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All’origine era l’acqua: i “mulini a palmenti” di Messina · temporale certa: la concessione perpetua fatta durante la sua reggenza (1154-1166) al Monastero del SS. Salvatore

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All’origine era l’acqua:All’origine era l’acqua:i “mulini a palmenti” di Messinai “mulini a palmenti” di Messina

OrOrnella Fiandacanella Fiandaca

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Copyright © MMIXARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133 A/B00173 Roma

(06) 93781065

ISBN 978–88–548–2488–1

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: maggio 2009

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Indice 0. Il primo impatto con la realtà locale 7 1. Dai piani delle macchine ad acqua… alla definizione cronologica dei mulini 9 La fiscalità dei mulini come strumento di datazione 11 2. Dalle conze … alla definizione geo-acquatica dei mulini 27 I tipi originati dai sistemi fluviali 30 3. Dalla letteratura tecnica… alla definizione costruttiva dei mulini 39 La cultura tecnica “animata” dall’acqua 42

I canali di derivazione e adduzione dell’acqua I motori idraulici: le ruote ad asse orizzontale o verticale La macina: il sistema di mole o palmenti

4. Dall’anamnesi… alla definizione storico architettonica dei mulini 63 Il sistema dei mulini orizzontali sul versante tirrenico dei Peloritani Risalendo il corso di fiumare e torrenti 66 Il sistema dei mulini in sequenza di Novara di Sicilia I mulini a più macinanti di Monforte I mulini indipendenti di Montalbano I sistema dei mulini verticali sul versante ionico dei Peloritani Risalendo il corso delle fiumare 88 Il mulino medievale di San Filippo Superiore Il mulino ottocentesco di Fiumedinisi

5. Una proposta per il trasferimento della memoria 103 APPENDICI

A: GLOSSARIO 113 B: DOCUMENTI 119 C: INVENTARIO CRONOLOGICO 173 D: NOTE COSTRUTTIVE 177 FONTI

DOCUMENTARIE 179 BIBLIOGRAFICHE 179 ILLUSTRAZIONI 181

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0 Il primo impatto con la realtà locale … eccolo, è lì! Il mio accompagnatore con piglio deciso segnala la presenza di que-sto o quel mulino scendendo il corso dell’Elicona. I miei occhi vagano per accordare l’immagine alla realtà denuncia-ta: rovi, sterpi, edera, questo riescono a vedere mentre più assordante

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diventa il rumoreggiare del fiume, in quelle zone a carattere torren-tizio… e soltanto allora brani di muratura sepolti dalle ortiche, ar-chi smezzati erosi dal muschio, assi lignei divelti da ordigni, si foca-lizzano come immagini in sequenza. Solo ricomponendo i brandelli di tutte le macchine idrauliche sarà possibile tratteggiarne una fisionomia comune, solo risalendo inte-ramente il corso delle acque comprenderne il funzionamento. Quel che si impadronisce del pensiero è nostalghia, saudade, malinco-nia, amarezza, è disagio e un forte senso di impotenza: perché cercarli, in che modo analizzarli, con quale fine restituirli alla conoscenza, di-ventano istanze urgenti in cerca di ragionevoli strategie risolutive. In apparenza è difficile ipotizzare una tutela che non sia quella di una memoria cartacea, laddove la materia è ormai assente: la ra-gione demonizza laddove il sentimento ancora urla all’oltraggio e reclama rivalsa. Quel primo contatto mi ha disorientato, rivelandomi il fascino del sommerso, una sfida per l’intelletto, la volontà di emozionare. Se-guendone gli imperativi ho perseverato in questo viaggio, muoven-domi sul territorio dal versante ionico dei Peloritani fino alle Caro-nie tirreniche, per indagare una realtà messinese poco nota, con pe-culiarità annunciate ma non esplorate da studiosi che mirando alla Sicilia hanno orientato verso altre specificità il loro interesse. Andando freneticamente su e giù per fiumare e torrenti, nel traver-sare borghi e frazioni su di essi adagiati, ho intercettato i ricordi di anziani mulinari o dei loro figli e mogli, le ricerche di qualche no-stalgico, le proposte di isolati operatori locali, insomma degli ultimi depositari di una storia che, in tracce sul territorio, non anima più la vita, i discorsi, le passeggiate, gli usi, di chi in questi posti è so-praggiunto nel secondo dopoguerra e ha deciso di non intrecciare i propri studi con queste antiche memorie.

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1 Dai piani delle macchine ad acqua… alla definizione cronologica dei mulini Una deserta fecondità mi si è mostrata, aggirandomi fra torrenti e fiumare di Peloritani e Caronie, in un ossimorico contrasto fra una natura vegetale rigogliosa, che presagisce risorse idriche inesauribili, e l’abbandono di macchine idrauliche ruderizzate, dovuto all’inacces-sibilità fisica di quei luoghi e, paradossalmente, a una sopraggiunta carenza di quella fonte necessaria per sprigionare l’energia sufficien-te al loro funzionamento. Più che esaurita, in molti luoghi, l’acqua è sommersa, prevaricata da chi vi ha sostituito strade, impianti sportivi, complessi residenziali o solamente sopraggiunta da distrazione e o-blio. Bisogna abbandonare le periferie per intercettare nuovamente il corso dei fiumi, eclissare le devastazioni e l’incuria del Novecento per riscoprire le tracce del patrimonio culturale originato dall’acqua, di-ruto ma in alcuni luoghi ancora incontaminato. In un viaggio a ritroso nella memoria, mi sono pertanto rivolta alla ca-pacità ottocentesca di imbrigliare l’acqua per tradurla in “cavalli di-namici”, a quella civiltà dei mulini declinata per la molitura dei cerea-li, alimentata da una lenta, quanto antica, sapienza idraulica, innovata dagli arabi e perpetuata dai normanni e ancora oltre senza mutazioni, fino ad accogliere gli impulsi di una tarda industrializzazione venuta a modificare, pare, la gestione del lavoro più che l’impianto tipologico delle strutture produttive, ovunque narrato come stabile nel tempo, a offrire impercettibili variazioni unicamente dei materiali adottati per gli elementi di maggior usura, dal legno al metallo. La realizzazione di un molino era connessa, oltre che alla proprietà dell’area, alla disponibilità di fruire, per diritto trasferito o godimen-to dietro compenso o tassa, del corso d’acqua, nel caso di pubblico fiume o acque regie, e alla capacità economica di poter garantire una regolare funzionalità delle strutture molitorie da assoggettare a ripa-razioni e interventi frequenti. Ho rintracciato quindi gli incartamenti redatti nell’Ottocento per la contabilità fiscale, i Piani delle macchine ad acqua,1 per i computi di manutenzione, le Conze,2 e per i contratti

