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LIFE09NAT/IT/000160 ARCTOS PRIMO REPORT DI AVANZAMENTO 30.06.2012 ALLEGATO 3 Relazione tecnica sullo stato attuale della pratica zootecnica nelle aree di presenza dell’orso - Azione A1

ALLEGATO 3 Relazione tecnica sullo stato attuale della ... · Considerato che la presenza dell'orso marsicano è particolarmente incentrata sulle AAPP si è posta particolare attenzione

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LIFE09NAT/IT/000160 ARCTOS

PRIMO REPORT DI AVANZAMENTO

30.06.2012

ALLEGATO 3

Relazione tecnica sullo stato attuale della pratica zootecnica nelle aree di presenza

dell’orso - Azione A1

LIFE 09 NAT/IT/000160 ARCTOS

“Conservazione dell’orso bruno: azioni coordinate per l’areale alpino e appenninico”

Azione A1

“Analisi della pratica zootecnica e sviluppo di indirizzi di gestione per la convivenza con i predatori”

RELAZIONE TECNICA FINALE PER LA PARTE APPENNINICA

Valeria Salvatori, Andrea Galluzzi, Fausto Quattrociocchi, Paolo Ciucci

§

Istituto di Ecologia Applicata

e

Dipartimento di Biologia e Biotecnologie, Università di Roma “La Sapienza”

Febbraio 2012

LIFE 09 NAT/IT/000160 “ARCTOS” - “Conservazione dell’orso bruno: azioni coordinate per l’areale alpino e appenninico”

Azione A1 - “Analisi della pratica zootecnica e sviluppo di indirizzi di gestione per la convivenza con i predatori”

Valeria Salvatori, Andrea Galluzzi, Fausto Quattrociocchi, Paolo Ciucci

Istituto di Ecologia Applicata

e

Dipartimento di Biologia e Biotecnologie, Università di Roma “La Sapienza”

Hanno inoltre collaborato:

Simone Angelucci, Antonio Antonucci

Ente Parco Nazionale della Majella

Umberto Di Nicola Ente Parco Nazionale Gran Sasso e Monti della LagaLeonardo Gentile Servizio Veterinario – Ente Parco Nazionale d’Abruzzo

Lazio e MolisePaola Morini Parco Naturale Regionale Sirente-VelinoMassimo Pellegrini Istituto Abruzzese Aree ProtetteLuciano Sammarone Corpo Forestale dello Stato - CTA Civitella AlfedenaCinzia Sulli Servizio Scientifico – Ente Parco Nazionale d’Abruzzo

Lazio e Molise

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Indice generale

Indice delle Tabelle.................................................................................................................4

Indice delle Figure..................................................................................................................5

ABBREVIAZIONI....................................................................................................................7

Riassunto............................................................................................................................... 8

1. Introduzione..................................................................................................................... 10

2. Area d'indagine................................................................................................................ 13

3. Descrizione dell'approccio d'indagine..............................................................................15

3.1 Normativa vigente..................................................................................................15

3.2 Banche dati del comparto zootecnico................................................................... 17

3.3 Questionari e sopralluoghi in aziende campione.................................................. 21

3.4 Colloqui informali con i dirigenti degli enti parco...................................................23

3.5 Banca dati dei pascoli pubblici con riferimenti geografici......................................24

4. Risultati.............................................................................................................................25

4.1 Normativa ............................................................................................................. 25

4.1.1 Normativa Internazionale e Nazionale.......................................................25

4.1.2 Normativa Regionale................................................................................. 27

4.1.3 Aree Protette.............................................................................................. 28

4.1.4 Normativa Locale.......................................................................................31

4.2 Censimento del comparto zootecnico................................................................... 37

4.3 Indagine sulle pratiche esercitate dagli allevatori.................................................40

4.4 Colloqui informali con i dirigenti degli enti parco...................................................53

5. Discussione......................................................................................................................55

6. Considerazioni gestionali................................................................................................. 58

BIBLIOGRAFIA CITATA....................................................................................................... 61

Allegato I – Questionario usato per interviste agli allevatori................................................63

Allegato II – Guida per colloquio informale con rappresentanti delle AAPP........................69

Allegato III – Analisi SWOT..................................................................................................71

Allegato IV – Commenti ricevuti dai partner per eventuali sviluppi ed integrazioni future. .75

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Indice delle TabelleTabella 1 - Criteri utilizzati per l’assegnazione dei punteggi e la ranghizzazione dei

documenti che regolano l'uso dei pascoli pubblici...............................................................17

Tabella 2 - Aspetti rilevanti per la gestione del comparto zootecnico regolati dalle diverse

parti della normativa attualmente vigente. Per ciascun ambito territoriale e di competenza

vengono indicati i riferimenti specifici alla norma e/o agli articoli a cui fare riferimento. Le

celle vuote indicano che non è presente un riferimento specifico all'aspetto corrispondente

nella normativa esaminata................................................................................................... 31

Tabella 3 - Numero di comuni e autorità preposte alla gestione dei pascoli in ciascuna AP

considerata...........................................................................................................................31

Tabella 4 - Numero di regolamenti pascolo o piano di ripartizione di fida pascolo ricevuti

dagli enti competenti nelle tre aree protette considerate aggiornati tre periodi temporali...32

Tabella 5 - Tassa di fida pascolo espressa in euro. Valore medio (e SD) per l'intera area

d'indagine e per le tre aree protette considerate................................................................. 34

Tabella 6 - I punteggi associati a ciascun comune per le condizioni soddisfatte all'interno

dei documenti forniti. I comuni sono ordinati in ordine decrescente e per area protetta

(colore giallo per PNALM, blu per PNRMS, verde per RNMD) Il punteggio massimo

raggiungibile dal regolamento “ideale” è 35 (cfr. sez. 3.1)...................................................36

Tabella 7 - Estensione delle aree di pascolo nelle AAPP considerate e carico totale del

bestiame, incluso il transumante, nell'intera area. Dati estratti da CORINE Land Cover....39

Tabella 8 - Numero di aziende a conta capi >=1 e numero di interviste condotte in ciascun

ambito, espresso in numero assoluto e in % delle aziende presenti sul territorio...............41

Tabella 9 - Percentuali di allevamenti che utilizzano diversi ricoveri notturni al pascolo (P)

ed in alpeggio (A) nelle tre aree protette in cui si è svolta l'indagine..................................51

Tabella 10 - Percentuali di intervistati ricadenti nelle varie categorie occupazionali nel

PNALM e nel PNRMS..........................................................................................................53

Tabella 11 - Misure previste nei piani di sviluppo rurale che hanno un impatto potenziale

sulla conservazione dell'orso attraverso la loro attuazione nel comparto zootecnico.........59

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Indice delle Figure

Figura 1: Mappa dell'area di indagine indicata con il contorno rosso (modificata dal

fascicolo di candidatura LIFE+). In verde sono rappresentate le maggiori aree protette in

cui è presente l'orso bruno marsicano. RNMD: Riserva Naturale Montagne della

Duchessa; PNRSV: Parco Naturale Regionale Sirente-Velino; PNRMS: Parco Naturale

Regionale dei Monti Simbruini; PNALM: Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise........14

Figura 2: Numero di capi per mandriano indicati nei regolamenti di fida pascolo dei comuni

che hanno fornito tale informazione.....................................................................................33

Figura 3: Tassa di fida pascolo per ciascun comune che ha fornito i dati, per specie di

bestiame allevato................................................................................................................. 34

Figura 4: Numero di allevamenti nei 4 ambiti suddivisi per specie allevata. Gli ambiti

considerati sono il PNALM+ZPE (1300 kmq), il PNRMS (300kmq), il PNRSV (540 kmq) e

la RNMD (35 kmq)............................................................................................................... 37

Figura 5: Numero di allevamenti transumanti nel PNALM e nella RNMD. I transumanti

interni si spostano tra comuni interni alla stessa area protetta, mentre quelli esterni

provengono da comuni all'area protetta in cui effettuano la transumanza.Non sono stati

rilevati allevamenti transumanti che portano il bestiame nell'area del PNRMS..................38

Figura 6: UBA complessiva per specie nelle 4 aree protette considerate. Dati estratti dalla

BDN e BDE. I dati includono gli allevamenti transumanti....................................................39

Figura 7: Tipo di allevamento riportato dagli intervistati nelle tre AAPP considerate..........41

Figura 8: Le percentuali degli intervistati che hanno dichiarato di utilizzare almeno una

misura di prevenzione nell'area della sede operativa dell'allevamento...............................43

Figura 9: Percentuali di misure utilizzate in modo singolo dagli allevatori intervistati nel

PNALM e nel PNRMS. La categoria “Altro” include muli, recinzioni di contenimento, box

per cavalli, ricoveri con tettoia..............................................................................................43

Figura 10: Percentuali delle diverse combinazioni di misure di protezione del bestiame

utilizzate nelle sedi operative nel PNALM e nel PNRMS.....................................................44

Figura 11: La frequenza di uso delle diverse misure di prevenzione nella sede operativa in

cui si è condotto il sopralluogo nell'area del PNALM e del PNRMS....................................44

Figura 12: Percentuale degli allevamenti che portano il bestiame al pascolo per periodi di

tempo diversi, divisi per specie allevata e per area protetta. .............................................45

Figura 13: Numero di allevamenti che utilizzano terreni a diversi titolo. Il 60% e il 96% dei

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rispondenti nel PNALM e nel PNRMS, rispettivamente, utilizzano terreni a diverso titolo

contemporaneamente.......................................................................................................... 47

Figura 14: Le percentuali di allevamenti che conducono il bestiame al pascolo con diverse

modalità, nel PNALM (a sinistra) e nel PNRMS (a destra). Recinto di contenimento:

consente l'ingresso dei predatori al bestiame ma limita i movimenti di quest'ultimo; Recinto

elettrico dissuasivo: rende inaccessibile il bestiame al predatore; Recinto anti-predatore:

rende inaccessibile il bestiame ai predatori. Per una definizione dettagliata delle misure di

protezione cfr. sez. 3.3.........................................................................................................48

Figura 15: Le percentuali di allevamenti che conducono il bestiame in alpeggio con diverse

modalità, nel PNALM (a sinistra) e nel PNRMS (a destra). Recinto di contenimento:

consente l'ingresso dei predatori al bestiame ma limita i movimenti di quest'ultimo; Recinto

elettrico dissuasivo: rende inaccessibile il bestiame al predatore; Recinto anti-predatore:

rende inaccessibile il bestiame ai predatori. Per una definizione dettagliata delle misure di

protezione cfr. sez. 3.3.........................................................................................................49

Figura 16: Misure di prevenzione adottate negli allevamenti quando il bestiame è portato al

pascolo, suddivisa per specie allevata, nel PNALM (a sinistra) e nel PNRMS (a destra).

Deterrenti Passivi: tecniche per disturbare acusticamente o visivamente il predatore;

Recinto elettrico dissuasivo: rende inaccessibile il bestiame al predatore; Recinto anti-

predatore: rende inaccessibile il bestiame ai predatori. Per una definizione dettagliata delle

misure di protezione cfr. sez. 3.3......................................................................................... 50

Figura 17: Misure di prevenzione adottate negli allevamenti quando il bestiame è portato in

alpeggio, suddivisa per specie allevata, nel PNALM (a sinistra) e nel PNRMS (a destra).

Deterrenti Passivi: tecniche per disturbare acusticamente o visivamente il predatore;

Recinto elettrico dissuasivo: rende inaccessibile il bestiame al predatore; Recinto anti-

predatore: rende inaccessibile il bestiame ai predatori. Per una definizione dettagliata delle

misure di protezione cfr. sez. 3.3......................................................................................... 51

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ABBREVIAZIONI

AAPP Aree Protette

AGEA Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura

AP Area Protetta

ARP Agenzia Regionale Parchi

ASBUC Amministrazioni Separata dei Beni di Uso Civico

ASL Azienda Sanitaria Locale

BBCD Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “Charles Darwin”

BCAA Buone Condizioni Agronomiche e Ambientali

BDE Banca Dati Equina

BDN Banca Dati Nazionale

CFS Corpo Forestale dello Stato

CGO Criteri di Gestione Obbligatori

GIS Geographic Information Systems

PAC Politica Agricola Comunitaria

PATOM Piano d'Azione per la Tutela dell'Orso Marsicano

PNALM Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise

PNRMS Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini

PNRSV Parco Regionale Naturale del Sirente-Velino

PSR Piani di Sviluppo Rurale

RNMD Riserva Naturale delle Montagne della Duchessa

RR Regolamento Regionale

SWOT Strengths, Weakenesses, Opportunities, Threats

UBA Unità Bovino Adulto

WWF World Wide Fund for Nature

ZPE Zona di Protezione Esterna

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RiassuntoL'orso bruno marsicano (Ursus arctos marsicanus, Altobello 1921) è presente in un'area circoscritta e limitata all'Appennino centrale. Il nucleo centrale della popolazione si trova stabilmente all'interno del PNALM, ma la presenza di individui erratici è stata rilevata ripetutamente nelle aree protette (AAPP) circostanti, sia in Abruzzo che in altre Regioni confinanti. Gli individui utilizzano zone di connessione tra le aree protette che sono di importanza vitale e la gestione di tali territori è fondamentale per favorire l'espansione di questa ristretta popolazione.Considerato che la presenza dell'orso marsicano è particolarmente incentrata sulle AAPP si è posta particolare attenzione al ruolo delle AAPP nella gestione delle attività antropiche. Infatti, all'interno delle AAPP sono permesse, con regolamentazione specifiche a regime normativo prevalente rispetto a quello ordinario, pressoché tutte le attività che si svolgono al loro esterno, ad eccezione di quella venatoria. Tale approccio non deve però portare a trascurare la gestione dei territori esterni alle AAPP, poiché essi rappresentano l'unica possibilità di mantenere una popolazione non frammentata e isolata nei territori protetti. L'approccio adottato nel presente lavoro tende a focalizzare le attività nelle AAPP facendo assumere il carattere di attività pilota, che possono estendersi anche alle amministrazioni esterne alle AAPP stesse.L'attività zootecnica, riconosciuta come legittima forma di reddito, non solo è permessa all'interno delle AAPP, ma essa è da promuovere e tutelare (L. 394/91 Art.1 com.3b) come patrimonio culturale e al fine di preservare la biodiversità caratteristica degli ambienti agro-silvo-pastorali. Tuttavia, benché essa rappresenti una forma di sviluppo economico delle comunità locali, è necessario che, specialmente all’interno delle AAPP, essa sia ‘compatibile’ (L. 394/91, art.1 com.4) richiedendo quindi una regolamentazione che tenga conto del mandato delle AAPP stesse e dell'impatto che il comparto zootecnico può avere sull'ambiente naturale e le specie selvatiche. All'esterno delle AAPP l'attività zootecnica è da considerarsi alla stregua di altre attività produttive, il cui patrimonio dipende strettamente dalla gestione della risorsa pascolo, che deve necessariamente essere considerata a tutti gli effetti una risorsa economica.Tanto all'interno come all'esterno delle AAPP, l'allevamento estensivo di bestiame deve necessariamente tenere conto della capacità produttiva delle aree di pascolo, considerate spesso in modo poco lungimirante come una fonte inesauribile di risorse a disposizione, senza la necessità di programmare forme di reinvestimento delle risorse stesse ai fini della sostenibilità e compatibilità con gli altri mandati gestionali. Differentemente, la gestione integrata delle aree pascolive all'interno delle AAPP non può prescindere dal concetto di gestione oculata del territorio per usi multipli, e deve comunque privilegiare la conservazione delle risorse naturali (specie e habitat) in modo privilegiato rispetto alle aree non protette. Quanto sopra è vero specialmente per quelle AAPP del centro Appennino che ospitano ancora esemplari della popolazione relitta di orso bruno marsicano, una specie, tra le altre cose, che può soffrire in modo particolare degli effetti negativi di una gestione dell’attività zootecnica poco attenta agli impatti ecosistemici. A tal fine, nell’ambito dell’attività A1 del progetto Life Arctos, si è condotta un'analisi del comparto zootecnico nelle aree del PNALM, PNRMS, PNSV e RNMD per consolidare una base conoscitiva di partenza su cui sviluppare una serie di linee guida per una gestione della zootecnìa più virtuosa e compatibile con la conservazione dell'orso.L'indagine, svolta durante il periodo estivo del 2011, ha messo in luce un comparto zootecnico che è attualmente gestito in modo frazionato e scarsamente in linea con la

