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ALLA SCOPERTA DEL BUDDHISMO 1° incontro LA MENTE E IL SUO POTENZIALE © FPMT e Istituto Lama Tzong Khapa Pomaia – Pisa 2008

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ALLA SCOPERTA DEL BUDDHISMO

1° incontro

LA MENTE E IL SUO POTENZIALE

© FPMT e Istituto Lama Tzong Khapa Pomaia – Pisa

2008

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‘Alla scoperta del buddhismo’ è un programma di studio, articolato in quattordici moduli, finalizzato a favorire l’incontro con la profonda filosofia buddhista mahayana. Concepito dal settore educativo FPMT, l’Education Department, è stato progettato come strumento volto ad apportare un cambiamento concreto nella vita dell’individuo piuttosto che come studio accademico. Ciascuna dispensa raccoglie i materiali di studio indicati dall’Education Department, all’occorrenza integrati nell’ambito dei relativi corsi organizzati all’Istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia (PI). Per i loro contenuti, questi testi risultano utili sia a coloro che si avvicinano per la prima volta al buddhismo sia a quanti hanno già sviluppato una base di conoscenza. Provengono dalla straordinaria saggezza, apertura e larghezza di vedute di Sua Santità il Dalai Lama, di Lama Yeshe e di Lama Zopa Rinpoce. Contengono anche insegnamenti di altri maestri nonché materiale didattico dell’ILTK predisposto dallo staff del Masters Program e del Basic Program. Argomenti trattati in questa dispensa sono: cos’è la ‘mente’, la sua natura e le sue funzioni, il modo in cui essa crea le personali esperienze di felicità e di sofferenza. Testi tradotti dall’originale inglese Discovering Buddhism – Mind and Its Potential. Coordinamento traduttori a cura di Nanni Deambrogio. La presente edizione è stata curata da Je Tzong Khapa Edizioni Pomaia, ottobre 2008 – www.jtk.it. Si ringrazia per la collaborazione nel revisionare i testi Raffaella Ramundo, e per la revisione completa della traduzione dall'inglese Tiziana Galtieri.

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LA MENTE E IL SUO POTENZIALE

SOMMARIO DEGLI ARGOMENTI

Che cos’è la mente? di Sua Santità il Dalai Lama pag. 1 Felicità, karma e mente di Sua Santità il Dalai Lama pag. 7 Tutto nasce dalla mente di Lama Thubten Yeshe pag. 15 La mente senza inizio di Lama Zopa Rinpoce pag. 19 Comprendere la mente di Lama Zopa Rinpoce pag. 33 La mente e i suoi tipi del Masters Program pag. 59

APPENDICI

Tavola 1: Tipi di cognitori pag. 69 Tavola 2: Divisioni della mente pag. 71 Tavola 3: I 51 fattori mentali secondo la scuola Mahayana pag. 73/75 Tavola 4: I quattro soggetti del corpo di verità risultante pag. 77 Tavola 5: Lignaggio che dimora naturalmente pag. 79 Approfondimenti pag. 81 Glossario pag. 83 Come prendersi cura dei testi di Dharma pag. 87

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LA MENTE E IL SUO POTENZIALE

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CHE COS’È LA MENTE? di Sua Santità il quattordicesimo Dalai Lama

Tra gli scienziati occidentali c’è poco accordo sulla natura e la funzione della mente, la coscienza, e perfino sul fatto che esista. La spiegazione estesa buddhista, tuttavia, dopo venticinque secoli di dibattito e di convalida esperienziale, non ha cambiato idea. Sua Santità il Dalai Lama spiega il concetto buddhista di mente ai partecipanti del simposio su la Scienza della mente,avoltosi all’Università di Harvard, a Cambridge, Massachusetts, USA.

Una delle visioni fondamentali del buddhismo è il principio di ‘originazione interdipendente’, in cui si afferma che tutti i fenomeni, sia le esperienze soggettive che gli oggetti esteriori, pervengono all’esistenza in dipendenza di cause e condizioni: nulla esiste senza una causa. Posto questo principio, diventa oltremodo essenziale comprendere che cosa sia la causalità e quali siano i vari tipi di cause esistenti. Nella letteratura buddhista vengono menzionate due principali categorie di causalità: (1) cause esteriori in forma di oggetti ed eventi fisici e (2) cause interiori, come gli eventi mentali. La ragione della grande importanza di una comprensione della legge di causa ed effetto nel pensiero e nella pratica buddhista sta nel fatto che essa riguarda direttamente le sensazioni di piacere e di dolore degli esseri senzienti, e tutte le altre esperienze che dominano le loro vite, che sorgono non solo a causa di meccanismi interiori ma anche per cause e condizioni esteriori. È di importanza cruciale, quindi, comprendere non solo il rapporto di causa ed effetto del processo interiore cognitivo, ma anche la sua relazione con il mondo materiale esterno. Il fatto che le nostre esperienze interiori di piacere e di dolore siano degli stati mentali e cognitivi propri di ogni individuo è chiaramente ovvio a tutti, ma il modo in cui questi eventi interiori soggettivi si rapportano con le circostanze esterne e con il mondo materiale ci pone di fronte ad un problema fondamentale del quale i pensatori buddhisti hanno discusso a lungo: la questione se esista o meno una realtà fisica esterna indipendente dalla coscienza e dalla mente degli esseri senzienti. Naturalmente, vi sono diverse teorie al riguardo tra le varie scuole di pensiero filosofico; una di queste scuole [Cittamatra] asserisce che non esiste alcuna realtà esterna, neppure gli oggetti esterni, e che il mondo materiale che percepiamo è in essenza solo una proiezione della nostra mente. Da molti punti di vista, questa conclusione è alquanto estremista. Filosoficamente, ma anche concettualmente, per quanto riguarda questo punto sembra più logico assumere una posizione che accetti non solo la realtà del mondo soggettivo della mente, ma anche quella degli oggetti esterni del mondo fisico. Ora, se esaminiamo le origini delle nostre esperienze interiori e le origini della materia, troviamo che esiste una fondamentale uniformità nella natura del loro modo di esistere: entrambe sono governate dal principio di causalità. Proprio come nel mondo interiore degli eventi mentali e cognitivi ogni istante di esperienza proviene dal continuum [momento] che lo precede e così via ad infinitum, allo stesso modo nel mondo fisico ogni

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LA MENTE E IL SUO POTENZIALE

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oggetto e avvenimento deve possedere un precedente continuum che serva da causa, dalla quale si manifesta il presente momento di materia. In certa letteratura buddhista troviamo che, in termini di origine del suo continuum, il mondo macroscopico della nostra realtà fisica si può ricondurre in ultima analisi a uno stato primordiale nel quale tutte le particelle materiali sono condensate in un composto conosciuto come ‘particelle spaziali’. Se tutta la materia fisica del nostro universo macroscopico si può ricondurre a un tale stato originario, a questo punto sorge la domanda sul come queste particelle, in seguito, interagiscano tra loro e si evolvano in un mondo macroscopico che può avere un diretto rapporto con le esperienze interiori di piacere e di dolore degli esseri senzienti. Per rispondere a ciò, i buddhisti si rifanno alla dottrina del karma, l’invisibile lavorio delle azioni e dei loro effetti, che fornisce una spiegazione di come queste particelle spaziali inanimate si sviluppino in varie manifestazioni. L’invisibile energia delle azioni o forza karmica (karma significa azione) è intimamente legata alla motivazione che nella mente umana dà origine a queste azioni. Per cui una comprensione della natura della mente e del suo ruolo è di importanza cruciale per comprendere l’esperienza umana e la relazione tra mente e materia. Possiamo osservare, tramite la nostra esperienza, che il nostro stato mentale svolge un ruolo primario nella nostra vita di ogni giorno e nel nostro benessere fisico e mentale. Se una persona ha una mente calma ed equilibrata, la propria attitudine e il comportamento nei riguardi degli altri ne risentiranno in modo positivo. In altre parole, se qualcuno rimane in uno stato mentale calmo, tranquillo e pacifico, l’ambiente e le condizioni esteriori gli potranno provocare solo un disagio limitato, tuttavia per persone che sono in uno stato mentale agitato è estremamente difficile che rimanere calme o felici, anche quando sono circondate da un ambiente confortevole e dai migliori amici. Questo significa che la nostra attitudine mentale è un fattore di importanza fondamentale nel determinare le nostre esperienze di piacere e di felicità, e quindi anche la nostra buona salute. Per riassumere, vi sono due ragioni per le quali è importante comprendere la natura della mente: la prima è che esiste una stretta connessione tra la mente e il karma, l’altra è che il nostro stato mentale gioca un ruolo cruciale nelle nostre esperienze di felicità e di sofferenza. Ma se comprendere la mente è molto importante, allora occorre chiedersi cosa è la mente e quale sia la sua natura. La letteratura buddhista, sia nei sutra sia nei tantra, contiene vaste descrizioni della mente e della sua natura. Il tantra, in particolare, tratta i vari livelli di raffinamento della mente e della coscienza, i sutra non parlano molto della relazione tra i vari stati mentali e i loro corrispondenti stati fisiologici. Al contrario, la letteratura tantrica è colma di riferimenti sui vari gradi dei livelli di coscienza e la loro relazione con alcuni stati fisiologici quali i centri di energia vitale nel corpo, i canali di energia, le energie che scorrono in essi e così via. I tantra spiegano anche come un praticante possa far sorgere differenti stati di coscienza manipolando i vari fattori fisiologici per mezzo di specifiche pratiche yogiche meditative.

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Secondo il tantra, la natura ultima della mente è essenzialmente pura. Questa natura originaria viene chiamata tecnicamente ‘luce chiara’. Le varie emozioni negative dolorose come l’attaccamento, l’odio e la gelosia sono prodotte dal condizionamento. Non sono qualità intrinseche della mente perché la mente si può liberare da esse. Quando questa natura di chiara luce della mente è nascosta o non può manifestare la sua vera essenza, a causa del condizionamento delle emozioni e dei pensieri negativi, si dice che l’individuo è prigioniero del ciclo dell’esistenza o samsara. Ma quando, applicando le appropriate tecniche e pratiche meditative, l’individuo è in grado di sperimentare pienamente questa natura di ‘chiara luce’ della mente, libera dall’influenza e dal condizionamento degli stati negativi, egli è sulla via della vera liberazione e della completa illuminazione. Per questa ragione, dal punto di vista buddhista, sia la schiavitù che la piena libertà dipendono dagli stati mutevoli di questa mente di chiara luce; lo stato risultante che i meditatori cercano di ottenere attraverso l’applicazione di differenti tecniche meditative è quello in cui questa natura ultima della mente manifesti pienamente tutto il suo potenziale positivo: l’illuminazione o lo stato di Buddha. Una comprensione della mente di chiara luce diviene quindi essenziale nell’ambito della pratica spirituale. In generale, la mente si può definire come un’entità che possiede la natura di mera esperienza, cioè ‘chiarezza e conoscenza ’. È la sua natura che la porta a conoscere, che viene definita mente, e questa entità non è materiale. Ma all’interno di questa categoria vi sono anche livelli grossolani, come le nostre percezioni sensoriali, che non possono operare né esistere senza dipendere da organi fisici come i nostri sensi. E all’interno della categoria della sesta consapevolezza, la coscienza mentale, vi sono varie divisioni, o tipi, di coscienza mentale che per sorgere dipendono strettamente dalla base fisiologica, il nostro cervello. Questi tipi di mente non possono essere compresi se vengono isolati dalla loro base fisiologica. Ora sorge una domanda cruciale: in quale modo possono questi vari tipi di eventi cognitivi – le percezioni sensoriali, gli stati mentali e così via – esistere e possedere questa natura di conoscenza, di luminosità e di chiarezza? Secondo la scienza buddhista della mente, questi eventi possiedono la natura di conoscenza a causa della fondamentale natura di chiarezza che sta alla base di tutti gli eventi cognitivi. Questo è ciò che ho descritto in precedenza come fondamentale natura della mente, la natura di ‘chiara luce’ della mente. Quindi, quando nella letteratura buddhista si descrivono vari stati mentali, troverete esposizioni che riguardano i differenti tipi di condizioni che danno origine agli eventi cognitivi. Per esempio, nel caso di percezioni sensoriali, gli oggetti esterni servono come condizione causale o oggettiva; il momento di consapevolezza immediatamente precedente è la condizione immediata e l’organo sensoriale è la condizione fisiologica o dominante. È sulla base dell’aggregazione di queste tre condizioni – causale, immediata e fisiologica – che si manifestano esperienze come le percezioni sensoriali.

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Un altro caratteristico aspetto della mente è la sua capacità di osservare se stessa. Il fatto che la mente possieda la capacità di osservare ed esaminare se stessa costituisce da lungo tempo un’importante questione filosofica. In generale, ci sono vari modi con cui la mente può osservare se stessa. Per esempio, per quanto riguarda l’esame di un’esperienza del passato, come fatti accaduti il giorno precedente, potete ricordare l’esperienza ed esaminare la vostra memoria della stessa, quindi il problema non si pone. Ma noi possiamo fare anche l’esperienza in cui la mente diventa consapevole di se stessa nel momento in cui è impegnata nell’esperienza stessa osservata. Qui, dato che sia la mente che osserva, sia gli stati mentali osservati sono presenti nello stesso momento, non possiamo spiegare il fenomeno della mente che diventa consapevole di se stessa invocando il fattore dell’intervallo di tempo, poiché oggetto e soggetto esistono simultaneamente. Così, è importante comprendere che quando parliamo di mente stiamo discutendo di una rete estremamente intricata di differenti eventi e stati mentali. Per mezzo delle proprietà introspettive della mente possiamo osservare, per esempio, quali particolari pensieri si manifestino in un dato momento, quali oggetti la nostra mente stia percependo, che genere di interazioni abbiamo e così via. Ad esempio, in uno stato meditativo in cui state coltivando la facoltà di concentrazione univoca della mente, mentre siete impegnati nella concentrazione univoca su un oggetto, applicate in continuazione la facoltà introspettiva che vi permette di analizzare il vostro grado di attenzione mentale: se è presente o meno intorpidimento o di distrazione e così via. In questa situazione state applicando vari fattori mentali per cui non è come se una singola mente stesse osservando se stessa, piuttosto, state applicando vari e diversi tipi di fattori mentali per esaminare la vostra mente. Per quanto riguarda la questione se un singolo stato mentale possa osservare ed esaminare se stesso, questo è da sempre un quesito molto importante e difficile nella scienza buddhista della mente. Alcuni pensatori buddhisti hanno espresso la convinzione che esista una facoltà della mente denominata ‘conoscenza di sé ’ o ‘consapevolezza di sé ’. Si potrebbe dire che c’è una facoltà apercettiva della mente che permette di osservare se stessa, ma questa affermazione è stata contestata. Coloro che sostengono che esista una simile facoltà distinguono due aspetti all’interno dell’evento mentale o cognitivo. Uno è esterno e rivolto all’oggetto, nel senso che si verifica una dualità di soggetto e oggetto, mentre l’altro è di natura introspettiva ed è questo che permette alla mente di osservare se stessa. L’esistenza di questa qualità apercettiva autocognitiva della mente è stata messa in discussione specialmente dall’ultima scuola filosofica buddhista, la Prasangika. Nelle nostre esperienze di ogni giorno possiamo osservare che, specialmente a un livello superficiale, la nostra mente dipende dagli stati fisiologici del corpo ed è in stretta relazione con essi. Proprio come il nostro stato mentale, depresso o soddisfatto, agisce sulla nostra salute fisica, così le nostre condizioni fisiche hanno effetti sulla nostra mente.

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Come ho ricordato in precedenza, la letteratura tantrica buddhista cita specifici centri di energia all’interno del corpo [chakra] che possono, credo, avere una certa connessione con ciò che alcuni neurobiologi chiamano il ‘secondo cervello ’, il sistema immunitario. Questi centri di energia svolgono un ruolo cruciale nell’incremento o nel calo dei vari stati emozionali all’interno della nostra mente. È dovuto proprio a questa intima relazione tra corpo e mente e all’esistenza di questi particolari centri fisiologici nel nostro corpo se gli esercizi dello yoga fisico e l’applicazione di speciali tecniche meditative, dirette al controllo della mente, possono avere effetti positivi sulla salute. È stato dimostrato, ad esempio, che applicando particolari tecniche meditative, possiamo controllare il nostro processo respiratorio e aumentare o diminuire la temperatura del nostro corpo. Inoltre, proprio come possiamo applicare varie tecniche meditative durante lo stato di veglia, allo stesso modo, sulla base della comprensione della sottile relazione tra corpo e mente, possiamo praticare varie meditazioni mentre dormiamo e ci troviamo nello stato di sogno. Il potenziale implicito di tali pratiche è che, a un certo livello, è possibile separare i livelli grossolani di coscienza dagli stati fisici grossolani e pervenire a un livello più sottile di mente e corpo. In altre parole, potete giungere a separare la vostra mente dal vostro corpo fisico grossolano. Potreste, per esempio, separare la mente dal corpo durante il sonno e compiere qualche altro lavoro che non potete svolgere nel vostro corpo ordinario. Tuttavia, potreste anche non essere remunerati! Così, potete vedere la chiara indicazione dell’esistenza di uno stretto legame tra il corpo e la mente, che possono essere complementari. Alla luce di ciò, sono molto felice di vedere che alcuni scienziati stiano facendo importanti ricerche sulla relazione tra corpo e mente e le sue implicazioni, per comprendere la natura della salute fisica e mentale. Il mio vecchio amico, il Dr. Benson, per esempio, da alcuni anni sta conducendo esperimenti sui meditatori buddhisti tibetani; inoltre un simile lavoro di ricerca viene ora intrapreso in Cecoslovacchia. Giudicando i risultati ottenuti sino ad oggi, sono certo che vi sarà ancora molto lavoro da fare in futuro. Dato che le intuizioni che scaturiscono da queste ricerche aumentano in continuazione, non vi è dubbio che crescerà in misura sempre maggiore la nostra comprensione del corpo e della mente, e quindi della salute fisica e mentale. Alcuni studiosi moderni descrivono il buddhismo più come una scienza della mente che una religione, e mi pare che esistano validi motivi per fare una simile affermazione.

Brani estratti da ‘La scienza della mente’, a cura di Daniel Goleman e Robert F. Thurman, Chiara Luce Ed. 1993 (stampati per il programma di studi ‘Alla scoperta del buddhismo’, per gentile concessione della casa editrice).

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FELICITÀ, KARMA E MENTE di Sua Santità il quattordicesimo Dalai Lama

Tra l’origine di questo mondo e la prima comparsa degli esseri viventi sulla Terra trascorsero miliardi di anni. Da allora ci volle un tempo immenso perché le creature viventi maturassero nel pensiero, nello sviluppo e nella perfezione delle loro facoltà intellettuali. Dal momento in cui gli umani conquistarono la maturità, fino ai nostri giorni, trascorsero ancora migliaia di anni. Per tutto questo esteso periodo di tempo, il mondo è passato attraverso cambiamenti incessanti, per questo motivo si trova in uno stato di continuo mutamento. Anche ai nostri giorni molti eventi relativamente recenti, che sembravano statici, si sono rivelati esposti al cambiamento, momento per momento. Ci si può stupire che qualcosa resti immutabile quando ogni genere di fenomeno mentale e materiale appare invariabilmente soggetto al processo di cambiamento, al mutamento. Tutto sorge, si sviluppa e scompare incessantemente. Nel vortice di tutti questi mutamenti solo la Verità resta costante e inalterabile, in altre parole la verità della rettitudine (il Dharma) e dei suoi risultati benefici che l’accompagnano, e la verità delle azioni errate e dei suoi risultati dannosi che l’accompagnano. Una buona causa produce un buon risultato, una causa malvagia produce un risultato negativo. Buono o cattivo, benefico o dannoso, ogni effetto ha necessariamente una causa. Soltanto questo principio è eterno, immutabile e costante. È stato così prima che gli umani apparissero sulla terra, agli inizi della loro esistenza, nella nostra era, e sarà così in tutte le ere future. Tutti noi desideriamo la felicità e vogliamo evitare la sofferenza e ogni cosa spiacevole. Il piacere e il dolore sorgono da cause, come sappiamo. Se le conseguenze sono dovute a una singola causa o a un gruppo di cause, ciò dipende dalla loro natura. In certi casi, gli effetti possono manifestarsi anche se i fattori causali non sono né potenti né numerosi. Qualunque sia la qualità dei fattori risultanti, buoni o cattivi, la loro ampiezza e intensità corrispondono alla quantità e alla forza dei fattori causali. Perciò, se vogliamo aver successo nell’evitare le sofferenze indesiderate e nell’ottenere i piaceri desiderati, cosa di non poca importanza, dobbiamo raccogliere un gran numero di fattori causali collegati. Se analizziamo la natura e lo stato della felicità, appare evidente che hanno due aspetti. Uno di questi è la gioia immediata (temporanea), l’altro è la gioia futura (ultima). I piaceri temporanei comprendono le comodità e le soddisfazioni che le persone desiderano, come un’abitazione confortevole, arredamenti piacevoli, cibi gustosi, buona compagnia, conversazioni piacevoli e così via. In altre parole, i piaceri temporanei sono ciò di cui gode l’uomo in questa vita. La questione da esaminare alla luce di una logica chiara è se l’appagamento di questi piaceri e soddisfazioni, derivi esclusivamente da fattori esterni. Se i fattori esterni fossero gli unici responsabili del sorgere di tali piaceri, una persona sarebbe felice quando questi fattori sono presenti e al contrario sarebbe infelice in loro assenza. Ma non è così. Una persona può essere felice e in pace anche in assenza di condizioni esterne che portino al piacere. Ciò dimostra che i fattori esterni non sono i soli responsabili della felicità umana. Se fosse vero che sono i soli responsabili, o che condizionano il sorgere del piacere e della felicità, allora una persona che li possieda in

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abbondanza dovrebbe godere di una gioia illimitata, cosa che non è affatto così. È vero che i fattori esterni contribuiscono in parte alla creazione del piacere nella vita dell’uomo, ma è illogico e ottuso affermare che siano tutto ciò di cui ha bisogno, che siano le cause esclusive della felicità nella vita di una persona. Senza dubbio la presenza di tali fattori produrrà soddisfazione ma fatti reali come l’esperienza di beatitudine e felicità interiore nonostante l’assenza di fattori causali esterni e, dall’altro lato, la frequente assenza di gioia, nonostante la loro presenza, dimostrano chiaramente che la causa della felicità dipende da un altro insieme di fattori condizionanti. Se qualcuno fosse deviato dall’argomentazione che i fattori condizionanti citati, come premessa ad ogni altra causa condizionante, costituiscono l’unica causa della felicità, dovrebbe ammettere che la felicità risultante è inseparabilmente legata ai fattori condizionanti esterni e che la sua presenza o assenza è esclusivamente determinata da questi. Il fatto evidente che non sia così è la prova sufficiente che i fattori causali esterni non sono necessariamente o completamente responsabili del fenomeno risultante della felicità. Ora, qual è l’altro insieme di cause interne? Come le spieghiamo? In quanto buddhisti, crediamo nella legge del karma, la legge naturale di causa ed effetto. Ogni condizione causale esterna che incontriamo nelle vite successive è il risultato dell’accumulazione delle azioni individuali nelle vite precedenti. Quando la forza karmica delle azioni passate giunge a maturazione, allora una persona sperimenta stati mentali piacevoli o spiacevoli, che sono conseguenze naturali delle sue azioni precedenti. La cosa più importante da comprendere è che, quando sono presenti le condizioni adatte (karmiche) risultanti dalle azioni precedenti, i fattori esterni si presentano favorevoli. Il venire in contatto tra le condizioni dovute alle azioni (karmiche) e i fattori causali esterni produce uno stato mentale piacevole. Se mancano le condizioni causali necessarie per sperimentare la gioia interiore, non vi saranno le condizioni per il manifestarsi di fattori esterni favorevoli; ma anche se questi fattori esterni condizionanti sono presenti, non sarà comunque possibile per la persona sperimentare la gioia che altrimenti proverebbe. Ciò dimostra che le condizioni causali interiori sono essenziali nel determinare la felicità (e il suo contrario). Per ottenere i risultati desiderati, quindi, dobbiamo necessariamente radunare sia le cause che creano i fattori esterni, sia le cause che creano i fattori condizionanti (karmici) interni. In termini semplici, per accrescere i fattori condizionanti interni positivi (karmici) abbiamo bisogno di alcune qualità, come avere pochi desideri, accontentarsi, l’umiltà, la semplicità e altre nobili qualità. La pratica di queste condizioni causali interiori faciliterà anche il mutamento dei fattori condizionanti esterni citati, che si convertiranno in caratteristiche positive per il sorgere della felicità. L’assenza di cause interiori adatte, come l’accontentarsi, l’avere pochi desideri, la pazienza, il perdono e così via, ci impedirà l’esperienza piacevole, anche se sono presenti tutti i corretti fattori condizionanti esterni. Insieme a queste qualità, una persona deve avere un credito della forza dei meriti e delle virtù accumulato nel passato. Altrimenti, il seme della felicità non maturerà in frutti.

