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Si vuol qui restituire alla memoria collettiva, la storia di un ragazzo brindisino nel fiore degli anni mosso da una convinzione incredibile e incrollabile, sacrificatosi analogamente ad un altro concittadino mosso da convinzioni opposte: Vincenzo Gigante, comunista, antifascista, partigiano, morto a Risiera di San Sabba nel 1944 ed anch’egli medaglia d’oro al valor militare. Due loro lapidi commemorative furono poste l’una accanto all’altra, sulla facciata del vecchio Banco di Napoli: due nomi, uniti nella morte per i rispettivi ideali. Dopo la demolizione dell'edificio, la lapide di Vincenzo Gigante fu ritrovata e restituita alla città, mentre dell’altra lapide si erano perse le tracce…sembrava andata persa e nessuno in grado di dire che fine avesse mai potuto fare. G. Cafiero si mise alla sua ricerca e finalmente la ritrovò: abbandonata, dimenticata, impolverata, frantumata in un angolo di un deposito comunale ed è stata riportata alla luce e posta sulla gloriosa palestra Galiano.
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Aldo Spagnolo: L’eroe brindisino di Klisura
Giancarlo Cafiero & Marco Martinese
Editore: Gianfranco Perri – 2015
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Aldo Spagnolo: L’eroe brindisino di Klisura
Giancarlo Cafiero & Marco Martinese
Editore: Gianfranco Perri – 2015
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INTRODUZIONE Quando il mio amico Giancarlo Cafiero mi ha mostrato il suo lavoro, chiedendomi una collaborazione, causa il mio incurabile amore per la Storia, ho accettato praticamente dopo 5 secondi. Certamente ho fatto alcune considerazioni e mi son posto alcune domande. Mi son chiesto, ad esempio, quale senso potrebbe avere oggi, la storia di un nostro giovane concittadino, oltre settant’anni dopo, rapportata, soprattutto, ai giorni nostri. E’ un pensiero sorto nell’immediato, poiché il paese, il clima, la vita stessa in generale e quella di noi tutti in particolare sembra, e per tanti versi è, distante anni-luce da quella dell’epoca di Aldo. La seconda domanda che mi son posto è stata “cosa potrebbe suscitare in un giovane d’oggi la storia di Aldo Spagnolo?”. Domanda dalla difficilissima e personalissima risposta. Viviamo in tempi difficili, di crisi a 360°, tempi svuotati di ogni valore morale…le ultime generazioni son cresciute a TV (spesso spazzatura…) e coca-cola…pieni di esempi di “bella vita” e facili guadagni, di giornate passate davanti al freddo schermo di un computer e di totale decadentismo etico, anche e soprattutto da parte di chi, a fasi alterne, si è posto alla guida di una nazione che, proprio di esempi di alta moralità, avrebbe oggi, probabilmente, grande bisogno. E allora, tornando alla domanda, cosa susciterebbe in un giovane contemporaneo la storia di Aldo Spagnolo?
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Quali pensieri partorirebbe la sua mente e la sua percezione di una vita così lontana dalla sua? Sono fermamente convinto che il giudizio personale che inevitabilmente diamo di un fatto storico sia sempre relativo e plasmato dalla nostra “forma mentis”, ed è per questo che anche riuscire ad attenersi alla semplice narrazione di un fatto storico risulta estremamente difficile, poiché già la maniera in cui si espone il fatto stesso peccherà certamente d’imparzialità. Lo stesso Marc Bloch nella sua “Apologia della Storia” ha scritto la sua opera all’indomani della disfatta francese del 1940, ed infatti, senza citare chissà quale illustre pensatore, è sufficente digitare l’autore di cui sopra nella stessa Wikipedia, dove leggiamo: ”la storiografia analizza il passato in funzione del presente e il presente in funzione del passato... lo storico non è solamente uno studioso dedito a ricerche del passato che non hanno alcuna utilità nella società contemporanea: il recupero della “memoria collettiva" diventa per Bloch un punto di riflessione importante per ogni società, che, da una migliore conoscenza del passato potrà meglio risolvere i problemi del presente. L'Apologia fornisce anche altri spunti metodologici importanti, come la collaborazione interdisciplinare della storiografia con altre discipline umanistiche come la sociologia e la psicologia, senza escluderne altre come l'economia”. Tutto ciò per comprendere e contestualizzare a un preciso momento che, per ovvie ragioni, non ci appartiene; quel giovane, molto probabilmente, non riuscirebbe a sentire lo stato d’animo frutto di un fortissimo sentimento nazionale che oggi non esiste praticamente più.
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Noi stessi ci siamo mai chiesti come ci saremmo comportati in quel contesto? Ma vorrei sottolineare che qui non si vuol assolutamente cadere preda della trappola ideologica o fare revisionismi di qualsivoglia genere…tutt’altro. Si vuol qui semplicemente restituire alla memoria collettiva, la storia di un ragazzo…un ragazzo brindisdino nel fiore degli anni mosso da una convinzione incredibile e incrollabile, sacrificatosi analogamente a un altro brindisino mosso da convinzioni opposte: Vincenzo Gigante, comunista, antifascista, partigiano, morto a Risiera di San Sabba nel 1944 ed anch’egli medaglia d’oro al valor militare. Originariamente, due loro lapidi commemorative furono poste l’una accanto all’altra, precisamente sulla facciata del vecchio Banco di Napoli: due nomi, uniti nella morte per i rispettivi ideali. Ma dopo la demolizione dell’edificio, mentre la lapide di Vincenzo Gigante era stata ritrovata e, giustamente, restituita alla città (attualmente si trova in piazza Sottile-De Falco, di fronte a Palazzo Nervegna), dell’altra lapide si erano perse le tracce…sembrava andata persa e nessuno in grado di dire che fine avesse mai potuto fare. Giancarlo, ad un certo punto, si mise alla sua ricerca (col permesso del Comune e dell’allora sindaco Giovanni Antonino) e finalmente la ritrovò: abbandonata, dimenticata, impolverata, frantumata in un angolo, proprio in un deposito comunale. Ed ora è stata riportata alla luce e posta sulla gloriosa palestra Galiano. Non ci sembrava infatti giusto che, per queste due persone, non ci fosse, neanche nella morte, pari dignità e pari trattamento.
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Se è vero che la morte “è nà livella” come diceva il grande Totò, abbiam semplicemente cercato di “livellare” e ricordare, o raccontare a chi la ignorasse, una storia d’incredibile coraggio…la storia del giovanissimo Aldo Spagnolo…la storia del “ragazzo di Klisura”.
Marco Martinese
Nel cerchietto si evidenzia l’originaria posizione delle due lapidi commemorative di Vincenzo Gigante e Aldo Spagnolo, sulla facciata laterale del vecchio palazzo del Banco di Napoli che dava su piazza della Vittoria.
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Aldo Spagnolo: L’eroe brindisino di Klisura
Il crepuscolo
Il padre, Francesco Spagnolo, si trovava in servizio militare a
Taranto col grado di Tenente di fanteria, sua moglie
l’affettuosissima signora Maria Labruna, incinta di due mesi del
futuro eroe, lo aveva seguito nella città dei “due mari” per
assistersi scambievolmente.
Era il 4 ottobre, festa del grande patrono d’Italia, San
Francesco d’Assisi, allorchè, nella pace della modesta famiglia,
ci si preparava a celebrare l’onomastico dell’amatissimo sposo.
