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Ja y Ramsa y ALCHIMIA L'arte della trasforma ione tecniche nuove

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Jay Ramsay

ALCHIMIA

L'arte della trasforma�ione

tecniche nuove

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Prega, leggi, rileggi, lavora e troverai.

"MUTUS LIBER"

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Per te Studiatemi, voi che sarete amanti, nel prossimo mondo che nascerà la prossima Primavera, perché io sono ogni cosa morta nella quale l'amore ha infuso nuova Alchimia. JOHN DONNE, "A NOCI1JRNALL UPON ST LUCIE'S DAY"

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PREFAZIONE

Jay Ramsay ha scritto una guida chiara e saggia ai misteri dell'animé e alle immagini e ai testi di alchimia che esplorano tali misteri, invi· tandoci a "visitare le viscere della terra", quel co�tinente sconosciute che si trova sia dentro sia intorno a noi. L'alchimia è la chiave, smar· rita per secoli, che ci consente di ricollegarci con l'anima, di cono· scerla e comprenderla, liberandola dalla prigione in cui l'abbiamo co· stretta per il semplice fatto di averla ignorata. Come afferma l'autore, l'alchimia è quell'aspetto mancante della no· stra tradizione religiosa che ricerchiamo oltre i confini della cultura la chiave per comprendere la nostra natura e la sua trasformazionE da metallo di base in oro. La fede non è mai stata sufficiente a mitigare le sofferenze dell'urna· nità, né a porre termine all'infinito ripetersi della barbarie umana L'alchimia è una scienza che insegna il modo per giungere alla tra· sformazione e a quel "matrimonio" interiore che ci consente sia d comprendere più profondamente la vita sia di superare i compless che impediscono un rapporto creativo con l'anima. Solo chi "vive' l'alchimia può scrivere di essa; le conoscenze e le acquisizioni che m

derivano possono essere trasmesse soltanto da quanti hanno imboc· cato il difficile sentiero della scoperta di sé. Una guida non è qualcuno che è già arrivato, ma qualcuno che ci ac compagna nella ricerca del tesoro e in parte ha già sperimentato "i buio più buio del buio", il significato della "pietra meravigliosa".

Anne Barin�

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RINGRAZIAMENTI

Questo libro è da ogni punto di vista il risultato di uno sforzo collet­tivo, benché sia stato materialmente scritto da una mano sola. Una tale opera non avrebbe però potuto essere portata a termine senza tutti i contributi ricevuti nel corso degli oltre sette anni di esperienza e studio che ne costituiscono la base e la prima materia. Desidero per­tanto ringraziare sentitamente tutti coloro che mi hanno coadiuvato in vari modi: Alison Roberts (autore di Hathor Rising), che per primo ha visto in me l'alchimia; Carole Bruce, che ne ha nutrito il seme; Barbara Somers, che mi ha offerto generosamente tale seme attraver­so le sue indicazioni bibliografiche; Bronwen Astor, che mi ha fornito un preziosissimo spazio per "fare fiasco"; Glenn Storhaug (della Five Seasons Press), che per primo mi ha mostrato l'opera di Burckhardt; Alexsis e Jag Robertson, che mi hanno aiutato a venire a patti con Sa­turno; Jehanne Mehta, che mi ha mostrato un nuovo modo di amare; Marion Fawlk, per la sua determinazione e purezza; Ferenc Aszmann,! per il suo brio e la sua radicale integrità; Rae Beth, che mi ha poste: di fronte alla mia ombra; Kristin Charlesworth, che mi ha aiutato a tornare alla rubedo; Keith Casbon, perché proviene da un pianeta di· verso dal mio; Susan Mears (agente e amica), per il suo impeccabile tempismo; Liz Puttick (redattrice e amica), per il suo apprezzamentc e la fiducia riposta in me; Caroline Waterlow, che mi ha mostrato la prima materia; Ted Partridge, per la sua meravigliosa lampada dorata e per "essere Ted"; Stanley Messenger, per la sua distillazione prov· videnziale; Judy de la Hoyde, che è arrivata con la sua terra calda e j dolci; Catherine Leonard e Marion Shiel, per le loro brezze irlandesi. Frances Emmelaus, per la sua regalità e per avermi prestato Mercu· rius; Bob Moore (in Danimarca), per il suo eccezionale insegnamen·

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to; Christopher Johnson, per la sua penetrante guarigione; Niels Bandholm, per il prezioso prestito di Fabricius; Maggie Peters, per essere stata presente a ogni svolta del sogno; Richard Wainwright, per avermi incontrato nel Queens; Mary Kingsley, per avermi ricor­dato l'avventura; Lindsay Clarke, per essere un leone rosso; Anne Baring e Robert Bly, per il notevole sostegno; Elizabeth Hutchins, per il suo demoniaco occhio red{lzionale; Helen Elwes, per la sua dili­gente abilità nella lotta contro il tempo ... Ringrazio inoltre tutti i miei clienti-compagni di strada e i parteci­panti ai seminari presso la comwùtà Crysalis, che mi hanno ripetuta­mente confermato l'importanza e la realtà dell'alchimia condividen­do il loro processo di trasformazione; fra loro, un ringraziamento particolare va a Immaculate Manzi, Catherine Abbot, Emma Shackle e Sheila Ranger. E, soprattutto, ringrazio Lucy Lidell, per la sua opera di guarigione in cielo e in terra e per il suo contributo affinché il progetto prendes­se la sua forma attuale, e Zanna Beswick, per avermi mostrato la con­clusione e per il suo dono d'oro in Dio lungo il percorso.

Possano tutti andarvi, giungervi, esservi: nel luogo del cuore al qua­le sappiamo di appartenere.

J.R.

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INDICE

Prefazione di Anne Baring . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . IX

Ringraziamenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . XI

CAPITOLO PRIMO Inizio (Introduzione) . . . . . . . . . . . . . . . . . l

CAPITOLO SECONOO Breve storia dell'alchimia. . . . . . . . . . . . . . 15

CAPITOLO TERZO Preparazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47

CAPITOLO QUARTO L'Opera minore: nigredo . . . . . . . . . . . . . . . 59

CAPITOLO QUINTO L'Opera minore: solutio . . . . . . . . . . . . . . . 77

CAPITOLO SESTO L'Opera maggiore: coagulatio .. o • o • • • • • • 93

CAPITOLO SETIIMO L'Opera maggiore: rubedo . . . . . . . . . . . . . 123

CAPITOLO CITAVO Rosa Mundi . . . . . .. . . o • • • • • • • • • • • • • • 159

CAPITOLO NONO Conclusione (Summa)................ 169

APPENDICE Alchimia e tantra, sintesi tra Oriente e Occidente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 179

Note . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . o . . . . . . . 189

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 197

Ulteriori informazioni . .. .. o • • • • • • • • • • • • • • • • • • o • • • • • • • 201

Indice analitico o • • • o • • • o • • • • • • • • • • o • • • • • • • • • • • • • • • • • 205

Fonti delle illustrazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 213

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CAPITOLO PRIMO

IN1ZIO

In un certo senso il segreto dell'alchimia è immaginare un mondo nel quale

sia possibile trasmutare il metallo di base in oro.

PATRICK HARPUR

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INTRODUZIONE

Soror mystica: si porta il dito alle labbra.

Potrebbe sembrare strano iniziare un libro senza alcuna premessa, ma tutta l'impostazione di questa guida è basata sul sentimento e sull'immaginazione, e per sentire occorre rimanere in silenzio. Per­ciò vorrei cominciare proponendovi un breve esercizio di meditazio­ne che rappresenta la chiave per accedere al tema che ci accingiamo a trattare. Siediti comodamente, leggi fino in fondo il testo che segue e poi rnet­tilo da parte. Ti occorreranno alcuni fogli di carta e una penna o una matita per scrivere.

Siediti tranquillamente e per un momento porta la tua consapevolezza sul respiro, e, mentre respiri in modo sempre piii lento e profondo, il respiro en­tra dentro di te. Ora, pronuncia mentalmente la parola ALCHIMIA e /asciala risuonare. Con­tinua a ripeterla. Che cosa ti evoca? Che sensazione provi e dove la puoi collocare? Rimanendo in contatto con questa parola, verso quale parte del corpo ti sen­ti condotto? Che cosa avverti? Senti o vedi qualcosa? Prova a far emergere un'immagine da quella parte di te e accogli con fidu­cia ciò che affiora, qualunque cosa sia. Adesso, conserva per un momento l'immagine nella tua consapevolezza . . . poi ritorna al tuo stato normale. Prendi nota dell'immagine e di qualsiasi al­tro elemento emerso durante questo esercizio.

Ciò che conta è la tua esperienza: la tua sensazione di fondo e il mo­do di rapportarti a essa.

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Man mano che procederemo lungo il nostro percorso proporremo al­tri esercizi di meditazione. Durante la lettura di questo libro potreb­be essere interessante tenere un diario, non soltanto per annotare le tue esperienze durante gli esercizi ma anche per approfondire lo stu­dio autonomamente, mediante la scrittura.

Perché, dunque, è importante l'alchimia? Perché questa parola è do­tata di una tale forza e profondità? E in che modo può esserci utile oggi? L'alchimia è un processo nel corso del quale il metallo di base­o piombo- viene trasmutato in oro attraverso una serie di fasi di­verse che, nell'insieme, formano quella che viene definita l"'Opera" o la "Grande Opera". Si tratta di un processo tanto letterale e fisico, quanto metaforico e in­teriore. Esso appartiene sia alla sfera della materia sia a quella dei sentimenti e dell'immaginazione. Avviene all'interno del nostro cor­po, generando esperienze che non riusciamo a comprendere imme­diatamente, ma è in atto anche nel mondo esterno. È in corso nel mo­mento stesso in cui stiamo parlando. L'alchimia è presente ovunque nella nostra cultura. Alcuni musicisti rock, come i Dire Straits, hanno usato termini alchemici per i titoli dei loro album. Lo scrittore e mistico A ndrew Harvey si è occupato spes­so di alchimia nella sua opera Dialoghi con un mistico moderno. Il libro di Paulo Coelho L'alchimista, una favola sull'importanza di seguire i propri sogni, ha riscosso un grande successo fin dalla sua prima pub­blicazione, avvenuta nel 1993. L'alchimia rappresenta il tema centrale del romanzo di Lindsay Clarke The Chymical Wedding (1989), che ha ricevuto anche riconoscimenti letterari. Lo stesso vale per l'opera di Patrick Harpur, Mercurius, un diario alchemico romanzato scritto all'incirca nello stesso periodo. Il celebre regista e pittore Derek Jarman ha scritto sull'alchimia nel giu­gno 1993 in uno dei suoi ultimi libri, Chroma, una meditazione sul co­lore. Sembra dunque che l'alchimia sia un patrimonio molto ricco e profondo al quale attingere. L'alchimia è un elemento assolutamente unico nella tradizione occi­dentale per il modo in cui unifica, anziché separare, spirito e materia. In questo senso è profondamente non dualistica, a differenza dell'or-

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todossia cristiana o di alcune sette alternative, come gli Gnostici e i Catari, secondo le quali la materia era peccaminosa e persino diabo­lica: il regno di Pan, dio pagano che è diventato la rappresentazione del diavolo. L'alchimia non si basa su tale concezione, pertanto è sempre stata considerata in radicale opposizione, se non addirittura eretica, rispetto al modo di pensare e alla morale costituiti. L'unicità dell'alchimia è dovuta al fatto che pone al primo posto l'in­dividuo e il processo che conduce allo sviluppo dell'individualità. Tradizionalmente gli alchimisti sono stati artigiani solitari per i quali l'esperienza e la ricerca personale costituivano il risultato del proprio lavoro. Questo tipo di atteggiamento si differenzia notevolmente da quello che crea i dogmi o l'ideologia collettiva, qualunque essa sia. L'alchimia si contrappone a una tale superficialità generalizzante, an­che se ciò non ha impedito agli alchimisti di coltivare la spiritualità e la devozione religiosa. La concezione e il processo dell'alchimia valo­rizzano in tutti i modi possibili l'individualità di ciascuno. L'alchimia presenta anche un aspetto intensamente creativo che ci consente di stimolare e arricchire questa componente della nostra personalità e, allo stesso tempo, di comprenderne più approfondita­mente i processi. Gli alchimisti che hanno confrontato le proprie annotazioni sia fra lo­ro sia retrospettivamente nel corso del tempo, hanno constatato che si tratta di appunti creativi che attestano un'opera in corso, un'opera che era ed è inesauribile e che sta alla base della nostra evoluzione interiore di persone dotate di immaginazione e vitalità. L'alchimia fa appello alla nostra intuizione più che all'intelletto, in quanto si tratta di un processo che non attiene alla logica razionale. In termini moderni, potremmo dire che si avvale dell'emisfero destro del cervello più che di quello sinistro. In effetti, gli alchimisti sono stati i "pionieri" dell'inconscio - un concetto oggi ormai dato per scontato - molto prima della nascita della psicoterapia come scienza e metodo di cura. L'alchimia parla alla nostra mente sognante, all'inconscio, alla capa­cità di vedere con gli occhi dell'anima, ed è per tale ragione che l'ho definita "il sentiero dell'anima". Questa antica scienza illumina l'ani­ma nei suoi processi più intimi, insegnandoci a vedere attraverso una luce più profonda. A partire dalla propria esperienza, in Tlze Alchemy of Illuess (L' alcl1imia della malattia) Kat Duff descrive così il processo interiore:

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Un giorno, mentre ero in cucina e stavo miscelando della vitamina C in polvere in un bicchiere d'acqua, osservando la schiera di farmaci allineati sullo scaffale, mi resi conto che la mia malattia e la sua gua­rigione erano questioni di chimica. Si trattava di una chimica legata alla materia, come il magnesio e il potassio che assumevo per aiutare il mio corpo ad assimilare la vitamina C, ma non solo. A volte, infat­ti, l'azione dei farmaci si rivelava efficace, mentre altre volte non lo era, e questo senza un motivo evidente. Per esempio, spesso mi acca­deva di sentirmi meglio subito dopo aver ingerito la vitamina C, mol­to prima che avesse tempo di fare effetto. I ricercatori medici defini­scono questo fenomeno "effetto placebo"; io preferisco definirlo "ma­gia", in quanto si verifica quando qualcosa - una pillola o una paro­la - è pregno di una forza e di un significato che lo rendono più effi­cace. Questa è alchimial.

L'alchimia palpita di vita: giunge alla fonte stessa della vita. Un altro elemento della sua attualità è l'integrazione della sessualità come componente della dinamica fra gli aspetti maschili e femminili del processo. A tale concetto è dedicata la parte principale di questo li­bro. Nell'alchimia la concezione della sessualità è radicale. Il sesso non è soltanto tale: è profondità, morte, purificazione e redenzione. Nella sessualità l'alchimia ci indica il nostro vero essere in quanto uomini e donne - in quanto re e regine -, oltre a valorizzare le no­stre potenzialità in questo ambito; sottolineando l'androginia nella fi­gura dell'ermafrodita bisessuale, essa allude ad aspetti ancora ine­splorati dei generi. Suggerisce inoltre che ognuno di noi appartiene a un genere unico che è espressione del maschile e del femminile den­tro di noi; anche in ciò l'alchimia ha un profondo potere risanante per l'epoca attuale in cui, dal punto di vista sessuale, siamo così evi­dentemente sofferenti e confusi. Smith, parroco di giorno e alchimista la notte nello scantinato di ca­sa, così afferma in Mercurius:

Tutto questo mi passava per la mente camminando nel bosco illumi­nato dal chiarore della luna, ed ero impaurito. Mai prima d'ora si era avvertita così intensamente la necessità della nostra Filosofia. Mai lo Spirito era stato un bene tanto raro. Occorreva ricercarlo dove meno ci si attendeva di trovarlo, ossia nella materia. Solo la nostra Filoso­fia poteva recuperarlo dal sotterraneo regno delle ombre; soltanto la

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nostra Arte cessava di guardare invano alle vaste Altitudini e inizia­va . . . a partire dalle Profondità2•

Soprattutto l'alchimia aspira alla totalità, alla totalità di ciò che siamo e al vivere la vita nella sua pienezza, senza limitazioni né repressio­ni. La totalità, per definizione, significa inclusione invece che nega­zione; come mi ha detto una volta la fotografa e terapeuta Carole Bruce: "Qualsiasi negazione è una negazione di Dio". Secondo l'al­chimia ogni cosa fa parte di Dio, altrimenti non esisterebbe. In quan­to esiste, fa parte dell'Opera. Totalità in questo ambito significa anche osservare ciò che non abbia­mo vissuto: rivolgere lo sguardo a ciò che esiste nell'ombra di chi pensiamo di essere o di chi siamo stati finora. Qui risiede la potenza dell'alchimia: in tale riconoscimento vi è un luogo dal quale non pos­siamo più sfuggire a noi stessi, un luogo di confronto in cui iniziano l'Opera e il processo che essa richiede. La totalità che l'alchimia ci sfida a raggiungere è anche espansione: ampliare la mente e il cuore, diventare più propriamente noi stessi e sentirei più compresi nella Creazione. È un processo che ci invita a perseguire il corso della nostra vita e a comprendere, in esso, qual è il vero scopo dell'esistenza, indipendentemente dalla sua durata. Un partecipante a un seminario che ho tenuto presso il College of Psy­chic Studies di Londra ha osservato: "Sa, ho l'impressione che questo tipo di cose mi accada da sempre". L'alchimia ha bisogno di tempo, così come l'amore e l'oro. Non è qual­cosa che si possa ottenere in quattro e quattr'otto; come ogni alchimi­sta sa, richiede perseveranza e pazienza, sempre più pazienza a mano a mano che riconosciamo che i tempi non dipendono solo da noi. L'opera alchemica di realizzare il cielo in terra ci trasforma sia inte­riormente sia esteriormente; viviamo con maggiore profondità nel mondo e, al tempo stesso, siamo più consapevoli di appartenere a un quadro cosmico più ampio. Ciò che si intende per "alchimia"­ciò che Smith chiama "la nostra Filosofia" - non è soltanto conoscen­za ma anche saggezza: la conoscenza appresa e sofferta attraverso l'esperienza. Questa è la promessa racchiusa nel simbolo del sigillo di Salomone, in cui il triangolo con il vertice rivolto verso l'alto, em­blema dell'anima e della sostanza, e il triangolo con il vertice rivolto verso il basso, emblema dello spirito e dell'essenza, si fondono fino a formare una stella.

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Dopo avere anticipato la conclusione, ritorniamo agli inizi illustran­do ciò che è l'alchimia. Dobbiamo sapere che cos'è, sentire che cos'è prima di cominciare a utilizzarla. A questo punto può essere utile fer­marsi un momento per ricollegarsi con il precedente esercizio di me­ditazione (vedi pag. 3).

Stanislaus Klossowski de Rola ha descritto l'alchimia come "una real­tà nascosta dell'ordine superiore"3. Ritengo sia un'espressione molto precisa, oltre che utile, e vorrei evidenziare, in particolare, l'accosta­mento degli aggettivi "nascosta" e "superiore", entrambi appropriati poiché suscitano contemporaneamente un senso di elevazione e di profondità. In quanto filosofin - ma anche cosmologia, visto che si oc­cupa di sole, luna e stelle -l'alchimia rappresenta un ponte fra terra e cielo, materia e spirito, solido e fluido, visibile e invisibile, nonché l'unione dell'orizzontale e del verticale. In quanto processo, come si è già detto, l'alchimia richiede la trasmu­tazione del metallo di base in oro, e tale processo avviene in uno sta­to di coscienza radicalmente alterato; lo stato di coscienza è quello del­l'alchimista o, come veniva anche chiamato, artifex. In questo caso, l'alchimista è ciascuno di noi. L'alchimia è dunque un processo fisico che comporta la conoscenza di sé, alla quale però non possiamo accedere senza rimanere in con­tatto con il corpo e con il terreno: in altre parole, con la nostra terra. il processo rappresentato dalla Grande Opera, o Magnum Opus, com­prende due fasi principali corrispondenti a quelle che gli alchimisti chiamano "Opera minore" (nigredo e solutio) e "Opera maggiore"

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(coagulatio e rubedo). Esse riguardano rispettivamente la spiritualizza­zione del corpo e l'incarnazione dello spirito. Dal punto di vista fisico, si può rappresentare la spiritualizzazione del corpo come un gesto in cui ci si protende verso l'alto, sollevando i palmi delle mani sopra il capo, e successivamente ci si china verso il basso e ci si raccoglie verso l'interno; stando in piedi, si porta così tutta la propria energia in basso e all'interno del corpo.

Se lo desideri, concediti una pausa, alzati in piedi e prova a compiere que­sti gesti. Sii consapevole dei movimenti che stai eseguendo e del rapporto che li correla mentre ti muovi prima verso l'alto e poi verso il basso.

L'alto come il basso, l'interno come l'esterno.

Come riconosciuto unanimemente dagli alchimisti, le due principali fasi dell'Opera, o Opus, sono legate, a loro volta, a due aspetti. Il pri­mo è quello del dominio sulla cosiddetta prima materia, ossia la mate­ria grezza, o caos, presente sia in ciascuno di noi sia nella nostra vita. Il secondo aspetto riguarda, quale conseguenza del compiere il pro­cesso fino in fondo, ciò che viene definito "la creazione interiore di un corpo luminoso", connessa alla coscienza, all'oro e, dal punto di vista corporeo, alla resurrezione: letteralmente, la nuova vita. Derek J arman elenca le seguenti fasi:

NERO

Il metallo di base è la prima materia, un caos come le scure acque delle profondità. Melanosi e nigredo.

BIANCO

L'albedo calcinata purificatrice.

GIALLO

Un'altra fase, denominata xantosi.

PORPORA Iosis, il colore della regalità. Nel perseguire la meta hai attraversato il Mar Rosso4•

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L'alchimia è un viaggio attraverso il morire e il nascere o rinascere. In termini moderni, possiamo considerarlo un viaggio dallo stato egei­co - o dell'io - al Sé: quell"'lo" che sono veramente, il mio essere au­tentico e la mia vera identità. Il Mar Rosso menzionato da Derek Jar­man allude alla natura del territorio da attraversare per giungere al­la meta: un regno strano e miracoloso sommerso dal fuoco e dall' ac­qua, come il nostro ventre, che riusciamo a distinguere soltanto al chiaro di luna e tastando il terreno con la pianta dei piedi... Lo stesso termine "alchimia" contiene un'indicazione importante per chi, come noi, è all'inizio di questo viaggio. La sua origine è araba: al kimia, tradotto in vario modo come "arte della terra nera" o "arte egi­ziana", dall'arabo chem che significa "nero", ma anche dalla parola greca chymia, che indica la colata o fusione dei metalli. Secondo altre interpretazioni, il termine deriva invece dall'ebraico chamaman, che significa "un mistero", nel senso di qualcosa di occulto o segreto, non facilmente rivelato. Tutto questo è perfettamente in sintonia sia con la natura sia con la storia dell'alchimia.

Prendiamo ora brevemente in esame il testo fondamentale, o rivela­zione, che sta alla base dell'alchimia: la Tabula smaragdina (LA tavola smeraldina), attribuita a Ermete Trismegisto. Secondo la leggenda, Sa­ra, moglie di Abramo nella Bibbia, la prese dalle mani del marito morto, e Alessandro Magno la scoprì nella grotta dov'era sepolto Abramo. Ermete Trismegisto (che significa "tre volte grande" o "na­to tre volte") rappresenta sia un archetipo sacerdotale sia una figura paterna; ogni alchimista ne è un discendente diretto, così come, se­condo la tradizione, ciascun essere umano è un discendente di Ada­mo. Con il termine "smeraldo", colore del cuore, si designava in epoca greco-egiziana qualsiasi pietra verde. Chi sia realmente l'auto­re del testo, del quale esistono varie traduzioni, è tuttora un mistero. La versione più antica è in arabo, ma ne esistono diverse anche dal latino (fra le quali quella riportata di seguito). Si tratta di uno scrit­to di grande bellezza, un vero e proprio poema in prosa. È consi­gliabile soffermarsi a rileggerlo più volte, prima di passare a esami­narne il significato.

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La tavola smeraldina 1. In verità, certamente e senza alcun dubbio il più basso è simile

in tutto al più alto e il più alto è simile in tutto al più basso, e questo perché si compiano i miracoli di una cosa sola.

2. Così come tutte le cose procedono dall'Uno per la meditazione di Uno solo, ugualmente tutte le cose nascono per adattamento da quest'unica cosa.

3. Suo padre è il sole e sua madre è la luna. Il vento l'ha portato nel suo ventre e la terra è la sua nutrice.

4. È il padre di tutti i miracoli del mondo. 5. La sua potenza è perfetta se viene convertita in terra. 6. Separa la terra dal fuoco e il sottile dal grosso, lentamente e con

grande prudenza. 7. Si eleva dalla terra al cielo e ritorna poi alla terra, e riceve così

la potenza delle realtà superiori e inferiori. La gloria del mondo intero sarà così tua e l'oscurità si allontanerà per sempre da te.

8. È la forza delle forze, e la sua forza si estende su tutte le cose sottili e penetra tutte le cose solide.

9. Così il microcosmo è creato secondo il modello del macrocosmo. 10. Da qui e in questo modo procedono meravigliose indicazioni. 11. Per questo sono chiamato Ermete Trismegisto, perché in me so­

no le tre parti della saggezza del mondo intero. 12. Perfetto è ciò che ho detto dell'opera del soleS.

"ll più basso è simile al più alto": questo è il verso di inizio che allu­de alla connessione fra cielo e terra, sulla quale ci siamo già soffer­mati, e che corrisponde anche al "macrocosmo" e al "rnicrocosmo" citati nel verso 9. Con i "miracoli di una cosa sola" (verso 1) si fa ri­ferimento all'Opera, o processo, che si esplica proprio in virtù di tale connessione. Per ciò che concerne il "padre" e la "madre" (verso 3), nel corso della trattazione approfondiremo il significato del sole e della luna parlando degli elementi Sol e Luna, intesi dagli alchimisti in senso cosmico oltre che astrologico. n "vento" (verso 3) è il respi­ro e pure l'ispirazione - il termine significa "inspirare" - e la sua "nutrice" è il corpo, dunque anche il singolo corpo di ciascuno. Il ri­ferimento al "padre" in quanto sole colloca quest'ultimo in posizione centrale; il sole è inoltre simbolo dell'oro quale stato di suprema chia­rezza, a sua volta rappresentabile sotto forma di cerchio, ulteriore ri­ferimento al sole.

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L'affermazione del verso 5 allude all'Opera maggiore, o incarnazio­ne dello spirito: "La sua potenza è perfetta" significa letteralmente che funziona "se è convertita in terra". Questo è ciò che promette di realizzare. I versi 6 e 7 proseguono descrivendo sia il processo di trasformazio­ne interiore sia la reazione che ha luogo all'interno del vaso riscalda­to dell'alchimista. Essi si ricollegano al detto principale della nostra materia, ovvero "salve et coagula", letteralmente "dissolvi e ri-costitui­sci" o "muori e ri-nasci". Attraverso tale processo, "l'oscurità" - inte­sa come grossolanità, ignoranza, stupidità e illusione- "si allonta­nerà per sempre da te". Il testo afferma poi che qui "è la forza delle forze"; in altre parole, l'energia più forte che esista è la verità, la posizione che dobbiamo assumere per quanto vulnerabili possa renderei. Segue quindi l'affermazione del verso 9, secondo la quale questa è la verità che si cela nel cuore della stessa Creazione: basta saperla com­prendere. Se riusciremo a coglierla potrà avvenire il miracolo, e noi vivremo alla luce della verità: quella luce che è il sole, l'oro e la fa­mosa "pietra filosofale", tutti e tre sinoninù di verità. Nel verso 11 troviamo un altro significato di "Trismegisto", quale stato iniziatico dell'essere in cui "le tre parti della saggezza" sono spirito, psiche (o anima) e corpo riuniti in una totalità che è "il mon­do intero". Possiamo concepire la totalità come uno stato risanato e risanante. E l'opera del sole? È perfetta, dunque, e si realizza compiutamente nel simbolo del cerchio, cosa di cui saremo continuamente consape­voli a mano a mano che aumenterà la nostra conoscenza.

Fermati un momento, rimani seduto e immagina il sole direttamente da­vanti alla fronte, finché non riuscirai a sentire la luce che entra dentro di te . . . Sii consapevole della tua sensazione in questo momento.

·

Puoi provare anche stando al sole.

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Pur non essendo un testo di facile comprensione, la Tavola smeraldina ci prepara ad affrontare le difficoltà che caratterizzano il linguaggio alchemico, oltre a essere già di per sé una chiave per comprendere al­tri scritti ancora più oscuri e impenetrabili. Per approfondire le nostre basi in materia dobbiamo rifarci a taluni elementi di storia dell'alchimia, il che ci offrirà anche l'opportunità di introdurre alcune delle idee più importanti prima di entrare nel vivo del processo. Passiamo dunque a delineare sinteticamente la storia dell'alchimia.

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CAPITOLO SECONDO

BREVE STORIA

DELL'ALCHIMIA

Insegneranno a tutti gli uomini? A quale sorta di persone può essere rivolta questa scienza,

e qual è la vera scienza dell'alchimia dagli antichi padri chiamata benedetta e sacra?

THOMAS NORTON, "ORDINALL OF ALCHIMIE"

Se può essere utile interpretare la natura in termini umani, l'alchimia conseroa ancora un valore attuale; in caso contrario presenta

soltanto un interesse storico.

F. SHERWOOD-TAYLOR

Mi si chiede di riassumere in quattro minuti quattromila anni di filosofia e gli sforzi di un'intera vita. Inoltre mi si chiede di tradurre

nel linguaggio camune concetti per i quali tale linguaggio non è idonea . . .

FULCANELLI, CITATO DA }ACQUES BERGIER

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BREVE STORIA DELL'ALCHIMIA

Sopra, testo, sotto, il fiume.

Le radici dell'alchimia sono complesse e profonde; affondano e si prolungano nella terra e indietro nel tempo, attraversando mari e continenti. La storia dell'alchinùa è inscritta nel suolo, nella terra dal­la quale ha avuto origine e nella quale si trova tuttora. Come l'Albe­ro della Vita, essa protende le sue radici verso il basso alla ricerca di nutrimento. L'alchimia è sempre stata chiamata "Arte divina" o "Arte sacra", e fi­no al V secolo d.C. era conosciuta come tale. Benché nella nostra trat­tazione ci occuperemo principalmente della tradizione occidentale, va ricordato che le sue origini risalgono all'antica Cina, in epoca prece­dente al 2500 a.C.; in seguito si è sviluppata in India e nell'Estremo Oriente, in particolare in Giappone e nell'Asia sudorientale. Sia in Cina sia in India, l'alchimia si proponeva quale fine specifico di favorire la longevità, il prolungamento della vita umana. Ritrovia­mo questo riferimento nel termine cinese Chin-jo (''succo d'oro" o "elisir''), ma anche nei testi tantrici che costituiscono una sezione dei Veda,. le più antiche scritture sacre della tradizione indiana: Occorre tuttavia andare più in profondità per individuare la fonte comune, che risiede in una concezione della terra come entità magica e viven­te, una "Gaia" che si autogenera, una gemma preziosa sepolta, av­volta da strati e filoni in cui si formano minerali e metalli. L'epoca moderna si è notevolmente allontanata da questo modo di concepire la terra; dovremmo invece recuperare il senso di rispetto reverenzia­le, quella primitiva deferenza che permeava il "compito sacro" degli antichi artigiani che lavoravano i metallil. Lo stesso atteggiamento traspare in tutti gli scritti alchemici. Ne sono un chiaro esempio le parole di Valentinus, un'altra figura leggenda-

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ria - con ogni probabilità un monaco benedettino - che nel )(V seco­lo scriveva:

Tutte le erbe, gli alberi e le radici, così come tutti i metalli e i mine­rali, traggono il proprio nutrimento dallo spirito della terra, che è lo spirito della vita. Tale spirito è a sua volta alimentato dagli astri che lo rendono capace di trasmettere nutrimento a tutte le cose che cre­scono e di curarle come fa una madre con il figlio che tiene in grem­bo. I minerali sono nascosti nel grembo della terra, che li nutre con lo spirito che essa riceve dall'alter.

In questo brano possiamo constatare come la connessione fra terra e astri venga concepita in modo estremamente fisico e reale ma, al tempo stesso, sottile e invisibile, ossia "nascosto". È a partire da tale concezione della materia e dell'energia che possiamo iniziare a com­prendere ciò che gli alchimisti intendono per "terra".

L'ANTICHITÀ

Le più antiche testimonianze storiche riguardanti l'alchimia risalgo­no all'antico Egitto. I primi alchimisti, pur scrivendo in greco, erano egiziani ed ebrei. La più nota fra essi, la "madre dell'alchimia" a li­vello pratico e terreno, è, secondo la leggenda, Maria di Amram, so­rella di Mosè, conosciuta anche come Maria l'Ebrea. A lei viene attri­buita la formula che prefigura direttamente le fasi del processo:

L'uno diventa due, il due diventa tre e dal terzo ha origine l'uno come il quarto.

A Maria l'Ebrea viene attribuita un'altra formula nella quale si parla di sposare "la gomma bianca e rossa", che indica la quarta fase de­nominata rubedo. Sempre a lei, inoltre, si deve l'invenzione dell'alam­bicco e della storta, due strumenti fondamentali fra le attrezzature di laboratorio. Oltre a Maria l'Ebrea, vi sono state anche altre donne al­chimiste (come Teosebeia, sorella di Zosimo). Un altro nome celebre, dopo Democrito, è quello di Zosimo, un arti­giano di laboratorio del X.V secolo, visionario e prolifico scrittore di

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trattati, fra i quali La grande e divina arte di generare l'oro e l'argento. L'attribuzione di altri scritti alchemici ad autori come Giamblico, Mo­sè e persino Cleopatra è inv�ce sicuramente un falso. Assegnare loro la paternità dei testi era semplicemente un modo per rivendicare au­torità e credibilità a favore dell'argomento trattato. Un insigne auto­re dell'antichità suscitava infatti maggior rispetto di un contempora­neo, nella maggior parte dei casi sconosciuto. Nelle opere di coloro che per primi si dedicarono alla pratica alche­mica si rileva il senso di radicamento alla terra e si rintracciano le ba­si fondanti dell'alchimia quale scienza sperimentale. L'alchimia inizia a essere praticata come un processo fisico nel senso letterale del ter­mine, ossia come un processo di laboratorio finalizzato in primo luo­go alla produzione artificiale di oro e argento e talvolta di pietre pre­ziose, applicando tecniche che sopravvivono nella moderna industria orafa. Questi risultati erano ottenuti prevalentemente attraverso colo­razioni prodotte da leghe metalliche- per esempio, lo "sbiancamen­to" del rame (utilizzando l'arsenico) e l"'ingiallimento" (tramite l'im­piego di polisolfuri ricavati dalla bollitura di calce e zolfo) - scaldate a temperature elevate. Fra gli esperimenti più riusciti, dei quali restano a testimonianza al­cune ricette sorprendenti e stravaganti, vi fu il "raddoppio dell'oro" (procedimento volto a ottenere, letteralmente, una quantità doppia o ancora maggiore d'oro). Da questi primi esperimenti vennero tratti due principi fondamentali: innanzitutto, che fosse necessario sotto­porre l'oro alla "prova dal fuoco", al fine di verificarne la qualità; in secondo luogo, che l'oro potesse essere concepito come un seme o un fermento in grado di trasmutare una massa o un metallo di base ren­dendoli identici a se stesso. Queste idee vanno considerate da un punto di vista sia letterale sia metaforico. Al contempo, con lo sviluppo delle attrezzature di laboratorio, cui si aggiunsero le metodiche di distillazione e calcinazione (combustio­ne), si delinearono le tre principali fasi dell'Opera, ossia !"'anneri­mento" (residuo di piombo), !'"imbiancamento" e l"'ingiallimento". Che dire del processo in sé? Quale può essere stata la sensazione dei primi alchimisti nell'osservare un metallo trasformarsi in una massa informe di colore nero per poi assumere nuovamente le sembianze di un metallo e, per di più, del più nobile ai loro occhi? Dal nero all'oro: morte e resurrezione, metallo fuso nel suo fluido lu­minoso e silente, pregno di significato ...

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l 2 3

4 5

6 7

Sempre in questo ambito ebbe origine l'antico parallelo fra alchinùa e astrologia, fra pianeti e specifici metalli a essi associati, che risale all'Egitto e alla Grecia antichi. Prende forma in tal modo il quadro cosmico, al cui centro vi è il Sole:

) � 9 0 Luna Mercurio Venere Sole

argento mercurio rame oro

Marte Giove Saturno

ferro stagno piombo

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Saturno era allora il pianeta più esterno (prima della scoperta di Net­tuno, Urano, Plutone e, in tempi più recenti, di Chirone) rispetto agli altri, che, disposti in cerchi concentrici, formavano una sorta di spi­rale con un movimento interno diretto verso il centro. Qui era collocato il Sole/ oro, il punto al centro del cerchio:

IL MEDIOEVO

Nel Medioevo l'alchimia giunse in Occidente. Comparvero le prime traduzioni di testi arabi- in particolare degli scritti di Giabir-ibn­Hayyan, o Geber, il nome col quale divenne noto in Europa - fra i quali lA tavola smeraldina. L'alchimia aveva permeato la cultura isla­mica a partire dall'VIII secolo, a seguito dell'espansione araba in Egitto; gli arabi, a loro volta, la diffusero in Spagna e nell'Italia meri­dionale. La prima traduzione nota di un testo alchemico arabo in in­glese fu realizzata da Roberto di Chester durante il suo soggiorno in Spagna, nel1144. L'interesse nei confronti dell'alchimia crebbe in un'atmosfera di rinno­vamento scientifico, fino a coinvolgere i migliori pensa tori dell' epo­ca, fra i quali Alberto Magno, Ruggero Bacone e Tommaso d'Aquino. L'alchimia poteva essere considerata una vera scienza? Era di origine divina? Ed era davvero in grado di ottenere i risultati che sosteneva di poter conseguire? Papa Giovanni XII non era di questo parere, al punto che, nel1317, emise un editto di condanna:

Poveri essi stessi, gli alchimisti promettono ricchezze che non sono ottenibili: ritenendosi saggi, finiscono col cadere nella fossa che da so­li si sono scavati.

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Altri, come Alberto Magno, la pensavano diversamente; i precetti per l'alchimista da lui stesso redatti ci permettono di constatare co­me gli adepti dell'alchimia fossero destinati a rimanere ai margini della società:

Primo. Sii discreto e silenzioso, non rivelare a nessuno l'esito delle tue operazioni. Secondo. Abita in una casa privata in posizione isolata. Terzo. Scegli con discrezione i giorni e gli orari da dedicare al lavoro. Quarto. Sii paziente, diligente e perseverante. Quinto. Opera secondo norme prefissate. Sesto. Utilizza soltanto recipienti di vetro o di ceramica smaltata. Settimo. Disponi di ricchezze sufficienti da poter far fronte ai costi della tua arte. Ottavo. Evita di avere a che fare con prìncipi e nobilf3•

L'ultimo precetto, come vedremo, è stato ignorato da alcuni alchimi­sti, con conseguenze fatali. Il pensiero medioevale contribuì a elevare la qualità e la precisione delle argomentazioni alchemiche; il processo venne pertanto esposto in modo più ordinato e seguendo principi cosmologici. Ne sono un esempio gli scritti attribuiti a Raimondo Lullo (morto nel 1316), uno dei filosofi più influenti dell'epoca. Lullo ci introduce a quella che venne successivamente denominata prima materia. Egli riteneva si trattasse di argento vivo o mercurio che, come vedremo, associato a Ermete o Mercurid, rappr�senta l'es­senza del processo. Lullo sosteneva che questa era la sostanza primordiale dalla quale aveva origine ogni cosa nella Creazione. La parte più sottile formava i corpi degli angeli, le sfere celesti, gli astri e i pianeti, mentre la par­te più grossolana costituiva i corpi terrestri, compreso quello umano. Nell'ambito della materia, l'argento vivo era alla base dei quattro ele­menti - fuoco, terra, aria e acqua - dai quali restava distinto il quin­to elemento, denominato dall'autore "quintessenza". Ciò stava a si­gnificare che una parte di spirito è presente in ogni cosa e che, per­tanto, l'influenza divina può determinare in noi generazione e corru­zione, morte e rinascita. Tale principio, o concezione, è tratto dal Testamento di Lullo4, opera che ebbe una certa diffusione dopo il martirio dell'autore, il quale

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morì lapidato dai musulmani al suo arrivo in Africa. L'approccio di Lullo è rigorosamente cosmologico e parla anche all'uomo dell'età moderna. In esso l'elemento celeste e quello terrestre sono inestrica­bilmente connessi:

Argento vivo corpi celesti: angeli

sfere celesti quintessenza

fuoco, terra, aria e acqua Uomo/Donna

alberi, piante, minerali, rocce - terra firma.

Nello stesso periodo, le nozioni fisiche sulle quali si basava l'alchi­mia conobbero un ulteriore progresso grazie alla scoperta dell'alcol, distillato dal vino e chiamato aqua ardens, "acqua che arde"; a tale scoperta si accompagnava la credenza che si trattasse della quintes­senza, il che ne giustificò l'impiego come farmaco, per esempio con il Bénédictine, inventato da don Bernardo Vincelli nel 1510. Si compre­se che l'alcol aveva il potere di estrarre le essenze vegetali - ossia la loro quintessenza -, pertanto iniziò a emergere la dimensione curati­va dell'alchimia, parallelamente allo sviluppo dei rimedi fitoterapici, alcuni dei quali sono stati tramandati fino all'epoca moderna. "11 superiore come l'inferiore". I progressi continuarono su entrambi i fronti. Quanto più avanza l'esplorazione del cielo, tanto più la terra può rivelarsi, se abbiamo la capacità di coglierla. Gli alchimisti di ie­ri lo sapevano, e anche quelli di oggi.

Tuttavia, così come la luce è sempre accompagnata dall'ombra, l'altra faccia dell'alchimista dal cuore puro è inevitabilmente quella dell'im­postore. In questa stessa epoca iniziò infatti a diffondersi anche una forma "impura" o "falsa" di alchimia che continuerà a prosperare nei tre secoli seguenti, quando l'alchimia raggiunse l'apice della propria popolarità. L'alchimista impostore (è interessante notare che fra gli esponenti di tale categoria non vengono annoverate donne) si veste

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o, meglio, si traveste per la parte e riesce a spillare denaro a mece­nati creduloni e facoltosi ricorrendo a una serie di trucchi piuttosto semplici. Fondamentalmente essi si basavano su una dimostrazione in cui veniva allestito un esperimento con un forno e un crogiolo pie­no di mercurio, al quale si aggiungeva una certa quantità della pre­ziosa "polvere di proiezione" (la sostanza di cui si riteneva fosse com­posta la pietra filosofale, in realtà si trattava di un po' di gesso o di piombo rosso) dopodiché il miscuglio veniva riscaldato. Ovviamente, l'impostore aveva già provveduto a nascondere dell'oro all'interno di un pezzo di carbone di legna o all'estremità del bastone usato per ri­mestare. Sotto l'azione del calore, il mercurio evaporava lasciando il posto, apparentemente, a un bottone d'oro puro. Fra i trucchi del mestiere vi era anche quello di utilizzare un chiodo o una lama in parte d'oro, ma rivestiti da uno strato nero che veniva rimosso con l'aiuto di un solvente, suscitando la soddisfazione del pubblico. Gli pseudoalchimisti, o "soffiatori", come venivano chiamati (a causa dei mantici di cui si servivano soprattutto per gonfiare il proprio ego), divennero oggetto di rappresentazioni satiriche inizialmente da parte di Geoffrey Chaucer, nel suo Canon's Yeoman's TaleS, e successi­vamente, riscuotendo maggiore popolarità, da parte di Ben Jonson, nella commedia L'alchimista (1610). Ciò non impedì comunque che sif�atti impostori continuassero a imperversare. L'aspetto interessan­te, a quanto risulta dalle storie narrate su di loro, è che raramente riuscivano a farla franca. Fra le pene loro inflitte vi erano la tortura, il carcere, il pubblico ludibrio e la morte: quasi come se nella stessa alchimia fosse insita la punizione per il tradimento del suo spirito. Gli pseudoalchimisti, tuttavia, per quanto inconsapevolmente, rivela­vano comunque i problemi legati al processo chimico. Ma su questo aspetto torneremo in seguito.