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L’argomento può essere affrontato in un altro modo. Il piacere e la frustrazione, la felicità e la sofferenza sperimentati dal singolo individuo sono l’inevitabile frutto delle azioni benefiche e dannose compiute, accumulate nel proprio deposito. Se in un particolare momento della vita attuale maturano buoni frutti, una persona saggia riconosce che è il risultato di azioni meritorie compiute in passato. Ciò le darà soddisfazione e la incoraggerà a sviluppare meriti maggiori. In modo analogo, se a una persona capita di vivere esperienze dolorose o insoddisfacenti, sarà in grado di affrontarle con calma se manterrà un’incrollabile convinzione che, benchè lo voglia o no, deve patire le conseguenze delle proprie azioni (passate), nonostante l’intensità e l’ampiezza della sua frustrazione siano dure da sopportare. Inoltre, la comprensione che non si tratta d’altro che dei frutti di azioni maldestre compiute nel passato la renderà abbastanza saggia da desistere dal commettere ulteriori azioni negative. Allo stesso modo, il pensiero consolante che, con la maturazione del karma (negativo) passato, una certa parte del risultato negativo accumulato con le azioni maldestre è stata consumata, sarà fonte di immenso sollievo. Un’appropriata considerazione di tale saggezza contribuirà a puntare all’essenziale per conquistare la pace della mente e del corpo. Per esempio, immaginiamo una persona che sia improvvisamente afflitta da una profonda sofferenza fisica dovuta a fattori esterni: se acquisterà la forza di cambiare rotta (con la convinzione di essere egli stesso il responsabile delle proprie attuali miserie e sofferenze), potrà neutralizzare l’intensità della sua sofferenza e la sua mente sarà molto più serena e pacifica. Adesso permettetemi di spiegare la cosa ad un livello superiore: riguarda l’impegno e gli sforzi che possono essere fatti per distruggere sistematicamente l’insoddisfazione e le sue cause. Come già detto, il piacere e il dolore, la felicità e l’insoddisfazione sono il risultato delle nostre azioni, buone o cattive, positive o negative. Le azioni (karmiche) positive o negative non sono fenomeni esterni, esse appartengono essenzialmente al regno della mente. Il sentiero per creare la felicità ed evitare ogni dolore e sofferenza consiste nell’impegnarsi intensamente nella costruzione di un karma positivo e nell’abbandonare ogni traccia di karma negativo. È inevitabile che un risultato felice nasca da un’azione positiva e che la sofferenza sia la conseguenza dell’aver posto delle cause negative. È quindi fondamentale che noi adottiamo tutti i possibili mezzi per incrementare la qualità e la quantità delle azioni positive, e che ci impegnamo con uguale intensità nell’eliminare le nostre azioni negative. In che modo possiamo farlo? Le cause meritorie e non meritorie che danno il risultato di piacere e dolore non assomigliano agli oggetti esterni. Per esempio, nel sistema fisico umano le sue diverse parti, come i polmoni, il cuore e altri organi, possono essere sostituiti da nuove parti. Ciò non è possibile per le azioni karmiche, che sono soltanto mente. L’ottenimento di nuovi meriti e lo sradicamento delle cause negative sono un puro processo mentale. In nessun modo possono essere acquisite con un intervento

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esterno. L’unico modo per conseguirle è controllando e disciplinando la mente fin da adesso. Per questo motivo dobbiamo avere una piena conoscenza dell’elemento che chiamiamo mente. Tramite le porte dei cinque organi sensoriali un essere può vedere, udire, odorare, gustare ed entrare in contatto con una grande varietà di forme esterne, oggetti e impressioni. Immaginate che la forma, il suono, l’odore, il sapore, il tatto e gli eventi mentali che sono in relazione con i sei sensi siano messi da parte, nel momento in cui ciò accadrà, il ricordo degli eventi passati in cui la mente tende a dimorare sarà completamente discontinuo e il flusso della memoria si interromperà. In modo simile, i progetti per il futuro e l’esame delle azioni da fare non potranno sorgere. Se un individuo sta svuotando la mente da tutti questi processi del pensiero, dovrà creare uno spazio al loro posto. Liberata da tutti questi eventi, rimarrà solo una mente pura, chiara, distinta e calma. Adesso esaminiamo quali caratteristiche avrà la mente quando avrà ottenuto questo stadio. Noi possediamo sicuramente qualcosa che chiamiamo mente, ma come possiamo riconoscerne l’esistenza? La mente vera e propria è quella che scopriamo quando il carico totale delle ostruzioni grossolane e delle aberrazioni (ossia le impressioni sensoriali, i ricordi ecc.) è stato tolto di mezzo. Nell’esaminare questo aspetto della vera mente scopriremo che, diversamente dagli oggetti esterni, la sua natura reale è priva di forma e colore e che non possiamo trovare nessuna base per la falsa e ingannevole nozione che la mente provenga da questo o da quello, che si muova da questo a quello o che si trovi in questo o in quell’altro luogo. Quando non entra in contatto con nessun oggetto, la mente è come un ampio vuoto senza limiti o come un illimitato oceano tranquillo. Quando incontra un oggetto, invece, dapprima lo conosce, come uno specchio che riflette immediatamente una persona che gli si pone di fronte. La vera natura della mente consiste non solo nell’assumere una chiara conoscenza dell’oggetto, ma anche nel comunicare un’esperienza concreta di tale oggetto a chi lo sperimenta *. Normalmente, le nostre forme di conoscenza sensoriale, come la coscienza visiva, uditiva ecc., svolgono la loro funzione con i fenomeni esterni in modo del tutto distorto. La conoscenza che deriva dalla cognizione sensoriale, basata sui fenomeni esterni, è anch’essa di natura grossolana. Quando questi tipi di stimoli grossolani vengono esclusi e sorgono un’esperienza reale e una conoscenza chiara, la mente assume la caratteristica di un vuoto infinito simile alla vastità dello spazio. Ma non dobbiamo pensare che questo vuoto sia la vera natura della mente. Siamo talmente abituati alla consapevolezza delle forme e dei colori degli oggetti grossolani che, quando ci concentriamo intensamente sulla natura della mente, la scopriamo, come ho già detto, come un vasto vuoto senza limiti, libero da ogni oscuramento grossolano o da altre ostruzioni. Tuttavia ciò non significa che abbiamo individuato la vera, sottile natura della mente. Ciò che abbiamo descritto fino ad ora riguarda lo stato della mente in relazione a un’esperienza reale e a una conoscenza chiara tramite la mente che svolge la sua funzione, ma descrive solo la natura relativa della mente. Inoltre, esistono vari altri aspetti e stati della mente. In altre parole, se consideriamo la mente quale base fondamentale, essa possiede molti attributi. Come una cipolla è fatta di strati che possono essere sfogliati, ogni oggetto ha un certo numero di strati e questo non

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è meno vero per la natura della mente di cui sto parlando qui: ha strati dopo strati, stati dopo stati. Tutti i fenomeni composti sono soggetti alla disintegrazione. Dal momento che l’esperienza e la conoscenza sono impermanenti e soggetti alla disintegrazione, la mente, di cui sono funzioni (natura), non è qualcosa che rimane costante ed eterna. Di istante in istante cambia e si disintegra. Questa transitorietà della mente è un aspetto della sua natura. Tuttavia, come abbiamo osservato, la sua natura possiede molti aspetti, inclusa la coscienza dell’esperienza concreta e la conoscenza degli oggetti. Adesso indaghiamo ulteriormente in modo da cogliere il significato di essenza sottile della mente. La mente entra nell’esistenza per propria causa. Non è corretto negare che l’origine della mente dipenda da una causa, e neanche affermare che sia una designazione utile a riconoscere la natura degli aggregati mentali. A un’analisi superficiale, la mente, che ha una reale esperienza e una chiara cognizione come sua natura, appare come un’entità potente, indipendente, soggettiva, completamente dominante. Un’analisi più approfondita, tuttavia, mostrerà che una tale mente, che possiede la funzione di esperienza e conoscenza, non è un’entità autocreata, ma dipende da altri fattori per esistere. Dipende cioè da qualcosa di diverso da se stessa. Questa qualità non indipendente della mente è la sua vera natura, che a sua volta è la realtà ultima del sé. Di questi due aspetti, la vera natura ultima della mente e la conoscenza di questa sua ultima, vera natura, il primo è la base e il secondo un attributo. La mente (sé) è la base e tutti i suoi vari stati sono attributi. Tuttavia la base e i suoi attributi fanno parte della stessa singola essenza. Il non-autocreato (che dipende da una causa altra da se stresso), l’entità della mente (base), e la sua essenza, sunyata, sono esistiti da sempre come unità, la stessa inseparabile essenza da un inizio senza inizio. La natura di sunyata pervade tutti gli elementi, e siccome non possiamo cogliere o comprendere l’indistruttibile, naturale, realtà ultima (sunyata) della nostra mente, continuiamo a fare errori e le nostre afflizioni mentali persistono. Considerando la mente come soggetto e la realtà ultima della mente come suo oggetto, arriveremo a una corretta comprensione della reale essenza della mente, ovvero la sua realtà ultima. E poi, dopo una prolungata e paziente meditazione, arriveremo a percepire e cogliere la realtà ultima della mente, priva di caratteristiche dualistiche. Allora riusciremo gradualmente a eliminare le afflizioni mentali e i difetti delle menti principali e secondarie, come la collera, l’amore per l’esibizione, la gelosia, l’invidia e così via. La mancanza di identificazione della vera natura della mente sarà superata dall’acquisizione del potere di comprenderne la natura ultima. A sua volta, una tale comprensione sradicherà la brama, l’odio e tutte le afflizioni secondarie che provengono da quelle principali. Di conseguenza, non vi sarà occasione di accumulare un karma non meritorio. In tal modo saranno eliminate le occasioni di creare un karma (negativo) che affligga le vite successive, si diventerà capaci di incrementare la qualità e la quantità delle condizioni causali meritorie e di sradicare la creazione di condizioni causali dannose

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che affliggerebbero le vite future, eccetto però il karma negativo già accumulato in precedenza. Nella pratica di conquistare una perfetta conoscenza della vera natura della mente è necessario effettuare uno sforzo mentale, intenso e concentrato, per comprendere l’oggetto. Nelle nostre condizioni attuali, quando la nostra mente entra in contatto con qualcosa ne siamo immediatamente coinvolti. Ciò rende impossibile la comprensione. Per acquisire un grande potere mentale dinamico, il primo imperativo è la massima applicazione. Per esempio, un grande fiume che scorra in un letto ampio e poco profondo avrà una forza molto scarsa, ma quando scorre in una gola stretta tutta l’acqua sarà concentrata in uno spazio angusto e allora fluirà con una grande potenza. Per lo stesso motivo bisogna escludere tutte le distrazioni che distolgono dall’oggetto di contemplazione e la mente deve restare concentrata su di esso. Se non si agisce così, la pratica di conquistare un’esatta comprensione della vera natura della mente sarà fallimentare. Per rendere la mente docile è necessario disciplinarla e controllarla bene. Il parlare e le attività fisiche che accompagnano il processo mentale non devono scorrere in modo sconsiderato, sregolato e casuale. Come un domatore disciplina e calma un cavallo selvaggio addomesticandolo con un addestramento abile e prolungato, così bisogna domare le attività selvagge, frenetiche e sregolate del corpo e della parola, per renderle docili, corrette ed efficaci. A questo scopo, l’insegnamento del Nobile Buddha presenta tre categorie di pratica per disciplinare la mente: sila (l’addestramento nella condotta superiore), samadhi (l’addestramento nella meditazione superiore) e prajna (l’addestramento nella saggezza superiore). Studiando, meditando e mettendo in pratica le tre categorie del trisiksa si otterranno delle progressive realizzazioni. Una persona addestrata con questi criteri otterrà la meravigliosa qualità di sopportare pazientemente le avversità e le sofferenze che sono il frutto del suo karma passato; guarderà le sue sventure come una benedizione, perché la illumineranno con il loro significato di nemesi (karma) e la convinceranno della necessità di concentrarsi solo sul compimento di atti meritori. Se il karma (negativo) del passato non sarà ancora maturato, avrà la possibilità di annullare questo karma potenziale utilizzando la forza dei quattro poteri opponenti: la determinazione a ottenere la buddhità, la determinazione ad evitare le azioni demeritorie, anche a costo della propria vita, il compimento di azioni meritorie e il pentimento. Questo è il metodo per ottenere l’immediata felicità, per lastricare la strada verso la futura liberazione ed evitare l’accumulazione di ulteriori azioni negative. *Questi due aspetti ‘assumere una chiara ‘ conoscenza ’ e ‘comunicare un’esperienza’ si riferiscono al conoscere che cosa è l’oggetto, come appare, che sapore e che odore ha ecc.

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Colophon: questo testo è stato pubblicato per il programma di studi ‘Alla scoperta del buddhismo’ con il permesso di Lama Yeshe Wisdom Archive. Per gentile concessione di Sua Santità il Dalai Lama, Dharamsala. Dalla Second Dharma Celebration, 5-8 novembre 1982, New Delhi, India. Traduzione di Alexander Berzin, chiarita da Lama Zopa Rinpoce, edita da Nicholas Ribush. Pubblicata la prima volta dal Tushita Mahayana Meditation Centre, New Delhi, 1982.

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TUTTO NASCE DALLA MENTE di Lama Thubten Yeshe

Il buddhismo può essere compreso a diversi livelli e le persone che lo praticano lo fanno gradualmente. Come si passa progressivamente dalle scuole primarie all’università, frequentando di anno in anno, così i praticanti buddhisti procedono passo dopo passo lungo il sentiero verso l’illuminazione. Nel buddhismo, tuttavia, parliamo anche di diversi livelli della mente. In questo caso ‘più alto’ e ‘più basso’ sono in relazione al progresso spirituale che è stato compiuto. Ancora, in occidente c’è una tendenza a considerare il buddhismo come una religione, nel senso occidentale del termine. È un’idea sbagliata. Il buddhismo è completamente aperto, può affrontare qualsiasi argomento, l’evoluzione del mondo esterno e interno. Il buddhismo ha una dottrina e una filosofia proprie, ma incoraggia anche la sperimentazione scientifica, sia sugli eventi esterni sia su quelli interni. Perciò, vi prego di non pensare che il buddhismo sia una sorta di sistema di fede angusto e mentalmente chiuso. Non è così. La dottrina buddhista attuale, inoltre, non è una costruzione storica derivata dall’immaginazione e dalla speculazione teorica, è piuttosto una vera spiegazione psicologica dell’effettiva natura della mente. Quando osservate il mondo esterno, ne avete una forte impressione di sostanzialità, di concretezza. Probabilmente non vi viene in mente che questa forte impressione è semplicemente una vostra interpretazione di quanto vedete. Pensate che quella forte, solida realtà esista realmente fuori di voi e quando guardate all’interno, forse vi sembra vuoto. Anche questa è un’idea sbagliata, un’altra attitudine mentale che non comprende che la forte impressione che sembra esistere veramente all’esterno, in realtà, è una proiezione della vostra mente. Qualsiasi cosa sperimentiate – sensazioni, emozioni, forme e colori – nasce dalla vostra mente. Se una mattina vi alzate con una mente annebbiata e il mondo che vi circonda appare scuro e nebbioso, o quando il mondo sembra meraviglioso e luminoso, dovete comprendere che queste impressioni vengono dalla vostra mente, invece che dai cambiamenti dell’ambiente esterno. In questo modo, invece di interpretare erroneamente la vostra esperienza con giudizi falsi, comprenderete che non si tratta della realtà esterna, ma della vostra mente. Per esempio, quando le persone di questo uditorio guardano tutte lo stesso oggetto, me, Lama Yeshe, ognuna ne ha un’esperienza distinta e differente, anche se tutti stanno guardando la stessa cosa. Questa diversità non proviene da me, viene dalla vostra mente. Probabilmente pensate: “Ma come può dire questo? Stiamo vedendo la stessa faccia, lo stesso corpo, gli stessi abiti!”. Ma questa è solo un’interpretazione superficiale. Se guardate più in profondità, scoprirete che il modo di percepirmi, di sentirmi, è individuale e che, a questo livello, siete tutti diversi. Queste varie percezioni non provengono da me, ma dalla vostra mente. Questo è il punto che voglio sottolineare.

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Forse qualcuno di voi sta pensando: “ Ma è solo un lama! Come può conoscere la mente. Non conosce le scoperte scientifiche più avanzate, come i satelliti e altre raffinate tecnologie. Non è possibile sostenere che queste cose provengono dalla mente”. Ma provate a riflettere. Quando dico ‘satellite’, avete un’immagine mentale dell’oggetto che avete chiamato satellite. Quando è stato costruito il primo, il suo inventore ha detto: “Ho costruito questa cosa che gira attorno alla terra, si chiama satellite”. Allora tutti coloro che lo hanno visto hanno detto: “Oh, questo è un satellite”. Ma satellite è soltanto un nome, vero? Prima che l’inventore del satellite lo costruisse, ci ha ragionato sopra e lo ha immaginato nella propria mente. Poi, sulla base di tale immagine, ha lavorato per materializzare la sua creazione. E così ha detto a tutti: “Questo è un satellite” e tutti hanno pensato: “Clamoroso, un satellite! Che bello, che meraviglia!”. Questo mostra quanto siamo ridicoli. Qualcuno dà un nome a un oggetto e noi ci aggrappiamo a questo nome pensando che sia una cosa reale. Lo stesso processo avviene per qualsiasi colore e forma a cui ci afferriamo. Pensateci. Se riuscite a capire quanto sto dicendo, vedrete che è proprio vero: i satelliti e così via provengono dalla mente e, senza la mente, non esiste una singola cosa materiale nell’intero mondo sensoriale. Che cosa esiste senza la mente? Osservate tutta la merce che c’è nei supermercati: molti nomi, molti cibi, molte cose diverse. Per prima cosa tutti questi articoli sono stati inventati, con questo o quel nome, poi questo, quello e quest’ altro oggetto sono apparsi ai vostri sensi. Così, se queste migliaia di articoli del supermarket, gli aerei, i missili e i satelliti sono manifestazioni della mente, allora che cosa non proviene dalla mente? Per questo è veramente importante capire come funziona la mente. Perciò, se osservate davvero in profondità in che modo si manifesta la vostra mente, se guardate le vostre concezioni, le sensazioni, l’immaginazione, capirete che tutte le vostre emozioni, il vostro modo di vivere, di avere relazioni con gli altri, provengono dalla vostra mente. Se non capite come funziona, continuerete ad avere esperienze negative come la collera e la depressione. Perché definisco negativa la mente depressa? Perché una mente depressa non capisce come funziona. Una mente che non capisce è negativa. Una mente negativa funziona in modo da abbattervi, perché tutte le sue reazioni sono contaminate. Una mente che capisce funziona in modo chiaro. Una mente chiara è una mente positiva. Tutti i problemi emotivi che sperimentate sorgono dal modo di funzionare della vostra mente. Il vostro problema di fondo è il modo in cui fraintendete voi stessi. Normalmente avete una bassa stima di voi stessi, vi considerate come un essere umano di scarse qualità, mentre vorreste avere qualità elevate, perfette. È vero che non volete essere un umano di mediocri qualità? Allora, per correggere le vostre idee e diventare una persona migliore non avete bisogno di comprimervi o di passare dalla vostra cultura a un’altra. Non è una soluzione. Tutto ciò di cui avete bisogno è conoscere la vostra vera natura, come siete veramente. Questo è tutto. È così semplice.

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Colophon: questo testo è stato pubblicato per il programma di studi ‘Alla scoperta del buddhismo’ con il permesso di Lama Yeshe Wisdom Archive.

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LA MENTE SENZA INIZIO di Lama Zopa Rinpoce

La mente è senza inizio. Tuttavia, nonostante la continuità della mente sia senza inizio, non esiste una mente senza inizio veramente esistente. A noi, che non siamo liberi dalla visione dualistica, la mente senza inizio appare come veramente esistente e crediamo che tale apparenza sia reale. Questo non è il suo modo di esistere, dal momento che una mente senza inizio non può essere individuata nella base, la mente di questa vita o di tutte le vite precedenti. La mente senza inizio non può essere individuata nella mente di quest’anno, di questo mese, di questa settimana, di questo giorno, ora o secondo. Quando la cerchiamo, non possiamo trovare la mente senza inizio in nessuna di queste basi. La mente senza inizio appare come veramente esistente, sembra esistere dalla propria parte, quindi dovremmo poterla trovare in queste basi. Tuttavia, se la cerchiamo non la troviamo. In realtà questa mente senza inizio veramente esistente non esiste, è vuota. Sembra esistere in queste basi, ma tale apparenza è falsa. Tuttavia, in generale, la mente senza inizio esiste. Considerate la coscienza di oggi. Esiste? Oggi, avete una coscienza? Quando è iniziata la coscienza di oggi? In questo minuto? In questo secondo? O la coscienza di oggi è iniziata nelle vostre vite passate? La coscienza di oggi è iniziata prima che nasceste? Studente: Sì, secondo quanto ho imparato qui. Rinpoce: Allora, la coscienza di oggi è nata prima che tu nascessi? Come ti chiami? Studente: Kim. Rinpoce: Allora il Kim di oggi esisteva prima di questo corpo particolare? Il Kim di oggi esisteva prima che i tuoi genitori si incontrassero? Kim: Non il Kim che penso, ma forse esisteva una parte della mia mente. Rinpoce: Se la coscienza di oggi non fosse la continuazione di quella di ieri, se ci fosse una separazione tra il Kim di oggi e il Kim di ieri, allora vi sarebbero due esseri differenti, separati. Non sarebbero la stessa persona perché non vi sarebbe connessione tra le due coscienze. In questo caso la coscienza di oggi avrebbe un inizio e non potrebbe ricordare la coscienza di Kim di ieri, nata dai suoi genitori. Come si chiamano i tuoi genitori? Kim: Pat e Bill Rinpoce: Oggi non potresti ricordare di essere il Kim di ieri, nato da Pat e Bill, che medita a Kopan. Se la continuazione della coscienza di oggi avesse un inizio, non potresti ricordare questa persona Kim, nata da Pat e Bill, che ieri stava meditando a Kopan. La ricordi? C’era un Kim che ieri meditava a Kopan?

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Kim: Sì Rinpoce: Eri tu o qualcun altro? Credere che la mente abbia un inizio contraddice completamente la nostra esperienza. Non è vero che la mente ha un inizio. Non è la nostra esperienza, né quella degli altri, non è l’esperienza di nessuno! La mente senza inizio e la memoria Poiché la coscienza di oggi continua dalla coscienza di ieri, sei in grado di ricordare oggi che ieri eri a Kopan, che avevi un dolore alle ginocchia durante le sessioni di meditazione, che hai avuto questa e quella conversazione con la tale e talaltra persona. Allo stesso modo, la tua coscienza continua dall’anno passato e da quando eri un bambino. Il motivo è molto semplice: puoi ricordarlo. Anche se non ricordi ogni singola cosa che hai fatto da bambino, ne ricordi molte. Puoi ricordare che hai giocato, ricevuto regali, che sei stato felice e infelice, proprio per la continuità della coscienza. Oggi puoi ricordare tutte queste cose perché c’è continuità della coscienza fin da allora. Spesso non ricordiamo le cose. Per esempio, quando parlo, dimentico che cosa ho detto all’inizio. Non c’è bisogno di andare molto indietro nel tempo, basta pensare a ieri o a stamani. Non ricordiamo neppure che cosa ci è successo stamani. Il fatto che non ricordiamo le vite precedenti non costituisce una prova valida che non esiste una mente senza inizio, che la coscienza non provenga dalle vite passate. Se credessimo che le cose non esistono per il semplice fatto che non le ricordiamo, dovremmo accettare che tutte le azioni che non ricordiamo di aver fatto – mangiare, parlare, viaggiare – non sono accadute. È ridicolo! Se dicessimo che certe cose non sono accadute semplicemente perché non le ricordiamo, le altre persone che ricordano che le abbiamo fatte – viaggiato nel tal posto, fatto quelle azioni quando eravamo bambini – penserebbero che siamo pazzi. Allo stesso modo, anche se attualmente non ricordiamo le nostre vite passate e diciamo: “Le vite passate e future non esistono perché non ricordo le vite passate, né vedo le vite future”, ci sono altre persone con una potenza mentale più evoluta che possono vederle. Così come certe persone che possono ricordare episodi della nostra vita infantile che noi non ricordiamo, le persone che vedono le vite passate e future considerano il nostro ragionamento sbagliato e ignorante. Affermare che non esistono vite passate e future denuncia la nostra ignoranza a coloro che hanno una mente più evoluta. La mente senza inizio e la sofferenza

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Se non vi fosse una coscienza prima della nostra nascita che continuasse come tale in questa vita, se non vi fossero pensieri afflittivi che continuano in questa vita, non vedo perché dovremmo sperimentare la sofferenza. Se la coscienza e i pensieri afflittivi (come l’ignoranza che non comprende la natura dell’io) e le impronte di tali pensieri non continuassero in questa vita, provenendo dalle vite passate, non vedo nessuna ragione per essere nati nella sofferenza. Se l’ignoranza, la radice delle nostre sofferenze fisiche e mentali in questa vita, non continuasse dalla nostra vita passata, non vedo perché dovremmo essere nati e perché dovremmo soffrire. Non abbiamo alcun desiderio di soffrire, ma sperimentiamo la sofferenza. Se prima della nascita non vi fosse l’ignoranza che continua in questa vita, sarebbe possibile la sofferenza di adesso? Sarebbe possibile nascere soffrendo? I corpi dei nostri genitori sono della natura della sofferenza: è per questo motivo che il nostro corpo, che proviene dai nostri genitori, soffre? Studente: Perché c’è bisogno di più di una vita per soffrire? Posso immaginare di essere nato per soffrire e anche che ho solo questa vita da vivere. Non penso che ci sia bisogno di vite passate per soffrire. Questa sola vita è fatta di sofferenza. Rinpoce: Sei nato per soffrire? Sembra che tu sia realistico. Viaggi per soffrire? Mediti per soffrire? Mangi e dormi per soffrire? Studente: Sto già soffrendo. Ho capito dagli insegnamenti buddhisti che dobbiamo soffrire e che impariamo dalla sofferenza. Sono d’accordo su questo. Ma lei ha chiesto se posso immaginare di essere nato in questa vita di sofferenza senza il motivo di una vita precedente: posso farlo. Posso immaginare di nascere in questa vita di sofferenza senza nessun motivo e posso anche immaginare di avere avuto delle vite precedenti. Rinpoce: Tutti voi siete stati d’accordo sul fatto che questa vita è sofferenza a causa dell’ignoranza che continua in questa vita dalle vite passate. Adesso vi chiedo se è possibile che siamo nati nella sofferenza perché il nostro corpo proviene dai genitori, che hanno corpi della natura della sofferenza. È possibile che soffriamo non per la continuità dell’ignoranza dalle nostre vite passate in questa, ma a causa dei corpi dei nostri genitori? Seminando un seme di pianta velenosa, cresce una pianta velenosa. Allo stesso modo, non potremmo soffrire perché i nostri corpi nascono dai nostri genitori? Studente: È vero che ogni pianta nasce da un seme e che il nostro corpo viene dai nostri genitori. E so anche di provare la sofferenza in questa vita. Non capisco, invece, perché debba accettare l’idea delle vite precedenti per capire la mia sofferenza di oggi e come superarla in futuro. Rinpoce: Quando abbiamo una malattia, il medico ce ne spiega lo sviluppo: ciò che abbiamo è stato causato da una dieta o da uno stile di vita sbagliati di questi ultimi anni e così via. Non abbiamo forse bisogno di scoprire queste cause per curare la malattia? Conoscendo l’origine della malattia, possiamo dedicarci a eliminarne le cause.

