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1 Alessandro Scotti (PWI-fisica) Con lo studio di perfusione si va ad analizzare l’apporto sanguineo capillare che si attua in una scala dimensionale dell’ordine dei micron a fronte di una risoluzione spaziale di scansione dell’ordine del mm. Questo fa capire che, oltre ai capillari, rientreranno tutta una serie di altre sostanze non direttamente coinvolte all’atto perfusivo. Al fine di ottenere delle immagini rappresentative andiamo ad estremizzare la risoluzione temporale per ottenere una dinamica veloce del segnale che sarà quindi data dalla componente del microcircolo, mentre le altre sostanze all’interno del voxel non contribuiranno alla modifica del segnale. La prima tecnica utilizzata è la DSC (Dynamic Suscepyibility Contrast) che sfrutta l’iniezione di MDC in dosi e flussi assolutamente controllati e conosciuti tramite iniettori con bolo compatto (per dosi e flussi vedi GADDA), il tutto sincronizzato alla acquisizione di sequenze GRE T2* ad alta risoluzione temporale. Il MDC utilizzato è un paramagnetico standard che, oltre ad avere un effetto di riduzione del T1 dei tessuti direttamente adiacenti funzionando da accettore di energia, ha un effetto anche sul T2-T2* accorciandoli a determinate dosi e creando quindi una caduta di segnale che, a differenza dell’effetto T1, si estende anche oltre il punto in cui si trova la molecola generando una alterazione di suscettività. Questo, trattandosi di acquisizioni T2*, genererà una caduta di segnale nel voxel considerato proporzionale alla quantità di molecole di contrasto presenti, potendo costruire una curva intensità/tempo formata da una fase iniziale stazionaria ad alto segnale detta BASELINE, una caduta di segnale con un minimo per poi risalire, un secondo contributo di suscettività a causa del ricircolo e poi una lenta ripresa del segnale man mano che il MDC viene escreto. La misura del segnale in funzione del tempo è una valutazione indiretta della presenza di MDC. Al fine di ottenere tutti i parametri di flusso utili alla diagnostica è necessario ricavare la curva di concentrazione. Questa viene generata assumendo che la concentrazione di MDC sia inversamente proporzionale al segnale. In particolare la curva dipende dal rapporto fra il segnale al tempo “t” e quello della baseline “t 0 oltre che al TE della sequenza impostata e da una costante “Kt” che ti ene conto delle caratteristiche dello scanner e dell’agente di contrasto. Tale costante è difficile da determinare esattamente ed è per questo motivo che generalmente i valori estrapolati dalla DSC sono espressi in valori relativi (%) e non in valori assoluti. Generalmente il risultato finale non tiene conto del contributo di ricircolo, considerato come fattore spurio. Questo può essere fatto troncando il calcolo prima del ricircolo stesso, generando però una perdita di dati, oppure facendo un fitting con una funzione esterna.

Alessandro Scotti (PWI-fisica)

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Alessandro Scotti (PWI-fisica) Con lo studio di perfusione si va ad analizzare l’apporto sanguineo capillare che si attua in una scala dimensionale dell’ordine dei micron a fronte di una risoluzione spaziale di scansione dell’ordine del mm. Questo fa capire che, oltre ai capillari, rientreranno tutta una serie di altre sostanze non direttamente coinvolte all’atto perfusivo. Al fine di ottenere delle immagini rappresentative andiamo ad estremizzare la risoluzione temporale per ottenere una dinamica veloce del segnale che sarà quindi data dalla componente del microcircolo, mentre le altre sostanze all’interno del voxel non contribuiranno alla modifica del segnale. La prima tecnica utilizzata è la DSC (Dynamic Suscepyibility Contrast) che sfrutta l’iniezione di MDC in dosi e flussi assolutamente controllati e conosciuti tramite iniettori con bolo compatto (per dosi e flussi vedi GADDA), il tutto sincronizzato alla acquisizione di sequenze GRE T2* ad alta risoluzione temporale. Il MDC utilizzato è un paramagnetico standard che, oltre ad avere un effetto di riduzione del T1 dei tessuti direttamente adiacenti funzionando da accettore di energia, ha un effetto anche sul T2-T2* accorciandoli a determinate dosi e creando quindi una caduta di segnale che, a differenza dell’effetto T1, si estende anche oltre il punto in cui si trova la molecola generando una alterazione di suscettività. Questo, trattandosi di acquisizioni T2*, genererà una caduta di segnale nel voxel considerato proporzionale alla quantità di molecole di contrasto presenti, potendo costruire una curva intensità/tempo formata da una fase iniziale stazionaria ad alto segnale detta BASELINE, una caduta di segnale con un minimo per poi risalire, un secondo contributo di suscettività a causa del ricircolo e poi una lenta ripresa del segnale man mano che il MDC viene escreto.