Questioni analoghe non si pongono nel caso dell'alchimista francese Nicholas Flamel (133 0-1417) e di sua moglie Perenelle. Flamel, che la­vorava a Parigi come scrivano (cioè come impiegato addetto alla ste­sura o alla copiatura di documenti), venne per la prima volta a con­tatto con l'alchimia acquistando un imponente volume con la coper-

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tina dorata, presumibilmente opera di Abraham Eleazar, illustrato con una serie di immagini suggestive ma piuttosto inquietanti, ac­compagnate da testi criptici forse scritti in greco. Fra i soggetti delle illustrazioni vi erano una vergine che veniva inghiottita da serpenti, un serpente crocefisso e una selva con fonti contenenti serpenti. Qual era il significato di tutto ciò? Flamel consultò Anselmo, un ami­co medico che non gli fu di alcun aiuto. Per anni si dedicò a compie­re esperimenti, tentando invano di scoprirne da solo il segreto, finché partì in pellegrinaggio per la Spagna nella speranza di conoscere un rabbino in grado di aiutarlo. Eleazar, infatti, era ebreo. Anche questo tentativo si rivelò inutile, ma sulla via del ritorno, a Lione, Flamel eb­be un breve incontro con Mastro Canches. Canches - a quanto si nar­ra - fu ben lieto di interpretare le illustrazioni per Flamel; purtroppo morì durante il viaggio verso Parigi e Flamel rimase di nuovo solo . . Tornato a casa si pose all'opera, e si racconta che dopo tre anni, il 17 gennaio 1392, riuscì a ottenere il "primo agente". Riconobbe la so-stanza per il suo odore intenso. Qualche tempo dopo, alla presenza della moglie, Flamel riuscì a trasrnutare circa 200 grammi di mercu­rìo in argento puro. Il 25 aprile compì una proiezione della pietra rossa sulla stessa quantità di mercurio, trasformandolo in oro puro. In seguito ripeté l'esperimento per tre volte. Flamel e la moglie Perenelle divennero immensamente ricchi, ma in­vece di tenere questa ricchezza per sé la utilizzarono per fondare ospedali, costruire cappelle, sovvenzionare chiese e restaurare cimite­ri. Impiegarono l'oro al servizio del mondo, proprio come avrebbero fatto un vero re e una vera regina. Possiamo immaginare che Perenelle seguisse l'opera di Flamel non soltanto in quanto moglie, ma anche come amante e soror mystica, la sorella mistica, o presenza guida femminile, che aiuta ciascun uomo a trovare se stesso, nelle profondità del proprio cuore, nella solitudi­ne e nel silenzio. Ogni particolare della sua storìa rivela come Nicholas Flamel sia sta­to una figura estremamente rara, ossia un autentico alchimista.

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IL RINASCIMENTO

11Rinascimento11 significa/ letteralmente/ 11rinascita11 o 11rinnovamento1'. Nel periodo compreso fra il XIV e il XVI secòlo tale impulso pervase tutti i settori dell1 espressione intellettuale e creatìva in Europa. In quest'epoca la pittura/ la scultura/ la poesia/ la teologia e la filosofia, ispirate dal classicismo, si svilupparono in modo nuovo e originale. In tale contesto, assunsero importanza fondamentale per ralchimia le traduzioni dal greco dei testi alchemici o ermetici compiute in Italia da Marsilio Ficino. I filosofi rinascimentali, oltre ad affermare l/alchi­mia in quanto disciplina sperimentale/ videro in essa la possibilità di coniugare in una nuova/ stimolante sintesi la magia naturale con la teologia cristiana. Durante il Rinascimento emersero due figure di primo piano, en­trambe di origine tedesca. La prima è quella di Cornelius Agrippa (1486-1535), la cui opera De occulta philosophia, una sintesi di neopla­tonismo, magia e cabala, divenne uno dei testi più rappresentativi della nuova concezione. Anche Agrippa/ come già Raimondo Lullo, individuava tre livelli principali dell1eSsere: il mondo inferiore, che secondo la sua descrizione è composto dagli 11elementi1' e collegato alla magia naturale; il regno astrale, che comprende anche la mate­matica; il regno degli angeli, della l/magia angelìca", attraverso il quale si accede all'intelligenza degli esseri superiori Egli afferma, in­fine, che "il nome di Gesù, onnipotente, [contiene] i poteri del Tetra­grammaton" (ovvero il nome originario di Dio). Come già Flamel, anche Agrippa pone l'accento sulla componente cristiana, senza limi­tarsi a una cieca professione di fede. Nel corso della sua vita itinerante Agrippa compi le esperienze più varie ed espresse giudizi critici sugli alchimisti che si comportavano alla stregua di l

/medici o bollitori di sapone". Nel suo ultimo libro,

De incertitudine et vanitate scientiarum, egli delinea un ritratto falli­mentare dell'alchimista, forse applicabile a lui stesso:

Quando attende la ricompensa del suo lavoro, ossia l'oro, la giovinez­za e l'immortalità, dopo tutto il tempo impiegato e gli sforzi compiu­ti, ormai vecchio, stracciato, ricco soltanto di miserie e ridotto in con­dizioni tali da vendere la propria anima per quattro soldi, finisce con il cadere in disgrazia ed essere accusato di falsificare il denaro . . . 6

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Nonostante il tono alquanto caustico con il quale usava fustigare i contemporanei, che ricorda J onathan Swift, la sua filosofia resta fon­damentalmente alchemica e innovativa. La seconda figura importante di questa epoca è Paracelso (morto nel 1541), che affrontò la materia in modo diverso. Tutta la sua concezio­ne si basa sul presupposto che lo scopo dell'alchimia non sia produr­re l'oro - almeno nel suo significato materiale - ma ottenere sostanze medicamentose. Medico del periodo rinascimentale, Paracelso fu ar­tefice da solo di una vera e propria rivoluzione. Ribaltò i dettami tra­dizionali, criticando aspramente i medici suoi contemporanei che bollava con l'epiteto di "scimmie dipinte" per le loro pratiche acca­demiche e assolutamente arretrate; sostenne con passione la necessità di immergersi in ciò che egli chiamava "il Libro della Natura", ossia la ricerca sperimentale e l'alchimia del mondo naturale. Durante una delle lezioni che teneva in qualità di professore presso l'Università di Basilea giunse a bruciare in pubblico i libri dei padri della medicina. Il gesto, che gli costò la cattedra, non era dettato da un atteggiamen­to meramente anarchico ma dalle sue convinzioni spirituali. Egli, in­fatti, era solito affermare:

Il vero medico è opera di Dio, ma non senza travagli da parte del­l'uomo . .?

Per Paracelso, che in gioventù aveva studiato l'alchimia sotto la gui­da di Tritemio, abate di Sponheim, l'essenza della Natura o della leg­ge naturale era definita dalla relazione fra tre principi: mercurio, zolfo e sale. Zolfo e mercurio creavano il dinamismo alla base del processo stesso. Inoltre Paracelso non vedeva in Dio la figura con barba bianca rappresentata dall'Antico Testamento, ma ciò che egli definiva Mysterium Magmnn, il Grande Mistero, secondo una conce­zione più vicina a quella dello Spirito Santo in quanto entità sopran­naturale onnipervasiva e priva di forma. Anche in questo caso non si tratta di una visione dualistica. Paracelso sosteneva che ciascuno di noi, in quanto parte della terra e degli astri, ha un essere celeste inte­riore, denominato astra - dal quale deriva l'espressione "corpo astra­le" -, che governa lo stato di salute e di malattia. Egli era convinto che se si manifestava uno squilibrio nel corpo occorreva intervenire con farmaci chimici. Al tempo stesso, i rimedi da lui inventati e uti­lizzati traevano fondamento dall'idea di "quintessenza" alla quale si

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è già accennato. In termini moderni, si potrebbe dire che Paracelso adottava un approccio integrato, allopatico e omeopatico, basato su una visione olistica secondo cui egli cercava di curare e guarire la persona nella sua totalità. L'influsso esercitato da Paracelso fu, come la sua personalità, forte e carismatico. Ad alcuni secoli di distanza, le sue opere - tra le quali Astronomia magna (1537-1539) - sono tuttora oggetto di studio e di commento. Alla sua filosofia va riconosciuta una coerenza che non trova pari in nessun altro medico alchimista, e lo stesso vale per il mi­sticismo e l'intuizione di cui diede prova. Come Agrippa, anch'egli trascorse una vita itinerante e morì in povertà. Ma la sua eredità so­pravviverà a noi tutti: "Siamo polvere di stelle" diceva Paracelso.

L'ALCHIMIA IN INGHILTERRA

In questa stessa epoca l'alchimia ebbe ampia diffusione in Inghilterra, dove finì per diventare una sorta di mania che contagiò persone di ogni classe sociale: aristocratici e commercianti, preti, monaci e laici. Nel suo poema Ordinall of Alchimie del 1477, Thomas Norton scriveva:

I comuni artigiani non sono da meno perché amano quanto i signori questa nobile arte.

Vennero pertanto introdotte alcune forme di regolamentazione "con­tro la moltiplicazione dei metalli" e, poiché per praticare l'alchimia divenne necessario acquistare una licenza, molti decisero di infrange­re la legge. Un anonimo del tempo scrisse il seguente avvertimento:

Pertanto tieni a freno la lingua e la mano al cospetto dei funzionari e dei governatori così come di coloro che nulla sanno della tua arte perché alla loro presenza potresti finire impiccato e trascinato8.

Si pone così la questione della segretezza, non soltanto riguardo ai si­stemi di segni e simboli che abbondano nei testi alchemici (introdot­ti inizialmente come tutela nei confronti dei non iniziati), ma anche in relazione a ragioni pratiche, tuttora valide, ricollegabili alle racco­mandazioni di Alberto Magno (vedi pag. 22).

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A chiunque fosse ritenuto in grado di farlo poteva venire richiesto, o persino imposto, di tentare di produrre l'oro, come risulta dalle testi­monianze riportate dai tempi di Edoardo III fino a quelli della regina Elisabetta I, di Carlo I e Carlo II nel XVII secolo. Gli alchimisti erano dunque particolarmente vulnerabili, non soltanto perché alle prese con una ricerca ardua e complessa alla quale nessuno poteva fornire risposte certe, ma anche perché potevano facilmente diventare preda di persone decise ad arricchirsi. Alcuni di essi compirono volontariamente tentativi del genere, men­tre altri furono effettivamente vittime. Norton narra la storia di Tho­mas Daulton (morto nel 1471), "un buon uomo", così lo descrive, che fu portato al cospetto del re Edoardo IV da uno dei suoi cortigiani, Lord Herbert. Sir John Delves, per il quale Daulton aveva lavorato, ruppe il giuramento del silenzio e confessò al re che Daulton "gli ave­va prodotto migliaia di libbre d'oro di buona qualità in meno di un giorno". Daulton disse poi al re che per evitare altri guai aveva get­tato la pietra rossa (o pietra filosofale) in un lago. Il re lo lasciò anda­re ma Lord Herbert lo rapì, lo portò nel suo castello nel Monmouth­shire dove, tenendolo prigioniero per quattro anni, cercò di carpirgli il segreto, che Daulton non rivelò mai. Daulton morì poco dopo la sua liberazione, fiaccato dalla prigionia. Norton osserva seccamente in merito:

Quella che vi ho narrato fu In pena inflittagli da uomini cl1e non temevano l'inferno. Herbert mori poco dopo nel suo letto e Delves venne decapitato a Tewkesbury.

Date le circostanze, non c'è da meravigliarsi che la storia dell'alchi­mia sia costellata di difficoltà e momenti oscuri, nonostante i pro­gressi compiuti. Vi erano comunque anche maestri autentici e onesti, fra i quali lo stesso Norton. Nato a Bristol, deve la celebrità alla sua opera princi­pale, Ordinali of Alchimie, il lungo poema alchemico dal quale ho trat­to le precedenti citazioni, ricco di utili informazioni storiche e, al tem­po stesso, permeato di sentimento religioso. Il suo impegno è testi­moniato anche dal fatto che cavalcò per cento miglia per trovare il proprio maestro (che potrebbe essere stato George Ripley) e dedicò quaranta giorni ad apprendere la sua arte.

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George Ripley (morto nel 1490 circa) fu canonico a Bridlington, nel­lo Yorkshlre. Nel suo Compound of Alchymie (1475), egli tentò di for­nire una chiara descrizione di tutte le fasi del processo alchemico elencandole come una serie di dodici operazioni: calcinazione, solu� zione, separazione, congiunzione, putrefazione, congelamento, nutri­mento, sublimazione, fermentazione, esaltazione, moltiplicazione e proiezione9• L'incontro con un maestro rivestiva fondamentale importanza, in quanto l'arte veniva tramandata in forma orale. Si narra che Ripley trasmise le sue conoscenze a "un canonico di Lichfield", che a sua volta le passò a Thomas Daulton. William Holloweye (alias Gibbs), priore dell'abbazia di Bath, fu invece maestro di Thomas Charnock (nato nel 1524), che praticò l'arte a Combwich, un piccolo villaggio nel Somerset. Chamock ci fornisce ulteriori informazioni sui tentativi compiuti per diventare alchimista. Egli descrive le difficoltà nel mantenere segre­ta l'Opera e la curiosità dei vari artigiani impegnati nell'approntare gli strumenti necessari. Possiamo facilmente immaginare il vasaio o il vetraio che chiedevano: "A che cosa vi serve un oggetto simile?". Fra l'altro, tutto ciò comportava una serie di costi prima ancora che iniziasse il lavoro vero e proprio. Ma che cosa accadeva una volta av­viato? La storia narrata da Charnock è un racconto commovente di frustrazioni, fallimenti e nuovi tentativi nel corso dei quali, in un ac­cesso di rabbia, egli giunse anche a distruggere con un'accetta l'inte­ro laboratorio quando fu costretto ad abbandonarlo a causa dell'asse­dio di Calais. Alla fine della sua vita, nel 1581, stava ancora tentando di ottenere la pietra bianca10. Cent'anni dopo, un sacerdote che abitava nelle vicinanze riferisce:

Sulla porta della sua "stanzetta-atanor" (se così posso definirla) vidi, disegnato di suo pugno con colori e tratti grossolani ma non privi di ingegno, un simbolo dell'Opera, che tentai di interpretare; guardando le altre pareti della sua stanza osservai in tutto cinque recipienti di vetro che utilizzava nel suo lavoro, ognuno dei quali differiva in qual­che modo dagli altri, alcuni molto scuri e quasi consunti. Mi dissero che la gente era restia a stabilirsi in quella casa perché aveva una cattiva reputazione, presumo per le storie che circolavano sulla persona che vi aveva abitato, considerata dai vicini alla stregua di uno stregone . . . 11

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Il brano fornisce una descrizione particolareggiata della situazione sociale dell'alchimista, simile per molti aspetti a quella dell'artista, o forse addirittura peggiore. Ma accanto a questa, e di pari passo con l'evoluzione della concezio­ne dell'Opera, si constata anche una progressiva umanizzazione del processo. Si tratta di un elemento essenziale ai fini della nostra com­prensione di quello che esso rappresenta, di ciò che divenne l'alchi­mia stessa e di ciò che ci può offrire oggi. Gli alchimisti, la cui im­maginazione veniva fortemente sollecitata, cominciarono a formulare analogie basate sulla vita umana per descrivere i processi chimici che si svolgevano sotto i loro occhi. F. Sherwood-Taylor, che ha condotto acute e approfondite ricerche storiche sull'alchimia, scrive:

L'alchimista interpretava la combinazione di due sostanze come un matrimonio, la perdita della loro attività caratteristica come una mor­te, la produzione di qualcosa di nuovo come una nascita, il levarsi di vapori come uno spirito che abbandona il corpo, la formazione di un solido volatile come formazione di un corpo spirituale. Tali concezio­ni influenzavano le sue idee su ciò che doveva avvenire, e pertanto egli riteneva che l'esito finale delle operazioni condotte sulle varie so­stanze dovesse essere analogo all'esito finale dell'essere umano, ossia un'anima dotata di un nuovo corpo glorioso avente le qualità di chia­rezza, levità e agilità12.

Vengono così introdotti i personaggi fondamentali della rappresenta­zione che corrisponde al processo. Li esamineremo più approfondita­mente e lavoreremo con ciascuno di essi nella parte principale di questo libro. I personaggi sono i seguenti:

il Vecchio Re (il vecdùo stato di coscienza)

Sol (il sole, zolfo: il principio maschile)

Luna (la luna, mercurio: il principio femminile)

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Mercurius (Hermes, mercurio: il principale agente del processo

e principio ermafrodita, bisessuale, androgino)

Signora Alchimia (chiamata a volte Anima Mercurii: lo spirito dell'alchimia,

sua presenza guida e ispiratrice)

l'alchimista, sia esso uomo o donna (o artifex)

soror mystica o frater mysterium (sorella mistica o fratello segreto che accompagna

l'alchimista nell'Opera)

Ognuno di tali personaggi viene rappresentato in molti modi diversi, così come possono essere concepiti e immaginati individualmente. Questo aspetto ci introduce a un altro importante ambito della nostra trattazione, relativo alle immagini o raffigurazioni alchemiche che il­lustrano taluni testi fondamentali, come nel caso del libro scoperto da Nicholas Flamel, e che raggiunsero livelli sublimi nelle edizioni il­lustrate di opere come Splendor solis (1582)13• Queste immagini, alcu­ne delle quali riprodotte nel presente volume, furono create a causa della difficoltà da parte degli alchimisti di esprimere le proprie cono­scenze a parole. In una certa misura esse senza dubbio conservano anche il mistero dell'arte alchemica - essendo state realizzate con ta­le intento - ma, in ogni caso, possiamo constatare come il linguaggio visivo dell'alchimia sia altrettanto importante della sua espressione verbale, risultando talvolta persino più accessibile. Che si tratti di semplici schizzi o di dipinti più elaborati, ci invitano a immaginare, a passare dalla nostra facoltà razionale a quella intuitiva. Simili alle immagini oniriche, esse sono un prodotto dell'inconscio, della luce propria dell'anima; al tempo stesso, però, si propongono anche come espressioni consapevoli e intenzionali. I quadri e le immagini alche­mici rappresentano la forma d'arte che, con largo anticipo rispetto al surrealismo e all'espressionismo, per prima ha attinto all'inconscio, anche se, a quanto mi risulta, non sono mai stati oggetto di esposi­zione. Un artista come William Blake, per esempio, ha illustrato le proprie poesie con incisioni, non dissimili dalle immagini alchemi-

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che, che forniscono importanti elementi per la comprensione della sua operal4• Tuttavia, le immagini di draghi, leoni, serpenti, corvi, pellicani, sche­letri, soli e lune, re e regine, oltre all' onnipresente Mercurio, costitui­scono soprattutto un invito a esprimere le sensazioni che avvertiamo nella profondità della nostra dimensione fisica.

T i propongo ora di scorrere le immagini riprodotte nelle pagine di questo libro, soffermandoti su alcune di esse e cercando di cogliere, se riesci, le sen­sazioni che suscitano in te. Che cosa provi? Attrazione? Repulsione? Confusione? Qual è la tua reazio­ne fisica di fronte a queste immagini? Ora chiudi gli occhi per pochi secondi e osserva quello che ti passa per la mente . . .

LA FILOSOFIA ERMETICA

In Inghilterra l'alchimia raggiunse forse il suo apice nella figura rina­scimentale di John Dee, con la sua ricca biblioteca di Mortlake (at­tualmente un sobborgo di Londra), comprendente un'intera sezione dedicata a Paracelso, l'autore che aveva esercitato su di lui il maggio­re influsso, e il suo laboratorio. Oltre a praticare l'alchimia e l'astrolo­gia, Dee si dedicò all'insegnamento della cosmografia; i suoi viaggi in Europa lo condussero fino a Praga, dove chiese udienza all'imperato­re Rodolfo Il. Negli anni Ottanta del Cinquecento tenne sedute di "magia angelica" nel corso delle quali produsse una serie di "tra­smissioni"; fra esse, The 48 Angelic Keys (Le 48 chiavi angeliche), in cui vengono predetti, con quasi quattro secoli di anticipo, avvenimenti in corso di svolgimento nell'attuale Età dell'Acquario. Benché Dee, con la sua complessa personalità, sia stato una figura ca­rismatica e di successo, fu anche una delle ultime del genere, in quan­to a partire dall'inizio del XVII secolo, epoca della sua morte, l'alchi­mia tese ad assumere un carattere introspettivo, sfuggendo sistemati­camente a qualsiasi forma di spettacolarizzazione e pubblicità. "Ermetico", da Hermes, significa letteralmente "segreto", "chiuso", "sigillato verso l'esterno", una condizione essenziale per lo svolgi­mento del processo che ha luogo nel "vaso". Il termine suggerisce al-

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tresì l'idea di qualcosa che può essere compreso soltanto dall'interno, così come possiamo comprendere l'amore solo essendo calati nella dimensione dell'innamoramento. Anche l'alchimia richiede un simile atteggiamento di interiorizzazione e riservatezza, e uno stesso luogo protetto o sacro. Un'altra ragione di tale inversione di tendenza è connessa alla nasci­ta della chimica, soprattutto dopo il 1650, quando iniziarono ad af­fermarsi la scienza e quello che è stato denominato "Illuminismo". L'aspetto più specificamente chimico dell'alchimia divenne così pre­rogativa dell'omonima scienza, mentre, a partire da quest'epoca, l'al­chimia assunse un carattere spirituale, divenendo depositaria di una visione divina del mondo in contrapposizione alla concezione, priva di una prospettiva spirituale, secondo cui ai fini dell'indagine analiti­ca la mente veniva separata dalla materia. L'alchlrnia iniziò allora ad abbandonare la dimensione materiale pro­pria del laboratorio per diventare una filosofia: la filosofia ermetica. Con questo cambiamento di indirizzo si pone una nuova sfida, che si rivolge anche alla nostra dimensione attuale, poiché l'alchimia ci of­fre la scimza dell'autoco11oscenza. Una testimonianza del nuovo orientamento è offerta dall'opera del mistico tedesco Jakob Boehme, ciabattino (morto nel 1624), anch'egli influenzato da Paracelso. Boehme guardava nel cuore del "Libro del­la Natura" e identificò la pietra filosofale con lo "Spirito di Cristo". Ulteriori testimonianze sono costituite dalle opere del medico tede­sco Michael Maier (morto nel 1622), membro dei Rosacroce, e di Ro­bert Fludd (morto nel 1637), medico inglese, autore della monumen­tale Storia del microcosmo e del macrocosmo, un compendio di tutte le correnti di pensiero alternative. Un altro esponente della filosofia ermetica è Thomas Vaughan (1621-1665), fratello gemello del poeta metafisica Henry Vaughan e con­temporaneo di John Donne, che significativamente definisce l'alchi­mia, intesa in senso letterale, come una "tortura dei metalli":

In numerosi brevi trattati lzo espresso, Lettore, il mio giudizio di filo­sofo, poiché nell'accezione comune l'Alchimia è una tortura dei metal­li. Non ho mai creduto in quest'accezione e ancor meno l'ho studiata15.

Che cos'è dunque, fondamentalmente, la filosofia ermetica? È una sintesi di neoplatonismo e cristianesimo, anche se non il cristianesi-

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mo comunemente inteso. Sotto molti punti di vista assomiglia alla fi­losofia di Raimondo Lullo (vedi pagg. 22-23), ma ancor più influenza­ta dalle idee rinascimentali. La sua concezione di base è sostanzialmente olistica e realizza l' unio­ne del "superiore" e dell"'inferiore" grazie al Divino o Dio. Rappre­sentandola come una trinità di Padre (o Padre-Madre), Figlio e Spiri­to Santo, possiamo strutturarla nel modo seguente:

SOLE

Dio: il fondamento soprannaturale

Luce Figlio di Dio: nella cui immagine sono state create tutte le cose

Fuoco Dio Spirito Santo: lo spirito che permea la Creazione

In quanto Mysterium Magnum, o Grande Mistero, Dio è simultanea­mente tutto questo: indefinibile, al di là e all'interno di ogni cosa qua­le Fonte e Segreto. L'alchimista ermetico vedeva in Dio il creatore della "materia prima" e concepiva la Genesi come l'oscurità, il nero in cui penetrava la Lu­ce (o la "Parola" nel Vangelo di San Giovanni), dando avvio al pro­cesso alchemico nel quale la materia grezza veniva raffinata e trasfor­mata nella Creazione. Sotto l'azione del calore e della luce aveva ori­gine una sostanza eterica denominata da Vaughan Anima, l' equiva­lente dell' argent vive di Lullo. Il termine Anima è di genere femminile e indica sia l'anima che il respiro. Da essa derivano tutti gli altri li­velli dell'essere, fino a quello degli elementi e al livello fisico. La concezione ermetica degli elementi era permeata di misticismo. L'aria veniva considerata un elemento magico, carico di immagini e di spiriti, mentre l'acqua metteva in comunicazione aria e terra, l"'al­to" e il "basso". La terra era il terreno della Creazione, il grembo o la matrice sede dell'intero processo di generazione, in grado di ricevere tutti gli influssi cosmici provenienti dagli astri.

Prova a concentrarti per un attimo su ciascun elemento e a rappresentarlo a te stesso nel modo in cui è stato descritto sopra: ricorda che ogni elemen­to viene considerato dal punto di vista spirituale e dotato di una funzione sia visibile che invisibile.

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All'interno di questa visione la materia è insieme corpo e spirito, e le due dimensioni si fondono inestricabilmente. E la pietra? Gli alchi­misti ermetici la consideravano "luce materializzata" o "luce incar­nata", di cui Cristo rappresentava il modello supremo. Cristo era l'uo­mo perfetto; la pietra era materia perfetta, realizzata attraverso la co­scienza, dalla quale traiamo purificazione, risveglio e redenzione . . . Se, tuttavia, tutto ciò appare eccessivamente astratto, ecco una poesia di George Herbert, scritta nella stessa epoca storica, in cui si parla di purezza come preghiera e realizzazione:

L'elisir Insegnami, mio Dio e Signore a vedere il Tuo volto in ogni cosa e ogni cosa che faccio a farla per Te.

Guardando attraverso un vetro lo sguardo può fissarsi su di esso oppure, se lo si desidera, può attraversare il vetro e intravedere il cielo.

Tutto può far parte di Te; nulla può essere considerato così spregevole da non poter diventare luminoso e pulito sotto l'impronta "per il Tuo bene".

Un servo con questa clausola può rendere divino un lavoro ingrato; spazzare il pavimento, in armonia con le tue leggi, diventa un'azione purissima.

Questa è la famosa pietra che trasforma ogni cosa in oro; perché ciò che Dio tocca e che gli appartiene non può essere considerato da meno.

Si tratta di una delle più pure esposizioni dell'alchimia che si possa­no trovare, pur risalendo a un'epoca in cui già si riconoscono i primi segni di decadenza.

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L'ECLISSI DELL'ALCHIMIA A OPERA DELLA SCIENZA

Fino a questo periodo nessuno aveva seriamente messo in dubbio la reale possibilità della trasmutazione, tali erano la fiducia riposta nei benefici promessi dall'alchimia e il fascino che essa esercitava sulle persone, consapevolmente o meno. All'inizio del xvn secolo comin­ciarono tuttavia a levarsi le prime voci di dissenso, come quella di Semler, in Germarùa, che, dopo essere stato imbrogliato da un altro ciarlatano, il barone Hirschen, affermò apertamente che era impossi­bile ottenere l'elisir. Come se già non fosse bastato il numero di pseu­doalchimisti in circolazione, a screditare in misura crescente e defini­tiva l'alchimia furono i progressi compiuti nelle conoscenze oggettive sulle trasformazioni chimiche. La teoria e la generalizzazione, asso­ciate alla sperimentazione rigorosa, divennero la prassi nell'attività scientifica. A Londra venne fondata la Royal Society e l'opera di Ro­bert Boyle The Sceptical Chymist impresse il nuovo orientamento. È tuttavia importante rilevare che gli scopi dell'alchimia e della chi­mica erano, in realtà, del tutto differenti e che le due discipline si ri­fanno anche a tradizioni diverse. Le radici della chimica derivano in­fatti dalla farmacologia, dall'importanza attribuita da Paracelso alla sperimentazione e alla medicina, nonché dalla concezione cartesiana meccarùcistica della materia 16, che indusse a privilegiare la visione analitica a scapito di quella olistica. Se l'alchimia può essere rappre­sentata come una vetrata colorata, la chimica costituisce l'analisi dei frammenti di vetro che la compongono, sottratti a quell'unica luce che brilla attraverso di essi. A mano a mano che si andava afferman­do la netta separazione tra mente e materia, quest'ultima iniziò a es­sere considerata come soggetta a leggi meccaniche che potevano es­sere formulate e dimostrate. La finalità della chimica non era tanto quella di perfezionare la ma­teria, quanto di analizzarla. È questo, in effetti, lo scopo che anima Robert Boyle (morto nel 1691) nei suoi esperimenti sul punto di ebol­lizione dei liquidi, il congelamento dell'acqua e la combustione, non­ché l'opera di John Mayow (morto nel 1679) che fu quasi sul punto di scoprire l'ossigeno, anticipando Priestley e Lavoisier. Nei due de­cenni compresi tra il 1720 e il 1740, Booerhave, professore di chimica a Leyden, in Germania, scrisse la sua opera Elementa chemiae nell'in-

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tento di confutare quelli che, a suo parere, erano gli errori commessi dagli alchimisti. Il quadro appare tuttavia alquanto complesso, anche a causa delle più recenti scoperte "mistiche" della nuova fisica. Allo stato coevo delle conoscenze, per esempio, era diventato di moda criticare Isaac Newton, celebre per la scoperta della legge della gravità, tacciando­lo di materialismo, al punto che il termine "newtoniano" assunse una connotazione dispregiativa. In realtà, il pensiero di Newton era profondamente influenzato dall'alchimia, della quale continuò a inte­ressarsi fino all'ultimo inducendolo a considerare - come rileva May­nad Keynes - '1'intero universo e tutto ciò che esso contiene come un mistero". Diversamente, come avrebbe potuto parlare di sé descri­vendosi come un bimbo che gioca sulle spiagge dell'eternità? È forse significativo il fatto che proprio i suoi scritti sull'alchimia siano an­dati perduti. La scienza imboccò una strada diversa, e altrettanto fe­ce l'alchimia. La direzione seguita dall'alchimia ci avvicina maggior­mente al principio, riconosciuto recentemente dagli scienziati con­temporanei, dell'impossibilità di separare osservatore e oggetto del­l' osservazione. Che ci piaccia o meno, noi facciamo parte del quadro, e la realtà non può essere semplicemente misurata o controllata.

L'alchimia pose le basi della scienza chimica, contribuendo al suo sviluppo con la messa a punto della strumentazione di laboratorio e la scoperta di una serie di sostanze e composti chimici, fra i quali lo zolfo, l'acido nitrico (Geber), l'ossido di mercurio, il calomelano, il solfato di potassio, l'acido cloridrico (Valentinus). Alla tradizione al­chemica si devono anche la distillazione dell'alcol e l'introduzione, da parte di Para celso, delle sostanze chimiche in medicina. L' alchi­mia ha approfondito le nostre conoscenze in materia da vari punti di vista. Possiamo forse dire che, all'interno dell'alchimia, il processo chimico rappresenta un accidentato percorso di ricerca verso una me­ta raggiungibile soltanto spiritualmente. Chissà quale potrebbe esse­re, a quel punto, il nostro rapporto con la materia?

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L'ALCHIMIA ESOTERICA

Fu nel XIX secolo che iniziò davvero a emergere il significato interio­re, metaforico o mistico dell'alchimia, benché l'elemento mistico, co­me abbiamo visto, fosse presente fin dalle epoche più remote. Nell'ambito del generale risveglio d'interesse per l'alchimia che si manifestò nel XIX secolo, venne privilegiata in misura crescente la dimensione interiore, sottolineando che "il vaso alchemico non è al­tro che lo stesso essere umano" : noi stessi siamo sia la fonte della pri­ma materia e il mercurio sia il vaso, ovvero il recipiente entro il quale ha luogo il processo. La fornace alchemica (o atanor) è il nostro cor­po e non un apparato esterno. Il termine "esoterico", pertanto, assume il significato di "interiore" (o "riservato agli iniziati") e indica specificamente che occorre entrare all'interno, interpretando l'aspetto letterale in senso metaforico. In tal modo noi diventiamo il recipiente e il fuoco che lo riscalda e, non ap­pena il processo ha inizio e si sviluppa, noi siamo il processo. Esso si svolge dentro di noi. Possiamo dire che proprio di questo non si era tenuto conto nel pro­cesso chimico, ossia del fatto che gli alchimisti ricercavano nella materia ciò che avrebbero dovuto trovare innanzi tutto in loro stessi. La più efficace esposizione di un tale modo di intendere l'alchimia fu fornita da una donna, nota come signora Atwood (nata South), che fu il principale modello al quale si è ispirato Lindsay Oarke nel trac­ciare il personaggio di Louisa nel suo libro The Chymical Wedding. La Atwood scrisse in collaborazione con il padre, Thomas South, l' ope­ra A Suggestive Enquiry into the Hermetic Mystery, pubblicata per la prima volta nel 1850 e ritirata quasi immediatamente dalla circola­zione. Il padre era preoccupato che il testo fosse troppo esplicito o forse era geloso dell'impresa compiuta dalla figlia. Fortunatamente per noi, tuttavia, non tutte le copie andarono distrutte17. Attraverso l'arcaico stile di quest'opera emerge un contenuto estre­mamente chiaro e ispirato. Oltre ad affermare che noi stessi siamo il "vaso", la Atwood suggerisce che la "materia prima", ossia il mate­riale sul quale lavoriamo, rientra nella sfera della nostra immagina­zione. È, letteralmente, il nostro corpo astrale (come sosteneva Para­celso) che necessita di una purificazione per poter essere elevato al li­vello del cuore e del Divino. Il processo "manuale" attraverso il qua-

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le si verifica il fenomeno viene collegato dalla Atwood all'ipnosi (al­l' epoca una scoperta di recente acquisizione). Benché tale riferimento possa apparire limitato, in realtà ciò a cui la Atwood allude è l'intera tematica dell'accesso strutturato all'immaginazione, che rappresenta il presupposto affinché abbia luogo il processo. La nostra trattazione costituisce anche un tentativo di esplorare approfonditamente tale questione. Al tempo stesso, tuttavia, occorre prestare attenzione a non perdere il contatto con la dimensione fisica. Se è vero, infatti, che l'alchimia è un processo mistico o interiore, è altrettanto vero che essa è altresì -come ampiamente testimoniato dalla storia - una forma di mistici­smo fisico. E, se non vogliamo rischiare di trascurare un aspetto fon­damentale, dobbiamo essere consapevoli di questa sua peculiarità.

All'inizio del XX secolo nell'alchimia si delinearono tre indirizzi prin­cipali, come diramazioni di un fiume, e un quarto indirizzo rappre­sentato anche dal presente volume. L'alchimia tradizionale, o intesa in senso letterale, continuò il suo corso annoverando fra i propri esponenti sia veri e propri ciarlatani -come l'americano Edward Pinter e, in misura meno evidente, Franz Tausend18 - sia persone sinceramente interessate, quali Abdul-Muhyi, un arabo che soggiornò in Inghilterra. Possiamo inoltre citare figure come Archibald Cockren, autore del­l'opera Alcltemy Rediscovered and Restored (1940), il quale, avendo una formazione scientifica, sdstenne di aver completato il processo così come egli lo intendeva, e il francese Armand Barbault, il cui libro Gold of a Thousand Mornings (1934) descrive le operazioni da lui compiute sulla materia organica per distillare "l'oro vegetale" quale panacea universale. Sia Cockren sia Barbault, che si proponevano di fornire un contributo alla medicina, seguirono le orme di Paracelso e apriro­no la strada a ulteriori tentativi!\!. Dall'alchimia mistica si sviluppò una seconda branca con la fonda­zione dell'Order of the Golden Dawn, in contemporanea con il Col­lege of Psychic Studies a Londra nel 1887. Sul primo si narrano in­numerevoli storie. Fra i suoi membri vi erano MacGregor Mathers, la "Grande bestia" Aleister Crowley e il letterato irlandese W.B. Yeats.

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A prescindere dal divario nel livello dei partecipanti, la finalità che animava l'Ordine era quella di creare una struttura per l'apprendi­mento di conoscenze esoteriche, organizzate in vari gradi ai quali il novizio accedeva progressivamente. I partecipanti venivano introdot­ti allo studio della cabala, dei tarocchi e dell'astrologia e a vari ritua­li simili a quelli massonici. Nello studio dell'alchimia si privilegiava in particolare il simbolismo, che veniva integrato nei rituali e nel la­voro sull'immaginazione, accanto all'uso del linguaggio alchemico. Il percorso di conoscenza in sé divenne noto come "la Grande Opera" o "l'Opera". Indubbiamente, l'Ordine contribuì a preservare l'alchimia quale importante punto di riferimento e a diffondere in una certa mi­sura il linguaggio alchemico al di fuori della cerchia più fistretta de­gli iniziati. Numerosi testi su argomenti esoterici hanno attinto al materiale sistematizzato e reso accessibile dall'Ordine. Richiami all'alchimia compaiono anche nell'opera di G.!. Gurdjieff (morto nel 1949), che ne sottolineò l'aspetto profondo legato al risve­glio e alla trasformazione interiori, in grado di collegare spirito e cor­po quali parti di un unico sistema e concependo in questo modo an­che le funzioni naturali dell'organismo. Ouspensky, amico e collabo­ratore di Gurdijeff, ne riporta la seguente citazione:

Ma tutta questa alchimia è dentro di noi, non ftwri di noi . . . Nell'al­chimia interiore umana vengono distillate sostanze superiori a parti­re da altri materiali più grossolani, che rimarrebbero altrimenti in uno stato più grossolano2o.

Passando ora a esaminare la terza branca dell'alchimia, dobbiamo avvicinarci maggiormente all'elemento acqua . . .

JUNG

È stato Carl Gustav Jung a rilanciare l'alchimia in modo del tutto particolare, trasferendola all'interno della sfera psicologica e ponen­dola a fondamento della propria psicologia archetipica. Da allora es­sa ha continuato a essere oggetto di studio da parte di coloro che hanno seguito il suo indirizzo, fra i quali Marie-Louise von Franz e, più recentemente, James Hillrnan. Con Jung ritroviamo la figura del-

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lo psicologo come alchimista, che contribuisce ad arricchire ed esten­dere la nostra comprensione dell'arte. Egli fu il primo a notare la corrispondenza fra le immagini che com­paiono nelle raffigurazioni alchemiche e quelle oniriche dei pazienti in analisi presso di lui. Tali immagini emergevano spesso in periodi di crisi o di mutamento, e ciò avveniva anche se le persone interes­sate non avevano alcuna conoscenza della materia. Questo dato in­dusse Jung, a partire dagli anni Venti, a condurre una lunga indagi­ne, nel corso della quale egli si dedicò alla lettuia dei testi originali da lui raccolti e al tentativo di decifrarli. Nella sua autobiografia, Ricordi, sogni, riflessioni, Jung racconta uno dei suoi sogni:

Prima di scoprire l'alchimia, avevo avuto una serie di sogni che trat­tavano sempre lo stesso tema. Dietro la mia casa c'era ancora una ca­sa, cioè un'altra ala, o una dipendenza, che mi era sconosciuta. Ogni volta nel sogno mi sorprendevo perché non conoscevo questa casa, 110-nostante in apparenza fosse sempre stata lì. Finalmente venne un so­gno nel quale io mi recavo nell'altra ala. Vi scoprivo una magnifica biblioteca, risalente in gran parte al XVI e XVII secolo; grandi e spes­si volumi i11-{olio rilegati in pelle di cinghiale erano allineati sulle pa­reti. Tra essi vi era un certo numero di libri decorati con strane inci­sioni in rame che riproduceva1IO strani simboli, come non avevo mai visto prima. Allora non sapevo a che cosa si riferissero; solo molto più tardi li riconobbi come simboli alchemici. Nel sogno sentivo solo l'in­descrivibile fascino che emanava da essi e da tutta la biblioteca21•

Il risultato di tanto fascino fu la monumentale opera Psicologia e alchi­mia (1944), in cui Jung sostiene che l'alchimia fondamentalmente non è un processo connesso alla chimica, bensì alla psiche, all'immagina­zione delle nostre anime e alla nostra dimensione di anima in quan­to esseri fisici. Jung riteneva che gli alchimisti proiettassero o vedessero

. il proprio

inconscio. Ciò significa che il loro processo di individuazione era in­scindibilmente collegato al processo al quale si dedicavano. Si tratta di un'intuizione di fondamentale importanza per noi e che, in un cer­to senso, "dimostra" la giustezza dell'interpretazione iniziale della Atwood. Jung afferma:

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L'opera alchemica non consiste per la maggior parte itz meri esperi­menti chimici, ma anche in qualcosa di simile a processi psichici espressi in linguaggio pseudochimico22.

Tale premessa induce l'autore a concludere:

Tendo perciò a supporre che l'effettiva radice dell'alchimia non vada ricercata tanto nelle concezioni filosofiche, quanto nelle esperienze di proiezione dei singoli indagatori. Con questo intendo dire che, duran­te l'esecuzione dell'esperimento chimico, l'adepto viveva certe espe­rienze psichiche che gli apparivano come un comportamento partico­lare del processo chimico. Poiché si trattava di proiezioni, egli natu­ralmente non aveva coscienza che queste sue esperienze non avessero nulla a che fare con la materia in sé (cioè come noi la conosciamo at­tualmente). Egli viveva. la sua proiezione come una qualità della ma­teria. Ma ciò di cui viveva l'esperienza era in realtà il suo inconscio23•

Alcune pagine dopo aggiunge:

Da quanto abbiamo detto dovrebbe risultare con sufficiente chiarezza che fin dai tempi più antichi l'alchimia ha presentato due aspetti: da un lato il lavoro chimico pratico di laboratorio, dall'altro un processo psicologico, in parte conscio, vale a dire coscientemente psichico, in parte inconscio, proiettato e percepito nei processi di trasmutazione della materia24•

Jung è stato criticato da F. Sherwood-Taylor e Titus Burckhardt per non aver fondato la sua indagine su dati storici sufficientemente pun­tuali e non aver tenuto conto del fatto che il processo era anche di na­tura chimica. Pur essendo la critica in parte giustificata, va rilevato che quella com­piuta da Jung, a differenza dell'esposizione degli storici, è un' espe­rienza dell'alchimia dall'interno. Le circostanze della sua vita - l'esau­rimento durato sette anni, il rapporto con la sua soror mystica, Toni Wolf, che lo guidò nelle profondità della sua psiche, e la concezione del cosiddetto "inconscio collettivo" dell'umanità - resero tale espe­rienza non soltanto possibile ma persino inevitabile, consentendogli di accedere a una visione unica e illuminata. La sua idea che l'alchi­mia stimoli nella nostra psiche un'esperienza di "individuazione" -

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ossia un percorso verso la totalità a partire dalle nostre radici - è profondamente alchemica e in sintonia con quella che è sempre stata la principale aspirazione dell'alchimia. La sua opera rappresenta per noi un dono che ci offre la possibilità di compiere un tale percorso. Jung, pur non spingendo la propria tTattazione fino a esaminare il modo in cui la materia stessa possa essere tTasmutata, in quanto esi­to finale del processo, si spinge comunque sufficientemente lontano e ci indica un tTaguardo. Il cerchio si chiude.

Dove ci troviamo ora? Riconoscendo la nostra continuità con la ma­teria e l'energia siamo arrivati a un'ulteriore soglia. RitToviamo l'al­chimia nei tentativi delle medicine alternative25, nelle interpretazioni più profonde dell'astrologia26 e, in misura crescente, anche nella con­sapevolezza degli artisti che riconoscono come il potere e la dimen­sione potenzialmente sacra della loro opera possano introdurre il pubblico in una sfera che trascende il livello estetico o letterario del­l'esistenza. Jacques Bergier, che ho citato all'inizio del presente capi­tolo, descrive molto chiaramente la natura di questa soglia nel suo li­bro Il mattino dei maghi, riportando le parole del suo "straniero", qua­si certamente Fulcanelli27:

Ciò nondimeno, posso dirti questo: come sai, nella scienza ufficiale contemporanea il ruolo dell'osservatore va assumendo un'importanza sempre maggiore. ùz teoria della relatività e il principio di indetermi­nazione dimostrano chiaramente in quale misura l'osservatore inter­venga attualmente in tutti questi fenomeni. Questo è il segreto del­l' alchimia: esiste un modo di manipolare la materia e l'energia tale da produrre ciò che gli scienziati moderni definiscono "un campo di for­za". Questo campo agisce sull'osservatore e lo pone in una posizione privilegiata di fronte all'Universo. Da tale posizione egli ha accesso a realtà normalmente celate dal tempo e dallo spazio, materia ed ener­gia. Questo è ciò che chiamiamo la "Grande Opera"2B.

In tal modo possiamo aprirci a una consapevolezza più profonda: l'alchimia non è soltanto un processo che noi stessi perseguiamo, ma agisce anche autonomamente al livello più profondo dell'esperienza

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e del corso della vita di ciascuno. È su tale aspetto che vorrei soffer­marmi ora che ci accingiamo a entrare nel vivo del processo medesimo. In seguito potrà essere utile ritornare a questo capitolo per rinfresca­re il ricordo o la comprensione e contestualizzare alcwù concetti del tema che stiamo per affrontare. Per il momento, tuttavia, ti invito a mettere da parte tutti i vari filoni e le complessità della storia dell'al­chimia e a riportare la consapevolezza su te stesso e sulla tua storia personale. A tal fine propongo un altro breve esercizio di

. meditazione.