La solerte signora, si premurò di andare alla caserma per
prelevare il marito con pubblica carrozzella e condurlo a casa
per la simpatica festicciola.
Ma, ahimè, giunti all’angolo di Piazza degli Uffici, un
autocarro inglese guidato a forte velocità, urtò così
violentemente il debole veicolo che lo lanciò senza misericordia
sul marciapiedi.
Naturalmente la carrozzella si sconquassò, e la signora, come
detto, in stato interessante, ne risentì profondamente, tanto da
temere gravissime conseguenze.
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Dio volle che così non fosse e il pericolo temuto, di doloroso
aborto, scongiurato.
Nonostante ciò, dovette stare a letto per alcuni giorni. La festa
onomastica, ovviamente, non ebbe più luogo.
L’alba
Aldo nacque a Brindisi dopo il tramonto del 15 Maggio 1920,
e fu rigenerato nelle acque battesimali, il 13 Giugno dentro le
pareti domestiche del sacerdote Mons. Emilio Mazari.
Compari del Santo rito furono il Sig. Generale Martinesi, Gran
Uff. Gino, il Sig. Alfredo Protino e la zia del neonato, la signora
Mimina Labruna.
Al nome di Aldo fu unito quello di Michele, per ricordare
l’affetto per il nonno materno e a ricordo del giorno sacro al
Taumaturgo di Padova, gli fu associato, inoltre, il nome di
Antonio.
Il nonno, tanto contento di quel nipotino, nel vederlo così
bello, colorito e paffuto esclamò: ” ECCO BATTAGLIONE!!!”
Ed ogni volta che entrava in casa domandava con gioia: ”COME
STA BATTAGLIONE?” oppure: ”DOV’E’ BATTAGLIONE?”.
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La mamma, in verità, non condivideva molto quel soprannome
che troppo le richiamava alla mente la guerra e le sue
conseguenze, ma, di carattere buono, tollerava e tirava avanti.
D’altra parte era uno sfogo innocente del nonno.
Caso?...Non saprei…Disposizioni supreme?...Non saprei…
Il fatto è che quel soprannome fu il suo destino, e in seguito,
attorno ad esso si sarebbe imperniato tutto il carattere del
neonato, battagliero e guerresco.
L’infanzia
Il bambino aveva un’intelligenza precoce ed una sveltezza
fenomenale.
Nalla Piazzetta delle Anime, dove solevano raggrupparsi tutti i
bambini del vicinato, il piccolo Aldo era il capobanda del
chiasso e delle birichinate.
Un giorno cantava, appena 3 anni, stando in casa e sentendo il
vocìo dei compagni, si sentìì irresistibilmente attratto e, non
potendo uscir fuori, pur di vederli e di farsi vedere, si arrampicò
sul davanzale della finestra e vi si mise in piedi saltandovi e
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passeggiandovi con aria trionfale non curandosi del precipzio
che gli stava davanti…come se nulla fosse.
All’età di 7 anni ebbe il regalo della befana…forse il più bello
che avesse mai avuto e che tante volte aveva sognato; e cioè?
I buoni genitori avendone conosciuto l’indole “balillistica”
del bambino, gli fecero trovare nella calza misteriosa il dono di
una sciabola, di un fucile, di un tamburo, di una tromba, di un
elmetto…figuriamoci la sua sua gioia a quella sorpresa…
Appena vestito, senza neppure pensare alla colazione, si
precipitò nella piazzetta e chiamò a raccolta i compagni per
“incominciare la guerra”…fu un pandemonio che non fu mai
dimenticato dagli abitanti del vicinato.
Non poteva star solo, chiudersi in casa era un tormento; la
compagnia lo allettava e lo trascinava; mettersi alla testa dei
compagni per rappresentare la guerra tra “italiani e inglesi”, era
la sua gioia…ogni altro divertimento lo annoiava, e lo stancava
subito.
Siccome i prudenti genitori volevano un po’ frenare la mania
di starsene sempre con i compagni sulla piazzetta, pensarono
bene di porre alla serratura della porta di casa,un’altra serratura
più alta, consistente in un “saliscendi”; ma fu tutto inutile…il
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birichino, infatti , agrappandosi su un castello di sedie, ovvero
per mezzo di una canna o di un lungo bastone, riusciva
immancabilmente ad aprire la porta .
Chi lo cercava, lo trovava fuori a fare il soldatino.
La fanciullezza
Aldo fu vivace, ma di carattere buono; ubbidiente, educato,
docile, rispettoso, sempre pronto alle chiamate dei genitori,
salvo scappare di nuovo per unirsi ai suoi piccoli compagni.
Accoglieva volentieri le carezze, ascoltava gli ammonimenti,
saltellava sulle ginocchia dei genitori e all’improvviso gli
scivolava come un’anguilla dalle mani per…”tornare libero”.
Aveva un cuore d’oro; amava con slancio e senza restrizioni,
si dava in braccio ai genitori con un abbandono che innamorava.
I poveri lo intenerivano, ed i compagni più poveri erano da
lui preferiti.
I genitori, giustamente, stravedevano per lui; troppe erano le
sue attrattive; si faceva teneramente amare.
La madre confessava che non si saziava mai di riempirlo di
baci e di vezzeggiarlo, ed anche quando si divertiva sulla
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piazzetta o usciva per qualche servizietto, non si stancava di
guardarlo e di seguirlo con lo sguardo ovunque si recasse o si
volgesse.
L’unico dispiacere che per lui sentiva, era quando gli doveva
negare i denari per non abituarlo spendereccio e per non vederlo
sperperare inutilmente.
Lo avrebbe divorato con i baci e con gli occhi tanto lo amava.
Lo studente
Ricevette i primi rudimenti scolastici dalla signora Perugino,
la quale ricorda ancora a precocità dell’ingegno e le genialissime
bricconerie infantili di Aldo, quando ne parla si esilara di
compiacenza.
Frequentò le scuole elementari nell’edificio “Gian Battista
Perasso”, dove ebbe come insegnante il professor Ugo Galasso,
il quale ricorda con piacere il vivacissimo e intelligentissimo
Aldo.
A causa degli avvenuti trasferimenti del padre militare, anche
le scuole dovettero subire la medesima sorte.
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Del resto, i frequenti cambiamenti, s’intonavano mirabilmente
col carattere di Aldo, desideroso sempre di nuove impressioni
che influirono non poco nelle vicende dei suoi studi.
Nel Gennaio del 1930 dovette continuare la quinta classe
elementare a Pallanza, dove, conseguita la licenza elementare, si
iscrisse alle “Scuole Industriali” e poi a quelle “Commerciali”,
che sulle prime trovò di suo maggiore gradimento.
Lo ritroviamo poi a Lecce, a Trieste, a Reggio Calabria, quindi
a Napoli, a Matera, con sempre dietro i passi del padre che
amava immensamente.
Dall’Istituto Commerciale fece passaggio al Liceo Scientifico
trovandosi allora a Reggio Calabria, preparandosi
simultaneamente alla licenza magistrale.
Superati gli esami liceali, si licenzia dai professori e dai
compagni, per iscriversi al “Regio Istituto Orientale di Scienze
Coloniali” di Napoli, che frequentò per il primo anno.
Aldo, imbevuto dei “sentimenti dell’Asse” e pieno di
entusiasmo per l’unione dell’Italia alla Germania nella grande
guerra di assestamento europeo, ebbe una passione singolare per
la lingua tedesca, che studiò con particolare tenacia, giungendo a
parlarla speditamente senza errori.
