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RELAZIONE DI CONSULENZA TECNICA Premessa Ricevuto l'incarico l'11 febbraio 2000, questo consulente tecnico iniziava gli accertamenti presso già nella settimana successiva. Il quesito si incentra su una serie di esponenti di ricerca connessi, in vario modo, al "Noto Servizio (o perchè indicati come appartenenti ad esso dai documenti, o da alcuni testi, o perchè indirettamente collegati alla vicenda, in quanto persone in contatto con singoli esponenti del Ns, o in forme ancora più mediate). La ricerca ha dato risultati alterni, per cui su alcuni soggetti è stata reperita ampia documentazione, mentre su altri ci si è dovuti accontentare di rari frammenti e su altri ancora non è emerso alcunchè: ma questo è quanto normalmente accade in qualsiasi ricerca di questo tipo, così come sempre si presenta il consueto problema di vagliare l'attendibilità delle informazioni contenute nei documenti. La difficoltà specifica presentata dal presente quesito è stata, piuttosto, un'altra: capire quali azioni siano riferibili al "Noto Servizio" e quali, invece, siano state il frutto di iniziativa personale del soggetto di cui il documento parla o di altre organizzazioni cui, pure, lo stesso soggetto può essere appartenuto.

Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

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Ricevuto l'incarico l'11 febbraio 2000, questo consulente tecnico iniziavagli accertamenti presso già nella settimana successiva.Il quesito si incentra su una serie di esponenti di ricerca connessi, invario modo, al "Noto Servizio (o perchè indicati come appartenenti adesso dai documenti, o da alcuni testi, o perchè indirettamente collegatialla vicenda, in quanto persone in contatto con singoli esponenti del Ns,o in forme ancora più mediate).

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RELAZIONE DI CONSULENZA TECNICA

Premessa

Ricevuto l'incarico l'11 febbraio 2000, questo consulente tecnico iniziava

gli accertamenti presso già nella settimana successiva.

Il quesito si incentra su una serie di esponenti di ricerca connessi, in

vario modo, al "Noto Servizio (o perchè indicati come appartenenti ad

esso dai documenti, o da alcuni testi, o perchè indirettamente collegati

alla vicenda, in quanto persone in contatto con singoli esponenti del Ns,

o in forme ancora più mediate).

La ricerca ha dato risultati alterni, per cui su alcuni soggetti è stata

reperita ampia documentazione, mentre su altri ci si è dovuti

accontentare di rari frammenti e su altri ancora non è emerso alcunchè:

ma questo è quanto normalmente accade in qualsiasi ricerca di questo

tipo, così come sempre si presenta il consueto problema di vagliare

l'attendibilità delle informazioni contenute nei documenti.

La difficoltà specifica presentata dal presente quesito è stata, piuttosto,

un'altra: capire quali azioni siano riferibili al "Noto Servizio" e quali,

invece, siano state il frutto di iniziativa personale del soggetto di cui il

documento parla o di altre organizzazioni cui, pure, lo stesso soggetto

può essere appartenuto.

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Infatti, solo una piccola parte dei documenti reperiti e qui commentati,

fanno esplicito riferimento al "Noto Servizio"; nella maggior parte dei

casi non è contenuto alcun cenno ad esso -neppure indiretto- e possiamo

solo presupporre che l'azione di cui si narra sia riferibile al servizio

parallelo, solo sulla base dell'appartenenza ad esso dell'attore in

questione. E, talvolta, la stessa appartenenza dell'attore al "servizio" non

è neppure del tutto certa, quantomeno all'epoca del fatto in esame.

Ovviamente, una parte dei dubbi possono trovare uno scioglimento

solo grazie a successive attività di riscontro compiute dalla Pg, in altri

casi un contributo potrà venire da ulteriori approfondimenti archivistici,

in altri, ancora, dal confronto con altra documentazione già nota e dalla

connessione logica degli elementi man mano appurati. Tuttavia il

contributo di maggior rilievo che questo ctu può cercare di fornire alle

indagini è la ricostruzione del contesto storico generale nel quale si

svolse l'azione del "Noto Servizio". Questo consente, da un lato di

orientare meglio la ricerca dei riscontri, dall'altro di comprendere le

motivazioni dei singoli attori -compreso lo stesso Ns- fornendo un

quadro di riferimento che permetta di verificare la logicità delle ipotesi

investigative man mano emergenti.

La seguente relazione si basa, pertanto sul confronto dei documenti

rinvenuti presso l'archivio della Dcpp in questa occasione con:

a) i documenti precedentemente acquisiti sia presso l'archivio della

Dcpp che presso quelli del Sismi, della GdF, dell'Isrmo, delle Questure di

Milano e Roma ecc.

b) l'agenda di Adalberto Titta

c) le risultanze delle indagini di Pg contenute nel rapporto del Ros dei

Cc del 10 settembre 2002, da cui traiamo la citazione dei verbali.

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Una precisazione: dai verbali delle dichiarazioni di alcuni testi

(Ristuccia verbale s.i. 8 ottobre 1998; Pedroni verbale s.i. 31 maggio 2000;

Mannucci Benincasa verbale s.i. 20 aprile 2001) emerge che il nome della

struttura in questione sarebbe stato "Anello" (o, per lo meno, così l'

avrebbe indicata Titta); sembra che tale denominazione indicasse il ruolo

di cerniera fra gerarchie politiche civili e gerarchie militari nella lotta al

Comunismo o forse l'elemento di congiunzione fra i servizi segreti

postbellici e quelli riformati.

Tutto questo corrisponde molto bene sia alle teorie sulla guerra

rivoluzionaria e sulla controinsorgenza che, fra gli anni cinquanta e la

metà dei settanta, erano dottrina ufficiale della Nato (sul punto rinviamo

ai primi due capitoli della prima relazione di questo ctu all'Ag

milanese), sia a quanto sappiamo circa la composizione sociale e la

funzione del Noto Servizio e, dunque, è del tutto plausibile che tale fosse

la denominazione dell'organismo, o, quantomeno, che con tale nome

essa fosse conosciuta dai suoi componenti.

Non è, però, detto che tale denominazione fosse conosciuta da altri

apparati di sicurezza come lo Uaarr, nei cui documenti non compare mai

la dizione "Anello" ma quella di "Noto Servizio".

E neppure presso altri archivi (da quello della Guardia di Finanza a

quello del Pci, da quelli dei Sios d'arma a quello del Sismi) questo ctu ha

mai reperito alcun documento in cui comparisse l'espressione "Anello".

La cosa è perfettamente spiegabile: l'uso della parola "Noto" nel

linguaggio di polizia è generica e sta ad indicare qualcosa (o qualcuno)

che sia stato oggetto di precedente corrispondenza. Inoltre, tale

abitudine, offre l'opportunità di non usare un nome proprio che -per una

ragione o per l'altra- si preferisce lasciare sottinteso fra chi scrive e chi

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legge. E possiamo ben immaginare le molte ragioni per cui si preferisse

sottacere un nome come quello di "Anello". Dunque, "Noto Servizio"

come nome generico di oggetto di corrispondenza nel linguaggio

burocratico-formale, ma anche come soprannome nell'argot poliziesco di

quegli anni. Ed in questa seconda versione -come vedremo- esso trapelò

anche fuori dalle stanze del Viminale, diventando argomento di allusive

comunicazioni in alcuni ambienti del sistema politico. Anche per questo

motivo preferiamo continuare ad usare prevalentemente l'espressione

"Noto Servizio" in luogo di "Anello".

C'è poi una seconda ragione che ci induce a tale preferenza: stando alle

stesse indicazioni fornite da qualche teste (Pedroni verbale s. i. 21

gennaio 2000), la denominazione di Anello sarebbe stata assunta a

seguito di una ristrutturazione, a quanto pare, avvenuta fra metà anni

sessanta e primissimi anni settanta; per il periodo precedente non

sappiamo quale fosse il nome e nemmeno se tale nome proprio esistesse.

Al contrario, il nome "Noto Servizio" si presta bene ad indicare sia il

periodo precedente che quello successivo.

Infine, l'espressione "Noto Servizio" richiama alla nostra memoria sia il

"Noto Piano paramilitare" del "gruppo di Torino" -che in qualche modo

si connetteva alle attività "coperte" di Ordine Nuovo"-, sia il coevo

"Piano Noto" varato dalla Confindustria, in funzione anti-centrosinistra,

nel 1964 (su entrambi i punti si veda p. 17 della 5° relazione di questo

Ctu a codesta Ag): con ogni probabilità si tratta solo di coincidenze prive

di interesse dovute, appunto, all'uso burocratico dell'aggettivo "Noto", e

non varrebbe la pena di farci alcuna particolare considerazione se

entrambi i "noti piani" non avessero luogo nello stesso periodo compreso

fra la seconda metà del 1963 e la prima del 1964, epoca nella quale

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avrebbe avuto inizio anche la ristrutturazione del servizio parallelo.

Resta l'elevata probabilità di coincidenze casuali, ma non appare

eccessivo qualche approfondimento in merito.

Allo scopo di rendere più "leggibile" i testi relativi alle lotte interne alla

Dc milanese -che costituiscono una parte rilevante della massa

documentaria qui analizzata- ci è parso opportuno completare la

presente relazione con una appendice riguardante la genesi e le

caratteristiche delle diverse correnti democristiane a livello nazionale.

1) Qualche considerazione preliminare sulla natura e le funzioni del "Noto Servizio".

Dall'inizio della ricerca sul Noto Servizio -risalente al rinvenimento

della nota del 4 aprile 1972- questo ctu si è posto costantemente una

domanda: a quale esigenza rispondeva un ulteriore servizio segreto, per

di più clandestino, in un paese che non ha mai difettato di apparati di

informazione e sicurezza? In Italia, sin dai primi anni cinquanta, opera

una mezza dozzina di servizi di informazione e sicurezza o strutture

assimilabili ad essi (Sifar-Sid, Uvs-Uaarr, Sios esercito, Sios marina, Sios

Areonautica, Ufficio I della GdF, Uspa-Ucsi) e tutti in gara fra loro nella

lotta anticomunista, per cui non si comprende quale esigenza ci fosse di

crearne un ennesimo.

Una prima ipotesi spingeva ad identificare tale struttura con la rete

americana in Italia -dunque, il Noto Servizio come articolazione di

controllo degli americani sul nostro paese e sui suoi stessi apparati

informativi-. Ma tale supposizione crollava alla prima verifica logica: la

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nota del 4 aprile 1972 parla di un organismo finanziato dal ministero

della Difesa italiano e questo esclude in radice l'ipotesi che si trattasse

della rete Cia in Italia (per quanto si possa immaginare che i nostri

apparati potessero essere subalterni a quelli americani -e spesso tale

subordinazione è stata troppo enfatizzata- non è pensabile che

giungessero a pagare la rete di controllo degli americani). Inoltre, troppi

elementi, come la presenza di un personaggio come Otimski, il possesso

da parte degli aderenti al servizio di un tesserino della Presidenza del

Consiglio o del servizio militare, mal si conciliavano con questa idea;

infine, i nomi dei collaboratori della Cia, del Cic e degli altri organismi

americani, in Italia, emersi nelle inchieste di questi anni (da Carlo Di

Gilio a Giovanni Bandoli, da Carlo Rocchi a Sergio Minetto ecc.) non

coincidono con i nomi conosciuti del Noto Servizio, anche se uno di essi -

Carlo Rocchi- non appare molto distante da esso.

Una seconda congettura era la seguente: considerata la presenza di

numerosi ex appartenenti ai servizi segreti della Rsi, il Noto Servizio era

stato costituito per poter accogliere questi imbarazzanti collaboratori

senza doverli immettere nelle strutture ufficiali. Ma tale ipotesi durava

ancor meno della precedente: i quadri della polizia politica erano

pressochè identici a quelli dell'Ovra e, già dai primissimi anni, l'Esercito

riassorbì in massa quanti avevano servito la Rsi, riconoscendo anzianità

e progressione di carriera (salvo una modesta degradazione) e questo in

tutti i suoi settori, servizio informativo incluso. E, dunque, l' esigenza di

tenere appartati gli uomini del servizio della Rsi semplicemente non

passò per la testa a nessuno.

Ugualmente debole appariva una terza congettura: che il Noto servizio

altro non fosse che l' agenzia per i "dirty job ", messa su per non far

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sporcare i servizi ufficiali: considerata la storia dei nostri servizi segreti

non sembra che tale motivazione possa essere ritenuta attendibile.

E, dunque, la domanda restava senza risposta. Ma una riflessione

durata quasi quattro anni ha gradualmente condotto questo ctu a

maturare una ipotesi diversa e più articolata, che si cercherà di

descrivere succintamente in queste considerazioni preliminari.

Il punto di partenza è stata l'idea che la costituzione di questo ulteriore

organismo rispondesse ad esigenze particolari che non trovavano

risposta adeguata negli apparati esistenti. Tale domanda inevasa

selezionava una specifica funzione che, a sua volta, induceva a creare

l'organo che la assicurasse.

Allo scopo di comprendere la particolarità della natura e dei compiti

del Noto Servizio, risultava particolarmente utile la riflessione sulla

formazione degli apparati di intelligence e sulla loro tipologia.

Storicamente, i servizi di informazione e sicurezza sorgono come

evoluzione di tre attività di raccolta di notizie:

1) lo spionaggio militare (ovviamente svolto da apparati composti e

diretti da militari)

2) la polizia politica (effettuata da organismi composti e diretti da

funzionari e agenti di polizia)

3) la raccolta di informazioni di interesse economico (svolta sia da

organizzazioni di tipo statale, che da agenzie private composte e dirette

da civili)

Lo spionaggio militare ha sempre avuto una connaturata proiezione

verso l'estero, a tutela della sicurezza dei confini nazionali, anche se,

ovviamente, ha ben presto sviluppato una sua dimensione interna, man

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mano che emergeva la necessità di contrastare analoghe attività

avversarie.

Di qui il confine non sempre certo -ed i conseguenti inevitabili attriti-

fra controspionaggio militare ed attività di polizia politica che, per parte

sua, ha una evidente vocazione interna, ma, ovviamente, non può

trascurare del tutto l'estero, dove possono trovare rifugio ricercati o

possono aver sede sostenitori dell'eversione interna.

Meno frequente è il terzo tipo di raccolta informativa, quella di

interesse economico. Solitamente questo tipo di attività determina la

nascita di apparati autonomi da quelli statali in ambienti di mare con

forti attività commerciali ed assicurative. Infatti, esempi di questo genere

li troviamo, sin dal XV secolo, presso le repubbliche marinare di Venezia

o Genova e l'Inghilterra, dove i lloyd, assicurando i carichi marittimi,

avevano bisogno vitale di sapere se una rotta era sicura o infestata di

pirati, se il tale porto fosse utilizzabile o in quarantena per una

epidemia, o se quell'altro porto fosse caduto in mani nemiche, se fosse

possibile rifornirsi in quel paese o vi fosse in corso una carestia ecc. Tutto

questo induceva ad una raccolta informativa di ampio spettro,

particolarmente ricca e differenziata: i dati di interesse sociale,

economico o sanitario non risultavano meno interessanti di quelli

strettamente militari o politici.

L'intelligence inglese è l'erede più diretta di questa tradizione che si

contraddistingue sia per la grande varietà del materiale informativo

trattato, sia per l'utilizzazione costante ed organica di commercianti ed

imprenditori; si badi: non agenti del servizio coperti da una qualche

fittizia attività commerciale, ma veri operatori economici interessati a

collaborare con il servizio informativo, proprio in ragione dello sviluppo

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dei propri affari, così come è logico in una attività informativa

fortemente connotata in senso economico.

Per il tramite degli inglesi, questa trazione è giunta all' intelligence

degli Stati Uniti, e più tardi, di Israele.

I paesi dell'Europa continentale (e in primo luogo Francia e Germania)

hanno invece sviluppato maggiormente le altre due tradizioni

informative: quella militare e quella di polizia.

Ovviamente, mentre il primo tipo di attività privilegia i dati di interesse

militare e la terza quelli di rilevanza economica, la dimensione più

propriamente politica è tradizionalmente più osservata dai servizi del

secondo tipo, quelli di polizia. Ma, ovviamente, la polizia politica ha un

suo modo di porsi il problema: innanzitutto essa è scarsamente adatta ad

operare su scenari esteri, per i quali, come abbiamo detto, essa ha solo un

interesse marginale e residuale; in secondo luogo, la polizia -al pari

dell'esercito- è un apparato statale, come tale nettamente separato dalla

società civile: per quanto un funzionario di polizia possa avere una sua

personale sensibilità politica, resta comunque condizionato dalla

formazione ricevuta, dai meccanismi attraverso cui è stato selezionato e,

soprattutto, dal funzionamento complessivo di una organizzazione il cui

principale compito di istituto resta il controllo sociale. Un organismo del

genere, ovviamente, non è il più adatto nel caso in cui si cerchi di

mobilitare, a fianco delle attività di intelligence , rilevanti settori di società

civile. Ciò è possibile, e comunque con sforzi notevoli, in contesti di

guerra, quando l'intera società è mobilitata contro un nemico comune (si

pensi al caso di Israele o all'Inghilterra durante la II guerra mondiale),

ma è assai più arduo in tempi di pace. In ogni caso, non è la polizia

l'organismo con maggiori probabilità di successo in questo senso. Nelle

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società di tipo totalitario -come l'Italia fascista, la Germania nazista o la

Russia staliniana- questo compito venne affidato al partito unico ed alle

sue milizie fiancheggiatrici.

Il problema si pose in modo particolarmente ostico al governo degli

Usa, nel 1942, quando, alla guerra in atto con i giapponesi, si aggiunsero

le attività di sabotaggio degli agenti tedeschi nel porto di New York.

Sino a quel momento, gli Usa non avevano avuto un vero e proprio

servizio segreto, salvo apparati informativi assai sommari delle tre armi

(comunque assorbiti dallo scontro con i giapponesi), nè avevano avuto

una vera e propria polizia politica. Da qualche tempo, è vero, era stata

costituita l'Fbi, ma essa, sino a quel punto, si era applicata

essenzialmente nella lotta al gangsterismo e non aveva ancora

sviluppato l'intervento poilitico che, invece, la caratterizzerà a partire

dagli anni cinquanta, durante il maccartismo. In ogni caso, nel 1942 l'Fbi

risultava poco idonea ai compiti che si prospettavano. Ad esempio, se la

ristretta comunità giapponese residente sulla costa occidentale non

rappresentava un grosso problema, perchè rapidamente rinchiusa nei

campi di raccolta, questa soluzione non si presentava agevole nei

confronti della vasta comunità italo-americana che, pur essendo in larga

parte leale nei confronti del paese di residenza, avrebbe potuto ospitare

diversi elementi sensibili al richiamo della madre patria; considerazioni

analoghe -pur se in modo più modesto- potevano esser fatte per la

comunità irlandese nella quale scarseggiavano le simpatie per

l'Inghilterra. La società americana, da sempre particolarmente aperta,

non ha mai conosciuto un controllo di polizia capillare e diffuso come

quello che sarebbe stato necessario a fronteggiare una situazione del

genere. Di qui la scelta di cercare alleati all'interno della società civile,

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senza andare troppo per il sottile e badando più a quel che avrebbero

potuto offrire che alla fedina penale. Ma, se si aspira alla collaborazione

dei capi della malavita organizzata, non è opportuno inviare a trattare

con loro i funzionari dello stesso corpo di polizia che li ha arrestati. Un

canale del genere può andar bene per la raccolta di confidenti, ma è del

tutto inadatto se si vuole ottenere la partecipazione attiva di intere

organizzaizoni criminali: nessun capo gangsters accetterebbe di

intavolare una trattativa di questo tipo con un organismo di polizia, non

foss'altro che per evitare pericolosi equivoci con i propri colleghi. E,

invece, occorreva trovare qualcuno che si incaricasse di mettere in

condizioni di non nuocere i sabotatori tedeschi a New York, altri che si

occupassero di fornire un adeguato supporto propagandistico, altri

ancora che effettuassero l' analisi dei dati più diversi, economici, sociali,

culturali e, a questo fine occorreva attingere dalla società civile tutte le

competenze e le abilità che essa poteva offrire: dal malavitoso del porto

di New York all'uomo d'affari di Los Angeles, dall'intellettuale di Boston

al maestro venerabile della loggia di Baltimora.

Inoltre, già nel 1942, iniziava a prospettarsi l'intervento americano nella

guerra in corso in Europa dove le caratteristiche del conflitto esigevano

forme innovative di organizzazione militare, in particolare nel settore

informativo. Ad esempio, per suscitare, sostenere e organizzare un

movimento di resistenza in un paese occupato dai nemici, non basta

rifornirlo di armi e denaro: si tratta di un compito nel quale la

dimensione politica ha una importanza pari -se non superiore- a quella

militare, per cui occorre avere quadri addestrati non solo ad effettuare

aviolanci o un efficiente servizio di radiotrasmissioni, ma anche a sapersi

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muovere fra le diverse componenti politiche della resistenza, a saper

mediare fra esse, trovare nuovi alleati, magari sin nelle fila avversarie.

Da questo insieme di problemi sorse l'esigenza di un organismo di

intelligence che lavorasse all'estero come all'interno, avesse una spiccata

caratterizzazione politica, fosse capace di utilizzare al massimo le risorse

della società civile e di trattare i materiali informativi più diversi.

La soluzione venne trovata nella costituzione dell'Oss (Office of Strategic

Service ) che fondeva alcuni elementi della tradizione inglese

dell'intelligence (come la raccolta informativa di ampio spettro e

l'utilizzo di personale civile anche in posizione dirigente) con alcune

innovazioni (come la prevalente impostazione politica e una accentuata

duttilità che consentiva di usare il servizio tanto all'estero che

all'interno): significativamente, il servizio ebbe come suo capo un civile

come l'avvocato William Donovan attorniato da un gruppo dirigente di

civili (avvocati, docenti universitari, intellettuali della Ivy League,

imprenditori, diversi esponenti della potente Massoneria americana).

La spinta ideologica della "guerra antinazista" favorì il successo dell'Oss

che potette giovarsi della collaborazione anche di intellettuali di sinistra

come Herbert Marcuse o Paul Sweezy.

La formula ebbe successo e l'Oss svolse egregiamente il suo compito

sullo scenario europeo, diventando, in patria, un organismo efficiente ed

abbastanza potente: quel che indusse il presiente Truman -anche su

istigazione dell'Fbi che non gradiva assolutamente l'idea di avere un

simile concorrente anche in tempo di pace- a sciogliere l'Oss

all'indomani della guerra, sostituendolo con un organismo assai più

gracile, il Cig. Ma il sopraggiungere della guerra fredda fornì al capo del

Cig un ottimo argomento per riproporre la questione e, nella primavera

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del 1947, venne istituita la Central Intelligence Agency, che diveniva

operativa il 26 luglio successivo.

La Cia riprense e perfezionò la formula su cui era basata l'Oss: infatti, se

l'Oss, per intuibili ragioni connesse alla contingenza di guerra, era

strettamente collegata ai comandi militari, la Cia venne sganciata del

tutto dai militari e posta direttamente alle dipendenze del Presidente -a

sottolineare la sua vocazione eminentemente politica. Inoltre, se l'Oss era

un gruppo a carattere sperimentale, la Cia si mosse immediatamente

come una organizzazione vasta, dotata di personale a buon livello di

professionalità (veterani dell'Oss, ma anche operatori prelevati dai

preesistenti organismi di intelligence) e largamente dotata di mezzi.

Tutto questo, però non significò l'abbandono del modello basato sulla

raccolta informativa di ampio spettro e sulla caratterizzazione civile del

servizio e del suo gruppo dirigente, anzi entrambe le caratteristiche

vennero accentuate ed, in particolare il ruolo dei civili venne

definitivamente istituzionalizzato, in particolare sviluppando una rete di

organiche relazioni con le grandi corporations chiamate a collaborare

direttamente con l'agenzia. Nasceva, in questo modo, il prototipo

dell'uomo d'affari americano all'estero dietro cui si nascondeva il locale

capostazione della Cia: l' "Amerikano" del noto film di Costa Gavras.

Cogliamo l'occasione per una precisazione: in Italia distinguiamo fra un

servizio militare (il Sismi) ed uno cd civile (il Sisde) che, peraltro, è

composto da appartenenti ai vari corpi di polizia, per cui "civile" sta per

"non militare", invece, nel caso del "modello Cia" per "civili" occorre

intendere persone non appartenenti tanto all'esercito quanto alla polizia.

Alla nascita della Cia -come qualche anno addietro per quella dell'Oss,

dettero un notevole contributo gli inglesi, ma in brevissimo tempo il

Page 14: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

nuovo organismo si affrancò anche da quel padrinato, affermandosi a

livello internazionale come un modello integralmente nuovo di servizio

di informazione e sicurezza.

La novità del "modello Cia" era in funzione delle particolarità del

nuovo conflitto che proponeva un avversario ideologico che vestiva i

panni di una agguerrita potenza politico-militare, ma anche di un

movimento politico ideologico molto più diffuso e massiccio di quanto

non fosse mai stato quello nazista e fascista. D'altra parte, l'impossibilità

di sfociare in un tradizionale conflitto aperto, a dominante militare,

indirizzava le tensioni verso forme coperte di conflitto che, ovviamente,

esaltavano al massimo il ruolo dei servizi di informazione e sicurezza.

E così, l 'Oss, prima, e la Cia, dopo, operarono sia per costruire una

propria rete permanente in Europa (ovviamente nei paesi vinti ciò

risultava più semplice ) sia per consolidare i rapporti con gli organismi

di intelligence dei paesi che, si immaginava, sarebbero stati alleati (e che,

in effetti, confluirono pochi anni dopo nella Nato). In questo quadro, la

Cia cercò di esportare, dove possibile, il proprio modello: un servizio

prevalentemente civile, a forte vocazione politica, messo direttamente

alle dipendenze del capo del governo e legato preferenzialmente al

mondo imprenditoriale.

In questo tentativo c'era -con ogni probabilità- anche il retropensiero di

dar vita a servizi alleati più penetrabili da parte della stessa Cia, ma

questo è l'aspetto secondario del fenomeno e cogliere soltanto esso

sarebbe riduttivo e fuorviante. La Cia cercava, innanzitutto, di creare

una serie di interlocutori omogenei a sè stessa, in grado di effettuare

quelle operazioni politiche che si ritenevano necessarie e che gli altri tipi

di organismi di intelligence apparivano meno in grado di assicurare.

Page 15: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Operazioni del genere vennero effettuate con successo in diversi paesi,

alcuni dei quali giunsero ad adottare persino il nome, ma il caso più

riuscito fu sicuramente quello della Organizzazione Gehlen,

successivamente diventata uno dei tre servizi della Repubblica Federale

Tedesca, il Bnd. Anche in Germania esistevano ottime tradizioni di

servizi di informazione tanto nell'esercito quanto nella polizia, sul cui

orientamento anticomunista non è lecito nutrire alcun dubbio, e,

dunque, si sarebbe potuto benissimo pensare di riversare

l'Organizzazione Gehlen in uno dei due (più sensatamente in quello

militare). Invece, la Cia esercitò le pressioni più insistenti sul governo

tedesco, perchè l'organizzazione venisse accolta in quanto tale,

diventando il terzo servizio informativo tedesco, cosa che, in effetti,

accadde nel 1956.

Va detto che l'originario gruppo dell'Organizzazione era composto da

militari, a cominciare dallo stesso Gehlen, il che costituisce una relativa

eccezione al modello Cia, ma questa eccezione (peraltro parziale, dato

che, dal 1945 in poi, si trattò di ex militari, totalmente sganciati

dall'amministrazione dell'esercito) si spiega con la particolarissima

situazione, nella quale l'ex generale nazista offriva un servizio

informativo già pronto, con una rete immediatamente attivabile oltre

cortina, per cui risultava più conveniente adattare il modello originario a

quella offerta di partenza. Peraltro, l'Organizzazione Gehlen, nonostante

fosse composta da ex militari, si adeguò perfettamente al nuovo

modello di servizio informativo a prevalente vocazione politica: vennero

stabiliti rapporti privilegiati con l'organizzazione degli imprenditori

tedeschi e con le maggiori imprese del paese e tanto la raccolta

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informativa che le operazioni di tipo politico prevalsero nettamente su

quelle di tipo militare.

Il Bnd, in questo senso, rappresentò il fiore all'occhiello della Cia di cui,

in qualche misura, svolse una sorta di funzione vicaria in Europa (come

ricordò Moro nel suo memoriale).

La nascita del Noto Servizio (o comunque si chiamasse al suo sorgere)

trova spiegazione in questo contesto. Testi e documenti si descrivono

abbastanza concordemente un servizio che avrebbe avuto queste

caratteristiche:

- composizione prevalentemente civile con frequente presenza di

impenditori (Battaini, Lorisi, Boate, Fulchignoni, Titta, Pavia)

- vocazione eminentemente politica confermata da azioni a carattere

squisitamente politico (penetrazione del Psi, interventi in casi quali

Kappler, Moro, Cirillo, progetti di rapimenti di esponenti politici )

- dipendenza diretta dalla Presidenza del Consiglio (anche se con aspetti

controversi, come il finanziamento proveninente dal Ministero della

Difesa, forse per il tramite del servizio militare).

Come si vede, caratteri largamente analoghi a quelli del modello cui

abbiamo fatto riferimento. Anche nel caso italiano, all'origine ci sarebbe

stato un primo embrione militare -il gruppo degli ex Sim legati a Roatta-

ma, abbiamo visto che questo dato non è di per sè una eccezione tale da

intaccare il modello, si direbbe, anzi, una ripetizione del modello nella

sua variante tedesca.

La vera differenza fra il caso italiano e quello tedesco, sta invece

nell'esito: in Italia, il Noto Servizio non diventò mai il "terzo" servizio

ufficiale dello Stato, anzi, in questo senso, si trattò di un tentativo

abortito.

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I dati del problema -correttamente impostato- si riassumono in questi

termini: si tentò di dar vita al "terzo servizio" statale, a composizione

civile e carattere politico, ma l'operazione non è riuscì e, forse, produsse

un homunculus sfuggito di mano agli incauti dottor Faustus che avevano

cercato di dargli vita.

La documentazione disponibile, come già detto e come ripeteremo

ancora, è assai frammentaria e non permette se non una ricostruzione

assai lacunosa della storia del servizio, ma alcuni elementi sono talmente

ricorrenti da poter consentire la formazione di un giudizio parziale.

Innanzitutto la questione del numero:

- la nota del 4 aprile 1972 parla di "164 elementi di cui una cinquantina

abitano in Alta Italia"

- il teste Michele Ristuccia, nelle intercettazioni, parla prima di cinquanta

membri (conversazione n° 960) poi di novanta (conversazione n° 963)

Come si vede, ci sono consistenti oscillazioni, forse determinate da

ricordi errati o forse da riferimenti ad epoche diverse, ma l'impressione è

che esse possano dipendere anche da un basso tasso di formalizzazione,

per cui l'appartenenza al servizio era stabilita essenzialmente da quello

che decidevano, sul momento, i suoi dirigenti (Titta e Battaini ).

L'impressione di questa scarsa formalizzazione è data anche da altri

elementi. Lo stesso Titta avrebbe definito il suo servizio come "nè carne

nè pesce " "operativo ma non riconosciuto " (Ristuccia, verbale s. i. 8 ottobre

1998). Anche il teste Giovanni Pedroni (verbale s. i. del 31 maggio 2000)

descrive il servizio come sicuramente conosciuto da un ambito

istituzionale abbastanza vasto, tacitamente approvato, ma non

riconosciuto formalmente.

Page 18: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

In effetti, non esiste alcun atto -per quanto a conoscenza di questo ctu-

nè di tipo legislativo nè di tipo amministrativo che possa essere indicato,

per quanto indirettamente, come fonte di una qualche legittimazione.

La stessa storia del servizio segnala frequentisssime discontinuità e

rotture:

-la nota del 4 aprile 1972 fa risalire la nascita al 1944 ad opera di Roatta,

ma accenna a trasformazioni nel tempo, per cui si comprende che, nel

1972, non vi era quasi più traccia del gruppo fondatore, mentre nel

servizio sarebbe entrata una robusta quota di ex Rsi

- Ristuccia (verbale 2 febbraio 1999) parla di un primo gruppo

organizzato da Titta in un'epoca imprecisata, che sarebbe divenuto

l'Anello -con l'adesione di personaggi quali Fulchignoni, Battaini ecc.-,

solo "dopo lo scandalo Sifar ", cioè, presumibilmente, fra il 1966 ed il

1968. In entrambe le strutture, peraltro, avrebbe avuto un ruolo

fondatore "il vecchio", cioè nell'ufficiale israeliano, proveniente dai paesi

dell'Est che potrebbe anche identificarsi nell'Otimski della nota 4 aprile

1972

- Pedroni (verbale 21 gennaio 2000) colloca la vicenda dell'Anello negli

anni settanta, e mostra di non avere notizie per il periodo precedente.

La documentazione sin qui raccolta, permette di approfondire il

periodo della gestazione del servizio ed i suoi probabili addentellati con

l'Ail (sul punto si vedano le rell. 12, 14, 18 di questo ctu a codesta Ag),

così come il folto gruppo di note riconducibili a Grisolia consente di

indagare la vicenda fra la fine degli anni sessanta e la fine dei settanta,

ma per tutto il periodo compreso fra la fine degli anni quaranta e la metà

dei sessanta, disponiamo solo di pochi frammenti che non ci mettono in

Page 19: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

condizione di ricostruire la storia dell'organizzazione in quel lasso di

tempo.

Tuttavia, l'insieme dei dati acquisiti è sufficiente a farci capire che, nella

seconda metà degli anni sessanta, avvenne una ristrutturazione del

servizio che segnò anche una rottura di continuità, il tutto senza alcun

atto formale.

Infine, l'elevata informalità di questa sorta di "servizio segreto di fatto"

è ribadita dalla delicata questione del tesserino. Ristuccia (verbale 23

marzo 1999) dichiara:

<< ... i componenti dell'Anello avevano in dotazione un tesserino

sulla base del quale era dovuta a loro cooperazione ed immunità da

responsabilità penali, in cui avrebbero potuto incorrere per motivi di

servizio. Preciso che non so se tutti i membri dell'Anello avevano

questo tesserino, ma il Titta certamente lo aveva ed io l'ho portuto

personalmente (vedere). Ricordo che aveva l'intestazione della

Presidente del Consiglio.>>

In altra occasione (verbale 18 aprile 2000) Ristuccia ha aggiunto:

<< ... questa fu una conquista del Titta, che alla fine degli anni

settanta, dopo la vicenda Kappler e prima della vicenda Cirillo,

ottenne da Andreotti il rilascio di un certo numero di tesserini di

colore rosso che attestavano l'appartenenza dei possessori ad un

servizio segreto... Sono stato detentore del tesserino e mi dopererò

per rilasciarlo e fornirlo per gli accertamenti che sarà possibile

fare.>>

Page 20: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Dai verbali non si comprende esattamente se i tesserini in questione

fossero quelli normalmente in uso per gli appartenenti al servizio

militare o altro tipo di tesserini, magari appositamente creati alla

bisogna; peraltro, va detto che, nonostante queste assicurazioni,

Ristuccia non ha mai consegnato il suo tesserino. Questo potrebbe

indurre a qualche dubbio sulla veridicità del suo racconto, almeno

relativamente a questo aspetto, se ciò non richiamasse alla nostra

memoria quanto emerse nell'istruttoria del dott. Carlo Alemi -relativa al

caso Cirillo- a proposito di particolari tesserini, che attestavano

l'appartenenza dei possessori ad un servizio di informazione e sicurezza,

grazie ai quali sia di Titta che del braccio destro di Raffaele Cutolo,

Vincenzo Casillo, potevano entrare a piacimento nel carcere di Ascoli.

Come si vede, pur non emergendo riscontri certi, vi sono elementi che

sembrano avvalorare, quantomeno indiziariamente, il racconto del teste,

segnalando, nel contempo, la forte precarietà dell'espediente del

tesserino per dare una qualche copertura ai membri dell'organizzazione:

un rimedio adottato, sembrerebbe, in epoca piuttosto recente e in modo

del tutto informale ( "un certo numero" di tesserini -forse inferiore a

quello dei componenti dell'organizzazione- sarebbero stati concessi e

senza che ad essi corrispondesse una qualche lista o qualsiasi altra forma

di censimento degli appartenenti all'Anello).

Concludendo, su questo punto, tutto lascia intendere che la struttura

fosse caratterizzata da una discreta fluidità organizzativa: come abbiamo

appena avuto modo di dire, l'Anello era un "servizio segreto di fatto" e

questo, probabilmente ha determinato momenti di discontinuità

organizzativa e, in alcune fasi, una certa labilità dei suoi confini, a causa

Page 21: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

del sovrapporsi di diverse gruppi rispecchianti le diverse ondate:

l'originaria cricca roattiana del Sim sfociata nell'Ail, poi la probabile

influenza dei polacchi di Anders, quindi i resti dei servizi della Rsi, forse

parzialmente coincidente con il gruppo degli amici di Titta,

successivamente il gruppo degli imprenditori (Fulchignoni, Battaini ecc.)

e, forse, altri ancora.

I documenti a disposizione ci suggeriscono almeno due momenti di

rottura:

- quello a metà anni sessanta, a seguito del quale avrebbe assunto il

nome di "Anello"

- e quello collocabile fra il 1974 ed il 1976, a seguito della strage di Piazza

della Loggia e del secondo arresto di Fumagalli, che -stando alla nota del

10 settembre 1974 (All. 688 alla 9° rel. a codesta Ag)- avrebbe innescato

una rottura fra l'ala moderata e l'ala più legata alla destra eversiva.

In altra sede (rel. 15° a codesta Ag) abbiamo avuto modo di esaminare i

non pochi punti di contatto fra il "Noto servizio" e la vicenda del cd "Sid

Parallelo", sino ad ipotizzare una struttura articolata in più livelli:

a) il primo coincidente con i Nds incentrati essenzialmente intorno alla

struttura coperta di On

b) il secondo (cd Organizzazione X) composto di due parti: la prima

militare, innervata nelle strutture coperte dell'Alleanza atlantica, la

seconda di civili da identificarsi nel "Noto servizio".

Data questa fluidità e il frequente intrecciarsi di diversi soggetti

organizzati, l'elemento di continuità più visibile, per ricostruire le

vicende, ci sembra quello di alcuni dirigenti che, come Titta o Battaini,

hanno segnato tutta la parabola che va dalla ristrutturazione della

Page 22: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

seconda metà degli anni settanta in poi, sopravvivendo alla crisi della

metà anni settanta.

Si pone, a questo punto, il problema di capire perchè il tentativo di

costituzione del "terzo servizio" segreto italiano sia naufragato, a

differenza del contemporaneo caso tedesco e quali conseguenze abbia

comportato tale fallimento.

Un primo elemento che ha giocato sicuramente a sfavore della

formalizzazione del servizio "di tipo nuovo" è da ricercarsi nella forma

di governo prevista dalla nostra Costituzione. In Germania la decisione

di trasformare l'Organizzazione Gehlen nel Bnd venne assunta dal

cancelliere Adenauer che aveva i poteri per farlo. La figura del nostro

Presidente del Consiglio, come si sa, ha poteri ben più limitati,

soprattutto nei confronti dei singoli ministri che, per l'art. 95 della

Costituzione, sono responsabili individualmente degli atti dei loro

dicasteri. Inoltre, il Presidente del Consiglio -a differenza del Cancelliere

tedesco- non può sostituire un ministro di imperio ed anche un

eventuale rimpasto deve essere votato dalla maggioranza del Consiglio

dei Ministri. Tutto questo ha determinato quella forma di governo che la

dottrina ha definito "governo di coalizione (Guarino) che, ovviamente,

implica una limitazione del ruolo del Presidente del Consiglio che va

oltre la stessa lettera della Costituzione. E, pertanto, la capacità del Capo

del Governo di condizionare i singoli dicasteri e, di conseguenza, gli

apparati da essi dipendenti, risulta conseguentemente di ridotta

efficacia. E questo fu ancor più vero nel primo quindicennio di vita

repubblicana, quando la Presidenza del Consiglio non disponeva

neppure di una propria sede e di un proprio apparato distinti da quelli

del Ministero dell'Interno.

Page 23: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Questo fattore acquista peso in relazione ad un'altra delle ragioni del

fallimento: le resistenze dei servizi esistenti (soprattutto Sifar-Sid e

Uaarr) al riconoscimento di un terzo incomodo e, comunque, ad una

riforma che comportasse una maggiore dipendenza dal potere politico.

Su questa strada, gli apparati trovavano, il più delle volte, il consenso

dei rispettivi ministri - ovviamente poco interessati a vedere ridotto il

potere del proprio dicastero- e tutto ciò non trovava un adeguato

contrappeso nella Presidenza del Consiglio per le ragioni di cui

dicevamo.

In terzo luogo occorre considerare la particolare condizione del sistema

politico italiano. Come scrive Gehlen nelle sue memorie, il cancelliere

Adenauer assunse la decisione di istituire il Bnd solo dopo aver

informato l'opposizione socialdemocratica ed averne ottenuto il

consenso ("Servizio segreto -le memorie del generale Reinhard Gehlen"

Mondadori, Milano 1971, pp. 165-7). Infatti, per quanto la Spd non

avesse ancora celebrato il suo congresso di Bad Godesberg -che segnerà

l'abbandono anche formale del marxismo- essa aveva già fatto la sua

scelta di campo occidentale sin dal 1945 e, dunque, non aveva nulla da

ridire su un servizio informativo rivolto contro l'Est (anche se, più tardi,

non impedì al Bnd di Gehlen di attuare più di una operazione contro la

stessa opposizione socialdemocratica). Tale condizione di accordo era

semplicemente impensabile in Italia, dove il ruolo di maggior partito

dell'opposizione era svolto dal Pci. E, infatti, i due tentativi (risalenti al

1951 ed al 1962) di approvare l'istituzione di una Difesa Civile -che

avrebbe potuto aprire, in qualche modo, la strada all'istituzione del

"terzo servizio"- andarono incontro ad un accanito ostruzionismo

dell'opposizione di sinistra. Infatti, l'Italia sarà l'ultimo paese a dotarsi di

Page 24: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

una struttura per la Protezione Civile -nel 1977- proprio a causa di

questa antica diffidenza verso il tema.

Ovviamente, l'opposizione, da sola, non avrebbe avuto la forza di

bloccare definitivamente il progetto. Ma la decisa e tenace opposizione

della sinistra, a qualsiasi tentativo in questo senso, diventò un'arma

micidiale nelle mani delle correnti interne agli stessi partiti di governo,

che avevano motivo di opporsi al progetto per motivi propri. E qui

siamo al quarto motivo del fallimento: l'accentuato frazionismo dei

partiti di governo -ed in primo luogo della Dc, come avremo modo di

dettagliare più avanti- accentuava quelle dinamiche di dispersione del

potere decisionale e simmetrica diffusione del potere di veto che una

ormai classica analisi individua come caratteristiche del sistema politico

italiano (Pizzorno 1971). Dispersione del potere decisionale e diffuso

potere di veto che, naturalmente, rappresentano le condizioni ambientali

meno favorevoli per un progetto del genere: il modello Cia è, infatti,

congeniale a sistemi politici che abbiano al proprio centro un forte

"nucleo cesareo" (A. Pizzorno "Il sistema pluralistico di rappresentanza "

in S. Berger "L'organizzazione degli interessi nell'Europa Occidentale " il

Mulino, Bologna 1983, pp. 398-9.) ma si concilia assai male con sistemi

contrassegnati da prevalenti tendenze centrifughe che riducono quel

nucleo ad un'area ristretta e precaria.

Sin qui le ragioni relative alle sfavorevoli condizioni ambientali, ma è

ragionevole supporre che il fallimento sia stato determinato anche da

limiti soggettivi dei personaggi che si sono alternati alla guida del

tentativo: lo stesso Roatta -che, peraltro, si sarebbe limitato a "passare il

testimone" senza avere una parte dirigente nel servizio in epoca

successiva alla sua fuga in Spagna- non aveva certo nè la statura, nè il

Page 25: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

prestigio, nè la professionalità di Reinhard Gehlen e, d'altra parte, il suo

gruppo di pretoriani non era lontanamente paragonabile

all'efficientissima rete informativa dell' "Armata dell'est".

E' dunque probabile che gli stessi americani abbiano sostenuto in modo

assai meno convinto il progetto italiano rispetto a quanto, invece,

avevano fatto nel caso tedesco.

Alla luce di queste considerazioni, il fallimento del tentativo appare

logico e, in qualche misura, iscritto nell'ordine delle cose, al di là della

consapevolezza che potessero averne i protagonisti del tempo. Questo,

tuttavia, non toglie che una organizzazione paraistituzionale sia

effettivamente esistita, abbia operato illegalmente e che tutto questo

abbia prodotto una serie di conseguenze di non poco momento. Ma, su

questo, avremo modo di tornare nelle conclusioni.

2) Alberto Grisolia ed il Noto Servizio. Sia la nota del 4 aprile 1972, che le rimanenti veline sul Noto Servizio

rinvenute nell'archivio della Dcpp, provengono da Alberto Grisolia, la

fonte "Giornalista" della Squadra 54.

Anche gran parte delle note confidenziali sulla Dc milanese, che

esamineremo più avanti, sono da attribuire allo stesso Grisolia.

