Ageno, Replica e Chiusa

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Ageno, Replica e Chiusa

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  • REPLICA E CHIUSAAuthor(s): F. AgenoReviewed work(s):Source: Aegyptus, Anno 12, No. 2/3 (APRILE-LUGLIO 1932), pp. 188-209Published by: Vita e Penseiro Pubblicazioni dellUniversit Cattolica del Sacro CuoreStable URL: http://www.jstor.org/stable/41214185 .Accessed: 17/04/2012 07:36

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    REPLICA E CHIUSA

    II prof. Lenchantin mi accusa: 1) di leggerezza per aver osato di revocare in dubbio l'opportunit del suo confronto tra un pre- sunto prupta della traduzione tacitiana (Hist IV, 34) e il propere di quella catulliana (LXVI, 45) ; 2) d* ignoranza per aver osato dubitare che l'incisione semiternaria + semisettenaria sia la giusta per quel medesimo verso di Catullo e confessare un'eventuale preferenza per la congettura (non mia !) propulere (1); 3) ed in fine almeno almeno di cattivo gusto per aver osato, com' egli crede, di discutere la sua congettura TLyaco; in principio del v. 54 del frammento callimacheo. Tutto ci in una forma un po' vivace, e qua e l contrastante con il tono sempre riguardoso da me tenuto nel manifestare il mio dissenso, temperato, del resto, anzi superato da meritati riconoscimenti ed assensi. Ma a me non deve premere che di ribattere le accuse nella loro sostanza.

    Il facsimile fototipico del codice mediceo laurenziano 68, II (2) - che ho potuto esaminare qui a Padova grazie alla nota cortesia del benemerito curatore ed illustre mio maestro e collega Enrico Rostagno - a f. 92 r, col. 2, 1. 23 offre la lezione che qui sotto pongo e descrivo :

    castra(que) p(er)rupta excidisset || La prima sillaba di p{er)rupta costituita da un p col taglio

    retto in gamba, e cio p(er) : ma questo p col taglio in gamba porta in sul capo, di prima mano, un puntino che, nonostante i dubbi deirAndresen (v. oltre), interpreteremo certo nel solito modo (cfr. Rostagno, Praef. p. XIV), e cio come segno di espunzione.

    (1) Solo quando questa mia Replica era gi stampata ed impaginata ho potuto constatare che il prof. Lenchantin ha poi soppresso, nel testa definitivo del suo Epimetro ad un Epimetro, l'appunto prosodico alla con- gettura propulere. Avrei volentieri soppressa dal canto mio la risposta, se non fosse stato ormai un po' tardi: del resto, la trattazioncella a cui l'appunto ha dato luogo potr almeno servire a risparmiare domani qualche dubbio o ricerca ad un altro.

    (2) Tacitus, Codex Laurentianus M e die eus 6811 phototypice editus. Praefatus est Henricus Rostagno. Lugduni Batavorum, A. W. Sijthoff, 1902, in f. = Codices Graeci et Latini photographie depicti duce Scatone de Vries. To. VII pars posterior.

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    Pure di prima mano cancellata, con tre linele, una in sul capo, due attraverso la gamba, la seconda p della parola.

    Se ne deduce che : se non teniam conto dei segni di cancel- lazione, il codice ha perrupta; se teniam conto di ambedue i segni, ha ruta; se teniam conto dell'uno o dell'altro dei due ha rupia o perruta ; ma non ha in nessun caso prupta, e quindi il ravvicinamento del prof. Lenchantin inesatto, come io gi rilevai in molto riguardosa maniera.

    Ma esaminiamo partitamente anche le edizioni che il professor Lenchantin ha la bont d' indicarmi, o delle quali, secondo lui, io ho mal intese o falsate le annotazioni.

    Io citai il Ooelzer nell'edizione Hachette 1920 ; eccone preci- samente le note :

    Variantes. - XXXIV, 4 perrupta vulg. : prupta M : pruta M l. NC. 4 : In vocabulo perrupta littera p ante / tribus lineolis

    obliquis, duabus ab inferiore parte, una a superiore, deleta ac prae- terea in initio voc. littera p (i. e. per) puncto superposito notata est. Hoc punctum ecquid valeat nescio, qui ne id quidem divinem quam habeat litterae p ante / damnatio aut rationem aut excusa- tionem. Nam proruta scribendum esse quis pronuntiare audebit, modo II, xv, 3 et IV, lxxvii, 7 contulerit? Ceterum non est dissi- mulandum I, lxxxvi, 10, prorupto in codice scriptum esse pro pro- ruto atque idem vitium deprehendi Ann. XII, xliii, 2; XV, xl, 2 . G. Andresen, Studia etc., I, 23.

    Nell'apparato dell'edizione curata dal medesimo Ooelzer per la Collection des Universits de France (1921), alla quale pure feci riferimento, cos si legge:

    perrupta M sed litteram p ante t tribus lineolis obliquis duabus ab inferiore parte una a superiore deletam ac praeterea in initio vocabuli litteram p [/. e. per] puncto superposito notatam esse ani- madvertit Andresen unde proruta coni. Stud, cr it. I 23.

    A parte le imperfezioni tipografiche dell'una e dell'altra edi- zione (p iniziale con la titula in testa, anzich in gamba : 1920 ; p iniziale senza titula: 1921) ben evidente che l' Andresen e il Goelzer non dicono che il codice ha prupta, ma che ha, come sopra ho spiegato, perrupta mutato di prima mano o in ruta o in perruta o in rupia; e che, per conseguenza, io avevo piena ragione di affermare che il Goelzer e l'Andresen rappresentavano la cosa assai diversamente dal prof. Lenchantin.

    Restano le tre edizioni indicatemi: Fisher (Oxford, 1910); Halm-Andresen (Leipzig, 1928 5) ; Lenchantin De Oubernatis (To- rino, Paravia, 1918-1929).

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    L'edizione oxoniense del Fisher porta questa nota: prupta M, sed p ante t del. et p puncto notavit M 19 unde

    proruta coni. Andresen. A parte anche qui una inesattezza tipografica (la sillaba ini-

    ziale indicata la prima volta colla titula in testa anzich in gamba), il Fisher non dice che il cod. med. abbia prupta corr. di prima mano in rupta, ma perrupta mutato etc. e. s.

    Halm-Andresen 1928 5 : prupta : p del. ead. m., p puncto superposito notavit. Esattissimo : e viene a dire quel che di sopra ho detto io, e

    non quel che gli fa dire il prof. Lenchantin, che pure lo riferisce con assoluta diligenza.

    Ma, finalmente, nell'edizione dello stesso prof. Lenchantin (1) troviamo la spiegazione del prupta e quindi dell' indebito racco- stamento. Il prof. Lenchantin, unico fra gli editori consultati, pone nel testo rupta, e a pie di pagina annota :

    prupta, p- puncto superposito notavit et p ante t del. 1 m., unde proruta coniecerat olim Andresen : perrupta vulgo.

    Il Lenchantin fu tratto in errore da s medesimo: per aver dimenticato, lui o chi per lui, il taglio retto in gamba alla p ini- ziale.

    E passiamo ora a difenderci dalla seconda accusa. Per cominciare colla prosodia, lo stato di fatto relativo all'uso

    del prefisso pr- ora come lungo ora come breve si pu ricavare soprattutto da una monografia del Vollmer inserita nei Sitzungs- berichten dell' Accademia di Monaco del 1922 (2) : anche se ai suoi dati statistici ed alla sua bibliografia qualcosa sia ancora da aggiungere (3). Le teorie, poi, relative alla forma pro- sono sostan-

    (1) II 2 voi. ha la prefazione datata del giugno 1929; non so se il 23 novembre 1929, quando io terminavo di scrivere il mio Epimetron, esso era gi in distribuzione: certo alla mia biblioteca pervenne pi tardi, e fu quasi un bene, perch, consultandolo allora, avrei potuto es- serne tratto in errore.