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Chi sa cosa rimurginava nella sua mente sempre tumultuosa.
Fuoco di preparazione
Aldo provava una contentezza incontenibile nell’indossare
la divisa delle organizzazioni giovanili del partito, con quella
indosso, gli pareva di essere un autentico combattente…e con
che serietà montava la guardia ed eseguiva gli altri esercizi.
Iscritto fin da piccolo ai simpatici “Lupetti”, passò di grado
in grado fino a raggiungere la bramata “Camicia nera”.
Con quest’entusiasmo, non è un caso se lo ritroviamo
sempre pronto alle adunate, alle istruzioni, alle passeggiate, alle
gare e tra i primi a corrispondere agli inviti dei “campeggi” di
Roma.
Si faceva ammirare per lo spirito di disciplina e di
attaccamento al dovere, quasi fosse uomo provetto; bastava
dargli un comando per vederlo letteralmente volare.
Il padre, fra le belle qualità militari, poteva vantare anche
quella di essere ottimo tiratore di pistola, per questa ragione,
aveva anche ottenuto il relativo brevetto di “Campione e tiratore
scelto”.
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Un bel giorno, scherzando con Aldo, disse: ”Perché non
frequenti anche tu le istruzioni del Tiro a segno?” Ed egli
rispose subito: ”Per non farti scomparire”.
Si mise subito alla prova, e poco tempo dopo,
effettivamente, aveva superato la capacità del padre, come ne
fanno fede i diplomi e le medaglie d’oro vinte nelle gare tenutesi
a Reggio Calabria.
Aveva al tempo 16 anni.
Bollori di guerra
Nel Giugno del 1935 il padre, ardente squadrista, inoltrò
domanda per essere arruolato tra i volontari combattenti in
Africa Orientale.
Dopo aver atteso alcuni mesi, venne infine chiamato, e
salutata affettuosamente la sposa e baciato ripetutamente il suo
caro Aldo, il 12 Settembre 1935 partì in qualità di “Aiutante
Maggiore” di una Legione mobilitata nella III Divisione C.C.
N.N.
Questo distacco tracciò un solco profondo e incancellabile
nell’animo battagliero del figlio.
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Quante volte scrisse al padre lontano invidiandolo nella sua
sorte…quante volte espresse il desiderio di seguirlo…
Non c’era cosa che potesse distrarlo, l’idea di seguire il
padre lo aveva ossessionato.
Aldo aveva solo 15 anni e a questa tenera e irriflessiva età,
meditò di fuggire clandestinamente per salpare in mare e
mettersi al fianco del padre in guerra…
Più volte tentò la fuga ed altrettante venne ripreso e
trattenuto.
Simpatia per l’Aeronautica
Anima ardente e irrequieta, amante dell’avventura e delle
forti emozioni, sprezzante delle minacce e dei pericoli, Aldo
sentì impellente l’attrazione verso il corpo aereonautico;
volare…volare e sorprendere il nemico…ecco l’ideale che tanto
accarezzò e che mille volte sognò.
Parlando di quest’argomento si elettrizzava e si esaltava.
Per coronare i suoi desideri, avanzò domanda per Ufficiale
Pilota, ma non potè essere accettata poiché egli era già iscritto al
155° Battaglione C.C.N.N.
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Tentò di entrare nei paracadutisti, e senza perder tempo,
fece la domanda sperando di esser almeno accolto fra questo
stuolo di audaci.
Nel frattempo subì la visita medica, alla quale risultò
idoneo, ma, aspetta aspetta, l’arruolamento non arrivò e il
povero Aldo ne resto dolorosamente deluso.
Nella ridda delle sue aspirazioni verso la Patria, fece
persino la domanda per essere “Ufficiale Metereologo”, per
seguire nello spazio l’aereo che tanto lo entusiasmava; ma anche
questa domanda restò vana.
Chissà cosa gli frullava per la vulcanica mente…quali mete
si era prefisso…quali orizzonti lo attiravano…mistero!
Profeta per burla?
Il nonno, con amoroso vezzeggiativo, fu solito, come detto,
chiamare il nipotino sin dalla nascita “il Battaglione”, ad
esprimere la bella e perfetta visione del corpicino, in seguito
conservò il vezzeggiativo ad esprimere la vivacità del fanciullo,
pieno di movimento, di scatti, di graziosissime trovate infantili
di vita!
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In questo senso, era un soprannome che gli calzava
perfettamente.
Il nomignolo dato senz’altra riflessione, trovò esatta
corrispondenza nel seguente episodio riferito dalla madre…
Aldo spesso soleva dire alla mamma per farla certo
sorridere: ”Voi in casa non mi calcolate per nulla…mi stimate e
mi trattate sempre come un bambino, quasi fossi come i miei
fratellini che mi sono inferiori di ben 11, 12 e 14 anni!!!
Intanto vi dico che verrà un giorno in cui molti parleranno di
me…e fin da ora – stai attenta mamma – mi sembra di vederti
salire l’Altare della Patria per ricevere dalle mani del Duce la
medaglia d’oro al valor militare, che io mi sarò conquistata!”
La madre, naturalmente, non poteva né voleva udire simili
discorsi che risuonavano alle sue orecchie come tante
smargiassate di una testa puerile; ma il fanciullo tra l’ingegnoso
e il maliziosetto, ripeteva con tono affermativo: ”vedrai, vedrai
se dico la verità”.
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Il giovane Aldo
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Il volontario
La famiglia si trovava a Matera ed il padre, Comandante di
quella Legione M.V.S.N.
Suonò la tromba e venne la mobilitazione del 155°
Battaglione C.C.N.N. di Matera.
Non ci volle altro; era tanto che Aldo la invocava ed in
questa circostanza, oramai, era sicuro di esser arruolato nelle file
dei valorosi combattenti.
Ma, ahimè, anche questa volta ne resto deluso.
Delusione amarissima perché non aveva raggiunto l’età
prescritta dai regolamenti.
Aldo divenne irrequieto, quasi nervoso; non c’era parola
capace di consolarlo…voleva partire assolutamente, voleva
battersi col nemico, voleva ricoprirsi di gloria.
E negli sfoghi irruenti, pretendeva che il padre si
adoperasse in ogni modo per appoggiarlo.
S’interposero allora la mamma, i parenti e gli amici; gli fu
prospettata la condizione della famiglia giovanissima, composta
da 3 fratelli di tenera età, l’affetto dei genitori, gli studi non
ancora terminati, insomma, una quantità di ragioni che
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sarebbero bastate a calmare un carattere normale, ma non quello
ardente e impetuoso di Aldo. Voleva partire senza sentire
ragioni.
In un momento di maggiore accoramento, ebbe perfino il
coraggio di dire al padre: ”Quando tu partisti per l’Africa
Orientale non avesti tutti questi riguardi; io avevo 15 anni,
Maria Rita (la sorellina) ne aveva 4, Italo (il fratellino) ne aveva
3 e Gino (il più piccolo) ne aveva solo 1; eppure tu mi lasciasti,
lasciasti la mamma, lasciasti tutti e andasti a combattere.
Perché, dunque, non posso andarci io che non ho la
responsabilità di una famiglia?”
L’argomento era stringente.