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di gabella, in modo da orientare la mia ricognizione, volta alla cono-scenza della struttura socio-economica e della cultura tecnica che in-formarono la civiltà dei mulini, dalle prime forme di sperimentazioni all’agonia. Avendo riflettuto sulle testimonianze documentarie, necessarie per ri-costruire una mappatura storica di riferimento, ho fatto ricorso alla pubblicistica coeva, dagli annali di statistica alla cartografia idrogra-fica, per segnalare l’eventuale incidenza della cultura industriale, e ho cercato continui riscontri incrociati sul territorio, che accoglie an-cora segni sommersi e tracce evidenti, perdite ineluttabili e presenze tangibili, così da approdare, ricollocando tutti gli indizi affiorati, a una immagine inedita di questa realtà materiale disegnata dall’acqua. Circolare del Segreto di Patti alle prosegrezie per sospendere la riscossione del di-ritto del salto in attesa della redazione del Piano delle macchine ad acqua

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La fiscalità dei mulini come strumento di datazione Dall’esame dei Piani delle macchine ad acqua, censimenti produttivi

preposti all’esazione del diritto per la fruizione del “salto d‘acqua”3 che animava i mulini, riemergono per le sezioni temporali del 1820-24 e 1852-58, impianti post feudali di terreni e contrade d’acqua in cui molini, paratori, cartiere, serre e pantani trovano descrizione sommaria ma esat-ta ricognizione proprietaria e collocazione geografica.4

I riscontri effettuati mostrano, per l’estensione di poco meno di un secolo, l’amministrazione della fiscalità nei quattro distretti costituenti la provincia – Messina, Castroreale, Mistretta e Patti – in cui proprietà illustri di una nobiltà in declino, di una borghesia emergente, di ordini religiosi esigenti, gestivano direttamente strutture molitorie o le con-cedevano in gabella, mentre mugnai e farinari erano salariati o socie-tari di rischi e introiti.

Ciascuna Segrezia Distrettuale,5 il 10 marzo 1820, rimetteva alla Di-rezione Generale dei Rami e Diritti diversi, deputata alla gestione della fiscalità del regno, il proprio Piano delle macchine ad acqua richiesto lo-ro con circolare regia del 13 dicembre 1819 e subito trasmesso alle Pro-segrezie per avere nota di quanto presente nel territorio di loro competen-za. Dovevano informare su: “la denominazione delli Molini, Paratori e tutt’altre Macchine; il sito ov’essi sono posti, contrada e feudo nominati-vamente; i nomi, cognomi e Patria delli Possessori o Proprietari; l’acqua con cui agiscono e sua denominazione; la denominazione de’ fiumi o al-tro; il sito dell’acqua; la descrizione dell’acqua se pubblica o privata e sua provenienza; il notamento del pagamento del salto d’acqua e l’esenzione colle corrispondenti legali giustificazioni”.6

La stesura finale del documento censuario richiese un contraddittorio fra le parti per chiarimenti e integrazioni, dal quale è stato possibile ri-cavare indizi diretti sulla struttura fondiaria del sistema molitorio, sui benefici fiscali che esentavano dalla corresponsione del “salto d’acqua” e su procedure tecnico-amministrative per l’impianto di nuovi mulini e, implicitamente, notizie circa la composizione sociale, la conduzione imprenditoriale, la cronologia delle macchine idrauliche. In previsione di un Piano Generale di Rettifica delle macchine ad acqua da redigersi il 23 settembre 1824, la Direzione Generale chiedeva, infatti, alle Se-grezie Distrettuali una documentazione giustificativa per tutti coloro

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che, in occasione della formazione dello strumento di controllo fiscale, avevano avanzato supplica per esenzione dal diritto di corresponsione del “salto d’acqua” che animava il proprio mulino: un nutrito incarta-mento propone richieste di franco avanzate da nobili latifondisti, istitu-zioni religiose, e intere comunità in virtù di antichi Privilegi7 reali, di acquisizioni di feudi e città “con verbo regio”, di sentenze emesse dal Tribunale del Real Patrimonio o di proprietà privata delle acque.

Un contenzioso ottocentesco fra alcuni cittadini di Gioiosa e la Mensa Vescovile di Patti consente di risalire al più antico documento citato in questa ricognizione fiscale: una regia concessione con cui il conte Rugge-ro, confermata dal re Ruggero suo figlio nel 1143, trasferiva nel 1098 alla istituzione religiosa la proprietà dell’ex feudo di Castellaccio sottolinean-do con l’espressione “et ab hodierna die, et hora, ut habeos idam teni-mentum in libertate facere quid vis”8 la volontà di alienazione di un pie-no dominio. Il Regio Erario nell’Ottocento negava pertanto la concessio-ne del diritto del salto d’acqua ai richiedenti che intendessero costruire nuovi mulini, ritenendo l’atto lesivo degli interessi economici della Men-sa Vescovile. La stessa rivendicava, in virtù della donazione feudale, la proprietà dell’acqua con la quale venivano animati i mulini in suo posses-so nel distretto di Patti, la cui presenza sul territorio è pertanto riconduci-bile al medioevo: certamente tale attribuzione va ricercata fra i cinque mulini di Gioiosa presenti nel censimento del 1820 con la denominazione d’in Capo, di Zappulla, d’in Piedi, di li Gurghi, del Saliceto.9

Alla Regina Margarita, moglie di Guglielmo I, si deve un secondo documento fiscale di età normanna che consente un’altra attribuzione temporale certa: la concessione perpetua fatta durante la sua reggenza (1154-1166) al Monastero del SS. Salvatore di San Marco del Casale di Palegre, libero da ogni tassazione, e di duo molendina in flumine, sempre nel distretto di Patti: l’uno in contrada Campi con un censo in frumento e l’altro nel tenimento di Tortorici e SS. Salvatore esentato dal diritto del salto d’acqua. Il Privilegio confermato dall’imperatrice Costanza d’Altavilla prima e riproposto da Federico II il 13 settembre 1209, viene esibito come legittimazione dell’istanza di esonero dalla tassa, avanzata e accordata nel 1796 e, ancora, nel 1820.10 Dal tenore del regal diploma in pergamena si assume la testimonianza di una dif-fusa mentalità feudale perpetrata elargendo benefici, protezione e difesa in cambio di “meriti e servizi resi” e/o “devozione e fedeltà”, espressio-

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ni ricorrenti nelle concessioni a denotarne almeno il senso quando non ne viene specificato il reale motivo.

Da altre fonti, tratte da consultazione bibliografica, si può risalire a edificazioni altrettanto antiche, qualcuna persino precedente: la prima accertata è di un mulino, concesso con privilegio del 1080, in fluvio Mili al monastero di Santa Maria di Mili;11 e nel 1092, di altri due por-tati in dotazione al monastero di San Salvatore di Placa,12 uno in quel territorio e l’altro a Furnari; e nel 1105, ancora di uno ad flomariam Rometti per il monastero di Santa Maria di Gala,13 che con autorizza-zione regia, espressa come concessio costruendi molendini, poteva per altro insediarne uno ubicumque nel regno e un secondo sulla fiumara di Santa Lucia. Similmente lo stesso riconoscimento andò al mona-chesimo greco di San Filippo lo Grande vicino Messina (1100) sul fiume omonimo,14 di San Filippo di Demenna a Frazzanò (1101) sul fiume Panagia,15 dei SS. Pietro e Paolo ad Agrò (1117) sul fiume Al-cantara16 e di San Salvatore a Messina (1147).17 Un diploma norman-no riferisce poi di una licentiam libere constituere molendina rilascia-ta nel 1130 sulla fiumara di Bordonaro18 e due atti di vendita testimo-niano rispettivamente la presenza di un mulino in stato di abbandono sulla riva della fiumara di San Filippo lo Grande, ceduto nel 1195 per 2000 tarì d’oro,19 e di un altro, sullo stesso corso d’acqua, ceduto nel 1196 per 1450 tarì d’oro.20

Concessioni fatte alle comunità religiose si rintracciano d’altronde come costume diffuso.

