzato dall’Autorità non sembra il migliore modo per misurare le relazioni
concorrenziali tra operatori attivi nella distribuzione di gas naturale e stabilire se siano o meno “concorrenti
potenziali”, alla luce delle caratteristiche del settore, in cui operano una pluralità di imprese di dimensione
diversa, per struttura e area di attività, il cui accesso alle gare è condizionato dall’esistenza della barriera
finanziaria. A ciò si aggiunga che le gare per ATEM si svolgeranno sulla base di bandi standardizzati, in cui i
requisiti di partecipazioni non sono stati disciplinati tenendo conto delle reale situazione concorrenziale nei
singoli ambiti. Pertanto il mero possesso dei requisiti previsti dalle stazioni appaltanti in conformità al
Regolamento Criteri non implica necessariamente che due o più gestori possano effettivamente competere in
sede di gara. Ciò che, come detto, dipenderà anche, in larga misura, dalla loro disponibilità finanziaria.
Sembrerebbe quindi preferibile abbandonare l’approccio di definire “sovrabbondante” un’ATI solo
sulla base del possesso dei requisiti del bando di gara e stabilire se i suoi partecipanti siano effettivamente
concorrenti, ovverosia verificare in concreto se ciascuno di loro sia realmente in grado di competere nella
gara da solo, seguendo l’approccio adottato recentemente dalla stessa Autorità nel caso Mondadori Electa-
Réunion del musées nationaux/JVCO [76]. Tale verifica dovrebbe avvenire sulla base di tutti gli elementi
obiettivi che risultano dal contesto di riferimento, compresi, ma non solo, il possesso dei requisiti di gara e
la disponibilità di sufficienti risorse economiche [77]. Di tal che un’impresa che fa parte di un’ATI non
dovrebbe essere ritenuta “un concorrente potenziale” degli altri partecipanti se da sola non sarebbe in
grado di sostenere il rischio economico-finanziario della gara e, quindi, se l’associazione sia per essa l’unico
mezzo per prendervi parte [78]. L’impresa dovrebbe ovviamente provare che sia così, fornendo elementi
concreti sulla propria situazione e sulle risorse a propria disposizione e/o sui propri piani strategici di
partecipazione ad una pluralità di gare per ATEM.
Infine, nella Sentenza il giudice non ha affrontato il tema del ruolo delle società capogruppo nelle
scelte di gara delle imprese di distribuzione e, in particolare, di quali siano le condizioni per stabilire che una
società capogruppo possa esercitare un’influenza determinante sull’adozione di queste scelte. Nel
Provvedimento Casalmaggiore, questo tema ha assunto rilevanza ai fini dell’imputazione della responsabilità
dell’infrazione a LGH e EON. A tale proposito, l’Autorità ha ritenuto che, anche se la governance
infragruppo era conforme all’Unbundling, LGH doveva essere ritenuta responsabile del comportamento di LD
poiché poteva influenzare le sue strategie di gara.
In vista della gare per ATEM, tuttavia, la struttura dei rapporti tra l’impresa di distribuzione e la
società che la controlla assume rilevanza anche sotto un altro profilo. L’Autorità ritiene, infatti, che a causa
della barriera finanziaria, si verrà a creare un coordinamento tacito, per cui gli operatori tenderanno a
concentrarsi nelle gare negli ambiti in cui sono maggiormente presenti e limiteranno i propri sforzi
competitivi negli altri territori [79]. Di conseguenza eventuali accordi tra distributori che facilitino
ulteriormente il coordinamento nella partecipazione alle gare, quali l’acquisto di una partecipazione di
minoranza in un concorrente, la costituzione di società o di raggruppamenti e consorzi per partecipare alle
gare in uno o più ambiti, potrebbero porsi in contrasto con il diritto della concorrenza. In particolare,
potrebbero suscitare perplessità nell’Autorità ATI tra operatori che partecipano sistematicamente insieme
alle gare e imprese comuni [80] o consorzi costituiti da più concorrenti per partecipare alle gare in più
ambiti. Anche la detenzione di quote e/o partecipazioni in più imprese di distribuzione da parte di un unico
operatore, che possa consentire il coordinamento tra dette imprese, potrebbe essere messo in discussione
dall’Autorità [81]. Dalla sua prassi, si evince che nella valutazione degli accordi che prevedono una qualche
forma di integrazione tra distributori concorrenti (costituzione di una società, anche a seguito
dell’aggiudicazione di una gara in ATI, o acquisto di partecipazioni di minoranza nella stessa entità)
acquisterà valore decisivo la struttura che assumeranno i rapporti intragruppo. Anche a tale proposito,
però, i provvedimenti dell’Autorità non forniscono indicazioni univoche, perché essa sembra aver sin da
subito abbandonato i criteri utilizzati nel Provvedimento Casalmaggiore per stabilire se LGH e EON
influenzassero le scelte, rispettivamente, di LD e 2iGas. Nel Provvedimento CDP, infatti, l’Autorità ha
concluso che CDP, nonostante le partecipazioni detenute in SNAM e F2i, non avrebbe potuto influenzare le
scelte di gara delle rispettive controllate attive nel settore della distribuzione del gas naturale. Tuttavia se
avesse applicato i parametri utilizzati nel Provvedimento Casalmaggiore, l’Autorità avrebbe dovuto
concludere che CDP era in grado di controllare la politica di gare di Italgas e F2i. Infatti, in quanto
capogruppo di Italgas aveva capacità decisionale sui suoi investimenti e vi era un flusso di informazioni tra
quest’ultima e SNAM, per cui la stessa CDP poteva acquisire informazioni sulla politica di gare della stessa
Italgas [82]. Infine, sulla base della versione pubblica del Provvedimento CDP, non si poteva escludere che
CDP fosse in grado di influenzare la politica di investimenti di F2i e di ottenere informazioni sulla politica di
gare del principale concorrente di Italgas [83].