    (2) Die Prosodie der lateinischen Komposita mit pro- und re- von Friedrich Vollmer. Mnchen, 1923, 8, pp. 24 = Sitzungsberichte der Bayerischen Akademie der Wissenschaften. Philosophisch-philologische und historische Klasse. Jahrgang 1922, 4. Abhandlung.

    (3) Ulteriori indicazioni bibliografiche : Lindsay, Latin Language (ed. orig. 1894) p. 590 ; Walde, Lat etim. Wrterb. (1910 1 : non ho a mano la 2a ed. in corso), pag. 612 sg. s. v. pro; Khner-Holzweissiq, Ausf% Gram. d. Lai. Spr. I (1912) p. 112 sg., 933; Sommer, Hdb. d. Lat. Laut-

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    zialmente due : 1) pr- forma ereditata parallela a pro-, non abbreviamento posteriore di questo ; 2) pr- abbreviamento sto- rico latino di pro-.

    Alla teoria della doppia forma ereditata un particolare aspetto ha dato Jacob Wackernagel sostenendo che, in origine, le due forme ebbero un valore semantico diverso : pr- indicava lo star 'davanti' o il muoversi 'in avanti', pro- il distacco, P allontana- mento, la partenza ('fort, weg': it. 'via') (1).

    Anche la teoria dell'abbreviamento si suddistingue in due: quella di Fr. Marx, secondo il quale si avrebbe anche nel caso dei composti di pro- l'applicazione della regola che parole molossiche nella pronunzia popolare erano trasformate in baccheiche (2) ; e quella del Vollmer, che combatte la regola qual' formulata ed esemplificata dal Marx, e sostiene trattarsi di tutt'altro fenomeno, e cio, per adoprar le sue parole, di un abbreviamento facoltativo durch Tonanschluss , analogo, originariamente, a quello onde si ha, p. es., sq aidem < si q aidem (3).

    Alla discussa regola marxiana parrebbe alludere il prof. Len- chantin laddove dice che la regola fonetica onde prpellat diventa

    u. Formenl. (1914 2"3), p. 119; Wackernagel, Spracht. Untersuch, zu Homer (1916), p. 238 sg.; Lindsay, Early Lat Verse (1922), p. 151 ; Muller Jzn, Altit. Wrterb. (1926), p. 361 s. v. pro ; Walde-Pokorny, Vergi. Wrterb d. indogerm. Spr. II (1926- ), p. 35 sg. (G); Stolz-Schmalz-Leumann- Hofmann, Lat. Gramm. (192S), p. 102 : Ernout-Meillet, Diet tym. de la

    langue lat (1932) p. 773 sg. s. v. pr, prod-. Fra i trattati di prosodia latina mi limiter a ricordare il nostro ancor ottimo Zambaldi, Elementi di prosodia e di metrica lat (1917 9 : l'edizione che ho a mano) p. 24 sg., e il Postgate, Prosodia lat (1923) p. 53? 156; fra i comm. a Lucrezio quello dell' Ernout (1926) a IV, 194.

    (1) Op. e loc. cit. ; e cfr. anche il Dictionn. tym. di Ernout-Meillet, loc. cit.

    (2) Molossische und bakcheische Wortformen in der Verskunst der Griechen und Rmer = Abh. d. philol.-hist KL d. sch. Akad. d. Wiss., 37, 1922, N. 1.

    (3) Krzung durch Tonanschluss im alten Latein. Mnchn. Ak. SB. 1917, 9 Abh., p. 24 sg. ; monografia citata; e infine: Rom. Metrik in Oercke u. Norden, Einleitung etc., I 3 (1927), 8, 9, d).

    Alcuni esempi : pronepos, proprius, prpero, protinam, prbfactod > prefecto > prof/cto, etc. Poi turbamenti vari : restituzione di pro- in molti casi od oscillazioni analogiche.

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    nella doppia finale d'esametro lucreziana prpellat non applica- bile ad un prpulere.

    Ma il prof. Lenchantin non ignora certo, bench non vi accenni, le altre teorie, e sa benissimo che, per giustificare la presunta im- possibilit di un prpulere, non si pu senza pi richiamarsi alla regola marxiana: dato pure e non concesso che questa, per il fenomeno in questione, dovesse intendersi come rappresentante la sola condizione in cui esso pu prodursi, e non, caso mai, come il punto di partenza di un fenomeno che poi ha avuto inconte- stabili sviluppi analogici ; giacch altrimenti gli esempi, che pur ricorrono, di vocaboli e forme corrispondenti allo schema w w-- con pro- iniziale (1) non dovrebbero esistere.

    La teoria che oggi predomina rispetto a pr- che si tratti di un doppione ereditato, sia senza differenza di significato (2), sia con diverso valore semantico riconoscibile ancora in certi casi ed in altri invece turbato od oscurato dall'analogia e dall'arbitrio dei poeti (3).

    Io mi limiter a citare un passo dello Handbuch del Sommer ed uno della Lat Grammatik di Stolz-Schmalz-Leumann-Hofmann; ma altri nomi potrei fare (4).

    Sommer, Handbach*'*, p. 119: . . . Wo doppelte Messung vorkommt, handelt es sich nie um

    eine mittlere oder gar unbestimmte Quantitt als Ursache dieser Freiheit, sondern um wirkliche Krzen und Lngen: stehen z. B. pro- und pro- (Lucr. IV, 194), ibi und ib (Verg. Ae. II, 792, Oe. I, 73) nebeneinander, so liegen im ersteren Fall zwei verschiedene Formen p r(d) und pro- vor (W), in ibi eine Wirkung des Jambenkrzungsgesetzes.

    (1) Vedi Vollmer p. 10 sgg. (2) In ie. si sarebbe avuto pro als monosyllabum rhytmisch > pro

    gedehnt, s. Gauthiot Fin de mot 72 . Da Muller Jzn op. e loe. cit. (3) Per il Wackernagel un esempio tipico prficisci aufbrechen

    di fronte a prficere vorwrtskommen . Il turbamento delle condizioni originarie sarebbe poi accaduto in vario senso : estensione di pr- nei composti che il parlante riconnetteva facilmente con la preposizione; estensione al contrario di pro- in quelli in cui mancava evidente rapporto con la preposizione; e finalmente arbitrii di poeti di solito nel senso pr- per pro- : il caso inverso pro- per pr- si potrebbe sospettare sol appunto nei due luoghi lucreziani IV, 194 e VI, 1026.

    (4) Lindsay, Walde, Muller Jzn, Walde-Pokorny, Ernout (comm. a Lucrezio), Ernout-Meillet, oltre, s'intende, il Wackernagel.

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    Stolz-Schmalz Leumann-Hofmann, Lat. Gramm., p. 102, dopo aver discorso dell'abbreviamento durch Tonanschluss :

    Nach Wllmer Mnch. Ak. Sbb, 1922, 4. Abh. 14 ist pr- in prfanus prfecto usw. neben pro in gleicher Weise gekrzt; doch ist die Annahme eines ererbten pro (gr. wp) trotz der merkwrdigen lat. Verteilung wohl vorzuziehen. Das Osk.-umbr. kennt sicher *pr als pru, viel- leicht auch *pr im nachgesetzen -per; eine sichere ital. Spur von idg. *pr ist probas osk. prufatted probavit (umbr. prfe probe *) zu ai. prabhw- machtig aus *pr + W. bk.

    Or evidente che chi accetti la teoria della doppia forma ereditata, senza la discutibile complicazione del Wackernagel, di fronte al pr pellai lucreziano non pensa di trovarsi davanti ad un caso di abbreviamento di parola molossica o palimbacchica ; sib- bene davanti a un propellere legittimo gemello di propellere, e dal quale quindi come un prpellat cos avrebbe potuto formarsi un prpulere (1). Ma, comunque, la possibilit teorica di un propulere non realmente esclusa neanche dalle altre teorie.