Per i sei mulini di pertinenza della Real Abadia di Alì e Itala, nel distretto di Messina, nel 1823 si rivendica l’esenzione del “salto d’acqua” per antico privilegio derivato da una donazione irrevocabile fatta dal Conte Ruggero, transuntata nel mese di marzo del 1379, all’Abate Gerasimo di poter edificare il Monastero di SS. Pietro e Pa-olo dell’ordine di San Basilio, a cui furono concedute alcune terre, monti, valli, alberi domestici ed inculti, secondo i limiti e confini de-scritti, liberi d’ogni censo e di ogni altra servitù, come pure due fiumi ed un molino con tutti i diritti di proprietà. Ad essere quindi riferibile all’alto medioevo è il molino Lo Scoppo (della Rocca) a Itala. Così può ipotizzarsi per gli altri, che insistevano sul territorio trasferito. Il Tribu-nale del Real Patrimonio nel 1798, chiamato ad esprimersi circa la legit-timità del titolo, stabiliva di non molestarsi l’Abate Commendatario

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dell’Abbadia di SS. Pietro e Paolo d’Itala per il pagamento del dritto del salto d’acqua.21

Sin dalla reggenza normanna, quindi, e per tutto il Medioevo, il diritto dell’acqua disegnava la fisionomia di un territorio gestito in un accordo di tacita condivisione tra potere regio ed ecclesiastico. Nella spartizione entravano poi donazioni e regalie a nobili feudatari in cambio di servigi, rivendicate poi da eredi o successori fin oltre l’Ottocento.

Innumerevoli le suppliche avanzate per il riconoscimento di un pri-vilegio, che esonerava dal censo, concesso in epoca aragonese dal se-renissimo Re Martino: per il distretto di Patti22 si segnalano le rivendi-cazioni nobiliari del Duca di Piraino per i suoi due molini in contrada Rao e Rivaj (1398); del Marchese Melia Bernardo Napoli per il moli-no di Longi (1404), del Principe di Militello per i due mulini del Pon-te sul fiume di Rosamarina e per il molino nel Casale di Sant’Agata (1408); per il distretto di Messina quelle del Principe di Villafranca per uno dei suoi tre mulini del feudo di Giusafi (1396);23 del Duca di Cesarò e Marchese di Fiumedinisi per i molini Terra sottana e soprana nel Quartieri Matrice Chiesa e S. Pietro (1404-1453); del Principe di Mon-forte per il molino Cosacallo sul fiume Majorana (1453); nei distretti di Mistretta e Castroreale i privilegi non erano appannaggio di singoli quanto piuttosto di intere comunità.

Per il molino di Longi,24 il 13 aprile 1820 il marchese Melia Ber-nardo Napoli legittima la sua richiesta di esenzione sulla base di un Privilegio di Re Martino che lo comprende, la cui formulazione rite-nuta emblematica dei molti visionati, si esprime:

…confirmamus dictamque terram cum eius turri, fortilicio sive castro, ac vassal-lis, vassallagiis, gabellis, iuribus, redditibus, pretentionibus spectantibus, edifi-ciis, aquis, aqueductibus, aquarum decurrentibus, pescationibus, venationibus molendini, molendinorum saltibus, pascuis, pratis, erbagiis, terragiis, territoriis limitibus, tenimentis et pertinentiis universiis […]. Blasco Lanza, figlio e legittimo erede di Valore Lanza, ottiene da Martino I, re di Sicilia, conferma del possesso della terra di Longi, con una turricula e un fortili-zio, sive castro, insieme a tutti i redditi, i vassallagi, le gabelle, gli edifici, le ac-que, gli acquedotti, i mulini, i salti d’acqua dei mulini, i diritti di pesca e caccia pertinenti, ereditati dal padre Valore Lanza. Blasco, inoltre, ha diritto di designare suoi eredi i propri figli o, in mancanza, il fratello Manfredi o, in caso anche quest’ultimo morisse senza eredi, Corrado, figlio legittimo di Prushi Lanza.

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Successivamente si ritrovano suppliche rivolte al serenissimo Re Alfonso (molino della baronia in contrada Garini a Ficarra, molino Santa Maria la Vecchia nel quartiere di Musarra a Tortorici) e poi anco-ra al serenissimo Re Carlo (molino Soprano a Salice nel territorio di Floresta) che, quando non ribadiscono privilegi concessi in preceden-za, spostano al Cinquecento la possibile realizzazione dei mulini coin-volti.25 Il tenore dei documenti non muta nella formulazione né si mo-dificano le motivazioni e i contenuti della regalia. Le concessione era-no da intendersi perpetue e con diritto di successione.

Don Gaetano Piccolo si riteneva pertanto legittimato a non dover corrispon-dere il salto d’acqua alla Direzione Generale per il molino della baronia si-tuato in contrada Garini, acquistato nel 1819 dal Marchese di Lungarini, il quale era barone dello Stato di Ficarra per averlo i suoi predecessori avuto in concessione con Privilegio del Serenissimo Re Alfonso sin dal 27 luglio del 1453 e per averlo poi riscattato dal Tribunale del Real Patrimonio con con-tratto del 2 febbraio 1738 stipulato dal notaio Cosimo Oddo di Palermo.26 In entrambi i capitoli di scrittura si legge la clausola: …cum edificiis, ceterisque juribus, tationibus proprietaribus, aquis, aquieductibus, aquarius decurjibus, piscationibus, venationibus, molendinis, molendinorum saltibus, […].27 Diritto che tuttavia nell’Ottocento venne messo in discussione. Il Principino Alcontres, Pietro Asmundo Stagno, il 22 giugno 1822 presentava alla Direzione Generale la copia legalizzata del privilegio di concessione del feudo denominato di Floresta, San Giorgio e Grassetto, rilasciato da Carlo V a Nicola Antonio de Patti, in virtù del quale rivendicava l’esenzione per i molini soprano e sottano. Con un formulario unificato si ritenevano comprese nella donazione […] saltibus aquarum, et aquarum decursibus, […], molendini, flo-mariis […]. Il 6 marzo 1823, si dà disposizione al secreto distrettuale di acqui-sire il privilegio e trascrivere nei registri l’esenzione della tassa.28 Poteva accadere che a beneficiare di un privilegio fossero universi-

tas e città, per premiarne la fedeltà, ingraziarsi i loro favori, consentir-ne la sussistenza. Un resoconto cronologico della documentazione a-nalizzata permette di comprendere le ragioni e i contenuti delle con-cessioni avvenute nel tempo e fornisce ulteriori indizi sulla presenza di mulini pre-moderni nei territori dei diversi distretti.