NOTE [1] Sentenza del Tar del Lazio, Sezione I, del 7 maggio 2013, n. 4478 (“Sentenza”). [2] Provvedimento del 2 agosto 2012, n. 23794, Comune di Casalmaggiore-Gara per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas (“Provvedimento Casalmaggiore”). [3] Oggi Società Enel Rete Gas S.p.A. [4] D.M. 19 gennaio 2011 (GU n. 74 del 31.3.2011). [5] D.M. 12 novembre 2011 n. 226 recante il Regolamento sui criteri di gara e la valutazione delle offerte per l’affidamento del servizio (GU n. 22 del 27.01.2012). [6] Art. 9 e Allegati 2 e 3. [7] Art. 10. [8] Ad esempio, c'è chi sostiene che i requisiti di partecipazione alle gare indurranno gli operatori di medie dimensione presenti un uno o pochi ATEM vicine e con quote relativamente elevate a consolidare la propria
posizione con fusioni e acquisizioni prima delle gare (REF-E in collaborazione con Intesa Sanpaolo, Il nuovo assetto della distribuzione gas: aspetti istituzionali e di mercato, Working paper n. 2, Aprile 2012, pag. 58). [9] Art. 10, comma 7. [10] Art. 10, comma 8, ai sensi del quale, la capogruppo deve impegnarsi a far parte di questo soggetto per tutta la durata dell'affidamento del servizio; le mandanti, invece, sono vincolate a farne parte per almeno cinque anni dal primo affidamento, fermo restando che ciascuna di loro può cedere la propria partecipazione solo a un soggetto che attesti di possedere i requisiti di capacità economico-finanziaria e di esperienza gestionale in misura non inferiore alla sua. [11] L’Autorità ribadisce costantemente questa circostanza nei suoi provvedimenti (cfr., ad esempio, il § 154 del Provvedimento Casalmaggiore). [12] Cfr. Provvedimento Casalmaggiore. [13] Si veda il provvedimento del 17 aprile 2013, n. 24320, ITALGAS-ACEGAS-APS/ISONTINA RETI GAS “Provvedimento ACEGAS”), in cui l’Autorità ha vietato l’acquisizione da parte di Italgas insieme ad Acegas-APS S.p.A. (“Acegas”), una società del gruppo Hera, del controllo congiunto di Isontina Reti Gas (“IRG”). Quest’ultima era una società di scopo, cui le due società madri intendevano conferire i propri rami di azienda relativi all’attività di distribuzione del gas, rientranti negli ATEM delle province di Padova, Pordenone e Trieste, e attraverso cui intendevano partecipare alle gare in questi ambiti. L’Autorità ha vietato la concentrazione ai sensi dell’art. 6 della l. n. 287/1990, poiché pareva dar luogo alla costituzione di una posizione dominante nei mercati rilevanti delle gare per la concessione della distribuzione del gas naturale negli ATEM di Pordenone, Gorizia, Trieste e Padova 1. In ciascuno di questi ambiti, secondo l’Autorità, i probabili concorrenti nelle prossime gare erano solo le parti ed un altro operatore. Inoltre, in ciascuno di questi ATEM, una delle parti era il primo operatore e l’altra era il principale probabile concorrente in sede di gara. A seguito della realizzazione dell’operazione, Italgas, principale operatore nell’ATEM di Pordenone, avrebbe visto accrescere i propri vantaggi nella prossima gara poiché non avrebbe più subito la concorrenza di Acegas; lo stesso sarebbe accaduto a quest’ultima negli altri tre ATEM, dove era il principale operatore e non avrebbe più subito la concorrenza di Italgas. L’Autorità ha invece autorizzato l’acquisizione da parte di E.S.TR.A. Energia Servizi Territorio Ambiente S.p.A. (“ Estra”) della partecipazione di controllo di Iren Acqua Gas S.p.A. (“Iren”) in Grosseto Energia Ambiente S.p.A. (“Gea”), una società che opera nel settore della distribuzione del gas naturale in provincia di Grosseto (cfr. provvedimento del 23 gennaio 2013, n. 21184, E.S.TR.A. ENERGIA SERVIZI TERRITORIO AMBIENTE/GROSSETO ENERGIA AMBIENTE, “Provvedimento E.S.TR.A.”). In particolare, l’Autorità ha ritenuto che, se, da un lato, l’operazione consentiva a Estra di rafforzare la propria posizione di potenziale offerente in vista dello svolgimento della futura gara di ATEM, in quanto essa avrebbe acquisito in misura maggiore la qualifica di incumbent, d’altro canto, però, con ogni probabilità la stessa Estra si sarebbe trovata ogni caso a dover fronteggiare le offerte verosimilmente competitive di almeno tre concorrenti qualificati: i due leader nazionali del settore, Italgas ed Enel Rete Gas, e l’operatore pluri-regionale Iren, il quale, pur cedendo la società Gea, rimaneva presente in maniera significativa in uno degli ATEM limitrofi. [14] Si veda il provvedimento dell’8 agosto 2012, n. . 23824, Cassa Depositi e Prestiti/Snam (“Provvedimento CDP”), avente ad oggetto l’acquisizione da parte di Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. (“CDP”) del controllo esclusivo di fatto su Snam S.p.A. (“SNAM”) e, quindi, sulla sua controllata Italgas S.p.A. (“Italgas”). L’Autorità ha ritenuto che, a seguito della realizzazione dell’operazione, si sarebbe creato un “legame strutturale” tra Italgas, il primo operatore nella distribuzione del gas naturale in Italia, e il suo principale concorrente. CDP, infatti, detiene anche una partecipazione del 15,99% in F2i SGR S.p.A. (“F2i”), che controlla il secondo operatore del settore. Secondo l’Autorità, CDP avrebbe potuto influire sulla politica in materia di gare dei due principali distributori di gas naturale a livello nazionale, pregiudicando la concorrenza nell’accesso alle gare di ATEM. Ha tuttavia deciso di chiudere la sua indagine, prendendo atto di una serie di modifiche ai poteri di CDP in Italgas e in F2i, che, a suo dire, sarebbero state idonee a far sì che, in futuro, la stessa CDP non avrebbe potuto esercitare un’influenza diretta o indiretta sulla politica di gara delle due società partecipate. [15] § 214 del Provvedimento Casalmaggiore. [16] Cfr. §§ 84-86 del Provvedimento ACEGAS. Nel far ciò, l’Autorità ha colto l’occasione per far presente che, anche se in linea teorica, tutte le imprese che soddisfano i requisiti formali per l’ammissione alla gara sono concorrenti potenziali, le imprese che probabilmente parteciperanno ad una gara saranno solo quelle che avranno particolari incentivi a partecipare dal momento che è alta la loro probabilità di aggiudicarsela.