La misura del segnale in funzione del tempo è una valutazione indiretta della presenza di MDC. Al fine di ottenere tutti i parametri di flusso utili alla diagnostica è necessario ricavare la curva di concentrazione.

Questa viene generata assumendo che la concentrazione di MDC sia inversamente proporzionale al segnale. In particolare la curva dipende dal rapporto fra il segnale al tempo “t” e quello della baseline “t0” oltre che al TE della sequenza impostata e da una costante “Kt” che tiene conto delle caratteristiche dello scanner e dell’agente di contrasto. Tale costante è difficile da determinare esattamente ed è per questo motivo che generalmente i valori estrapolati dalla DSC sono espressi in valori relativi (%) e non in valori assoluti.

Generalmente il risultato finale non tiene conto del contributo di ricircolo, considerato come fattore spurio. Questo può essere fatto troncando il calcolo prima del ricircolo stesso, generando però una perdita di dati, oppure facendo un fitting con una funzione esterna.

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Dalla teoria dell’indicatore di diluizione sappiamo che la concentrazione è legata al flusso sanguineo (CBF) tramite il valore dell’arterial imput function (Ca-AIF) cioè la quantità di sangue entrante nel tessuto di interesse e la funzione residua (Rt) cioè la quantità di contrasto presente al tempo “t”, tramite una costante di proporzionalità “alfa” che dipende dalle caratteristiche fisiche e biologiche del tessuto in esame, il tutto legato da una operazione di convoluzione. Quest’ultima è necessaria rappresentando l’integrale, dal tempo zero al tempo “t”, dei contributi di boli infinitamente piccoli e compatti. Ciò permette di avere una veritiera approssimazione della situazione reali in cui abbiamo un bolo lungo e con concentrazione non ideale.

Quindi, considerando di essere all’inizio della acquisizione con tutto il MDC all’interno del vaso e quindi una Rt pari a 1, è possibile ricavare il valore di flusso e cioè il CBF tramite l’operazione inversa di deconvoluzione. Tale operazione è essenzialmente una scomposizione della somma integrale dei contributi fino ad ottenere il valore del flusso. E’ da considerare che la stessa curva di concentazione può essere ottenuta con valori di flusso(CBF) e AIF opposti ed è quindi impossibile dedurre dalla curva di concentrazione i valori di flusso che invece hanno bisogno di una deconvoluzione appunto.

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I modelli di deconvoluzione sono molteplici e risentono molto del rumore statistico. Il più usato è il SINGULAR VALUE DECOMPOSITION che ha il vantaggio di non risentire della tipologia di struttura vasale. I parametri di perfusione vengono ottenuti in relazione ad una situazione biologica di barriera emato-encefalica intatta, considerando il CBV proporzionale all’area sottesa dalla curva di concentrazione e quindi alla rete vasale presente nel voxel in studio.

Dal rapporto fra CBV e CBF si ottiene l’MTT (tempo di transito medio) principalmente usato per ritardi nel trasporto vascolare. Si rimarca come il CBV sia semplicemente l’area sottesa dalla curva di concentrazione mentre il CBF deriva dalla deconvoluzione della AIF il cui valore al tempo zero corrisponde al flusso stesso.

