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LUG 2020 N.3 gruppo di terapia manuale e fisioterapia muscoloscheletrica ALL’INTERNO rubriche, editoriali, letture e commenti “L’unico modo sicuro per raggiungere il successo consiste nel fare meglio e di più di quanto ci si aspetta da te” Agustine “Og” Mandino NEL CUORE DELLE DIFFICOLTÀ RIPOSANO LE OPPORTUNIÀ Albert Einstein

ALL’INTERNO - TERAPIA MANUALE2020/07/24  · LUG 2020 N.3 gruppo di terapia manuale e fisioterapia muscoloscheletrica ALL’INTERNO rubriche, editoriali, letture e commenti “L’unico

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  • L U G2020N.3

    gruppo diterapia manuale

    e fisioterapiamuscoloscheletrica

    ALL’INTERNO

    rubriche,editoriali, letturee commenti

    “L’unico modo sicuroper raggiungere il successoconsiste nel fare meglioe di più di quantoci si aspetta da te”

    Agustine “Og” Mandino

    NEL CUOREDELLE DIFFICOLTÀ

    RIPOSANO LEOPPORTUNIÀ

    Albert Einstein

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    INDICE

    3. L’editoriale | Dott. Filippo Maselli

    5. Return to sport after shoulder arthroplasty: a systematic review and meta-analysis. Dott. Mattia Salomon

    13. Risk factors which predispose first-time traumatic anterior shoulder dislocations to recurrent instability in adults: a systematic review and meta-analysis Dott. Lorenzo Galardini

    19. Finanziamento pubblico del Servizio Sanitario Nazionale: un cambio di rotta dopo la pandemia? Metodologia della ricerca | Dott. Nino Cartabellotta

    26. Master IFOMPT: Raccontaci il tuo percorso | Tesi di Master Achilles tendon rupture. “When will I be able to return to sport? a narrative review. Dott.ssa Veronica Zanoni

    34. Non-pharmacological self-management for people living with migraine or tension-type headache: a systematic review including analysis of intervention components | Dott. Simone Salerno

    SEI UNA COLLEGA MOTIVATO ED APPASSIONATO?

    CON CONOSCENZE SUL TEMA E INTERESSE A COLLABORARE ALLA CRESCITA DELLA RUBRICA?

    non esitare a contattarci all’indirizzo [email protected]

    Responsabile Magazine Filippo Maselli

    Responsabile Redazione Andrea Colombi

    Comitato di Redazione Direttivo GTM

    Elaborazione Grafica Luca Bonetti

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    Gruppo di Terapia Manuale e Fisioterapia Muscoloscheletrica | Luglio 2020

    Nel Cuore delle Difficoltà riposano le Opportunità | Albert Einstein

    L’EDITORIALE

    L’unico modo sicuro per raggiungere il successo consiste nel fare meglio e di più di quanto ci si aspetta da te…

    Agustine “Og” Mandino

    a cura di Filippo Maselli

    La maggior parte delle decisioni che abbiamo preso in questo periodo sono state influenzate dal clima di paura, di smarrimento, di incertezza che questa situazione di sconforto lasciava dietro sé come esito, come risulta-to devastante del passaggio di uno tzunami, che ahinoi tende ancora a non scomparire…ma NOI abbiamo deciso diversamente, noi abbiamo voluto che così non fosse, scegliendo fortemente di lottare ancora….…di non mancare, di ASCOLTARE i bisogni dei nostri colleghi, di continua-re ad essere presenti, quando tutto era fermo, di non aspettare la ripresa per RIPARTIRE, di costruire invece che attendere, di generare invece che nasconderci, di cercare di dare invece che astenerci, di sognare invece che rassegnarci, di motivare invece che criticare.Sappiamo che non vi possono essere miglior insegnamenti di quelli che impartiscono le avversità, ma è altresì vero, che per chi ha la perseveranza e la tenacia, non possa non vedere che ogni sconfitta porta con se la lezio-ne su come migliorarsi e, questo ci ha fatto COMPRENDERE che le ostilità danno vita a nuove opportunità.Infatti proprio in questo periodo di stasi generalizzata, abbiamo portato avanti e concluso PROGETTI ambiziosi come la selezione dei Referenti Regionali del GTM, la creazione di due opuscoli informativi, del nuovo pro-dotto mensile “Research & Review”…e non possiamo che CREDERE che il motore di tutto questo siete VOI, che ci spronate a spingere al massimo, a dare il meglio di noi stessi, anche quando ci sembrava impossibile, a creare quel substrato alchemico di energia e passione che nulla può arrestare……come dice Zig Ziglar, noi abbiamo “il dovere di fare bene le cose, ma è l’amore che ce le fa fare belle” e, noi crediamo cosi tanto nella fisioterapia, abbiamo così a cuore il GTM e i nostri soci, che anche volendo non riusci-remmo a fare le cose diversamente.

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    LA MANIPOLAZIONEVERTEBRALEPosition StatementGruppo di Terapia Manuale e

    Fisioterapia Muscoloscheletrica | GTM

    2019

    a cura diFiras Mourad e Filippo Maselli

    LA MANIPOLAZIONEVERTEBRALE

    Position StatementGruppo di Terapia Manuale e

    Fisioterapia Muscoloscheletrica | GTM

    2019

    a cura diFiras Mourad e Filippo Maselli TERMINATO E SPEDITO

    A TUTTI I SOCI IL POSITION STATEMENT DELLE HVLA

    NEWS 2020

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    Gruppo di Terapia Manuale e Fisioterapia Muscoloscheletrica | Luglio 2020

    Nel Cuore delle Difficoltà riposano le Opportunità | Albert Einstein

    Return to sport after shoulder arthroplasty: a systematic review and meta-analysis.

    Liu J.N., Steinhaus M.E., Garcia G.H., Chang B., Field K., Dines D.M., Warren R.F., Gullotta L.V.Knee Surg Sports Traumatol Arthrosc. 2018 Jan;26(1):100-112. DOI: 10.1007/s00167-017-4547-1

    AbstractPURPOSEWith increasing incidence and indications for shoulder arthro-plasty, there is an increasing emphasis on the ability to return to sports. The main goal of this study was to determine the rate of return to sport after shoulder arthroplasty.

    METHODSThe Preferred Reporting Items for Systematic Reviews and Me-ta-Analyses guidelines were followed to perform this systematic review and meta-analysis. A search was performed on MEDLINE, Scopus, EMBASE, and the Cochrane Library. The quality of the included studies was evaluated according to the Methodological Index for Nonrandomized Studies checklist. The main judgement outcome was the rate of return to sports activity after shoulder arthroplasty and the level of play upon return (identical or higher/lower level).

    RESULTSThirteen studies were reviewed, including 944 patients (506 ath-letes), treated with shoulder arthroplasty at an average follow-up of 5.1 years (range, 0.5-12.6 years). The most common sports were swimming (n = 169), golf (n = 144), fitness sports (n = 71), and tennis (n = 63). The overall rate of return to sport was 85.1% (95% CI, 76.5-92.3%), including 72.3% (95% CI, 60.6-82.8%) returning to an equivalent or improved level of play, after 1-36 months. Patien-ts undergoing anatomic total shoulder arthroplasty returned at a significantly higher rate (92.6%) compared to hemiarthroplasty (71.1%, p = 0.02) or reverse total shoulder arthroplasty (74.9%, p = 0.003).

    CONCLUSIONMost patients are able to return to one or more sports following shoulder arthroplasty, with anatomic total shoulder arthroplasty

    Dott. MATTIA SALOMON

    PT BSc, MSc, OMPT

    Fisioterapista

    Orthopaedic Manipulative Physical Therapist

    Laurea Magistrale in Scienze delle Professioni Sanitarie della Riabilitazione

    Docente a contratto Master in Fisioterapia Muscoloscheletrica e Reumatologica, Università degli Studi di Roma Tor Vergata

    Membro del direttivo GTM

    Libero professionista

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    having the highest rate of return.

    Level of evidence.

    KEYWORDSReturn to sport • Shoulderarthroplasty • Systematic review

    INTRODUZIONE Il ricorso ad importanti interventi di sostituzione articolare per patologie e disordini che colpiscono l’articolazione della spalla sta diventando sempre più frequente1. In particolare, l’incidenza dell’emiartroplastica (HHA, hemiarthroplasty), della protesi ana-tomica totale (TSA, total shoulder arthroplasty) e degli interventi di protesi inversa di spalla (rTSA, reverse total shoulder arthro-plasty), sono in costante aumento negli ultimi anni, con un con-seguente incremento della richiesta di interventi riabilitativi post- operatori, sia in regime ospedaliero che in regime ambulatoriale privato2. Nei soli Stati Uniti d’America, il numero di interventi di artroplastica di spalla è aumentato di circa 3000 casi annui negli ultimi 12 anni rispetto ad un aumento di soli 400 interventi annui prima del 20043; per comprendere ulteriormente quanto la so-luzione chirurgica della protesi di spalla sia diventata popolare, sempre negli USA 70.000 procedure combinate sono state ese-guite nel 20114 rispetto ai 14.000 interventi eseguito 20003.

    Sebbene l’artroplastica di spalla rappresenti la terza procedu-ra chirurgica più comune al mondo per quanto riguarda le sostitu-zioni delle intere articolazioni (dopo quella di anca e ginocchio)5, rispetto a queste ultime, il percorso riabilitativo ottimale è molto discusso a causa della mancanza di linee guida condivise e basate sulle prove di efficacia6. Ciò nonostante, questo esponenziale au-mento del numero di procedure eseguite è probabilmente dovuto ad una combinazione di diversi fattori, tra cui i più determinanti sono i cambiamenti nella progettazione degli impianti3, il comfort degli ortopedici nell’esecuzione delle tecniche chirurgiche7-8 e la disponibilità di adeguate prove di efficacia che suggeriscono ri-sultati a breve e medio termine9-10.

    L’obiettivo principale dell’intervento di artroplastica di spalla è quello di ridurre il dolore del paziente e migliorarne la funzione ri-pristinando o “alterando” la biomeccanica della spalla e la sua ci-nematica; tuttavia se l’assenza di dolore ed il miglioramento della funzione sono senza dubbio le ragioni principali per cui i pazienti scelgono di sottoporsi a tali procedure, sempre di più i pazienti con protesi di spalla pongono un’enfasi crescente sulla possibili-tà di riprendere, almeno parzialmente, attività che non erano più possibili o divenute difficili da eseguire prima dell’intervento.

    BIBLIOGRAFIA

    1. Jain NB, Yamaguchi K. The contribution of reverse shoulder arthro-plasty to utilization of primary shoulder arthro-plasty. J Shoulder Elbow Surg. 2014;23(12):1905-12.

    2. Zarkadas PC, Throckmorton TQ, Dahm DL, Sperling J, Schleck CD, Cofield R. Patient reported activities after shoulder replacement: total and hemiarthro-plasty. J Shoulder Elbow Surg. 2011;20(2):273-80.

    3. Kim SH, Wise BL, Zhang Y, Szabo RM. In-creasing incidence of shoulder arthroplasty in the United States. J Bone Joint Surg Am. 2011;93(24):2249-54.