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La malattia che causa sofferenza ha un suo decorso. Non appare improvvisamente. Ha una causa o no? La causa, non viene prima dell’effetto? Studente: Nel caso della malattia, certamente! Rinpoce: Allora la malattia di oggi è la continuazione della malattia di ieri. Se la malattia di oggi è il risultato, la malattia di ieri ne è la causa, vero? Questa malattia si sviluppa gradualmente e proviene da una causa. Giusto? Ora, è possibile avere una malattia senza una causa? Puoi avere la diarrea senza una causa? Ogni malattia ha una causa e la causa viene prima del risultato. Questo è il suo sviluppo generale. La mente senza inizio e le cause della sofferenza Nel primo secondo in cui pianti un seme nel terreno non puoi avere il frutto che cresce da questo seme. Il frutto non spunta nel primo secondo. Non è questo il suo sviluppo. Dipendendo dalla sua causa diretta, il seme, e da condizioni esterne, come i minerali del suolo e l’acqua, la pianta emette un germoglio. Il germoglio, gli steli, i fiori, il frutto, sono la continuità di quel seme. Se vi sono condizioni favorevoli, il seme cresce bene, altrimenti no. La stessa cosa accade per la malattia. In relazione a condizioni come la dieta, lo stile di vita ecc., si sviluppa la malattia. Tuttavia i medici occidentali trattano le condizioni piuttosto che le cause reali della malattia. Nelle spiegazioni mediche che provengono dal Buddha, i medici tibetani rintracciano l’intera evoluzione della malattia. Hanno perfino disegnato un albero che ne mostra le cause-radice: l’ignoranza, l’attaccamento e la collera. I tre tipi di disturbi, del flemma, della bile e dei venti derivano rispettivamente da quelle menti negative, questi modi errati di pensare. I testi della medicina tibetana collegano le malattie ai differenti tipi di mente che dominano la persona: un individuo con molta collera è più soggetto ai disturbi della bile, e così via. I dettagli di questi processi sono tutti descritti nei testi. Nel disegno dell’albero, i tre disturbi fondamentali sono alla radice, con molte ramificazioni di malattie che derivano da questi. La spiegazione essenziale è che tutte le malattie nascono dai fattori interni della mente: l’ignoranza, l’attaccamento e la collera. Il seme della malattia è l’ignoranza che non riconosce la natura ultima dell’io e degli aggregati. Da qui nascono l’attaccamento, la collera e tutti gli altri innumerevoli pensieri afflittivi; le azioni negative del corpo e della parola sorgono da queste concezioni errate. Queste concezioni errate sono il seme della malattia. Per esempio, il cancro si sviluppa essenzialmente dall’attitudine impura dell’attaccamento. Tramite l’attaccamento si compiono le azioni negative verso gli altri. In generale, vi sono tre azioni negative del corpo: uccidere, rubare e la condotta sessuale

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scorretta. Queste tre azioni diventano negative quando sono compiute con un’attitudine egocentrica, come l’attaccamento. Anche le quattro azioni negative della parola – mentire, parlare duramente, calunniare e spettegolare – possono essere compiute con l’attitudine impura dell’attaccamento. Dei tre stati negativi della mente – brama, malevolenza e concezioni errate – la brama è connessa all’attaccamento. Le azioni vengono compiute con menti impure, come l’attaccamento appunto, che sono le cause interiori della malattia. Se piantate un seme velenoso crescerà una pianta velenosa. Se piantate un seme medicinale crescerà una pianta medicinale. In modo simile, se l’attitudine di base non è macchiata da motivazioni egoistiche, da queste tre menti avvelenate dell’ignoranza, dell’attaccamento e della collera, le azioni del corpo e della parola compiute con un’attitudine pura creeranno un buon karma e daranno il frutto della felicità. Le azioni negative creano problemi in questa e in altre vite perché sono compiute con una motivazione impura. Quando qualcuno crea un karma negativo compiendo un’azione dannosa con un’attitudine negativa, se incontra le condizioni esterne appropriate può sorgere un cancro. Qual è la causa del sorgere delle condizioni esterne? Gli elementi esterni danneggiano, invece di essere di beneficio, quando esistono le cause interne di attitudini errate e di azioni nocive. In questo modo gli altri esseri, umani o non umani, possono diventare condizioni avverse che ci criticano, ci trattano male o perfino ci uccidono. Allo stesso modo, un bambino non nasce deforme semplicemente perché esistono dei geni mancanti nell’ovulo fecondato dei suoi genitori. Non è colpa dei genitori. Se un individuo non crea azioni non virtuose con la sua mente impura, non vi saranno condizioni interne per un corpo imperfetto. Se non vi è una causa interna, non vi sarà nessun ovulo che diventi la condizione di un corpo deforme. Non vi sarà nessuna causa interna che faccia sì che un ovulo imperfetto diventi la condizione di un corpo imperfetto. Non vi sarà nessun motivo che spinga una coscienza a installarsi in un ovulo imperfetto fecondato. Se non fosse così, se la coscienza che s’installa in un ovulo imperfetto con geni mancanti (la causa fisica del corpo deforme) non dipendesse dalla causa interna dei pensieri e delle azioni errate della persona, sarebbe possibile sperimentare la sofferenza anche se la nostra mente fosse completamente pura, incontaminata da collera, attaccamento o ignoranza. Ciò significherebbe che potremmo sperimentare la sofferenza senza nessun errore da parte nostra. Senza dipendere da una causa karmica interna e dai pensieri afflittivi, la nostra coscienza nascerebbe in un ovulo imperfetto e potremmo nascere con un corpo deforme. Se la nostra mente fosse completamente pura ma continuassimo a sperimentare la sofferenza della nascita, della malattia, dell’invecchiamento, della morte, la fame, la sete e così via, non avrebbe senso praticare la meditazione. Se continuassimo sempre a sperimentare la sofferenza e avere ignoranza, collera e attaccamento, non avrebbe senso praticare la meditazione. Non avrebbe senso praticare nessun tipo di sentiero spirituale.

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LA MENTE E IL SUO POTENZIALE

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Qualsiasi impegno mettessimo nel purificare la nostra mente, le sofferenze e le afflizioni mentali sorgerebbero nuovamente da sole. Non vi sarebbe modo di ottenere una felicità inesauribile, un’inesauribile liberazione. Anche se oggi la nostra mente fosse completamente pura, libera da ignoranza, collera e attaccamento, domani potrebbe diventare impura e sperimentare la sofferenza. Tuttavia, non è questa la nostra esperienza. Pensare così è solo un modo di deprimerci. Lo sviluppo della mente e la fuga dalla sofferenza apparirebbero allora senza speranza e il sentiero spirituale si trasformerebbe in menzogna. La mente senza inizio e un creatore separato Se le cause della sofferenza – ignoranza, collera e attaccamento – sorgessero nella nostra mente senza causa, significherebbe che una mente separata le ha create per noi? Se qualcun altro fosse il creatore della nostra sofferenza, non vi sarebbe senso nell’impegnarsi a sviluppare la nostra mente, perché un tale sviluppo dipenderebbe da un altro essere. Dal momento che il creatore della nostra sofferenza e della nostra felicità sarebbe qualcun altro, non saremmo liberi. Perché questo essere, Brahma o un altro, avrebbe creato il mondo e i suoi abitanti? Non sarebbe stato meglio se non li avesse creati? Se il mondo non fosse stato creato, non ci sarebbero conflitti e pericoli di guerre nucleari. Se indaghiamo in questo modo, ne concluderemo che è stato folle creare questo mondo. È molto difficile compiere buone azioni, come praticare la pazienza, la gentilezza amorevole e la compassione verso gli altri, ma le azioni negative accadono costantemente. Pensate a voi stessi e agli altri esseri nel mondo, alle storie che sentite tutti i giorni. Allora, non sarebbe meglio se questo essere non mi avesse creato? Tutti i miei problemi e i danni agli altri non sarebbero accaduti. Potete rendervi conto che questo ragionamento non ha senso. Se non fossimo i creatori della nostra sofferenza e della nostra felicità, non avremmo libertà. Se siamo noi i creatori, sofferenza e felicità sono nelle nostre mani. Possiamo abbandonare le cause della sofferenza e porre le cause della felicità. Se il creatore siamo noi, abbiamo la libertà di ottenere quanta felicità vogliamo. Se il creatore è qualcun altro, non c'è speranza. In genere, per certe persone credere in un creatore separato (anche se ciò non è lo sviluppo effettivo) è un modo di controllare la propria mente. La fede in un creatore e la paura nei suoi confronti le portano a praticare la moralità, a controllare i pensieri violenti e le azioni che danneggerebbero se stesse e gli altri. Abbandonando tali azioni violente, questo tipo di persone non creano ostacoli alla propria felicità, né la causa della sofferenza in questa e nelle vite future. La mente senza inizio e le cause della sofferenza

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Per tornare al bambino con le deformità, la causa interna delle attitudini e azioni impure, come le dieci non-virtù, fa sì che la coscienza nasca in un ovulo fecondato imperfetto. La causa interna permette che l’ovulo imperfetto sia la condizione di un corpo deformato. Per il cancro, ad esempio, se si accumulano le cause interne, l’individuo può imbattersi in condizioni esterne come i naga e gli spiriti femminili (mamo) che provocano il cancro con il loro respiro velenoso. È un fenomeno analogo alla diffusione della TBC. Quando le persone affette parlano, i germi possono entrare nella bocca e nel naso degli altri, che si ammalano. Ancora, questa è la condizione per contrarre la malattia, non la sua causa. Allo stesso modo, i naga e gli spiriti femminili emettono un respiro velenoso che può entrare nelle persone che hanno già stabilito le cause interne per il cancro, accumulando il karma delle concezioni errate e delle attitudini impure ed egoistiche. Respirando una tale aria velenosa, si sviluppano il cancro, le malattie contagiose ecc. (meditando su certi Buddha che prevengono le malattie e altre avversità e recitandone i mantra, è possibile guarire dal cancro e dalle malattie contagiose senza prendere nessuna medicina). Quando circola il raffreddore, molti ne rimangono colpiti. Eppure c’è sempre qualcuno che non ne rimane contagiato, anche se intorno a lui vi sono molte persone ammalate. Può restare in un tale ambiente anche per due o tre mesi, ma ne rimane immune. Le condizioni esterne non possono fornire una spiegazione, bisogna cercarla altrove. Perché alcune persone si ammalano e altre no, pur vivendo nello stesso ambiente? Ancora, durante le guerre, quando una pioggia di proiettili cade in un campo di battaglia, alcuni soldati sono colpiti dalle pallottole e muoiono, altri non vengono affatto colpiti. Queste persone sono tutte nello stesso spazio, esposte allo stesso pericolo. Queste sono esperienze comuni. Per coloro che hanno già creato le cause interne, il karma e i pensieri afflittivi, le condizioni esterne delle pallottole o delle malattie diventano l’occasione per riceverne il danno. Chi è esposto alle stesse condizioni, ma non ha creato le cause interne, non è esposto alla morte. In una famiglia di dieci bambini, uno in particolare nasce con un corpo imperfetto. Perché? Perché tutti gli altri bambini sono stati concepiti quando gli ovuli erano perfetti e quest’ultimo no? Le afflizioni mentali e le azioni non virtuose di questo bambino hanno agito in modo che un ovulo imperfetto diventasse la condizione per un corpo malformato. Sono queste le vere cause che lo hanno fatto nascere in quel momento e in quell’ovulo fecondato. Questa è la ragione per cui è stato concepito proprio in quel momento. Se non fosse stato concepito in quel momento, non avrebbe avuto un corpo imperfetto. Sorgere - dipendente

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Dovete accettare che la causa viene prima del risultato. È un processo comune che potete vedere con i vostri occhi. Se non lo accettate, qualcuno potrebbe consigliarvi uno psichiatra! La malattia ha una causa e la causa deve avvenire prima della malattia. La stessa cosa accade con i pensieri afflittivi: non avvengono senza una causa. Il primo istante dei pensieri afflittivi di questa vita deve avere una causa. Se i pensieri afflittivi di questa vita non provenissero dalle vite passate, sarebbero veramente esistenti, senza causa, permanenti; sarebbero non creati ed esisterebbero in modo indipendente. Se le nostre attuali afflizioni mentali esistessero senza dipendere da noi, senza dipendere dalle afflizioni mentali delle nostre vite passate, esisterebbero in modo indipendente, senza dipendere da cause e condizioni, da una base e da un pensiero designante, senza dipendere da nulla di tutto ciò. In questo caso le nostre afflizioni sarebbero permanenti e non potremmo fare niente per loro. Una volta che ci arrabbiassimo, saremmo sempre arrabbiati. Dal primo istante in cui ci arrabbiassimo in questa vita, fino alla morte, saremmo sempre arrabbiati, giorno e notte. Saremmo arrabbiati anche durante il sonno. Dalla prima volta che provassimo attaccamento per un oggetto, continueremmo a provare attaccamento per quell’oggetto, per sempre. Ancora, se i pensieri afflittivi esistessero indipendentemente, dalla loro parte, non avrebbero bisogno di nessun oggetto per manifestarsi. Per far sorgere l’attaccamento, non avremmo bisogno di nessun oggetto. Se la collera fosse indipendente, potrebbe sorgere senza incontrare nessun oggetto indesiderabile. La collera, invece, non è indipendente ma sorge in modo dipendente: dipende dall’oggetto e dal pensiero, o dalla sua interpretazione. Per esempio, per educare un bambino in modo che in futuro possa avere successo e una vita felice, i suoi genitori potrebbero picchiarlo quando è pigro e rifiuta di studiare. All’inizio il bambino interpreterà come un danno le azioni dei suoi genitori – mandarlo a scuola, non lasciarlo giocare, rimproverarlo e picchiarlo quando non va a scuola – e si arrabbierà. Potete dunque notare che la sua collera sorge in modo dipendente. Più tardi, quando sarà adulto e ricorderà come è stato trattato da bambino dai genitori, li considererà premurosi, dediti al suo bene piuttosto che al suo danno. Si renderà conto del loro buon cuore nel preoccuparsi di dargli una corretta educazione e una buona vita. Vedrà come buona la loro attitudine, e come benefiche le loro azioni di rimprovero e punizione. Quando più tardi interpreterà le azioni dei suoi genitori, proverà verso di loro un’amorevole gentilezza, invece della collera. Con la prima interpretazione sorge la collera. La collera si dissolve vedendo le loro azioni come benefiche: non ha più ragione di essere in collera con loro. La collera e la malevolenza, che nutriva nella sua mente da tanto tempo, scompare completamente. Comprende il motivo delle loro azioni, il loro buon cuore, la gentilezza amorevole nell’occuparsi di lui e i benefici delle loro azioni. “Se non mi avessero trattato in questo modo, se non si fossero occupati di me, adesso non avrei nessuna educazione e non avrei successo”.

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La collera è sorgere dipendente; essa sorge in dipendenza di cause e condizioni e noi possiamo bloccarla contando su altre condizioni. La collera non esiste in modo indipendente. Anche l’attaccamento è sorgere dipendente; esso sorge in dipendenza di cause e condizioni e può essere bloccato da altre cause e condizioni. Ricordando i difetti dell’oggetto di attaccamento, la sua impermanenza o la sua natura ultima, è possibile recidere l’attaccamento e vivere nella pace mentale e nel rilassamento. Se l’attaccamento non avesse una causa, se non continuasse dalle vite precedenti, dovrebbe esistere in modo indipendente, dalla sua parte, senza essere creato. Se l’attaccamento esistesse indipendentemente dalle sue cause e condizioni, non potrebbe essere controllato in nessun modo, non vi sarebbe possibilità di essere liberati dalla sofferenza, dalla vera causa della sofferenza, dal karma e dai pensieri afflittivi. Se pensate allo sviluppo della sofferenza, che la sofferenza di questa vita proviene dalle vite passate, allora comprenderete che la sofferenza è sorgere dipendente. Più chiara e profonda sarà la vostra comprensione del suo sviluppo, più conoscerete come liberarvene. Più riconoscerete le sue cause in modo chiaro, più sarà facile eliminarla. L’ignoranza di oggi proviene dall’ignoranza di ieri, e quella di ieri dall’ignoranza dall’altro ieri. La stessa cosa avviene di vita in vita. L’ignoranza di questa vita continua da quella passata, che continua dalla vita ancora precedente. La continuità dell’ignoranza non ha inizio e quindi l’ignoranza di oggi, di questa vita, è senza inizio. In modo analogo, la continuità della coscienza non ha inizio. Se meditiamo e analizziamo bene le cose, ci rendiamo conto che è errato pensare che i pensieri afflittivi, la causa della sofferenza, siano iniziati in questa vita, senza continuità con le vite precedenti. Che cosa accadrebbe se ci fosse un inizio? Analizzate se questo concorda o contraddice l’esperienza valida della vita quotidiana. Non affidatevi alla fede cieca, che non quadra con la logica o con la vostra esperienza. Pensando a tutte le vite precedenti, potete convenire che l’ignoranza sia senza inizio. Più capirete che l’ignoranza di questa vita proviene da quella della vita passata, che l’ignoranza di oggi continua dall’ignoranza di ieri, più vi sarà facile capire la continuità senza inizio dell’ignoranza. La mente senza inizio e la bodhicitta Perfino chi non crede nelle vite passate e future può provare compassione per un singolo essere, come un amico o un uccello malato. Quando vediamo un cane ferito o una persona malata, può sorgere in noi una grande compassione. Tuttavia, per provare gentilezza amorevole e compassione verso tutti gli esseri senzienti, abbiamo bisogno di sviluppare la bodhicitta, la mente altruistica che desidera ottenere l’illuminazione per il bene di tutti. Bodhicitta è la causa dell’illuminazione, della mente onnisciente necessaria a guidare perfettamente tutti gli esseri senzienti, senza il minimo errore, verso la liberazione da tutti le oscurazioni e sofferenze, fino alla piena illuminazione.

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Sia che una persona pratichi il Paramitayana sia che pratichi il sentiero tantrico [Tantrayana o Vajrayana] verso l’illuminazione, prima di tutto deve entrare nel sentiero Mahayana generando bodhicitta. Questa bodhicitta sorge da una base di gentilezza amorevole e di compassione verso tutti gli esseri senzienti che hanno una mente oscurata. Per generare la bodhicitta potete adottare la pratica mahayana delle sei cause e un effetto, il metodo trasmesso da Buddha Shakyamuni a Buddha Maitreya, Asanga, Chandrakirti e altri pandita, oppure il metodo che eguaglia e scambia se stesso con gli altri, trasmesso da Lama Serlingpa, Shantideva, Lama Atisha, Dromtonpa e altri. Per generare bodhicitta con il primo metodo, dovete comprendere che tutti gli esseri senzienti sono stati vostra madre, nonché gentili con voi per un numero infinito di volte. Quindi svilupperete il desiderio di ricambiare ogni essere senziente. Il fatto che tutti gli esseri senzienti siano stati vostre madri non significa che il vostro corpo attuale sia nato da tutti gli esseri senzienti, ma che i corpi delle vostre innumerevoli vite sono nati da tutti gli esseri senzienti. Ancora, per capire la profonda gentilezza delle madri esseri senzienti, dovete pensare alle vite passate e future. Dovete comprendere come tutta la vostra felicità, inclusa quella presente, dipenda completamente dagli esseri senzienti. Se comprendete che tutti gli esseri senzienti sono stati gentili nei vostri confronti infinite volte, proverete il desiderio di ricambiarli. Il passo successivo contempla lo sviluppo di una grande gentilezza amorevole e di una grande compassione. Pabongka Decen Gningpo afferma che non è stabilito quale di questi due pensieri si manifesti per primo. Kunu Lama Rinpoce, comunque, soleva dire che la grande gentilezza amorevole sorge poco dopo la grande compassione. Da qui nasce il pensiero di prendere volontariamente solo su di sé, la responsabilità di liberare tutti gli esseri senzienti da tutte le oscurazioni e le sofferenze, e condurli fino all’illuminazione. Per questo motivo, tu stesso hai bisogno di ottenere l’illuminazione. Questa è la bodhicitta. La bodhicitta che sentiamo sorgere durante la meditazione è come l’involucro di una caramella. Quando qualcuno ci disturba o ci tratta male e noi sentiamo spontaneamente nel cuore questo pensiero: “ Devo ottenere l’illuminazione per questo essere. Devo liberarlo da tutti gli oscuramenti e condurlo all’illuminazione”, questa bodhicitta è come la caramella. E lo è anche quando incontrate un amico e pensate naturalmente: “Devo ottenere l’illuminazione per questo essere senziente”. Se questa sensazione, questo sentimento, sorge senza sforzo, senza bisogno di meditare che gli esseri senzienti sono stati gentili e vostre madri, questa bodhicitta è come la caramella. Quella che sorge durante la meditazione è come leccare la carta che l’avvolge: in realtà non mangiate nessuna caramella, state solo leccando un sapore dolce dall’involucro. Provare una bodhicitta spontanea è come avere in bocca la caramella. Per realizzare la bodhicitta dobbiamo mettere in atto la rinuncia a tutto il samsara, e per sviluppare avversione per tutta la sofferenza del samsara dobbiamo pensare alle spiegazioni delle vite passate e future, pensare a tutte le sofferenze passate. Nelle vite