Del 4 novembre 1398 è la donazione effettuata dal serenissimo Re Martino della terra di Monforte e del suo castello, nominato poi San

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Pier Monforte, con tutte le acque, i molini, i salti, che consentì al prin-cipe don Carmelo Moncada di ottenere la concessione per i due molini Cosacallo e Sajtta.29 L’anno seguente un’analoga concessione riguar-dava la terra di Novara che divenne baronia del nobile Bartolomeo di Gioeni, duca d’Angiò, con annesso il molino della Corte in contrada San Giorgio.30

Del 6 agosto 1403 è il privilegio ancora di Re Martino, a conferma di altro concesso da Re Federico (II o III d’Aragona), dato in Cata-nia,31 che sancisce l’esenzione dei cittadini di Castroreale e del suo territorio - per rilevarli dalla loro povertà e in riconoscimento delle prestazioni fornite allo Stato - da tutti li dazi imposti e da imponersi a favore della regia corte comprendendo fra le altre pertinenze li molini e li salti d’acqua dei molini. Un’altra testimonianza implicita che con-sente di ricondurre al medioevo alcuni dei mulini per i quali si riven-dicava il franco fiscale, in quanto alimentati da acque provenienti da feudi concessi alla comunità, a singoli o di proprietà privata. Quale limite superiore per la loro costruzione si può assumere il dispaccio del Real Patrimonio nel 1795 e le lettere patrimoniali del 1798 che confermarono la legittimità dei titoli presentati. Così per i mulini che insistono sull’ex feudo di Lando del principe della Mola32 e su quello di Catalimita e San Giorgio concesso e donato a Matteo di Serafini,33 non è azzardato ritenerne probabile l’esistenza antecedente al Quattro-cento. Il 6 settembre 1823, considerate valide ancora da Ferdinando I le prove apportate, i possessori di mulini e la cittadinanza di Castrore-ale furono esentati per Real gratia da tutti i dazi […] fra i quali il sal-to d’acqua espressamente.34

Del 1 novembre 1469 è la lettera viceregia in cui si ribadisce che l’universitas della terra di Santa Lucia fosse mantenuta nel possesso delle acque, de’ salti de’ mulini e delle ragioni che vi corrispondeva-no, un privilegio maturato nel 1323 allorquando su invito del Re Fede-rico II la popolazione fu riunita, insieme a genti circonvicine, in un'u-nica terra, sopra di una eminenza, difesa da un forte, che attaccato ad un antichissimo castello che vi esisteva, la regia liberalità vi aveva fatto fabbricare.35

…a tempore longissimo in cuius contrarium hominum memoria non extitit, tam ante quam post ditam terram conditam semper et continuatis temporibus

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Dai piani delle macchine ad acqua… alla definizione cronologica dei mulini

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flumina seu aque fluminum fluentium circum dictam terram fuerint et sint de iuribus membris, et pertinenciis dicte terre tam post ipsam terram conditam quam ante, cum dicebatur Casale Sancte Lucie, quibus aquis, ipsa universitas seu incole et habitatores ipsius, usi fuerint et sint, tamquam de propriiis iuribus et membris ipsius universitatis, tam pro rigando quam ad opus molendinorum battinderiis et aliquocumque usu, liberi et immunes … Nel 1630 tuttavia il Re Filippo IV d’Asburgo, costretto dai bisogno

della guerra d’Italia, rinnegando l’impegno assunto dal Re Federico II, anche a nome dei successori, di perpetuamente mantenere nel regio demanio la terra di Santa Lucia, intanto eretta in titolo di Città nel 1622, la vendette in feudo baronale a don Carlo Valdina trasferendogli tutti i suoi reali diritti compresi i salti d’acqua dei mulini. Rifiutando il torto subito, che la vedeva precipitare nuovamente da città regia all’umiliante condizione di università baronale, il Comune riscattò per lo stesso capitale la proprietà del suo territorio con atto del 17 marzo del 1632.36 Nel Piano delle macchine ad acqua del distretto di Messi-na si legge pertanto che i cittadini del territorio di Santa Lucia sono esenti dal diritto di salto d’acqua acquisito dal Comune e ulteriormen-te confermato con dispaccio emesso dal Tribunale del Real Patrimonio in data 13 dicembre 1798.37

Alle istanze di esenzione dal diritto del salto d’acqua legittimate dal-la presenza di un privilegio si aggiungevano quindi le rivendicazioni dei possessori di mulini che vantavano un titolo di proprietà in forza dell’acquisizione effettuata con il “verbo regio”, che poteva riguardare un’intera città o solamente un feudo. La formula garantiva, finchè nel Settecento non si cercò di darne diversa interpretazione, che con la terra si trasferissero ai Comuni i cespiti segreziali, tra i quali appunto acque, molini, salti d’acqua e altre pertinenze, e si impegnava a che fossero perpetui i diritti presenti alla stipula dell’atto di vendizione. Se quindi nei capitoli di fondazione38 di una città era compresa la libera disponi-bilità delle acque poteva ritenersi legittima la richiesta di esenzione

Al “verbo regio” si appellò il Sindaco di Rometta facendosi garante dell’esenzione dal salto d’acqua per il molino Martinetto di Antonino Magazzù, in virtù dell’acquisto, dell’intero Comune dal potere della Regia Corte, riportato agli atti del Protonotaro il 17 marzo 1632.

Analogamente Mistretta reclamava l’esenzione per quei possessori di mulini […], in virtù della vendizione, fatta al Sindaco e ai Giurati, di tutte

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le segrezie tanto di esso Comune e dei suoi Casali S. Stefano e Reitano, riportata agli atti del Protonotaro il 13 aprile 1633, che comprendeva la proprietà di censi, feudi, trazzere, territorj, castelli, beveratoj, fondachi, taverne, salti d’acqua, acquedotti, fonti, molini, diritti di pesca e caccia ed altro.39 Così avvenne anche per San Piero Patti (atto del 28 marzo 1646),40 per Capizzi (atto del 23 giugno 1646),41 e per i casali di Gesso, Salice, San Gregorio, Serro e Divieto venduti il 20 luglio 1683.42

Concessioni senza censo furono rilasciate anche nel Settecento: il Tri-bunale del Real Patrimonio accoglieva le suppliche e stabiliva, pur in as-senza di titoli giustificativi, di accordare l’esenzione dal diritto del “salto d’acqua”. Fra gli altri si annoverano la Principessa di Butera per due mu-lini nel territorio di Raccuja (1764, 1796), la Mensa Vescovile per i tre mulini nel territorio di Patti (1784); il Monastero dei PP. Benedettini di San Placido (s.d.) e don Saverio e Onofrio Oliveri a Naso nel distretto di Messina (1808).

