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E AD UN TRATTO SALTARONO DALLA FINESTRA

ad un tratto saltarono dalla finestra

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“E ad un tratto saltarono dalla finestra” non è una strana metafora, e' un fatto reale. Un giorno Bruno, il nostro protagonista, saltò da una finestra per sfuggire alle pallottole del soldato tedesco dietro di lui. Era giovane Bruno nel '44, 17 anni, ma abbastanza grande da decidere di rubare una pistola e unirsi ai partigiani. Negli stessi giorni, nei paesi arroccati sull'Appennino o nascosti nelle valli, altri ragazzi nemmeno maggiorenni, compivano la sua stessa scelta. “E alla fine saltarono dalla finestra” è una raccolta delle storie partigiane di quei ragazzi. Una collezione di quegli attimi in cui salendo in montagna per combattere il fascismo, divennero d'improvviso adulti.

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E AD UN TRATTOSALTARONO

DALLA FINESTRA

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C’è un filo rosso che ti lega a questa storia

“Cosa c’entro io?”

Una storia fra le tante.

Quella di un ragazzo della tua età.

Sembra impossibile a pensarci adesso.

I luoghi sono gli stessi di adesso: stessi paesi, stesse strade,

stessi boschi, stessi monti, stesso Appennino.

L’aria che sfrigola sotto il sole, il sapore del cibo, la voglia

di ridere di scherzare di rincorrere ragazi e ragazze. Tutto uguale.

C’è una parola importante che fa la differenza. Una sola. Guerra.

Se non c’è, viviamo in pace.

Altrimenti, dobbiamo combattere.

Scegliere da che parte stare, abituarsi a correre rischi assurdi,

vedere amici feriti, morti cadaveri bianchi sulla strada polverosa.

Il nome non è il tuo d’accordo, il tempo nemmeno. Più di sessant’anni,

praticamente un millennio.

Tu sei qui a leggere, le gambe rilassate, il naso affondato fra le

pagine, loro erano lì a combattere, sporchi, stanchi, uno sten a mo’

di cuscino. La differenza c’è eccome.

Però la voglia di una nuova libertà continua ancora a sfrigolare

nell’aria. E quindi scoprilo da solo, che fine ha fatto questo filo rosso.

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E AD UN TRATTOSALTARONO

DALLA FINESTRA

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TEMPO.

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TEMPO.Tempo.

Su questo si interroga questo libro. Strano, lo so, ma è così.

Quand’è stato l’attimo, il tempo, in cui i nostri protagonisti hanno capito

di non averne più di tempo? Quando hanno capito che si trattava di agire o

altrimenti il nemico, l’invasore si sarebbe preso ogni cosa,e soprattutto il loro

tempo futuro? Un paradosso, in fondo: cercavano di salvare il loro tempo futuro

infilandosi con testardaggine, in una situazione che quel tempo rischiava di

cancellare in ogni momento. Perchè, e questo è ancora vivido nei loro racconti,

quasi non fosse una memoria ma una descrizione del tempo presente,

rischiavano ogni passo la morte.

E allora? E allora la spiegazione sta proprio in quel tempo. Quello delle loro vite

di allora. Perchè il tempo, quello trascorso, ci ha spinti, nel raccontare,

a una scelta obbligata ma simbolica: narrare le storie di coloro che a quel tempo

erano i più giovani.

Ragazzi appena o non ancora maggiorenni che a un tratto saltarono dalla finestra

o da un auto in corsa (si succede davvero) e scapparono nel bosco per unirsi

ai partigiani. Uomini e donne, insomma, in mezzo a quel tempo della vita in cui

il tempo sembra talmente infinito da poterlo rischiare tutto, tanto, passato

l’attimo della paura il senso di eternità tornerà a pervaderti.

Poi le guerre per fortuna finiscono, gli anni trascorrono e ti accorgi, guardandoti,

se ci riesci, allo specchio, di esserti sbagliato: quell’eternità sta finendo.

Ti verrebbe da piangere, ma invece un sorriso si dipinge sulla tua faccia

di vecchio. Perchè va bene, mi sarò anche sbagliato, non avrò avuto un tempo

infinito, ma quando c’era da scegliere come usarlo, il mio tempo, ho scelto,

e ho scelto bene.

Il tempo, dunque. Anche noi sapevamo che ne era rimasto poco. Lo vedevamo

accompagnando Baghino e Bruno ai raduni coi loro vecchi compagni.

Negli sguardi e nelle voci non mancava certo la fierezza d’un tempo, ma gli sguardi,

le voci erano sempre meno. E allora c’era una sola cosa da fare,e alla svelta.

Sottrarre le loro storie, e vite, al tempo caduco della vita stessa, offrendogli

un viaggio su quel veicolo spesso fallace ma indispensabile che è la memoria.

Certo loro una fortuna, se vogliamo chiamarla così, l’avevano.

Il nemico era lì davanti. Rischiavi la morte, perchè era sempre meglio equipaggiato,

armato e organizzato di te. Ma almeno potevi guardarlo negli occhi.