    Del resto tale congettura come ho gi detto, non mia : n io l'ho senz' altro accolta. Nella mia nota a pp. 174-175 di A e gyp tus 1929 io scrissi: Le congetture che 1' Ellis (1867) re- gistra - n altre io ne conosco - sono : peperere . . . rupere . . irrupere . . . pepulere . . . propulere H. R. in Act. Jen. Litt. a. 1830 p. 135 et Rossbachius ... ; e quindi, dopo aver osservato che rupere e propulere presentano almeno un eguai grado di pro- babilit che il peperere generalmente accolto dagli editori, con-

    ii) Giustamente il Lindsay, Latin Language loe. cit., osserva: The variety pro- and pro- in compounds (the simple preposition has always the long vowel) is seen more in the early literature than in the stereo- typed usage of the classical age: prvehat atque prpellat, Lucr. IV, 194 e VI, 1026; Lucr. propagare; O. Lat. pr-tinam. Pro- almost ousts pro- in classical Latin, but pro- is normal before /-, e. g. prficiscor, profundo, except in prf icio (for prode -faci, as in late latin? [non il solo caso classico di prd-f-: cf. Gellio 2, 17 e lessici]); but Catullus (LXIV, 202) has prfudit ... . Noi non sappiamo fino a quando precisamente pos- siamo ammettere la coesistenza effettiva nel linguaggio parlato di forma a prefisso breve e forma a prefisso lungo per il medesimo composto, e quando l'uso debba ritenersi ormai fissato e comincino ad agire esclusi- vamente l'imitazione letteraria e le necessit metriche : ma forse nessuno contester che le variazioni lucreziane e il prfudit catulliano possano ancora corrispondere a un effettivo uso parlato contemporaneo.

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    tinuai e conchiusi : Dir di pi : se dovessi decidermi, io lo farei piuttosto a favore di propulere, di cui mi sembra per- cepire un'eco nello scolio a Giov. 10, 174 ... .

    Come si vede, anche Augusto Rossbach e Robinson Ellis non hanno veduto alcun impedimento prosodico a supporre un propulere; n io ho mancato di cautelare con qualche dubbio la mia preferenza.

    A una sola obbiezione ragionevole, ma non gi di natura prosodica, va soggetta la congettura propulere: e, questa obbie- zione, voglio farmela io da me, nella forma in cui avrebbe potuto farmela il mio cortese avversario. Anche ammessa, e non pi di- scussa, la giustificazione teorica di un propulere, anche ammessa la sua eventuale necessit o comodit metrica (1), sta il fatto che questa forma non risulta attestata presso alcun autore, e che, per conseguenza, il considerarla tra le possibilit bene lecito, l'accordarle, non per ipotesi, ma in realt la preferenza potrebbe parer temerario (2).

    (1) Non dimentichiamo che propulere o prpulrunt non possono entrare in serie dattilica e che perci, in caso di bisogno o convenienza di adoperare tal composto e tal persona del peri ind. ati, il poeta avrebbe dovuto ricorrere all'espediente o di usar breve il pro- in propulere o di usar breve Ve del suffisso temporale (-erunt) in propulerunt. Lucrezio ha un esempio della seconda necessit in III, 86: || prodiderunt; Ovidio Met 10, 606 uno che si pu ritenere analogo della seconda : est Neptunus avusy pronps ego rgis aquarum.

    Sidonio Apollinare carni. 11, 133 ha quod prnepos optet ]| , ma questa naturalmente almeno rispetto alla finale una vera licenza; quanto agli altri nomi di parentela in cui compare pro- preconsonantico, progener, promatertera, propatruus e prosocrus non occorrono in poeti, Persio ha 6, 53 un proneptis || , Ovidio un || prnurus (Her. 17, 206) e un || prscer (Her. 3, 64). Ve n' abbastanza secondo me per documentare nei nomi di parentela l'uso antico latino pr- (cf. anche Ernout-Meillet op. e loc. cit.), ma non per porre, come fa il Wackernagel (op. e loc. cit.), che la regola sia pr-, e pr- rappresenti un* estensione analogica.

    (2) Nei composti verbali di pro- Catullo (Wetmore, Index verborum Catullianus, 1912) ha sempre la lunga davanti a consonante diversa da /-; davanti ad /- ha la lunga in prferre (64, 196), prficimus (42, 21) e prficere (42, 23), e la breve in prfecti (nom. : 45, 19), profectos (46, 10) conforme all'uso costante di tutti; e invece, come gi sappiamo, prfudit (64, 202), contro l'uso comune (cf. Vollmer 1922, p. 13). Per Lucrezio io non ho potuto avvalermi che dell' indice unito ali' edizione Creech nella ristampa Pomba, Torino, 1831. Hanno pro- breve: profatur = :

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    Sul fatto delle csure mi piace ricordare, cominciando, una osservazione del Vollmer : Ueber die Zasr im einzelnem Verse ist oft viel und unntig gestritten worden : man muss vielmehr die metrische und gedankliche Periodile kleinerer oder grs- serer Gedichtabschnitte analysieren (1). E voglio anche scusarmi di dover qui ripetere cose assai note : ma mi ci costringe l'esclu- sivismo, diciam cos, del mio avversario, il quale non degna nep- pure di menzione le teorie e le scuole contrarie al suo modo di vedere, e presenta quindi come un errore marchiano un dissenso, espresso, in assai pi cauta maniera, e fondato soltanto sur un principio diverso, che conta oggi autorevolissimi fautori ed anzi domina il campo.

    noto infatti che due son le teorie e le scuole fondamentali riguardo alle csure, e a quelle dell'esametro in particolare, e pi in particolare per noi all'esametro latino, che il solo che qui e' interessi, e per cui del resto la questione assume singolare importanza, sia in rispetto alla esistenza e dignit di qualche ce- sura, come la bucolica, sia in rispetto all'esametro della satira (2). Da una parte vi sono Luciano Mller e la sua scuola che affer- mano : Apud veteres metri rationes ubique potiores habentur quam sensus (3) ; e che in base a questo dogma creano rigidi schemi extra quae nulla salas. Dall'altra, oggi soprattutto, coloro i quali rifiutano categoricamente il suddetto principio e sostengono

    profeca || ; le forme del verbo profundo, tutte in fine d'esametro ; pro-

    fgit II ; hanno ora pr- ora pro- : le forme del verbo propago (la lunga in 1, 195 e V, 850 entro il verso ; la breve in V, 856 entro il verso, in

    I, 20, 280. li, 173, 996 in fine di verso) e quelle del verbo propello (la breve in propellat || IV, 194 e VI, 1026; la lunga in prpellat interno VI, 1028 e in prpelllt III, 160, propellere III, 163, prpellens IV, 286, propulsa V, 488 tutti interni).

    (1) Rom. Metrik in Gercke u. Norden, Einleitung etc. (1927 3), 8, 13. (2) Trascureremo in generale ogni non necessario accenno al greco,

    ed inoltre a teorie estreme, come quelle del Bassett (American Journal of Philology 1919, 341-372 ; Classical Weekly XVIII, 76-79), il quale - a quanto desumo dal Marouzeau, Anne philoi I (1927) p. 164: io non ho potuto vedere i due articoli - sostiene la dottrina della cesura essere un'invenzione dei grammatici e non potersi ritener punto certo che gli antichi, recitando gli esametri, vi abbiamo realizzato una pausa che il senso non domandava.

    (3) L. Mller, De re metrica poetar, lat. (1861), pp. 187-88. Non ho a mano la seconda edizione del 1894.