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passate gli esseri senzienti hanno avuto con noi tutti i tipi possibili di relazione: sono stati amici, nemici ed estranei. Tutti gli esseri senzienti sono stati nostri padri, madri, fratelli, sorelle, mogli, mariti, figli… tutto. Per avere bodhicitta dobbiamo creare questo fondamento: la rinuncia a tutto il samsara. Per realizzare la rinuncia, dobbiamo comprendere la vera sofferenza e la vera causa della sofferenza. La mente senza inizio e la rinuncia Per sviluppare avversione per l’intero samsara dobbiamo comprendere la vera sofferenza, il che significa comprendere la causa della sofferenza attraverso i dodici anelli. È molto importante pensare alle vite passate, è di estrema utilità studiare le nostre vite. Studiare l’evoluzione della mente, la connessione tra questa vita e quelle passate, è di un incredibile beneficio. È molto meglio che studiare quanti nepalesi hanno il gozzo o quanto misura la loro testa… o quante farfalle ci siano in Nepal. In breve, la vera sofferenza di questa vita comprende la nascita, la vecchiaia, la malattia e la morte. Abbiamo già vissuto la sofferenza di nascere in questa vita, stiamo sperimentando l’invecchiamento e la malattia e poi sperimenteremo anche la morte. In relazione ai dodici anelli della vita presente, dopo che la coscienza si è installata in un ovulo fecondato vengono nome e forma, le basi sensoriali, il contatto e la sensazione, poi la vecchiaia e la morte. È vera sofferenza perché questi processi avvengono sotto il controllo del karma e delle afflizioni mentali. Quando parliamo del karma e delle afflizioni mentali come causa dell’attuale esistenza ciclica, e anche per spiegare la nascita, la vecchiaia, la malattia e la morte, dobbiamo parlare della vita prima di questa. La causa di questo samsara proviene dalla vita precedente. Come ho detto in precedenza, se piantate un seme nella terra, non potete avere il suo frutto nell’istante in cui lo piantate. In modo analogo, dovete analizzare come il karma e le afflizioni mentali siano state create nella vita precedente. Sia che fossimo stati animali o umani, la brama e l’attaccamento sono sorti al momento della morte e hanno rafforzato il seme deposto nel flusso della coscienza dall’ignoranza e dalle formazioni karmiche. Ciò che è chiamato ‘divenire’ è accaduto quando il seme era pronto a produrre il suo germoglio, questo attuale samsara. A causa di queste tre passate afflizioni mentali –ignoranza, brama e afferrarsi – e delle formazioni karmiche create dall’ignoranza, in prossimità della morte della vita immediatamente precedente, il seme era pronto a produrre l’esistenza ciclica di questa vita presente, in questo reame samsarico. Ancora, dobbiamo comprendere che a causa dei nostri aggregati contaminati dal seme del karma e delle afflizioni mentali, quando incontriamo i vari oggetti della vita sorgono le varie afflizioni, come l’attaccamento e la collera, e così creiamo ancora del karma negativo. Tutte le volte che viviamo un pensiero afflittivo, l’azione (karma) forma il

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samsara di una vita futura. Ogni giorno, mentre sorgono la collera, l’attaccamento e molte altre afflizioni, si formano i samsara di molte altre vite. Finché non osserviamo la mente in continuazione e non applichiamo la meditazione per controllare l’ignoranza, la collera l’attaccamento e l’egoismo, creiamo ogni giorno le cause per il samsara di molte vite future. Se non applichiamo le meditazioni del sentiero graduale di scopo minore, intermedio e superiore, la nostra mente sarà incessantemente controllata dalle afflizioni mentali e incessantemente creeremo del karma negativo. In un solo giorno, con questi aggregati, creiamo centinaia di migliaia di samsara. È un pensiero terrificante. Una mente non controllata è incredibilmente pericolosa, provoca sofferenza senza sosta. Per questo motivo dobbiamo pensare alle nostre vite future. Pensando alle vite passate e a quelle future, comprendendo le cause della sofferenza, possiamo controllare facilmente la nostra mente. Con questa profonda comprensione possiamo controllare la nostra mente. Da qui nasce anche l’ispirazione a studiare e realizzare la vacuità, che è l’unico rimedio diretto per recidere la radice della sofferenza, del samsara. Ciò ispira ad ascoltare gli insegnamenti, a riflettere, a meditare e a metterli in pratica. Se non abbiamo una solida base di conoscenza del samsara, anche se ricevessimo l’insegnamento più segreto e profondo sulla vacuità saremmo come una persona che non si rende conto di essere malata e che, anche se gli dessimo la medicina più costosa, non ne avrebbe cura né la prenderebbe in modo appropriato. La rinuncia e la bodhicitta Poiché sentiamo che il nostro samsara è insopportabile, guardiamo gli altri e ci rendiamo conto che anche il loro è insopportabile, che anche loro soffrono nell’esistenza ciclica, attaccati dal karma e dalle afflizioni mentali, la vera causa della sofferenza. Allora sorge una forte compassione e, da questa, un’intensa bodhicitta. Le realizzazioni tantriche si ottengono più rapidamente con bodhicitta e ben presto saremo in grado di guidare tutti gli esseri senzienti velocemente e perfettamente verso l’illuminazione. Più forte è la bodhicitta e più rapidamente otterremo l’illuminazione. La Guida allo stile di vita del bodhisattva [Shantideva] spiega: “Avendo ottenuto questo prezioso corpo con le sue libertà (che significa possedendo le otto libertà e le dieci ricchezze), se non addestri la mente nella virtù, non c’è nessuna cosa più ignorante di questa”. Quando abbiamo tutte le opportunità, se non addestriamo la nostra mente nella virtù, non c’è rovina più grande al mondo. Non esiste perdita maggiore dello spreco della propria preziosa rinascita umana, di non renderla benefica addestrando la nostra mente nella virtù, nel metodo e nella saggezza nel sentiero verso l’illuminazione. Vi sono tre sentieri verso l’illuminazione: Hinayana, Paramitayana e Vajrayana. Ognuno di essi ha metodo e saggezza.

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La bodhicitta è la fonte di ogni felicità per noi stessi, e se generiamo bodhicitta, come guru Shakyamuni Buddha, noi stessi diventeremo la fonte della felicità temporale e ultima di tutti gli altri esseri senzienti. La nostra occasione di ottenere tutta questa incredibile felicità, ora e in futuro, proviene dalla bodhicitta di Buddha e dal buon cuore verso tutti gli esseri senzienti. Possiamo anche generare il prezioso pensiero della bodhicitta, che non è altro che il buon cuore assoluto. Abbiamo ricevuto il migliore dei corpi con il quale possiamo generare un’intensa gentilezza amorevole, la compassione e la bodhicitta. Nella Lettera ad un amico Nagarjuna dice: “Gli esseri umani possono generare una potente bodhicitta, ma non possono farlo né i deva né i naga”. Perché possiamo generare bodhicitta, che produce il successo temporale e definitivo nostro e degli altri, in modo facile e potente? In questo mondo umano meridionale dove viviamo, vi sono molti problemi, perciò è molto facile per noi generare una forte rinuncia al samsara realizzandone la sua natura di sofferenza. Perciò è anche molto facile generare la compassione verso gli altri esseri senzienti. Poiché sviluppiamo una forte compassione, sviluppiamo anche una forte bodhicitta e otteniamo facilmente l’illuminazione. Ciò non è possibile in altri continenti umani. Questa rinascita umana preziosa Prima di tutto abbiamo ricevuto questo corpo. Un altro punto è che abbiamo incontrato gli insegnamenti mahayana, che rivelano la pratica delle sei paramita, o perfezioni, del bodhisattva. Dopo aver generato bodhicitta, si pratica la condotta del bodhisattva, le sei perfezioni che beneficiano gli altri esseri senzienti. Abbiamo anche incontrato l’amico virtuoso mahayana, da cui abbiamo ricevuto gli insegnamenti e i voti come gli otto precetti mahayana e che può rivelarci il sentiero completo verso l’illuminazione, dall’inizio alla fine. Abbiamo avuto l’opportunità di incontrare un tale maestro e di riceverne gli insegnamenti. In quanto principianti, l’unico corpo con cui possiamo ottenere l’illuminazione nell’arco di una breve vita, in pochi anni, e rapidamente compiere il bene degli esseri senzienti, è il corpo umano del continente meridionale. Siamo nati qui e abbiamo un corpo umano costituito dalle tre sostanze bianche ricevute dal padre e dalle tre sostanze rosse ricevute dalla madre. Un tale corpo, nato dall’utero e costituito da queste sei sostanze, è necessario per praticare il tantra, specialmente il tantrayoga superiore. Questo è l’unico corpo con cui un principiante può ottenere l’illuminazione in pochi anni, e noi lo possediamo. Soprattutto, siamo nati in un mondo con ventiquattro luoghi sacri di Chakrasamvara, un aspetto di Buddha. Se pratichiamo il sentiero tantrico di Chakrasamvara, mentre meditiamo, le dakini (l’aspetto femminile con alte realizzazioni tantriche) di questi ventiquattro luoghi sacri benedicono il nostro corpo, i nostri chakra e la nostra mente-vento. Queste dakini vedono da lontano chiunque pratichi un sentiero tantrico come quello di Chakrasamvara e benedicono un tale praticante. A causa della benedizione

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delle dakini, si diventa rapidamente in grado di conseguire la luce chiara e si può ottenere l’illuminazione in questa vita. Il nostro mondo possiede questi ventiquattro luoghi sacri. Quindi, fin da ora, abbiamo ogni possibilità di sviluppare la nostra mente, ottenere l’illuminazione e compiere velocemente il bene degli esseri senzienti. Ci sono tutte le condizioni, fin da ora. Se non sviluppiamo la nostra mente attraverso l’ascolto, la riflessione, e la meditazione useremo questo corpo solo per creare del karma negativo. Sembrerà allora che siamo nati solo per diventare più confusi e causare pene agli altri. Senza controllare la nostra mente, seguendo i nostri pensieri afflittivi o la nostra mente egoista usiamo questa preziosa vita umana per creare sofferenza. In questo modo, siamo nati per soffrire. Finché non ci addestreremo nel sentiero verso la liberazione e l’illuminazione, non saremo nati per la felicità ma per la sofferenza. In questo modo diventeremo legna da bruciare per gli inferni. Non c’è perdita più grave che sprecare questo prezioso corpo umano. Sia che viviamo nell’Est o nell’Ovest, in montagna o in città, soli o con gli altri, nella vita quotidiana la cosa più significativa è non essere egoisti. Questa dovrebbe essere la nostra pratica quotidiana. Sia che recitiamo preghiere o no, sia che meditiamo o no, qualunque sia il nostro stile di vita, la più grande causa della felicità e la migliore protezione per la nostra vita è eliminare la nostra mente egoistica e avere a cuore gli altri. Questa è la medicina migliore. Se possiamo agire in questo modo, le altre pratiche del Dharma verranno di conseguenza. Questa è la pratica fondamentale. Per quante migliaia di miliardi di parole possiamo dire, questa è la vera essenza. Se non facciamo questa pratica, la nostra vita sarà miserabile e confusa. Per quanto ricchi e ben educati si possa essere, non avremo felicità e non potremo aiutare gli altri esseri senzienti. Dedica Dedicate tutto il merito accumulato nei tre tempi da voi stessi e da tutti gli altri esseri senzienti per avere l’opportunità di aprire l’occhio della saggezza del Dharma e dissolvere l’ignoranza, la causa del samsara, la causa della sofferenza. E che si possa avere la possibilità di sviluppare ogni felicità che desideriamo.

Questo insegnamento è stato conferito da Lama Thubten Zopa Rinpoce durante il corso di meditazione a Kopan, Nepal, il 17 maggio 1987. La trascrizione è stata pubblicata con il permesso del Lama Yeshe Wisdom Archive.

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COMPRENDERE LA MENTE di Lama Zopa Rinpoce

Prima di cominciare il discorso, reciteremo e mediteremo sul Sutra del cuore, l’insegnamento essenziale del Buddha che recide la radice di tutte le sofferenze. Contemplate le parole che udirete. È sufficiente il semplice seguire le parole, anche se non ne comprendete il significato. Meditare sulla vacuità è il metodo essenziale per pacificare tutta la confusione generale della vita e in particolare gli ostacoli ad un vostro buon risultato nell’ascolto, riflessione e meditazione. La natura pura della mente La natura della mente è pura, è luce chiara, non mischiata con l’ignoranza. Anche se abbiamo ignoranza, la nostra mente non è mischiata con essa. Anche se abbiamo attaccamento e collera, la nostra mente non è un tutt’uno con l’attaccamento e l’odio. La natura della nostra mente è pura. Il problema consiste nel fatto che oscuriamo questa natura pura seguendo le tendenze egoiche e le concezioni errate. Queste inquinano la nostra mente impedendoci di svilupparne il pieno potenziale, e interferiscono con il suo risveglio. Le concezioni errate bloccano lo sviluppo della nostra possibilità mentale di avere una continua felicità temporale e definitiva e, soprattutto, ci impediscono di essere causa della felicità temporale e definitiva degli altri esseri senzienti. Più lasciamo uno specchio nella polvere, più si oscura. Anche se lo specchio ha la potenzialità di riflettere, se lasciamo che raccolga la polvere e non lo puliamo, la polvere gli impedirà di riflettere qualsiasi cosa. Le concezioni errate oscurano la mente continuamente allo stesso modo. Se non meditiamo sul sentiero corretto che può rimuovere queste macchie, anche se la nostra mente è completamente pura per natura e distinta dalle nostre oscurazioni, queste ultime diventeranno sempre più fitte e allora sarà molto difficile far maturare le potenzialità della nostra mente. Abbiamo la possibilità di sviluppare completamente le meravigliose capacità della nostra mente. Possiamo ottenere per noi stessi ogni tipo di felicità, perfino quella ultima, definitiva, e porre fine a tutti i problemi e a tutte le sofferenze. Possiamo anche compiere un ampio lavoro a favore di tutti gli esseri senzienti, portando ogni essere sofferente alla felicità della liberazione ultima. Possediamo l’incredibile potenziale di fare il bene di noi stessi e degli altri, che sono numericamente infiniti come lo spazio. Abbiamo la possibilità di offrire veramente tanto agli innumerevoli altri esseri! Tuttavia, non conosciamo il sentiero che possa effettivamente rendere puro il nostro continuum mentale, separandolo da tutte le macchie e le oscurazioni. Non conosciamo la cessazione della sofferenza e i metodi per ottenerla. Ancora, non conosciamo i differenti livelli della sofferenza e le sue cause interiori. Di base, non conosciamo la natura della nostra mente. Se la conoscessimo meglio, non vi sarebbero avversità. Il problema

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fondamentale del mondo è la mancanza di conoscenza della natura della mente. La ragione fondamentale di calamità quali le guerre religiose è la non-conoscenza della mente. Anche se esiste un minimo di conoscenza, non è stato messo un serio impegno nello sviluppo di tale comprensione. Se vi riflettiamo in profondità, vedremo che tutti i problemi del mondo provengono da ciò. Al momento attuale, la nostra mente è come un abito sporco o uno specchio coperto dalla polvere: poiché un abito sporco non è tutt’uno con la sua sporcizia, è possibile lavarlo e separarlo da essa. Se fosse un’unica cosa con lo sporco, non ci potrebbe essere modo di pulirlo. La definizione d’abito pulito è che è separato dalla sporcizia. La stessa cosa è per lo specchio: la polvere che ricopre lo specchio può essere eliminata. Se lo specchio fosse un tutt’uno con la sporcizia, non ci sarebbe nessuna possibilità di togliere la sporcizia se non eliminando l’intero specchio! La nostra mente non è un tutt’uno con le oscurazioni, ma è temporaneamente offuscata da esse, proprio come un abito sporco è temporaneamente annerito dalla sporcizia. È ovvio che è possibile pulire una casa dipendendo da cose come l’acqua, il detersivo e l’aspirapolvere. La mente si pulisce dipendendo dalla mente. È possibile rimuovere tutte le macchie mentali che bloccano lo sviluppo della pace interiore e della felicità ultima, e che provocano molta confusione e tanti problemi nella vostra vita. Con i corretti pensieri abili, con le corrette realizzazioni, potete eliminare i concetti errati che oscurano la mente. Non solo potete eliminare questi concetti distorti che sorgono e inquinano il vostro continuum mentale, ma potete purificare le macchie del passato. Abbiamo sempre questa possibilità, questa libertà. Si tratta soltanto di impegnarci nel rimuovere tali macchie mentali tramite l’ascolto, la riflessione e la meditazione. La nostra pace interiore e la felicità ultima dipendono completamente da noi. Anche se non meditiamo e non pratichiamo il Dharma, ma seguiamo le concezioni errate e creiamo karma negativo che inquina il nostro continuum mentale, la natura della nostra mente è pura. Questo grande potenziale è sempre lì presente, perciò non vi è dubbio che la natura della nostra mente è pura anche quando pratichiamo il Dharma. Anche con una piccola comprensione di ciò, possiamo scoprire come si possa sviluppare la mente. Attualmente osserviamo che la nostra mente è sopraffatta completamente dalle tendenze egoistiche o dalla collera, senza nessun pensiero di prendersi cura e beneficiare gli altri. La collera può manifestarsi ogni volta che vedete una persona o che qualcuno parla con voi. Anche se la vostra mente attuale può essere di questo genere, se comprendete la natura della mente non dovete scoraggiarvi o deprimervi. Non dovete pensare che vi è impossibile cambiare, che la vostra vita sarà sempre confusa. Ciò non è vero. Conoscendo la natura della mente, potete verificare che esiste una grande speranza: avete la potenzialità di cambiare, in modo da ottenere una mente serena e una vita migliore. La mente onnisciente

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Gli insegnamenti buddhisti spiegano che il continuum mentale può essere completamente separato da tutte le oscurazioni, o macchie mentali. Quando tutte le macchie saranno purificate, quel continuum mentale diventerà mente onnisciente. Se lavate un vestito sporco, per prima cosa va via lo sporco più grossolano, ma restano sempre delle altre macchie. Una volta rimosse anche quelle, l’abito è completamente pulito. In modo analogo, generare nella vostra mente il rimedio del sentiero rimuove le oscurazioni grossolane dei pensieri afflittivi e anche le oscurazioni sottili: a questo punto quel continuum diventa mente onnisciente. Una tale mente completamente risvegliata vede la verità convenzionale e la verità assoluta, o vacuità, che è la realtà dell’intera esistenza. Così come si vede una mela nel palmo della mano, la mente onnisciente vede direttamente e chiaramente il passato, il presente e il futuro d’ogni singolo essere esistente. Nello stesso tempo, tale mente vede tutti i fenomeni esistenti dei tre tempi. Mentre vede il passato, tale mente può vedere il presente e il futuro. Ottenendo lo sviluppo definitivo di una tale mente onnisciente, l’individuo acquisisce il potere perfetto di vedere tutti i vari livelli della mente e le caratteristiche di ciascuno e di tutti gli esseri senzienti, e di offrire loro i diversi mezzi idonei. Un tale essere lavora incessantemente e spontaneamente per gli esseri senzienti, guidandoli senza il minimo sforzo. Nel cielo sorge un’unica luna, ma i suoi riflessi sono incalcolabili perché c’è così tanta acqua su questa terra! Laghi, stagni persino rugiada. Così, appena sorge la luna, dovunque vi sia acqua chiara appare immediatamente e naturalmente un suo riflesso. Anche se non esiste la motivazione ‘adesso vado a riflettermi in tutte’, in tutte le varie raccolte d’acqua, inclusa la rugiada, appare un riflesso. I riflessi appaiono automaticamente. La stessa cosa avviene con lo sviluppo ultimo della mente onnisciente. Così come il sorgere dei riflessi, incessante e senza sforzo, allo stesso modo quell’individuo è in grado di agire per il bene degli esseri senzienti. Fino a quando tutti gli esseri senzienti non saranno illuminati, quell’individuo farà il loro bene, senza nessuna parzialità. Non accadrà che benefici coloro che lo amano o gli fanno offerte e trascuri coloro che lo criticano o si lamentano di lui, e non gli fanno offerte. Perché non c’è questo rischio? Perché il potere perfetto della mente onnisciente è ottenuto tramite l’addestramento nella compassione verso tutti gli esseri senzienti, e a questo punto finale l’addestramento della mente nella compassione è completato. Nel nostro mondo accade spesso che se qualcuno ha la capacità di aiutare gli altri, aiuta soltanto chi lo ama; non aiuta coloro che lo criticano, per esempio. Ciò accade perché la compassione per gli altri non è equanime. Avete compassione per tutti coloro che vi piacciono e vi aiutano, ma non per chi vi danneggia o vi critica. Quando beneficiate gli altri con corpo, parola e mente, fate il bene soltanto a coloro che vi piacciono. Non provate compassione per coloro che non vi beneficiano, anzi, verso di loro si rivolge la vostra collera. Dal momento che non vi siete addestrati nel generare la compassione

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verso coloro che vi danneggiano o vi criticano, sorge in voi la collera e l’antipatia e ciò vi trattiene dal fare il loro bene. Inoltre, tali pensieri sono la causa che vi spinge a danneggiarli. L’essenza degli insegnamenti del Buddha

Non commettere nessuna azione negativa gioire della perfetta virtù, dominare la propria mente: questo è l’insegnamento del Buddha.

Questo consiglio è l’essenza dell’insegnamento del Buddha. Tutta l’ignoranza e le oscurazioni che provocano confusione sorgono dalla mente. La liberazione, che significa purificazione da tutte queste oscurazioni, e la mente onnisciente, che ha infinite facoltà di beneficiare il numero infinito degli esseri senzienti, sono create dalla mente. Ogni cosa ha a che fare con la tua mente, tutta la sofferenza e la felicità della tua vita nascono dalla tua stessa mente. La sola ragione per la quale Guru Shakyamuni Buddha è disceso su questa terra è stata per guidare gli esseri senzienti fino alla liberazione, alla cessazione della sofferenza e alla grande liberazione, lo stato della mente onnisciente. Il suo solo scopo era condurre gli esseri senzienti alla felicità. In che modo il Buddha guida gli esseri senzienti alla liberazione? Come è spiegato negli insegnamenti:

I Possenti non lavano via il karma negativo con l’acqua, non eliminano la sofferenza con le loro mani, non trasferiscono le proprie realizzazioni negli altri. Gli esseri senzienti vengono liberati mostrando loro la realtà.

I karma negativi sono le azioni non virtuose che sono state accumulate e portano alle avversità. I Buddha non liberano gli esseri senzienti presentandosi con migliaia di autocisterne piene d’acqua e lavandoli con una pompa antincendio. ‘Non eliminano la sofferenza con le loro mani’ significa che i Buddha non rimuovono la sofferenza come si toglie una spina dal corpo. Dal momento che questi primi due metodi non sono quelli giusti, qualcuno potrebbe chiedersi: “Forse i Buddha trasferiscono le proprie realizzazioni negli esseri senzienti”. Ma non agiscono neppure in questo modo. In che modo i Buddha liberano gli esseri senzienti dalla sofferenza? Rivelando gli insegnamenti. Buddha ha esposto gli insegnamenti sulla sofferenza e sulle cause della sofferenza, sul sentiero della liberazione, la cessazione della sofferenza, e sulla grande liberazione o illuminazione, la cessazione anche delle oscurazioni sottili. Avendo realizzato ciò in prima persona, il Buddha spiegò in seguito le proprie esperienze agli altri esseri senzienti. In questo modo permise agli altri esseri di praticare e li guidò alla liberazione e all’illuminazione.

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In questa strofa ‘realtà’ o verità significa in particolare l’insegnamento sulla vacuità. Il Buddha ha spiegato la vacuità in particolare per sradicare la radice del samsara, la radice di tutte le sofferenze. Per ottenere l’illuminazione esistono due sentieri: il sentiero della saggezza e il sentiero del metodo. Il Buddha ha insegnato 84.000 istruzioni come rimedi per gli 84.000 pensieri afflittivi che gli esseri senzienti possiedono. L’insegnamento basilare delle 84.000 istruzioni è quello sulle Quattro Nobili Verità. Dopo che il Buddha ebbe mostrato l’azione di diventare illuminato, girò la prima ruota del Dharma con l’insegnamento delle Quattro Nobili Verità, a Sarnath, il luogo santo, in India. Tutti gli altri insegnamenti che spiegano il sentiero del metodo furono dati quale mezzo per aiutare ad attuare il sentiero della saggezza, che significa vacuità. Gli insegnamenti sulla vacuità sono i più indicati per liberare gli esseri senzienti dalla sofferenza. Vera sofferenza, vera causa

La malattia deve essere compresa, la causa deve essere abbandonata, la medicina deve essere accettata e la cura deve essere compiuta.

Così come Buddha Maitreya spiega negli Ornamenti dei Sutra, la sofferenza deve essere conosciuta, la sua causa abbandonata, il sentiero seguito e la cessazione attuata. Una persona può andare da un medico per un check-up solo per prudenza. Il medico esegue gli esami e gli rivela che ha un cancro. La persona non sapeva nulla di tutto questo prima di fare il check-up e la notizia la spinge a ricercare la causa della sua malattia. Se un paziente vuole conoscere le cause e il medico è in grado di farlo, gliele spiega. Con queste informazioni, il paziente sa come liberarsi dalle cause di qualsiasi malattia: sa come ottenere una cura. Dopo avere scoperto la malattia, ne conosce la causa, che deve essere abbandonata. Per rimuovere la causa e la malattia, il paziente si affida alle medicine e ottiene il sollievo della cura. In modo analogo, per liberare gli esseri senzienti dalla sofferenza, Buddha per prima cosa li introduce al significato, che lui conosce e loro no, della vera sofferenza. Gli esseri senzienti sperimentano la vera sofferenza ma non sempre ne sono consapevoli. Quando un paziente non è consapevole della propria malattia, il dottore gliela spiega affinché prenda le medicine e si curi. Tuttavia se la medicina fosse somministrata senza nessuna spiegazione, il paziente non comprenderebbe il senso di assumerla. Allo stesso modo il Buddha introduce gli esseri senzienti alla comprensione della sofferenza e dei problemi, di cui egli è consapevole e loro no. Dal momento che gli esseri senzienti si chiedono quali siano le cause, il Buddha spiega la vera causa della sofferenza. Quando essi si rendono conto che la cessazione della vera causa della sofferenza è la felicità ultima e cercano un metodo per ottenerla, il Buddha rivela il vero sentiero. Molti di voi sono familiari con gli insegnamenti di Lama Tzong Khapa, che dice:

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Se non rifletti sui difetti del samsara, non avrai desiderio di ottenere la liberazione. Se non rifletti sul processo graduale di entrata nel samsara, non saprai come estirpare la radice del samsara.