    4. Schairer WW, Nwa-chukwu BU, Lyman S, Craig EV, Gulotta LV. National utilization of re-verse total shoulder ar-throplasty in the United States. J Shoulder Elbow Surg. 2015;24(1):91-7.

    5. Kraus M KG, Tepohl L. Postoperative rehabi-litation of patients with shoulder arthroplasty - A review on the standard of care. Int J Phys Med Rehabil. 2014(S5):001.

    6. Boudreau S, Bou-dreau ED, Higgins LD, Wilcox RB, 3rd. Reha-bilitation following reverse total shoul-der arthroplasty. J Or-thop Sports Phys Ther. 2007;37(12):734-43.

    7. Khatib O, Onyekwe-lu I, Yu S, Zuckerman

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    Gruppo di Terapia Manuale e Fisioterapia Muscoloscheletrica | Luglio 2020

    Nel Cuore delle Difficoltà riposano le Opportunità | Albert Einstein

    Inoltre, poiché i chirurghi continuano ad eseguire queste proce-dure su soggetti sempre più giovani e / o più attivi, la capacità di tornare all’attività sportiva o all’attività fisica (e, se possibile, allo stesso livello di performance e competitività pre-morbose) hanno catturato l’interesse di molto ricercatori11.

    Tradizionalmente, la maggior parte delle restrizioni previste sulle attività dei pazienti sottoposti a sostituzione articolare del comparto glenoideo (sia per TSA che per rTSA) sono ascrivibili alla necessità di evitare un potenziale rischio di allentamento, ri-modellamento e / o usura precoce della componente glenoidea, come riportato dagli studi di Terrier et al.12 (per esempio il rocking horse phenomena nella TSA) e negli approfondimenti sul rischio di lussazione della rTSA13-14. In tal senso non devono sorprendere i risultati di una recente survey condotta tra gli iscritti dell’ASES (American Shoulder and Elbow Surgeons)A, in cui la maggior par-te dei chirurghi ha espresso parere favorevole al ritorno alla sport per quei pazienti che erano stati sottoposti a procedure che non coinvolgessero la sostituzione glenoidea (ad esempio, HHA)15.

    Tuttavia, una serie considerevole di pubblicazioni16-19 ha ri-portato che il tasso di ritorno allo sport risulterebbe più alto in paziente sottoposti a TSA e rTSA piuttosto che a HHA e poten-zialmente più elevato rispetto alle procedure di esclusiva sostitu-zione protesica del versante omerale. I paragoni diretti tra queste due modalità di intervento restano però limitate a studi di coorte con sample size ridotti20-21.

    SINOSSI Per questi motivi, Liu e collaboratori hanno prodotto una re-visione sistematica con meta-analisi con lo scopo di determinare il tasso di ritorno alla sport dopo intervento di protesi di spalla, e conseguentemente poter orientare i processi di decision making post-operatorio e saper meglio suggerire al paziente le prospet-tive circa la ripresa dell’attività fisica e sportiva.

    L’ipotesi di partenza degli autori era che gli interventi di TSA sa-rebbero in grado di garantire un tasso di ritorno allo sport più elevato ed affidabile rispetto a rTSA ed HHA.

    La revisione sistematica è stata condotta in accordo con le linee guida PRIMA22 e la strategia di ricerca ha interrogato i data-base di MEDLINE tramite PubMed, Scopus, EMBASE e Cochrane Library usando adeguate parole chiave (“shoulder arthroplasty”, “shoulder replacement”, “shoulder hemiarthroplasty”, “humeral resurfacing” combinate a “return to sport/to play”). Gli autori hanno previsto un controllo manuale di tutti gli articoli potenzial-mente eleggibili e la ricerca è stata estesa ai due principali registri di studi clinici (ClinicalTrials.govB e International Clinical Trials Re-gistry PlatformC) per esaminare eventuali studi in corso d’opera.

    Sono stati inclusi trial clinici in lingua inglese, con livello di evi-denza I – IV che coinvolgessero pazienti che partecipano regolar-

    JD. Shoulder arthropla-sty in New York State, 1991 to 2010: changing patterns of utilization. J Shoulder Elbow Surg. 2015;24(10):e286-91.

    8. Westermann RW, Pugely AJ, Martin CT, Gao Y, Wolf BR, Hettrich CM. Reverse Shoulder Arthroplasty in the Uni-ted States: A Compari-son of National Volume, Patient Demographics, Complications, and Sur-gical Indications. Iowa Orthop J. 2015;35:1-7.

    9. Torchia ME, Cofield RH, Settergren CR. Total shoulder arthroplasty with the Neer prosthe-sis: long-term results. J Shoulder Elbow Surg. 1997;6(6):495-505.

    10. Levy O, Copeland SA. Cementless surface replacement arthropla-sty of the shoulder. 5- to 10-year results with the Copeland mark-2 prosthesis. J Bone Joint Surg Br. 2001;83(2):213-21.

    11. Henn RF, 3rd, Ghomrawi H, Rutled-ge JR, Mazumdar M, Mancuso CA, Marx RG. Preoperative patient expectations of total shoulder arthroplasty. J Bone Joint Surg Am. 2011;93(22):2110-5.

    12. Terrier A, Larrea X, Malfroy Camine V, Pio-letti DP, Farron A. Im-portance of the subsca-pularis muscle after total shoulder arthroplasty. Clin Biomech (Bristol, Avon). 2013;28(2):146-50.

    13. Payne C, Jaggi A, Le Leu A, Garofalo R, Conti M. (v) Rehabilitation for shoulder arthroplasty. Orthopaedics and Trau-matology: Surgery and Research. 2015.

    A. https://www.ases-assn.org/ · B. https://clinicaltrials.gov · C. https://www.who.int/ictrp/search/en

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    mente ad attività sportiva a tutti i livelli (professionisti, amatori, competitivi e non) e che valutassero il ritorno a sport e/o gioco dopo sostituzione articolare di spalla. I risultati delle ricerca sono stati analizzati da due autori indipendenti; un terzo autore è stato consultato solo in presenza di disaccordo.

    Data l’assenza di trial clinici randomizzati, la valutazione della qualità è stata eseguita adottando lo strumento MINORS (Metho-dological Index for Non-randomized Studies)23, creato apposita-mente per i trial non randomizzati e costruito con 12 items, di cui 4 specifici per valutare gli studi comparativi. I dati degli studi inclusi sono stati quindi estratti in un modulo standardizzato, ri-portando:

    • le caratteristiche dello studio (design di studio, anno e numero di pazienti);• le caratteristiche dei partecipanti allo studio (età, sesso, tipo di intervento chirurgico coinvolto nell’arto dominante, sport pratica-to indipendentemente dal fatto che il paziente avesse ripreso la disciplina riportata dopo l’intervento, livello di ripresa dell’attività sportiva pre-operatorio / post-operatorio); • la patologia soggiacente all’intervento (ad esempio: artrosi, artropatia della cuffia dei rotatori, necrosi avascolare, artrite reu-matoide); • la tipologia di procedura chirurgica a cui il paziente è stato sottoposto (TSA, rTSA, HHA, rivestimento omerale);• i risultati clinici dei follow-up finali.

    I dati numerici sono quindi stati caricati su piattaforme software opportunamente selezionate per elaborare il processo di meta- analisi.

    L’analisi principale è stata condotta sul numero di pazienti che sono ritornati a praticare sport dopo intervento di protesi di spalla e sul livello di gioco (identico, superiore o inferiore rispetto allo status pre-intervento). Attraverso l’indice I2 è stata misurata l’eterogeneità degli studi inclusi24; in presenza di alta eterogeneità si sono resi necessari ulteriori accorgimenti statistici per l’aggre-gazione dei dati sul ritorno allo sport. Sono inoltre state elimina-te dalla meta-analisi per dati aggregati le popolazioni di pazienti duplicate.

    I criteri di analisi secondaria hanno incluso i dati sugli outcomes dolore e funzione, soddisfazione del paziente e tasso di compli-canze post-operatorie. È stata, infine, condotta una meta-regres-sione esplorativa ai fini di confrontare tra gli studi inclusi i tassi di ritorno allo sport con differenti tipologie di intervento, diagnosi ed attività praticata e riportato un funnel plot per valutare il bias di pubblicazione.

    La revisione sistematica ha incluso 13 studi retrospettivi, di cui solo 3 comparativi, per un totale di 944 pazienti, con un età me-dia di 69.0 anni (range 22.6 – 97.1 anni) e seguiti a follow-up finale di 5.1 anni (range 0.5 – 12.6 anni). Il 53.6% dei pazienti sono stati

    14. Jarrett CD, Brown BT, Schmidt CC. Reverse shoulder arthroplasty. Orthop Clin North Am. 2013;44(3):389-408, x.

    15. Golant A, Christo-forou D, Zuckerman JD, Kwon YW. Return to sports after shoulder arthroplasty: a survey of surgeons’ preferences. J Shoulder Elbow Surg. 2012;21(4):554-60.

    16. Bulhoff M, Sattler P, Bruckner T, Loew M, Zeifang F, Raiss P. Do patients return to spor-ts and work after total shoulder replacement surgery? Am J Sports Med. 2015;43(2):423-7.

    17. Garcia GH, Taylor SA, DePalma BJ, Mahony GT, Grawe BM, Nguyen J, et al. Patient Activi-ty Levels After Reverse Total Shoulder Arthro-plasty: What Are Patien-ts Doing? Am J Sports Med. 2015;43(11):2816-21.

    18. Papaliodis D, Ri-chardson N, Tartaglione J, Roberts T, Whipple R, Zanaros G. Impact of Total Shoulder Arthro-plasty on Golfing Acti-vity. Clin J Sport Med. 2015;25(4):338-40.

    19. Simovitch RW, Fri-edman RJ, Cheung EV, Flurin PH, Wright T, Zuckerman JD, et al. Rate of Improvement in Clinical Outcomes with Anatomic and Reverse Total Shoulder Arthro-plasty. J Bone Joint Surg Am. 2017;99(21):1801-11.

    20. Garcia GH, Liu JN, Mahony GT, Sinatro A, Wu HH, Craig EV, et al. Hemiarthroplasty Versus Total Shoulder Arthro-plasty for Shoulder Oste-oarthritis: A Matched Comparison of Return to Sports. Am J Sports Med. 2016;44(6):1417-22.

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    Gruppo di Terapia Manuale e Fisioterapia Muscoloscheletrica | Luglio 2020

    Nel Cuore delle Difficoltà riposano le Opportunità | Albert Einstein

    classificati come atleti (n=506) e il livello di sport è stato riportato in 9 studi. Il parametro del ritorno allo sport è stato prevalente-mente estratto dagli studi come outcome secondario.

    COMMENTARY Gli autori hanno concluso che il tasso complessivo di ritorno agli sport dopo intervento di protesi di spalla ammonta a circa l’85,1%, con il 72,3% dei pazienti che possono tornare a praticare sport allo stesso livello di gioco in un lasso di tempo molto va-riabile ma non superiore ai 36 mesi post-operatori. La revisione sistematica si dimostra un utile strumento di interpretazione dei dati per fornire una consulenza ai pazienti candidati alla protesi di spalla, offrendo loro una prognosi sostanzialmente positiva per quanto concerne il ritorno all’attività sportiva.