Dunque, non è inopportuna una riflessione sul personaggio e sul modo

in cui possa aver saputo quello che riferisce sul Noto Servizio.

Come è consueto nel caso dei confidenti, su Grisolia esiste uno smilzo

fascicolo presso l'archivio della Questura ambrosiana ed altrettanto

scarna documentazione presso la Dcpp. Poche le notizie che è possibile

Page 26: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

ricavarvi: gironalista del "Corriere della Sera" sino al 1971, ebbe poi altri

incarichi giornalistici di minor conto. Iscritto al Psdi, aderì (1959) al Muis

e, con esso, passò al Psi nel 1960.

Stando ad uno dei documenti del cd "registro fonti" (All. 51 Rel 7),

esisteva una fonte con il nome di copertura di "Giornalista" a Milano sin

dal 1961. Per la verità, a fianco al criptonimo non compare l'anagrafico,

ma sull'identità della fonte "Giornalista" non ci sembra che ci siano molti

dubbi. Infatti, stando alle consuetuni dello Uaarr, può accadere che una

stessa fonte possa avere nomi di copertura diversi nell'arco della sua

collaborazione, ma è decisamente meno probabile che lo stesso

pseudonimo possa indicare due diversi fiduciari. E se era possibile -ma

raro- che uno stesso nome di copertura indicasse due fonti diverse ma in

città diverse (e, infatti, nello stesso documento compare un'altra fonte

"Giornalista" a Genova, nello stesso periodo), questo, non accadeva per

due fonti della stessa città, anche in tempi diversi.

E la ragione si comprende: il nome di copertura, normalmente, era

scelto dall'agente manipolatore che, ovviamente, evitava di dare uno

stesso nome a due fiduciari diversi per evitare confusioni possibili,

anche a distanza di tempo, fra documenti provenienti da collaboratori

diversi. Ma, l'agente manipolatore agiva il più delle volte in ambito

locale e, ovviamente, non conosceva gli elementi delle altre squadre con i

relativi criptonimi, ragion per cui, poteva esserci l'uso di uno stesso

nome di copertura usato in due squadre, nello stesso tempo.

Dunque, salvo un particolarissimo caso fortuito, possiamo concludere

tranquillamente che il "Giornalista" dell'elenco del 1961 sia Grisolia.

Qualche altra notizia la si ricava dai testi ascoltati dal Ros: sia Ristuccia

(verbale 9 dicembre 1998) che Pedroni (verbale 31 maggio 2000)

Page 27: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

sostengono che Titta conosceva Grisolia ma ne diffidava, ritenendolo

pericoloso e, forse, un agente del Kgb o di altro servizio d'oltrecortina.

Trattandosi di una circostanza riferita da due testi, uno

indipendentemente dall'altro, possiamo accettare come un dato

abbastanza sicuro che Titta dicesse certe cose sul conto di Grisolia.

Non sappiamo, però, su cosa Titta fondasse questo suo sospetto (più in

là avanzeremo una ipotesi). Peraltro, il fatto che "Giornalista" fosse una

fonte dello Uaarr, non impedisce che ciò sia possibile: non si tratterebbe

del primo caso di agente doppio o triplo. Ma, in mancanza di altri

elementi, questa non appare che una mera supposizione. Innanzitutto, se

è vero che è possibile il caso degli agenti doppi, è anche vero che tali casi

sono meno diffusi di quanto il cinema possa far pensare: ovviamente

ogni servizio sorveglia -anche solo periodicamente- le sue fonti, proprio

allo scopo di identificare i doppiogiochisti, e, per questo, occorre essere

molto bravi per evitare di essere smascherati. Sin qui non sono emersi

documenti (nè presso l'archivio della Dcpp nè presso quello della

Questura romana, nè presso quello della GdF o del Sismi) che segnalino

un pur semplice sospetto di questo tipo.

Può darsi che Grisolia fosse particolarmente bravo e Titta

particolarmente intuitivo (o a conoscenza di cose che noi, invece,

ignoriamo), ma questo totale silenzio dei documenti non incoraggia le

ricerche in questa direzione.

Tuttavia, egli ci appare al centro di un groviglio di rapporti non sempre

chiari:

- fonte di Alduzzi, era in buoni rapporti anche con i Cc ed era molto

amico del suo collega Giorgio Zicari, a sua volta collaboratore dei Cc,

Page 28: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

- amico di diversi esponenti della destra Dc (da De Carolis a Gino

Colombo), disponeva di ottime entrature nella sinistra di Base e di Forze

Nuove

- in relazioni non occasionali con i maggiori esponenti del Noto Servizio

e zone limitrofe (da Titta a Padre Zucca), era, però, anche amico di

Aniasi: abbastanza da avvertirlo del progetto di rapimento architettato

dal Noto Servizio e da consegnarli una copia del suo rapporto del 4

aprile 1972.

Fra le sue frequentazioni sembra annoverasse anche quella di Luciano

Menegatti sul quale, pure, questo ctu ebbe modo di avanzare il dubbio

che si trattasse di un agente dei servizi dell'est. E, dobbiamo aggiungere,

resta ancora oggi non spiegato il perchè la nota del 4 aprile 1972 si

trovasse nel fascicolo "Dario" -nome di copertura di Menegatti- dove,

appunto, era raccolta la produzione dell'improvvisato giornalista

romagnolo.

Il fitto intreccio di conoscenze è facilmente spiegabile con la professione

di Grisolia: un giornalista deve avere fonti e relazioni amichevoli negli

ambienti più disparati per fare il proprio lavoro, ma, proprio per questo,

il mestiere di giornalista è la migliore copertura per gli agenti dei servizi

segreti e per le loro fonti. Una spiegazione intermedia, potrebbe essere

che, nel complesso giro di rapporti di Grisolia vi fosse anche qualche

confidente dei russi (o di altro servizio informativo orientale) con il

quale, più o meno consapevolmente, egli scambiava notizie.

Il punto più delicato, per il nostro lavoro, però, è capire da dove

Grisolia abbia attinto le sue notizie sul Noto Servizio. A distanza di

quattro anni dal ritrovamento della Nota del 4 aprile 1972, oggi

possiamo dire che la maggior parte delle notizie contenute in quel

Page 29: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

fittissimo rapporto, è stata puntualmente riscontrata. Anche molte altre

informative, direttamente o indirettamente riconducibili alla fonte

"Giornalista" hanno ricevuto conferma e, bisogna ammettere,

spessissimo si trattava di notizie molto riservate e di livello elevato.

Dunque, delle due l'una: o Grisolia disponeva di una rete di ottime fonti

-che non si capisce come compensava- o riferiva su cose di cui aveva

conoscenza diretta.

Prendiamo in considerazione la prima ipotesi: come dicevamo, ogni

buon giornalista è prima di tutto un mercante di informazioni, per cui è

normale che intrattenga il maggior numero possibile di relazioni per

cavare tutte le informazioni possibili, per poi scambiarne una parte, in

modo da essere al centro dei flussi informativi. Ma Grisolia disponeva

di troppe notizie e, fra le più riservate: dall'esistenza e l'operato del Noto

servizio, alla nuova sede di quella particolare loggia milanese, dalla vita

interna alla Dc a quella del Psi e nei più riposti segreti dell'una e

dell'altro, dalla Camera di Commercio alla Fiera Campionaria, ecc.

Tutto questo presuppone una vasta rete di informatori tutti molto ben

inseriti e una simile rete costa molto: le fonti gratuite (o compensabili

con utilità diverse dal denaro) sono molto infrequenti e raramente

offrono merce di particolare pregio. Nè a spiegare quantità e qualità

delle informazioni raccolte, potrebbe bastare il semplice scambio delle

notizie. Dunque, non si capisce come Grisolia abbia potuto permettersi

una rete di informatori così costosa. La deduzione più semplice è che

avesse a disposizione le risorse di qualche servizio informativo come lo

stesso Uaarr del quale era informatore. In effetti, nello Uaarr non

mancavano agenti capi-rete che avevano a disposizione sub agenti

pagati, dallo stesso servizio, per il loro tramite: è il caso di Lino Ronga. E

Page 30: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

neppure mancavano altri collaboratori che avevano a disposizione una

propria struttura informativa finanziata in altro modo: è il caso di

"Aristo", alias Armando Mortilla, che dirigeva l'agenzia Fiel-Notizie

Latine, verosimilmente finanziata dai servizi segreti spagnoli per il

tramite dei sindacati falangisti. Ma nulla, nè nel registro fonti dello Uaarr

nè nella carte della Questura milanese, autorizza a pensare che Grisolia

fosse un capo-rete dello Uaarr. Potrebbe esserlo stato di un altro servizio,

magari straniero (e qui torna il sospetto sui ruoi rapporti con il Kgb), ma,

anche qui le carte tacciono e non offrono il benchè minimo appiglio.

Secondo Ristuccia, quello che Grisolia riferiva del Noto Servizio non

poteva averlo appreso che da Titta. il che sarebbe plausibile, se non fosse

in contraddizione con i sospetti di collaborazione con i servizi russi che

lo stesso Titta avrebbe nutrito nei confronti del giornalista. Possiamo

credere che Titta coltivasse i rapporti con Grisolia, pur sospettandolo

agente nemico, per ricavarne notizie, e possiamo anche accettare senza

problemi che fra i due ci fosse uno scambio. Quel che appare del tutto

incredibile è che Titta parlasse ad un agente informativo nemico, non

solo dell'esistenza di un servizio clandestino come il suo, ma dei nomi

degli altri componenti, delle azioni svolte e persino di quelle future:

neanche il servizio segreto del "paese dei campanelli" potrebbe

funzionare in questo modo.

La seconda ipotesi è assai più semplice e lineare: che Grisolia abbia

fatto parte, almeno per qualche tempo, del Noto Servizio e che, dunque,

abbia riferito in parte notizie di cui aveva conoscenza diretta e, in parte,

notizie a loro volta raccolte dal Noto Servizio. A suggerire questa ipotesi

sono queste considerazioni:

Page 31: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

a) Grisolia riferiva in tempo reale e su cose (come il rapimento di

Aniasi, l'appartenenza al servizio di Fumagalli e, soprattutto, Nardi, gli

attentati a Costantini o Capanna, la fuga di Borghese ecc;) che, si

immagina, fossero nascoste con la massima cura dagli uomini del Noto

Servizio. Dunque: o Grisolia disponeva di una talpa inserita nei massimi

livelli di esso, o la talpa era lui stesso.

b) Titta, effettivamente, deve avergli detto delle cose, ma solo perchè

ne aveva la più completa fiducia e ciò era necessario a compiere

determinate operazioni. In altri temini, perché appartenevano alla stessa

organizzazione. Questo non è in contraddizione con i sospetti di Titta

sulla appartenenza di Grisolia ai servizi dell'est, in quanto ci si potrebbe

riferire ad epoche diverse: in un primo momento, Grisolia può essere

appartenuto al Noto Servizio, in un secondo tempo, anche a seguito di

alcune fughe di notizie (e sul punto torneremo), Titta può aver iniziarto

a nutrire su Grisolia i sospetti di cui ci dicono i testi. A questo proposito,

notiamo che, stando alle loro dichiarazioni, sia Ristuccia che Pedroni

avrebbe conosciuto Titta solo a metà anni settanta e, dunque, i discorsi

su Grisolia non possono essere precedenti a quell'epoca.

c) Nella nota 4 aprile 1972 si legge:

<< Alcuni anni addietro, una decina grosso modo, il comando del

servizio, che allora era ancora tenuto da Otimski, impartì ordini

perchè il servizio fosse messo in condizioni di aiutare il Partito

Socialista. L'aiuto doveva consistere in una diretta azione per

consentire al Psi di disporsi su posizioni di netto anticomunismo. Fu

Page 32: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

in quel periodo che il Battaini ed il Lorisi -e altri che non conosco-

entrarono nel Partito Socialista. >>

Una decina di anni prima: cioè fra gli ultimissimi anni cinquanta ed i

primi sessanta: esattamente il periodo in cui Grisolia passava -con il

Muis- dal Psdi al Psi: una coincidenza che merita d'essere notata.

d) Grisolia appare ben impiantato nell'ambiente del Noto Servizio,

quel che non appare logico se egli fosse stato sospettato di lavorare per i

sovietici. Per scambiare notizie con un agente avversario, basta una sola

persona, non è affatto necessario che altri dell'organizzazione coltivino la

sua frequentazione.

Troppo poco, come si vede, per asserire con certezza che Grisolia sia

stato membro del Noto Servizio, ma abbastanza per sospettarlo.

Ancor meno risolto -allo stato delle conoscenze- è un altro punto: quale

è la logica con la quale Grisolia si muoveva? Più in dettaglio:

a) perchè Grisolia scrisse la nota del 4 aprile 1972?

b) perchè ne consegnò una copia ad Aldo Aniasi?

c) perchè avvertì Aniasi del tentativo di rapimento in suo danno?

Apparentemente, il primo quesito potrebbe essere risolto dalla

risposta più ovvia: perchè era un confidente. Ma Grisolia era un

fiduciario dello Uaarr dal 1960, ed , allora, come mai sentì il bisogno di

parlare di un tema così scottante solo dopo 11 anni? Una spiegazione

potrebbe essere che prima non ne era a conoscenza e, un suggerimento

in questo senso, viene da un particolare: nel 1972 Grisolia aveva

partecipato ad un viaggio in Israele dove, forse, avrebbe scoperto di un

Page 33: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

certo Otimski e del suo servizio parallelo in Italia. Ma si tratta di una

ipotesi di ben scarso pregio. Ammesso che Grisolia possa aver appreso

dell'esistenza del servizio durante la sua sosta in Israele (e da chi? dallo

stesso Otimski?), dove ha saputo della sede di via Statuto, del negozio di

fotocopie di via Larga, del deposito d'armi presso la caserma dei Cc di

via Moscova ecc: c'è troppo zafferano per essere un piatto cucinato a Tel

Aviv.

In secondo luogo, il documento presenta un'altro aspetto decisamente

insolito: è troppo lungo e contiene troppe notizie e questo è contro la

logica mercantile di un confidente, che tende a centellinare le proprie

informazioni per tirare sul prezzo e far durare al massimo la propria

collaborazione. Chiunque abbia consuetudine con questo tipo di

documenti, sa che la "nota confidenziale-tipo, è di una cartella ben

spaziata e solo in casi eccezionalissimi supera le due, mentre in questo

caso ci troviamo di fronte a quasi quattro fittissime cartelle dense di

notizie esplosive (la permanenza in Italia di Borghese, i progetti di

rapimento di Aniasi, Capanna, Granelli ecc., oltre alla notizia principale

dell'esistenza di un servizio segreto parallelo). Con una tale serie di

informazioni, un confidente-tipo va avanti per almeno due mesi,

guardandosi bene dal bruciarle tutte in un solo rapporto.

Un documento simile può spiegarsi o come la risposta ad una

perentoria richiesta di informazioni da parte del centro, o con l'esigenza

dell'informatore di "far presto" e dire quel che sa nel minor tempo

possibile, magari per timore che il ritardo possa esporlo a gravi pericoli.

A complicare ulteriormente le cose si aggiunge lo stranissimo

comportamento di Grisolia che consegnava una copia dello scottante

rapporto anche ad Aniasi, non si capisce bene a quale titolo e a che

Page 34: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

scopo. C'è, anzi, un particolare che merita d'essere indicato: la copia

consegnata al sindaco di Milano è scritta con una macchina da scrivere

diversa da quella che ha battuto il testo trovato nella cartella "Dario" e,

nella quale, riconosciamo l' inconfondibile impostazione grafica del

brigatiere Galli. Nella copia data ad Aniasi compare in più una frase

dello spazio di un rigo esatto, come se, chi la ritrascrisse, avesse saltato

quel rigo senza accorgersene; inoltre, l'iniziale della parola "Dugoni" è

battuta due volte, come se l'autore, avendo battuto per errore la "G",

fosse tornato indietro e avesse poi ribattututo la "D", con il risultato

finale che si può leggere tanto "Dugoni" quanto "Gugoni" e, nella copia

ufficiale -quella battuta da Galli- leggiamo "Gugoni". Dunque, risulta

pienamente confermata la versione di Aniasi che asserisce di aver

ricevuto personalmente da Grisolia una copia (si tratta, infatti,

dell'originale) della sua nota. Un comportamento decisamente insolito

per un confidente.

La terza domanda (perchè Grisolia avvisò Aniasi del tentativo di

rapimento in suo danno?) trova più facilmente una risposta: il giornalista

era amico del sindaco e si preoccupò di avvisarlo, forse, anche perchè i

rapitori intendevano giovarsi della sua complicità per attuare il piano;

pertanto, Grisolia, combattuto fra la ripugnanza per la collaborazione

richiesta ed il timore di rappresaglia in caso di rifiuto, sceglieva di

avvisare la vittima in modo da far fallire il piano: plausibile. Peraltro,

questa spiegazione segnala, una volta di più, la possibile appartenenza

di Grisolia al Noto Servizio.

Ma, se scrupoli di carattere morale, forse, lo indussero ad avvisare

Aniasi, questa spiegazione non è per nulla soddisfacente nel caso della

Page 35: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

nota del 4 aprile 1972, tanto più ove si consideri la sospetta

partecipazione di Grisolia al Noto Servizio.

Nelle conclusioni abbozzeremo una ipotesi in proposito. 3) Adalberto Titta

Titta è certamente il personaggio centrale di tutta la vicenda o, per lo

meno, così fanno pensare testi e documenti. Eppure la sua posizione nel

servizio non appare sempre quella più importante: i documenti fanno

pensare che Battaini gli fosse sovraordinato. Sembrerebbe, piuttosto, che

la sua posizione fosse quella di una sorta di "direttore operativo",

responsabile dell'attuazione concreta di linee politiche stabilite da altri. e,

tuttavia,pur se con una discreta autonomia decisionale

La lettura della sua agenda è utilissima per comprendere alcuni aspetti

della sua psicologia.

Metodicissimo, Titta, con la sua grafia minuta e regolare, annota tutto

tutto: gli indirizzi telefonici abituali dei fornitori, tutti i dati personali, i

numeri di tutti i documenti, il numero di serie del binocolo Zeiss e

persino il proprio albero genealogico. La lettura diretta di qualche rigo

chiarirà le idee meglio di ogni altra cosa:

<< Titta Adalberto, fu francesco Paolo e Saibene Dolores, nato a

Milano il 28-6-1921, alle ore 12 in via Mac Mahon 120. Battezzato il

31- 7 nella parrocchia di Villapizzone, padrino e madrina i coniugi

Catarsi Umberto e Cameri Erminia.>>

Page 36: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Nè è da pensare che tanto pignola annotazione rispondesse ad una

comprensibile esigenza di raccogliere da qualche parte tutti i dati

personali, anche quelli di scarsa utilità pratica, ma che può far piacere

raccogliere per semplici ragioni affettive: Titta annota tutto, non solo di

quel che lo riguarda personalmente, ma anche di quello che riguarda i

parenti, gli amici, i conoscenti:

<< B. dott. P. nato a Lecce il 31-1-1945 di Giacomo (siculo- medico) e

di R. Maria (leccese)

laureatosi a Milano il 22-7-69, esentato dal servizio di leva

medico chirurgo plastico estetico - otorino laringoiatra

moglie cecoslovacca, dottoressa (medicina interna) fa parte del

gruppo che fa capo al dott. Micheli presso l'ospedale San Giuseppe.

figli: 1 femmina 2 maschi

appassionato di volo, anni fa fece parte del Club di Cavanago

d'Adda

-abitazione via Buonarroti 42 (piano rialzato) 4696008

-ospedale San Giuseppe - via San Vittore 12 85991

fratello B. dott. V. Medico

nato a Castroreale (Messina) il 27-9-1953

abitazione via Crescenzago 28

C. G. R. dottor ingegnere elettronico 1-1-1939

abitazione...

Moglie...

figli...

Page 37: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Ufficio.... soci e collaboratori ingegn. M.E. (socio) signora M. L.

maritata F. e signorina C. M. (collaboratrici)

casa di campagna....

-parenti: sorella della moglie A.M. coniugata con S.V.; sorella della

moglie D. maritata con D.L. G.; fratello della moglie C.; fratello della

moglie U.

Figlio unico del defunto C. R. e di R. C. nato a Monteforte (Verona) l'

1-1-39. Votazione di Laurea 92/100. Laurea conseguita nel novembre

1965 all'età di quasi 27 anni. Servizio militare non prestato perchè

non tenuto essendo capo famiglia con madre a carico. Patente di

giuda categoria D. Lingue parlate...>>

Risparmiano a chi ci legge altri esempi del genere. Ovviamente, si può

pensare che si possa trattare di affiliati al Noto Servizio, per cui può

essere utile sapere, di un proprio collaboratore che patente di guida

abbia o che lingue parli, ma quale utilità può avere annotare il voto di

laurea o il fatto che la persona in questione si sia laureata "quasi a 27

anni"? In realtà, queste annotazioni ci fanno capire che Titta accumulava

tutti i dati che era possibile avere a prescidere dalla loro possibile utilità,

seguendo la logica del "Buono a sapersi". Per Titta schedare non era una

delle mansioni del suo lavoro, ma una pratica feticista che soddisfa la

pulsione di avere in proprio potere la persona schedata attraverso il suo

"scalpo informativo".

Tutto questo denuncia qualche aspetto maniacale che, tuttavia, non ci

impedisce di inviare, nella nostra qualità di consulente tecnico, un grato

pensiero per la ricca messe di dati offerti al nostro studio.

Page 38: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Queste annotazioni, peraltro, ci consentono anche una breve notazione

che ci conferma, una volta di più, la grande dimestichezza fra Titta e

Grisolia: nella sua nota dell'8 maggio del 1979, il confidente sostiene che

Titta, nei suoi diari, indica Fulchignoni come "il siculo", la stessa

espressione che leggiamo, nel brano appena citato, a proposito del

padre del dott. P.

E dunque, ben immaginiamo quale perdita abbia rappresentato, per la

presente inchiesta, il mancato ritrovamento delle sue agende. Così come

ci piacerebbe leggere le due mezze pagine che risultano troncate di netto

(si vedano le due pagine che iniziano, l'una con "Gallo Angelo (classe

1917)", l'altra con "Macciò Leo fu Ugo".

Fra le persone annotate riconosciamo (segniamo con l'asterisco * le

persone indicate nelle note di Grisolia come vicine al Noto Servizio o

personalmente prossime a Titta):

- Aldo Aniasi (il che conferma l'interesse per il personaggio ed i sospetti

sulla responsabilità di Titta nell'attentato a Trezzano sul Naviglio, nel

luglio del 1979)

- Sigfrido Battaini (*)

- Pietro Bellinvìa

- Giuseppe Cabassi (*)

- Corinaldesi Coanzito

Page 39: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

- Febo Conti

- Gino Colombo

- Massimo De Carolis (*)

- Padre Eligio Gelmini

- Piero Bassetti

- Giorgio Pisanò (*)

- Franco Servello

- Letterio Meli

- Mario Monzali (*)

- Gaetano Morazzoni

- Luciana Piras (*)

- Giovanni Pedroni

- Luigi Fortunati (*)

- Felice Fulchignoni (*)

Page 40: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

- Fondazione Keimer

- Boris De Raquellwitz

- Ulisse Mazzolini

- Padre Enrico Zucca (*)

Come si vede, è presente quasi tutto il mileu descritto da Grisolia che,

evidentemente conosceva dall'interno la rete di relazioni fra i diversi

soggetti.

Nella sua ricchissima agenda Titta annota anche di essere

<< Esperto infortunistica stradale (giugno 1974) -Albo consulenti

tecnici del giudice: Tribunale civile e penale di Milano dal 20-10-74 n

5250 (per estensione della già esistente iscrizione come geometra). >>

Quello degli attentati coperti da incidenti stradali simulati è un tema

ricorrente nelle note di Grisolia (Di Pol, Dugoni, Mommsen ecc.) e,

peraltro, il teste Volturno Morani (verbale 2 maggio 2001) sostiene che:

<< il Titta mi diceva che il metodo migliore per uccidere una persona

era l'incidente stradale.>>

e, dunque, possiamo ben credere che la qualifica di esperto in

infortunistica stradale non fosse usurpata.

Page 41: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Interessante anche l'annotazione "Nardi Aero Service" e ci chiediamo

se si tratti di una struttura dell'azienda di famiglia di Gianni Nardi, un

altro personaggio indicato da Grisolia come appartenente al Noto

Servizio.

Fra le osservazioni particolari, ci sembra che molta attenzione meriti la

pagina dell'agenda dedicata alla cognata Luciana Piras. L'agenda di Titta

è ordinata, più che alfabeticamente, con criterio tematico, per cui sotto il

nome di una persona vengono raggruppate una serie di informazioni sul

suo settore lavorativo, le sue relazioni amicali o politiche, parenti, ecc.

Nel caso dell Piras , oltre che alcuni indirizzi Sip, troviamo anche diversi

nomi di ufficiali o di funzionari di compagnie telefoniche:

<< Genio Militare Esercito (colonnello Gilberti, maresciallo

Tessore)...

Questura (maresciallo Alilla)...

Prefettura (maresciallo Conte)...

Telefoni Internazionali di Stato (Madonìa Cesare)...

Ravasi Gianluigi - Centrale Sip di San Babila...

Tenente Colonnello Antonello Liguori (capo centro trasmissioni"...>>

Sarebbe interessante capire il perchè di questa bizzarra concentrazione

di indirizzi sotto l'esponente nominativo della Piras.

Un'ultima questione: Ristuccia sostiene che tutto quanto sa sull' Anello

sarebbe frutto delle confidenze fattegli da Titta in vista di un suo

possibile reclutamento al servizio che, poi, non si sarebbe concretizzato.

Inoltre, come abbiamo già detto, ritinene che Anche Grisolia non può

aver appreso che dalla stessa fonte le notizie riferite allo Uaarr e ciò,

Page 42: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

nonostante la sua sospetta appartenenza ai servizi orientali. Anche

Pedroni e Mannucci Benincasa sostengono di aver appreso dell'Anello,

senza averne mai fatto parte, dal noto geometra (Pedroni dice di essere

stato una sorta di "ufficiale medico" del servizio, per estensione del suo

ruolo di medico curante dello stesso Titta).

Altri testi (Gangemi, Piras ed altri minori) sostengono che Titta si

vantasse di far parte dei "servizi segreti" -senza precisare quale in

particolare- e senza che vi fosse alcun motivo apparente per farlo.

Insomma Titta era un chiacchierone incapace di custodire un segreto.

Ma è una descrizione credibile? Si rifletta su un particolare: Titta è

rimasto un perfetto sconosciuto sino alla vicenda Cutolo-Cirillo ed il suo

nome non compare mai in nessun testo della controinformazione, in

nessun articolo stampa o in alcun processo per eversione, neppure come

semplice "persona informata dei fatti" o come personaggio del tutto

marginale.

Persino nella nota sulla "All'insegna della trama nera", compare il nome

di Battaini ma non il suo. Se fosse stato il "boccaperta" che i vari testi ci

descrivono, gli sarebbe stato possibile passare così inosservato?

In realtà, sembra che i testi non siano del tutto disinteressati nel

proporci questa immagine.

Un esempio chiarirà meglio il punto. Michele Ristuccia è sicuramente il

teste che ha contribuito con la maggior copia di informazioni, tutte, a suo

dire, apprese da Titta, ma in tre occasioni cade in contraddizione:

1- << Titta mi disse di essersi occupato anche del sequesto Dozier...>>

(verbale s. i. Ristuccia dell'8 ottobre 1998). Ma Dozier fu rapito il 17

dicembre 1981, quando Titta era morto già da 19 giorni e, dunque, non

Page 43: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

poteva nè essersi occupato di un caso che doveva ancora avvenire nè,

tantomeno averne parlato con Ristuccia.

2- << Lui (Titta) mi parlava anche di... un albergatore di Rimini morto in un

incidente stradale insieme alla consorte e che egli riteneva molto strano...>>

(verbale 8 ottobre 1998)

L'albergatore di Rimini è stato successivamente identificato dallo

stesso Ristuccia (verbale del 12 gennaio 1999) in Coanzito Corinaldesi

(presente nell'agenda di Titta) che, però, morì in un incidente stradale

occorsogli il 26 settembre 1983 e, dunque, Titta, che era già morto da

quasi due anni, non può aver fatto cenno ad alcun dubbio in proposito.

3- << l'On. Andreotti, secondo quanto mi ha raccontato il Titta, fece

intervenire l'Anello a beneficio del governo Craxi. Ricordo che il Titta mi disse

di aver ricevuto l'incarico di far sparire tutto il fascicolo processuale pendente,

credo presso la Procura di Roma, relativo al Ministro Martelli, implicato in un

traffico di titoli di stato americani falsi e di armi...>> (verbale del 23 marzo

1999)

Il governo Craxi si formò nel luglio del 1983; Martelli divenne vice

Presidente del Consiglio nel 1989, e poi, ministro solo nel 1989; il traffico

di titoli di stato falsi cui ci si riferisce è il cd "caso Kollbruner" che risale

agli ultimi anni ottanta. Tutti dati di molto successivi alla morte di Titta.

In realtà, Ristuccia ricorre a Titta per spiegare in quale modo sia a

conoscenza dell'esistenza dell'Anello e delle sue attività, semplicemente

per mascherare la sua appartenenza al Noto servizio. Infatti, lo stesso

Ristuccia ammette che:

Page 44: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

a) Titta aveva parlato di lui con il Presidente della Fiera di Milano, Gino

Colombo, come di un appartenente al servizio (verbale del 9 dicembre

1998)

b) di essere stato uno dei possessori dei tesserini distribuiti da Titta agli

appartenenti al servizio (verbali 23 marzo 1999 e 18 aprile 2000)

Inoltre, in alcune delle intercettazioni telefoniche cui è stato sottoposto,

Ristuccia sottintende la sua appartenenza al Servizio.

Le stesse ragioni possono aver motivato Pedroni ad ingigantire le

confidenze di Tittta per minimizzare parallelamente il proprio rapporto

con il servizio. E considerazioni analoghe possono essere fatte per gli

altri testi, pur se in misura via via decrescente.

E, dunque, l'immagine di un Titta che parla di certi argomenti durante

una semplice conversazione fra amici, magari allo scopo di farsi bello,

non persuade neanche un po'.

4) Le operazioni del Noto Servizio in generale. Nel primo paragrafo abbiamo avuto modo di accennare alle

caratteristiche del Noto Servizio come servizio di "tipo nuovo", ispirato

al modello Cia. Qui ci sembra utile qualche considerazione introduttiva

Page 45: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

a proposito del modus agendi del servizio e di alcune sue caratteristiche

particolari.

Un primo dato da osservare è una rilevante differenza fra il modello

Cia ed il Noto Servizio : mentre la Cia è istituzionalmente un servizio

pensato per operare fuori dei confini nazionali (anche se, nella prassi,

questo non esclude affatto che la Cia vada oltre le sue competenze ed

operi anche all'interno -ed analoghe considerazioni potrebbero farsi per

il Bnd-), il Noto Servizio -almeno per quel che ne sappiamo attraverso

documenti e testimonianze- ebbe una sua proiezione esclusivamente

interna. Forse questo è stato dovuto alla presenza in Italia del maggior

partito comunista dell'Occidente che rappresentava già un impegno

abbastanza oneroso o, forse, ciò era indesiderato da americani e tedeschi

che riservavano a sè stessi l'arena internazionale o, forse ancora, fu la

mancata formalizzazione ad impedire al Noto Servizio di "crescere" ed

affrontare l'impegno oltre confine, o, infine, fu il concorso di tutte queste

circostanze e di altre a determinare questo esito. D'altra parte, se

l'organizzazione Gehlen già aveva una ottima rete di agenti nell'Europa

orientale, il primitivo gruppo dei pretoriani di Roatta aveva un

insediamento esclusivamente nazionale e questo può aver influito nel

determinare la vocazione successiva di quello che diverrà il Noto

Servizio.

Un secondo elemento abbastanza costante è lo stretto intreccio fra

operazioni politiche ed operazioni finanziarie. Più avanti entreremo nel

dettaglio, qui ci limitiamo a segnalare un ulteriore elemento di

somiglianza con il modello Cia. Infatti, nel caso americano, tale intreccio

non è dato solo dal reclutamento preferenziale di dirigenti e quadri nel

mondo imprenditoriale, ma anche dalla stessa "filosofia" fondativa

Page 46: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

dell'Agenzia che vede la tutela degli interessi commerciali americani nel

mondo uno scopo non meno rilevante della lotta anticomunista. Come

avremo modo di dimostrare fra breve, questa indicazione ha avuto una

sua particolare applicazione nel caso italiano.

Nel nostro caso, più che la tutela degli interessi commerciali italiani

all'estero (terreno sul quale il Noto Servizio ben poco avrebbe potuto

fare, dato quanto abbiamo appena detto sulla sua vocazione

esclusivamente interna), l'uso del servizio è stato finalizzato, piuttosto

alle lotte di potere fra i diversi gruppi finanziari. Una parte di queste

azioni possono essere spiegate con l'esigenza di trovare fonti di

finanziamento per l'organizzazione o per sue particolari operazioni,

un'altra parte può trovare spiegazione in personali operazioni di

arricchimento di singoli elementi del servizio, ma, in altri casi, sembra

che il servizio sia intervenuto, in quanto tale, in appoggio ad un

determinato gruppo contro un altro, contribuendo, così, alla formazione

degli equilibri di potere del sistema.

Qui si pone un problema sin qui quasi del tutto inesplorato: l'eventuale

rapporto fra il Noto Servizio e strutture della Confindustria.

In altre occasioni (rell. 3, 6, 12, 23) questo ctu aveva avuto modo di

accennare all'esistenza di un servizio di informazioni della Confindustria

( si veda la nota confidenziale del 18 aprile 1967 All. 27 alla rel. 6)

denominato "Centro Informazioni Sociali" e per il quale avrebbe lavorato

anche il noto estremista di destra Giorgio Torchia.

Il rigoroso silenzio degli archivi in materia (il Cis, pur essendo citato

nella nota appena ricordata, non è cartellinato nel catalogo elettronico

della Dcpp, tanto per fare un esempio) ha permesso di fare solo scarse

acquisizioni in materia, fra esse ricordiamo:

Page 47: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

a- l'abitudine dei soci della Confindustria alla riservatezza, spinta sino

al limite del costume cospirativo (ad es. l'uso -in particolare a Torino- di

prendere i verbali delle sedute dell'associazione, indicando gli

intervenuti non con il proprio nome ma con un numero convenzionale)

b- l'esistenza, presso l'Associazione Industriali di Vicenza, di un "ufficio

speciale" (e del tutto riservato) che gestiva fondi diretti alla lotta

anticomunista, che finanziava il Msi e le organizzazioni dell'estrema

destra e promuoveva anche iniziative assai simili all'operazione

"manifesti cinesi" organizzata da D'Amato con la collaborazione di Delle

Chiaie (rel. 6).

c- l'esistenza di una attività informativa, presso l'Associazione Industriali

di Torino ( nota da fonte fiduciaria del 14 ottobre 1969 -All. 69 rel 12-)

che riferiva di un particolare piano di ordine pubblico predisposto -

sembra con la collaborazione del gen. Aloja, antico nume tutelare

dell'Istituto Pollio- sul modello di quello adottato dalla giunta militare

argentina presieduta dal gen. Ongania.

D'altro canto, sono noti i rapporti intrattenuti dal colonnello Rocca,

responsabile dell'ufficio Rei del Sifar, con il mondo industriale in

generale e, in particolare, con la Confindustria. Ed è altrettanto noto il

ruolo di Rocca quale finanziatore (si veda la rel. 3) dell'Istituto Pollio e

del suo convegno di Parco dei principi (cui presenzierà anche Pisanò).

Ricordiamo, peraltro, l'appunto che ha dato origine alla rel. 35 (Catalupi)

che indica Rocca in stretto rapporto con Tom Ponzi (altro elemento del

Noto Servizio).

Note frammentarie e lacunose, come si vede, ma sufficienti a far

sorgere il sospetto di un rapporto non occasionale fra il Noto Servizio e

strutture collaterali della Confindustria.

Page 48: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

E, forse, questa contiguità potrebbe spiegare una terza caratteristica del

servizio: il suo carattere territorialmente molto concentrato in

Lombardia. Le note ci descrivono il servizio come la risultante di due

gruppi: uno, maggiore, attestato in Alta Italia coordinato da Battaini e

l'altro, sembrerebbe meno consistente, romano diretto da Fulchignoni e

Fortunati. I due gruppi avrebbero avuto una certa autonomia l'uno

dall'altro, pur essendo coordinati in qualche modo fra loro.

Delle azioni del gruppo romano conosciamo solo i finanziamenti Sifar

al Psi -per il tramite di Fulchignoni- che avrebbero alimentato la corrente

autonomista (e, più in particolare Corona, Pieraccini, Mariotti). La gran

parte di quanto seppiamo nell'operato del Noto Servizio riguarda

essenzialmente il suo nucleo settentrionale, peraltro, in gran parte

concentrato a Milano. Probabilmente la nostra ottica è deformata dalla

presenza di Grisolia nel gruppo milanese e dall'assenza di altri

informatori in altri gruppi locali (o, forse, essi c'erano, ma noi non ne

siamo a conoscenza), ma è probabile che, al di là di ciò, questo

corrisponda all'effettiva realtà del servizio che, proprio per la sua

informalità ed embrionalità, sembra aver trovato il suo terreno d'azione

privilegiato nella capitale lombarda.

Ovviamente, la rilevanza politica, sociale ed economica della

Lombardia e del suo capoluogo, sono un dato troppo noto perchè se ne

debba dire, ma, nel nostro caso ciò è particolarmente vero, perchè

Milano fu il principale campo di battaglia nella "guerra politica" a

cavallo fra i sessanta ed i settanta: non ci sembra un caso che, delle sei

stragi avvenute in quel periodo, la metà sia avvenuta in Lombardia.

Per quel che riguarda il nostro discorso, tale rilevanza di Milano e della

Lombardia trova speciale rilievo per quel che attiene al Psi, nel quale,

Page 49: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

controllare la federazione milanese era condizione necessaria per

ottenere la segreteria regionale lombarda, condizione, a sua volta,

indispensabile per conquistare il partito in sede nazionale. Infatti, nel

1972, la Lombardia rappresentava per il Psi il 20,6% dell'elettorato ed il

13,9% degli iscritti (cfr. Aavv. "Il Partito Socialista - struttura ed

organizzazione" Marsilio ed. Venezia 1975), mentre la seconda regione,

per iscritti, era la Sicilia con l'11,2% che, però, rappresentava solo il 6,7%

degli elettori ed aveva la metà dei parlamentari (8 fra deputati e senatori,

contro i 15 della Lombardia).

Tale era meno sbilanciato nel caso della Dc (che raccoglieva circa il

17,3% dei suoi voti in Lombardia) ed ancor più per il Pci (che vi

rastrellava circa il 15% del proprio elettorato). Stando alla nota del 4

aprile 1972, il Noto Servizio ebbe nel Psi -e segnatamente nel Psi

milanese- uno dei suoi principali terreni di intervento. Per quanto

riguarda la Dc milanese, i documenti reperiti in questa occasione ci

offrono un ricco materiale informativo su cui riflettere.

5) La Dc milanese nei primi anni settanta

La Dc milanese presentava un quadro correntizio per più versi

particolare rispetto a quello nazionale, infatti, se uno dei due gruppi

egemoni era quello doroteo -come a livello nazionale-, l'altro gruppo

particolarmente forte era la sinistra di Base guidata dall'on . Marcora che

aveva potuto giovarsi, sin dagli anni cinquanta, della benevola presenza

Page 50: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

dell'Eni e che qui raccoglieva percentuali assai superiori a quelle della

media nazionale.

Tradizionalmente deboli erano invece i seguaci dell'on. Moro e quelli

dell'on. Fanfani, così come quelli del gruppo di Forze Nuove guidato

dall'on. Vittorino Colombo. Questi tre gruppi, peraltro, facevano quasi

regolarmente blocco con la Base che, in questo modo, controllava

stabilmente le segreterie provinciale e regionale. Del segretario

provinciale, l'avv. Camillo Ferrari, abbiamo un vivido ritratto nella nota

confidenziale del 30 novembre 1971:

<< L’avvocato Camillo Ferrari di Alfredo e di Bertarelli Carlotta,

nato a Novate Milanese il 29/10/1929, coniugato con prole, residente

a Milano in via Caboto 3, laureato in giurisprudenza alla locale

Università Cattolica, libero professionista con ufficio in questa via B.

Zenale 3, è della corrente di Base, dal 1968 è segretario provinciale

della Dc .

Egli è un tipico prodotto della burocrazia dei partiti. Di famiglia

appartenente alla media borghesia, è entrato da circa dieci anni fa,

nella Dc e si è unito al gruppo Marcora (corrente base). Di modesta

intelligenza politica e di scarsa personalità, l’avv. Ferrari è sempre

rimasto nell’orbita di Marcora. Prima come membro della direzione

provinciale, quando Marcora era segretario, poi come segretario a

sua volta dalla primavera del 1968 .

Nel 1956 ebbe il primo incarico pubblico: fu nominato presidente

della centrale del latte in sostituzione del doroteo avv. Nino Mollica,

che apparteneva alla corrente di Salvini-Morazzoni-Carenini. Come

Page 51: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

presidente della Centrale non ha dato cattiva prova: il bilancio è in

pareggio e non sono segnalati casi di clientelismo.

Quando nell’aprile 1968 Marcora si presentò candidato nel collegio

di Vimercate, la corrente di Base voleva portare alla segreteria

provinciale l’attuale assessore regionale alla Sanità, Rivolta. Ma

Marcora gli preferì Ferrari perché più manovrabile.

Per il suo futuro politico si dice che nel 1973 otterrà da Marcora un

collegio senatoriale: forse quello di Lodi, se fallirà l’operazione di

portarlo alla presidenza della Cassa di Risparmio.

E’ avido di denaro e nella DC si dice che non lasci cadere alcun

affare. >> (All. 2)

Punto di forza dei dorotei (Egidio Carenini, Gino Colombo, Gaetano

Morazzoni, Tommaso Salvini) era, invece, il comitato cittadino milanese

del quale era segretario Gino Colombo (che Ristuccia ci dipinge

particolarmente vicino a padre Zucca e ad Adalberto Titta).

La situazione iniziava a squilibrarsi verso la fine del 1969, innanzitutto

con la spaccatura della corrente dorotea che si ripercuoteva anche a

Milano dove Carenini si schierava con Rumor e Piccoli, mentre

Colombo, Morazzoni e Salvini passavano con il gruppo Andreotti-

Colombo. A questo si aggiungevano le disavventure di Carenini seguite

alla conclusione del caso Montedison, che portava alla destituzione

dell'ing. Piergiorgio Cavallo (il maggior finanziatore di Carenini e -

attraverso questo- della corrente Rumor-Piccoli e del quotidiano del

partito "Il Popolo"). Ovviamente, questo determinava un marcato

indebolimento delle posizioni dell'on. Carenini, sia nella corrente che

nel partito (Nota 19 giugno 1970 All. 1).

Page 52: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

A perturbare ulteriormente gli equilibri dell'organigramma

democristiano locale, giungeva, nel giugno del 1970, l'elezione del

segretario cittadino, avv. Gino Colombo alla Presidenza del'Assemblea

regionale lombarda, il che poneva il problema della incompatibilità con

il suo incarico di segretario cittadino della Dc milanese.

Come suo successore, Colombo meditava di far eleggere il suo amico di

corrente Gaetano Morazzoni, ma, analoga aspirazione manifestava

anche l'avv. Massimo De Carolis (altro personaggio descritto da

Ristuccia come assai vicino a Zucca), appartenente alla stessa corrente

(Nota 12 gennaio 1971 All. 1).

La successione, pertanto, non si profilava affatto semplice, anche per il

clima non certo idilliaco in cui essa doveva aver luogo: in piena

campagna elettorale, l'agenzia "Nuova Aiga (30 aprile 1970 All. 1) dava

la notizia che l'avv. Gino Colombo era, occultamente, il vero proprietario

del settimanale scandalistico "Abc", all'epoca una delle testate più spinte

dal punto di vista pornografico e fra le testate più impegnate nella

campagna divorzista, il che non era esattamente il miglior viatico per un

candidato che si rivolgeva all'elettorato cattolico; nè la situazione

migliorò a seguito della querela sporta dall' avv. Colombo contro la

"Nuova Aiga" (nota conf. 5 maggio 1970 All. 1).

Considerate le posizioni politiche dell'agenzia, non si fa fatica ad

immaginare che il grazioso omaggio all'avv. Colombo proveniva dagli

stessi ambienti Dc.

Nè, d'altra parte le acque erano agitate solo nelle aree dorotee: anche

nella "Base" si fronteggiavano il vecchio leader Giovanni Marcora e l'

"emergente" Andrea Borruso, sostenuto da Comunione e Liberazione),

Page 53: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

ed il tasso di litigiosità, induceva ad un rinvio del congresso locale (Nota

5 marzo 1971 All. 1) in attesa del quale, Colombo restava in carica.