Un giorno, quando nessuno più se lo aspettava, Aldo tutto
giulivo in volto, si presentò al padre con un plico di documenti
pronti per l’ammissione nel Battaglione mobilitato, dicendogli :”
Ecco qui, tutto è pronto…adesso tocca a te farmi partire; nella
tua qualità di Comandante della Legione, prendi i documenti,
esaminali e inquadrami tra i combattenti!”
Malizia giovanile…
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I documenti erano stati compilati in modo tale che l’età
corrispondesse perfettamente a quella richiesta per
l’ammissione. Grave e doloroso imbarazzo per il padre.
La Lettera autografa di Aldo a Mussolini
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L’ostacolo del dolore
Durante gli impeti di questi furori bellici, intervenne la
visita sgradita del dolore che gettò una ventata gelida nell’anima
calorosa di Aldo che assopì momentaneamente la fiamma
irreprimibile dei nuovi fremiti.
Nel Settembre del 1939, la madre, tanto buona ed
affettuosa, fu colpita da una gravissima malattia, che la costrinse
al ricovero d’urgenza in una clinica di Napoli.
Nei tre mesi di degenza, Aldo non si staccò un istante dal
capezzale della madre adorata; l’assistette come una suora di
carità, o meglio, come un vecchio e premuroso infermiere.
Certamente, i tre mesi gli parvero tre lunghissimi anni.
Alle cure materiali, seppe associare ancora quelle spirituali
e morali; allorquando percepiva un abbattimento psicologico e
uno sconforto della madre, Aldo, figlio amoroso, sicuro nella
sua fede di cristiano convinto e nella più sicura benedicenza di
Dio, ripeteva serenamente: ”Stai tranquilla mamma,
guarirai…starai bene e vivremo felici ancora per mille anni.
E al padre, triste e sconfortato: ”Non dubitare…la mamma
si salverà…! Starà benone e ritornerà più florida di prima”.
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Fu profeta; le sue parole ebbero completo avvera mento.
La mamma si ristabilì perfettamente e ritornò forte e
robusta.
Il trionfo
Il Novembre del 1940 fu, per Aldo, foriero del più grande
trionfo…trionfo delle sue aspirazioni, trionfo dei suoi sogni,
trionfo dei suoi studi, trionfo dei suoi sospiri, trionfo della sua
virtù, trionfo della sua vita…trionfo di tutto ciò che di più bello
e di più santo aveva accarezzato e bramato da anni.
Il 14 di quel mese auspicato, ebbe dal padre il consenso di
potersi arruolare tra i partenti del Battaglione mobilitato.
Nessuno potrà mai ridire quale e quanta fosse stata la gioia
che lo pervase…pareva fuori di sé.
La sua felicità aveva raggiunto il culmine; più in là non
poteva andare.
Con i compagni e con i nuovi commilitoni non faceva che
esprimersi in manifestazioni di esultanza, in previsioni dorate, in
futuri eroismi, in glorie patrie, in vittorie gloriose, in
annientamenti del nemico.
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In quel frangente, per lui, era tutto oro…tutto facile, ricco
di soddisfazioni insperate.
Ogni giorno, ad ogni ora, tendeva l’orecchio, sfogliava
giornali, osservava bollettini, domandava fino a rendersi
importuno, per sapere quando il Battaglione da Matera sarebbe
partito. Il padre, prudentemente taceva…
Un giorno, memorabile, aveva avuto assicurazioni della
partenza del Battaglione, Aldo corse ed entrò in casa…trovò i
genitori profondamente mesti; con voce ferma e convinta, che
aveva del calmo e del furioso, del serio e del lieto, del tragico e
del comico, disse: ”Questa sera il Battaglione parte…o mi fate
partire con le buone, o altrimenti vi darò un dispiacere più
forte…partirò per forza e non avrete più notizie di me”.
Il perentorio era terribile per il cuore dei genitori…dalla
bocca di Aldo non si era mai sentito un linguaggio simile.
Se i genitori si dimostravano ancora un po’ titubanti nel
rassegnarsi e dargli la benedizione, era soltanto per la giovane
età di Aldo, che era il loro amore più grande, racchiudeva le più
belle speranze della casa e aveva ancora bisogno di formarsi e
divenire uomo.
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E forse quella mestizia che sfiorava i loro volti, era
semplicemente affetto profondo e misterioso presentimento che
agitava i meandri della loro mente e dei loro cuori.
L’addio
Ai genitori non restò altra scelta che annuire e benedire il
figlio e fu un miracolo se, in quel momento, i loro cuori non si
fermarono.
La madre commossa, lo abbracciò, lo baciò ripetutamente
con voluttà materna e si ritirò in segreto.per dar libero sfogo alle
lacrime.
Il padre, più forte, sebbene intimamente commosso seguito
dal nonno e dagli altri figlioletti, accompagnò Aldo alla
stazione.
L’ardente volontario vestiva il grigio-verde ed era
equipaggiato da combattente di linea.
Sembrava il ritratto dell’autentico Legionario Romano e
dagli occhi esprimeva gioia mista a commozione.
Tutte le autorità erano convenute alla stazione per salutare i
valorosi partenti; le “Giovani Fasciste” si adoperarono per
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legare al collo di quella primavera italiana i caratteristici
fazzoletti; la folla acclamava entusiasticamente, le mamme e le
sorelle più sensibili, piangevano tutti, salutavano fascisticamente
o col cappello in mano.
Aldo, il più giovane fra tutti, si dimostrò imperterrito, ma si
commosse anch’egli quando abbracciò il padre…strinse e baciò
ad uno ad uno i fratellini…fu un momento molto emozionante.
Quindi, come se nulla fosse, salì sul treno per veder meglio
e salutare a destra e a sinistra i vicini e i più lontani, tutti con
affettuosa espansione.
Lanciò uno sguardo verso la casa che allora abitava, e dove
aveva lasciato la mamma, e…combinazione…i suoi occhi
s’incontrarono con quelli del suo tesoro…
La sua mamma non aveva lasciato un solo momento la
finestra da dove si vedeva partire il treno.
Cosa si dissero con quello sguardo…il cuore parla…parla
attraverso gli occhi e dice tante cose in una lingua difficile da
tradurre a parole…
Quello sguardo della mamma al figlio era un linguaggio
denso di mistero.
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All’apparenza, la tenera mamma sorrideva e salutava di
compiacenza, mentre in fondo all’animo sorbiva il calice della
sua passione e sentiva un vuoto…il vuoto di quella solitudine
che mai e nulla avrebbe mai potuto riempire.
Il treno fischiò, sbuffò, inizio a muoversi e a prender
velocità, poi si perse di vista e sparì…con Aldo.
Il beniamino
Se Aldo fu il beniamino di famiglia, lo divenne anche del
Battaglione; la ragione era dovuta al suo carattere aperto e
piacevole ed alla sua giovinezza eccezionale nelle file dei
camerati: il profilo del suo volto, l’ingenuità dei suoi scherzi e
l’innocenza delle sue mosse cooperarono a renderlo sempre più
simpatico a tutti. Ed a queste qualità andavano aggiunte anche
la prontezza nell’obbedire, il rispetto che portava a colleghi e
superiori, l’amore e l’attaccamento al dovere fino al sacrificio,
che fecero presto sì che tutti conoscessero e amassero Aldo e
vollero esser suoi amici.
Il Sig. Prefetto di Matera, convenuto anch’egli alla stazione
per salutare i partenti, nel vedere il giovanissimo volontario,
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circondato e complimentato a preferenza dagli altri, volle
domandare: ”Chi è quel giovanotto a cui fanno singolarissima
festa?”