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    che per istabilir le csure bisogna invece tener conto delle pause di senso e di voce, prima perch la ratio metri vel rhythmi im- porta bene spesso una maniera innaturale e strana di recitare i versi, che non vi nessuna buona ragione per attribuire agli antichi e specialmente ad et d'arte riflessa, poi perch la stessa statistica insegna, con la frequenza sia delle eccezioni irriducibili sia degli adattamenti forzati, quanto fallaci e soggetti a cautela siano certi rigidi schemi, ed infine perch anche il buon gusto consiglia di non rifiutare un potente mezzo di variet neir unit quale sono appunto le incisioni di senso e di respiro.

    Alla scuola del Mller appartennero, per citare solo i pi celebri fra gli studiosi della storia dell'esametro latino, il Birt e Guglielmo Meyer (1) ; alla teoria opposta, che fu pur dei neome- trici (2), apport il contributo del suo buon senso italiano il nostro Zambaldi, ader il Cornu, presta il suo autorevole appoggio lo Sturtevant (3).

    Imperante Luciano Mller - che impera ancora esclusivo nel cuore del mio avversario e che io nel mio Ep metro, com* evi- dente ad ogni lettore imparziale, honoris potius quam contameliae causa nominatum volui, in quanto manifestavo un'opinione contro cui stava appunto l'autorit di lui - scriveva gi nel 1882 lo

    (1) Birt. Teod., Symbola ad historiam hexametri latini (Bonn, 1876) ; id. in Rh. Mus. XXXII, p. 389, De halieuticis p. 185 sgg., Marziale ed. Friedlnder I (1886) p. 41 sgg. ; cf. anche Eskuche, Gust., nel Giovenale del Friedlnder I (1895) p. 56 sgg. e particolarmente 73 sgg. ; - Meyer, Wilh., Zur Geschichte des gr. u. des Lat. Hexameter nei SB. d. philos.- philol. u. histor. CI. d. Ak. d. Wiss. zu Mnchen 1884, Hf. VI (a p. 1044 sgg. : Die Caesuren des lateinischen Hexameters), e : Ueber die weibliche Caesur des klassischen lateinischen Hexameters und ber lateinische Cae- suren berhaupt nei med. SB. 1889, Bd. II, Hf. II, p. 228 sgg.

    (2) Cf. Christ., Wilh., Metrik d. Gr. u. Rom., 1879 2, p. 167 sgg., .205-221 e particolarmente pp. 170-172, 180-181. Purtroppo per il Christ non trae tutte le necessarie conseguenze dal suo principio, e quando arriva a parlare della dieresi bucolica in latino si richiama al Mller con una frase che, del resto, lascia incerti : i poeti latini * non amarono ' questa cesura.

    (3) Nulla sul nostro soggetto ha, contro quel ci si potrebbe aspettare, Pietro Rasi, nel suo scritto De elegiae latinae compositione et forma (Pa- tavii, 1894). Non ho invece potuto vedere : Knapp, Ch., The caesura in latin hexameter poetry, Classical Weekly XVIII, 73-75, di cui desumo la semplice notizia del gi cit. Marouzeau, Anne philol. II (1928) p. 162.

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    Zambaldi a proposito dell' esametro in generale , greco e la- tino (1) :

    II lettore avr . . . osservato . . . come spesso gli esametri abbiano tale struttura, che la cesura principale pu essere posta in pi luoghi . . . Quali sono dunque i criterii per segnare la spezzatura principale del verso? In generale i due membri del- l'esametro corrispondono ai membri del periodo grammaticale, di maniera che la pausa ritmica corrisponde alla pausa del senso . . . Cos adunque nei versi che si possono dividere in pi maniere, la pausa di senso criterio pre- cipuo a determinare la cesura principale.

    Sui meriti che il Cornu si acquistato nel campo della me- trica latina da vedere la recente monografia di Paulus Lieger : /. Cornu's Beitrge zur Lateinischen Metrik. Eine Kritik und Wrdigung mit Ergnzungen aus dem Nachlasse (2). Quivi a pp. 57-62 son trattate le csure dell'esametro, che, secondo il Cornu, non son altro se non Ruhepunkte der Stimme im ge- sprochenen Verse, kurz Sprechpausen , la cui posizione non si lascia stabilire a priori ed in generale, anche se di solito coincide con quei luoghi che furon canonizzati da Aristide in poi (De mus. p. 52 M) come sede di cesura (3).

    (1) Metrica greca e latina p. 222. Cf. anche quanto dice poco avanti (p. 221) a proposito della dieresi bucolica in Omero : vero che in questi versi [A 68, 101, 241, 348, 430; B 70; II 721], ad onta della pausa di senso, sempre possibile ammettere un1 altra cesura ; ma non pare naturale di separare la cesura dalla pausa, e tanto meno se in questa pausa v'abbia un iato, come in A 578, B 218 ; ma sulla dieresi bucolica avrem da discorrere poi. Il libro dello Zambaldi conserva ancor oggi gran parte del suo valore e pi ne riacquista man mano che scema il credito di qualche teoria recenziore.

    (2) Wien, 1927. Il Kroll, in Gioita XVII, 289, recensendo il lavoro dei Lieger, si esprime a riguardo del Cornu con un disdegno assolutamente esagerato : senza dubbio il Cornu ha avuto torto di negare l'ictus vocale (non , del resto, il primo n il solo: cf. gli accenni alla questione in Fraenkbl, Iktus und Akzent im lateinischen Sprechvers, 1928, pp. 5-7, e soprattutto Nicolau, Quelques considerations sur l'ictus et sur ses rapports avec V accent, in Revue des tudes latines VII (1929) pp. 150-154), ma di qui a giudicare (xaxaioTcoviav tutte le sue raccolte di materiale senza distin- zione ci corre.

    (3) Come si vede, il Crnu va assai oltre anche nella sua teoria delle csure; ma essa ha una speciale importanza per i satirici. Negli appunti di un corso di metrica, che io tenni all'Universit di Padova nel 1927/28

  • 198 F. AGENO

    E finalmente lo Sturtevant in due importanti articoli del 1921 e del 1924 (1) arriva alle conclusioni seguenti :

    I. It appears . . . that of the theories which gave rise to the doctrine of caesura, the only one that is both valid and important is the theory of rhetorical pauses, which modern scholars would prefer to denominate sense-pauses, or, if thinking of phonetics as one must in the treatment of verse, ends of breath- groups. These were manipulated for the double purpose of marking the chief metrical unit, the vers, and of introducing variety by occasionally obscuring the unit. The Greek poets were particularly fond of using the break after the fourt foot for the later purpose, while they avoided ending a breath-group in certain other places .

    II. Basset showed that the ancient theories of caesura can safely be neglected by students of versification. I hope to have shown that the modern doctrine of caesura is no more secure. The fact remains that word ends and sens pauses are very une- venly distributed in ancient verses, and there are noteworthy dif- ferences according to period, genre and language as well as individual differences. Both topics call for further study and expla- nation ; but such work must not be based upon the theory of rhythmic cola . . . Furthermore the position of word ends and the position of sense pauses must be treated as two separate topics, which are interdependent only because a sense pause requires a word end .

    e che precisamente concerneva la storia dell'esametro greco da Omero a Nonno, e di quello latino da Ennio a Giovenale, trovo cos letteralmente scritto (ahim, che cosa ho insegnato io ai miei scolari!):

    In molti versi anche presso i Latini, come presso i Greci, vi sono varie possibilit di cesura ; in tal caso convien seguire le indicazioni del senso. I poeti epici nel trattamento delle csure peccano poco contro le partizioni del senso: frequente invece il contrasto nei poeti satirici (Orazio), ma l'esametro satirico ha un carattere e un andamento suoi propri, come quello che vuole avvicinarsi al discorso comune. O piuttosto di fronte a certi versi di Orazio vien fatto di domandarsi se il poeta appunto a tale scopo non abbia a bello studio trascurate le csure mag- giori a profitto delle minori, s che queste e non quelle ricevessero rilievo dal senso .