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normativa vigente a livello Europeo e Nazionale, oltre a non rispecchiare il mandato di compatibilità previsto all’interno AAPP. Emerge il ruolo fondamentale dei Piani di Sviluppo Rurale (PSR) delle Regioni, che rappresentano un'opportunità di rinnovamento e corretta gestione del territorio, ma purtroppo scarsamente fruito dai diretti interessati, se non nelle misure meno innovative e di puro assistenzialismo, che spesso richiedono l'uso di estese aree di pascolo per potervi accedere. Tali aree vengono cedute in affidamento dagli enti locali talvolta in assenza di procedure di valutazione e controllo, ma essenzialmente con l'obiettivo di soddisfare le richieste avanzate dai singoli operatori del settore. I regolamenti degli enti locali sono spesso non aggiornati e non completamente in linea con quanto richiesto dai PSR. Gli allevamenti sono esclusivamente di tipo estensivo condotti in modo brado e semi-brado. Del resto, differenze nelle modalità di conduzione al pascolo si evidenziano in funzione delle specie allevate, mentre gli allevamenti equini e bovini sono lasciati con maggior frequenza allo stato brado, gli ovi-caprini risultano mediamente più controllati, con la quasi totalità degli allevamenti che adotta misure di guardianìa efficaci sia nei pascoli abituali che in alpeggio. Le misure di prevenzione al danno da fauna selvatica risultano in generale di scarso utilizzo.Su larga scala, i dati statistici ufficiali (ISTAT) rivelano una tendenza alla diminuzione del numero di allevamenti, con particolare flessione negativa per gli allevamenti ovi-caprini, che rappresentano la tipologia di allevamento tradizionalmente tenuta nelle aree appenniniche centrali. Tra gli altri fattori, tale tendenza è strettamente correlata a due aspetti in particolare: 1. il costo minore dell'allevamento bovino che non ha bisogno di costanti elementi di guardianìa; e 2. l'assenza generalizzata di strutture idonee per l'alpeggio in linea con le esigenze di una moderna zootecnìa.Emerge inoltre il profilo estremamente basso delle AAPP indagate per quanto concerne la gestione delle aree di pascolo: le AAPP oggetto dell'indagine infatti non hanno un piano di gestione dei pascoli e dell'attività zootecnica (che farebbe parte del piano di gestione dell'AP, ancora in fase di approvazione), non partecipano alle attività di consulta con le amministrazioni Regionali per la stesura e revisione dei PSR, non possiedono una banca dati aggiornata sulle aree di pascolo e relativi usufruttuari (se non dietro previa specifica richiesta alle amministrazioni competenti), e non sono responsabili del controllo della conformità delle pratiche di conduzione con la normativa vigente. Le AAPP sono però interamente responsabili dell'indennizzo dei danni causati dalla fauna selvatica al patrimonio zootecnico, pur avendo un ruolo irrilevante sulla gestione della pratica zootecnica. Tale paradosso delega alle AAPP un carico economico non indifferente svincolandole del resto dalla possibilitàdi intervenire efficacemente nella gestione a monte del problema.Visto il ruolo chiave che le AAPP giocano nella conservazione della esigua popolazione di orso marsicano, appare evidente che qualsiasi attività che si svolge nel loro territorio e che potrebbe potenzialmente avere un impatto sull'orso stesso va necessariamente regolamentata in maniera stringente e con l'obiettivo di renderla compatibile con la conservazione dell'orso.L’insieme dei punti critici che caratterizzano la gestione della zootecnia nelle AAPP emersi dalla presente indagine sono stati preventivamente discussi e commentati con esperti del settore, e sono stati inoltre strutturati in forma sintetica all’interno di una matrice che faciliterà il confronto decisionale in fase di elaborazione ed attuazione delle linee guida, successivamente da implementare ed eventualmente da portare a regime nell’area di progetto nei restanti anni del progetto Life ARCTOS.

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1. Introduzione

L'orso bruno marsicano (Ursus arctos marsicanus, Altobello 1921), originariamente presente su tutto l'Appennino centrale (Zunino e Herrero, 1972; Carpaneto e Boitani 2003), attualmente ha una distribuzione stimata circoscritta all'area del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise (PNALM), con dati di presenza esclusivamente di natura occasionale in alcune aree dove era originariamente presente (Ciucci e Boitani, 2008). La popolazione non è stata adeguatamente monitorata negli ultimi decenni perciò è molto difficile valutare eventuali tendenze (Gervasi et al., 2008; Ciucci e Boitani 2008), ma l'elevata mortalità registrata negli ultimi anni in seguito alle situazioni di conflittualità con le attività antropiche (Posillico et al., 2002; Ciucci e Boitani, 2010) molto probabilmente ha un impatto negativo sulla popolazione (vedi report attività E3 di stima della popolazione nel 2011). L'area stabilmente occupata dall'orso bruno marsicano è caratterizzata da elevati livelli di antropizzazione, con un totale di 40 centri abitati con sede comunale solo all'interno del PNALM e relativa zona esterna (ZPE, ca. 1.200 km2), ed una densità di popolazione di ca. 0,11 abitanti per km quadrato. L'economia è tipicamente rurale, con una fiorente industria del turismo sviluppatasi negli ultimi quattro decenni.

Tra le attività economiche permesse all'interno delle aree protette italiane (inclusi i parchi nazionali) la pratica della zootecnia è sicuramente una di quelle che hanno un elevato impatto potenziale (e reale, cfr. Latini et al., 2005; Ciucci e Boitani, 2010) sulla conservazione delle specie selvatiche. La pratica zootecnica è radicalmente diffusa nell'Appennino centrale, ed ha storicamente costituito uno dei principali mezzi di sussistenza delle popolazioni locali (Piccioni, 2006). La pastorizia rappresenta un elemento culturale delle aree appenniniche centrali che ha dominato l'uso del territorio fino all'ultimi decenni, in cui il diminuito rendimento economico dell'attività agricola e lo sviluppo delle attività industriali e la riconversione ad attività turistiche ha provocato l'inizio di un processo che vede ad oggi una popolazione agricola di età media avanzata, che prevede scarse prospettive di sviluppo futuro, poiché la popolazione giovanile è attratta da occupazioni alternative (Piccioni, 2006), e un generale decremento delle aziende di piccole dimensioni (ISTAT, 2001, 2011). Nonostante l'attività zootecnica stia perdendo importanza nell'economia regionale, essa rappresenta ancora una delle attività economiche più rilevanti a livello locale, ed in alcuni casi è l'unica fonte di sostentamento familiare. Si registra peraltro una profonda modifica dell'attività zootecnica con una forte diminuzione del numero di capi e di aziende ad allevamento ovicaprino, accompagnato da un andamento più o meno costante del numero di aziende e un leggero decremento del numero di capi per quel che concerne l'allevamento bovino, e un netto aumento di aziende e di capi equini allevati (ISTAT, 2001, 2011). Tali modifiche del tipo di allevamenti condotti si riflettono nelle pratiche di gestione del bestiame e nella perdita dell'identità culturale tipica delle zone montuose dell'appennino centrale.Nel rispetto delle necessità economiche e delle tradizioni culturali, nonché della normativa vigente, che permette l'esercizio della pastorizia all'interno delle aree protette, la zootecnìa è condotta con varie modalità e, all'interno di territori vocati alla conservazione dell'ambiente naturale (quali le aree protette), deve necessariamente essere sviluppata nel pieno rispetto delle politiche di gestione tese alla conservazione delle specie e degli

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habitat (L.N. 394/91, art. 1, com.4). La conduzione al pascolo di animali domestici, infatti, può avere un impatto diretto sulla produzione trofica dell'ecosistema, rappresentando un fattore di competizione con selvatici erbivori. Inoltre, la presenza di bestiame in aree particolarmente critiche per la sopravvivenza di specie considerate di elevato interesse conservazionistico, come l'orso bruno marsicano e il camoscio appenninico nel PNALM ed aree adiacenti, può rappresentare elemento di competizione per le risorse trofiche. Il bestiame domestico, infine può essere vettore di patologie, può costituire elemento di disturbo nel caso sia accompagnato da cani da guardianìa e/o da pastori, e può costituire fonte di conflitto, nel caso di contatti diretti con l'orso (con esiti negativi per il bestiame). Tale interazione può avere degli effetti devastanti sulla popolazione di orso poiché, sebbene l'amministrazione del parco sia disposta a rimborsare le perdite subìte dagli allevatori, tale politica di gestione non ha in passato evitato il verificarsi di eventi di bracconaggio (Latini et al., 2005).

La problematica della compatibilità delle attività zootecniche con la conservazione dell'orso, e dei grandi carnivori in generale, è stata oggetto di un'indagine condotta nel 2008-2009 da BBCD, WWF e CFS nell'ambito del PATOM (AAVV, 2009) e con il supporto della Regione Abruzzo (Ciucci e Boitani, 2010). Lo studio rappresenta una prima fondamentale base di partenza per l'analisi della pratica zootecnica, poiché mette in luce fondamentali aspetti che rendono tale esercizio attualmente incompatibile con la conservazione dell'orso bruno marsicano. Il lavoro prevedeva un'analisi della pratica zootecnica nel PNALM e ZPE, con analisi preliminare dell'interazione tra la zootecnia e la conservazione dell'orso e una preliminare valutazione teorica del rischio sanitario, ed una quantificazione della consistenza degli allevamenti all'interno dell'area indicata. Gli autori mettono in evidenza una generale tendenza all'aumento degli allevamenti bovini rispetto agli ovini, che hanno tradizionalmente caratterizzato le aree abruzzesi (Monti, 2010). Inoltre, nello svolgere lo studio, si sono riportate notevoli difficoltà nel reperimento dei dati sul carico zootecnico e sulla presenza degli allevatori all'interno dei territori di competenza delle autorità locali (Galluzzi et al., 2010). In linea generale, il lavoro mette in evidenza una situazione conflittuale inasprita da una serie di fattori (tra cui la modifica delle tecniche di allevamento tradizionali) che non riescono ad essere mitigate dalle attuali politiche di gestione della zootecnìa (spesso messe in atto parzialmente e limitatamente al mero indennizzo dei danni causati dai predatori). D'altro canto la elevata densità di grandi carnivori presenti nel PNALM e ZPE determinano elevati tassi di rischio di conflitto che, se non gestito in modo adeguato ed integrato, risulta in attività di rappresaglia ad elevato rischio di sopravvivenza per gli esemplari di orso e/o di lupo. Da tale studio è emersa la necessità di arricchire ed approfondire la raccolta dati, scendendo ad un dettaglio maggiore a livello locale e diversificando le fonti dei dati, nonché di ampliare l'area di indagine alle altre aree protette presenti all'interno dell'areale dell'orso bruno marsicano al fine di descrivere in maniera accurata il sistema attuale di gestione della pratica zootecnica e la considerazione che tali tecniche hanno della conservazione dell'orso. Emerge inoltre evidente l'esigenza di dotare gli enti preposti al controllo del rispetto della normativa vigente di strumenti che consentano l'immediata e dettagliata conoscenza delle singole attività presenti sul territorio stesso.

Alla luce dei cambiamenti drastici e continui a cui è sottoposta la pratica zootecnica tradizionale, la presenza e la tutela dei grandi carnivori, e dell'orso marsicano in particolare, sembra non essere più garantita, e le pratiche di indennizzo danni non appaiono strumenti sufficienti a mitigare il conflitto tra zootecnìa e presenza ad elevate

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densità di grandi carnivori. Inoltre, la scarsa gestione dell'esercizio zootecnico può comportare rischi sanitari ad oggi ampiamente sottovalutati (vedi relazione azione A2). Al fine di fornire un documento che costituisse la base su cui elaborare le linee guida per una gestione ottimale della zootecnia compatibilmente con la conservazione dell'orso marsicano, è opportuno caratterizzare e possibilmente quantificare la (dis)funzionalità della situazione attuale, descrivere accuratamente il sistema vigente e il rispetto delle norme previste. Con l'obiettivo di fornire un quadro esaustivo della situazione attuale per quanto concerne la pratica zootecnica nell'areale di distribuzione dell'orso bruno marsicano e di contribuire all'ottimizzazione delle pratiche di gestione, l'Istituto di Ecologia Applicata, con il coordinamento di BBCD, nell'ambito del progetto LIFE ARCTOS, ha svolto l'analisi dei dati raccolti nel corso dei un' indagine cognitiva con i seguenti obiettivi intermedi:

1. fornire una panoramica di dettaglio sul quadro normativo che regola la pratica zootecnica nella porzione appenninica dell'area di svolgimento del progetto LIFE ARCTOS, a livello nazionale, regionale e locale;

2. compilare una banca dati aggiornata degli allevamenti presenti in tale porzione dell'area di progetto, distinguendo gli allevamenti per specie e per tipologia (stanziali e transumanti), e compilandone la consistenza del bestiame;

3. verificare, tramite sopralluoghi sul campo, lo stato di conduzione del bestiame in un campione equivalente al 10% degli allevamenti presenti nell'area d'indagine, caratterizzando gli allevamenti in termini di modalità di conduzione e gestione del bestiame, fornendo una caratterizzazione socio-economica degli stessi, verificando la congruità delle modalità di pascolo con le normative esaminate al punto 1.

In seguito a potenziale sovrapposizione delle attività previste nell'ambito progetto LIFE ARCTOS e il progetto LIFE COORNATA (LIFE 09/NAT/IT/183), di cui il Parco Nazionale della Majella è il beneficiario coordinatore e il PNR Sirente-Velino (PNRSV) è partner, la CE ha dato indicazioni di non condurre sopralluoghi nelle aziende e nei comuni in cui si stessero raccogliendo informazioni nell'ambito del COORNATA (com. CE 01/07/2011). Non avendo a disposizione una lista delle aree in cui il PNRSV stesse svolgendo le attività di indagine del comparto zootecnico, il capofila di ARCTOS ha quindi inviato comunicazione al BBCD di procedere all'esclusione di tale territorio dalle attività di raccolta dati sul campo per quanto concerne la relazione, richiedendo contestualmente al personale del PNRSV di mettere a disposizione i dati raccolti rilevanti per l'indagine presente; tuttavia, non essendo pervenuti tali dati alla data della stesura della presente relazione (gennaio 2012), questi non sono stati in essa contemplati. Il territorio del PNRSV è stato comunque incluso durante lo svolgimento delle attività di censimento degli allevamenti mediante consultazione delle banche dati nazionali (cfr. sez. 3.2), in quanto quest’attività esula da quelle indicate nella comunicazione della CE come potenzialmente in conflitto con il progetto COORNATA.La presente relazione riporta i risultati dell'indagine e introduce una valutazione sul rischio che tali pratiche zootecniche, come attualmente condotte, possano comportare per la sopravvivenza e la tutela della popolazione relitta di orso bruno marsicano. A completamento di tale indagine, e come sua naturale sintesi operativa, verranno compilate linee guida per l'attuazione di pratiche zootecniche che siano compatibili con la conservazione a lungo termine del plantigrado; a tal fine, in calce alla presente relazione, viene presentata in forma sintetica una matrice decisionale (matrice SWOT) di supporto per la futura condivisione e sviluppo delle linee guida.

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2. Area d'indagine

L'area oggetto dell'indagine comprende le aree protette (AAPP) presenti all'interno dell'areale dell'orso bruno marsicano: il Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise (PNALM), il Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini (PNRMS), il Parco Naturale Regionale del Sirente-Velino (PNRSV) e la Riserva Naturale delle Montagne della Duchessa (RNMD). Le attività di raccolta dati, previste per il periodo maggio-agosto 2011, sono state pianificate per coprire le quattro aree protette. In seguito a comunicazione ricevuta dalla Commissione Europea (CE) in merito ad una potenziale sovrapposizione delle attività di raccolta dati con attività incluse nell'ambito del progetto LIFE Coornata, l'area del PNRSV è stata esclusa. Benché a nostro avviso le informazioni raccolte dai due progetti fossero sostanzialmente differenti, la tempistica dello svolgimento dell'attività e del rapporto di comunicazione con la CE non ha permesso l'identificazione di una soluzione alternativa: non esiste altra area protetta all'interno dell'areale dell'orso bruno che non sia già stata coperta dalle attività di raccolta dati; la tempistica per lo svolgimento dell'azione era già stata programmata, inclusa la durata dei contratti per i collaboratori che sarebbero stati incaricati di raccogliere i dati. Si è comunque richiesto ufficialmente alla Regione Abruzzo e all'Ente PNRSV di fornire i dati raccolti nell'ambito del progetto Coornata per eventualmente includerli nell'analisi. Ad oggi tali dati non sono pervenuti. Le analisi sono perciò state condotte includendo il PNRSV ove i dati necessari fossero reperibili senza necessità di sopralluogo (cioè per la banca dati zootecnica).

Il Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise – Istituito nel 1923, ha attualmente un'estensione di circa 510 kmq. Attigua al perimetro dell'area protetta è una zona di protezione esterna (ZPE) di ca. 800 kmq, a regime regolamentato per quel che concerne l'attività venatoria. All'interno dell'area la presenza dell'orso è sempre stata rilevata (Zunino e Herrero, 1972; Febbo e Pellegrini, 1990; Ciucci e Boitani, 2008), e rappresenta l'ultimo nucleo di una popolazione relitta geneticamente isolata da altre popolazioni di orso bruno in Europa (Randi et al., 1994). La superficie del parco comprende 3 amministrazioni provinciali e tre regioni.

Il Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini – Istituito nel 1983, ha un'estensione di ca. 300 kmq. Si estende a nord est di Roma, interamente nella regione Lazio, e a nord-ovest del PNALM. Nell'area la presenza dell'orso è considerata marginale, sebbene sia stata costantemente riportata negli ultimi decenni (Boscagli et al., 1995; ARP, 2008). L'area è caratterizzata da valori di densità, frequenza e continuità temporale di presenza mediamente inferiori a quelli registrati nell'areale di presenza stabile (ARP, 2008). Dal 2008 al 2011 nell'area del PNRMS è stata rilevata la presenza di orso in almeno 10 occasioni (I. Pizzol, ARP, com. pers.). La superficie del parco comprende 2 amministrazioni provinciali.

Il Parco Naturale Regionale del Sirente-Velino – Istituito nel 1989, ha un'estensione di ca. 540 kmq. A nord del PNALM, è compreso nel territorio della Regione Abruzzo. Nell’area del Parco Sirente-Velino è stata stimata una presenza stabile di circa 3-5 individui pari a circa il 5-10% della popolazione presente nell’intero areale di distribuzione. Il comprensorio del PNRSV costituisce non solo un'area di transito e di alimentazione per individui provenienti dal PNALM, ma sono stati riportati eventi di riproduzione che portano a considerare l'area come importante sito di rifugio, letargo e riproduzione (Ente Parco

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Regionale Sirente Velino, 2007).