L’incentivo a partecipare, secondo l’Autorità, va accertato sulla base di quattro elementi, tra i quali assume valore decisivo la presenza pregressa significativa nell’ATEM, c.d. incumbency, che consente di godere di un significativo vantaggio sulla concorrenza almeno quando corrisponderebbe al 50% dei punti di riconsegna (PDR) dell’ambito di riferimento (§88) . Sempre secondo l’Autorità, gli altri tre elementi che, se cumulati, possono influenzare le scelte di gara: la dimensione dell’impresa e la sua possibilità di accedere al credito; la presenza pregressa significativa in ATEM limitrofi, anche se non confinanti, per realizzare sinergie operative e maggior efficienza; la possibilità di costituire raggruppamenti di impresa (§§94-95). [17] Si veda, ad esempio, Provvedimento Casalmaggiore. [18] Si veda, ad esempio, Provvedimento ACEGAS. [19] Si veda Provvedimento Casalmaggiore. [20] Nel Provvedimento ACEGAS, l’Autorità ha affermato che la partecipazione in raggruppamento temporaneo può consentire soprattutto alle imprese di minori dimensioni di superare le barriere finanziarie e ipotizzare di presentare una propria offerta anche in ATEM nei quali non siano incumbent (§ 95) e che qualora “qualora la RTI fosse finalizzata a superare la barriera dell’incumbency (dunque se realizzata da imprese non significativamente presenti in un dato Atem anche se ognuna singolarmente dotata dei requisiti di gara) le preoccupazioni concorrenziali connesse all’implementazione dello strumento sarebbero minori” (nota 59). In linea con tale affermazione, l’Autorità è giunta alla conclusione che negli ATEM di Pordenone, Gorizia, Trieste e Padova 1 non vi erano concorrenti credibili oltre alle parti e ad un altro operatore, anche perché un raggruppamento efficace avrebbe dovuto ricomprendere necessariamente uno di questi tre soggetti (§ 119). [21] Provvedimento ACEGAS e Provvedimento CDP. [22] Nel Provvedimento ACEGAS, l’Autorità fa tuttavia riferimento agli incumbent come ai soggetti che possiedono almeno il 50% dei PDR di un ATEM. [23] REF-E, cit., pag. 45, che ha calcolato le quote di mercato in termini di Regulatory Asset Base (RAB), che è il valore di rimborso riconosciuto a fini tariffari e calcolato con il metodo del costo rivalutato. [24] Si vedano, ad esempio, provvedimento 20 febbraio 2003, n. 11726, Aziende di trasporto pubblico locale - Petrolieri (relativo ad ATI e consorzi tra concorrenti per partecipare ad una pluralità di gare per la fornitura di carburante ad alcune aziende di trasporto pubblico locale, “Provvedimento n. 11726/2003”), provvedimento 30 ottobre 2007, n. 17550, Servizi aggiuntivi di trasporto pubblico nel Comune di Roma (relativo a raggruppamenti e consorzi per partecipare alle gare nel settore del trasporto pubblico locale) e provvedimento del 22 novembre 2007, n. 17623, Acea-Suez Environnement/Publiacqua (relativo a raggruppamenti tra concorrenti per partecipare a gare nel settore idrico). [25] Si veda la segnalazione del 17 dicembre 1999, AS 187, Bandi di gara in materia di appalti pubblici. In tal senso, si veda anche parere del 7 febbraio 2003, AS 251, Bandi predisposti dalla concessionaria servizi informatici pubblici – Consip S.p.A.. Secondo l’Autorità, la ratio dell’associazione temporanea tra imprese era rintracciabile nella sua capacità di ampliare il novero dei concorrenti in gara e un utilizzo improprio di questo istituto avrebbe vanificato la ragion d’essere della gara: garantire che la fornitura pubblica avesse luogo alle condizioni che risultassero dal confronto concorrenziale tra una pluralità di fornitori alternativi. [26] Si veda, parere del 28 settembre 2011, AS 880, Codice dei Contratti Pubblici: tipizzazione delle clausole di esclusione dalle procedure di gara e determinazione dell’offerta migliore (“Parere AS 880”), in cui l’Autorità spiega che: “può ragionevolmente ritenersi che la facoltà di una stazione appaltante di escludere dalla gara i raggruppamenti che presentino connotazioni tali da apparire, anche prima facie, palesemente anticoncorrenziali non solo non sia preclusa dalla citata previsione di cui all’articolo 46, comma 1-bis, del CCP, ma anzi, esplicitamente ammessa da questo attraverso il rinvio alla possibilità di escludere i canditati che non adempiano alle prescrizioni previste “da altre disposizioni di legge vigenti”. Quanto all’inserimento di una clausola esplicita di esclusione nel bando di gara, l’esperienza maturata dall’Autorità e le recenti modifiche normative suggeriscono l’adozione di un approccio più dinamico rispetto a quanto già suggerito in passato alle stazioni appaltanti. La possibilità di escludere i raggruppamenti temporanei a seguito di un’analisi che tenga conto della struttura e delle dinamiche caratterizzanti il mercato interessato, nonché di qualsiasi altro elemento da cui possa desumersi una precisa volontà anticoncorrenziale delle imprese coinvolte, appare sicuramente più aderente alla ratio dell’articolo 101 del Trattato e all’esigenza di tutelare gli acquisti pubblici dalle inefficienze ricollegabili a possibili comportamenti collusivi delle imprese”. [27] Cfr. nota 4 del Parere AS 880.