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Le sequenze utilizzate per l’acquisizione devono necessariamente avere una elevata risoluzione temporale (circa 2 secondi) appartenendo quindi alla categoria delle echo planar sia della famiglia GRE che SE. Le GRE non avendo la rifocalizzazione soffriranno di SNR a causa delle disomogeneità intrinseche e di quelle aggiunte dal MDC al contrario delle SE che però hanno una dipendenza forte dal TE nel senso che perdono molto segnale dovendo usare TE più lunghi delle GRE. Le SE, essendo molto sensibili al flusso nei piccoli vasi, tendono a portare a dei valori di CBF più bassi rispetto alla GRE e richiede una maggiore quantità di MDC, circa il doppio. Questo è il motivo principale per il quale si usano molto le GRE. Oltre ad avere una sufficiente risoluzione temporale è necessario che in questo tempo vengano acquisite un sufficiente numero di fette per coprire tutta la regione, considerando che almeno una fetta deve essere posta sull’arteria principale che irrora la regione di interesse al fine di poter calcolare la AIF necessaria all’ottenimento dei valori di flusso e temporali. Possono essere utilizzate le tecniche 3D nel caso in cui non ci sia una particolare regione di interesse conosciuta ma si debba andare ad esplorare tutta l’anatomia. E’ chiaro che si perderà in risoluzione sia temporale che spaziale oltre ad avere uno smoothing della curva a causa dell’approssimazione nel calcolare il tempo di acquisizione di ogni Slab che invece è ben definito per una fetta 2D. Fondamentale è la scelta del posizionamento della ROI che misurerà la AIF, cioè l’apporto di MDC nel tempo proporzionale all’intensità di segnale. Questo perché, in base appunto alle modalità di arrivo del mezzo di contrasto, potrebbero cambiare totalmente le curve di concentrazione e quindi i parametri stimati, non riferibili magari ad un problema locale ma ad una stenosi del vaso principale a monte. Esistono sistemi anche automatici di riconoscimento che vanno a limitare quindi la dipendenza dall’operatore. La scelta è se porla direttamente su una arteria principale a valle con meno problemi di identificazione ma rischi di saturazione o alterazioni di segnale da flusso, oppure andare a prendere una ROI nell’arteria più piccola che irrora direttamente la zona che vogliamo studiare. Una volta fatta l’acquisizione e i calcoli, i risultati dei vari parametri, possono essere posti sull’immagine morfologica associando una scala di colori che li rende facilmente interpretabili a colpo d’occhio.

Per ottenere un valore relativo generalmente vengono fatte 2 ROI delle quali una sulla patologia e l’altra sulla zona contro laterale sana esprimendo una differenza in percentuale.

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___Quindi per riassumere la DSC acquisisce tante serie di immagine ad alta risoluzione temporale pesate T2* andando a tracciare la curva intensità-tempo. Posizionando una ROI sul vaso principale di irrorazione viene calcolata la mappa di concentrazione dalla quale, tramite una serie di calcoli matematici, si estraggono i vari valori di flusso poi riportati su una mappa anatomica tramite un calcolo pixel per pixel. Da qua i calcoli contro laterali per ottenere valori relativi.

La DSC è sicuramente la più affidabile fra tutte le tecniche utilizzate per la stima dei parametri di flussi ematici. Il problema è che si basa su due assunzioni principali:

- Il contrasto rimane confinato e concentrato nella rete vascolare - Mantenimento della barriera emato-encefalica