La Riserva Naturale Regionale delle Montagne della Duchessa – Istituita nel 1990, ha un'estensione di ca. 35 kmq. interamente nel territorio del Comune di Borgorose, in Provincia di Rieti. Il confine orientale dell'area protetta coincide con quello regionale e sovrapponendosi a quello del PNRSV. Dal 2008 al 2011 è stata rilevata la presenza di orso in almeno 14 occasioni (I. Pizzol, ARP, com. pers.).

Figura 1: Mappa dell'area di indagine indicata con il contorno rosso (modificata dal fascicolo di candidatura LIFE+). In verde sono rappresentate le maggiori aree protette in cui è presente l'orso bruno marsicano. RNMD: Riserva Naturale Montagne della Duchessa; PNRSV: Parco Naturale Regionale Sirente-Velino; PNRMS: Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini; PNALM: Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise.

Le aree protette sopra descritte sono tutte incluse nell'areale attuale e potenziale dell'orso bruno marsicano (Falcucci et al., 2009) e rappresentano l'area in cui si svolgono le attività nell'ambito del progetto LIFE ARCTOS.La pratica zootecnica nelle aree protette è permessa, e regolata dalla stessa normativa vigente all'esterno delle stesse, che sarà illustrata nella sezione 4.1. E' interessante sottolineare che l'esercizio della pratica pastorizia ha radici estremamente profonde nell'Appennino centrale, poiché essa rappresentava la principale fonte di sostentamento nel secolo IX, mentre è divenuta economicamente meno redditizia nel corso del XX secolo (Piccioni, 2006; Picchi e Ravaglia, 2006). Benché la popolazione agricola sia diminuita nell'ultima metà del secolo scorso, la zootecnìa rappresenta comunque una delle attività economiche dell'area che merita un'analisi particolare in relazione alla potenziale interazione con le attività di conservazione dell'orso (Piccioni, 2006; ISTAT, 2001; 2011).

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3. Descrizione dell'approccio d'indagine

L'indagine si è svolta raccogliendo informazioni di diversa natura e rispondendo alle esigenze poste dagli obiettivi dell'azione stessa. In particolare si sono raccolti e successivamente analizzati dati sui seguenti aspetti:

1. Normativa vigente;2. Censimento allevamenti presenti nell'area di indagine;3. Sopralluoghi in aziende campione e verifica della congruità delle modalità di

conduzione del bestiame con la normativa vigente.Nelle seguenti sezioni per ciascuna attività o aspetto trattato vengono specificate le modalità di raccolta dati, le informazioni recuperate e i criteri di quantificazione ed analisi utilizzati ai fini della presente indagine.

3.1 Normativa vigente

Sono state recuperate e catalogate le principali normative direttamente o indirettamente legate all’esercizio zootecnico, in particolare questo a due livelli di risoluzione spaziale: 1) su ampia scala (Europea, Nazionale e Regionale), attraverso la consultazione dei siti web delle fonti giuridiche ufficiali e delle associazioni di categoria; 2) su scala locale, mediante visita presso gli uffici dei comuni nell'area d'indagine (PNRVS escluso). L'attività pascoliva nelle aree di proprietà pubblica infatti sono soggette ad uso civico, ed i comuni sono delegati alla gestione di tali aree pubbliche mediante apposito regolamento. I regolamenti comunali di fida pascolo sono stati raccolti mediante visita agli uffici comunali. Vale la pena riportare le difficoltà incontrate nella raccolta di tale documentazione, sebbene essa sia di carattere pubblico. Ottenere copia cartacea o elettronica dei regolamenti di fida pascolo ha richiesto numerose visite e contatti presso le amministrazioni che nella maggior parte dei casi non hanno mostrato efficienza e solerzia nel fornire la documentazione richiesta.Al fine di condurre un'analisi che mettesse in evidenza gli aspetti dell'attività zootecnica potenzialmente in conflitto con la conservazione dell'orso, sono stati presi in considerazione alcuni degli aspetti inclusi nei regolamenti pascolo, rilevanti allo scopo di questa indagine. In particolare si è proceduto a confrontare la presenza o meno di predisposizioni che contemplassero:

- un organo di applicazione e controllo preposto, al fine di valutare la possibilità di garantire un meccanismo oggettivo e che possa permettere agli enti gestori delle AAPP di avere un ruolo nella selezione delle domande di fida pascolo;

- presenza di elementi di custodia e/o guardianìa (pastori, cani, strutture di protezione), al fine di valutare la possibilità di istituire obbligatoriamente delle misure che contribuiscano alla prevenzione del danno;

- la rotazione dei pascoli, al fine di evitare il sovrappascolo che impoverisce la produttività pascoliva e assicurare l'intervento di guardiani e mandriani nella fase di rotazione;

- l'ammissione di residenti fuori dal territorio comunale, al fine di valutare la presenza di individui tradizionalmente legati al territorio e la possibilità di disincentivare l'accesso ad allevamenti che non conoscono il territorio e hanno scarsa coscienza della presenza di predatori;

- le indicazioni sull'UBA ammessa, al fine di valutare il rispetto della normativa comunitaria, e di valutare la possibilità di controllo;

- il prezzo della fida, al fine di valutare la possibilità di utilizzare le risorse per la gestione del pascolo stesso.

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Infine si è posta anche l'attenzione sulla data della documentazione fornita, al fine di valutare la necessità di aggiornamenti.

Tali elementi sono considerati come minimi per assicurare una gestione dei pascoli che permetta l'integrazione di attività tese alla conservazione dell'orso. Infatti, la presenza dell'orso è particolarmente incentrata nei territori delle AAPP (Falcucci et al., 2009) e non è sicuramente auspicabile che i singoli comuni afferenti alla stessa AP abbiano regolamenti con differenze significative o non aggiornati allo stesso arco di intervallo temporale non maggiore di 5 anni, o comunque non nell'arco di tempo coperto dal più recente piano di sviluppo rurale (PSR). Le AAPP inoltre dovrebbero avere un ruolo nella gestione dei pascoli, che potrebbe essere almeno consultivo, a valle di una lista preliminare di pascoli affidati agli affidatari che ne hanno inoltrato richiesta, considerando il lavoro di monitoraggio della presenza e consistenza della popolazione di orso.Considerato un insieme di criteri che sono particolarmente rilevanti per la conservazione dell'orso e che garantiscono il rispetto della normativa vigente a livello Europeo, Nazionale e Regionale, si è proceduto a stabilire delle condizioni che fossero coerenti con la conservazione dell'orso e che, se tutte soddisfatte, costituissero un “regolamento ideale”. Nell'ottica di valutare la difformità dei regolamenti di fida pascolo attualmente disponibili con il regolamento ideale, si è stabilita una ranghizzazione, associando dei punteggi ai diversi regolamenti stabilendo a priori una serie di condizioni coerenti con una pratica della zootecnìa compatibile con la presenza e la conservazione dell'orso.Facendo riferimento ad un ipotetico regolamento ideale, si sono stabiliti i seguenti criteri:

1. piano comunale di gestione dei pascoli (previsto dalla normativa regionale);2. carico (previsto dalla normativa regionale e comunitaria);3. rotazione dei pascoli (previsto nell'ambito del piano di gestione dei pascoli);4. custodia, protezione e/o guardianìa (previsto dalla normativa comunitaria e

comunque necessario per minimizzare la probabilità di conflitti che scaturiscono dai danni inflitti alla zootecnia dai carnivori);

5. accesso ai non residenti (al fine di incentivare l'uso locale a persone che conoscono il territorio e hanno culturalmente un elevato rispetto del patrimonio naturale locale);

6. presenza di organo di controllo che valuti le domande e garantisca l'applicazione del regolamento (al fine di facilitare l'integrazione dei diversi aspetti della normativa vigente);

7. aggiornamento (al fine di produrre regolamenti coerenti con la normativa regionale, in particolare con i PSR);

8. tassa di fida (al fine di assicurare i mezzi finanziari per una corretta gestione dei pascoli).

Per ciascuno di questi criteri si è stabilito un punteggio massimo a seconda delle possibili condizioni in cui essi fossero inclusi nei diversi regolamenti. L'intervallo dei valori associati a ciascun criterio segue una logica generale che prevede un punteggio (Tabella 1):

- di valore 0 nel caso il criterio non venga contemplato;- di valore minimo nel caso il criterio sia contemplato ma nelle modalità meno coerenti

con la conservazione dell'orso;- valore massimo nel caso il criterio sia contemplato nelle modalità più coerenti con la

conservazione dell'orso e che più si avvicina al regolamento ideale.

Il regolamento ideale è rappresentato da un punteggio di 35.

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Ciascuno dei regolamenti esaminati è stato associato ad un punteggio in base al rispetto dei criteri sopraelencati, nelle modalità riportate in Tabella 1.

Criterio Modalità di attuazione e punteggio associato

Piano gestione pascoli

Aggiornato e completo = 6

Fa riferimento a normativa vigente = 4

Generale = 2 Inesistente = 0

Indicazione carico

Dettagliato per singola particella e aggiornato = 6

Fa riferimento a normativa vigente = 4

Generale = 2 Inesistente = 0

Rotazione pascoli

Dettagliato per singola particella e aggiornato = 6

Fa riferimento a normativa vigente = 4

Generale = 2 Inesistente = 0

Guardianìa e protezione

Indica numero capi/guardiano e capi/cane e/o indica tipologia di recinzioni = 5

Indica numero capi/guardiano o tipo di recinzione = 3

Generale = 1 Niente = 0

Condizionalità di accesso e tassa

Indica tassa e condizionalità = 4

Indica tassa o condizionalità = 2

Indica sì/no = 1

Niente = 0

Organo di controllo

Commissione che include corpo sorveglianza e AAPP = 3

Commissione include corpo di sorveglianza = 2

Sindaco = 1 Niente = 0

Aggiornamento Posteriore al 2007 = 3

Tra il 2000 e il 2007 = 2

Tra il 1970 e il 1999 = 1

Anteriore al 1970 = 0

Tassa di fida Presente ed adeguata al costo della vita attuale = 2

Presente e obsoleta = 1

Non presente = 0

Tabella 1 - Criteri utilizzati per l’assegnazione dei punteggi e la ranghizzazione dei documenti che regolano l'uso dei pascoli pubblici.

3.2 Banche dati del comparto zootecnico

L’allestimento di Banche dati sul comparto zootecnico, ha lo scopo sia di facilitare una valutazione più accurata delle implicazioni della presenza dei predatori selvatici, sia di inquadrare oggettivamente il contesto sociale ed economico all’interno del quale vanno trovate soluzioni gestionali e di mitigazione innovative per la conservazione dell’orso. Al fine di una corretta gestione è necessario innanzitutto conoscere la consistenza e la tipologia degli allevamenti, nonché gli aspetti economici e gestionali che caratterizzano il comparto; ciò, ai fini della conservazione dell’orso, è necessario per meglio individuare punti di forza e di criticità del sistema gestionale attuale.

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In questa prospettiva nell’ambito del azione A1 del progetto LIFE ARCTOS sono state prodotte: 1) una banca dati delle aziende-allevamenti stanziali; 2) una banca dati delle aziende-allevamenti transumanti.

Nel presente lavoro abbiamo utilizzato le seguenti definizioni:

− Aziende, in linea con quanto stabilito in materia d’anagrafe zootecnica, si intende per azienda qualsiasi stabilimento, costruzione e, nel caso di una fattoria all'aperto, qualsiasi luogo in cui sono tenuti, allevati o governati animali. Ciascun azienda è identificata in modo univoco da un codice d’azienda.

− Allevamento: individuo o gruppo d’individui della stessa specie domestica (bovini, equini, ovini, caprini e suini) allevato in un azienda;

− Stanziale: sono stati considerati stanziali quelle azienda (e i relativi allevamenti) la cui sede operativa ricade nel comune in cui viene esercitata l’attività zootecnica;

− Transumante: sono stati considerati transumanti quegli allevamenti che trasferiscono stagionalmente i capi di bestiame dal comune in cui ricade la sede operativa ad un altro comune.

3.2.1. Banca dati del comparto zootecnico stanziale.

Le informazioni relative alle aziende allevamenti-stanziali sono state estratte dall’archivio digitale della BDN, considerando tutti gli allevamenti di bovini, equini, ovini, caprini e suini aperti alla data di maggio 2011. La scelta di utilizzare la BDN come unica fonte per reperire informazioni sulle aziende stanziali è stata motivata dalle indicazioni emerse in un precedente studio condotto a livello del PNALM (Galluzzi et al., 2010). Ai fini della presente relazione ci si limiterà a ricordare che le informazioni contenute nella BDN possono riportare errori dipendenti da fattori difficilmente valutabili, quali:

- eventuali discrepanze tra il numero di capi dichiarato ed effettivo, se non sottoposto a controllo sistematico dai servizi veterinari;

- errore umano di inserimento dati;- effettiva efficienza dei controlli e registrazione di eventuali illeciti riscontrati.

Nell’acquisizione dei dati abbiamo considerato tutti i comuni ricadenti del tutto o in parte nelle 4 aree protette interessate dal progetto (PNALM e ZPE, PNVS, PNRMS, RNMD), cosi come desunti da analisi cartografica su base GIS.La banca dati zootecnia è stata quindi strutturata in forma di fogli elettronici (file Microsoft Excel), uno per categoria domestica allevate (bovini, equini, ovi-caprini, suini), dove ad ogni elemento riga corrisponde un allevamento, con le aziende che allevano più di una specie riportate in più righe1. Nelle seguenti sezioni vengono riportati i principali campi contemplati in banca dati, con informazioni validate2 in BDN, e quindi considerate complete dagli operatori dell’IZS:

a) Denominazione Asl, dipartimento ASL del Distretto in questione (vedi sotto);

1 Le stesse aziende sono riconoscibili attraverso il campo “codice azienda”.2 procedimento operativo al termine del quale il dato è accettato e registrato nella Banca dati nazionale.

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b) Distretto, distretto del Servizio Veterinario ASL territorialmente competente per (a) la profilassi sanitaria dei capi di bestiame dell’allevamento, e (b) l’assegnazione del codice d’azienda all’allevatore;

c) Comune, Comune entro i cui confini amministrativi è ubicata l’azienda;d) Codice d’azienda, codice identificativo dell’azienda, così come assegnato dai

Servizi Veterinari ASL;e) Denominazione dell’allevamento, nome e cognome della persona fisica o giuridica

con cui viene denominato l’allevamento;f) Detentore, persona fisica o giuridica responsabile degli animali detenuti in

allevamento;g) Proprietario, persona fisica o giuridica responsabile degli animali detenuti in

allevamento;h) Delegato, servizio veterinario territorialmente competente, od organismo3

individuato dal detentore, per l'adempimento della registrazione delle informazioni in BDN. Se il detentore provvede direttamente all’adempimento può non risultare specificato;

i) Data d’inizio attività, Data di avvio dell’esercizio zootecnico di cui all’allevamento in questione

j) Indirizzo azienda, Indirizzo o località in cui è ubicata l’azienda;k) Orientamento produttivo, Finalità produttive dell’allevamento (ad es.: latte, carne,

riproduzione, maneggio);l) Totale capi, la consistenza dei capi in allevamento secondo quanto previsto dalle

normative comunitarie e nazionali in materia di anagrafe zootecnica. Dal momento che la consistenza numerica degli equini non è riportata in BDN il campo, nel caso dei cavalli è da considerarsi non compilato.

3.2.2. Banca dati delle aziende-allevamenti transumanti.

Tra i mesi di giugno e luglio del 2011, al fine di acquisire informazioni sulle movimentazione dei capi in entrata o all’interno delle aree protette considerate nell’ambito dell’azione A1, sono stati richiesti presso i comuni i mod. 6 e 7 (Galluzzi et al. 2010).Tali documenti accompagnano per legge (DPR 320) la movimentazione del bestiame (modello 6), certificandone al contempo l’indennità sanitaria (modello 7). Dal momento che la tempistica delle attività ha permesso il reperimento dei mod. 6 e 7 solo fino al mese di luglio, è però impossibile escludere che ulteriori richieste siano pervenute ai comuni interessati prima della fine della stagione di pascolo estiva.Dalla documentazione cartacea le informazioni sono state inserite in un foglio elettronico (file Microsoft Excel). Anche la banca dati degli allevamenti transumanti è stata strutturata in modo tale che ad ogni elemento riga corrisponde un allevamento. Per ciascun allevamento sono stati riportati i seguenti campi d’informazione:

a) Data di riferimento, mese/anno in cui sono state recuperate le informazioni;b) Ambito, area protetta in cui ricade il comune presso il quale sono state recuperate

le informazioni;c) Codice: codice d’azienda cosi come riportato nei mod. 6 e 7;d) Fonte, tipo di certificato dal quale è stata desunto l’informazione (mod. 6, mod. 7, o

entrambi);

3 di cui all'art. 4 del D.L. 188 del 15 giugno 2000, e dei veterinari riconosciuti ai sensi dell'art. 1, lettera s), del D.L. 196 del 22 maggio 1999, nonché dell'Associazione Italiana Allevatori e delle associazioni ad essa aderenti.