Noi no, ci siam detti lavorando al progetto. Chi rende incerto il nostro, di futuro,

non indossa uniformi, non ti punta il mitra. Non ha bisogno di ucciderti

per toglierti la vita. E forse è proprio per questa paura che abbiamo deciso

di fissare queste storie in immagini e parole. Per esorcizzare la paura di arrivare

all’età di Bruno, Baghino e gli altri, senza essere stati capaci come loro,

di afferrare il nostro tempo. O forse, e sarebbe meglio, perchè ci dessero

l’esempio. Come sempre dunque si scrive per se stessi oltre che per ricordare

gli altri. Nel fare questo speriamo aver scritto anche per voi.

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BRUNO,

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17 anni

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continua...

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LINO

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LINO

RENZO17

Lino-Renzo

Lino e Renzo, sotto una pioggia torrenziale, devono raggiungere il quartier

generale. Con loro “Il Re della Montagna”, il loro mulo,

carico di rifornimenti.

A metà tragitto la bestia rimane però impantanata nel fango, proprio

mentre un cannoneggiamento di granate li investe. Il fango è talmente alto

da attutire i proiettili che rimangono inesplosi. Ma devono proseguire

alla svelta, o rischiano che l’attacco riprenda, e potrebbero non essere

altrettanto fortunati. La soluzione è uccidere l’animale. Ma nessuno

dei due se la sente. Decidono che arrivati a destinazione cercheranno

“Il Macellaio” e lasceranno se ne occupi lui. Trovano l’uomo nell’aia

della casa intento a macellare e cuocere un vitello requisito

a dei contadini. I due si uniscono al banchetto, ma mentre la carne sta

cuocendo nel focolare il cannoneggiamento riprende. Una delle mine entra

nella casa, esplodendo. Lino e Renzo vengono scaraventati contro i muri,

la carne vola su per il camino e ricade all’esterno. La pioggia è cessata,

ora dal cielo cadono bistecche.

Lino e Renzo si rialzano. Sono ancora vivi.

E’ tempo di occuparsi del Re della Montagna. L’animale ormai sprofondato

nel fango fino al collo, è senza speranza.

Il Macellaio, pur con pietà, non ha esitazioni. Estrae la pistola.

Lino lo ferma: “Lo faccio io”, dice.

Prende l’arma e spara.

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GIOVANNI

Giovanni

Il capo brigata incarica

Giovanni di una missione:

ricondurre a valle due

feriti. Per questo gli affida

un cavallo e l’ordine

di tornare al più presto.

Ma per riuscire Giovanni

deve evitare i tedeschi

che pattugliano la zona.

Giunto ad una casa si ferma

dunque a chiedere

ad un gruppo di donne se ne

hanno visti nei dintorni.

Non fa in tempo ad udire

la risposta che una mano

guantata gli batte su una spalla. Giovanni si volta. Un tedesco. Panico.

Dietro di lui, lungo la strada, sale una pattuglia intera.

La mano di Giovanni scivola in tasca, alla pistola.

“Scusi, la strada per Imola?”

La strada per Imola. Non ha capito. “Di là” indica Giovanni indietreggiando.

Un attimo, il tedesco si volta. Giovanni inizia correre.

Il tedesco grida, ora ha capito. Spari. Deve raggiungere il dirupo, saltare

giù. Ha abbandonato i compagni feriti. Non poteva farci niente. Salta. Rocce,

rovi, e dolore. E ancora spari e voci che lo cercano. Ma cala la notte, tutto

s’acquieta. Con una gamba spezzata, in fondo al dirupo Giovanni piange.

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Baghino19

Finale > Baghino

Il comandante ordina a Bruno

di sorvegliare le armi

mentre lui è via

per una perlustrazione.

Bruno rimane da solo,

si siede sulle casse

e si addormenta.

Poco dopo si sveglia

di soprassalto, un paio

di mani guantate gli tappano

gli occhi. Si libera

da quella stretta si volta.

Un uomo, in uniforme

tedesca. La pistola più

vicina è troppo lontana.

E’ morto. Ma l’uomo scoppia a ridere. Bruno lo guarda. E’ il Maresciallo

Polacco. Ora anche Bruno ride.

Giorni dopo, la compagnia si prepara a partire. Bruno prende la pistola

rubata prima della fuga e la restituisce al maresciallo. Ma questi rifiuta.

“Era un regalo, e to lo sei guadagnato”.

La compagnia scende lungo un sentiero, s’infila nella nebbia.

La nebbia impedisce di vedere i soldati tedeschi che le vengono incontro,

finché non è troppo tardi. Uno scontro a fuoco. Il Maresciallo cade, ferito

a morte. Bruno vorrebbe salvarlo, ma i suoi compagni lo trascinano via.

Ore dopo. Una grande casa colonica avvolta nella nebbia. Baghino e la madre

dormono nel letto. Rumori dall’aia. La madre si alza e va alla finestra.

La compagnia di Bruno emerge dalla nebbia.

“Baghino”

“Icchè c’è, mamma?”

“Ci sono i ribelli Baghino”

“E un son ribelli mamma, son partigiani”

Ultimo, anche Bruno, il volto serio, emerge dalla nebbia.

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Dario Landi

Giancarlo Barzagli

Marco Veri

Mattia Sarti

[email protected]

+39.333.5744331

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