Samsara non è questa casa, questa zona o questa nazione: significa questi aggregati. Questa associazione di corpo e mente che avete qui e ora, e che è il fondamento di molti problemi, questo è il samsara. È il corpo-mente che sperimenta la nascita, la vecchiaia, la malattia e la morte, insieme a molte altre avversità come il caldo e il freddo, la fame e la sete. Finché non reciderete il continuo girare in circolo di questi aggregati nel samsara, da una vita all’altra, sperimenterete continuamente sofferenza. Oltre a sperimentare con questi aggregati samsarici gli otto tipi di sofferenza, dalla nascita alla morte, perfino i momenti piacevoli dipendono dagli oggetti esteriori dei sensi, che sono solo della natura della sofferenza. Se lo analizzate, lo comprenderete. Questa è la sofferenza del cambiamento.Persino una sensazione vissuta da questi aggregati come piacevole non dura, e se continuate nell’esperienza, il piacere diminuirà a poco a poco fino a trasformarsi in sofferenza: questa è l’esperienza del cambiamento. Sempre meno piacere e sempre più sofferenza, la sofferenza della sofferenza. Questa è la natura del samsara. Per esempio, se sei affamato, quando assaggi il primo boccone di cibo la sofferenza della fame comincia a diminuire, ma dopo che uno o due bocconi sono arrivati allo stomaco, inizia un lieve disagio. Il tuo problema precedente di essere affamato diminuisce da grande a piccolo, ma il secondo problema del disagio dello stomaco aumenta da piccolo a grande. I pochi minuti in cui il problema della fame inizia a diminuire li etichettiamo ‘piacere’, perché in confronto alla fame precedente questo cambiamento di sensazione è piacevole. Un altro esempio: oggi potete avere il mal di testa, ma è meno doloroso di ieri, quindi oggi vi sentite ‘meglio’. Ciò non significa che oggi vi siete completamente ristabiliti e siete felici, solo che il mal di testa è meno forte di ieri, quindi etichettate questa sensazione con ‘sto meglio’. La stessa cosa avviene nell’esempio del mangiare. Poiché il disagio precedente della fame è diventato più debole, etichettate quella sensazione ‘piacere’. Tuttavia potete constatare voi stessi che la base su cui designate ‘piacere’ è soltanto sofferenza. E poiché è solo sofferenza, se continuate a mangiare, prima o poi la sensazione piacevole precedente sarà progressivamente più debole e il disagio di avere cibo nello stomaco diventerà sempre crescente. Questo secondo problema di malessere allo stomaco inizia immediatamente quando modificate la vostra azione da non mangiare a mangiare, e si sviluppa man mano che mangiate. Questo secondo problema, quindi, diventa più grande del primo. Poiché la base su cui etichettate ‘piacere’ è solo sofferenza, se continuate a mangiare il piacere non dura. Se la base su cui designate ‘piacere’ non fosse sofferenza, più mangereste e più piacere dovreste sentire. Mangereste tutto il giorno e l’intera notte per giorni e giorni, settimane, mesi e anni! Fin dalla prima notte sentireste un’incredibile beatitudine e,

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mangiando ininterrottamente, dopo una settimana, un mese o un anno, provereste un piacere sempre più forte. Ma sappiamo che non accade così. Già da questo esempio possiamo comprendere la sofferenza del cambiamento. Non mangiare è un problema, mangiare è un problema, entrambi sono un problema. La stessa cosa avviene per le attività samsariche: stare seduti è un problema, non sedersi è un problema; dormire è un problema, non dormire è un problema. Finché non saremo liberi dal samsara, ogni azione che compiamo o non compiamo con questi aggregati è sofferenza. Perfino una sensazione piacevole è solo sofferenza. Poiché questi aggregati sono contaminati dal seme del karma e delle afflizioni, anche la sensazione di indifferenza è sofferenza. Finché non saremo liberi dal samsara, proveremo in continuazione una di queste pene, senza nemmeno un secondo di tregua. Se questo corpo-mente non vivesse la sofferenza della sofferenza – nascita, vecchiaia, malattia, morte e tutte le altre pene del caldo e del freddo, della fame e della sete – se questo corpo-mente non sperimentasse la sofferenza del cambiamento, con le sensazioni che appaiono piacevoli ma diventano sofferenza della sofferenza quando continuano e, terzo, se questo corpo-mente non provasse la sofferenza pervasiva, essendo sotto il controllo dell’ignoranza, della collera, dell’attaccamento e del karma, allora questo non sarebbe samsara. Se questo corpo-mente non sperimentasse nessuno di questi problemi, questo non sarebbe samsara. Ma se questo corpo-mente sta sperimentando anche solo uno di questi tre, questo è il samsara. Il desiderio della liberazione ultima

Se non rifletti sul processo graduale di entrata nel samsara, non saprai come tagliare la radice del samsara. Comprendere cosa ti lega al samsara implica la rinuncia a esso. Io, lo yogi, ho praticato in questo modo. A te, che cerchi la liberazione, chiedo di praticare nello stesso modo.

Questo è davvero importante. Lama Tzong Khapa stesso ottenne la liberazione praticando così e ci chiede di praticare come lui. Poiché non vogliamo vivere le avversità, il consiglio di Lama Tzong Khapa è di sviluppare avversione per il samsara comprendendo le cause che ci hanno catturato come pesci all’amo. Che cosa vi ha agganciato a quell’amo? È facile capire perché un pesce abbocchi. In realtà, se il pesce è abbastanza piccolo e non si avvicina all’esca, se non si afferra all’esca infilata nell’amo, non ci sarà il problema. Non sto dicendo che non avremo il problema! Dico che se il pesce, comprendendo che si tratta di un’esca e che è pericoloso seguire la sua mente vogliosa, non segue la propria brama, sarà libero dal pericolo di essere catturato e ucciso. Siamo catturati nel samsara proprio alla stessa maniera e, come dice Lama Tzong Khapa, è vitale comprendere cosa ci avvinghia al samsara. Il non capire perché siamo catturati nel samsara è esattamente analogo al pesce che viene catturato perché non conosce le cause che lo agganciano all’amo. Non sapendolo, tutte le volte che nasce pesce, seguendo brama e desiderio, viene preso da un amo. Più segue il suo desiderio, più

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gli capiterà una cosa simile. In modo analogo, siamo catturati in continuazione. Se non sappiamo cosa ci avvinghia, e senza praticare la rinuncia al samsara, come il pesce, saremo continuamente presi nel samsara. E qui vivremo tutte le difficoltà, una dopo l’altra, specifiche del nostro samsara. Se le uniche sofferenze comprese da una persona fossero quelle di incontrare gli oggetti indesiderabili ed essere separati dai desiderabili, la nascita, la vecchiaia, la malattia e la morte, il freddo e il caldo, la fame e la sete, la sua comprensione della liberazione e il suo desiderio per essa sarebbero limitati. Non avrebbe desiderio per la liberazione ultima ma soltanto per la libertà da questi problemi. Senza nessuna comprensione delle due altre sofferenze, comprendendo soltanto la sofferenza della sofferenza, non avrebbe modo di ottenere l’inesauribile felicità della liberazione ultima. Vi sono tre reami samsarici: il reame del desiderio (in cui viviamo), il reame della forma e il reame senza forma. Nel reame della forma non esiste sofferenza della sofferenza: nessuna di queste sofferenze, dalla nascita alla morte. Anche senza meditazione, senza studiare il Dharma, la gente ordinaria del mondo riconosce la sofferenza della sofferenza e desidera liberarsene. Per le persone che non comprendono le altre due sofferenze più sottili, il reame della forma dove non esiste sofferenza della sofferenza sarebbe la liberazione ultima. Anche se non lo è, tali persone crederanno che quello stato sia la liberazione ultima, perciò il loro desiderio di liberazione non sarà corretto. La seconda sofferenza del samsara, molto più sottile, è la sofferenza del cambiamento. Più si persevera nei piaceri samsarici, più diminuirà il piacere e si trasformerà in sofferenza della sofferenza. D’altra parte, la felicità del Dharma può essere sviluppata e completata. La felicità che deriva dalla meditazione di samatha [quiete mentale o calmo dimorare] o dalle pratiche tantriche può essere sviluppata. Più meditate, più crescono la pace mentale e la beatitudine: non succede che diminuiscano. Per quanti piaceri samsarici si provino in continuazione, non c’è mai fine a essi. Se persevera il desiderio di afferrarsi ai piaceri samsarici, non c’è mai fine all’attività per ottenerli. In ogni appagamento samsarico, ad un certo punto il piacere diminuisce e poi finisce. Provate ancora, ma il piacere è scomparso. Provate e riprovate, ma il piacere se n’è andato. Ogni volta fate dei tentativi con l’aspettativa di ottenere soddisfazione, ma nel vostro cuore manca sempre qualcosa. Avete sempre una specie di buco interiore. Mentre state vivendo il piacere dovuto ad alcune condizioni esterne, se siete consapevoli e interrogate la vostra mente: “Sono veramente felice o no?”, scoprite di non essere completamente soddisfatti. Manca qualcosa. Avete una sensazione interiore di vuoto. Con il desiderio che si afferra ai piaceri samsarici, provate e riprovate in continuazione, nell’aspettativa di ottenere appagamento. Finché non rinuncerete a questo desiderio, non vi sarà fine alla vostra esperienza della sofferenza del cambiamento e della sofferenza della sofferenza che ne deriva. Quando il piacere finisce, iniziano l’inquietudine e il disagio [la sofferenza della sofferenza]. Tanto più sarete sotto il controllo del desiderio e del karma, tanto più sarà così. Finché sarete sotto il controllo del karma e delle afflizioni mentali, ripeterete ancora

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l’azione. Essere sotto il controllo del karma e delle afflizioni mentali è la terza sofferenza: la sofferenza pervasiva, di composizione. Già da questo potete farvi un’idea di come sperimentate i tre tipi di sofferenza. Finché non avrete rinunciato al desiderio che si afferra ai piaceri samsarici, il lavoro samsarico sarà senza fine. Non vi sarà modo di porvi termine. E il suo risultato sarà i tre tipi di sofferenza: sperimenterete costantemente problemi e sofferenza. Ogni volta che cercherete appagamento, poiché state seguendo il desiderio, invece di riceverne soddisfazione, ne avrete frustrazione. Questo è il risultato che vi tiene continuamente nel ciclo condizionato. Adesso potete capire l’esempio del pesce: brama e desiderio vi portano a creare continuamente la causa del samsara, le azioni composte; e ogni volta che ci sono brama e azione di composizione, create il futuro samsara, ancora e ancora. Lama Tzong Khapa spiega che questa è la sofferenza peggiore: cercate appagamento, ma proprio perché state seguendo il desiderio non c’è modo di essere appagati. Finché seguirete la brama, il desiderio, non otterrete mai soddisfazione. Lo dimostra il fatto che state provandoci da tempo senza inizio, ma non siete ancora riusciti ad essere appagati. Il piacere degli oggetti dei sensi, tuttavia, non significa necessariamente che vi sia desiderio di afferrarsi a quegli oggetti. Gli arhat e gli yogi molto elevati, che hanno ottenuto il corpo illusorio e la chiara luce, vivono un incredibile appagamento e sperimentano tutto come beatitudine, provano una felicità migliaia di volte maggiore del piacere ordinario. Il semplice vivere il piacere, tuttavia, non significa che abbiano desiderio samsarico. I Buddha, che hanno estinto tutte le oscurazioni e le impronte mentali e conseguito tutte le realizzazioni, hanno il più elevato dei godimenti, la loro beatitudine è completa, essi sperimentano la felicità ultima. Incessantemente, senza una pausa di un solo istante. I Buddha dimorano in un’incomparabile felicità. Da rinascite infinite fino ad oggi abbiamo seguito il desiderio, ma non siamo mai stati soddisfatti. Ciò dimostra come non vi sia fine al desiderio e ciò predice il futuro: non vi sarà un tempo in cui saremo soddisfatti inseguendolo. Lama Tzong Khapa spiega che non soltanto non siamo soddisfatti, ma seguire il desiderio comporta molti altri problemi, centinaia di altri problemi. Invece, non appena avremo rinunciato al desiderio per i piaceri samsarici, ne avremo una soddisfazione immediata. Quando si compie quest’atto di rinuncia, vi è soddisfazione immediata. Ciò mette fine al travaglio e a tutti e tre i tipi di sofferenza, e ai vari problemi che da essa sorgono. Tutto ciò si estingue. Lama Tzong Khapa afferma che è importante capire cosa ci lega al samsara e dedicarsi alla rinuncia. Una persona può riconoscere la sofferenza del cambiamento, cioè che i piaceri abituali che dipendono dagli oggetti esteriori dei sensi sono della natura della sofferenza, ma se non riconosce la terza sofferenza, la sofferenza composta omnipervasiva, il suo desiderio per la liberazione sarà limitato. Se non è consapevole della sofferenza fondamentale di essere sotto il controllo del karma e dei pensieri afflittivi, il suo desiderio non sarà per la liberazione ultima, ma solo per la liberazione dalla sofferenza della sofferenza e dalla sofferenza del cambiamento.

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Questa terza sofferenza, la sofferenza pervasiva, è il fondamento delle altre due. Conoscendola, una persona desidererà la cessazione di tutto il karma e dei pensieri afflittivi. Una persona che comprenda questi tre tipi di sofferenza ha il significato completo della liberazione, ossia della liberazione ultima. Realizzando che la liberazione è l’estinzione del karma e dei pensieri afflittivi, vorrà scoprire se esiste un sentiero per attuarla. Trovando il sentiero, vorrà praticarlo e ottenere la liberazione ultima. Una volta che il karma e i pensieri afflittivi saranno completamente cessati, sarà impossibile che la causa della sofferenza ritorni. Il karma e i pensieri afflittivi Poiché nella vostra ultima vita non vi siete liberati, poiché non sono cessati il karma e i pensieri afflittivi, in questa vita siete rinati sotto il loro controllo; siete sotto il loro controllo fin dalla nascita. Non solo sperimentate il risultato del karma passato ma, sotto il dominio dei pensieri afflittivi, accumulate ancora karma. Che cosa fa sorgere in voi, perfino oggi, pensieri afflittivi come la collera e l’attaccamento? Oggi potete decidere di fare una sessione di meditazione sulla pazienza, perciò ricordate tutte le relative tecniche meditative e fate le visualizzazioni. Terminata la sessione, tuttavia, se si presenta un oggetto indesiderabile o se qualcuno vi manca di rispetto, o vi dice alcune parole cattive, anche se durante la sessione non era presente, la vostra mente è immediatamente sopraffatta dalla collera. Quando incontrate un oggetto particolare, a causa del karma passato sorge la collera, perché nella vostra mente l’impronta, o il seme della rabbia non è stato ancora eliminato. Perfino se il vostro migliore amico, da cui non sopportate di separarvi nemmeno per un minuto, cambia il suo comportamento nei vostri confronti, in quei minuti può diventare l’oggetto della vostra collera. Magari poco prima avete pensato: “Non mi arrabbierò mai con il mio migliore amico. Come potrei arrabbiarmi con lui?”. Il suo modo di apparire ai vostri occhi, che proviene dal vostro karma, in precedenza era meraviglioso, ma la sua apparenza karmica si trasforma in qualcosa di indesiderabile. Il punto cruciale è che avete l’impronta della collera, che non è stata eliminata. Il secondo punto è che l’apparenza indesiderabile proviene dal vostro stesso karma. Il terzo è che, poiché non avete praticato il lam-rim – pazienza, gentilezza amorevole e compassione – la vostra mente è sopraffatta dalla collera. Ciò si applica anche all’attaccamento e agli altri pensieri afflittivi. Il punto più rilevante è che l’impronta non è stata eliminata. La collera, l’ignoranza e l’attaccamento sono sorgere-dipendente: sorgono in dipendenza delle impronte. Inoltre, rimuovendo le afflizioni ed eliminando completamente anche le loro impronte lasciate nel continuum mentale, la collera e le altre afflizioni non sorgeranno più. Questo è il lavoro da fare.

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Se non vi sono afflizioni, non esiste karma accumulato da esse e non esiste sofferenza, non fate cioè esperienza della vera sofferenza. Se non avete impronte di collera, attaccamento e altri pensieri afflittivi, anche se ogni creatura di questa terra fosse arrabbiata con voi e vi facesse del male, non potrebbe sorgere la collera né il desiderio di danneggiare questi esseri. Il modo in cui un oggetto appare ai vostri occhi dipende soltanto dalla vostra mente. Sulla base del karma passato, la vostra mente stabilisce se qualcosa vi piace o meno. Potete notare che il sorgere dei pensieri afflittivi e le azioni che ne derivano dipendono da cause e condizioni. Questo è il modo in cui viene creata l’esistenza ciclica o ‘samsara’. Se comprendete bene come la sofferenza e le sue cause siano sorgere-dipendente, allora vedrete molto chiaramente che una volta conseguita la liberazione ultima, con l’estinzione del karma e dei pensieri afflittivi, è impossibile per le cause della sofferenza il sorgere ancora e per voi sperimentare sofferenza. A quel punto non esiste causa da cui la sofferenza possa sorgere: la causa principale, l’impronta, è stata completamente rimossa.

Se non riflettete sul processo graduale di entrata nel samsara, non saprete come tagliare la radice del samsara.

L’origine [in ing. è all-arising, una traduzione letterale del tibetano che si potrebbe rendere con ‘ciò da cui tutto sorge’] si riferisce al karma e ai pensieri afflittivi e può significare che ogni sofferenza e problema sorga da questi due. Sotto il dominio del karma e dei pensieri afflittivi siete collegati a questa vita da quella passata; se non estinguerete il karma e i pensieri afflittivi in questa vita, sarete connessi da questa vita alla successiva sempre sotto il loro controllo. Questo corpo fisico grossolano di ossa e carne non passa nella vita successiva e non proviene dalla vita passata. La coscienza unisce la vita passata a quella attuale e unirà quella presente alla prossima. Delle sei coscienze, ciò che passa da una vita all’altra è la coscienza mentale, o mente. Separato dagli aggregati grossolani del corpo, il continuum mentale prosegue dalla vita passata all’attuale e continuerà nella prossima. Finché non estinguerete il karma e i pensieri afflittivi, questi aggregati vagheranno continuamente da una vita all’altra. È questo il modo in cui vaga l’io, che è etichettato [o designato] sugli aggregati. Poiché la base, l’aggregato della coscienza, unisce una vita all’altra sotto il dominio del karma e dei pensieri afflittivi, l’io, designato su tali aggregati, vaga nel samsara. Poiché questi aggregati sono sotto il dominio del karma e delle afflizioni mentali, essi vagano incessantemente da una vita all’altra. L’associazione di corpo e mente è chiamata ‘samsara’, ma in realtà è la coscienza che vaga da una vita all’altra. L’evoluzione del samsara

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Guru Shakyamuni Buddha ha spiegato l’evoluzione del samsara, il processo graduale di entrata in esso, tramite dodici ‘sorgere-dipendente’ o anelli. Il Buddha ha spiegato anche come sia possibile arrestare questo errare nel samsara. ‘Invertire il ciclo’ significa che cessando l’ignoranza si estingue il karma. È poi possibile estinguere la brama e l’afferrarsi, in seguito il divenire. Successivamente si estinguono i sette risultati e non si sperimentano gli stadi dalla nascita alla morte. Nel Sutra della pianticella di riso, il Buddha ha spiegato il sorgere-dipendente interno ed esterno. Tenendo in mano una pianticella di riso, il Buddha disse ai suoi seguaci:

I bhikshu che vedono il sorgere-dipendente vedranno il Dharma. Chi vede il Dharma vedrà il Buddha.

Ciò ha un grande significato. Chiunque vede il sorgere-dipendente vedrà il Dharma, che significa la vacuità, la verità ultima. E chiunque vede il Dharma vedrà Buddha. Ciò significa che la saggezza che realizza la vacuità è il rimedio diretto che elimina tutte le oscurazioni. Solo rimuovendo le oscurazioni si può ottenere la mente onnisciente, diventare un Buddha. Il corpo non è l’io. I liquidi, il calore e l’aria del corpo non sono l’io. Può essere abbastanza facile pensare che il corpo non sia l’io, ma è altrettanto facile pensare che la coscienza sia l’io: non lo è. Niente di ciò che si trova qui, dalla cima del capo alla punta dei piedi, è l’io. Eppure l’io non esiste separato da questi aggregati. È molto semplice da capire: se l’io esistesse separatamente, non ci sarebbe bisogno di comprare biglietti per viaggiare! Potreste rilassarvi completamente. Non avreste bisogno di lavoro, banche, negozi, cucine, bagni… non avreste bisogno di nessuna di queste cose! Non avreste bisogno di abiti estivi o invernali. Tuttavia, quando comprate un abito, è l’io che lo indossa. Non esiste nessun altro io che indossi l’abito. Quando questi aggregati mangiano un gelato, non dovete pensare che questo io non mangi e vi sia un altro io che lo faccia. Questi aggregati non siedono comodamente in camera da letto, mentre un altro io mangia il gelato nella sala da pranzo. Non è questa la nostra esperienza. L’io dipende da questi aggregati. Quando dite “voglio mangiare una bistecca”, sono questi aggregati che vogliono mangiarla, non qualche altro io. Non esiste un qualche altro io, un altro sé, che vorrebbe mangiare la bistecca. È molto chiaro. Ogni azione che compiamo, la dobbiamo fare con questi aggregati. Ogni volta che dite “ io sto facendo questo” o “ io voglio questo” lo fate con i vostri aggregati, il vostro corpo e la vostra mente. Ciò significa che l’io non esiste separatamente dagli aggregati. Eppure nessuno di loro è l’io, tutti insieme non sono l’io e l’io non esiste separato da loro. Eppure esiste! Esiste in loro. Non c’è niente oltre l’io che avete etichettato su questi aggregati. Non c’è un altro io che compie le attività di meditare, ascoltare gli insegnamenti, mangiare, dormire, camminare…

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Non esiste altro io tranne quello meramente imputato [o designato] su questi aggregati. Queste parole vi danno un’idea grossolana di come non vi sia un io che esiste dalla propria parte. Nonostante l’io esista per mera imputazione del pensiero sulla base, ossia gli aggregati, l’ignoranza crede che l’io esista dalla propria parte, non come meramente etichettato. Tuttavia, ciò contraddice completamente la realtà. Un io [esistente] da dalla sua propria parte, che appaia a tale ignoranza, è una completa allucinazione. L’ignoranza che non conosce la natura dell’io è come un contadino. Il karma, o l’azione, causata da tale ignoranza è come un campo e la coscienza è come un seme. La brama e l’afferrarsi sono come i minerali, l’acqua e il calore. La rinascita è come un germoglio che cresce. L’ignoranza, il contadino, motiva l’azione, che è come il campo. Il punto cruciale da comprendere è che la coscienza è come un seme, perché contiene il potenziale per produrre lo stelo, i fiori, le foglie e il frutto. Un piccolo seme può contenere il potenziale per milioni di rami, fiori e frutti, per un immenso albero con i rami che possono ospitare molte migliaia di esseri. Proprio come il seme, la coscienza contiene tutte le impronte, o potenzialità, lasciate dal karma. Una pianta, buona o cattiva, cresce dipendendo dal potenziale del seme. In modo analogo, tutte le impronte per le varie felicità e sofferenze samsariche sono contenute nella coscienza, o continuum mentale. La coscienza contiene tutte le impronte per rinascite felici come deva o umani e per rinascite infelici come un animale, con scarsa opportunità di felicità temporale, come uno spirito, che vive le più pesanti sofferenze della fame e della sete, o come un essere infernale, che sperimenta le più pesanti sofferenze del caldo e del freddo. La brama e l’afferrarsi sono come l’acqua e il calore che permettono al seme, piantato dal contadino, l’ignoranza, di germogliare nel campo del karma. Le impronte sono allora mature per essere sperimentate e la coscienza unisce alla vita successiva. Se la vita seguente è di un essere umano, la coscienza entra nell’utero. Questo corpo, dalla testa ai piedi, è nato dalla coscienza. All’esterno vi erano le cause cooperanti, come i vostri genitori, ma il corpo, in realtà, proviene dal vostro continuum mentale, che trasporta le impronte. Il vostro corpo proviene dalla vostra stessa mente. Anche le persone desiderabili e gli oggetti che incontrate quotidianamente provengono dalla vostra mente, così come le persone e gli oggetti indesiderabili e gli oggetti indifferenti. Tutto ciò proviene dalla vostra mente. È proprio come proiettare un film, che può essere proiettato sullo schermo con l’elettricità e un proiettore. Ciò che viene proiettato dipende completamente dalla pellicola, in modo simile alle impronte della coscienza. Tutte queste impronte sono state lasciate sulla coscienza da voi, il contadino. Così come l’elettricità e il proiettore proiettano il film, quando matura il karma, l’impronta manifesta un’apparenza lasciata nella coscienza. Dal seme e dal terreno karmico sorgono le apparenze, proprio come vedete le immagini di un film sullo schermo.