    (1) American Journal of Philology XLII, pp. 289-308: I. Word-ends and pauses in the Hexameter; ib., XLV, pp. 329-350: II. The doctrine of caesura, a philological ghost

  • REPLICA E CHIUSA 199

    E adesso forse il perch del mio dubbio in riguardo alle csure principali ammesse dal prof. Lenchantin in Cat. LXVI, 45, il perch dell'essermela io, non presa nientemeno che col Mller, ma aver sentito il bisogno di preoccupare la facile obbiezione della sua autorit, il perch di quella mia opinione finale il tempo in cui per le csure principali non si voleva tener nessun conto delle pause di senso credo sia superato : tutto quel passo, insomma, a leggere il quale al prof. Lenchantin parso di sognare, avr gi cominciato ad illuminarsi di una qualche luce maggiore e ad apparire, almeno agli imparziali, in confronto ad ogni apo- dittica affermazione altrui, documento, non d'ignoranza, ma di ammissibile dissenso.

    Sennonch io debbo trattar la cosa anche pi davvicino, in rapporto, cio, alla esistenza e dignit della dieresi bucolica in latino (1) ed allo stesso verso in discussione.

    (1) Della dieresi bucolica presso i Greci io non ho da parlar qui per espresso ; ma tuttavia non sar male richiamare almeno in nota alcuni dati, che potranno servire a mostrare quanto in fatto di csure i giudizi possan variare, e che in parte potranno anche servirci. Prima ancora che il Mller ne prendesse a sostenere l'inesistenza in latino (De re metrica, 1861, p. 194), il Lehrs (De Aristarchi studiis Hometicis, 1865 2, p. 365 in un Epimetron del I860) aveva affermato per il greco eine bukolische Caesur gibt es nicht (cf. anche Christ p. 169 e Meyer 1884 p. 998 sg.). Nessuno si arrischi a seguirlo nell' affermazione generale, ma una certa efficacia la sua recisa negazione ebbe tuttavia, in quanto contribu a far limitare in vario modo l'esistenza e la dignit di tale cesura presso alcuni dei successivi trattatisti. In Omero, ad es., il Christ la riconosce non rara e sostiene che versi come W 549 debbono unbedenklich dividersi in tetrapodia + dipodia ; dello Zambaldi gi abbiamo detto ; il Rossbach (Specielle gr. Metrik 1889 = Rossbach-Westphal, Theorie d. mus. Knste d. Hellenen IH, 2) considera come forma normale dell'esametro anche ome- rico quella tripartita con cesura nel terzo e contemporaneamente nel quarto o alla fine del quarto piede (p. 29; cfr. le Ricerche metriche del nostro Festa 1926) e Carlo Kunst nel medesimo libro (II Excursus, L'esametro di Teocrito, p. 854) si spinge a dire che la cesura bucolica bei allen Epikern (Homer hat sie in 60.12 % aller Verse) beliebt ist ; il Gleditsch (Metrik d. Gr. u. Rmer 1890 2 in J. Mller's Hdb. II, 2: p. 175), pur assegnando in complesso nell'epos alla dieresi bucolica una importanza secondaria e generalmente solo la funzione di cesura accessoria, concede tuttavia che talvolta, sia pur di rado, Haupteinschnitt ; il Masqueray (del quale non ho sottocchio l'edizione originale, ma la traduzione tedesca del Pressler 1907), pur sostenendo contro il Christ che nelF incidere i

  • 200 F. AGENO

    La questione della dieresi bucolica connessa in certo modo col principio da cui si parte nel determinare la sede delle incisioni del verso: nel senso che pi larghi nelF ammettere tale cesura e nel conferirle importanza sono stati generalmente i fautori della coincidenza fra csure e pause retoriche (1). Ma anche la scuola mlleriana non dur a lungo nel mantenere l'assoluto bando pro* nunziato dal suo capo sin dal 1861 colle parole: Valeant igitur iam caesurae bucolica et quarta trochaica, quibus nullus in versu

    versi omerici non si deve aver riguardo alle indicazioni del senso e che la tripartizione dell'esametro un fenomeno alessandrino-romano, non solo non esclude l'esistenza della bucolica gi in Omero, ma l'ammette come unica nell' esempio che adduce (W 549) ; F Hardie (Res metrica, 1920), fautore convinto invece della coincidenza tra csure e rhetorical pauses , torna a riammettere il verso tripartito e la frequenza della dieresi bucolica bench non nella misura indicata dallo Hartel (60 /0) e ripetuta dal Kunst e dal Gleditsch, la quale comprende probabilmente anche tutti i casi spon- diaci ; il Rupprecht (Einfhrung in die gr. Metrik, 1924, p. 10) ripete ancora il dato dello Hartel ; lo Sturtevant, lo stesso anno, analizzando i primi 800 versi delFIliade, smilmente trovava che il 63 /0 hanno dierei bucolica : ma, dall'altro canto, il Meyer (1884), mentre rivendicava contro il Lehrs parte dei diritti di questa sciagurata cesura stabilendo per l'et alessandrina, ed in parte per gli antichi elegiaci, la regola che un esa- metro con cesura pentemimera deve averne poi una accessoria eftemimera o bucolica, e che uno con cesura trocaica pu averne una accessoria bucolica (pp. 993, 998), per Omero (ib. p. 1044) scriveva : In Homer gengt mir die Tatsache, das von 27795 Versen nur 314 die Caesur nicht im 3. Fusse haben, zum Beweis, dass, wenn ein Vers im 3. Fusse Wor- tende hat, Homer hier Caesur gewollt hat, mag auch an anderen Vers- teilen eine viel krftigere Sinnes pause stehen ; ed ancor oggi Paul Mass [Griech. Metrik in Gercke u. Norden, Einleitung, I3 (1927), 7, 22 85] non riconosce in Omero che tre csure : nach dem 3. longum, nach dem 3. Trochus, nach dem 4. longum .

    Alla dieresi bucolica e alla pausa di senso e di voce che suole ac- compagnarla con relativa interpunzione connettono i trattatisti due altri fenomeni : l'uno fonetico, e cio la non rara ricorrenza dello iato ; l'altro di specializzazione sintattica e di effetto stilistico, e cio questo: che il membro oratorio seguente alla dieresi spesso o incomincia una nuova narrazione o fase di questa (es. 224) od invece l'ultimo di un periodo che si conchiude con il verso successivo (es. X 223-224); il qual secondo artifizio pass dall'epica anche all'epigramma elegiaco, dove di frequente l'ultimo esametro di tipo bucolico. Mi limito a rimandare al Christ p. 179 sg., allo Zambaldi, Metrica 1882, p. 221 e all'HARDiE p. 18.

    (1) Vi tuttavia Feccezione del Christ, gi ricordata.

  • REPLICA E CHIUSA 201

    latino locus (1); anzi il caposcuola stesso moder pi tardi il suo asserto (2). Nel 1884 il Meyer (3) rivendicava, infatti, la legittima esistenza della bucolica anche in latino, rammentando che i tipi

    Quem labor adsiduus vicino terreat hoste (Tib. I, 1, 3) Si quis et imprudens * aspexerit * occulat ille (Tib. I, 2, 37) Divitias aius fulvo * sibi * congerat auro (Tib. I, 1, 1)

    appartengono al novero di quelli pi frequenti e ricercati in tutti i tempi della latinit (4), che con essi s'imit un ben noto tipo alessandrino (5), e che, insomma, risulta sicuro che i poeti latini hanno conosciuto la cesura dopo il 4 piede altrettanto bene quanto quella dopo la 4a arsi (6). Non basta: il Meyer prosegue: e Man knnte fragen, ob denn die lateinischen Dichter, welche nach der mnnlichen Caesur des 3. Fusses der griechischen Regel folgend Nebencaesur verlangten, nicht nach der weiblichen Hilfs- caesr, ebenfalls der griechischen Regen folgend, auf Nebencaesur verzichteten (7). Fr die klassischen Dichter ist die Frage gegen- standlos, da sie die weibliche Caesur im 3. Fusse mit der mnnli- chen Doppelcaesur im 2, und 4. Fusse verbanden (8). Aber Lucrez

    (1) De re metrica p. 194. (2) Non ancora nella prima edizione 1870 dell'op. Catulli, Tibulli,

    Propertii carmina . . . ree. L. Mller, di dove poi la frase eh' io citai (Aegyptus, 1929, p. 177) pass in tutte le seguenti, ma s! nella seconda dell'op. De re metrica: cfr. Lieqer op. cit., p. 61.