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e) Azienda, nome e cognome dell’allevatore proprietario dell’azienda-allevamento;f) Asl, dipartimento Asl territorialmente competente che ha rilasciato il certificato

originario;g) Distretto Asl, distretto della Asl territorialmente competente che ha rilasciato il

certificato originario;h) Regione di provenienza, Regione in cui ricade la sede operativa dell’allevamento;i) Provincia di provenienza, Provincia in cui ricade la sede operativa dell’allevamento;j) Comune di provenienza, Comune in cui ricade la sede operativa dell’allevamento;k) Movimentazione, se interna l’azienda trasferisce i capi tra due comuni entrambi

ricadenti nello stesso ambito (area protetta) se esterna l’azienda trasferisce i capi da un comune esterno all’area protetta ad uno interno;

l) Indirizzo azienda, se riportato viene indicato viene specificato l’indirizzo della sede operativa dell’azienda;

m) Regione di destinazione: Regione nella quale viene trasferito in entrata il bestiame;n) Provincia di destinazione, Provincia nella quale viene trasferito in entrata il

bestiame;o) Comune di destinazione, Comune nel quale vengono trasferito in entrata il

bestiame. Il comune è quello in cui sono stati acquisiti i mod. 6 e 7;p) Specie: specie allevata alla quale si riferiscono le informazioni;q) Capi al pascolo, numero di capi movimentati.

In chiave gestionale è opportuno ricordare che, essendo la transumanza un fenomeno stagionale, tali informazioni dovrebbero essere aggiornate di anno in anno.

A partire dalla banche dati sono state prodotte, ai fini dell’azione A1, delle statistiche di sintesi per ambito comunale ed amministrativo rispetto: a) al numero e alla densità di aziende-allevamenti presenti sul territorio; b) alla consistenza numerica e alla densità dei capi di bestiame. A tal fine, dal momento che la risoluzione dei dati d’origine è su base comunale, per ciascun comune abbiamo calcolato in ambiente GIS (ArcGIS, v. 9.2) la superficie ricadente in ciascun ambito gestionale (es. area protetta), o al di fuori dell’area di studio, utilizzando le coperture geografiche fornite dal Ministero dell'Ambiente, e della tutela del Territorio e del Mare all'Università di Roma. Nel caso di territori comunali inclusi totalmente all’interno dell’area di studio o ricadenti in un unico ambito amministrativo l’attribuzione di aziende (allevamenti e capi) al rispettivo livello di risoluzione spaziale di sintesi è stato ovviamente immediato; d’altra parte, per i comuni ricadenti in più di un ambito (ad esempio, attraverso il confine di un’area protetta) l’assegnazione è stata effettuata: (a) sulla base delle coordinate geografiche della sede operativa delle aziende, laddove è stato possibile risalire a tale informazione; oppure (b) assegnando le aziende proporzionalmente alla porzione di superficie comunale all’interno di ciascun ambito amministrativo, assumendo che le aziende (allevamenti e capi) fossero distribuite omogeneamente sul territorio. Tuttavia, per ridurre al minimo la variabilità del metodo di assegnazione, consultando direttamente la BDN e avvalendosi della collaborazione sia del CFS-CTA che del personale di alcuni enti gestori locali (Ente parco dei Simbruini, Riserva della duchessa), si è cercato di reperire il maggior numero possibile di informazioni sulla localizzazione delle sedi operativa (coordinate geografiche o assegnazione su indicazione). Attraverso questo sforzo, l’allocazione proporzionale è stata effettuata solo per 178 allevamenti per i quali non è stato impossibile ottenere indicazioni sull'ubicazione della sede operativa. Dal momento che alla data del nostro censimento l’anagrafe degli equini è risultata attivata in modalità provvisoria (Cir. n. 1 del 14.5.2007) al fine di ottenere comunque informazioni

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di minima sulla consistenza degli allevamenti di equini, per gli allevamenti di cavalli ricadenti con la sede operativa all’interno delle aree protette considerate, si è proceduto alla consultazione della Banca Dati Equina (BDE). La BDE, gestita dall'Unione Nazionale Incremento Razze Equine (UNIRE), che rappresenta l'unica fonte ufficiale disponibile circa la consistenza numerica dei capi (anche se limitata ai cavalli di razza, poiché non include i meticci). I dati estratti dalla BDE sono stati acquisiti e forniti dal Servizio Veterinario del PNALM, detentore di password necessaria per accedervi. Al fine di stimare la densità di aziende presenti sul territorio si è considerata l'estensione delle aree protette come estrapolata dai dati geografici forniti dal MATTM. Utilizzando il CORINE land cover livello 3 e 4 sono state considerate le seguenti classi:Codice LIV 3 Descrizione codice LIV 4 descrizione

3.2.1 Aree a pascolo naturale e praterie 3.2.1.1 Praterie continue

3.2.1.2 Praterie discontinue

L'estensione cumulativa delle classi considerate è stata utilizzata per stimare la densità di UBA minima presente sui territori pascolivi dell'area d'indagine. Va comunque precisato che tale stima è puramente indicativa poiché i dati del CORINE land cover sono stati prodotti con immagini satellitari del 1998 (ISPRA) e che comunque non includono molte aree agricole riconvertite a pascoli. Si ritiene che lo stesso calcolo debba esser fatto in futuro utilizzando una carta dei pascoli aggiornata e digitalizzata ad un livello di risoluzione spaziale maggiore rispetto a quello offerte dalle immagini Landsat (ca. 25 mt).

3.3 Questionari e sopralluoghi in aziende campione

Ai fini dei sopralluoghi di campo è stato considerato un campione casuale di aziende, estratto tra quelle con un numero di capi > 1. I dati raccolti durante i sopralluoghi sono di natura qualitativa, con l'obiettivo di raccogliere informazioni sulle sedi operative (spesso non coincidenti con le sedi legali delle aziende, come riportato nelle banche dati ufficiali), la conduzione della pratica zootecnica e il rispetto dei requisiti richiesti per legge agli allevatori. I sopralluoghi, associati a questionari, sono stati condotti da due operatori nel periodo giugno – settembre 2011.I sopralluoghi sono stati condotti al fine di disporre di elementi di verifica e controllo sulle variabili zootecniche riconducibili a categorie oggettive, per tale motivo gli operatori hanno utilizzato procedure di raccolta dati standardizzate.Le informazioni desunte attraverso i sopralluoghi sono state rilevate nei diversi ambiti gestionali dell’allevamento ed in particolare: (i) nella sede operativa e nei terreni di pascolo ad essa limitrofi, per tutti gli allevamenti campionati e (ii) nella sede d’alpeggio e nella zona d’alpeggio, nel caso degli allevamenti monticanti e transumanti. Dove per ambiti gestionali dell’allevamento s’intende:

1) la sede operativa, ovvero il luogo di detenzione ufficiale dei capi di bestiame così come desunto dalla Banca Dati Nazionale; 2) i terreni di pascolo limitrofi alla sede operativa, utilizzati stabilmente dagli allevatori stanziali e stagionalmente dagli allevatori monticanti e transumanti;3) la sede d’alpeggio, ovvero per gli allevamenti monticanti e transumanti, il luogo di detenzione e ricovero del bestiame durante la stagione d’alpeggio;4) zona d’alpeggio, ossia i terreni di pascolo utilizzati dai monticanti e transumanti nel periodo d’alpeggio.

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Direttamente sul campo sono state rilevate in primo luogo le coordinate geografiche della sede operativa e, laddove presente, della sede d’alpeggio. Nel caso degli allevamenti monticanti e transumanti con bestiame al pascolo in condizioni brade nella zona d’alpeggio, in assenza quindi di una sede d’alpeggio, la georeferenziazione della zona d’alpeggio è stata rimandata infatti ad una successiva valutazione in ambiente GIS che tenesse conto della dislocazione spaziale delle località di pascolo (centro approssimativo). Sempre a livello della sede operativa e della sede d’alpeggio sono state rilevate le strutture e i sistemi di prevenzione presenti facendo riferimento alle seguenti voci contemplate nella scheda di raccolta dati (Allegato 1): nessuno, deterrenti passivi, recinzioni metallica, recinzioni elettrificata, cani da guardianìa, altro. Al fine di avere indicazioni sulla maggiore o minore idoneità delle recinzioni utilizzate in ciascun allevamento nel prevenire i danni al bestiame, gli operatori hanno espresso una valutazione di quelle osservate riconducendole a 4 categorie:

1. recinzioni metalliche anti-predatore o elettrificate dissuasive. 2. recinzioni metalliche anti-predatore o elettrificate con carenze strutturali3. recinzioni elettriche o meccaniche con di contenimento4. recinzioni elettriche o meccaniche che consentono la dispersione dei capi

In particolare dal momento che le categorie utilizzate/o l’idoneità delle recinzioni può essere in parte considerata in modo soggettivo, vengono specificati nella seguente sezione i criteri interpretativi utilizzati ai fini del presente lavoro.

a) Recinzioni anti-predatore, sono stati considerati recinti anti-predatore quei recinti meccanici di altezza superiori a 2 mt costituiti da:

- rete elettrosaldata con maglie ≤ 10x10 cm inaccessibili alla base (interrate ad un profondità di almeno 30 cm, con cordolo di cemento o poste su sub-strato roccioso);

- palizzate di legno;- muri in cemento armato con fondamenta.

b) Recinzioni elettriche dissuasive, sono state considerate recinzioni elettriche dissuasive quelle recinzione percorse da fili elettrificati (almeno 5), alimentati da un generatore di corrente funzionate, di altezza minima pari a 120 cm ed altezza da terra del primo filo minore o uguale a 20 cm.

c) Recinzioni di contenimento, sono state considerate recinzioni di contenimento quelle recinzioni accessibili dai predatori ma in grado di limitare la movimentazione del bestiame. Le recinzioni di contenimento sono state ulteriormente distinte in recinzioni di contenimento meccanico od elettrico in funzione del loro principio di funzionamento. Le recinzioni anti-predatore ed elettriche dissuasive con carenze strutturali rispetto a quanto sopra definito sono state catalogate tra le recinzioni di contenimento

Infine, durante i sopralluoghi sono state compiute osservazioni sul bestiame al fine di rilevare la modalità di conduzione al pascolo. Le osservazioni sono state effettuate unicamente nei casi in cui sia stato possibile attribuire con certezza i capi di bestiame all’allevamento visitato (capi in presenza del proprietario/dipendente aziendale o condotti in terreni di pascolo recintati) e non sono state pertanto effettuate nei casi in cui il bestiame risultasse allo stato brado.

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Le domande poste agli allevatori riguardano diversi aspetti sulla conduzione del bestiame, l'eventuale adozione di misure di prevenzione al danno da predatori e la stagionalità di pascolo. In un'ottica di conduzione dell'attività zootecnica compatibile con la presenza dell'orso, si è posta l'attenzione su criteri di gestione del bestiame che si ritiene possano avere un impatto sulle attività di conservazione del plantigrado. Si ritiene, infatti, che la presenza del bestiame allo stato brado piuttosto che accompagnato da guardiani e controllato periodicamente, aumenti la possibilità di disturbo in aree critiche per l'orso, competendo per le risorse trofiche, ed aumenti la probabilità di subìre danni da parte dell'orso. Si è posta una serie di domande sulla presenza di misure di protezione del bestiame nella sede operativa, al pascolo e in alpeggio; e la eventuale presenza di un ricovero notturno. Tra le misure di protezione contemplate nel questionario sono:

1. recinto di contenimento: è un recinto che consente l’accesso dei predatori al bestiame ma limita i movimenti di quest’ultimo;

2. recinto anti predatore: è un recinto che rende inaccessibile il bestiame ai predatori;

3. deterrenti passivi: le possibili tecniche utilizzate dall’allevatore per disturbare acusticamente o visivamente il predatore (come buste, bottiglie di plastica o di vetro applicate al recinto). Ovviamente anche sirene, allarmi o nastri;

4. recinto elettrico dissuasivo: al pari del recinto anti-predatore, è un recinto tale da rendere inaccessibile il bestiame al predatore (la differenza sta nella sua natura elettrica invece che meccanica). Diversamente, il recinto elettrico di contenimento limita i movimenti del bestiame ma non impedisce l’ingresso dei predatori (analogo elettrico del recinto di contenimento).

Si è rilevata inoltre una serie di informazioni socio-economiche tese a valutare se l'attività zootecnica rappresentasse l'unica fonte di reddito dell'allevatore in questione. Queste ultime informazioni sono parse rilevanti nell'ottica di conservazione dell'orso, poiché in linea generale le AAPP sono responsabili della gestione dei rimborsi per i danni al bestiame domestico causati dall'orso, e nella maggior parte dei casi non posseggono altro strumento che un regolamento per l'indennizzo dei danni. Si è perciò ritenuto importante valutare se il danno causato dal predatore fosse di rilevanza significativa nell'economia dell'allevatore. Un allevatore che utilizza il bestiame domestico come unica fonte di sostentamento è sicuramente più vulnerabile, in termini di danno subìto dal predatore, rispetto ad uno che ha altre fonti economiche. Tale valutazione potrebbe essere presa in considerazione nell'ottica di una revisione del regolamento di indennizzo. Inoltre, un allevatore che ha altre fonti di sostentamento oltre a quella della pratica zootecnica, non è di solito presente con il bestiame, con il rischio che utilizzi forme di guardianìa inadeguate. Gli aspetti fondamentali analizzati per la presente indagine sono relativi alle tecniche di gestione del bestiame. Le domande poste agli allevatori avevano l'obiettivo di riportare un'immagine della situazione attuale delle tecniche utilizzate per ciascuna tipologia di allevamento. Si è condotta l'analisi solamente sul gruppo di risposte relative alle tecniche di gestione, al fine di poter formulare delle proposte gestionali nelle linee guida previste.Una copia del questionario utilizzato è fornito in Allegato 1.

3.4 Colloqui informali con i dirigenti degli enti parco

Al fine di raccogliere informazioni sul grado di integrazione della pratica zootecnica nei

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protocolli che regolano la gestione delle aree protette (piani di gestione, regolamenti, etc.), si è proceduto ad intrattenere dei colloqui informali con i dirigenti degli enti parco e con i responsabili dei rispettivi uffici adibiti alla gestione faunistico-ambientale, impegnati nella conservazione dell'orso. I colloqui, guidati da una traccia prestabilita (Allegato 2), avevano l'obiettivo di ottenere informazioni ed opinioni qualificate sulle attività zootecniche da parte di chi è responsabile per la gestione di aree particolarmente critiche per la conservazione dell'orso bruno marsicano, e da chi lavora sul territorio in modo continuo ed assiduo.I colloqui prevedevano 14 domande ad opzione SI/NO, con la possibilità di fornire ulteriori informazioni qualitative per sette di esse.Per il PNALM, il PNRMS, e il PNRSV si sono visionati i regolamenti per gli indennizzi dei danni provocati dalla fauna selvatica, disponibili dai siti web delle AAPP (cfr. sez. 4.1.3), mentre per la RNMD ci si è attenuti alle informazioni fornite dalle persone consultate. Ove esistenti, non si ha avuto accesso ai piani del parco. Al riguardo si sono riportate perciò le informazioni ricevute.

3.5 Banca dati dei pascoli pubblici con riferimenti geografici

I dati relativi ai pascoli concessi in affidamento da parte dei comuni agli allevatori che ne hanno fatto richiesta sono stati archiviati in una banca dati in ambiente geografico.Tale operazione è stata condotta al fine di produrre una banca dati geografica che rappresentasse uno strumento gestionale di immediato uso per gli enti responsabili della gestione dell'orso e delle attività umane svolte nel territorio che ne rappresenta l'areale di distribuzione.Lo sviluppo della banca dati geografica ha richiesto la collaborazione del CFS e l'informatizzazione di dati cartacei forniti dalle amministrazioni comunali. Nella maggioranza dei casi le amministrazioni comunali hanno fornito dati cartacei privi di alcun riferimento geografico, ma corredati esclusivamente dagli identificativi catastali delle particelle concesse in affidamento. Per poter collocare tali appezzamenti di terreno in un contesto geografico si è ricorso alla consultazione del Catasto Urbano da parte del CFS, che ha accesso alla banca dati dell'Agenzia del Territorio per lo svolgimento dei propri compiti istituzionali. Poiché la banca dati georiferita obiettivo della presente azione ha comunque fini di controllo del territorio, istituzionalmente in capo al CFS, la collaborazione con tale ente era in ogni caso imprescindibile.