In caso contrario, la fuoriuscita del MDC dal letto capillare, genera un incremento notevole dell’effetto T1 che entra in competizione con il T2 e rende immagini non valutabili o meglio rende una sottostima dei parametri di flusso. Per ovviare viene fatto un PRE-BOLUS di MDC che saturano in partenza l’effetti T1 non comportando modifiche relative dopo MDC in bolo. L’altra tecnica utilizzata è la DCE (Dynamic Contrast Enhanced) che invece tiene conto dell’eventuale lesione della barriera emato-encefalica, fornendo dei valori cosiddetti di permeabilità fra cui il più usato sicuramente è il k trans, che permettono di avere informazioni complementari ai precedenti, in particolare legati alla entità della lesione in funzione della velocità dei vari scambi. Praticamente si va ad iniettare il MDC paramagnetico contestualmente all’acquisizione di sequenze T1 pesate, sensibili quindi all’enhancement, andando a tracciare una curva intensità-tempo come nella DSC, assistendo però ad una salita di segnale, per poi decrescere progressivamente in virtù del rilascio della sostanza paramagnetica.

Gli effetti che genera il contrasto sono due come abbiamo visto per la DSC, cioè l’effetto di relassività con riduzione del T1 e l’effetto detto BMS di disomogeneizzazione del CMS con conseguente riduzione dei tempi T2-T2*. Matematicamente la relassività totale, l’inverso del tempo di rilassamento, è dato dall’inverso della relassività prima che arrivi il MDC sommata a tale contributo per i vari tessuti in modo diverso naturalmente. Tali tempi sono dipendenti dall’intensità di CMS, dalla struttura chimica del MDC, dalla compartimentalizzazione della regione ecc.

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Le sequenze usate sono delle spoiled GRE (FLASH) che generano un segnale dettato da tale formula generale.

Considerando che le sequenze usate hanno un carattere T1 con TE breve, si può considerare trascurabile l’apporto del T2* sul segnale ottenendo una formula che mostra la proporzionalità diretta del segnale alla densità di spin e al TR e inversa al T1, secondo una costante di proporzionalità “g” che tiene conto delle caratteristiche dello scanner (come quello dell’imaging parallelo).

Tale costante è variabile e rende difficile il confronto fra due esami svolti in scanner diversi o anche sullo stesso scanner ma in momenti diversi rendendo necessario riferirsi ad un marker interno che possa essere riproducibile. Questo può essere fatto introducendo un repere con una sostanza in posizione e concentrazioni note, cosa abbastanza difficile e invasiva trattando generalmente di encefalo. Ci possiamo riferire all’intensità di segnale del grasso di una determinata regione, anche se tale segnale può variare per un eventuale assorbimento o deposito rendendola una opzione non accettabile, mentre la cosa più semplice ed efficace è misurare l’intensità di segnale della regione in studio prima dell’iniezione di MDC per poterle confrontare. In questo modo, conoscendo il T1 del tessuto pre contrasto, posso fare la comparazione tramite tale formula.

I metodi per misurare il T1 dei tessuti sono molteplici e fra quelli più precisi rientra il confrontare due o più sequenze identiche a TR diversi andando a determinare la curva di rilassamento T1 tramite un fitting dei dati sperimentali. Il problema di queste sequenze è che richiedono tempo, considerando la durata di un esame DCE. La tecnica più usata invece è quella di acquisire delle GRE a FA variabile che permettono di ricostruire tramite l’equazione di block il T1. Trattando di una regressione lineare basterebbero due punti e quindi due misure a FA variabile ma in realtà può essere preferibile fare più misure per migliorare la precisione del fit. L’acquisizione vera e propria deve necessariamente avere una risoluzione temporale consona, pesata in T1, coprire una area sufficiente in termini di volume e una risoluzione spaziale. Per questo motivo viene scelta la spoiled GRE con TR e TE minimi possibile e FA bassi (10-30°), una matrice che bilanci risoluzione spaziale e temporale associata a vari sistemi di sottocampionamento controllato dello spazio K. Le fette o slab