[28] §§ 153-157. [29] § 147. [30] In particolare, questi elementi sono: “- l’essere l’intesa maturata in un contesto di imminente apertura alla concorrenza come effetto dell’introduzione di gare di ATEM con il rischio/certezza che gli assetti preesistenti venissero scalfiti da dinamiche concorrenziali nuove; - le evidenze agli atti relative alla preoccupazione delle Parti, in prospettiva delle nuove gare di ambito, di razionalizzare il portafoglio delle concessioni tramite compravendite/swaps con i competitors/pianificazione di accordi strategici di “alleanze”/non belligeranza con i competitors; - la diffusa prassi, in particolare, di operatori medio-piccoli di difendere le proprie preesistenti posizioni di incumbency (stronghold strategy) nell’attesa della disciplina di ATEM, nelle gare che venivano bandite con le vecchie regole; - il fatto che sia LD, sia 2iGas sono parte di gruppi imprenditoriali che presentavano ampiamente e singolarmente i requisiti tecnici e finanziari per la partecipazione alla gara; - il non avere l’ATI nessuna giustificazione di efficienza, industriale o gestionale dal momento che ogni società rimaneva gestore individuale nei Comuni in cui già esercitava il servizio in precedenza, né creava un maggiore concorrenza in sede di gara, né produceva alcun valore aggiunto al servizio gestito da ogni singola impresa; - l’irrilevanza, al fine di giustificare la necessità della costituzione dell’ATI tra i due operatori incumbent, anziché la presentazione di offerte individuali, delle motivazioni per cui entrambi erano interessati a partecipare: i) per LD la continuità e difesa territoriale; ii) per 2iGas la valorizzazione degli asset con maggiori garanzie rispetto all’indennizzo che gli sarebbe spettato come gestore uscente da parte del Comune di Casalmaggiore e per sostenere l’ammissibilità del ricorso contro il bando e la disciplina di gara; - il fatto che entrambe le società avevano, separatamente, elaborato già al momento dell’indizione della gara, più business plan per la partecipazione alla stessa, da cui si desumeva una ridotta remuneratività derivante dall’aggiudicazione, come conseguenza delle condizioni previste dal disciplinare di gara, ragione per cui entrambe ambivano ad aggiudicarsi la gara offrendo le condizioni economiche e tecniche minime previste dal bando; - la ridotta remuneratività della gara, i ristretti tempi di presentazione delle offerte e l’esito del sopralluogo del 23 luglio 2010, tale per cui era del tutto improbabile che altre imprese, al di fuori dei due incumbent, avrebbero presentato offerte ,- il livello minimo dell’offerta presentata che poteva giustificarsi soltanto alla luce della ragionevole certezza di essere isoli a partecipare, non essendo razionalmente sostenibile che l’offerta fosse stata presentata al fine di “perdere” la gara” (§ 213). [31] § 208. [32] L’art. 4 della legge n. 287/1990 recita che: “1. L'Autorità può autorizzare, con proprio provvedimento, per un periodo limitato, intese o categorie di intese vietate ai sensi dell'articolo 2, che diano luogo a miglioramenti nelle condizioni di offerta sul mercato i quali abbiano effetti tali da comportare un sostanziale beneficio per i consumatori e che siano individuati anche tenendo conto della necessità di assicurare alle imprese la necessaria concorrenzialità sul piano internazionale e connessi in particolare con l'aumento della produzione, o con il miglioramento qualitativo della produzione stessa o della distribuzione ovvero con il progresso tecnico o tecnologico. L'autorizzazione non può comunque consentire restrizioni non strettamente necessarie al raggiungimento delle finalità di cui al presente comma né può consentire che risulti eliminata la concorrenza da una parte sostanziale del mercato. 2. L'Autorità può revocare il provvedimento di autorizzazione in deroga di cui al comma 1, previa diffida, qualora l'interessato abusi dell'autorizzazione ovvero quando venga meno alcuno dei presupposti per l'autorizzazione. 3. La richiesta di autorizzazione è presentata all'Autorità, che si avvale dei poteri di istruttoria di cui all'articolo 14 e provvede entro centoventi giorni dalla presentazione della richiesta stessa”. [33] La gara in questione era stata indetta dal Comune di Casalmaggiore nel 2010 per anticipare la riforma delle gare per ATEM, che avrebbe determinato minori introiti per i comuni. Tanto è vero che la tempistica della gara era estremamente ristretta e nel bando si attribuiva un peso preponderante al canone da riconoscersi a ciascuno degli otto comuni interessati. Si prevedeva, inoltre, che, nel corso della concessione, ciascun comune potesse discrezionalmente chiedere al gestore l’anticipazione dei canoni concessori annui, fino alla concorrenza del 90% dell’ultimo canone liquidato, moltiplicato per il numero di anni o frazioni, intercorrenti tra la richiesta e la scadenza della concessione. Tale anticipazione era non solo azionabile discrezionalmente da ciascun comune, ma era suscettibile di variazione nel corso degli anni e il suo mancato pagamento, anche ad uno solo dei comuni, dava luogo alla risoluzione dei contratti con tutti gli otto comuni interessati. Le imprese comunque potevano partecipare in raggruppamenti temporanei anche se possedevano singolarmente i requisiti di gara, fermo restando che tali requisiti sarebbero stati computati