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4. Risultati

4.1 Normativa

4.1.1 Normativa Internazionale e Nazionale

La normativa internazionale che regola la pratica delle attività zootecniche fa riferimento essenzialmente alla Politica Agricola Comunitaria (PAC, AAVV, 2008; http://ec.europa.eu/agriculture/index_it.htm). Nata originariamente per assicurare adeguate fonti di cibo per i paesi europei del dopoguerra, la PAC ha subito nel corso degli anni una serie di modifiche (seppur parziali) che hanno trasformato il suo obiettivo in uno teso maggiormente a garantire condizioni di vita accettabili per gli operatori del settore agro-zootecnico ed in seguito a garantire lo svolgimento delle attività agri-zootecniche nel rispetto di criteri ambientali (Cioccolo et al., 2004). Strumenti che contribuiscono al raggiungimento di tali condizioni sono rappresentati essenzialmente dai sussidi economici e dal mantenimento dei prezzi di mercato sufficientemente alti da poter permettere vendite a prezzi che garantiscano un profitto.Nel 1992 la riforma MacSharry apportò delle modifiche che sostanzialmente tendevano a (i) ridurre i prezzi garantiti; (ii) istituire gli aiuti diretti che compensavano gli agricoltori delle perdite di reddito dovute alla riduzione dei prezzi garantite; (iii) misure a sostegno dell'ambiente, come il “set aside” che prevedeva l'obbligo di mantenere una quota pari al 10% di terre non coltivate per contribuire all'aumentata produzione di grano e mais (AAVV, 2008).Nel 1999, la Commissione Europea ha proposto una riforma della PAC nel quadro di Agenda 2000, nell'ottica dell’allargamento ad est dell’Unione (AAVV, 2008). Agenda 2000 ha rappresentato un cambiamento radicale della politica agraria comune: portando avanti il processo iniziato nel 1992 infatti, ha fornito una solida base per il futuro sviluppo dell'agricoltura nell'Unione Europea, includendo l'aspetto ambientale tra gli ambiti di competenza della PAC (essenzialmente economico e rurale).La riforma ha compreso, in particolare, misure intese a (Cioccolo et al., 2004):− rafforzare la competitività delle materie prime agricole sui mercati interni e mondiali;− promuovere un tenore di vita adeguato della comunità agricola;− creare posti di lavoro sostitutivi e altre fonti di reddito per i lavoratori agricoli;− elaborare una nuova politica dello sviluppo rurale come secondo pilastro della PAC;− integrare maggiormente questioni ambientali e strutturali;− migliorare la qualità dei prodotti alimentari;− semplificare la legislazione in materia agraria e decentralizzarne l'applicazione, in vista di una maggiore chiarezza, trasparenza e accessibilità di norme e regolamenti.

Con tale riforma si sono create le condizioni per lo sviluppo di un'agricoltura comunitaria multifunzionale, sostenibile e concorrenziale.Nel 2003 sono state introdotte ulteriori importanti riforme (tra cui una ulteriore riforma Fischler, Reg. CE 1783/2003) che danno attuazione ai principi dell'Agenda 2000. Non solo viene dato un taglio netto alle sovvenzioni alla produzione a vantaggio degli aiuti diretti agli agricoltori, ma la stessa concessione di tali aiuti è subordinata al rispetto delle norme vigenti in materia di ambiente, benessere degli animali, igiene e conservazione del paesaggio rurale (condizionalità del pagamento unico, Cioccolo et al., 2004; AAVV, 2008).

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Inoltre, in seguito alla riforma del 2003 (Fischler) i sussidi sono disaccoppiati dalla produzione ed è stata introdotta la domanda unica di pagamento (Reg. CE 1782/2003), basandosi su premi a capo allevato o a superficie utilizzata. L'entità dell'aiuto ricevuto dipende da un valore di riferimento che è stato stabilito essere pari alla media degli aiuti ricevuti nel triennio 2000-2002. In questo modo gli agricoltori ricevono comunque l'aiuto indipendentemente dalla quantità di produzione, purché: (i) mantengano le aziende attive e con la stessa superficie dichiarata negli anni precedenti (o la stessa superficie di pascolo per gli allevamenti zootecnici); e (ii) soddisfino i requisiti di condizionalità (Reg. CE 73/2009 e Reg. CE 1122/2009). Questi ultimi richiedono agli agricoltori di poter accedere ai fondi europei a condizione che rispettino i Criteri di Gestione Obbligatori (CGO) e le Buone Condizioni Agronomiche e Ambientali (BCAA), già previste nel Reg CE 1782/2003 (allegati al Reg. CE 73/2009). Inoltre essi fanno particolare riferimento alle aziende che si trovano all'interno delle aree Natura 2000 e sono tenute perciò a rispettare le Direttive Comunitarie 79/409 (Uccelli) e 92/43 (Habitat). La condizionalità è riportata all'interno delle politiche di sviluppo rurale per il periodo programmatico 2007-2013 (Reg. CE 1698/2005). In Italia il regime dei pagamenti unici disaccoppiati è entrato in vigore nel 2005, ma sono in vigore delle proroghe per alcuni prodotti.

La PAC è tradotta in Italia dai piani di sviluppo rurale (PSR) e da normative regionali (mettendo in atto il D.M. 10346/2011 che disciplina la condizionalità ai sensi del reg. CE 73/2009) che regolano la pratica agricola e l'uso dei boschi. Fatta eccezione per la regolamentazione degli aiuti erogati nell'ambito delle politiche agrarie, di cui l'Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (AGEA) è organo demandato, a livello nazionale le attività zootecniche non sono regolate da alcuna normativa specifica, ma piuttosto da decreti ministeriali che vengono recepiti dalle regioni. Dal momento che i regolamenti dell'AGEA vengono recepiti a livello regionale e tradotti nei PSR, la normativa regionale in merito ha un impatto diretto sulla conduzione dell'attività zootecnica. In particolare, una misura attivata dalle tre regioni che comprendono l'area di indagine del presente lavoro che è particolarmente rilevante per la gestione della pratica zootecnica è la 214: Pagamenti agro-ambientali, che promuove e favorisce l'adozione di metodi produttivi compatibili con la salvaguardia e il miglioramento dell'ambiente e dello spazio naturale. In particolare la misura 214 fa riferimento ad obiettivi specifici dell'Asse II della PAC: conservazione della biodiversità, tutela delle risorse idriche, del suolo e del paesaggio, e contrasto dei mutamenti climatici. La misura 214 include azioni che promuovono l'applicazione dell'agricoltura biologica, della produzione zootecnica in aree marginali su sistemi pascolivi estensivi, lo sviluppo di elementi a prevalente funzione ambientale (coltivi a perdere, fasce tampone, etc.), l'allevamento di razze autoctone, etc.

Per quanto riguarda l’utilizzo dei pascoli, le norme generali si collocano all’interno di una serie di norme tecniche a più ampia valenza gestionale che trovano il proprio strumento d’attuazione nelle Prescrizioni di Massima e di Polizia Forestale (P.M.P.F.) e discendono dal R.D.L. 30.12.1923 n.3267. Sebbene anche in questo caso disposizioni specifiche sono state successivamente emanate dalle singole Regioni è opportuno sottolineare in questa sede che il pascolo abusivo e l’attraversamento di bestiame sono comunque sanzionati rispettivamente del codice penale (art. 636) e dal codice della strada (artt. 15 e 184); mentre la rivalsa dei danni causati dal bestiame vagante può essere richiesta al proprietario ai sensi del codice civile (art 925).

La legge quadro sulle aree protette (394/91) prevede, infine, all'interno delle aree naturali protette, l'applicazione di metodi di gestione finalizzati alla salvaguardia delle attività agro-

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silvo-pastorali e tradizionali (art. 1 com. 3b) e la promozione di attività produttive compatibili (art. 1 com. 4). Tale legge prevede la disposizione di un regolamento del parco che disciplina lo svolgimento delle attività agro-silvo-pastorali (art. 11 com. 2b) e di un regolamento della Comunità del Parco per la promozione di attività economiche e di sviluppo, tra cui le attività agro-silvo-pastorali (art. 14 com 3).Benché in Italia in genere siano solo poche le AAPP che hanno il regolamento approvato ed applicato, sono comunque scarsi i casi in cui non siano stati adottati provvedimenti speciali in attesa dell'approvazione del Piano, proprio per sopperire alla mancanza di regolamentazione nella gestione del territorio.La tabella 2 riassume alcuni degli aspetti normativi rilevanti per la pratica zootecnica.

Emerge l'assenza di una norma “dedicata” ad uno dei settori di maggiore interesse ed impatto a 360°: economico, sociale, sanitario, ambientale, culturale, ecc. La normativa nazionale è spesso non aggiornata e comunque frammentata.

4.1.2 Normativa Regionale

Regione Lazio: nell'area d'indagine le normative rilevanti è la Legge Regionale 39/02 , attuata mediante Regolamento Regionale (RR) n. 7/05. Tali normative sono sviluppate con un'impronta essenzialmente forestale, disponendo dettagliate regole per la gestione delle aree boschive. Purtuttavia, gli articoli 105-117 del RR 7/05 dispongono regole dettagliate per la gestione dei pascoli e delle specie zootecniche. In particolare, il regolamento fornisce indicazioni specifiche in merito all'obbligo di conservazione del pascolo, al rispetto della capacità di carico e all'obbligo da parte degli enti gestori competenti (province, comunità montane, comuni) di “predisporre il piano di assestamento e di utilizzazione dei pascoli oppure il piano sommario di pascolo per favorire l’uso razionale delle aree”. Si fa chiaro riferimento, inoltre, al periodo di pascolo secondo fasce altitudinali (“tra i 600 e i 1200 metri s.l.m., [il pascolo] può esercitarsi solo dal 1° marzo al 30 novembre e, ad altitudine superiore ai 1200 metri, dal 15 maggio al 15 ottobre”), all'adeguamento dei regolamenti di fida pascolo ed al registro degli animali al pascolo.Il PSR della Regione Lazio per il periodo 2007-2013 prevede l'attivazione delle misure 211 (Indennità compensative degli svantaggi naturali a favore degli agricoltori nelle zone montane), 213 (Indennità Natura 2000) e 214 (Pagamenti agro-ambientali) condizionalmente al rispetto delle CGO e BCAA. La misura 214 in particolare fa riferimento alla gestione sostenibile delle risorse naturali e la riconversione di terreni agricoli in pascoli che devono essere utilizzati con il bestiame per almeno 5 anni dopo la ricezione dei fondi. La condizionalità per accedere alla misura 211 include il carico massimo di bestiame.

Regione Abruzzo: Nell’ambito delle modifiche alla legge sul risarcimento dei danni da fauna d’interesse scientifico (L.R. 3/74), la Regione Abruzzo, con L.R 105/94, modifica contestualmente il R.D 3267 che le P.M.P.F della provincia dell’Aquila, autorizzando il pascolo vagante in qualsiasi stagione e ad ogni altitudine, a condizione unica che il proprietario eviti lo sconfinamento dei capi in terreni contermini per i quali non disponga di autorizzazioni di pascolo. La legge regionale 25/88 in merito alla gestione degli usi civici fa esplicito riferimento alla gestione e manutenzione delle terre di proprietà pubblica gestiti dagli enti responsabili, ed alla disposizione di un piano regionale di utilizzo delle terre

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civiche, concetto già incluso nella L.R. 38/1982, in cui si fa esplicito riferimento alla necessità di predisporre un piano di assestamento e utilizzazione dei boschi e dei pascoli. Anche la L.R. 25/88 contempla implicitamente il pascolo brado, poiché l'art. 13 “Piano regionale per l'uso dei beni civici” indica le utilizzazioni prioritarie delle terre secondo le vocazioni delle diverse zone del territorio “incluse quelle pascolive (pascolo brado) e quelle a vocazione zootecnica,..”. La Regione Abruzzo ha approvato il PSR per il periodo 2007-2013 prevede l'attivazione delle misure 211 (Indennità compensative degli svantaggi naturali a favore degli agricoltori nelle zone montane) e 214 (Pagamenti agro-ambientali, relativamente solo all'agricoltura biologica). La condizionalità per beneficiare della misura 211 fa riferimento esplicito al carico massimo di bestiame, all'utilizzo di recinzioni mobili per la buona gestione delle turnazioni e alla manutenzione periodica degli abbeveratoi.

Regione Molise: Per la regione Molise, la legge forestale 18/2000 rimanda la gestione dei pascoli alla disposizione di piani di assestamento forestale o in mancanza di essi alle Prescrizioni di Massima e Norme di Polizia Forestale relative alla provincia di Isernia, rese esecutive con Decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 368/1976. L'articolo 23 regola il pascolo nei boschi e ne vieta l'esercizio nei boschi cedui e nelle fustaie coetanee per un periodo variabile da quando il novellame ha raggiunto 1 metro di altezza sino a 7 anni dopo il taglio. Il titolo III “Norme per i terreni pascolivi” include disposizioni circa la tempistica dell'attività di pascolo (art. 66.2), vieta specificatamente il pascolo brado (“vagante”, art. 66.3) e prevede la rotazione sui terreni (art. 66.6). Si prevede la presenza di guardiani con le mandrie nel numero di “250 animali minuti e di 60 capre oppure 40 capi di bestiame grosso” (art. 26).Il PSR della Regione Molise per il periodo 2007-2013 prevede l'attivazione delle misure 211 (Indennità compensative degli svantaggi naturali a favore degli agricoltori nelle zone montane) e 214 (Pagamenti agro-ambientali, relativamente solo all'agricoltura biologica). L'applicazione di entrambe le misure è condizionata al rispetto dei CGO e BCAA.

Dai questionari svolti alle aziende campione (N. totale = 101), emerge che nel PNALM la maggior parte degli allevatori (55% degli intervistati) aveva usufruito di finanziamenti di varia natura (provenienti da diverse misure dei PSR) a supporto dell'attività, mentre nel PNRMS aveva usufruito dei finanziamenti il 44% degli allevatori intervistati.

4.1.3 Aree Protette

Le AAPP in cui si è condotta l'indagine non possiedono regolamenti specifici per la gestione dei territori pascolivi presenti all'interno del loro territorio (cap. 4.4). In particolare, i direttori del PNALM, del PNRSV e del PNRMS hanno dichiarato che il piano del parco, attualmente in revisione presso gli enti competenti, include un capitolo sulla gestione dei pascoli. Non è stato possibile visionare tali documenti.

Il regolamento del PNALM (previsto dalla L. 394/91) prevede un capitolo sull'uso dei pascoli che prevede il divieto di uso dei pascoli in zona integrale e di un carico totale non superiore a 0,5 UBA/ha per i pascoli in zone B e C. Il regolamento prevede che il Comune competente della gestione dei pascoli pubblici inoltri le domande di fida al PNALM per una valutazione ed eventuale emissione di autorizzazione. La legge 394/91 stabilisce che il regolamento del parco nazionale debba disciplinare lo svolgimento delle attività agro-silvo-pastorali (art. 11 com. 2b), mentre tale regolamento

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non è obbligatorio per i parchi regionali.

Benchè le AAPP abbiano la facoltà di regolamentare le singole iniziative al loro interno con provvedimenti ad hoc, l'unica attività connessa con le attività zootecniche specificatamente regolamentata nelle AAPP è quella relativa agli indennizzi dei danni provocati dalla fauna selvatica. La legge 394/91 prevede che l'Ente parco sia tenuto ad indennizzare i danni provocati dalla fauna selvatica, mentre per i parchi regionali, le Regioni hanno delegato gli Enti parco all'indennizzo dei suddetti danni. I regolamenti del PNALM, del PNRSV e del PNRMS sono stati consultati per riassumerne i punti principali.

Nel regolamento del PNALM non viene contemplato l'indennizzo per danni arrecati al bestiame condotto al pascolo abusivamente o per cui non vengano osservate le normative vigenti. Non è inoltre previsto l'indennizzo se il bestiame è condotto al pascolo nel periodo invernale, quando è necessaria la rigenerazione dei pascoli. Si contempla l'assistenza agli allevatori nella realizzazione di opere per la prevenzione al danno nella misura del 50% delle spese e non si prevede l'indennizzo di danni nel caso le misure realizzate non vengano utilizzate correttamente.

Nel regolamento del PNRSV si contempla la fornitura in comodato d'uso di strutture per la prevenzione al danno, ma nel caso vengano assegnate il beneficiario rinuncia a richiedere alcun indennizzo per danni subiti.Inoltre l'indennizzo è ridotto nel caso in cui il bestiame non sia adeguatamente protetto o abbandonato o in assenza di ricoveri notturni o in assenza di sorveglianza. L'indennizzo non viene erogato per danni subìti da bestiame pascolante in modo abusivo o in caso di non osservanza della normativa vigente. Il controllo del danno subito viene effettuato dagli organi competenti (CFS e ASL) e da tecnici del parco.

Nel PNRMS l'indennizzo per i danni arrecati al patrimonio zootecnico dalla fauna selvatica vengono risarciti sino al 100% del loro valore solo a condizione che la normativa vigente sia rispettata e che il bestiame non sia lasciato al pascolo abusivamente. In seguito ad invio della richiesta di rimborso danni, il personale Guardaparco dell'Ente è tenuto a fare un accertamento mediante sopralluogo, preferibilmente congiuntamente al personale veterinario dell'ASL competente. Il rimborso è soggetto a riduzioni in caso di mancata adozione di sistemi di difesa eventualmente prescritti dall'Ente. In base alla disponibilità di fondi, l'Ente prevede la cessione di misure di prevenzione al danno (cani da guardianìa e recinzioni).

Riferimento Europeo

Riferimento Nazionale

Riferimento Reg. Lazio

Riferimento Reg. Abruzzo

Riferimento Reg. Molise

Pagamento unico disaccoppiato

Reg. 73/2009. Stabilisce norme comuni ai regimi di sostegno diretto agli agricoltori

DM 10346/2011, che sostituisce il DM

PSR PSR PSR

Requisiti di condizionalità

Reg. 1122/2009. Stabilisce le modalità di attuazione del Reg. 73/2009

PSR PSR PSR

Entità premio unico

Reg. 1122/2009. PSR PSR PSR

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Pascolo abusivo

Art 636 c.p. “ Introduzione o abbandono di animali nel fondo altrui e pascolo abusivo”, prevede multe e reclusione fino a due anni.

Attraversamento di greggi e armenti

Art. 184 c.d.s. “Circolazione degli animali, degli armenti e delle greggi”, stabilisce che i guardiani devono controllare il transito degli animali in modo da garantire metà della carreggiata di transito libera. Prevede sanzioni.Art 15 “Atti vietati”, vieta la circolazione del bestiame senza osservanza delle norme previste sulla conduzione degli animali.