Ora lascia scorrere queste parole e riservati un momento affinché la tua mente possa calmarsi. Evoca la sensazione di ritornare a te stesso. Respira e lascia che il tuo respiro diventi più profondo; sii consapevole del respiro che scende verso il basso, sempre più in basso nel corpo, al di sotto della mente. Mentre respiri profondamente, permettendo che il tuo respiro scenda verso il basso, sii consapevole di uno svuotamento e cerca di individuare il punto in cui esso avviene. Che sensazione provi in quel punto? Che etrergia avverti nel corpo? Sii con­sapevole che questa è la tua parte ricettiva. Ora prova a far emergere un'immagine o una figura da quella parte di te. Cerca di vedere che cosa sta tentando di mostrarti. Riesci a comprendere di che cosa ha bisogno? (Ricorda che puoi chiederle: "Di che cosa hai bisogno?".) Poi, quando sei pronto, ritorna allo stato ordinario e disegna l'immagine, aggiungendo i tuoi commenti su ciò che hai osservato.

Ci proponiamo di essere creativi, ma per esserlo occorre innanzi tut­to essere ricettivi, comprendere la nostra ricettività e individuare ciò che ci separa da essa. Fino a che punto ti consenti di essere ricettivo? Come potresti esser­lo di più? TI invito a soffermarti su questo aspetto prima di accingerci alla pre­parazione dell'Opera.

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CAPITOLO TERZO

PREPARAZIONE

V.I.T.R.I.O.L.: Visita interiora terrae; rectificando invenies occultem lapidem (Visita le viscere della terra; attraverso la pu­rificazione troverai la pietra nascosta).

VALENTINUS

Ogni lavoro interiore inizia con il lavoro sull'ombra. Su di esso si fonda qualsiasi percorso di crescita psicologica o spirituale.

LLEWELYN VAUGHAN-LEE

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fiXATI O

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PREPARAZIONE

Un vaso nell'ombra, entro i contorni interni della pelle.

La preparazione per il processo richiede terra e fuoco, poiché com­prende due aspetti fondamentali: la "materia prima" (o prima mate­ria), connessa alla terra, e il "primo agente", sinonimo di fuoco. La fa­se della preparazione ci consente dunque di penetrare più profonda­mente in noi stessi, nelle viscere della terra, ossia nelle profondità del corpo quale recipiente o vaso, e "nel fuoco", cioè nella concentrazio­ne del nostro sé interiore. I primi passi ci conducono quindi verso il basso e all'interno e implica­no tre processi che esamineremo separatamente. Innanzi tutto, però, è necessario soffermarsi brevemente su quello che potrebbe essere il periodo più favorevole per iniziare il processo. Secondo gli alchimisti esso coincide con la primavera, specie in corri­spondenza con il segno dell'Ariete (marzo e aprile), ma anche con il Toro e i Gemelli, presieduti rispettivamente dagli elementi fuoco, ter­ra e aria (la mente). Chi ha familiarità con l'astrologia può consul­tare un astrologo per verificare quale sia il momento più idoneo in base al proprio quadro astrale del periodo, tenendo conto, in partico­lare, dei possibili transiti e dei fattori principali che possono essere più o meno attivi. Compiamo ora il primo passo.

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IL VIAGGIO VERSO LA MINIERA

La preparazione inizia con la ricerca della prima materia, letteralmen­te il materiale che sarà oggetto della trasformazione. Gli alchimisti hanno descritto questa fase come un "viaggio verso la miniera", luo­go sotterraneo e oscuro. È qui che va ricercata la materia prima. Che cosa possiamo dire al riguardo? La prima materia si trova a gran­de profondità, ed è la cosa più fisica e misteriosa che esista. È più profonda dei concetti, delle parole o delle idee. Le sono stati attribui­ti molti nomi (tra i quali "mare", "seme delle cose" e "umidità di ba­se")1 ma, in realtà, è impossibile definirla con precisione, malgrado esista certamente a due livelli. Al livello più profondo e più puro si tratta del terreno, dello stato originario, uno stato più profondo del caos che è stato denominato "la Madre di tutte le cose create". È la manciata di terra nera che si dice Adamo abbia portato con sé Wla volta scacciato dal Paradiso. È dunque la prima di tutte le cose, estremamente fertile e, secondo gli alchimisti, costituita da una sostanza divina. Eximìndus la definisce "una certa natura prima, perpetua e infinita che cuoce tutto e domi­na tutto"2• È stata denominata anche radix ipsius (radice di se stessa), che non di­pende da niente e da nessuno. Come le profondità dello spazio, si ri­specchia sotto la terra. Alcuni, poi, l'hanno posta in relazione con l'argento, ossia il femminile, e rappresentata come la pura primavera che dà origine a Mercurio e all'energia mercuriale, di vitale impor­tanza per ogni fase del processo. E ancora, c'è chi la chiama "pietra nascosta", cioè quella che, attra­verso il processo alchemico, diventa la pietra filosofale, trasmutata e trasformante. Nel nostro ambito di riferimento possiamo definire la prima materia "il terreno dell'anima", a partire dal quale l'esperienza individuale può pervenire a un livello più vicino alla superficie e a noi stessi. La prima materia in sé è passiva e, come uno specchio, è pura ricetti­vità. In noi, tuttavia, non è così pura, pertanto è necessario un viag­gio verso la miniera, che ci consenta di "prendere possesso del sog­getto grezzo''3. Il "soggetto grezzo" è la materia prima in ciascuno di noi - la nostra pietra nascosta - di cui dobbiamo prendere possesso, la "materia in

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questione11• Possiamo concepirla come l'inconscio nel quale la nostra mente conscia deve calarsi al fine di imparare a sentire e sperimenta­re, invece di pensare e controllare. Le sue impurità sono il materiale sul quale dobbiamo lavorare, le concrezioni - nodi, complessi, resi­stenze, blocchi - che si sono formate a seguito delle nostre esperien­ze di vita e sofferenze. A mano a mano che si accumulano comincia­no a pesare, a gravare su di noi come una sorta di zavorra; sono il nostro metallo pesante, il piombo, e finiscono con l'avere un effetto deprimente dal punto di vista sia emotivo sia fisico. Eppure, non possiamo farne a meno, ne abbiamo bisogno. Dobbiamo trovare questo materiale, o forse lasciare che sia esso a trovare noi. Adesso prova a svolgere il seguente esercizio.

Stai tranquillamente seduto per un po' di tempo e cerca di riflettere su ciò che ti ha attirato o condotto a questo libro. Dove ti trovavi in quel momen­to? Che cosa stava accadendo a te e intorno a te? Che sensazione ti ha suscitato? Chiudendo gli occhi, cerca di rievocarla in te e segui/a, partendo dalla mente fino al corpo. Segui la sensazione nella sua discesa verso il basso e vedi dove vuole anda­re. Ti puoi affidare a essa? Dove ti conduce? Se invece ti senti bloccato, chiedi: "Dove vuoi portarmi?". Ricorda che puoi domandarglielo. Dove ti trovi? Guarda il terreno su cui appoggi i piedi. Cerca di vedere - o sentire - dove sei. Che cosa c'è di fronte a te? Concediti il tempo per osservare quello che ti sta davanti e cerca di prendere ciò che vedi, o una sua parte, nelle tue mani. Ora incomincia il tuo viaggio di ritorno verso la luce del giorno e, quando ti senti pronto, apri gli occhi e annota ciò che hai trovato.

Fatto questo, passiamo alla seconda parte della preparazione.

LA PURIFICAZIONE DEL SOGGETTO

Le iniziazioni, di qualunque tipo esse siano, sono generalmente pre­cedute da qualche forma di purificazione. Nel nostro caso il "sogget­to" siamo noi: tu e io. Lo scopo è quello di aiutare il soggetto a sba­razzarsi delle scorie, del materiale di scarto, che possiamo anche de-

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finire i nostri "escrementi". Questo materiale d interessa non perché lavoreremo con esso, quanto perché può intralciare il processo, con­trapporsi e impedire il vero cambiamento. È collegato all'ego e alla maschera che indossiamo e, da un punto di vista più pratico, alla mancanza di determinazione e di volontà, all'incapacità di mantene­re la concentrazione, così che ci lasciamo distrarre e rimaniamo alla superficie delle cose. In ogni istante del processo sono richiesti il nostro impegno e la no­stra forza. Un tale sforzo è ineludibile, come ben sa ciascun alchimi­sta. Dobbiamo tuttavia ricordare che quanto più daremo, tanto più riceveremo.

Come hanno affermato molti alchimisti, il processo può essere realiz­zato soltanto con l'aiuto di Dio e solo Dio, ossia ciò che è superiore a noi, è in grado di portarlo a termine. Dobbiamo perciò rivolgere una preghiera. In un testo inglese del XII secolo, intitolato Mappae Clavi­cula, si afferma:

Preghiera da recitare durante l'operazione o la fusione seguente, af­finché si fonni l' oro4.

Non necessariamente deve trattarsi di una preghiera già formulata, può anche essere personale. Ciò che è importante per noi è la condi-

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zione interiore determinata dalla preghiera, l'atteggiamento di aper­tura, non soltanto della mente ma anche del cuore.

Fermati un momento a riflettere sulla tua esperienza di preghiera. Quale pensi potrebbe essere la tua preghiera in questa situazione? Riesci a sentire a che cosa ti sentiresti unito? A quale parte di te stesso ti condurrebbe? Soffermati per qualche minuto su questo punto. Potrebbe essere utile amw­tare ciò che emerge, indipendentemente dal fatto che la tua esperienza possa assumere o meno una forma verbale.

Il potere della preghiera risiede nella sua capacità di addolcirci e di armonizzarci, e ciò ci conduce ancora alla ricettività. Il secondo aspet­to della purificazione deriva dal precedente e comporta un' espressio­ne più attiva. È semplicemente un impegno: l'impegno che consegue dalla scelta di fare davvero qualcosa. Ovviamente, per noi non si trat­ta di una scelta casuale, come andare a bere qualcosa o fare una pas­seggiata: c'è di più. È una scelta da compiere per noi stessi. Vi è co­munque una consolazione. L'importanza della scelta è commisurata all'importanza della finalità, e il solo fatto dì scegliere libera sempre energie. Quando compiamo una scelta le cose cominciano a muover­si, si accelerano e fluiscono. In questo caso, perciò, occorre impegno in relazione all'energia ri­chiesta dall'esperienza di pronunciare "sì"; quando l'energia si apre, spalanca davanti a noi una nuova via.

Prova a dire, mentalmenteJ "sì". In che rapporto ti senti nel dirlo? Che effetto ha su di te?

È richiesto impegno pure nel riconoscere le qualità di cui abbiamo bi­sogno per continuare il processo, una volta avviato. Gli alchimisti ne hanno sottolineato la necessità parlando dì perseveranza e di pazien­za, riconoscendo, come riconosceremo anche noi, che si è temprati dal processo stesso e che ciò fa parte del percorso da compiere. Nel corso del nostro viaggio dovremo attingere non solo a tutte le nostre risorse, ma anche a tutto il nostro senso dell'umorismo, senza indul­gere all'autocommiserazione.

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La qualità di cui avremo più bisogno, comunque, sarà la determina­zione in vista dell'obiettivo: dovremo mantenere tutta la nostra con­centrazione. Il processo si svolge in uno spazio interiore e potremmo essere facilmente indotti a dare per scontato che esso proceda. Dicia­mo: "Oh sì, va tutto bene", e finiamo invece col perderei, con l'ab­bandonare il sentiero perché sedotti da qualche evento incidentale che passa velocemente quanto la distrazione che crea, !asciandoci nel tentativo di cercare di riprendere il cammino. Thomas Norton così scrive, sicuramente per esperienza personale:

La mente concordi con l'Opera che dev'essere superiore a ogni altra5•

Stiamo preparando un vaso, il recipiente, ossia noi stessi, e veniamo a contatto con esso ogni volta che raggiungiamo la calma e riconoscia­mo il bisogno di stare in e con noi stessi. Avvertiamo la medesima esi­genza ogni volta che sentiamo di aver bisogno di spazio, di stare da soli per un momento o per giornate intere. Le pareti del vaso inizial­mente sono fragili, come la sottile pellicola che riveste una bolla di sa­pone. Dobbiamo rafforzarle e consolidarle, ed è quanto ci si propone di fare con il terzo dei tre processi menzionati in precedenza.

LA PREPARAZIONE DEL FUOCO SEGRETO

Il fuoco segreto, oltre a fare riferimento al "primo agente" - che può essere considerato il primo fattore attivo, il primo elemento necessa­rio affinché abbia luogo il processo -, viene denominato anche Ignis innaturalis. Non si intende, dunque, il fuoco in senso letterale. Esso viene così descritto:

.

Acqua asciutta che non bagna le mani, un fuoco che brucia senza fiamme . . .

Si tratta di un calore interno, di un'energia invisibile che regge la ma­teria. A livello individuale, è l'energia o il fuoco che alimentiamo dentro di noi rimanendo concentrati, senza permettergli di trapelare all'esterno. È un "fuoco innaturale", allora, quello di cui si tratta, e la disciplina che esso impone non è facile da seguire. La sua natura è spesso di ge-

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nere diverso e ci ricorda un altro detto alchemico: "La natura può su­perare la natura". Come qualsiasi facoltà, il fuoco segreto deve essere acquisito, prepa­rato, creato, e il suo segreto è nell'atto di volontà che compiamo ogni volta che decidiamo, per esempio, di dedicarci all'Opera. L'ostacolo che superiamo è qualunque cosa ci impedisca di farlo. ll fuoco che ci conduce all'interno di noi stessi è un fuoco di medita­zione e contemplazione, letteralmente un"'acqua asciutta" e un "fuo­co che brucia senza fiamme". Possiamo anche concepirlo come il ca­lore che viene trasmesso dalle mani del guaritore. È dunque al tem­po stesso un'energia del corpo e uno stato della mente. La medita­zione e la contemplazione ne sono gli ingredienti attivi: essi ci con­ducono verso una parte più centrale di noi e consentono la forma­zione di un'energia più profonda. Questo è dunque ciò che si inten­de per "fuoco".

Ferma ti un momento ed evoca la sensazione del fuoco o del calore che arde in te. In quale parte del corpo avverti questa sensazione? Ora osseroala. Com'è? Che cosa suscita in te? Di che cosa hai bisogno per lasciare che questa sensazione si intensifichi? Prova a chiedertelo.

La meditazione e la contemplazione - ossia il porsi attivamente in un atteggiamento di apertura, ponderazione e riflessione - sono essen­ziali per qualsiasi tipo di lavoro creativo, compreso quello di cui ci stiamo occupando. In loro assenza non possiamo penetrare realmen­te nel processo alchemico, ed esse ci accompagnano in ogni fase del percorso, aiutandoci a raggiungere la meta che ora ci prefiggiamo, si­tuata all'interno del vaso stesso: quello che gli alchimisti chiamano "il corpo chiuso della casa". La meditazione e la contemplazione ci aiutano a rimanere calmi, centrati e concentrati e a recuperare l'equi­librio quando lo perdiamo, filtrando ciò che assimiliamo dall'esterno, acquietandoci e ricaricandoci dall'interno. Ci consentono di recupe­rare la percezione della nostra forma e del nostro peso, le estremità e i confini della nostra pelle. Procediamo, dunque, compiendo un ulteriore passo verso la nostra interiorità.

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Ferma ti per un po' e rilassati. Stando seduto, porta la tua consapevolezza sul respiro. Senti i piedi che poggiano sul pavimento e il contatto del corpo con la sedia o il pavimento dove sei seduto. Chiudi gli occhi. Respira profondamente più volte, lasciando che il respiro scenda verso il basso, in profondità nel corpo, guidando la tua consapevolezza del vaso ver­so la mente. Qual è la sensazione che cominci ad avvertire del vaso dentro di te? In qua­le parte del corpo puoi localizzar/a? Com'è questa sensazione? Quale immagine ti evoca? Com'è fatta? Riesci a visualizzarne la qualità, la consistenza e il colore? Che cosa sta cercando di mostrarti il tuo vaso? Se hai difficoltà, chiedigli di che cosa ha bisogno. Ti trovi dentro o fuori del vaso? In dte modo potresti o hai potuto entrarci? Clte cosa avviene quando ci entri? Soffemtati su questa sensazione. Sii consapevole di com'è stare lì dentro e di come ti senti. Che tipo di atteggiamento ti è richiesto dallo spazio all'interno del vaso? Poi, lentamente, con gli occhi ancora chiusi, compi un movimento dentro di te verso i confini della tua pelle: verso il ventre, le braccia, le cosce, i piedi, il torace, la gola e la testa . . . avvertendo realmente lo spazio all'interno del tuo corpo. Ora, puoi disegnare il tuo vaso, per fissarlo nella memoria, e annotare qua­lunque osservazione sull'esperienza o derivante da essa.

A questo punto, Deo volente, come si dice, "se Dio vuole", che l'Ope­ra abbia inizio.

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CAPITOLO QUARTO

L'OPERA MINORE

NIGREDO

Esiste nella chimica un certo corpo nobile (lapis), all'inizio del quale regna la miseria con aceto, alla fine invece diletto con gioia; così ho supposto che questo sarebbe successo anche a me: ossia che prima avrei dovuto patire difficoltà, tristezza e disgusto, ma che infine mi sarebbe stato dato di vedere tutte le cose più gioiose e leggere.

MICHAEL MALER

Sì, i miei occhi sono chiusi alla tua luce. Sono un animale, un negro. Ma posso essere salvato.

ARTHUR RIMBAUD, "UNA STAGIONE ALL'INFERNO"

II fondo dell'anima è scuro.

JAMES HILLMAN

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NIGREDO

Manciata di foschia invernale nel pieno dell'estate. I corvi volteggiano su nudi campi incolti.

"Nel pieno della vita, vi è la morte". L'alchimia, come suggerisce l'etimologia, ha origine nell'oscurità. Ne abbiamo già avuto un saggio occupandoci della prima materia, e ora proseguiremo il nostro cammino giungendo ancora più all'interno e in profondità nella notte, una notte oscura. La nera e feconda terra della prima materia, denominata anche "antimonio" e descritta come nigrum nigrius nigra (''nera più nera del nero"), viene dunque portata alla luce in tale discesa completa della mente. Ciò avviene nella pri­ma fase dell'Opera minore, denominata nigredo. Questa discesa, que­sta morte, è diretta verso l'interno del nostro corpo, all'interno e al­l'indietro nel fondamento fisico del nostro essere. Secondo un detto alchemico, "non vi è generazione senza corruzione". Si potrebbe anche dire che non vi è nascita o rinascita senza morte. La morte ha la precedenza. L'essenza della nigredo è costituita dalla nerezza e dalla putrefazione, ragion per cui viene anche denominata calcinatio (da calcine o "com­bustione") e mortificatio (letterahnente, "mortificazione"). Si riferisce fondamentahnente alla morte del Vecchio Re, ossia l'ego, di cui è il simbolo (vedi pag. 31), e ha luogo sotto l'influsso di Satumo che, co­me si ricorderà, per i primi alchimisti era il pianeta più lontano dal sole. li pianeta Saturno è associato sia al piombo, e la stessa nigredo è piombo, sia all'intelletto o alla mente, oltre che alla forma e alla struttura. Entriamo dunque in una dimensione di "morte della mente", un luo­go che è il più lontano dal sole, dalla luce e, apparentemente, dalla speranza, come suggerisce la suggestiva raffigurazione del re ripor­tata alla pagina seguente. Quest'ultimo, chiamato nella leggenda il

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Re Oro, è circondato da una masnada di alchimisti che indossano la tonaca da monaci, con le mazze levate, pronti a colpire. Fra le altre immagini alchemiche di nigredo vi sono il caput mortuum1 (o "testa di morto"); il leone verde, che rappresenta la forza istintiva e sovversiva della Natura, che ingoia il sole dell'ego; i corvi, uccelli della morte, che beccano su una distesa deserta di scheletri umani; le casse da morto e i sarcofaghi, che evocano l'odore di decomposizio­ne e putrefazione, di marcio, legato anche a ciò che sta avvenendo concretamente nel vaso. La principale immagine singola è quella del sol niger, il sole nero che risplende su una terra priva di vita. Possia­mo interpretarlo come la discesa del sole e della luce, che rappresen­ta anche la coscienza, in noi. La coscienza si cala dunque verso l'inconscio, verso ciò che non riu­sciamo a vedere (è nero) né a controllare con la mente. Persino il re dell'illustrazione non sembra rendersi conto di ciò che sta per abbat­tersi su di lui. Dal punto di vista fisico, in questa prima fase, la materia prima e il primo agente vengono posti "in un mortaio di agata". La prima ma te-

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ria viene ridotta in polvere e impastata come il pane, mescolata con il primo agente e "inumidita con la rugiada". Non si deve però dimenticare che tale processo va inteso in senso sia metaforico sia letterale, così come lo si può vedere con lo sguardo dell'immaginazione. Il "composto" viene quindi messo in un recipiente sigillato (il vaso), detto anche "uovo filosofico". n termine allude tanto alla coscienza, o consapevolezza, quanto alla nascita, poiché l'uovo simboleggia en­trambi gli aspetti. All'interno del vaso, l'uovo viene mantenuto a temperatura costante per lunghi periodi: riscaldato dal sangue come durante la cova di una gallina; riscaldato dal calore corporeo, si dice, "come lo sterco fre­sco di cavallo". In seguito la temperatura si innalzerà notevolmente, ma per ora, nel­la fase iniziale, il fuoco che riscalda il vaso e quello al suo interno de­vono essere moderati allo scopo di evitare il surriscaldamento, "altri­menti il lavoro andrà perso". Può accadere, cioè, che l'argilla o il ve­tro vadano in frantumi (cosa che senza dubbio è avvenuta molte vol­te nella realtà, rendendo necessaria la ripetizione del processo). A questo punto il vaso, il fuoco e il suo contenuto sono al loro posto. Nel frattempo, nella nostra storia ha avuto luogo un avvenimento di particolare importanza, e ciò ci conduce a Sol e Luna. n giovane incontra la fanciulla, l'uomo incontra la donna, il fratello incontra la sorella (o viceversa), la potenziale regina incontra il po­tenziale re. ll loro incontro rappresenta un aspetto fondamentale del processo generale. La loro storia narra la realizzazione dell'amore. Il loro, tuttavia, non è un amore comune o ortodosso. Inizialmente esiste a due livelli: dal punto di vista esteriore, come relazione fra l'alchimista e la sua soror mystica, compagna e assistente, o il fratello, equivalente di sesso maschile per una donna; dal punto di vista inte­riore, come relazione fra Sol e Luna, che rappresentano il maschile e il femminile in quanto archetipi interni e che, su un piano più mate­riale, corrispondono a zolfo e mercurio. La saror mystica può esistere esteriormente sotto forma di una perso­na e interiormente come parte di sé. Il suo primo gesto è quello di in­vitare al silenzio, portando il dito alle labbra. Oltre a essere un richia­mo alla segretezza, invita a non parlare ma sentire, un'indicazione vali­da in tutte le fasi dell'Opera. Il gesto è connesso al raccoglimento ne­cessario per il processo, che richiede di rimanere all'interno del vaso.

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La compagna - o il compagno - non corrisponde esattamente a una moglie, a un marito o a un amante, anche se potrebbe esserlo; esiste piuttosto a un altro livello. Dobbiamo esaminare più attentamente il nome attribuito alla soror mystica per comprendere come Sol e Luna interagiscono a partire dal momento del loro incontro. Il nome soror mystica è indicativo, in quanto significa "sorella o fratello mistico". E, a prescindere dal fatto che essi esistano esteriormente o interiormen­te, la relazione è insolita e presenta una carica altrettanto insolita, poiché ci conduce in un ambito che è ancora tabù, in quanto si tratta di un rapporto incestuoso. Malgrado possa non essere tale in senso fisico, viene tuttavia avvertito così, e questo è l'importante. La soror mystica ha sembianze decisamente familiari, al punto da poter essere persino identificata come una parte di sé, sensazione sulla quale dob­biamo soffermarci in modo particolare. Sol e Luna si incontrano e, a quel punto, avviene l'inevitabile: fanno l'amore, cosa che, in termini alchemici, rappresenta un imperativo. Vengono spesso raffigurati incoronati, mentre si accoppiano nell'ac­qua (vedi l'illustrazione a fronte). Così scrive il Rosarium:

Da due acque ottieni una sola acqua. Se hai compreso la mia breve in­dicazione, l'intero procedimento sarà ai tuoi piedi2.

E poi aggiunge:

Sole e luna devono congiungersi come l'uomo e la donna, altrimenti l'oggetto della nostra arte non può essere ottenuto. Tutti gli altri in­segnamenti sono falsi ed errati3.

Si tratta di un incontro complesso, che coinvolge ogni parte di en­trambi e riguarda uomo e donna, fratello e sorella, madre e figlio e, infine, padre e figlia. In termini alchemici si parla di coniunctio, lette­ralmente "unione degli opposti". Quello che si compie è un atto ses­suale e di "ingresso", ed è per questa ragione che viene anche defini­to coitus, oltre che "apertura della matrice", con riferimento sia alla donna sia all'uomo. Richiede disinibizione e slancio e avviene istinti­vamente, non in modo "ordinato e pulito". Ha la funzione di aprire il corpo, come accade nella penetrazione. Se non altro, ci radica nel cor­po. Gli alchimisti definiscono la coniunctio anche come "Opera grez­za", che precede immediatamente !'"Opera minore" nella quale ci

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C O N I V NC T l O S 1 V E Colftu.

troviamo attualmente. Comunque intendiamo o viviamo il coitus in questa fase, è importante sottolineare la sua indifferenziazione. Esso è inconscio, come può esserlo qualunque connubio, e per così dire impuro, non ancora evoluto. L'esito non è quello che possiamo immaginare, benché corrisponda esattamente all'inizio di un rapporto dal punto di vista reale e po­tenziale, in cui è possibile intravedere ciò che potrebbe essere e, a un altro livello, ciò che è. Dall'atto sessuale, nel quale confluiscono in­tensa sofferenza e traumi regressivi, ritorno all'infanzia e profondità dell'essere primordiale, emerge l'immagine dell'androgino o erma­frodita: uomo e donna, donna e uomo, fusione interiore degli oppo­sti. Da una tale situazione di fecondità vediamo sorgere la figura giovanile di Mercurio, un nuovo genere di essere, al tempo stesso in­nocente ed esperto, libero e integro. Spesso rappresentato come figu­ra alata, con in mano il caduceo, ossia la verga con due serpenti in­trecciati simmetricamente, ha corpo maschile e anima femminile. Potremmo forse immaginarlo anche con un corpo femminile e un'ani­ma maschile. Mercurio è stato definito come il lato "incarnato" o segreto di Dio, o del Divino, che comprende luce e ombra e si muove, con spirito gio-

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vanile e leggero, fra i due poli. Rappresenta sempre il terzo, la terza entità rispetto a Sol e Luna, sia in quanto esercita su di loro una fun­zione guida - come la stessa Signora Alchimia - sia in quanto è il prodotto del loro rapporto, ossia il figlio. Egli è depositario del se­greto della loro androginia. Per tutta la durata del processo alchemico, Mercurio è il principio di analogia che collega fra loro le varie componenti (la pietra alla tintu­ra, il Re Rosso alla Regina Bianca).

Ritornando ora a Sol e Luna, abbiamo visto che essi si incontrano e si accoppiano. A questo punto si verifica l'evento straordinario. Calpe­stano insieme il campo dorato e tutto comincia a oscurarsi: l'oro si trasforma in nero. Ancora una volta ritorniamo al vaso, all'uovo filosofico al cui interno sono presenti Sol e Luna, come maschile e femminile, zolfo e mercu­rio. Non appena inizia la nigredo, essi cominciano a reagire e a com­battere. Flamel così immagina questo momento:

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Dopo essere stati posti entrambi nel "vaso" costituito dalla tomba, iniziano a mordersi l'un l'altro selvaggiamente e, istigati dal loro po­tente veleno e dalla furia incontenibile, non abbandonano reciproca­mente la presa - a meno che il freddo abbia a dissuaderli - finché en­trambi, sotto l'azione del veleno grondante e stremati dalle ferite mor­tali, impregnati di sangue, si uccidono l'un l'altro e affogano 11el pro­prio veleno che, dopo la loro morte, li trasmuterà iu acque viventi ed eterne, dopo che avranno perso, nella loro distruzione e decomposi­zione, la propria forma naturale iniziale al fine di acquisire un'unica nuova forma, più nobile ed elevata . . . 4

L'evento a cui ora assistiamo è l'opposto della coniunctio, forse co­munque già intrinsecamente presente in essa con l'irruzione dell'om­bra. Sol e Luna si trovano adesso agli antipodi: polarizzati, assoluta­mente incapaci di vedersi l'un l'altra. In seguito a un selvaggio ribal­tamento, il loro erotismo tende alla morte e, al tempo stesso, que­st'ultima aspira, più o meno consciamente, alla nascita. Tuttavia, nel­la viscerale passionalità del momento, essi non ne sono consapevoli. Sono fuoco nero. In talune raffigurazioni prendono le sembianze di un leone e una leonessa incatenati insieme, che si ghermiscono; in al­tre sono presentati mentre si affrontano in duello, lancia in resta, Sol nell'atto di scagliarsi su un drago e Luna su un grifone. Queste immagini violente rappresentano la fase di disgregazione del metallo di base - il piombo - che ribolle e sfrigola a causa dell'atti­vità che si sviluppa quando la materia viene spogliata della sua forma originaria. Mentre Sol e Luna infuriano, portando alla luce la propria impurità, essi vengono purificati. Lo stesso vale per il metallo di base in cia­scuno di noi che, per poter subire la trasmutazione, deve prima esse­re disgregato attraverso la distruzione della sua forma originaria. Tutto ciò si verifica a mano a mano che la nigredo avanza. Alcuni al­chimisti l'hanno descritta come una nube nera e impenetrabile che inizia a riempire il vaso e assomiglia al sedimento o alla polvere quando vengono scossi. Infine, Sol e Luna "muoiono" e la loro morte, come uno sprofonda­mento successivo al coito, determina la separazione e un lungo pro­cesso di degrado, in cui la "nerezza" si ispessisce e aumenta di peso, sempre più lentamente, finché la sostanza contenuta nel recipiente ri­sulta completamente putrefatta, marcia e maleodorante; dopo la dis-

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soluzione, più profonda di qualsiasi forma, immagine o pensiero, non resta che la liquida nigredo, il nigrum nigrius nigra:

Questa tenebra più oscura della tenebra, questo nero più nero del nero.

Ci troviamo ora al livello primario, quello delle origini indifferenzia­te, immersi in un'oscurità conosciuta solo nel morire. Il sole è total­mente eclissato. La nostra mente è assente. In termini di tempo reale, questo stato tenebroso può durare per me­si o ancora più a lungo, benché per noi sia possibile coglierlo solo per pochi fugaci secondi. Infine, quando ogni speranza sembra ormai perduta, si verifica un cambiamento che si manifesta, dicono gli alchimisti, "quando un aspetto stellato appare sulla superficie". Avviene poi un'essiccazione completa, un'evaporazione dopo la bollitura che crea "un'umidità metallica volatile", lasciando un residuo di preziosa cenere nel quale si manifesta ora Mercurio il Saggio. Assistiamo dunque al ritorno di Mercurio, ma questa volta a un livello più profondo, non derivante dall'unione degli opposti ma dalla loro distruzione. È una nascita di tipo completamente diverso, simile alla calma dopo la tempesta, il prodotto di una lunga notte di depressione, rovina e disperazione, che emerge dalla dissociazione creata da Sol e Luna prima della loro separazione.

Restando per wz po' in silenzio, cerca di evocare in te la sensazione di que­sta cenere. Come la immagini? Quali sono le sue qualità?

Nella nigredo si verifica il passaggio dallo stato solido (quello del me­tallo di base) allo stato liquido (il liquido nero) e alla cenere (il resi­duo). Scopo dell'intero processo, come rileva Burckhardt, è "liberare l'anima dalla sua coagulazione e paralisi", ossia dalla morsa dell'ego e della mente "intellettuale". Nel domicilio di Saturno, che fra le sue caratteristiche annovera la precisione, la "forma" dell'anima viene bruciata e fusa, e ciò, secon­do la tradizione, al fine di "recuperare il suo stato originario incon­dizionato", ritornando così a un livello precedente al condiziona­mento, alla plasmazione della personalità che tutti abbiamo speri­mentato. Ciò che rimane nella cenere è l'anima.

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A questo punto propongo un esercizio che consente a ciascuno di aprirsi all'esperienza della nigredo. L'esercizio può essere eseguito in una stanza buia.

Siediti comodamente e concediti qualche minuto per lasciar fluire quanto hai letto finora. Quando senti di avere recuperato il contatto con te stesso, chiudi gli occhi. Muovendoti mentalmente scendi di nuovo nel tuo vaso. Puoi immaginare questo movimento come la discesa del sole o della luce a partire dal capo, co­me un oscuramento progressivo, oppure essere già nell'oscurità. Porta la tua consapevolezZJl sulle qualità e le sensazioni del buio. Che sen­sazione avverti a livello del cuore? Porta la tua consapevolezza sul corpo. Che cosa provi? Ora cerca di evocare in te il ricordo di una fase oscura della tua vita, in cui hai vissuto la morte, la disgregazione o la fine di qualcosa. Queste esperien­ze possono risalire a un passato lontano o far parte della tua vita attuale. Dove ti trovavi, o dove ti trovi? Che cosa accadeva a te e intorno a te? Cerca di immedesimarti ancora in quella situazione e lascia che riemergano i ricordi. Che sensazione avverti nel corpo? Che sensazione hai nel cuore? Che sensa­zione hai nella mente? Osserva con calma. Nel ritroocare questa esperienza, vi è un'immagine che affiora in particolare? Anche in questo caso, accogli con fiducia qualsiasi cosa emerga. Fermati un momento a osservare la tua immagine, trattenendola con lo sguardo della mente, e poi rifletti su che cosa sta cercando di dirti o di mo­strarti sulla fase di vita passata o su quella attuale. Poi, quando ti senti pronto, apri gli occhi e disegna l'immagine, utilizzando tutti i colori di cui hai bisogno per conferirle spessore e consistenza. Scrivi qualunque annotazione ti sembri opportuna.

Prima di proseguire nella lettura, potresti voler riflettere ulteriormen­te sull'esperienza appena compiuta e magari parlarne con un amico o con il partner. Ricorda che adesso ti trovi all'interno del vaso. Sii consapevole dei tuoi bisogni, in particolare di quelli corporei. Che tu sia solo o in compagnia di altri, ti consiglio comunque di fare una pausa prima di continuare a leggere questo capitolo.

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La nigredo è davvero un'esperienza diretta di oscuramento dell'ego, soprattutto quando viene vissuta per la prima volta, e può effetti­vamente lasciare un residuo di paura in chi si accinge a continuare l'Opera. Ciascun alchimista conosce questo timore e questa esitazio­ne, e spesso si è detto che l'inizio dell'Opera è la parte più difficile e persino la più pericolosa, poiché si presta al maggior numero di er­rori e sono più frequenti le perdite di concentrazione. La nigredo è uno "spazio" estremamente potente; Jung lo descrive in termini mol­to efficaci:

Il timore e la resistenza che ogni uomo prova quando scava troppo a fondo in se stesso sono, in ultima analisi, la paura del viaggio nel­l' Ade. Se si provasse soltanto resistenza, la cosa non sarebbe così gra­ve. In realtà, però, da quello sfondo psichico, dunque proprio da quel­lo spazio oscuro e ignoto, emana un'attrazione, una fascinazione che minaccia di diventare tanto più travolgente quanto più a fondo si pe­netra. Il pericolo psicologico che allora si presenta è un dissolversi della personalità nelle sue componenti funzionali: singole funzioni della coscienza, complessi, fattori ereditari e così via5.

La nostra resistenza è, dunque, comprensibile. Al tempo stesso, tut­tavia, non possiamo sfuggire a quanto ci sta accadendo. Non abbia­mo scelta. Nella maggior parte dei casi, le persone di mia conoscen­za che hanno vissuto un'esperienza di nigredo provavano la sensazio­ne ineluttabile che "non ci fosse nulla da fare", e dò corrisponde esattamente all'esperienza di Sa turno. Per quanto ci si sforzi di usci­re dalla situazione in cui ci si trova, vi è una forza contraria che ci re­spinge o addirittura ci schiaccia, costringendoci a rimanervi, come ben sa chiunque abbia vissuto la fase astrologica del "ritorno di Sa­turno" (inizialmente fra il ventottesimo e il trentesimo" anno di età)6. Saturno è un vero aguzzino, scrupoloso e inflessibile. Alla sua azione si aggiunge quella di Plutone, che fra le sue connotazioni specifiche presenta la capacità di scavare nelle profondità interiori. Malgrado la loro diversità, l'azione di Saturno e Plutone è collegata ed è finaliz­zata a fare entrare l'ego nel vaso, allo scopo di scindere o destrutturare i numerosi strati che compongono la personalità egoica. Al principio siamo portati a opporre resistenza a questa azione. n nostro rifiuto dell'esperienza può spesso manifestarsi sotto forma di ira ("È solo una massa di schifezze"). Al rifiuto, o negazione, fanno

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seguito generalmente un vissuto di soffocamento e l'erompere del veleno, accompagnati da malinconia, dolore e amarezza: emozioni che possono raggiungere una sorprendente intensità. Nel Rosarium si afferma che nella nigredo "il cervello diventa nero". Cominciamo a vedere ogni cosa sotto una luce nera. È come se ci identificassimo completamente con la nostra parte in ombra, e può accadere che ar­riviamo a considerarla misera e meschina. Dico "può accadere" in quanto l'ombra può anche essere positiva ed è importante tenere presente questa possibilità. La nigredo può rappresentare un potente correttivo per coloro che hanno un'immagine totalmente luminosa di sé. È valido il detto "Più forte è la luce, più lunga è l'ombra", specie se non ne siamo consapevoli, e tale meccanismo appartiene alla sfera di Plutone. Una reazione del genere è collegata al Vecchio Re presente in ciascu­no di noi che, ovviamente, vuole continuare a mantenere il trono e il comando. In questo caso la personificazione dell'ego è maschile, ma potrebbe ugualmente trattarsi di una Vecchia Regina, una nonna or­gogliosa e autoritaria. È di questa parte che dobbiamo liberarci. Per quale ragione? Perché ostruisce l'anima. Alla fine l'ego cede, anche se di solito con riluttanza. Poiché dispone di un'infinità di strategie di difesa, il processo può risultare lungo e ripetitivo, anche perché, com'è logico, temiamo l'insicurezza e l'igno­to, e inoltre ci manca sempre la fiducia. Pensiamo: "E va bene, que­sto sta per finire, ma poi che cosa accadrà?". Non possiamo saperlo. In questa fase si verifica uno sprofondamento nella depressione, a ri­prova che la discesa sta effettivamente avendo luogo. Siamo oppres­si da un senso di pesantezza e di dolore, che corrisponde al piombo, e possiamo anche avvertire una sorta di "crollo" e il venire meno del­la forza fisica e della vitalità. L'esperienza che ci porta a contatto con il nostro "materiale di scarto" contribuisce a mantenerci ancorati alla nostra interiorità. A un certo punto - e si tratta di un momento im­portante - è come se "non vi fossero più vie d'uscita ma solo di en­trata". È l'inizio dell'accettazione. Entriamo, dunque, ed è proprio ora che può verificarsi un crollo, o qualcosa che noi percepiamo come tale. L'inconscio è al tempo stesso luminoso e oscuro, come la prima materia: contiene grandi ricchezze ma anche pericoli. Non è un luogo ameno. Conserva tutto ciò che ab­biamo represso e che continuiamo a reprimere attivamente in nome della ragionevolezza e della sanità mentale. Il pericolo reale è che

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manchi la capacità di contenimento del processo in corso e, in tal ca­so, viene a mancare lo stesso "vaso". A quel punto il processo viene proiettato al di fuori, per esempio sotto forma di omicidio o persino di suicidio. In questa fase vi è anche la possibilità di una sorta di "in­tossicazione da piombo", associata a una sensazione di avvelena­mento e di grigiore del volto. Come ha rilevato Johannes Fabricius7, è molto probabile che gli alchimisti, nei loro laboratori, soffrissero di stati allucinatori indotti dall'intossicazione causata dai materiali im­piegati nei loro esperimenti. Dal punto di vista interiore, tuttavia, una tale condizione può essere anche valutata positivamente in quanto consente l'accesso all'immaginazione e ai sogni. Marie-Louise von Franz scrive quanto segue a proposito dei sogni che in genere com­paiono nella fase di nigredo:

Questi sogni sono oltremodo preziosi: essi si presentano con un gu­scio di deprimente nerezza che suscita avversione e li fa sembrare inavvicinabili, ma dentro quel guscio c'è la luce dell'inconscio. Spes­so la luce si cela proprio nei temi depressivi del sogno; e gli impulsi oscuri, se vengono analizzati con amore e con un atteggiamento che accetta il paradosso, si rivelano pieni di significatoB.

Si tratta senz'altro di un saggio consiglio. Le immagini che sono emer­se durante il precedente esercizio potrebbero essere esaminate anche alla luce di queste considerazioni. La nigredo può spesso coincidere con la morte dell'illusione: la fine di ciò che non è reale o non lo è ancora, per quanto ciò possa essere doloroso, soprattutto nell'ambito di un rapporto. Una volta, durante un seminario, un uomo raccontò in un momento di condivisione: "Ci siamo dovuti separare per iniziare a trovare una soluzione", e poi, notando l'importanza di ciò che aveva detto, abbozzò un sorri­so. Quella della morte dell'illusione è un'esperienza di solitudine ma, come spesso avviene per gli eventi fondamentali della nostra vi­ta, dobbiamo affrontarla da soli per riconoscere la forza che ne pos­siamo trarre, proprio nel momento in cui pensiamo che ci stia di­struggendo. Cito una frase di Ruth White che non ho mai dimenti­cato: "Quanto migliore è la qualità del negativo, tanto più profondo è lo sviluppo". La nigredo sembra esiliarci da tutta la luce che abbiamo conosciuto nella nostra vita, ma in realtà ci porta più profondamente a contatto

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con noi stessi, laddove la luce può splendere di nuovo: che si tratti del nostro corpo, in conseguenza di uno sradicamento, della relazio­ne con un uomo o una donna, o dell'appellarci alla nostra autorità personale invece che a quella di qualcun altro, sia esso un individuo, un genitore o un'istituzione. La nigredo, quindi, malgrado quanto in effetti può sembrare al mo­mento, non arreca soltanto tenebra e sofferenza. Tuttavia, affinché possiamo riconoscere più a fondo l'iniziazione che essa rappresenta, è di fondamentale importanza l'accettazione. Ciò di cui abbiamo più bisogno in questa fase, a mio parere, è vedere verso che cosa siamo tra­scinati nella nostra discesa: la cenere, l'anima. In tal modo impariamo a vedere e a comprendere con l'anima.

Nel rivedere la tua esperienza di nigredo, ti suggerisco di porti queste domande: "A che scopo?", "A che cosa sono stato (o sono) posto di fronte?". Ricorda che i sogni possono essere una preziosissima fonte di informazioni in merito, sia quelli del periodo specifico sia quelli che possono emergere attraverso l'elaborazione dell'esperienza.

Dal punto di vista collettivo, ovunque volgiamo lo sguardo nel mon­do attuale non mancano esempi di nigredo, più che di qualunque al­tra fase del processo alchemico. Stiamo vivendo una nigredo globale. Il Vecchio Re (o Regina) resiste sotto varie forme: dai politici ai ditta­tori, per giungere fino ai guru e alle istituzioni di ogni genere che mostrano il loro lato in ombra e abusano del potere. La nigredo è evidente nel capitalismo rampante, nell'avidità di ric­chezze materiali che sta creando un divario sempre più ampio fra i ricchi e i poveri del pianeta. Il mondo quale noi lo conosciamo è in crisi dal punto di vista emotivo, ecologico e spirituale, e gli effetti del degrado e della putrefazione sono visibili ovunque, in modo impres­sionante, nei volti e nei corpi emaciati dei senzatetto e delle persone che muoiono di fame. Come scrive il poeta Norman Jope, un iniziato della nigredo, siamo in presenza di una sorta di "peste" (vedi la poesia a pag. 75)9.

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Il problema, e l'immane potenziale tragedia che ne consegue, è che questo processo è inconscio e tale situazione, a seconda di come noi la interpreteremo o vi reagiremo, proseguirà autoperpetuandosi alla stregua di un automatismo, oppure - come sarà necessario se voglia­mo sopravvivere - darà origine a un cambiamento radicale. Alcuni segni indicano che la "svolta" sta per avvenire, e tuttavia non può es­sere data per scontata ma richiede, inevitabilmente, la partecipazione di ciascuno, a tutti i livelli. Dunque, l'invito dell'alchimia alla trasformazione individuale rap­presenta necessariamente un elemento di grande rilevanza per noi tutti, visto che non esistono più i "pochi eletti". Dobbiamo quindi avere il coraggio di morire in modo diverso, a noi stessi e al nostro ego emotivo. Dobbiamo trovare la cenere, individua­re un nuovo percorso. È giunto il momento di passare alla fase di solutio.

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La peste a Roseland I papaveri si moltiplicano mentre le vespe diventano più grandi.