cumulativamente in capo al loro raggruppamento. In conclusione, considerando tutti gli oneri imposti a carico dell’aggiudicatario, la gara non era particolarmente vantaggiosa per gli operatori, neanche presentando un’offerta alle condizioni minime previste dal bando. Ed in effetti dall’istruttoria dell’Autorità era emerso che la facoltà dei comuni di chiedere discrezionalmente l’anticipazione del canone si era tradotta in una vera e propria barriera finanziaria, che aveva scoraggiato le imprese dal partecipare alla gara. [34] § 184. [35] §195. [36] Sull’Unbundling si vedano: Direttiva 2009/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale che abroga la direttiva 2003/55/CE (“Direttiva 2009/73/CE”); decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164; legge 3 agosto 2007, n. 125, recante conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 18 giugno 2007, n. 73; decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 93 (“d.lgs. 93/11”); deliberazione dell’AEEG 18 gennaio 2007, n. 11/07, come successivamente modificata e integrata; Testo integrato delle disposizioni dell’Autorità in merito agli obblighi di separazione amministrativa e contabile (Unbundling) per le imprese opranti nei settori dell’energia elettrica e del gas e relativi obblighi di pubblicazione e comunicazione, approvato con la deliberazione n. 11/07 (“TIU”). [37] Art. 13, paragrafo 1, della Direttiva 2003/55/CE, art. 26, paragrafo 1 della Direttiva 2009/73/CE e art. 23, comma 1, del d.lgs. 93/2011. Ai fini della presente analisi, si consideri che l’Unbundling prevede: a) la limitazione della scelta dei soggetti responsabili dell’amministrazione dell’impresa di distribuzione (art. 11.3 del TIU); b) l’obbligo di far sì che gli amministratori del gestore agiscano in modo indipendente e solo nell’interesse dell’impresa di distribuzione (art. 11.4 del TIU); c) il conferimento al gestore della distribuzione di effettivi poteri decisionali in relazione ai mezzi necessari alla gestione, alla manutenzione o allo sviluppo della rete (art. 26, comma 2, lettera c), prima parte, della Direttiva 2009/73/CE; art. 21, comma 2, lettera c), prima parte del d.lgs. 93/2011); e d) la limitazione dei poteri di supervisione della società madre a quanto necessario a salvaguardare la redditività dei suoi investimenti nel gestore indipendente, con il riconoscimento ad essa del diritto di “vigilanza economica e amministrativa per quanto riguarda la redditività degli investimenti”, consistente: nell’approvazione del piano finanziario annuale, o di altro strumento equivalente predisposto dallo stesso gestore, e nella possibilità di introdurre limiti all’indebitamento della società controllata (art. 26, comma 2, lettera c), seconda parte, della Direttiva 2009/73/CE; art. 21, comma 2, lettera c), seconda parte del d.lgs. 93/2011), fatto sempre salvo, comunque, l’obbligo di garantire al gestore le risorse necessarie per poter operare. [38] §198. [39] § 4.6. [40] § 4.5.1. [41] § 4.5.1. [42]§ 4.5.2 della Sentenza, in cui il giudice richiama le affermazioni del Consiglio di Stato per cui “un pubblico appalto costituisce mercato rilevante se assume dimensione nazionale o riguardi comunque una parte rilevante del territorio nazionale: nel caso Consip, si è ritenuto che costituisse mercato rilevante la gara indetta da Consip per i buoni pasto, trattandosi di gara svolta a livello centralizzato, che ha concentrato gran parte della domanda proveniente dalla p.a. ed era idonea ad estendere l’ambito di operatività anche alla domanda di altri enti pubblici, che volontariamente potevano aderire all’offerta (Cons. Stato, Sez. VI, n. 5067/2012) ». [43] § 4.7. [44] §§ 5 e 6. [45] § 5.4. [46] §§ 5.4 e 5.5. In particolare, al § 5.4 della Sentenza, in cui il giudice afferma che dalle indicazioni della Commissione Europea si evince che : “non è sufficiente che l'accordo limiti la concorrenza tra le parti, ma esso deve – ulteriormente – dimostrarsi suscettibile di incidere negativamente sulla concorrenza del mercato in misura tale da poter produrre effetti negativi sui prezzi, la produzione, l'innovazione, o la varietà e la qualità dei beni e dei servizi”. Si veda, inoltre, il § 5.5 della Sentenza sulla rilevanza del contesto di riferimento. [47] E’ oggi un principio consolidato anche quello per cui il “sovradimensionamento” di un’ATI è solo un indizio, ma mai la prova, della sua restrittività ai sensi del diritto della concorrenza. Si veda per tutti sentenza del Consiglio di Stato del 24 settembre 2012, n. 5067 (“Sentenza n. 5067/2012”), che ha sancito definitivamente che non è il sovradimensionamento del raggruppamento in sé ad essere illecito, ma
“l’inserirsi di tale sovradimensionamento in un contesto di elementi di fatto che denotano i fini illeciti perseguiti con uno strumento, quello dell’a.t.i., in sé lecito” (§8.3). [48] Che l’offerta congiunta da parte di imprese che potrebbero partecipare da sole alla gara non si ponga di per sé in contrasto con il diritto della concorrenza è stato stabilito dal Consiglio di Stato nella sentenza del 2 maggio 2001, n. 1189 (“Sentenza n. 1189/2001”), che è alla base della successiva giurisprudenza amministrativa in materia di applicazione del diritto della concorrenza alle ATI. In questa sentenza, il Consiglio di Stato ha confermato l’annullamento del provvedimento in cui l’Autorità aveva ritenuto restrittivo della concorrenza un accordo tra alcune delle maggiori compagnie assicurative italiane. In particolare, queste compagnie si erano aggiudicate una gara bandita dal Comune di Milano per il rinnovo della copertura assicurativa, presentando un’offerta congiunta in coassicurazione. Secondo l’Autorità, il loro accordi violava il diritto della concorrenza perché ciascuna di loro aveva i requisiti per partecipare alla gara e assicurare i rischi singolarmente. Secondo il giudice amministrativo, invece, l’Autorità non poteva limitarsi a constatare ciò ma avrebbe dovuto dimostrare che in concreto il contratto di coassicurazione fosse stato utilizzato a fini anticoncorrenziali. [49] § 5.4, in cui il giudice afferma che “rappresenta un carattere intrinseco della strategia anticoncorrenziale la programmata attitudine della stessa ad incidere sul mercato con valenza consistente, ovvero a produrre in maniera non circoscritta, né occasionale, né meramente sporadica quell’effetto di limitazione concorrenziale altrimenti inspiegabile ove