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Il karma è pensiero. Un pensiero proviene dalla coscienza principale e persuade il corpo e la parola ad agire. Ogni cosa – tutti i vari mondi – nascono dal karma. Tutte le apparenze buone e cattive, dalla nascita alla morte, incluso il vostro corpo, nascono dal terreno del karma, dai vostri pensieri. In genere, tutto proviene dalla mente. Nello specifico, tutto sorge dalla vostra coscienza presente e dai pensieri. Tutte le vostre apparenze provengono dalla vostra mente. Poiché tutto proviene dalla vostra mente, non vi è niente e nessuno da biasimare. Qualunque problema sorga, non dovete biasimare che voi stessi. Seguendo i concetti errati, voi stessi accumulate questo karma, quindi non c’è nessuno da biasimare. Se qualcuno vi critica, vi danneggia o vi uccide, non c’è nessuno da biasimare tranne voi stessi. L’apparenza di questa persona che vi critica proviene dai vostri pensieri negativi, o dal karma negativo. (Anche le persone che vi rispettano e vi aiutano provengono dalla vostra mente, dai vostri pensieri positivi, o buon karma). Dunque, non vi è ragione di arrabbiarsi con nessuno o di afferrarsi a qualcosa. Le apparenze che vedete provengono dalla vostra mente, sono una vostra creazione. Non c’è motivo di afferrarsi alla propria creazione. Ne siete gli artefici e voi vi aggrappate a esse, provocando così tanti problemi! Non c’è nessuna ragione di afferrarsi. Similmente, non c’è motivo di essere gelosi oppure orgogliosi. Potete applicare questa riflessione a tutti gli altri pensieri afflittivi. Se, privi di ignoranza, non aveste creato il karma che lascia tali impronte, ora non avreste tutti questi problemi di relazione, di critiche, di persone che vi danneggiano. Qualcuno che vi picchia, vi critica o vi tratta male, indica semplicemente che state vivendo il risultato del karma creato in passato. Non c’è ragione di arrabbiarsi per questo. Se siete continuamente consapevoli di questa meditazione sulle dodici sorgenti dipendenti, su come tutto nasca dalla vostra mente, non troverete nessun altro da rimproverare per i vostri problemi. Ciò porterà pace in voi stessi e negli altri, vi condurrà a praticare la pazienza, a controllare la collera e a scoraggiare la mente nel suo forte attaccamento, causa di molte avversità. Una tale consapevolezza mette fine a molti problemi. Quando viaggiate in aereo, quando osservate i vari paesi sotto di voi, le loro immagini appaiono ai vostri occhi, belle o brutte che siano. Quando attraversate città e villaggi in automobile, in ogni minuto vedete cose diverse: alberi, fiori, montagne… Ogni minuto del vostro viaggio ogni singola apparenza o visione proviene dalla vostra stessa mente. Anche la parola ‘immagine’ si riferisce alla vostra mente, al vostro modo di pensare. Guardando lo stesso posto, qualcuno vede cose meravigliose, qualcun’altro cose orribili. Se cento persone guardano la stessa città, notano cose differenti. Riguardo a voi, il vostro modo di vedere ciò che appare – il modo in cui vedete un paese - nasce dalla vostra mente.

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È molto utile compiere la meditazione camminata con questo tipo di consapevolezza. Avete sempre guardato intorno a voi, ma ora usate una nuova consapevolezza. Siate consapevoli degli oggetti dei vostri sei sensi. Concentratevi sul fatto che, ovunque andiate, il cielo, le persone, i fiori, la terra nascono dal vostro karma, dai vostri pensieri. La meditazione su come siate il creatore della vostra stessa felicità o sofferenza è un insegnamento basilare buddhista. Non vi è nessuno che sia il creatore della vostra sofferenza e della vostra felicità. Con questa meditazione arriverete a concludere che ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, dovete osservare la vostra mente. Poiché tutto nasce dalla vostra mente, dovete prestarle una grande attenzione. Dovete osservarla in continuazione e non permettere che sorgano pensieri negativi. Mantenete la mente il più possibile nella virtù, nell’attitudine positiva. Il punto essenziale è avere un cuore buono: non danneggiare gli altri e, al meglio, fare il loro bene. La natura delle impronte karmiche Uno studente: Qual è la natura delle impronte lasciate dal karma sulla coscienza? E in che modo le impronte sono trasportate dalla coscienza ? Rinpoce: L’impronta, o l’impressione, non è sostanziale, non è mente, non è un fattore mentale, non è nè un fattore mentale né una sostanza fisica. Non è permanente. È un fenomeno prodotto. È tutto. Ieri hai visto qualcosa di carino in un negozio, oggi lo ricordi e vai a comprarlo. Hai visto l’oggetto ieri, ma oggi lo ricordi e questo ti dà la possibilità di andarlo a comprare. Penso che la coscienza porti le impronte lasciate dalle azioni passate nello stesso modo. Quando un seme piantato in un terreno incontra le condizioni favorevoli di calore, minerali e acqua, allora produce un germoglio. Le impronte funzionano in modo simile. Quando le impronte karmiche vengono attivate, allora vedi le differenti apparenze. Con un oggetto sperimenti una sensazione indifferente, con un altro una sensazione piacevole, con un altro ancora sofferenza. Potete ricordare o dimenticare le cose che avete studiato. Potete dimenticarle senza sforzo cosciente. Ma le impronte lasciate nella coscienza dal karma negativo non scompaiono finché non vi sforzate ad eliminarle. Dovete impegnarvi a cambiare, a diminuire o estinguere tali impronte, che non scompaiono da sole, né dopo un po’ di tempo, né dopo centinaia di anni o di eoni. Senza uno sforzo personale non potete diminuirle o estinguerle. Le impronte karmiche lasciate dai pensieri afflittivi possono essere rimosse soltanto mediante l’impiego di uno sforzo personale nella generazione del rimedio del sentiero, in particolare attraverso lo sviluppo della saggezza che realizza la vacuità.

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Finché nel vostro continuum mentale ci saranno le impronte lasciate dai pensieri afflittivi, non potrete diventare onniscienti. Se la vostra mente non può diventare onnisciente, non potrete vedere il livello della mente e le caratteristiche di ogni singolo essere senziente, e non potrete vedere i differenti mezzi adatti a ciascuno di loro; in tal caso non potrete guidare perfettamente gli altri esseri, questo è il problema. Uno studente: Come possono le impronte, che non hanno forma, determinare eventi fisici come i nostri corpi? Rinpoce: È molto semplice. La tua stessa esperienza quotidiana risponde a questa domanda. Pensa a quanto succede quando sei arrabbiato: a causa di quella rabbia accadono cambiamenti ed effetti fisici. La stessa cosa avviene quando provi un forte attaccamento o un forte orgoglio. Queste esperienze sono già una risposta. In particolare, quando vi è una forte collera o un forte attaccamento, il corpo cambia completamente e anche gli altri lo notano. È semplicemente il potere della mente. Tutte le cose desiderabili e indesiderabili di questo mondo provengono dal potere della mente. Sviluppando saggezza e buon cuore è possibile beneficiare milioni di persone sulla terra. Tramite il potere della mente positiva di una persona si possono condurre un numero indicibile di esseri senzienti alla felicità temporale e ultima. Dall’altra parte, una mente negativa che è senza forma, può uccidere milioni di persone e distruggere un’intera nazione. Tutte le cose buone provengono da una mente positiva, tutte le cose cattive da una mente negativa. Una persona può viaggiare per tutto il mondo grazie al potere della sua mente. La mente è potentissima. Se non abbiamo cura della nostra mente, può essere incredibilmente pericoloso, non solo per noi stessi, ma per innumerevoli altri esseri viventi. Al contrario, se la nostra mente è ben curata, se è ben addestrata nella gentilezza amorevole e nella compassione, può offrire incredibili benefici a un incalcolabile numero di esseri senzienti. La risposta alla domanda su come la forma possa nascere da ciò che è privo di forma è data dai dodici anelli, che spiegano come tutto provenga dalla mente. La coscienza porta le impronte come una seggiovia porta le persone. In questo modo la forma proviene dal privo di forma. Tutte le cose pure e impure provengono dalla mente essenzialmente nello stesso modo: il karma lascia impronte nel continuum mentale. Se si pensa a come la forma nasca da ciò che è privo di forma, sembra difficile, ma non lo è. Se cercate una spiegazione diversa dai dodici anelli, non la troverete. Non vi è altro modo di spiegare la forma proveniente dai fattori mentali privi di forma. Se pensate al karma, è molto facile da capire. Ricordate tutti gli alti e bassi della vostra vita, tutti i problemi di relazione e le situazioni spiacevoli. Poi ricordate tutte le situazioni felici e di gioia della nostra vita. Tutto ciò che vi è capitato in questa vita, dalla nascita a oggi, è venuto dalla vostra stessa mente. Dalla vostra nascita alla vostra morte ogni cosa, – tutti gli oggetti della vostra collera, attaccamento e ignoranza, tutte le sensazioni piacevoli e spiacevoli, e

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anche il vostro corpo – son venuti fuori dalla vostra coscienza, che è come un seme, e dal vostro karma, che è come un campo. Il karma è definito un pensiero che proviene dalla coscienza. Ogni cosa proviene dalla coscienza, che contiene le impronte, e dal karma, o pensiero, che lascia le impronte. Questa è la risposta su come la forma proviene dal privo di forma. Continuità della coscienza Una famiglia ha cinque figli e uno di loro è nato deforme. La risposta immediata a questa realtà è che vi erano alcune imperfezioni nell’ovulo fertilizzato perché i cromosomi della madre o del padre erano imperfetti. Questa risposta spiega la condizione fisica, la causa cooperante, ma non il fattore interiore, la causa effettiva. Dei cinque figli, perché proprio quello è stato concepito nel momento in cui un ovulo era imperfetto? Nessuno ha forzato il concepimento, nessuno ha obbligato la coscienza di quella persona ad alloggiare in un ovulo fecondato imperfetto. Quando ci chiediamo perché questo essere è stato concepito quando c’era un ovulo imperfetto, la risposta è perché il concepimento è avvenuto in quel momento. Ma perché è avvenuto in quel momento? Questa è la domanda importante, questo è l’aspetto interessante. Perché l’ovulo fecondato era imperfetto proprio in quel momento? Ho fatto molte volte questa domanda e, a parte una o due risposte relative al tempo, nessuno mi ha saputo dare una risposta. Il punto cruciale è il tempo: perché quello specifico essere è stato concepito proprio in quel momento? Spiegare che la madre assumeva dei farmaci o delle droghe durante la gravidanza è ripetere che il bambino è imperfetto. La questione fondamentale rimane irrisolta. La domanda deve avere una risposta più profonda. Attraverso i dodici anelli, lo sviluppo di come tutto quanto nasca dalla mente, appare molto chiaro il perché quell’essere sia stato concepito in quel momento. Prima di questa vita, la brama e l’attaccamento hanno lasciato forti impronte karmiche nel suo continuum, pronte a essere sperimentate. Prescindendo da come sia stata la sua vita passata, al momento della morte precedente a questa rinascita la brama e l’afferrarsi dei dodici anelli, pronti ad essere attuati in questa vita umana, hanno causato che fosse concepito nel momento in cui c’era un uovo fecondato difettoso. È molto chiaro. Se non ragionate dal punto di vista della mente dell’essere, se ragionate solo secondo l’evoluzione esterna, secondo ciò che potete vedere con i vostri occhi, vi arrenderete di fronte al tempo. Da quel punto di vista non vi è traccia della continuità della mente prima e dopo questa vita. Se considerate solo l’evoluzione esterna, una tale visione della continuità è completamente fuori argomento. Se fosse vero che esiste una sola vita, senza continuità della coscienza prima e dopo, tutto sarebbe estremamente semplice. Non vi sarebbe bisogno di darsi da fare con tutti i

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problemi e le depressioni. Non vi sarebbe bisogno di ospedali, medici, psicologi, psichiatri o centri di meditazione. Perché dovreste aver bisogno di religione? Poniamo che non vi fosse continuità della coscienza: tanto più a lungo vivreste, tanto più a lungo avreste problemi. Il modo più veloce di fermare tutti i vostri problemi sarebbe quello di morire al più presto. Tutto si risolverebbe: non più questioni familiari o di relazione, né paure di non ottenere una laurea. Se la vita durasse così poco, perché avere tante paure e preoccupazioni? Non avreste bisogno di una vita spirituale. Sarebbe tutto molto semplice. Dal momento che la vita non durerebbe sempre, e che non vi sarebbe continuità di coscienza dopo questa vita, la soluzione migliore e più semplice sarebbe eliminarla al più presto. Dal momento che esiste un modo così semplice di mettere fine a tutti i problemi in modo che non si ripetano più, perché essere preoccupati e depressi? Perché dovreste darvi da fare per essere felici e non avere problemi? Arrivereste alla conclusione che anche questo corpo è un grosso problema per gli altri. Questo tipo di ragionamento, come vedete, ha qualcosa di insensato. Il solo premere questo corpo dà dolore. Ciò dimostra la reincarnazione, la continuità della coscienza dalla vita precedente: altrimenti non vi sarebbe alcun motivo che questi aggregati abbiano la natura della sofferenza. Perché siamo nati così? Perché non siamo nati senza queste sofferenze della fame e della sete, del caldo e del freddo e tutti gli altri problemi? Forse rispondereste che ciò è dovuto all’esistenza della mente. Ma perché non abbiamo una mente senza affanni, senza sofferenza? Perché non possiamo nascere senza attraversare queste avversità? La risposta è nel processo dei dodici anelli. Esiste il dolore, questo corpo ha la natura della sofferenza perché proviene dalle cause impure del karma e dei pensieri afflittivi, che sono causati dall’ignoranza che non realizza la natura dell’io. Se questi aggregati non fossero formati dal karma e dai pensieri afflittivi, non sarebbero della natura della sofferenza. Non sperimenteremo le pene del dolore, della fame, della sete e così via. E questi aggregati non proverebbero la sofferenza della nascita, della vecchiaia, della malattia e della morte, senza libertà di scelta. La nostra esperienza quotidiana, felice o infelice che sia, è una prova dell’esistenza del karma e delle vite passate e future. Al culmine della spiegazione dei dodici anelli, vi sono persone che possono vedere le vite passate e future proprie e altrui. Una persona può non credere nelle vite passate e future perché non le può ricordare né vedere, ma ciò non significa che qualcosa che non si può ricordare non esista. Sostenere che non esistono vite passate o future perché non si vedono implica che se esistessero, si conoscerebbero. In altri termini, ciò vuol dire che se una cosa non si conosce, non esiste. Questo è un ragionamento buffo. Significa che non vi è niente da imparare; dal momento che tutto quanto esiste lo si conosce, non c’è scopo nell’imparare. Un’altra ragione potrebbe essere che la vostra cultura non crede nella reincarnazione. Dovete scegliere: credete nella vostra cultura o nella realtà dell’esperienza di quelle

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persone che possono vedere le vite passate e future? Possono esserci altre persone che hanno una conoscenza più ampia della vostra? Si arriva alla seguente conclusione: se una persona non conosce se stessa, deve scegliere se adottare o no le credenze della propria cultura, anche se esse contraddicono le esperienze di quelle persone che possono vedere le vite precedenti e future. Generare la gentilezza amorevole e la compassione Se nel vostro cuore non vi sono gentilezza amorevole e compassione per gli altri esseri senzienti, la vostra vita umana è vuota, come un vaso vuoto. Se c’è un po’ di compassione e di gentilezza amorevole per gli altri esseri senzienti, anche se non riguarda tutti, sorge naturalmente il pensiero di servire ed essere d’aiuto. La vostra attitudine mentale, il vostro pensiero di beneficiare gli altri, si vede nelle vostre azioni. Generare gentilezza amorevole e compassione è responsabilità di ciascuno di noi. È una nostra responsabilità generarle dentro di noi, di giorno in giorno, di vita in vita, anche per la nostra pace e felicità mentale, ma in special modo per la felicità ultima. La nostra felicità è insignificante, perciò è meglio essere interessati alla seconda, piuttosto che praticare il raggiungimento della propria felicità. Pensate al numero infinito di esseri senzienti che sono privi della felicità mondana e soprattutto della felicità ultima. Pensate alla loro costante sofferenza. Ciascuno di loro richiede la nostra compassione. Hanno bisogno di essere aiutati e non di essere danneggiati. Questo è interamente nostra responsabilità. Poiché esistono i bisogni e i desideri degli altri, dobbiamo generare gentilezza amorevole e compassione. Dobbiamo praticare la compassione per il bene degli altri e di noi stessi. Così come siamo dipendenti dagli altri, gli altri dipendono da noi. Sta a noi eliminare la loro sofferenza e ottenere la loro felicità. Se la vostra motivazione nella meditazione e nella pratica del Dharma è la pace mentale e la felicità personale, ciò è molto mediocre. Dovreste generare la compassione soprattutto dal momento che avete un prezioso corpo umano dotato di tutte le opportunità per sviluppare la vostra mente. Avete tutte le qualità per sviluppare la conoscenza, la compassione e le facoltà per aiutare gli esseri senzienti. E’ necessario smettere di danneggiare gli altri esseri e agire per il loro bene. Quando si sviluppa la compassione, sorge la domanda: “Come posso aiutare gli altri esseri? Qual è il miglior modo di beneficiarli?”. Il modo migliore è liberarli da tutte le sofferenze e dalle vere cause della sofferenza, quindi da ogni macchia della mente. Così avranno le realizzazioni perfette e una felicità ultima incomparabile. Non esiste altro modo di offrire questo grande beneficio agli altri esseri se non rivelando loro il sentiero che conduce all’illuminazione: essi potranno quindi praticare tale sentiero ed ottenere una felicità senza fine. Non esiste altra strada. Per indicare il sentiero completo agli altri, avete bisogno di sperimentarlo di persona. Vedete, dunque, quanto sia importante

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praticare il Dharma, sviluppare il metodo, un cuore buono, e la saggezza, in particolare la saggezza che realizza la vacuità. La generazione di bodhicitta Qualsiasi capacità possediate, dovete cercare il più possibile di fare il bene degli esseri senzienti. Il modo migliore è praticare la bodhicitta. Se la bodhicitta sarà la pratica centrale della vostra vita quotidiana, avrete successo e pacificherete tutti i problemi. Ciò porterà felicità a voi e agli altri esseri senzienti. Se diventa la vostra pratica principale, giorno e notte, ogni cosa andrà bene. Il più grande ostacolo per voi e per tutti gli esseri senzienti è la mente egoista. Abbandonando questo tipo di mente, che è la radice di tutti i problemi, praticate bodhicitta, rinunciando a voi stessi e avendo a cuore gli altri. Questa sola pratica di bodhicitta pone fine agli ostacoli alle attività e alla felicità di questa vita e di quella futura. Se non c’è una mente egoista, non creerete ostacoli. Se non avete un’effettiva realizzazione della gentilezza amorevole, della compassione e della bodhicitta, ma ne possedete una certa familiarità e avete una mente molto generosa, molte delle vostre ordinarie azioni quotidiane, come la vita in famiglia o il lavoro in città, diventeranno Dharma, la causa della felicità. Secondo l’entità del proprio buon cuore, una persona avrà più o meno possibilità che le sue azioni siano causa di felicità. Le azioni che non sono macchiate dall’egoismo sono il Dharma più puro. Questo amorevole e compassionevole pensiero di bodhicitta porta a tutta la felicità temporale e ultima, a ogni successo, fino all’illuminazione. Conquistando l’impareggiabile felicità dello stato onnisciente, si potrà guidare ogni essere senziente a tale impareggiabile felicità. La radice di ogni successo è il buon cuore ultimo di bodhicitta. Per sviluppare la vostra mente in modo da offrire il più elevato dei benefici a ogni essere senziente, dovete studiare gli insegnamenti che spiegano come meditare e addestrare la vostra mente nel sentiero graduale verso l’illuminazione. Ascoltando e studiando, acquisirete dimestichezza con i soggetti della meditazione e potrete cercare di trasformare la vostra mente in ciò che avrete compreso del significato del sentiero. L’importanza della motivazione Nella vita quotidiana, la motivazione è molto importante. Perfino nelle normali attività quotidiane, come lavorare in casa o in ufficio, dormire, camminare, pregare, recitare mantra o meditare, la prima cosa da esaminare è la motivazione, per trasformarla da negativa in positiva. Dovreste avere il pensiero più elevato di beneficiare gli altri il più possibile. Gli esseri per cui lavorate o meditate dovrebbero essere il numero più alto possibile. Se non potete considerare tutti gli esseri senzienti, il vostro lavoro o la vostra meditazione dovrebbe essere per il più alto numero possibile di esseri senzienti.

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La motivazione può cambiare ogni cosa. Se la motivazione è errata, l’azione e il suo risultato saranno errati. Se la motivazione è contaminata da uno dei tre veleni della mente – collera, attaccamento o ignoranza – azione e motivazione saranno causa di sofferenza. Se la motivazione non è contaminata da questi tre veleni, l’azione sarà virtuosa ed entrambe, motivazione e azione, saranno causa di felicità. Se le radici di un albero sono velenose, ogni parte dell’albero sarà velenosa; se le radici sono curative, ogni parte sarà curativa, non provocherà danni, darà solo beneficio. La stessa cosa è per la motivazione. Nella vita quotidiana, la motivazione è la cosa più importante. I problemi e le infelicità più gravi, i benefici e la felicità più elevati nascono dalla motivazione, dalla vostra attitudine mentale di ogni ora, di ogni giorno. Due mendicanti si recarono a chiedere cibo in un monastero. Un dei due arrivò all’ora giusta, quando i monaci stavano mangiando, e ricevette cibo abbondante. Era così contento che desiderò costruire monasteri e aiutare i monaci. L’altro mendicante arrivò in un’ora sbagliata, quando i monaci non stavano mangiando, e non ricevette nulla. Si arrabbiò molto e pensò: “Taglierò le teste dei monaci e le guarderò cadere a terra!”. Più tardi, questo mendicante si era disteso lungo una strada. Arrivò una carrozza che lo travolse e gli tagliò la testa con le sue ruote. L’altro mendicante, che era stato contento e aveva avuto un desiderio positivo, stava dormendo sotto un albero in un parco. Per il potere del merito di questo di mendicante, anche se dormì sotto l’albero per molte ore, l’ombra dell’albero non lo lasciò mai. In quel periodo gli abitanti del luogo stavano cercando qualcuno di speciale che diventasse la loro guida. Vedendo l’ombra immobile e pensando che indicasse una qualità molto speciale nel mendicante, la gente gli chiese di diventare il proprio re. In seguito, grazie alla sua ricchezza, poté offrire al ‘sangha’ i propri servizi. In Italia, la madre di un macellaio andava tutti i giorni a uccidere i maiali. Credo che avesse una grande macchina per fare questa operazione. Tutti i maiali venivano messi in fila – penso che dovesse essere come il passaggio pedonale dell’aeroporto di Londra – e poi gettati in una grande macchina ruotante, da dove uscivano a pezzi poco dopo. Un giorno la madre si addormentò, fu presa dagli ingranaggi della macchina e fatta a pezzi. È sorprendente! Ciò dimostra molto chiaramente l’esistenza del karma. Anche voi subirete quanto fate agli altri, è solo questione di tempo. Questa donna aveva accumulato molto karma negativo, perciò ne sperimentò rapidamente il risultato, in quella stessa vita. Ecco un altro esempio interessante, che forse avete letto sui giornali. In una località dell’India, mi sembra nel Bengala Ovest, c’era un serpente grosso e molto lungo per la strada. Molti autocarri erano rimasti bloccati lungo la strada perché il serpente occupava tutta la carreggiata e non si voleva spostare. Un camionista, allora, decise di uccidere il serpente. In seguito si sposò. Il primo figlio nacque normale, ma il secondo aveva la pelle a scaglie come quella di un serpente. Il terzo e quinto figlio nacquero normali, ma il quarto e il sesto avevano la pelle come quella di un serpente. Il camionista ebbe nove