I campi di grano perdono i confini. Le case invecchiano. Pezzi di carta volteggiano fra i terreni seminati,

andando a sbattere contro cancelli lucidati al passaggio di Datsun, Vauxhall, Ford, Toyota, Lada, Audi

nei viali d'accesso. Le porte di casa si aprono, offrendo un bacio, una cena ipocalorica e una serata

davanti al televisore. Un treno merci avanza solenne sul sottosuolo argilloso. L'unico bar del paese è strapieno di spacconate

su dividendi e cibo nei cesti. I papaveri ondeggiano. Le vespe falsificano i favi. Le api

quasi scoppiano di polline - sono obese, asmatiche -e si aggirano appesantite. Un cerchio s'ingrandisce nel grano maturo, a un miglio in mezzo al campo,

invisibile a tutti. L'ombra dei carrelli nel drive-in locale, da Sainsbury -

Mene, Mene . . . E lui le dice che è finita, che le cifre non quadrano e che la teoria del caos massacra l'economia.

Oltre le pareti, i papaveri bevono i pungiglioni delle vespe, sognando la morte in accessi di colore viola.

NORMAN JOPE

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CAPITOLO Q.UINTO

L'OPERA MINORE

SOLUTIO

Vai dalla donna che lava i panni e fa' come lei.

"ATALANTA FUGIENS"

Se non avrai purificato il corpo impuro, rendendolo bianco e restituendo/o alla sua anima, non avrai compiuto nulla

in questa ricerca della pietra filosofale.

"ROSARIUM PHILOSOPHORUM"

Quale candore puoi aggiungere a questo candore, quale candore?

EZRA POUND, "CANTI" (LXXX)

Cercare di rendere il cuore bianco è un opus contra naturam. Diamo per scontato che il cuore sia rosso come il sangue, verde

come il suo desiderio pieno di speranza . . .

JAMES HILLMAN, "PENSIERO DEL CUORE"

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N A

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SOL UTIO

La matassa luminosa del cielo notturno, il tuo viso e i tuoi occhi rivolti verso l'alto.

Puro fumo di nubi luminose che fluiscono lente attraverso la luna . . .

La solutio prosegue da tutti i punti di vista l'opera avviata nella ni­gredo, tanto che le due fasi possono essere considerate, in effetti, fac­ce della stessa medaglia: possiamo immaginarle accostate come il ne­ro e il bianco nel simbolo dello yin e dello yang, che si fondono e si rispecchiano l'uno nell'altro.

Nella solutio passiamo dal nero al bianco, dall'emozione al sentimen­to, ci spostiamo dal plesso solare verso il cuore. Spesso emozione e sentimentQ vengono confusi: la solutio aiuta a chiarire la differenza. L'emozione appartiene a tutto quanto abbiamo visto nella sfera della nigredo, mentre il sentimento, che è sempre più soave, ricettivo, libe­ro e trasparente, è qualcosa di molto diverso e ci mette in comunica­zione con lo spirito. L'emozione, d'altra parte, se intesa correttamen­te, può fornire l'energia necessaria ad alimentare il sentimento, che

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può derivare da essa attraverso la purificazione e il fuoco. Dopo la discesa della mente nella nigredo, nella solutio vi è un movimento di elevazione che permette l'ingresso alla sfera del cuore. La solutio ci conduce al nucleo centrale del detto alchemico salve et coagula, "dissolvi e ri-costituisci", che possiamo interpretare in questo caso come "purifica e ri-costituisci" o "ri-unisci" . La solutio è essenzialmente "imbianchimento", e per tale ragione vie­ne anche chiamata ablutio (abluzione, l�vaggio), baptisma (come nel "battesimo", qui celebrato col fuoco, oltre che con l'acqua) e albedo, con le sue connotazioni di "albino". Ciò è specificamente connesso con l'anima, la nostra parte profonda, che coincide con il sentimento e lo spirito, ossia la dimensione superiore che trascende la mente. È in questa sfera che Luna e il principio femminile esprimono al mas­simo il proprio potere di trasformazione. La solutio è, letteralmente, lenimento o purificazione dell'anima stessa, che viene liberata dalla corazza dell'ego, come abbiamo visto nella nigredo. È la fase associata prima a Giove e poi alla luna. Giove è l'antitesi di Satumo. Mentre Saturno ci impone una costrizione, Gio­ve ci conforta e ci consente di espanderci, allo stesso modo di una profonda espirazione. La luna, soprattutto quando è piena, completa questa fase con il suo candore argenteo. L'esperienza della solutio può essere rappresentata per analogia con la progressione delle fasi lunari, dal novilunio al plenilunio. Inoltre, così come nella nigredo si esplica l'azione congiunta di Saturno e Plutone, nella solutio si ha un'associazione con Nettuno, pianeta delle profondità marine e del sogno. Ci stiamo avvicinando al sole passando attraverso la luna, che lo precede. Fra le raffigurazioni della solutio vi sono l'immagine del re che sta per affogare nel mare e chiede aiuto, oppure quella del re immerso in un bagno di vapore, una sorta di sauna; si aggiunge poi l'imma­gine del pellicano (vedi l'illustrazione a fronte), nome con il quale ve­niva indicato un alambicco da laboratorio dotato di due braccia e di

. forma simile a una brocca. Il pellicano viene raffigurato nell'atto di beccarsi il petto, a simboleggiare il contatto con il cuore e con la co­scienza del cuore. Compaiono inoltre immagini che si richiamano più esplicitamente al tema della purezza: l'unicorno, animale emblema dello spirito per la forza del suo corno e che, secondo la tradizione, soltanto una vergi­ne poteva catturare; le vergini, poste in relazione con Luna, a indica-

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re la qualità della purezza femminile e non la negazione della ses­sualità (considerando che il termine "vergine" originariamente indi­cava una donna "in armonia con se stessa"); l'uovo lunare, simbolo della rinascita; infine, la Rosa Alba, o Rosa Bianca, che rappresenta lo sbocciare dell'amore romantico spiritualizzato. Oltre a Sol e Luna, l'immagine più significativa, che è alla base di tutte le raffigurazioni precedentemente elencate, è quella che rappresenta la finalità della solutio: la fabbricazione della pietra bianca. La pietra bianca - in antitesi con il sole nero - è la solidificazione del­la luce ottenuta dopo ripetute operazioni di distillazione e coagula­zione (salve et coagula). Si tratta di una sostanza spirituale pura che configura il punto di arrivo dell'Opera minore. Per alcuni alchimisti costituiva la meta dell'intera Opera. Vedremo comunque perché altri alchimisti si sono spinti oltre.

Siamo dunque giunti alla cenere al termine della notte; all'interno del vaso vi sono il cadavere annerito e la massa nerastra. L'alchimista, esausto, si è gettato sul letto e fuori, nell'oscurità, comincia a piovere dolcemente. Pian piano, il buio comincia a rischiararsi e dal suo in­terno inizia a sorgere un'alba bianca di nubi che oscurano il sole . . .

A questo punto si verifica un movimento ascensionale per cui, all'in­temo del vaso, con un iniziale raffreddamento "questo principio [la cenere] si leva nell'aria alchemica, nel microcosmo dell'uovo e riceve dall'alto influssi celestiali e di purificazione"1. Vi è quindi un'eleva-

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zione, una liberazione simile a un'espirazione. In seguito "ricade nuo­vamente, sublimata, sulla Nuova Terra che dovrà infine sorgere"2• Vi è, qui, un'anticipazione della coagulatio, la fase successiva. Ciò a cui assistiamo ora è il ripetersi del lavaggio, dell'aggregazione e dell'ulte­riore dissoluzione della materia all'interno del vaso, a mano a mano che il fuoco viene lentamente intensificato. Fondamentalmente si trat­ta di Wl processo di riscaldamento e vaporizzazione equivalente alla sublimazione, che letteralmente significa "sollevare". La sublimazione è la chiave dell'intera fase e corrisponde allo sbian­camento cui si riferisce il Rosarium con l'espressione "la bianchezza chiamata aria". Per ciò che concerne il lavaggio, l'acqua utilizzata a tal fine è "l'acqua della saggezza", che corrisponde alle lacrime. Questo è il processo di purificazione, che diventa tanto più energico e intenso con l'aumentare del calore. La materia viene sbiancata fino a essere resa simile a un osso, e ciò è riferito a tutti gli strati del cor­pus, ossia il corpo fisico. Il processo continua, con ripetuti lavaggi, finché la bianchezza si intensifica e il chiarore sorge in uno strano giorno lunare che potrebbe anche essere notte. Ecco il processo di pu­rificazione del corpo che coincide con la prima parte della solutio e con le trasformazioni che hanno luogo all'interno del vaso. La seconda parte riguarda la spiritualizzazione del corpo, di cui la pietra bianca costituisce una metafora. n calore viene aumentato ul­teriormente finché, dalla ripetuta distillazione e coagulazione del cor­po (il materiale), si forma un residuo: la pietra. Non appena inizia a emergere la sostanza della pietra, si verifica un evento inatteso e me­raviglioso: appaiono i colori, colori che sfumano coprendo l'intero spettro prima dell'apparizione del bianco. Il fenomeno è chiamato cauda pavonis, "coda di pavone"; il suo dispiegarsi iridescente rap­presenta la totalità o il risanamento, l'erompere della bellezza anche a livello psichi co, oltre che l'elemento prodigioso. La spiritualizzazio­ne del corpo è infatti un accadimento miracoloso. La pietra bianca è simbolo del candore e della purezza, al di là di tut­ti i colori e gli effetti. Essa viene polverizzata nella forma finché qual­siasi traccia di nerezza sparisce. Si tratta dunque di nna realtà fisica, non soltanto di un'idea, ragion per cui alcurù alchimisti (come Flamel e Valentinus) la identificano col Cristo3. La pietra bianca richiede una vera apertura del cuore, con tutta la sofferenza che ciò può compor­tare, e da essa nasce la Rosa Bianca, il bocciolo sulla pietra che è tra­scendente, realizzato e meritato, ossia l'amore.

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Una volta raggiunta la bianchezza, si dice che l'alchimista abbia ac­quisito la forza sufficiente per resistere agli ardori del fuoco, inten­dendo con ciò che si è abbastanza forti da non venire destabilizzati, perdendo il terreno sotto i piedi o il proprio centro, e da mantenere l'energia spirituale senza essere spazzati via. Comprendiamo dunque la ragione per la quale il processo di purificazione non può che essere profondo e reale. Quale risultato di tale processo, infine, appare un altro residuo vita­le. Si dice che "dal grembo di sua madre e sorella, Iside o mercurio, compare il Re Rosso"4: un caldo e vivente residuo di terra, segno di rinascita e di una nuova qualità dell'umanità.

Che cosa ne è di Sol e Luna? Che cosa accade loro nella fase attuale? Inizialmente essi sono morti, insieme con la loro visione. Poi arriva la pioggia, che scende sulla loro tomba e lentamente, sotto la sua azio­ne, vi è un risveglio, un risanamento e un addolcimento: un mattino, forse, in cui si risvegliano trovandosi fianco a fianco nello stesso let­to. La giornata si dispiega di fronte a loro e c'è del lavoro da svolge­re. Ma vi è stato un mutamento: le persone non sono più le stesse, anche se esteriormente potrebbe sembrare il contrario. Ora è possibi­le qualcosa di diverso, che non avrebbe potuto avvenire prima. E questa è la loro opera di imbianchimento. Per un certo periodo l'atti­vità sessuale è sospesa, poiché ora devono dedicarsi a un lavoro del cuore, come indica il pellicano: devono aprire il cuore o ritornare a esso, e ciò richiede tempo. Negli eventi sin qui descritti Luna svolge un ruolo importante, grazie alle risorse di cui dispone per addolcire, comunìcare, ascoltare e, so­prattutto, sentire. Sotto questo profilo si ricollega alla soror mystica e, al di là di essa, alla stessa Signora Alchimia. Per Sol il processo è quello della dissoluzione, mentre per Luna si tratta di una purifica­rione che deriva dall'esplicarsi delle proprie qualità femminili. Ancora una volta, possiamo esaminare questi aspetti in termini di zolfo e mercurio. Inizialmente, nella nigredo, lui le resiste fino ad ar­rivare allo scontro. Ora lui si dissolve in lei e nel suo elemento, e co­sì anche il suo cuore - o la sua collera - si dissolve nella frescura di lei. Ma non basta. Se identifichiamo lo zolfo con un livello dell'intel-

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letto maschile, astratto o concettuale, comprendiamo come esso deb­ba "dissolversi" prima di riuscire a diventare qualcosa di realmente vivo: qualcosa dotato di anima e di sentimento. Possiamo quindi di­re che il sole viene eclissato dalla Irma. La solutio viene raffigurata anche in veste di donna intenta a lavare i panni, un lavoro umile e senza pretese che preferiremmo non svol­gere, e che tuttavia ci aiuta a liberarci delle nostre difese e richiede una grande quantità d'acqua. Alternandosi, l'acqua e il fuoco modificano reciprocamente la propria qualità. L'acqua diventa più ardente e il fuoco più fluido. Possiamo comprenderlo emotivamente e in temùni di sentimento. Ciò che av­viene è più di una vera e propria fusione. Quando ristabiliscono nuovamente un'intimità, Sol e Ltma sono cam­biati. Vengono talvolta rappresentati sotto forma di uccelli abbrac­ciati, uniti come fossero all'interno di un cerchio, "due in uno". Dal ptmto di vista alchemico si inconcrano con la luna piena, e ancora tma volta il Rosarium è estremamente preciso nella descrizione:

Getta la femmina sul maschio e il maschio salirà sulla femminas.

In questa fase, quando si accoppiano lei è sopra di lui e lui giace sot­to di lei, e fra i due uccelli è lei quello alato. Dalla coppia sorge tm terzo uccello, un cigno o rma colomba. Il cigno simboleggia il cando­re regale, la colomba è l'emblema dello spirito e dell'anima, del desi­derio e della grazia in una sintesi sacra. Si tratta, ancora una volta, di Mercurio. Il Rosarium afferma enfaticamente:

Così avete il vero Mercurio estratto dai due corpi menzionati prima, ben lavati e digeriti. E giuro su Dio che nessun altro Mercurio esiste nella via universale se non quello appena dichiarato dal quale dipen­de l'intera filosofia. Chi dice altrimenti, dice il falso6.

Sol e Luna sono rinati e appaiono ora più teneri e più vulnerabili. Qual è la ragione? Essi conoscono ormai il fuoco e sanno che a tenerli uniti è qualcosa che li trascende, che soltanto l'apertura del cuore può penetrare.

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Qui si rivela il vero significato della solutio, ossia quello di un lavoro sull'anima che procede verso l'interiorità, verso ciò che non possia­mo vedere ma soltanto sentire. In questo processo di purificazione abbiamo la possibilità di recupe­rare ciò che Burckhardt definisce "la purezza originaria e la ricetti­vità dell'anima". Ora l'anima è libera, è viva nel nostro corpo, e l'anima e lo spirito possono incontrarsi. . . I l seguente esercizio permette di esplorare autonomamente la solutio. L'esercizio può essere svolto anche in acqua.

Stando seduto o sdraiato comodamente, concediti un momento per respira­re di nuovo e ritornare a te stesso. Soffermati per qualche mi11uto a riflettere sul tuo rapporto con l'acqua. Fino a che punto ne sei consapevole? Con che frequenza ne fai uso? Provi piace­re o avversione? Che sensazione ti dà?

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Ora, se non Io hai ancora fatto, chiudi gli occhi ed entra all'interno del tuo vaso. Cerca di visualizzare la luna. Sii consapevole del modo in cui la vedi. Come ti appare? Che sensazione ti suscita? In che modo la sua luce influisce su di te e sui tuoi occhi? Adesso cerca di rievocare un momento della tua vita in cui hai sperimentato la purezza o una specifica qualità di purificazione. Dove ti trovavi (o ti trovi)? Che cosa avveniva in te e intorno a te? Che cosa avvertivi a livello corporeo? In che modo ti sentivi toccato nei sen­timenti o nel cuore? Come vivevi questa esperienZil con la mente? Esamina lentamente ogni domanda in modo da avvertire una risposta inter­na a livello del corpo, dei sentimenti e della mente. Ora prova a evocare un'immagine. Anche questa volta lascia che emerga qualunque cosa, per quanto strana e inusuale possa sembrarti. Lascia che si formi e poi rifletti su di essa e su ciò che sta tentando di mo­strarti o comunicarti. Ricordati che puoi chiederle: "Che cosa stai cercando di mostrarmi o comunicarmi?". Quando ti senti pronto, apri gli occhi e disegna la tua immagine; prendi no­ta anche di tutte le eventuali osservazioni.

Può essere interessante confrontare tale esperienza con quella che hai compiuto nella 1tigredo. Quali sono le differenze? Quali i collegamen­ti? Prova a individuarli ponendo i tuoi due disegni l'uno accanto al­l'altro: Che impressione fanno visti insieme? Passa in rassegna l'Opera minore che hai compiuto finora. Che sen­sazione hai avuto all'interno del vaso? Fino a che punto ti sei imme­desimato nella situazione? E che cosa ti chiede il tuo vaso ora? Fer­mati un attimo, chiudi gli occhi e rivolgi la domanda al tuo vaso.

Ancora una volta esamineremo alcune implicazioni del processo in corso. La solutio rappresenta realmente una sfida alla purezza e, al ri­guardo, può suscitare tutte le nostre resistenze. Essa chiama profon­damente in causa la nostra natura fluida: d'altronde, essendo compo­sti per il 60% di acqua, non siamo affatto così solidi o immutabili co­me sembriamo. A livello più elementare, possiamo accorgercene ogni volta che piove e cambia il tempo durante la giornata (che si trasfor­ma così in una "giornata morbida", come dicono in Irlanda). Roger

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Evans, cofondatore dell'Istituto di Psicosintesi di Londra, durante un incontro tenutosi in un corso estivo ha raccontato che una volta, men­tre camminava sotto la pioggia, ha improvvisamente sentito l'impul­so di togliersi la camicia, contravvenendo alla sua reazione abituale, e di come avesse vissuto quel gesto in forma estremamente liberato­da. Questo significa accogliere sino in fondo la solutio. La solutio ci aiuta a sentire in un modo particolare e l'esperienza può essere assimilabile a quella di venire denudati. In Alchemica[ Solutions, Jarnes Hillman scrive, ponendo in relazione acqua, lacrime e sale:

L'esperienza sentita assume un significato radicalmente diverso alla luce del sale alchemico. Può accaderci di immaginare le nostre soffe­renze profonde non soltanto come ferite che devono essere guarite, ma come miniere di sale dalle quali possiamo trarre un'essenza preziosa, senza la quale l'anima non può vivere7.

L'ultima frase è molto significativa, poiché ci invita a tenere in seria considerazione i nostri sentimenti e a prendercene cura personal­mente, invece di considerarli alla stregua di improvvisi e pericolosi temporali che vengono rapidamente rimossi da una parvenza di bel tempo. Questo significherebbe eludere la solutio che, in realtà, così come tutte le altre fasi del processo alchemico, ha una propria vo­lontà e un proprio programma da portare a termine. L'obiettivo è quello di addolcirci e di portarci a contatto con il femminile, e la co­sa può risultare particolarmente ardua per gli uomini che temono di perdere la loro forza. In realtà, non si tratta di indebolirsi, malgrado una tale esperienza possa rendersi transitoriamente necessaria, bensì di avere il coraggio di essere ricetti.vi: una qualità che è alla base della relazione. Se non riesco a sentire e ad accettare ciò che è intorno a me, come posso pormi in relazione con te o aspettarmi che tu ti ponga in relazione con me? In questa fase andiamo concretamente incontro all'ignoto - il viaggio per mare - e l'esperienza può essere simile a quella di precipitare o perdere i sensi, smarrire la nostra abituale presa sulle cose, avvertire uno strano senso di sospensione, come quando nevica. Emergono tut­te le immagini collegate all'acqua: il battesimo, il liquido amniotico, il liquido seminale, la fonte, il bagno, il lago, la pozza8. Ci troviamo ad affrontare un viaggio notturno per mare, sospesi tra due luoghi,

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nessuno dei quali è visibile. E se ci addormentiamo sogniamo: i sogni assumono particolare rilevanza ora, sotto il segno di Nettuno che go­verna la fonte inconscia dell'attività onirica. La solutio è purificazione ma, come sempre, non si tratta di un pro­cesso facile. Inizialmente occorre sperimentare sofferenza e lacrime, un dolore tenuto a freno per anni. È probabile che tale processo ci conduca verso i punti di vulnerabilità che vanno riconosciuti e gua­riti; può persino accadere che ci si "spezzi il cuore", e questa potreb­be essere l'unica occasione affinché il nostro cuore si apra realmente. In ogni crisi vi è un'opportunità e, con l'aumentare del calore, pos­siamo riconoscervi una possibilità di espansione; possiamo, per esem­pio, lavorare attivamente sulla nostra depressione invece di subirla passivamente, come richiede in molti casi la nigredo. Nella solutio possiamo iniziare ad affrontarla (per esempio, consultando un buon terapeuta) e, a quel punto, può risvegliarsi un fermento. Possiamo cominciare a comprendere dove siamo e, magari, per quale motivo fosse necessario "spezzarsi il cuore". Spesso, durante la solutio, ma anche al suo termine, può accadere di innamorarsi; tuttavia, può risultare difficile distinguere la realtà dal sogno, accorgersi che ciò che si è desiderato può non essere piena­mente corrisposto o non essere ancora reale. E questo perché non l'abbiamo ancora veramente assimilato o acquisito. Marie-Louise von Franz aggiunge però una nota di consolazione:

Non vi è alcun "si dovrebbe" al riguardo. Ritengo che una vera espe­rienza spirituale - anche se non so esattamente a che cosa si alluda quando si usa questa espressione - debba necessariamente diventare marlifesta. Mythos significa "comunicazione". Quando si è sopraf­fatti da un'esperienza spirituale, è l'esperienza stessa che vuole essere comunicata, cioè resa ma1lifesta; questo è il significato della parola mythos. Non vi è esperienza religiosa che 110n comporti il bisogno di esprimerla. È naturale, ma non occorre aggiungere il "si dovrebbe". Se si tratta di un'esperienza autentica essa diventerà reale, sfocerà naturalmente nella realfà9.

Anche qui, come per l'amore, occorre tempo. Per fabbricare l'oro ci vuole tempo, e quest'ultimo ancora non si profila all'orizzonte. Tut­tavia, "a mano a mano che la materia si sbianca" e il fuoco si intensi­fica, entriamo in sfere di sentimento e di consapevolezza più elevate.

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La purificazione riguarda anche la sessualità: è una purificazione del desiderio che si trasforma in un più tenero amarsi. La purificazione porta a non considerare più le persone, in qualunque situazione, co­me semplici oggetti, ma come anime in cammino. La differenza si no­ta immediatamente, e questo aspetto può essere colto nel modo di vedere e di sentire. In un senso ancor più elevato, approfondendo progressivamente la nostra comprensione della pietra bianca, riusciamo a concentrarci e a essere consapevoli del nostro processo personale, invece di proiettar­lo su un'altra persona. Una donna che durante uno dei miei serninari10 aveva svolto l' eserci­zio riportato in questo capitolo, mi riferì di averne tratto un senso di "candore, vuoto e purezza d'intenti"; un'altra aveva avuto la straor­dinaria visione di un uccello bianco che "si divertiva godendosi il mo­vimento dell'aria". Un'altra ancora aveva scritto, più tardi, di essere entrata in contatto con il proprio autentico essere femminile (un se­gno di tale cambiamento era stato, fra l'altro, il fatto che aveva ini­ziato a utilizzare il suo nome intero, Catherine, invece di Katie):

Mi sentivo serena ed espansa, come se riempissi di nuovo la mia pel­le e potessi persino "schizzare fuori" da essa. Vi era quindi una splendida tensione a far da contrappeso alla serenità.

Un uomo che faceva parte dello stesso gruppo aveva detto: "L'arno­re riuscirà a percepire come io non ho mai fatto". Il racconto di queste esperienze ci conduce progressivamente a con­siderare la pietra bianca come una sorta di pietra di paragone dentro di noi, che trasforma l'amore per il potere in potere di amare. In tal modo, giungiamo ad apprezzare l'amore da un nuovo punto di vista, distinguendolo dalla manipolazione e dalla coercizione; l'amore as­sume una natura più spirituale e la qualità dell'amare si fa più viva e legata al sentimento. Cominciamo ad accorgerci che, a prescindere dalle singole persone, siamo qui per amare e per imparare ad amare. Dal processo di purificazione dell'acqua e del fuoco, dunque, otte­niamo una Regina Bianca e un Re Rosso, di cui resta, quale residuo, la "terra calcinata col fuoco". Ne risulta così un nuovo tipo di uomo e di donna e disponiamo delle basi per qualcosa di reale.

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Nel ripercorrere l'esperienza della solutio, ti invito a chiederti: "Quan­to sono pure le mie intenzioni"?, "Fino a che punto mi permetto di es­sere onesto?", "Fino a che punto sono in contatto con i miei senti­menti?" e, infine, "Che cosa significa per me l'amore?". È questa l'al­chimia da praticare nella fase attuale: Se vuoi, puoi meditare sui pun­ti appena elencati e anche condividere le tue riflessioni con un fratel­lo o una sorella, compagni di strada. E se per caso decidi di fare una passeggiata, vedi se riesci a procurarti una pietra bianca . . .

A livello collettivo può risultare più difficile, a prima vista, indivi­duare tracce della solutio in un mondo "annerito" dalla carta stampa­ta; possiamo tuttavia ritrovarla fra tutti coloro che, in modi diversi, come noi avvertono l'esigenza di purificarsi. Essa si rivela nel senti­mento che siamo disposti a infondere alla vita, quando avvertiamo che noi tutti possiamo vivere una vita animata dal sentimento, sia che siamo artisti, architetti, medici o taxisti. Nella vita animata dal sentimento l'interno e l'esterno sono un'unica cosa: l/alto" e l/basso" si toccano. Gli eventi non si verificano solo fuori di noi ma anche dentro di noi. Possiamo avvertire questa intensa partecipazione in quanti sono stati chiamati alla religione e, più in generale, in tutti coloro che riconoscono il senso spirituale della vita e l'importanza centrale dell'amore. Una tale sensibilità, della quale si sente ormai l'esigenza in ogni ambito, si va sempre più diffon­dendo nella nostra quotidianità, come una modalità di comunicazio­ne con noi stessi e con gli altri, al di fuori delle chiese e di altre strutture ufficiali. 11La mia chiesa è il mio cuore", mi è venuto spon­taneo dire una volta, Ile il suo tetto è il cielo aperto e infinito". La solutio riguarda anche il corpo e ci induce a valorizzare la salute e la purificazione, riconoscendo l'importanza degli alimenti che sce­gliamo di mangiare e di non mangiare. Possiamo ritrovare la solutio anche in ambito medico, in varie forme di cura come i fiori di Bach, la fitoterapia cinese o, in senso più letterale, nel trattamento del cli­stere, che consente di ripulire l'intestino dagli escrementi. La purificazione è necessaria a tutti i livelli: non soltanto nel pensie­ro, nei sentimenti e nel corpo ma, più in generale, nell'ambiente in­quinato e nel mondo. Prove tangibili di tale necessità sono l'acqua

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ormai imbevibile, le acque morte dei fiumi, dei laghi e di quei mari in cui le navi di Greenpeace combattono il loro verde martirio. Altro segno inequivocabile è la contaminazione chimica, come pure il lin­guaggio degradato che siamo soliti utilizzare. Pensiamo inoltre alla cacofonia dei rumori che produciamo e che sovrasta il soffio del ven­to e il canto degli uccelli, impedendoci di sentire o pensare con suffi­ciente chiarezza. Anche la solutio ha il proprio lato in ombra, ed è quella sorta di "tu­mefazione" spirituale (o superbia11, come la chiamavano gli antichi greci) che induce a credere di essere troppo buoni o troppo speciali per questo mondo. Aspetti negativi della solutio possono essere l'uso di sostanze stupefacenti, il narcisismo, il rimanere prigionieri di fan­tasie e realtà artificiali. In tali casi si tende a concentrarsi esclusiva­mente sull'elemento acqua tralasciando il fuoco, ossia l'ultima parte della fase della solutio che non solo ci conduce verso la chiarezza -come un cristallo che cresce in sospensione nel liquido - ma ci co­stringe anche a uscire da siffatta dimensione per ritornare verso una realtà ancora molto "terrestre" . In proposito, possiamo soffermarci sulla differenza fra quelli che Robert Bly definisce criticamente "l'uo­mo molle"12 e il Re Rosso. Le due figure sono alquanto diverse. Il pericolo dal quale occorre guardarsi nella solutio è di rimanere nel grembo troppo a lungo. Se ciò avviene, l'acqua tende a diventare amara. Alla fine del processo dobbiamo davvero rinascere. Dobbiamo uscire dalla morte ed entrare nell'Amore.

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Albedo Aubade fuoco del cuore illumina gli occhi che incontrano la luna con una luna che riflette il cielo con il cielo

così bagliori lunari possono incendiare il sole

e la cacciatrice scaglia fiamme da ogni capello della sua criniera

finché apprendiamo dal luminoso oceano nel quale ci bagniamo la prima distillazione dell'amore

GLENN STORHAUG

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CAPITOLO SESTO

L'OPERA MAGGIORE

COAGULA T/O

Le due nature si trasformano reciprocamente: il corpo "incarnando" lo spirito e Io spirito trasmutando il corpo in uno spirito colorato e bian­co. . . Si verificano così la dissoluzione del corpo e la fissazione dello spirito, ed entrambi i processi concorrono a una sola e unica opera.

ARTEPHIUS

Questa fusione, o unione, non può essere realizzata senza trasforma­zione, che comporta una sublimazione del corpo e la sua riduzione a una forma spirituale.

"ROSARIUM PHILOSOPHORUM"

In generale, lo zolfo è uno degli innumerevoli sinonimi di prima ma­teria nel suo aspetto duale, ossia tanto come materiale iniziale quanto come prodotto finale.

C.G. JUNG

Il corpo deve essere spiritualizzato e lo spirito deve essere incarnato; devono avvenire entrambe le cose.

MARIE-LOUISE VON FRANZ

Desiderare e vedere attraverso il desiderio: questo è il coraggio che ri­chiede il cuore.

JAMES HILLMAN, "PENSIERO DEL CUORE"

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COAGULA T/O

Una BMW spogliata della vernice: color kaki sotto il sole calante. Le strisce di strada color sabbia che scendono precipitosamente

dalla collina . . .

Quando sorgeremo? Oh, quando sorgeremo?

Con la coagulatio, attraversiamo la soglia che conduce all'Opera mag­giore: l'incarnazione dello spirito che la nigredo e la solutio hanno pre­parato in vari modi. Dopo la solutio non possiamo continuare a "sali­re" né rimanere "sollevati in alto", ma dobbiamo scendere di nuovo. Lo spirito nella materia e la materia nello spirito: la materia che si fa spirito. Questa è l'opera che ora ci attende. La coagulatio corrisponde allo scendere a terra nel momento in cui la ruota gira e, fra tutte le fa­si, è quella che più specificamente rivela nel processo alchemico una ricerca di sostanza, di sostanzialità. La coagulatio è un ritorno alla terra in senso positivo. La sua terra è calda, sensuale. È la nuova qualità della terra cui fa riferimento la frase di Giovaruù nel Libro della Rivelazione:

E vidi un Nuovo Cielo e una Nuova Terra.

È alquanto diversa dalla terra amara della nigredo. Mentre la nigredo viene talvolta descritta come lo "spezzarsi della vecchia terra"1, ora si spezza una terra nuova, si apre un nuovo terreno. Ritornando al detto fondamentale salve et coagula, nella fase attuale è in primo piano l'aspetto coagula, che significa "coagulare", "adden­sarsi", "ispessirsi", oltre che "radicarsi" e "corroborare". In proposito Alexander Sethon e Michael Sendivogius scrivono:

Se nell'essere umano non ci fosse dello zolfo animale, il mercurio del suo sangue non potrebbe coagularsi in carne e ossa; se le piante non contenessero zolfo vegetale, il loro mercurio o acqua (linfa) non po­trebbe coagularsi in foglie e fiorP·.

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Ciò suggerisce un'altra importante distinzione, ossia quella fra "tra­smutazione" e "trasformazione". Di solito tendiamo a pensare soltan­to alla trasformazione, come a una sorta di promessa di cambiamento garantito, senza tenere presente che, affinché sia reale, il mutamento deve essere anche fisico: deve avvenire nel corpo e a un livello di ener­gia più sottile. Questo fenomeno fisico corrisponde alla trasmutazio­ne, intesa come momento che precede la trasformazione. In mancan­za di essa si può sperimentare liberazione o sollievo, ma non un cam­biamento di tipo permanente. La coagulano, quindi, ci conduce al corpo, alla materia, alla terra che ci circonda, che risplende verde-oro nella luce solare. Ci conduce al di fuori della notte, della dimensione onirica, verso la luce del giorno e il risveglio. La sua essenza è l'ingiallimento, ragion per cui è anche denominata ci­trinitas, dalla quale deriva il termine "citrino", le cui connotazioni ri­chiamano gli agrumi: il giallo fresco del limone o la sfera rosseggian­te dell'arancia. Ha un gusto forte, aspro, intenso e pieno di energia. L'ingiallimento corrisponde altresì all'energia creativa, viva e vibrante come il giorno, ed è in questa fase che riemerge il principio maschile. Dopo la spoliazione della solutio e il denudamento dell'anima da es­sa prodotto, assistiamo ora al rivestirsi in terra, in analogia con i riti egiziani di Osiride in cui l'iniziato veniva rivestito al suo riemergere dalle tenebre. La coagulatio avviene sotto il segno di Venere e poi di Marte. Venere rappresenta, oltre all'amore, una qualità della terra, in quanto perso­nificazione femminile, e Marte, con la sua spada, simboleggia il colo­re rosso del fuoco e la forza. Nell'attuale fase del processo alchemico, Venere e Marte raffigurano le energie archetipiche femminile e ma­schile, così come lo sono in senso astrologico, e si pongono in rela­zione sia con l'equilibrio del maschile e del femminile in ognuno di noi sia con la dinamica fra i due poli. Venere e Marte sono Luna e Sol a un livello superiore o più ampio. Dal punto di vista della sequenza, possiamo vedere immediatamente che Marte segue Venere, così come Sol segue Luna. In questa fase si manifesta specificamente il carattere di Sol. Lo zolfo è infatti l'agente della coagulazione. Se la solutio ci conduce alla con­sapevolezza del femminile, dell'anima, la coagulatio è una meditazio­ne sul maschile. Nella Turba Philosophorum si trova una suggestiva descrizione:

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In prindpio la femmina sale sul maschio, ma alla fine è il maschio a salire sulla femmina3.

Qui Sol è ancora allo stato grezzo, è appena resuscitato; è ancora im­puro e tuttavia abbastanza vitale da esprimere le qualità richieste dal momento per diventare agente di un fuoco più raffinato e di forza. Ora Sol deve asswnere la funzione che in precedenza era stata di Lu­na, e deve svolgerla anche in se stesso e attraverso se stesso. Prima, però, deve passare attraverso Venere. Deve passare attraverso l'ele­mento terra. Oltre a essere la prima fase dell'Opera maggiore, la coagulatio costi­tuisce anche la preparazione al compimento o realizzazione dell'inte­ra Opera, ed è per questa ragione che dobbiamo esplorarla più ap­profonditamente. Come ho già detto, alcuni alchimisti hanno omesso del tutto la coagulatio per passare direttamente dalla solutio alla rube­do, alzando la temperatura fino a raggiungere il massimo calore. Per­sonalmente non credo che sia possibile tralasciarla, anche se una tale impazienza è comprensibile, poiché significherebbe trascurare una

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qualità della terra e il radicamento nella terra, che è di fondamentale importanza per la pietra e per ciò che la rubedo può rappresentare per ognuno di noi. All'interno della fase generale della coagulatio vi è una serie di sotto­fasi: le prime quattro si svolgono sotto il segno di Venere, le quattro successive sotto il segno di Marte, dopo di che Sol e Luna tornano a riunirsi. Le fasi sono le seguenti:

separatio

fermentatio illuminatio

nutrimentum

fixatio multiplicatio

revificatio

sublimatio

Le esamineremo singolarmente, una dopo l'altra. Fra le immagini della coagulatio figurano la semina, o l'alchimista re­so nell'atto di seminare, mentre sparge il prodotto ottenuto dalla so­lutio nella "terra fogliata" sotto forma di oro fermentante. In questo contesto "fogliata" significa "ricoperto di foglie", suggerendo così l'autunno, ossia il periodo rosso dell'anno. Vi è inoltre l'immagine del serpente, il serpens mercurialis, ovvero Mercurio in un'altra delle sue fattezze animali, che si attorciglia intorno all'uovo lunare della solutio contenuto nel vaso, e poi penetra al suo interno finché esso non si rompe e si ricostituisce come sole. La coagulatio è anche rappresentata con immagini di uccelli che s'in­nalzano in volo, fra cui il cigno che cede il posto all'aquila, in grado di volare più vicino al sole; scendendo vi è l'immagine dei raggi so­lari, talvolta nelle sembianze di uccelli forniti di piccoli archi e frecce. Qui i raggi di sole simboleggiano lo spirito che si irradia sul corpo. Possiamo evocare in noi tale esperienza semplicemente esponendo­ci al sole e avvertendo la sensazione del calore sulla pelle. Altre raf­figurazioni sono l'arcobaleno che collega cielo e terra, essendo questa

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la fase della congiunzione fra i due, l'alba e il sorgere del sole, tutte immagini che richiamano il ritorno del sole. Vi è anche il pellicano (come pure nella solutio), che indica il lavoro in corso sui sentimenti, l'esperienza del sentimento che avviene ora nel corpo. Al di sopra e al di là di tutti questi simboli vi è infine la Nuova Terra, che emerge co­me un continente dalle acque della solutio, inizialmente come isole nella corrente e poi come massa terrestre . . . terra lambita dalle acque che ritorna alla luce. Venendo ancora a Sol e Luna, si verifica adesso un'altra serie di even­ti, che inizia con una discesa. Lui si addolcisce dentro di lei, che sco­sta le gambe. Egli giace lì, forse bocconi, con il capo sul suo ventre o su un lato e, nel silenzio, comincia a cadere, a precipitare. È un mo­mento di spossatezza dopo l'ebbrezza. Lui tace; lei resta sdraiata. Il Rosarium afferma:

Qui Sol scompare di nuovo e sprofonda nel Mercurius philosophorum4•

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Sol sta scendendo, scendendo verso la terra, e il serpente scivola den­tro il vaso. Al di sopra della coppia, la loro forma androgina inizia a separarsi nelle due metà che la compongono e mentre Sol cala, Luna sorge. Luna si dirige verso nord, ma al contempo Sol rimane fermo, forse lontano. Lei non è più raggiungibile . . . neppure per telefono. Entrambi sono distanti. Questa è la separatio, il primo movimento che ha luogo. È un movi­mento di differenziazione che riguarda Sol e Luna individualmente, in quanto uomo e donna. Benché l'attenzione sia focalizzata su Sol, anche Luna contribuisce all'opera. Ma ognuno deve operare separatamente. Consciamente o inconsciamente lei lo sa e ha bisogno che lui lo sappia. In tal modo, infatti, Luna inizia a fare appello alla propria potenza maschile.

FERMENTATIO

Nella fase successiva all'accoppiamento, quando mercurio e zolfo so­no separati, inizia la fermentatio (letteralmente "fermentazione") in cui appare la pietra. A mano a mano che il serpente si avvolge a spirale e si torce stringendo la presa sul guscio dell'uovo all'interno del vaso, si ha un'esperienza di costrizione oltre che di discesa, la sensazione di essere circondati e legati, delimitati da ogni lato. In questa parte della fase di coagulatio, corrispondente al salve, la bian­ca pietra lunare inizia a dissolversi a contatto con il fermento costi­tuito dall'oro. Tale fermento esplica un'azione di ingiallimento ed è attraverso di essa - "a poco a poco", come dicono gli alchimisti - che procede la coagulazione in tutte le sue sottofasi. Il fermento della pie­tra ingiallisce il bianco e in tal modo l'argento rappresentato dal can­dore inizia a trasformarsi in oro. Si tratta della prima azione dello zolfo: un'azione corrosiva di disso­luzione che giunge alla materia. Essa esemplifica l'energia maschile fondamentale in quanto seme, termine riportato al centro del trian­golo nell'illustrazione a fronte. Senior osserva in proposito nel Rosarium:

Questa è la preparazione che essi chiamano il cambiamento e la divi­sione, e questo a causa del suo cambiamento nella preparazione, di fa­se in fase, da infermità a potenza, dal grossolano al fine e sottile. In

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questo modo il seme si converte da solo sotto l'influenza della matri­ce della preparazione naturale, di cosa in cosa, finché si forma l'uomo perfetto da quello che era la sua radice e il suo inizio5.

Tali osservazioni ci forniscono un elemento di comprensione del pro­gresso compiuto realmente da Sol attraverso la coagulatio, in quanto lavoro sul maschile, e ci aiutano a capire quale sia il senso della di­scesa. Questa "morte" ha lo scopo di creare una maggiore fecondità. In merito ricordiamo l'efficace analogia del chicco di grano che cade nella terra, in Giovanni 12: 23-4: "Se muore darà molto frutto". Pos­siamo comprenderne il significato pensando al nostro contatto con il terreno. È la nostra natura terrestre a renderei fertili, ed è per questa ragione che dobbiamo penetrare in essa. Per un uomo ciò comporta l'avere cognizione della propria fertilità, della propria potenza, della propria capacità di comprensione, del proprio modo reale di discernere.

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Pensando al maschile nella donna, anche in questo caso possiamo in­terpretarlo in termini di fertile chiarezza, volontà personale, capacità di concentrare la propria attenzione, di assumere le proprie respon­sabilità e governare se stessa, tenendo presente che in questa fase ci troviamo sotto il segno di Venere.

ILLUMJNATIO

La tappa denominata illuminatio ("illuminazione") è portatrice di una luce verde-oro nella quale, a quanto affermano gli alchimisti, il nobi­le metallo fa la sua prima comparsa. Ancora una volta ci troviamo di fronte a un paradosso. Sol continua a subire un processo di caduta (talvolta viene rappresentato mentre cade in un pozzo) e il serpente inizia a forare il guscio. Eppure vi è illuminazione, luce. Che cosa si­gnifica? Johannes Fabricius lo spiega con grande efficacia descriven­do la sensazione che l'alchimista prova a questo punto:

Il sacrificio volontario dell'alchimista nella citrinitas delle ricchezze che ha ottenuto nell'albedo riflette l'inesorabile processo di trasfor­mazione alchemica, che costringe l'adepto a comportamenti sempre nuovi, procedure inesplorate, stati d'animo sconosciuti6•

Effettivamente ora ci troviamo di fronte all'ignoto, inteso come op­posto di quanto ci attendevamo. l:illuminatio viene rappresentata co­me penetrazione - dei raggi solari, di frecce - e purificazione nella quale "il corpo terrestre umido cede al secco". ll "secco" in questo ca­so è dato dal sole e dal cielo (ossia l'"alto"), mentre l'"umido" e il "terrestre" sono il corpo (ovvero il ''basso"), e ciò avviene mentre la pietra assume sempre più una colorazione gialla. Alla penetrazione corrisponde il risveglio di Sol a se stesso: un risve­glio di coscienza nel quale inizia a diventare la propria luce. Talvolta Luna viene raffigurata nell'atto di puntare l'arco in direzione di Sol, e ciò ci fornisce un ulteriore elemento di comprensione. L'esperienza della critica, di tutto ciò che è "pungente", ci costringe a ritornare a noi stessi, anche se questa è magari l'ultima cosa che de­sideriamo. Grazie a essa, però, veniamo risvegliati, e il risveglio è la luce. Luna, dunque, ovunque si trovi, può svolgere la funzione di ri­svegliare Sol a se stesso, e tale risveglio e riorientamento consentono

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un innalzamento della consapevolezza. Ecco perché troviamo immagini di uccelli: il cigno che diventa aquila e vola fino alla sorgente della luce, con il sole sulle ali e negli occhi. L'aquila qui è anche un simbo­lo del maschile, oltre che della coscienza spirituale, alquanto diverso dal cigno bianco. Sol si sta risvegliando, e il processo non è indolore né tantomeno ra­pido. La lentezza è una caratteristica della coagulatio in generale, so­prattutto in queste prime fasi. Nell'insieme, il processo si svolge a temperature più basse. In un'iscrizione si legge:

Quando vedi il colore bianco, raffredda la tua opera e giungerai dal colore lunare a quello solare7.

Un'altra aggiunge la seguente indicazione:

Così grande è la medicina, che produrrà l' oro8.

La "medicina" di cui si parla è il risveglio della coscienza che tra­smuta il corpo, collegando "l'alto con il basso".

NUTRIMENTUM

La trasmutazione sotto il segno di Venere ci conduce al nutrimentum, chiamato anche cibatio, che significa "nutrire il nuovo". Questa fase è caratterizzata dal nutrimento e di essa si dice che "lo zolfo rosso [Sol] viene digerito dalla luna argentea dopo la sua purificazione". Sol è sceso ancor più in profondità e i movimenti del serpente stanno cre­pando il guscio dell'uovo, provocando una miriade di minuscole fes­sure. Nel Rosarium è scritto:

Qui Sol si è fatto nero, diventando un unico cuore con Mercurius philosophorum.