gli operatori concordino condotte dettate dal solo intento di sviluppare sinergie o, comunque, forme di collaborazione che ben possono trovare legittimo fondamento giustificativo nella connotazione intrinseca di un particolare segmento di mercato, ovvero nella peculiare tipologia di una prestazione che essi siano chiamati ad offrire”. [50] § 6.3.2 della Sentenza. In tal senso sulla necessità di accertare l’utilizzo a fini anticoncorrenziali di un contratto lecito attraverso l’individuazione della sua causa effettiva, si vedano Sentenza n. 1189/2001, relativa ad un’offerta congiunta in sede di gara; sentenza del Consiglio di Stato del 15 gennaio 2002 n. 150, relativa ad una transazione; sentenza del Tar del Lazio del 7 settembre 1999 n. 1917, confermata dalla sentenza del Consiglio di Stato del 18 dicembre 2002 n. 7028 (“Sentenza n. 7028/2002”), relativa ad accordi di code-sharing tra compagnie aeree. [51] In tal senso, si vedano, per tutti, sentenza del Consiglio di Stato del 10 febbraio 2006, n. 548 (“sentenza n. 548/2006”), sentenza del Tar del Lazio del 26 giugno 2008, n. 6238, e, da ultimo, la sentenza del Consiglio di Stato 11 giugno 2012, n. 3402 (“Sentenza n. 3402/2012”), e Sentenza n. 5067/2012. A tale proposito, si noti che sinora il Consiglio di Stato ha ritenuto che si ponessero in contrasto con il diritto della concorrenza solo ATI strumentali a realizzare accordi più ampi per la ripartizione dei mercati e delle forniture (si vedano per tutti, Sentenza n. 548/2006 (relativa ad associazioni tra imprese concorrenti per partecipare alle gare per la fornitura di carburante per autotrazione bandite da un’azienda di trasporto pubblico locale); sentenza del 9 aprile 2009, n. 2203 (relativa ad associazioni tra imprese concorrenti per partecipare a gare nel settore del trasporto pubblico locale); Sentenza n. 5067/2012 (relativa a raggruppamenti temporanei tra due concorrenti per partecipare a gare nel settore idrico). [52] § 6.1.1 ss della Sentenza, in cui il giudice fa riferimento all’art. 34, comma 1, lettera d), del Codice dei contratti e dove rileva anche che laddove il legislatore ha voluto impedire l’utilizzo improprio di un’ATI l’ha fatto espressamente, come all’art. 37, comma 7, del suddetto codice. [53] § 6.1.3. [54] § 6.1.2 della Sentenza, in cui il giudice richiama il principio consolidato per cui “la partecipazione alla singola gara in raggruppamento temporaneo non è …sintomo sufficiente per ritenere sussistente un'intesa restrittiva della concorrenza in considerazione del fatto che quest'ultima deve avere un oggetto ben più ampio di quello riferibile alla singola gara e rappresentare al più una tessera di un ben più ampio mosaico indiziario dal quale inferire la sussistenza dell'illecito anticoncorrenziale”. [55] § 6.1.2. [56] §2.5 della Sentenza n. 3402/2012, citato in parte al § 6.1.3 della Sentenza. [57] Che non possa quindi più essere prevista nei bandi l’automatica esclusione dei raggruppamenti sovradimensionati senza un’indagine sui rischi che essi in concreto per il mantenimento della concorrenza nel mercato è stato confermato anche dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (“Autorità di Vigilanza”), secondo la quale “[s]i ritiene…non ammissibile un divieto generale di partecipazione per i raggruppamenti “sovrabbondanti”…, dovendo la questione essere valutata in relazione alla eventuale concreta portata anticoncorrenziale..” (§ 7.1.3. della Determinazione del 10 ottobre 2012 n. 4,
BANDO-TIPO.Indicazioni generali per la redazione dei bandi di gara ai sensi degli articoli 64, comma 4-bis e 46, comma 1-bis, del Codice dei contratti pubblici (“Determinazione”), in cui evidenzia anche che la disciplina degli appalti pubblici non vieta di partecipare alle gare in raggruppamenti sovradimensionati. Anche secondo l’Autorità di Vigilanza, “ [Piuttosto è] ammissibile l’inserimento di una clausola di esclusione ad hoc qualora ciò sia proporzionato e giustificato in relazione alle esigenze del caso specifico, quali la complessità del servizio e/o l’assetto del mercato di riferimento, fermo restando che l’esclusione non potrà mai essere automatica….» (§7.1.3 della Determinazione). [58] § 6.3.2. [59] La giurisprudenza amministrativa non ha sinora indicato con precisione quali possano essere le giustificazione di un’ATI sovradimensionata ai fini dell’applicazione del diritto della concorrenza, anche se, nella Sentenza n. 5067/2012, il Consiglio di Stato ha confermato le valutazioni dell’Autorità sul fatto che i raggruppamenti temporanei tra le parti fossero restrittivi della concorrenza, anche sul presupposto che non fossero giustificati da obiettive ragioni di carattere tecnico-organizzativo. Da quanto ci risulta, l’unica giustificazione che l’Autorità ha ritenuto sufficiente per escludere che un’ATI fosse anticoncorrenziale è stato il fatto che le due imprese, che partecipavano ad essa, erano specializzate nella fornitura di servizi diversi e solo associandosi potevano partecipare alla gara (provvedimento n. 11726/2003). Secondo l’Autorità Vigilanza, deve “essere assicurata alle imprese la possibilità di giustificare, di fronte alla stazione appaltante, la necessità di unirsi in raggruppamento temporaneo presentando idonea documentazione. Tale giustificazione non dovrà, tuttavia, limitarsi ad una mera “autocertificazione”, ma dovrà essere basata su precisi elementi in grado di corroborare la tesi delle imprese associate quali, ad esempio, il piano di business che evidenzi l’opportunità di partecipare in RTI alla luce del valore/dimensione/tipologia del servizio richiesto o dell’attuale stato delle imprese coinvolte (coinvolgimento in altri servizi, stato di difficoltà, temporanea impossibilità di utilizzare i mezzi a disposizione)…” (§7.1.3 della Determinazione). [60] § 6.1.1.. [61] § 3.5 della Sentenza n. 1189/2001, citato al § 6.3.2 della Sentenza, in cui il giudice