In esecuzione di un real dispaccio del 15 dicembre 1793 le Segrezie Distrettuali furono incaricate con lettere circolari a intimare li rispet-tivi possessori de molini a fare il rivelo, e presentare le concessioni del salto o altra scrittura legittimante il di loro titolo. Dai documenti allora presentati si trasse questo scenario: taluni possiedono per parti-colare concessione ottenuta della R.C. con il peso di pagare oncia una l’anno per diritto del salto: Baroni Feudatari, Prelati ed Univer-sità possidenti feudi appoggiano il di loro diritto e titolo alle dette concessioni, nelle quali si leggono le clausole: cum fluminibus, mo-lendinij, molendinorum saltibus, aquis, aquarum saltibus. Altri pos-siedono in vigor di concessioni ottenute dalli stessi Baroni Feudatari, Prelati ed Universita ai quali pagano il censo ed altri finalmente pos-siedono molini di pertinenza di diverse regie segrezie, alle quali ne rendono il censo. Molti altri possessori non hanno esibito titolo veru-no.43 L’elenco dei disertori fornisce uno spaccato, pur se parziale, del-la distribuzione territoriale dei mulini in questa sezione storica, docu-mentandone quindi l’esistenza.44

Il Tribunale del Real Patrimonio fu chiamato a decidere degli antichi privilegi, vendite e regalie. Con dispacci emessi nel 1795 e nel 1798 si ribadirono le esenzioni precedenti laddove la documentazione presenta-ta venne ritenuta legittima e si obbligò al pagamento di una tassa annua-le chi si ritenne fruisse impropriamente del “salto d’acqua”.

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Per dirimere le controversie e ottenere il franco fiscale ci si poteva ancora appellare alla proprietà privata dell’acqua che animava i muli-ni, riconoscimento che, almeno fino al secondo censimento tributario avviato nel 1852,45 fu ritenuto sufficiente: per il distretto di Messina il Duca di Belviso ottenne l’esenzione dal Tribunale del Real Patrimonio per i suoi tre mulini, Portella, San Nicola e Bianca a Bordonaro, in quanto animati da acque che si originavano nel suo fondo. La stessa sentenza venne emessa per il Monastero dei PP. Benedettini di San Placido, per il principe di Malvagna nell’ex feudo di Dittari. Per il di-stretto di Castroreale a Montalbano una perizia stabilì nel 1823 la pro-prietà privata delle acque di Portella della Spina che animavano i quat-tro mulini posseduti dai Padri Gesuiti,46 Soprano, Spedale, Sottano, Saracino. Diritto riconosciuto anche al Principe di Villafranca nell’ex feudo di Pozzoleo a Santa Domenica e a Merì.47

Privilegi medievali, capitoli post-feudali e dispacci del Tribunale del Real Patrimonio condussero a una sparuta minoranza coloro che corrispondevano il diritto per la fruizione del “salto d’acqua” e rigoro-samente riguardava un ceto borghese o proletario. Ex feudatari ed alta borghesia,48 mense vescovili e monasteri,49 universitas e città di fon-dazione vantavano l’arcaico retaggio di una società che li aveva visti potenti e beneficiati da un potere regio proteso a ingraziarsi così chi avrebbe potuto osteggiarlo.

Nei Piani delle macchine ad acqua del 1820, riveduti poi nel 1824, sono registrati: 84 molini nel distretto di Patti, 87 molini nel distretto di Mistretta, 199 molini nel distretto di Messina, 113 molini nel distretto di Castroreale. Rare notazioni a margine forniscono alcuni dati cronologici certi per le macchine idrauliche censite. Si legge che a Ficarra don Gae-tano Piccolo aveva edificato in contrada Ganzi un molino da tre anni, ma non aveva ottenuto il permesso di molire per controversie, e che il sac. Domenico Milio stava costruendo il suo senza autorizzazione. In contra-da di Geracaci a Raccuja viene registrato un atto di concessione del 1816. Il molino Rimbrazzo nel luogo e vigne di don Arcangelo Gulioso a Tusa è dato in fabbrica. Ancora, si segnala la costruzione del molino Gennaro a Casalnuovo nel 1813-14, di uno in contrada Nasari a Castroreale del 1818 e due “recenti” (nel 1820) a Novara, l’una in contrada Fontina e l’altra in contrada Fondachelli. A Taormina in contrada Sirina il Capitolo e Collegiata del Comune acquistava un molino nel 1766.

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L’impianto di ogni nuova struttura, che fruisse di acque pubbliche o regie, nell’Ottocento era consentito purché non arrecasse danno ad alcuno dei preesistenti. L’iter per la concessione del “salto d’acqua” imponeva la pubblicazione delle suppliche avanzate alla Direzione Generale Rami e Diritti diversi, presso le Prosegrezie, per consentire a chiunque di muovere opposizione motivata. Proprio il diritto del pri-mo occupante è all’origine dei numerosi ricorsi avanzati all’Agenzia del Contenzioso in prevalenza da poteri religiosi e nobiliari che videro minata la loro rendita.50 Da queste richieste si possono intercettare, nella corposa documentazione, alcuni mulini di fondazione ottocente-sca, gli ultimi forse animati dal “salto d’acqua” concesso.51

Dal 1824, con i suoi 483 mulini, si assiste a un incremento rapido fino ai 571 riportati nel censimento a stampa del 1852, con qualche differenza rispetto ai 533 dello Stato dei Mulini della Provincia di Messina del 1858.52 Di questi solo 115 corrispondevano la tassa, e per un numero rilevante si trattava certamente di concessioni ottocente-sche. Per 42 si ha testimonianza diretta in una nota del 1853 nella qua-le, di 11, è riportata la data di rilascio del contratto e il notaio rogato-re.53 Per altri si può affermare fossero in precedenza sottoposti al do-minio baronale rivendicato e riscattato al demanio regio.54 Patti Non reperito Antonino Greco 14 dicembre 1840 Patti *** 55 Fran.sco Accordino

Marchese 26 aprile 1844

Gioiosa C.da di Gallo Nicolò Molica 30 agosto 1841 Sant’Angelo *** Eredi di Giuffrè 13 aprile 1845 Sant’Angelo C.da del Vinarolo Barone Saporito 13 gennaio 1840 Sant’Agata C.da del Ponte di Rosmarino Salvatore Zito e & 7 aprle 1838 Francavilla Non reperito Giovanni Amadeo 16 giugno 1824 Longi C.da Mandarano Comune di Longi 27 settembre 1841 Raccuja C.da di Geracaci Salvadore e Fran.sco

Lo Perni 20 aprile 1816

Raccuja C.da Vallone di Foti Bartolomeo Natoli 10 aprile 1847 Capizzi *** Giuseppe Cutò 11 agosto 1851

Elenco delle concessioni riportate nello Stato indicante i proprietari dei molini siti…

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Nel 1850 veniva istituita la Direzione Generale del Macino che in-trodusse nuove procedure per il rilascio delle autorizzazioni per l’impianto e l’attivazione dei mulini e si occupò del controllo del terri-torio richiedendo una prima numerazione per zone. Si registra un accre-sciuto impulso nel settore se è vero che le richieste di concessione si in-tensificarono, in alcuni luoghi anche in sostituzione di macchine idrau-liche esistenti rese inoperose da un’alluvione che flagellò il versante tir-renico dei Peloritani il 14 novembre 1855 e ancora nel 5 ottobre 1860 ma altresì da un uso prolungato senza azioni di manutenzione.

I mulini realizzati mostrarono solo un blando aggiornamento nell’uso dei materiali, affiancando il metallo al legno senza tuttavia sostituirlo e mantenendo invariati caratteri tipologici e meccanismi di funzionamento.