Prendeva quota, in questo quadro, la candidatura di Sangalli (anche

egli andreottiano, ma in posizione autonoma, a causa del suo legame con

la Coldiretti) alla segreteria cittadina, come espressione di un composito

cartello anti Colombo-Morazzoni (Nota 2 aprile 1971 All. 1)

Il congresso si teneva poi effettivamente fra il 24 ed il 25 aprile 1971,

terminando con una sostanziale tenuta delle correnti di sinistra,

nonostante le forti tensioni interne (All. 26 aprile 1971 All. 1).

Ma la tregua postcongressuale durava solo pochi mesi, dato il

sopraggiungere dell'elezione del Presidente della Repubblica, che

produceva un subitaneo inasprimento delle tensioni fra le correnti Dc: a

livello nazionale le destre del partito (dorotei rumoriani ed andreottiani,

fanfaniani, centristi e "pontieri" tavianei) puntavano sull'elezione del sen.

Fanfani (ed, in subordine, su quella di Rumor, Taviani o Leone), mentre

le sinistre (Morotei, Forze Nuove e Base) operavano a favore della

candidatura dell'on Moro. Fanfani, peraltro, poteva giovarsi anche del

sostanzioso appoggio del neo presidente della Montedison, Eugenio

Cefis.

Stando alle indiscrezioni raccolte dai confidenti dello Uaarr (Nota 21

dicembre 1971 All. 1), Rumor, parlando con un giornalista di

"Panorama", sarebbe giunto a sostenere che, una eventuale elezione di

Moro, avrebbe portato la Dc sulle soglie di una scissione.

Tali divisioni si ripercuotevano inevitabilmente sul partito milanese,

dove i dorotei delle varie tendenze si ritrovavano sulle posizioni

nazionali, favorevoli a Fanfani, mentre la sinistra di Base si spaccava fra

Marcora -che favorevole a Fanfani, essendosi avvicinato al segretario del

Page 54: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

partito, on. Forlani- e la maggioranza della corrente che, invece, restava

con l'on. Granelli filo-morotea (Nota 21 dicembre 1971 All.1).

Altra benzina sul fuoco provvedeva a spargerla De Carolis che

partecipava a Bologna ad una manifestazione con Edgardo Sogno,

attirandosi le ire di buona parte del partito (ibidem).

Riferisce l'informatore della "squadra 54" (Nota 15 ottobre 1971, All. 2):

<<All’inizio dell’anno si terrà il congresso cittadino della DC. E’

certa la vittoria degli ex dorotei guidati dall’attuale segretario e

presidente dell’assemblea regionale, avv. Gino Colombo. Con lui si

schiereranno, probabilmente, anche i fanfaniani, in passato

tradizionali alleati delle correnti di Base e di Forze Nuove. Capo dei

fanfaniani milanesi è l’assessore comunale Salvatore Cannarella. >>

In realtà, la ricomposizione degli equilibri appariva assai meno

scontata di quanto questa nota faccia pensare, perchè essa presupponeva

una accorta spartizione delle tre cariche principali (segreteria regionale,

provinciale e cittadina) fra le varie correnti e fra i diversi gruppi interni a

ciascuna di esse: se, infatti, gli equilibri generali, sino a quel momento, si

erano retti sul tacito accordo fra basisti di Marcora e dorotei, la

frammentazione di entrambe le correnti e l'emergere di ulteriori

contrasti all'interno dei singoli tronconi in cui esse andavano

suddividendosi, faceva si che quella vecchia intesa non fosse più

sufficiente e che, nei varchi aperti da tale situazione, si infilassero i

gruppi minori restati, sino a quel punto, ai margini del partito:

Page 55: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

<< La prossima primavera porterà interessanti novità all’interno della DC

milanese. Il partito dovrà infatti provvedere alla nomina del nuovo

segretario regionale (ora l’incarico è affidato al dott. Mazzotta della

corrente di Base) e alla convocazione dei congressi per la nomina del

segretario cittadino (ora è l’avv. Colombo, doroteo) e del segretario

provinciale (ora è l’avv. Ferrari, basista). Le ultime informazioni danno

per sicure le riconferme di Colombo e di Ferrari, mentre sarebbe

altrettanto certa la sostituzione del dott. Mazzotta.

Se i basisti riusciranno a conservare quella poltrona l’affideranno al dott.

Cartotto, ex dirigente del movimento giovanile e amico del sen. Marcora.

Ma gli uomini di Forze Nuove, a Milano guidati dall’on. Vittorino

Colombo, insistono per avere assegnata una delle tre segreterie, e

precisamente quella regionale. Tutto potrebbe invece essere messo in

discussione se il contrasto esistente all’interno della corrente di base tra il

sen. Marcora e il vice sindaco di Milano, dott. Borruso, dovesse sfociare in

una vera e propria frattura della corrente. Secondo i dorotei la scissione

sarebbe inevitabile; gli uomini di Forze Nuove, invece, ritengono che

all’ultimo momento sarà possibile mettere una pezza. (Nota 29 ottobre

1971) All. 2

Le elezioni anticipate, ovviamente, inducevano nuovi motivi di attrito a

causa della formazione delle liste. In particolare la corrente di Base subì

una ulteriore divaricazione fra i tre gruppi che la componevano

(Marcora, Granelli e Borruso). In particolare, Marcora avrebbe cercato di

sostenere le candidature dei suoi più stretti collaboratori (Nadir

Tedeschi, Roberto Mazzotta e Ferrari) ai danni dei suoi concorrenti di

gruppo.

Page 56: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Problemi analoghi si registravano nel gruppo andreottiano guidato

dall'on.Sangalli, dove aspiravano ad un buon piazzamento -in

concorrenza fra loro- anche il capogruppo in consiglio comunale,

Massimo De Carolis, e l'amministratrore delegato della MM Salvini (che

di De Carolis aveva chiesto da poco l'espulsione per la sua

partecipazione all'iniziativa con Sogno). De Carolis, stando alle notizie

confidenziali, avrebbe goduto dell'appoggio della Montedison, essendosi

particolarmente legato al presidente Eugenio Cefis.

Contemporaneamente l'on. Carenini (corrente Rumor-Piccoli),

sentendosi poco sicuro nella circoscrizione milanese, cercava di ottenere

un collegio sicuro in Veneto, ma si scontrava con la decisa opposizione

tanto del segretario del partito Forlani, quanto dell'on. Andreotti (Nota

29 febbraio 1972 All. 1).

Altri problemi insorgevano con le Acli che, dal tradizionale

collateralismo con la Dc, passavano in una posizione molto spinta di

sinistra. In particolare a Milano (dove più forti apparivano gli

orientamenti di sinistra ispirati dall'ex presidente Livio Labor) si

giungeva a manifesti firmati congiuntamente da Pci, Psiup e Acli,

fortemente polemici verso la Dc nella quale, ovviamente, si innescavano

reazioni particolarmente dure nei confronti dell'associazione dei

lavoratori cristiani (Lettera del Questore di Milano dell'11 marzo 1972,

prot. 05142/UP, All. 1).

Superate le elezioni politiche (che vedevano rieletti tutti i capicorrente

già presenti in Parlamento con l'aggiunta, per la prima volta, di Roberto

Mazzotta), l'avv. Colombo dava seguito al suo proposito di dimettersi

dalla segreteria cittadina della Dc milanese, per far eleggere al suo posto

Gaetano Morazzoni (nota 23 giugno 1972) ma il progetto subiva nuove

Page 57: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

complicazioni per l'evolversi della situazione politica nazionale. Infatti,

la formazione del nuovo governo, dopo le elezioni politiche del 7

maggio, portava al "siluramento" dell'ex presidente del Consiglio

Colombo che, in qualche modo, ne attribuiva la responsabilità al suo

socio di corrente Andreotti; ne seguiva l'ennesima scissione della

corrente fra Andreottiani e Colombei, che si rifletteva puntualmente a

Milano, dove il gruppo di Colombo e Salvini passava con Colombo,

mentre Sangalli e Morazzoni restavano con Andreotti (Nota 28 luglio

1972 All. 1) e questo rimescolamento delle carte metteva in pericolo il

controllo della segreteria cittadina da parte della corrente indebolita

dalla scissione.

Dietro la rottura fra Colombo e Morazzoni, per la verità, non sembrano

esserci stati solo motivi di ordine strettamente politico, ma un intreccio

fra essi ed altri di natura più privata, in questa sede non rilevanti (Nota 6

ottobre 1972, All. 1). In ogni caso, Morazzoni, forse per demarcare la sua

posizione politica da quella del suo ex mentore, si poneva a capo di uno

schieramento -minoritario, ma non del tutto irrilevante- favorevole a

rompere l'alleanza con i socialisti al comune e tornare ad una formula

centrista.

Contro la manovra di Morazzoni, Colombo trovava solidarietà in

diversi esponenti della destra della corrente, fra cui il capogruppo

comunale De Carolis (Nota 13 ottobre 1972 All. 1), il che lo induceva a

ripresentare la sua candidatura a segretario cittadino. La situazione

dell'arcipelago doroteo, pertanto, appariva la seguente:

<<...In realtà sotto la sigla dei dorotei si riuniscono ora una serie di

frazioni. Da destra: la pattuglia dell'on. Carenini al quale si è

Page 58: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

affiancato il capo del gruppo consiliare a Palazzo Marino avv.

Massimo De Carolis. Carenini è molto legato, in sede nazionale, agli

onorevoli Bisaglia e Moro. De Carolis è uomo di Cefis e di alcuni

grandi editori tra i quali Mazzocchi e Rusconi. Poi viene il gruppetto

degli amici dell'on. Andreotti, guidato dal Deputato Carlo Sangalli e

dal dott. Gaetano Morazzoni, presidente della società per gli

aereoporti, più a sinistra, infine, il gruppo degli amici dell'on.

Valsecchi , dell'ex presidente Colombo e in genere, di tutto il settore

tradizionalista dei dorotei, che fa capo l'avv.Antonio Salvini,

consigliere delegato della società per la Metropolitana .

Al di sopra di tutti si è posto il segretario Colombo, che gode, a

Roma, della incondizionata fiducia di Rumor e di Piccoli. (Nota 21

novembre 1972. All. 1) >>

La "lite in famiglia", in ogni caso, non pregiudicava il successo del

blocco di centro destra (composto dalle diverse tribù dorotee, oltre che

dai fanfaniani di Cannarella), che, nei precongressi sezionali, vedevano

aumentare di oltre il 10% i loro suffragi rispetto al precedente congresso,

ad evidente danno del contrapposto cartello delle sinistre (composto dai

basisti di Marcora, da quelli dissidenti di Borruso, dai forzanovisti di

Vittorino Colombo e dai morotei di Pierantonio Berté) che vedeva

rapidamente sfumare il 47% conquistato nella precedente assise (Nota

del 10 novembre 1972 All. 1.

Le sinistre, pertanto, si ritiravano in attesa di tempi migliori che,

peraltro, si speravano assai prossimi. Infatti, il prossimo congresso

nazionale -fissato per la primavera del 1973- offriva una occasione ideale

Page 59: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

di rivincita che si sperava di fatr precedere dalla caduta del governo di

centro-destra presieduto da Andreotti:

Il senatore Marcora ha incaricato Grampa di comunicare, con molta

discrezione, ai dirigenti milanesi della sinistra Dc che il governo

Andreotti sarà costretto alle dimissioni dopo la conferenza

economica nazionale promossa della Dc e che avrà luogo a Perugia

nelle prossime settimane.

Secondo Marcora, il gruppo Rumor-Piccoli avrebbe deciso di far

cadere Andreotti sul terreno della politica economica per agevolare

l'eliminazione del partito liberale dalla coalizione di Governo. (Nota

17 novembre 1972. All. 1)

Dello stesso tenore appare anche una nota successiva di pochi giorni:

<< Da persone vicine al Ministro Valsecchi si apprende, che nella

Democrazia Cristiana è in corso una dura lotta interna . Le correnti

di sinistra del partito stesso stanno lavorando, perché il governo

Andreotti, cada al più presto. >> (Nota 26 novembre 1972. All. 1)

Tornando alle vidende interne ai dorotei, lo scontro "in famiglia" fra

Colombo e Morazzoni vedeva soccombere nettamente il secondo, con

circa 2.000 voti di preferenza contro i 6.000 andati al primo (Nota 17

novembre 1972 All. 1). e, conseguentemente, l'avv. Colombo vinceva il

congresso cittadino, ottenendo la riconferma come segretario.

Page 60: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Tuttavia, il congresso non restava privo di conseguenze: gli

andreottiani di Morazzoni e Sangalli, vistisi penalizzati anche nella

attribuzione degli incarichi minori, reagivano negando il loro voto per la

conferma dell'avv. Colombo alla segreteria cittadina; in questo modo la

rottura fra i dorotei milanesi veniva ufficializzata e, parallelamente,

prendeva corpo l'idea di una maggioranza trasversale fra il gruppo dei

dorotei di Colombo e quello dei Basisti di Marcora, sciogliendo così i

cartelli iniziali (Nota 1 dicembre 1972 All. 1).

Dunque, l'avv. Colombo raccoglieva la sfida lanciatagli da Morazzoni

aprendo una "campagna acquisti" fra i suoi seguaci.

Lo scontro si spostava poi su un altro terreno: la presidenza della

Scocietà aeroportuale, la Sea -al momento detenuta da Morazzoni- della

quale Colombo cercava di ottenere il controllo. Il neo andreottiano, per

non avere troppe difficoltà con il sindacato, aveva accettato di far entrare

nel CdA un comunista, il dott. Giuseppe Stante, che rappresentava il Pci

anche nel CdA della Banca popolare di Milano.

Su questo punto iniziava una serrata campagna delle correnti di destra

della Dc per ottenere le dimissioni di Morazzoni. L'episodio merita un

cenno in più, relativamente alla campagna scatenata da De Carolis con la

sua agenzia (e ripresa dal settimanale "Lo Specchio" -Nota 15 dicembre

1972 All. 1-), per quanto veniamo a sapere sulla singolare figura del

dott. Stante:

<<...Il medesimo, sembra che abbia organizzato e che tuttora

continui, il gioco d’azzardo, nella predetta sede sportiva,

affidandone la realizzazione ad un suo uomo di fiducia, Franco

Nucci, regista cinematografico alla deriva, in passato legato ad

Page 61: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

attività informative del noto ex-funzionario di Polizia dott. Walter

Beneforti. >> (Nota 5 dicembre 1972. All. 1)

Peraltro, appena conclusosi il congresso cittadino, la partita si riapriva

per il sopraggiungere del congresso nazionale, previsto per la primavera

del 1973 (dopo qualche rinvio, si terrà a fine giugno a Roma) che,

ovviamente, spingeva ad una nuova conta, complicata, per di più, dalla

"campagna acquisti" aperta dalle correnti nazionali. In particolare, Moro

e Rumor, nel tentativo di rafforzare le proprie posizioni a Milano,

cercavano di acquisire alle rispettive correnti il gruppo "libero" più

consistente sul mercato milanese: quello di Andrea Borruso (Nota 16

gennaio 1973).

Si profilava, così un nuovo "rimescolamento di carte": l'avv. Colombo

restava alla testa dei dorotei rumoriani, mentre Morazzoni e Sangalli -

che attraevano nella propria orbita anche la corrente della "Coldiretti"-

attendevano segnali dal centro nazionale della corrente andreottiana per

decidere se presentare una propria mozione; la Base registrava il

definitivo scisma di Borruso, mentre De Carolis manteneva il riserbo

sulle proprie intenzioni (Nota 30 gennaio 1973 All. 1).

La crescente entropia delle correnti democristiane produceva

fisiologicamente la ricerca di ulteriori spazi di potere esterni al partito

per poter trovare un punto di equilibrio fra le crescenti pretese di ogni

gruppo interno.

Questa ricerca (ne fu sintomo anche la vagheggiata rottura con i

socialisti al Comune di cui si è appena detto) portava inevitabilmente a

collidere pesantemente con il principale alleato, il Psi che, per parte sua,

attraversava un'analoga fase di entropia interna. Il terreno di scontro

Page 62: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

immediato fu quello delle banche. Craxi, a nome del Psi milanese, fece

sapere che, qualora la Dc avesse proceduto a sottrarre al Psi la Banca del

Monte (presidente ne era Tommaso Pesce, fedelissimo di Craxi) questo

avrebbe provocato l'immediato ritiro dei socialisti dalle maggioranze di

comune, provincia e regione (Nota 2 febbraio 1973 All. 1).

Ma il tentativo Dc di eliminare i socialisti dalle banche milanesi

proseguì ugualmente, per prendere decisamente corpo sul finire di

marzo, quando il segretario nazionale Forlani ed il Presidente del

Consiglio Andreotti dichiararono di non ritenere più validi i precedenti

accordi e prospettarono un organigramma che dava qualcosa in più a

socialdemocratici e liberali, ma eliminava del tutto la presenza socialista

dal mondo bancario milanese (Nota 30 marzo 1973 All. 1)

A fine aprile si concludeva il congresso provinciale della Dc, che,

attribuiva nuovamente la maggioranza relativa alla Base (pur se con un

calo,provocato dalla scissione di Borruso, pari al 3-4%), mentre subivano

una secca flessione i morotei ed incassava un discreto successo la

corrente rumoriana guidata dall'on. Carenini (Nota 20 aprile 1973).

Il quadro, di per sè non limpidissimo, diveniva ancor più fosco a causa

del sopraggiungere di un primo scandalo, acceso da una denuncia

dell'avvocato socialista Enrico Sbisà che aveva denunciato per alcune

malversazioni il consigliere delegato della MM Antonio Salvini,

esponente andreottiano. In realtà si trattava di ben piccola cosa (un

viaggio in Giappone -ufficialmente per motivi di studio- di una

delegazione di amministratori guidati da Salvini, per un importo di 10

milioni e una distrazione di alcune centiniaia di migliaia di lire a favore

dell'agenzia stampa dello stesso Salvini), ma tanto bastava al dott. Caizzi

(che gli informatori del maresciallo Alduzzi ci descrivono come assai

Page 63: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

vicino al Pri) per emettere avviso di reato ed avviare una inchiesta che

porterà a capi di imputazione più consistenti circa un anno dopo (Nota

29 marzo 1974).

Lo scandalo giungeva opportuno per alimentare gli attacchi alla giunta

comunale da parte delle opposizioni di Pri, Pli e Pci, mentre il Psi si

trovava costretto a far quadrato con la Dc ( e dunque "mollare" Sbisà),

sia per evitare una crisi della giunta Aniasi, sia per non abbandonare i

membri socialisti del CdA della MM (Nota 22 giugno 1973).

Nel frattempo la caduta del governo Andreotti ed il ritorno alla

coalizione di centrosinistra capovolgeva nuovamente la situazione: si

socialisti rientravano in gioco e, parallelamente, ripendevano fiato le

cortrenti della sinistra Dc, mentre Andreotti ed i suoi dovevano

affrontare un difficile periodo di emarginazione, e ciò si rifletteva

nuovamente a Milano dove, con l'approssimarsi del nuovo congresso

provinciale (previsto per la fine del febbraio del 1974) appariva

imminente la sostituzione del segretario avv. Ferrari che, per conto della

Sinistra di Base aveva retto l'incarico sin dal 1968 (Nota 19 febbraio 1974

All. 1):

<< La Dc si prepara al congresso provinciale di fine febbraio.

Secondo anticipazioni molto attendibili, l’operazione di alleanza

quasi generale promossa dall’avv. Colombo, sta dando buoni

risultati.

Domenica scorsa, la coalizione dorotea si è spaccata in due tronconi,

così come l’avv. Colombo desiderava. Egli ha eliminato l’ala

andreottiana, che è capitanata dall’on. Carlo Sangalli; dal presidente

della SEA dott. Gaetano Morazzoni e dall’on. Egidio Carenini.

Page 64: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Questo gruppetto che non arriverà al 10% dei voti costituirà anche

ufficialmente l’ala destra dello schieramento politico democristiano a

Milano. A sinistra sarà esclusa dalla maggioranza l’ala di “Forze

Nuove” guidata dagli on.li Vittorino Colombo e Marzotto.

La coalizione comprenderà il gruppo Rumor, quello di Moro, di

Fanfani e della sinistra di Base guidata dal sen. Marcora. Segretario

provinciale sarà il basista Frigerio.>> (Nota 29 gennaio 1974 All. 2)

Il congresso terminava sancendo l'alleanza fra il gruppo doroteo (la

nota 1° marzo 1974 All. 1 riporta erratamente "moroteo" per un evidente

refuso) dell'avv. Colombo e quello basista di Marcora, cui si

aggiungevano i fanfaniani. In realtà, l'alleanza fra Colombo e Marcora

era solo l'ufficializzazione di una antica e tacita entente cordiale su cui si

erano retti gli equilibri del partito per circa un decennio. All'opposizione

restavano Forze Nuove e andreottiani:

<< La nomina del dott. Frigerio a segretario provinciale della Dc, in

sostituzione dell’avv. Ferrari ha chiuso una battaglia che durava

ormai da un anno e che doveva segnare l’inizio del declino del

predominio del senatore Marcora in Lombardia.

Il dott. Frigerio appartiene alla corrente di Base, come l’avv. Ferrari,

ma fa parte del gruppo del dott. Cartotto, che ormai ha assunto il

controllo di almeno la metà della corrente di Base in provincia di

Milano .

L’affermazione di Cartotto si deve anche all’alleanza che egli ha

stabilito con il capo della corrente moderata avv. Gino Colombo.

Page 65: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

La suddivisione degli incarichi, al riguardo, è sintomatica: la

segreteria politica al basista Frigerio, la segreteria amministrativa al

doroteo Bruschi.

I vice segretari, Morazzoni andreottiano, Tedeschi Forze Nuove, non

avranno praticamente alcun potere, ma la loro presenza in seno alla

segreteria servirà per dire che l’accordo è unitario.>> (Nota 12 marzo

1974 All. 2)

L'intesa a livello provinciale poneva contestualmente il problema della

segreteria cittadina, dove, sin dal 1970, l'avv. Gino Colombo manteneva

l'incarico in regime di eterna prorogatio essendo falliti, come abbiamo

visto, tutti i tentativi di una successione a lui gradita:

<< Il segretario cittadino della Dc milanese avv. Gino Colombo

lascerà il suo incarico dopo le ferie estive. La decisione è ormai

ufficiale, anche se ancora resta molto incerta la successione. Secondo

notizie di buona fonte in occasione del recente consiglio nazionale

l’avv. Colombo ha discusso il problema con il segretario Fanfani. Il

gruppo doroteo di Milano dispone di scarsi elementi rappresentativi

anche se è la seconda corrente del partito a Milano e in Lombardia.

Le stesse fonti affermano che la candidatura più probabile è quella

del fanfaniano avv. La Russa, che attualmente riveste la carica di vice

segretario cittadino. Il La Russa, per quanto fanfaniano, è persona

molto gradita all’avv. Colombo. Questi, portando avanti la

candidatura dell’avv. La Russa, intende ottenere in sede romana il

consenso e l’appoggio del sen. Fanfani, che da tempo cerca una

posizione di prestigio a Milano, ma che fino ad ora non era mai

Page 66: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

riuscito ad ottenerla. I fanfaniai, a Milano, infatti, raccolgono poco

più del 10% dei voti tra gli iscritti al partito.>> (Nota 23 luglio 1974

All. 2)

Ma i problemi della Dc milanese non si esaurivano nel moto perpetuo

degli organigrammi e delle correnti: il referendum del 12 maggio 1974

aveva segnato una secca sconfitta per la Dc a livello nazionale - con il

59,1% dei No all'abrogazione del divorzio-. A Milano le cose erano

andate anche peggio: alle politiche di due anni prima, i partiti

antidivorzisti (Dc e Msi) avevano ottenuto 1.034.792 voti, ma al

referendum i Si erano stati solo 798.806, pari al 32,26%. Anche le

amministrative parziali svoltesi in Lombardia fra il 1973 ed il 1974

avevano fatto registrare numerosi segnali d'allarme con il passaggio

della maggior parte dei comuni interessati a giunte di sinistra.

Per la primavera del 1975 era previsto il turno generale di

amministrative, nel quale si sarebbero rinnovati tanto i consigli delle

regioni a statuto ordinario -fra cui, appunto, la Lombardia- quanto i

consigli comunali e provinciali più importanti della regione, a

cominciare da Milano e i pronostici apparivano scarsamente favorevoli

alla Dc, anche perchè il Psi aveva manifestato chiaramente la sua

intenzione di preferire, ove possibile, dar vita a giunte di sinistra con il

Pci, piuttosto che tornare al centro sinistra con la Dc. Ciò non di meno, il

gruppo dirigente della Dc lombarda -forse convinto che la flessione

sarebbe stata contenuta e, alla fine, tale da non determinare un

ribaltamento della maggioranza- affrontò le elezioni ripiegata sui propri

problemi interni e poco attenta a recuperare il terreno perso nella

pubblica opinione. In particolare, preoccupava i dirigenti dc milanesi

Page 67: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

l'eccessiva popolarità dell'avv. Massimo De Carolis che, praticamente

isolato nel partito, godeva di un notevole seguito elettorale personale per

la sue iniziative in chiave anticomunista. Per questa ragione, le varie

correnti si accordarono per evitare che De Carolis risultasse primo degli

eletti in modo da non rieleggerlo capogruppo comunale. A soccorrere il

pericolante leader della Maggioranza Silenziosa giungeva l'attentato

delle Brigate Rosse:

<< Il ferimento dell’avv. De Carolis ha rimesso in discussione tutta

le strategia della campagna elettorale democristiana.

Quasi tutti gli ambienti della Dc milanese, soprattutto il gruppo

doroteo dell’avv. Colombo e del dott. Morazzoni, erano ben decisi ad

appoggiare altri candidati tra i quali l’ex-basista e vice sindaco di

Milano dott. Andrea Borruso, per evitare che De Carolis risultasse -

primo degli eletti a Palazzo Marino.

Gli avvenimenti di ieri creeranno forse un fatto nuovo.

Costringeranno, cioè, tutta la Dc milanese a fare quadrato attorno a

De Carolis, che potrebbe diventare, contro la volontà di tutti, la

bandiera della Dc milanese.

A cosi poche ore di distanza, ogni previsione, tuttavia è

prematura.>> (Nota 16 maggio 1975. All. 1)

Come è noto, l'avv. De Carolis otterrà un notevole successo personale

che gli spianerà la strada - in occasione delle elezioni politiche dell'anno

seguente- del Parlamento. Al contrario le cose andranno assai male per

la Dc che perderà sia la giunta comunale che quella provinciale (così

come perderà le regioni Piemonte, Marche e Lazio, oltre ai comuni di

Page 68: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Torino, Roma, Genova, Venezia e Napoli): la più grave sconfitta subita

dalla Dc dalla Liberazione sino al 1983. In questo esito così pesante, un

ruolo notevole sarà giocato dai numerosi episodi di corruzione e

malversazione emersi in quegli anni e proprio la Dc milanese fu

particolarmente investita da tale ondata. 6) Gli scandali Cipes e Coi-Casa.

Già nel febbraio del 1972, l'informatore della "squadra 54" segnalava

<< Per il momento si è potuto apprendere, soltanto, che la DC ha già

deciso di appoggiare in forma massiccia l’onorevole Franco Verga

presidente del Centro Orientamento Immigrati, che nel 1968 fu eletto

con 34 mila voti di preferenza. L'onorevole Verga ha dichiarato

d'aver firmato oltre trecento milioni di cambiali e che una sua

eventuale caduta alle elezioni metterebbero in moto un movimento

negativo che lo porterebbero al fallimento.>> (Nota 11 febbraio 1972.

All. 1)

Infatti, l'onorevole Verga, della sinistra di Base, nell'ambito delle sue

iniziative a favore degli immigrati meridionali -che costituivano la parte

prevalente della sua clientela elettorale- aveva dato vita a due consorzi

per l'acquisto di abitazioni in cooperativa (Coi-Casa e Coi-Domus); ma,

ben presto, i fondi così raccolti, erano serviti per altri scopi (campagne

elettorali, mantenimento dell'apparato di corrente ecc.), di qui le

preoccupazioni dell'onorevole per una sua mancata rielezione che,

Page 69: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

inevitabilmente, avrebbe portato allo scoperto gli ammanchi. L'on Verga

venne rieletto nelle elezioni del 7 maggio 1972, ma, sfortunatamente per

lui, ciò non bastò a sanare la difficile situazione e, infatti, un anno e

mezzo dopo, l'informatore del maresciallo Alduzzi tornava a riferire:

<< Negli ambienti della Democrazia Cristiana milanese, sta creando

viva apprensione la situazione finanziaria del Centro Orientamento

Immigrati fondato alcuni anni addietro e presieduto dall’ on. Franco

Verga.

Negli ultimi mesi la posizione contabile del Centro si è fatta

ulteriormente pesante e viene confermato che i debiti ascendono a

non meno di settecento milioni. Per la maggior parte si tratta di

cambiali e di assegni che l'on.Verga ed i suoi collaboratori hanno

speso a piene mani. In massima parte si tratta di assegni di favore

che il Verga si è fatto consegnare da amministratori e presidenti di

cooperative edilizie, alle quali aveva promesso aree a buon prezzo e

prestiti dalla Cassa di Risparmio. L'on. Verga due anni addietro

aveva creato due consorzi edilizi: il Coi-Casa. ed il Coi-Domus che

hanno assolto, appunto, alla funzione di specchietto per le allodole,

nei confronti di cooperative e di imprese di costruzione. Il mese

scorso, nella speranza di evitare uno scandalo, che scoppierà presto o

tardi, il segretario cittadino della Dc, avv. Gino Colombo, aveva

incaricato il dott. Pietro Bruschi, persona molto esperta, in questioni

cooperativistiche ed amministrative, di assumere la presidenza del

Coi e di liquidare tutte le pendenze dell'on. Verga, il quale aveva

denunciato debiti per circa, 150 milioni di lire. Il dott. Bruschi voleva

rilevare le posizioni delle cooperative edilizie ed affidare le

Page 70: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

costruzioni ad un complesso costituito due anni fa dal dott. Cartotto,

esponente della Corrente di Base, e che funziona molto bene. Si tratta

del Consorzio Cepis. Ma la verifica dei creditori ha portato alla

scoperta che i debiti superano i 700 milioni di lire. Donde la

decisione del Bruschi e del Colombo di abbandonare l' on. Verga al

suo destino.Il dott. Bruschi ha già rassegnato le dimissioni da

presidente del Coi.>> (Nota 7 dicembre 1973. All. 1)

In realtà, il consorzio presieduto dal Cartotto (che si chiamava Cipes e

non Cepis) non navigava affatto in acque migliori di quelle del Coi-Casa

ed, anzi, rappresentava una gatta ancor peggiore da pelare.Il Cipes era

stato promosso qualche anno addietro da una cordata base-dorotei

(l'antica intesa Colombo-Marcora) e, per le stesse ragioni che avevano

prodotto il dissesto del Coi-Casa, si trovava in una situazione ancor più

critica:

<< Neppure i risultati elettorali, negativi anche nei piccoli centri

della provincia di Milano, e la formazione del Governo, hanno

distratto un gruppo di dirigenti della DC milanese e romana, che

stanno discutendo il salvataggio del Consorzio edilizio Cipes, che le

correnti di Base e dorotea avevano costituito nel 1970 e che ora si

trova sull’orlo del fallimento mancando una quindicina di miliardi

per completare il programma di lavoro che era stato predisposto.

Presidente è attualmente il dott. Dal Miglio ma fino a pochi mesi fa

la carica era tenuta dal basista Enzo Cartotto entrambi molto legati al

senatore Marcora. Le trattative vengono condotte prevalentemente

dal vicepresidente della Cassa di Risparmio, avv. Camillo Ferrari il

Page 71: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

quale tende ad eliminare il gruppo dei dorotei che fanno parte del

Cipes, sia pure in minoranza, e che è guidata dal segretario cittadino,

avv. Gino Colombo.

Pare che i soldi siano stati reperiti presso una banca tedesca

controllata dai sindacati cattolici, ma adesso la situazione diventa

pesante in quanto non riescono ancora a trovare un accordo sul

nome della persona che gestirà la somma e sui modi di spenderla. I

dorotei vorrebbero che fosse completato rapidamente il programma

edilizio, i basisti, invece, sono più favorevoli a cercare il modo di

mettere in moto alcune operazioni speculative, guadagnare del

denaro e poi completare le case.

Intanto continuano le proteste dei circa 3.000 soci che hanno versato

anticipi anche di parecchi milioni e che ancora non hanno avuto la

casa. Si teme che qualcuno di essi presenti un esposto alla Procura

della Repubblica. Se ciò accadesse, dicono i Dc, lo scandalo sarebbe

di dimensioni nazionali e parecchi degli attuali esponenti della Dc

milanese finirebbero sul banco degli imputati per bancarotta.>>

(Nota 22 novembre 1974. All. 1)

La situazione peggiorava rapidamente:

<< La vita interna della D.C. milanese è stata caratterizzata nella

scorsa settimana da una serie de febbrili incontri a tutti i livelli per

trovare una soluzione ai gravi problemi di natura finanziaria che

attanagliano i due massimi settori finanziari della Dc milanese e

lombarda: il Cipes ed il Coi-Casa In entrambi i casi, la situazione di

cassa è notevolmente pesante (non meno di quattro o cinque miliardi

Page 72: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

di disavanzo), mentre oltre tremila soci, che hanno anticipato il

denaro, attendono d’ essere immessi nelle case che sono state loro

promesse. Purtroppo, in entrambi, i casi, notevoli somme - non meno

di tre miliardi - sono stati sottratti per interessi di partito, di corrente

o di gruppetti ed ora non si sa come uscirne.

La corrente democristiana più compromessa in questa vicenda è

quella di Base che proprio a Milano fa capo all’attuale ministro

dell’Agricoltura, sen. Marcora. Ma, sia pure parzialmente nello

scandalo che potrà travolgere da un momento all’altro il Cipes è

coinvolta anche la corrente dorotea. Anzi in prima persona, compare

il capo dei dorotei lombardi, il presidente della giunta regionale, avv.

Gino Colombo. Secondo notizie di buona fonte, dei tre miliardi

scomparsi, due sarebbero andati alla corrente di Base e circa uno ai

dorotei. Da che parte è stato prelevato tanto denaro? … Dalle

cooperative, circa una ventina, che avevano affidato al Cipes

l’incarico di realizzare i loro programmi di edificazione. Le stesse

fonti informano che le cooperative danneggiate non potranno in

alcun modo rifarsi. Soprattutto perché di queste operazioni è

scomparsa ogni traccia e le cooperative non potranno mai provare d’

aver anticipato quei tre miliardi al Cipes e ai dirigenti della Dc

milanese.

I presidenti della varie cooperative proprio nei giorni scorsi sono

stati ricevuti dall’ ex vice-prefetto La Neve, persona molto legata agli

ambienti Dc, ed è stato convenuto che tutti i bilanci delle cooperative

danneggiate saranno “truccati” allo scopo di evitare le giuste

proteste dei soci delle medesime. La truffa resterà un segreto tra i

beneficiari ed i presidenti delle cooperative.

Page 73: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Tutto questo maneggio non è sfuggito all’altro gruppo cooperativo

della Dc lombarda nel settore dell’edilizia popolare: si tratta del Coi-

Casa e del Coi-Domus, che ha a sua volta raccolto un disavanzo che

supera il miliardo e mezzo di lire. Presidente dei due consorzi è il

basista on. Verga il quale ha chiesto l’intervento del partito per

evitare il fallimento e un ennesimo scandalo.

Nei giorni scorsi tutta la complicata matassa è finita nelle mani di un

gruppo di tre professionisti: un certo dott. Rocco, commercialista e

persona di fiducia del sen. Marcora; un certo dott. Corno di Lissone,

commercialista e persona di fiducia dell’avv. Colombo e l’avv.

Massimo De Carolis, vicesegretario cittadino della Dc. I tre stanno

studiando di affidare ad una grande impresa di costruzione forse la

Farsura, l’incarico di completare i piani di fabbricazione del Cipes,

del Coi-Domus e del Coi-Casa, allo scopo di risolvere tutto il

problema del rapporto con i soci che cominciano a inviare petizioni

ed a minacciare la pubblicazione di articoli sui giornali di sinistra. I

tre professionisti invece con l’appoggio della Cassa di Risparmio -

che si è già detta disponibile – risolverebbero i problemi di ordine

finanziario che si aggirano attorno ai venti miliardi. Le riunioni

continuano e dovrebbero concludersi prima di Natale. In caso

contrario, assisteremo ad uno dei più grossi scandali che mai si siano

verificati a Milano, e per la Dc sarebbe un gravissimo colpo. >>

(Nota 17 dicembre 1974. All. 1)

Né la situazione trovava sbocco nei tentativi che si susseguivano l'uno

all'altro, senza alcun esito concreto:

Page 74: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

<< La vicenda politica e finanziaria del consorzio Cipes e della

finanziaria Cefin è ancora più che mai al centro di una serie di

riunioni svoltesi nei giorni scorsi a Milano nella sede della Cefin, in

piazza Diaz, e negli uffici dei notabili della Dc.

Le ultime notizie, risalgono alla sera di giovedì, danno per

probabile il passaggio di tutte le attività a un gruppo romano-

siciliano guidato dal dott. Bozan (o Bazzan ), figlio dell’ex-presidente

del Banco di Sicilia processato e condannato per lo scandalo dei “

Gronchi rosa”, il quale attualmente è proprietario di una finanziaria.

Egli è appoggiato da Fanfani ed è persona di fiducia del

sottosegretario Lima.

Le stesse notizie dicono che al tavolo delle trattative si sia seduto,

come protettore degli ex-amministratori del Cipes, l’ ex-ministro

Ripamonti, il quale, in questo momento, ha assunto a Milano la

funzione di anti-Marcora. In altre parole sia il Cipes, che la Cefin, che

ruotavano nell’ orbita della corrente di Base, si spostano sotto il

controllo dei fanfaniani, i quali sperano, a Milano, di rompere il

gruppo basista, o meglio di mettere in minoranza all’ interno di esso

l’ attuale ministro dell’ Agricoltura.

Le trattative continuano, ma le ultime mosse sono state rinviate a

quando Marcora tornerà a Milano per le ferie di Natale.>> (Nota 20

dicembre 1974. All. 1)

Il protrarsi della sofferenza finanziaria dei due consorzi portava

inevitabilmente la questione in sede giudiziaria, sia per l'iniziativa di

alcuni soci truffati, sia perchè la compattezza del fronte degli

amministratori iniziava a cedere e si manifestavano le prime defezioni:

Page 75: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

<< …2°)-negli ambienti della sinistra D.C. si annunciano a breve

scadenza gravi rivelazioni sul caso del Cipes. Uno dei consiglieri

d’amministrazione della Finanziaria Cefin, collegata al Cipes, l’avv.

Roberto Valenza avrebbe annunziato ad un gruppo di amici d’essere

pronto a depositare in Procura della Repubblica tutta la

documentazione sulla truffaldina attività del Cipes e delle società

collegate, tra le quali appunto la Cefin. Egli avrebbe chiesto udienza

al giudice Turone, al quale è legato da vecchia amicizia. La bomba

potrebbe scoppiare prima delle elezioni del 15 giugno. Una decisione

è stata rinviata a un nuovo colloquio tra l’avv. Valenza, che è di

obbedienza fanfaniana, e l’avv. Gino Colombo;…>> (Nota 13

maggio 1975. All. 1)

Ad intorbidare ulteriormente le già poco limpide acque, provvedeva

anche il gruppo collegato a De Carolis, cui non sembrava vero di poter

regolare qualche conto con gli antichi nemici della sinistra di Base e del

guppo di Gino Colombo:

<< Negli ambienti democristiani milanesi viene confermata la notizia

pubblicata la scorsa settimana dall’agenzia giornalistica Anipe, che è

diretta dal dott. Michele Ricci Darcangelo e che è sovvenzionata dal

capo della corrente più estrema della destra democristiana, avv.

Massimo De Carolis. Secondo tale agenzia venerdi scorso sarebbero

venuti alle mani per motivi strettamente legati alla divisione del

potere all’interno della corrente dorotea lombarda, il segretario

Page 76: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

cittadino della Dc avv. Gino Colombo, il vice-segretario provinciale

dott. Gaetano Morazzoni e l’on. Carlo Sangalli. Il primo contro il

secondo e il terzo. Al termine della colluttazione, avvenuta alla sede

della Dc di via Camminadella, l’on., Sangalli avrebbe avuto la peggio

e sarebbe stato ricoverato per alcune ore in una clinica cittadina. Lo

scontro tra l’avv. Colombo e il dott. Morazzoni sarebbe poi

continuato nella sede della Dc in via Nirone e ad esso avrebbe

partecipato anche il vice-presidente della Cassa di Risparmio avv.

Camillo Ferrari, il quale avrebbe preso le difese del Morazzoni.

L’avv. Colombo avrebbe minacciato entrambi con una pistola.

La notizia -vera perché confermata anche dall’avv. Colombo- mette

in luce lo stato di tensione che esiste in seno alla Dc milanese. Ieri è

giunto da Roma allo scopo di tentare alcuni accomodamenti anche il

redattore capo del “Popolo”, dott. Pellegrini (che alloggia al

Continental), il quale è molto legato all’on. De Mita.

Il problema di fondo resta quello dei rapporti tra il partito (correnti

di sinistra e il gruppo Colombo) con il gruppo De Carolis. Alcuni

vorrebbero che De Carolis fosse addirittura espulso dal partito.

Intanto è stato deciso di non riconfermare De Carolis capo del

gruppo consigliare a Palazzo Marino. L’incarico andrà al dott.

Borruso del gruppo “Comunione e Liberazione”. >> (Nota 27 giugno

1975. All. 1)

" Lo stato di tensione che esiste in seno alla Dc...": come dire che nella

notte di San Valentino "erano tutti molto nervosi"...

Page 77: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Ed è in questo clima che nascono tanto l'uso scandalistico della vicenda

da parte di De Carolis, quanto il progetto degli altri di defenestrarlo.

Progetto che, come abbiamo detto, avrà limitato esito anche a causa della

sagace iniziativa brigatista.

Un gruppo dirigente così dilaniato, naturalmente, non era

minimamente in grado di far fronte alle falle che andavano aprendosi

una dietro l'altra: in luglio l'ex direttore generale del Cipes, Marcello

Campanini -da tempo in rotta con la Dc, di cui non aveva rinnovato la

tessera- manifestava la volontà di diffendersi rivelando quanto a sua

conoscenza:

<<…Il Campanini, a quanto è dato di sapere vorrebbe pubblicare a

puntate tutti i documenti riguardanti la gestione del Cipes e in modo

particolare quelli attinenti i finanziamenti concessi a molti uomini

politici democristiani e non democristiani di Milano e della

Lombardia.

Secondo anticipazioni di buona fonte sul numero che sarà spedito ai

giornali nella giornata di oggi l’Anipe accuserà il capo del gruppo

consiliare della Dc in regione, il basista Guzzetti di Como di aver

prelevato come sovvenzione – non meglio indicata – la somma di £

5.000.000 dalle casse del Cipes. Secondo l'Anipe, il Guzzetti, tramite

il centro Kennedy di Como, avrebbe collocato nell'orbita del Cipes

alcune cooperative edilizie di Como, i cui soci sono stati, a loro volta,

truffati. Tra qualche giorno l'Anipe pubblicherà anche la notizia che

il segretario priovinciale del Psi, Luigi Vertemati, riceveva un

assegno mensile di 1 milione per agevolare il rilascio delle licenze

Page 78: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

edilizie al Cipes nei comuni controllati dai socialisti>> (Nota 15

luglio 1975. All. 1)

Parallelamente a queste vicende, precipitava la situazione del Coi-

Casa: in giugno erano arrivati i primi mandati di cattura per i dirigenti

amministrativi del consorzio; il 3 luglio si costituiva il presidente della

cooperativa, Sergio Bettarello che, appena giunto a San Vittore, iniziava

a deporre accusando l'on. Verga di essere il vero responsabile della

situazione e fornendo molti documentati particolari a sostegno della sua

tesi. In particolare, Bettarello accusò il deputato democristiano di aver

illecitamente intascato il 5% delle vendite immobiliari del consorzio. Il 25

luglio il parlamentare riceveva un avviso di re ato per truffa ai danni

dello Stato, bancarotta fraudolenta e associazione a delinquere.

Verga tentava di difendersi con una mossa disperata: pubblicava -sul

Corriere della Sera del 28 luglio- una lettera al neo segretario della Dc

Zaccagnini, chiedendogli di intervenire per ripianare il disavanzo del

Coi Nord, ma la lettera resterà senza alcuna risposta:

<< Contemporaneamente offre le sue dimissioni da deputato ma,

ancora, non viene ascoltato. Forse qualcuno si ricorda di quando,

non molto tempo prima, arrivò a tentare di vendere il proprio seggio

al primo dei non eletti nella sia circoscrizione. O forse qualcuno

ritiene che si sia bruciato troppo. >> (Quotidiano dei Lavoratori 29

agosto 1975, p. 2).

Alle sei del mattino del 28 agosto 1975, l'on Verga veniva trovato

annegato in una fontana, sormontata dalla statua di S. Antonio,

Page 79: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

all'angolo fra via Farini e via Ferrari. Ai piedi della statua veniva

rinvenuta una lettera nella quale Verga chiedeva scusa per il suo gesto,

esprimendo la speranza che esso potesse, in qualche modo, giovare alle

106 famiglie che rischiavano di perdere la casa per il dissesto dei Coi

Nord. Nella lettera di precisava che la decisione suicida era maturata nel

giorno in cui cadeva il novantottesimo anniversario della morte di Santa

Teresa del Bambin Gesù. In mano, il deputato aveva un rosario, in tasca,

accanto alle foto dei genitori, una immagine della stessa Santa Teresa ed

un'altra corona del rosario.