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devono essere posizionate in funzione della lesione e del flusso associandolo anche a sistemi di correzione dei movimenti ed eddy currents. Viene attivata anche la soppressione del grasso. Se è vero che le sequenze devono avere una risoluzione temporale sufficiente a captare la fase vasale del MDC è anche vero che, dovendo studiare lo scambio di sostanze fra il letto vascolare e il tessuto, devono essere ripetute per 5-10 minuti in funzione del tipo di barriera e dei valori da stimare. Se inoltre sono necessari anche i parametri relativi alla fase di rientro delle sostanze dal tessuto al letto capillare il tempo si allunga nettamente. Per venire incontro anche ad esigenze di spazio fisico su memoria in virtù dell’altissima mole di dati, a seconda della fase di acquisizione può essere riodotto il rate acquisendo ad intervalli temporali più lunghi rispetto alla fase di iniezione. In questi tipi di studi si da per scontato, come dimostrato da vari test scientifici, che nei tessuti studiati si crei una situazione detta FAST WATER EXCHANGE, nella quale le condizioni di “frequenza” fra comparto intravascolare ed extravascolare siano simili e si creino quindi degli scambi energetici veloci con tempi T1 simile. In caso contrario diventerebbe difficile fare questi studi in quanto la componente del segnale vasale è rappresentata solo dal 3% del totale. Questa assunzione è vera fino ad un certo valore di dose di MDC oltre la quale si ha un rallentamento degli scambi entrando in fase SLOW WATER EXCHANGE. Una volta acquisiti i dati si possono scegliere due approcci: -SEMI-QUANTITATIVO: E’ il più semplice e deriva dall’analisi diretta della curva intensità-tempo, ottenendo vari parametri indicativi utili fra cui l’intensità massima, il gradiente di waskout, il gradiente iniziale, l’on set time, l’area sottesa dalla curva ecc. Sono molto semplici da determinare, riproducibili ma non specifici dipendendo dal tipo di acquisizione sia in senso di scanner che di posizionamento.

-QUANTITATIVO: Si generano dei modelli in base all’informazione che ci interessa, da adattare tramite FIT alla curva intensità-tempo. Il modello è detto farmaco-cinetico che assume l’esistenza di tre compartimenti all’interno del voxel: comparto vascolare ed extravascolare di cui il secondo distinto in intracellulare ed extracellulare. Il volume del voxel totale sarà quindi dato dalla somma dei tre compartimenti. La distribuzione del MDC è influenzata da flusso sanguineo e dalla permeabilità della barriera, in particolare tale trasporto dipende matematicamente dalla differenza di concentrazione fra il letto vascolare e lo spazio extravascolare, la permeabilità della membrana e l’entità della superficie di scambio della membrana.

La concentrazione del MDC viene dedotta indirettamente dal segnale ottenuto assumendo che ci sia una omogenea distribuzione in entrambe i compartimenti inteso come non diluizione o frammentazione del bolo, rimanendo comunque diverse le concentrazioni fra spazio intra ed extravascolare (1° formula). Da

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qua si ha una normalizzazione matematica(2° formula) che porta a considerare la diluizione del MDC nel plasma ematico, ottenendo il modello matematico finale che adattato tramite un fit alla curva del segnale permette di estrapolare i dati utili.

Il parametro più utilizzato in assoluto derivante dallo studio DCE è il Ktrans che si riferisce al rate (frequenza) di scambio fra comparto vascolare ed extravascolare (inverso del tempo in minuti) ed è indicativo per il riconoscimento di tumore e differenziazione fra alto e basso grado, oltre che per i follow-up per valutare l’efficacia della terapia. Questo naturalmente comprende vari fattori da tenere in considerazione per ottenere un risultato affidabile. Anche qua si possono fare le mappe parametriche.