    Tuttavia, i dati riportati da Liu e colleghi vanno interpretati con cautela.

    Se da una parte lo studio permette di concludere che la maggior parte dei pazienti operati possa tranquillamente tornare a pratica-re sport, indipendentemente dal tipo di intervento subito, questa tipo di garanzia non può essere fornita al 100% ed è stata in parte messa in discussione da alcune pubblicazioni25-27. In particolare, il tasso favorevole di ritorno allo sport dopo TSA (92,6%) sem-bra significativamente elevato rispetto ai dati riportati per HHA e rTSA (71,1% e 74,9%, rispettivamente). Una simile differenza è stata preventivamente messa in conto dagli autori: i pazienti sot-toposti a TSA hanno generalmente, entro 6 mesi dall’intervento, una maggiore ampiezza di movimento, migliori parametri funzio-nali e un significativo grado di soddisfazione28-29 e di conseguenza potrebbero presentare un considerevole miglioramento della loro partecipazione sportiva e ricreazionale.

    Inoltre, se si analizzano i dati aggregati per patologia, si può no-tare come il tasso di ritorno allo sport più alto sia presente in pazienti con diagnosi di artrosi, che rappresenta generalmente il primo motivo di indicazione proprio alla TSA30, mentre il trend di riduzione dei valori sembra essere più omogeno per altre patolo-gie per le quali le soluzioni chirurgiche vanno valutate in presenza di più fattori concomitanti.

    In seconda battuta, si noti come le differenze statistiche tra le diverse procedure chirurgiche non persistono in maniera si-gnificativa per il parametro di ritorno allo sport allo stesso livello di gioco / performance. L’allineamento dei dati potrebbe essere giustificato dal fatto che solo 2/3 degli studi inclusi ha riportato questa variabile e che, per la maggior parte, il campione fosse di piccole dimensioni. Inoltre, non va dimenticato come ad oggi resti una sfida determinare quali siano i criteri più adeguati a definire il ritorno alla sport (RTS, return to sport); come già accaduto per le lesioni del crociato anteriore31-32 non sono ad oggi disponibili batterie di testi valutativi e / o di parametri per i quali sia stato espresso un consenso, ed è difficile definire un livello di capacità

    21. Liu JN, Garcia GH, Mahony G, Wu HH, Di-nes DM, Warren RF, et al. Sports after shoulder arthroplasty: a compara-tive analysis of hemiar-throplasty and reverse total shoulder replace-ment. J Shoulder Elbow Surg. 2016;25(6):920-6.

    22. Moher D, Liberati A, Tetzlaff J, Altman DG, Group P. Preferred re-porting items for syste-matic reviews and me-ta-analyses: the PRISMA statement. J Clin Epide-miol. 2009;62(10):1006-12.

    23. Slim K, Nini E, Fo-restier D, Kwiatkowski F, Panis Y, Chipponi J. Methodological index for non-randomized stu-dies (minors): develop-ment and validation of a new instrument. ANZ J Surg. 2003;73(9):712-6.

    24. Higgins JP, Thomp-son SG, Deeks JJ, Altman DG. Measu-ring inconsistency in meta-analyses. BMJ. 2003;327(7414):557-60.

    25. Johnson DJ, John-son CC, Gulotta LV. Return to Play After Shoulder Replace-ment Surgery: What Is Realistic and What Does the Evidence Tell Us. Clin Sports Med. 2018;37(4):585-92.

    26. Johnson CC, John-son DJ, Liu JN, Dines JS, Dines DM, Gulotta LV, et al. Return to sports after shoulder arthro-plasty. World J Orthop. 2016;7(9):519-26.

    27. Christensen J, Brockmeier S. Total Shoulder Arthroplasty in the Athlete and Acti-ve Individual. Clin Sports Med. 2018;37(4):549-58.

    28. Flurin PH, Roche CP,

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    di ritorno allo sport per chi non lo pratica a livello professionistico (mancanza di parametri di RTS per lo sportivo amatoriale). Inoltre il ritorno al gioco non andrebbe valutato esclusivamente trami-te test, ma pesato anche come percezione soggettiva dell’atleta paziente di sentirsi pronto ed adeguato (da qui l’importanza dei patient related outcomes). Per il distretto spalla, nello specifico, solo alcuni autori hanno provato ad avanzare alcune proposte preliminari33, tuttavia senza riscuotere grande successo. Mentre il ritorno allo sport ed all’attività intensa sono stati ampiamenti stu-diati in letteratura per la protesica d’anca e di ginocchio, queste necessità del paziente, dopo intervento di HHA, TSA o rTSA, sono state poste all’attenzione della comunità scientifica relativamente di recente34. È quindi auspicabile che per meglio sostanziare i ri-sultati delle revisioni sistematiche di recente produzione condot-te su RTS e protesi di spalla siano implementate da nuove e solide acquisizioni in questo campo.

    L’assenza di differenze statisticamente significative per il ri-torno allo sport tra HHA e rTSA potrebbe essere influenzata da diversi fattori. L’aumentata incidenza delle indicazioni alla protesi di spalla, anche in soggetti giovani11-35, richiede alcune considera-zioni: in questa revisione sistematica la popolazione di interventi HHA è maggiormente rappresentata da giovani, rispetto a TSA ed rTSA: tipicamente il paziente più giovane, attivo e con elevate aspettative va incontro a fratture dell’omero e meno di frequente della glena, e per questo viene indirizzato alla sostituzione pro-tesica del solo versante omerale, come riportato da Henn et al.11. Inoltre, in presenza di sostanziale eterogeneità, non è da esclude-re che i pazienti più giovani possano rinunciare alla loro attività preferita, piuttosto che tornare a svolgerla ad un livello inferiore. Non è stato però possibile, in questo studio, elaborare i dati di ritorno alla medesima intensità di sport pre-morboso con il tipo di intervento subito. Si può ipotizzare, con il supporto di altri la-vori2-20, che gli impianti con componente glenoidea permettano di ritornare a praticare in maniera affidabile sport che coinvolga-no gli arti superiori con alta intensità (tennis, baseball, softball, basket), anche se la mancanza di follow-up a lungo temine (oltre i 6 anni) non sono ad oggi disponibili. Sebbene un crescente cor-pus di prove di efficacia rassicuri i chirurghi sul tasso di soprav-vivenza in pazienti sempre più giovani (ad esempio: per le rTSA del 99% a 2 anni, del 91%-98% a 5 anni e dell’88% a 10 anni)36, lo scenario attuale prevede particolare cautela nell’indicare il ritorno al gioco se concomitano necessità di utilizzo di impianti protesici più vincolanti (TSA e rTSA) e attività quali sollevamento di pesi o movimenti pliometrici.

    In un’altra recente revisione sistematica, Liu et al.37 hanno infat-ti riportato un ritorno complessivo al precedente livello di gioco pari a 85%, con un tasso del 92% per la TSA e del 78% dopo rTSA, rispettivamente. In questo lavoro gli autori hanno sottolineato l’importanza della longevità e della tenuta dell’impianto, che rap-presentano una preoccupazione per la maggior parte dei clinici.

    Wright TW, Marczuk Y, Zuckerman JD. A Com-parison and Correlation of Clinical Outcome Me-trics in Anatomic and Reverse Total Shoulder Arthroplasty. Bull Hosp Jt Dis (2013). 2015;73 Suppl 1:S118-23.

    29. Eichinger JK, Mil-ler LR, Hartshorn T, Li X, Warner JJ, Higgins LD. Evaluation of sati-sfaction and durability after hemiarthroplasty and total shoulder ar-throplasty in a cohort of patients aged 50 years or younger: an analysis of discordance of patient satisfaction and implant survival. J Shoulder Elbow Surg. 2016;25(5):772-80.

    30. Matsen FA, 3rd, Clin-ton J, Lynch J, Bertelsen A, Richardson ML. Gle-noid component failure in total shoulder arthro-plasty. J Bone Joint Surg Am. 2008;90(4):885-96.

    31. Dingenen B, Goke-ler A. Optimization of the Return-to-Sport Paradigm After Ante-rior Cruciate Ligament Reconstruction: A Criti-cal Step Back to Move Forward. Sports Med. 2017;47(8):1487-500.

    32. Kaplan Y, Witvrouw E. When Is It Safe to Return to Sport After ACL Reconstruction? Reviewing the Cri-teria. Sports Health. 2019;11(4):301-5.

    33. Olds M, Coulter C, Marant D, Uhl T. Relia-bility of a shoulder arm return to sport test bat-tery. Phys Ther Sport. 2019;39:16-22.

    34. Khair MM, Dines JS, Dines DM. Shoulder arthroplasty: return to sport. Sports Health. 2015;7(1):87-9.

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    Sarebbe infatti necessario considerare alcuni sottogruppi di pa-zienti nella popolazione giovane e attiva:

    • sport di contatto;• sport da non-contatto ad alto carico;• sport da non-contatto a basso carico;• sport che coinvolgono gli arti superiori e con rischio di caduta.

    L’atteggiamento del chirurgo può così variare nei confronti del ritorno alla partecipazione sportiva a seconda che la scelta ope-ratoria ricada sulla TSA o sulla rTSA38. Solitamente il clinico è più permissivo rispetto alla ripresa di sport da non-contatto a basso carico (ad esempio: ciclismo, yoga, nuoto e golf), mentre esprime pareri più o meno favorevoli nei confronti di sport da non-contat-to ad alto carico e sport di contatto15.

    In assenza di questa ulteriore distinzione, è legittimo pensa-re che alcune differenze nei tassi di ritorno allo sport aggregate per attività sportiva possano risentire della categoria di attività considerata. Nello specifico è presumibile che la categoria “sport fitness”, definita come allenamento leggero o tramite utilizzo di resistenze elastiche e frequenza in palestra per non più di 2 ore settimanali39 possa essere fuorviante, in quanto non fa distinzione tra potenziali pazienti più giovani e con richiesta funzionale più elevata e paziente anziani, che potrebbe semplicemente praticare blanda attività di fitness40.

    In conclusione, la revisione sistematica con meta-analisi ripor-ta tassi di ritorno allo sport più che soddisfacenti, dissipando il mito che la HHA restituisca maggiori possibilità di ripresa delle attività fisiche rispetto a TSA o rTSA. Mancano dati importanti sugli effetti avversi e le possibilità di usura dell’impianto protesico (il 69,2% degli articoli inclusi non riportano alcun dato in merito), fattori che incidono in maniera significativa sui parametri del RTS. Sebbene gli autori abbiano affrontato adeguatamente dal punto di vista metodologico le presenza di sostanziale eterogeneità, il funnel plot ha suggerito la presenza di publication bias, special-mente per gli studi di dimensioni inferiori. Tale asimmetria potreb-be essere giustificata dalla bassa qualità metodologica degli stes-si, come dimostrato dai punteggi MINORS, e come spesso accade per le revisioni sistematiche di studi osservazionali41. È opinione degli autori che non considerare anche questi studi, a favore di trial con esclusivamente di grandi dimensioni, avrebbe aumentato la distorsione dei risultati ed introdotto un’ulteriore elemento di soggettività42.

    Sebbene la ricerca e il consenso siano ancora limitati, la volon-tà di tornare ad uno stile di vita attivo ed allo sport continuano ad aumentare richiedono uno sforzo ulteriore da parte della comuni-tà scientifica nell’implementare i dati ad oggi disponibili.