    (3) Op. e loe. cit. (4) Cf. sulla frequenza di una fine di parola alla fine del 4. piede la

    tabella dello Sturtevant in AJPh. XLV, 342 fondata su 800 versi del- YEneide, 300 di Lucrezio e di Catullo: Catullo 73.0; Lucrezio 57.0; Vir- gilio 51.1. - Naturalmente per n lo Sturtevant n, modestamente, noi, consideriamo come casi di dieresi bucolica tutti quelli in cui si ha fine di parola dattilica o spondiaca dopo la quarta tesi : per ammettere Pinci- sione necessaria pausa sintattica o retorica preminente (cf. per questo anche Hardie, op. cit. p. 15 e p. 17 nota 1), ed allora bene spesso bisogna invertir l'ordine d'importanza, cio considerar la dieresi bucolica come Haupteinschnitt, e quella precedente, qual si sia, come Nebencsar.

    (5) Abbiamo gi ricordata questa regola alessandrina ; rivedila for- mulata col massimo rigore dal Maas op. e loe. cit. 7, 23 93.

    (6) P. 1057. (7) Ricordiamo che dopo la trocaica la cesura bucolica solo facol-

    tativa. (8) Per le Elegiae in Maecenatem ho fatto al riguardo qualche osser-

    vazioncella anch'io: v. a pp. 201-202 del mio lavoro // cod. 528 della

  • 202 F. AGENO

    hat in den 3400 Hex. von Buch I, III und VI nur III, 1045 dubitabis et indignabere. 1082. VI, 234. 355. 1252; Cicero keinen Fall der Art. Demnach war die Regel der mnnlichen Caesur bei diesen Dichtern auch auf die selteneren Verse mit weiblicher Caesur ausgedehnt (1).

    vero che il Meyer pone poi (2) Catullo tra i poeti dell'et classica a cui si riferisce nel passo citato il secondo periodo : ma noi ci contentiamo per il momento di osservare che il catulliano

    Cum Medi peperere novum mare, atque iuventus (LXVI, 45)

    corrisponde perfettamente alla suddetta estensione del tipo Divitias alius fulvo sibi congerat auro.

    Diamo adesso una scorsa ad alcuni dei principali trattatisti dallo Zambaldi in poi: nessuno segue il Mller (3) nell'ostracismo asso- luto, bench taluno, piuttosto sulla fede degli antichi che per altro motivo, limiti forse troppo la frequenza e l' importanza di questa dieresi (4).

    Lo Zambaldi nella Metrica (p. 221) nota soltanto che Virgilio nella poesia pastorale non segu [per l'incisione del verso] i mo- delli greci e che perci anche nelle ecloghe non sono frequenti versi come . . . EcL 2, 26 e 58 [che hanno la dieresi bucolica] ; negli Elementi (1917 9: pp. 37-38) non tocca pi della sua relativa infrequenza in latino, ne adduce prima come esempi EcL 2, 42 (semiternaria -f bucolica) (5), e finalmente avverte, trattando dello

    R. Bibl. Univ. di Padova (1928), recensito giusto dal prof. Lenchantin in Boficl. XXXVI, pp. 261-262 (allora io ero uno studioso diligente ed acuto ).

    (1) Nota a p. 1058. (2) R 1059. (3) Abbiamo gi accennato alla non chiara frase del Christ (1879 e);

    dopo non trovo in contrario che un'affermazione del Lindsay (Early Latin verse y 1922), ma relativa al solo Ennio: another unmistakable feature of Ennius' Epic Hexameter is its avoidance of Elision . . . Another is the avoidance of the Bucolic Caesura in Latin (p. 309).

    (4) Alludo ai citatissimi passi di Terenziano Mauro (GL Keil VI p. 389: vv. 2123 sgg.), Mario Vittorino (ib. p. 114, 1. 19 sgg), Atilio Fortunaziano (ib. p. 292, 11. 18-21). Sar bene io avverta per che non intendo contestare la relativa infrequenza della bucolica.

    (5) Piuttosto semiquinaria e bucolica, a mio parere.

  • REPLICA E CHIUSA 203

    iato in cesura, che esso documentato anche in cesura bucolica da Verg. An. I, 405 (1).

    Il Gleditsch, Metrik (1890 2) 173 dice: Die bukolische Csur ist im allgemeinen nicht beliebt, auch

    bei den bukolischen Dichtern nicht oft zu finden, jedoch wird sie nicht vllig verschmht, vgl. Verg. Bue. 1, 75.

    Besonders erscheint sie neben der Penthemimeres, z. B. ib. 5, 87 ... 7, 4. 44.

    Particolarmente importante lo Hardie, Res metrica (1920) p. 14 sgg. Egli anzitutto insegna che la dieresi bucolica esiste solo in quei versi dove dopo il quarto piede c' evidente e pre- minente pausa di senso e di voce; ma dato questo, secondo lui, non importa, in sostanza, se il quarto piede sia dattilo o spondeo : in generale i versi bucolici (cio colla dieresi bucolica) in Virgilio hanno il dattilo, tuttavia in un verso come EcL 3, 15 et si non aliqua nocuisses, mortuus esses parimenti riconoscibile la dieresi bucolica (2). Fornisce quindi dei dati statistici, secondo i quali nelle Ecloghe di Virgilio lines which any reader would feel to be bucolic come about 10 per cent (3), mentre nelle Georgiche si scende a circa il 3 per cento, e nell' Enide si resta fra 1' 1 e il 2 (4).

    (1) Cf. Metrica p. 194; Khner-Holzweissio, op. cit. p. 139 d). (2) Mentre espressamente rileva che non l'ha affatto un verso come

    P eliaco quondam prognatae vertice pinas = Quem labor adsidaus vicino terreat hoste : cf. innanzi il passo riportato da Meyer 1884 p. 1058 e la nostra nota. Altrimenti, egli dice, Catullus' Peieus and Thetis would be one of the most bucolic poems in the latin language . Cf. i gi citi BiRT, Das Elegische Distichon [in Martial], a p. 46 del vol. I dell' ediz. Friedlnder, ed Eskuche, Juvenals Versbau a p. 77 pure del I vol. del- l'ediz. Ffiedlnder.

    (3) Questo dato (p. 17 nota) non coincide per con l'altro (p. 19 nota 1) secondo il quale i versi bucolici sono in tutte le Ecloghe 67, di cui 63 con dieresi dattilica e 4 con dieresi spondiaca: 67 su 829 fa l'8 per cento e non il 10. Cf. Cornu pi oltre.

    (4) Cifre analoghe per altri autori e componimenti in simile genere. Lo Hardie ha inoltre un'osservazione acuta a proposito della innegabile esistenza della dieresi bucolica in Virgilio e della sua maggior frequenza relativa nelle Ecloghe: Virgil was too careful and subtil an artist to fail to put into his Pastoral some distinct suggestion of theocritean rhythm , anche se da riconoscere che, per non essere imitatore pedissequo, parco uso volle fare di tal caratteristica incisione. Quanto, infine, alle attestazioni degli antichi relative a questo parco uso, lo stesso Hardie giustamente

  • 204 F. AGENO

    11 Postgate, Prosodia latina (1923), un estremista, H quale scrive (p. 77) : Caesura may occur in any foot of the Hexameter e non degna neppure di menzione la dottrina tradizionale; lascia- molo dunque da parte.