Sostenere quindi che l’acqua fu sostituita dal vapore nella seconda metà dell’Ottocento - data che lo vide diffondersi in aree industrializ-zate - è in questo contesto cronologicamente erroneo in quanto nessu-na riduzione è registrata dal ritratto fissato nel 1824 e poi nel 1852. Confermano la stasi gli Annali di Statistica che nel 1882 denunciano per la macinazione del grano 637 forze motrici idrauliche in 574 mo-lini, ai quali si devono aggiungersi i 17 che lavoravano con caldaie a vapore mentre 54 erano ancora a trazione animale. Complessivamente nei diversi distretti se ne contavano: 130 nel circondario di Patti, 115 in quello di Castroreale, 308 in quello di Messina, 92 in quello di Mi-stretta. Dagli opifici a forza idraulica si ricavava una molitura ridotta, non superiore ai 5000 quintali/anno così come in 11 dei 17 molini a vapore.56 La statistica viene confermata dalla prima pubblicazione uf-ficiale di carattere nazionale: la Carta Idrografica d’Italia del 1891 ri-porta per Messina l’elenco di 662 opifici con localizzazione geografi-ca dei mulini segnalata da un numero progressivo.57

Solo sul finire del secolo ha quindi inizio lo sviluppo della produ-zione a vapore che coesiste per un lunghissimo periodo con i più tra-dizionali sistemi e, nel 1896, i mulini, alimentati da 39 caldaie, sono 23. Forse l’introduzione dell’energia elettrica ha inciso maggiormente sul rinnovamento degli impianti, laddove si preferiva un’erogazione continua alla discontinuità dei regimi idraulici. Si ha notizia di nuovi impianti già nel 1931, ma prima di questa data si racconta di alcune trasformazioni di macchine idrauliche in elettriche.

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Il racconto degli ultimi mugnai decreta il completo abbandono dei mulini ad acqua soltanto negli anni ’60 (così le testimonianze per Montalbano 1955, Novara di Sicilia 1964, San Filippo 1970).

L’obsolescenza ha richiamato incuria o speculazione: laddove l’ab-bandono non mostra i suoi segni nei resti dispersi sul territorio arroc-cato o isolato, si assiste alla scomparsa dei sistemi molitori che occu-pavano la periferia suburbana, travolti dai tentacoli della speculazione edilizia.

L’effetto dell’ incultura e la perdita della memoria - frammenti dell’ordigno meccanico reimpiegati o solamente divelti - mulini ruderizzati o sopraffatti da superfetazioni e nuove costruzioni

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1 ASP, Fondo Direzione Generale dei Rami e Diritti diversi, voll.1593-1595. 2 Si tratta di documenti nei quali si registravano gli oneri dei mugnai principalmente per la

manutenzione delle macine, la rabbigliatura che eseguivano personalmente con una martellina a taglio bifrontale detta cunzara (conza: aggiustare, riparare). Ne sono stati trovati diversi per la Sicilia occidentale e per Noto, mentre per Messina pare siano andati dspersi.

3 Il diritto di “salto d’acqua” era una tassa da corrispondere al Regio Demanio per la frui-zione dell’acqua pubblica che animava i mulini. La quota annuale richiesta era di un’oncia nell’Ottocento.

4 ASP, Fondo Direzione Generale dei Rami e Diritti diversi: vol. 1593, Salti d’acqua, Messina 1820-1824, Distretti di Patti e di Castroreale vol. 1594, Salti d’acqua, Messina 1820-1824, Distretti di Messina e di Castroreale; vol. 1595, Salti d’acqua, Messina 1820-1824, Di-stretti di Mistretta e di Castroreale.

5 Le secrezie (segretiae) erano istituzioni originariamente dipendenti dalla curia regis, e, in seguito, sotto i vicerè, dalla curia dei maestri razionali (poi Tribunale del Real Patrimonio). Ave-vano il compito di amministrare le dogane di mare e di terra, tutte le gabelle regie e alcuni beni immobili di proprietà della corte. Con Decreto Regio 30 novembre 1824 le secrezie si trasforma-rono in ricevitorie distrettuali e percettorie comunali dipendenti dalla Direzione Generale dei Rami e Diritti diversi. Nei documenti si è trovata l’intestazione Segrezia Distrettuale.

6 ASP, Fondo Direzione Generale dei Rami e Diritti diversi, voll. 1593, 1594, 1595. Con lettera di trasmissione del 25 maggio 1820 vengono forniti necessari chiarimenti con tutte le informazioni richieste.

7 Capitoli e Privilegi consentono di ripercorrere la storia delle città dell’Italia Meridionale e della Sicilia a partire dalla fine del XIII secolo: i Capitoli erano richieste inoltrate dai sudditi al potere centrale alle quali l’approvazione regia conferiva valore normativo; i Privilegi se-guivano lo stesso iter ma avevano una più specifica valenza economica.

8 Viene espressa la facoltà di disporre liberamente del possedimento concesso dalla data di emanazione del privilegio e senza limiti temporali. ASP, Fondo Direzione Generale dei Rami e Diritti diversi, vol. 1597, Salti d’acqua, Messina 1833-1837.

9 Nell’Ottocento si originano diversi contenziosi fra i richiedenti di nuove concessione per “salti d’acqua”, con cui alimentare mulini in costruzione, e la Mensa Vescovile di Patti, che rivendica il possesso dell’acqua. Nell’anno 1830 insorgono a San Piero sopra Patti, don Gae-tano Bonsignore e don Gioanni Natoli che si vedono rifiutata la concessione del diritto del sal-to d’acqua (ASP, vol 1596) e nel 1834, a Gioiosa, Giacinto Pisano che vede respinta la sua domanda per la costruzione di due mulini (ASP, vol. 1597). L’agenzia del contenzioso riesce a dimostrare la legittimità del possesso dell’acqua da parte della Mensa Vescovile.

10 ASP, Fondo Direzione Generale dei Rami e Diritti diversi, vol. 1593: Salti d’acqua, Mes-sina 1820-1824. Distretto di Patti. I mulini si trovano uno nel territorio di San Marco in contrada dei Campi, l’altro nel territorio del SS. Salvatore fuori le mura del comune. Poiché nel 1796 per circolare del governo veniva ulteriormente richiesta la legittimazione del titolo, la Badessa Rosa-ria Ferraloro del Monastero delle Donne presentò la documentazione all’Avvocato Fiscale Chi-digò, dal quale ottenne Lettere Patrimoniali per l’esenzione dal diritto del salto d’acqua.

11 R. Pirri, Sicilia Sacra, ed. riveduta dal Mongitore, Palermo 1733, p. 1025. Nel Piano delle macchine ad acqua del 1820 (e ancora nel 1858) è dichiarato come molino Torre a Briga nel distretto di Messina.

12 G. A. Garufi, I documenti inediti dell’epoca Normanna in Sicilia, Palermo 1899, pp. 7-9. 13 R. Pirri, op. cit, p. 1043. 14 ibidem, p. 1030. 15 S. Cusa, I diplomi greci ed arabi di Sicilia, Palermo 1868, p. 394. 16 R. Pirri, op. cit., p. 1039.