    È opportuno che una parte della ricerca si concentri soprattutto su studi a lungo termine che diano informazioni sulla correlazione tra la scelta dell’impianto protesico, la sopravvivenza dello stesso,

    35. Wolff AL, Rosen-zweig L. Anatomical and biomechanical framework for shoul-der arthroplasty reha-bilitation. J Hand Ther. 2017;30(2):167-74.

    36. Goldenberg BT, Sa-muelsen BT, Spratt JD, Dornan GJ, Millett PJ. Complications and im-plant survivorship fol-lowing primary reverse total shoulder arthropla-sty in patients younger than 65 years: a syste-matic review. J Shoulder Elbow Surg. 2020.

    37. Liu JN, Steinhaus ME, Garcia GH, Chang B, Fields K, Dines DM, et al. Return to sport after shoulder arthro-plasty: a systematic review and meta-analy-sis. Knee Surg Sports Traumatol Arthrosc. 2018;26(1):100-12.

    38. Magnussen RA, Mallon WJ, Willems WJ, Moorman CT, 3rd. Long-term activity restrictions after shoulder arthro-plasty: an international survey of experienced shoulder surgeons. J Shoulder Elbow Surg. 2011;20(2):281-9.

    39. Wylde V, Blom A, Dieppe P, Hewlett S, Learmonth I. Return to sport after joint replace-ment. J Bone Joint Surg Br. 2008;90(7):920-3.

    40. Aim F, Werthel JD, Deranlot J, Vigan M, Nourissat G. Return to Sport After Shoulder Arthroplasty in Recrea-tional Athletes: A Syste-matic Review and Me-ta-analysis. Am J Sports Med. 2018;46(5):1251-7.

    41. Egger M, Davey Smith G, Schneider M, Minder C. Bias in meta-analysis de-tected by a simple,

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    l’usura ed il tempo in relazione alla tipologia di attività svolta35. Un ulteriore punto di vista potrebbe essere quello di aggrega-re i dati, laddove possibile, anche per livello di attività praticata (agonista, amatore, attività ricreazionale) e livelli di attività pre- operatoria. Bulhoff et al.16, infatti, ci ricordano che i pazienti che avevano praticato sport nei 5 anni precedenti o che erano sempre rimasti attivi prima dell’intervento sono stati in grado di tornare a praticare una ampia gamma di attività sportive ed attività, tra cui, sci, tennis, golf, nuoto e giardinaggio27. Alla stessa maniera, non dovrebbe quindi sorprendere che i pazienti sedentari, al con-trario, abbiano riportato una più bassa percentuale di ritorno allo sport. Una ulteriore stratificazione dei dati per fasce d’età con-sentirebbe, infine, una panoramica dettagliata delle complesse considerazioni da adoperare di fronte all’intervento di protesi di spalla e RTS.

    Solo attraverso una corretta selezione del paziente, educazio-ne dello stesso e l’utilizzo di migliori impianti protesici si potranno ottenere proficui risultati per una popolazione in continua espan-sione, come quella sportiva.

    graphical test. BMJ. 1997;315(7109):629-34.

    42. Turner RM, Spie-gelhalter DJ, Smith GC, Thompson SG. Bias mo-delling in evidence syn-thesis. J R Stat Soc Ser A Stat Soc. 2009;172(1):21-47.

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    Risk factors which predispose first-time traumatic anterior shoulder dislocations to recurrent instability in adults: a systematic review and meta-analysis

    Olds M, Ellis R, Donaldson K, Parmar P, Kersten P. “Risk factors which predispose first-time traumatic anterior shoulder dislocations to recurrent instability in adults: a systematic review and meta-analysis.” - Br J Sports Med. 2015; 49: 913– 923 DOI:10.1136/bjsports-2014-094342

    AbstractBACKGROUNDRecurrent instability following a first-time anterior traumatic shoulder dislocation may exceed 26%. We systematically re-viewed risk factors which predispose this population to events of recurrence.

    METHODS A systematic review of studies published before 1 July 2014. Risk factors which predispose recurrence following a first-time trau-matic anterior shoulder dislocation were documented and rates of recurrence were compared. Pooled ORs were analysed using random-effects meta-analysis.

    RESULTSTen studies comprising 1324 participants met the criteria for inclusion. Recurrent instability following a first-time traumatic anterior shoulder dislocation was 39%. Increased risk of recur-rent instability was reported in people aged 40 years and under (OR=13.46), in men (OR=3.18) and in people with hyperlaxity (OR=2.68).

    Decreased risk of recurrent instability was reported in people with a greater tuberosity fracture (OR=0.13). The rate of recur-rent instability decreased as time from the initial dislocation in-creased. Other factors such as a bony Bankart lesion, nerve pal-sy and occupation influenced rates of recurrent instability.

    Dott. LORENZO GALARDINI

    PT BSc , OMPT

    Fisioterapista

    Orthopaedic Ma-nipulative Physical Therapist

    Master Riabilita-zione dei Disordini Muscolo-scheletrici Università degli Studi di Genova

    Collaboratore GTM

    Libero Professionista

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    CONCLUSIONS Sex, age at initial dislocation, time from initial dislocation, hyper-laxity and greater tuberosity fractures were key risk factors in at least two good quality cohort studies resulting in strong eviden-ce as concluded in the GRADE criteria. Although bony Bankart lesions, Hill Sachs lesions, occupation, physiotherapy treatment and nerve palsy were risk factors for recurrent instability, the evi-dence was weak using the GRADE criteria—these findings relied on poorer quality studies or were inconsistent among studies.

    SINOSSIL’instabilità dell’articolazione gleno-omerale consiste nella per-dita dell’abilità di mantenere la testa omerale centrata nella fos-sa glenoidea durante i movimenti dell’arto superiore, compro-mettendo così il comfort e la funzionalità della spalla stessa.1,2

    È molto importante distinguere il concetto di instabilità da quel-lo di lassità, che determina una traslazione smisurata di una su-perficie articolare in relazione ad un’altra, senza però implicare un processo patologico. Oltretutto è stato riscontrato che sono presenti significative traslazioni della testa dell’omero clinica-mente asintomatiche, senza cioè essere associate a sensazione di dolore e/o apprensione da parte del paziente.3

    Attualmente in letteratura esistono diversi sistemi di classifica-zione per l’instabilità gleno-omerale, dei quali il più utilizzato è quello di Thomas & Matsen2 che evidenzia tre macro-categorie:

    · TUBS (Traumatic Unidirectional Bankart lesion Surgery)· AMBRII (Atraumatic Multidirectional Bilateral Rehabilitation Inferior capsular shift (Rotator) Interval closure)· AIOS (Acquired Instability Overstress Surgery)

    La presente Revisione Sistematica (RS) con Meta-analisi si pro-pone di identificare i fattori di rischio che predicono lo sviluppo dell’instabilità ricorrente di spalla negli adulti, entro uno o più anni dalla prima dislocazione traumatica anteriore.

    Questo quadro clinico rappresenta circa il 95% di tutte le lus-sazioni gleno-omerali, con una prevalenza pari all’1,7%.4 Il tasso di incidenza stimato negli Stati Uniti d’America si attesta a 23,9 ogni 100.000 abitanti, riportando come fattore di rischio per una prima lussazione il sesso maschile e la giovane età (20-29 anni), con un valore di instabilità ricorrente nei giovani adulti del 39%.5

    La dislocazione anteriore è caratterizzata da un trauma ad alta energia unidirezionale, seguito da un meccanismo lesionale a fine corsa, e può essere causata da:

    · una forza diretta posteriormente su un braccio in posizione ABER, che produce un’estensione gleno-omerale che si traduce in uno spostamento anteriore della testa dell’omero rispetto alla glena;

    BIBLIOGRAFIA1. Kuhn JE. A new classification system for shoulder instability. Br J Sports Med. 2010 Apr;44(5):341–6.

    2. Matsen FA 3rd, Har-ryman DT 2nd, Sidles JA. Mechanics of gle-nohumeral instability. Clin Sports Med. 1991 Oct;10(4):783–8.

    3. Levine WN, Flatow EL. The pathophysiolo-gy of shoulder instabi-lity. Am J Sports Med. 2000;28(6):910–7.

    4. Lebus GF 5th, Ray-nor MB, Nwosu SK, Wa-gstrom E, Jani SS, Carey JL, et al. Predictors for Surgery in Shoulder In-stability: A Retrospecti-ve Cohort Study Using the FEDS System. Or-thop J Sport Med. 2015 Oct;3(10).

    5. Zacchilli MA, Owens BD. Epidemiology of Shoulder Dislocations Presenting to Emer-gency Departments in the United States. J Bone Jt Surgery-A-merican Vol [Internet]. 2010 Mar;92(3):542–9. Available from: h t tp : // journa l s . lww.c o m / 0 0 0 0 4 6 2 3 -201003000-00003

    6. Sheehan SE, Gaviola G, Sacks A, Gordon R, Shi LL, Smith SE. Trau-matic Shoulder Injuries: A Force Mechanism Analysis of Complex Injuries to the Shoul-der Girdle and Proximal Humerus. Am J Roen-tgenol [Internet]. 2013 Sep;201(3):W409–24. Available from: http://w w w. a j ro n l i n e .o rg /doi/10.2214/AJR.12.9987

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    · una caduta posteriore con braccio disteso abdotto e extra-ruotato, che traduce il carico assiale prodotto dall’impatto in una dislocazione della testa omerale rispetto alla glena.6

    La revisione è stata condotta secondo il protocollo PRISMA Sta-tement7 e registrata sul database Prospero.

    Sono stati indagati i seguenti database: Biomedical Reference Collection, CINAHL, MEDLINE, Sports Discus, AMED, EBM Re-views, ERIC, Proquest, Web of Science e SCOPUS. È stata ese-guita inoltre una ricerca tramite le reference lists degli studi in-clusi, al fine di aggiungere ulteriori articoli rilevanti e ridurre così il rischio di publication bias.

    I criteri di inclusione comprendono: studi di coorte prospettici e retrospettivi che indagano i fattori di rischio per lo sviluppo di instabilità ricorrente a seguito di una dislocazione traumatica anteriore, studi in cui la diagnosi è confermata da prove radio-logiche o test clinici, studi con un follow-up maggiore o uguale a 12 mesi. I criteri di esclusione comprendono studi con pazienti affetti da dislocazione posteriore, multidirezionale o non trau-matica, con pazienti di età inferiore a 15 anni, con soggetti che sono stati sottoposti ad intervento chirurgico o con follow-up minori di 12 mesi.

    La qualità metodologica di ciascuno studio è stata valutata da due revisori (MO e KD), utilizzando il SIGN (Scottish Intercol-legiate Guidelines Network) per gli studi di coorte. La qualità metodologica complessiva di ciascun articolo è classificata come: alta qualità (++), qualità accettabile (+) o bassa qualità (0). Eventuali discrepanze sono state risolte tramite l’intervento di un terzo revisore indipendente (PK), come raccomandato dal manuale SIGN50.8

    Sono stati estratti dagli studi i dati relativi alle caratteristiche demografiche, i tassi di instabilità ricorrente, i meccanismi di in-fortunio, i fattori patologici ed ogni altro fattore associato.