La nerezza di Sol equivale quasi alla nigredo ma, nonostante l'analo­gia, è comunque di tipo diverso. Ora è più simile alla depressione, al­la condizione di abbattimento e impedimento determinati dalla for­ma fisica. Quanto avviene successivamente è però un nutrimento, nel

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quale Sol viene alimentato dal femminile, da ciò che Luna ha lascia­to in lui. L'aspetto che emerge con chiarezza è che il nutrimentum è il risveglio dell'uomo al proprio femminile, non in quanto anima, bensì proprio in quanto nutrimento. A un livello più profondo, vediamo anche che Sol trae nutrimento dalla terra stessa. Sol viene a contatto con il proprio cuore di terra, il sentimento che lo incarna realmente collegandolo con la materia, intesa come qualcosa di vivente e caldo, caldo come la terra permeata dal sole, così come qualsiasi alimento cresce assimilando la luce solare. In questa fase è necessario aprire il cuore alla terra. Ancora una vol­ta troveremo Mercurio, che rappresenta sempre l'energia vitale.

Sotto Venere, Sol viene radicato e risvegliato. ll suo cuore si apre a se stesso e il suo sentimento si collega alla terra. Egli inizia a diventare se stesso, "a essere padrone di se stesso", come si dice. È questo il dono che Sol riceve da Luna dopo essersi arreso e dissolto in lei. Al di là di Luna, è anche un dono di Venere quale rappresentazione del­la donna reale e amante. Come si può immaginare, Sol cresce grazie a un tale dono. Ma non basta. Si dice che, sotto Venere, il sole si mo­stri come un sole di rame. L'oro è formato ma è ancora "instabile e grossolano"9• Occorre porta­re a termine la seconda metà �ella coagulatio, che ci conduce a Marte.

RXATIO

Marte sancisce l'inizio della vita solare in cui Sol riceve il dovuto ri­conoscimento e l'equilibrio inizia a spostarsi verso il lato opposto. N eli' alchimia l'equilibrio tra maschile e femminile e, viceversa, tra femminile e maschile è calibrato in modo molto sottile e preciso, co­

me la bilancia con la quale si misura l'oro vero e proprio10• Sol, ossia lo zolfo, senza mercurio, ovvero la Luna, crea rigidità, mentre mer­curio senza zolfo sfocia nella dissipazione. In questo momento stia­mo valutando in Sol e nel suo dono a Luna la sua vera e fondamen­tale mascolinità.

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La temperatura nel vaso aumenta e giungiamo così alla fixatio (che letteralmente significa "fissazione", "solidificazione"). Dunque, arri­viamo al coagula. Si dice che nell'attuale fase l'argento mutevole acquisti la stabilità dell'oro o un aspetto simile a quello dell'oro. "Stabilità" è un termine chiave in tale contesto. Pensiamo alla fermezza dei sentimenti e alla saldezza in quanto uomini, con una certa somiglianza alla roccia nel cuore. Qui risiede l'inizio della "vita solare", come la chiamano gli al­chimisti, o "maturità" secondo la nostra accezione odierna .

. Essa riguarda anche la femminilità, in quanto richiama la necessità che la donna entri positivamente in contatto con il proprio maschile, o animus, e non si limiti a proiettarlo esternamente su una figura ma­schile o paterna. Dal punto di vista dei generi, il viaggio di Luna n­specchia quello di Sol, e questa è l'opera interiore che deve portare a compimento. La luce lunare diventa luce solare e, a mano a mano che all'interno del vaso il calore aumenta, la pietra comincia ad arrossarsi: una rea­zione che coincide con l'evaporazione della sua qualità ·acquosa o umida (tenendo presente che "umido" significa terra e "secco" cielo). All'interno di Sol si ha uno spostamento verso il centro, una centra­tura su se stesso e su ciò che può dare, rimanendo letteralmente nel proprio fuoco. In Aurea catena troviamo la seguente affermazione:

Tanto più un soggetto è prossimo al centro, tanto più è fissato salda­mente, purché non sia ostacolato da un'umidità che cresce copiosa­mente e continuamente11•

Viene sottolineata qui la necessità di andare avanti, di non lasciarsi bloccare, di non indugiare in maniera negativa nei sentimenti o nella sofferenza. Poi, come un lampo improvviso, quando il serpente si arrotola su se stesso portandosi la coda alla bocca, il contenuto del vaso emette una fiammata e, nel bagliore, avvertiamo la forza del sole che sorge, di Sol che sorge, della potenza che sorge. L'"alto" tocca il "basso" e il "basso" risponde all'"alto". Anima e spirito iniziano a unirsi.

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MUL TIPLICATIO

Questa risposta è salutata con la pioggia dal cielo e si riflette nell'im­magine della multiplicatio (che significa, letteralmente, "moltiplicazio­ne"). È una fase di espansione - l'espansione di una potenza come quella dei raggi del sole nascente -, di abbondanza e pienezza. Un'immagine significativa della multiplicatio è fornita da William Blake in Glad Day, che raffigura un uomo nudo con le mani aperte: nella sua naturalezza disarmante, persino sfrontata sotto un certo punto di vista, essa rende perfettamente il modo in cui un uomo lie­to accoglie la pioggia. Nel vaso lo zolfo non sta più fermentando nella pietra, ma sta fis­sandola "moltiplicandosi nella sua terra", così che in questo mo­mento - grazie all'energia fornita dalla pioggia o dall"'alto" (ossia dallo spirito) - lo zolfo si espande a mano a mano che la pietra vie­ne trasmutata . . . e i movimenti del serpente ricostituiscono infine l'uovo come un globo d'oro. La luce pervade il vaso, nel punto fra l"'alto" e il "basso" che coinci­de con il cuore: il sole come forza del cuore.

REVIFICA TIO

li serpente ora muore, avendo portato a termine il proprio compito, e si rivela essere la sessualità propria di Sol, nella sua forma impura di compulsione, di "non paterne fare a meno". È la fase di revificatio ("resurrezione"), durante la quale ciò che si innalza non è il membro maschile, ma la forza spirituale di Sol in cui la sua sessualità coincide con la totalità del suo corpo. In quanto uomini si avverte dunque un contenimento e una vitalità che ci pervade direttamente. Abbiamo la luce. Qual è l'esperienza delle donne? Quella di un fuoco che si può con­tenere e che proviene dalla forza solare. È l'indipendenza della don­na, dal punto di vista emotivo e sessuale, di cui adesso è possibile appropriarsi in modo più spontaneo. È a questo stadio che il corpo viene "completamente penetrato dallo zolfo incombustibile"12 che corrisponde a uno straordinario rafforza­mento interno, non soltanto del corpo quale noi lo conosciamo, ma anche inteso come recipiente, come vaso. Può persino sembrare che

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lo spirito venga sonunerso nel corpo, un fenomeno che è stato defi­nito (ancora una volta da Burckhardt) "la massima coagulazione" e che coincide proprio con la fine di Marte. Può accadere che nella fase in corso ci si senta ancora soli, ma è in questo momento che Luna si avvicina, quasi venisse attratta da una forza invisibile. Il magnetismo è esercitato da Sol e da ciò che ha rag­giunto in se stesso. Luna, in quanto donna, lo avverte senza bisogno di parole; lo sente in ciò che lui è, e ne rimane colpita. In tutti questi passaggi possiamo constatare che Luna subisce l'in­flusso di Marte, così come Sol quello di Venere. Ciò che abbiamo det­to a proposito di Sol vale anche per Luna, riguardo alla sua luce in­teriore di donna e al processo subìto dalla pietra nel vaso. Sol e Luna vivono la propria coagulatio autonomamente, così come avviene per quella degli uomini e delle donne. Ora si dice che la pietra sia "fluida", cioè ben definita, coagulata e prodotta senza alcuna difficoltà.

SUBLIMATIO

Che cosa accade quando Sol e Luna si ritrovano? Non sono più soli, perché portano con sé l"' alto" e il /'basso", il cielo e la terra, che han­no ormai acquisito nella loro individualità. Sol e Luna si incontrano nel sangue (e spesso sono rappresentati in un bagno di sangue)1 in una realtà di sentimento e corpo che indica la condivisione della fase finale della rubedo (o arrossamento). Il loro incontro mostra qual è stato lo scopo della loro intera opera: consentire a qualcosa di supe­riore di frapporsi a loro, di assisterli, guidarli e nutrirli. Entrambi so­no arricchiti dalla separazione, e in questo momento - denominato perfectio - essi vengono raffigurati insieme, ognuno in piedi sulla ter­ra sotto il sole e le stelle/ collegati nel corpo all'anima e all'istinto, con lo spirito al di sopra e fra loro, come sono uniti nella realtà cielo e terra. Al di sopra di loro, nel centro solare, appare il segno di Mer­curio in un triangolo rivolto verso l'alto, che rappresenta il "terzo punto" o l'apice fra loro (vedi l'illustrazione nella pagina che segue). Ora, nel momento in cui fanno l'amore, i due triangoli, con i vertici rispettivamente rivolti verso l'alto e verso il basso, iniziano a fonder­si come una stella senza nome, simile a quella del sigillo di Salorno­ne (vedi pag. 8). Sol e Luna, che potrebbero anche essere yin e yang,

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trascendono se stessi mentre ritornano al centro e al terzo corpo, che è il loro, ma non soltanto loro, come un bene prezioso; ora essi si scambiano qualcosa di più ampio, un dono della grazia. Come si leg­ge in un'altra iscrizione:

Le cose eire sono nei regni inferiori sono anche nei regni superiori. Ciò che mostra il cielo si trova spesso sulla terra. Il fuoco e I' acqua corrente sono contrari, felice colui che riesce a unir[il3.

La sublimatio ("sublimazione") si traduce in un rapporto amoroso di più elevata sensibilità e prossimo al tantra, nel quale la consapevo­lezza degli amanti si irradia interiormente verso il cielo ed esterior­mente verso la terra. Essi hanno gli occhi aperti, lo sguardo limpido, sono privi di illusioni, liberi, capaci di stare sia da soli sia insieme. Vengono pertanto rinnovati come Re Rosso e Regina Bianca alla so­glia di un ulteriore, ultimo passo. Pearl S. Buck scrive in proposito una considerazione significativa:

Non è lo stesso amore che si sente in gioventù né quello che si prova in età matura; è un amore speciale, appagante, l'amore che dà e non chiede nulla e qualunque cosa riceva in cambio è oro puro14,

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Come abbiamo visto, nella coagulatio vi è un movimento di discesa che passa attraverso il salve e il coagula, uno sprofondamento cui fa seguito un innalzamento, un ricollegamento e un ritorno. Si tratta di un movimento circolare, simile a quello del serpente che si morde la coda, rappresentativo anche di una particolare evoluzione nel pro­cesso generale in cui ci troviamo e che ci prepara all'incarnazione dello spirito. Prima, però, lo spirito deve entrare direttamente nel cor­po o "scendere direttamente attraverso di esso", come dicono alcuni medium15. Il recipiente - ossia noi stessi - viene rafforzato per acco­gliere il vino nuovo - ovvero la pienezza dello sp>irito - che altri­menti potrebbe mandarlo in frantumi. Alla fine, e molto semplice­mente, avviene l'incarnazione - che significa essere realmente in un corpo -, la più lunga delle quattro fasi principali dell'Opera. Qual è il suo obiettivo primario? Quello di ripristinare la finalità originaria del corpo e comprendere.� con tutta la migliore volontà, perché siamo su questa terra come essere umani e non abbiamo le ali. Propongo ora un altro esercizio che ti offre la possibilità di esplorare questa fase autonomamente, eventualmente insieme a un partner, un amante o un amico. Se vuoi, puoi eseguirlo stando seduto all'aperto. In caso contrario, ti consiglio comunque di fare una passeggiata quan­do l'avrai terminato, così che tu possa sentire i piedi poggiare sul ter­reno e, attraverso di essi, ti sia possibile assorbire l'energia della terra.

Siediti tranquillamente e porta la consapevolezza sul respiro. Chiudi gli occhi, sforzandoti di entrare realmente in contatto con il tuo cor­po. Sii presente a esso e consapevole delle sue sensazioni. Ora visualizza una luce all'interno e intorno alla corona della tua testa, pro­veniente dal sole. Porta la tua consapevolezza sulla qualità di questa luce, e del sole, se sei all'aperto. Cominciil a portare la luce verso il basso, lentamente, osservando ciò che av­viene mentre essa penetra nel tuo corpo, passa attraverso la gola, la parte su­periore delle spalle e il torace, scende fino alle braccia, all'addome e all' estre­mità delle dita delle mani, e poi, lungo le cosce e attraverso le ginocchia, ar­riva fino ai polpacci, alle caviglie e ai piedi, per giungere infine a terra. Cerca di avvertire la luce elle pervade ogni singola cellula del tuo corpo e soffermati su qualunque cosa ne ostacoli il passaggio. Adesso porta la tua attenzione sulla regione dei genitali. Ti senti in contat­to con essa? Che tipo di energia avverti?

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Sposta ora la tua attenzione più in alto, verso il cuore. Soffermati per un po' sulla regione del cuore. Che cosa sente il tuo cuore? Avverti un collegamen­to fra il cuore e la sessualità? Se sì, com'è questo collegamento? Riporta nuovamente la consapevolezza sul capo. L'esperienza della luce, o il contatto CDH il cuore e la sessualità, ti ricorda qualcosa della tua vita, un evento o una fase particolari? Che cosa ti richia-ma alla mente? Che sensazione ti dà?

·

Questa esperienza ti evoca qualche immagine? Quale parte del corpo viene sollecitata? Cerca di individuarla con precisione. Puoi chiedere che ti venga indicata una parte di te che ha bisogno di essere risanata. Ora rifletti per un momento su quanto ciò può dirti riguardo al tuo rappor­to con il corpo: su com'è e come potrebbe essere. Quando ti senti pronto, riapri gli occhi e scrivi le tue annotazioni, il più pos­sibile esaustive (ovviamente, se Io ritieni utile, puoi anche disegnare). Ora cammina, adottando l'andatura che senti più spontanea. Cerca di av­vertire il tuo corpo, il suo ritmo e movimento, il suo respiro e i suoi bisogni, ovu11que tu ti trovi. Come vedi la terra ora? Come l'avverti e la senti? Vi è u11 particolare collegamento che vuoi stabilire con essa? Ti senti in grado di farlo?

Nel ripercorrere la tua esperienza di coagulatio, cerca di valutare qual è stato finora il tuo rapporto con la materia. Fino a che punto ti sen­ti in contatto con essa? Fino a che punto questo tuo rapporto è equi­librato rispetto alla tua vita interiore e spirituale? In quale misura ti consenti di essere sensuale, più che sessuale? Osserva quali immagi­ni o ricordi ti suscita il fatto di seguire il filo verde-oro (e rosso-oro) dei tuoi giorni, e come essi si pongano in relazione alla tua esperien­za di individuo dotato di forma fisica. Inoltre, se lo desideri, puoi compiere un passo indietro ed esaminare la tua esperienza di ognuna delle tappe all'interno di questa fase ge­nerale. t?arebbe un esercizio estremamente utile. Concediti il tempo sufficiente per ciascuna di esse, osserva le sensazioni che ti suscitano, come le vedi dal tuo interno e verso quale parte del tuo corpo ti condu­cono, indicandoti dove hai bisogno di far procedere ulteriormente il processo di coagulazione. Tutto ciò approfondirà la tua consapevo­lezza di questa fase in generale.

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L'essenza della coagulatio si concentra nel "creare una connessione con la terra": nel radicare, incarnare, incorporare, ed è per tale ragio­ne che segue la fase della solutio. È un passaggio verso il mondo esterno al quale apparteniamo in ogni momento, che si tratti di met­tere in moto l'auto o di portare alla bocca una forchettata di cibo. Ci induce ad aprirci: al passaggio dei mezzi articolati, ai caschi gialli de­gli operai che lavorano alla costruzione delle autostrade o dei via­dotti e al giallo delle ruspe che scavano la terra appena mossa. Tutto questo è materia. Ma non è soltanto materia, vi sono anche spirito e materia rivelata co­me spirito. Marie-Louise von Franz esemplifica la coagulatio nella conversazione tenuta dmante una delle sue conferenze, traendone le implicazioni per ciascuno di noi.

Che cosa ne pensa? Il corpo, l'aspetto materiale viene spiritualizzato e lo spirito, a sua volta, assume forma concreta. Che cosa può signifi­care in pratica? La fine della scissione tra corpo e spirito. Sì, ma in che modo? Si tratterebbe di un atteggiamento totalmente diverso nei confronti del corpo. In che modo? Si tratterebbe di trasferire l'esperienza analitica o spirituale nella vi­ta reale. Sì, questo significherebbe "solidificare" lo spirito. Se si raggiunge una realizzazione psicologica si incarna ciò che era spirituale. Se si riconosce qualcosa come giusto e Io si traduce in azione, diventa rea­le. Allora che cosa comporterebbe l'altra parte? Un atteggiamento della coscienza che si ritrae in parte dall' esperien­za spontanea e la considera dal punto di vista simbolico: una sorta di spiritualizzazione dell' esperienzn16.

L'ultima frase, molto significativa, suggerisce che, in realtà, possiamo vedere la materia solo con gli occhi dello spirito se vogliamo com­prendere ciò che sono veramente la terra e l'esperienza terrestre. In tal modo viene rovesciata la nostra abitudine riduttiva di considera­re le cose separatamente, così che non riusciamo mai a sentirle real­mente. Un tale atteggiamento richiede il definitivo superamento del

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dualismo che pone limitazioni tanto gravi alle nostre potenzialità e alla vita creativa. Nella coagulatio, come abbiamo visto, scendiamo in basso. Dobbiamo abbandonare il nostro orgoglio per poter creare un collegamento e sanare la scissione. È interessante notare che questo è il processo che deve compiere specificamente Sol, ossia il maschile. La coagulatio coincide anche con il calarsi nella forma, così come un'idea deve es­sere messa in pratica o un'immagine deve essere resa visibile attra­verso l'espressione artistica. Il coagulare è un aspetto fondamentale di qualsiasi percorso artistico, dell'apprendimento del mestiere. Seamus Heaney lo esprime efficacemente nella sua poesia The Earth House, plasmata, o modellata, nella forma di ciò che descrive:

Avevo quattro anni ma improvvisamente ne ebbi forse quattrocento provando l'antica sensazione umidiccia di un pavimento d'argilla. O persino quattromila.

Questo, in ogni modo, era ciò che provavo. Latte versato per i gatti in un luogo fetido, coperto di pozzanghere, cosparso di fango scuro attorno al vaso di terracotta.

Fondo dell'essere. Obbedienza profonda del corpo a tutte le sue mutevoli tensioni. Una mezza porta che si apre direttamente al chiarore stellare.

Di quella casa di terra ereditai un mucchio di singolari, freddi pesi della memoria da caricare su di me, mani e piedi, nella scala delle cose17•

Nello scendere verso il basso ci accorgiamo che gli oggetti hanno una propria silenziosa vita senziente. Una delle qualità della pietra coa­gulata è proprio questa consapevolezza, questo contatto. Il poeta Paul Matthews scrive in uno dei suoi suggerimenti per la scrittura creati­va in forma poetica: "Inizia ovunque. l hùzia con una sedia blu". È un utile consiglio quello di cominciare immediatamente da qualun­que cosa ci circondP8. Nella coagulatio, come abbiamo detto, ci si riveste, e da tale punto di vista si verifica una ripresa di contatto con l'ego dopo la spoliazio­ne della solutio; si tratta di un evento positivo, in quanto collegato al-

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l'espressione e all'uso della volontà, all'essere attivamente ciò che si è e ciò che si sta diventando. Nella fase di Venere, in particolare nel nutrimentum, siamo anche indotti a recuperare il nostro essere istinti­vo e, così facendo, a diventare consapevoli dell'energia di cui abbia­mo bisogno per guarire e ritrovare il benessere. Il brano che segue ri­porta un sogno estremamente significativo, raccontatomi dalla cele­bre scrittrice e guaritrice Lucy Lidell, che illustra in maniera esem­plare il concetto appena esposto.

Sono seduta sulla riva di un lago. Mi premo una mammella e scopro che vi è del latte. Provo a premere l'altra e il latte inizia a uscire an­che da qui. Sono sorpresa. Poi, scendendo più in basso, scopro di ave­re un magnifico pene, lungo almeno venti o venticinque centimetri. Penso: "Devo essere incinta". Un'infermiera dice che però non arri­verò al termine perché il mio polso è troppo accelerato o comunque non neiia norma. È uno dei sogni più profondamente fisici che abbia mai fatto: ricordo ancora la sensazione di straordinario piacere . . .

Al tempo in cui fece quel sogno, le sue conoscenze nella nostra ma­teria erano assai limitate rispetto alla sua consapevolezza; in seguito, a proposito del suo senso di completezza e del perdurare della mera­viglia, mi riferì: "È come avere tutto ciò di cui si ha bisogno". Una tale consapevolezza dei generi e dell'equilibrio del maschile e del femminile dentro di noi richiama anche il tema della scoperta del­l'altro in noi stessi come completamento dell'individuo. Questo è un lavoro di coagulatio. Un'altra donna, che ho già citato in precedenza, mi ha confidato più recentemente in una lettera:

Sono stata così concentrata sul femminile, e persino sulla qualità "re­gale" di Catherine, che non ho prestato la minima attenzione al suo maschile. In quel momento non ero pronta a entrare in relazione con quell'aspetto di lei. Ora, però, lo sento come una parte di me che si er­ge ritta, guarda il mondo negli occhi e lo affronta a testa alta, con un nuovo senso di sicurezm di sé.

Qui ritroviamo Luna, con il suo leone rosso, giustamente. Un altro partecipante a uno dei miei seminari riferiva semplicemente di do­ver percorrere in discesa, da solo, un sentiero fangoso per trovare la guarigione.

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In tutto ciò possiamo osservare un cambiamento nelle relazioni a ma­no a mano che Luna e Sol compiono la propria opera, un cambia­mento che richiede differenziazione. Entrambi si allontanano al fine di completare il cerchio di ciò che sono. Per molti di noi questa è un'esperienza attuale, un "viaggio nel deserto" in cui i componenti della coppia sono costretti a prendere atto delle reciproche differenze di carattere e di esigenze. Si pone così una sfida che va affrontata con discernimento e onestà. Lo spazio che si frappone consente la realiz­zazione personale. Nel libro Care of the Soul (Cura dell'anima) Thomas Moore osserva:

A mano a mano che diventiamo trasparenti e ci manifestiamo per ciò che in effetti siamo e non per ciò che vorremmo essere, il mistero del­la vita umana nel suo insieme scintilla momentaneamente in un lam­po di incarnazione. La spiritualità emana dall' ordinarietà di questa esistenza umana resa trasparente dal tendere per tutta la vita alla propria natura e al proprio destino19.

Non a caso si dice che il ricongiungimento di Sol e Luna avviene nel segno dell'Acquario, il quale è simbolo di tutto ciò che è nuovo e può essere concepito in modo innovativo. Moore avanza una suggestiva considerazione:

L'unione definitiva di spirito e anima, animus e anima, è il matri­monio del cielo e della terra, dei nostri ideali e aspirazioni più elevati che si uniscono con i nastri sintomi e disturbi più bassl'2o.

La coagulatio ci conduce inoltre più in profondità, nella dimensione dell'impegno - verso noi stessi - e persino del sacrificio, collegata al riconoscimento dei nostri limiti. La coagulatio approfondisce il terreno e la nostra consapevolezza del terreno sul quale ci troviamo, con tut­to ciò che comporta per la scelta di essere noi stessi. Esiste il destino ed esiste la scelta, e il rapporto fra i due aspetti è paradossale e mi­sterioso. Tuttavia, in determinati momenti della nostra vita, la scelta e la necessità di scegliere si impongono chiaramente come un impe­rativo che sentiamo come spirito, o proveniente dallo spirito. Inevita­bilmente, ogni scelta implica anche una perdita. Ciò si avvicina mol­to all'infusione di energia spirituale alla quale assistiamo a partire dalla fixatio e avanzando verso la rubedo.

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Un'altra donna, durante una visualizzazione legata a questa fase, si trovò a "plasmare se stessa", e l'immagine che ebbe fu quella di un altare che si trasformava in un'incudine affinché, diceva, "lo spirito potesse discendere su di essa sotto forma di fuoco". La sua successi­va esperienza di vita dimostrò la verità di tale immagine, vista la for­za di cui ebbe bisogno per rimanere fedele a se stessa e alla propria vocazione, sia nella propria arte sia nel proprio rapporto privilegiato. Lionell Snell, mago e scrittore, così descrive la propria scoperta rela­tiva a questa fase, che ci collega al percorso precedente e a quello successivo del processo:

La mia esperienza di questo stadio è stato un sogno in cui, scrostan­do della vernice pacchiana, scoprivo un meraviglioso diamante e pro­vavo un grande senso di pace e di forza. La mia nigredo aveva gene­rato un senso di totale svuotamento e avevo desiderato ardentemente qualcosa che riempisse questo vuoto. Questo sogno, invece, trasmuta­va il vuoto nella perfezione: una gemma incolore che conteneva tutti i colori, lo splendore maggiormente ricercato. Nel mio vuoto avevo scoperto il materiale più duro e persistente sulla terra21.

Possiamo anche pensare, nella sua grandezza e semplicità che si ripe­te ogni Pasqua, al Cristo sulla croce con le braccia aperte, così umano, sofferente e, al contempo, eterno nel suo gesto di redenzione. La coagulatio ci porta poi a confrontarci con i nostri valori. In che co­sa crediamo? Ciascuno viene invitato a porre la domanda del Santo Graal: "A chi serve?". In questo caso l'io è al servizio del Sé, sia in noi stessi (in relazione a chi siamo veramente) sia nel mondo. Vi è un detto alchemico che conserva ancora tutta la sua originaria ricchezza: "Tratta sulla piazza del mercato ma sempre con oro vero"22. E questo vale per tutti noi, qualunque sia la cosa che stiamo facendo o ci ac­cingiamo a fare nel mondo. In aggiunta, però, la coagulatio comporta un tipo di sofferenza speci­fico; non solo è la fase più lunga del processo, ma per la maggior parte di noi copre il periodo più ampio dell'età adulta. È soprattutto verso la metà della vita che possiamo esserne davvero stanchi. Come ha detto Jung, "l'individuazione non rende più giovani". Ma c'è di peggio. Può sorgere la sensazione che tutto ciò duri troppo a lungo e che, in fondo, non esista veramente una meta. Ci si chiede: "Che co­sa ho raggiunto?". Allora si è tentati di rinunciare, di girarsi su un

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fianco e di mettersi a dormire, e ciò coincide con la sensazione di ve­nire sommersi nel corpo. Oppure si può riconoscere di aver tradito se stessi, e questo riconoscimento può risultare estremamente doloroso e richiedere molto sostegno: uso che cosa devo fare ma non lo sto fa­cendo". È un particolare tipo di tenebra prima dell'alba. Un altro tipo di sofferenza è sicuramente la malattia, così spesso pre­sente nelle nostre esperienze attuali. Essa ci obbliga a entrare nel cor­po, in modo che non possiamo sfuggire facilmente. La malattia trat­tiene il lato in ombra della vita verso il quale molti di noi non voglio­no guardare, e costringe l'anima in un mondo con il quale non ha al­cuna dimestichezza. Tuttavia la malattia reca in sé le potenzialità di ri­generazione, per rinascere a ciò che siamo anziché a ciò che non siamo o non siamo più. Come la morte, la malattia è implacabile e ci fa tre­mare la terra sotto i piedi mettendo radicalmente in crisi il nostro pre� cedente modo di essere e la nostra identificazione con esso. Kat Duff scrive in The Alchemy of fllness (L'alchimia della malattia), a seguito della sua lunga esperienza di sindrome cronica di affaticamento e disfun­zione immunitaria (una patologia simile all'encefalomielite mialgica):

Ora che il peggio è passato - o almeno si spera - mi sento molto for­tunata ed eternamente grata alle mani che mi hanno aiutato a supe­rare le difficoltà per recuperare alcune parti perdute di me stessa. Non posso dimenticare che quei luoghi e la mia capacità di sceglierli esistono dentro di me, né posso dimenticare ciò che ho imparato sulla mia fragilità e su quella del mondo. Le preghiere continuano, dunque. Allo stesso tempo, mi sento più solida, come se, per la prima volta nella mia vita, poggiassi saldamente su entrambi i piedi e lo schizzo abbozzato della mia sagoma fosse stato finalmente riempito di colore. Questa combinazione di fragilità e di forza non è che una delle nu­merose strane contraddizioni che si verificano nel corso della malat­tia. Come dicono spesso gli alchimisti, il "sole e la sua ombra" porta­no a termine l'Opera23.

"Il sole e la sua ombra": la sua ombra è coagulazione, materia, è ciò che non possiamo più negare, così come non possiamo negare la morte se vogliamo davvero godere dell'esperienza, della bellezza e del dono di una vita a cuore aperto.

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A livello collettivo ritroviamo la coagulatio in tutti gli aspetti della vi­ta materiale, dove opera in due modi: uno vecchio e uno nuovo, en­trambi corrispondenti alla trasmutazione dello zolfo e dello stesso Sol. Ci appare nella sua forma grezza più evidente nelle opere edili, di ingegneria, nella produzione industriale e tecnologica; la sentiamo nel rumore creato all'interno di un capannone industriale, nel suono del martello, nel timbro del cartellino in entrata e in uscita. Tutto ciò è Sol allo stato grezzo: luce solare allo stato grezzo, apollinea come il sole. In questa dimensione si verifica la trasmutazione delle sostanze, siano esse metalliche o chimiche. Si producono composti, si assem­blano i pezzi, i cartelloni pubblicitari coprono i tabelloni per le affis­sioni.. . La coagulatio è vita reale o, almeno, corrisponde al modello di vita reale condiviso da tutti noi. Certamente in tutto ciò vi è un limite, presente nello stesso Sol. Il di­fetto risiede nella sua grossolanità solfurea e in tutte le limitazioni che comporta. Non si tratta di una mera questione di materialismo (anche l'alchimia è materiale): è la cecità derivante dal rìtenere la ma­teria come semplice materia e al tempo stesso dalla sua negazione, in quanto considerata soltanto bidimensionale e in quanto ci si basa to­talmente su di essa. Possiamo constatare una tale cecità nella crisi ecologica che stiamo at­traversando. Nonostante tutto il nostro apparente materialismo e at­taccamento terreno, in realtà non siamo affatto in contatto con la ter­ra: per noi è soltanto una Madre da sfruttare e di cui abusare. Non siamo in contatto con la terra perché non siamo in contatto con il sen­timento, sia interiormente sia esteriormente. Possiamo contare sulla capacità di usare le cose, sugli automatismi, sulla praticità, ma non siamo capaci di una reale circolazione di energia fondata sulla consa­pevolezza e sul rispetto, sul sentimento e sull'amore. La stessa cecità è evidente in molti fenomeni, dal razzismo alle risse nei locali nottur­ni scatenate dall'ubriachezza, o alla violenza dei tifosi negli stadi. Tut­to questo appartiene alla nostra condizione terrestre, ed è infernale. Gli alchimisti hanno compreso ciò che ancora sfugge alla nostra com­prensione: non possiamo avere la terra se non abbiamo anche il cielo. E per quale ragione? Perché altrimenti non avremmo né cuore né occhi per vederla. Iniziamo dunque lentamente a prendere atto che la nostra esperienza è una scuola di vita sulla terra. Un campo di gioco, certo, ma anche un luogo di apprendimento che ci richiede di diventare adulti finché

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siamo in tempo. Sorge dunque l'interrogativo: "Che cosa significa realmente esserci?". Segue immediatamente la risposta: "Significa es­sere presenti". A essere chiamata in causa è così anche la nostra umiltà, cioè la capacità di vedere le nostre reali dimensioni. Nel libro The Coming of the Cosmic Christ24 (La venuta del Cristo cosmico), il teolo­go radicale Matthew Fox ci ricorda che la radice della parola "umiltà" è humus, che significa "terra", ed entrare nella terra è quanto facciamo quando ci impegniamo consapevolmente nella coagulatio. Le fasi di fermentatio, illuminatio e nutrimentum sono tutte estremamente signifi­cative se considerate da questo punto di vista: sono ecologiche nel senso più profondo, ossia di quella "ecologia profonda" che riguarda e deve riguardare ciò che è anche dentro di noi. Il colore della fase attuale è il verde, il colore della natura ma anche del cuore: un verde che conduce all'oro e di conseguenza richiama le aspirazioni del movimento Verde, le cui mete sembrano essere sem­pre più raggiungibili; basti pensare al riciclaggio dei rifiuti, all'agri­coltura biologica, agli interventi di riforestazione, alle future auto elettriche e ai progetti di più ampia portata finalizzati a risanare e a ristabilire l'equilibrio ambientale. Molti giovani di oggi, inoltre, crescendo senza il relativo benessere e la sicurezza cui eravamo abituati in passato, vogliono la terra. Viag­giatori, membri della tribù Donga, manifestanti delle autostrade: so­no tutti figli della coagulatio, moderni pagani che indossano il color kaki del mondo naturale e che, con i loro vecchi camion e autobus, i loro amanti e i loro animali, si spostano dì luogo in luogo, rifiutati da un sistema che è totalmente inconsapevole di ciò che nega. Le reazio­ni selvagge riserva te loro dalla legge e dai media dimostrano con chiarezza che non comprendiamo assolutamente ciò che essi rappre­sentano. Sono i semi vulnerabili di un nuovo mondo, semi che, in for­me più stabili e protette, cominciano ad àpparir� come comunità, iso­le nel mare dilagante di asfalto e "agrobusiness". Come tutti i semi, alcuni germoglieranno e cresceranno, altri moriranno, ma lo slancio verso la vita comunitaria sopravviverà e non è destinato a spegnersi. Molti di noi avvertono una crescente inquietudine dettata dall'aspira­zione a nuovi stili di vita. Non soltanto vogliamo sopravvivere nel la­voro ed evitare la schiavitù del cemento e dell'asfalto: desideriamo anche aria pulita e spazi per essere, lavorare, respirare, vivere. Questo processo in corso, che assume una dimensione globale, rap­presenta l'altra faccia della nigredo. Ma anche altri processi sono in fa-

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se di svolgimento, connessi con le trasformazioni che la terra sta at­traversando per diventare una Nuova Terra ed elevarsi verso il cielo (ricordiamo in proposito le ultime fasi, dalla revificatio in poi). L' ele­vazione della terra, sia dal punto di vista della sua importanza sia a un livello più concreto, avviene di pari passo con la nostra evoluzio­ne interiore, in una dinamica portatrice di illuminazione che, accanto alla grazia e all'umorismo, garantisce nuovo spazio e maggiore li­bertà nelle relazioni interpersonali. Entrando nella dimensione del sentimento, ci accorgiamo che la mate­ria non è solida e inanimata, ma è come noi la vediamo. Ne abbiamo una cognizione scientifica, ma ora possiamo sperimentarlo anche in prima persona. Tutto il mondo fisico è permeato dì sentimento, come quando la brezza muove lievemente le foglie del faggio illuminate dal sole e gli insetti ronzano, e il sentimento pervade anche ciò che non riusciamo o non riusciamo ancora a vedere, benché alcuni di noi lo percepiscano come colori, forme ed energia. Questa dimensione inesplorata è stata finora prerogativa degli sciamani, dei mistici e dei fisici ma, nell'attuale stadio della nostra evoluzione, essa si apre a noi tutti se decidiamo di entrarvi e di operare a suo favore. Le porte so­no aperte. A mano a mano che ci illuminiamo, che avvertiamo un maggior sen­so di integrazione a ogni livello del nostro essere, la nostra mente si rinnova. Acquisiamo maggiore familiarità con la facoltà intuitiva, con i suoi lampi e squarci improvvisi, e una più intensa consapevolezza dell'autorità personale e del fatto di possedere una guida. Partecipia­mo così a quell'avventura che è e deve essere la vita. Soprattutto, giungiamo a considerare l'amore come il nostro stato più naturale, il luogo più naturale in cui essere nel mondo. Ed entrando nella dimensione dell'amore, iniziamo a comprendere che cosa signi­fichi veramente essere "in-namorati", non soltanto come qualcosa di romantico ed esclusivo, ma come una realtà che ci riguarda tutti, in tutti gli ambiti ai quali apparteniamo, vicini e lontani. "L'amore è l'opera e l'amore è la ricompensa", ho sentito dire una volta in un luogo diverso dalla mia mente fisica. Mentre diventiamo noi stessi, la nostra vita entra a far parte di quella più vasta alla quale allude la Grande Opera. Qui risiede la differenza fra vivere nell'ego e vivere nell'"io" o nel Sé che sono e che siamo. Il Sé25 è la soglia che è amore in noi e fra noi. Ed è la stessa che at­traversiamo al momento della morte. Se osserviamo la nostra vita da

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questo luogo, iniziamo a comprendere che cosa siamo chiamati a es­sere e che cosa ha significato e sempre significherà essere umani: at­tribuire profondità e compassione alla nostra essenza e individuare e dare forma alle qualità e ai doni che abbiamo portato con noi per po­terli utilizzare e realizzare. Questa è "l'opera del sole", nell'anima e nello spirito, in alto e in bas­so, in ciascuno di noi. E la sua ombra ci segue a ogni passo lungo il cammino . . .

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Il processo di cristallizzazione Simbolo del processo di cristallizzazione è la costruzione della camera del tesoro da parte di due poveri operai. Sono vestiti di stracci, anche se puliti. Passa il ricco alchimista che non si è procurato le sue ric­chezze praticando l'alchimia. Che cos'è questo profumo celestiale? Accompagna la cristallizzazione e formazione della pietra miracolosa. Ma la torre è vuota e ancora priva del tetto, come un grande camino. Questo profumo è una proprietà delle pietre da costruzione, il bianco granito proveniente da Penryn? I suoi operai, ognuno dei quali gua­dagna due monete al giorno, lentamente fissano la lastra di copertura e la costruzione si oscura. Il profumo meraviglioso è più intenso, ora. Il ricco si mette in ginocchio e sembra che stia pregando, mentre in realtà sta annusando le assi del pavimento e si chiede se il profumo provenga dalle fondamenta di terra; forse qualche gelsomino è cre­sciuto furtivamente nelle poche fessure di luce solare che penetrano nel buio della cantina? Gli operai scendono dalla scala a pioli che hanno dovuto affittare per una moneta. Hanno fretta di restituirla al calare del sole. Il ricco alchimista si alza in piedi e fruga nella tasca cercando le monete per pagarli. Nel porgere loro le monete si accorge che il meraviglioso profumo profuso nella sua inutile camera del teso­ro è il sudore naturale che gli operai hanno prodotto lavorando alla sua costruzione.

PETER REDGROVE

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CAPITOLO SETTIMO

L'OPERA MAGGIORE

RUBEDO

Per i quattro padri celesti è amore. Per le quattro madri celesti è amore.

Per il figlio dell'uomo è amore. "VANGELO ESSENICO DELLA PACE"

Questo giorno, questo giorno, questo, questo, sono le Nozze Regali.

"THE CHYMICAL WEDDING OF CHRISTIAN ROSENCREUTZ"

Non si può conoscere la procedura se non per un dono di Dio, oppu­re attraverso l'insegnamento di un Maestro di grande esperienza: e la fonte di tutto è la Volontà Divina.

LAURENTIUS VENTURA

L'Uno che tu cerchi non potrà mai essere ottenuto da altri, a meno che non lo abbia prodotto tu per primo.

GERARD DORN

La durata dell'Opera dipende dalla quantità di materiale personale che deve essere elaborato.

PATRICK HARPUR

Tutta l'energia, usata correttamente, è in relazione con l'Amore.

BOB MOORE

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· RUBEDO

I tuoi capelli d'oro come un'aureola, il tuo viso colorito che risplende. E una foglia autunnale arricciata che volteggia nel vento . . .

"Ogni cosa proviene dall'Uno e ritorna all'Uno, attraverso l'Uno, per l'Uno": così afferma l'assioma alchemico che appartiene a questa fa­se finale. La rubedo ci conduce all'Unità e indica il compimento: il compimento e la liberazione. Altri termini che qualificano tale fase sono "unione" e "sintesi". La rubedo corrisponde a un salto quantico, a livello sia di coscienza sia di realizzazione, perché la dimensione unitaria non è qualcosa che possiamo comprendere con la mente comune, per definizione: dobbiamo trascenderla. Possiamo iniziare a vedere e a sentire la ru­bedo in un luogo che la fase stessa ci invita a visitare, un luogo in cui mente e sentimento sono uniti, fusi, fissati per sempre in modo defi­nitivo, e che fa riferimento a ciò che in noi è davvero reale, autentico e frutto del risveglio del cuore. La rubedo è semplicemente l'incarnazione dello spirito che abbiamo perseguito finora in tutto il nostro cammino. Ciò che riusciamo a intravedere dello spirito sono barlumi di rubedo, sia dentro sia fuori di noi. Nella sua poesia Vacillation, W.B. Yeats de­scrive una meravigliosa epifania nella quale, in maniera improvvisa e inaspettata, in una situazione del tutto ordinaria, egli ha una sorta di illuminazione:

Il mio cinquantesimo anno era trascorso, io sedevo, solitario, in un affollato caffè londinese, un libro aperto e una tazza vuota sul piano di marmo del tavolo.

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Mentre osseroavo il locale e la strada il mio corpo d'improvviso risplendeva; e per venti minuti più o meno sembrò, tale era la mia gioia, che fossi benedetto e potessi benedire1•

"ll mio corpo d'improvviso risplendeva": è una frase da tenere pre­sente, come riconoscimento o auspicio, o entrambi. Ci troviamo sulla soglia, e la sensazione è quella di poter varcare la porta principale di una cattedrale e guardare in su, verso l'alta volta della navata . . . e al­la pietra che ora non è più grigia ma rossa, come una grande catte­drale del cuore. Siamo ora al suo interno, come circondati da essa, che può talvolta apparire così vasta da sembrarci inafferrabile, al pari di un sogno che sta per svanire. Ma continuiamo a rimanervi perché essa è anche dentro di noi, così co­me il nostro cuore continua a battere e a pompare il sangue lungo le arterie e le vene del nostro corpo anche quando non ne siamo consa­pevoli. n segreto è chiedere la presenza dello spirito in un momento at­tivo di preghiera o di meditazione. Magari, mentre ti trovi sul ciglio di un prato e osservi un grande albero ricoperto d'edera, si alza im­provvisamente una brezza che per un attimo fa fremere tutte le foglie e che giunge come una risposta, prima di svanire di nuovo nella cal­ma immobilità, e sembra dire: "Sono con te". Non dobbiamo mai di­menticare che non solo possiamo ricevere la grazia, ma dobbiamo anche chiederla. L'essenza della rubedo è l'arrossamento, o tintura, che abbiamo già iniziato a vedere nella coagulatio, il rosso rubino al quale allude il no­me, un vivido "rosso vermiglio brillante" che ricorda anche il sangue vivo. È il colore dell'autunno e, in tale contesto, anche un colore re­gale che contraddistingue la fase attuale come coronamento del pro­cesso nel quale penetriamo il significa t o dell'essere regali. L'altro co­lore, al quale il rosso è collegato, è il porpora, associato specifica­mente allo spirito nella sua forma più elevata; ricordiamo, per esem­pio, il mantello indossato da Gesù, "re dei Giudei", nel suo colloquio con Ponzio Pilato. Anche il porpora - o iosis, come viene denomina­to - simboleggia la corona. Nella rubedo ogni cosa si unisce alle altre, e così facendo entra in una nuova dimensione. L'alto e il basso, il cielo e la terra si incontrano e

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si sposano. Si crea un senso di sospensione e insieme di eternità, co­me sempre avviene quando ci sentiamo al di fuori del tempo, o quan­do il tempo effettivamente rallenta. Si tratta di una realtà interiore ed esteriore: una realtà che è contemporaneamente all'interno e al di là della realtà ordinaria, nella quale si manifesta una qualità di "tempo profondo", che appare allora come il filo del cuore, l'essenza del cuo­re dei secoli, grazie alla quale le distanze si dissolvono e il passato e il presente diventano improvvisamente continui e coestensivi. È una dimensione in cui tutto è ancora vivo ed è accessibile ai nostri sensi e alla nostra mente. Tutti i livelli sono presenti e, in virtù della totalità che caratterizza l' alclùmia, appare chiaramente il paradosso che sta alla base della ru­bedo: in essa infatti si realizzano le nozze, ma interviene anche la mor­te. E lo straordinario viene rivelato come ordinario, presente ovunque a condizione di riuscire a vederlo. Questa visione ispirata alla chiarezza corrisponde al segno che go­verna la fase: il sole che irradia luce dorata e al cui centro lo spirito viene rappresentato come vittorioso. Partendo da Saturno (nella ni­gredo) siamo infine giunti al sole. Il simbolo solare del punto all'interno di un cerchio - che è anche il geroglifico egiziano che rappresenta il sole - indica la manifestazione in cui il punto finito o incarnato (ciascuno di noi) è circondato dal­l'infinito. È altresì l'espressione più forte di ciò che significa essere centrati e, in quanto tali, in grado di incarnare lo Spirito, che è infini­to. In mancanza del punto, del centro, non ci sarebbe alcuna manife­stazione. Ugualmente, la mancanza del cerchio significherebbe l'as­senza dello spirito. Questo simbolo ci orienta fondamentalmente ver­so l'unità in noi stessi.