afferma che: “se è vero che l’utilizzo in chiave anticoncorrenziale di strumenti legittimamente posti dall’ordinamento a disposizione degli operatori (moduli contrattuali; forme di cooperazione e/o collaborazione) deve trovare adeguata emersione (e compiuto riscontro) nel perseguimento di un intento anticompetitivo, allora non può esimersi il Collegio dal rilevare come proprio l’Autorità, nel momento in cui ha assunto a fondamento dell’ipotesi dalla stessa formulata l’impiego discorsivo del R.T.I. quale strumento volto a finalità eminentemente ripartitorie (del mercato), avrebbe dovuto dare concreta dimostrazione delle ricadute effettuali di tale utilizzo.Non intende certo il Collegio, con l’affermazione da ultimo esposta, andare in contrario avviso rispetto al consolidato orientamento (ripetutamente propugnato dalla Sezione) che annette rilevanza agli effetti anticompetitivi esclusivamente ai fini della qualificazione in termini di “gravità” dell’intesa (e, quindi, alla riveniente graduazione delle previste sanzioni): piuttosto affermandosi che, laddove venga (come nella fattispecie) in considerazione la presenza di uno strumento legittimamente utilizzabile in quanto previsto dall’ordinamento (nella specie: R.T.I.), allora il distorsivo utilizzo del medesimo deve incontrare adeguata emersione dimostrativa nelle ricadute effettuali che il relativo impiego sia stato suscettibile di determinare: pena, altrimenti (laddove gli indici rivelatori della illiceità dell'accordo non vengano compiutamente individuati e dimostrati, come affermato dalla citata giurisprudenza, “all'esterno di questo, e non già nella sua fase di formazione”) la conclusione, invero paradossale, della illiceità in sé dell'accordo”. [62] Si vedano i §§ 3.5 e 3.7 della Sentenza n. 1189/2001, sull’irrilevanza delle considerazioni delle parti sulle intenzioni dei concorrenti di gara e dell’affermazione dell’Autorità per cui, in assenza dell’accordo tra le parti, la stazione appaltante avrebbe potuto ottenere condizioni migliori. [63] Si veda § 3.6 della Sentenza n. 1189/2001. [64] § 6.3. [65] §6.3.3. [66] § 6.3.1.. [67] § 6.3.2. [68] §6.3.2. [69] §6.3.2. [70] § 6.3.2.
[71] Si veda § 6.3.4 della Sentenza, in cui si afferma che “[q]uanto, infine, alla ridotta rimuneratività della gara ed al livello minimo dell’offerta che poteva giustificarsi soltanto alla luce della ragionevole certezza di essere gli unici partecipanti alla gara – punti 8 e 9 – occorre rilevare come gli argomenti addotti dalla Autorità non appaiono tali da giustificare la conclusione in merito alla sussistenza di un accordo finalizzato alla spartizione territoriale delle concessioni messe a gara dal Comune di Casalmaggiore e ad ottenere l’aggiudicazione della gara alle condizioni minime previste dal bando. 7. Diversi elementi si contrappongono alla tesi avanzata dalla Autorità e consentono al Collegio di ritenere non adeguatamente motivato il “fumus” della rilevata infrazione; sotto tale profilo, occorre considerare, infatti, anche i seguenti elementi contrari alla prospettazione della Autorità: - le imprese che hanno svolto il sopralluogo non sono state soltanto le odierne ricorrenti ma anche altre; - in ogni caso, vista anche la evidenziata “irrilevanza del sopralluogo per la predisposizione della offerta”, non era possibile per 2iGas ipotizzare che soltanto le imprese effettivamente presenti al sopralluogo fossero potenzialmente interessate a partecipare alla gara; - in assenza di barriere all’entrata, il fatto che le condizioni economiche non fossero pienamente vantaggiose per 2iGas non consentiva di concludere con ragionevole certezza che nessun’altra impresa fosse in grado o volesse presentare una offerta; - la scarsa rimuneratività della concessione poteva costituire un indice della attestazione delle offerte sui minimi previsti dal bando; - lo stesso Comune di Casalmaggiore ha ammesso che solo una “fortuita concomitanza di fattori ha fatto sì che, contrariamente alle previsioni, nessuna altra ditta abbia partecipato offrendo almeno il 40,001 %: tanto infatti sarebbe bastato per togliere ogni possibilità ai due gestori uscenti”. [72] § 6.3.2. [73] Cfr. Provvedimento ACEGAS. [74] Si vedano, il Provvedimento ACEGAS e il Provvedimento E.S.TR.A.. [75] Si veda, in tal senso, il § 104 del Provvedimento ACEGAS. [76]Provvedimento del 13 marzo 2013, n. 24273, in cui l’Autorità ha ritenuto che l’accordo per la partecipazione alle gare tra due soggetti, che possedevano entrambi i requisiti, non fosse restrittivo della concorrenza, poichè, considerate le caratteristiche del mercato rilevante, era ragionevole dubitare che, in assenza di detto accordo, uno dei due avrebbe partecipato alle gare in esame individualmente e profittevolmente, come un effettivo competitor. [77] Ciò che è conforme all’insegnamento della Commissione Europea, per cui nel valutare se le parti di un accordo sono concorrenti attuali o potenziali è necessario tenere conto del contesto economico giuridico di riferimento (si veda, Comunicazione della Commissione, Linee Direttrici sull’applicazione dell’art. 81, paragrafo 3, del trattato [oggi art. 101, paragrafo 3, TFUE], GUCE 2004/C 10101/08, “Comunicazione Art. 101, paragrafo 3”, § 18.1). La Commissione Europea ha anche indicato che “si intendono per "concorrenti" i concorrenti sia effettivi sia potenziali. Due imprese sono considerate concorrenti effettivi se operano sullo stesso mercato rilevante. Un’impresa è considerata "potenziale concorrente" di un’altra impresa se, in mancanza di accordo e nell’ipotesi di un incremento modesto ma permanente dei prezzi, è probabile che essa, entro un breve lasso di tempo [6], effettui investimenti supplementari o sostenga altri costi di conversione necessari al fine di entrare sul mercato rilevante. Tale valutazione deve basarsi su motivi realistici: la semplice possibilità teorica di entrare in un