    La meta-analisi è stata sviluppata per comparare i tassi dell’in-stabilità di spalla ricorrente negli studi per i quali era possibile calcolare l’OR per ogni variabile disponibile.

    L’utilizzo di molteplici database, i criteri di eleggibilità molto selettivi e la valutazione della qualità metodologica degli stu-di inclusi conferiscono alla revisione un’ottima validità interna e, di conseguenza, rendono i risultati ottenuti generalizzabili nella popolazione bersaglio.

    Gli autori hanno analizzato l’influenza di variabili come sesso, età, lassità e altre lesioni patologiche, evidenziando un tasso di instabilità ricorrente ad un anno dall’evento traumatico del 39% (minimo = 4%, massimo = 60%). Questo valore risulta essere più basso rispetto ad altri studi.9,10 Una possibile spiegazione po-trebbe essere dovuta al fatto che in questi ultimi studi sono stati confrontati pazienti trattati chirurgicamente con altri che hanno

    7. Liberati A, Altman DG, Tetzlaff J, Mulrow C, Gotzsche PC, Ioannidis JPA, et al. The PRISMA statement for reporting systematic reviews and meta-analyses of stu-dies that evaluate he-althcare interventions: explanation and elabo-ration. BMJ [Internet]. 2009 Dec 4;339(jul21 1):b2700–b2700. Avai-lable from: http://w w w. b m j . c o m /c g i /doi/10.1136/bmj.b2700

    8. Harbour R, Miller J. A new system for grading recommendations in evi-dence based guidelines. BMJ [Internet]. 2001 Aug 11;323(7308):334–6. Available from: h t t p : // w w w . b m j .com/cgi/doi/10.1136/bmj.323.7308.334

    9. Wheeler JH, Ryan JB, Arciero RA, Moli-nari RN. Arthroscopic versus nonoperati-ve treatment of acute shoulder dislocations in young athletes. Ar-throsc J Arthrosc Relat Surg [Internet]. 1989 Sep;5(3):213–7. Available from: https://linkinghub.elsevier.com/retrieve/pii/0749806389901746

    10. Bottoni CR, Wil-ckens JH, DeBerardino TM, D’Alleyrand J-CG, Rooney RC, Harpstrite JK, et al. A Prospective, Randomized Evaluation of Arthroscopic Stabili-zation versus Nonopera-tive Treatment in Patien-ts with Acute, Traumatic, First-Time Shoulder Di-slocations. Am J Sports Med [Internet]. 2002 Jul 30;30(4):576–80. Avai-lable from: http://jour-nals.sagepub.com/doi/10.1177/03635465020300041801

    11. ROWE CR. Progno-sis in dislocations of the shoulder. J Bone Joint Surg Am [Internet]. 1956 Oct ;38-A(5) :957–77.

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    eseguito un trattamento conservativo; una seconda ipotesi ri-guarda i criteri di selezione dei partecipanti, in quanto sono stati inclusi solo i partecipanti che si presentavano per trattamenti medici e ignorati coloro che non contattavano i professionisti sanitari.

    Una prima variabile valutata dagli autori della presente revisione è l’età: i soggetti con meno di 40 anni hanno una probabilità circa 13 volte maggiore di instabilità ricorrente. Ciò potrebbe es-sere dovuto a differenze nelle proprietà biomeccaniche, nei tipi di fibre collagene, nell’elasticità della capsula o a cambiamenti nel livello di attività sportive.11,12,13,14

    Un secondo aspetto indagato il meccanismo di lesione: è stato difficile quantificare l’effetto di questo sull’instabilità, in quanto gli autori hanno classificato l’evento traumatico in funzione delle attività sportive piuttosto che descriverne il meccanismo di le-sione.15,16,17

    Per ultima variabile gli autori hanno considerato il sesso: gli uo-mini hanno un rischio di recidiva circa 3 volte superiore rispetto a quello delle donne. Una possibile spiegazione potrebbe essere associata al tipo di attività sportiva che gli uomini svolgono, es-sendo questi più soggetti ad eventi di contatto diretto con un avversario. Una seconda ipotesi potrebbe essere, invece, legata ad una modifica delle regole nella versione femminile di alcuni sport.18

    Si consideri inoltre l’importanza del fattore tempo: il tasso di re-cidiva diminuisce con l’aumentare del tempo dalla dislocazione iniziale.

    Di interesse è l’effetto protettivo che alcune variabili patologiche hanno sull’instabilità ricorrente.

    Le persone con lesione di Hill-Sachs hanno 7 volte meno proba-bilità di sperimentare recidiva rispetto a quelle senza una frattu-ra della grande tuberosità.

    Sia le fratture del tubercolo che le paralisi del nervo ascellare obbligano il paziente ad un periodo di immobilizzazione pro-lungato; ciò potrebbe facilitare la fase di riparazione e di conse-guenza limitare l’esposizione ad eventuali posizioni a rischio per una dislocazione, come abduzione e rotazione esterna.

    Le persone con iperlassità hanno circa 3 volte più probabilità di sperimentare instabilità ricorrente rispetto a quelle senza.

    Gli autori hanno quindi concluso che l’analisi di determinate variabili potrebbe aiutare a prevedere una possibile instabilità ricorrente a seguito di una prima dislocazione traumatica ante-riore.

    Sono però necessarie ulteriori ricerche per realizzare uno stru-mento predittivo valido e ponderato in funzione della forza di evidenza di ciascuna variabile.

    Available from: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/13367074

    12. Lee TQ, Dettling J, Sandusky MD, McMahon PJ. Age related biome-chanical properties of the glenoid–anterior band of the inferior gle-nohumeral ligament–humerus complex. Clin Biomech [Internet]. 1999 Aug;14(7):471–6. Available from: ht-tps://linkinghub.else-vier.com/retrieve/pii/S0268003399000078

    13. JA B, SL-Y W. Age-related changes in ligaments and joint cap-sules: implications for participation in sports.

    14. Hovelius L, Eriksson K, Fredin H, Hagberg G, Hussenius A, Lind B, et al. Recurrences after initial dislocation of the shoulder. Results of a prospective study of treatment. J Bone Joint Surg Am [Internet]. 1983 Mar;65(3):343–9. Avai-lable from: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pub-med/6826597

    15. Sachs RA, Stone M Lou, Paxton E, Kuney M, Lin D. Can the Need for Future Surgery for Acute Traumatic An-terior Shoulder Dislo-cation Be Predicted? J Bone Jt Surg [Internet]. 2007 Aug;89(8):1665–74. Available from: h t tp : // journa l s . lww.c o m / 0 0 0 0 4 6 2 3 -200708000-00001

    16. Robinson CM, Howes J, Murdoch H, Will E, Graham C. Fun-ctional Outcome and Risk of Recurrent In-stability After Primary Traumatic Anterior Shoulder Dislocation in Young Patients. J Bone Jt Surg [Internet]. 2006 Nov;88(11):2326–36. Available from: h t tp : // journa l s . lww.

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    Gruppo di Terapia Manuale e Fisioterapia Muscoloscheletrica | Luglio 2020

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    Sarebbe prematuro concludere che le persone a maggior rischio di instabilità ricorrente sono necessariamente buone candidate all’intervento chirurgico piuttosto che ad un iniziale trattamen-to conservativo, data la presenza di fattori confondenti come la lassità.

    COMMENTOL’obiettivo della presente RS con meta-analisi è stato quello di identificare i fattori di rischio che predicono lo sviluppo dell’in-stabilità ricorrente di spalla negli adulti e, se possibile, fornire le basi per studi futuri di intervento finalizzati alla realizzazione di uno strumento predittivo che faciliti la gestione del paziente.

    Il disegno di studio costituisce sicuramente un punto di forza della pubblicazione, trattandosi di una RS con meta-analisi. Sono stati inclusi studi di coorte prospettici e retrospettivi per la loro capacità di selezionare un campione rappresentativo della popolazione, di studiare un nesso di causalità e di esaminare contemporaneamente molteplici fattori di rischio.

    Nella prima tipologia, i partecipanti sono classificati sulla base dell’esposizione ad uno specifico fattore di rischio e attraverso follow-up successivi gli autori hanno rilevato l’esito finale. Nel-la seconda tipologia di studio, l’esposizione al fattore di rischio precede sempre e comunque l’esito, ma con tempistiche diver-se: si rileva nel presente l’esito e si va a ricercare nel passato l’e-sposizione sulla base di dati raccolti precedentemente. Gli studi retrospettivi possono essere soggetti a bias per dati mancanti nelle cartelle cliniche, alla perdita di follow-up durante lo svolgi-mento dello studio ed al recall bias.19 La presenza di quest’ultimo aspetto dipende dalla rilevanza clinica dell’evento nella vita del paziente: qualora il fattore di rischio abbia condizionato in modo rilevante l’insorgere della problematica, il soggetto fornirà infor-mazioni più precise e dettagliate allo sperimentatore.

    Un altro aspetto da tenere in considerazione è che nessuno degli studi individuati è stato escluso, nonostante ne sia stata valutata la qualità metodologica secondo le raccomandazioni della rivi-sta Cochrane. L’inclusione di studi di qualità inferiore potrebbe aver influito sui risultati ottenuti dalla revisione con meta-analisi e di conseguenza fornire informazioni parzialmente inesatte per la pratica clinica.

    La presente revisione con meta-analisi dà sicuramente degli ot-timi spunti per la pratica clinica.

    Durante la fase anamnestica, è dovere del fisioterapista racco-gliere dati sulla presenza di possibili variabili (sesso, età, attività sportiva, attività lavorativa, …) data la loro stretta correlazione con il rischio di recidiva, valutare il peso di ognuna nelle attività della vita quotidiana. Le informazioni così ottenute, associate ad un attento esame fisico per la valutazione di eventuali lesioni

    c o m / 0 0 0 0 4 6 2 3 -200611000-00002

    17. Vermeiren J, Han-delberg F, Casteleyn PP, Opdecam P. The rate of recurrence of trau-matic anterior dislo-cation of the shoulder. Int Orthop [Internet]. 1993 Dec;17(6). Avai-lable from: http://link.springer.com/10.1007/BF00180449

    18. Keeler L. The diffe-rences in sport aggres-sion, life aggression, and life assertion among adult male and female collision, contact, and non-contact sport ath-letes. J Sport Behav. 2007;30:57–76.

    19. Gordis L. Epidemio-logy. Philadelphia: Else-vier Saunders. 2013;

    20. Longo UG, Loppini M, Rizzello G, Ciuffreda M, Maffulli N, Denaro V. Management of Primary Acute Anterior Shoulder Dislocation: Systematic Review and Quantitative Synthesis of the Litera-ture. Arthrosc J Arthro-sc Relat Surg [Internet]. 2014 Apr;30(4):506–22. Available from: ht-tps://linkinghub.else-vier.com/retrieve/pii/S0749806314000267

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    anatomiche, sono fondamentali per garantire la scelta del mi-glior percorso terapeutico in base alle richieste e necessità del paziente.