Il padre, che era presente, rispose subito: ” E’ mio figlio…il
più giovane dei combattenti”.
E con giustificato orgoglio paterno, lo presentò al Sig.
Prefetto, il quale molto gentilmente lo accarezzò.
Il treno, da Matera, doveva condurre il Battaglione a
Brindisi per riunirsi agli altri camerati scelti dalla 153esima
Legione Salentina; il padre, nonostante gli amplessi e i baci dati
ad Aldo alla stazione di Matera, non volle abbandonare il figlio
un solo momento; era il suo prediletto, il “suo beniamino”, e se
sempre lo aveva amato, molto più allora si sentiva struggere
d’affetto per lui.
Mentre la locomotiva procedeva e sbuffava sprigionando
colonne dense di fumo, il padre seguiva Aldo in automobile,
perseguendo la strada che per lunghi tratti costeggiava la
ferrovia.
Di tanto in tanto, gli occhi dell’uno s’incontravano con gli
occhi dell’altro e i saluti e i sorrisi fioccavano senza posa; erano
2 cuori fusi insieme che palpitavano all’unisono.
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Il cuore del padre era nel cuore del figlio e il cuore del
figlio era nel cuore del padre.
A Brindisi, Aldo ritrovò i parenti e gli amici d’infanzia che
non si stancavano di complimentarlo ed ammirarlo nella nuova
divisa di combattente.
Le domande gli piovevano addosso da ogni parte: ”tu
combattente?...così giovane?...quanti anni hai?...e ti hanno
preso?”
Ed egli gentilmente: ”Sicuro!...non importa se sono
giovane!...combatterò anch’io!...vedrete cosa saprò fare!...Non
ritoenerò se non mi sarò guadagnato una medaglia d’oro!”
Con le sue risposte, semplici e risolute, accompagnate da
una dolce bonarietà giovanile, si rendeva piacevole e si
guadagnava l’ammirazione e l’amore di tutti, giustificando
sempre più l’affermazione del titolo di “beniamino” .
In questa sua città natale, quanti ricordi gli si affollarono
nella mente…in quella casetta dove apri gli occhi alla luce del
sole…in quella piazzetta…in quei vicoletti…con quei compagni
vivaci e sbarazzini…
33
Ma Aldo, oramai, non era più il medesimo; altri pensieri lo
preoccupavano…ora, era un combattente, vestiva la divisa e
doveva portarla con decoro e gravità.
Il padre, conosciutissimo e stimatissimo, aveva disposto le
cose in modo da trascorrere il giorno e la notte insieme meno
disagiatamente; e di fatti, di buon accordo coi superiori, padre e
figlio passarono le ore libere del giorno e della notte sempre
uniti, come due corpi in una sola anima.
Aldo era intimamente orgoglioso di avere un padre
superiore, Maggiore delle C.C.N.N. e meritatamente decorato.
Ed il padre a sua volta, era intimamente orgoglioso di aver
un figlio così giovane che con tanto entusiasmo si donava alla
Patria.
La gloria e l’onore si scambiavano vicendevolmente.
Aldo, idolo nel cuore del padre, e il padre, idolo nel cuore
del figlio.
Le ultime ore
La partenza definitiva per il fronte, era stata fissata per il 2
Dicembre, non via mare, ma per via aerea.
34
Nulla di più bello e più suggestivo si poteva immaginare
per Aldo…In aereoplano! Pareva un sogno!
Era proprio quello che ci voleva per le sue aspirazioni, non
bramava altro che giungere quanto prima sul campo di
combattimento, e l’aereoplano era veramente il veicolo più
consono.
Nel frattempo, già due scaglioni di CC.NN. erano
partiti…già volavano…già attraversavano il mare…già
intravedevano il profilo di altre terre, di altri mondi, di altro
cielo.
Adesso toccava ad Aldo.
Il 3° scaglione, il 3° aereoplano, attendeva Aldo…momento
di commozione indicibile…l’ultimo abbraccio del padre,
l’ultimo bacio, l’ultimo addio…poi il distacco e quindi in
carlinga.
Il motore rumoreggiò, le eliche volteggiarono rapidamente,
si tolsero i freni e l’aereo si sollevò…roteò basso…prese
quota…divorò lo spazio…e tutto svanì nell’aria…senza
traccia…senza memoria.
Aldo era volato…sparito per non più ritornare.
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La meta
Il fronte greco-albanese…fronte duro, aspro, sanguinoso.
Montagne scoscese, dirupate, inaccessibili, picchi e
precipizi spaventosi, cordigliere strane, sassose, irregolari, rare
selve alberate, pochissimi rifugi naturali, gole strettissime e
insidiose, valli anguste dense di pericoli, abitanti ostili e
diffidenti, alture munite di formidabili difese, sinuosità e antri
che si prestavano perfettamente ad agguati, transiti accidentali e
traditori, torrenti liberi, improvvisi e scroscianti e mille altre
difficoltà logistiche.
Le nevicate lunghe, insistenti, abbondanti e frequenti che
avevano ricoperto le cime di quei monti, avevano anche
nascosto le vallate, i precipizi, gli abissi, i dislivelli, le rocce,
ruscelletti e torrenti; rarissime erano le vie di comunicazione,
più che altro sostituite da mulattiere e sentieri stretti, sassosi,
impraticabili per l’uomo, appena accessibili al passaggio dei
muli, delle capre e degli armenti in genere.
Stagione eccezionalmente rigida, senza poterla stemperare
con fiamme, indumenti sufficienti o da altri ausilii, poiché quella
36
zona di operazioni era completamente sprovvista di ogni
naturale e ragionevole comodità.
Alla neve, si unirono le piogge continue, gravi, noiose,
notturne e diurne, che spesso si tramutavano in veri diluvi e
trasformavano i paesaggi, le gole, le piccole valli, le pianure in
stagni e pozze di fango.
Il valoroso Battaglione, appena arrivato, dovette prendere
immediatamente posizione di difesa, al fianco degli altri che
l’avevano preceduto contro i nemico, il nemico greco…accanito,
deciso, agguerrito, che si era trincerato validamente in tutti gli
appostamenti più vantaggiosi e militarmente strategici.
Ma i prodi combattenti tennero forte; la loro tenacia eroica
fu leggendaria; nulla valse a smuoverli.
Ripeterono continuamente il fatidico grido: ”Da qui non si
passa!”.
E il nemico non passò.
Venuta la migliore stagione, il nemico fu sgominato.
Aldo, il nostro Aldo, era lì, sotto quel cielo, in quella terra,
davanti a quel nemico.
“…lo vidi!”, scrisse l’amico fedele…
“…lo videro!”, dissero molti altri amici fedelissimi.
37
La lotta infuriava sempre più accanitamente; il nemico,
protetto dalle anfrattuosità, si avvicinava con ferocia e
minacciava di sopraffarre la debole resistenza…Aldo, ardente
come un leone cui era contesa la preda…
“…lo vidi!”, con la forza del ventenne e con la precisione
del tiratore scelto, lanciare bombe a destra e a sinistra,
trascinando ed entusiasmando i compagni nel seguirlo.
Il tascapane convertito in faretra si era svuotato; Aldo corse
al rifornimento e lo riempì; “…lo vidi!” il tascapane
nuovamente svuotato e lui corse ancora a riempirlo, e, non
contento, si caricò le tasche della giacca e dei pantaloni, altre le
strinse tra le dita nervose e via!