Carico BCAA Norma 4.1 “Protezione del pascolo permanente”

R.R. 7/05;PSR. Misura 211 “Indennità compensativa degli svantaggi naturali a favore degli agricoltori delle zone montane” prevede erogazione di indennità a patto che vengano rispettati criteri quali carico massimo e continuazione attività per almeno 5 anni

PSR. Misura 211 “Indennità compensativa degli svantaggi naturali a favore degli agricoltori delle zone montane” prevede erogazione di indennità a patto che vengano rispettati criteri quali carico massimo, recinzioni mobili per rotazione pascolo e continuazione attività per 5 anni.

PSR Misura 211 “Indennità compensativa degli svantaggi naturali a favore degli agricoltori delle zone montane” prevede erogazione di indennità a patto che vengano rispettati CGO e BCAA e continuazione attività per 5 anni.

Pascolo brado

L.R 39/02 attuata mediante R.R n. 7/05, contempla il pascolo vagante purché il bestiame sia confinato.

L.R. 25/88, art. 13, contempla il pascolo brado.

L.R 105/94, contempla il pascolo vagante purché il bestiame sia confinato.

PMPF Isernia (art. 66.3) vieta il pascolo brado.

Piano di gestione dei pascoli

L. 394/91 RR 7/05, artt 105-117.

LR 25/88, art. 13 “Piano regionale per l'uso dei beni civici”

Rispetto Dir CE 92/43 e 79/409

L. 394/91 PSR. Misura 213 “Indennità Natura 2000”; Misura 214: “premi per gestione sostenibile delle risorse naturali (include la gestione del suolo e la riconversione di terreni agricoli in pascoli)”.

PSR. Misura 214: “premi per gestione sostenibile delle risorse naturali (solo nell'ambito dell'azione 2 a sostegno dell'agricoltura biologica)”.

PSR. Misura 214: “premi per gestione sostenibile delle risorse naturali (solo nell'ambito dell'azione 2 a sostegno dell'agricoltura biologica)”;

Zonazione e L.R 39/02 attuata mediante R.R n.

PSR Misura 211 “Indennità

PMPF, art 66.6

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Turnazione dei pascoli

7/05, definisce limiti temporali e zonali per il pascolo.

compensativa degli svantaggi naturali a favore degli agricoltori delle zone montane” prevede erogazione di indennità a patto che vengano rispettati criteri quali carico massimo, recinzioni mobili per rotazione pascolo e continuazione attività per 5 anni.

Tabella 2 - Aspetti rilevanti per la gestione del comparto zootecnico regolati dalle diverse parti della normativa attualmente vigente. Per ciascun ambito territoriale e di competenza vengono indicati i riferimenti specifici alla norma e/o agli articoli a cui fare riferimento. Le celle vuote indicano che non è presente un riferimento specifico all'aspetto corrispondente nella normativa esaminata.

4.1.4 Normativa Locale

Gli enti preposti alla gestione dei pascoli di proprietà pubblica sono i comuni e/o le Amministrazioni Separata dei Beni di Uso Civico (ASBUC).L'area d'indagine include 72 comuni, distribuiti come illustrato in tabella 3

Ambito n. comuni

PNALM+ZPE 40

PNRMS 7

PNRSV 24

RNMD 1 (2 ASBUC)Tabella 3 - Numero di comuni e autorità preposte alla gestione dei pascoli in ciascuna AP considerata.

Sono stati richiesti i regolamenti di fida pascolo in ciascun comune degli ambiti PNALM+ZPE, PNRMS e RNMD. Dei 48 comuni contattati, 44 hanno fornito le informazioni richieste o quanto in loro possesso inerente alla cessione delle fide pascolo. Quattro comuni non hanno inviato le informazioni richieste entro tempi utili per includerle nelle analisi, benché siano stati sollecitati più volte. Dei 44 comuni che hanno fornito la documentazione, 36 hanno regolamenti di fida pascolo, mentre 6 comuni hanno fornito verbali di consigli comunali in cui si rivedono le tariffe di fida, o affidano i pascoli ai singoli allevatori (piani di riparto), dichiarando di non avere un regolamento specifico. I regolamenti contengono le norme a cui gli allevatori devono attenersi nel caso vogliano richiedere l'uso di pascoli soggetti ad uso civico. In nessun caso sono concessi terreni in fida a soggetti morosi nei confronti delle istituzioni o che siano stati multati in precedenza, mostrando recidività. In tutti i casi, inoltre, viene richiesto all'affidatario di apportare migliorie al pascolo, anche solo spargendo il letame depositato dal bestiame.

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DATA DOCUMENTAZIONELe date a cui fanno riferimento i documenti consultati variano tra il 1963 e il 2011. Tale data si riferisce alle ultime revisioni apportate ai documenti. Le date di riferimento sono riportate in fasce temporali e il numero di comuni ad esse afferenti, anche divisi per ambiti territoriali, vengono illustrate in tabella 4.

Periodo N. Comuni

Ambito % comuniN tot. = 38

Ambito % comuniN tot. = 5

Ambito % ASBUCN tot. = 2

1963-1969 8 PNALM 18 PNRMS 20 RNMD 0

1970-1999 12 PNALM 29 PNRMS 20 RNMD 0

2000-2011 24 PNALM 53 PNRMS 60 RNMD 100

Tabella 4 - Numero di regolamenti pascolo o piano di ripartizione di fida pascolo ricevuti dagli enti competenti nelle tre aree protette considerate aggiornati tre periodi temporali.

COMMISSIONE VALUTATRICENei regolamenti di 15 comuni (34% dei documenti esaminati) è prevista la presenza di una commissione che ha il compito di valutare le richieste di fida pascolo pervenute. In un caso (Settefrati) la commissione prevede di consultare il PNALM prima di stilare la lista definitiva degli affidatari dei pascoli. Nei rimanenti casi la valutazione delle richieste inoltrate dagli allevatori viene condotta dal Sindaco (n = 13) o non è specificato (n = 14). Ove prevista, la commissione include rappresentanti della maggioranza amministrativa (incluso il sindaco o un suo delegato) e un numero variabile (2-4) rappresentanti degli allevatori. In 8 (18%) casi la commissione include un veterinario della ASL competente e in 10 (23%) casi è prevista la presenza di rappresentanti del CFS o altri organi di addetti alla sorveglianza. La stessa commissione è responsabile dell'attuazione del regolamento, incluso il servizio di sorveglianza, che nei casi in cui la commissione non è prevista è lasciata alla responsabilità degli organi preposti quali CFS, Polizia Comunale, Polizia Agraria, etc.I regolamenti di fida pascolo consultati prevedono tutti delle penali in caso di mancato rispetto delle regole stabilite. Le penali sono ammende di valore variabile e spesso non aggiornate.

CUSTODIA BESTIAMELa custodia del bestiame portato al pascolo sui terreni affidati è obbligatoria nel 70% dei casi. Sempre viene indicata l'obbligatorietà di avere un mandriano di età superiore ai 16 anni. In 10 casi (1/3 dei casi in cui la custodia è prevista) viene indicato il numero massimo di capi per mandriano, differenziato per specie. Due regolamenti indicano il numero di capi per cane da guardianìa (Ortucchio, Gioia dei Marsi). I comuni in cui tale misura viene indicata ricadono nelle regioni Abruzzo (80%) e Molise (20%). Il numero di capi è indicato costantemente per bovini e ovini, e viene riportato in figura 2.

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CARICO BESTIAMEIl carico del bestiame ammesso ai pascoli (espresso in termini di Unità Bovine Adulte – UBA) dati in fida viene specificato per 26 Comuni. Per 15 di essi si tratta di un carico orientativo massimo stabilito assumendo che i pascoli possano sopportare il carico in modo omogeneo. In 11 casi il carico è indicato nel piano di riparto in modo specifico per ciascuna particella catastale ceduta in fida. Seguendo l'indicazione fornita dalla CE (e riportata nei piani di sviluppo rurale), che stabilisce che il rapporto UBA/ha deve essere compreso tra 0,5 e 1,5, tutti i regolamenti che hanno indicato dei limiti per il carico rispettano tali indicazioni ad eccezione di Ortona dei Marsi (4 UBA/ha) e Bisegna (2,9 UBA/ha). All'interno di 17 Regolamenti è prevista una zonazione o rotazione per l'uso dei pascoli.

ACCESSO A RESIDENTI FUORI DAL TERRITORIO COMUNALEL'accesso ai pascoli è permesso ai residenti nel comune di appartenenza che ne fanno richiesta tramite modulistica apposita e nel rispetto della tempistica indicata (scadenza domande: gennaio-maggio; assegnazione pascoli entro il mese successivo). In 16 casi è contemplata la possibilità che allevatori facenti domanda risiedano fuori dai confini comunali. La loro presenza però è condizionata ad una serie di misure, quali ad esempio:

- Tassa di fida maggiorata di un numero di volte variabile da 2 a 30;- Sempre che il pascolo affidato ai residenti sia in eccedenza;- A condizione che siano proprietari di terreni ricadenti entro i confini comunali;- A condizione che si sia valutata la disponibilità di pascoli e risorse idriche.

In 9 casi è espressamente indicato il divieto di accesso ai pascoli di uso civico ad allevatori non residenti nel comune di riferimento.

TASSA DI FIDA PASCOLOL'uso civico dei pascoli è soggetto al pagamento di una tassa di fida imposta dal Comune. L'importo è fissato in genere con delibera comunale, e deve essere pagato dall'allevatore anche nel caso egli non porti i capi sul pascolo per l'intera stagione. La tassa di fida è fissata per capo e per specie in tutti i regolamenti e delibere esaminati. Il prezzo stabilito per la fida era espresso in 19 casi, e il valore medio viene riportato nella tabella 5, riferito

33

Bisegn

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Civite

lla A

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na Opi

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Villalag

o

Rocca

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Ortona

dei

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Colli a

Volt

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0

50

100

150

200

250Bovini Ovini

Figura 2: Numero di capi per mandriano indicati nei regolamenti di fida pascolo dei comuni che hanno fornito tale informazione.

al totale del campione e diviso per ambiti.

Specie media (€)

SD PNALM media (€)

PNALM SD

PNRMSmedia (€)

PNRMS SD

RNMD media (€)

RNMD SD

bovini 7,9 7,9 7,9 9,0 8,5 4,9 7,5 3,5

equini 9,5 9,9 8,9 10,6 14 10,1 7,5 3,5

ovini 1,0 1,1 0,9 1,2 1,7 0,7 1,0 0,7

caprini 1,5 1,3 1,3 1,2 2,7 2,1 1,0 0,7

Tabella 5 - Tassa di fida pascolo espressa in euro. Valore medio (e SD) per l'intera area d'indagine e per le tre aree protette considerate.

La figura 3 riporta i valori per ciascuno dei comuni per cui il dato è stato reso disponibile, al fine di visualizzare la variabilità tra i singoli casi.

CONFRONTO CON IL REGOLAMENTO “IDEALE”Premesso che la disamina della normativa Europea, Nazionale e Regionale illustra una serie di norme che prevedono la gestione della pratica zootecnica in modo sostenibile, tesa a garantire i fabbisogni degli agricoltori imprenditori e dell'ambiente, e incentivi ricambi generazionali anche al fine di mantenere l'attività agricola in aree tradizionalmente usate all'uopo, la disamina dei regolamenti di fida pascolo fornisce un quadro di generale disattenzione alle normative suddette.

34

Alfede

na

Balso

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Bisegn

a

S. Ana

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l S. V

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Volt

urno

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pietra

Valle

roto

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0

10

20

30

40

50 bovini equini ovini caprini

Eu

ro

Figura 3: Tassa di fida pascolo per ciascun comune che ha fornito i dati, per specie di bestiame allevato.

35

Il regolamento di fida pascolo “ideale” è quello che rispetta e mette in atto la normativa vigente, aggiornato, che prevede il monitoraggio e controllo dell'applicazione delle norme stabilite, che prevede l'uso dei proventi per investimenti tesi alla gestione sostenibile del territorio e delle tradizioni locali. Il confronto dei documenti ottenuti con un ipotetico regolamento tipo ha permesso una ranghizzazione dei diversi comuni, dipendente dalle condizioni soddisfatte nei propri regolamenti/piani di riparto. La tabella 6 illustra il punteggio ottenuto per ciascun comune.

36

tassa fida (2) totaleOrtucchio 6 2 6 3 0 0 2 1 20Bisegna 2 6 2 3 0 1 2 2 18Castel di Sangro 2 6 2 3 3 2 0 0 18Civitella Alfedena 2 6 2 3 1 2 1 0 17Lecce dei Marsi 6 6 2 0 0 0 2 1 17Roccaraso 2 6 0 3 0 2 3 0 16Opi 2 6 2 3 0 2 0 1 16Settefrati 4 2 2 1 2 3 2 0 16Alfedena 2 6 0 3 0 2 0 1 14Villalago 2 6 2 3 0 1 0 0 14Trasacco 2 2 2 1 2 1 2 1 13Cocullo 0 6 2 3 0 2 0 0 13Civita D'Antino 2 6 0 0 1 1 3 0 13Ortona dei Marsi 0 2 2 3 1 2 2 0 12Luco dei Marsi 2 6 0 0 1 1 2 0 12Gioia dei Marsi 2 2 0 5 0 0 3 0 12Alvito 0 4 0 1 2 2 1 2 12Villetta Barrea 0 6 2 3 0 1 0 0 12Anversa 2 6 2 1 0 0 1 0 12Castel S. Vincenzo 0 4 0 1 2 2 2 1 12San Biagio Saracinisco 2 2 0 1 2 1 3 0 11Campoli Appennino 0 4 0 1 2 2 1 1 11Pescasseroli 2 2 2 1 0 0 3 1 11Filignano 0 0 0 3 4 0 1 2 10Scanno 0 0 4 3 0 2 0 0 9Picinisco 0 0 0 1 2 2 2 2 9Filettino 2 4 0 0 1 0 2 0 9San Vincenzo Valle Roveto 2 2 0 0 1 0 3 0 8Colli a Volturno 0 0 0 3 2 0 1 1 7Pizzone 0 0 0 0 4 0 1 2 7Villavallelonga 0 0 0 1 1 1 3 0 6Collelongo 0 0 0 3 1 1 0 0 5Pescosolido 0 0 0 1 1 2 1 0 5Rocchetta a Volturno 0 0 0 1 2 0 1 0 4Balsorano 0 0 0 0 0 0 3 1 4Scapoli 0 0 0 0 0 0 2 1 3Barrea 0 0 0 0 0 0 1 1 2Montenero Val Cocchiara 0 0 0 1 0 0 1 0 2Trevi nel Lazio 2 2 2 0 2 1 3 0 12Vallepietra 2 2 2 1 0 1 2 1 11Vallerotonda 0 2 0 1 1 1 2 2 9Jenne 0 2 0 0 2 1 1 2 8Cervara di Roma 0 0 0 0 1 1 0 0 2Corvaro 2 0 0 3 1 2 2 2 12S. Anatolia 2 0 0 3 0 2 2 2 11

Piano gestione

pascoli (6)Indicazione carico (6)

rotazione pascoli (6)

Guardiania (5)

non residenti (4)

organo controllo (3)

Aggiornamento (3)

Tabella 6 - I punteggi associati a ciascun comune per le condizioni soddisfatte all'interno dei documenti forniti. I comuni sono ordinati in ordine decrescente e per area protetta (colore giallo per PNALM, blu per PNRMS, verde per RNMD) Il punteggio massimo raggiungibile dal regolamento “ideale” è 35 (cfr. sez. 3.1).

La normativa Europea e Nazionale prevede il supporto della pratica zootecnica sostenibile. La normativa Regionale dovrebbe essere aggiornata in linea con i Piani di Sviluppo Rurale (PSR), al fine di garantire coerenza tra norme che regolano la stessa pratica. I PSR sono elaborati dettagliatamente e forniscono una struttura di riferimento per gli operatori del settore agro-zootecnico.La normativa locale è in generale carente di misure che mettano in atto le normative Nazionali e Regionali, spesso non aggiornata e generalmente priva di elementi che, all'interno delle aree protette, garantiscano il rispetto delle priorità delle AAPP stesse. La disamina effettuata mette in risalto una notevole diversità e frammentazione dei regolamenti di fida pascolo, anche tra i comuni afferenti alla stessa AP.

4.2 Censimento del comparto zootecnico

In totale 1.563 aziende ricadono con sede operativa nell'intera area di indagine, che corrisponde ad una densità di circa 0,7 aziende per chilometro quadrato. Dal momento che nelle banche dati vengono riportate anche le aziende a consistenza nulla (cioè per cui non è riportato nessun capo), il totale delle aziende con almeno 1 capo risulta essere circa del 20% inferiore (1.274), con un totale riportato di 42.457 capi.

Poiché ciascuna azienda può avere più di un allevamento (ciascun allevamento è riferito ad una specie), il totale degli allevamenti censiti equivale a 2.320, suggerendo che ogni azienda include in media 2 allevamenti circa.Gli allevamenti equini rappresentano il 34% degli allevamenti totali, essendo in numero superiore agli allevamenti bovini nell'area del PNALM+ZPE e del PNRMS.