    I risultati fin qui discussi sono supportati dalle conclusioni di altri studi20 che suggeriscono, in presenza delle variabili analizzate, il ricorso ad un trattamento chirurgico per ridurre il tasso di reci-diva. Ad esempio, la chirurgia dovrà essere tenuta maggiormen-te in considerazione nel caso di un paziente maschio, giovane, sportivo e soggetto ad eventuali traumi ripetuti.

    Infine, un ultimo aspetto rilevante è la mancanza di un modello predittivo associato al meccanismo di lesione: la funzione del-la stabilità sarà necessariamente legata a fattori non esclusiva-mente anatomici, ma entreranno in gioco funzioni corticali e di controllo motorio.

    contributo non condizionato

    GOLD PARTNER

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    La rubrica: Metodologia della ricerca LA CASSETTA DEGLI ATTREZZI

    Nel Cuore delle Difficoltà riposano le Opportunità | Albert Einstein

    FINANZIAMENTO PUBBLICO DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE: UN CAMBIO DI ROTTA DOPO LA PANDEMIA?PREMESSALe analisi indipendenti condotte dalla Fondazione GIMBE nell’ambito della campagna #salviamoSSN hanno ampia-mente dimostrato che la crisi di sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) non è un problema di natura esclusivamente finanziaria, ma è generato da varie deter-minanti.

    Definanziamento pubblico: nel decennio 2010-2019 tra ta-gli e definanziamenti al SSN sono stati sottratti circa € 37 miliardi mentre il fabbisogno sanitario nazionale (FSN) è aumentato di soli € 8,8 miliardi.

    Ampliamento del “paniere” dei nuovi LEA: a dispetto dell’agognato aggiornamento degli elenchi delle presta-zioni fermi al 2001, dopo più di 3 anni la maggior parte dei nuovi LEA non sono ancora esigibili in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale.

    Sprechi e inefficienze che si annidano a tutti i livelli del SSN continuano ad erodere preziose risorse.

    Espansione incontrollata del secondo pilastro, presentato come “LA” soluzione per salvare il SSN, in realtà aumenta spesa sanitaria e diseguaglianze sociali, alimenta il consu-mismo sanitario e rischia di danneggiare la salute inducen-do fenomeni di sovra-diagnosi e sovra-trattamento.

    Il nostro SSN vive inoltre in un habitat fortemente influen-zato da due “fattori ambientali”:

    Un clima non particolarmente salubre che contribuisce a generare iniquità e diseguaglianze, conseguente sia alla (non sempre leale) collaborazione tra Governo e Regioni a cui è affidata la tutela della salute, sia alla modalità di governance Stato-Regioni e Regioni-Aziende sanitarie. Un

    Dott. NINO CARTABELLOTTA

    Presidente Fondazione GIMBE

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    clima che oggi risulta ulteriormente perturbato dall’avanzare del-le istanze di regionalismo differenziato.

    “Azionisti di maggioranza” incuranti della tutela di questo pre-zioso patrimonio comune: cittadini e pazienti, infatti, da un lato ripongono aspettative irrealistiche nei confronti di una medicina mitica e di una sanità infallibile, condizionando la domanda di servizi e prestazioni (anche se inefficaci, inappropriate o addi-rittura dannose), dall’altro non accennano a cambiare stili di vita inadeguati che aumentano il rischio di varie patologie.

    Di seguito vengono esaminati entità e trend del definanziamento pubblico del SSN nel periodo 2010-2019, valutando successiva-mente le risorse messe in campo per la sanità dalla Legge di Bilancio 2020 e dai decreti post-emergenza COVID-19.

    1. DIECI ANNI DI TAGLI E DEFINANZIAMENTOLa crisi di sostenibilità del SSN coincide con un prolungato pe-riodo di grave crisi economica durante il quale la curva del fi-nanziamento pubblico si è progressivamente appiattita, in con-seguenza di scelte politiche che hanno determinato una rilevante contrazione della spesa sanitaria. Nel decennio 2010-2019 il fi-nanziamento pubblico del SSN è aumentato complessivamente di € 8,8 miliardi (figura 1), crescendo in media dello 0,9% annuo, tasso inferiore a quello dell’inflazione media annua pari a 1,07%. In altre parole, l’incremento del FSN nel 2010-2019 non è stato neppure sufficiente a mantenere il potere di acquisto.

    Figura 1. Finanziamento pubblico del SSN: trend 2010-2019

    A seguito del costante definanziamento la spesa sanitaria in Ita-lia continua inesorabilmente a perdere terreno: infatti, le analisi effettuate sul database OECD Health Statistics1 dimostrano che se oggi in Italia la percentuale del PIL destinato alla spesa sani-taria totale è pari alla media OCSE (8,8%), siamo ormai fanalino di coda tra i paesi dell’Europa nord-occidentale e ci avviciniamo

    BIBLIOGRAFIA

    1. OECD Health Stati-stics 2018. Last update 2 July 2019. Disponibile a: www.oecd.org/els/heal-th-systems/health-data.htm. Ultimo accesso: 16 settembre 2019.

    2. 13° Rapporto Sanità. C.R.E.A. Sanità. Roma, 14 dicembre 2017. Di-sponibile a: www.crea-sanita.it/13volume_dwn/dwn_flild/Rapporto_Sa-nita_2017.pdf. Ultimo ac-cesso: 16 settembre 2019.

    3. € 16 milioni per l’i-stituzione di un Osser-vatorio sulla formazione sanitaria specialistica e definizione del fabbiso-gno di medici e profes-sionisti sanitari; € 7 mi-lioni per disposizioni per l’acquisto di sostitutivi del latte materno; € 4 mi-lioni per la ricerca sull’en-dometriosi, € 1 milionie per la rete nazionale dei registri dei tumori e dei sistemi di sorveglianza.

    4. 2° Rapporto GIM-BE sulla sostenibilità del Servizio Sanitario Nazio-nale. Fondazione GIMBE: Bologna, giugno 2017. Disponibile a: www.rap-portogimbe.it/2017. Ulti-mo accesso: 16 settem-bre 2019.

    5. Fondazione GIMBE. Il piano di salvataggio del Servizio Sanitario Nazionale. Evidence 2018;10(8): e1000186. Di-sponibile a: www.evi-dence.it/art/e1000186. Ultimo accesso: 16 set-tembre 2019.

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    Gruppo di Terapia Manuale e Fisioterapia Muscoloscheletrica | Luglio 2020

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    sempre più ai paesi dell’Europa Orientale, dove il finanziamento pubblico sta crescendo in maniera rilevante (figura 2)2.

    Figura 2. Spesa sanitaria totale nei paesi OCSE in percentuale del PIL (anno 2018 o più recente disponibile)

    La posizione del nostro Paese peggiora ulteriormente prenden-do in considerazione la spesa sanitaria pro-capite totale che è inferiore alla media OCSE ($3.428 vs $ 3.980) e colloca l’Italia in prima posizione tra i paesi poveri dell’Europa. Nel confronto con i paesi del G7 il trend della spesa pubblica 2000-2018 documenta due dati di particolare rilievo (figura 3): Negli altri paesi, ad ec-cezione del Regno Unito sino al 2012, la crisi economica non ha minimamente scalfito la spesa pubblica per la sanità: infatti dopo il 2008 il trend di crescita è stato mantenuto o ha addirittura subìto un’impennata. In Italia, invece, a partire dal 2008 il trend si è sostanzialmente appiattito.

    Figura 3. Trend spesa pubblica pro-capite 2000-2018 nei paesi del G7 (esclusi USA)

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    Se nel 2009 le differenze assolute sulla spesa pubblica tra l’Italia e gli altri paesi del G7 erano modeste, con il costante e progres-sivo definanziamento pubblico sono ormai divenute incolmabi-li: ad esempio, se nel 2009 la Germania investiva “solo” $ 1.167 (+50,6%) in più dell’Italia ($ 3.473 vs $ 2.306), nel 2018 la diffe-renza è di $ 2.511 (+97,7%), ovvero $ 5.056 vs $ 2.545.

    2. LEGGE DI BILANCIO 2020La Legge di Bilancio 2020 ha confermato l’aumento di € 2 mi-liardi per il 2020 e di ulteriori € 1,5 miliardi nel 2021 già assegnati dalla Legge di Bilancio 2019. Oltre all’incremento del FSN 2020-2021, ha inoltre destinato risorse a specifici obiettivi (tabella 1):

    Abolizione del superticket. Dal 1° settembre 2020 è stato defi-nitivamente abolito l’iniquo balzello applicato dalle Regioni per la compartecipazione alle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale. Per garantire le coperture il FSN è stato aumenta-to di € 185 milioni per il 2020 e di € 554 milioni annui a decorrere dal 2021. Per il 2020 sono disponibili ulteriori € 40 milioni del fondo per il superamento del superticket, stanziato dalla Legge di Bilancio 2018.

    Programma di edilizia sanitaria e ammodernamento tecnologico. € 2 miliardi in più per il programma pluriennale, con risorse di-stribuite su 11 anni: le Regioni infatti potranno disporre di € 100 milioni per il 2022 e 2023 e € 200 milioni/anno dal 2024 al 2032. A valere su tale programma anche i € 235,8 milioni destinati ad apparecchiature sanitarie per erogare prestazioni di competenza dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta.

    Disabilità e non autosufficienza. Istituito il fondo per la disabilità e non autosufficienza con una dotazione di € 29 milioni per il 2020, € 200 milioni per il 2021 e € 300 milioni dal 2022. Tali ri-sorse integrano i € 571 milioni del Fondo nazionale per la non au-tosufficienza a cui la manovra aggiunge € 50 milioni per il 2020.

    Tabella 1. Legge di Bilancio 2020: principali misure per la sanità pubblica (dati in milioni)

    La Legge di Bilancio 2020 assegna infine a sanità e ricerca: € 32,8 milioni per contratti di specialistica in medicina (comma 271), € 76 milioni per altri contratti di formazione specialistica

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    (comma 859), € 14,4 milioni per assunzione medici INPS (comma 460), € 50,6 milioni per la sperimentazione della farmacia dei servizi (comma 461), € 28 milioni per altre misure3.

    In ogni caso, a fronte di alcune conferme e passi avanti, nella Leg-ge di Bilancio 2020 sono rimaste disattese inderogabili necessità per la tenuta del SSN, in particolare quelle relative al personale e allo “sblocco” dei nuovi LEA, oltre al fatto che nonostante la pre-visione sia per il triennio 2020-2022 non si fa alcuna menzione del FSN relativo all’anno 2022.

    3. DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA 2020Il 24 aprile 2020 il Consiglio dei Ministri ha approvato il DEF 2020, secondo il quale nel 2021 il PIL nominale dovrebbe crescere del 6,1% e l’aumento della spesa sanitaria attestarsi al tasso dell’1,3%. In termini finanziari la spesa sanitaria aumenterebbe dai € 119.956 milioni stimati per il 2020 ai € 121.083 nel 2021. Per il 2020, invece, a fronte di una decrescita del PIL nominale del -7,2%, il DEF 2020 stima una spesa sanitaria di € 119.556 milioni che corrisponde ad un aumento del 3,6% rispetto ai € 115.448 del 2019 (tabelle 2 e 3).