A sfidare faccia a faccia il nemico, a snidarlo dai
nascondigli.
Il Comandante ed i compagni lo ammonirono…”non
azzardare e non esporti troppo…” ma, “lo vidi!”, Aldo non si
frenò e acceso di furore bellico rispose: ”no, no, lasciatemi fare,
il nemico bisogna affrontarlo e batterlo guardandolo in faccia!”
e riprese senza tregua il lancio distruttore.
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Morti e feriti gli cadevano davanti e intorno senza
numero…grida e lamenti si confondevano con lo scoppio degli
ordigni…ma Aldo non si arrestò…
L’ultima bomba
L’amico, gli amici, videro improvvisamente il giovane eroe
cadere per terra, gravemente colpito e grondante di sangue dallo
squarcio della ferita aperta tra il fianco e l’addome…
Sebbene sotto la furia infernale del combattimento, sotto
l’incessante grandine di proiettili, si tentò di portargli soccorso;
ma come fare? Cosa si aveva a disposizione in quel momento?
In quel luogo?
Si mancava di tutto, meno che di ferrea volontà e di affetto
verso lo sfortunato…
L’amico, fedele fino alla morte, fece quello che potè fare;
lo assistette amorevolmente, gli tamponò alla meglio la ferita, lo
incoraggiò, lo sollevò, improvvisò un cuscino, un
capezzale…ma tutto fu inutile.
La ferita era troppo profonda, l’uscita del sangue troppo
violenta per impedire l’irreparabile.
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Fu trasportato amorosamente al di là del fiume in luogo più
sicuro, nella speranza che qualcuno lo raccogliesse e conducesse
al primo posto di medicazione…Aldo parlava ancora…il fremito
della lotta gli bolliva ancora nelle vene…il suo spirito era
sempre quello…e a stento, con un filo di voce, raccomandava
“Coraggio! Forza! Bisogna vincere!”, e mentre lo sguardo si
fissava in un punto e l’occhio si velava tenuamente, si udiva
ripetere: ”Avanti!!!... in nome del Duce…Viva l’Italia!!!... mio
Dio aiutatemi!...”, la parola gli venne meno in gola…si abbattè
su se stesso e piegò la bella testa per sempre…il moschetto gli
cadde di mano…l’ultima bomba giacque ai suoi
piedi…impallidì…un ultimo respiro…Aldo era morto…
La mischia infuriava ancora, il terreno era conteso palmo a
palmo e il compagno, i compagni, si rimisero in ordine, tutti
ripresero il proprio fucile, il tascapane, le bombe a mano…e la
lotta continuò ancora fino a notte avanzata.
Aldo giaceva a terra freddo cadavere…
Al primo ritaglio di tempo, il fedele amico, che raccolse gli
ultimi aneliti di Aldo, scrisse alla famiglia notificando e
descrivendo l’eroica fine…
Era il 9 Gennaio del 1941.
40
Il Comandante diretto, Capomanipolo Giuseppe Padula,
presente alla tristissima scena, volle anch’egli partecipare nel
dare alla famiglia la dolorosissima notizia, concludendo col
grido: ” Noi vendicheremo la morte di Aldo!!!”
Conferimento al Padre di Aldo da parte di Benito Mussolini
della medaglia d’oro al valor militare
41
Motivazione della medaglia d’oro al valor militare
Studente universitario, esente da obblighi militari, volontario in un
battaglione CC.NN., in ogni contingenza dimostrava in terra albanese
fervido ardore di combattente, incrollabile fede, indomito valore.
Sottraendosi ad incarichi speciali ai quali era stato comandato, per
partecipare alla lotta, durante aspro combattimento, mentre il
nemico, con forze preponderanti, premeva su di un fianco del
battaglione ed il fuoco intenso mieteva tra le nostre file numerose
vittime, si slanciava dalla trincea, solo, col tascapane pieno di bombe.
Esauritele e rientrato illeso nelle linee, rifornitosi di bombe sotto
fuoco micidiale, tornava di nuovo ad affrontare il nemico
sopraggiungente. Noncarante di ogni avvertimento, ritto sulla trincea
e nel supremo sprezzo del pericolo incombente, faceva strage con le
sue bombe sinche’, investito da una raffica, cadeva colpito a morte.
Consapevole della fine imminente, rifiutava ogni soccorso per non
sottrarre uomini alla lotta. Negli ultimi istanti incitava i compagni a
resistere per mantenere la posizione, rivolgendo il suo pensiero alla
Patria e al Duce. Fulgida espressione della giovinezza italica ed
esempio superbo di leggendario ardimento. Zona di Klisura -
Caposaldo 25 (fronte greco), 9 gennaio 1941.
42
43
ALCUNE LETTERE DAL FRONTE
INVIATE DA ALDO
ALLA FAMIGLIA ED AI PARENTI
44
Babiza, 04.12.1940 - XIX
Carissimo papà,
salute ottima, morale altissimo, non stare in pensiero.
Baci a tutti.
Aldo.
________
07.12.1940 – XIX
Carissimi papà e mamma,
io sto bene, il morale è sempre alto.
Qui tutti mi vogliono bene.
Saluti e baci a tutti
Aldo.
45
09.12.1940 – XIX
Carissimi,
non so se avete ricevuto le mie cartoline in cui vi dicevo di
essere in ottimo stato di salute.
La vita militare è molto bella, i sacrifici si sostengono con
molto orgoglio. I camerati tutti, specialmente Torchitti e
Locantore, si preoccupano per me come se fossi un loro figlio.
Siamo continuamente in movimento e vi posso assicurare
che le parole del Duce si avvereranno al più presto.
Lo spirito di abnegazione da parte di tutte le truppe operanti
è veramente sorprendente. Esorto i miei fratelli per l’avvenire ad
essere disciplinati e fieri di essere italiani.
Ma italiano, vero italiano, è colui che sa sacrificare anche
se stesso per raggiungere un ideale prefissosi.
Mi hanno detto che qui, forse, si trova zio Augusto; se avrò
occasione, lo farò avvertire. Tutto il 1° Reggimento è qui. Non
ho potuto vedere nessuno di Brindisi.
Non so cos’altro dirvi.
Baci a tutti.
Aldo.
(Posta militare 72/A – 155° Btg CC.NN.)
46
11.12 1940 – XIX
Carissimi,
mandatemi vostre notizie…la mia salute è ottima.
Salutatemi tutti perché non ho tempo per scrivere.
Bacioni a tutti voi.
Aldo.
___________
18.12.1940 – XIX
Carissimi,
spero abbiate ricevuto le mie certoline.
Qui stiamo, secondo i comunicati, aspettando molti
rinforzi, in modo da fare indietreggiare questi vigliacchi.
Io ho scritto al Ministro della Guerra in cerca per mezzo del
Federale, che mi saluterai, di fare qualcosa per farmi assumere
in forza regolarmente.
Avevo sentito dire che c’era zio Augusto, ma non ne ho
saputo più niente. Se la posta vi arriva ogni tanto, non state in
pensiero.
Baci a tutti
Aldo.
47
19.12.1940 – XIX
Carissimi,
continuando il mio pellegrinaggio, sono riuscito a trovare il
marito di Nena, la quale si trova in un altro paese.
Sono stato suo ospite e mi ha trattato veramente bene.
Fra poco riparto.
Tanti baci a tutti.
Aldo.