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17 Biblioteca Apostolica Vaticana, ms., Vat. Lat. 8201 f.86: ratifica regia del 6 novembre

1147, nota bibliografica ripresa da H.. Bresc, Mulini e paratori nel medioevo siciliano, in AA.VV., Mulini ad acqua in Sicilia, Palermo 2001, p. 30.

18 R. Pirri, Sicilia Sacra, op.cit., p. 1004. 19 A. Guillou, Les Actes Grecs de S. Maria di Messina, Palermo 1963, p. 133. 20 R. Ménager, Les Actes latins de S. Maria di Messina, Palermo 1963, p. 98. 21 ASP, Fondo Direzione Generale dei Rami e Diritti diversi, vol. 1593: Salti d’acqua,

Messina 1820-1824. Distretto di Patti. Ad Itala: Molino nom.to del Borgo della Baronessa D. Anola Sciacca della Scala di Patti;

detto Lo Scoppo del Ven.le Monastero di SS. Pietro e Paolo d’Itala. Ad Alì: Molino nom.to Pe-trolio di D. Antonino Barbera di Messina; detto Pietre Rosse di D. Filippo Fiumara, D. Maichele Davì, Marezza Bonarrigo e altri; detto Cernaci di D. Antonino Barbera di Messina. A Giudo-mandri: Molino nom.to del Feudo del Ecc.mo D. Antonino Ruffo Pr.pe della Scaletta di Messi-na. I mulini che insistono sul territorio concesso al Monastero di SS. Pietro e Paolo ddell’Ordine di S. Basilio rivendicano l’esenzione in virtù dell’antico privilegio.

22 ASP, Fondo Direzione Generale dei Rami e Diritti diversi, vol. 1593: Salti d’acqua, Messina 1820-1824. Distretto di Patti.

23 ASP, Fondo Direzione Generale dei Rami e Diritti diversi, vol. 1593: Salti d’acqua, Messina 1820-1824. Distretto di Patti. Tre documenti furono presentati dal Sig. M.se Grego-rio per dimostrare il possesso del feudo di Giusafi e sostenere l’esenzione dal preteso diritto del salto d’acqua: la concessione di Re Martino, nel 1396, del feudo e i mulini con le acque, gli acquedotti e i salti; l’acquisto del feudo stipulato nel 1630 a favore degli autori del Princi-pe di Villafranca, con parola regia d’essere il compratore scevro da ogni futura molestia; la Sentenza del Real Patrimonio, nel 1776, a favore del Principe di Villafranca in cui si dichiarò doversi esentare dal pagamento del diritto del salto d’acqua.

24 ASP, Fondo Direzione Generale dei Rami e Diritti diversi, vol. 1593: Salti d’acqua, Messina 1820-1824. Distretto di Patti. Longi, Marchese Melia di Bernardo Napoli.

25 Nel Distretto di Patti: a Tortorici, Privilegio concesso nel 1453 dal serenissimo Re Alfonso al Marchese di Lungarini, barone di Ficarra e proprietario di un molino, rivendicato in occasione del Pia-no delle macchine ad acqua del 1820 dal nuovo possessore don Gaetano Piccolo; a Floresta, Privilegio concesso nel 1535 dal serenissimo Re Carlo al Principe d’Alcontres don Pietro Asmundo Stagno.

26 ASP, Fondo Direzione Generale dei Rami e Diritti diversi, vol. 1594. 27 ASP, Fondo Direzione Generale dei Rami e Diritti diversi, vol. 1593: Salti d’acqua, Messina

1820-1824. Distretto di Patti. Ficarra, Don Gaetano Piccolo. 28 ASP, Fondo Direzione Generale dei Rami e Diritti diversi, vol. 1593: Salti d’acqua, Messina

1820-1824. Distretto di Patti. Floresta, Principino Alcontres D. Pietro Asmundo Stagno. 29 ASP, Fondo Direzione Generale dei Rami e Diritti diversi, vol. 1594: Salti d’acqua,

Messina 1820-1824. Distretto di Castroreale. Per quei possessori… (Monforte). 30 ibidem, Distretto di Castroreale. Per quei possessori… (Novara). La notizia, con riferi-

mento al molino della Corte si ritrova anche in G. Currò, S. Bertolami, I mulini idraulici nel ter-ritorio di Novara di Sicilia, in Archeologia Industriale: quattro temi, atti del seminario tenuto al Museo Nazionale di Reggio Calabria il 05.01.1978, Reggio Calabria 1980, pp. 128-138.

31 ASP, Fondo Direzione Generale dei Rami e Diritti diversi, vol. 1593: Salti d’acqua, Messina 1820-1824. Distretto di Castroreale. Nella supplica presentata alla Direzione Gene-rale dal Principe della Mola ed altri possessori di mulini si espone che mai essi hanno corri-sposto un censo in virtù di antichi privilegi, l’ultimo dei quali concesso dal Serenissimo Re Martino. Inoltre le acque che animano i mulini scaturiscono dall’ex feudo del Colle del Re donato a Castroreale, da quello di Catalimita e S. Andrea, da quello del Gran Priorato di Mi-liù, da quello di Migliardo e da quello di Lando di privata pertinenza.

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Analoga motivazione rivendicano altri possessori i cui mulini insistono sull’ex feudo di Cata-limita donato a Matteo di Serafini dal Re Martino con Privilegio dato a Catania l’anno 1401.

32 ASP, Fondo Direzione Generale dei Rami e Diritti diversi, vol. 1593: Salti d’acqua, Messina 1820-1824. Distretto di Castroreale. Castroreale, Principe della Mola.

33 ASP, Fondo Direzione Generale dei Rami e Diritti diversi, vol. 1595: Salti d’acqua, Messina 1820-1824. Distretto di Castroreale. Mulini dei possessori Nunziato Ravidà, Dome-nico Ravidà, Andrea Pipito, Diego Zangla, Domenico Barresi, il cui padrone diretto è il signor Marchese Moleti.

34 ASP, Fondo Direzione Generale dei Rami e Diritti diversi, vol. 1593: Salti d’acqua, Messina 1820-1824. Distretto di Castroreale. Per quei possessori… (Castroreale).

35 ASP, Fondo Direzione Generale dei Rami e Diritti diversi, vol. 1594: Salti d’acqua, Messina 1820-1824. Distretto di Messina. Per quei possessori... (Santa Lucia).

36 ibidem 37 ibidem 38 Cfr supra nota 7. 39 ASP, Fondo Direzione Generale dei Rami e Diritti diversi, vol. 1594: Salti d’acqua,

Messina 1820-1824. Distretto di Mistretta. Solo gli abitanti di Tusa corrispondono il “salto d’acqua”. Nel volume 1593 è riportato l’atto di vendita.

40 ASP, Fondo Direzione Generale dei Rami e Diritti diversi, vol. 1593: Salti d’acqua, Messina 1820-1824. Distretto di Patti. Atto del Notaio Pietro Cantone di Palermo a favore di Bartolomeo Caccamo con il Tribunale della Gran Corte.

41 ASP, Fondo Direzione Generale dei Rami e Diritti diversi, vol. 1595: Salti d’acqua Messina 1820-1824. Distretto di Mistretta. Atto di vendita della Regia Corte in favore di D. Gregorio Castello.