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I pianeti associati alla rubedo sono due. Il primo è Giove (come nella solutio), che rappresenta l'espansione o la coscienza espansa; il secon­do è Urano (scoperto nel 1781), che rappresenta l'ispirazione, il salto o il mutamento repentino, con la sua saetta di elettricità contenente al tempo stesso fuoco e luce. Urano è innovativo e sconvolgente, come lo è la scintilla che scocca nel momento in cui si incontra nuovamen­te l'amore. Essendo incentrata sul sole, la rubedo è estremamente cal­da, rosseggiante come un'arancia dentro un forno, e dà inizio a quel­lo che gli alchimisti chiamano il "quarto livello" in questa quarta e ultima fase principale. È l'antitesi della nigredo, poiché ora ci muoviamo nella luce e stiamo raggiungendo il traguardo. Fra le immagini che simboleggiano la rubedo troviamo il leone stella­to, il leone rosso le cui stelle sul manto rinviano immediatamente a un contesto più ampio; il filius macrocosmi (letteralmente il "figlio del macrocosmo"), prima, raffigurato come un piccolo Mercurio dalle sembianze di cherubino, associato all'idea di un'umanità intesa come un microcosmo che riflette il macrocosmo del Divino; il tuorlo del­l'uovo, simile al sole, che ricorda l'uovo filosofico dell'inizio. Tra le altre immagini significative si annoverano la pietr�tinta di rosso dal sangue del pellicano, che collega la pietra al cuore per ciò che riguar­da le sue qualità; le innumerevoli monete d'oro, emblema dell'ab­bondanza spirituale (e materiale); le pietre quali elementi costitutivi della vita (come le cellule). Vi sono inoltre un giardino - talvolta un roseto - infinitamente fertile e perciò simile a un utero e la "bara del­la vita eterna", che rappresenta e mette in atto il mistero della morte e della resurrezione. Le illustrazioni della rubedo attingono a un ricco immaginario. A quelle già menzionate si aggiungono figure di dimensioni sempre maggiori, fra le quali il doppio dell'alchimista, o Doppelgiinger, l'an­drogino di Sol e Luna nella sua forma finale esaltata, oltre a paesag­gi di sogno tracciati con lucida immaginazione, fra i quali Gerusa­lemme, la Città Celeste, e proiettati in misura crescente verso il cielo, il sole, la luna e le stelle, ossia verso l'intero universo. Troviamo quin­di la rappresentazione della struttura cosmica e quella che può esse­re definita soltanto come geometria sacra. Ricorrono, infine, l'uroboros - il grande serpente che si morde la coda, simbolo del compimento e della circolarità - e il sole, che pervade ogni cosa con la sua luce.

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MORTIFICATIO

Torniamo ora alla nostra storia. Abbiamo lasciato Sol e Luna in piedi sotto il cielo, l'uno accanto all'altra, mentre intravedono una "terra superiore". A quel punto accade un altro evento inatteso: vengono divorati dal leone stellato, che è anche il leone verde della nigredo. Ciò avviene perché la loro unione precedente deve morire in qualche modo e il risultato è una nuova separazione, ma di tipo diverso dal­la precedente: un allontanamento che anticipa le nozze in cui en­trambi sembrano stranamente autonomi. Sia l'uno che l'altra hanno lo sguardo rivolto alla Fonte che li trascende. È un momento di atte­sa, di chiarificazione, e gli avvenimenti assumono un ritmo che non coincide con quello del desiderio. All'interno del vaso le fiamme si rovesciano e si concentrano intorno all'uovo filosofico, e vi è la morte, una mortificazione ulteriore che, tuttavia, fornisce una chiave. Come possiamo comprendere un tale evento? Gli alchimisti afferma­no che la chiave per accedere davvero al Roseto, o al Giardino del-

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l'Amore, si trova in questo primo stadio. Crediamo di elevarci, proiet­tati verso l'alto, e invece improvvisamente veniamo riportati a terra, in basso, in un luogo di sofferenza di cui magari ci eravamo dimen­ticati. È un luogo dell'anima, forse addirittura una ferita dell'anima, e tuttavia è proprio lì - dicono gli alchimisti - che possiamo trovare la chiave e la "pietra rifiutata11 che è la pietra angolare dell'intero edi­ficio: "Il tuo cuore è la ferita e il tuo cuore è la chiave" . Questo è il motivo per cui non possiamo eludere il passaggio; se tentiamo di far­lo, è la nostra stessa anima che finiamo con il dimenticare e, con es­sa, la nostra principale fonte di forza. Giunge anche la morte vera e propria, accompagnata da immagini di vecchiaia e senescenza che ci costringono a prendere atto del nostro essere mortali, portandoci alla compassione:

Crepuscolo, sui sepolcri. E un vecchio che depone dei fiori2•

L'energia sessuale si ritrae e, con il progressivo aumento del calore, Sol e Luna si elevano verso il cielo. Tale elevazione equivale a un in­nalzamento della consapevolezza in preparazione dell'amore.

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Per il momento lasciamo Sol e Luna in questa circostanza e volgiamo la nostra attenzione alla nascita che si sta svolgendo all'interno del vaso, un parto che avviene dall'uovo stesso. Si tratta della nascita (inizialmente in embrione) del filius macrocosmi, il figlio del filosofo chiamato anche "figlio dell'Opera" e che si identifica con la pietra, ovvero la pietra finale. Il bambino, associato a Sol e Luna dal punto di vista del loro sviluppo nel processo, è anche un seme dell'uomo cosmico o dell'essere umano transpersonale, la meta verso la quale tende l'intera fase attuale. Nel frattempo l'alchimista è preoccupato. È un momento critico, co­me lo è qualsiasi parto. Il calore è eccessivo? È troppo forte e troppo improvviso? n colore rosso c'è, ma manca qualcosa. Manca la forza piena, la fede, la certezza, la conoscenza. Manca lo spirito, la discesa dell'invisibile. Un alchimista ha scritto:

Sebbene Dio sia diventato uomo nelle qualità della natura, l'uomo nelle stesse qualità non è ancora diventato Dio o divino. Alla tintura della vita manca ancora il soffio dello Spirito Santo. Per ottenere que­sto si affatica nella fissazione delle qualità del sole3.

Si delinea così il lavoro da svolgere adesso, a livello del corpo e dello spirito, per consentire la nascita di qualcosa di reale, durevole e per­manente dentro di noi e sufficientemente nobile da produrre l'oro.

Poiché il sole dà spirito, colore, fissazione e perfezione alla tintura. Quello dato dal sole è un color porpora cremisi, un cupo rosso melo­grano: questo è il colore immutabile e permanente4.

Che cosa è nato insieme al bambino? Si tratta di una qualità univer­sale o espansa della coscienza che è allo stesso tempo una soglia, una sorta di membrana, un passaggio che dobbiamo necessariamente su­perare per accedere a una nuova dimensione della nostra vita, affin­ché lo spirito possa entrarvi. Nello Janitor Pansophus si afferma:

Il Padre eterno di tutte le cose, essendo tanto saggio nel mettere ordi­ne nel mondo quanto potente nel crearlo, ha reso coerente l'intero universo per mezzo di segrete influenze, soggezione e obbedienZil re­ciproche, facendo le cose inferiori analoghe a quelle superiori e vice­versa; così entrambi gli estremi del mondo sono comunque uniti da

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un reale legame di coesione naturale. Perciò Hermes ci dice che le co­se inferiori sono eguali alle superiori e le cose superiori analoghe alle inferioriS.

Il nostro rapporto con il Divino appare ora al centro del vaso e nel cuore della materia (la materia), nel cuore dell'intera Opera, per così dire, ed è un cuore color rubino. Ci induce a prendere coscienza di nn aspetto essenziale: nel processo noi sposiamo anche noi stessi, ciascu­no di 110i, individualmente. È la nascita della pietra, che introduce le due fasi seguenti: la multi­plicatio e la projectio.

MULTIPLICATIO

Ricorderete la multiplicatio che abbiamo già incontrato nella coagula­fio, sotto il segno di Marte. L'idea viene qui estesa e amplificata nella padronanza della trasmutazione stessa. Nella coagulatio l'obiettivo era quello dell'ingiallimento, mentre ora si tratta di raggiungere il pieno arrossamento, o tintura, della pietra coagulata al fine di dotar­la del potenziale necessario per un'infinita moltiplicazione al di là di se stessa. In caso contrario essa non potrà passare alla fase successi­va, la proiectio. Gli alchimisti affermano che la pietra non è compiuta finché non raggiunge una tale capacità, che rappresenta una prova concreta della sua validità. A livello materiale, possiamo ora comprendere il senso della multipli­catio ricorrendo a un'analogia con la pubblicazione dei testi. Il libro che stai leggendo, un esemplare identico a tanti altri, è stato prodot­to a partire dalla stampa al bromuro dell'originale, ed è stato "molti­plicato" nell'edizione attuale. Il dattiloscritto originale, corretto e ri­visto, equivale alla pietra. A livello spirituale, possiamo concepire la multiplicatio, per esempio, come un'attiva espressione del cuore che si moltiplica e si alimenta donandosi. Il cuore riceve donando; l'espansione e il rafforzamento sono reciproci: l'amore incontra l'amore e, così facendo, genera altro amore. Una volta è stato chiesto a Madre Teresa· di Calcutta come riu­scisse a essere tanto attiva e lei ha risposto con semplicità: "Perché sono così piena d'amore".

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La temperatura ora viene elevata al massimo al fine di perfezionare la tintura. Le fiamme iniziano a riempire l'intero vaso, che emana una luce misteriosa e affascinante. Si tratta anche di un calore corpo­reo e di una luce che si può avvertire o visualizzare, che ci avvolge quando siamo animati dal fuoco. In questi casi siamo circondati da una grande nitidezza. Il fuoco rende permanente la tintura, la colorazione rossa, immet­tendoci in uno stato d'animo stranamente immune dai cambiamenti d'umore e invulnerabile ad altri tipi di mutamenti nell'ambiente esterno, qualunque sia la situazione umana che stiamo vivendo. A mano a mano che diventiamo meno concentrati esclusivamente su noi stessi, meno orientati unilateralmente sulla nostra persona, sco­priamo la meravigliosa fonte di energia del cuore, che si manifesta nell'atto finale di coagulazione sotto forma di "elisir" (l'Elisir della Vita). In un'altra suggestiva descrizione alchemica si afferma:

Nel corpo umano è celata una certa sostanza di natura celeste, nota a pochissimi, che non richiede alcun medicamento, essendo essa stessa il medicamento incorruttibile . . . È una certa sostanza eterea che pre­serva le altre parti elementari del corpo mantenendole sane . . . In que­sta forza sta il vero e indubitabile tesoro, che non viene corroso dalle tarme né sottratto dai ladri, ma si conserva per sempre e viene preso dopo la morte6.

Siamo ormai in grado di accedere al Roseto, ora che sappiamo vede­re in Luna la Regina che distribuisce le sue inesauribili monete (vedi l'illustrazione nella pagina che segue), ora che capiamo perché Saturno innaffia i fiori del Roseto, essendo colui che assicura il radicamento con il terreno e il rispetto dei co.nfini. Possiamo anche iniziare a ve­dere la pietra che emerge, le cui qualità vengono descritte nella Tur­ba Philosophorum:

La "cosa una" entra in ogni regime e si trova ovunque, essendo una pietra e anche non una pietra; comune e preziosa; nascosta e celata eppure nota a chiunque; con uno e con molti nomi . . . Questa pietra, dunque, non è una pietra perché è più preziosa. Senza di essa la na­tura non fa nulla. Il suo nome è unico, eppure l'abbiamo chiamata con molti nomi a causa dell'eccellenza della sua natura7•

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In questo caso "regime" significa "processo". Da dove trae la pietra la sua energia? Si dice che essi si alimenti da Mercurio. La pietra che possiamo vedere si trova in noi, in quanto fa parte di noi/ ma al tempo stesso è più di noir poiché ci conduce alla prossima fase1 la projectio.

PROJECTIO

Con la projectio ("proiezione") compiamo un altro passo. In senso let­terale, la proiezione si veriiica quando viene applicata la tintura ros­sa/ o "polvere", e l'oro viene magicamente moltiplicato. Nella Philo­sophia refonnata tale processo viene così descritto:

Proiettane su qualsiasi corpo quanto ti parer dato che questa tintura sarà moltiplicata due volte. E se una parte nella prima applicazione converte con i suoi corpi cento parti, nella seconda ne converte mille, nella terza diecimila, nella quarta centomila, uella quinta un milione, nella vera sostanza solifica e lunifica8.

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l.,pidi. multipliutiua &ri r r. 1000 l Il. 10000 l l m. 100000 l IV. 1000000

l v. 10000000 l VI. 100000000

Projcctio , VJJ. 1000000000

l VIII. 10ooooooooo IX. 100000000000

l X. 1000000000000 l Xl. 10000000000000 lx n. 100000000000000

Ccatum millio11c3 millioDilm ti11gU11t.

In senso letterale, alla proiezione segue la moltiplicazione, ma qui i due momenti sono collocati in ordine inverso. Se si inverte l'ordine della moltiplicazione, della diffusione e della proliferazione, si ottiene un movimento verso l'alto, verso l'interno e di ritorno alla Fonte: alla sorgente del fiume. Una tale inversione, si­mile al percorso del salmone che nuota saltando controcorrente, in­troduce la dimensione verticale che attraversa la linea orizzontale della moltiplicazione. È uno straordinario colpo di coda. Vediamo che cosa se ne può fare, giunti a questo punto. Ora si realizzano le nozze, avviene la morte e, al di là di essa, vi è un luogo che gli alchimisti considerano di resurrezione del corpo sia qui che là, dall'altra parte. Per accedere a tale dimensione, tuttavia, dobbiamo inserirei nella verticale, nel movimento ascensionale: inte­riormente dobbiamo risalire la corrente verso un luogo che è al di là del tempo. È l'ascesa dello spirìto in noi - come la kwzdalini - suc­cessiva alla sua discesa e appartenente a un unico movimento circo­lare che unisce lo spirito e l'anima, il cielo e la terra, non soltanto come due elementi collegati, ma come un'unità, un unico mondo, un unico regno.

Sol e Luna si incontrano, dunque. Sol è rosso, Luna è bianca. Si sono moltiplicati, hanno forgiato interiormente i loro cuori. Pertanto, al

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momento del loro incontro, i loro cuori sono regali, sono un Re e una Regina, sono pronti e non solamente grazie a loro stessi, come ben sanno, ma in virtù della grazia. Sono insieme, nel modo in cui un giorno tutti potrenuno stare: ciascuno in se stesso. Quando i loro sguardi si incontrano ora, quello che vedono è una trasparenza e una tenerezza che vanno al di là di qualunque cosa essi abbiano cono­sciuto, benché vi sia anche familiarità. Lo sanno. Poi chiudono gli occhi. E, a mano a mano che l'energia sale, ecco che compare ciò che l'alchimia considera il corpo risorto: il corpus glorifi­catum, il corpo aureo dell'uomo e della donna, un corpo che può es­sere identificato con il Cristo trasfigurato, trasformato dalla morte. Secondo gli alchimisti, è un corpo "trasparente, limpido come il cri­stallo e di un infuocato color rubino"9. Siamo così arrivati alla nascita della tintura rossa, ed è a questo pun­to che, non appena il vaso inizia a risplendere come il sole, attraver­siamo i mondi sperimentando '1a piccola morte" (che è anche un an­tico eufemismo con il quale si indicava l'orgasmo) che ci conduce al­la nascita del nostro sé spirituale. Sol e Luna vanno a celebrare il loro atto privato di nozze all'interno di una chiesa priva di pareti. Nell'Enigma bolognese, un testo di gran­de bellezza, ci viene fornito qualche cenno su quali potrebbero esse­re i loro sentimenti in quel momento. Luna dice, rivolgendosi a Sol:

Elia Lelia Crispide, né uomo né donna, né androgina né fanciulla, né giovane né vecchia, né casta né meretrice, né pudica, ma tutto. Por­tata via né da fame, né da spada, né da veleno, ma da tutto. Non ri­posa né in cielo, né nell'acqua, né in terra, ma ovunque.

E Sol risponde:

Lucio Agatone Priscio, né marito né amante né congiunto, né afflitto né lieto né in pianto, non ha edificato né questa mole, né una pirami­de, né un sepolcro, ma tutto. Sa e non sa che cosa ha posto a chi. Questo è un sepolcro che non contiene alcun cadavere. Questo è un cadavere che non ha sepolcro intorno a sé. Ma cadavere e sepolcro so­no un'unica e medesima cosa10.

Ora l'alchimista solleva il coperdùo di una bara in cui è contenuto egli stesso e viene così riportato alla vita, purificato nell'anima e nel-

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lo spirito laddove anima e spirito si incontrano e si sposano. Ora egli si rende conto - così come noi - che vi è la morte e che non vi è al­cuna morte. L'alchimista dà alla luce se stesso come Re Rosso, il re che Sol è stato nel corso dell'Opera. Nel frattempo Sol e Luna si fermano nel loro moto, sospesi, fonden­dosi nel cielo e nella gioia reciproca che è la loro resurrezione, così che possiamo anche prendere atto che:

la morte è il matrimonio, l'amore è il matrimonio.

Entrambi ci conducono alla medesima meta.

L'integrazione, la vera totalità, è stata raggiunta. Quanto più a lungo dura il matrimonio, tanto più reverenziale esso diventa. Infatti Sol e Luna, che da un punto di vista cristiano possono essere identificati con Cristo e Maria, danno vita a quella che è stato definita "teoga­mia", o matrimonio sacro. Teogamia significa "essere sposati a Dio" o "in Dio"; così, come dicono gli alchimisti, "Dio diventa uomo". L'anima si unisce allo spirito e diventiamo tutto ciò che siamo, il cor­po è totalmente spiritualizzato e in grado di incarnare lo spirito. "Il perenne governa sul mutevole": questa è una realtà inalterabile. Quali sono gli effetti di tale piena elevazione della coscienza? L'al­chimista inizia ad acquisire alcune facoltà non comuni. Nel Libro del­la Santa Trinità si afferma:

Quando un uomo tie11e in mano la pietra rossa diventa invisibile. Quando, per riscaldarsi, si lega al corpo la pietra con una benda, si solleva nell'aria e viaggia dove vuole. Se vuole tornare di nuovo a ter­ra, allontana la pietra dal corpo e scende morbidamente11•

Quello descritto è evidentemente un fenomeno di levitazione, che potremmo anche definire come la capacità di muoversi a piacere fra diversi mondi, fra differenti livelli. Altre facoltà, per indicarne solo alcune, sono la chiaroveggenza, la chiarudienza, la comunicazione te­lepatica, la precognizione, l'essere guidati o il fungere da medium di

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entità superiori, la guarigione a distanza, le guarigioni "miracolose" e l'opera di liberazione impropriamente chiamata "esorcismo". Si tratta di facoltà magiche che nell'alchimia, però, vengono acquisi­te realmente soltanto nel momento in cui si è pronti a esercitarle. So­no doni derivanti dalla purezza, non strumenti di manipolazione. Nessun vero alchimista appr9verebbe per un solo attimo l'abuso di tali facoltà. Questi sono gli effetti della pietra.

Che cosa ne è di Sol e Luna? Si dice che nel momento della congiun­zione (che si suppone avvenga sotto il segno dei Pesci) trascendano gli opposti. "L'argento vivo assorbe in sé lo zolfo e viceversa. En­trambe le forze periscono in quanto avversari e amanti", è scritto in un testo12. Un'altra immagine rappresenta il sole e la luna che si eclissano reciprocamente, così che il sole è consapevole soltanto del viso della luna e non del proprio e altrettanto la luna. In questa unio­ne d'amore e morte, e proprio attraverso di essa - per quanto impro­babile possa sembrare - la donna inizia a diventare uomo e l'uomo inizia a diventare donna, pur mantenendo esteriormente le proprie sembian­ze maschili e femminili. Si compie così la loro trasformazione androgina, in cui il sole e la lu­na si fondono e circolano, alternandosi reciprocamente come una cor­rente, lungo una figura a forma di otto che rappresenta l'eternità.

Il sole viene ora chiamato "l'uomo del paradiso" e la luna

è un angelo della più pura sostanza serafica; essa può diventare dot­tore, teologo, astrologo, mago divino, può fare di se stessa ciò che vuo­le, può fare e avere qualunque cosa: perché tutte le qualità hanno un'unica volontà in accordo e armonia. E questa unica volontà è la stessa infallibile volontà di Dio; e da qui in avanti l'uomo divino nel­la sua stessa natura è un'unica cosa con Dio13.

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Queste sono le nozze celebrate dalle due candele (vedi l'illustrazione a pag. 139) in cui essi sono esaltati insieme nella loro nuda e regale pa­rità: a volte sono raffigurati in piedi, con il globo .fra loro, il sole so­pra di lui, la luna sopra di lei, circondati da un anello di stelle d'oro, nello spazio del cerchio cosmico che allude, così come l'uroboros, al compimento dell'Opera. Due rami rampicanti si elevano, solcando il cielo come un segno . . .

Da questo momento in poi, le nozze e le percezioni degli alchimisti entrano completamente in una dimensione cosmica e trascendente che corrisponde all'unione e all'unità, in cui tutti i paradossi sono su­perati. Si tratta di uno stato di liberazione e consapevolezza che Da­skalos ha chiamato "Essere assoluto" (riferito a Dio)14 e che nel Libro tibetano dei morti viene definito "la Chiara Luce del Vuoto". Sono pre­senti entrambi, a seconda di come e quando lo osserviamo. Si defini­sce cosl la meta alla quale ci conduce la rubedo: onde concentriche di totalità che si irradiano dalla pietra, al largo del mare della nostra comprensione più remota in cui, secondo l'alchimia, l"'alto" rivela il segreto, la sostanza e l'essenza (o quintessenza) di ciò che è in ''bas­so": dentro di noi, intorno a noi e, infine, nel cuore e al centro della nostra vita illuminata dal sole.

Questa è la pietra filosofale. Propongo ora un esercizio, il primo dei tre previsti nella fase finale, per lasciare spazio alla coscienza perso­nale e alla sua espansione. Se vuoi puoi eseguirlo con una musica di sottofondo che sia in sintonia con il tuo stato d'animo e ti aiuti a cal­mare l'attività mentale.

Siediti tranquillamente per un po', poi, lentamente, porta la tua consape­volezza a un'altezza di circa quarantacinque centimetri al di sopra del capo. Visual izzala come un punto, roentualmente come una stella. Quando senti di aver stabilito una connessione con questo punto, rifletti sul tuo rapporto con l'"alto". In quale misura ti senti collegato con esso? Che visione o sensazione ne hai?

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Ora, lentamente, porta la tua consapevolezza verso il basso, seguendo i li­miti esterni del tuo corpo fino a giungere ai piedi e a un punto collocato sot­to il pavimento o sotto il terreno (esiste un punto equivalente che viene chia­mato "magnetico" o talvolta "chakra di terra"J15. Rifletti sul tuo rapporto con il "basso", con ciò che sta in profondità, e con tutto quello che si trova orizzontalmente ai tuoi due lati e intorno a te. An­che questa volta, osserva ciò che emerge. In che modo, per te, questi due luoghi sono collegati? Come potrebbero es­serlo di più? Quando ti senti pronto, ritorna al tuo stato normale, cerca di avvertire il contatto dei piedi con il terreno e prendi nota della tua esperjenza dell'"al­to" e del "basso" e della loro congiunzione, tenendo conto di qualsiasi im­magine possa essere emersa. Che cosa significa per te la connessione fra "alto" e "basso"?

I CERCHI DELLA TOTALITÀ

Dalla pietra emanano i cerchi concentrici della totalità. Al primo si ri­ferisce la frase: "li sole e la sua ombra completano l'Opera". È ciò che gli alchimisti chiamano umbra solis, l'ombra del sole. Il sole viene raffigurato mentre illumina con i suoi raggi il globo ter­restre, con la luna e l'ombra stessa del sole proiettata dalla terra die­tro di sé. L'anello di stelle che circonda la terra è un simbolo delle nozze chimiche o matrimonio celeste (vedi l'illustrazione a pag. 142). In questa raffigurazione la terra è la pietra, l'ombra del sole è l' om­bra della terra e della luna e la tintura, o pietra, si dice sia composta di entrambe. In altri termini, è al tempo stesso luce e ombra, poiché al­trimenti non potrebbe essere sostanza, non potrebbe essere materiale o incarnata. Non potrebbe essere prodotta. Come abbiamo visto, il processo dell'Opera comprende luce e ombra in ogni sua fase. Sofferenza e privazioni accompagnano l'espansione e la gi9ia, e questo, oltre a essere confermato dalla nostra esperienza, suscita anche una riflessione più profonda. Non soltanto siamo com­posti di luce e ombra, ma - come dice l'alchimia - non possiamo tra­smutare e incarnare la nostra luce senza la nostra ombra. Il dono del­l'unicità della condizione umana sta proprio nell'accettazione senza riserve dell'ombra.

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Non possiamo fare a meno né delle scorie né dell'oro, perché è pro­prio a partire dalle scorie che può essere ottenuto l'oro: esso è il pro­dotto della tenebra e della luce, che crea non soltanto la luce, ma l'oro.

Il secondo cerchio, che comprende Sol e Luna alla fine, è descritto co­me la "quadratura del cerchio" (vedi l'illustrazione a fronte). Nel Rosa­rium si trova il seguente motto: "Fai un cerchio intorno a un uomo e a una dorma e ricavane un quadrato e dal quadrato un triangolo: fai un cerchio e avrai la pietra dei filosofi"16. Un altro enunciato all'ap­parenza enigmatico ma, in realtà, piuttosto chiaro. n triangolo al di sopra della coppia, collegato con il "terzo punto" o apice al di sopra di essi, indica l'unità del corpo, dell'anima e dello spirito rappresentata dalle nozze. Il quadrato all'interno del triango-

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lo è la sintesi dei quattro elementi: fuoco, terra, aria e acqua. Tutti gli elementi sono stati utilizzati nel corso del processo (il quattro è il nu­mero che indica la totalità: i quattro angoli, le quattro direzioni ecc.). Il cerchio che include l'intero schema simboleggia "la trasformazione della pietra nella tintura rossa permanente", in virtù della quale la donna diventa uomo e l'uomo diventa donna: ciò significa non sol­tanto che la pietra opera questa fusione radicale e definitiva, ma an­che che Sol e Luna producono la pietra. In altre parole, senza un uomo e una donna non vi sarebbe alcuna pietra. Ecco a che cosa possiamo pervenire tramite l'unione, a condizione di comprendere il processo e le sue implicazioni, ossia che sposiamo an­che noi stessi, che diventiamo "una sola cosa" con noi stessi, sia co­me donna sia come uomo. Per raggiungere un tale obiettivo è indi­spensabile comprendere che ognuno di noi contiene in sé '1'altro", non semplicemente in termini di anima e animus bensl, concretamen­te, all'interno di un rapporto. Tu sei in me e io in te. Tu sei nel mio cuore cosi come io sono nel tuo. Ma soltanto quando sappiamo che

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ciascuno di noi può essere abbastanza forte, sufficientemente "di pie­tra" da mantenersi libero e non ostacolare la crescita dell'altro. Che cosa si crea fra noi, attraverso l'amore? Facendo l'amore? Ancora una volta, la totalità. TI seguente schema indica in che modo un uomo e una donna entrano in contatto reciproco e aspirano l'mw all'altra:

FEMMINILE - spirito femminile ............... spirito maschile - MASCHILE

anima maschile ............... anima femminile

Dalla loro unione si genera l'androgino, portandoci a riconoscere che ognuno di noi appartiene a un genere unico e irripetibile, a pre­scindere dal fatto che siamo eterosessuali, bisessuali o omosessuali. L'androgino non è uno stereotipo, in realtà è ciascuno di noi, unico e irripetibile. Questo concetto è riassunto in modo molto suggestivo nella poesia di Sally Potter, cantata da Jimmy Somerville con una straordinaria voce soprano al termine del film Orlando:

Sto arrivando, sto arrivando eccomi non sono né donna né uomo siamo uniti, siamo uno con il genere umano siamo uniti, siamo uno con il volto umano . . . 17

Il terzo cerchio non richiede lunghe spiegazioni. Riguarda il quinto elemento, o quintessenza, che si rivela essere un sinonimo del "cor­po eterico" o "corpo sottile". Esso ci fornisce l'accesso alla dimensio­ne espansa del sentimento e della percezione, sia dentro sia fuori di noi. È la nostra innata sensibilità che viene alchimizzata nell'essere: ottenebrata, illuminata, purgata, purificata e raffinata fino ad assu­mere un'impronta propria, con tutto quello che può consentirci di raggiungere. Questa sensibilità ci riporta al cielo e alla terra, in modo diverso per ciascuno. Richiede dedizione e, come lo stesso processo alchemico,

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onestà e silenzio, Natura, movimento e meditazione. È il libero corpo interiore di colui che noi siamo, che vuole respirare e vuole essere.

Il quarto cerchio evoca la qualità del sentimento purificato (co:rne la pietra) attraverso l'emozione e, più specificamente, due qualità che emergono in quest'ultima fase: il distacco e l'obiettività. Si tratta di facoltà connesse all1esperienza di uscita dal corpo e di premorte, nella quale gli abituali oggetti di attaccamento smettono di assillarci con la stessa intensità. Sono tuttavia qualità che possiamo acquisire fin da ora, essendo il frutto di una coscienza espansa: una coscienza in grado di vedere al di là della narcisistica preoccupazio­ne di sé e che ci induce a riconoscere la crisi del nostro pianeta. Che cosa ne deriva a livello dei rapporti interpersonali? Jung affron­ta tale aspetto in modo estremamente stimolante/ che va al cuore del­la rubedo:

I rapporti emotivi sono basati sul desiderio, contaminati dalla coerci­zione e dali' obbligo; ci si attende qualcosa dall'altro e, così facendo, si priva sia l'altro sia noi stessi deila libertà. Dietro r attrazione del rap­porto emotivo è celata la cognizione oggettiva; sembra essere il segre­to centrale. SoJtanto attraverso la cognizione oggettiva è possibile una reale coniunctiols.

Compiamo allora un ulteriore passo avanti riconoscendo che nelle nozze non si uniscono soltanto due di noi ma tutti noi.

Il quinto cerchio si riferisce al Cristo dell/alchimia/ che è alquanto di­verso dal Cristo rappresentato in molte chiese. Il Cristo delttalchimia è più vicino e più risorto, più personale, stimolante e radicale. Gli al­chimisti vedono in lui la personificazione del Re Rosso o dell111uomo della rosa// (ttamante), oltre che del corpus glorificatum, il corpo aureo o glorificato donato in virtù della grazia alla quale ci apre la rubedo. Secondo gli alchimisti, Cristo è stato sulla terra e ha già compiuto

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l'Opera, perciò ci guida interiormente e ci conduce verso la meta. "Io sono la resurrezione e la vita", Egli ci dice. Indipendentemente dal nostro essere o meno cristiani, adesso siamo in grado di cogliere più chlaramente il significato di una tale affermazione. Gli stessi cristiani possono giungere ad apprezzare il Cristo in modo nuovo, penetran­do, come fa Lui, nel nostro lato in ombra e in luce, preoccupato so­prattutto della nostra autenticità e completezza. Nell'Eucarestia pos­siamo vedere il Cristo così come lo vede l'alchimia: egli dona la pro­pria sostanza rossa sotto forma di pane e vino, di anima e spirito, di materia e spirito, uriiti, of.frendoci il sacramento dell'unità. In tale contesto, Cristo è l'Amato Maestro, il .fratello, l'amico e l'aman­te supremo nelle parole con le quali ha annunciato il suo ultimo e nuovo comandamento: "Amatevi gli uni gli altri come io vi ho ama­to" (durante l'illtima cena, nel Vangelo di Giovanni).

n sesto cerchlo ci avvicina all'Opera, alla dimensione del silenzio che l'alchimista e la sua soror mystica (in questo caso) condividono al ter­mine del Mutus liber (il Libro silente). Un tale silenzio è dettato sia dal segreto che hanno scoperto sia dal limite di ciò che possono dire19• Ritorniamo così alla fase iniziale, nella quale si sottolineava la neces­sità del silenzio al fine di "sentire" o di lasciare che un contenuto po­tesse chlarirsi o emergere (vedi pag. 3). Il silenzio è un elemento costi­tutivo dell'Opera ed è essenziale per garantire il nostro contenimen­to, il nostro vaso. Il silenzio e la parola sono interrelati: la parola che emerge dal silenzio interiore è molto diversa da quella che non cono­sce il silenzio. Il silenzio ci lascia aperti alla pura esperienza, consen­te di ascoltare e di venire guidati. Stare in silenzio significa lasciare dentro di sé uno spazio sufficiente ad accogliere l'ignoto. Tutti ne ab­biamo bisogno.

Nel settimo e ultimo cerchlo compare l'alchimista in sembianze ma­schlli o femminili. La collaboratrice, la soror mystica, "amante nel­l'Opera", viene esaltata nelle raffigurazioni per la sua purezza in qua-

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lità di "Regina del cielo" e parte della Sofia. In un testo le sono attri­buite le seguenti parole:

Sono la fine e il mio amato l'inizio. Sono l'intera Opera e tutta la scienza è celata in me2D.

Compito dell'alchimista, così come di ciascuno di noi, è quello di di­ventare un "uomo cosmico" prendendo pienamente possesso del Sé, che è al contempo un vecchio e un bambino: racchiude in sé saggez­za e sollecitudine, ma anche semplicità e apertura. Talvolta viene presentato come Atlante, nell'atto di sostenere "tutto ciò che esiste", proteso, nella piena espressione delle sue potenzialità, mentre si assume le proprie responsabilità di cocreatore, partecipe del nesso di causa ed effetto della Creazione. In un testo che mette al­la prova la nostra ordinaria capacità di credere troviamo la seguente affermazione:

L'Opera non è portata a compimento finché non termina nel sempli­ce . . . poiché l'uomo è la più degna fra le creature viventi e la più vi­cina al semplice, e ciò grazie alla sua intelligenza21•

Alcuni secoli dopo, a quattro-cinque anni dalla morte di Yeats, nella poesia Little Gidding T.S. Eliot scriveva:

Su, presto, qui, ora, sempre . . . Condizione di semplicità assoluta (che costa non meno di ogni cosa) E tutto sarà bene Ogni sorta di cose sarà bene Quando le lingue di fuoco in corona E il fuoco e la rosa sian uno22.

Il grande serpente, l'uroboros, fermo nel gesto di mordersi la coda, è un'espressione non soltanto di chiusura e circolarità, ma forse pure del campo unificato di mente e materia e del destino cosmico che ap­partiene anche a noi. "Unità". Passiamo ora al secondo esercizio, che consente a ciascuno di esplo­rare, nella propria interiorità, la fase delle nozze alchemiche.

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Siediti comodamente, chiudi gli occhi, concentrati sul respiro e ascolta le sensazioni del tuo corpo. Prova a visualizzare brevemente il colore rosso e il colore bianco (oppure pri­ma il bianco e poi il rosso, come preferisci), osservando quali sensazioni ti suscitano questi colori. Se non riesci a visualizzare concretamente i colori, non preoccuparti: puoi comunque evocare la loro energia nella tua mente. Che impressione ti danno i due colori, accostati l'uno all'altro? Secondo te, in che modo sono in relazione? Ora, lasciando da parte i colori, concentrati per un momento sul fatto che in te vi sono un uomo e una donna, oppure una donna e un uomo. Concediti tempo sufficiente per sperimentare l'uno e poi l'altra, focalizzan­do la tua attenzione, a turno, su ciascuno di essi. Come vivi quest'uomo e questa donna? Dove sono collocati dentro di te? Che aspetto hanno? Prova a lasciare emergere un'immagine di ognuno. Ora cerca di parli in relazione a partire dalle rispettive posizioni. Che cosa pensano l'uno dell'altra? Che cosa vorrebbero dirsi? Riesci a visualizzare un luogo in cui sarebbero contenti di incontrarsi? Se vuoi, puoi chiedere a ognuno di loro di indicare un luogo dentro di te. Pro­va a visualizzare com'è fatto questo luogo. Adesso prova a rappresentarteli insieme in quel luogo, in piedi l'uno accan­to all'altra. Che cosa avviene? Osserva che cosa accade in te. Che sensazione provi nei loro confronti? Che cosa possono donarti in questo momento (frase, oggetto simbolico, ge­sto)? Che cosa significa per te accettare i loro doni? Chiedi a ciascuno che cosa si aspetta da te in cambio, così che tu possa dav­vero accettare e accogliere quanto hanno da offrirti. Ora fermati un momento per dire loro qualunque cosa ti senti di dire. Poi lasciali dove si trovano. Porta la tua consapevolezza sul cuore e soffermati su di esso in silenzio, pri­ma di riaprire gli occhi e di scrivere le tue osservazioni o disegnare le im­magini che ne hai tratto.

Questo esercizio può essere ripetuto in qualsiasi occasione, con o senza la visualizzazione iniziale dei due colori, e lo stesso vale per gli altri esercizi proposti nel libro. L'importante è che vengano eseguiti il più lentamente possibile, per consentire il verificarsi di quello che ef­fettivamente deve accadere. In caso contrario i risultati saranno me-

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no significativi. La psiche non è una macchina, ma uno strumento sensibile dotato di ritmo e tempi propri, esattamente come il proces­so alchemico. Come ha detto Shakespeare, "la maturità è tutto".

La rubedo è una fase molto articolata e, pur non essendo la più lunga, è sicuramente quella di più ampio respiro, dal punto di vista della sua concezione e attuazione, fra tutte le fasi che compongono il pro­cesso alchemico, tanto più che al proprio interno integra tutti gli sta­di dell'Opera minore e maggiore. Nella tappa iniziale della mortifica­tio ritroviamo, infatti, una nigredo; nell'ascensione e sublimazione di Sol e Luna si rintraccia un'altra solutio; nella multiplicatio, in cui la pietra viene "messa alla prova", ritroviamo una coagulatio, prima che la projectio, con tutto ciò che ne consegue - i suoi cerchi concentrici ­ci conduca all'essenza della stessa rubedo, al cuore della materia in cui vengono uniti simultaneamente l"' alto" e il 1'basso". Al cuore della rubedo (e anche nella sua "mente"23) è possibile rileva­re un paradosso e un movimento di superamento del paradosso, che viene infine trasceso nell'unità di vita e morte. In questa sede non possiamo certo esaminare il tema in tutti i suoi aspetti: per farlo oc­correrebbe l'opera di una vita e forse di molte vite. Esso ci offre tut­tavia una struttura e, come ha affermato Anne Bancroft, "una mappa del tesoro nascosto"24. Segui il "filo color rubino", il filo regale del cuore che corre lungo la tua vita, e chiediti fino a che punto gli sei fe-

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dele, tenendo anche conto di ciò che significa "sposare te stesso". n senso più profondo di tale fase di coronamento sta infatti nel recupe­rare il senso di nobiltà della nostra natura originaria: la nostra natu­ra regale.

CHI È MERCURIO?

Mercurio è presente, in forma visibile o invisibile, in tutto il corso del processo. In sua assenza, infatti, non potrebbe esserci alcun movi­mento o energia. Jung scrive in proposito:

Mercurio sta all'inizio e alla fine dell'Opera: è la prima materia, il caput corvi, la nigredo; come drago divora se stesso e come drago muore per risorgere poi come lapis. È il gioco dei colori nella cauda pavonis e la divisione nei quattro elementi. È l'essere essenziale er­mafrodita, che poi si scinde nella classica coppia di fratello e sorella, e si riunisce nella coniunctio per ricomparire, alla fine, nella figura raggiante del lumen novum del lapis. È metallo eppure liquido, ma­teria eppure spirito, freddo eppure ardente, veleno eppure bevanda sa­lubre, un "simbolo unificatore dei contrari"25•

In un certo senso, quindi, egli è tutto, ma forse sarebbe più esatto di­re che è onnipresente. In un film sulla vita di Jung, A Matter of Heart, gli viene attribuita questa frase: ''Il grande pericolo della coscienza è che è unilaterale . . . "26• Quest'affermazione può farci comprendere me­glio chi sia Mercurio. Tramite Mercurio ogni livello è presente simul­taneamente: tutte le cose possono coesistere contemporaneamente. Lo ritroviamo persino nel termine "ermafrodita", composto di Her­mes e Afrodite, la dea dell'amore. Nel mito greco, dietro Mercurio sta lo stesso Hermes, l'Hermes che precede Ermete Trismegisto, dio dei viaggiatori, del commercio e del­l' eloquenza. È il messaggero con l'elmo e i sandali alati che si muove rapidamente, ma è anche un truffatore capace di assumere sembian­ze animali, come si narra nella storia in cui ruba il bestiame di Apol­lo riuscendo infine ad ammansirlo suonando la lira. Bambino prodi­gio, è uno degli dèi più famosi, sempre solare e pronto a venire in soccorso, risolvendo problemi all'apparenza insolubili. È veloce, leg-

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gera e fugace. Ha molti figli da molte donne diverse, fra i quali, non ultimo, il grande dio Pan. I romani lo chiamarono "Mercurio", il nome con il quale lo conoscia­mo e dal quale deriva anche l'aggettivo "mercuriale". Nel mondo ro­mano era associato soprattutto al denaro e all'energia che quest'ulti­mo rappresenta. Egli è quindi l'argento vivo. Nell'alchimia la sua figura matura ulteriormente e compare come Asclepio (in precedenza il dio della guarigione), raffigurato mentre sorregge il caduceo, il bastone simbolo della guarigione, con i due serpenti intrecciati simmetricamente (vedi l'illustrazione a pag. · 66). Per gli alchimisti, dunque, egli possiede poteri di guaritore: è il principa­le motore del risanamento psichico e conduce all'integrazione della totalità. È proprio in quest'ambito che acquisisce facoltà più austere, senza perdere tuttavia nessuna delle sue innate doti di leggerezza. Che cos'è, dunque, l'energia, e perché ci è così indispensabile? Mercurio è fluido, come l'acqua che scorre su un vetro, elastico, l udì­co, flessibile, sensuale e, in qualità di agente di dissoluzione (che dis­solve o risolve i problemi), è il liquido, la linfa che rimuove i nostri blocchi, mostrando che si tratta di limitazioni autoimposte e origina­te dalla paura. Egli è il desiderio che possiamo scoprire come deside­rio della vita stessa, l'impulso verso qualsiasi gesto spontaneo e disi­nibito. il suo genio (e la sua allegria) sta nel fatto che non perde mai il senso dell'umorismo, per quanto macabro possa talvolta risultare. Sotto tutti questi aspetti Mercurio è il nostro inconscio, che scorre sot­terraneamente a tutto; nel nostro ambito appare anche come un filo conduttore dei sogni, che sono sempre messaggi provenienti da una realtà più vasta. La sua flessibilità è dovuta in parte al fatto che egli rimane indefini­bile; non è possibile caratterizzarlo in maniera univoca e il suo dono di guarigione può, per il modo in cui opera, sembrare velenoso o ad­dirittura distruttivo, specie quando segna per noi l'esaurirsi di una modalità di vita. Qualunque cosa noi siamo ci apparirà come il contrario: se siamo troppo "luminosi", ci apparirà come tenebra; se siamo troppo con­centrati sulla sessualità, comparirà sotto forma di "sensualità"; se sia­mo troppo sedentari, ci imporrà di muoverei. Egli viene a colmare il vuoto. Patrick Harpur, che lo ha celebrato nel personaggio di Eileen in Mer­curius, osserva:

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In realtà non siamo noi a conoscere Mercurio, ma è Mercurio che co­nosce se stesso attraverso di noi e in noi. Partecipiamo alla sua cono­scenza di sé. Noi conosciamo la Creazione soltanto partecipando al processo della Creazione27.

Pur facendo appello all'aspetto fisico, alla vita, Mercurio non rappre­senta una qualità pesante della fisicità: nel corso dell'Opera ha il com­pito di mantenere morbida la pietra, impedendo che diventi dura e rigi­da. Qualunque sia il grado di individualizzazione che possiamo rag­giungere, Mercurio non ci consentirà mai di trasformarci in pietra, o almeno di rimanere a lungo come tali. In tutta la mia descrizione ho continuato a usare il pronome masclù­le ma, ovviamente, Mercurio non si limita al maschile; essendo "funo androgino", vive in entrambi i sessi e spesso più facilmente in una donna. Anche per Sol e Luna Mercurio costituisce un fondamentale elemento magico di interazione: fonte di scherzi, risate, perdono e guarigione. Un MerCUiio maschile e un Mercurio femminile possono divertirsi molto insieme. Per chiudere il cerclùo, tuttavia, dobbiamo dire che esiste un'energia ancora superiore a quella di Mercurio, ed è l'energia del sole. Se Sa­turno accompagna Mercurio come la sua ombra, è il sole che infine lo centra nel punctum solis in cui compare il suo simbolo o segno.