    Il Vollmer (1), il Crusius (2) e il Juret (3) nei loro rispettivi trattati non hanno nulla di particolare, ma concordano almeno tutti e tre nel riconoscere l'esistenza, sia pure non indipendente, della cesura bucolica.

    Ultimo desidero citare il Cornu, o meglio le sue statistiche. Secondo il Cornu (4) la Sprechpause dividente l'esametro latino in 16 + 8, ossia la dieresi bucolica, raggiunge come frequenza oltre il 12% in Lucrezio, oltre il 5% in Catullo (5), oltre T8, il 4 e il 3 % rispettivamente nelle Bucoliche (6), nelle Georgiche e neV Enide, il 17% e pi dei 13% rispettivamente nelle Satire e

    osserva ricavarsi da esse che some at least of the ancient critics counted as bucolic only those lines in which there was a quite unmistakable or conspicuous break after the fourth foot . E difatti Mario Vittorino (GL Keil VI, p. 114, 1. 121 sgg.) espressamente avverte esser legge del carme bucolico e ut versus eius ea observatione formetur, ut ante duos ltimos quarto pede terminet aut partem orationis aut sen- su m ; ed anche Atilio Fortunaziano (ib. p. 292) pone la condizione s i quarto pede partem orationis finia t, bench l'esempio sia poi sbagliato.

    (1) Op. e loc. cit., 8, 13: die * bukolische' Dihrese nach Fuss 4. gilt natrlich nicht als selbstndiger Einschnitt (bei Verg. in den bue. absichtlich hufiger, sonst gelegentlich zu rhetorischen Zwecken) .

    (2) Op. cit. p. 44 : Hie und da findet sich, namentlich in den Hir- tengedichten des Virgil ein Dihrese nach dem 4. Fuss : es. Ecl. 3, 86.

    (3) Principes de mtrique grecque et latine (1929), pp. 14 e 18. Sostiene che le csure dell' esametro son tre sole, pentemimera, eftemimera, trocaica e che le altre (trimimera, bucolica) sono semplici * coupes '. la distinzione a noi gi nota in Hauptcsuren e Nebencsuren trasportata, e oscurata, in francese. Per la ' coupe bucolique ' in greco detto : Si le 4.e pied est occup par un mot ou une fin de mot suivie d'une ponc- tuation, ce pied doit tre un dactyle pur (coupe bucolique) ; e per la medesima in latino : la coupe bucolique, plus rare qu' en grec, suit les mmes rgles .

    (4) Lieqer, op. cit., tab. a p. 60, e discussione a p. 61. (5) Su 797 esametri 43 casi. (6) Su 831 (?) esametri 69 casi : risultato abbastanza concordante coti

    quello dello Hardie.

  • REPLICA E CHIUSA 205

    nelle Epistole d'Orazio, T8% in Marziale (1), il 13% in Giove- naie (2).

    Abbiamo enunciati i principii che, secondo noi, si devono ormai seguire nello studio e riconoscimento delle csure, abbiamo in particolare mostrato come nessuno pi dubiti che la dieresi bucolica esista in latino, quali siano le sue condizioni e quale la sua relativa frequenza, certo maggiore di quel che talvolta si afferma sulla fede di attestazioni antiche e mal intese o forzate a dire pi di quel che non dicono. Facciamo ora l'applicazione del metodo almeno al carme catulliano LXVI.

    In esso soddisfanno senza alcun dubbio alle esigenze di una vera e forte incisione bucolica solo i versi seguenti :

    15 Estne novis nuptis || odio Venus? || anne parentum 25 Sensibus ereptis || mens excidit ! || at te ego certe 31 Quis te mutavit || tantus deus? || an quod amantes 45 Cum Medi peperere || novum mare, || atque iuventus,

    mentre invece i versi in cui la fine del 4 piede coincide con fine di parola e per modo che, pur senza sussistervi pausa propria di senso, potrebbe taluno ammettervi una leggera pausa di voce, sono parecchi di pi. Infatti, escludendo quelli che la presenza di

    preposizione [7 cadesti in limine (?) | ; 17 quas intra | ; 35 is haut in | ; 39 tuo de | ; 59 solum in | ; 63 cedentem ad |] o di pronome o avverbio relativo [27 f acinus, quo | ; 29 mittens quae | ; 43 est, que m | ; 75 rebus, quant | ; 83 petitis quae ' ; 89 tuens cum |] non

    (1) Anche il Friedlnder in una sua nota alla monografia gi cit. di Teodoro Birt : Die von den elegantesten Dichtern vermiedene Inter- punktion nach dem 4. Fuss (Mueller r. m. p. 192) hat Martial nicht gerade selten ; ma il Birt non da nessuna importanza al fatto e alla bukolischen Nebencsur accenna appena ed alla maniera del Meyer (cio semplice fine di parola spondiaca, assai frequente in M., o dattilica senza esigenza di pausa): v. a p. 46.

    (2) Sulla bucolica in Giovenale, ma al solito senza distinguere netta- mente tra semplice fine di parola spondiaca - frequente anche pi che in Marziale al termine del 4. piede - o dattilica e vera e propria cesura esigente pausa di senso, cf. anche Eskuche op. e loc. cit. p. 77 sg., Ju- venal ed. Wright (1901) p. XXXVIII (la dieresi b. is more common in Juvenal than in any other latin poet ), ed. Wilson (1903) p. LXIII ( the frequence of this diresis ... in a notable characteristic of Juvenal's verse ).

  • 206 F. AGENO

    permette, naturalmente, di contare in nessun modo, o che altre ragioni sintattiche pi o meno evidentemente consigliano di lasciar da parte [5 sub Latmia ' saxa; 9 quant cuncts ' illa deorum' 33 pro dulc ' coniuge ; 37 caelest ' reddita coetu ; 47 cum ferro ' talia cdant ?; 51 comae mea ' fata srores ; 53 nutantibus ' aera

    pennis ; 65 et saevi '' contingens ' namque leonis ; 67 tardum dux ' ante Booten ; 77 cur is (?) fuit ' omnibus expers ; 81 reiecta ' veste

    papillas ; 93 utinam! coma ' regia fiarn], restano ancora l, 3, 23, 41, 49, 55, 61, 73, 79, 85, 91, dove non si pu disconoscere almeno una tipologia consimile:

    1 Omnia qui magni || dispexit | lumina mundi 3 Flammeus ut rapidi || solis nitor | obscuretur

    23 Quam penitus maestas || exedit | cura medullas! 41 Digna ferat quod siquis || inaniter | adiurarit 49 Et qui principio || sub terra | quaerere venas 55 Isque per aetherias |J me tollens | avolat umbras 61 Fixa corona foret || sed nos quoque | fulgeremus 73 Nec si me infestis || discerpent | sidera dictis 79 Nunc vos optato || quas iunxit | lumine taeda 85 Illius a mala dona || levis bibat | irrita pulvis 91 Unguinis expertem || non siris | esse tuam me (1).

    (1) Per maggior completezza, indicher qui in breve quel che penso (permane talvolta un elemento soggettivo innegabile, qualunque sia il criterio-base) riguardo alle csure degli altri esametri del carme LXVI: hanno la semiquinaria e fin di parola dopo la 4.a arsi o tesi : 5, 7, 9, 13, 17, 19, 21, 33, 37, 47, 53, 59, 63, 65, 67, 81, 87; hanno la trocaica senza fine di parola dopo la 2.a arsi, ma con fine di parola dopo la 4.a: 11 ?, 35 (cf. e converso trocaica con fine di parola dopo la 2.a arsi, ma senza fine di parola dopo la 4.a in 41); hanno la semisettenaria preceduta da fin di parola alla 3.a arsi: 27, 29, 43, 71, 75, 93 (solo in 27, 71, 75 si ha fine di parola anche dopo la 2.a arsi) ; hanno il tipo semiternaria -f- (trocaica +) semisettenaria, che non sempre, secondo me, va letto oscurando la trocaica e rilevando le altre due : 39, 51, 57, 69, 89 (applicherei Peresia della lettura secondo la trocaica in 39 e 57 !) ; e finalmente si presentano come casi isolati forse 11 trocaica + semisettenaria indicata dallo iato (se proprio necessario che lo iato coincida sempre con cesura) senza semiternaria, e 83 (semiternaria indicata dalla pausa sintattica + semisettenaria con intercedente fin di parola alla 3.a arsi). Non tocco altri punti perch questo scritto gi diventato anche troppo lungo.