mercato non è sufficiente…”(Comunicazione della Commissione, Linee direttrici sull’applicabilità dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli accordi di cooperazione orizzontale, GUCE C011 del 14 gennaio 2011, “Comunicazione Art. 101, paragrafo 1”, pag. 1, §10). [78] Secondo la Commissione Europea, ad esempio, non possono essere ritenute concorrenti le parti di un accordo se vi sono elementi obiettivi per ritenere che, a causa dei rischi finanziari, sia improbabile che ciascuna di esse sia in grado di svolgere autonomamente le attività oggetto dello stesso accordo (Comunicazione Art. 101, paragrafo 3, § 18.1). Sempre secondo la Commissione “ è poco probabile che un accordo di commercializzazione susciti riserve sotto il profilo della concorrenza se è obiettivamente necessario consentire a una parte di entrare in un mercato nel quale non sarebbe riuscita ad entrare individualmente, o con un numero di parti più limitato di quelle che partecipano di fatto alla cooperazione, a causa, ad esempio, dei costi che ciò avrebbe comportato. Una specifica applicazione di tale principio si ha negli accordi di consorzio, che consentono alle imprese partecipanti di partecipare a progetti che a livello individuale non avrebbero potuto intraprendere. Dato che le parti degli accordi di consorzio non sono quindi
potenziali concorrenti per l’attuazione del progetto, non si verifica alcuna restrizione della concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1” (Comunicazione Art. 101, paragrafo 1, § 237). [79] Si vedano §§ 91 ss del Provvedimento CDP. [80] A tale proposito, si veda il Provvedimento ACEGAS. [81] Si veda il Provvedimento CDP. [82] Nel Provvedimento CDP, l’Autorità ha ritenuto che CDP non potesse influenzare Italgas perché il numero degli amministratori della stessa Italgas sarebbe passato da tre a cinque, fermo restando che tre di essi, compreso l’amministratore delegato, sarebbero stati nominati da SNAM. Quest’ultima però avrebbe dovuto sceglierli tra soggetti che non ricoprivano cariche di gestione o controllo in CDP, che si sarebbero trovati in rapporto di lavoro subordinato o autonomo con CDP o in significative relazione commerciali, finanziarie e professionali, ai sensi del Codice di autodisciplina delle società quotate, con essa. Gli altri due amministratori di Italgas sarebbero stati dotati dei requisiti di indipendenza di cui al Codice di autodisciplina delle società quotate, ma non avrebbero potuto rivestire la carica di amministratore delegato o di presidente né avere deleghe gestionali. Infine, le delibere del consiglio di amministrazione di Italgas in materia di partecipazione alle gare d’ambito e di formulazione delle relative offerte tecniche avrebbero dovuto essere approvate con il voto favorevole di 4/5 dei suoi membri, per cui almeno un consigliere indipendente da SNAM sarebbe stato determinante. L’Autorità ha dunque accettato una governance che prevede limitazioni ai poteri di CDP molto meno invasive di quelle cui sono soggetti i poteri di LGH in attuazione dell’Unbundling. Inoltre, nel Provvedimento CDP, l’Autorità ha ritenuto che il fatto che vi fosse un flusso informativo da Italgas verso l’amministratore di SNAM (o verso le funzioni interne di SNAM), non consentisse a CDP di interferire sulla politica di gare e che tale flusso rientrasse nell’ambito della “regolare” funzione di direzione e coordinamento esercitata dalla stessa SNAM (§26). Ciò quando aveva appena concluso che LGH e EON erano state coinvolte nella politica di gare delle loro controllate perché venivano costantemente e regolarmente messe al corrente delle problematiche e delle decisioni da prendere sulla strategia di partecipazione alle gare per l’aggiudicazione delle concessioni di distribuzione del gas naturale. Ma vi è di più. Secondo l’Autorità, l’indipendenza di Italgas da CDP prima dell’attuazione delle suddette modifiche, sarebbe stata assicurata dal fatto che il consiglio di amministrazione di SNAM fosse quello nominato da ENI in conformità al regime di Unbundling. In particolare, il consiglio di amministrazione di SNAM sarebbe stato ancora per 6/9 quello nominato da Eni in regime di Unbundling funzionale. Al netto infatti dei tre consiglieri organici ad Eni, i restanti sei consiglieri, che sarebbero restati in carica fino alla prima assemblea del 2013, erano tutti indipendenti ai sensi del Codice di autodisciplina delle società quotate in borsa (§ 98 del Provvedimento CDP). Infine, sempre a proposito della possibilità di influire sulla gestione di Italgas, nel Provvedimento CDP l’Autorità ha considerato rilevante per escludere l’influenza di CDP su Italgas, una regola intragruppo che invece non aveva ritenuto sufficiente per escludere il coinvolgimento di LGH nelle strategie di gara di LD, ovverosia la regola per cui nel consiglio di amministrazione di SNAM non venivano discusse o approvate in via preventiva le decisioni dell’impresa di distribuzione in materia di partecipazione e di formulazione delle offerte alle gare per la distribuzione gas. Tali decisioni erano prese, a seconda dell’importo di gara dall’amministratore della società, o dal suo consiglio di amministrazione. [83] Le modifiche offerte da CDP all’Autorità consistevano sostanzialmente: ì) nella limitazione della partecipazione di membri del consiglio di amministrazione o dipendenti di CDP, che siano anche membri del consiglio di amministrazione di F2i, alla discussione e alla votazione delle delibere del consiglio di amministrazione e del Comitato investimenti di F2i relative a F2i Reti e aventi”direttamente” oggetto la distribuzione del gas naturale; e ìì) nel divieto per soggetti che si trovino in rapporti di lavoro subordinato o autonomo con CDP, o siano membri del suo consiglio di amministrazione di CDP, di accettare incarichi in F2i Reti o in società da queste controllate. ( da www.dirittodeiservizipubblici.it )