È a questo punto, compiuto il suo lungo percorso, che anche Mercu­rio diventa luce: oro vivo e pieno di vita dentro di noi.

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Vi propongo ora un esercizio volto a favorire un'ulteriore apertura a questa qualità.

Stando seduto o, se preferisci, sdraiato, concediti un po' di tempo semplice­mente per sentire il tuo corpo e gli intensi flussi di energia che lo percorro­no. Porta I' attenzione sulla sua componente liquida. Ora prova a stabilire un contatto con una tua ombra positiva: una parte po­sitiva di te "diversa" rispetto a ciò che pensi di essere e che ha bisogno di ve­nire alla luce. Prova a percepirla nel tuo corpo. C'è un'immagine di essa che vuole emer­gere? Se avverti tensione o resistenze, respira profondamente, rilassati e ab­bandonati a ciò che sta cercando di emergere. Prova a ricercare questa sensazione anche nella regione del cuore, e poi nel­la tua mente. Osserva che cosa emerge. Ora entra nuovamente in contatto con questa qualità a livello del corpo, sen­tendo e facendo fluire la sua energia. Lascia che emerga naturalmente e spontaneamente un gesto che la esprima. Puoi farlo stando seduto, alzando­ti in piedi o inginocchiandoti, sdraiandoti o muovendoti. Osserva che cosa avviene senza alcun senso critico. Cerca di comprendere che cosa sta cercando di mostrarti questo gesto e poi rifletti su quanto spazio concedi a tale qualità nella tua vita.

Si delinea così il tuo Mercurio. È sano/a o malato/a? In che misura è prigioniero/a? E in quale è controllato/a? Quale può essere il punto di equilibrio? Ricorda che nell'ombra tutti i "mostri" sono tali per via del nostro rifiuto e, come ha detto Freud, in un primo tempo può essere ne­cessario enfatizzare eccessivamente un'idea per sottolinearne l'impor­tanza. In altri termini, un contenuto può apparire momentaneamente in una forma esasperata perché la sua espressione è stata repressa.

Quali sono le implicazioni di quanto esposto finora? Dove ci condu­cono la rubedo e la conclusione dell'Opera? Ci aprono finalmente alla vita - alla nostra vita - e all'incarnazione dello spirito. Questa è una realtà che le persone hanno sperimentato e continueranno a speri­mentare. Madre Meera ha scritto nel suo piccolo libro, Answers:

D: Perché è importante la devozione al Divino? MM: Se hai devozione otterrai qualunque cosa28.

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La meta non è così irraggiungibile come può sembrare. L'amica e poetessa Rosemary Palmeira mi comunicò un'imprevista osservazione nel corso di una conversazione, mentre eravamo in pie­di in procinto di congedarci: "A proposito, il colore del paradiso è rosso, né arancione né giallo, ma un rosso caldo". Lo aveva visto con gli occhi e il cuore, dentro di lei. La rubedo richiede distacco e, al contempo, una più profonda parteci­pazione, un maggiore coinvolgimento personale a livello del Sé. A questo punto, dicono gli alchimisti, la pietra all'interno del vaso è sufficientemente solida da resistere alla rottura del recipiente che la contiene. Ormai è stato ottenuto qualcosa di permanente. Com'è ovvio, nel caso in cui dovesse risultare incompleto per certi aspetti, possiamo ripercorrere parte del processo, infallibilmente gui­dati dalla verità ormai acquisita. Lo dico per esperienza personale. Può accadere di scoprire che la rubedo che ritenevamo di aver rag­giunto è, in effetti, una solutio che richiede un'ulteriore coagulazio­ne prima di poter essere considerata di nuovo "reale". E così la ruo­ta gira. Nella rubedo lo spirito e la materia assumono pari importanza al pun­to che, per esempio, possiamo passare da una discussione metafisica alla necessità di fissare una vite del forno. Siamo condotti, guidati dallo spirito, gli riserviamo obbedienza e siamo pronti a dedicargli la vita. In fondo, è l'unica cosa che esiste. Un'altra prova della rubedo è lo "sposare se stessi", e questo "manife­starci a noi stessi" può forse offrirei l'occasione di sperimentare il più direttamente possibile la difficoltà peculiare di fabbricare la pietra. Avvertiamo tutti i dolori entro i confini della nostra pelle. Nella rube­do viviamo soli nella misura in cui viviamo con o in noi stessi - a pre­scindere dalle nostre effettive condizioni di vita - a partire dal vaso che diventa il centro, la pietra dalla quale usciamo e alla quale ritor­niamo. Ted Hughes ha detto una volta, con la massima semplicità e sincerità: "In fin dei conti si arriva a conoscersi veramente"29. Al tempo stesso viviamo qui per il Sé, comunque lo sperimentiamo. Una partecipante a uno dei miei seminari ha detto: "La mia vita non è più soltanto mia" e ha anche parlato di "togliersi di mezzo". Un ta­le modo di porsi è in relazione con ciò che ci impegniamo a realizza­re nella nostra vita. Nèila· rubedo l'accento si sposta più in alto, nella regione del cuore partendo dal plesso solare, così che anche l'atto sessuale viene tra-

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sformato nelle sue intenzioni. Le nozze trascendono la sessualità, o il sesso in quanto forza motivante primaria. Il sesso diventa un ca­nale per trasmettere maggiore energia, come nella pratica del tantra, consentendo effettivamente il passaggio di più sentimento: la nostra sessualità diviene, così, rilassata e insieme espansa, improntata al­l'amore e all'amicizia, a un atteggiamento solidale di apertura e ri­spetto. In proposito June Singer osserva, sottolineando il punto di vista umano:

La persona, liberata dal senso di separazione, diventerà tenera e fer­ma, flessibile e forte, ambigua e precisa, mirata nel pensiero ed espan­sa nella consapevolezza, capace di nutrire e di guidare, di dare e di ri­cevere. Sarà come ascoltare un duetto interpretato abilmente da un pianista e un violinista, in cui non si odono tanto due strumenti se­parati quanto lo scambio armonioso fra i due30.

Il rapporto diventa dunque una musica, che è il linguaggio del senti­mento. Diventa bellezza. Ma non basta, poiché un tale livello di coscienza apre le porte a un amore allargato capace di travalicare i limiti della relazione di coppia e della sua esclusività chiusa che è l'ombra della solutio. Siamo ormai in grado di accorgerci che il vero romanticismo dell'amore riguarda noi tutti - soprattutto ora - e la rubedo suggerisce un nuovo paradig­ma per il quale i tempi sono maturi. Siamo invitati a misurarci su un nuovo terreno in cui, come si è già detto, le nozze riguardano ciascu­no di noi e nel quale i nostri rapporti ci chiederanno e ci offriranno molto di più in questo crogiolo di fuoco nuovo. A mano a mano che cresciamo nella nostra individualità, l'amore diventa la nostra guida, la nostra espressione e il nostro limite. L'amore che riceviamo e scambiamo ci è dato come parte di un amore più grande: un Grande Amore che è l'amore operante di Dio. L'azio­ne ci riporta sulla terra. Per quanto possiamo avvicinarci al cielo non possiamo mai fare a meno della terra. Un famoso proverbio Zen afferma:

Prima dell'illuminazione spaccare legna e portare acqua. Dopo l'illuminazione spaccare legna e portare acqua.

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Al termine di The Chymical Wedding of Christian Rosencreutz, dopo aver compiuto esperienze straordinarie, su richiesta del re Christian va a lavorare come guardiano a uno dei cancelli. La rubedo ci guida verso l'impegno e il servizio, incoraggiandoci ad agire in favore degli altri e non soltanto di noi stessi. Nel suo Code Poem for the French Resistance, Leo Marks scrive una frase memorabile:

La vita che ho è tutto ciò che ho, e la vita che ho è tua3I.

Una volta trasceso l'ego, si acquisisce una qualità di umiltà appassio­nata e persino di anonimità. Non ha importanza chi sono io ma ciò che viene fatto. Nella rubedo possiamo dunque trascendere il nostro processo pur rimanendo in un processo personale per tutta la durata della nostra vita. In questo senso possiamo essere vicini a chiunque e gioire dell'oro altrui, oltre che sperimentare l'oro in noi stessi. L'equivalente nel buddhismo è il voto del Bodhisattva, nel quale la persona illuminata sceglie di non abbandonare la ruota di morte e reincarnazione finché ciascuno non sarà giunto alla propria luce inte­riore, al proprio sole. La rubedo sta a significare l'unione di entrambi i mondi: la terra per il cielo e il cielo per la terra, collegati in un unico mondo continuo in cui le barriere cadono, le porte della percezione sono purificate, l'orizzontale e il verticale si incontrano e noi inizia­mo a intravedere il cuore della rosa.

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L'Uno si avvicina Chi è colui che si avvicina costantemente? È l'uomo al comando della nave. È ciò che il corpo conosce, ciò che sa.

E quest'uno che si avvicina costantemente, ah, è l'uno spontaneo e mercuriale, imprigionato nella radice del cedro sul seme di senape.

Non è uno che conosciamo; non è Geova, o un re obbediente bardato di ermellino. È uno più che mai vicino, più vicino delle unghie.

Siamo tutti religiosi, dunque? Deve essere così. Lo conosciamo, lo vediamo, lo avvertiamo ogni giorno.

È l'uno che costantemente si avvicina.

ROBERT BLY

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CAPITOLO OTIAVO

ROSA MUNDI

È gloria di Dio nascondere le cose, è gloria dei re investigarle.

I cieli per la loro altezza, la terra per la sua profondità e il cuore dei re sono inesplorabili.

Togli le scorie dall'argento e l'orafo ne farà un bel vaso.

"PROVERBI" 25: 2-4

Benché oggi la Saggezza precedente manifesti la sua presenza in tut­te le forze della Natura, in tutto il mondo esterno senziente sulla Ter­ra, in futuro sarà l'Amore a manifestarsi: l'Amore come una nuova forza della Natura, che vive in tutti i fenomeni che circondano l'esse­re umano. Questo è il segreto dell'intera evoluzione futura.

RUDOLF STEINER, "LA SCIENZA OCCULTA"

Ma ora è. È, Amen.

RAINER MARIA RlLKE (DOPO AVER TERMINATO LE "ELEGIE DUINESI")

Noi non siamo il messaggio . . . noi siamo i messaggeri . . . il messaggio è l'amore.

WIM WENDERS NEL FILM "COSÌ LONTANO, COSÌ VICINO"

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ROSA MUNDI

Un unico mondo, un unico regno.

Quando una rosa fiorirà nel petto di ogni uomo e di ogni donna, al­lora saremo capaci di vedere come vedevamo all'inizio, di avvertire il tocco e la sensazione, di sentire il gusto e il sapore, di annusare gli odori e di udire l'anima del suono. Ricorderemo che un tempo era­vamo puro sentimento, e che ancora lo siamo, e ci accorgeremo di co­me siamo stati nel corso dei secoli. Guardando dentro di noi, nel no­stro sangue, vedremo la luce - sangue di rosa - e conosceremo le se­grete linee luminose che si estendono fra noi tutti, attraversando città, mari e continenti.

Ci accorgeremo che siamo stati tutte le varietà di rosa e che tali do­vevamo essere: rosa dell'amore, che ama; rosa del deserto, nell'igno­to; rosa della morte, che soffre; rosa del nulla, senza niente da mo­strare. E in ciascuna nuova rosa, intatta nel suo bocciolo e vibrante di linfa vitale, sapremo riconoscere l'amore che opera dietro ogni cosa. Amore in ogni più piccola parte. Amore. Chi siamo noi, dunque, che ci affolliamo sorridenti in ogni immagine vivente? Siamo un Roseto.

Ricordi come in cielo ci vedevi riuniti in un fiore, i cui petali erano i nostri volti che irradiavano una dolce fiamma bianca? E come non ci fossero matrimoni da celebrare e nessuno da dare in matrimonio e tuttavia eravamo insieme e il nostro amore era rivolto all'Uno?

Non era un sogno, era il futuro Sé di ciascuno di noi quello che tu vedevi, per quanto remoto potesse sembrarti, passando attraverso tutto questo vivere e morire: un viaggio il cui unico significato è quel-

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lo di diventare ancor più noi stessi, in cui i nostri cuori possano di­ventare sempre più simili al Cuore del Tutto.

Solo il cuore, infatti, può vedere chi siamo; soltanto il cuore sa rico­noscere il vero oro.

Rosa. Rose. Apritevi ora.

Vedremo, così, che siamo una tribù e una compagnia, riuniti in cerchi concentrici sempre più ampi che si intersecano. Vedremo che ciascu­no entra a far parte dell'altro, come dono, specchio e completamento reciproco. Vedremo, muovendoci e parlando nel silenzio della condi­visione, e sentiremo tangibilmente che è soltanto mescolandoci che possiamo portare a compimento la Rosa. Tutti i reciproci vincoli ca­dranno perché la nostra gelosia dovrà morire. ll serpente nei nostri occhi morirà, non appena si desterà l'aquila. Sapremo allora che tut­to il soffrire e il dolersi era soltanto per questo: per giungere a vivere in Dio l'uno nel cuore dell'altro.

È qui che inizia il Nuovo Amore; l'amore che abbiamo conosciuto, l'amore che è reale.

·

Rosa dall'aroma vinoso simile a rugiada: la senti, ora? Ne inspiri il profumo?

Rosso. Bianco. Rosso. Oro.

Nell'amore vi è un fuoco, e nel fuoco arde una fiamma. E nella fiam­ma vi è qualcun altro che ci conosce prima del tempo. Egli la conosce ora, lei conosce il nome di lui. Ed è nel volto dietro i nostri volti, è la voce nelle nostre voci, dove la luce si addensa attorno al nostro pro­filo non appena i nostri sguardi si incontrano di nuovo. Lei può farlo giungere fino ai limiti della sua vita. Ed egli può con­durla nelle profondità del fuoco che è in lei.

Chi sono? Sono coloro che hanno accettato di amare, di aprirsi reci­procamente fino alla carne viva e all'intimo del proprio essere. E i suoi occhi possono vederla così com'è e le mani di lei possono co­noscerlo così com'è. E la visione e la conoscenza sono in loro e al di là

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di loro come una stella. Seguono nna fiamma danzante nell'oscurità che è la luce del giorno, seguono i segni interpretandoli dall'interno e imparando a fidarsi. Perché ciò che vivono è nella materia, eppure è luce. È luce; ma neanche il loro amore riesce a comprenderla fino in fondo. Ed essa si muove, respirando, dotata di nna propria vita.

Lei è una e molti, dunque intrecciata in se stessa, nna e molti, così co­me noi tutti danziamo insieme; nno per uno per il viaggio che è amo­re, amante per amante

'che è polvere di stelle, erba profumata e pietra.

Tutti siamo amanti nella Rosa.

E questo è il miracolo del rosso e del bianco e del loro incontro . . . nel quarzo affumicato venato di rosa di questo cristallo: quest'altro cor­po che essi formano amandosi, questo corpo che lasciano e al quale ritornano a mano a mano che cresce

silenziosamente nello spazio intermedio fra loro

nella rosa che è la congiunzione di Cielo e Terra

mentre essi sono:

lassù dove attraverso l'intreccio dell'aria come un calore, i messag­geri con le braccia e le mani protese attendono, agili come gli uccel­li ci hanno sempre detto. Puoi avvertirli nella luce che brilla dietro i tuoi occhi, mentre ti sfiorano con tocco lieve e pulsano attraverso i pori della tua pelle: là dove essi e i morti risvegliati e noi e i morti viventi siamo una sola cosa, quando il velo dei nostri sensi comincia a sollevarsi:

guarda dentro questo vaso di terra preziosa, fra le sue correnti di va­pore e il bordo della linea costiera che si sta contorcendo come un caleidoscopio

di colori dell'arcobaleno splendenti nella luce diurna sotto la volta del cielo

guarda in basso fra i carrelli del supermercato e le auto in coda; i vol­ti di gente che cammina, alcuni di ritorno verso casa, alcuni senza ca-

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sa, gente che sospira, che sogna, che grida e si separa. . . terra verde brillante, imbrattata e deturpata . . . campi dorati da mietere e regioni colpite da tempeste di sabbia che muoiono di fame . . . palloncini del­le feste come aquiloni e cavi elettrici di città dilaniate dalla guerra . . . delfini che saltano e specie che si estinguono . . . notti al chiaro di lu­na e notti rosse . . . promesse fatte e soffiate come vetro . . . grida d'amo­re serrate e grida di dolore e tortura

rigoglio, fermentazione, condensazione crocifisso e risorto

per cadere alla clemenza della pioggia

E riconosci, mentre il tuo cuore si meraviglia oh quando, come tutto ciò debba essere prima che possa essere: prima che riusciamo a sen­tire, prima che riusciamo a scegliere la via del cuore, a scegliere di nuovo la vita

e cammina mentre camminiamo qui nel sentimento, osservando con quale profondità questa terra

Rosa blu Rosa dei Venti

Finestra rosa saggezza di rosa

Rosarium

ci si rivela sorgendo

in questo restringersi per passare attraverso il varco che conduce al luogo in cui il tuo cuore è libero - in cui esso trova il tuo volto senza specchio, sentendo - in cui da tutto questo tempo segretamente una rosa si sta aprendo in te

Quando la chiave giunge in dono, inaspettatamente, quando i ciotto­li allineati brillano dove la spuma delle onde si imbianca e il sole si inclina, quando odi una voce che dice: "Donati eternamente a questo, in ogni momento del suo trascorrere, in ciascun momento della vita che vivrai sempre o mai. . ."

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dona e la rosa si apre; ricevi e la rosa è meravigliosa, impudica della propria bellezza ed è qui e ora come lo sono gli uccelli e la brezza, Essa È

Rosso rosa e rosso sangue biancospino

Bianco e rosa pallido biancospino, bianco Pace

E questo rosa chiaro trasparente senza nome che sceglierai

Ed è: un passo verso la solitudine, l'unione con il tutto

nel cuore del cerchio che è il centro

in cui ogni strato si sbuccia come una cipolla

finché rimane soltanto il tuo cuore dei cuori:

Ed è come quando gusti in bocca un sapore di vino

Ed è dove la tua voce che appassisce si eleva nel suo canto, quasi uscisse dal collo di un cigno

Ed è nel suono degli zoccoli al galoppo

Ed è nell'uomo e nella donna che fanno l'amore con te

Ed è mentre preghiamo nell'interiorità di chi siamo - è quando ci ri­cordiamo di lodare e di farlo ad alta voce - ed è nel modo in cui le nostre menti stanno cambiando

ora

Ed è nella luce del tuo viso che risplende come un sole

Ed è quando ci accorgiamo che "È tutto amore - tutto questo"

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Ed è quando ci accorgiamo in quale chiaro e lucido sogno siamo prigionieri

nella paura - attraverso i campi intessuti di nebbia, luci e cielo cre­misi - al disegno

Ed è questa rosa di luce

Ed è quando la membrana inizia a tendersi

È dove il villaggio brilla come un gioiello nell'aria gelata

Ed è nella lettera che strappi per aprirla

È mentre il suo rosso germoglio avvolto trafigge l'ultimo velo, bar­riera, benda rimasta

Dove senti la campana nel tuo cuore battere come una lingua

"Apri le braccia e resta come sei"

E allora è un Canto dei Cantici di Rosa, quando prorompe, emerge, fluisce nella calma, nell'abbandono, nel sollievo:

È la musica delle sfere del cuore che risuona ed echeggia, sentimen­to per sentimento, suonando a distesa

È una grande rosa di luce che si dispiega, diffondendosi fino a copri­re ogni cosa

- mentre passiamo attraversando il centro del cerchio

che è luce informe, respirando fra noi

formati come siamo in ogni profilo della nostra pelle

a ogni respiro-sentimento-essere diventiamo la stessa cosa

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un unico corpo

in Te

Signore dell'Amore

all'apice

dove Tu sei in noi e come noi

uniti in comunione mentre ci abbracciamo

Mentre gira e gira e gira tutt'intorno

Sopra e sotto, ogni cosa fusa al di là dell'immaginazione

E poi va oltre tutte le parole, va oltre il suono . . .

entra nel luogo in cui l'Amore ama attraverso di noi

Ed è la corona

data sopra il nostro capo, radicata profondamente nella nostra carne sognante

Un unico mondo, un unico regno

Mondo senza fine

In cui entriamo nella luce del nostro essere

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CAPITOLO NONO

CONCLUSIONE

"Era questo che dovevo ancora conoscere?" "No," rispose l'Alchimista. "Quanto ancora devi sapere è questo: prima di realizzare un sogno, l'Anima del Mondo decide sempre di provare tutto quanto si è appreso durante il cammino. E Io fa non perché sia cattiva, ma perché noi possiamo conquistare, insieme al nostro sogno, anche gli insegnamenti che abbiamo appreso durante il nostro cammino verso quel sogno. È il momento in cui la maggior parte degli uomini desiste. E noi, nel linguaggio del deserto, lo defi­niamo con l'espressione 'morire di sete quando le palme compaiono già all'orizzonte'." "Una ricerca comincia sempre con la Fortuna del Principiante. E fi­nisce sempre con la Prova del Conquistatore." Il ragazzo si rammentò di un vecchio proverbio del suo paese: l'ora più buia era sempre quella che precedeva il sorgere del sole.

PAULO COELHO, "t: ALCHIMISTA"

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SU MMA

Stretto è l'accesso al luogo santo il buco della serratura si trova nella porta del cuore.

È sembrato utile concludere il volume tracciando una mappa dell'in­tero percorso del Magnum Opus, della Grande Opera che abbiamo sin qui compiuto, con tutte le esperienze e intuizioni che auspichiamo abbia evocato e portato alla luce. Come rileva l'astrologa e psicoterapeuta Liz Greene, il processo al­chemico può essere anche concepito come una spirale nella quale ogni volta che ci troviamo a "rientrare" in qualcosa, oppure ogni vol­ta che qualche aspetto connesso a questi stadi e fasi "si ripresenta", si forma un ulteriore pezzetto della pietra. È dunque un processo che possiamo ripercorrere più volte, con sempre maggiore chiarezza. L'autrice aggiunge:

. . . e una volta che una parte, per quanto minuscola, si è formata non si soffre più allo stesso modo. Forse non è affatto necessario soffrire, nel senso che intendiamo generalmente, perché vi è una costante coo­perazione con ciò che avviene, che viene accolto quasi come una scel­ta. Credo proprio che nei nostri miti individuali incontriamo gli stes­si personaggi e attraversiamo le stesse tipiche esperienze che sono i nostri principali stimoli alla crescita 1.

Possiamo dunque rappresentare il processo come nell'illustrazione della pagina seguente, ricordando lo schema circolare dei pianeti al quale facevano riferimento gli alchimisti, in cui Saturno è collocato nell'anello più esterno e il sole al centro. Benché il processo appaia lineare dal punto di vista sia della struttu­ra sia dell'approccio sequenziale da noi adottato, non lo è nella di­mensione reale della nostra vita. Carole Bruce così descriveva la pro-

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pria esperienza di malattia: "Verùvo disgregata, purificata e al tempo stesso radicata"2• Il processo può essere considerato multidimensionale - come un olo­gramma - in quanto viene vissuto simultaneamente a livelli diversi dell'essere. Come ben sappiamo, neppure la vita è statica: il muta­mento ci accompagna sempre. Quando la ruota gira possiamo tro­varci a ripercorrere più volte determinate fasi dell'Opera, finché ne abbiamo la necessità, anche se ciò avviene indipendentemente dalla nostra volontà o dalla consapevolezza che sia proprio ciò di cui ab­biamo bisogno. Tuttavia, quello che possiamo chiamare il nostro "Sé superiore" generalmente lo sa e, alla fine del processo, emerge in mo­do via via più concreto e reale che esso· è incarnato come la pietra ed è parte della sua funzione. Pertanto, quando trascendiamo la mente ordinaria, stiamo facendo uso della pietra. A lei possiamo ricorrere ogrù giorno, riconoscendo che la guida è sempre al di là del livello emotivo, delle oscillazioni e degli impulsi dettati dai nostri desideri immediati. Ancora una volta occorrono pazienza e, come ben sa ogni alchimista, preghiera. Può accadere di perdere quanto si è conquistato? A un determinato livello non è possibile. Come ha detto Bob Moore, "le nostre espe­rienze non ci dimenticano mai"3. Possiamo però perdere il contatto con esse, ed è quindi importante riconoscere che il nostro essere ri­chiede una cura costante, con tutto l'impegno che ne consegue. Non

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possiamo "sederci sugli allori". In effetti non esistono allori nell'al­chlmia, né in qualsiasi altra concezione spirituale avanzata, ma sol­tanto il continuo autorinnovamento, come avviene per le stagioni. Chi siamo - tu e io - resta comunque un mistero, per quanto ap­profondita possa essere la conoscenza di sé a livello umano. Un secolo fa Oscar Wilde notava, con la consueta freschezza:

Il vero mistero è chi siamo. Dopo aver pesato il sole su una bilancia, misurato a passi la luna e auer tracciato una mappa dei sette cieli stella per stella, restiamo noi stessi. Chi riesce a calcolare l'orbita del­la propria anima?4

Tale considerazione conserva la sua validità persino nella nostra epo­ca di terapie e autoanalisi. Possiamo anche scoprire che quello che in noi è permanente non va preservato gelosamente, in quanto può ope­rare soltanto quando viene utilizzato o donato. Ciò che siamo è ciò a cui apparteniamo. In ogni caso, al di là di questo, in ciascuno di noi vi è un silenzio ineffabile: un silenzio nel quale siamo anche in Dio, comunque lo concepiamo. Se un giorno lo sapremo, scopriremo che abbiamo vissuto anche per­ché non lo sapevamo. Resta dunque il segno del silenzio, così come resta il segno aperto dell'Opera. Esso esiste affinché lo seguiamo e il cammino sta nel compierlo.

Di seguito è riportato uno schema riassuntivo dei passi che abbiamo compiuto. Dopo averlo esaminato con attenzione e osservato nell'in­sieme, puoi valutare complessivamente il tuo percorso, questa volta in senso circolare; ricorda che potrai consultarlo in qualsiasi momen-

. to anche in futuro. Eventualmente, se ti interessa ricercare altri modi per continuare il viaggio intrapreso e vivere l'alchimia dentro di te, puoi anche rileggere LA tavola smeraldina (pag. 11) per vedere dò che ti dice ora e consultare sia la "Bibliografia" (pagg. 197-200) sia il capi­tolo "Ulteriori informazioni" (pagg. 201-203).

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Magnum Opus5 Preparazione:

il viaggio verso la miniera (entrata, discesa)

la ricerca della prima materia (terra: la nostra "materia", il materiale su cui lavorare)

il fuoco segreto (meditazione, contemplazione)

il vaso o atanor (il nostro recipiente)

L'Opera minore:

NIGREOO

(Sa turno) discesa, annerimento

morte dell'ego putrefazione

prima coniunctio di Sol e Luna (amore sessuale non trasformato)

il residuo della cenere (l'anima)

SOLUTIO

(Giove, la Luna) ascensione, imbianchimento

pulizia dell'anima purificazione

seconda coniunctio di Sol e Luna (fusione, dissoluzione, amore romantico)

la pietra bianca (devozione, Cristo)

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L'Opera maggiore:

COAGULATI O

(Venere e Marte) livellamento, ingiallimento

ritorno all'ego = il Sé radicamento sotto Venere: fermentatio

(discesa) illuminatio (risveglio)

nutrimentum (nutrimento) sotto Marte:

fixatio (rafforzamento)

multiplicatio (estensione)

revificatio (resurrezione)

preparazione della pietra terza coniunctio di Sol e Luna

(amore maturo, adulto, differenziato)

RUBEDO

(il Sole) discesa, ascesa, arrossamento

la corona, pienezza della pietra, unione mortifica fio

(la ferita dell'anima, mortalità) nascita del filius macrocosmi

(coscienza universale: bambino, la pietra) multiplicatio

(l'orizzontale)

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projectio (la verticale)

quarta coniunctio e nozze regali o matrimonio celeste di Sol e Luna

Rex et regina, Re e Regina (amore spiritualizzato, androginia)

unione cerchi concentrici

e chiusura: (il serpente uroboros)

uscita dal vaso ("nel mondo ma non del mondo")

impegno - servizio - Unità (incarnazione dello spirito)

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APPENDICE

ALCHIMIA E TANTRA

SINTESI TRA ORIENTE E OCCIDENTE

Pertanto, se vogliamo fare qualcosa di positivo della nostra vita ci oc­corre un metodo che sia almeno altrettanto potente delle confuse ener­gie materialistiche nelle quali siamo intrappolati.

LAMA THUBTEN YESHE

Se un uomo e una donna sono profondamente rilassati l'uno verso l'altra, disponibili all'incontro reciproco, coinvolti reciprocamente, se non hanno fretta, se non sono in tensione, accadono molte cose fra lo­ro, avvengono processi alchemici: si mescolano infatti la linfa vitale di entrambi, l'elettricità di entrambi, la bioenergia di entrambi.

BHAGWAN SHREE RAJNEESH

Non avevo la sensazione che fosse generato dal mio senso egoico. Mi sembrava più un senso eterico, era esterno al mio corpo, mi circonda­va. Era un movimento energetico. Sembrava una presenza, una par­ticolare dimensione nella quale si svolgeva l'azione. Questa sorta di archetipo d'amore, simbolo d'amore, avveniva all'interno di questa presenza, una presenza molto silenziosa, rilassata.

DELL SOKOL, "SPIRITUAL BREAKTHROUGHS IN SEX"

(VERSIONE DI J. RAMSAY)

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ALCHIMIA E TANTRA

SINTESI TRA ORIENTE E OCCIDENTE

Un confronto completo fra aldùmia e tantra richiederebbe un'opera a sé. Tuttavia, avendo già citato ripetutamente il tantra, mi è parso opportuno esaminare in questa appendice i principali punti di con­tatto e le differenze tra le due tradizioni, che appaiono collegate da un'effettiva sovrapposizione - estremamente affascinante - analoga a quella riscontrabile fra due cerchi, in un rapporto che illumina e si rafforza reciprocamente, per quanto ognuno di essi resti distinto e individuale. Alchimia e tantra affondano le proprie radici in un terreno comune dal punto di vista storico e geografico (l'India), inoltre condividono un aspetto fondamentale: entrambi precedono e trascendono spazio e tempo, e questa sorta di "ponte" costituisce, a nùo parere, il presup­posto per una più profonda potenziale sintesi fra pensiero occidenta­le e orientale. Alcuni parallelisnù immediati sono evidenti. Come sottolinea Philip Rawson1, il tantra non può essere considerato una religione vera e propria, e ciò vale anche per l'alchimia. Entrambe le tradizioni si dif­ferenziano radicalmente rispetto alle correnti ortodosse di pensiero, ragion per cui sono state giudicate eretiche e scandalose. Valorizzano la sessualità in modo peculiare, quale esperienza di trasformazione ed espressione non dualistica, e pongono l'accento sull'importanza del processo, malgrado quest'ultimo elemento sia stato approfondito maggiormente nel tantra, con la sua concezione di un presente conti­nuo. Entrambe, poi, si avvalgono di immagirù (che nel tantra sono chiamate yantra) per esprimere conoscenze che trascendono le paro­le, e considerano il rosso e il bianco come manifestazioni del maschi­le e del femminile, benché nel tantra i due colori siano invertiti: il

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bianco è associato al maschile, il rosso al femminile. Sia nell'alchimia sia nel tantra il simbolo del serpente assume un'importanza fonda­mentale, quale rappresentazione dell'energia sessuale e spirituale, e il corpo riveste un ruolo essenziale in quanto spiritualità incarnata. Entrambi prediligono la segretezza per ragioni di "contenimento"; inoltre i due processi, tantrico e alchemico, richiedono fondamental­mente un vaso, inteso come spazio separato o sacro, e la stessa sa­cralità viene attribuita al tempio del corpo. Un ultimo, sorprendente elemento comune è che sia nell'alchimia sia nel tantra l'unità origi­naria è rappresentata da una pietra. Il termine "tantra" significa "continuo" e allude a ciò che è perma­nente nel mutamento, a una qualità infinita, come un fiume che non cessa di scorrere o la pioggia che segue perennemente il suo moto circolare di precipitazione ed evaporazione. Nel tantra questo viene considerato naturale e soprannaturale al tempo stesso2, e ciascuno ri­vela la realtà dell'altro a livello della coscienza e attraverso il corpo. Il tantra è basato sulla concezione che la nostra natura fondamentale sia pura e trasparente, e che la beatitudine sia celata in ogni cosa. È l'oro che conduce all'illuminazione e, come nell'alchimia, alla totalità e all'assenza di dualità. Come nell'alchimia, anche nel tantra una ta­le concezione viene affermata sulla base dell'esperienza e non come un dogma. Non si tratta di un assunto intellettuale o razionale, ma di un principio molto più profondo, semplice e generale. Mostrando un ulteriore punto di contatto con l'alchimia, nel tantra si dice che l'oro è dentro di noi e che esso vive qui e ora; tuttavia ve­niamo guidati anche a trascendere la vita co�ì come la conosciamo. In questo senso il tantra conduce direttamente alla rubedo e il suo prin­cipio fondamentale, "ritornare alla fonte" (paravritti), coincide sostan­zialmente con il processo che si vetifica nella prCJiectio. Al contempo il tantra individua l'origine della nostra separazione dalla dimensione superiore nel regno del samsara, che corrisponde a quello che l'alchimia identifica con l'ego: i nostri desideri, esigenze, fantasie e, soprattutto, i nostri tenaci attaccamenti. Invece di repri­merli o di negarli, però, il tantra, così come l'alchimia, ritiene che ac­cettandoli e accogliendoli essi forniscano l'energia necessaria ad ali­mentare la propria trasmutazione. A quel punto possono mutare, possono essere trasformati. La collera può diventare compassione, il piacere può cedere il posto alla consapevolezza e il blocco emotivo a una più ampia capacità di accettazione. Qualsiasi stato della mente o

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emozione può, utilizzando le parole del Lama Yeshe, generare "una profonda consapevolezza penetrante", il che implica anche la capa­cità di essere flessibili e "mercuriali" . Il tantra, dunque, non è un cammino di negazione ma un percorso di accettazione incondizionata, e qui risiede la sua radicalità. Il piacere non costituisce un problema, ma tale è il nostro attaccamento (o di­pendenza) al piacere. Ogni cosa nella vita può portarci alla consape­volezza dell'essenza; la difficoltà sta nel fatto che noi tendiamo a confondere ciò che pensiamo sia la realtà con la realtà stessa, mentre nella concezione tantrica l'essenza è l'unica cosa reale e continua. Per "essenza" possiamo intendere, alchemicamente, la quintessenza e an­che l'elisir. Nel tantra il termine "beatitudine" comprende tutti questi aspetti. Il Lama Yeshe aggiunge:

Possiamo constatare che le funzioni del desiderio nello stato ordinario e in quello di illuminazione sono del tutto opposte. Nel tantra l'espe­rienza della beatitudine che deriva dal desiderio espande la mente co­sì che possiamo superare tutte le nostre limitazioni. Nello stato ordi­nario, invece, il piacere suscitato dal contatto con oggetti desiderabili restringe la nostra attenzione e determina la ricerca ossessiva e limi­tante di piaceri più numerosi e più intensi3.

Come l'alchimia, il tantra afferma la regalità della natura umana, in­coraggiandola attivamente come un elemento di fondamentale im­portanza. Se tendiamo a non riconoscere la realtà, ancor meno riusci­remo a riconoscere il nostro autentico valore personale e ciò può ri­sultare ugualmente dannoso, in quanto ci mantiene legati alle distor­sioni di un'immagine riduttiva di noi. Nel seguente brano del Lama Yeshe si può individuare il collegamento sia con la revificatio (nella coagulatio) sia con la projectio (nella rubedo):

Una delle pratiche fondamentali a tutti i livelli del tantra è quella che mira a dissolvere le nostre ordinarie concezioni di noi stessi e a far sorgere, dallo spazio vuoto creatosi con la scomparsa di tali concezio­ni, il glorioso corpo luminoso corrispondente a quello di una divinità: una manifestazione della fondamentale purezza del nostro essere più profondo. Quanto più impariamo a identificarci con una tale divinità meditativa tanto meno ci sentiremo condizionati dalle delusioni e dal­le frustrazioni della vita comun&.

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È interessante notare come l'archetipo qui evocato non corrisponda propriamente a una divinità, quanto all'archetipo di noi stessi quali regina o re. n tantra afferma che "siamo ciò che pensiamo" e ritiene che una tale pratica possa determinare effetti concreti a livello del corpo fisico. Questa concezione chiama in causa il potere risanante dell'immaginazione, che è all'opposto dell'autocommiserazione. La prassi di alimentare una concezione regale di noi stessi in senso tan­trico è finalizzata ad aprirci a una dimensione più vasta, così che la nostra essenza possa operare ininterrottamente, o "costantemente". Si delinea così un utile modo di considerare che cosa significhi man­tenere una concezione regale di noi stessi nella realtà in cui viviamo. Il tantra ha molto da insegnarci da questo punto di vista. Le tre fasi principali del tantra presentano parallelismi con il proces­so alchemico. La prima, della rinuncia (che assume il significato di "emergere"), mira a espandere la mente oltre le sue percezioni limi­tate, abbandonando le aspettative irrealistiche, acquisendo la qualità del distacco (come nella rubedo) e imparando a distinguere fra soddi­sfazione e realizzazione. "Non riesco a raggiungere la soddisfazio­ne": non ci riesci perché la soddisfazione non esiste. La seconda, bodhicitta ("apertura del cuore"), si propone specificamen­te l'apertura agli altri e non soltanto a se stessi. In questa fase, in cui si manifesta il calore dell'anima, si ritrovano alcune corrispondenze sia con la solutio sia con la rubedo, specie nella tappa della multiplicatio. L'obiettivo è quello di aprirsi ai problemi delle persone e del mondo attraverso il servizio e acquisire l'equanimità necessaria per attribuire o iniziare ad attribuire pari importanza a ciascuno, superando la di­stinzione tra amico ed estraneo e addirittura tra amico e nemico. Nella terza fase ci avviciniamo a quella che il tantra definisce "la vi­sione corretta della realtà" che equivale al vuoto, inteso non come nulla, a differenza di quanto avviene nèl pensiero occidentale, ma co­me dissoluzione (in senso analogo alla solutio). Ci accorgiamo così che ciò che consideriamo permanente e solido è, in realtà, più simile a un sogno. Una tale visione riguarda anche la nostra identità. Nel tantra la no­stra "egoicità", il nostro senso di identità personale, non è affatto so­lida come sembra. Questa constatazione ci rende più liberi:

Invece di sentirei soffocati e oppressi da ciò che ci circonda - di con­siderare "gli altri contro di me" - avremo la sensazione che nel mon-

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do vi sia spazio per ogni cosa. ln effetti, vi è spazio per ogni cosa. Nello spazio trasparente della non dualità, ogni cosa fluisce libera­mente in un processo costante di andare e venire, crescere e morire, sorgere e scomparireS.

Possiamo verificare come spirito e materia vengano unificati attraver­so la liberazione della materia (il suo scioglimento, la sua trasparenza), che al tempo stesso induce in noi uno stato di maggiore naturalez­za, come si può sperimentare, per esempio, stando in una vasca per l'idromassaggio con i suoi getti di acqua corrente e intermittente. È interessante notare, tra l'altro, che nel tantra il colore di questa fase non è il rosso ma il blu6. Nel tantra, il guru, che corrisponde sia a un maestro (o una maestra) sia a una guida interiore, è una figura analoga al maestro nell'alchi­mia, colui che trasmette gli insegnamenti relativi all'Opera, rivelando sotto una nuova luce l'importanza del nostro orientamento interiore. Il corpo vajra, equivalente al corpo sottile o eterico dell'alchimia, vie­ne rappresentato come "corpo di luce", all'interno del quale il cuore è la sede della mente sottile: secondo le parole del Lama Yeshe "la mente estremamente sottile della luce trasparente". Nella pratica tantrica più avanzata, le nozze - maluzmudra (o "grande sigillo") - si realizzano a partire dall'unione di beatitudine e vuoto. Come per la rubedo, si tratta di un'esperienza di cui possiamo coglie­re soltanto alcuni barlumi e che si ripete a più riprese. Al tempo stes­so, direbbe il tantra, è una condizione sempre presente perché è realtà, al di là di tutti i veli dell'apparenza. Nel tantra il corpo è un bene prezioso perché contiene tutto ciò di cui abbiamo bisogno per raggiungere l'illuminazione. In proposito gli autori tantrici parlano di "oro della kundalini" e di "olio della kunda­lini". Oltre a ciò, il tantra - così come il buddhismo tibetano - pre­senta una vasta gamma di tecniche riguardanti il processo di morte e la morte consapevole, come quelle raccolte nel Libro tibetano dei mor­ti. Al pari dell'alchimia, dunque, tale pratica può essere considerata una preparazione sia alla vita sia alla morte, in cui la differenza fra le due dimensioni viene infine trascesa tramite la comprensione dell'es­senza. Così viene concepita l'unità in termini tantrici:

Nel chiaro spazio luminoso del vuoto non vi sono colori, odori, sen­sazioni e così via. Tutte le confuse concezioni dualistiche e ristrette

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scompaiono, pertanto è consentito allo stato naturale dell_a mente di irradiarsi, fino a comprendere l'intero universo della realtà7.

Lo spirito, infine, si infonde nella materia rivelandosi per ciò che è. Nel tantra, come nella rubedo dell'alchimia, sono citati vari poteri (siddhi) che vengono acquisiti dall'adepto, e fra essi anche la proie­zione astrale. È opportuno rilevare che, finora, non è stato ancora affrontato l' aspet­to della sessualità. Nel tantra buddhista (il tantra induista è più in­dulgente in proposito) occorre superare le tre fasi definite di "gene­razione" prima di essere considerati pronti per l'abbraccio sessuale. La generazione, descritta come un fuoco nella regione ombelicale, cor­risponde esattamente al fuoco segreto dell'alchimia. È energia, puri­ficazione e contenimento. In Occidente la sessualità, sottovalutata per quanto riguarda l' alchi­mia, è stata invece inflazionata nel tantra, così che il sesso potrebbe sembrame l'unica componente. È pur vero, tuttavia, che il tantra at­tribuisce alla sessualità un ruolo vitale, insostituibile e affascinante, che però può essere compreso appieno soltanto cogliendone la netta differenza rispetto alla sessualità ordinaria. Nelle fasi della generazione viene compiuto un percorso in parte simi­le a quello che si svolge nella trasmutazione dell'Opera minore e della coagulatio, specie nella separazione vissuta da Sol e Luna, così che:

Tutti i vecchi problemi legati al desiderio saranno risolti; invece di es­sere la causa dell'insoddisfazione, il desiderio alimenta ora l' esperien­za della totalità8.

Ora si è pronti a fare l'amore e a farlo in modo nuovo. In che co­sa consiste la reale differenza? In una parola, nella meditazione. Come afferma giustamente Bhagwan Rajneesh (ora noto con il nome di Osho), "tantra significa questo: la trasformazione dell'amore in meditazione"9. È a questo punto che la soror mystica acquista il ruolo che le compete in quanto tantrica femminile. La tradizione tantrica afferma che non è l'uomo a penetrare il corpo femminile, ma l'energia della donna che penetra l'energia dell'uomo. Da tale concezione possiamo trarre un ulteriore elemento di comprensione dell'androginia della rubedo qua­le sessualità androginai nel tantra, infatti, i ruoli sono complementa-

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ri e, al tempo stesso, invertiti. Anche qui la donna sta sopra l'uomo, ma l'uomo al tempo stesso sostiene la donna, scoprendo in un di­verso tipo di virilità che lo contiene e lo radica nel proprio sesso e in se stesso. La sessualità tantrica è finalizzata alla continuità più che alla conclu­sione, all'energia e alla beatitudine e non a un rapido orgasmo. La beatitudine si manifesta come energia potenziata dell'atto sessuale e come l'essenza del fare l'amore. Si tratta di un'unione e di una fusio­ne che qualsiasi coppia può condividere ed evoca un grado di ener­gia, di benessere e risanarnento di cui si possono percepire i silenzio­si influssi per giorni. In termini alchemici, la sessualità tantrica è fin dall'inizio opus contra naturam in quanto rovescia la corrente o voltaggio ordinario del sesso. Come nell'alchimia, il calore deve essere moderato, altrimenti spac­cherà il vaso (l'uomo raggiungerà l'orgasmo). Il rilassamento assume così un'importanza fondamentale. Rajneesh osserva in proposito:

Quando si combatte si sta sempre al di fuori. Se si considera il sesso una lotta, si resterà sempre all'esterno. Se ci si arrende al sesso se ne raggiunge l'intima essenza, lo si conosce dall'interno. Se ci si abba1l­dona si verrà a conoscenza di molte coselO.