    Tabella 2. DEF 2020: consuntivo 2019

    Tabella 3. DEF 2020: stime 2020-2021

    Sintetizzando l’enorme quantità di numeri tra finanziamenti pro-grammati dai DEF, fondi assegnati dalle Leggi di Bilancio, tagli e contributi alla finanza pubblica a carico delle Regioni, emerge in tutta la sua imponenza l’entità del definanziamento pubblico del SSN nel periodo 2010-2019, un timido rilancio del finanziamento con la Legge di Bilancio 2020 e un incremento della spesa sani-taria per il 2020-2021, a seguito dell’emergenza COVID-19:

    · nel periodo 2010-2019 alla sanità pubblica sono stati sottratti quasi € 37 miliardi, di cui:

    € 24,7 miliardi nel 2010-2015, in conseguenza di “tagli” previsti da varie manovre finanziarie avvenute al di fuori degli accordi Governo-Regioni

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    € 12,1 miliardi nel 2015-2019, in conseguenza del “definanzia-mento” che, in pieno accordo con le Regioni, ha assegnato meno risorse al SSN rispetto ai livelli programmati;

    · nel periodo 2010-2019 il finanziamento pubblico è aumentato di soli € 8,8 miliardi, crescendo in media dello 0,90% annuo, tasso inferiore a quello dell’inflazione media annua (1,07%);

    · il DEF 2019, a fronte di una prevista crescita media annua del PIL nominale del 2,1% nel triennio 2019-2021 e del 2,5% per il triennio 2020-2022, riduce progressivamente il rapporto spesa sanitaria/PIL dal 6,6% nel 2019-2020 al 6,5% nel 2021 e al 6,4% nel 2022;

    · la Legge di Bilancio 2020 incrementa il fabbisogno sanitario nazionale di € 2 miliardi nel 2020 e di ulteriori 1,5 miliardi nel 2021, ma non fa cenno a quello previsto per il 2022;

    · il DEF 2020, pubblicato in piena emergenza COVID-19, preve-de un aumento della spesa sanitaria di € 4,1 miliardi nel 2020 e di ulteriori € 1,5 miliardi nel 2021.

    4. EMERGENZA COVID-19: LE NUOVE RISORSE PER IL SSNIl DL 17 marzo 2020 n. 18 (cd. decreto “Cura Italia”) e il DL 19 maggio 2020 n. 34 (cd. decreto “Rilancio”) portano alla sanità € 4,7 miliardi di cui quasi € 1,5 miliardi all’assistenza ospedaliera, € 1,25 miliardi all’assistenza sul territorio, € 430,9 milioni per assun-zioni e incentivi del personale e € 105 milioni per incrementare il numero dei contratti di medici specializzandi per il 2020 (tabella 4).

    Tabella 4. Risorse assegnate al SSN dal Decreto “Cura Italia” e dal Decreto “Rilancio” (dati in milioni)

    CONCLUSIONILa Fondazione GIMBE da anni ribadisce che se è certo che non esiste un piano occulto di smantellamento e privatizzazione del SSN, è altrettanto vero che manca un esplicito programma politi-

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    co per il suo salvataggio4. Per tale ragione la Fondazione GIMBE ha elaborato un Piano di salvataggio del SSN5 in 12 punti, che pre-vede in primis la necessità di rilanciare il finanziamento pubblico per la sanità evitando al contempo continue revisioni al ribasso.

    Il principale vulnus del FSN risiede nel fatto che rappresenta il capitolo di spesa pubblica più facilmente aggredibile: dal 2010, infatti, tutti i Governi hanno “saccheggiato” la spesa sanitaria per fronteggiare ogni emergenza finanziaria, certi che il SSN possa fornire sempre e comunque buoni risultati in termini di salute.

    Per non vanificare ogni azione di rilancio del finanziamento pub-blico, è indispensabile dunque anzitutto “sanare” il vulnus sopra descritto per evitare inesorabili periodiche revisioni al ribasso. In altre parole è necessario “mettere in sicurezza” il FSN tramite la definizione di:

    · una soglia minima del rapporto spesa sanitaria/PIL;· un incremento percentuale annuo in termini assoluti, pari al-meno al doppio dell’inflazione.

    Questo legittimerebbe, indipendentemente dal colore dei Gover-ni che si succederanno, l’impegno politico a programmare e sta-bilizzare il rilancio il finanziamento pubblico per il SSN.

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    Master IFOMPT: Raccontaci il tuo percorso TESI DI MASTER

    ACHILLES TENDON RUPTURE. “WHEN WILL I BE ABLE TO RETURN TO SPORT? A NARRATIVE REVIEW.Candidato: Dott.ssa Veronica ZanoniRelatore: Dott.ssa Angela Scariato

    OBIETTIVOConoscete David Beckham e Kevin Durant? Cosa hanno in comune questi atleti con Javier Zanetti, Vanessa Ferrari, Ricardo Lucarelli e altri famosi atleti olimpici? Non certo la corporatura, la massa muscolare o il gesto atletico, ma sono semplicemente tutti atleti professionisti che hanno subito la rottura del tendine d’Achille (ATR).

    Il presente lavoro vuole fornire una visione generale del-lo stato attuale della letteratura sulla ATR, allo scopo di identificare criteri e strumenti di misura che permettano di valutare il ritorno allo sport dell’atleta, idealmente a li-velli di performance pre-infortunio.

    INTRODUZIONE E BACKGROUNDLa rottura del tendine d’Achille (ATR) è una lesione mol-to invalidante che si verifica tipicamente in soggetti che praticano sport. In ambito professionistico la rottura del tendine ha un forte impatto sulla carriera, determinando lunghi periodi di assenza fino a costringere al ritiro com-pleto. L’incidenza di questo infortunio è inoltre in crescita negli ultimi anni.1,3,5

    Colpisce soprattutto individui di sesso maschile, di mezza età, sia atleti professionisti, che sportivi amatoriali.

    L’incidenza riportata in letteratura è molto varia. Uno stu-dio retrospettivo, che ha utilizzato dati provenienti da un database pubblico degli Stati Uniti, ha osservato una si-gnificativa crescita dal 2012 al 2016. In particolare, l’inci-denza è cresciuta da 1.8 per 100.000 persone/anno nel 2012 a 2.5 nel 2016.1

    In generale, gli ultimi studi pubblicati riportano un’in-

    Dott.ssa VERONICA ZANONI

    PT BSc, OMPT

    Fisioterapista

    Orthopaedic Manipulative Physical Therapist

    Master in Fisioterapia Muscoloscheletrica, Terapia Manuale ed esercizio terapeutico. Università degli Studi di Bologna

    Libero Professionista

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    cidenza tra 6 e 52/100.000 persone/anno.3,6,4,14,32,48,49

    L’81.9% degli infortuni avvengono durante attività sportive, con il basket che ricopre il ruolo di sport più colpito.1,2,5

    Secondo Egger et al. (2017), ogni anno sono circa un milione gli atleti che vanno incontro a rottura del tendine d’achille.2

    La diagnosi della lesione si basa essenzial-mente su un quadro clinico, attraverso due semplici test non invasivi: lo squeeze test, anche chiamato Thompson’s test (sensibi-lità=0.96 e specificità=0.93) e il Matles test (sensibilità=0.88 e specificità=0.85). Oltre a questo,ricopre un ruolo fondamentale l’a-namnesi del paziente: egli spesso racconta di aver sentito un dolore, acuto e molto intenso, come “una frustata” o “un calcio da dietro”, e che improvvisamente si è ritrovato a terra.2

    Ci sono una serie di fattori che possono au-mentare il rischio di incorrere nella rottu-ra del tendine. Tra questi troviamo il sesso, infatti il soggetto è tipicamente maschio e l’età. In media chi subisce la ATR ha un’età compresa tra i 37 e i 44 anni, ma sembra che questo dato stia crescendo a causa di una maggiore partecipazione all’attività sporti-va della categoria degli amatori (i cosiddetti “weekend warrior”, come sono meglio defi-niti in letteratura).1,2,3,5 La rottura avviene di solito durante sport che includono corsa, salti ed improvvisi cambi di direzione.13,15 L’u-tilizzo di farmaci quali iniezioni steroidee e fluorichinoloni può aumentare il rischio di su-bire lesione del tendine.2,13,15 Infine, può pre-disporre il tendine alla rottura la presenza di una pregressa tendinopatia.

    Molto è stato riportato in letteratura sulla descrizione della lesione del tendine d’A-chille, ma poco è stato detto sui criteri che definiscano quando un paziente, che spesso è un’atleta, sia pronto a tornare a praticare attività fisica.

    Lo scopo del processo riabilitativo diventa quindi riportare l’atleta in campo allo stes-so livello di performance che aveva prima dell’infortunio, nel minor tempo possibile, minimizzando i rischi di un eventuale re-in-

    fortunio. 13,18,20

    Per fare ciò, il clinico può essere aiutato nel suo processo decisionale prendendo in con-siderazione il modello qui sotto riportato, re-datto a Berna nel 2016 durante il “Consensus statement on return to sport”. Tale modello sottolinea come siano importanti i test e le misurazioni, ma anche come altri fattori, psi-cologici e sociali, possano influenzare il ritor-no in campo dell’atleta.33

    caratteristichedell’infortunio

    fattorisociodemografici

    fattorifisici

    fattoripsicosociali

    performancefunzionale

    return to sport

    fattoricontestuali

    Figura 1: Biopsychosocial model of RTS after injury (Source: Ardern et al., 2016, Consensus statement on return to sport)33 modificata, tradotta ed adattata da Veronica Zanoni

    MATERIALI E METODIÈ stata condotta una revisione della lettera-tura sui seguenti database: Pubmed, Pedro e Cochrane library. La ricerca è stata impostata secondo la metodica PICO (o meglio PIO, per l’assenza di un Comparison), così strutturata: si è indagata una Popolazione adulta atletica con diagnosi di rottura del tendine; l’Inter-vento è costituito dall’identificazione di cri-teri fisici e non fisici, test e altre misurazioni che avessero come Outcome la valutazione del ritorno allo sport.

    Con l’utilizzo di una serie di parole chiave si è

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    prodotta la stringa di ricerca che ha permes-so di ottenere inizialmente 646 articoli.

    Dopo l’eliminazione dei duplicati, degli ar-ticoli che non soddisfacevano i criteri di in-clusione o di quelli di cui non si è ottenuto il full-text, e l’aggiunta di alcuni studi prove-nienti dalle bibliografie di altri, sono rimasti a disposizione di questo lavoro 23 articoli. Di seguito è riportato il diagramma di flusso che spiega il processo di selezione degli ar-ticoli inclusi.

    Articoli dopo rimozione duplicati (n=623):

    Articolianalizzati(n=623)

    Articoli esclusidopo lettura titolo

    (n=512)dopo lettura abstract

    (n=58)

    Studi inclusinella sintesiqualitativa

    (n=17)Ulteriori studi

    inclusi attraversoaltre fonti

    (n=6)

    Studi inclusinella sintesi

    (n=23)

    Articoli letti infull text valutatiper eleggibilità

    (n=53)

    Articoli esclusicon motivazione

    (n=36)

    Articoli identificati mediantericerca nelle banche dati (n=851):

    PubMed (n=769)PubMed con filtri (n=564)

    Cochrane (n=26)

    PEDro (n=56)

    N=646

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    Figura 2: Flow-chart dello studio secondo il PRISMA Statement

    DISCUSSIONESi è scelto di suddividere la discussione di questo lavoro in quattro punti principali, che cercassero da un lato di rispondere alla domanda iniziale “Quando sarò pronto a tornare in campo?”, dall’altro di fornire una panoramica generale di quello che è lo stato attuale della letteratura rispetto alla ATR.