In aggiunta ai capi presenti nelle aziende stanziali, sono da considerare gli allevamenti che praticano la transumanza e che chiedono permesso ai comuni di poter portare i capi al pascolo sui terreni soggetti ad uso civico. Il reperimento dei modelli 6 e 7 ha portato ad una stima totale di 28 aziende transumanti,

37

PNALM e ZPE PNRMS PNRSV RNMD

050

100150200250300350400450500

BoviniEquiniOviniCapriniSuini

Figura 4: Numero di allevamenti nei 4 ambiti suddivisi per specie allevata. Gli ambiti considerati sono il PNALM+ZPE (1300 kmq), il PNRMS (300kmq), il PNRSV (540 kmq) e la RNMD (35 kmq).

per un totale di 37 allevamenti. Non sono stati rinvenuti modelli 6 e 7 in nessuno dei comuni ricadenti nell'ambito del PNRMS.

Il numero totale di capi riportati al pascolo dai transumanti è di 6.410, di cui il 71% è costituito da ovini (si arriva all'82% includendo aziende che hanno riportato allevamenti ovi-caprini). I bovini costituiscono il 9% dei capi, mentre gli equini, con una consistenza di 2 capi, rappresentano lo 0,03% dei capi transumanti.

Utilizzando le tabelle di riferimento indicate dai regolamenti comunitari, che prevedono l'equivalenza tra bovini e altre specie4 si stima una presenza sul territorio di indagine di 18.943 unità di carico, pari a 0,09 UBA/ha. Tali stime sono da considerarsi in difetto poiché per la maggior parte degli allevamenti di equini non viene riportata la reale consistenza dei capi La BDE, infatti, riporta esclusivamente i capi di razza, sottostimando del 26% il numero di allevamenti di equini presenti in BDN.

In termini di unità di carico, gli allevamenti transumanti costituiscono 1.636 UBA (di cui 53 nella RNMD). Il carico totale per il PNALM risulta perciò essere, nei mesi estivi, di 10.536 UBA, mentre nella RNMD è in totale di 80 UBA. La densità di carico in queste due aree è di 0,4 e 1,5 UBA/ha, rispettivamente, mentre per l'area del PNRMS e PNRSV i valori sono di 0,4 e 0,3 UBA/ha, rispettivamente. E' doveroso sottolineare che l'indagine è stata svolta durante i mesi estivi di luglio e agosto e che la stagione della transumanza non era ancora volta al termine, perciò non si possono escludere eventuali aziende che hanno inviato richiesta tardiva di uso dei pascoli nelle aree protette considerate.

4 1 Bovino adulto (500 kg circa) = 2 Suini; ovvero 6 caprini; ovvero 6 ovini; ovvero 1 equino adulto. Fonte: Reg. CE 1974/06

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PNALM RNMD

0

5

10

15

20

25

30

12

24

1

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Figura 5: Numero di allevamenti transumanti nel PNALM e nella RNMD. I transumanti interni si spostano tra comuni interni alla stessa area protetta, mentre quelli esterni provengono da comuni all'area protetta in cui effettuano la transumanza.Non sono stati rilevati allevamenti transumanti che portano il bestiame nell'area del PNRMS.

La consistenza numerica, standardizzata in termini di carico, delle diverse specie per ambito viene riportata in figura 6.

Il risultato della stima delle aree di pascolo considerando il corine land cover ha riportato un'area totale di 427,5 kmq, ripartiti come indicato in tabella 7.

Area UBA nell'intera

area

Estensione Pascoli (ha)

UBA/ha per l'intera area

UBA/ha di pascoli

PNALM+ ZPE 10.517 23.360 0,08 1,4

PNRMS 2.384 3.960 0,08 0,6

PNRVS 5.962 15.230 0,12 0,4

RNMD 80 200 0,02 0,4Tabella 7 - Estensione delle aree di pascolo nelle AAPP considerate e carico totale del bestiame, incluso il transumante, nell'intera area. Dati estratti da CORINE Land Cover.

Le difficoltà incontrate nel compilare la banca dati, dovute essenzialmente alla incompletezza delle informazioni disponibili (es. la BDE riporta esclusivamente il censimento dei cavalli di razza), e la frammentazione delle informazioni (due banche dati gestite da enti diversi, informazioni sulle fide pascolo detenute dai comuni che spesso non sono informatizzate) sono evidenti impedimenti alla gestione snella ed efficace del territorio pascolivo nelle aree di presenza dell'orso, che devono, nella situazione attuale (cfr. relazione azione E3) assumere carattere straordinario per scongiurare la ulteriore perdita di individui dell'esigua popolazione presente.

39

PNALM e ZPE PNRMS PNRSV RNMD

0

500

1000

1500

2000

2500

3000

3500

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4500

5000

BoviniEquiniOviniCapriniSuini

UB

A

Figura 6: UBA complessiva per specie nelle 4 aree protette considerate. Dati estratti dalla BDN e BDE. I dati includono gli allevamenti transumanti.

La pianificazione della gestione dei pascoli e dell'attività zootecnica non può prescindere da una banca dati aggiornata e di facile fruizione. La situazione attuale vede informazioni frammentate (detenute dai singoli comuni) e spesso non informatizzate. L'AGEA controlla e mantiene esclusivamente le informazioni sugli allevatori che richiedono i fondi previsti nel PSR, non assicurando la completezza delle informazioni.La BDN fornisce informazioni su tutti gli allevamenti, ma spesso alcuni campi della banca dati non sono compilati. La BDE fornisce informazioni esclusivamente sui capi di razza, creando un vuoto di informazione sulla consistenza degli allevamenti equini meticci. E' evidentemente necessario tenere un registro anagrafico di TUTTI i capi presenti negli allevamenti e convogliarli in una banca dati (o quantomeno archiviarli in banche dati compatibili che possano essere integrate facilmente).Nel PNALM e PNRMS l'allevamento più frequentemente è degli equini, seguito da bovini ed ovini. Nel PNRSV l'allevamento più frequente è di tipo suino, seguito dai bovini, equini ed ovini. Dal calcolo delle UBA, emerge che molti allevamenti hanno (o riportano) pochi capi. Infatti nel PNALM e PNRSV il carico maggiore è per gli allevamenti bovini, seguito dagli ovini; mentre per il PNMRS il carico maggiore è dei bovini seguito dagli equini. A fronte della carenza di informazioni sugli allevamenti equini, la situazione nel PNALM e PNRMS appare allarmante.Il carico di bestiame appare sproporzionato a favore dei bovini in tre delle AAPP considerate (PNALM, PNRMS, PNRSV). Nel PNALM il carico totale nelle aree di pascolo appare molto più alto che nelle altre aree protette.

4.3 Indagine sulle pratiche esercitate dagli allevatori

Ai fini della presente indagine sono stati condotti sopralluoghi e questionari (Allegato1) su un campione di 101 aziende, selezionate in modo casuale. Il campione rappresenta l'11% delle aziende presenti nelle aree sottoposte alle visite (PNALM+ZPE, PNRMS, RNMD, n = 914). Il totale di interviste condotte nelle diverse aree protette è riportato in tabella 8.

Ambito totale aziende interviste condotte

%

PNALM+ZPE 695 75 10,8

PNRMS 218 25 11,5

RNMD 1 1 100

Totale 914 101 11

40

Tabella 8 - Numero di aziende a conta capi >=1 e numero di interviste condotte in ciascun ambito, espresso in numero assoluto e in % delle aziende presenti sul territorio.

Il tipo di allevamento indicato per ciascuna intervista è riportato in figura 7, per ambito.

SEDE OPERATIVA DELL'ALLEVAMENTOLa sede operativa è in molto casi rappresentata da una sola stalla, ma spesso è costituita da una struttura composita e complessa, in cui sono presenti, oltre le opere in muratura, recinzioni di varia natura. Alla domanda relativa alle misure adottate al fine di prevenire i danni al bestiame, in un solo caso non si è ottenuta risposta, mentre nella maggior parte dei casi la risposta includeva almeno una misura tra quelle previste nel questionario. Poiché nella RNMD il campione è di N = 1, e si tratta di un allevamento di bovini con sede operativa dotata di stalla, cani da guardianìa e recinzione elettrificata, le disamine che seguono non includono il territorio della Riserva, ma si limitano ad una descrizione della situazione rilevata nel territorio del PNALM e del PNRMS.Degli allevamenti in cui si è condotto il sopralluogo nel PNALM e nel PNRMS il 76% e il 64% di essi, rispettivamente, avevano almeno una misura di prevenzione (figura 8).

41

PNALM PNRMS RNMD

0

5

10

15

20

25

30

35

BoviniCapriniEquiniOvini

Nu

mer

o A

lleva

me

nti

Figura 7: Tipo di allevamento riportato dagli intervistati nelle tre AAPP considerate.

42

Le misure più frequentemente adottate sono di tipo passivo e tradizionale, rappresentate da stalla (di diversi tipi e in diverse condizioni) e recinzioni metalliche (di altezza variabile). Quando utilizzate una ad una, la misura di protezione più frequente è la stalla, seguita dalla recinzione metallica semplice (figura 9).

In 18 casi (24%) nel PNALM e in 4 casi (16%) nel PNRMS erano presenti più di una misura contemporaneamente (figura 10). La combinazione più utilizzata è la presenza di recinzione metallica e recinzione elettrificata (28% delle combinazioni) nel PNALM e recinzione metallica e cani da guardianìa nel PNRMS (50% delle combinazioni).

43

PNALM PNRMS

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

nessuna misuraalmeno una misura

% in

terv

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Figura 8: Le percentuali degli intervistati che hanno dichiarato di utilizzare almeno una misura di prevenzione nell'area della sede operativa dell'allevamento.

PNALM PNRMS

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Stallaaltrocani da guardianiaRecinzione elettrificataRecinzione metallicaDeterrenti PassiviNessuno

inte

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mis

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Figura 9: Percentuali di misure utilizzate in modo singolo dagli allevatori intervistati nel PNALM e nel PNRMS. La categoria “Altro” include muli, recinzioni di contenimento, box per cavalli, ricoveri con tettoia.

Tra le misure di prevenzione contemplate, indipendentemente dal fatto che fossero utilizzate da sole o in combinazione con altre, la più utilizzata è la stalla nelle due AAPP, seguita dalla recinzione metallica (figura 11).

44

Deter

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70

80PNALMPNRMS

%

Figura 11: La frequenza di uso delle diverse misure di prevenzione nella sede operativa in cui si è condotto il sopralluogo nell'area del PNALM e del PNRMS.

Figura 10: Percentuali delle diverse combinazioni di misure di protezione del bestiame utilizzate nelle sedi operative nel PNALM e nel PNRMS.

Nella quasi totalità dei casi (89% nel PNALM e 95% nel PNRMS) il bestiame non viene mantenuto tutto l'anno in stalla, si tratta perciò di allevamenti di tipo estensivo o semi-brado, in cui gli animali vengono condotti in aree di pascolo e/o in alpeggio per alcuni mesi all'anno.

Nelle sedi operative, la maggior parte degli allevatori utilizza delle misure di “ricovero” a diversa valenza protettiva contro gli attacchi da predatore. Quando utilizzata una sola misura di protezione, essa è più frequentemente una stalla nel PNALM, seguita dalla recinzione metallica che non impedisce al predatore l'accesso al bestiame ma che limita il movimento di quest'ultimo. Nel PNRMS si usano più frequentemente le recinzioni metalliche. Il 24% degli allevatori nel PNALM e il 16% degli allevatori nel PNRMS utilizzano una combinazione di misure contemporaneamente. La combinazione più frequente nel PNALM è recinzione metallica-recinzione elettrificata, seguita dalla stessa con l'aggiunta di cani da guardianìa. Nel PNRMS la combinazione più frequente è recinzione metallica-cani da guardianìa, seguita dall'aggiunta alla stessa di una stalla. Nel PNRMS non vengono utilizzate recinzioni elettrificate né deterrenti passivi. I deterrenti passivi vengono sempre utilizzati in combinazione con la recinzione elettrificata.

CONDUZIONE DEL BESTIAME AL PASCOLO E IN ALPEGGIOTutti gli intervistati hanno dichiarato di portare il bestiame al pascolo per periodi di durata variabile tra 3 mesi e tutto l'anno. La durata del periodo di pascolo è stata suddivisa in quattro fasce: fino a 5 mesi, tra 6 e 10 mesi, e durante tutto l'anno (12 mesi). L'unico allevamento presente nella RNMD prevede un periodo di pascolo di 9 mesi che include i mesi estivi. La figura 12 riporta la percentuale di frequenza degli allevamenti al pascolo nelle tre fasce temporali considerate.

Nell'ottica di valutare l'accessibilità dei pascoli da parte dei titolari, e la loro prossimità alla sede operativa, come indice di facilità di controllo del bestiame, si è proceduto a quantificare la distanza delle aree di pascolo dalle sedi operative. Le aree di pascolo sono a distanza variabile dalla sede dell'allevamento, tra i 100 metri e oltre i 6 km. In alcuni casi

45

Figura 12: Percentuale degli allevamenti che portano il bestiame al pascolo per periodi di tempo diversi, divisi per specie allevata e per area protetta.

sono state specificate località di cui non è stato possibile stimare la distanza dalla sede. La maggior parte dei rispondenti porta al pascolo il bestiame entro 1km dalla sede (60% e 66% per PNALM e PNRMS, rispettivamente), mentre il 17-20% degli allevamenti porta il bestiame al pascolo entro i 2km e tra i 2 e i 5km, in entrambe le aree protette. Nella RNMD l'allevamento esistente porta al pascolo il bestiame entro i 2km dalla sede.I pascoli su cui il bestiame viene portato è utilizzato a diversi titoli: di proprietà, in affitto da privati, in fida dai comuni o privati liberi. Il 30% degli allevamenti del PNALM ha dichiarato di utilizzare i pascoli ad uno solo dei titoli proposti, mentre tutti gli altri utilizzano pascoli a diversi titoli, in combinazione. Nel PNRMS solo un allevamento utilizza pascoli privati liberi, mentre tutti gli altri utilizzano pascoli a diverso titolo, sempre con una parte di terreni di proprietà. In particolare, i più utilizzati sono i terreni di proprietà (68% e 96%, nel PNALM e nel PNRMS rispettivamente), seguiti dai terreni pubblici ottenuti in fida pascolo (figura 13).Benché non fosse riportata la porzione dei pascoli che veniva utilizzata a titolo di fida per uso civico, il 55% e il 64% degli allevatori intervistati nelle due aree, rispettivamente, utilizzano almeno una parte dei terreni pubblici ottenuti in fida.

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E' importante rilevare che a livello nazionale, l'ISTAT riporta un aumento del numero di aziende con terreni in affitto o in uso gratuito (ISTAT, 2011), e tale inflessione positiva è particolarmente accentuata per la regione Abruzzo (+119% dal 2000).

Quando condotti al pascolo, le specie che sono lasciate più frequentemente allo stato brado sono i bovini e gli equini (40% e 27% nel PNALM; 28% e 23% nel PNRMS, rispettivamente).

Mentre gli ovini non vengono lasciati allo stato brado in nessun caso, i caprini vengono lasciati allo stato brado nel 12% e nel 33% degli allevamenti nel PNALM e nel PNRMS, rispettivamente. I bovini non sono mai accompagnati dal pastore (figura 14).

47

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PNALMPNRMSRNMD

Figura 13: Numero di allevamenti che utilizzano terreni a diversi titolo. Il 60% e il 96% dei rispondenti nel PNALM e nel PNRMS, rispettivamente, utilizzano terreni a diverso titolo contemporaneamente.

Il 37% degli allevamenti visitati hanno dichiarato di portare il bestiame in alpeggio per un periodo variabile tra i 2 e i 10 mesi, ma il 90% per il PNALM e il 100% per il PNRMS svolge l'alpeggio tra 5 e 7 mesi l'anno, includendo sempre il periodo estivo.Mentre nel PNALM vengono condotti in alpeggio anche gli allevamenti di caprini e ovini, questo non avviene nel PNRMS, dove solo bovini ed equini vengono condotti in alpeggio in assenza di custodia, allo stato brado (un solo allevamento ha dichiarato di avere un recinto di contenimento per gli equini). Nel PNALM i caprini e gli ovini non vengono mai lasciati in alpeggio allo stato brado, essendo sempre accompagnati da pastori e cani da guardianìa contemporaneamente (figura 15).

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Figura 14: Le percentuali di allevamenti che conducono il bestiame al pascolo con diverse modalità, nel PNALM (a sinistra) e nel PNRMS (a destra). Recinto di contenimento: consente l'ingresso dei predatori al bestiame ma limita i movimenti di quest'ultimo; Recinto elettrico dissuasivo: rende inaccessibile il bestiame al predatore; Recinto anti-predatore: rende inaccessibile il bestiame ai predatori. Per una definizione dettagliata delle misure di protezione cfr. sez. 3.3.

Nelle aree di indagine gli allevamenti non sono di tipo intensivo, utilizzando tutti le aree di pascolo per almeno un periodo all'anno. Nel PNALM gli ovini vengono lasciati al pascolo per periodi più lunghi delle altre specie, mentre nel PNRMS bovini, equini e ovini vengono lasciati al pascolo durante periodi maggiori di 9 mesi. Nella maggior parte dei casi le aree di pascolo si trovano entro 1 km di distanza dalla sede operativa, indipendentemente dalla specie allevata, in entrambe le aree. Il 55% degli intervistati nel PNALM e 64% nel PNRMS utilizzano almeno parte dei pascoli a titolo di fida dai comuni.Sia nel PNALM che nel PNRMS i bovini e gli equini vengono condotti al pascolo allo stato brado nella maggior parte dei casi, mentre gli ovini non vengono mai lasciati senza un guardiano, sia esso il pastore o il cane. Il cane da guardianìa viene utilizzato nel PNALM per bovini, ovini e caprini, mentre nel PNRMS solo per ovini e caprini. Una volta sul terreno di pascolo, il bestiame viene contenuto nei recinti, ad eccezione degli equini nel PNRMS.