Una veloce istruttoria concluse che si era trattato effettivamente di

suicidio, ma senza nascondere diversi dubbi. E di dubbi, in verità, non

ne mancano neppure a distanza di ventisette anni: suicidarsi tenendo

forzatamente la testa nell'acqua non è cosa che appare nè facile nè

probabile. In secondo luogo, l'on Verga era un convinto cattolico:

possiamo agevolmente riconoscere che non mancano esempi di cattolici,

anche ferventi, che si siano tolti la vita, ma, per quanto nessuno può dire

cosa passi per la mente di un uomo in quei frangenti, la scelta della

fontana sormontata da una statua di S. Antonio, la precisazione, nella

lettera, che la decisione di uccidersi era stata presa nell'anniversario della

morte di Santa Teresa del Bambin Gesù -come se si trattasse di una

buona azione- e tutto quell'apparato di santini e rosari, a far da

scenografia ad un atto così violentemente contrario alla morale cattolica,

lascia il sentore di una grottesca messa in scena.

In ogni caso, la scomparsa di Verga non giovava affatto a calmare la

situazione in casa Dc:

Page 80: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

<< Tutte le correnti della Democrazia Cristiana milanese si sono

trovate d’accordo di decidere l’espulsione dal partito del dottor

Michele Ricci D’Arcangelo direttore responsabile dell’Agenzia

giornalistica Anipe, che conduce ormai da parecchi mesi un’accesa

campagna propagandistica contro i maggiori esponenti del partito.

La decisione va messa in relazione soprattutto agli articoli pubblicati

contro la Dc milanese dopo la morte dell’on. Verga e dopo lo

scandalo Cipes.

Si aggrava intanto anche la posizione del geom. Marcello Campanini

che faceva parte del Cipes con funzioni di direttore generale e che

non è più iscritto alla Dc, ormai da due anni. Il Campanini, da

qualche mese, è subentrato all’avv. De Carolis, quale amministratore

e proprietario di due società del gruppo Cipes, la Ciert e la

Panconsulting dichiarate fallite alla vigilia dell’estate.

Secondo buone fonti, la Dc si sarebbe mobilitata per rendere

impossibile ogni salvezza del Campanini, contro il quale viene

sollecitato in Procura l’emissione di un mandato di cattura per

bancarotta fraudolenta.

Il Campanini, dal canto suo, si prepara a pubblicare tutta una serie di

documenti riguardanti i rapporti finanziari tra alcuni esponenti della

Dc milanese e il Cipes.>> (Nota 9 settembre 1975. All. 1)

La feroce lotta fra le diverse correnti democristiane, peraltro, cresceva

di giorno in giorno, coinvolgendo ulteriori esponenti:

<< ….Dc – Il fatto più saliente è costituito da una pesante presa di

posizione contro Bassetti da parte degli ambienti ufficiali di Roma.

Page 81: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Un esponente del gruppo dirigente, persona molto vicina all’on.

Andreotti ha chiesto, tramite un ufficio del Ministero della Difesa,

che siano posti sotto controllo cinque o sei telefoni dei vari uffici di

Piero Bassetti. Fino ad oggi il dirigente della Sip interpellato ha

risposto che la richiesta non può essere accettata, perché troppo

pericolosa. Il fatto dà comunque la misura della lotta che è in corso

tra Bassetti e gli ambienti ufficiali della Dc.>> (Nota 14 ottobre 1975.

All. 1)

Anche la nuova segreteria provinciale, in carica da meno di un anno,

veniva assorbita dalla bufera:

<< Da fonte confidenziale si è appreso che la posizione dell’attuale

segretario provinciale della Dc Gianstefano Frigerio, si sarebbe fatta,

in questi ultimi tempi molto precaria.

Ciò è dipeso in primo luogo all’amicizia che lo legava ad Ezio

Cartotto ed a Adriano Dal miglio, ambedue basisti come il Frigerio,

coinvolti nel noto scandalo Cipes.

Si dice che grazie all’apporto determinante dei due soprannominati,

il Frigerio sarebbe stato eletto, a suo tempo, segretario provinciale

della Dc, con il segreto proposito di creare all’interno dello stesso

gruppo di base, una frattura che determinasse, nel volgere di poco

tempo, la fine di quella sudditanza nei confronti del Senatore

Giovanni Marcora, capo riconosciuto ed indiscusso leader della

stessa corrente.

La bancarotta del Cipes, di cui il Cartotto ne aveva fondato le basi

(1972) e quindi ne aveva assunto la presidenza fino al marzo 1974,

Page 82: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

succeduto, poi, nella carica, fino al fallimento completo, dal Dal

miglio, mandava completamente in frantumi i piani prestabiliti,

piani che consistevano nel creare attraverso il Cipes e con

speculazioni edilizie, quella indipendenza economica dall’ingerenza,

sempre meno sopportata dallo stesso Marcora.

A quanto afferma sempre la stessa fonte, il Marcora, approfittando

del momento propizio faceva chiedere al Frigerio, tramite l’avvocato

Camillo Ferrari, vice presidente della Cassa di Risparmio, di

sconfessare pubblicamente l’operato del Cartotto e del Dal miglio,

invitando gli stessi, con il ben noto comunicato stampa, emesso dalla

segreteria provinciale alla vigilia della campagna elettorale, a non

più rappresentare la Dc in pubblico e nel contempo ammoniva il

medesimo (Frigerio), sempre tramite il Ferrari, che il Marcora non

era più disposto a tenere piedi in più staffe.

Al Frigerio, in questi ultimi tempi, vengono rivolte, fra l’altro, molte

critiche, da parte dei suoi amici e avversari, in politica.

Soprattutto lo accusano di non essere stato capace di assolvere al suo

mandato, in qualità di segretario provinciale, di non essersi

interessato attivamente nella propaganda elettorale prima delle

elezioni e dopo i risultati di essi, di aver lasciato ad altri l’incarico di

assolvere delicati problemi durante le trattative con gli altri partiti.

L’accusa più demolitrice gli viene fatta dai suoi ex amici Cartotto e

Dal miglio, con la raccolta, a quanto si dice, di una pesante

documentazione su grosse operazioni economiche da questi gestite a

Milano e provincia.

La documentazione di cui sopra verte sui seguenti fatti:

Page 83: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Si dice che ad accelerare la caduta del Frigerio, uno dei più accaniti

accusatori sarebbe il consigliere comunale Ilario Bianco, il quale

preposto da Roma, alla tutela degli interessi del partito, avrebbe in

questi giorni raccolto le prove della cessione gratuita al Frigerio,

avvenuta a suo tempo, da parte del Cipes, di ben cinque lussuosi

appartamenti e, intestati, poi, a nome dei suoi familiari. Si sostiene

anche che con la caduta del Frigerio, la Democrazia Cristiana

lombarda, vorrebbe dimostrare all’opinione pubblica, ma,

soprattutto alla segreteria nazionale, che ha ultimamente concesso a

Bianco Ilario, la somma di un miliardo e trecento milioni di lire per

tamponare le falle del Cipes, che il partito della Dc ha ormai

definitivamente imboccato la strada della moralità e dell’onore.>>

(Nota 24 ottobre 1975. All. 1)

Per la verità, Gianstefano Frigerio sopravviverà a quella tempesta ed

avrà modo di far riudire il suo nome molti anni più tardi, in occasione

delle inchieste su "Tangentopoli"; ma, per tornare al Cipes, è interessante

leggere la nota confidenziale del 25 novembre 1975, che, forse,

rappresenta il punto più rilevante dell'intera vicenda:

<< Un'altra notizia e venuta a muovere le acque della dirigenza DC

milanese, già così agitate. Secondo notizie di buona fonte, al Palazzo

di Giustizia si afferma che una parte delle somme dei riscatti,

depositate dalla banda Liggio presso la fallita "Banco di Milano",

sarebbero passati dalle mani di alcuni esponenti del gruppo "Cipes".

La notizia però merita una certa conferma.

Page 84: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Comunque il meccanismo sarebbe il seguente: il denaro proveniente

dai riscatti, dalle mani dei cassieri delle Bande, sarebbe stato portato

ad una persona di fiducia di Padre Zucca e del direttore del "Banco ",

dott. De Luca.

Si tratterebbe di un architetto milanese, Giovan Battista Arzuffi,

originario di Bergamo e di famiglia molto facoltosa, ma avviato ad

una vita molto dispendiosa a causa dell'uso prolungato di

stupefacenti. Molto amico di Padre Zucca e del dott. De Luca, egli

avrebbe assolto a questa funzione, mettendo a disposizione anche i

suoi uffici di Corso Porta Nuova, a pochi passi dal Convento

dell'Angelicum. Con lui avrebbe operato uno dei dirigenti del Cipes,

quel Campanini, che sulla Agenzia "Anipe", aveva iniziato la

pubblicazione di un "libro bianco", poi interrotta pare per interventi

altolocati. Si parla addirittura del Cardinale Colombo, o di un suo

portavoce. Se la notizia troverà conferma, le vicende del Cipes

assumerebbero una nuova tinta ancora più fosca.

Sino ad ora non si sa chi abbia portato queste notizie al Palazzo di

Giustizia, ma è certo che i carabinieri ne sono stati informati

dettagliatamente ed il loro Comando sembra voler chiedere la

collaborazione della Guardia di Finanza per indagare sopratutto

sull'Arzuffi e sui suoi conti in banca.>> (Nota 25 novembre 1975.

All. 1)

La nota è assai cauta sottolineando che la notizia è da confermare;

pertanto conviene assumerla come un interessante indizio; giova, però,

ricordare questi elementi già emersi in precedenza:

a- la compromissione del Mar di Fumagalli nel sequesto Cannavale

Page 85: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

b- l'asserita appartenenza di Fumagalli al Noto Servizio

c- i documentati rapporti fra Fumagalli e Luciano Leggio (sul punto si

veda l'11° relazione di questo ctu a codesta Ag)

d- la contiguità di altri elementi indicati come appartenenti al Noto

Servizio e il noto contrabbandiere Cichellero in vicende quali lo scandalo

Ambrosio, la vicenda dei falsi danni di guerra ecc. (su questo si veda,

oltre che l'11°, anche la 2° rell. pp. 15 e segg.)

e- le note relazioni fra Cichellero e Leggio (sul si veda tanto l'11° quanto

la rel 28-34-40 pp. 141-51).

Nonostante questa ondata di scandali, la Dc riusciva a superare la crisi

di consensi e, in occasione delle politiche del giugno 1976, a fermare

l'emorragia elettorale (pur se a costo di ridurre allo stremo tutte le altre

forze politiche di centro e di destra) così da mantenere ancora la

maggioranza relativa. Il risultato venne vissuto dalla Dc come un

eccezionale successo (e, in chiave difensiva, esso effettivamente lo era)

dovuto alla nuova segreteria Zaccagnini. Iniziava, in questo modo, il

ciclo della leadership di sinistra che terminerà solo a fine anni ottanta e

che segnò la fine dell'instabilità del gruppo dirigente Dc.

Anche a Milano, superata il 1976, la bufera andò via via placandosi ma,

mentre a livello nazionale, la stabilizzazione faceva pendere il piatto di

sinistra della bilancia, a Milano le cose andarono più favorevolmente alle

componenti moderate del partito:

<< Negli ambienti politici milanesi, ha suscitato notevole

impressione e in certo senso stupore il largo spazio dato da molta

stampa al successo dei moderati al congresso cittadino della Dc.

Anche nella Dc si registra il medesimo stato d’animo. I moderati

Page 86: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

infatti sono sempre stati in maggioranza nella direzione e nel

comitato cittadino della Dc milanese e il congresso di domenica

scorsa non ha fatto altro che confermare quanto già era accaduto

negli ultimi vent’ anni. Eventualmente il fatto nuovo è costituito dal

successo personale di Massimo De Carolis. Ma anche questo è un

episodio che dovrebbe essere ridimensionato. Il successo di De

Carolis è essenzialmente giornalistico e pubblicitario. Gli eletti della

corrente di De Carolis non sono stati in numero maggiore di quelli di

Gino Colombo (tanto per fare un esempio) con la differenza che essi,

in massima parte, sono figure di terzo e di quarto ordine, controllate

da un consigliere dell’ Ospedale Fatebenefratelli, il dott. Gallinoni, il

quale guida una sorta di ”banda di affamati ” che sono alla ricerca di

un piccolo spazio di potere e di qualche incarico mediamente

retribuito. Se De Carolis non riuscirà a dar loro un pezzetto di

sottogoverno ( e a Milano è difficile perché il comune e la provincia

sono in mano al Pci e al Psi e la regione è controllata dalla sinistra di

Base), il gruppo di De Carolis potrebbe anche sciogliersi come le

nevi di primavera.

Non è poi detto che De Carolis riesca a portare il suo uomo , cioè

Gallinoni o il numero due dr. Craveri, alla segreteria cittadina, anzi,

sono in molti a giurare che ciò non avverrà. Già nei giorni scorsi,

prima del congresso si diceva che Vittorio Colombo, Andrea Borruso

e Gino Colombo stessero tessendo un nuovo accordo per spaccare il

cartello dei moderati e rinforzare il gruppo centrista. In altre parole

Gino Colombo e i suoi amici si unirebbero a “Forze Nuove ” a

“Comunione e Liberazione“ e agli ex basisti dell’on. Mazzotta per

formare un grosso gruppo di potere capace di controllare le due

Page 87: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

segreterie: quella cittadina e quella provinciale, lasciando

all’opposizione De Carolis sulla destra e Marcora sulla sinistra. La

decisione, già presa in linea di massima, non è stata ancora resa

ufficiale per due motivi: prima di tutto perché si vuole attendere il

congresso provinciale in programma per l’inizio di dicembre.

Secondo perché Gino Colombo sta cercando di portare con sé altri

notabili moderati (Carenini, Morazzoni, Sangalli e Cannarella).

Costoro rappresentano circa la metà del gruppo moderato. Se

l’operazione di sganciamento pensata da Gino Colombo dovesse

riuscire, De Carolis resterebbe solo e la sua posizione, anche di fronte

all’opinione pubblica, crollerebbe nel volgere di qualche mese. >>

(Nota 23 novembre 1976. All. 2)

In effetti,De Carolis, per quanto isolato, non crollò in pochi mesi:

ancora alle politiche del 1979, giunse secondo con ben 86.219 preferenze,

ma il suo gruppo ebbe sempre un peso congressuale molto più limitato

e, quando nel 1981 il suo nome comparve negli elenchi della P2, la sua

carriera politica si interruppe, perchè la Dc non lo presentò più in lista.

Privo di un suo supporto organizzato, non gli restò che ripiegare sul

Parlamento europeo, sino al 1984, per poi uscire di scena sino a metà

anni novanta. La morte di Giovanni Marcora, nei primissimi anni

ottanta, rimosse, in qualche modo, il problema della sua ingombrante

presenza nella Base che proseguì ad avere un notevole peso nella Dc

lombarda, ma con una diversa leadership (Granelli, Rognoni, Mazzotta).

I "moderati" ebbero alterne vicende, ma, nel complesso, restarono una

componente di tutto rilievo nel partito milanese, ben più influente di

quanto gli stessi settori non fossero a livello nazionale: Sangalli, grazie al

Page 88: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

bacino elettorale della Coldiretti, continuò ad essere eletto per tutti gli

anni ottanta, altrettanto accadde a Gianni Rivera - il pupillo di Padre

Eligio Gelmini- e ad Andrea Borruso; andò, invece, male a Carenini la

cui comparsa negli elenchi della P2 comportò l'esclusione dalle liste, e a

Gaetano Morazzoni che eletto nel 1979 (con 25.523 preferenze) venne

bocciato nelle successive.

Contemporaneamente iniziò l'ascesa del gruppo di Comunione e

Liberazione che -dopo essere stato rappresentato da Andrea Borruso-

riuscì ad eleggere il suo leader Roberto Formigoni nel 1987 (con 133.613

preferenze, primo eletto, quel che si ripeté anche nel 1992).

La vicenda giudiziaria del Coi-Casa perse ogni rilievo dopo la morte

dell'on. Verga; il caso Cises trovò una sua composizione anche grazie

all'intervento di costruttori edili vicini alla Dc.

Di quella Tangentopoli ante litteram - che abbiamo appena rievocato-

non restò neppure il ricordo.

7) Padre Enrico Zucca.

Già da quanto siamo andati dicendo sin qui, emerge la figura di

particolare rilievo di Padre Zucca, messa in risalto anche dalle

dichiarazioni di diversi testimoni:

<< ... debbo fare un inciso, padre Zucca era in condizione di

convocare sia Forlani che Andreotti senza che questi avessero a

protestare. Ciò era dovuto ad un fatto per voi difficilmente

Page 89: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

percepibile: padre Zucca era l'uomo in grado di orientare l'enorme

ed influente bacino elettorale lombardo della Dc. Gino Colombo e

Massimo De Carolis erano stati creati politicamente da padre Zucca.

All'Angelicum si riuniva l'intelligenza e la finanza lombarda, da

Eugenio Scalfari ad Indro Montanelli, da Panunzio a Cuccia. Anche il

gran maestro De Bernardo, benchè lo Zucca fosse già defunto, , riunì

la prima Loggia dello scisma all'Angelicum.>> (verbale s.i. rese da

M. Ristuccia 23/03/1999)

<<....l'avvocato Gino Colombo che divenne segretario generale della

Fiera di Milano... venne sponsorizzato per l'incarico in Fiera proprio

da padre Zucca, benchè osteggiato dal segretario generale Michele

Guido Franci...>> (verbale s.i. rese da M. Ristuccia 9/12/1998)

<< (Padre Zucca) ...era una figura molto simpatica ed eravamo

diventati molto amici. Ricordo che aveva addentellati in tutta Italia

ed un notevole ascendente su alti personaggi della vita politica ed

economica del paese.>>

(verbale s.i. rese daG. Pedroni 5/4/2000)

<< ... Ritengo che sia stato padre Zucca a sostenere la carriera politica

di Rivera...>>

(verbale s.i. rese daL. Pizzinelli 21/1/2000)

<< ... Ricordo che all'epoca Padre Zucca era un personaggio

dell'ambiente milanese piuttosto influente, bastava una sua

Page 90: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

raccomandazione per risolvere le problematiche legate all'attività

della Promoter Art.>>

(verbale s.i. rese da M. Giancaterina 22/3/2002)

Forse è un po' eccessivo pensare che Padre Zucca fosse "in grado di

orientare l'enorme ed influente bacino elettorale lombardo della Dc ": in fondo,

nella Dc lombarda prevalevano gli uomini della Base che era la corrente

meno influenzata dal pur autorevole francescano. E, d'altra parte, se

appare largamente credibile che Gino Colombo e Massimo De Carolis

fossero stati "politicamente inventati" dallo stesso sacerdote, è anche

vero che li abbiamo visti duramente impegnati l'uno contro l'altro, il che

fa capire che il controllo dell'intraprendente frate fosse venuto meno su

almeno uno dei sue.

Dunque, è possibile che qualcuna delle valutazioni qui riportate risenta

di una enfasi eccessiva, ma è fuori discussione che Padre Zucca fosse un

personaggio molto influente e dotato di contatti di altissimo livello,

come dimostra -ad esempio- la vicenda della Fondazione Balzan, che lo

vede trattare disinvoltamente con i capi di Stato di Italia e

Confederazione Elvetica.

E' noto che la chiesta di Sant'Angelo, in via Moscova, era il punto di

riferimento dell'alta borghesia milanese sulla quale padre Zucca

esercitava un notevole ascendente. E, infatti, da Ambrosio a Cabassi, i

finanzieri in contatto con il frate erano assai numerosi. Inoltre, egli era

abbastanza potente anche negli ambienti ecclesiastici, anche ben al di là

del suo Ordine e della sua Diocesi.

Probabilmente, tale vasta e riconosciuta influenza era dovuta anche ad

innegabili doti personali: qualche testimone (come la Meneghelli) ne

Page 91: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

parla come di "un trafficone" ed il giudizio, come si vedrà, non appare

infondato, ma è ragionevole supporre che, quel che a taluni appare come

trafficoneria, ad altri può sembrare capacità organizzativa, dinamismo,

intraprendenza. E non c' è dubbio che il francescano fosse molto

intraprendente. Così come è evidente che l'estesissima rete di contatti

fosse, in qualche modo, il prodotto di sè stessa: per un abile public

relations man -quale era in sommo grado lo Zucca- ogni contatto è la

premessa per un successivo legame e il loro insieme costituisce l'ottimo

biglietto da visita per avviarne uno ulteriore.

Sotto questo aspetto, la vicenda del religioso milanese costituisce un

esempio da manuale di sociologia delle relazioni.

Essa appare tanto più significativca e sorprendente se messa in

relazione alla difficile situazione nella quale il frate minore deve essersi

trovato nel 1946, all'indomani della vicenda del trafugamento della

salma di Mussolini, che lo aveva portato a San Vittore. Fra i documenti

reperiti in questa occasione, ve ne è uno che descrive con blanda

benevolenza tale suo coinvolgimento, la lettera del Prefetto di Milano del

29 novembre 1946:

<< Lo Zucca, sul cui conto non esistevano, fino alla conclusione

delle indagini che portarono all’arresto dei trafugatori della salma di

Mussolini, durante la sedicente Repubblica sociale non esercitò, a

quanto risulta, alcuna attività a favore dei nazi-fascisti, ma aiutò

invece le forze della resistenza, offrendo rifugio ed aiuto ad alcuni

patrioti in pericolo.

Durante il periodo insurrezionale il predetto, apparentemente,

mosso da sentimenti di carità cristiana, avrebbe offerto asilo ad

Page 92: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

elementi fascisti particolarmente compromessi ed inseguito,

quantunque fosse cessato ogni pericolo per i suoi protetti, continuò a

permettere nel convento di S.Angelo convegni di neo-fascisti che,

pertanto, furono visti frequentare assiduamente il convento

stesso.>> ( Lettera del Prefetto di Milano alla Div. S.I.S. - sez. 1°

C.P.C. del 29 novembre 1946, n°036176/PS. All. 24)

In realtà, durante la Rsi, l'effervescente francescano fu ascoltato

consigliere di diversi importanti gerarchi, quanto poi al suo ruolo nelle

vicende del clandestinismo fascista dell'immediato dopoguerra, diversi

documenti già trovati e commentati (si veda in particolare l'All. 253 della

rel. 12 e gli All. 301-302 e 544 della rel. 14).

Sia il suo ruolo nel periodo della Rsi che quello successivo, nelle

vicende del clandestinismo fascista, lasciano intendere rapporti del

religioso con i servizi della Rsi, forse non una appartenenza piena e

diretta, ma sicuramente contiguità e collaborazione.

A proposito della sua detenzione a San Vittore, la nota 8 maggio 1979,

riferisce che condivise la cella con Adalberto Titta, conosciuto in quella

occasione, mentre un testimone (Ristuccia) sostiene che si trattava di

celle confinanti. Gli accertamenti del Ros non sono approdati a nulla di

risolutivo, non avendo reperito alcun documento che dimostrasse che i

due fossero stati reclusi nella stessa cella, forse anche a causa della

distruzione di una parte dei registri relativi al transito dei detenuti. La

questione non appare determinante, perchè non è affatto necessario che i

due abbiano condiviso la stessa cella per conoscersi a San Vittore,

sarebbe stato sufficiente che fossero rinchiusi nello stesso braccio. D'altra

parte, stante la quasi perfetta coincidenza temporale del periodo di

Page 93: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

detenzione dei due e l'accertato passaggio di entrambi da San Vittore,

appare abbastanza probabile che ciò possa essere accaduto, considerata

anche la comune natura politica dei reati loro ascritti e l'uso delle nostre

carceri di raggruppare i detenuti per aree omogenee. E pertanto, la

deposizione di Ristuccia -che riferisce di aver appreso il particolare dallo

stesso Titta- appare come un riscontro sufficiente al documento dell'8

luglio 1979.

In ogni caso,questo, pur confermando gli antichi rapporti fra padre

Zucca e Adalberto Titta, non risolve il problema della appartenenza o

meno del religioso al Noto Servizio.

In verità, nessuno dei documenti sin qui emersi, parla del frate come di

un membro del servizio, pur segnalando la sua appartenenza al

medesimo giro di persone. Il testimone Ristuccia tende a escludere

l'appartenenza di Zucca al Noto Servizio (tanto si ricava dalla

trascrizione della conversazione telefonica n. 964 intercettata il giorno 21

settembre 2001 -p. 9 della scheda relativa a padre Zucca del citato

rapporto del Ros), ma dobbiamo anche dire che, in più di una occasione,

Ristuccia dà l'impressione di essere reticente o di minimizzare

volutamente alcuni aspetti delle vicende riferite.

Il punto non è risolto, anche perchè poco sappiamo dei livelli di

formalizzazione del Noto servizio, se vi fosse un elenco preciso di

appartenenti o si trattasse di una struttura relativamente fluida, se

l'adesione fosse sanzionata in qualche modo, se e quali obblighi

disciplinari comportasse, che tipo di struttura gerarchica vi fosse ecc.,

pertanto, non possiamo neanche sapere chi fossero gli appartenenti ad

esso, salvo per quelli esplicitamente indicati come tali o dai documenti o

dalle informazioni rese dai testimoni. Dunque, nel caso di padre Zucca

Page 94: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

dobbiamo resistrare questa assenza di indicazioni dirette. Tuttavia, non

mancano molti indizi che vanno in questo senso:

a- padre Zucca e diversi altri frati dell'Angelicum (come padre Eligio

Gelmini) risultano nell'agenda di Titta

b- lo stesso religioso appare centrale nella rete di rapporti del servizio

stesso: è in contatto diretto con diversi suoi membri o sospetti tali, da

Titta a Ponzi, da Pisanò a Conti, da Battaini a Giancaterina e spesso è

proprio lui a presentare l'uno all'altro

c- in molte operazioni direttamente o indirettamente ascrivibili al Noto

servizio o ai suoi uomini, la presenza dell'instancabile frate è sistematica

(e svilupperemo meglio il punto fra poco, a proposito di alcune di tali

azioni)

d- è sempre egli ad apparire come elemento di raccordo fra l'ambiente

ruotante intorno al Noto Servizio ed gli esponenti politici nazionali di

maggior rilievo come Andreotti o Forlani.

Forse l'irrequieto frate non faceva parte formalmente del Noto Servizio,

ma sicuramente non ne ignorava nè l'esistenza, nè l'operato di cui spesso

appare come l'ispiratore, se non il dirigente occulto. D'altra parte,

abbiamo visto che anche per i servizi della Rsi non esiste una prova di

una sua organica appartenenza, ma molti elementi conclusivi che

dimostrano una stabile collaborazione. Probabilmente il punto sarà

chiarito meglio dall'illustrazione di alcune vicende particolari.

A proposito di Padre Zucca ci sembrano di interesse anche alcuni

documenti riguardanti l'annosa vicenda della Fondazione Balzan e del

relativo processo:

Page 95: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

<< Nei giorni scorsi presso il Convento dei frati di piazza S. Angelo

sono avvenuti ripetuti incontri tra alcuni rappresentanti del

presidente Andreotti e il padre Enrico Zucca.

Tema: le sistemazioni di tutte le pendenze della Fondazione Balzan.

Le trattative sembrano a un buon punto. Intanto il Giornale di

Montanelli ha iniziato la pubblicazione di articoli a favore della

Fondazione Balzan e di padre Zucca. Somma richiesta e ottenuta per

tali articoli : 300 milioni di lire.>> (Nota del 15 febbraio 1977- All. 25-

)

<<Il padre Enrico Zucca e l’avv. Mazzolini hanno tenuto, nei giorni

scorsi, una serie di riunioni con esponenti del mondo politico e

giornalistico per promuovere una violenta azione contro il Governo,

in merito ai fondi del “Premio Balzan” e relativa Fondazione.

I due sostengono che con sentenza passata in giudicata lo scorso

anno, il consigliere istruttore dott. Amati li aveva assolti con

formula piena e aveva ordinato la restituzione dei beni della

Fondazione. Il Governo invece fa orecchie da mercante. La somma

richiesta è di 40 miliardi di lire, inoltre pare che il sequestratario

nominato a suo tempo dal Governo, l’avv. Majno, abbia fatto

scomparire circa 30 miliardi.

All’iniziativa ha aderito, come già detto, Montanelli. Pare che

abbiano anche aderito giornali di Roma e di Bologna.>> (Nota 22

febbraio 1977 - All. 25-).

8)Il caso Montedison e gli uomini del Noto Servizio.

Page 96: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Come si sa, la nazionalizzazione dell'energia elettrica costituì una delle

richieste pregiudiziali del Psi per avviare l'alleanza di centro sinistra.

Ovviamente, questo trovava la più fiera opposizione delle cinque società

private che gestivano il settore (la Sade, la Edison, la Sip, la Generale e la

Sme) e che costituirono la principale lobby anti-centrosinistra.

Le società elettriche emettevano titoli azionari che erano di gran lunga i

preferiti dai piccoli risparmiatori e se ne comprende facilmente il motivo:

agendo in regime di monopolio nelle rispettive aree territoriali, ed

operando in un settore in espansione, esse non conoscevano incertezze

di mercato, potendo godere di una clientela flessibile solo al rialzo.

Dunque, esse potevano distribuire dividendi cospicui e sicuri: di fatto, il

titolo elettrico univa gli alti rendimenti tipici dei titoli di borsa, alle

sicurezze caratteristiche del titolo obbligazionario.

Tutto questo dava alle società elettriche una immagine di particolare

solidità, comprensibilmente apprezzata dai piccoli risparmiatori che,

come si sa, preferiscono l'impegno stabile e garantito, al gioco in borsa.

Dunque, l'investimento nei titoli elettrici rappresentò il punto di

convergenza di centinaia di migliaia di commercianti, impiegati di

livello medio e medio alto, professionisti, piccoli imprenditori, in

definitiva, di buona parte dei ceti medi che vennero sensibilizzati contro

l'apertura a sinistra: gran parte del rilevante successo elettorale del Pli,

nel 1963, fu dovuto alla confluenza dei piccoli azionisti delle società

elettriche, spaventati per quella nazionalizzazione che metteva a rischio

quella rendita consistente e sicura.

Occorre considerare che quella rendita non aveva solo un valore

economico, ma -per molti- anche simbolico: come osservano Eugenio

Page 97: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Scalfari e Giuseppe Turani, il titolo Edison rappresentò per anni una

fonte di prestigio per migliaia di "ragiunatt " milanesi, il segno tangibile

di una avvenuta promozione sociale.

I titoli elettrici avevano funzionato da redistributori sociali della

ricchezza, per cui, una parte del ceto medio veniva associata (pur se in

misura ben limitata) alla divisione della ricchezza prodotta negli anni del

boom economico e, pertanto, resa in qualche modo solidare agli interessi

della grande borghesia industriale e finanziaria.

Quando la nazionalizzazione avvenne, si decise di versare gli

indennizzi non direttamente ai singoli azionisti, ma alle vecchie società,

calcolando che esse avrebbero investito quella grande massa di denaro

in altri settori industriali quali quello chimico, il tessile, l'alimentare, cosa

che effettivamente avvenne, anche se in misura più ridotta e con esiti

molto inferiori alle aspettative.

La Sade, quasi immediatamente, utilizzò il denaro dell'indennizzo

statale per fondersi con la Montecatini -diretta da Carlo Faina- che, pur

disponendo di una consolidata tradizione industriale nel settore chimico

e di un importante portafoglio di brevetti industriali, si trovava in un

momento di grande bisogno di liquidità. La fusione, peraltro, non risolse

che in misura limitata i problemi della Montecatini che, nel 1966,

approdò ad un'ulteriore fusione con un'altra delle società del vecchio

cartello degli elettrici, la Edison diretta da Giorgio Valerio. La società che

ne derivò, la Montedison, divenne la prima società per azioni del paese

con un capitale sociale pari a 709 miliardi ed un fatturato di circa 1.200

miliardi del tempo (rispettivamente da rivalutare a 7 e 12 miliardi di

Euro).

Page 98: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Gli oltre 200.000 azionisti della Edison e i 200.000 della Montecatini,

facevano della nuova società quella con il maggior numero di azionisti,

ma anche quella con il capitale sociale più polverizzato, ciò che

consentiva al pacchetto dei grandi azionisti (il patto di sindacato che

riuniva Mediobanca-Fidia, Fiat-Ifi-Sai, Pirelli, Italpi, Iri, Bastogi e

Sviluppo) di governare possedendo il 13,11% del capitale speciale

Montedison.

Per la sua particolare composizione, che vedeva rappresentati nel

sindacato tutti i principali gruppi del capitale finanziario privato (con la

partecipazione significativa del maggior ente a Ppss), la Montedison

assumeva anche un'altra funzione: quella di camera di compensazione

del sistema economico o, se si preferisce l'espressione giornalistica del

tempo, di "salotto buono della borghesia italiana".

Anche questa seconda fusione non dette i frutti sperati: rivalità fra gli

uomini della Edison e quelli della Montecatini impedirono una vera

fusione delle due strutture operative, la diarchia al vertice fra Faina e

Valerio (risoltasi, alla fine, a favore del secondo) compromise l'immagine

stessa del gruppo sin dal suo sorgere, consistenti errori di politica

industriale falcidiarono gli utili e moltiplicarono le perdite. Per cui, nel

1968 il gruppo appariva in serie difficoltà e, dell'originaria dote degli

indennizzi per la nazionalizzazione, era rimasto ben poco; pertanto, si

rendeva necessaria una iniezione di capitale fresco per sostenere il titolo

in borsa e, possibilmente avviarne la ripresa.

Pertanto, il governo e la Banca d'Italia, chiesero all'Eni, il secondo ente

di capitale pubblico, di intervenire. L'Eni, (di cui erano presidente

Egenio Cefis e vice presidente Raffaele Girotti, suo antico sodale)

attraversava un momento di buona disponibilità e, per di più, dopo gli

Page 99: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

"anni eroici" di Mattei, era andata via via "normalizzando" le proprie

relazioni con le maggiori compagnie petrolifere internazionali e,

parallelamente, subendo un processo di "finanziarizzazione" crescente.

In secondo luogo, occorre considerare che la Montedison aveva una

spiccata vocazione per la chimica che la portava, soprattutto sul terreno

della raffinazione petrolifera e della chimica fine, a rappresentare il

maggior concorrente interno dell'Eni.

In molte occasioni, la concorrenza fra i due gruppi si era concretizzata

in un pesante gioco di lobbing verso il Parlamento e le forze politiche, il

più delle volte con esiti sfavorevoli all'Eni che, dipendendo dal capitale

pubblico, aveva bisogno di una azione positiva del Parlamento, mentre a

Valerio bastava l'inerzia del legislatore, quel che è più facile e,

soprattutto, meno costoso da ottenere.

Pertanto, l'invito ad intervenire per acquistare un pacchetto di azioni

Montedison, giunse più che gradito ad Eugenio Cefis che, in questo

modo, aveva tanto la possibilità di accentuare ulteriormente la vocazione

finanziaria del gruppo, quanto avvedere alla "camera di compensazione"

del grande capitale italiano e, meglio ancora, mettere piede in casa del

suo maggiore concorrente interno. Ma, soprattutto, l'occasione si

presentò propizia per iniziare a progettare -ovviamente in gran segreto-

la "scalata" del gruppo.

In effetti, ultimata l'operazione di sostegno al titolo Montedison in

borsa, Cefis riuscì ad imporre l'ingresso del suo ente nel sindacato della

società.

Il piano di Cefis, sostanzialmente, era il seguente:

- aumentare la quota Eni sino a conquistare una posizione dominante nel

sindacato

Page 100: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

- obbligare l'Iri ad allinearsi alla propria posizione, tramite le adeguate

pressioni politiche sul Ministero delle Ppss

- logorare il presidente Valerio (sia attraverso gli uomini piazzati

all'interno della società, a cominciare da Raffaele Girotti, sia facendogli il

vuoto intorno nel sindacato) in modo da indurlo alle dimissioni

- quindi, giungere ad una "presidenza di transizione" che spianasse la

strada alla sua candidatura alla presidenza

- imporre Girotti come suo successore, in modo da poter continuare a

controllare l'Eni per il suo tramite.

Tutto questo avrebbe consentito a Cefis di eliminare la concorrenza nel

settore chimico fra Eni e Montedison, che sarebbero divenute, nei fatti un

unico blocco dominante nel settore, ma, soprattutto, la manovra avrebbe

posto Cefis a capo della maggiore concentrazione finanziaria del paese

che, per di più, poteva giovarsi dell'afflusso di capitale pubblico

attraverso l'aumento di dotazione che periodicamente l'eni riusciva ad

ottenere in ragione del suo peso politico. In una parola, Cefis sarebbe

divenuto di gran lunga l'uomo più potente del sistema economico

italiano e, di riflesso, uno dei più potenti del sistema politico, dove già

poteva contare sulla alleanza di esponenti di primissimo piano come il

senatore Fanfani che, proprio in quei mesi, lo stesso Cefis stava cercando

di portare al Quirinale.

Nel frattempo, le incertezze del titolo mettevano a repentaglio il

dividendo annuale, cosa gravissima per le centinaia di migliaia di piccoli

azionisti che videro, in tutto questo, una conferma delle più funeste

previsioni seguite alla nazionalizzazione dell'energia elettrica.

Conseguentemente, quello che, sino ad allora, era stato un

tranquillissimo "parco buoi" (secondo la garbata espressione degli

Page 101: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

operatori di borsa), iniziò ad entrare in una fase di intensa agitazione.

Sino a quel punto, erano esistite tre sole associazioni di risparmiatori e

piccoli azionisti (l' Associazione Nazionale Risparmiatori e Azionisti di

Gino Racchini di Belvedere, la Associazione Piemontese Risparmiatori

dell'on. Giuseppe Alpino e la Adicor di Luigi Madia) che, sino a quel

punto, avevano contato ben poco. Con il sopraggiungere della crisi della

Montedison, si assistette ad una proliferazione improvvisa e tumultuosa

di associazioni similari, che mostravano un atteggiamento assai meno

remissivo delle loro antenate, ricordiamo, fra gli altri, l'Oci di Luigi

Gaddi, il Gaim di Carlo Monzino, il gruppo di Ernesto Kustermann,

l'Associazione Difesa Azionisti di Gianvittorio Figari, il gruppo riunito

intorno alla rivista "Quattrosoldi" diretta da Massimo De Carolis.

E proprio l'Ada è la più interessante ai fini della nostra ricerca, infatti,

dietro Gianvittorio Figari -un distinto signore che aveva già fatto parte

del Consiglio di Amministrazione della Edison- operavano altri due

personaggi meno noti e blasonati, ma assai più operativi: Fulvio Bellini e

Giorgio Pisanò che costituivano il vero gruppo dirigente

dell'associazione. Dopo poco, nel 1970, Pisanò sentì il bisogno di disfarsi

dell'ingombro di Figari e dette vita ad una sua associazione denominata

in un primo momento Adam, e, subito dipo, Udam (Unione Difesa

Azionisti Montedison) che divenne la più importante e numerosa, anche

grazie all'uso del settimanale "Il Candido".

Il fenomeno "piccoli azionisti" esplose in occasione della Assemblea

annuale degli azionisti svoltasi il 19 marzo 1969: un tempestoso

happening nel quale accadde di tutto fra il generale sbigottimento degli

uomini del sindacato pietrificati al tavolo della presidenza. Non si

trattava solo della riscossa dei piccoli azionisti che, pur detenendo oltre

Page 102: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

l'85% del capitale sociale, non avevano contato letteralmente nulla sino

al quel punto, si trattava anche di un più esteso fenomeno politico: la

radicalizzazione a destra di consistenti strati dei ceti medi, in un

movimento di tipo poujadista. E il fenomeno diventerà apprezzabile

anche sul piano elettorale nelle regionali del 1970, quando gran parte di

quegli stessi azionisti che avevano decretato il successo del Pli sette anni

prima, si spostarono massicciamente verso il Msi.

In un primo momento, tutte le associazioni si schierarono con il

Presidente Valerio contro Cefis, in nome della difesa del capitale privato

dalle aggressioni di quello pubblico, e Pisanò condivise di buon grado

questo atteggiamento. Anzi, come era nel carattere del sanguigno

giornalista romagnolo, il tutto era condito anche con pesanti attacchi

personali a Cefis:

<< Non è in questa sede, comunque, che interessano i suoi trascorsi

di giovane ufficiale durante la seconda guerra mondiale e di capo

partigiano in Valdossola ( a proposito quand'è che renderà la sua

preziosa testimonianza su quanto accadde la tragica mattina del 12

ottobre 1944, al Sasso di Finero, e sulla lunga agonia di Alfredo Di

Dio?)>> (rip. in E. SCALFARI G. TURANI "Razza padrona " Feltrinelli,

Milano 1974 p. 207

dove non è difficile leggere in controluce il messaggio che l'ex agente dei

servizi speciali di Salò inviava all'ex capitano del Sim -sezione Calderini-

a proposito di uno degli episodi più scabrosi e meno chiari della

Resistenza. Infatti, Alfredo Di Dio, capo della formazione partigiana di

cui Cefis era il vice, agonizzò a lungo dopo essere stato ferito in una

Page 103: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

retata nazi fascista, senza che il capitano Cefis, che pura era nei dintorni,

gli portasse aiuto. Il giovane ufficiale si giustificò più tardi adducendo

l'impossibilità ad operare in quel senso, ma altri manifestarono dubbi in

proposito, sostenendo che le ragioni di quell'atteggiamento erano da

ricercarsi, piuttosto nella sparizione di un cospicuo bottino di guerra (gli

stipendi di una divisione tedesca di cui i partigiani di Di Dio erano

riusciti ad impossessarsi). Vecchie storie di tempo di guerra, forse basate

sul nulla, ma che Pisanò riteneva di dover riesumare nel colmo della

battaglia per il dominio sulla Montedison.

Peraltro, già a partire dall'estate dello stesso anno, il gruppo di Pisanò

iniziò lentamente a mutare rotta: mentre iniziavano a coparire violenti

attacchi a Valerio, le consuete filippiche contro l'Eni andavano, via via,

diventando giaculatorie rituali e scontate, prive di ogni reale mordente.

Era accaduto che Cefis si era accorto di non poter ignorere il fenomeno

associativo del piccoli azionisti ed aveva adeguato il proprio piano alle

nuove condizioni del campo di battaglia. In particolare, il direttore delle

pubbliche relazioni dell'Eni, Franco Briatico, aveva "agganciato Pisanò e

gli aveva fornito i mezzi finanziari per sostenere il giornale ed avviare la

più massiccia raccolta di deleghe fra i piccoli azionisti. Figari e Bellini,

dopo la scissione operata da Pisanò, sostennero che il direttore del

"Candido" aveva ricevuto 125 milioni dall'Eni per saltare il fosso,

l'interessato oppose la più indignata delle smentite e la più ovvia delle

querele e Franco Briatico sostenne che la cifra era esagerata e che, al

massimo, si era trattato di 50 milioni (SCALFARI TURANI cit. pp. 208-9).

Un passo falso del presidente Valerio (una sua intervista sbagliata al

"Wall Street Journal ") accelerò i tempi portando, nell'aprile del 1970, alle

sue dimissioni ed all'elezione, quale nuovo presidente, del Sen. Cesare

Page 104: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Merzagora proposto da Cefis ed entuasiasticamente sostenuto da Pisanò,

il quale, peraltro, venne adeguatamente compensato: nella stessa

Assemblea annuale che acclamava il senatore Merzagora, venne eletto

un nuovo Consiglio di Amministrazione che, per la prima volta,

accoglieva nel suo seno due rappresentanti dei piccoli azionisti, uno dei

quali apparteneva all'associazione di Pisanò. Stando a quanto affermano

Scalfari e Turani (p. 218) questo risultato fu possibile anche perchè l'Eni

aveva preventivamente trasferito all'Udam di Pisanò un cospicuo

pacchetto azionario, in modo da farla diventare l'associazione di

maggior peso.

Qualche tempo dopo, anche De Carolis ricevve il suo premio entrando

nel collegio dei sindaci revisori della società.

Merzagora, in verità, era stato scelto esplicitamente come "presidente

di transizione" verso più stabili assetti societari, e la sua permanenza a

Foro Buonaparte difficilmente avrebbe superato un primo mandato,

ciononostante, egli intendeva lasciare un segno del suo passaggio.

L'occasione si presentò l'11 maggio 1970, quando Valerio, passando le

consegne al suo successore, gli trasmise anche il pacchetto della

"contabilità nera": circa 17 miliardi fra conti correnti e libretti, dai quali

erano tratte le tangenti per gli uomini politici. Il sen. Merzagora ne fu

indignato e sorpreso (e la sorpresa ci sorprende) e decise di investire

della questione l'Esecutivo del Consiglio di Amministrazione i cui

componenti, distinti uomini di mondo, ne furono ancora più sorpresi e

imbarazzati, essendo vissuti, sino a quel giorno, in una spensierata

ignoranza che tale avrebbe voluto restare.