Si tratta dunque di un inizio che rimane allo stadio iniziale, in cui il tocco viene rallentato e sintonizzato al ritmo reale della sensazione e del contatto, e il movimento dei due corpi insieme non si propone di raggiungere alcun altro luogo che non sia il qui, nel presente e "alla presenza di", dove il tempo diventa eternità. Il tantra definisce que­sto stato come '1a valle", luogo profondo del corpo che rappresenta l'opposto dell'"apice" dell'eccitazione mentale e sessuale, collocato nella testa. Nel tantra, quindi, si scende prima di elevarsi. . . e nell'ele­varsi si raggiunge un tale grado di quiete nel movimento comune che ciascuno apre all'altro e rappresenta per l'altro una sorta di so­glia. Al di là di essa si trova lo spazio, uno spazio in continua espan­sione anche all'interno di ogni singola cellula. La beatitudine rag­giunge così il vuoto, e nel respiro condiviso nasce un vero e proprio ritmo in cui l'atto sessuale si compie da sé e tutto viene capovolto: è l'amore che ci fa, non siamo noi che stiamo cercando di fare l'amore; ed è un amore che si apre verso ogni cosa, irradiando pace, calore e chiarezza. Non è più limitato neppure a ciò che ci circonda nell'irn-

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mediato, ma diventa il nostro stesso modo di porci in contatto con la vita che, più affidabile di qualsiasi sostanza chimica esterna, agisce silenziosamente in modo molto più potente. In siffatta dimensione possiamo inoltre raggiungere quella che gli adepti del tantra hanno definito 11Chiusura del cerchio", ossia un altro modo di intendere lo 11sposare se stessi" rappresentato con misteriosa esattezza dall'immagine dell'uroboros. L'amore tantrico è privo di vin­coli: ci libera all'interno del cerchio di noi stessi e di un cerchio nel quale possiamo comprendere qualunque cosa: un lago, un paesaggio, la luna crescente. Esso ci espande ulteriormente, facendoci superare i nostri limiti apparenti e la concezione che tendevamo ad avere del sesso, quando lo vedevamo dall'estremità sbagliata del telescopio. Il dono del tantra all'alchimia è quello di fornire una descrizione det­tagliata delle potenzialità superiori della sessualità. Interpretando la projectio come paravritti è possibile incarnarla e renderla accessibile. Al tempo stesso, il dono dell'alchimia al tantra è quello di ricordargli la sua passione, il suo tocco personale e la sua presenza. In fondo non siamo semplicemente delle "soglie'' l'uno per l'altro: siamo esse­ri umani e insieme esseri dotati di anima. Non mancano, ovviamente, le differenze tra le due tradizioni. Il tan­tra viene considerato un processo più veloce (un "veicolo fulmineo"), mentre l'alchimia è più lenta, benché la sessualità tantrica contraddi­ca una tale affermazione. Il tantra è forse più trascendente, più di­staccato; l'alchimia più immanente e in grado di comprendere la no­stra psiche individuale e il nostro immaginario. Da questo punto di vista l'alchimia è più ricca. Il tantra tende a dissolvere la nostra iden­tità esattamente nel punto in cui l'alchimia la coagula (nella pietra). Per noi occidentali la forza risiede nell'individualità, che può tuttavia rivelarsi anche debolezza, motivo di orgoglio e isolamento. Quanto più l'alchimia e il tantra vengono posti a confronto tanto più appaio­no complementari e androgini. L'alchimia, come lo yoga, è più ma­schile, in quanto tende a porre l'accento sulla sperimentazione e lo sforzo11; il tantra è più femminile, nella sua esaltazione della ricetti­vità, nella sua capacità tipicamente "yin" di accogliere e aprirsi. Pro­prio per queste differenze, possono imparare molto l'uno dall'altra. Infine, pur essendo mondi separati, essi appartengono a un comune universo che è tempo di riunificare al fine di concepire un nuovo mondo ed esservi concepiti, realizzando l'unione di tutte le nazioni, le divisioni e le scissioni, e non soltanto quella tra Oriente e Occidente.

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NOTE

CAPITOLO PRIMO - INIZIO (INTRODUZIONE)

1 Duff, Kat, The Alchemy of Illness, Virago, 1993, pag. 78. 2 Harpur, Patrick, Mercurius: The Marriage of Heaven and Hearth,

Macmillan, 1990, pag. 108. 3 Klossowski de Rola, Stanislaus, Alchemy: The Secret Art, Thames &

Hudson, 1973, illustrato; tr. it. Alchimia. Dall'esperienza all'occulto, Red Edizioni, Como, 1988.

4 Jarman, Derek, Chroma, Vintage, 1995, pag. 76. 5 Tabula smaragdina, Heidelberg, 1926, citato in Titus Burckhardt,

Alchemy (Stuart & Watk.ins, 1967), Element Books, 1986, pagg. 196-197; tr. it. Tavola smeraldina, in Id., Alchimia, Guanda, Parma, 1981,

· pagg. 169-170. Il testo è corredato delle penetranti osservazioni di Burkhardt.

CAPITOLO SECONDO - BREVE STORIA DELL'ALCHIMIA

T Vedi Eliade, Mircea, The Forge and the Crucible, pag. 142, citato in Mark Haeffner, Dictionary of Alchemy, Aquarian, 1991, pag. 14.

2 Citato in Thompson, C.J.S., The Lure and Romance of Alchemy (Har­rap, 1932), Outlet/Random House, 1990, pag. 17.

3 Ibid., pag. 78. 4 Vedi Sherwood-Taylor, F., The Alchemists (Heinemann, 1962), Pala-

din, 1976, pag. 95. 5 Chaucer definiva l'alchimia "la scienza furbesca". 6 Citato in Thompson, op. cit., pagg. 165-166. 7 Ibid., pag. 170. 8 Citato in Sherwood-Taylor, op. cit., pag. 103.

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9 Alcune di queste fasi fanno parte del processo esaminato nel cor-so della trattazione.

10 Riguardo alla pietra bianca, vedi il capitolo quinto, pagg. 82-83. 11 Citato in Sherwood-Taylor, op. cit., pagg. 111-112. 12 Ibid., pag. 114. 13 I dipinti in Splendor solis sono di Lucas van Leiden, uno dei più

antichi maestri olandesi. 14 Vedi, per esempio, Songs of Innocence and Experience, 1793. 15 Citato in Haeffner, op. cit., pag. 24. 16 Vedi Cartesio, Principia philosoplziae, 1644. 17 Come rileva Lindsay Clarke, A Suggestive Enquiry è stato riedito

da The Yogi Society in Inghilterra e da The Julien Press negli Sta­ti Uniti.

IB Vedi Thompson, op. cit., pag. 228. 19 Vedi "Ulteriori informazioni", pagg. 201-203. 2° Citato in Gilchrist, Cherry, The Elements of Alchemy, Elernent, 1991,

pagg. 119-120. 21 Ibid., pag. 121. .

22 Jung, C.G., Psychology nnd Alchemy, Routledge (1953), 1993, pag. 242; tr. it. Psicologin e alchimia, Bollati Boringhieri, Torino, 1992, pag. 242.

23 lbid., pag. 245; tr. it. pag. 245. 24 Ibid., pag. 270; tr. it. pag. 270. 25 Per esempio nella spagirica: vedi Caduceus, n. 19, "Alchemy and

Transformation", dicembre 1992. 26 Per esempio con Liz Greene, astrologa e analista junghiana; vedi

anche "Ulteriori informazioni", pagg. 201-203. 27 Vedi Johnson, Kenneth Raynor, The Fulcanelli Phenomenon, Jersey,

1980, citato da Patrick Harpur in Mercurius . . . , cit., pag. 316. Fulca­nelli, la cui vera identità è ignota, negli anni Venti pubblicò due testi e negli anni Cinquanta visse in un castello in Spagna. A quan­to pare fu un vero alchimista.

28 Citato in Gilchrist, op. cit., pag. 124.

CAPITOLO TERZO - PREPARAZIONE

1 Vedi Burckhardt, op. cit., pag. 103; tr. it. pag. 76. 2 Citato in Jung, Psyclrology mzd Alchemy, cit., pag. 320; tr. it. pag. 310. 3 Vedi, anche per le altre due fasi, Klossowski de Rola, op. cit. 4 Citato in Thompson, op. cit., pag. 109. 5 Jung, Psychology and Alclzemy, cit., pag. 270; tr. it. pag. 264.

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CAPITOLO QUARTO - NIGREDO

l Il ternùne caput mortuum letteralmente indica anche il residuo la­sciato sul fondo del vaso alchemico, per esempio il residuo nero del piombo calcinato. Da qui l'immagine.

2 Citato in Fabricius, Johannes, Alclzemy: The Mediaeval Alchemists and Their Royal Art (Rosenkilde and Bagger, Copenaghen, 1976),

The Aquarian Press, Wellingborough, 1989; tr. it. L'alchimia. L'Arte Regia nel simbolismo medievale, Edizioni Mediterranee, Roma, 1997.

3 Musaeum hermiticum refonnatum et amplificatum, Frankfiirt, 1678.

4 Citato in Burckhardt, op. cit., pagg. 133-134 (con i commenti di Burckhardt); tr. it. pag. 106.

s Jung, Psychology and Alchemy, ci t., pagg. 336-337; tr. i t. pagg. 323-324.

6 Il "ritorno di Saturno" si verifica ogni ventotto anni. il successivo è quindi a cinquantasei anni.

7 Fabricius, op. cit. 8 Franz, Marie-Louise von, Alchemy: An Introduction to the Symbolism

and the Psychology, Inner City Books, Toronto, 1980, pag. 147; tr. it. Alchimia, Bollati Boringhieri, Torino, 1984, pag. 119.

9 Vedi anche "Nigredo", in Earth Ascending: An Anthology of New and Livirzg Poetry, ed. by Jay Ramsa� Stride Publications, 1996.

CAPITOLO QUINTO - SOLIITIO

1 Citato in Klossowski de Rola, op. cit., pag. 11. 2 Ibidem. 3 Vedi "The Lapis-Christ Parallel", in Jung, Psyclwlogy and Alchemy,

ci t., pag. 345 e sgg.; tr. it. "Il parallelo Lapis-Cristo", in Id., Psicolo­gia e alchimia, cit., pag. 333 e sgg.

4 Klossowski de Rola, op. cit., pag. 12.

5 Citato in Fabricius, op. cit., pag. 127. 6 Ibid., pag. 130.

7 Da A Blue Fire, ed . .,by Thomas Moore, Routledge, 1990, pag. 125. 8 Anche a questo proposito sono debitore a Barbara Somers per le

sue brillanti intuizioni. 9 Franz, op. cit., pag. 260; tr. it. pag. 218.

IO Vedi "Ulteriori informazioni", pagg. 201-203. 11 Vedi anche Hillman, O n Soul and Spirit, in A Blue Fire, ci t., pag. 124. 12 Vedi Bly, Robert, Iron fohn, Element Books, 1991.

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CAPITOLO SESTO - COAGULATIO

l Da Barbara Somers. 2 Tratto da Sendivogius, Michaet Concerning Sulphur, The Alchemi­

ca! Press, 1991, pag. 11. Intorno al 1605, Sendivogius rivendicò co­me proprio il lavoro dell'alchimista scozzese Alexander Sethon, utilizzando i residui della tintura rossa di Sethon per affermare la propria fama in Europa, per quel che durò. L'intera storia è ripor­tata in Thompson, op. cit., pagg. 188-192.

3 Citato in Burckhardt, op. cit., pag. 189; tr. it. pag. 162. 4 Citato in Fabricius, op. cit., pag. 141; tr. it. pag. 144. 5 Ibid., pag. 143; tr. it. pag. 141. 6 Ibid., pag. 144; tr. it. pag. 143. 7 Ibid., pag. 146; tr. it. pag. 146. 8 Ibidem; tr. it. pag. 147. 9 Burckhardt, op. cit., pag. 190; tr. it. pag. 163.

lO Vedi il dipinto di Vermeer Donna con la bilancia (1660-1665). 11 Citato in Fabricius, op. cit., pag. 152; tr. it. pag. 152. 12 Burckhardt, op. cit., pag. 190; tr. it. pag. 163. 13 Citato in Fabricius, op. cit., pag. 156; tr. it. pag. 156. 14 Ibid., pag. 169; tr. it. pag. 169. 15 Fra i quali Ruth White e la sua incorporea guida Gildas. 16 Franz, op. cit., pagg. 258-259. 17 Heaney, Seamus, The Earth House, in Seeing Things, Faber and Fa­

ber Ltd. 18 Vedi With My Heart in My Mouth, ed. by Paul Matthews, Rudolf

Steiner Press, 1994, e anche il suo Sing Me the Creation, Hawthom Press, Stroud, 1995.

19 Moore, Thomas, Care of the Soul, Piatkus, 1992, pag. 262. 20 Ibid., pag. 263. 21 Snell, Lionell, "Alchemy and Transformation", Caduceus, n. 19, di-

cembre 1992, pag. 12. 22 Detto alchemico del XVII secolo. 23 Duff, op. cit., pag. 90. 24 Fox, Matthew, The Coming of the Cosmic Christ, Harper & Row, 1988. 25 Jung ha parlato di "inconscio collettivo" . Penso sia giunto il mo-

mento di introdurre anche il concetto di "Sé collettivo" per indi­care ciò che è supercosciente.

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CAPITOLO SETIIMO - RUBEDO

1 Da The Collected Poems of WB. Yeats (Macmillan), Papermac, 1985. 2 Da Into the Heart - A Matrix Poem di Jay Ramsay, che fa parte di

Heart of Earth, in The Great Return, The Diamond Press, 1988. 3 John Pordage, citato in Fabricius, op. cit., pag. 173; tr. it. pag. 173. 4 Ibidem. 5 Ibid., pag. 174; tr. it. pag. 175. 6 Gerard Dorn, citato in Fabricius, op. cit., pag. 177; tr. it. pag. 176. 7 Ibid., pag. 178; tr. it. pag. 176. 8 Ibid., pagg. 175 e 179; tr. it. pagg. 175 e 179. 9 Ibid., pag. 182; tr. it. pag. 182.

10 Citato nelMysterium Coniunctionis di Jung, ibid., pagg. 182-183; tr. it. Mysterium Coniunctionis, Bollati Boringhieri, Torino, 1989, pag. 58.

11 Citato in Fabricius, op. cit., pag. 186; tr. it. pag. 186. 12 Vedi Burckhardt, op. cit., pag. 156; tr. it. pag. 129. 13 John Pordage, citato in Fabricius, op. cit., pag. 191; tr. it. pag. 191. 14 In Daskalos, The Esoteric Teachings (vedi "Bibliografia"). 15 Vedi Clow, Barbara Hand, The Liquid L ight of Sex, Bear & Co., 1991,

pag. 103. ·

16 Vedi Fabricius, op. cit., pag. 198; tr. it. pag. 198. 17 Disponibile sul CD della colonna sonora del film Orlando. t8 Jung, C.G., Memories, Dreams, Reflections, ed. by Anelia Jaffé, Fla­

mingo, 1983, pagg. 296-297. 19 Vedi l'ultima pagina dell'opera di Lindsay Clarke The Chymical

Wedding, Picador, 1991. 20 Aurora consurgens, probabilmente l'ultima opera scritta da Tom­

maso d'Aquino dopo aver abbandonato la Summa theologica. Vedi Franz, op. cit., pag. 177 e sgg.; tr. it. pag. 149 e sgg.

21 Liber Platonis quartorum, citato in Fabricius, op. cit., pag. 208. 22 Eliot, T.S., Four Quartets, Faber, 1944, più volte ristampato; tr. it. Ope-

re 1939-1962, a cura di R. Sanesi, Bompiani, Milano, 1993, pag. 399. 23 L'essenza della rubedo è nell'unione di cuore e mente. 24 Vedi The Sharpham Papers, n. 3, 1993. 25 Jung, Psychology and Alchemy, cit., pag. 293; tr. it. pag. 285. 26 A Matter of Heart, 1987. Vedi anche i due documentari di Jonathan

Stedall. 27 Harpur, Patrick, "Sublimation", in Mercurius . . . , cit., pag. 360. 26 Mother Meera, Answers (Rider, 1991), Meeramma Publications,

1991, pag. 74.

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29 Da una lettera personale all'autore. 30 Singer, June, Androgyny, Anchor Press/Doubleday, 1976, pag. 277. 31 Sono grato alla signora Nancy Lidell per questa indicazione; fon-

te ignota.

CAPITOLO 01TAVO - ROSA MUNDI

L'allusione del terzo paragrafo ("Ricordi come in cielo . . . ") rinvia alla visione del Paradiso di Dante, di cui sentii parlare per la prima volta da Piero Ferrucci in una conferenza con visione di diapositive che si svolse alla Psychosynthesis Education and Trust di Londra nel 1986. Il riferimento "non . . . matrimoni da celebrare e nessuno da dare in matrimonio" è presente nel Vangelo di Marco 11: 25 e in quello di Luca 20: 34-5. Ringrazio Madeleine O'Callaghan SSL per aver chiari­to questo aspetto.

Per quanto riguarda il simbolismo associato alla rosa, sono debitore all'opera di Joan Cooper Illustrated Encyclopaedia of Traditional Sym­bols, Thames & Hudson, 1973. Come afferma l'autrice a pag. 141, la rosa blu è "l'irraggiungibile, l'impossibile"; la Rosa dei Venti "è rap­presentata da un cerchio che racchiude la doppia croce, a significare i quattro punti cardinali e le quattro direzioni intermedie''; il Rosa­rium è la filosofia e la disciplina interiore dell'Opera. In questo rivol­gersi all'interiorità sta la chiave per una maggiore realizzazione ed elevazione.

CAPITOLO NONO - CONCLUSIONE (SUMMA)

1 Greene, Liz, Sasportas, Howard, Dynamics of the Unconscious, Arka­na, 1988, pag. 283.

2 Durante una conversazione nella sua casa a Stroud, nel Glouce­stershire.

3 In un incontro presso The English Group del Psykisk Center, nel­l' agosto 1995.

4 Quasi certamente scritto mentre Wilde era in prigione (Reading Gaol).

5 Fabricius (op. cit., pag. 206; tr. it. pag. 206) mette in relazione ogni coniunctio con uno stadio dell'anima: nigredo è collegata a Eva, la donna sessuale; solutio alla Luna, la donna romantica; coagulatio alla donna spiritualizzata; rubedo alla donna mistico-archetipica al

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livello più elevato (la Beatrice di Dante, Mar� Kuan Yin), in cui vede l'emergere di un elemento androgino. Ritengo che questo stesso schema debba essere applicato anche al polo opposto, ossia il maschile o animus, per il quale si possono indicare quattro stadi: con nigredo avremmo uy Antico Adamo"; con solutio il principe o l'uomo romantico; con coagulatio l'uomo maturo e saldamente ra­dicato; con rubedo, infine, il re (sebbene esso sia presente anche nella coagulatio). Questi stadi corrisponderebbero a ciò che una donna vede o proietta. Si noti che l'elemento androgino è presen­te, per esempio, sia in Cristo sia in Yogananda; in Yogananda, in particolare, risulta evidente nelle fotografie che lo ritraggono. Individuare il tipo di uomo o di donna verso cui siamo attratti in ogni fase può aiutarci a riconoscere a che punto siamo del proces­so e quale tipo di coniunctio è viva in noi. Volendo, si può quindi tracciare uno schema parallelo corrispondente.

APPENDlCE - ALCHIMlA E TANTRA

1 Rawson, Philip, Tantra: The Indian Cult of Ecstasy, Thames & Hud­son, 1973. Vedi anche, dello stesso autore, The Art of Tantra, Tha­mes & Hudson, 1978, che comprende un testo integrale.

2 In proposito può essere interessante confrontare il tantra con il taoismo. Vedi Tao Te Ching, nella nuova traduzione da me curata insieme a Kwok Man-Ho e Martin Palmer, Element Books, 1994.

3 Landaw, Jonathan (ed.), Introduction to Tantra: A Vision of Totality, Wisdom Books, Boston, 1987, pag. 37.

4 Ibid., pag. 42. 5 Ibid., pag. 89. 6 Che simboleggia la non dualità. 7 Landaw, op. cit., pag. 133. a Ibid., pag. 146. 9 Bhagwan, Rajneesh Shree, Tantra, Spirituality and Sex, Rajneesh

Foundation International, 1983. 10 Ibid., pag. 120. 11 Come sottolinea Rajneesh, adducendo questa affermazione fra le

sue argomentazioni a favore del tantra. La sessualità va conside­rata come qualcosa che sentiamo, piuttosto che come qualcosa che imponiamo. Questa è la differenza.

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BIBLIOGRAFIA

TESTI FONDAMENTALI

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Fabricius, Johannes, Alchemy: The Mediaeval Alchemists and Their Royal Art (Rosenkilde and Bagger, Copenaghen, 1976), The Aquarian Press, 1989; tr. it. L'alchimia. L'Arte Regia nel simbolismo medievale, Edizioni Mediterranee, Roma, 1997.

Franz, Marie-Louise von, Alchemy, Inner City Books, Toronto, 1980; tr. it. Alchimia, Bollati Boringhieri, Torino, 1984.

Haeffner, Mark, Dictionary of Alchemy, Aquarian, 1991. Jung, C.G., Psychology and Alchemy, Routledge (1953), 1993; tr. it. Psi­

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STORIA DELL'ALCHIMIA

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dom House, 1990.

TESTI DI APPROFONDIMENTO

Anderton, William, Inner Alchemy, Soluna Publications, 1981. Caron, M., Hutin, S., The Alchemists, Evergreen, 1961.

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TESTI CHE TRATTANO TEMI COLLEGATI ALL'ALCHIMIA

Barbault, Armand, Gold of a Thousand Mornings, Neville Spearman, 1975.

Bennell, M., Wyatt, 1., The Chymical Wedding of Christian Rosencreutz, Temple Lodge Press, 1989.

Cockren, Archibald, Alchemy Discovered and Restored, Health Research, Califonùa, 1963.

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TESTI DI CARATTERE GENERALE

Bly, Robert, A Little Book on the Human Shadow, Harper Collins, 1988. Clarke, Lindsay, The Chymical Wedding: A Romance, Cape/Picador,

1989. - Alice's Masque, Jonathan Cape, 1994.

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Coelho, Paulo, The Alchemist: A Fable about Following Your Dreams, Harper, San Francisco, 1993; tr. it. L'alchimista, Bompiani, Milano, 1995.

Duff, Kat, The Alchemy of Illness, Virago, 1993. Ferrucci, Piero, What We May Be: The Visions and Techniques of Psycho­

syntesis, Turnstone Press, 1982. Harpur, Patrick, Mercurius, or the Marriage of Heaven and Earth, Mac-

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POESIA

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AMORE E SESSUALIT À

Evola, Julius, The Metaplrysics of Sex, Inner Traditions, 1983. Feuerstein, George (ed.), Enlightened Sexuality, The Crossing Press,

1989. Keen, Sam, The Passionate Life: Stages of Loving, Harper & Row, 1983.

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Lidell, Lucy, The Sensual Body, Unwin Hyman, 1987. Lilar, Suzanne, Aspects of Love in Western Society, Panther, 1967. Rajneesh, Bhagwan Shree, Tantra, Spirituality and Sex, Rajneesh Foun-

dation, 1983. Rawson, Philip, The Art of Tantra, Thames & Hudson, 1978. Singer, June, Androgyny, Anchor/Doubleday, 1976. Stevens, J., Lust for Enlightenment, Shambhala, 1990. Yeshe, Lama, Introduction to Tantra, Wisdom Books, 1987.

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ULTERIORI INFORMAZIONI

TESTI ORIGINALI

A quanto mi risulta, fra i testi alchemici originali pubblicati vi sono i seguenti:

Turba Philosophorum, hrsg. von J.F. Ruska, Berlin, 1931. Theatrum Chemicum Britannicum, ed. by Elias Ashmole, 1652. Aurora Consurgens, ed. by Marie-Louise von Franz, London, 1966. Hermetic Museum, ed. by A.E. Waite, 1893, 2 vols. Bibliotheca chemica curiosa, ed. by James Young, London, 1954.

Per le citazioni dal Rosarium philosophorum, sono debitore a Johannes Fabricius, che ha attinto all'opera di Jung sui testi Artis auriferae quam chemiam vocant del 1572 e del 1593, pubblicati in Germania nel 1610. I testi citati in precedenza sono tutte opere fondamentali, alle quali si aggiungono le due classiche antologie curate da Ashmole e Waite. Vari studiosi di alchimia, fra i quali Titu.s Burckhardt e F. Sherwood­Taylor, ne hanno richiesto la ristampa e sicuramente i tempi sono or­mai maturi per la pubblicazione di una nuova antologia. Il miglior esempio moderno di questo tipo è The Magnum Opus Hermetic Source­works, curato da Adam McLean e pubblicato da David Fidelier (Pha­nes Press, PO Box 6114, Grand Rapids, Michigan 49516, USA). La collana comprende, fra l'altro, Atalanta fugiens di Maier e Splendor solis. Questi testi sono altrettanto rivelatori degli ormai famosi Van­geli gnostici. Il posto giusto per chi desidera vedere o consultare testi originali di alchimia è il British Museum di Londra. Se si ha l'opportunità di re­carsi in Danimarca, un'altra importante collezione, segnalata da Fa­bricius, si trova presso la biblioteca dell'Università di Copenaghen.

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PERIODICI

Un periodico di alchimia attualmente edito nel Regno Unito, a Edim­burgo, è The Hermetic Journal, a cura di Adam McLean. Quand'era in vita, F. Sherwood-Taylor è stato il curatore di Ambix. Sphinx, un pe­riodico di psicologia archetipica curato da Noel Cobb, tratta spesso argomenti di alchimia e pubblica i saggi di James Hillman, sempre viyaci, stimolanti e ricchi di suggerimenti, come il loro autore.

CORSI E TERAPIE

Negli Stati Uniti esiste un corso di alchimia per corrispondenza che si può richiedere a Bill van Doren, PO Box 11218, Boulder, Colorado 80301. Via Internet è possibile accedere al sito Alchemy Virtual Library e al­l' Alchemy Forum; entrambi forniscono informazioni utili e consento­no anche la consultazione di alcuni testi originali (quali il Book of l.Ambspring). Chi desidera ricevere ulteriori informazioni sui miei seminari, che trattano temi di alchimia, poesia, I Ching e sviluppo personale, o sul­le sedute individuali che svolgo a Londra e nel Gloucestershire, è pre­gato di scrivere a: Chrysalis Office, 226 London Road, Cheltenham, Glos. GL52 6HW (tel. 01242-528363).

Nel caso in cui, lavorando con questo libro, fossero emersi contenuti specifici, potete contattarmi personalmente per una seduta (riferi­mento da indicare sulla busta "one-to-one sessions", sedute indivi­duali). Forse vi siete già rivolti a un terapeuta oppure potete sceglier­ne uno che abiti vicino a voi e sia in sintonia con un'impostazione ba­sata sull'immaginazione e la spiritualità. Non sempre le esperienze di questo tipo possono essere elaborate da soli: il bisogno reciproco de­gli altri fa parte dell'interconnessione che l'alchimia esprime. Una buona relazione terapeutica, inoltre, può costitu(re un "vaso" o "con­tenitore" di inestimabile valore e fungere da specchio per il nostro Sé emergente, che ci conduce ad attingere alla nostra verità e guida inte­riore, consentendoci di vivere con più autenticità ciò che siamo.

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Se avete l'esigenza di entrare in contatto più profondo con il corpo fi­sico, imparando a vivere maggiormente nel vostro corpo, può essere utile effettuare trattamenti fisici quali il massaggio; è importante so­prattutto lasciare al corpo il tempo sufficiente per sentire, cosa che ci permette anche di comprendere dove siamo con l'anima. In tale ambi­to esistono numerose discipline attinenti all'alchimia; tra esse il reiki, lo shiatsu e la terapia Rosen, così come i rimedi floreali (o fiori di Bach) e l'omeopatia; questi ultimi esplicano un'azione più djretta­mente "alchemica".

TANTRA

Nel Regno Unito si tengono seminari sul tantra basati sul lavoro di Margo Anand Naslednikov. Per informazioni potete contattare Sky­Dancing UK (Monica Entmayr e John Hawken) in 47 Maple Road, Horfi.eld, Bristol BS7 8RE (tel. 0117-9830958). Sull'argomento è inoltre disponibile il video Sacred Art: A Higher Level of Sexual Fulfilment, del­la regista Cynthia Connop, prodotto da VCI Distribution (1992). Inte­ressante è anche l'attività svolta da Alan Lowen (Art of Being); per informazioni telefonare allo 01795-53472 nel Regno Unito. Le iniziati­ve collegate al tantra stanno via via diffondendosi ma, in generale, è importante soprattutto individuare ciò di cui si ha bisogno e agire di conseguenza.

J.R.

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INDICE ANALITICO

Abdul-Muhyi, 40 Ablutio, BO Acqua

come elemento, 22, 35 nella solutio, 84, 86, 87, 90-91

Acquario, 114 Agrippa, Cornelius, 26 Alambicco, vedi Vaso Albedo, 80 Albedo Aubade (Storhaug), 92 Alberto Magno, 21, 22, 28 Alchemical Solutions (Hillman),

87 Alchemy of Illness, The (Duff), 5,

116 Alchemy Rediscovered and Restored

(Cockren), 40 Alchimia

come misticismo fisico, 40 definizione di, 4-1 O e psicologia, 41-44 esoterica, 39-41 etimologia di, 10 storia dell', 17-45

Alchimista, L' (Coelho), 4 Alchimista, L' (Jonson), 24 Alcol, 23, 38

Amore nella coagulatio, 119 nella rubedo, 138, 143, 155-156 nella solutio, 88-92 nel tantra, 184, 187-188

Androginia nella rubedo, 138, 142-144 nel tantra, 186-187

Anima, 35 Anima, 5, 35

nella nigredo, 68, 71 Annerimento, vedi Nigredo Antimonio, 61 Arabi, 21 Argent vive, 35 Argento vivo, 22-23, 151 Aria, come elemento, 22, 35 Arrossamento, vedi Rubedo Artifex, 8, 32 Aspetto femminile, 87, 104, 105,

113 Aspetto maschile, 96, 105, 113 Astrologia

e tempi di preparazione, 49 in parallelo con l'alchimia,

20-21 Astronomia Magna (Paracelso), 28

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Atanor, vedi Vaso Atwood, signora, 39-40, 42 Aurea catena, 105 Autoconservazione, 173

Bacone, Ruggero, 21 Bancroft, Arme, 149 Baptisma, BO Barbault, Armand, 40 Beatitudine, nel tantra, 182, 187 Bergier, Jacques, 44 Blake, William, 32, 106 Bly, Robert, 157 Boehrne, Jakob, 34 Booerhave, professore, 37 Boyle, Robert, 37 Bruce, Carole, 7, 171 Buck, Pearl S., 108 Burckhardt, Titus, 43, 68

Calcinatio, 61 Canches, Mastro, 25 Canon's Yeoman's Tale (Chaucer),

24 Care of the Soul (Moore), 114 Cecità, 117 Cenere

nella nigredo, 68 nella solutio, 81

Cerchio(i) chiusura del, 188 della totalità, 140, 141-149 quadratura del, 142-144

Chamock, Thomas, 30 Chaucer, Geoffrey, 24 Chiave, nella rubedo, 129 Chimica, 37-38 C h roma (J arman), 4 Chymical Wedding of Christian

Rosencreutz, The, 156

Chymical Wedding, The (Clarke), 4 Cibatio, 103 Cina, 17 Citrinitas, 96 Clarke, Lindsay, 4, 39 Coagulatio, 95-121, 175 Cockren, Archibald, 40 Code Poem for the French

Resistance (Marks), 156 Coelho, Paulo, 4 Coitus, 64 Coming of the Cosmic Christ, The

(Fox), 118 Compimento, 125 Compound of Alchymie (Ripley),

30 Concetto di interiorità, 34, 44 Concetto di intimità, 34 Coniunctio, 64 Conoscenza di sé, 8 Contemplazione, 55 Corpo astrale (eterico), 27, 39,

144, 185 Corpo, nel tantra, 185 Corpus glorificatum, 136, 145 Corpus, nella solutio, 82 Coscienza, stato di alterazione

della, 8 Cosmologia, 8 Creatività, 5, 45 Crowley, Aleister (la "Grande

Bestia"), 40

D'Aquino, Tommaso, 21 Daskalos, 140 Daulton, Thomas, 29, 30 Dee, John, 33 De incertitudine et vanitate

scientiarum (Cornelius Agrippa), 26

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Democrito, 18 De occulta philosophia (Cornelius

Agrippa), 26 De Rola, Stanislaus Klossowski, 8 Dialogues with a Modern Mystic

(Harvey), 4 Dio, 27, 35 Donne alchimiste, 18 Dualismo, 5, 27, 112 Duff, Kat, 5, 116

Earth House, The (Heaney), 112 Ecologia, 118 Effetto placebo, 6 Egitto, 18 Ego, samsara tantrico, 182

vedi anche Vecchio Re Elementa chemiae (Booerhave), 37 Eliot, T.S., 147 Elisir, 133 Elisir, L' (Herbert), 36 Emozione

nella rubedo, 145 nella solutio, 79 trasformazione dell', nel

tantra, 182-183 Energia, 44

creativa, nella coagulatio, 96 Enigma bolognese, 136 Ermete Trismegisto, 10-12 Espansione, 7 Essere assoluto, 140 Evans, Roger, 86-87

Fabricius, Johannes, 72, 102 Fasi

bianco, 9 giallo, 9 nero, 9 porpora, 9

Fermentatio, 98, 100-102 Ficino, Marsilio, 26 Figlio del filosofo, 131 Figlio dell'Opera, 131 Filius macrocosmi, 128, 131 Filosofia ermetica, 33-36 Fixatio, 98, 104-105 Flamel, Nicholas, 24-25, 32, 66 Flamel, Perenelle, 24 Fludd, Robert, 34 48 Angelic Keys, The (Dee), 33 Fox, Matthew, 118 Franz, Marie-Louise von, 41, 72,

88, 111 Frater mysterium, 32 Fulcanelli, 44, 190 Fuoco

come elemento, 22 come primo agente, 49, 54-56 nella nigredo, 62 nella rubedo, 133 nella solutio, 84, 88 nella trinità ermetica, 35 segreto, 54-55, 186

Geber (Giabir-ibn-Hayyan), 21 Genere, 6 Gesù Cristo, 36, 82, 126, 145-146 Giovanni XII, papa, 21 Giove, 20, 80, 128 Gold of a Thousand Mornings

(Barbault), 40 Grande e divina arte di generare

l'oro e l'argento, La (Zosimo), 18-19

Grande Mistero, vedi Mysterium Magnum

Grande Opera, vedi Magnum O pus

Greene, Liz, 171

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Guarigione, 23 Gurdjieff, G.I., 41 Guru, 185

Harpur, Patrick, 4, 151 Harvey, Andrew, 4 Heaney, Seamus, 112 Herbert, George, 36 Hermes, vedi Mercurio Hillman, James, 41, 87 Holloweye (Gibbs), William, 30 Hughes, Ted, 154

Ignis innaturalis, 54 Illuminatio, 98, 102-103 Illusione, morte dell', 72 Imbianchimento, vedi Solutio Immaginazione come corpo

astrale, 39-40 Immagini alchemiche, 32, 42

di coagulatio, 98-99 di nigredo, 62 di rubedo, 128 di solutio, 80-81 di sublimatio, 107-108

Immagini, nel tantra, 181-182 Impegno, 53, 114 Incarnazione dello spirito,

vedi Opera maggiore India, 17 Individualità, 5, 43, 188 Inghilterra, alchimia in, 28-31 lngiallimento, vedi Coagulatio Intuizione, 119

Janitor Pansophus, 131 Jarman, Derek, 4, 10 Jonson, Ben, 24 Jung, C.G., 41-44, 70, 115, 150

Liberazione, 125 Libro della Santa Trinità, 137 Libro tibetano dei morti, 140, 185 Lidell, Lucy, 113 Little Gidding (Eliot), 147 Longevità, 17 Luce, nella trinità ermetica, 35 Lullo, Raimondo, 22-23 Luna, 20, 31, 80

nella coagulatio, 96, 99-100, 102, 103, 104, 105, 107

nella nigredo, 63-68 nella rubedo, 135-138 nella solutio, 83-84

Maestro, 30, 185 Magnum Opus, 8, 174-176 Maier, Michael, 34 Mappae Clavicula, 52 Maria di Amram (Maria

l'Ebrea), 18 Marks, Leo, 156 Marte, 20, 96, 98, 104, 107 Materia, 44

realtà e liberazione della, 185 Mathers, MacGregor, 41 Matrimonio

nella rubedo, 137-140, 145, 147 nel tantra, 185, 188

Matthews, Paul, 112 Mattino dei maghi, Il (Bergier), 44 Mayow, John, 37 Medioevo, 21-25 Meditazione, 55

per la consapevolezza della prima materia, 51

per la ricettività, 45 per l'esperienza del corpo

come vaso, 56

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sul fuoco segreto, 55 sulla cenere, 69 sulla coagulatio, 109-110 sulla coscienza e la sua

espansione, 140-141 sull'alchimia, 3 sulla nigredo, 69 sulla preghiera, 53 sulla solutio, 85-86 sull'impegno, 53 sul matrimonio interiore, 148 sul sole, 12 su Mercurio, 153

Meera, Madre, 153 Mente inconscia, 5, 43, 51, 62,

74, 151 Mercurio, 20, 22, 134

identità di, 150-153 nella coagulatio, 98, 104, 107 nella nigredo, 65-66, 68 nella solutio, 84

Mercurius (Harpur), 4, 6-7, 151 Metalli, associazioni con i

pianeti, 20 Moore, Bob, 172 Moore, Thomas, 114 Morte

nella nigredo, 61-62, 67 nel tantra, 185

Mortificatio, 61, 130-132 Multiplicatio, 98, 106, 132-134 Mutus liber, 146 Mysterium Magnum, 27, 35

Natura regale, 150 Nettuno, 21, 80 Newton, Isaac, 38 Nigredo, 8, 61-75, 174 Nigrum nigrius nigra, 61, 68

Norton, Thomas, 28-29 Nutrimentum, 98, 103-104, 113

Ombra, 23, 67, 141 Opera grezza, 64 Opera maggiore, 8, 93-157, 175 Opera minore, 8, 59-92, 174 .

Order of the Golden Dawn, 40 Ordinali of Alchimie (Norton),

28, 29 Orlando (Potter), 144

Palmeira, Rosemary, 154 Paracelso, 27-28, 33, 34 Pavone, coda di (cauda pavonis),

82 Pesci, 138 Peste a Roseland, LA (Jope), 75 Philosophia reformata, 134 Pietra

bianca, nella coagulatio, 100 bianca, nella solutio, 81-82,

89-90 come filius macrocosmi, 131 come prima materia, 50-51 come rappresentazione

dell'unità originaria, 182 come Sé superiore, 172 nascita della, nella rubedo, 131,

133-134, 143 nella coagulatio, 107 nella rubedo, 128, 143 visione ermetica della, 36

Pinter, Edward, 40 Piombo, 51, 61, 67, 72 Plutone, 21, 70-71 Polvere di stelle, il tutto come, 28 Porpora, rubedo come, 126 Potter, Sally, 144

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Preghiera, 52-53, 172 Preparazione, tempi per la, 49 Prima materia, 9, 22, 39

nella nigredo, 61 nella preparazione, 49-50

Prima sostanza, vedi Prima materia

Primo agente, 54 Processo di cristallizzazione, Il

(Redgrove), 121 Projectio, 134-135 Pseudoalchimisti, 24 Psicologia e alchimia (Jung), 42 Punctum solis, 127, 152 Purificazione

del soggetto, 51-54 nella rubedo, 145 nella solutio, 81-83, 88, 89, 90

Quintessenza, 22, 27-28, 144

Radicamento, nella coagulatio, 98, 111

Radix ipsius, 50 Raffigurazioni, vedi Immagini

alchemiche Rajneesh, Bhagwan Shree,

186-187 Rawson, Philip, 181 Redgrove, Peter, 121 Regina Bianca, 66, 89, 108, 136 Re Oro, 61-62 Re Rosso, 66, 83, 89, 91, 108,

136, 137, 145 Respiro, 35 Resurrezione, 9, 131-132 Revificatio, 98, 106-107 Ricettività, 45, 50, 53, 188 Riconoscimento e totalità, 7

Ricordi, sogni, riflessioni (autobiografia di Jung), 42

Rimedi fitoterapici, 23 Rimedi medicinali, 23, 27-28 Rinascimento, 26-28 Ripley, George, 29, 30 Rivestiinento, 112 Roberto di Chester, 21 Rosa Alba (Rosa Bianca), 81, 82 Rosa Mundi, 161-167 Rosacroce, 34 Rosarium Philosophorum, 64, 71,

82, 84, 99-100, 142 Roseto, 129, 133, 161 Rubedo, 18, 98, 125-128, 175

Saggezza, 7 Sabarno, 20-21, 133, 152

nella nigredo, 61, 68, 70 Scelte, 53, 114 Sceptical Chymist, The (Boyle), 37 Scienza dell' autoconoscenza, 34 Scienza sperimentale, 19, 29-30 Segretezza, 22, 28, 32, 182 Sendivogius, Michael, 95 Sentimento

nella coagulatio, 119 nella solutio, 79-80, 84, 85-86,

87, 90-91 Separatio, 98, 100 Serpente, simbolo del, 25, 98,

100, 182 vedi anche Uroboros

Sessualità, 6, 181 nel tantra, 186-187 trasformazione della, 155

Sethon, Alexander, 95 Sherwood-Taylor, F., 31, 43 Sigillo di Salomone, 7-8, 107

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Signora Alchimia (Anima Mercuriz), 32, 66, 83

Silenzio, 3, 144-145, 173 Singer, June, 155 Sintesi, 125 Snell, Lionel, 115 Sogni, 72, 88, 113 Sol, 31

nella coagulatio, 96-98, 100, 102-105, 107, 112, 114, 117

nella nigredo, 63-64 nella rubedo, 135-138 nella solutio, 83-84

Sole, 20-21 nella rubedo, 127 nella trinità ermetica, 35

Sol niger, 62 Solutio, 8, 79-92, 174 Salve et coagula, 80, 95, 100 Somerville, Jimmy, 144 Soror mystica, 25, 32, 63-64, 146

come tanbica, 186 South, Thomas, 39 Spirito

e rubepo, 125-127, 131, 153 incarnazione dello, vedi Opera

maggiore Spiritualità incarnata, 182 Spiritualizzazione del corpo,

vedi Opera minore Splendor solis, 32 Stato del Sé, 10, 119, 154, 172 Storhaug, Glenn, 92 Storia del microcosmo e del

macrocosmo (Fludd), 34 Sublimatio, 98, 107-108 Suggestive Enquiry into the

Hermetic Mystery, A (Atwood e South), 39

T an tra, confronto con l'alchimia, 181-188

Tausend, Franz, 40 Tavola smeraldina, !Jl, 11-13, 21 Teogamia, 137 Teosebeia, 18 Terra

come elemento, 22, 35 come entità magica e vivente,

17-18 nella preparazione, 49

Testamento di Lullo, 22 Totalità, 7, 44, 144

cerchi della, 140, 141-149 espansione e, 7

Trasmutazione, 4, 19, 25, 29, 37 132 differenza rispetto a

trasformazione, 96 Tritemio, abate, 27 Turba Philosophorum, 96, 133

Umbra solis, 141 Umiltà, 118 Unità, 125, 127, 147 Uno si avvicina, L' (Bly), 157 Uomo della rosa, 145 Uovo filosofico, 63, 66 Urano, 21, 128 Uroboros (serpente), 128, 140, 147

Vacillation (Yeats), 125-126 Valentinus, 17-18 Valori, 115 Vaso (atanor), 33

corpo come, 39, 49, 54, 56 nella coagulatio, 98, 100,

104-105, 106 nella nigredo, 63, 66-68, 72

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nella rubedo, 129, 131, 132, 136, 154

nella solutio, 82 nel tantra, 182

Vauhan, Thomas, 34 Vecchio Re, 31, 61-62, 71 Venere, 20, 96-97, 102, 104, 113 Verde, come coagulatio, 118 Verità, 12 Viaggio verso la miniera, 50-51 Vìncelli, don Bernardo, 23

Voto del Bodhisattva (buddhismo), 156

White, Ruth, 72 Wilde, Oscar, 173 Wolf, Toni, 43

Yeats, W.B., 40, 125-126 Yeshe, Lama, 183, 185

ZoUo, 96, 100, 106, 117 Zosimo, 18

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FONTI DELLE ILLUSTRAZIONI

Le illustrazioni realizzate da Helen Elwes sono tratte da incisioni origi­nali su legno del XVI e XVII secolo riprodotte nelle opere qui elencate.

Fabricius, Johannes, Alchemy: The Mediaeval Alchemists and Their Royal Art, The Aquarian Press, 1989.

Franz, Marie-Louise von, An Introductiou to the Symbolism and Psychology, lnner City Books, 1980.

Jung, C.G., Psychology and Alchemy, Routledge, 1993. Klossowsk.i de Rola, Stanislaus, Alchemy: Tlze Secret Art, Thames & Hud­

son, 1973. Rawson, Philip, Tantra, the Indian Cult of Ecstacy, Thames & Hudson, 1973.