42 ASP, Fondo Direzione Generale dei Rami e Diritti diversi, vol. 1594: Salti d’acqua Messina 1820-1824. Distretto di Messina. Agli atti della Regia Corte di Luogotenente e nell’Officio dello Spettabile Protonotaro di questo Regno trovasi stipulato un contratto di vendita in persona dell’Illustre D. Tommaso di Filippo Duca delle Grotte.

43 ASP, Fondo Direzione Generale dei Rami e Diritti diversi, vol. 1594: Salti d’acqua Messina 1820-1824. In esecuzione del real dispaccio del 15.12.1793 furono dal supremo tri-bunale del Real Patrimonio e dall’Avvocato Fiscale incaricati li regi segreti e proconservato-ri del regno con replicate lettere circolari del 16 gennaio e 19 agosto 1794, 12 luglio e 7 a-prile 1795 a rimettere distinta nota di tutti li molini del regno situati nei luoghi della ripettiva loro giurisdizione ed intimare li rispettivi possessori de medesimi a fare il rivelo, e presentare le concessioni del salto d’ogni rispettivo loro molino o altra scrittura legittimante il di loro ti-tolo. E’ riportato un elenco, distinto per comune, dei mulini che non avevano legittimato la mancata corresponsione del tributo. Chiamati i possessori dei mulini a produrre un titolo, la documentazione fu esaminata e diede luogo a dispacci di esenzione o a rivendicazioni del di-ritto del salto d’acqua.

44 ibidem; l’elenco dei disertori è riportato in APPENDICE B. 45 ASP, Fondo Direzione Generale dei Rami e Diritti diversi, vol. 1600: Salti d’acqua

Messina 1853-1860. L’Agente del Contenzioso ministeriale di concessione, facendo ricorso alla antica e vigente giurisprudenza in fatto di regalia, è venuto dimostrando come quella dei salti d’acqua è stata mai sempre dovuta al Regio Erario sui molini animati tanto da acque demaliali quanto da acque di privata proprietà imperocchè il salto d’acqua non si paga al Regio Erario stesso come canone per l’uso delle acque, nel qual caso non si dovrebbe pagare per le acque che i privati medesimi possiedono, ma è questo contributo che si corrisponde all’Erario per la concessione di potersi costruire ed attivare molini e che, come ogni altra regalia,

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appartiene al Governo come un compenso alle spese di cura e vigilanza che adopra sui vari oggetti sui quali vengono accordate le prerogative onde proteggere.

46 Ai Padri Gesuiti la Direzione Generale aveva negato il riconoscimento di un privilegio concesso al precedente proprietario, Principe di Cattolica, da Re Martino nel 1396, ribadito poi dal Tribunale del Real Patrimonio con dispaccio del 1797.

47 ASP, Fondo Direzione Generale dei Rami e Diritti diversi, vol. 1593: Salti d’acqua Messina 1820-1824. Distretto di Castroreale; ASP, Fondo Direzione Generale dei Rami e Di-ritti diversi, vol. 1594: Salti d’acqua Messina 1820-1824. Distretto di Messina.

48 Per ciascun distretto, dal censimento condotto nel 1820, possono trarsi le coordinate dei mulini di proprietà dei più eminenti notabili che ottenevano l’esenzione in virtù di privilegi regi: 40 su 113 per Castroreale, 19 su 87 per Mistretta (di 22 non è data la proprietà), 29 su 84 per Patti e 51 su 199 per Messina.

49 Analogamente possono fornirsi i dati relativi al potere ecclesiastico; 14 su 113 per il di-stretto di Castroreale, 3 su 87 per il distretto di Mistretta (di 22 non è data la proprietà), 26 su 84 per il distretto di Patti e 29 su 199 per il distretto di Messina.

50 La concessione per un nuovo mulino veniva rilasciata dalla Real Segreteria del Ministe-ro di Stato sotto rigide condizioni: purché il medesimo non sia attaccato ad altri edifici o ca-se di abitazione; abbia una sola uscita e si assoggetti alle visite dei custodi del R. D. sul ma-cino, salvo il diritto di terzi da espedirsi innanzi le autorità competenti nel caso avessero ra-gioni di opporsi alla costruzione del mulino e allo esercizio del salto e con l’obbligo di paga-re l’annuo censo di onza una per diritto di regalia.

51 Per il periodo 1830-32 si deve fare riferimento al vol. 1596, per 1833-37 al vol. 1597 e per 1838-1842 al vol. 1598 che raccolgono richieste per l’attivazione di nuovi mulini. Successiva-mente il censimento avviato nel 1852 e conclusosi nel 1858 offre nuove indicazioni di contratti stipulati per la concessione di salti d’acqua, ratificati in un nuovo documento di sintesi.

52 ASP, Fondo Direzione Generale dei Rami e Diritti diversi, vol. 1577: Statistica delle macchine idrauliche in Sicilia. Una minuta s.d. riporta un quadro generale dei “salti d’acqua” in ciascuna provincia e per Messina 551 in totale, di cui 105 corrispondono l’annuo diritto e 446 non lo corrispondono; una leggera discordanza rispetto alla stesura definitiva a stampa del 15 dicembre 1852. Nel primo censimento si è rilevata l’assenza di Montalbano.

Nello Stato dei Molini della Provincia di Messina del 1858 ve ne sono registrati 533. 53 ASP, Fondo Direzione Generale dei Rami e Diritti diversi, vol. 1577: Statistica delle

macchine idrauliche in Sicilia. Stato indicante i proprietari de molini siti…: le date dei con-tratti di concessione del “salto d’acqua” riportate risalgono all’Ottocento.

54 ASP, Fondo Direzione Generale dei Rami e Diritti diversi, vol. 1577: Statistica delle macchine idrauliche in Sicilia. Stato indicante i proprietari de molini siti…: nelle osservazioni è detto che fino al 1809 gli abitanti di Novara corrispondevano il diritto per il “salto d’acqua” al Duca d’Angiò e solo da allora al Regio Erario nella stessa misura stabilita in precedenza. Ancora, consultando i volumi 1597-98-99-1600 si sono rintracciati alcuni altri contratti per il diritto del salto d’acqua: del 1838 è la concessione rilasciata ad Alberto Joppolo (05.03.1838) in Contrada dell’Orto della Vizza a Sinagra, del 1840 a Giovanni Mannino (11.05.1840) in Contrada Gebbia Grande a San Piero Patti, del 1843 a Giuseppe Giuttari (28.11.1843) in Con-trada della Croce e a Salvatore Giardina (330.11.1843) in Contrada Zummataro a Patti. Dati asistematici che si distribuiscono sul territorio a macchia di leopardo.

55 Nel vol. 1599 del Fondo Direzione Generale Rami e Diritti diversi, relativo ai salti d’acqua a Messina per il periodo 1843-1951, non ci sono notizie sui contratti indicati in tabella con ***.

56 IRCAC, L’economia siciliana a fine ‘800, Bologna 1988, pp 53-56. 57 Elenco degli opifici e corsi d’acqua industriali, in Ministero di Agricoltura, Industria e

Commercio, Carta Idrogradica d’Italia, Corsi d’acqua della Sicilia, Roma 1909, pp. 118-129.