    Il primo punto considera le opzioni di tratta-mento tra cui il paziente è chiamato a sce-gliere: chirurgica o conservativa. Il secondo analizza se sia vantaggioso o meno favorire il carico precoce dopo l’intervento. Gli ultimi due punti cercano soprattutto di dare una risposta alla domanda iniziale: nello specifi-co, il terzo punto approfondisce l’importanza dell’heel rise come test e come criterio di re-turn to sport, e analizza quali altri strumenti possano essere utilizzati come strumenti di misurazione per il ritorno in campo; con l’ul-timo punto, infine, ci si chiede se il paziente che torna in campo sarà in grado di tonare allo stesso livello di performance che aveva prima dell’infortunio.

    1. TRATTAMENTO CHIRURGICOO CONSERVATIVO?È ancora in corso il dibattito su quale sia il miglior trattamento, se quello chirurgico o quello conservativo. Al momento attuale, non possiamo dire che uno sia meglio dell’al-tro perché i dati statistici sono ancora poco significativi.

    Sicuramente nelle metanalisi analizzate i dati sono a favore della chirurgia sotto più punti vista.

    Secondo Ochen ed altri, il rischio di rirottura è del 4% per i post chirurgici e ben del 10% per i non chirurgici. I pazienti dopo chirurgia tornano al lavoro in tempi più brevi (19 giorni prima), ed hanno una maggior ripresa della forza del polpaccio.5

    Per quanto riguarda il time to return to sport, non sono state rilevate differenze significati-ve (in entrambi i tipi di trattamento, il perio-do va dai sei agli otto mesi), ma è un dato riportato in solo dieci degli RCT inclusi nella metanalisi.

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    A sfavore della chirurgia, c’è inoltre un più elevato tasso di complicanze post operato-rie.5,38

    2. IMMOBILIZZAZIONEO CARICO PRECOCE?A prescindere da quale sia l’approccio uti-lizzato, la ricerca ha poi spostato il proprio focus sulla seguente domanda: “è indicato incoraggiare il paziente a caricare preco-cemente e a mobilizzare l’arto dopo l’ope-razione rispetto ad una immobilizzazione prolungata dello stesso?”. Già nel 2008, lo studio di Suchack ed altri mostrava risultati incoraggianti per una mobilizzazione preco-ce dopo sei settimane dall’intervento.40 Dieci anni dopo, nel 2018, Jian-Guo Zhao ed altri pubblicarono una metanalisi che considera-va a sua volta sei metanalisi, e che riportava risultati positivi in favore del carico precoce in termini di soddisfazione del paziente e ri-torno in campo ai livelli pre infortunio.45 Inol-tre, la mobilizzazione favorisce lo sviluppo di una maggiore forza del polpaccio.5,45,46

    3. HEEL-RISE TESTUno dei più classici strumenti di valutazione della forza del polpaccio è l’heel rise test da in piedi.

    In un loro studio Brorson ed altri mostrano come un primo obiettivo della riabilitazione, posto a 12 settimane, possa essere l’heel rise test da seduto.49

    Anche la dottoressa Silbernagel, massima esponente mondiale del trattamento delle lesioni del tendine d’Achille, propone quin-di un primo criterio in fase riabilitativa: solo quando il paziente sarà in grado di compiere almeno 20 ripetizioni da seduto con il 50% del peso del corpo, potrà passare alla fase successiva, ovvero l’introduzione del classico single heel rise da in piedi, sia come test che come esercizio.50

    Altri autori hanno invece utilizzato un altro parametro per decidere il momento in cui in-trodurre il single heel rise: quando il paziente sarà in grado di stare in punta a circa due dita dal pavimento di altezza per tre secon-di.42

    Gli autori suggeriscono di introdurre la pro-gressione da heel rise a due piedi a single heel raise il prima possibile per migliorare la funzionalità del tendine a lungo termine.42

    È proprio il single heel rise il test riportato da alcuni autori degli ultimi anni come criterio di ritorno allo sport dopo ATR. Si intende la capacità del paziente di compiere 25 ripeti-zioni di standing heel rise per cinque serie. Ne sono testimoni gli studi di Saxena ed altri e Fanchini ed altri.51,18

    Gli stessi autori sottolineano l’importanza di considerare non solo il numero di ripetizioni, ma anche l’altezza del singolo heel rise. Pare infatti che questa variabile abbia un miglio-ramento significativo nei primi 2 anni dopo la lesione. Questo sottintende che la riabili-tazione nel primo biennio dovrebbe focaliz-zarsi anche sull’altezza dell’heel rise perché a distanza di sette anni questa risulta essere ancora deficitaria.49,50

    Secondo Silbernagel ed altri un altro aspetto da considerare è il deficit di forza del polpac-cio del lato leso, che si riscontra essere mino-re del 10-30% rispetto all’altra gamba e può persistere fino a sette anni dall’infortunio.39 Circa il 30% dei pazienti manifesta tali defi-cit, suggerendo che durante la riabilitazione è fondamentale minimizzare l’elongazione del tendine, sviluppando maggiormente l’al-tezza dell’heel rise.48,49

    Un aumento della lunghezza del tendine a 12 settimane è correlato negativamente al solle-vamento del tallone.32,48,49

    In conclusione, specifici criteri di ritorno allo sport dopo ATR sono ancora assenti in let-teratura. I clinici si affidano per lo più a test di forza e a questionari che includono do-mande sulla performance dell’atleta. Alcuni esempi sono la American Orthopedic Foot and Ankle Score (AOFAS), la Achilles tendon total rupture score (ATRS) o la Foot Ank-le Ability Measure (FAAM). Quest’ultima, in particolare, include una sottoscala con do-mande relative all’attività sportiva.32 Un altro studio di Hanse ed altri indica che la scala di valutazione ATRS, sottoposta a tre mesi dalla lesione, può essere un valido strumen-

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    to che permetterebbe di predire la capacità del paziente di ritornare allo sport a un anno dall’infortunio. In altre parole, questa scala aiuta ad identificare quei pazienti che stanno rispondendo adeguatamente al trattamento e potranno ritornare in campo dopo un anno dall’infortunio.48,49

    La proposta di un vero e proprio programma di ritorno allo sport ci viene fornita dall’ita-liano Fanchini. È un case report che descrive il caso di un giocatore di calcio professioni-sta, specificando i criteri da lui utilizzati per passare alle diverse fasi.18 Vista la tipologia di studio, che non ha validità statistica, è un esempio da cui prendere spunto.

    4. PERFORMANCELa domanda finale quindi diventa la seguen-te: “i pazienti che ritornano in campo torne-ranno a giocare allo stesso livello di perfor-mance precedente all’infortunio?”. Per dare una risposta precisa a questa domanda molti ricercatori hanno confrontato i dati statistici dei giocatori pre e post-infortunio.

    Ad esempio, Amin ed altri hanno confrontato i dati di 18 giocatori di basket dell’NBA che hanno subito una lesione del tendine nell’ar-co di 23 anni (1988-2011). Hanno considerato principalmente due fattori: i minuti giocati e il PER (Player Efficiency Rating), un valore spesso utilizzato nel basket che si ottiene da una formula costituita da punti fatti, assists, blocchi e altre variabili. Di questi 18 giocatori, solo il 61% è tornato in campo ed entrambi i fattori erano calati.24 La differenza tra pre e post infortunio era più evidente a un anno di distanza dalla lesione rispetto che a due anni.

    Trofa ed altri hanno analizzato l’impatto sul-la performance di 62 atleti di varie discipli-ne rientranti alla loro attività sportiva. Han-no confrontato i loro dati con un gruppo di controllo di atleti con caratteristiche simili in termini di posizione di gioco, numeri di punti in stagione e livello di carriera agoni-stica. In conclusione, il gruppo sperimentale ha mostrato dati inferiori rispetto a quello di controllo nelle misurazioni a un anno dall’in-fortunio, ma non a due anni.29 I risultati di

    questo studio sono stati confermati anche da altri elaborati. Si può quindi affermare che i giocatori possono tornare al livello di perfor-mance pre-infortunio, solo se la misurazione dei dati viene fatta almeno dopo due anni dopo l’operazione.

    CONCLUSIONIL’approccio per trattare la rottura del ten-dine d’Achille può essere sia chirurgico che conservativo. Nonostante in letteratura non ci siano chiare evidenze su quale sia il mi-gliore, gli atleti prediligono quello chirur-gico. Questo permette un minor rischio di ri-rottura e una maggior ripresa della forza del polpaccio. Allo stato attuale, dovrebbe-ro essere considerate entrambe le opzioni di trattamento, chirurgica o conservativa. Il clinico dovrebbe inoltre indirizzare il tratta-mento minimizzando l’elongazione del ten-dine e sviluppando maggiormente l’altezza dell’heel rise, in particolare nei primi due anni successivi all’infortunio, allo scopo di evitare deficit di forza del muscolo.

    Anche recenti studi randomizzati dimostrano i vantaggi della mobilizzazione e del carico precoce dell’arto dopo l’operazione, rispetto all’immobilizzazione dello stesso.

    Mancano tuttavia in letteratura precisi proto-colli riabilitativi e criteri per valutare il ritorno allo sport dopo ATR. L’utilizzo dell’heel rise test prima da seduto e poi da in piedi può essere un valido strumento da utilizzare nella prima fase del processo riabilitativo. La ca-pacità del paziente di compiere 25 ripetizioni per 5 serie di heel rise può essere un criterio di ritorno allo sport dopo questa lesione, ma necessità di ulteriori studi su campioni più ampi di soggetti. Inoltre, i clinici utilizzano specifici questionari, di cui alcune sezioni analizzano la performance dell’atleta (ATRS, AOFAS, FAAM).

    Gli studi suggeriscono che i giocatori sono in grado di ritornare al livello di performan-ce che avevano prima dell’infortunio, solo se viene data loro la possibilità di giocare alme-no due anni dall’operazione. È importante sottolineare come addirittura il 70% dei pa-zienti dopo lesione del tendine d’Achille non

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    Gruppo di Terapia Manuale e Fisioterapia Muscoloscheletrica | Luglio 2020

    Nel Cuore delle Difficoltà riposano le Opportunità | Albert Einstein

    è in grado di tornare a giocare una competizione sportiva. Le conclusioni diventano quindi un auspicio alla ricerca. Gli studi sull’heel rise test dovrebbero essere riproposti su campioni più ampi per dare maggiore significatività statistica ai dati.

    Al momento attuale possiamo quindi solo sottolineare la man-canza di studi di buona qualità che permettano di definire preci-si criteri clinici, che stabilizzino quando il singolo individuo sarà pronto a tornare a competere.

    L’appello è quindi ad una maggiore ricerca sull’argomento, che fornisca una riabilitazione più mirata, e permetta ad una percen-tuale più alta di soggetti di ritornare a fare sport.

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    BIBLIOGRAFIA

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