  • REPLICA E CHIUSA 207

    In questi due gruppi di versi ne contiamo complessivamente 12 su 15 che hanno il tipo: fine (di parola) semiquinaria + fine bucolica; e di questi 12 ce ne son quattro soli (contando fra essi, e non si dovrebbe, anche 1 e 3) che hanno altres fine semiter- naria, e su questi 2 soli che l' hanno pur semisettenaria (3, 15). La stessa statistica, dunque, oltre che le partizioni di senso, ci mostrano che in tutti questi 12 versi le incisioni realmente da considerare sono la semiquinaria e la bucolica, tipo alessandrino notissimo, il cui parallelo (semiquinaria + semisettenaria) pur esso ben rappresentato nel carme. In quale rapporto Puna e l'altra incisione fra loro? Sar sempre vero, solo perch lo sostiene certa scuola, che alla fine del 4 piede vi sia soltanto fin di parola (cesura minore) o al pi cesura (pausa) accessoria ? Il senso, e (mi si permetta, insomm, di dirlo) il buon senso, consigliano talora altrimenti. Tutte le volte che la sintassi e V interpunzione sono a favore della bucolica, a questa deve competer la maggiore im- portanza, il maggiore rilievo. La bucolica non cesura indipen- dente, visto che sempre si lega ad una anteriore, cio appartiene al genere dell'esametro tripartito, ma, a parte questo, pu essere tanto cesura principale quanto accessoria.

    I versi 41, 45, 85 hanno anch'essi una tipologia fra loro ana- loga : fine (di parola) semiternaria, trocaica, bucolica (1) ; due fra essi 45 e 85 presentano anche quella semisettenaria ; ma alla luce del gi detto, se 41 va ben diviso

    Digna ferat quod siquis || inaniter | admirarit, anche 85 andr diviso

    Illius a mala dona (2) || levis bibat | irrita pulvis e 45, finalmente,

    Cum Medi peperere | novum mare, || atque inventus

    con la sola differenza del maggior rilievo da dare alla dieresi bucolica, in omaggio alla partizione del senso e a quelle spie della dieresi bucolica che sono, come sappiamo, lo iato e la frequenza

    (1) Simile tipologia (astraendo dai rapporti fra ictus e accento) anche in Virgilio: Bue. 1, 70 Impius haec tam eulta novalia miles habebit; A en. I, 199 O passi graviora, dabit deus his quoque Jinem.

    (2) L'esclamazione a porta in particolare o almeno anche su mala, e quindi non pu sussistere pausa sintattica fra a e mala.

  • 208 F. AGENO

    delio schema in cui il membram orationis consecutivo alla dieresi rappresenta la fine di un periodo maggiore (1).

    I due gruppi, quello della semiquinaria + bucolica e questo della trocaica + bucolica si sostengono, inoltre, a vicenda. Siamo qui in presenza proprio di quell'estensione della regola alessandrina relativa alla cesura maschile del 3. piede che il Meyer ha notato in Lucrezio e in Cicerone e che singolarmente ha escluso per Catullo: singolarmente, in quanto si tratta di un altro tipo ales- sandrino frequente, e quindi Cicerone avrebbe alessandrinizzato e Catullo no, neanche in un carme addirittura tradotto dal greco di Callimaco, come La chioma di Berenice*. Che questo tipo trocaica + bucolica sia scarsamente rappresentato, non pu farci meraviglia : gi la trocaica, tutti lo sappiamo, di per s rara in latino (2), tanto pi lo sar una sua combinazione, che non la sola (3).

    (1) N l'uno n l'altro argomento, iato e schema sintattico, valgono molto, ma pure in aggiunta son da tenere di conto. Per lo schema sin- tattico si pu facilmente obiettare che lo stesso tipo strofico porta a ci : ed anche vero, bench qui siamo in presenza di un periodo che occupa due strofe. Quanto allo iato si obbietta che altri esempi in tal sede Catullo non ne presenta: ma ricordiamo che anche di iato in arsi del 4. piede ne ha uno solo e proprio qui (LXVI, 11) e di iato in arsi del 3. uno solo CV1I, 1), e di iato intesi diversa forse uno (LXXXV1I, 1 : Non ita me di ament, se pure non da leggere dii e da supporre soltanto elisione di lunga). Se dai due luoghi sicuri lo iato avesse potuto esser cacciato via cos facilmente come di qui col cumque di O, lo s sarebbe certo fatto : e i tentativi, del resto, non son mancati (cf. Ellis ed. 1867 ad locc. : LXVI, 11 cedens Casaubonus, mactus Anna Fabris etc.; CVII, 1 cupidoque Aldin. I etc.). Arroge che, oltre al testo cai li m ach eo col suo xac, agli esempi greci in genere di iato in tal sede ed a quello di Verg. Aen. I, 405, anche il principio della lectio difficilior consiglia di non cacciar di sede qntVatque. SulFinterpretazione da dare alle parole del Vitelli [Studi it di filol. ci. VII, 1, 10 : che sia vero in Catullo Yatque di G, e sia invece dovuto ad orrore per Fiato (meno duro qui che altrove, dopo la dieresi bucolica) il cumque di O? Cfr. v. 11 e Friedrich p. 95 sg. ] sarebbe fuor di luogo insistere, tanto le son chiare [Aegyptus 1929 p. 177 : il Vitelli . . . non si mostra... alieno dall'ammettere lo iato, che giustamente gli suona 4 meno duro qui che altro /e ', e non so se accetterebbe, quanto alle ce- sure principali da riconoscersi in questo verso, l'opinione del Lenchantin stesso ] ; e del resto il Maestro - ad multos annos ! - vivo e verde.

    (2) Secondo il Cornu su 797 esametri Catullo la presenta solo 45 volte = 5.6 /0. Nel carme LXVI di trocaica preminente o notevole vi sono in complesso (cf. anche nota a p. 206) parecchi esempi: 11 (!), 35, 39 (!), 41, 45, 57 (!), 85.

    (3) Giacch il riconoscimento di questo tipo in Catullo non e da intendere nel senso che questo abbia unito sempre alla trocaica la buco- lica (cf. la gi citata nota a p. 206).

  • REPLICA E CHIUSA 209

    Io spero che ormai lo stesso prof. Lenchantin non creder pi di sognare rileggendo quelle mie parole, con le quali io ponevo, oh ben riguardosamente, in dubbio che proprio nel v. 45 tutti fossero pronti e disposti a riconoscere con lui le csure semiter- naria + semisettenaria ed a negare ogni rilievo alla bucolica. Che se poi non lo avessi convinto almeno di questo, cio che lecito dissentire da lui, senz'essere degl' ignoranti, e schierarsi nella scuola delle pause di senso anche contro l'autorit del Mller e del Meyer, io non so proprio che farci.

    Resta infine il supplemento n^yacc; proposto dal prof. Len- chantin per il v. 54 in Callimaco, ed a me non piaciuto. Che non mi sia del tutto piaciuto, questo vero ; ma a proposito del grot- tesco il prof. Lenchantin mi ha frainteso. A chiunque rilegga le mie parole (Aegyptus 1929, p. 177 sg.) sar chiaro che il mio dissenso non si riferisce al presunto EhQya