___________
Z.O. 22.12.1940 – XIX
Carissimo papà,
mi trovo a Berat di passaggio dove ho potuto incontrare
all’ospedale il S.T. Meragno, ammalato, insiema al quale ti invìo
gli auguri per il Santo Natale.
Bacioni.
Aldo.
48
Z.O. 22.12.1940 – XIX
Carissima mamma,
non stare in pensiero, sto molto bene,
Scriverò quando posso.
Auguri per Natale a tutti voi, vi abbraccio.
Aff.mo Aldo.
___________
Z.O. 27.12.1940 – XIX
Carissimi,
ho ricevuto una lettera di papà del 16, e sono contento che
stiate tutti bene. Posso assicurarvi altrettanto di me.
Qui c’è un nuovo Comandante, un certo Bassaneve.
Vi è anche il Console Generale Marino Marini, ufficiale di
collegamento all’ VIII° Corpo d’Armata.
La posta inviata al 75/A non mi è stato ancora possibile
rintracciarla.
Ho scritto a tutti, spero abbiano ricevuto le mie cartoline.
Quando scrivete, mandate per via aerea.
Vi abbraccio tutti.
Aff.mo Aldo.
49
Z.O. 27.12.1940 – XIX
Carissimi mamma e papà,
spero stiate ricevendo spesso notizie di me, visto che vi scrio
sempre.
Non state in pensiero se, qualche volta, ritardo nello scrivere.
Scrivetemi per via aerea.
Auguri per il nuovo anno.
Baci a Maria, Italo, Gino, il nonno e a voi un forte abbraccio.
Aff.mo Aldo.
______________
Z.O. 29.12.1940 – XIX
Carissimi mamma e papà,
spero di potervi mandare giornalmente notizie.
La posta 75/A non è stato possibile rintracciarla.
Spero stiate tutti bene.
Ho scritto a tutti così non si lamenterà nessuno.
50
Auguri nuovamente per un buon anno.
Bacioni a Maria, Italo, Gino, al nonno e a voi tanti
abbracci e baci vostro aff.mo Aldo.
Forse mi hanno assegnato presso il Generale Marini
all’VIII° Corpo d’Armata.
Aff.mo Aldo.
_____________
Z.O. 30.12.1940 – XIX
Carissimi papà e mamma,
tanti bacioni a tutti dal vostro aff.mo Aldo.
Mandatemi la posta per via aerea e ditemi quanto ci
impiega la mia.
Baci
Aldo.
51
02.01.1941 – XIX
Carissimi mamma e papà,
ho ricevuto vostra posta del 17 e 20 u.s.
Mi meraviglio come mai non vi arrivi la mia.
Scrivo quasi tutti i giorni.
Ad ogni modo, non state in pensiero.
Ringrazio Maria per le belle parole.
La lettera di Italo non l’ho ricevuta.
Noi facciamo parte dell’11° Armata – VIII° corpo
d’Armata – Divisione Bari.
Tanti baci a Maria, Italo, Gino, il nonno e a voi tanti
abbracci
Saluti a….
Aff.mo Aldo.
52
03.01.1941 - XIX
Carissimo papà,
Sono di passaggio da Berat.
Il Generale Marino mi ha mandato per servizio….
Ho ricevuto vostra posta e mi meraviglio come non riceviate
la mia.
Lascio per far scrivere a Camarda che ho incontrato e dal
quale mi son fatto prestare questa cartolina.
Vi bacio.
Aldo.
____________
05.01.1941 – XIX
Carissima mamma,
ho ricevuto una tua lettera del 17 del mese scorso. Ti
ringrazio.
Io ti scrivo quasi ogni giorno.
Voi scrivete per via aerea.
Ieri sono stato a Berat.
53
Assicura al Mario di Nena; anzi, scrivetegli (Rulli Buran –
Caffè Savoia – Berat).
Tanti baci a tutti
Aldo.
____________
05.01.1941 – XIX
Carissimo papà,
ho ricevuto diverse tue lettere e ti ringrazio di tutto.
Però non hai ancora risposto crca la mia posizione.
Io ho scritto al Generale Pertoldi al Ministero della guerra,
ma nessuna risposta mi è pervenuta.
Ti prego d’interessarti un pò tu presso il Comando Generale
della Milizia, al quale scriverò anch’io, o presso il Ministero
della Guerra, per avere l’autorizzazione di far parte del
Battaglione.
Interessati anche per la mia tessera del G.U.F.
Ti bacio unito agli altri di casa.
Vostro aff.mo Aldo.
54
06.01.1941 – XIX
Carissimi,
state ricevendo la mia posta?
Io ho ricevuto molte vostre lettere e cartoline.
Tanti baci a Maria, Italo, Gino, il nonno e a voi tanti
abbracci.
Aff.mo Aldo.
____________
07.01.1941 – XIX
Carissimo nonno,
Non ti arrabbiare se non ti scrivo personalmente, ma ogni
volta ti mando i miei saluti assieme a quelli di casa.
Baciami la mamma, papà, Maria, Italo, Gino e a te tanti
abbracci.
Aff.mo Aldo.
55
07.01.1941 – XIX
Egregio Maggiore,
Vi giunga gradito il mio saluto alla vigilia della vittoria.
C.U. Spagnolo Aldo.
_____________
08.01.1941 – XIX
Ti abbraccio unito agli altri di casa.
Aff.mo Aldo.
P.S. Ti scriverò ogni giorno, ma poco.
Tu scrivimi che mi fa tanto piacere.
Bacioni
_____________
09.01.1941 – XIX
Carissimi,
tanti bacioni e abbracci a tutti.
Aff.mo Aldo.
56
Il tramonto
L’ultima lettera è del 9 gennaio 1941, con la quale esprime
ancora una volta i suoi immutati sentimenti chiamandosi alla
vigilia della vittoria…
Chiude poi la corrispondenza con abbracci e baci alla
famiglia…poi tutto finisce…
La penna di Aldo si fermò per sempre…il suo cuore cessò
di palpitare…il suo entusiasmo si spense nel silenzio della
morte.
Lo rievoco caduto in terra tra i sassi, il ghiaccio e la neve,
con lo sguardo ancora vivo rivolto alla Patria lontana…coronata
di gloria…cinta di eroi!
Il sangue usciva a fiotti dalla ferita aperta…sarebbe stato
provvidenziale un soccorso, ma non era possibile…
La lotta ferveva, i compagni impegnati coi nemici nel corpo
a corpo…i proiettili grandinavano…i cannoni tuonavano senza
riposo…come il crepitìo delle mitraglie…
Povero Aldo!
57
Pensò al genitori, ai fratellini, ai parenti, agli amici…
ricordò le cose più care e poi…Addio! Addio! Addio per
sempre…
“Viva il Duce! Viva l’Italia!...Mio Dio aiutatemi…”
Aldo era morto.
I monti coronati di neve, gli arbusti spogli dalla stagione
invernale, le pozzanghere ghiacciate, la terra umida e fangosa,
qualche filo d’erba, qualche sasso, furono il suo letto di morte, il
suo capezzale, la sua coltre, la sua bara!
Passata la raffica, una mano pietosa sarebbe venuta a dargli
sepoltura sotto la terra insanguinata.
Il suo corpo leso e mutilato si perderà di vista, ma il suo
spirito vivrà ed aleggerà sulla trincea, sui campi, nei cuori e
nella memoria di tutti!