La terza ed ultima tecnica utilizzata per la valutazione della perfusione cerebrale è la ASL (Arterial Spin Labeling) che si basa su una sottrazione di immagine acquisendone una di CONTROLLO senza stimoli esterni ed una di LABEL con lo stimolo di radiofrequenza esterno. La differenza fra le due genera una immagine pesata in diffusione. Non utilizza contrasto esogeno ma soffre intrinsecamente di basso SNR. Le due principali metodologie di svolgimento sono la CONTINUOS ASL e la PULSED ASL. La prima consiste in un impulso continuo adiabatico di 2-4 min selettivo a monte della acquisizione. Gli spin che passano attraverso tale piano detto di labeling, vengono invertiti fluendo nella regione di interesse dopo un determinato tempo, apportando il loro contributo di magnetizzazione. A seconda di vari fattori l’efficacia di labeling sarà più o meno marcata essendo in grado quindi di invertire in modo completo un maggior numero di spin. Questo in particolare è legato all’altezza del piano di labeling che deve essere in una zona di passaggio di vasi di buona portata senza angolazioni. Uno dei problemi principali che si generano in questa tecnica è legato al trasferimento di magnetizzazione a causa degli effetti off-resonance che portano ad una saturazione del segnale delle macromolecole e ad una riduzione consequenziale del segnale dell’acqua libera; cosa non presente nell’immagine di controllo con conseguente alterazione della stima della perfusione. Per questo sono state introdotti degli impulsi adiabatici anche nella fase di controllo però in coppia di modo da annullarsi vicendevolmente non creando variazione della magnetizzazione risultante nella regione di interesse, portando invece ad un trasferimento di magnetizzazione sovrapponibile al labeling. Prima venivano poste le due slice di inversione a monte e a valle della regione di interesse mentre attualmente vengono poste ravvicinate entrambe a monte.

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Per ottimizzare la tecnica è stato proposto di usare due bobine diverse e dedicate l’una piccola e dedicata per il labeling e l’altra per l’acquisizione del segnale senza problemi di trasferimenti di magnetizzazione e senza dover mandare quindi impulsi aggiuntivi. Il problema è che serve un hardware dedicato a tale scopo. La PULSED ASL invece invia impulsi di labeling, simmetrici o asimmetrici, su una regione spessa (10-15cm). Essendo impulsi molto più brevi rispetto alla continuous, gli effetti di trasferimento di magnetizzazione sono nettamente ridotti ma vengono comunque applicati nella fase di controllo due impulsi a 180° adiabatici sovrapposti a metà della potenza per compensare i minimi eventuali effetti di trasferimento sopraccitati. Nelle immagini si fa riferimento alla tecnica EPISTAR (Echo Planar Imagingand Signal Targeting with Alternating Radio frequency)

L’altra tecnica ancora pulsata è la FAIR (Flow Alternating Invertion Recovery) che utilizza un impulso di inversione non selettivo che inverte tutti gli spin dell’anatomia seguito da un successivo impulso selettivo della regione di interesse, riuscendo ad ottenere direttamente sia l’immagine di controllo che labelled senza problemi di trasferimento di magnetizzazione. Il problema che si può presentare è la qualità degli impulsi di inversione che possono avere imperfezioni dei profili. Per questo motivo viene inserito un gap temporale fra i due impulsi che induce però un rilassamento T1 proporzionale con riduzione dell’efficacia. La pulsed è generalmente più usata anche in virtù del minor rilascio di SAR. In generale quindi dalla differenza fra l’immagine controllo e labeling si vogliono estrapolare i parametri di perfusione. L’assunzione che si fa è che lo scambio di magnetizzazione fra gli spin marcati e quelli del parenchima siano istantanei, anche se non è il caso reale, infatti è presente una parte di spin etichettati all’interno del vaso ancora non scambiati nel parenchima che non vorremmo rientrassero nel calcolo. Questo perché ci interessa la componente di magnetizzazione trasferita nello spazio extravasale. Per limitare il segnale, in particolare dei vasi di medie dimensioni, vengono utilizzati dei gradienti bipolari di cruscher al fine di saturare il sangue stesso. Il calcolo matematico che misura la magnetizzazione del tessuto deriva dall’equazione di block.