Le rivelazioni del neo presidente determinavano la "perdita

dell'innocenza" degli organi societari, cosicchè quella disinvolta prassi di

Page 105: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

pubbliche relazioni iniziava ad esser risaputa -e ufficialmente- da troppe

persone. Come si sa, un segreto è tale se conosciuto da due persone,

diventa un mezzo segreto se le persone son tre ed una cosa riservata se

esse diventano quattro, ma, da quattro in su,il suo passaggio al

Telegiornale è solo questione di tempo.

Il sen. Cesare Merzagora si aspettava che la sua coraggiosa denuncia

all'Esecutivo fosse assunta come il segno tangibile del suo passaggio:

una svolta moralizzatrice, primo passo per il risanamento nella

trasparenza.

Ma il segno lasciato in così breve tempo, non produsse particolari

ondate di entusiasmo nella società, quanto, semmai, una gelida

irritazione a stento dissimulata e qualche ringhio trattenuto. Constatato

ciò, nel dicembre del 1970, egli decise di anticipare la fine del suo

mandato (peraltro già previsto come transitorio verso più stabili assetti

societari) e scrisse una lettera ai consiglieri di amministrazione, nella

quale -dopo aver detto del suo malessere facendo cenno alla vicenda dei

"fondi neri"- annunciava le sue dimissioni. La lettera veniva pubblicata

dal "Corriere della Sera" pochi giorni dopo, provocando il vespaio di

polemiche che è facile immaginare (ne sortì anche una Commissione

Parlamentare di inchiesta): un chiasso che finì per varcare anche la soglia

del Palazzo di Giustizia.

E, infatti, nel volgere di qualche mese, la questione approdò ad un

fascicolo della Procura della Repubblica dando il via ad una delle più

lunghe e complesse indagini giudiziarie dell'Italia repubblicana.

L'occasione fu data dalla scoperta occasionale di una truffa su forniture

militari operate da una società presieduta da tale Aldo Scialotti (che

abbiamo già incontrato in occasione della rel. 43). Si trattava di 1.200

Page 106: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

stazioni ricetrasmittenti per carri armati che, vendute per nuove, erano

invece residui della guerra di Corea rattoppati alla meglio.

Scialotti riparò in Brasile, ma l'inchiesta appurò i suoi rapporti con il

vecchio presidente della Edison, Valerio e, soprattutto, che le sue società

facevano parte della rete delle false società di Valerio per occultare la sua

contabilità nera. Emerse una valanga di conti coperti intestati ai diversi

uomini politici: l'uomo di Valerio per le "pubbliche relazioni",

Giampietro Cavalli -di cui abbiamo già trovato cenno a proposito dei

suoi stretti rapporti con l'on. Carenini- aveva dispensato denaro a tutti i

partiti del centrodestra ed è interessante scorrere l'elenco delle varie

operazioni:

- "Assolombarda - versamento a Malagodi per elezioni siciliane" (Pli)

- "Avanzo elezioni siciliane"

- "A Confindustria per onorevole Michelini" (Msi)

- "Estate 1960 - Operazione Ippocampo"

- "Sconto effetti a favore della Democrazia Cristiana, contatti con on.

Pucci e on. Micheli"

- "Anticipazioni alla Dc... contatti con on. Carenini"

Interessanti anche l'elenco delle intestazioni dei "libretti neri" della

Montedison: quello per Malagodi si chiamava "Fagiano" e poi "Ostrica",

"Trota", "Dalia", "Filiberto", "Floreale" ecc. , ce ne è anche uno che si

chiama "Zucca" e che attrae la nostra curiosità.

Tornando alle vicende della Montedison, il grande gesto del senatore

Merzagora si risolse -al di là delle sue intenzioni- in un ulteriore impulso

alla scalata di Cefis, che, però, non era ancora pronto per il passaggio.

Infatti, come abbiamo detto, un punto essenziale della sua strategia era

la nomina di Girotti alla presidenza dell'Eni. Ma, il 23 novembre 1970,

Page 107: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

durante un incontro fra i partiti della maggioranza di governo, il

segretario del Psi Mancini aveva posto il veto su questa soluzione,

rivendicando quel posto per il proprio partito. La mossa del leader

socialista non giungeva assolutamente inattesa, anzi da molte settimane

era noto il suo orientamento in materia, ma questa formalizzazione

rischiava di bloccare l'intera operazione. Occorreva, dunque, rimuovere

preventivamente questo ostacolo per poter condurre a buon fine la

scalata alla Montedison.

In questo contesto prendeva corpo la campagna del "Candido" contro

Mancini sulle malversazioni all'Anas di cui diremo fra breve.

Pisanò, dal canto suo, dovette fare i conti con un incidente di percorso:

il 23 febbraio 1971 veniva tratto in arresto a seguito di una denuncia per

estorsione presentata dal produttore cinematografico Dino De Laurentis.

Pisanò si difese dicendo che si trattava di una ritorsione calunniosa

dietro la quale c'era Mancini; comunque, la sua detenzione durò poche

settimane, superate le quali, potette riprendere con rinnovato vigore la

sua campagna contro Mancini, non fece, però, in tempo a partecipare

all'Assemblea annuale della Montedison che, d'altra parte, fu assai

tranquilla dato che la protesta delle associazioni dei piccoli azionisti era

ormai rientrata.

Il 22 aprile 1971, Cefis veniva eletto presidente della Montedison e,

pochi giorni dopo, Girotti veniva nominato presidente dell'Eni: la sua

linea aveva totalmente trionfato sulle resistenze manciniane. Ma, proprio

quando la scalata era definitivamente andata in porto e l'intero progetto

era stato coronato da successo, le cose iniziarono ad andare in modo assi

diverso del previsto.

Page 108: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

In primo luogo, Girotti, contro ogni aspettativa, iniziò a chiedere che il

Presidente fosse poco più che il portavoce del sindacato (nel quale l'Eni

era magna pars ), mentre Cefis immaginava il pacchetto Eni come una sua

personale dotazione e, dunque, il sindacato come una sua appendice.

Il conflitto, prima sordo e dissimulato, ebbe una prima manifestazione

nel colpo di mano che, nel gennaio del 1972, portava ad una fulminea

scalata della Snia Viscosa da parte della Montedison. Si pose in modo

assai più vivace qualche mese dopo, quando Cefis tentò la stessa mossa

nella Bastogi ma, questa volta, trovando l'opposizione più dura dell'Eni e

dei suoi alleati.

Dunque, tutta la strategia tendente ad eliminare la concorrenza fra Eni

e Montedison sul terreno della chimica, ed a varare un unico blocco

finanziario pubblico-privato, naufragava rapidamente.

In questo imprevisto esito ebbero certamente peso considerazioni di

ordine personale (Girotti era probabilmente stanco del ruolo di eterno

secondo e cercava una sua affermazione personale), ma è realistico

supporre che esse siano state la componente meno rilevante. Più

determinanti appaiono altri ordini di motivi.

Innanzitutto, la concorrenza fra Eni e Montedison era nei fatti: sia sul

terreno della chimica fine che sulla raffinazione e distribuzione dei

prodotti petroliferi, immaginare una spartizione perfettamente

equilibrata era poco più che una esercitazione teorica.

In secondo luogo, al di là della volontà dei rispettivi presidenti, sia

l'una che l'altra società avevano propri apparati e consigli di

amministrazione che resistevano all'idea di una perdita della propria

autonomia e traevano alimento proprio dalla riproposizione dei motivi

di concorrenza fra i due enti.

Page 109: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

In terzo luogo, Cefis aveva spalle sufficientemente larghe per potersi

permettere di scegliere i propri referenti politici, Girotti assai meno, e,

d'altra parte, se a Cefis bastava avere l'accordo nel sindacato per

governare la Montedison, Girotti non poteva dimenticare che il suo

mandato dipendeva dalla volontà delle forze politiche di governo fra le

quali contava già convinti nemici fra i socialisti che avevano visto

frustrate le proprie aspirazioni. Per cui Girotti cercò propri referenti

politici trovandoli in Forlani ed, occasionalmente, in Andreotti che

strumentalmente appoggiava le ragioni dell'ente pubblico per poter

combattere Cefis.

Contemporaneamente, nel settore della chimica -ed in particolare della

raffinazione- sorgeva un nuovo concorrente: la Società Italiana Resine

(Sir) di Nin,o Rovelli che poteva subito contare sull'amicizia e l'appoggio

di politici di prima grandezza come Andreotti, Mancini e Leone, in una

parola, nello schieramento più ostile a Cefis.

Non è qui il caso di seguire ulteriormente le vicende della Montedison

che ci interessano solo nella misura in cui si evidenzi un rapporto fra

esse e gli uomini dell'ambiente del Noto Servizio.

E' invece utile passare all'esame di un'altra vicenda che si è intrecciata

con quella della Montedison e che registra anche essa la presenza di

uomini legati all'Anello.

9) Scandalo Anas ed intercettazioni telefoniche.

Il 12 novembre 1970, Pisanò pubblicava sul "Candido" un articolo

contro il segretario del Psi Mancini, accusandolo genericamente di illeciti

Page 110: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

arricchimenti. Nella settimana successiva, il giornale tornava

sull'argomento pubblicando anche il testo di un esposto-denuncia alla

Procura della Repubblica di Roma nel quale si accusava il noto uomo

politico calabrese di malversazioni operate nel periodo in cui era stato

ministro dei Lavori Pubblici. Iniziava, in questo modo, una violenta

campagna che il giornale condurrà contro i leader socialista per quasi

due anni, sino al XXIX congresso del Psi che ne sancirà la sconfitta della

quale Pisanò potrà ben vantarsi, essendo stato uno dei suoi principali

artefici.

Al momento, alcuni -come il direttore dell' "Espresso" Scalfari-

avanzarono l'ipotesi che la campagna contro Mancini fosse stata

commissionata da Cefis come ritorsione per quanto accaduto a proposito

della vicenda Eni-Montedison, ma, in realtà, di motivi ispiratori ve ne

potevano essere anche altri:

a- il leader socialista calabrese era stato determinante, nella primavera

del 1969, nel rompere la maggioranza con i socialdemocratici e favorire

una nuova maggioranza con le componenti di sinistra del partito (De

Martino, Giolitti, Lombardi), a seguito della quale, si determinava la

nuova scissione socialdemocratica del 4 luglio di quell'anno.

b- lo stesso Mancini si era fatto portatore di una linea, definita degli

"equilibri più avanzati" che postulava la formazione di un governo a due

Dc-Psi che, ovviamente, avrebbe goduto di una opposizione assai

benevola del Pci, primo passo verso una piena associazione di quel

partito alla maggioranza.

c- il segretario del Psi aveva mostrato un atteggiamento molto aperto

verso l'estrema sinistra -e verso Lotta Continua in particolare-, spesso

scavalcando,in questo, lo stesso Pci

Page 111: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

d- altrettanta apertura aveva dimostrato verso la campagna a favore

del divorzio condotta dai radicali (primo firmatario della legge in

questione era il socialista Fortuna) facendo del Psi la punta di diamante

dello schieramento laico

D'altra parte, tanto dinamismo politico si accoppiava ad una gestione

assai spregiudicata delle posizioni istituzionali conquistate, non

disdegnando di ricorrere a forme sistematiche di clientelismo, per cui il

partito, uscito ridimensionato dalla scissione socialdemocratica,

mostrava una elevata potenzialità espansiva sia sul fianco sinistro che su

quello destro.

Tutto questo, come è facile immaginare, faceva del Psi di Mancini

l'elemento più dinamico per una svolta a sinistra e, dunque, il nemico

più pericoloso da battere. Ottenere la caduta della segreteria Mancini

significava, quantomeno, ricondurre il Psi ad una prassi più tranquilla

ridimensionandone il protagonismo e smorzandone le ambizioni. Tutto

questo non esclude affatto la prima ragione (l'eventuale intervento di

Cefis) ma vi si somma armonizzandosi perfettamente.

La campagna di Pisanò riceveva un forte impulso nell'aprile-maggio

del 1971, quando un certo sign. Pontedera si rivolse alla Guardia di

finanza, per denunciare le malversazioni nella attribuzione delle aste e

gare d'appalto operate dal direttore dell'Anas ingegner Chiatante. L'ente

dipendeva dal Ministero dei Llpp e gli episodi dununciati

appartenevano al periodo in cui Mancini ne era ministro.

Per la verità, il signor Pontedera non si recò personalmente a sporgere

la denuncia: Pontedera era solo la firma di una lettera che accompagnava

un primo blocco di nastri registrati dai quali si deduceva quanto

accadeva nella stanza dell'Ingegner Chiatante. Fu subito chiaro che si

Page 112: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

trattava di intercettazioni operate illegalmente (più tardi si coprirà che

essere erano state fatte nascondendo una "cimice" nella scrivania

dell'ingegnere e nascondendola con un tassello di legno perfettamente

incastrato e dello stesso colore del mobile: una tecnica che, per il tempo,

presupponeva un elevato livello di professionalità), ma tanto bastò alla

GdF per avviare una indagine i cui esiti finirono, man mano sul tavolo

del direttore del "Candido" ad alimentare la campagna contro Mancini

accusato di stare dietro le spalle di Chiatante.

La durissima campagna del "Candido" determinava l'ovvia reazione

legale dell'esonente socialista, ma, soprattutto, la sua reazione politica:

Mancini sollevò la questione del come fossero state fatte le

intercettazioni sostenendo che, in realtà, il signor Pontedera non esisteva

affatto, ma era solo un modo per mascherare le intercettazioni abusive

condotte dagli apparati di sicurezza (Sid, Uaarr, ufficio I della GdF, ecc.).

In appoggio alla denuncia del segretario del Psi intervennero subito l'

"Avanti" (organo dello stesso partito) e l' "Espresso", settimanale di

orientamento radical-socialista, in quel momento simpatizzante della

linea degli "equilibri più avanzati".

Il 20 febbraio 1972, l' "Espresso" pubblicava un articolo nel quale

dununciava il crescente fenomeno delle intercettazioni abusive (condotte

non solo dai vari apparati di sicurezza in concorrenza fra loro, ma anche

da agenzie di privati), sostenendo che di esso si erano scoperti vittime il

direttore generale dell'Iri Leopoldo Medugno, il presidente della

Montedison Eugenio Cefis, il presidente dell'Iri Giuseppe Petrilli, il

presidente dell'Eni Raffaele Girotti e persino il Preocuratore Generale di

Roma Carmelo Spagnuolo, corredando il tutto con le dichiarazioni di

Francesco Greco, il tecnico che aveva effettuato gli interventi di bonifica

Page 113: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

in molti di questi casi. Ovviamente, questo determinava l'apertura di un

fascicolo processuale da parte della Procura romana, affidato al dott.

Luciano Infelisi.

Il caso subiva, pertanto una prima biforcazione: da un lato il caso Anas,

dall'altro quello delle intercettazioni telefoniche che si imperniava su

due distinti procedimenti, quello citato del dott. Infelisi e quello seguito

alla querela per calunnia a mezzo stampa presentata dal Comandante

Generale della Guardia di Finanza contro l' "Espresso" e l' "Avanti!".

Dopo parecchi mesi, un tal Nicola Di Pietrantonio, rivelava che l'ing.

Pontedera esisteva veramente, ma, in realtà, si chiamava Giorgio Fabbri

ed era un avvocato sanmarinesa di scarso successo. Fabbri, per qualche

tempo, aveva gestito un albergo peraltro economicamente assai

dissestato, per cui i dipendenti, regolarmente non pagati, erano

graduialmente via. Era rimasto sul posto -nella speranza di recuperare i

crediti di lavoro maturati- il solo barista, Di Pietrantonio, che diventava

in breve il confidente del suo principale, dal quale apprendeva di un suo

credito per quasi 400 milioni nei confronti dell'ingegner Chiatante che,

però, non voleva saperne di saldare il conto. Dato che la natura di tale

credito non era perfettamente legale, nasceva l'idea di documentare le

attività illegali di Chiatante -di cui Fabbri era perfettamente a

conoscenza per la sua prededente frequentazione dell'ufficio- per poterlo

ricattare: di qui le intercettazioni. Chiatante, però, non aveva ceduto al

ricatto, sicuro del fatto che Fabbri avrebbe avuto da perdere, dovendo

ammettere la sua partecipazione a diversi episodi illeciti, pertanto al

fabbri non restava che mandare ad esecuzione la minaccia. L'idea di

ricorrere ad un apocrifo e di rivolgersi alla GdF era stata del Di

Pietrantonio, sempre nella speranza che potesse venirne qualcosa anche

Page 114: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

per lui. Ma le speranze del barista erano destinate a restare deluse ed il

suo credito (pari a 12 milioni del tempo) resterà inevaso, quel che, a sua

volta, aveva provocato la sua decisione di denunciare Fabbri in una

intervista al "Messaggero", pur consapevole dei rischi penali che ne

derivavano ("... il carcere lo conosco, ci sono già stato e mi fa meno paura

che a lui").

Contemporaneamente,l'inchiesta del dott. Infelisi giungeva ad un

risultato, identificando un primo imputato -per le intercettazioni

abusive- in Marcello Micozzi, un tecnico della Sip-Teti, il quale, per

difendersi, tirerà in causa un suo complice, il tecnico elettronico Bruno

Mattioli, che a sua volta, aveva lavorato per l'investigatore Tom Ponzi e,

in altri momenti, per l'ex commissario della squadra mobile milanese

Walter Beneforti, al momento titolare di una agenzia investigativa in

società con Carlo Rocchi (torneremo sul punto nella rel. 41). Micozzi,

nella sua deposizione, calcava decisamente la mano su Tom Ponzi che

finiva nell'inchiesta (fra l'altro, verrà disposto per rogatoria il sequestro

del suo archivio-deposito di Lugano).

Il noto investigatore, per difendersi, tirava pesantemente in ballo il

commissario Beneforti ed il Questore di Como Mario Nardone (già

leggendario commissario capo della Criminalpol ambrosiana) ed un loro

anonimo collaboratore, forse ficuciario dello Uaarr, tale avvocato Giorgio

Fabbri, nome che, sul momento, non suscitò alcun interesse negli

inquirenti ma che, evidentemente, aveva il valore di un segnale a

qualcuno.

Fabbri, interrogato nell'ambito dell'inchiesta Anas, dopo una debole

resistenza, ammetteva di essere Pontedera, ma negò di essere chi aveva

Page 115: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

messo il microfono nella scrivania di Chiatante, cosa che, invece, fu satta

da Bruno Mattioli, il tecnico elettronico legato a Ponzi.

Mattioli, a sua volta, ammetteva di aver piazzato microspie, per conto

di Beneforti, negli studi di Giorgio Valerio, Eugenio Cefis, Raffaele

Girotti, Cesare Merzagora, Attilio Monti e Nino Rovelli.

Nell'inchiesta veniva risucchiato anche un alto funzionario dello Uaarr,

il dott. Sampaoli Pignochi, vecchio sodale di Beneforti nella "cordata

triestina" di De Nozza ed unico esponente del Viminale incitato a Parco

dei Principi. Il dott. Sampaoli risultò abituale frequentatore di Fabbri e

del suo socio Ranno presso il loro albergo.

Pertanto, da un lato, l'inchiesta Anas e quella sulle intercettazioni

finivano per saldarsi in un unico circuito, dall'altro, producevano, come

in un frattale, sempre nuovi sdoppiamenti, allargando all'infinito lo

spettro di indagine. Infatti, da un lato parve che Ponzi operasse per

conto di Cefin in danno dei suoi rivali, dall'altro, la presenza di

Beneforti, Nardone e Sampaoli Pignochi portava desisamente a puntare

verso lo Uaarr. Quel che causo qualche brutto quarto d'ora per il dott.

D'Amato, all'epoca responsabile formale dell'ufficio: probabilmente, se

l'Ag del tempo fosse stata a giorno delle feroci rivalità fra la cordata dei

"tambroniani" (i triestini di De Nozza, Beneforti, Sampaoli Pignochi ecc.)

e quella "tavianea" del dott. D'Amato, avrebbe tratto conclusioni meno

lineari. E' interessante leggere quanto scrive una fonte non limpidissima,

ma sicuramente bene informata, come Francesco Pazienza nel suo libro:

<< ... anche Federico Umberto D'Amato contava parecchi nemici. Era

stato tirato in ballo numerose volte per questioni relative a presunti

rapporti con l'estrema destra. Ma tutto si era rivelato un boato

Page 116: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

scandalistico. Una sola volta, mi confessò, si era dovuto impegnare a

fondo per non farsi fregare. Fu agli inizi degli anni settanta. Era

scoppiato uno di quegli pseudo-scandali che ciclicamente in Italia

vengono creati e gonfiati... Si trattava di presunte intercettazioni

telefoniche non autorizzate che coinvolgevano come primo attore un

antesignano delle agenzie italiane ed il suo capo che, da allora,

divenne "lo spione", il detective privato per antonomasia, Tom Ponzi.

D'Amato era sospettato di essere l'anima nera che reggeva i fili

dell'operazione. L'indagine era stata promossa da un sostituto

procuratore della Repubblica di Roma, ansioso -secondo D'Amato-

di mettersi in luce e che portava un nome che sarebbe diventato

famoso, Domenico Sica...

L' "Edgard Hoover" italiano era convinto che l'indagine fosse stata

aperta dal giovane e ambizioso magistrato solo per fini di

autopromozione, insomma per vedere il suo nome sui giornali.

D'Amato cominciò a far controllare Sica, passo dopo passo, dai suoi

uomini, fino a che non trovò quella che a suo dire era la chiave di

volta di tutta la vicenda. Sempre a detta di D'Amato, quella faccenda

non aveva nulla a che vedere con le violazioni del codice penale, ma

semplicemente confermava la vecchia regola: cherchez la femme . Anzi

les femmes . O, ancor meglio, les jeunes femmes .

Troppo astuto per farlo rimarcare direttamente al diretto

interessato, D'Amato preferì rivolgersi a E.C., uomo potentissimo di

quei tempi, "presidente" di una megaconclomerata chimica. D'Amato

scelse un "messaggero" che non gli poteva dire di no e al quale, al

tempo stesso, Sica non poteva non dare ascolto. Insomma i consigli

che D'Amato, attraverso "il presidente", aveva trasmesso a Sica non

Page 117: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

potevano essere ignorati dal magistrato proprio per l'autorevolezza,

il peso e l'importanza della terza persona da cui provenivano.>> (F.

PAZIENZA "Il disubbidiente" Longanesi ed. 1999, p. 140-1 )

Il passo lascia perplessi sia per alcune inesattezze (l'inchiesta, come

abbiamo visto, non fu avviata da Sica ma da Infelisi), per il superficiale

tono di sufficienza (lo scandalo non si sgonfiò affatto, perchè le

intercettazioni abusive risultarono vere) e per l'oscura allusione alle

jeunes femmes , terreno sul quale non intendiamo seguire Pazienza, ma

contiene un elemento che, se confermato, è di sicuro interesse: che il dott.

D'Amato, per una volta ingiustamente sospettato, per far valere le sue

ragioni si sarebbe rivolto ad E.C., trasparente acronimo di Eugenio Cefis

che alcuni indicavano come il committente di Tom Ponzi.

Le inchieste proseguirono disintegrandosi fra piste sempre più

numerose prevalentemente approdate alla prescrizione dei reati.

10) Armi e petrolio. Sul finire del 1971, funzionari della Farnesina segnalarono alla

Presidenza del Consiglio l'interesse del governo libico ad acquistare armi

dall'Italia, l'occasione sarebbe stata propizia per sviluppare l'import-

export con quel paese. Ricevuto un segnale di disponibilità, una

delegazione libica giungeva a Roma il 17 dicembre di quell'anno e, dopo

un giro di visite nelle principali ditte produttrici d'armi (Oto Melara,

Snia Viscosa, Agusta e Fiat), essi fornirono la lista dei prodotti di loro

interesse.

Page 118: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

La lista includeva tanto armi prodotte dalle aziende italiane su propri

brevetti, quanto armi prodotte su licenza americana per vendere le quali,

ovviamente, era necessario ottenere prima il nulla osta statunitense. Il

problema nasceva per l'indisponibilità dei libici a trattare separatamente

le due partite.

Da una parte, l'autorizzazione americana appariva non sontata e,

comunque, non immediata, per l'aggravarsi della difficile situazione

mediorientale (che, in effetti, sfocerà nel conflitto del Kippur una ventina

di mesi dopo) e che, ovviamente, spingeva gli Usa, alleati di Israele, a

non facilitare la vendita di armi ad un paese arabo.

Dall'altra, l'affare si presentava assai allettante soprattutto per la

contropartita offerta dai libici in materia petrolifera: si era in un

momento di decisa ascesa del prezzo del petrolio e tutto lasciava

intendere che le cose sarebbero ulteriormente precipitate (cosa che,

puntualmente, avvenne all'indomani della guerra del Kippur,

provocando la prima crisi energetica del mondo occidentale), per cui,

disporre di una fonte di approvigionamento agevolato appariva come

una preziosa occasione da non perdere.

Stretto fra la Scilla americana e la Cariddi petrolifera, il governo

Andreotti cercava di prender tempo, mentre i libici premevano per

concludere la transazione il più rapidamente possibile.

Nello stesso tempo, l'Italia cercava di ammorbidire la poisizione

americana acquistando lì altri sistemi d'arma in cambio della sospirata

autorizzazione, quel che, però, faceva ascendere il costo dell'operazione

a valori che riassorbivano ampiamente i vantaggi dell'operazione

commerciale con i libici. Infatti, l'acquisto del materiale americano

comportava una spesa di 45 miliadi, contro i 25,5 dell'affare con i libici,

Page 119: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

inoltre, gli americani erano comunque esitanti e l'autorizzazione

appariva ancora in pericolo.

Ma intorno all'affare, ormai, si era costituita una robusta serie di

interessi che premevano perchè esso fosse concluso e subito: Oto Melara,

Snia Viscosa ed Agusta premesano per vendere le loro armi, l'Eni

premeva per poter concludere l'acquisto di petrolio dalla Libia (che, nel

frattempo, era crescuito a 50 milioni di barili) e sia gli uni che gli altri

mostravano una netta propensione ad associare all'affare anche quei

politici, militari e funzionari ministeriali che avessero saputo portarlo a

buon fine. Pecorelli, qualche anno dopo, pubblicò un servizio su Op nel

quale parlava di un "costo di intermediazione" di 3 centesimi di dollaro

per barile di petrolio, oltre all'analogo riconoscimento per la vendita

delle armi.

Come si vede, una tangente molto cospicua (pari a diverse decine di

milioni di attuali euro) che minacciava di mandare a gambe per aria

anche gli equilibri di potere interni al sistema politico in generale, ed alla

Dc in particolare.

Forse sulla base di questa considerazione, il Ministro degli Esteri Moro

(nel marzo del 1972) avanzava una proposta diversiva, allo scopo di

prender tempo e cercare, nel frattempo, di far fallire l'affare. Per un

attimo la manovra di Moro sembrò poter avere successo, anche a causa

dell'interesse manifestato per essa dal presidente dell'Eni Girotti, che

pensava, in questo modo, di svincolare la sua trattativa dal ginepraio

delle autorizzazioni americane, ma tutto rientò in brevissimo tempo.

Nel frattempo veniva inviato a Tripoli, in veste di mediatore, il capo del

Sios, gen. Roberto Jucci (notoriamente parente del Presidente del

Consiglio Andreotti ed in ottimi rapporti con i dirigenti dell'intelligence

Page 120: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

libica). Questa circostanza originerà -nel 1977- la campagna del

settimanale di Pecorelli "Op" contro l'alto ufficiale che, sentendosi leso

nell'onore, risponderà dando querela al giornalista che verrà

condannato, ma questo aspetto della vicenda ha scarso rilievo ai nostri

fini.

La trattativa riprese ed, anzi, una nuova missione dei libici in Italia

(iniziata il 18 maggio del 1972) concretizzava una nuova e più ampia

ordinazione di armi, compresi alcuni sommergibili che, tuttavia, gli

accordi in sede Nato ritenevano "incedibili" ai fini della sicurezza

dell'Alleanza nel Mediterraneo.

Si giungeva, così, a sbloccare la situazione e, allo scopo di concludere

in fretta il negoziato, pur di rispettare i tempi di consegna dei carri

armati richiesti, si giunse a prendere quelli in dotazione alla divisione

"Centauro", revisionarli, riverniciarli con le insiegne del committente e

consegnarli alla Libia, provvedendo, più tardi, a sostituirli con i nuovi

pezzi originariamente destinati all'acquirente.

Ovviamente, questi maneggi non passarono inosservati dai servizi di

informazione di Israele che si approssimava alla guerra del Kippur.

Su tutto questo iniziava ad indagare l'ufficio "D" del Sid, diretto dal

gen. Gianadelio Maletti (di cui era ben nota la sensibilità verso le ragioni

di Israele): nell'aprile del 1972 il capitano Labruna avviava una prima

operazione (denominata "Juri") che avrà termine un po' più di un mese

dopo. In agosto lo stesso ufficiale varava una seconda operazione

informativa sul medesimo soggetto (operazione "Occhio") che durava

alcune altre settimane.

Non è qui il caso di seguire ulteriormente la vicenda nei suoi dettagli e,

soprattutto, nei suoi sviluppi che porteranno, anni più tardi, ad un'altro

Page 121: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

clamoroso caso, qui ci limitiamo a segnalare i molti aspetti

giuridicamente e politicamente scabrosi dell'operazione (il mancato

rispetto degli accordi militari con l'Alleanza, il sospetto giro di tangenti,

la disinvolta utilizzazione della dotazione d'arma di una divisione, ecc.)

che consigliavano, ovviamente, la massima discrezione. Ed, in effetti, la

cvicenda rimase sconosciuta agli italiani sino alla primavera del 1977,

quando il settimanale "Op" iniziò a pubblicare una serie di articoli sul

caso.

Ci sembra interessante rileggere un brano di quella inchiesta

riguardante il momento più delicato, quello del tentativo di Moro di

ridimensionare il pacchetto di armi offerto alla Libia:

<< ... Abbiamo già riferito della visita a Roma di Mr. Karl, inviato dal

Pentagono per porre l'ultimatum di cui s'è detto (o i Tow e i Lance o

niente armi alla Libia). Al termine del soggiorno romano, tra mister

Karl e le autorità italiane responsabili non fu sottoscritto alcun

accordo. Evidentemente i fuunzionari italiani.... erano stati turbati

dal linguaggio troppo duro ed esplicito del plenipotenziario

americano.

Dopo qualche settimana, però, arrivano altre novità non certo

esaltanti per i responsabili del nostro governo. A sottolineare che

l'Eni, il petrolio (e i 3 centesimi al barile) hanno esercitato un ruolo

cardine sullo svolgimento dell'intera vicenda, è proprio l'ente di

Raffaele Girotti che viene sollecitato opportunamente il 6 marzo

1972. Il "noto servizio" gli fa pervenire un rapporto riservato per

ricordare che le autorità libiche considerano la trattativa del petrolio

tutt'ora in corso, strettamente legata alla fornitura delle armi

Page 122: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

richieste qualche tempo prima all'Italia. E' lecito supporre che l'eni,

Girotti in particolare, abbiano fatto di nuovo valere le loro ragioni

presso tanto bendisposti padrini politici. O viceversa.

Non bastasse lo svegliarino fatto arrivare alle autorità italiane

attraverso l'Eni di Girotti, ecco che a metà marzo 1972, scende di

nuovo in campo l'ambasciatore Gastone Belcredi. In un telegramma

dalal sua sede di Tripoli, Sua Eccellenza riporta le vibrate proteste

delle autorità libiche per l'atteggiamento temporeggiatore tenuto

dagli italiani. Gheddafi non ha tempo da perdere, o tutto e subito o

niente più petrolio.

E' a questo punto che sulla scena compare il cavallo di razza.Del

resto, di fronte a sollecitazioni a tenaglia che stringono in una morsa

i responsabili del governo (le industrie belliche, i funzionari della

Farnesina, gli emissari della Difesa, l'Eni) Aldo Moro é, suo

malgrado, costretto a muovbere uno zigomo. Il leader storico della

dc ha sentito l' odore di zolfo dell'intera vicenda, vorrebbe farla

naufragare, ma non può farlo direttamente. Così decide di offrire alal

Libia un "pacchettino" di armi, vale a dire quelle munizioni, qui

cannoni 105/14 della Oto Melara e quelle scicchezze di esclusiva

produzione italiana, non sottoposte al beneplacito Usa.

L'iniziativa di Moro, nella quale lui stesso non contava, mirava solo

a prender tempo. Insomma il presidente Moro, allora ministro degli

Esteri, voleva solo vedere quale sarebbe stato l'atteggiamento di

ciascuno dei membtri del Governo in quella intricata, vicenda. Presi

a mezzo tra le lusinghe petrolifere e tangenti militari, quanti di loro

sarebbero rimasti fedeli al giuramento atlantico?

Page 123: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Le cose a Palazzo Chigi stanno a questo punto, Moro ha appena

esposto la sua carta moschicida, quando il presidente dell'Eni Girotti,

opportunamente valutato l'appunto del "noto servizio", chiede di

essere ricevuto dal presidente del Consiglio Andreotti. Da questa

visita dipenderà lo sviluppo degli eventi.>> ( rip. in Franca

MANGIAVACCA "Il memoriale Pecorelli" International. E.I.L.E.S.,

Roma 1996, pp. 353-4)

<< Il 15 febbraio... chiudevamo la seconda puntata della "Jucci story"

sulla trappola tesa da Moro a metà marzo 1972 quando, per

smascherare i promotori dell'operazione invisa dagli americani, il

ministro degli Esteri suggerì ai membri del governo ed ai funzionari

della Pubblica amministrazione di aggirare l'ostacolo rappresentato

dal Pentagono, offrendo a Gheddafi un "pacchettino" autarchico di

cannoni e munizioni residui della II guerra mondiale. Proprio per

sventare il pericolo di questa autoriduzione il "noto servizio" metteva

sale alla coda di Girotti: se vuoi il petrolio libico (quello delle

tangenti ai politici) datti da fare per la fornitura integrale. Come è

noto il presidente dell'eni rispose alla sollecitazione e chiese di potere

essere ricevuto A Palazzo Chigi dal solito Andreotti. >> (ibidem p.

355)

I due passi si prestano a diverse considerazioni:

a- Pecorelli usa per tre volte l'espressione Noto Servizio e sempre fra

virgolette, a significare che non si tratta dell'allusione generica ad uno

Page 124: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

dei vari servizi di informazione, ma della locuzione per indicare un

preciso organismo diverso da quello effettivamente noti. Diversamente,

o sarebbe comparsa la sigla del servizio in questione o l'espressione non

sarebbe stata virgolettata. Dunque, Pecorelli voleva parlare di una

determinata organizzazione cui era riferita quella particolare

espressione. Appare del tutto improbabile una coincidenza per cui egli

volesse riferirsi ad altro da quello che noi conosciamo con quella stessa

espressione. E' da notare che, al momento in cui Pecorelli scriveva, non

era affatto noto l'appunto di Grisolia del 4 aprile 1972, mentre era noto il

documento "all'insegna della trama nera", che ha moltissimi punti di

contatto con l'inchiesta di Pecorelli, ma nel quale non compare mai

l'espressione "Noto Servizio". Dunque Percorelli sapeva dell'esistenza

del "Noto Servizio" e l'uso di quella particolare espressione lascia

pensare che la notizia gli sia giunta dalle stanze dello Uaarr.

b- Pecorelli usa una espressione del tutto incomprensibile a qualsiasi

lettore, salvo che alle pochissime persone in grado di cogliere l'allusione;

dunque sta lanciando un messaggio a qualcuno in grado di intendere.

Può darsi che tale messaggio rispondesse ad una delle consuete

operazioni del giornalista, uso a servirsi di un linguaggio allusivo ed

indiretto per ottenere particolari vantaggi per al sua testata, ma può

anche darsi il caso che egli fosse il tramite di una operazione concordata

con altri. In ogni caso, l'uso dell'espressione non è casuale e risponde a

scopi che nulla hanno a che fare con l'informazione.

c- Se le notizie riportate da Pecorelli sono vere (e bisogna dare atto che,

nella maggior parte dei casi, gli scoop del direttore di "Op" hanno

Page 125: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

trovato conferma, anche se a distanza di alcuni anni), dobbiamo dedurre

che il Noto Servizio fosse, appunto, noto ai dirigenti dell'Eni,

diversamente non si capisce per quale ragione Girotti avrebbe dovuto

mostrarsi così influenzabile dai suoi pareri. E doveva esserlo anche a

pezzi del sistema politico: quello cui si indirizzava il messaggio di

Pecorelli, ma anche quelli che, per il tramite di Girotti, ricevvero

l'avvertimento e vi si adeguarono. Dunque, l'esistenza di tale organismo

doveva essere una conoscenza diffusa fra i vertici tanto del sistema

politico quanto di quello economico.

d- considerando che tanto l'inchiesta di Pecorelli, quanto il documento

"All'insegna della trama nera" parlano delle stesse operazioni e degli

stessi soggetti, se ne deduce che quando, nel novembre del 1972, nelle

varie redazioni e segreterie politichegiunse quel testo anonimo ma assai

circostanziato, diversi destinatari immaginarono senza difficoltà che ci

si stesse riferendo al Noto Servizio e che ad esso si fosse riferito anche

Forlani nel suo comizio spezzino.

e- In definitiva, se ne ricava che già da quell'epoca, la conoscenza

dell'esistenza e delle operazioni del Noto Servizio costituivano materia

di guerra -ovviamente coperta- all'interno del sistema politico

Page 126: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

11) Alcune considerazioni di sintesi. Nel secondo paragrafo di questa relazione, ci siamo posti il problema

della logica del comportamento di Grisolia e, conseguentemente, della

reale natura del documento del 4 aprile 1972.

Ci sembra ora opportuno riassumere brevemente il quadro delle

principali emergenze di quanto siamo andati dicendo sin qui, anche alla

luce di quanto abbiamo scritto in altre relazioni a codesta Ag:

- 16-17 dicembre 1969: note del Sid sull'Aginter Presse, che accusano

della strage anarchici e Avanguardia Nazionale, e, per il suo tramite,

tendono a coinvolgere nell'Affaire lo Uaarr

- 21 dicembre 1969: Delle Chiaie fugge

- 28 dicembre 1969: missiva del Sid che segnala rapporti fra Federico

Umberto d'Amato e la sedicente contessaFejerdi Budai De Chiode

Zorana Romana, già segnalata, il 25 novembre precedente, dal

Controspionaggio.

- gennaio 1970: Avanguardia Nazionale viene ufficialmente ricostituita,

in modo da evitare l'accusa di "associazione segreta"

- inverno-primavera 1970: un gruppo del Collettivo Politico Giuridico

di Roma svolge l'inchiesta che verrà pubblicata sotto il titolo "La strage

di Stato". Il libro,insieme a molte rilevanti acquisizioni, riprende la tesi

della colpevolezza di Delle Chiaie -con il relativo corollario dello Uaarr-.

Page 127: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Alla formazione di questa convinzione non è stato estraneo il Sid che, in

modo coperto, ha fatto filtrare informazioni e documenti in questo senso

- 10 febbraio- 5 marzo 1970: mentre la Commissione Parlamentare di

Inchiesta sui fatti del Luglio 1964 si avvia alla conclusione dei suoi

lavori, "Paese Sera" pubblica una serie di articoli di Ruggero Zangrandi

sul caso Sifar, che riportando molti documenti dello Uaarr e dello stesso

Sifar, che non possono provenire che da uno dei sue servizi.

- 5 marzo 1970: intervista di Serafino Di Luia al giornalista Zicari del

Corriere della Sera (più tardi identificato come collaboratore del servizio

militare) nella quale si sostiene -per la prima volta da destra- che

Michele Merlino non è un anarchico, ma un camerata, fatto infiltrare fra

gli anarchici dalla " persona che lo ha plagiato (e che) è la stessa che fece

affiggere il primo manifesto cinese in Italia" (evidente allusione a

Federico Umberto D'Amato). Una nota interna allo Uaarr dello stesso

giorno, registra la furibonda reazione dell'ufficio

20 marzo 1970: Il Questore di Bolzano fa sapere allo Uaarr che i fratelli

Bruno e Serafino Di Luia sono disposti a fare rivelazioni "interessanti"

sugli attentati di Milano e Roma.

10 aprile 1970: Russomanno si incontra con i fratelli Di Luia

22-23 aprile 1970: con il primo colloquio Zicari-Fumagalli, inizia

l'operazione dei Cc che porterà alla prima istruttoria sul Mar

aprile 1970: Valerio si dimette dalla presidenza della Montedison ed al

suo posto viene eletto Merzagora: la scalata di Cefis entra nella sua fase

finale. Appoggio dell'associazione di Pisanò a Cefis

13 giugno 1970: esce "La strage di Stato"

Page 128: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

19 novembre 1970: con un articolo intitolato "Si scrive leader si legge

lader" Pisanò inizia, sul Candido , una violenta campagna contro il

segretario del psi Mancini per le aste truccate dell'Anas

23 novembre: Mancini pone il veto socialista alla nomina di Girotti

all'Eni

8 dicembre 1970: tentato colpo di Stato di Junio Valerio Borghese

15 dicembre 1970: fine dei lavori della commissione di inchiesta sul caso

Sifar.

15 dicembre 1970: dimissioni di Merzagora dalla Presidenza della

Montedison; pochi giorni dopo il "Corriere delal Sera" pubblica la sua

lettera agli amministratori in cui si parla dei fondi neri.

23 febbraio: arresto di Pisanò.

17 marzo 1971: Paese Sera rivela il tentativo di colpo di stato di Borghese

dell'8 dicembre precedente

aprile: l' "ingegner Pontedera" manda alla Guardia di Finanza i nastri

delle intercettazioni abusive a Chiatante; il Candido è il primo giornale a

pubblicarne il testo.

13 aprile 1971: Padova, il giudice Stiz fa arrestare Freda e Ventura.

22 aprile 1971: Cefis presidente della Montedison; poco dopo, Girotti

presidente dell'Eni.

17 dicembre 1971: arrivo in Italia della delegazione libica per trattare

l'acquisto di armi;

gennaio 1972: si forma il governo monocolore Andreotti che non ottiene

la fiducia delle Camere provocando lo scioglimento del Parlamento.

primi mesi 1972: inchiesta del commissario Calabresi sul traffico d'armi

febbraio 1972: con il colpo di mano di Cefis sulla Snia Viscosa, inizia il

conflitto Cefis-Girotti

Page 129: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

20 febbraio 1972: l' Espresso, inizia la campagna sulle intercettazioni

telefoniche

24 febbraio 1972: Aurisina, scoperta del Nasco.

1 marzo: Moro propone il "pacchetto nazionale" per la richiesta dei

libici

4 marzo 1972: arresto di Rauti per Piazza Fontana.

6 marzo: appunto del Noto servizio a Girotti.

4 aprile 1972: relazione di Grisolia sul "Noto Servizio"

16 aprile 1972: inizia l' "Operazione Juri"

primavera 1972: Federico Umberto D'Amato diventa -anche

formalmente- capo dell'ufficio Affari Riservati.

17 maggio 1972: assassinio del commissario Luigi Calabresi;

18 maggio: nuova delegazione di libici in Italia ed allargamento del

pacchetto di richieste

agosto 1972: Labruna avvia l' "Operazione Occhio"

6 settembre: arresto di Nardi per l'assassinio di Calabresi

5 novembre 1972: discorso di Forlani a La Spezia

metà novembre 1972: documento anonimo "All'insegna della trama

nera"

novembre 1972: esplode lo scandalo dei "fondi neri" della Montedison

marzo 1973: scoppia lo scandalo delle intercettazioni telefoniche che

investe Tom Ponzi; arrestato Walter Beneforti.

Riassumendo:

1) fra il 1969 ed il 1974, le tradizionali rivalità di corpo fra Sid e

Uaarr, sfociavano in un violentissimo conflitto fra i rispettivi gruppi

Page 130: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

dirigenti, nel quale ciascuno cercava di eliminare l'avversario

accusandolo di colpe gravissime (dal concorso in strage al

favoreggiamento dello spionaggio sovietico). Il conflitto si produceva

anche all'interno del Sid attraverso la contrapposizione fra il capo del

servizio Vito Miceli ed il capo dell'Ufficio D Gianadelio Maletti.

2) Nello stesso tempo, aveva luogo la scalata di Cefis alla

Montedison duramente contrastata dal segretario socialista Mancini.

Uomini legati al Noto Servizio (Pisanò, De Carolis) appoggiavano Cefis

nella sua scalata

3) Contemporaneamente, una campagna di inedita virulenza

investiva il segretario del Psi, Giacomo Mancini per le aste truccate

dell'Anas. La campagna era codotta dal "Candido" di Giorgio Pisanò (di

cui abbiamo appena ricordato l'appartenenza al noto Servizo) e le

intercettazioni risultano effettuate da persone in qualche modo legate a

Tom Ponzi (altro personaggio indicato come componente del Noto

Servizio)

4) Simmetricamente, prendeva quota lo "scandalo delle

intercettazioni telefoniche" che, invece, colpiva l'investigatore privato

Tom Ponzi insieme a uomini già appartenuti alla "cordata dei triestini",

come Walter Beneforti.

5) In questo quadro ha luogo l'operazione armi-petrolio con la Libia,

nella quale, pure, compare il Noto Servizio attraverso l'appunto

recapitato a Girotti.