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figli e uno sì e uno no avevano la pelle in quello stato. Il padre ha portato il maggiore, adesso diciottenne, in molti ospedali, ma non ha trovato nessuna cura. Karma come questi, di cui si sperimentano gli effetti in questa stessa vita, sono davvero molto potenti. Questo tipo di avversità che accadono ogni giorno agli altri, nel mondo, per noi sono insegnamenti e meditazioni sul karma. Confrontateli con voi stessi. Avete accumulato vari karma in questa vita e nelle precedenti, da un tempo senza inizio. Avete accumulato karma positivo e negativo di cui siete coscienti e altro di cui non sapete niente. Non potete ricordare tutto il karma che avete accumulato da un tempo senza inizio. In parte, ne avete già vissuto i risultati, ma ne resta ancora molto. La felicità o la sofferenza che nasce da un’azione compiuta in un secondo può essere sperimentata per centinaia di vite, per molti eoni. Da un’azione compiuta in un solo secondo! La conclusione è che si deve purificare il karma negativo del passato e astenersi il più possibile dalle azioni negative, praticando quelle virtuose, piccole e grandi. Dal momento che desiderate il minimo piacere, anche nel sogno, dovreste cercare di accumulare anche il più piccolo merito beneficiando gli altri esseri senzienti. Dovreste compiere anche la più piccola azione, come cercare di proteggere minuscoli insetti come le formiche, quando rischiano di essere attaccate da altri animali. Non dovreste trascurare il minimo beneficio che potete offrire agli altri esseri senzienti, animali o umani, con ogni mezzo che possedete. Se desiderate le comodità più insignificanti, a maggior ragione vorrete la felicità ultima. Questa è la ragione per creare la causa, che è il grande merito. Dal momento che non desiderate il minimo danno o disagio da parte degli altri, dovete abbandonare il minimo danno verso gli altri. Proteggere il karma in questo modo è proteggere realmente la vostra vita. Il potere dell’oggetto Il karma che accumulate in relazione ai vostri genitori è molto potente, perché i vostri genitori sono un oggetto più potente delle altre persone. Servire i genitori di questa vita e creare un buon karma nei loro confronti è molto potente. Creare anche un piccolo karma positivo o negativo ha una grande forza a causa del potere dell’oggetto. Potete viverne il risultato anche in questa vita. Il sangha è un oggetto più potente dei genitori. Per ‘sangha’ intendo coloro che vivono con i voti dell’ordinazione. Poi vengono gli esseri arya, animali, umani o qualunque essi siano. I bodhisattva, coloro che hanno bodhicitta, sono oggetti molto potenti, più di ogni oggetto precedente. Gli insegnamenti del lam-rim spiegano quanto sia potente un oggetto bodhisattva: guardarlo senza rispetto, con malanimo, con collera, disgusto o con un altro tipo di mente distorta provoca un karma più negativo che togliere gli occhi a tutti gli esseri senzienti della Terra. Il merito di guardare un bodhisattva con una mente

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devota o tranquilla è molto più grande che donare i propri occhi a tutti gli esseri di questo mondo. Questa incredibile differenza è dovuta al fatto che il bodhisattva è un oggetto molto potente. Nella categoria degli oggetti potenti, dopo i bodhisattva vengono i buddha. Dopo i buddha viene il vostro guru. Fare piccole azioni modeste nei confronti di tali oggetti dà per risultato un’incredibile e inconcepibile felicità; compiere piccoli errori verso gli stessi è causa di una sofferenza davvero indesiderabile. Osservando la mia famiglia e i miei parenti, tutto ciò mi appare molto evidente. Il mio fratello più giovane ha reso molti servizi a mia madre. Non sono sicuro quando è morto mio padre, ma non ricordo di lui, quindi non deve averlo conosciuto. Ad ogni modo, il mio fratello minore ha reso molti servizi a mia madre, quando era giovane, occupandosi sempre di lei. Adesso vive lontano da lei, ma continua ad averne cura come può, anche se ha molti figli e molte responsabilità. Ha un cuore davvero buono. Penso che pratichi il Dharma più di me, anche se non ha ricevuto molti insegnamenti né letto molto. La sua vita è priva di confusione, scorre con facilità e armonia. Come risultato del suo buon cuore, ha una buona vita. Tutti lo rispettano e le cose gli vanno bene. Alcuni miei parenti non hanno lo stesso tipo di mente, sono all’opposto, molto egoisti e negativi. Hanno molte avversità, una dopo l’altra. Quando hanno qualche successo, un periodo sereno, questo dura poco ed è subito seguito da altri problemi che cambiano la loro vita. È così, anche per i miei parenti. In conclusione, comincerete a sperimentare in questa vita le azioni positive o negative compiute verso questi oggetti potenti. Un karma del genere potete viverlo in questa vita o nella prossima o dopo centinaia di eoni. Dal momento che non potete vedere le realizzazioni degli altri, non potete dire se avete di fronte un bodhisattva o un buddha. Per questo motivo dovreste fare attenzione alle vostre azioni verso gli altri esseri senzienti. Non creare karma negativi pesanti è un grande vantaggio. Il grande bodhisattva Shantideva, nella sua Guida allo stile di vita del bodhisattva spiega: Se non sei un bodhisattva, i meriti accumulati con le elemosine, le offerte al Buddha e così via nel corso di migliaia di eoni saranno distrutte in un solo secondo di collera verso un bodhisattva. Non solo nascerai nelle più atroci sofferenze degli inferni per migliaia di eoni, ma le tue realizzazioni saranno rimandate altrettanto a lungo. Non soltanto soffrirete, ma gli ottenimenti che si sarebbero manifestati domani, in questo mese, nel prossimo anno, saranno esclusi per migliaia di eoni se, voi che non siete bodhisattva, vi arrabbiate con un bodhisattva. Se praticherete il buon cuore e controllerete la vostra mente nei confronti degli altri esseri, non correrete questo rischio di distruggere i meriti. Controllare le tre menti velenose

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La collera è incredibilmente dannosa: non soltanto causa quotidianamente problemi di disarmonia nella famiglia e produce la vostra infelicità, ma garantisce molte vite di avversità. Voi non avete la chiaroveggenza o l’onniscienza, quindi non potete vedere il danno che provocate a lungo termine con la vostra mente attuale, tuttavia ne farete esperienza. È estremamente importante mettere ogni impegno e usare ogni mezzo per evitare la collera. Per le attività di questa vita, come per gli affari, fate ogni sforzo e trovate ogni mezzo efficace per ottenere il massimo profitto possibile. Questo è niente! Con la vostra mente, secondo la vostra attitudine, potete ottenere qualcosa di molto più grande in ogni ora, in ogni minuto. Un insegnamento consiglia: cessa l’attaccamento che apre il corpo impuro e ti inganna grandemente. Qui ‘impuro’ non riguarda una sporcizia esterna. Il corpo contiene trentasei impurità interne, cose sporche come la bile, la saliva, il sangue, il pus. Se tutte le cose contenute nel corpo fossero pulite, non vi sarebbe ragione che uscissero sporche dal corpo. Ciò dimostra che il corpo è impuro. Altrimenti quelle sostanze sarebbero pulite quando sono dentro e diventerebbero sporche quando escono dal corpo. Penso che ‘apre’ si riferisca alle porte superiori e inferiori: l’attaccamento apre le porte del corpo sudicio. Questo consiglio parla dei difetti dell’attaccamento, che apre il corpo sudicio e vi inganna grandemente, o vi causa una grave perdita. Seguendo il desiderio, ricercando una piccola felicità di qualche minuto, esso vi inganna, interferendo con la realizzazione di una felicità a lungo termine. Siete truffati perché, mentre siete presi dal desiderio e afferrati a quella piccola felicità temporanea, non pensate alla felicità ultima. “Cessate la collera considerando come pazze le madri tormentate dal karma e dai pensieri afflittivi”. Pazze significa completamente sopraffatte, senza nessuna libertà. Senza controllo, una persona può diventare selvaggia, danneggiare molta gente e fare ogni sorta di cose distruttive. Ciò succede perché non ha il controllo della sua mente, può essere posseduta dagli spiriti e così via. In modo analogo, tutti gli esseri senzienti, che sono state nostre madri, sono completamente sopraffatti dal karma e dai pensieri afflittivi. Posseduti dai pensieri afflittivi, diventano completamente pazzi. Dal momento che le loro menti sono completamente allucinate dai concetti errati, ciò che fanno con corpo, parola e mente è completamente sbagliato, impedisce la felicità e provoca loro solo problemi. Come un pazzo con una mente incontrollata, fanno solo cose che li danneggiano. Considerando gli esseri senzienti come pazzi, cessate la collera. Pensate che la persona non ha libertà, nessun controllo, che è posseduta dai pensieri afflittivi. E’ completamente schiava dei pensieri disturbanti, è completamente in preda a collera, attaccamento e ignoranza. Se pensate in questo modo, è impossibile arrabbiarsi. Invece della collera, sorge soltanto compassione. Questo è il punto fondamentale di questo verso. ‘Consideratele come pazze’ non significa che non dovete aiutarle. Pensando in questo modo, cessate la collera.

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“Cessate l’ignoranza pensando al significato sottile della causa e del risultato”. Ciò riguarda il karma e in particolare la consapevolezza del sorgere-dipendente e vacuità. Osservate come tutto – sé, azione e oggetto – è sorgere-dipendente. Essendo sorgere-dipendente, tutto è vuoto; essendo vuota di esistenza dal proprio lato, ogni cosa è sorgere-dipendente. La consapevolezza del sorgere-dipendente e la vacuità pongono fine all’ignoranza. Nemici e amici si incontrano e si separano. Sulla base della mimica del volto, vi aggrappate a qualcuno come amico. I nemici e gli amici che si incontrano e si separano, cambiano. Quando vedete un volto, soltanto questa piccola parte del corpo, dallo sguardo pacifico e dalla piega di un sorriso sulle labbra, lo afferrate come amico. L’elemento principale è il viso, non tanto il resto del corpo o cosa dica la persona. La bocca sorride e vi afferrate alla persona come amico. Tuttavia con un altro movimento del viso questo amico può diventare un nemico, e allora sorgono rabbia e avversione. Un’espressione facciale la chiamate ‘nemico’, l’altro viso sorridente ‘amico’. La distinzione non è valida, dal momento che la ragione è così insignificante e insensata. Ad ogni cambiamento di espressione ritenete qualcuno un nemico o un amico e perciò vivete le sofferenze di incontrare l’indesiderabile ed essere separati da ciò che desiderate. Portando il fardello del karma negativo raccolto in questo modo, urlerete nei reami inferiori. Dopo la morte, quando questo corpo sarà diventato un cadavere, portando il carico del karma negativo finirete a urlare nei reami inferiori. Questo verso descrive i difetti delle tre menti velenose, i problemi a lunga scadenza [che provoca] non controllare la mente e anche come arrestare le tre menti velenose. E’ attraverso la consapevolezza della natura delle avversità e mediante la meditazione che potrete controllare la vostra mente. Proteggere la mente Quando la vostra mente è in pericolo, usate ogni singolo mezzo per proteggerla, come se fosse in pericolo la vostra stessa vita. Se vi riuscirete, ne avrete un vantaggio inconcepibile; se fallirete, ne avrete un’inconcepibile perdita, maggiore di una perdita materiale. Anche prima di conoscere il Dharma, dal momento che siete esseri umani con tutte le possibilità di sviluppo, ogni ora in cui non avete praticato il controllo della mente è una grave perdita; ma specialmente dopo avere incontrato il Buddhadharma, ogni ora che passate senza praticare il controllo della mente è una perdita ancora più grave. Ogni ora in cui non praticate bodhicitta o la pazienza quando vi è il rischio della collera, è una perdita maggiore della perdita di tanti dollari quanti sono gli atomi della terra. La vostra mente può creare la stessa ricchezza accumulando meriti nel fare la carità agli esseri senzienti o facendo offerte ai santi oggetti. Se la vostra mente non è trasformata in virtù per un’ora o anche per un minuto, questa è una grave perdita. Questa è la più grave perdita della vita.

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Come dice Shantideva nella Guida allo stile di vita del bodhisattva, a che cosa serve un comportamento se non a proteggere la tua mente? A che cosa serve ogni altra pratica, se non proteggi la mente? In altre parole, se non proteggete la vostra mente, non serve compiere molte pratiche esterne con il corpo e la parola. Se non proteggete la mente, non avrete felicità né successo. Ogni singolo insegnamento di Buddha, sutra o tantra, è stato espresso per dominare la mente. Per fermare la continuità del samsara dovete estinguere il karma e i pensieri afflittivi. Se controllate le tre menti velenose fin dal loro primo inizio, non accumulerete karma. Quando non osservate la mente e non applicate la meditazione e gli insegnamenti, la vostra mente diventa il creatore della sofferenza. Diviene il creatore della vostra stessa infelicità, del vostro samsara. Quando sorvegliate la mente, adottate le meditazioni e praticate gli insegnamenti, la vostra mente diviene il creatore dell’illuminazione. A volte la vostra mente è il creatore delle più pesanti sofferenze degli inferni; a volte, quando avete cura della pratica, la vostra mente è il creatore delle felicità più sublimi. Questo insegnamento è stato dato da Lama Zopa Rinpoce all’Atisha Center, Australia, il 22-23 agosto 1987. La trascrizione è stata pubblicata per il programma di studi ‘Alla scoperta del buddhismo’, con il permesso del Lama Yeshe Wisdom Archive.

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LA MENTE E I SUOI TIPI

Coscienza (san. Jnana, tib. shes pa), consapevolezza (san. buddhi, tib. blo) e conoscitore (san. samvedana, tib. rig pa) sono sinonimi; sono i termini più generali tra quelli che trattano la mente. Ogni mente (san. chitta, tib. sems) o fattore mentale (san. chaitta, tib. sems byung) è una coscienza, una consapevolezza ed è un conoscitore. Si dovrebbero intendere questi termini in senso attivo perché le menti sono coscienze momentanee che sono agenti attivi di coscienza. Nel buddhismo non si ritiene che la mente sia semplicemente un deposito generale di informazioni o solo il meccanismo cerebrale, ma che sia i singoli momenti del conoscere, il cui continuum forma il nostro senso del conoscere.

La coscienza si può dividere in molti modi diversi; uno dei principali metodi la suddivide in sette punti: 1. percettori diretti (tib. mngon sum), 2. cognitori inferenziali (tib. rjes dpag), 3. cognitori susseguenti (tib. bcad shes), 4. coscienze che suppongono correttamente o credenze corrette (tib. yid dpyod), 5. consapevolezze alle quali l'oggetto appare ma non è accertato o coscienze distratte (tib. snang la ma nges pa), 6. coscienze dubbiose (tib. the tshom) e 7. coscienze errate (tib. log shes).

1. I percettori diretti sono, per definizione, conoscitori liberi da concettualità e non erronei. Essere liberi da concettualità significa che una coscienza di questo tipo entra in rapporto col suo oggetto direttamente, senza fare uso di un’immagine interna o mentale. Ciò è illustrato dalla differenza tra il vedere un vaso – come fa una coscienza sensoriale che percepisce direttamente – e il pensare a un vaso – come fa una coscienza mentale concettuale. Nel primo caso, la coscienza è prodotta in seguito a un contatto con un vero vaso, mentre nel secondo la mente ha a che fare solo con una immagine mentale di un vaso. Essere non erronei significa che nessun elemento erroneo è implicato o coinvolto in ciò

che appare alla coscienza. Le coscienze concettuali sono necessariamente erronee a questo riguardo, in quanto, come verrà spiegato più avanti, esse sono erronee rispetto all'oggetto che ad esse appare, la generalità di significato (l'immagine mentale del loro oggetto apparente); per questo si dice che sono tutte coscienze erronee. Il termine non erroneo elimina dalla classe dei percettori diretti anche le coscienze non concettuali, che sono erronee per via di una causa di errore superficiale, come un difetto nell'occhio, una malattia ecc. Queste sono libere da concettualità, ma non da errore. In generale si dice che i percettori diretti sono di quattro tipi:

I) percettori diretti sensoriali, II) percettori diretti mentali, III) percettori diretti yogici e IV) percettori diretti autocognitori.

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I Prasangika-Madhyamika però non accettano il (IV) tipo, i percettori diretti autocognitori.

I) I percettori diretti sensoriali sono di cinque tipi: quelli che percepiscono le forme, i suoni, gli odori, i sapori e gli oggetti tangibili. Essi sono prodotti dall'unione di tre condizioni: 1. condizione dell'oggetto osservato, 2. condizione potenziante non- comune o soggettiva e 3. condizione immediatamente precedente. Prendendo come esempio una coscienza dell'occhio, la sua condizione oggettiva osservata (1) è la forma che essa percepisce. La sua condizione potenziante non- comune (2) è il potere sensoriale dell'occhio, un tipo di materia interna chiara che le dà potere, nel senso che le permette di comprendere le forme visibili come opposte a suoni, sapori e così via. La sua condizione immediatamente precedente (3) è un momento di coscienza che ha luogo immediatamente prima di essa e la rende un’entità capace di sperimentare. Inoltre, anche un momento di apprendimento della sesta coscienza – la coscienza mentale – viene generato in dipendenza di queste tre condizioni: 1. condizione oggettiva: i cinque oggetti esterni o un fenomeno (impermanenza sottile ecc., per questo viene detto che vi sono forme che dipendono dall'occhio e forme che dipendono dalla mente); 2. condizione potenziante non-comune: l'organo mentale o la facoltà mentale che, non essendo fisico, non ha forma. Esso è un momento precedente di una qualunque delle sei coscienze, che agisce come facoltà o potere per la coscienza mentale; 3. condizione immediatamente precedente: un momento precedente della coscienza mentale stessa. Questo breve esempio è riferito alla coscienza mentale generale, quella comunemente utilizzata dagli esseri ordinari.

II) La seconda categoria di percettori, i percettori diretti mentali, si divide in due tipi. I Ghelugpa affermano che al termine di un continuum di percezione diretta sensoriale viene generato un momento di percezione diretta mentale; questo a sua volta induce una cognizione concettuale di quell'oggetto, che lo designa ecc. Quel singolo momento al termine della percezione diretta sensoriale è il primo tipo di percezione diretta mentale. È troppo breve per essere notato dagli esseri ordinari, ma può essere osservato dagli esseri superiori (gli esseri arya). Il secondo tipo di percezione diretta mentale comprende i vari tipi di chiaroveggenza, come la capacità di conoscere la mente degli altri, il ricordo di vite precedenti, il percepire forme e suoni estremamente sottili e distanti e così via.

III) A differenza delle forme di chiaroveggenza che possono manifestarsi nel continuum di ognuno – buddhista o non buddhista – e che non richiedono necessariamente uno sviluppo mentale avanzato, i percettori diretti yogici si manifestano solo nel continuum degli esseri superiori (gli esseri arya). Questi esseri tra i cinque sentieri – accumulazione,

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preparazione, visione, meditazione e non più apprendimento – hanno raggiunto il sentiero della visione o uno ancora più elevato. Mentre la condizione potenziante straordinaria dei cinque percettori diretti dei sensi è il loro rispettivo potere sensoriale, come quello dell'occhio, dell'orecchio, del naso e così via, la condizione di potenziamento straordinario dei percettori diretti yogici è una stabilizzazione meditativa che è un'unione di calma dimorante (san. shamata, tib. zhi-gnas) e di visione speciale (san. vipashyana, tib. lhag mthong). Quindi, i percettori diretti yogici sono un livello di coscienza molto diversa dalla comune percezione sensoriale, nonostante abbiano la stessa similarità nell'essere conoscitori di oggetti non erronei e non concettuali. Lo sviluppo dei percettori diretti yogici è uno dei maggiori obiettivi della pratica meditativa. Sebbene si possa avere senza sforzo la capacità di percepire direttamente cose come forme e suoni con una coscienza dell'occhio o dell'orecchio, non si ha la stessa capacità per quanto riguarda i fenomeni profondi come l'impermanenza sottile e la mancanza del sé. Pertanto questi all'origine devono essere compresi concettualmente, il che significa che essi vengono compresi mediante un'immagine mentale piuttosto che direttamente. Poi, acquistando una crescente familiarità con l'oggetto compreso, è possibile sviluppare una comprensione sempre più chiara, finché alla fine il bisogno di un'immagine mentale è trasceso e si comprende l'oggetto direttamente. Tali percettori diretti yogici hanno grande forza, avendo la capacità di superare le concezioni erronee che tengono legati all'esistenza ciclica. I percettori diretti, dunque, includono sia le coscienze comuni che quelle altamente progredite.

IV) Benché i percettori diretti autocognitori non vengono accettati dalla scuola Prasangika-Madhyamika, in questo contesto, a titolo di pura conoscenza, li descriverò brevemente. Per le scuole che asseriscono l'esistenza dell'autocognitore (Sautrantika, Cittamatra e Yogachara-Svatantrika-Madhyamika), la sua funzione è solo quella di rendere possibile il ricordo delle proprie cognizioni. I suoi sostenitori dicono che se non ci fosse nessuna coscienza che osserva la coscienza che percepisce un oggetto, non ci sarebbe modo di sapere che si è percepito qualcosa. I sistemi che non asseriscono gli autocognitori negano che essi siano necessari per ricordare le proprie cognizioni (in quanto questo è possibile tramite il fattore mentale memoria) e dicono che il fatto di affermare tale esistenza di un autocognitore, porta a un infinito regresso di autocognitori che conoscono gli autocognitori e così via.

2. Cognitori inferenziali Un cognitore inferenziale è un tipo di coscienza concettuale che comprende o raggiunge in modo incontrovertibile un oggetto di comprensione, che non può essere compreso inizialmente attraverso la percezione diretta. Generato come culmine di un processo di ragionamento, si dice che sia prodotto sulla base di un segno corretto, che ne costituisce il fondamento. Il significato di ciò può essere illustrato con un esempio; se si guarda dalla finestra e si vede del fumo fuoriuscire da una casa vicina, si dedurrà immediatamente che all'interno di quella casa c'è del fuoco. Il fondamento, il segno in base al quale è generata questa inferenza, è il fumo. A causa del fatto che vi è una relazione invariabile tra la presenza di un effetto – in questo caso il fumo – e l'esistenza precedente della sua causa – il fuoco – si può correttamente inferire che il fuoco è presente. Una conoscenza di questo

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tipo non è percezione diretta, perché non si è visto effettivamente il fuoco; però anch'essa è una conoscenza valida, attendibile. Dal momento che un cognitore inferenziale realizza in modo incontrovertibile il suo

oggetto di cognizione, esso è una forma di conoscenza altrettanto attendibile come il percettore diretto. Tuttavia c'è la differenza che, mentre un percettore diretto entra in contatto con il suo oggetto in modo diretto e non erroneo, il cognitore inferenziale, essendo concettuale, deve arrivare al suo oggetto tramite un’immagine. Quest’immagine mentale che è chiamata ‘generalità di significato’, appare al pensiero come se fosse il vero oggetto anche se non lo è. In questo senso una coscienza concettuale è erronea rispetto all'oggetto che le sta apparendo (è erronea nei confronti dell'oggetto apparente). Questo elemento di errore, ad ogni modo, non interferisce con l'accuratezza con cui quella coscienza comprende l'oggetto rappresentato dalla generalità di significato, e così è un conoscitore corretto e incontrovertibile. Tutte le coscienze concettuali sono erronee rispetto all'oggetto che ad esse appare, la generalità di significato; si dice così che sono tutte coscienze erronee. Comunque, solo alcune sono erronee rispetto all'effettivo oggetto che esse stanno comprendendo, l'oggetto in cui il pensiero è effettivamente impegnato. Le coscienze concettuali che non sono erronee rispetto all'oggetto con cui sono in contatto sono coscienze erronee, ma non coscienze errate; invece quelle erronee rispetto all'oggetto che hanno ottenuto sono anche coscienze errate. I cognitori inferenziali sono, per definizione, non erronei rispetto all'oggetto compreso (in questo caso è sinonimo di oggetto di impegno), e incontrovertibili nel senso che la loro realizzazione è stabile; ciò dà loro forza e validità.

3. Cognitori susseguenti II primo momento di un percettore diretto comprende il suo oggetto attraverso la forza dell'esperienza; il primo momento di un’inferenza lo comprende sulla base di un segno, che implica sempre la presenza di un ragionamento valido corretto. Per entrambi questi tipi di percezione, i momenti successivi nello stesso continuum di percezione, cioè mentre viene ancora percepito lo stesso oggetto, non si basano più sull'esperienza o su un segno ma sono semplicemente indotti dalla forza del primo momento di cognizione. Questi momenti posteriori sono chiamati cognitori susseguenti. La forza della comprensione iniziale non è andata perduta, e per questo i cognitori susseguenti sono conoscitori incontrovertibili che comprendono i loro oggetti. Comunque, essi non raggiungono l'elemento di realizzazione attraverso il loro potere, perché essi non operano la rimozione di sovrapposizioni che permette alla realizzazione di attuarsi. Piuttosto, essi realizzano ciò che era già stato realizzato dal precedente momento di coscienza, che ha già rimosso la sovrapposizione che li induce.

4. Coscienze che suppongono correttamente o credenze corrette Una coscienza che suppone correttamente è necessariamente un corretto modo di pensiero; essa deve essere anche una coscienza concettuale in opposizione alla cognizione diretta. Ciò che la distingue dai tre precedenti tipi di coscienza – percettori diretti, cognitori inferenziali e cognitori susseguenti – è che, a differenza di questi, essa non realizza il suo oggetto; non è incontrovertibile. Così, si crea una distinzione tra la semplice correttezza rispetto a un oggetto e il realizzarlo effettivamente o comprenderlo.

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La ragione di questa differenza risiede nel modo di generazione. Mentre per prima viene generata la percezione diretta attraverso la forza dell'esperienza, poi, in un secondo momento viene generato un cognitore inferenziale, come culmine di un esteso e convincente processo di ragionamento. Vengono poi i cognitori susseguenti che sono continuazioni dei percettori diretti e delle coscienze inferenziali, le coscienze che suppongono correttamente (o credenze corrette); esse giungono alle loro conclusioni o senza ragione, in maniera contraria al ragionamento corretto, o sulla base di un ragionamento corretto ma senza portarlo alla sua conclusione completa (ossia a generare un'inferenza tramite lo stabilire il segno del sillogismo che è alla base del ragionamento). La maggior parte delle informazioni che riceviamo ascoltando i maestri o leggendo libri ecc. ricade nella categoria della credenza corretta; molto viene solamente accettato, e anche la maggior parte di ciò a cui pensiamo e che analizziamo non è stato compreso con la piena forza dell'inferenza. A causa della debolezza della base da cui è generata, una coscienza che suppone correttamente non è una forma di conoscenza attendibile in quanto manca di incontrovertibilità. Si perderà facilmente la forza della propria convinzione come, per esempio, quando ci si troverà a confronto con qualcuno che presenti con forza un punto di vista opposto.