Successivamente modificata tenendo conto di tutti i vari fattori spuri legati al flusso e alla componente residua intravascolare che non partecipa alla perfusione. Anche qua, come nella DSC, viene utilizzato un processo di convoluzione al fine avvicinarsi alla realtà del flusso (Modello BUXTON)

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L’errore principale nella valutazione quantitativa dell’ASL, come in generale tutte le metodiche, è di avere un tempo di transito del sangue marcato molto lungo che impedisce, salvo modifiche specifiche di forma di impulso PASL (QUIPSS II – Q2-TIPS), una efficace valutazione dei parametri di transito con difficoltà di riferirsi anche a valori semiquantitativi relativi. La forma degli impulsi in questi tipi di sequenze è molto studiato e si cerca di avvicinarsi al caso ideale di impulso perfettamente rettangolare, per questo si cerca di tenere un GAP fra la regione di inversione e quella di imaging che però genera uno shift sanguineo a sua volta degradante per la valutazione dei parametri. Inoltre ci sono dei rischi di errore di stima dei valori a causa del reale scambio di spin nel tessuto che in realtà presenta non solo 2 comparti ma più comparti con canali di scambio ulteriori. Ancora, il sangue presenta un profilo non lineare ma parabolico o con vortici addirittura che modifica completamente i tempi di circolo. Per tutti questi motivi serve implementare ed inserire nel modello matematico fattori aggiuntivi che sono estremamente complessi. Il grande problema della PASL è il SNR che viene gestito tramite un alto numero di medie (30-40) in un processo di acquisizione di 4 minuti circa. Tempo comunque inferiore rispetto ad altri tipi di acquisizione. Ci sono invece implementazioni recenti come la PseudoCASL che permette un incremento di SNR netto rispetto alla pulsed e una migliore efficienza di etichetta mento rispetto alla CASL. Inoltre risente meno della dipendenza dal soggetto con conseguente maggiore riproducibilità. Un'altra implementazione ancora non clinica è la Velocity Selective ASL che discrimina i protoni non in base alla posizione ma alla velocità etichettando solo quelli che hanno una velocità inferiore rispetto a quella di cut off impostata. VANTAGGI/SVANTAGGI ASL VANTAGGI: -La natura non invasiva è IDEALE per i pazienti con scarso accesso IV e anche nei neonati e bambini. -La Quantificazione assoluta è possibile con relativa insensibilità agli effetti permeabilità. -i Metodi ASL sono meno colpite dal segnale dei vasi di grandi dimensioni. -Multiple (e illimitate) misurazioni ripetute possono essere ottenute. Mentre le acquisizioni DSC di perfusione MRI possono essere ripetute, la dose di gadolinio limita acquisizioni multiple ripetute. Inoltre, le misurazioni CBF possono essere ripetute immediatamente con ASL e mappe CBF successive possono essere ottenute con risoluzione temporale veloce come 3-8 secondi per la perfusione di risonanza magnetica funzionale (al contrario di far valere l'effetto BOLD). -Infine, è possibile etichettare selettivamente i territori vascolari o anche singoli vasi non invasivamente, impossibili da realizzare con DSC MRI. SVANTAGGI: -Ritardi di transito, che possono causare artefatti come l’etichettatura persistente in grandi vasi. -Relativamente basso SNR rispetto a perfusione DSC MRI, almeno nelle implementazioni originali, ma ampliamento SNR dell'ordine di 10-volte sono diventati disponibili con le combinazioni di intensità di campo più elevate degli scanner e miglioramenti in efficienza dell’ASL, soppressione del background, imaging parallelo, e tecnologia della bobina. -Effetti di suscettibilità possono causare difficoltà vicino ai seni paranasali e alla base del cranio, o vicino a foci emorragiche, ma questo può anche essere un problema per DSC MRI. -Calcolo relativamente semplice dei parametri di perfusione come il volume ematico cerebrale e il time-to-peak è disponibile con DSC MRI rispetto ai metodi di ASL, anche se ci sono possibili soluzioni.