Abbiamo, quindi, un primo quadro che ci indica la presenza di uomini

del noto servizio in tutte tre le principali vicende politico-finanziario-

scandalistiche del momento (Montedison, Anas-Intercettazioni e

negoziati con la Libia).

Page 131: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Non appare una singolare coincidenza che la nota di Grisolia compaia

proprio nel bel mezzo di queste vicende? Ed è solo un caso che essa

preceda di soli 12 giorni l'operazione "Juri" di Labruna? Ed è sempre una

coincidenza la contiguità temporale fra l'operazione "Occhio" e il

documento "All'insegna della Trama Nera"? Può darsi, ma si tratta di

una bella serie di coincidenze.

Conviene ricordare la posizione particolarmente difficile di Federico

Umberto D'Amato che, come si sa, non ebbe mai fra i suoi referenti

privilegiati l'on. Andreotti, che, nel frattempo, era diventato Presidente

del Consiglio. Per di più, i suoi avversari del servizio militare (in quel

momento,"i nemici a lui più fieri") sembravano, invece, godere di ben

migliore accoglienza presso di lui. Mutatis mutandis , si riproduceva la

situazione che, una dozzina d'anni prima, l'aveva visto contrapposto

all'on Tambroni, prima come suo ministro, poi come Presidente del

Consiglio. E, come dodici anni prima, D'Amato si trovava, per ragioni

assai diverse, a condividere con uomini di appartenenze ben distanti e,

talora, opposte o concorrenti, la speranza di una rovinosa caduta del

governo in carica e, soprattutto, del suo capo.

In questo contesto, poteva risultar utile mettere per un momento da

parte antiche inimicizie (come quella che certamente opponeva il capo

dello Uaarr all'allora segretario socialista), per cercare, se non alleanze,

quantomeno convergenze obiettive. Ma, superare consolidate avversioni

può non essere facile e, soprattutto, molto ardua può risultare la

conquista della necessaria fiducia da parte di un interlocutore che

avrebbe ottime ragioni per temere un raggiro. Non dimentichiamo che

per qualche momento era parso che dietro il misterioso Pontedera vi

Page 132: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

fosse lo Uaarr e, dunque, D'Amato, quel che non agevolava certo un

avvicinamento del leader socialista.

In questi casi, può risultare più pagante una tattica diversa, come

quella di far giungere determinate notizie a chi di interesse, attraverso

un canale che goda della sua fiducia. Per scendere nel concreto: Mancini

poteva risultare mal disposto verso il capo dello Uaarr, mentre Aniasi

era uno dei principali esponenti della sua corrente nel Psi e, dunque, un

ottimo tramite.

E così, le iniziative di Grisolia (avvisare Aniasi del tentativo di

sequestro a suo danno e consegnargli il testo della sua informativa)

possono spiegarsi in un modo che va oltre le ragioni di un semplice atto

di amicizia: che egli abbia eseguito precisi ordini dello Uaarr.

La prima azione poteva corrispondere anche all'esigenza di permettere

a Grisolia di conquistare totalmente la fiducia di Aniasi, in modo da

preparare il terreno alla seconda e più rilevante parte dell'operazione:

coinvolgere Aniasi nell'operazione contro il Noto Servizio che,

indirettamente, colpiva anche Andreotti.

Infatti, è facile supporre che una persona, che ha da poco ricevuto

notizia di un complotto ai suoi danni da parte di un gruppo clandestino,

sia portata ad attivarsi contro quel gruppo e a fidarsi di chi l'ha avvertito.

Di qui il calcolo (non sappiamo se riuscito) che Aniasi si sarebbe attivato

presso Mancini.

Può darsi che questa resti solo un'ipotesi priva di riscontri (peraltro

difficili da trovare quasi trenta anni dopo i fatti e con ben pochi possibili

testi ancora in vita), ma le coincidenze che abbiamo richiamato all'inizio

di questo ragionamento ci incoraggiano su questa strada.

Page 133: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Infatti, la nota di Grosolia precede di pochi giorni l'avvio dell'

"Operazione Juri" e il nesso fra le due cose sarà reso trasparente dalla

lettera anononima "All'insegna della trama nera" che citava tanto Jucci

(protagonista dell'affaire armi-petrolio), quanto Battaini (dominus del

Noto Servizio a Milano) per connetterli entrambi alla stessa cordata

facente capo ad Andreotti. E' da notare che questo testo, da un lato

anticipa quanto rivelerà nel 1977 l'agenzia "Op", dall'altro contiene

diversi punti di contatto con la nota del 4 aprile precedente (il nome di

Battaini, il ruolo dei Carabinieri in relazione alla destra milanese, ecc.) ed

anticipa un altro dato delle future note di Grisolia (il reclutamento di

Nardi): troppi punti di contatto per poter pensare a delle semplici

coincidenze.

Per inciso, notiamo qui che l'ipotesi dal Ristuccia -peraltro suggerita da

un "si dice" nell'ambiente del Noto servizio, ma priva di alcun supporto

concreto- secondo la quale il documento sia da attribuire al defunto

senatore Giorgio Pisanò, non appare minimamente credibile per i

seguenti motivi:

a) dati i ripetuti punti di contatto fra questo documento e quello del 4

aprile 1972, dovremmo immaginare una intesa fra Pisanò e Grisolia che,

invece, nulla ci autorizza a supporre

b) il testo "all'insegna della trama nera" in tutto il suo svolgimento, dà

per scontato che gli autori degli attentati dinamitardi appartengano

all'estrema destra e che operino con esplosivo di provenienza militare e

che, in questa attività, avrebbero goduto della copertura dei Carabinieri:

quel che il senatore Pisanò non avrebbe mai sostenuto

Page 134: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

c) nè si capisce quale vantagggio sarebbe venuto allo stesso Pisanò dal

rendere pubblica l'esistenza del Noto Servizio al quale, stando sia ai

documenti, sia a quanto dice lo stesso Ristuccia, apparteneva.

Dunque, è molto più razionale ipotizzare che il documento "All'insegna

della trama nera" costituisca la seconda parte di un'azione iniziata con la

nota del 4 aprile precedente e che entrambi siano da attribuire alla stessa

mano (o alle stesse mani).

Conseguentemente, anche la contemporaneita fra questa operazione

dello Uaarr e quella dell'Ufficio D del Sid appare, più che come una

coincidenza, come la confluenza fra due attori diversi e, probabilmente

non alleati fra loro, ma convergenti verso lo stesso obbiettivo: abbattere

l'on Andreotti e la sua cordata politico-militare.

E' tutt'ora convinzione comune che, nel dualismo fra Miceli e Maletti, il

primo avesse come suo referente politico Aldo Moro, ed il secondo

Giulio Andreotti. Per la verità, l'on. Andreotti ha sempre rigettato questa

affiliazione di Maletti e Labruna, incontrando, però molto scetticismo.

Occorre dire che, nella maggior parte dei casi, l'appartenenza di un alto

ufficiale -in particolare dei servizi- ad una determinata cordata politica,

si basa su convinzioni diffuse, derivanti, il più delle volte o dalla

constatazione del politico che ha effettuato o propiziato la nomina più

importante dell'ufficiale, o sull'osservazione del comportamento di

entrambi e sulle relative convergenze.

In effetti, è probabile che rapporti preferenziali fra l'esponente

democristiano ed il generale del Sid siano esistiti in epoca precedente, e

taluni possono interpretare l'azione del duo Maletti-Labruna sul golpe

Borghese come un modo per controllare l'inchiesta, assicurando che essa

non sarebbe andata oltre il "far volare gli stracci" e tenendone fuori

Page 135: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

determinati uomini politici; ma riesce assai difficile catalogare come

"azione amichevole" le due operazioni ("Juri" e "Occhio") messe in atto

dall'ufficio del generale Maletti nel 1972. D'altra parte, Maletti non ha

avuto solo relazioni con Andreotti, ma è stato anche l'ottimo amico

dell'on. Mancini, da cui verrà aspramente difeso nel 1975. Inoltre, la

stessa opinione diffusa che vuole Maletti come uomo di Andreotti, lo

dipinge anche come leader della componente filo-israeliana del nostro

servizio, contrapposta all'ala filo-araba di Miceli e, in effetti, l'

"Operazione Juri" riguarda proprio il caso del riarmo di un paese arabo

fra i più ostili ad Israele, quel che, appunto, doveva essere inviso in

massimo grado alla componente filo-israeliana. Se questo, poi, possa

aver comportato la rottura di precedenti solidarietà interne, non deve

meravigliare: non è l'unico caso in cui le solidarietà internazionali

abbiano prevalso su quelle nazionali.

L'azione dell'Ufficio D inizia pochi giorni dopo la nota di Grisolia e si

conclude qualche settimana prima del documento "All'insegna della

trama nera" che collega la trattativa con la Libia al Noto Servizio: è tutto

solo un caso? Difficile crederlo.

Questo, tuttavia, non implica necessariamente che vi fosse un accordo

esplicito fra D'Amato e Maletti in funzione antiandreottiana. E' ben più

probabile che si sia trattato di una tacita intesa, o, anche, che non vi fosse

alcuna particolare intesa, ma che uno dei due, conosciuta l'azione

dell'altro, abbia colto l'occasione per inserirsi nel gioco e sfruttare essa a

proprio vantaggio. Le soluzioni possono essere diverse: tutte più

credibili di una pura e semplice coincidenza.

Ed è comprensibile quale possa essere stata la reazione del Noto

Servizio nel leggere sui giornali il documento "All'insegna della trama

Page 136: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

nera" (fra gli altri, lo pubblicò il "Borghese", pur se stampando solo

l'iniziale dei nomi ): è evidente che questo avrà fatto pensare a qualche

fuga di notizie dall'interno ( il nome di Battaini, sino a quel punto non

era ancora venuto fuori e resterà del tutto sconosciuto per molti anni

ancora). E, forse, i sospetti che Titta ha manifestato su Grisolia vengono

proprio da quella occasione, interpretata come un colpo proveniente non

da alcune stanze del Viminale, ma dai servizi sovietici in Italia. 12) Padre Enrico Zucca, il Noto Servizio ed il caso Moro.

Forse, il capitolo più interessante delle deposizioni di Ristuccia è quello

relativo al caso Moro ed all'intervento in esso del Noto Servizio.

Conviene quindi riportare per intero alcuni dei pezzi più importanti:

<< Ricordo che il Titta mi accennò, già durante il sequestro Moro e

me lo confermò poi successivamente, che erano stati contattati per

adoperarsi per la liberazione di Moro, così come per il sequestro

Cirillo.

Mi disse addirittura di aver avuto contatti con appartenenti alle

Brigate Rosse e che questi avevano espresso sfiducia verso l'Arma

dei Carabinieri e la Dc.

Mi disse che gli uomini delle Br con cui erano entrati in contatto,

non erano riusciti a trovare gli interlocutori adatti e non si fidavano

delle Istituzioni.

Titta sosteneva di aver parlato di ciò con Cossiga e con

l'Onorevole Andreotti, ma che quest'ultimo con valutazioni

Page 137: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

negative sull'eventualità del rilascio dell'ostaggio bloccando (sic)

così le attività che intendeva intraprendere.

Ricordo che lo stesso giorno in cui si seppe che nel lago della

Duchessa doveva trovarsi il cadavere di Moro, il Titta mi disse in

tempo reale che si trattava di una "bufala".

Ciò ovviamente mi disse prima che ci fosse la smentita...

Ricordo che era aprile e che c'era la Fiera aperta. Ricordo molto

bene questo particolare perchè quando i media dettero la notizia, il

segretario generale della Fiera era indeciso sul fatto di sospenderla

o meno proclamando il lutto.

Io allora telefonai al Titta che venne subito a trovarmi dicendomi

di riferire al Franci (il segretario generale) che era una bufala....

faccio altresì presente... che il Titta disse di essersi occupato anche

del sequesto Dozier.>> (verbale s. i. Ristuccia dell'8 ottobre 1998)

<< ... Si io venni informato da Titta che il Presidente della Dc

correva seri rischi di sequestro. Sequestro durante il quale Titta mi

disse di essere a conoscenza del luogo dove Moro era detenuto, lo

aveva detto anche ai senatori Andreotti e Cossiga.

Il Titta mi disse durante il sequestro che Moro era detenuto in via

Gradoli e, come ebbi occasione di accennarvi, lo seppe direttamente

dalle Brigate Rosse.

Non so dirvi come entrò in contatto con le Br, ma lui mi disse di

essere stato fortemente ostacolato sul caso Moro, proprio dal potere

politico dal quale dipendeva.... in particolare alla richiesta di poter

intervenire su via Gradoli il Titta ricevette un secco diniego da

Andreotti che gli fece capire che non era auspicabile una soluzione

Page 138: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

positiva del processo, la frase che ricordo distintamente è "Moro

vivo non serve più a nessuno">> (verbale s. i. Ristuccia del 9

dicembre 1998)

<< Ero a conoscenza dell'iniziativa di Zucca. Non fu un'attività

autonoma, ma realizzata dopo che Titta gli aveva riferito che le Br

erano disponibili a rilasciare l'ostaggio in cambio di una somma di

denaro.

Io non posso garantirvi che il denaro ci fosse veramente perchè la

fondazione Balzan mi è sempre apparsa come un grosso raggiro,

mentre il premio era una cosa seria.

Ribadisco che non sono in grado di dire chi furono i brigatisti che

avvicinarono il Titta. Nè se lo fecero direttamente.

Posso solo dire che Titta mi disse che era stato provocato un

contatto con le Br e che queste non volevano condurre la trattativa

con organi di polizia ufficiali o esponenti politici. In merito alle

mancate risposte di Andreotti, vi ricordo che non le diede neanche a

voce al Titta, facendogli ben intendere che Moro vivo non

interessava. >> (verbale s. i. Ristuccia del 18 aprile 2000)

Anche su questo delicatissimo punto, la testimonianza di Ristuccia è di

grande rilievo e schiude scenari sin qui insospettati o, al massimo,

sommariamente intuiti.

Si tratta, però, di un contributo assai complesso che assomma cose

direttamente conosciute dal teste a cose sapute di seconda e, talvolta, di

terza mano.

Page 139: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Quel che Ristuccia sa sulla vicenda deriverebbe dal racconto che glie ne

avrebbe fatto Titta che, a sua volta, in parte avrebbe riferito episodi

vissuti personalmente, in parte cose apprese da terzi.

Ovviamente, ad ogni passaggio occorre tener presente la possibilità di

distorsioni casuali o volute, di altrettanto accidentali o calcolate

reticenze, di errori di comprensione o di ricordo.

Non sarà, dunque inutile isolare ogni singola informazione,

collocandola in una griglia costruita sulla base del grado di vicinanza

alla fonte primaria. Otterremo, così, questi gruppi di dati:

A) Notizie conosciute personalmente da Ristuccia :

1A- lo stesso giorno in cui si seppe che nel lago della Duchessa doveva trovarsi

il cadavere di Moro, il Titta mi disse in tempo reale che si trattava di una

"bufala"

2A- venni informato da Titta che il Presidente della Dc correva seri rischi di

sequestro.

3A- Ero a conoscenza dell'iniziativa di Zucca. Non fu un'attività autonoma, ma

realizzata dopo che Titta gli aveva riferito che le Br erano disponibili a rilasciare

l'ostaggio in cambio di una somma di denaro.

B) Notizie apprese da Titta conosciute personalmente dallo stesso Titta

1B- Titta mi accennò che erano stati contattati per adoperarsi per la liberazione

di Moro

2B- Titta mi disse successivamente che erano stati contattati per la liberazione

di Cirillo

Page 140: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

3B- Titta mi disse di essersi occupato anche del caso Dozier

4B- Mi disse addirittura di aver avuto contatti con appartenenti alle Brigate

Rosse

5B- Mi disse che i brigatisti contattati avevano espresso sfiducia verso l'Arma

dei Carabinieri e la Dc.

6B- Mi disse che gli uomini delle Br con cui erano entrati in contatto, non

erano riusciti a trovare gli interlocutori adatti e non si fidavano delle Istituzioni.

7B- Titta sosteneva di aver parlato di ciò con Cossiga e con l'Onorevole

Andreotti

8B- Titta riferì ad Andreotti e Cossiga il luogo dove era tenuto prigioniero Moro

9B-Titta mi disse che, alla richiesta di poter intervenire su via Gradoli, ricevette

un secco diniego da Andreotti

10B-Andreotti gli fece capire che "Moro vivo non serve più a nessuno"

11B- Titta mi disse che era stato provocato un contatto con le Br

C) Notizie apprese da Titta e che questi avrebbe appreso da altri

1-CTitta mi disse di sapere che Moro era detenuto in via Gradoli e di averlo

saputo direttamente dalle Brigate Rosse.

D- Notizie di cui Ristuccia ammette di avere una conoscenza limitata o

difettosa:

1D-Non so dirvi come Titta entrò in contatto con le Br,

2D- Io non posso garantirvi che il denaro per la liberazione di Moro ci fosse

veramente perchè la fondazione Balzan mi è sempre apparsa come un grosso

raggiro

Page 141: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

3D- non sono in grado di dire chi furono i brigatisti che avvicinarono il Titta.

4D- non sono in grado di dire se i brigatisti abbiano avvicinato direttamente

Titta.

Prima di passare in rassegna ogni singola affermazione, ci sembra di

dover affrontare due problemi preliminari:

a) chi ha trovato chi? E' Titta che ha trovato le Br o queste che hanno

trovato Titta?

b) con chi ha parlato Titta, con i capi delle Br (per intenderci: con Moretti

o un suo rappresentante) o con dei dissidenti?

Ristuccia, dome abbiamo visto, dichiara di non sapere nè come Titta

sarebbe giunto alle Br (o queste a quello) nè chi fossero i brigatisti con

cui avvenne il contatto.

Tuttavia, per quanto attiene al primo punto, il senso delle dichiarazioni

di Ristuccia va nel senso da Titta alle Br ("fu provocato un contatto con le Br

"). D'altra parte, considerato che Titta, all'epoca, era un emerito

sconosciuto, non si comprende nè come nè perchè le Br lo avrebbero

dovuto cercare, a meno che una precisa indicazione in questo senso non

sia venuta personalmente da Aldo Moro che, alla ricerca di un canale

efficace di comunicazione con il governo, avrebbe indicato un nome del

quale avrebbe potuto avere memoria quantomeno dai tempi del

negoziato con i libici. Si tratta di una soluzione possibilissima, ma,

ripetiamo, le dichiarazioni di Ristuccia sembrano andare in ssenso

opposto.

Page 142: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Ma, se accettiamo l'idea che sia stato Titta a raggiungere le Br,

dobbiamo ricordare che, sino ad oggi, non si sa di alcun organismo

statale che sia riuscito, nell'immediatezza del rapimento del Presidente

della Dc, a rintracciare dirigenti delle Br, tanto per arrestarli, quanto per

avviare una qualche trattativa. Quantomeno, questa è la tesi ufficiale

sostenuta, ancor oggi, da ciascuno degli apparati di polizia ed

informativi.

E' interessante notare che quanto non sarebbe riuscito a Polizia,

Carabinieri, servizio militare ecc; riuscì, invece, al Noto Servizio.

Abbiamo già esposto il dubbio che l'Anello disponesse di uno o più

infiltrati nella colonna milanese delle Br. Ad avvalorare questa ipotesi c'è

anche un particolare: se davvero Titta ha preso contatto con dissidenti

delle Br, difficilmente questo può essere avvenuto per caso: è segno che

già sapeva della loro posizione critica, cosa che può essergli stata riferita

solo da un informatore interno al gruppo. Più avanti svolgeremo qualche

considerazione sul possibile significato dell'espressione "fu provocato un

contatto ", ora affrontiamo l'altro problema.

Ristuccia dice di non sapere chi fossero gli interlocutori di Titta, ma

tutto il suo racconto propende fortemente per l'ipotesi che si trattasse di

dissidenti e non dell'ala, per così dire, ufficiale dell'organizzazione. Si

tratta di una ipotesi possibile, ma che non ci persuade affatto, per questa

serie di motivi:

a) gli unici dissensi interni alle Br durante il caso Moro, di cui si sa,

sono quelli fra la Direzione strategica e il duo Morucci-Faranda che,

però, si sarebbe manifestato solo verso la metà di aprile, mentre il

contatto di Titta sembrerebbe precedente. Inoltre, Morucci e Faranda

Page 143: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

facevano parte della colonna romana e non di quella milanese: un

problema in più per Titta che operava principalmente a Milano.

b) fallita la trattativa, che fine hanno fatto questi dissidenti? Sono

stati fra i primi pentiti, come Peci? Improbabile: il fenomeno del

pentitismo fu gestito quasi totalmente dai carabinieri di Dalla Chiesa ed

abbiamo visto che questi "dissidenti" avrebbero dichiarato a Titta di non

fidarsi dei carabinieri. In secondo luogo, il fenomeno del pentitismo si

manifesta un po' più in là nel tempo.

c) i "dissidenti" avrebbero dovuto sapere dove era tenuto Moro,

ma, a conoscere questo dato, nell'organizzazione, erano pochissimi.

d) se il contatto con le Br "fu provocato", si immagina, attraverso

qualche segnale, è chiaro che tale segnale era rivolto alle Br in quanto tali

e non ad una eventuale fascia dissidente della quale, peraltro, nessuno

sapeva nulla (salvo l'ipotesi appena esposta dell'infiltrato). Ma, allora,

come mai a prendere contatto sarebbero stati i dissidenti e non i

morettiani?

e) come avrebbero fatto i "dissidenti" ad appurare l' effettiva

qualità di chi li avvicinava?

f) se di "dissidenti" si è trattato, come mei nessun pentito o

dissociato delle Br ha rievocato quel precedente?

Non mancano, nel racconto di Ristuccia, singoli elementi a parziale

convalida della tesi dei "dissidenti" (ne parlereno nel corso dell'esame

delle singole affermazioni), ma, come si vede, gli elementi di dubbio

prevalgono.

Le stesse considerazioni sin qui svolte diventano argomenti a favore

della tesi che il contatto possa essere avvenuto con gli esponenti

Page 144: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

"ufficiali" delle Br, più avanti vedremo per quali ragioni la tesi dei

"dissidenti" possa essere preferita da Ristuccia. Veniamo ora all'esame

dei singoli punti.

1A- Lago della Duchessa :

Titta aveva detto, prima della smentita delle Br, che la notizia era falsa e

Ristuccia, in poche ore ebbe la conferma della giustezza

dell'informazione dai noti sviluppi della vicenda. Dunque -se il ricordo

del teste è esatto- Titta conosceva in anticipo l'esito della vicenda e ciò,

escludendo che egli avesse facoltà divinatorie, non può significare altro

che egli possa averlo saputo:

a) dal Sismi o altro organismo similare, che, pur avendo correttamente

valutato l'infondatezza della notizia, stava al gioco per ragioni da

chiarirsi

b) dagli stessi autori del falso comunicato

c) da un infiltrato del Noto Servizio nelle Br

d) da un interlocutore delle Br prontamente sentito, non appena appresa

la notizia del comunicato.

Tanto nel caso dell'infiltrato quanto in quello dell'interlocutore, doveva

trattarsi di persona inserita ad un livello abbastanza alto per sapere in

tempo abbastanza breve che il comunicato non apparteneva

all'organizzazione.

2A- Conoscenza anticipata del sequestro.

Sempre stando alle informazioni date da Ristuccia, valgono

considerazioni analoghe al punto precedente: Titta può aver saputo della

notizia in uno di questi modi:

Page 145: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

a) dal Sismi: è noto che sin dal 16 febbraio, un detenuto nel carcere di

Matera -tal Senatore- aveva informato il centro Cs di zona del progetto

di rapimento ai danni del presidente della Dc.

Il Sismi, si era poi giustificato dicendo che, data la situazione di

confusione seguita alla riforma del servizio, l'informativa era giunta solo

il 16 marzo -troppo tardi- alla direzione del servizio.

Potrebbe, invece, essere accaduto che la notizia fosse giunta in tempo

ed era stata oggetto di discussioni, attraverso le quali sarebbe filtrata

sino al contiguo ambiente del Noto Servizio. Resta da capire, a questo

punto, perchè, tanto il Sismi, quanto il Noto Servizio non abbiano

saputo o voluto impedire il sequestro

b) da un ulteriore servizio informativo italiano o straniero -

presumibilmente occidentale-: valgono le considerazioni appena svolte

c) da un infiltrato del Noto servizio nelle Br che, successivamente,

sarebbe stato lo strumento attraverso il quale entrare in contatto con le

Br. Nel qual caso, c'è da capire quale uso abbia fatto dell'informazione il

Noto Servizio (Ha avvisato il servizio militare? L'autorità politica di

riferimento? I servizi americani? Ha tenuto tutto per sé?)

3A- L' iniziativa di Zucca.

Ristuccia può aver appreso il fatto direttamente da Zucca, quanto da

Titta (fa poca differenza), mentre non si ha ragione di ritetenere che

possa averlo appreso da altri: in ogni caso, si è trattato di una notizia

conosciuta di prima mano ed in tempo reale.

Page 146: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

E' fuori discussione che effettivamente padre Zucca avrebbe raccolto

una forte cifra di denaro per trattare con le Br: la notizia venne data

dall'"Espresso" già il 26 maggio 1978 -sia pure facendo cenno ad un

brigatista presentatosi al confessionale di Padre Zucca e senza alcun

cenno a Titta- precisando che era stata raccolta la più che rispettabile

cifra di 50 miliardi. Successivamente essa veniva confermata dalla nota

nr. xx/909 del 21 settembre 1978 del centro Sisde di Milano e dalla nota

nr. 3/3854 del 2 febbraio 1979 diretta allo stesso centro.

Ma, se l'esistenza del tentativo è fuori discussione, meno scontata

appare la descrizione del suo svolgimento.

Innanzitutto, lascia fortemente perplessi il fatto che le Br fossero

disponibili a concludere l'operazione per denaro, così come Titta avrebbe

fatto intendere ai suoi sodali.

Una simile soluzione avrebbe svuotato di ogni significato politico il

rapimento e, peraltro,se davvero le Br erano disposte a liberare Moro per

del denaro, avrebbero potuto rivolgersi alla famiglia che (per quanto 50

miliardi del tempo fossero una cifra di tutto rispetto), non avrebbe

avuto difficoltà a reperire la cifra fra amici ed estimatori, o rivolgendosi

alla Santa Sede. Questo avrebbe in radice eliminato il problema della

trattativa con lo Stato. Soprattutto, se le Br erano davvero interessate a

chiudere il sequestro per denaro, non si capisce perchè poi abbiano

mutato parere ed abbiano deciso di uccidere l'ostaggio. Forse 50 miliardi

erano pochi? O forse il denaro era solo una voce "aggiuntiva" e la

trattativa è naufragata su altro?

C'é, però, da considerare la variante dei "dissidenti": i 50 miliardi erano

diretti a loro in cambio della rivelazione del posto in cui era tenuto

Moro, in modo da farlo liberare, poi la cosa sarebbe andata a male

Page 147: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

perchè gli organi di polizia -o forse le autorità politiche competenti,

come Ristuccia afferma- non erano interessate alla cosa. Questo è un

elemento a favore della tesi dei "dissidenti". Però, questo presuppone che

questi eventuali dissidenti sapessero dove effettivamente Moro era

detenuto, cosa possibile ma molto improbabile. In secondo luogo, non si

capisce come mai il tentativo non sia stato fatto sul versante della

famiglia (che, invece, sembra essere stata tenuta all'oscuro di tutto).

Infine, il Noto Servizio avrebbe avuto diversi altri modi per gestire la

notizia sia per costringere chi di dovere ad intervenire, sia per tentare

una sortita che liberasse Moro (avrebbero avuto problemi Titta o Tom

Ponzi, a reclutare una squadra di personale addestrato ai massimi livelli

professionali, per tentare una irruzione?).

Ma, soprattutto, non si capisce per quale motivo il Noto Servizio e

circonvicini, avessero tanto interesse a salvare il presidente della Dc, da

mettersi in contrasto con le autorità politiche di riferimento.

Moro era stato il massimo artefice di quel ciclo politico di apertura al

Pci, contro il quale Zucca, Battaini, Titta, De Carolis e gli altri si erano

costantemente battuti, prima appoggiando le correnti di destra della Dc

e poi varando l'operazione Ppi (almeno stando alle dichiarazioni

formali), per quale motivo avrebbero dovuto sentire così acutamente la

mancanza del celebre politico pugliese? Nè pare che l'ambiente fosse

quello più ricettivo a scrupoli di ordine umanitario...

Dunque, la somma è stata raccolta ed il tentativo è stato fatto, ma la

motivazione, è forse stata diversa: non era sulla vita di Moro,

probabilmente, che si stava trattando, ma su altro. Torneremo più avanti

sul punto.

Page 148: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

1B- Titta mi accennò che erano stati contattati per adoperarsi per la

liberazione di Moro

Notizia inverificabile anche per la sua genericità: chi contattò il Noto

Servizio per il caso Moro? Autorità politiche? La Cia? Il Sismi? La

famiglia per qualche tramite? La Dc?

2B- Titta e il caso Cirillo

Cosa vera e già abbastanza nota, cui il racconto di Ristuccia non

aggiunge nulla di nuovo.

3B- Titta e il caso Dozier

Di questo abbiamo già fatto cenno.

4B- Titta ed i contatti con appartenenti alle Brigate Rosse.

E' questo il punto più importante e delicato di tutte le dichiarazioni di

Ristuccia.

Sin qui le Br hanno sempre smentito di aver avuto altri contatti oltre

quelli indirettamente tessuti, per il tramite di alcuni esponenti

dell'Autonomia romana (Pace e Piperno), con il Psi.

Altrettanto le massime autorità istituzionali del tempo (dall'ex

Presidente del Consiglio Andreotti all'ex ministro dell'Interno Cossiga)

hanno sistematicamente smentito -sia in sede giudiziaria, che

Page 149: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

parlamentare o giornalistica- che vi siano stati, per quanto a loro

conoscenza, contatti con le Br diversi da quelli citati.

Se, invece, emergesse che tali contatti vi furono e che a gestirli non fu

neppure uno degli apparati ufficiali, o la Dc o qualche organismo

umanitario, ma un servizio segreto occulto e manifestamente illegale,

questo fornirebbe una chiave di lettura completamente diversa

dell'accaduto e sarebbe assai difficilmente spiegabile da chi, sinora, ha

sostenuto la tesi opposta.

In particolare, risulterebbe assai imbarazzante, tanto per le Br quanto

per gli uomini delle istituzioni, ammettere il tacito accordo nel negarlo.

Si tratterebbe di una solidarietà difficile da ammettere che richiama alla

nostra mente questo passaggio del discorso di Curcio in ricordo del suo

amico Mauro Rostagno:

<< Perchè ci sono tante storie di questo paese che vengono taciute e

non potranno essere chiarite per una sorta di sortilegio: come Piazza

Fontana, come Calabresi, che sono andate in certi modi e che per

ventura della vita nessuno può più dire come sono realmente andate,

sorta di complicità tra noi e i poteri che impediscono ai poteri e a noi

di dire cosa è veramente successo>>

E, dunque, occorre in primo luogo verificare se vi siano riscontri al

discorso di Ristuccia.

In primo luogo, ci sembra il caso di richiamare un documento già usato

nella relazione riassuntiva delle risultanze sul Noto Servizio, che questo

ctu consegnò a codesta Ag in data 31 ottobre 2000.

Si tratta della conclusione dell'appunto del 24 maggio 1979:

Page 150: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

<<... Il viaggio del geom. Titta a Napoli è da mettere in relazione

anche alle continue indagini sulla vicenda Moro. Egli si è incontrato

con quel dott. Lupo (di cui alla segnalazione dell’8 corrente) che fa

parte del gruppo dirigente Nato. Va a questo proposito ricordato che

dieci mesi addietro – credo nel luglio 1978 – il citato Titta ebbe a

riferire ad un gruppo ristretto di collaboratori milanesi (e la notizia

fu tempestivamente trasmessa) che secondo le indagini condotte dal

suo gruppo, l’on. Moro era stato tenuto prigioniero in un locale

dell’Ambasciata Cecoslovacca a Roma. La notizia viene ora

confermata da una pubblicazione che ha visto la luce negli Stati Uniti

e che è stata, sia pure senza molta evidenza, riportata da alcuni

giornali italiani. La fonte americana è vicina alla Cia e al “Servizio

Informazioni”.

Si spera, entro breve tempo di conoscere maggiori particolari.>>

(Nota 24 maggio 1979. All. 32)

Dunque, effettivamente Titta avrebbe lavorato sul caso Moro, il teste

Ristuccia non poteva sapere dell'esistenza di questo appunto

nell'archivio della Dcpp. Per quanto riguarda il riferimento

all'ambasciata cecoslocavva, si tratta di un antico depistaggio comparso

sul primo numero di "Op" e -come abbiamo avuto modo di commentare

nella rel. 43- probabilmente originato da Enzo Salcioli.

Per quanto riguarda il dott. Lupo, come è noto a codesta Ag, gli

accertamenti di Pg non sono riusciti ad identificarlo. La documentazione

acquisita in questa occasione ci segnala che anche la questura

partenopea, a suo tempo, non riuscì a identificare il personaggio:

Page 151: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

<< Infatti, il dott. Lupo tra i dirigenti e tutto il personale, operante

negli ambienti Nato di questa città, è sconosciuto – come lo sono i

fratelli Titta nell’ambito locale del partito in oggetto indicato.>>

(Lettera del Questore di Napoli del 1° maggio 1980 n. 1980 Digos,

cat. A.4. All. 32)

Dobbiamo, però, dire che in data 12 febbraio 1976 (All. 31, documento

già citato) la stessa Questura di Napoli, segnalando l'inaugurazione della

sede del Ppi, fra i dirigenti di quel partito indicava anche un tal Epifanio

Lupo. Sempre nella stessa area, segnaliamo anche -ma con scarsa

convinzione- il Nunzio Demetrio Lupo candidato a Roma nelle liste del

Nuovo Partito Popolare di Foligni.

Ma ci chiediamo, a questo punto, se abbia davvero senso cercare un

qualche signor Lupo che corrisponda a quello della informativa del 24

maggio 1979.

Innanzitutto, non riusciamo a capire cosa significhi l'espressione "che fa

parte del gruppo dirigente Nato ": la Nato ha suoi precisi organi, che non

hanno sede a Napoli e che hanno una composizione non segreta.

A Napoli, avevano sede, nei tardi anni settanta, il Cincsouth (comando

Nato per lo scacchiere meridionale dell'Alleanza) e il Cincusnaveur

(comando delle forze navali statunitensi in Europa, cui faceva

riferimento anche la 6° flotta normalmente all'ancora in quel porto),

successivamente i due comandi vennero assimilati.

A Bagnoli c'era (e c'è) una importante base di telecomunicazioni tanto

per la marina italiana, quanto per quella statunitense. Ma si tratta di

comandi militari che non hanno un "gruppo dirigente" composto anche

Page 152: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

da civili. Ovviamente, fra i militari presenti vi abbondano quelli

appartenenti ai servizi di informazione e sicurezza (non solo della Cia,

ma anche del servizio informativo della Us Navy).

Pertanto, appare più probabile che Titta si sia incontrato con qualche

ufficiale della base, verosimilmente appartenente a qualche apparato di

sicurezza: infatti, non si capisce quale interesse avrebbe potuto avere un

qualsiasi comandante militare della base, alle indagini sul caso Moro. E'

altrettanto probabile che non si trattasse di un ufficiale italiano -nel qual

caso non si capisce perchè Titta avrebbe dovuto riferire a lui, piuttosto

che al Cs di Milano o alla direzione del Sismi, del Sisde o di qualsiasi

altro apparato di informazione che, ovviamente, non ha la sua sede

centrale a Napoli ma a Roma-.

Dunque un ufficiale, residente a Napoli o Bagnoli, appartenente ad un

servizio di informazioni, probabilmente non italiano. Ma, in questo caso,

Lupo potrebbe essere benissimo un nome di copertura, e perciò non

avrebbe, appunto, alcun senso cercare un signore con questo cognome

anagrafico. Questa circostanza richiama alla nostra mente un antico

verbale di interrogatorio di Roberto Sandalo:

<< Azzolini ebbe a confidare a Donat Cattin e Solimano che Moro,

avendo percepito la non disponibilità dello Stato a trattare con le Br,

aveva cominciato a tenere una linea di collaborazione, sperando che

fossero le Br a decidere la non esecuzione della condanna a morte. Lo

stesso Azzolini, a proposito della collaborazione di Moro, confidò a

Donat Cattin e a Solimano che Moro aveva parlato di presunte

complicità di non meglio identificati organi dello Stato in alcuni fatti

verificatisi negli anni precedenti. Moro avrebbe parlato di alcuni

Page 153: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

scandali, della strage di Piazza Fontana, fornendo notizie più

dettagliate sui collegamenti tra la Cia ed alcuni personaggi del

mondo politico ed economico italiano. Moro parlò anche di un

ufficiale americano della Nato, abitante a Bagnoli, del quale Azzolini

diede elementi per la sua identificazione, parlò di una macchina

sportiva decappottabile in uso all'ufficiale e di altri elementi per la

sua identificazione, giungendo alla decisione di eliminarlo. Ciò

sarebbe dovuto avvenire nell'ottobre del 1978. Senonché il timore di

rappresaglia da parte della Cia nei confronti dei militanti di Pl a

seguito dell'uccisione del predetto ufficiale, indusse l'esecutivo di Pl

a recedere da tale progetto. >> (Interrogatorio di R. Sandalo del 10

dicembre 1980 nel carcere di Piacenza. G.I.F. Imposimato, cart. VI,

contro Piperno. Corte d'Assise di Roma. )

Il passo merita qualche riflessione: si fa cenno a cose che Moro avrebbe

detto che solo parzialmente possono trovare riscontro nel suo

memoriale. Ad esempio, non trova collocazione quella allusione alla

"complicità di organi dello Stato in alcuni fatti verificatisi negli anni

precedenti" (anche se si tratta di un riferimento troppo generico), invece,

in tutto il memoriale si accenna a contatti fra gli americani (per la verità

della Cia si parla assai poco) ed esponenti del mondo politico, ma non di

rapporti fra la Cia ed esponenti del mondo economico. Ancor più

"nuovo", rispetto al memoriale, appare il riferimento a quell'ufficiale

americano abitante a Bagnoli. Che Moro fosse al corrente della presenza

e del particolare ruolo di un ufficiale americano di stanza a Bagnoli è

possibilissimo, soprattutto se si trattava di un ufficiale di grado elevato

e/o impegnato in operazioni di particolare rilievo; ma che conoscesse

Page 154: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

anche che tipo di auto usasse appare meno convincente. Ci sembra più

probabile che Moro possa aver dato qualche indicazione sull'ufficiale (o

anche, più semplicemente, sulla struttura da lui diretta) e che a ciò abbia

fatto seguito una qualche investigazione delle Br, magari seguendo

l'ufficiale.

E' da capire, invece, perchè le Br avessero deciso di uccidere

quell'ufficiale e perchè tale progetto sembrasse così urgente da

contravvenire ad ogni regola della clandestinità rivolgendosi ad un'altra

organizzazione per commissionarne l'assassinio. Notiamo, per inciso,

che si trattaterebbe dell'unico caso in cui le Br avrebbero fatto ricorso ad

una prassi del genere.

Per concludere il discorso relativo ai riscontri alle dichiarazioni di

Ristuccia, ci sembra che un indizio -per quanto indiretto- possa essere

costituito dalla presenza di Titta nel caso Cirillo: perchè il servizio

militare decise di associarlo alla strana e maleodorante trattativa? Il

Sismi non aveva certamente bisogno di Titta per andare a cercare

Raffaele Cutolo nel carcere di Ascoli e, dunque, non si vede quale fosse il

ruolo di un personaggio che, presentato come membro del servizio, di

fatto non lo era. Una prima ipotesi è che, per il tramite del Ppi o di

personaggi come Gangemi, Titta potesse godere di una qualche

particolare entratura presso gli ambienti cutoliani. La seconda è che Titta

poteva vantare qualche precedente di trattativa con le Br; in altri termini,

che si trattasse della prosecuzione di un discorso già iniziato e -forse-

interrotto. La terza è che Titta fosse utile in entrambe le direzioni.

5B- La sfiducia dei brigatisti verso l'Arma dei Carabinieri e la Dc.

Page 155: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Sembrerebbe di capire che i brigatisti avrebbero avuto altri contatti con

Dc e carabinieri e ne siano restati delusi.

In ogni caso, il particolare incuriosisce anche per un altro aspetto: a

quanto pare, Titta riscuoteva, invece, l'apprezzamento dei suoi

interlocutori, e qui resta da capire come abbia fatto Titta (che

apparentemente non era altro che un geometra in perenne affanno

economico) presentarsi alle Br. Gli avrà detto di rappresentare un

servizio segreto clandestino? E, in questo caso, come avrà fatto a

dimostrare di non essere un mitomane, un giornalista in cerca di scoop,

un truffatore che fortuitamente era riuscito ad individuare un

rappresentante delle Br? Quali prove avrà fornito dell'esistenza del suo

servizio? O, forse, si è presentato a nome del Sismi? Ma, in questo caso, o

il Sismi era d'accordo, o Titta si esponeva in ogni momento al rischio che

il Sismi, raggiunte in qualche modo le Br, lo smentisse. Quel che sarebbe

stato più che imbarazzante, considerata la scarsa tolleranza dei terroristi.

7B- Titta sosteneva di aver parlato di ciò con Cossiga e con l'Onorevole

Andreotti

Ovviamente, di questo non abbiamo alcun riscontro.

8B- Titta riferì ad Andreotti e Cossiga il luogo dove era tenuto

prigioniero Moro

Page 156: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Idem come sopra.

9B-Titta disse che, alla richiesta di poter intervenire su via Gradoli,

ricevette un secco diniego da Andreotti

Idem

10B-Andreotti gli fece capire che "Moro vivo non serve più a nessuno"

Idem, salvo il fatto che abbiamo troppa considerazione per l'on.

Andreotti per pensare che possa aver fatto una simile sciocchezza

comportandosi così rozzamente. Pur prendendo per buona l'idea che

Andreotti operasse deliberatamente per un esito luttuoso della vicenda,

sarebbe stato più plausibile se avesse cercato di sostituire Titta con altri

intermediari di cui si fidava maggiormente, o se avesse fatto fallire la

trattativa adducendo ragioni politiche. Tutto, ma non una ammissione

così pericolosa, per quanto non verbalizzata.

11B- Titta mi disse che era stato provocato un contatto con le Br

Frase oscura ma interessante. Dunque, questo conferma sarebbe stato

Titta ad avvicinare le Br e non il contrario. E' interessante l'espressione

"era stato provocato un contatto": appunto, dato che, immaginiamo, in

circostanze del genere non sia possibile presentarsi al proprio

interlocutore dicendo "Adalberto Titta, direttore operativo dell'Anello,

piacere. Sono qui per quella faccenda riguardante l'on. Moro". Dunque è

credibile che Titta si sia fatto precedere da qualche segno inequivocabile

Page 157: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

che garantisse la sua qualità di effettivo tramite con il sistema politico e,

nello stesso tempo, un segnale che inducesse le Br a raccogliere l'invito

evitando atteggiamenti troppo indisponibili.

Dunque, l'espressione "era stato provocato un contatto" fa pensare ad

una operazione consistente nell'emettere un segnale comprensibile solo

dal destinatario, il quale, a sua volta, risponde con un altro segnale di

disponibilità, a seguito del quale l'incontro può avvenire.

C'è un episodio che presenta aspetti convergenti con questa dinamica.

Beninteso: si tratta solo di una suggestione, poco più di un vago

sospetto, ma non privo di qualche sostegno: la sera del 18 marzo 1978 (a

meno di sessanta ore di distanza dal rapimento di Moro) venivano uccisi

i due giovani Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, del Centro Sociale

Leoncavallo. Tinelli, abitava esattamente di fronte alla principale base

milanese delle Br -in via Montenevoso- che verrà scoperta in ottobre,

peraltro, in modo tutt'altro che chiaro.

Pochi giorni dopo, le Br emisero il comunicato n° 2: un documento

insolito, infatti le Br non hanno mai fatto (nè prima nè dopo) comunicati

per commemorare caduti che non appartenessero alla propria

organizzazione, mentre in questo caso il testo si conclude con la frase

"Onore ai compagni Lorenzo Jannucci e Fausto Tinelli assassinati dai sicari del

regime." Si badi che, al momento (e, per la verità, ancora oggi), l'ipotesi di

un omicidio politico -data per scontata dal comunicato Br- non era

affatto l'unica nè quella ritenuta più probabile; infatti, i due giovani

erano impegnati, insieme agli altri militanti del Leoncavallo, nella

stesura di un libro bianco sulla diffusione dell'eroina a Milano e, i più,

pensarono che la ragione dell'omicidio fosse da ricercare in questa

direzione.

Page 158: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Sorge il dubbio che l'attentato ai due giovani potrebbe essere stato un

messaggio diretto alle Br, per far comprendere che qualcuno sapeva

dove fossero le basi dell'organizzazione ed era disposto a ricorrere a

forme di controterrorismo sul modello dell' "AAA" (Alleanza

Anticomunista Argentina). Sul punto rinviamo alla relazione di perizia

di questo stesso Ctu ad dott. D'Ambruoso nell'ambito del processo

riguardante il duplice omicidio "Tinelli-Iannucci".