5. Consapevolezze alle quali l'oggetto appare ma non è accertato o coscienze distratte Una consapevolezza alla quale un oggetto appare ma non è accertato, è un tipo di percettore diretto che, nella settuplice divisione di consapevolezze e conoscitori, è spiegato a parte per dare rilievo al fatto che non tutti i percettori diretti sono menti che realizzano i loro oggetti. Come i percettori diretti, sono coscienze non-concettuali, che sono non-erronee rispetto all'oggetto che stanno comprendendo. Tuttavia, sono menti che, per qualche ragione, come il fatto che l'attenzione della persona sia rivolta intensamente altrove o che la durata della coscienza sia troppo breve per essere notata, sono incapaci, successivamente, di indurre un accertamento che conosca che si è avuta quella particolare percezione. Un esempio familiare di ciò si ha quando uno passeggia per strada mentre è, allo stesso tempo, intensamente impegnato a conversare con qualcuno, e ha una sensazione di persone che gli passano accanto ma, poco dopo, non riesce a identificare chi fossero. Una mente di questo tipo non è erronea, perché essa non percepisce in un certo modo qualcosa che non è effettivamente in quel modo, non ha introdotto un elemento di errore; pertanto viene inclusa nei percettori diretti. Tuttavia, poiché non fornisce un'informazione attendibile e non ha un fattore di certezza, è considerata una consapevolezza che non realizza il suo oggetto in modo incontrovertibile. 6. Coscienze dubbiose Di natura necessariamente concettuale, le coscienze dubbiose sono menti che si distinguono soprattutto per la loro caratteristica di essere indecise e di oscillare tra due poli. Il dubbio può tendere verso un lato o un altro di un problema, o può essere completamente indeciso, ma è sempre accompagnato da un elemento di incertezza. La più forte conclusione a cui il dubbio può giungere è: "Probabilmente è così o così". Tra le coscienze dubbiose vi sono quelle corrette, quelle non corrette, e quelle che non sono né l'una né l'altra. Per esempio, una mente che si chiede se le vite future esistono o meno e

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pensa che probabilmente esistono è un esempio di dubbio che tende verso la realtà, è un dubbio corretto; una mente che si chiede se le vite future esistono o meno, e pensa che probabilmente non esistono, è un esempio di dubbio che tende verso la non-realtà o non correttezza; e una che si chiede semplicemente se esistono o meno, e accetta entrambe le ipotesi, allo stesso modo è un caso di dubbio equo, né corretto né non corretto. Sebbene inferiore per forza di realizzazione perfino alla credenza corretta e lontano dalla incontrovertibilità della percezione diretta, il dubbio che tende alla realtà è non di meno un potente passo iniziale per indebolire il potere di una forte adesione a opinioni sbagliate e intraprendere il processo di sviluppo di una comprensione corretta. Mettendo in rilievo la forza del dubbio che tende alla realtà, Aryadeva nelle Quattrocento Stanze dice: "Coloro il cui merito è anche piccolo non hanno dubbi su questa dottrina (la profonda natura dei fenomeni). Anche solo avere un dubbio sulla realtà dell'esistenza ciclica, questa viene ridotta in pezzi". 7 . Coscienze errate Le coscienze errate sono quelle che sono erronee (in errore) rispetto all'oggetto verso cui sono impegnate, l'oggetto che viene effettivamente compreso. Come tali, esse vanno distinte dalle coscienze erronee che, come si è già spiegato nel contesto dell'inferenza, sono erronee rispetto a ciò che ad esse appare. Per esempio, le coscienze concettuali sono erronee in quanto un'immagine dell'oggetto appare ad esse come l'oggetto effettivo, ma non di meno esse sono capaci di realizzare correttamente il loro oggetto di comprensione. Non è questo il caso delle coscienze errate che non possono realizzare i loro oggetti e sono completamente in errore rispetto ad essi. Le coscienze errate sono di due tipi, non concettuali e concettuali. Non concettuali sono, per esempio, una coscienza dell'occhio che vede montagne ricoperte di neve come se fossero blu, una coscienza dell'occhio che, a causa dell'itterizia, vede ogni cosa gialla, una coscienza dell'occhio che vede una doppia luna e così via. Poiché ciò che appare a una coscienza non concettuale è proprio l'oggetto che essa sta comprendendo, o nel quale è impegnata, una coscienza erronea rispetto all'oggetto che le appare è necessariamente in errore rispetto al suo oggetto di impegno e così le coscienze errate non concettuali sono erronee rispetto ad entrambi. Le coscienze concettuali errate sono, per esempio, una mente che ritiene che non vi siano esistenze precedenti o future o una che concepisce che vi sia un sé sostanzialmente esistente o intrinsecamente esistente. Essendo concettuali, queste menti sono necessariamente erronee rispetto al loro oggetto apparente – l'immagine di ciò che viene compreso, che erroneamente appare come essere l'oggetto effettivo (reale). Inoltre esse sono erronee rispetto all'oggetto nel quale sono impegnate, il pensiero, nel caso della visione della non-esistenza delle vite precedenti e future, ossia, che ciò che esiste non esista e, nel caso della visione del sé, che ciò che non esiste, esista. Queste coscienze concettuali errate forniscono la raison d'ètre per la pratica meditativa del buddhismo, perché ciò che il buddhismo pone come causa-radice, l'antecedente fondamentale che causa l'infinito ciclo di nascita, vecchiaia, malattia e morte, in cui gli esseri ruotano impotenti e soffrono senza limiti, è proprio una coscienza errata – la percezione erronea di un sé, dove in realtà non ve ne è alcuno. Il modo per liberarsi da questa sofferenza, per poter ottenere la liberazione dall'esistenza ciclica (samsara), è di

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identificare la sua radice in questa erronea percezione dell’io/sé e quindi di impegnarsi in un metodo per superarla. Il metodo identificato dalla tradizione Ghelugpa è il ragionamento, e si può prendere la settuplice divisione di consapevolezza e conoscenza come una illustrazione degli stadi che si possono attraversare mentre si sviluppa la corretta comprensione attraverso il suo uso. Si comincia con la visione errata, come l'idea che vi sia un sé sostanzialmente esistente o intrinsecamente esistente. Sino a quando questa idea viene mantenuta con forza, essa è una coscienza errata. Poi, ascoltando degli insegnamenti sulla mancanza del sé, si può cominciare a chiedersi se, in realtà, questo io/sé ci sia per davvero. A questo punto si dovrebbe aver generato il dubbio. All'inizio la propria tendenza potrebbe ancora essere quella di pensare che vi sia un sé –questo sarebbe un dubbio che tende al non-fatto, o alla non realtà. Continuando a pensare, si passa allo stadio del dubbio equo o egualmente bilanciato in cui, chiedendosi se vi sia o no un sé sostanzialmente esistente o intrinsecamente esistente, non si raggiunge una conclusione né in un senso né nell'altro. Alla fine, quindi, si sviluppa il dubbio che tende al fatto o alla realtà, quando si sente che probabilmente non vi è alcun sé/io, ma ciò nonostante si è ancora dubbiosi. Il passo successivo nello sviluppo della visione della mancanza del sé è generare una coscienza che suppone correttamente (la credenza corretta), che definitivamente decide che non vi è alcun sé/io che esiste sostanzialmente o intrinsecamente. A questo punto si possiede il punto di vista corretto o la visione corretta. Comunque, non si è ancora realizzata la mancanza del sé, anche se la tradizione orale descrive la generazione iniziale della credenza corretta rispetto alla mancanza del sé come un'esperienza molto potente. A questo punto, è necessario contemplare la mancanza del sé ripetutamente, usando il ragionamento, cercando di sviluppare una certezza da cui non si potrà più essere scossi. Un'inferenza è il risultato finale di uno specifico processo di ragionamento. Si stabilisce che se ci fosse un sé/io sostanzialmente esistente o intrinsecamente esistente, esso dovrebbe esistere almeno in uno tra un limitato numero di modi e che se non esiste in nessuno di questi modi, non esiste affatto. Quindi, tramite l'investigazione ragionata si giunge a stabilire che esso - il sé/io - non esiste in alcuno di questi modi, per cui si conclude che non esiste affatto. Perché questa conclusione abbia la forza della convinzione ragionata, si devono ripetutamente percorrere i gradini di questa indagine, in modo che essa ci diventi familiare e che si sia profondamente convinti di essa. Le proprie coscienze durante questo processo di familiarizzazione sono delle credenze corrette; quando esso viene portato al punto di incrollabile certezza, si genera un'inferenza. Con la generazione di un cognitore inferenziale si può dire di avere realizzato la mancanza del sé e di aver ottenuto una conoscenza incontrovertibile di essa. Tuttavia, con questo, il processo non è finito, perché a questo punto la propria comprensione o realizzazione è ancora concettuale, in quanto si giunge alla mancanza del sé solo per mezzo di un'immagine mentale. L'obiettivo è sviluppare ulteriormente la propria realizzazione fino a portarla finalmente al punto di una percezione diretta, in cui ogni bisogno di un’immagine è scomparso e la propria coscienza mentale è in grado di entrare direttamente in contatto col suo oggetto. Tale percezione diretta della mancanza del sé è l'antidoto effettivo che, se coltivato estesamente, è in grado di sradicare per sempre la

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concezione del sé, come pure tutte le altre visioni errate e le emozioni afflittive che tale concezione porta con sé, rendendo così possibile la liberazione dall'esistenza ciclica. Il modo in cui un'inferenza viene trasformata in percezione diretta consiste semplicemente in una ripetuta familiarizzazione con l'oggetto della meditazione. La propria inferenza iniziale è stata generata in dipendenza di un segno, a conclusione di una linea di ragionamenti legati gli uni agli altri da validi sillogismi. I momenti successivi di quella realizzazione sono cognitori susseguenti, non più direttamente dipendenti dal ragionamento. Attraverso il riportare ripetutamente alla mente la mancanza del sé, tramite la forza della propria realizzazione, la chiarezza dell'apparenza aumenterà gradatamente, finché alla fine l'immagine dell'oggetto scomparirà e verrà sostituita dalla chiara apparenza dell'oggetto stesso. Quando ciò accade, si è generata la percezione diretta del proprio oggetto di meditazione. Questa percezione diretta iniziale della mancanza del sé è in grado di sradicare completamente e per sempre una porzione della percezione del sé, ma non è in grado di eliminare tutti i livelli di tale concezione (o percezione). Poiché la concezione del sé è la radice dell'esistenza ciclica – è questa visione che ha legato innumerevoli esseri a una sofferenza incommensurabile da un tempo senza inizio – essa è profondamente radicata e la sua forza è estremamente grande. La percezione diretta iniziale supera (elimina) solo i livelli più grossolani della concezione del sé, quelli basati su falsi ragionamenti e così via. Si deve allora continuare a coltivare la realizzazione della mancanza del sé, sviluppando così la forza della propria percezione diretta. I percettori diretti, la cui forza è crescente, superano (eliminano) i livelli sempre più sottili della concezione del sé, fino a che essa non sarà finalmente estirpata del tutto.

Colophon:estratto dal materiale di studio del Masters Program, Madhyamakavatara, classe di revisione con Lorenzo Rossello, 25 gennaio 2000.

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AAPPPPEENNDDIICCII

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Tavola 1

TIPI DI COGNITORI

Tabella del Basic Program On-line 2008-2012: Mente e Cognizione

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Tavola 2 DIVISIONE DELLA MENTE

- una mente è un conoscitore della mera entità di un oggetto

- un ‘ fattore mentale ’ è un conoscitore che, sulla base dell’osservare quell’ oggetto, si impegna su di esso dal punto di vista di diverse caratteristiche, come la funzione e così via. ‘Mente’ e ‘ fattori mentali ’ sono differenti pur avendo la stessa entità: tra loro vi sono 5 similarità (Dura).

Masters Program: Ornamento – Mente e Fattori mentali -

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TAVOLA 3 FATTORI MENTALI

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Tavola 4 I QUATTRO CORPI DEI VERITÀ RISULTANTE

Permanente

Lignaggio

che dimora

naturalmente

CORPO DI VERITÀ DELLA NATURA

(SVABHAVAVIKAYA)

Impermanente Lignaggio

dello sviluppo

CORPO DI VERITÀ

(DHARMAKAYA)

CORPO DI VERITÀ DELLA SAGGEZZA (JNANADHARMA

KAYA )

CORPO DI

GODIMENTO (SAMBHOGAKAYA )

CORPO DI

EMANAZIONE (NIRMANAKAYA )

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Tavola 5 I L IGNAGGIO CHE DIMORA NATURALMENTE

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AAPPPPRROOFFOONNDDIIMMEENNTTII Letture consigliate Diventare il proprio analista, Lama Yesce, Chiara Luce Edizioni. Fa’ che la tua mente diventi un oceano, Lama Yesce, Chiara Luce Edizioni. La liberazione nel palmo della tua mano, Pabongka Rinpoce (pagg. 291-317), Chiara Luce Edizioni. Wish-fulfilling Golden Sun (Il sole dorato che esaudisce i desideri), Lama Zopa Rinpoce (pagg. 1-3, 44-50 versione inglese), Lama Yeshe Wisdom Archive. Buddhismo in occidente, Lama Yesce, Chiara Luce Edizioni. La scienza della mente, Dalai Lama (interventi di S.S. il Dalai Lama e di vari scienziati occidentali), Chiara Luce Edizioni. Ponti sottili, Dalai Lama (con vari scienziati occidentali), Edizioni Neri Pozza. Un oceano d’amore, Ghesce Ciampa Ghiatso, Je Tzong Khapa Edizioni. Audio consigliati Perché cambiare la mente, Lama Yeshe, Je Tzong Khapa Edizioni, cd audio durata un’ora circa. Meditazioni guidate: Motivazione, Respiro, Buddha, Guarigione, Morte, Ghesce Ciampa Ghiatso, Je Tzong Khapa Edizioni, cd audio durata un’ora. Meditazioni guidate: I quattro pensieri incommensurabili: Amore, Compassione, Gioia, Equanimità, Ghesce Ciampa Ghiatso, Je Tzong Khapa Edizioni, cd audio durata un’ora.

Libri di meditazione Come meditare, Kathleen McDonald, Chiara Luce Edizioni. Una guida per la meditazione, Karin Valham, Je Tzong Khapa Edizioni. La postura di meditazione, Will Johnson, Ubaldini Editore. La forza della meditazione (un percorso tra le varie religioni che utilizzano la meditazione e un’analisi chiara degli stati meditativi), Daniel Goleman, Rizzoli. Meditazioni consigliate Le principali sono: consapevolezza sul respiro sulla chiarezza della mente di purificazione tramite la visualizzazione di Buddha. Altre possibili sono: sulle sensazioni e l’equanimità sulla sofferenza.

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GLOSSARIO

(sans = sanscrito; tib = tibetano) Atisha (982-1054). Il famoso maestro buddhista indiano che favorì la ripresa del buddhismo in Tibet dopo le persecuzioni da parte di Langdharma nel IX secolo. I suoi insegnamenti contribuirono alla creazione della tradizione Kadampa. La sua composizione La lampada sul sentiero per l'illuminazione (Bodhipathapradipa) fu il primo testo di lam-rim. Arya (sans). Essere nobile, superiore. È colui che ha direttamente realizzato la vacuità, il modo di esistenza ultimo di tutti i fenomeni. La saggezza suprema che realizza la vacuità elimina l’ignoranza che si afferra a un’esistenza intrinseca del sé della persona e dei fenomeni, fonte di tutte le altre afflizioni mentali. Bodhicitta (sans). L'aspirazione a ottenere la completa illuminazione allo scopo di aiutare gli altri esseri viventi a raggiungere a loro volta lo stesso stato. Bodhisattva (sans). Una persona che possiede bodhicitta ed è quindi sul sentiero per l'illuminazione. Canali. Costituenti del corpo sottile attraverso i quali fluiscono i venti energetici. Chakra (sans). Ruota di energia; un punto focale di energia posto lungo il canale centrale, sul quale ci si concentra nella pratica tantrica. Chiara luce. Il sottile stato della mente, sperimentato quando tutti i venti energetici vengono dissolti nel canale centrale, come accade in maniera naturale durante il processo della morte; è utilizzato in meditazione dai praticanti tantrici esperti, per ottenere l'illuminazione. Cinque voti del praticante laico del Dharma. Abbandonare l’uccidere, il rubare, la condotta sessuale scorretta, il mentire e il prendere inebrianti. Deva (sans). Vedi Dio. Dharma (sans). Letteralmente: 'ciò che ci mantiene lontani dalla sofferenza'; gli insegnamenti del Buddha. Dio. Deva (sans). Un essere nell'esistenza ciclica che dimora temporaneamente in uno stato divino.

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Divinità. Un'emanazione di Buddha, una figura maschile o femminile che incarna un aspetto dell'illuminazione e su cui ci si focalizza durante la meditazione nel Tantra. Esistenza ciclica. Samsara (sans). Il ciclo ricorrente di morte e rinascita sotto il controllo delle afflizioni e del karma e caratterizzato dalla sofferenza. Essere infernale. Un essere nell'esistenza ciclica che dimora temporaneamente nello stato di più grande sofferenza. Figlio dei Vittoriosi. Un epiteto del bodhisattva. Ghelugpa (tib). Letteralmente: 'la tradizione virtuosa'; l'ordine di buddhismo tibetano fondato da Lama Tzong Khapa e dai suoi discepoli all'inizio del quindicesimo secolo. Ghesce (tib). Letteralmente 'amico spirituale virtuoso'. Un termine dato ai grandi maestri kadampa; titolo conferito a chi ha completato gli studi estesi e gli esami nelle università monastiche della scuola Ghelugpa. Guru (sans). Lama (tib). Maestro spirituale e guida. Hinayana (sans). Veicolo individuale. Il veicolo o sentiero seguito da chi aspira a liberarsi dall'esistenza ciclica e ottenere il nirvana. Il Vittorioso. Un epiteto del Buddha. Je Rinpoce (tib). Un epiteto di Lama Tzong Khapa. Kadampa (tib). Una tradizione buddhista che si originò in Tibet nell'undicesimo secolo con gli insegnamenti di Atisha. Karma (sans). Il processo naturale di causa ed effetto, per il quale azioni virtuose conducono alla felicità e azioni non virtuose conducono alla sofferenza. Lama (tib). Guru (sans). Maestro spirituale e guida. Lama Tzong Khapa (1357-1419). Il riverito maestro ed esperto praticante che fondò l'ordine Ghelugpa del buddhismo tibetano. Lama Thubten Zopa Rinpoce (1946-). La guida spirituale della Fondazione per la Preservazione della Tradizione Mahayana (FPMT), un'organizzazione internazionale di cui l'Istituto Lama Tzong Khapa fa parte. Lam-rim (tib). Il sentiero graduale all'illuminazione. Un modo di presentare gli insegnamenti del Buddha che mostra gli stadi del sentiero che conduce all'illuminazione.

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Liberazione. Nirvana (sans). È lo stato che si ottiene quando tutte le afflizioni e i loro semi sono stati completamente eliminati dal continuum mentale. I distruttori del nemico che hanno ottenuto il nirvana hanno raggiunto uno stato di pace personale, ma a differenza dei buddha non operano per liberare tutti gli esseri senzienti dalla sofferenza. Mahamudra (sans). Letteralmente: 'Il grande sigillo'. Un profondo sistema di meditazione sulla natura ultima della mente e di tutti i fenomeni. Mahayana (sans). Letteralmente: il 'Grande Veicolo', o il 'Veicolo Universale'. Il sentiero percorso dai bodhisattva per l'ottenimento della completa illuminazione; il termine può anche riferirsi agli insegnamenti e alle pratiche incluse in questo sentiero. Mandala (sans). Una rappresentazione simbolica circolare dell'intero universo, utilizzata come offerta per accumulare i meriti necessari all'ottenimento dell'illuminazione. Manjushri (sans). Il Buddha della Saggezza. Mantra (sans). La sillaba man di ‘mantra’ significa mente, mentre tra significa proteggere. Quindi mantra è ciò che protegge la mente. Secondo l’insegnamento dei sutra, i mantra proteggono la mente dalle afflizioni, mentre secondo l’insegnamento dei tantra, i mantra proteggono la mente dalle apparenze ordinarie e dall’aggrapparsi a esse. Nirvana (sans). Vedi Liberazione. Non virtù. Azioni di corpo, parola e mente che danno come risultato sofferenza. Pabongka Rinpoce / Pabongka Dorje Chang (1871-1941). Un influente e potente lama della tradizione Ghelugpa, maestro radice di Ribur Rinpoce così come dei tutori anziano e giovane di Sua Santità il XIV Dalai Lama. Paramita (sans). Vedi Perfezioni. Quattro pensieri incommensurabili. Sono: incommensurabile amore, incommensurabile compassione, incommensurabile gioia e incommensurabile equanimità. La preghiera completa dei ‘Quattro Incommensurabili’ è: possano tutti gli esseri senzienti avere la felicità e le cause della felicità; possano tutti gli esseri senzienti essere liberi dalla sofferenza e dalle cause della sofferenza; possano tutti gli esseri senzienti non essere mai separati dalla felicità che non conosce sofferenza; possano tutti gli esseri senzienti dimorare nell'equanimità, liberi dall'attaccamento e dall'avversione che tiene alcuni vicini e altri lontani. Realizzatore Solitario. Pratyekabuddha (sans). Un seguace del veicolo individuale (Hinayana) che si sforza di ottenere il nirvana, la liberazione dall'esistenza ciclica.

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Samsara (sans). Vedi Esistenza ciclica. Sei perfezioni. Paramita (sans). Lei sei pratiche principali di un bodhisattva per il raggiungimento dell'illuminazione: generosità, etica, pazienza, sforzo gioioso, concentrazione e saggezza. Semidio/Titano. Asura (sans). Un essere nell'esistenza ciclica che dimora temporaneamente in uno stato celestiale, ma che soffre a causa dell'invidia e dell'aggressività. Shantideva (685-763). Il grande studioso e bodhisattva indiano che scrisse il Bodhisattvacharyavatara (Una guida allo stile di vita del bodhisattva). Tantra (sans). Letteralmente: 'filo' o 'continuità'. I discorsi esoterici del Buddha. Il termine può anche essere usato per riferirsi agli insegnamenti e alle pratiche contenuti in questi discorsi. La pratica tantrica comporta generalmente l'indentificare se stessi con una divinità, un'incarnazione della mente illuminata, per purificarsi e ottenere lo stato della completa illuminazione. Tantra dello yoga supremo. Mahanuttarayogatantra (sans). La quarta e più elevata classe della pratica tantrica, che consiste in due stadi, lo stadio di generazione e lo stadio di completamento. Conduce all'ottenimento della completa illuminazione anche in una sola vita. Uditore. Shravaka (sans). Un seguace del veicolo individuale (Hinayana) che conduce all'ottenimento della liberazione dall'esistenza ciclica. Virtù. Azioni di corpo, parola e mente che danno come risultato felicità.

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COME PRENDERSI CURA DEI TESTI DI DHARMA

I testi di Dharma contengono gli insegnamenti di Buddha Shakyamuni. La preziosità del Buddhadharma consiste nell’essere una vera fonte di felicità per tutti gli esseri e la causa per abbandonare ogni sofferenza presente e futura. Quindi, testi che contengano insegnamenti o i nomi dei propri Maestri, sono assai più preziosi di un oggetto materiale; mostrano come mettere in pratica gli insegnamenti e integrarli nella propria vita, e dovrebbero essere trattati con estrema cura e rispetto. Per questa ragione, per favore, conservateli rispettosamente in luoghi alti, puliti, separatamente da altri oggetti mondani. Essi dovrebbero essere protetti in un tessuto se portati con sé. Si dovrebbe evitare di appoggiarli sul pavimento, di calpestarli, non si dovrebbero appoggiare su di essi oggetti di qualsiasi tipo, incluso il rosario, e non dovrebbero essere usati come sedili. Se in ogni caso si dovesse avere la necessità di eliminare del materiale di Dharma, questo non dovrebbe essere gettato nella spazzatura ma bruciato in un modo speciale. Dovrebbe essere bruciato separatamente da altri materiali, recitando il mantra om ah hum. Quindi, quando il fumo si sprigiona, si dovrebbe visualizzare che esso, pervadendo l’intero spazio, trasporta l’essenza del Dharma a tutti gli esseri senzienti dei sei reami, purifica la loro mente e li allevia da ogni sofferenza portando loro ogni felicità, compresa la felicità definitiva dell’illuminazione. Infine, le ceneri rimanenti dovrebbero essere raccolte e sparse in luoghi puliti, sotto alberi o piante, dove non possano essere calpestate. Questa, che può sembrare una strana usanza, è in realtà, in accordo alla tradizione, il modo di evitare di creare il karma che impedirebbe di incontrare in futuro il Dharma.