La Patria inciderà il suo nome sui marmi e sugli ipogei, sui
vessilli e sulle bandiere, nel libro d’oro di chi ha dato il sangue,
la vita, la gioventù.
“Gli eroi non si piangono…si imitano!!!”
58
Lo spirito di Aldo
Nel constatare l’incertezza del suo arruolamento, quando per
una ragione e quando per un’altra, e temendo di non essere
appagato come a quel tempo avrebbe desiderato, scrisse
direttamente e segretamente al Duce.
La lettera è tutta pervasa da uno spirito profondamente
eroico, che fa pensare agli eroi leggendari.
Dalla prima all’ultima sillaba, alita lo spirito di sacrificio,
di attaccamento alla Patria, di slancio giovanile, di fuoco
studentesco, della santità della causa, di sicurezza nella vittoria,
di dedizione incondizionata al Duce.
La lettera è in data 24 settembre 1940, ossia due mesi prima
di partire per il fronte.
In questa luminosa visione tutto energicamente disprezza,
gioventù, studi, professione, avvenire, pur di servire la Patria,
sbaragliare il nemico ed aprire gli orizzonti di una nuova Italia e
di una nuova Europa.
Tutto in lui e per lui deve servire al raggiungimento di
questo fine.
59
E quand’anche fosse stato travolto dalle raffiche della
morte, dice, anche le sue ceneri avrebbero dovuto continuare a
perseguire il fine.
Sarà iperbole? Esagerazione? Esaltazione? Incoscienza?
Questo pensiero ardito oltre ogni aspettativa, talvolta dai
compagni e dai buoni genitori, veniva festosamente messo in
burla; ma egli si atteggiava a uomo serio, arruffava il ciglio,
faceva la voce grossa, scandiva le parole e ripeteva :” Si, so
quello che ho detto; so bene quello che ho scritto; ho detto bene
e scritto bene!
Voi non mi comprendete né mi avete mai compreso!
Il Duce soltanto mi comprenderà!”
Questo spirito altissimo, entusiastico, degno dei grandi eroi,
lo perseguì sul fronte in tutte le sue più svariate peripezie della
zona operativa.
E con questo fuoco nel cuore, per lui non vi era stanchezza,
non vi erano pericoli, né difficoltà da prevenire.
Per lui tutto era positivo, tutto era giusto, tutto conveniente,
tutto a sufficienza…
Buonissimo era il rancio, freddo o caldo che fosse o che
arrivasse presto o tardi; comodissimo il giaciglio di paglia,
60
pietre, fango e neve; buonissimo il digiuno, le privazioni, il
crepitìo della mitraglia, il tuono del cannone, il colpo del
fucile…buonissimo il ricovero sotto un macigno pericolante, il
fango che lo tormentava, le piogge che lo inzuppavano, gli
insetti che lo infastidivano…tutto era buono e mai un lamento.
Quando ciò è diretto a servire la Patria, è sufficiente,
dunque, è buono.
Se talora qualche compagno si dimostrava mesto o stanco,
Aldo era sempre pronto con un frizzo o una burla, con una
parolina esilarante, con qualche stornello o qualche consiglio
incoraggiante, per iniettare fiducia, fortezza, ilarità, santa
allegria militare.
61
11.01.1941 – XIX
Franco carissimo,
l’altra sera vidi il figlio del Console gravemente ferito
all’addome ed abbandonato sulla strada.
Mi preoccupai subito di farlo medicare ed inviarlo
all’ospedale, ove non fu possibile farlo giungere per diverse
circostanze.
Qui i fatti precipitavano ed io dovetti, da ordine superiore,
raggiungere il mio reparto e nulla più so sul suo conto.
Lo affidai a tre miei fanti e tre Camicie Nere perché a
qualunque costo lo ricoverassero al più vicino ospedaletto da
campo per i soccorsi del caso.
Spero in bene.
Non ho scritto direttamente al Sig. Console perché la notizia
gli sia comunicata con cautela.
Schiuma è ferito ad una gamba e dalle informazioni avute,
non desta nessuna preoccupazione.
Io benissimo; molti baci a tutti – darai notizie a papà.
A te un abbraccio.
Aff.mo
S.T. Giuseppe Maragno
62
05.03.1941 – XIX
Comandante,
mentre le balde Camicie Nere della Vostra Legione stanno
per partecipare alle più belle giornate che la storia ricordi, vi
confermo, e con me i Legionari del mio Plotone, di vendicare
l’eroica morte del Vostro Aldo.
C.M. Giuseppe Padula
63
Cartolina commemorativa di Aldo Spagnolo
Vecchio Banco di Napoli, luogo dove fu posta originariamente
la lapide commemorativa di Aldo Spagnolo
64
L’On. Italio Giulio Caiati scopre la lapide commemorativa in
memoria di Aldo Spagnolo
65
La lapide ritrovata da Giancarlo Cafiero
abbandonata in un deposito comunale
66
Piazza Vittoria 17 marzo 1965: Corteo e deposizione di fiori sulla lapide di Aldo Spagnolo
67
INDICE
- INTRODUZIONE………………………………...………………. Pag.5
- Il Crepuscolo …………………………………...…………………….. “9
- L’alba………………………………………………….……………… “10
- L’infanzia………………………………………………………….…. “11
- La fanciullezza……………………………………….……………… “13
- Lo studente………………………………………………….……….. “14
- Fuoco di preparazione…………………………………..…………..“16
- Bollori di guerra…………………………………………………..… “17
- Simpatia per l’aeronautica…………………………………...……. “18
- Profeta per burla?...................................................................... “19
- Il volontario………………………………………………………….. “22
- L’ostacolo del dolore……………………………………………….. “25
- Il trionfo!..……………………………………………………….…….“26
- L’addio!.…………………………………………………….………...”28
- Il beniamino……………………………………………….…………..”30
- Le ultime ore…………………………………………….…………….”33
- La meta…………………………………………………….…………..”35
- L’ultima bomba…………………………………….…………………”38
- Motivazione della medaglia d’oro al valor militare…………..…”41
- Alcune lettere dal fronte inviate da Aldo…………………….……”43
- Il tramonto…................................................................................”56
- Lo spirito di Aldo……………………………………………..………”58
68
Si ringrazia per la gentile collaborazione l’amico Stefano Albanese, fotoreporter pubblicista “free lance”
69
70
…Si vuol qui semplicemente restituire alla memoria collettiva, la storia di un ragazzo brindisino nel fiore degli anni, mosso da una convinzione incredibile e incrollabile. Aldo Spagnolo sacrificatosi a Klisura in Albania nel 1941; analogamente ad un altro concittadino mosso da convinzioni opposte: Vincenzo Gigante, comunista, antifascista, partigiano, morto a Risiera di San Sabba nel 1944 ed anch’egli medaglia d’oro al valor militare. Due loro lapidi commemorative furono poste l’una accanto all’altra, precisamente sulla facciata del vecchio Banco di Napoli: due nomi, uniti nella morte per i rispettivi ideali. Dopo la demolizione dell’edificio, la lapide di Vincenzo Gigante fu ritrovata e restituita alla città, mentre dell’altra lapide si erano perse le tracce…sembrava fosse andata perduta e nessuno era in grado di dire che fine avesse mai potuto fare. Giancarlo Cafiero si mise alla sua ricerca e finalmente la ritrovò: abbandonata, dimenticata, impolverata, frantumata in un angolo di un deposito comunale. È stata riportata alla luce e affissa sulla gloriosa palestra Galiano.
Marco Martinese