1-C Titta mi disse di sapere che Moro era detenuto in via Gradoli e di

averlo saputo direttamente dalle Brigate Rosse.

Nulla, nelle ripetute inchieste sul caso, autorizza a credere che Moro

sia stato mai tenuto in via Gradoli, anzi diversi elementi (l'appartamento

non era attrezzato per la bisogna, la sua ubicazione era assolutamente

quanto di meno adatto ecc.) portano ad escludere questa eventualità.

D'altra parte, se effettivamente gli interlocutori di Titta gli parlarono di

via Gradoli (ovviamente prima della scoperta del covo) questo vuol dire

che:

a) gli interlocutori in questione non erano le Br ma alcuni loro dissidenti

(infatti, non avrebbe avuto senso che un dirigente delle Br, ad es.

Moretti, dicesse dove era detenuto Moro, neppure nel caso di un esito

positivo della trattativa, per l'ovvia ragione che rivelare il luogo

significava esporsi ad un immediato bliz)

b) che si trattava, probabilmente, degli stessi che, qualche tempo dopo,

(visto che nessuno si decideva ad intervenire), decidevano di lasciare

Page 159: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

aperto il rubinetto della doccia, in modo da far accorrere i pompieri e far

scoprire il covo.

Questo è il secondo punto a conferma della tesi dei "dissidenti".

Come si sa, la scoperta di via Gradoli resta uno dei punti più oscuri di

tutto il caso Moro, quanto detto da Ristuccia introdurrebbe un ulteriore

elemento di complicazione della vicenda: qualcuno, già da prima del 18

aprile, cercava di attirare l'attenzione su via Gradoli. Dobbiamo pensare

che tutto questo abbia qualcosa a che fare con una celebre seduta

spiritica? Può darsi.

Allo stato delle conoscenze non è possibile dare una risposta a questi

interrogativi.

Di conseguenza, sembrano opportuni ulteriori approfondimenti.

13) Qualche riflessione conclusiva sul Caso Moro ed il Noto Servizio.

Ci sembra, a questo punto, di poter dire che Ristuccia porta nuovi

elementi di conoscenza sul caso Moro e di notevole importanza, ma che

il suo racconto abbia notevoli zone oscure, ambigue o inesatte che vanno

chiarite e rettificate. In particolare, la nostra critica si è incentrata sulle

motivazioni reali del tentativo di Titta e Zucca.

Per orientarci è opportuno risolvere un problema preliminare: di cosa

parlò Moro ai suoi carcerieri.

In merito, noi disponiano solo di tre tipi di documenti:

a- il memoriale di Montenevoso trovato il 1° ottobre 1978

b- il memoriale di via Montenevoso rinvenuto nell'ottobre del 1990

Page 160: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

c- le lettere inviate da Moro nel periodo della prigionia.

Come è noto, non è affatto sicuro che il testo del cd memoriale (cioé la

trascrizione delle risposte che Moro ha fornito alle domande dei suoi

carcerieri) sia completo -anzi, vi sono fondati motivi per sospettare che,

dopo le prime due rate del ritrovamento, possa essercene una terza), nè

si può essere sicuri che i testi scritti esauriscano tutto quello che Moro ha

detto alle Br: infatti, nessuno ci garantisce che ogni singola dichiarazione

dello statista sia stata verbalizzata ed è, anzi, ragionevole supporre che,

come in tutti i processi di questo mondo, regolari o no, una parte delle

sue dichiarazioni sia avvenuta -per così dire- fuori verbale.

Ad esempio, dalle dichiarazioni di Azzolini, riportate da sandalo nella

deposizione che abbiamo citato poco prima, si deduce che Moro possa

aver detto anche altro. Tuttavia, sin quando qualcuno degli uomini che

custodirono Moro nella sua prigionia non ci dirà qualcosa in proposito,

noi non possiamo sapere nulla di queste eventuali dichiarazioni.

Conviene, dunque, centrare l'esame sui documenti a nostra disposizione.

Innanzitutto, conviene rileggere alcune parti del memoriale in cui Moro

parla della strategia antiguerriglia della Nato (citiamo dall'edizione

curata da F.M. Biscione "Il memoriale di Aldo Moro rinvenuto in via

Montenevoso a Milano" Coletti ed. Roma 1993):

<< Fin quando, essendo Ministro degli Esteri, avevo un minimo di

conoscenza della organizzazione militare alleata, nessuna particolare

enfasi era posta sull'attività antiguerriglia che la Nato avrebbe

potuto, in certe ciscostanze, dispiegare. Ciò non vuol dire che non sia

stato previsto un addestramento alla guerriglia da condurre contro

eventuali forze avversarie occupanti ed alla controguerriglia in

Page 161: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

difesa delle forze nazionali. La sensazione di questo tipo di

armamento ed impiego leggero si ha già agevolmente nelle riviste

(cui assistono anche addetti militari di altri paesi).

La domanda, cui si risponde, tende a prospettare una evoluzione

della Nato che tenderebbe a volgersi verso una strategia

antiguerriglia.

Ovviamente ciò sarebbe dovuto venire in evidenza con l'acuirsi del

fenomeno.

Però, conoscendo un poco i tempi e i modo di consultazione,

pianificazione, attuazione di eventuali misure militari, si può

escludere che un enorme organismo come la Nato abbia potuto

mettere a punto in un tempo così limitato efficaci organismi a tale

scopo e per giunta eccedenti le finalità dell'alleanza che implica

grandi organismi operativi.

Con ciò non si intende escludere che talune cose abbiano potuto

cominciare ad essere apprestate in più appropriate sedi. E ciò vedo

possibile non nei complicati meccanismi Nato, bensì nella forma di

collaborazione intereuropea che può svolgersi in forma libera,

semplice, efficace, selettiva. Dico, appunto, collaborazione

intergovernativa e non intercomunitaria, pensando alla Svizzera che

ha fatto qualcosa, essendo neutrale e perciò fuori della Comunità.

Mentre nella Comunità, per la sua forma di neutralità non

istituzionale, ha fatto qualcosa in questo campo l'Irlanda.

Circa l'ultimo quesito sono convinto che tutto in Europa, in campo

militare, è a guida americana, mentre può immaginarsi una certa

presenza tedesca, quasi per delega, nel settore dei Servizi segreti. >>

(p.90)

Page 162: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

All'epoca del secondo rinvenimento in via Montenevoso, quasi tutti

colsero questo passaggio come una allusione a Gladio, ma, in realtà,

Moro parla di diverse cose:

a- di una struttura per la guerrigli antinvasione

b- di una struttura per la controguerriglia

c- delle misure antiterrorismo

l'allusione alla struttura italiana di Stay behind si può cogliere nel primo

punto ( guerriglia da dispiegare in caso di invasione del paese) ma

Gladio non ha mai avuto compiti di contgroguerriglia o antiterrorismo e

non è mai sfilata in rivista, come Moro dice nel suo memoriale.

Dal testo di Moro, desumiamo che le Brigate Rosse -convinte che la

presenza di formazioni armatiste come la Raf, l'Eta, l'Ira e le stesse Br,

avessero una rilevanza strategica maggiore di quello che in effetti non

fosse- chiedevano a Moro se vi fosse una svolta strategica nella Nato in

questo senso e quali misure antiguerriglia comportasse, evidentemente

allo scopo di acquisire informazioni utili a proteggere l'organizzazione

da quelle misure. Moro -ed oggi sappiamo che la risposta era

corrispondente al vero- replicava dicendo che la sede per tali decisioni

non era la Nato, struttura estremamente formalizzata dal funzionamento

troppo complicato e lento, ma la collaborazione intereuropea che, invece

aveva carattere altamente informale: il cenno era al Club di Berna (cui,

appunto, aderiva anche la Svizzera) ed al "Gruppo di Trevi". Basti

leggere i verbali delle riunioni di questi organismi per verificare

l'esattezza delle informazioni di Moro (sul punto si veda la terza

relazione di perizia di questo stesso ctu all'Ag milanese). In questo

contesto, il discorso principale riguarda, dunque, le attività di

Page 163: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

controinsorgenza (competenza che, dicevamo, non è propria di Gladio

che, al contrario, aveva compiti di insorgenza in caso di invasione -sulla

rilevante differenza fra i due concetti, si veda la rel. 15 a codesta Ag) che,

ovviamente, vedono al primo posto la polizia ed i servizi di

informazione con competenze interne.

Il riferimento alle misure di controguerriglia interna (percepibili

osservando le sfilate militari di cui Moro dice) è probabilmente a corpi

specializzati come il Tuscania, il Comsubin o il Col Moschin. Il

riferimento ad attività antiguerriglia, come abbiamo appena detto, al

club di Berna ed al Gruppi di Trevi, ma potrebbe riguardare anche altre

attività di intelligence .

E' da notare, in questo contesto, la disponibilità di Moro a parlare di

argomenti abbastanza delicati, rivelando anche particolari coperti da

ovvia riservatezza.

Ma è da notare anche il carattere non sempre esplicito di tali

rivelazioni. Lo stile ostico e sfuggente di Moro è cosa troppo nota perchè

se ne debba dire in questa sede, ed è probabile che alla chiarezza non

abbia giovato neppure la trascrizione dal nastro registrato operata dai

brigatisti: non sembra che il testo sia stato poi rivisto da Moro, per cui è

possibile che, in alcuni brani, la trascrizione possa essere stata monca,

infedele o inesatta. E c'è da considerare anche lo stato d'animo di chi

rispondeva a quelle domande, che non doveva essere dei più sereni:

tutte ragioni facilmente intuibili, ma questo non migliora la nostra

capacità di decifrare sempre in modo esatto il senso delle affermazioni

contenute nel memoriale.

Ad esempio, poco chiaro è il passaggio relativo al caso Giannettini:

Page 164: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

<< ... Mi ha fatto molta impressione il cd caso Giannettini, la

rivelazione improvvisa ed inusitata per la forma dell'intervista del

nome del collaboratore fascista del Sid, che, collegata con presumibili

insistenze dell'on. Mancini e con la difesa strenua fatta dal

parlamentrare socialista del generale Maletti, insistentemente

accusato al processo di Catanzaro, dà al caso il significato, invece che

di un primo atto liberatorio fatto dall'on. Andreotti di ogni

inquinamento del Sid, di una probabile risposta a qualcosa di

precedente, di un elemento di un intreccio certo più complicato, che

occupa ora i giudici di Catanzaro e di Milano. >> (pp. 48-9)

Difficile dire a cosa volesse alludere Moro con quel riferimento a

"qualcosa di precedente ecc.". Così come è difficile comprendere

l'insistenza di Moro sul terma della Germania e dei suoi servizi di

sicurezza: vi torna più volte, sia per dire che i servizi di sicurezza

tedeschi avevano, per l'Europa, una sorta di delega dagli americani, sia

per lamentare possibili pressioni "americane e tedesche" contro la

trattativa per la sua liberazione.

E' possibile che la trascrizione sia stata troppo sintetica ed abbia

eliminato elementi necessari alla comprensione del discorso, ma,

torniamo a dire, questo non risolve i nostri problemi. Fatta quuesta

premessa sulle difficoltà di interpretazione del testo, elenchiamo qui di

seguito gli elementi del memoriale che possano riguardare, per quanto

indirettamente, il Noto Servizio:

a- cenno al discorso di Forlani a La Spezia (p. 53) -lo stesso di cui al

documento "All'insegna della trama nera"-

Page 165: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

b- accenno all'ipotesi di unificazione di tutti i servizi in uno o al

mantenimento di un sistema plurimo dei servizi di informazione e

sicurezza (p. 56)

c- il rapido accenno al caso Kappler (p. 95)

d- i ripetuti accenni all'on. De Carolis (p. 74, 79, 82, lettera all'on.

Dell'Andro del 29 aprile 1978)

A proposito del caso Kappler, ricordiamo che nel memoriale compare

un brevissimo cenno non particolarmente significativo, ma nel rapporto

del Ros del 10 settembre 2002, si fa riferimento ad un articolo

dell'"Europeo" -precedente alla scoperta del primo memoriale in via

Montenevoso- nel quale si sostiene che Moro avrebbe parlato con i

brigatisti del caso Kappler. La coincidenza fra le due cose farebbe

pensare che:

a- Moro abbia parlato del caso Kappler in modo ben più diffuso di

quello che si ricava dal memoriale (diversamente non avrebbe avuto

senso dire che "Moro ha parlato alle Br del caso Kappler")

b- che si sia trattato di "dichiarazioni fuori verbale" o riportare in modo

estremamente succinto nella trascrizione

c- che il giornalista aveva una fonte molto vicina alle Br o molto vicina a

Titta.

Dunque, non c'è la prova che Moro abbia parlato alle Br del Noto

Servizio, ma che, in diverse occasioni, ci è andato assai vicino. In

secondo luogo, abbiamo già detto che, nel caso siano state le Br a trovare

Titta -e non il contrario- questo molto probabilmente significa che

l'indicazione possa essere stata fornita dallo stesso Moro. Infine, se il

contatto è avvenuto fra Titta e le Br ufficiali, appare improbabile che

Page 166: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

della cosa non sia stato detto nulla a Moro, quantomeno per valutare

l'attendibilità dell'interlocutore.

Come si vede ci sono più elementi per pensare che il Noto Servizio

possa essere stato uno degli argomenti di conversazione fra Moro ed i

ospiti.

D'altra parte, è acclarato che Moro toccò diversi argomenti assai

delicati nelle sue risposte, inoltre è nota la questione della sparizione

delle borse di documenti che il leader democristiano aveva con sè al

momento del rapimento e ci sono elementi per pensare che, tramite un

intermediario ancora non identificato, Moro abbia fatto giungere alle Br

anche documenti che erano nel suo studio di via Savoia e che è facile

immaginare come documenti di rilevante importanza e riservatezza.

Dunque, al di là della vita del politico pugliese, esisteva un altro

problema di non poco momento: sapere quali di segreti le Br erano

venute a conoscenza e che uso avrebbero potuto farne. Quello

dell'esistenza del Noto Servizio era uno di questi possibili segreti.

La Commissione Stragi, prima di concludere i suoi lavori, era

approdata ad una conclusione: che di trattative, forse, non ve ne era stata

una sola, ma due, la prima sulla vita dell'ostaggio, la seconda sulle sue

rivelazioni e documenti. Tale ipotesi sorgeva dopo una lunga serie di

audizioni, in buona parte deidicata alle circostanze assolutamente non

limpide della scoperta del covo di via Montenevoso, nell'ottobre del 1978

e dalla riflessione su alcuni aspetti mai spiegati del comportamento delle

Br. Infatti, per tutto la durata della prigionia di Moro, le Br

proclamarono ripetutamente la propria intenzione di rendere pubblici i

risultati dell'interrogatorio del loro prigioniero, ma, dopo la tragica

conclusione della vicenda, di quell'impegno non si fece più cenno e nulla

Page 167: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

venne reso pubblico. Quello che emerse -il memoriale di Montenevoso-

fu la conseguenza di una irruzione dei Carabinieri, non una decisione

autonoma delle Br che, anzi, tacquero scrupolosamente di fronte alle

polemiche sulla completezza del testo, pur sapendo che ne esisteva

un'altra parte, quella che emergerà 12 anni dopo.

Non solo: le Br asserirono di aver distrutto sia i nastri degli

interrogatori, sia i documenti presi allo statista al momento del

rapimento. A giustificazione di tale incredibile comportamento, le Br

addussero sempre il fatto di non aver compreso l'importanza delle

rivelazioni di Moro, per cui, sembrandogli che non vi fosse nulla di

rilevante, avrebbero deciso di non rendere pubblico il materiale.

Ma, se anche la direzione brigatista fosse stata tanto sprovveduta da

non comprendere il peso politico delle affermazioni di Moro, qualche

sospetto in questo senso avrebbe potuto sorgere in seguito alle

polemiche sulla completezza del materiale, o negli anni a seguire, man

mano che il caso Moro diventava uno dei punti di scontro ricorrente fra

le diverse forze politiche, invece il silenzio dei brigatisti durò ininterrotto

anche dopo la scoperta della seconda stesura del memoriale, quella più

completa. Strano comportamento, che diventa stranissimo ove si

consideri che, se anche Moro si fosse limitato a raccontare la favola del

gatto con gli stivali, non ci sarebbe stato giornale, in Italia come in

Francia, Germania o Inghilterra, che non fosse disposto a sborsare cifre

molto rilevanti per venire in possesso di quel materiale: ebbene, come

mai una organizzazione terroristica in permanente ricerca di denaro ha

buttato via l'occasione di un guadagno così facile e lauto?

Ma la falsità delle dichiarazioni dei brigatisti, in materia, è così evidente

da non meritare alcun commento.

Page 168: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

E, dunque, la tesi della doppia trattativa appare come una deduzione

assolutamente logica. Ci chiediamo, appunto, se non si sia trattato dello

strano negoziato con Titta e Zucca che, sembra assai più plausibile

vedere impegnati a riscattare nastri e documenti che non la vita di un

ostaggio che era un loro dichiarato avversario. E questo spiegherebbe

anche molti punti poco chiari delle deposizioni di Ristuccia che siamo

andati via via segnalando:

a- la trattativa aveva per oggetto il denaro non perchè riguardasse la

vita di Moro -e dunque il valore politico dell'azione- ma i nastri e i

documenti, dunque, un aspetto secondario -come dire uno scarto di

lavorazione- della vicenda, su cui le Br potevano ben trattare per denaro

b- la trattativa non si è conclusa con la liberazione di Moro, perchè non

era questo in discussione e non perchè essa sarebbe stata impedita dall'

"autorità politica", sia che si tratti di Andreotti che di Cossiga

c- e questo risolve anche il problema dell'assoluta implausibilità del

comportamento attribuito all'on. Andreotti

d- ovviamente la trattativa non è avvenuta con gli evanescenti e

misteriosi "dissidenti" che non avrebbero avuto alcun potere sulla

documentazione di Moro, così come avrebbero avuto ben scarse

probabilità di sapere il luogo di prigionia. Quella dei "dissidenti" ci

appare solo come una mediocre trovata per rendere plausibile l'idea di

una trattativa per denaro che le Br, in quanto tali, non avrebbero mai

accettato.

e- in questo senso va anche lo strano riferimento a via Gradoli che ci

sembra solo una pennellata di colore per dare un po' di smalto al tutto.

Ovviamente, parlare di una trattativa per liberare un uomo che rischia

di essere ucciso ha ben altra nobiltà che un volgare mercanteggiamento

Page 169: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

su nastri e documenti. Se poi l'ostaggio è finito male e la trattativa -

apparentemente- è fallita, tanto meglio: non ci sono spiegazioni da dare.

Spiegazioni che, invece, diventano necessarie se parliamo di documenti,

lì dove non è affatto detto che la trattativa sia fallita.

14) Padre Enrico Zucca ed il Ppi.

Già nel giugno del giugno 1975, subito dopo le elezioni regionali che

avevano segnato una catastrofica sconfitta per la Dc, le fonti della

squadra 54 segnalavano l'irrequietezza negli ambienti democristiani

milanesi:

<< Negli ambienti della Democrazia Cristiana milanese si dice che

nei prossimi giorni sarà a Milano l’on. Andreotti per incontrare un

gruppetto di personaggi, anche non iscritti alla D.C., a lui

particolarmente fedeli. Questo gruppetto vorrebbe creare una nuova

organizzazione al lato della D.C., capace, in caso di elezioni

anticipate, politiche, di affrontare anche l’eventualità di una lista

separata della D.C. Si avranno tra qualche giorno maggiori

particolari.>> (Nota 24 giugno 1975. All. 1)

La notizia era rafforzata da una nuova informazione confidenziale del

18 luglio successivo (All. 695 della rel. 9):

Page 170: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

<< In alcuni ambienti della dc milanese si sta sviluppando un

movimento favorevole alla costituzione di un secondo partito

cattolico. il centro di tale attività è stato posto nell'ufficio del dott.

Massimo Grassi alla Torre Velasca, il quale dice di essere stato

incaricato di svolgere tale azione dal ministro Andreotti. La prima di

una serie di riunioni è avvenuta la scorsa settimana, presenti una

trentina di personaggi, nessuno di grande spicco politico o

professionale. Tra essi vi sono elementi democristiani che hanno

fatto parte del gruppo del Servizio Informazioni, diretto in Italia

Settentrionale da Sigfrido Battaini. Il dott. Grassi, nella breve

relazione introduttiva, ha detto che al nuovo partito (che dovrebbe

chiamarsi "Movimento Democratico Popolare") aderirebbero, tra gli

altri, il gruppo di "Comunione e Liberazione" guidato da vice

sindaco Andrea Borruso.>>

La notizia provocava la consueta richiesta di chiarimenti alla locale

Questura che rispondeva:

<< In riferimento alla ministeriale su indicata con allegato un

appunto, si comunica che da accertamenti esperiti nulla è emerso

tuttora in merito alla ventilata costituzione di un secondo partito

cattolico.

…Fonte qualificata esclude categoricamente che nel predetto studio

si siano tenute riunioni per la formazione di nuovi raggruppamenti,

salvo, dopo le elezioni del 15 giugno scorso, qualche riunione di

corrente per analizzare i risultati elettorali.

Page 171: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

In ogni caso, la stessa fonte smentisce anche la eventuale adesione

del gruppo di “ Comunione e Liberazione “ >> (Lettera del Questore

di Milano all'Isp. Gen. per l'Azione contro il Terrorismo del 3

ottobre 1975 prot. 01129/A3-A/UP div. 1° All. 36)

Come si vede, manca il liturgico "situazione attentamente seguita", ma

il rituale è quello di sempre.

Qualche notizia meno tranquillizzante giungeva da Napoli:

<< Di seguito alla lettera di egual numero ed oggetto dell’1 ottobre

1975, si comunica che domenica, 15 corrente, sarà inaugurata la sede

del Nuovo Partito Popolare, sita in questo Corso Umberto I n.217,

in un appartamento di 6 vani, alla cui cerimonia è prevista la

partecipazione dei dirigenti nazionali dr. Epifanio Lupo, dr. Antonio

Loche e rag. Francesco Nigri .>> (Lettera del Questore di Napoli

all'Isp. Gen. per l'Azione contro il Terrorismo del 12 febbraio 1976

prot. 10440.A.3A/UP All. 31)

Stando alle deposizioni dei testi fu Forlani a presentare Volturno

Morani -il fondatore del Ppi- a Zucca (verbale s.i. Ristuccia del 23 marzo

1999) che, a sua volta, metteva in contatto l'avv. Francesco Gangemi con

Titta (verbale s.i. Gangemi 26 luglio 2000) per dar vita alla sezione

milanese del Ppi.

Nel frattempo Morani cercava oltreoceano i fondi necessari al suo

costituendo partito:

Page 172: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

<< La stessa fonte riferisce che i fondi necessari per tale rilancio

sarebbero forniti al Morani dell’Ambasciata Americana in Italia.

Per la Calabria responsabile regionale verrebbe nominato l’avv.

Gangemi Francesco di Antonio e di Pirrello Maria nato a Reggio

Calabria il 10/6/1930, ivi residente in via S. Lucia al Parco 9, libero

professionista. Nel 1970 egli costituì un “Comitato per Reggio

Capoluogo” cui subentrò il nuovo “Comitato d’Azione” capeggiato

da un noto Senatore Ciccio Franco. Il Gangemi fino all’ottobre 1971

militò nella Democrazia Cristiana, data in cui passò al MSI.

Nel 1973 rientrava nelle file della DC e nell’ottobre del 1977 aderiva

al Partito Popolare.

A suo carico figurano vari precedenti penali per emissione di

assegno a vuoto.>> (Lettera del Questore di Reggio Calabria all'Isp.

Gen. per l'Azione contro il Terrorismo del 6 gennaio 1977 Cat. A4 dv.

Gab. All. All. 32)

Per inciso, notiamo che non era il solo Gangemi ad avere un certificato

penale non immacolato, anche un altro dirigente del Ppi, Gino Alfieri,

vantava i suoi precedenti:

<<In riferimento alla nota Cat. A.4/1977/U.P. (1) dell’11.3.1977 della

Questura di Milano relativa all’oggetto si forniscono le richieste

informazioni sul conto di Alfieri Gino:

Alfieri Gino di Giovanni e di Civa Rosa, nato a Solignano il

13/2/1934, già ivi residente, via Case Gabelli, celibe, cameriere,

risulta emigrato a Milano il 17/5/1961.

A suo carico figurano i seguenti pregiudizi penali

Page 173: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

_ Con decreto del 30/6/1964 del pretore di Milano condannato a £

2.000 multa per emissione di assegno a vuoto – Pena sospesa e non

menzione.

_ Con sentenza del 26/6/1966 del Pretore di Milano condannato a

£ 5.000 ammenda per guida di autovettura senza patente (art. 80

Codice della Strada).

_ Con sentenza del Tribunale di Milano del 30/1/1970 condannato

per oltraggio a P.U. Reato estinto per amnistia.

Per quanto di competenza il predetto risulta di cattiva condotta

morale e civile e sembra fosse implicato in Milano in traffico di

stupefacenti.>> (Lettera del Questore di Parma alla Direzione

Generale di Ps Servizio di sicurezza del 6 aprile 1977 A.3A./1977

All. 32)

In realtà, il Ppi non riuscì a mettere insieme più di una raccogliticcia

pattuglia di avventurieri politici senza particolare seguito e con ben

scarse prospettive di crescita; ciò nonostante il piccolo partito, grazie agli

appoggi di Padre Zucca e degli uomini del Noto Servizio, decideva di

presentare sue liste alle elezioni politiche previste per il 3 giugno 1979:

<<Anche se difficilmente i giornali si occupano dei suoi candidati, il

“Partito Popolare Italiano” ha deciso, proprio nelle ultime giornate,

di accentuare la sua azione propagandistica a Milano.

E’ stato anche riorganizzato il gruppo dirigente che opera dietro le

spalle dei candidati.

L’intera responsabilità delle elezioni del P.P.I. è stata assunta dal

geom. Adalberto Titta (nominativo di cui all’argomento della

Page 174: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

segnalazione dell’8 corrente) con il quale collabora anche il fratello,

geom. Giuliano Titta, che è titolare di un’azienda di

impermeabilizzazioni.

Insieme al Giuliano Titta, opera un apolide di origine ungherese,

certo ing. Kelleman, del quale ci potremmo occupare più avanti.

Del gruppo fa parte anche un tale dott. Giancaterino Capodacqua di

origine abruzzese, fino a qualche mese addietro esponente della D.C.

romana.

Il dott. Capodacqua, che ha lo studio in corso di Porta Vittoria n. 46,

fa frequenti viaggi in Svizzera per raccogliere il denaro necessario

alla campagna elettorale.

Su una Banca di Lugano è stato costituito un fondo per il P.P.I., da

alcuni industriali americani.

Altri membri del “gruppo” ristretto, sono l’ing. Ristuccia della Fiera

Campionaria Internazionale milanese e il francescano padre Enrico

Zucca.>> (Nota del 18 maggio 1979. All. 32)

Altre note ci segnalano Titta attivo su tutto il territorio nazionale alo

scopo di trovare adesioni e denaro per il Ppi:

<< Di seguito a precedente segnalazione (18 corr,) l’azione del

“Partito Popolare Italiano” è proseguita nei giorni scorsi anche se in

misura molto limitata in quanto non sarebbero ancora giunti dalla

Svizzera (cioè dall’America via Svizzera) gli attesi finanziamenti. In

ogni caso, il già noto geom. Adalberto Titta si è recato, nei giorni

scorsi, a Napoli per incontrare un certo dott. Macciò, fino a qualche

Page 175: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

mese addietro, esponente della locale dirigenza DC e persona un

tempo molto vicina al sen. Gava.

Il Macciò, ieri, è arrivato a Milano e ha tenuto una riunione presso il

ristorante Friulano.

Al simposio hanno partecipato tutti i dirigenti milanesi dei quali si è

già dato notizia, con l’aggiunta di alcuni inviati dei Movimenti locali

e autonomistici del Piemonte e del Trentino. Si tratterebbe di

gruppetti che non hanno voluto aderire alla grande alleanze, tra

gruppi etnici e autonomi, proposta dal Partito Radicale.

Ieri c’è stata, su una radio privata un’intervista dell’avv. Pagani a

Torino, il quale ha illustrato le finalità del “Partito Popolare

Italiano”. Più che una reincarnazione del Partito dell’on. Sturzo, il

“P.P.I.” attuale, vuole essere una piattaforma di riserva per tutti quei

democristiani e quegli elettori DC che non vogliono alleanze più o

meno palesi con l’estrema sinistra. Se la DC manterrà gli impegni che

va assumendo con gli elettori e se la linea Fanfani prevarrà dopo il 3

giugno, i dirigenti del “P.P.I” sono anche disposti a ritornare in seno

alla DC; ma se la linea Zaccagnini-Bodrato-Galloni avrà il

sopravvento e si giungerà a un’intesa, anche non palese, con i

comunisti, il “P.P.I.” diventerà, nel domani, il partito dei cattolici

anticomunisti.

... La fonte americana è vicina alla CIA e al “Servizio Informazioni”.

Si spera, entro breve tempo di conoscere maggiori particolari.>>

(Nota 24 maggio 1979. All. 32)

Alle politiche del 3 giugno, il Ppi riuscirà a presentare sue liste (in

nessun caso complete) in quattro circoscrizioni con questi risultati:

Page 176: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Torino-Novara-Vercelli 1.654 voti

Milano-Pavia 1.166 "

Napoli-Caserta 2.013 "

Benevento-Salerno-Avellino 1.766 "

Due movimenti analoghi si presentavano a Roma (Nuovo Partito

Popolare di Mario Foligni 2.112 voti) ed in Calabria (Partito popolare

calabrese 2.937 voti).

Pochi giorni dopo questa Caporetto elettorale, il segretario del Ppi

Volturno Morani accompagnava padre Enrico Zucca presso una banca di

Lugano, per cambiare alcuni assegni emessi su una banca canadese, ma i

titoli risultarono abilmente falsificati. Sulla vicenda riproduciamo due

note della squadra 54:

<< Si precisa quanto segue:

1. gli assegni per £ 1.200.000.000 trasferiti in Svizzera dal noto

Padre Enrico Zucca erano dei travellers cheques emessi da una banca

canadese;

2. la sede di Lugano della Banca Svizzera.U.B.S. ha accertato che si

tratta di titoli abilmente falsificati;

3. la questione è stata riferita alla Polizia svizzera che ha aperto

un’inchiesta. Anche la Polizia canadese si sta occupando della

questione;

4. in Italia le indagini sono condotte dai Carabinieri di Monza;

Page 177: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

5. il Padre Zucca dichiara di essere all’oscuro del traffico e di

conoscere da pochi mesi il dott. Mottola di Avellino, che gli ha

consegnato gli assegni;

6. il dott. Mottola è risultato irreperibile e le indagini si sono

spostate su altri due esponenti del “Partito Popolare Italiano”

residenti a Milano: un certo conte Mauro Giancaterina Capodacqua,

nato ad Avezzano (L’Aquila) il 16 luglio 1948, di cui non si conosce il

domicilio e che è reperibile presso lo studio di un certo dott. Proc.

Pagani in Corso di Porta Vittoria, 46 – Milano. L’altro esponente del

“P.P.I.” è lo stesso dott. Pagani. I due hanno creato una società per la

vendita di quadri e per l’organizzazione di mostre, che si chiama

“Promoter Arts”, ora però è già alle prese con fotografi e creditori

vari per fatture non pagate. Il Capodacqua è perseguito per avere

emesso un assegno di lire 2.000.000 su un c/c chiuso presso la filiale

di via Larga (Milano) della Cassa di Risparmio;

7. la persona che ha accompagnato Padre Zucca in Svizzera, è un

dirigente della Società di Trasporti “Danzas”. >> (Nota 3 luglio 1979.

All 24)

<< ... è stato possibile raccogliere nuove notizie su quel Morani, che

nella scorsa estate si recò in Svizzera con il defunto Padre Enrico

Zucca e tentò di far cambiare da una banca di Lugano un gruppo di

assegni falsi emessi su una banca canadese.

Il Morani, in quella occasione disse al Padre Zucca che col denaro

ricavato avrebbe sovvenzionato l'Angelicum di Milano e il Partito

Popolare, allora appena creato dallo stesso Morani ed altre persone,

Page 178: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

tra le quali il noto dott. Mauro Giancaterina Capodacqua e

l'altrettanto noto geom. Giuliano Titta.

A carico del Morani sono in corso indagini in Svizzera, e, della

questione si sono occupati a suo tempo anche i carabinieri.

Il Morani che ha di nome, Volturno, da parecchi mesi non torna più

a Milano, abita a Napoli in piazzetta Matilde Serao.

A Milano, tramite il predetto Giuliano Titta, egli aveva preso in

affitto alcuni locali nello stabile di via Vitruvio 4, di proprietà della

signora Graziella Genovese, abitante in luogo e aveva pagato alcuni

mesi di affitto anticipato.

Dopo una strana e breve attività l'ufficio, che avrebbe dovuto

ospitare un centro culturale non meglio indicato, è sempre rimasto

chiuso, e, soltanto di recente si è fatta viva, appunto a nome del

Morani , una certa dottoressa Ferrari, della quale non si conosce altro

dato.

La proprietaria dello stabile predetta.... ha il timore che in

quell'ufficio esistessero documenti che riguardano le attività poco

chiare del Morani e del fantomatico Partito Popolare e di altro.>>

(Nota 19 ottobre 1979. All. 32).

Prima di proseguire, segnaliamo quello che, a nostro avviso, è

probabilmente un errore: il geom. Giuliano Titta, probabilmente sta in

luogo del geom. Adalberto Titta che in una nota contemporanea è

indicato come una sorta di segretario amministrativo del Ppi:

<< Per la raccolta dei finanziamenti, il Morani fu coadiuvato dal

perito industriale Adalberto Titta, nato a Milano il 28.6.1921, qui

Page 179: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

residente in via Mussi n. 16, il quale, pare, facesse da tramite tra

finanziatori e partito.>> (Nota 24 settembre 1979. All. 24)

Ricordiamo che Padre Zucca, già da tempo gravemente ammalato,

morì il 15 luglio 1979, quasi un mese dopo la sua visita a Lugano: attivo

sino all'ultimo, come si vede. E doveva avere una motivazione ben forte

se, in condizioni di salute assai precarie, si sottoponeva ad un viaggio -

per quanto breve- per accompagnare il Morani presso la banca luganese.

Ma non è l'unico aspetto strano della vicenda. Dice del Ppi il testimone

Michele Ristuccia:

<< Il partito popolare nacque su pressione americana e, poi, per

qualche motivo non si sviluppò. Voglio dire che qualcosa non fece

più affluire i finanziamenti che avrebbero dovito sostenerne la

crescita e che erano destinati anche al Titta. I retroscena di questa

operazione sono conosciuti da Volturno Morani, professore

napoletano che fu messo in contatto con Titta da Padre Zucca, su

telefonata di Arnaldo Forlani, anche lui legato a Padre Zucca>>

(verbale s.i. Ristuccia del 23 marzo 1999).

In effetti, di retroscena debbono essercene stati, e vorremmo tanto

conoscerli, ma anche la versione di Ristuccia non convince molto:

a) alle politiche del 3 giugno, Volturno Morani, nella sua città, mise

insieme poco più di 800 preferenze (meno di quelle che servivano, a

Napoli, per essere eletti consiglieri comunali) ed a Milano ne ottenne

appena 13, dunque era un emerito Carneade: possibile che gli

Page 180: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

"americani" non avessero personaggi di maggior spessore cui affidare

l'operazione?

b) "gli americani" è un'indicazione un po' generica: quali americani? Il

Dipartimento di Stato? La Cia? Qualche lobby particolare? Il partito

Repubblicano? La Massoneria? In effetti, stando alle informative dello

Uaarr, qualche quattrinello da oltreoceano sembra essere venuto al

Morani, ma sembra si trattasse di alcuni privati (industriali) e su

sollecitazione dello stesso Morani che aveva trovato qualche contatto

statunitense. Ma, in questo caso, l'iniziativa non è partita dagli

"americani", ma dall'Italia

c) per quale ragione, poi, Forlani avrebbe dovuto segnalare a Zucca

uno scissionista del suo partito? Forse, per avere uno spauracchio da

agitare, nel suo partito, per frenare l'apertura al Pci? Ma della scissione

di Morani e della sua armata Brancaleone non si accorse nessuno! Quale

deterrenza avrebbe potuto esercitare, su un pachiderma delle dimensioni

della Dc, un gruppetto di poche decine di desperados senza mezzi?

d) le informative della stessa squadra 54 fanno pensare, piuttosto, che

dietro l'operazione ci sia stato, almeno per un certo periodo, l'on.

Andreotti che, però, dal 1976 era il presidente del Consiglio del governo

sostenuto dal Pci, ed allora, a cosa erano servite le riunioni a Torre

Velasca nel giugno del 1975? Forse, ancora a quell'epoca, l'on Andreotti

pensava di fermare l'apertura al Pci? Improbabile. O forse la minaccia di

una scissione sulla destra serviva ad aumentare il suo potere

contrattuale per non restare fuori al momento degli accordi con il Pci?

Torniamo a dire che il gruppo era troppo esiguo per poter sortire effetti

politici di qualsiasi genere.

Page 181: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

e) abbiamo già detto di ritenere eccessivo che padre Zucca orientasse

"il bacino elettorale lombardo della Dc", però non ci sembra credibile che

l'influenza del dinamico frate si riducesse a 1.166 voti fra Milano e Pavia,

pur considerando la defezione di De Carolis. Così come appare poco

probabile che lo stesso padre Zucca (che, come vedremo, solo un anno

prima, era riuscito a raccogliere 50 miliardi per liberare Moro) non fosse

in grado di procurare un minimo di denaro al Ppi per consentirgli di fare

una decorosa campagna elettorale, quantomeno in Lombardia.

f) quando un partito riesce a presentarsi in sole 4 circoscrizioni e con

liste incomplete e, per di più, fatte di illustri sconosciuti, non riuscendo

neppure a reclutare un consigliere comunale, un sindacalista o un

intellettuale di qualche fama quantomeno locale ecc. vuol dire che il

partito non esiste neppure come abbozzo e le sue possibilità di successo

sono pari a zero. Infatti il Ppi mise insieme meno di 7.000 voti a livello

nazionale. Ed allora, come mai un personaggio navigato come padre

Zucca, si imbarcava in una avventura così sconclusionata? E come mai vi

si impegnavano personaggi di spicco del Noto Servizio come Titta ed,

almeno in un primo momento, Battaini? E' possibile che si sia trattato di

un abbaglio collettivo? Persone abituate a trattare con leaders nazionali e

a praticare la politica ai suoi livelli più riposti e sofisticati, non possono

essere state così ingenue da scommettere su una banda di disperati come

quella del Ppi.

Per di più, tutto finisce con un tentativo di truffa basato su assegni

falsi.

Ce ne è abbastanza per capire che il partito, la lotta anticomunista, la

polemica contro la Dc ecc. erano solo dei pretesti per coprire tutt'altro

genere di operazione. Mutatis mutandis , qualcosa di analogo

Page 182: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

all'esperienza del coevo e similare Nuovo Partito Popolare di Mario

Foligni, la cui funzione fu essenzialmente quella di coprire l'operazione

con i libici.

15) De Carolis.

Leggiamo nella nota del 9 luglio 1974 (All. 26):

<< Negli ambienti democristiani milanesi si afferma che al centro di

un clamoroso giro di dollari proveniente dai Paesi Arabi e che

sarebbero offerti sul mercato italiano all’interesse del 7.50%, ci

sarebbe l’avv. De Carolis, capogruppo DC a Palazzo Marino, legale

dell’editore Rusconi, esponente un tempo della Maggioranza

Silenziosa e consigliere del presidente della Montedison.>>

La nota non ha particolari sviluppi, per cui non siamo in grado nè di

stabilirne la fondatezza, nè, tantomeno, di capire la provenienza del

flusso di denaro "arabo", notiamo, tuttavia, che l'episodio seguirebbe di

qualche anno la vicenda dello scambio armi-petrolio con la Libia e,

duncuque, coltiviamo il dubbio che esso -se vero- possa essere uno

sviluppo di quella direttrice d'affari che, inaugurata nel 1971-72,

proseguì per tutti gli anni settanta e per buona parte degli ottanta.

Qualche approfondimento non appare superfluo, anche perchè, in caso

affermativo, questo ci indurrebbe a considerare sotto altra luce la

questione del traffico con la Libia, aggiungendo altri indizi all'ipotesi -

Page 183: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

che è facile leggere in controluce nelle allusioni pecorelliane- di un

collegamento organico fra esso e il Noto Servizio.

Di qualche interesse è anche la nota del 17 settembre successivo (All.

26):

<< Il segretario cittadino del Psi, Martelli, della corrente

autonomista, è stato incaricato dall’on. Craxi e dal segretario

provinciale Vertemati a (sic) svolgere una inchiesta sui rapporti

esistiti fino a qualche mese fa, fra Edgardo Sogno ed il capo del

gruppo Dc a Palazzo Marino De Carolis.

I due ebbero tra l’autunno e la primavera numerosi incontri nello

studio dell’avv. De Carolis in via Monte di Pietà 15, ma non è ancora

stato possibile ottenere testimonianze dirette e circostanziate. De

Carolis costretto dalla massiccia presenza neo-fascista a lasciare la

Maggioranza Silenziosa, si era accostato notevolmente al

raggruppamento di Sogno e i due furono visti più volte a pranzo

insieme al ristorante Biffi-Scala. Anche i suoi compagni di gruppo

non ne sanno molto. L’avv. Colombo, segretario cittadino ed il dott.

Morazzoni, vice segretario provinciale della Dc, avevano più volte

messo in guardia il De Carolis , ma questi aveva continuato lungo la

sua strada.

Martelli ha tuttavia dichiarato di essere in possesso di alcuni

elementi che potrebbero provare la partecipazione del De Carolis alle

trame del Sogno.

Il Psi, tuttavia, non vuole sparare a salve e ha imposto al suo

segretario cittadino una tattica molto cauta.

Page 184: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Secondo persone molto vicine al segretario Vertemati, da De Carolis

passavano sicuramente i contatti tra Sogno e l’avv. Nencioni.

Ma tutti avrebbero avuto a disposizione alcune alte protezioni in

seno alla Montedison.

Il Psi appena avrà completato l’inchiesta , trasmetterà i documenti al

giudice di Torino e non li farà pubblicare dall’Avanti. Soltanto in

occasione della campagna elettorale del prossimo maggio li renderà

pubblici. >> (All. 26)

Per quanto abbiamo avuto modo di appurare, non sembra che il Psi

milanese abbia mai fatto giungere al giudice torinese (immaginiamo che

il riferimento sia al dott. Luciano Violante) il dossier in questione, nè di

esso abbiamo trovato tracce nell'Avanti!, sarebbe pertanto utile chiedere

qualche ragguaglio in merito all'on. Martelli.

Quanto asserito nel testo quadra perfettamente con quanto abbiamo

precedentemente riferito sullo scontro in seno al consiglio comunale

milanese che vedeva De Carolis agire come punta di diamante

dell'operazione tendente ad estromettere i socialisti dalla maggioranza,

pertanto è del tutto plausibile che il Psi ricambiasse con qualche

attenzione supplementare nei confronti dell'esponente della destra Dc.

E' interessante notare anche come tornino sia il tema dei rapporti fra De

Carolis e Sogno (a quanto pare ben oltre un semplice rapporto di

consultazione politica), sia quello del ruolo della Montedison di Cefis

anche per il tramite del senatore missino Gastone Nencioni.

Sui rapporti non occasionali fra De Carolis e gli ambienti dell'estrema

destra più oltranzista si intrattiene anche una velina del 21 ottobre 1975

(All. 26):

Page 185: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

<< Attendibile fonte fiduciaria segnala che in alcuni ambienti

milanesi si avrebbe in animo di ricostruire, sotto altra

denominazione, un nuovo gruppo, ispirato alla “ Maggioranza

Silenziosa “ .

Promotori di questa iniziativa sarebbero i liberali capeggiati dall’ on.

Giomo – che vuolsi sia legato al noto Ballan Marco – appoggiati e

finanziati dai consiglieri comunali DC Bossi Giuseppino e De Carolis

Massimo.

Questo sarebbe il motivo che sta alla base della richiesta della

manifestazione tenutasi domenica scorsa per il tribunale Sacharov;

altre richieste dovrebbero seguire a breve scadenza.

Gli aderenti verrebbero reclutati, tra gli altri, nelle file dei giovani del

Msi-Dn ed ex Avanguardia Nazionale, i quali ultimi, da qualche

tempo, non mettono in atto in atto azioni violente per evidenziare

una decisa volontà di osservare la legalità.

Personale di questo Ufficio ha accertato che in corso Venezia n2, ex

sede della “ Maggioranza Silenziosa “ ed ora di “ Contropinione “, si

è riunito un gruppo di noti ex “avanguardisti “, quali Merico

Cristina, Langella Amedeo, Cavallini Gilberto, Stornaiuolo Giovanni

ed altri, col consenso del consigliere comunale del Msi Staiti, che ha

disponibilità dei locali e che è tra i più accesi fautori della “ nuova “

maggioranza silenziosa.

Viene riferito che lo stesso consigliere De Carolis, con aderenti ad

“Alleanza Cattolica “, si è incontrato giorni fa con Miki Tusa ed

Amedeo Langella, persone di fiducia dello Staiti, per stilare un piano

d’azione comune.

Page 186: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Si è appreso che, ai primi di ottobre dell’anno 1973, allorché le

sinistre accusarono De Carolis di aperte simpatie per la destra, costui

avrebbe pagato il noto Buonocore perché diffondesse, come in effetti

avvenne, manifesti a firma della “ Maggioranza Silenziosa “, il cui

contenuto era palesemente accusatorio nei confronti del De Carolis,

tacciato di opportunismo politico per lucro personale.>> All. 26

Anche in questo caso, troviamo abbondanti conferme di quanto emerso

in altre occasioni: segnatamente, quanto riferito dalle fonti della sq. 54 e

della Questura milanese (primo fra tutti, Giorgio Muggiani) sulla

riaggregazione della estrema destra milanese intorno al rilancio della

"Maggioranza Silenziosa" (si veda in proposito la rell. 28/34/40 a

codesta Ag). Sulla stessa direzione si inserisce anche un'altra nota

confidenziale del 15 ottobre 1976:

<< L’on. Massimo De Carolis avrà domani, sabato, un primo

incontro allargato per la costituzione della nuova associazione

“Democrazia Nuova“ che dovrebbe raccogliere esponenti non

filocomunisti o addirittura anticomunisti di tutti i partiti democratici.

Nei giorni scorsi De Carolis ha avuto colloqui con i liberali avv.

Guido Sasso e sen. Arturo Robba, con il socialdemocratico on. Rizzi e

con il socialista Antonio Natali presidente della Mm, nonché con il

repubblicano on. Bucalossi. Tutti in linea di massima si sono detti

favorevoli con l’iniziativa di De Carolis ma nessuno, ancora, si è

sentito di mettere una firma sotto un preciso e impegnativo

documento.

Page 187: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Più importanti sono i colloqui che De Carolis ha avuto con il sen.

Nencioni. In un certo senso la ventilata scissione del Msi ha fatto

risalire ai numerosi incontri svoltisi negli ultimi sei mesi tra De

Carolis e Nencioni, promossi da Cefis, grande amico di entambi. La

Montedison finanzierebbe il nuovo partito. Su questa politica della

Montedison sono d’accordo in molti, soprattutto vari democristiani i

quali sono certi che il nuovo partito si porrà alla nuova destra, ma

sarà strettamente controllato e potrà fornire alla Dc - per i giochi

parlamentari – ciò che l’ Msi non ha mai voluto e potuto fornire se

non in determinate situazioni, come l’ elezione di Leone .

De Carolis ha confidato ad un amico che secondo lui il nuovo

partito potrebbe essere oltre che un serbatoio di voti per la Dc, anche

la prima struttura dell’eventuale secondo partito cattolico, che

nascerebbe se la Dc dovesse attuare il compromesso storico a livello

parlamentare e governativo.>> ( All. 26)

Documento per più versi interessante:

a) troviamo ulteriore conferma del ruolo di cerniera (ma l'espressione

è forse troppo riduttiva) svolto da Cefis fra destra Dc e settori del Msi

b) alcuni elementi lumeggiano meglio il senso dell'operazione

"secondo partito cattolico" (o comunque si voglia chiamare

l'aggregazione che si cercava di far sorgere nello spazio intermedio fra

Msi e Dc): un po' gruppo di pressione contro l'apertura al Pci, un po'

formazione ausiliaria della Dc nei giochi parlamentari, un po' "area

controllata" per assorbire i voti eventualmente persi dalla Dc sul suo

fianco destro a causa dell'apertura al Pci, così da poter essere riportati

alla base in un secondo momento. Quel che richiama alla notra mente un

Page 188: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

aforisma di Artur Schnitzler: "Alcuni uomini politici intorbidano le acque,

altri pescano nel torbido. I più abili intorbidano le acque per poter pescare nel

torbido ". Con ogni probabilità, anche il Ppi di Morani ed il Npp di

Foligni pescavano nel torbido di queste acque e più con scopi di lucro

che con veri e propri scopi politici, però è interessante notare che il

primo agisce a stretto contatto con il milieu milanese del Noto Servizio,

mentre il secondo opera nel campo degli affari petroliferi con la Libia che

aveva già visto attivamente coinvolto lo stesso Noto Servizio.

c) più stimolante ancora è leggere, fra quanti si consultano con De

Carolis per il progetto di Democrazia Nuova, il nome di Antonio Natali

che, oltre che essere il presidente della Mm, era il "padre nobile" della

corrente autonomista milanese cui facevano riferimento Bettino Craxi e

Claudio Martelli, cioè le stesse persone che abbiamo visto impegnate afd

indagare sui rapporti fra De Carolis e Sogno. Ma forse le due cose non

sono del tutto in contrasto fra loro. Nel libro di Maurizio Blondet sulla

"Maggioranza Silenziosa" (ed. Area, Milano 1987) leggiamo:

<< Luciano Buonocore ricorda che una sera, durante una riunione

dei promotori a casa dell'ing. Nodari, questi gli fede il nome "di un

giovane socialista autonomista" che avrebbe voluto dare la sua

adesione alla manifestazione annunciata: il nome era quello di

Bettino Craxi.>> (p. 45)

E' evidente che il riferimento è alla manifestazione del 1971. Dunque,

nel 1971 Craxi avrebbe medidato di aderire alla costituenda

Maggioranza Silenziosa (quel che non avverrà solo per il tifiuto opposto

da Buonocore), poi nel 1974 avrebbe ordinato a Martelli di indagare su

Page 189: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

uno degli esponenti di essa, De Carolis, a proposito dei suoi rapporti con

Sogno (meditando di portare il tutto all'attenzione della magistratura

torinese), poi, nel 1976 il patriarca della corrente autonomista Natali si

sarebbe incontrato con De Carolis per valutare una comune operazione

politica, infine, nel 1983, la rivista teorica del Psi -ormai tutto craxiano-

ospitava nelle sue pagine un intervento di Edgardo Sogno sulle riforme

istituzionali.

Come spiegare questo andamento discontinuo nei rapporti fra socialisti

autonomisti e De Carolis? Che vi sia stato un acceso contrasto fra De

Carolis ed i socialisti milanesi fra il 1971 ed il 1974 è certo e ne troviamo

infinite conferme nella documentazione raccolta, ma, considerando

anche gli altri elementi emersi, il dubbio è che vi sia stata, sì, una lite, ma

che si possa esser trattato di una lite in famiglia che, come si sa, sono le

peggiori.

16 Felice Fulchignoni.

Felice Fulchignoni (che Grisolia indica quale principale esponente del

gruppo romano del Noto Servizio) è già stato oggetto di esame da parte

di questo ctu (si vedano le rell. 9 e 24). Nella presente ricerca sono emersi

ulteriori elementi di documentazione che, pertanto, ci limiteremo a

riportare in alcuni cenni che integrano quanto già detto.

Iniziamo da una nota del 7 febbraio 1968 (All. 28):

Page 190: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

<< Molto scalpore hanno prodotto, negli ambienti politici e

giornalistici romani, le rivelazioni circa i collegamenti intercorsi tra il

Sifar e la “Documentazione Italiana“, un gruppo editoriale facente

capo all’ex direttore della Agenzia “Italia “, dott. Anness , un tempo

filo fanfaniano, poi filo moroteo ed ora socialista, collegato al dott.

Fulchignoni, editore dell’agenzia Adn-Kronos.

La “Documentazione Italiana “, fra le cui edizioni c’è anche un

“Archivio di documentazione politica“, un costoso schedario che

viene inviato in omaggio a molti giornalisti del centro-sinistra in

cambio dei loro servigi, ha sede negli stessi uffici della Adn-Kronos

che vengono dal Fulchignoni utilizzati per le operazioni commerciali

di varia natura , in Europa e in America, nelle quali si vorrebbe

addirittura vedere lo zampino della Cia.

L’unica cosa certa è che Fulchignoni, come Dino Gentili, è un

procuratore d’affari molto amico dei maggiori esponenti della destra

socialista. Attraverso Annessi, egli è anche legato al dott. Freato,

collaboratore finanziario del Presidente del Consiglio. >> (All. 28)

Sin qui troviamo conferme tanto del ruolo di finanziatore della corrente

autonomista del Psi di Fulchignoni, quanto dei suoi sospetti rapprti con i

servizi segreti americani, tuttavia è interessante notare la contiguità di

Fulchignoni e del suo collaboratore Annesi agli ambienti morotei per il

tramite di Sereno Freato. Qualche particolare in più lo apprendiamo da

un seguito:

<< Si afferma che il produttore cinematografico Felice Fulchignoni,

proprietario dell’agenzia di stampa socialista “Adn-Kronos” sarebbe

Page 191: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

venuto a trovarsi in difficoltà economiche, in seguito ad errate

iniziative finanziarie, tanto che sarebbe stato costretto, per sottrarsi ai

creditori, a trasferirsi temporaneamente in Svizzera, dove si sarebbe

sottoposto ad un intervento chirurgico.

Per fare fronte ai diversi impegni avrebbe chiesto e, a quanto si dice,

ottenuto dal Psi una sovvenzione di 80 milioni di lire, sovvenzione

che gli sarebbe stata accordata per impedirgli di fare talune

minacciate rivelazioni politiche : al riguardo sarebbero corse voci ,

secondo le quali nella sua abitazione sarebbero avvenuti incontri tra

esponenti del Psi ed i generali De Lorenzo ed Allavena al tempo del

noto processo.

Si parlerebbe anche di un interesse del Fulchignoni , nella sua qualità

di direttore della Fulco–film, nella produzione di cortometraggi di

carattere militare che sarebbero stati commissionati dal gen.

Gaspari.>> (All. 28)

Dell'ambiguo atteggiamento della Direzione socialista dice anche una

nota successiva, del 14 luglio 1970:

<< Negli ambienti politici milanesi è giunta notizia da Roma che il

noto uomo d’affari F. Fulchignoni, di Roma, interessato in molteplici

attività commerciali e speculative, già implicato nell’affare Sifar ed

amico di moltissime personalità politiche è stato coinvolto in un

grosso crack il cui ammontare si aggirerebbe sul mezzo miliardo.

Il Fulchignoni ha sparso la voce di essere ricoverato in una clinica

svizzera di Ginevra, ma in effetti si trova da oltre una settimana a

Montecarlo.

Page 192: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

In quest’ultima località mesi orsono ha investito alcune centinaia di

milioni in beni immobili.

Il Fulchignoni, prima di lasciare l’Italia ha depositato presso un

avvocato romano- di cui non è stato possibile conoscere il nome –

una memoria nella quale sono raccontate tutte le vicende finanziarie

politiche delle quali si è occupato per eminenti uomini politici.

Copia di detto memoriale è stato inviato dal Fulchignoni agli on.li

Carenini della Dc, Cariglia del Psu e Mancini e Pieraccini del Psi,

avvertendoli che se non sarà aiutato per evitare un fallimento totale ,

renderà di pubblico dominio il documento.

All’on. Mancini, il Fulchignoni ha scritto quale segretario del Psi –

dato che si afferma che non ha mai avuto rapporti di affari, facendo

riferimento ai rapporti dello scrivente con il defunto ministro del

Lavoro Brodolini e sulla relazione che lo stesso ministro aveva con la

di lui moglie. Detta relazione, secondo il Fulchignoni era da lui

sopportata per essere appoggiato in particolari affari. >> ( All. 28)

Nota che trova la sua logica conclusione in quella seguente del 29 luglio

1970:

<< La segreteria del Psi ha deciso di intervenire a favore di

Fulchignoni, addossandosi larga parte dei suoi debiti ed evitandogli

un clamoroso fallimento.

Nel frattempo, il Fulchignoni ha fatto ritorno dalla Svizzera dove si

era in un primo tempo rifugiato e si trova nuovamente a Roma.

I dirigenti del Psi hanno provveduto ad aprire una pratica presso i

competenti uffici allo scopo di trasformare l’Adn-Kronos (la loro

Page 193: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

agenzia ufficiosa già di proprietà del Fulchignoni) in agenzia di

interesse nazionale, sul tipo dell’Ansa e dell’Italia: una volta

perfezionata la pratica, l’Adn-Kronos verrebbe ad usufruire di tutte

le facilitazioni riservata dallo Stato all’Ansa e all’Italia, incassando

tra l’altro ( compresi gli arretrati ) diverse centinaia di milioni in

contanti.>> (All. 28)

Bari 30 novembre 2002 il consulente

tecnico

APPENDICE

L'articolazione in correnti della Dc sino alla prima metà degli anni settanta. Allo scopo di rendere più comprensibile il complesso gioco delle

correnti nella Dc milanese, ci sembra opportuno premettere una breve

descrizione della dialettica fra le diverse componenti a livello nazionale.

Inizialmente, il partito non aveva vere e proprie correnti organizzate,

ma solo aggregazioni "di opinione" quali il "centro degasperiano" (di cui

facevano parte anche Guido Gonella, Giulio Andreotti, Enrico Mattei e

Page 194: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

guidato, appunto, da Alcide De Gasperi, Emilio Taviani, Luigi Gui,

Mariano Rumor ) che controllava tanto la guida del Governo quanto la

segreteria del partito, la dissidenza di destra "liberista" che faceva

riferimento a don Luigi Sturzo (violentemente contrario alle iniziative

economiche pubbliche ed in particolare all' Eni di Mattei), una "sinistra"

guidata da Giovanni Gronchi, e la sinistra di "Cronache Sociali" (

Giuseppe Dossetti, Amintore Fanfani, Giorgio La Pira, Aldo Moro,

Benigno Zaccagnini, Giovanni Galloni, Achille Ardigò).

La corrente dossettiana si scioglieva nel luglio del 1951 a seguito

dell'accordo di Fanfani con De Gasperi e, nel novembre successivo

nasceva "Iniziativa Democratica" composta dalla maggioranza degli ex

dossettiani (Fanfani, Zaccagnini, Moro, La Pira, Galloni, Ardigò) e da

alcuni ex degasperiani (Taviani, Rumor, Salizzoni, Gui).

Contemporaneamente, i sindacalisti della Cisl si costituivano in

mozione autonoma con il nome di "Rinnovamento" (Giulio Pastore,

Carlo Donat Cattin).

Al IV Congresso (Roma 21-26 novembre 1952) la mozione unitaria di

De Gasperi e Iniziativa Democratica otteneva una larghissima

maggioranza dalla quale restava fuori solo Rinnovamento.

Nel settembre del 1953, il presidente dell'Eni Mattei promuoveva la

costituzione di una nuova corrente "La Base" che si collocava a metà

strada fra Iniziativa Democratica e Rinnovamento. Di essa facevano

parte ex dossetiani come Galloni, ex esponenti della Resistenza come

Giovanni Marcora (Mattei era il presidente della Fivl), e giovani come

Giuseppe Chiarante, Lucio Magri, Franco Boiardi, Luigi Granelli e

Camillo Ripamonti in Lombardia, Vladimiro Dorigo a Venezia, Nicola

Pistelli a Firenze, Fioerentino Sullo, Ciriaco De Mita e Gerardo Bianco in

Page 195: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Campania, Riccardo Misasi in Calabria. La sinistra di "Base" fu, forse, la

prima vera corrente organizzata della Dc, avvalendosi dei cospicui

finanziamenti assicurati da Mattei.

Al V congresso della Dc (Napoli, il 26-29 giugno 1954) si presentava

questa articolazione di correnti: il "gruppone di centro (De Gasperi,

Iniziativa Democratica, sinistra di Base), che stravinceva il congresso

eleggendo segretario del partito Amintore Fanfani, una opposizione di

sinistra rappresentata dalla corrente dei sindacalisti ed destra una

nuova corrente - denominata "Primavera"- formata poco prima dall'ex

delfino di De Gasperi, Giulio Andreotti.

La morte di De Gasperi portava gradualmente ad "esplodere" la vasta

ma disomogenea alleanza di centro all'interno della quale iniziano a

differenziarsi nettamente il gruppo degli ex degasperiani puri (Mario

Scelba, Franco Restivo, Oscar Luigi Scalfaro, Giovanni Elkan, Giorgio

Lucifredi), quello di Iniziativa Democratica (Amintore Fanfani, Aldo

Moro, Mariano Rumor, Paolo Emilio Taviani), quello della Base (Enrico

Mattei, Giovanni Marcora, Giovanni Galloni, Fiorentino Sullo, Ciriaco

De Mita, Nicola Pistelli). All'esterno restavano il gruppo di Andreotti

sulla destra e quello dei sindacalisti sulla sinistra, mentre la "sinistra" di

Gronchi si collocava a metà strada fra Iniziativa Democratica ed i

sindacalisti. Una posizione personale era rappresentata dal leader sardo

Antonio Segni, che, collocato su posizioni ideologiche di destra,

diventava il nume tutelare della parte di Iniziativa Democratica più

critica verso Fanfani.

Il congresso successivo (Trento 14-18 ottobre 1956) era stravinto da

Fanfani che era rieletto segretario del partito.

Page 196: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

I metodi personalistici di Fanfani, e la sua apertura alle correnti di

sinistra (Base e Rinnovamento) sul tema del dialogo con i socialisti,

provocavano primi dissensi nella sua corrente che, nel marzo del 1959,

sfociavano nella "congiura di Santa Dorotea": la maggioranza della

corrente (Moro, Rumor, Colombo, Taviani, con l'appoggio di Segni),

riunitasi segretamente presso il convento delle suore di Santa Dorotea,

metteva in minoranza Fanfani votandogli la sfiducia quale segretario

designando Moro quale suo successore. La corrente si scindeva: la

maggioranza manteneva la sigla di Iniziativa Democratica (ma d'ora in

poi, saranno più noti come "dorotei"), mentre il gruppo di Fanfani

recuperava la vecchia sigla di Cronache Sociali.

Con il VII congresso - ottobre 1959- le componenti -ormai non più

gruppi d'opinione, ma vere e proprie correnti organizzate- si

presentavano divise in due schieramenti: Fanfani alleato alla Base ed a

Rinnovamento da un lato, dall'altro i dorotei, primavera ed ex

degasperiani (Scelba), con questi esiti: Nuove Cronache 497.517 voti

(30,95%), Base 179.593 (11,17%), Rinnovamento 91.556 (5,69%) (per un

totale di 769.656 voti per il blocco fanfaniano), Dorotei 533.697 voti

(33,20%), Primavera 211.812 (13,17%), centristi 92.161 (5,73%), (per

837.770 voti al blocco antifanfaniano).

Queste congresso ebbe una serie di conseguenze durevoli sul partito,

che andarono ben al di là, della momentanea sconfitta di Fanfani.

Innanzitutto, il sistema elettorale prescelto esaltò al massimo il peso

delle capacità organizzative di ciascuna corrente, determinando, in

questo modo, la cristallizzazione dei rapporti di forze fra esse: ad

esempio risultava evidente che l'eredità della corrente degasperiana era

passata non alla corrente dei centristi (che si rivelava come una

Page 197: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

aggregazione di notabili con ben scarso seguito), ma al giovane

Andreotti che poteva contare su un massiccio seguito organizzato in

Lazio, così come, a sinistra era netta la prevalenza della corrente di Base -

largamente sostenuta dai foindi dell'Eni- rispetto a quella dei sindacalisti

di Rinnovamento che occupavano una posizione nettamente marginale.

Ma, soprattutto, emergeva la grande corrente dorotea forte del suo 33%

(destinato a salire negli anni seguenti, soprattutto a spese dei fanfaniani),

che rappresenterà per il decennio successivo lo stabile gruppìo dirigente

della Dc. Per tutti gli anni sessanta, infatti, nessuna aggregazione

maggioritaria sarà possibile nella Dc prescindendo dai dorotei, che

controlleranno stabilmente la segreteria del partito e, salvo le brevi

parentesi dei governi Fanfani e Leone, anche la Presidenza del Consiglio.

Sostanzialmente, la corrente dorotea rappresenterà, negli anni sessanta,

quel che aveva rappresentato la corrente degasperana nel decennio

1945-54, ma mentre la corrente degasperiana era una aggregazione

d'opinione riunita intorno ad un leader carismatico, i dorotei erano un

gruppo ferreamente organizzato nel quale nessuno dei leader prevaleva

sugli altri.

Il tentativo di Fanfani di sostituire la leadership degasperiana con una

nuova conduzione carismatica -la propria, ovviamente- risultava così

battuto, ma la crisi del governo Tambroni (luglio 1960), dopo solo un

anno, produceva una "resurrezione" politica di Fanfani che tornava alla

guida del governo.

E' da notare che nella caduta di Tambroni influiva anche il fatto che

egli non disponesse di una sua corrente organizzata, ma era solo un

notabile con una ristretta base regionale che solo la difficoltà del quadro

politico e la protezione del Presidente della Repubblica, Gronchi, aveva

Page 198: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

inattesamente proiettato al vertice del governo. Questa debolezza si era

pienamente manifestata nel momento cruciale della crisi, quando

Tambroni si era ritrovato ben poche solidarietà in seno al Consiglio

Nazionale. E forse proprio la crisi della segreteria Fanfani, prima, e del

governo Tambroni, dopo, consacravano definitivamente il ruolo delle

correnti nel partito, ammonendo che nè un segretario del partito nè un

Presidente del Consiglio avevano la possibilità di durare a lungo senza

un solido insediamento correntizio proprio ed una adeguato

schieramento di alleanze.

L'VIII congresso (Napoli, gennaio 1962) -che ebbe al centro del suo

dibattito l'apertura al Psi- si concluse con una mozione unitaria di Moro

e Fanfani, nella quale confluirono quasi tutte le altre correnti, ad

eccezione della vecchia opposizione centrista di Scelba, Gonella, Pella,

Restivo e Scalfaro che non raggiungeva il 20%.

L'apparente unanimità, tuttavia, celava forti differenziazioni nel

gruppo di maggioranza e le diversità emersero nei momenti difficili che

scandirono l'avvio del centro-sinistra. I centristi si sfaldarono

rapidamente sia per le pressioni della gerarchia ecclesiastica -ormai

favorevole all'apertura ai socialisti- sia grazie a qualche pressione

scandalistica operata dal Sifar nei confronti del loro leader.

Le correnti Dc -ancora formalmente unite dalla stessa mozione - si

presentavano, a metà degli anni sessanta, così articolate:

a) a sinistra la Base e Forze Nuove (la vecchia corrente di

Rinnovamento)

b) in posizione mediana, Cronache sociali (Fanfani, Forlani, Darida,

Arnaud) che, però, subiva l'evoluzione del suo leader carismatico su

posizioni man mano meno "progressiste" del passato

Page 199: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

c) al centro dello schieramento, il "gruppone" doroteo nel quale erano

confluiti anche Andreotti ed alcuni vecchi centristi. Ma la grande

aggregazione dorotea ospitava nel suo seno orientamenti diversi:

I) Moro -che nel frattempo aveva lasciato la segreteria del partito a

Rumor per diventare Presidente del Consiglio- si collocava sul versante

di sinistra della corrente

II) Taviani, Rumor, Colombo, Piccoli, Bisaglia e Gava occupano lo spazio

centrale

III) Andreotti e gli ex centristi si collocavano a destra.

Le diversità si manifestano parzialmente al IX congresso (Roma, 12-16

settembre 1964) proponendo questo spettro congressuale:

doro-morotei 48%

Cronache Sociali 21%

Scelbiani 11%

Base e Forze Nuove 20%.

Veniva confermato segretario Rumor.

Il congresso successivo vedeva una aggregazione di tutte le correnti

"moderate" (dorotei-morotei, fanfaniani, scelbiani e andreottiani) che

ottenevano insieme il 64%, mentre, a sinistra il cartello Base-Forze

Nuove raggiungeva il 24% ed in posizione mediana i "pontieri" di

Taviani (che si era staccato dai dorotei perchè in concorrenza con

Rumor) attestati al 12%.

Le politiche del 1968 (che segnavano un parziale recupero della Dc, ma

tutto a spese delle destre, mentre il Pci ed i Psiup registravano una

fortissima avanzata a spese del Psi-Psdi unificati) aprivano il declino del

centro sinistra e, di conseguenza, rilanciano le dinamiche centrifughe

nella Dc.

Page 200: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

L'XI congresso (Roma, 27 giugno-1° luglio 1969) registrava fedelmente il

progressivo divaricarsi della maggioranza congressuale precedente: la

mozione unitaria si scioglieva e dal "gruppone" si staccava Moro che si

collocava accanto alle sinistre di Base e Forze Nuove.

Pertanto, lo spettro congressuale risultava il seguente (le correnti sono

elencate in ordine di collocazione da destra verso sinistra):

a) centristi (Scelba, Scalfaro, Restivo, Elkan) 2,9%

b) Cronache Sociali (Fanfani, Forlani) 15,9%

c) dorotei (Rumor, Piccoli, Andreotti, Colombo, Bisaglia, Gava) 38,3%

d) pontieri (Taviani) 9,5%

e) morotei (Moro, Belci, Zaccagnini) 12,7%

f) Nuova Sinistra (Sullo) 2,6%

g) Base-Forze Nuove (Galloni, Granelli, Donat Cattin, De Mita,

Marcora, Misasi) 18,3%.

Veniva eletto segretario Flaminio Piccoli, mentre Rumor ha assunto la

Presidenza del Consiglio. Entrambe le posizioni erano, dunque, occupate

da dorotei, ma si tratterà dell'ultimo effimero successo della corrente.

Infatti, Piccoli veniva eletto come segretario di minoranza (85 voti contro

87 astensioni) e di lì a poco dovrà passare il testimone al delfino di

Fanfani, Arnaldo Forlani, inoltre, le difficoltà del quadro politico

avviavano una ulteriore rottura del correntone.

Il sostanziale insuccesso del centro sinistra (il numero di parlamentari

era diminuito di molto poco, ma l'operazione politica di "sfondamento a

sinistra" era clamorosamente fallita) lasciava aperte tre opzioni:

a) proseguire nella formula imperniata su Dc e socialisti, ma

ridimensionando molte delle aspettative iniziali e puntando

semplicemente a "durare" senza grandi progetti ed ambizioni

Page 201: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

b) mantenere la formula di centro sinistra, ma come premessa per un

ulteriore allargamento di essa, consociando il Pci in tempi non

immediati, ma neppure lontanissimi, puntando sull'evoluzione di quel

partito in senso democratico-occidentale

c) chiudere l'esperienza di centro sinistra e tornare ad una formula di

tipo centrista.

La prima soluzione -sostanzialmente fatta propria dalle correnti

moderate della Dc- si scontrava con la crisi socialista, con l'effervescenza

politica e sociale del paese e con l'incalzare dell'opposizione comunista

rinvigorita dal successo elettorale.

La seconda soluzione -cautamente e velatamente caldeggiata dalle

sinistre di Base e Forze Nuove- doveva fare i conti con la persistente

opposizione dei "poteri forti" (mondo imprenditoriale, consistenti settori

della gerarchia ecclesistica e, soprattutto, alleati atlantici) ad ogni

apertura al Pci e con i tempi della revisione ideologica dei comunisti, in

corso, ma ancora ben lontano da esiti tali da rendere immediatamente

praticabile l'allargamento della maggioranza a sinistra.

La terza soluzione, apparentemente non avanzata da nessuno, oltre che

dagli ex centristi di Scelba, Restivo e Scalfaro, iniziava a serpeggiare

tacitamente anche in altre correnti: già nel 1966, di fronte alla seconda

crisi del governo Moro, Fanfani, aveva lanciato un monito, avvertendo

che la scelta di centro sinistra "non era irreversibile" (lasciando, quindi,

intendere la disponibilità a tornare alla vecchia alleanza con i liberali).

Poi anche fra i dorotei iniziava a manifestarsi qualche segnale in questo

senso.

In realtà la soluzione neo-centrista doveva fare i conti con due difficoltà

molto forti: il clima sociale del paese e l'estrema debolezza numerica in

Page 202: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Parlamento (appena una dozzina di voti di scarto contando anche i

deputati della destra socialista che, il 4 luglio del 1969, si erano staccati

dal partito per ridar vita al vecchio Psdi). Un governo simile avrebbe

avuto bisogno di affrontare la piazza con grande vigore repressivo, ma

la sua debolezza parlamentare avrebbe posto le premesse per una

riedizione ancor più catastrofica dell'esperimento Tambroni. Anche

l'ipotesi di un aiuto sottobanco delle destre missine e monarchiche non

avrebbe risolto il problema: la manciata di voti così raccattata avrebbe

avuto un costo politico altissimo, perchè le sinistre Dc difficilmente

avrebbero accettato l'operazione ed, in definitiva, questo avrebbe

significato ripercorrere esattamente la parabola di Tambroni. In effetti,

per rendere realistica una simile svolta politica avrebbe richiesto una di

queste condizioni:

a) nuove elezioni, che, grazie ad una impennata del voto "d'ordine"

infliggessero alle sinistre un duro colpo e guadagnare un confortevole

margine parlamentare (così come era accaduto il Francia all'indomani

del maggio, con le elezioni del giugno 1968, trionfali per De Gaulle)

b) procedere ad una riforma della Costituzione in senso presidenziale,

in modo da staccare l'esecutivo dal controllo parlamentare ed

assicurarne la stabilità anche con margini numerici assai ridotti.

Ovviamente, sia l'una che l'altra misura richiedevano eventi di peso

sufficiente a invertire le tendenze dell'elettorato, costruire un consenso

adeguato nell'opinione pubblica, costringere le sinistre ad accettare

l'evoluzione del quadro politico-istituzionale.

In effetti, segnali di questo tipo si iniziavano a cogliere nella Dc già nei

primi mesi del 1969: un gruppo di esponenti di secondo piano della

corrente fanfaniana (Bartolo Ciccardini, Celso De Stefanis) e dorotea

Page 203: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

(Giuseppe Zamberletti) formava un gruppo trasversale denominato

"Europa '70" che si dichiarava apertamente a favore del ritorno al

centrismo e della riforma presidenziale dell'ordinamento costituzionale.

Inoltre, lo stesso Fanfani, in più di una occasione, lasciava intendere la

sua simpatia per il modello costituzionale francese, mentre singoli

esponenti dorotei (in sintonia con il segretario socialdemocratico Ferri)

lanciavano l'ipotesi di una riforma elettorale in senso maggioritario.

Gli eventi del 1969 agirono da elemento precipitatore della crisi,

accentuando ancora le dinamiche centrifughe nel gruppo dirigente Dc: il

profilarsi di una stagione di intensa conflittualità sociale accentuò la

contrapposizione fra i settori riformisti e quelli che reclamavano una

risposta autoritaria alla crisi, in scondo luogo, la scissione

socialdemocratica faceva venire allo scopero i fautori del ritorno al

centrismo. Si formava, così, un asse fra i dorotei del Presidente del

Consiglio Rumor ed i socialdemocratici del Presidente della Repubblica

Saragat (in cui confluivano anche i fanfaniani, i centristi ed il Pri) che

puntava dichiaratamente a nuove elezioni per propiziare la svolta neo

centrista. Le dinamiche correntizie della Dc erano ulteriormente

complicate dall'emergere di solidarietà trasversali come quella

generazionale che si manifestò a San Ginesio, nel settembre del 1969,

dove si incontrano leader di varie correnti (essenzialmente basisti e

fanfaniani) accomunati dall'esigenza di affrancarsi dalla tutela dei

rispettivi leader. Si trattava dei leader della "terza generazione"

democristiana che -analogalmente a quanto fatto nei primi anni

cinquanta dagli esponenti della seconda- reclamavano un

avvicendamento generazionale che ridimensionasse il potere dei

cinquanta-sessantenni (Moro, Fanfani, Rumor, Piccoli) a favore dei

Page 204: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

quarantenni (Forlani, De Mita, Bianco). Nasceva, così, un patto - detto,

appunto, di San Ginesio- che poneva le premesse per il cambio di

maggioranza nel partito ed il rovesciamento della segreteria di Piccoli.

Poche settimane dopo, la grande corrente dorotea che si scindeva fra i

sostenitori di Rumor, Piccoli e Bisaglia (cui si aggiungeva, poco dopo,

Taviani) e quelli di Andreotti e Colombo. Pertanto, il cartello di San

Ginesio (fanfaniani e basisti) aiutato dai dorotei dissidenti di Andreotti e

Colombo, riusciva ad imporre, durante il Consiglio Nazionale del 6

novembre 1969, le dimissioni di Piccoli e l'elezione all'unanimità di

Forlani quale segretario del partito.

Aveva così termine il lungo periodo di egemonia dorotea sulla Dc e,

come quindici anni prima -dopo la scomparsa di De Gasperi- questo

apriva una fase di intensa instabilità nel gruppo dirigente del partito.

Ma, in questa sede, non ci interessa spingerci oltre. Quel che ci preme è

forografare la situazione a cavallo fra i sessanta ed i settanta per

comprendere i riflessi di tutto questo sulla Dc milanese.

Dopo la scissione socialdemocratica, veniva trovato un momentaneo

punto di mediazione nella formazione del monocolore Rumor, ma la

crisi si riapriva nel febbraio del 1970 per approdare alla formazione del

terzo governo Rumor che torna alla formula di centro sinistra organico

(Dc, Psi, Psdi, Pri).

Nel frattempo, le correnti di destra più irrequiete della Dc cercavano

uno sbocco alla crisi anche in una possibile scissione che (anche

assorbendo monarchici e transfughi missini e liberali) desse vita ad un

partito cattolico di destra, utile a ricostruire la diga anticomunista

minacciata dall'aperturismo della maggioranza Dc. Infatti, i neo

centristi, il gruppo di Zamberletti e Ciccardini e singoli esponenti dorotei

Page 205: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

come Greggi non mancavano di lanciare messaggi in questo senso. Sull'

altro versante, a sinistra, si manifestava la defezione delle Acli, che nel

convegno di Vallombrosa (estate 1970) avevano posto termine al

collateralismo con la Dc, e molte eminentissime fronti si imperlarono di

sudore leggendo sulla stampa la minacciosa previsione di Donat Cattin:

"non passeranno più di cinque anni che tutti i progressisti saranno da una parte

e tutti i conservatori dall'altra ".

Ma la maggioranza del gruppo dirigente Dc sapeva bene di non potersi

permettere il lusso di una scissione, tanto sulla destra quanto sulla

sinistra, perchè questa avrebbe il partito in due tronconi ciascuno

incapace di riproporre l'egemonia cattolica sul sistema politico. La

scissione avrebbe messo in forse la stessa permanenza della Dc al

governo se non sotto forma di alleanza di uno dei due tronconi con altri

partiti, ma in ogni caso a prezzo di riunciare alla netta egemonia sulla

coalizione che la dc esercitava ininterrottamente dal 1947. La scissione

avrebbe significato la fine della centralità democristiana e, dunque, la

conflittualità interna doveva essere mantenuta entro la cornice dell'unità

del partito, badando a non perdere alcuna componente.

Alla fine, l'operazione di contenimento riuscirà: a parte le trascurabili

perdite dei gruppi di Agostino Greggi sulla destra (qualche decina di

migliaia di voti nella sola circoscrizione di Roma) e di Livio Labor sulla

sinistra (poco più di 100.000 voti in tutta Italia), la Dc resterà unita, ma

questo comporterà il prezzo di una prolungata instabilità nel gruppo

dirigente. Infatti, la scissione avrebbe comportato forti rischi per

l'egemonia Dc sul sistema politico, ma anche un processo di

omogeneizzazione nei due tronconi risultati dalla rottura. La persistenza

dell'unità, vice versa, manteneva la situazione di forte disomogeneità e,

Page 206: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

per di più, faceva crescere la temperatura interna perchè la conquista

delle posizione di comando nel partito diventava l'unico modo di

affrontare la crisi e, in definitiva, diventava ragione di sopravvivenza per

ciascun singolo gruppo. Ovviamente, questo incoraggiava i passaggi

opportunistici da una corrente all'altra, la tendenza a dar vita a gruppi

locali autonomi, il continuo farsi e disfarsi di alleanze, magari

nell'ambito di uno stesso congresso, con la conseguenza di introdurre

sempre nuovi motivi di divisione ed instabilità del gruppo dirigente.

L'elezione del Presidente della Repubblica, sul finire del 1971, rese

evidente lo stato di sofferenza del partito sottoposto alle tendenze

divaricanti delle correnti: il candidato ufficiale, Fanfani, andò incontro

ad una ccente sconfitta perchè le sinistre del suo partito gli negarono i

propri voti per ben sedici scrutini di seguito. La soluzione veniva trovata

alla ventitreesima votazione, con l'appoggio determinante del Msi al

nuovo candidato Dc, l'on Giovanni Leone il che comportò l'immediata

caduta del governo di centro sinistra cui seguì la costituzione di un

governo monocolore guidato da Andreotti, esplicitamente rivolto ad

ottenere lo scioglimento delle Camere e nuove elezioni nelle quali ci si

riprometteva di ottenere un sufficiente margine per una maggioranza

centrista.

L'esito si rivelò, tuttevia, diverso dalle aspettative: il Psi resse

confermando praticamente intatta la sua rappresentanza parlamentare,

mentre il Pci otteneva una nuova -anche se più ridotta- affermazione che

compensava parzialmente la perdita di un milione di voti di sinistra

(Psiup, Manifesto, Mpl) restati senza rappresentanza per non aver

ottenuto alcun quoziente pieno. Veniva ugualmente costituito un

governo centrista presieduto sempre da Andreotti e composto da Dc, Pli,

Page 207: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Psdi con l'appoggio esterno di Pri e Svp. Ma i margini di maggioranza

risultavano estremamente risicati, in particolare al Senato dove il

governo ottenne la fiducia per soli tre voti.

L'operazione politica appariva, dunque, assai precaria e fragile sin dai

suoi inizi; inoltre, nell'autunno i rinnovi contrattuali delle principali

categorie dell'industria e di alcune importanti categorie dei servizi,

offriva una occasione agli avversari della formula centrista (dai

comunisti ai socialisti alle sinistre Dc che trovano un naturale terreno di

convergenza nella Federazione unitaria Cgil-Cisl-Uil) una occasione

favorevolissima per battere il governo.

A marzo era chiaro che il naufragio del tentativo neo centrista.

L'occasione veniva offerta a fine maggio dal Pri che, cogliendo il pretesto

del disaccordo sulla legge per la televisione, dichiarava esautrita la

funzione del governo Andreotti e ritirava la fiducia.

Già a gennaio, però, era stato convocato il XII congresso del partito per

il mese di giugno. In primavera i congressi di sezione avevano già

delineato il quadro che si cristallizzerà nell'assise nazionale del partito:

a) Andreotti-Colombo 16,5%

b) dorotei e centristi (Rumor, Piccoli, Taviani, Bisaglia) 34,2%

c) fanfaniani 19,8%

d) morotei 8,7%

e) sinistra di Base 10,8%

f) Forze Nuove 10%.

Come si vede le sinistre- che si opponevano dichiaratamente alla

prosecuzione del governo Andreotti raccoglievano circa il 30%, e a

questo gruppo occorreva aggiungere quello di Fanfani, che rovesciando

le sue precedenti posizioni, manifestava disponibilità a riprendere

Page 208: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

l'accordo con i socialisti. In questo modo, gli oppositori di Andreotti

raggiungevano poco più del 49%. Sul fonte opposto, ovviamente, si

collocava il gruppo di Andreotti e Colombo. Determinante diveniva

l'atteggiamento del "correntone" di Rumor, Piccoli, Taviani e Bisaglia.

Alla viglilia del congresso, Fanfani convocava a Palazzo Giustiniani, una

riunione dei capi corrente, nella quale si presentava con un accordo già

fatto con Moro, l'adesione di Rumor chiudeva i giochi congressuali

segnando il definitivo tramonto dell'esperimento neo centrista. L'accordo

prevedeva l'elezione di Fanfani alla segreteria del partito, e un nuovo

governo di centro sinistra presieduto da Rumor, che così riscuoteva il

premio della propria scelta. Moro si accontentava della presidenza del

Consiglio Nazionale per Zaccagnini, del ministero degli esteri per sè,

oltre che del successo politico di aver imposto la propria linea al partito,

pur contando sulla corrente più piccola.

Andreotti e Forlani venivano, invece, invitati a farsi da parte nella

considerazione che la Dc è un partito la cui storia "è ricca di quaresime e

resurrezioni ", come ebbe a dire un raggiante Fanfani dal podio di neo

eletto.

Ma anche la segreteria Fanfani fallirà nel tentativo di dare una nuova

guida stabile alla Dc: in meno di due anni, Fanfani verrà costretto alle

dimissioni e la situazione tornerà magmatica.

La fine dei consolidati assetti di potere del decennio doroteo, comportò

l'apertura di un periodo assai prolungato di instabilità dei gruppi

dirigenti Dc sia a livello nazionale che locale. Questa fase si protrarrà per

un periodo anche più lungo di quello che aveva portato dalla ledership

degasperiana all'egemonia dorotea, infatti, essa durerà per sette anni -

fra il 1969 ed il 1976- sino all'avvento della egemonia della sinistra del

Page 209: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

partito espressa prima dalla segreteria Zaccagnini (1976-1980) e -dopo l'

interludio di segreteria di Flaminio Piccoli (1980-1983)- successivamente

dalla segreteria De Mita (1983-1989).

L'instabilità nella direzione del partito (che pertaltro si incrocerà con

analoghe dinamiche anche negli altri partiti di centro sinistra) si espresse

in queste forme:

a) tendenza alla estrema frammentazione delle correnti

b) accentuato carattere personalistico delle fazioni

c) frequentissimi mutamenti di alleanze fra i diversi gruppi

d) forte mobilità dei singoli quadri intermedi fra le diverse correnti

e) tendenza a dar vita ad "aggregazioni a scavalco" (ad es. una corrente

di destra ed una di sinistra alleate contro una di centro).

Tutto ciò comportò diverse conseguenze, quali:

a) la prevalenza delle valutazioni tattiche su quelle di ordine strategico

b) la maggiore attenzione ai problemi interni del partito rispetto a quelli

generali

c) la tendenza a spostare l'asse principale della dialettica "amico-nemico"

nell'ambito intrapartitico rispetto a quello infrapartitico (per cui una

corrente rivale dello stesso partito rappresenta il nemico principale,

anche rispetto ad altri partiti, magari ideologicamente contrapposti)

d) la conseguente tendenza a dar vita a cordate trasversali fra correnti di

partiti diversi contrapposte ad analoghe cordate trasversali

e) la prevalenza dell'efficienza organizzativa dei singoli gruppi sulla

capacità di elaborazione politica

f) la conseguente centralità del problema dell'accesso alle risorse

g) il ricorso a forme anomale di lotta interna, come il ricorso a scandali

contro correnti rivali.

Page 210: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

Ovviamente, si trattò di dinamiche largamente interdipendenti fra loro,

per cui:

- l'esigenza di potenziare la propria organizzazione ed il proprio peso

congressuale, induceva ad uno sforzo finanziario straordinario, per

"acquistare" gruppi o singoli, per finanziare le campagne elettorali, per

sostenere le sezioni, agenzie o associazioni legate alla propria corrente

ecc. Ma, tutto questo imponeva l'assoluto bisogno di trovare nuove fonti

di finanziamenti, anche di natura illegale. Ovviamente, questo offiva alle

correnti rivali il destro di uno scandalo.

- la continua instabilità degli equilibri di potere interni, portava

inevitabilmente a centrare l'attenzione sulle vicende interne al partito a

scapito di quella per i problemi di inetresse generale. Naturalmente,

questo induceva, dopo qualche tempo, ad una riduzione dei consensi e,

parallelamente, alla perdita di posizioni istituzionali (in Parlamento,

negli enti locali, nei sindacati, nella stampa, nelle cooperative o nel

mondo bancario ecc.). A sua volta, ciò produceva una riduzione delle

risorse da ripartire fra i diversi gruppi del partito, con la conseguenza di

aumentare il tasso di conflittualità interna e, dunque, attivare un circolo

vizioso per cui alla riduzione di influenza corrispondeva un aumento di

conflittualità interna, quindi maggiore instabilità e questo poneva le

premesse per una nuova sconfitta

- l'esigenza di adottare la massima flessibilità tattica -per allearsi con una

corrente ideologicamente agli antipodi, o per concludere una alleanza

trasversale con la corrente di un altro partito, pur di battere il nemico

interno più prossimo- comportava necessariamente una minore

attenzione ai contenuti politici delle varie intese, sino al limite del puro

accordo di potere privo del pur minimo scopo politico. Ma questo,

Page 211: Aldo Giannuli - Relazione Sul Noto Servizio

ovviamente, comporta alleanze più fragili perchè destinate ad essere

rimesse in discussione non appena ad uno dei contraenti si offra

l'occasione di una intesa più vantaggiosa. D'altro canto, a lungo andare,

questo comporta l'azzeramento delle capacità di elaborazione politica

dei vari gruppi e, di conseguenza, una simmetrica diminuzione di essi di

produrre egemonia sul partito.

E' da notare che alcune di queste tendenze resteranno anche dopo la

fine del periodo di instabilità: ci sono comportamenti che, una volta

entrati in uso, è assai difficile far recedere anche dopo che siano cessate

le cause che li avevano attivati.

Il caso della Dc milanese si presenta, in questo senso, come

assolutamente esemplare.