Quando condotti in alpeggio, i bovini e gli equini vengono lasciati quasi sempre allo stato brado nel PNALM, mentre nel PNRMS viene allestito un recinto di contenimento solo per gli equini. I caprini e gli ovini vengono condotti in alpeggio solo nel PNALM e sempre con cani e pastori contemporaneamente.

MISURE DI PREVENZIONE ADOTTATE AL PASCOLO ED IN ALPEGGIOLa presenza di misure di prevenzione al pascolo ed in alpeggio è stata indagata in modo indiretto, chiedendo agli allevatori quali fossero le misure adottate nei due casi. Nel PNALM il bestiame viene lasciato al pascolo senza alcuna misura di prevenzione nel 13% dei casi, mentre si tende ad avere misure protettive nella maggior parte dei casi (inclusa una stalla). Nel PNRMS la tendenza risulta invece essere predominante per la mancanza assoluta di misure di prevenzione (54% dei casi). L'allevamento della RNMD,

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Figura 15: Le percentuali di allevamenti che conducono il bestiame in alpeggio con diverse modalità, nel PNALM (a sinistra) e nel PNRMS (a destra). Recinto di contenimento: consente l'ingresso dei predatori al bestiame ma limita i movimenti di quest'ultimo; Recinto elettrico dissuasivo: rende inaccessibile il bestiame al predatore; Recinto anti-predatore: rende inaccessibile il bestiame ai predatori. Per una definizione dettagliata delle misure di protezione cfr. sez. 3.3.

quando ha il bestiame al pascolo, adotta i cani da guardianìa (n = 2), ha una stalla nella zona di pascolo e installa recinzioni per proteggere il bestiame.Analizzando le misure adottate per specie di allevamento nelle aree di pascolo, emerge che quasi esclusivamente per i bovini e gli equini non vengono adottate misure per la protezione del bestiame, mentre per caprini ed ovini gli allevatori si preoccupano di adottare misure preventive per evitare di subire danni, con una spiccata preferenza per i cani da guardianìa nel PNALM e per le recinzioni nel PNRMS (figura 16). Nella categoria “Altro” è intesa la presenza di una stalla nel 90% dei casi per il PNALM e 67% dei casi nel PNRMS.

Non avendo la possibilità di vedere le misure di prevenzione adottate al pascolo e in alpeggio, non si è condotta una valutazione dell'efficacia delle stesse.Il ricovero notturno nelle aree di pascolo è costituito da una stalla nel 51% dei casi nel PNALM e dal 42% nel PNRMS. Un solo caso ha riportato di lasciare il bestiame all'aperto durante la notte nel PNALM (allevamento bovino), mentre nel PNRMS 4 casi hanno dichiarato di lasciare gli animali all'aperto nelle ore notturne (3 allevamenti equini e 1 bovino). Nei rimanenti casi è stato dichiarato di utilizzare ricoveri notturni consistenti in recinzioni di diversa natura, tra i quali il semplice recinto di contenimento è il più usato (tabella 6). L'allevamento della RNMD lascia il bestiame all'aperto durante le ore notturne.

Nelle aree di alpeggio si è rilavata una generale propensione per lasciare il bestiame senza alcuna protezione (38% di casi per il PNALM e 78% dei casi per il PNRMS). Tra le misure adottate nel PNALM prevalgono i cani da guardianìa, mentre nel PNRMS, in cui vengono portati in alpeggio esclusivamente allevamenti di bovini ed equini, si usano muli

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Figura 16: Misure di prevenzione adottate negli allevamenti quando il bestiame è portato al pascolo, suddivisa per specie allevata, nel PNALM (a sinistra) e nel PNRMS (a destra). Deterrenti Passivi: tecniche per disturbare acusticamente o visivamente il predatore; Recinto elettrico dissuasivo: rende inaccessibile il bestiame al predatore; Recinto anti-predatore: rende inaccessibile il bestiame ai predatori. Per una definizione dettagliata delle misure di protezione cfr. sez. 3.3.

e/o stalle (inclusi nella categoria “Altro”). La figura 17 riporta la frequenza delle misure adottate nelle due aree, suddivisa per tipo di allevamento.

Durante l'alpeggio i ricoveri notturni non vengono utilizzati nel 59% dei casi nel PNALM e nel 93% dei casi nel PNRMS, dove un solo allevamento utilizza un recinto di contenimento. Nel PNALM la maggior parte degli allevamenti utilizza un recinto di contenimento (80% dei casi in cui un ricovero è utilizzato), seguito da recinti anti-predatore (tabella 9). E' da notare che data la vicinanza delle aree di pascolo alle sedi operative, (vedi sopra), i ricoveri notturni per le aree di pascolo sono spesso rappresentate dalle strutture presenti nelle sedi operative: stalle e recinzioni di contenimento in legno.

Ricovero notturno PNALM P

PNALM A

PNRMS P

PNRMS A

RNMD P

RNMD A

Aperto 15% 59% 25% 92% 100% 100%

stalla 51% 9% 42%

recinto contenimento 23% 25% 27% 7%

recinto elettrico 4%

recinto anti-predatore 6% 6% 6%

recinto con deterrenti passivi 9%

Tabella 9 - Percentuali di allevamenti che utilizzano diversi ricoveri notturni al pascolo (P) ed in alpeggio (A) nelle tre aree protette in cui si è svolta l'indagine.

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Figura 17: Misure di prevenzione adottate negli allevamenti quando il bestiame è portato in alpeggio, suddivisa per specie allevata, nel PNALM (a sinistra) e nel PNRMS (a destra). Deterrenti Passivi: tecniche per disturbare acusticamente o visivamente il predatore; Recinto elettrico dissuasivo: rende inaccessibile il bestiame al predatore; Recinto anti-predatore: rende inaccessibile il bestiame ai predatori. Per una definizione dettagliata delle misure di protezione cfr. sez. 3.3.

Quando condotti al pascolo, nel PNALM vengono utilizzate misure di prevenzione che consistono nella presenza di cani da guardianìa in prevalenza per gli ovini e i caprini, mentre per i bovini ed equini vengono utilizzate altre misure di protezione come muli o stalle. Per gli equini spesso non si usa alcuna misura di prevenzione. Le recinzioni elettrificate vengono utilizzate solo per gli ovini.Nel PNRMS equini e bovini vengono prevalentemente lasciati senza alcuna misura di prevenzione al danno, mentre per gli ovini vengono utilizzate recinzioni che non permettono l'accesso dei predatori. I caprini vengono lasciati senza protezione per il 50% dei casi.

In alpeggio i bovini e gli equini vengono lasciati senza misure di prevenzione nella maggior parte dei casi sia nel PNALM che nel PNRMS. Gli equini sono accompagnati da muli, considerati un elemento di prevenzione.Nel PNALM gli ovi-caprini vengono accompagnati da cani da guardianìa.I ricoveri notturni sono spesso insufficienti a prevenire un attacco da predatore, sia al pascolo che in alpeggio nelle tre aree considerate. La maggior parte degli allevamenti ha ricoveri notturni per le aree di pascolo che rappresentati solo dalla stalla nel PNALM e nel PNRMS. Mentre in alpeggio si tende a tenere gli animali all'aperto nella maggior parte dei casi. Ove esiste un ricovero, esso è rappresentato da un recinto di contenimento sia nel PNALM che nel PNRMS. In pochi casi è stato riportato l'uso di recinzioni elettrificate o recinti anti-predatore nelle due aree, e prevalentemente al pascolo (in alpeggio solo 2 allevatori nel PNALM utilizzano recinzioni che impediscono l'accesso dei predatori al bestiame).

CONDUZIONE E OCCUPAZIONE DEL TITOLARE DELL'ALLEVAMENTOLe interviste faccia a faccia si sono concluse con una serie di domande tese a stimare la conduzione dell'allevamento e l'importanza dello stesso nell'economia dell'azienda. Nei tre ambiti su cui si è svolta l'indagine la conduzione diretta dall'allevatore o la conduzione familiare sono prevalenti, mentre solo in bassa percentuale (6,6% per il PNALM e 4% per il PNRMS) si è trattato di aziende con salariati.

La maggioranza degli intervistati non è occupato dall'attività zootecnica a tempo pieno, svolgendo altre professioni di varia natura (es.: 1 camionista, 1 commerciante, 1 dipendente comunale, 2 boscaioli, 1 farmacista, 3 autisti, 1 veterinario, 2 mulattieri, etc.). Nella RNMD il titolare dell'allevamento considerato non ha dichiarato essere allevatore professionista. La tabella 10 riporta le percentuali di intervistati ricadenti in ciascuna delle categorie considerate per il PNALM e il PNRMS. Tra gli allevatori professionisti ha usufruito di finanziamenti a supporto dell'attività l'89% nel PNALM e l'80% nel PNRMS.

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Attività PNALM (%) PNRMS (%)

Allevatore 36 20

Pensionato 16 20

Imprenditore 1,3 12

Artigiano 4 0

Casalinga 4 16

Altro 37,3 32

Disoccupato 1,3 0Tabella 10 - Percentuali di intervistati ricadenti nelle varie categorie occupazionali nel PNALM e nel PNRMS.

Solo una parte degli allevatori è professionista ed occupato al 100% nell'attività agricola e zootecnica (36% degli intervistati nel PNALM e 20% nel PNRMS). Molti di essi, sia nel PNALM (42% degli intervistati) che nel PNRMS (44% degli intervistati) sono impegnati in altre professioni e si dedicano alla zootecnìa solo in modo parziale. Esiste una parte di allevatori che sono pensionati o casalinghe, perciò possono dedicarsi alle attività a tempo pieno, ma non possono usufruire delle agevolazioni messe a disposizione dai PSR.

4.4 Colloqui informali con i dirigenti degli enti parco

Sono stati condotti 7 colloqui informali con i referenti delle 4 aree protette incluse nell'area di indagine. Nella fattispecie, sono stati consultati i direttori e diverse figure tecniche che si occupano della gestione del territorio, incluse le attività zootecniche e la conservazione dell'orso. La RNMD non ha il direttore, e sono stati consultati il responsabile della vigilanza e il tecnico naturalista.Le informazioni fornite indicano una generale mancanza di pianificazione del territorio e di strategie di conservazione dei pascoli. Non viene mai eseguita una valutazione a priori dell'impatto del bestiame sui pascoli interni al territorio delle AAPP, e non si ha un'immediata informazione sulla presenza ed entità dei capi al pascolo. Non esiste infatti una banca dati unificata, ma le informazioni vengono eventualmente richieste ai singoli comuni competenti, che forniscono dati cartacei.Nei casi in cui la gestione del comparto zootecnico fosse inclusa nel piano di gestione dell'AP, essa non è operativa, poiché nessuna delle AAPP è dotata di un piano di gestione approvato ed applicato. Il PNALM e il PNRMS hanno depositato il piano di gestione e sono in attesa di sua approvazione da parte degli enti competenti. L'unica attività che viene condotta in modo sistematico e regolamentato è l'indennizzo dei danni causati dai predatori al bestiame domestico. In tutte le AAPP l'indennizzo è condizionato al controllo del rispetto della normativa vigente, con riferimento specifico alla PAC (PNRSV), ai regolamenti di fida pascolo (PNALM) o alla presenza del personale del parco durante il sopralluogo (RNMD). Spesso il rimborso viene pagato in seguito ad indicazioni dei servizi sanitari nazionali esclusivamente, senza effettuare sopralluogo da parte dei tecnici dell'AP (PNALM, PNRMS) e non condizionato all'uso di misure di prevenzione (PNRMS).

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Tutte le AAPP hanno intrapreso programmi di assistenza agli allevatori cedendo strutture di protezione del bestiame, ma con scarsa continuità e sempre nell'ambito di progetti specifici, con fondi dedicati. Questa discontinuità non permette di includere le attività di controllo dell'utilizzo delle strutture nelle attività di routine del personale di sorveglianza adibito.I responsabili tecnici nelle AAPP hanno la possibilità di archiviare i dati sulla presenza dell'orso e altre specie di valore naturalistico in sistemi informatici. Allo stesso modo le AAPP dispongono di elenchi informatizzati degli allevamenti che hanno richiesto indennizzi per danni causati dalla fauna selvatica. Questi strumenti, se utilizzati in modo efficiente, potrebbero essere integrati con una banca dati di presenza degli allevatori sul territorio per pianificare l'eventuale necessità di variazione di carico del bestiame, o di rotazione.

Le AAPP non sono attualmente dotate di piano di gestione delle aree pascolive. Non hanno disponibilità di informazioni complete e fruibili sull'uso dei pascoli pubblici all'interno del proprio territorio, ma devono eventualmente richiederle alle amministrazioni comunali.L'unico regolamento vigente riguarda l'indennizzo dei danni causati dalla fauna selvatica (cfr. relazione azione A3), che condiziona teoricamente l'indennizzo all'uso di misure di prevenzione e non contempla l'indennizzo per il pascolo abusivo (cfr. sez. 4.1.3). Le AAPP dispongono di strumenti tecnici che se integrati, aggiornati e completati, possono contribuire alla pianificazione e controllo della gestione dei pascoli e dell'attività zootecnica nel territorio di loro competenza.

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5. Discussione

Il progetto LIFE ARCTOS ha l'obiettivo di salvaguardare le popolazioni di orso bruno nelle Alpi e nell'Appennino attraverso una serie di azioni coordinate che coinvolgono diversi settori. Il settore zootecnico è certamente tra quelli che possono influire sul buon esito delle attività di conservazione dell'orso, particolarmente se la pratica zootecnica non è condotta in modo pianificato ed in piena considerazione delle criticità a cui sono esposte le popolazioni di orso, particolarmente all'interno delle AAPP. E' importante sottolineare come nelle AAPP sono permesse pressoché tutte le attività che si possono svolgere al loro esterno, fatta eccezione per la caccia. E' per questo imprescindibile stabilire delle regole che producano un effetto significativo in termini di conservazione dell'ambiente naturale, quale è il mandato delle AAPP, ed in particolare nell'area Appenninica, di conservazione dell'unica popolazione di orso bruno marsicano, poiché le AAPP detengono la responsabilità totale della sua sopravvivenza.L'indagine condotta ha messo in luce una serie di aspetti che meritano attenzione, ma in generale ha evidenziato come la normativa esistente in materia di regolamentazione dell'attività zootecnica non manca ma è spesso non adeguata. Il vero problema sembra essere da una parte l'applicazione della normativa Nazionale (che traduce essenzialmente quella comunitaria) e Regionale a livello locale, e come il ruolo delle AAPP sia attualmente di scarso rilievo nella formulazione e nell'applicazione degli strumenti normativi che regolano il comparto zootecnico; dall'altra l'aggiornamento della normativa regionale che deve essere in linea con i principi di multifunzionalità del territorio e con una pratica zootecnica moderna. Infatti, mentre la normativa Europea e Nazionale è indicativa e non specifica, i PSR regionali sono particolarmente dettagliati, e le leggi regionali prevedono misure che dovrebbero rendere la gestione della zootecnìa sostenibile e coerente con la conservazione ambientale. Si fa notare il caso della LR 25/88 della Regione Abruzzo che contempla il pascolo brado.

L'attuazione del quadro normativo vigente che emerge dalla disamina effettuata è estremamente frammentato e incompleto, e prevede uno scarso rilievo del ruolo delle AAPP nella gestione dell'attività zootecnica. Benché non esista un regolamento specifico per la gestione dei pascoli e nelle le AAPP, esse hanno comunque la facoltà di richiedere informazioni ai comuni sui pascoli dati in fida, e possono richiedere che alcuni pascoli non siano dati in affidamento. In realtà tale meccanismo è molto raramente applicato poiché si tende a non interferire con le decisioni gestionali dei comuni, che comunque favoriscono gli interessi degli abitanti, spesso indipendentemente da quanto prescritto dalla L.N. 394/91 (cfr. Art. 1, com.4). Tra la documentazione raccolta è da segnalare un caso in cui, nel 1996, il Presidente del PNALM diffida il comune di Rocchetta a Volturno ad autorizzare il pascolo di bestiame diverso da quello ovino nei pascoli ricadenti all'interno della superficie del parco stesso per non vanificare gli sforzi di conservazione della popolazione di camoscio appenninico. Tale scelta, fatta in base a quanto previsto dalla L.N. 394/91, in base alla quale le AAPP dovrebbero avere come obiettivo primario quello di “garantire e di promuovere, in forma coordinata, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale” appare come un episodio isolato. In quest’ottica, del resto, le attività agro-silvo-pastorali dovrebbero essere salvaguardate per realizzare “un'integrazione tra uomo e ambiente” (L.N. 394/91 art. 1 com. 3b), sebbene le attività produttive debbano risultare

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comunque “compatibili” con la tutela ambientale (art. 1 com. 4).

Nella situazione attuale la condizione di vulnerabilità della popolazione di orso bruno marsicano richiede uno sforzo particolare se non straordinario di gestione e coordinamento, che contempli la conservazione dell'orso come prioritaria almeno per un periodo di tempo tale che permetta la ripresa della popolazione. Di contro, attualmente, si è riscontrata nella presente indagine la tendenza a garantire la salvaguardia degli interessi delle attività umane piuttosto che quelli di conservazione dell'orso. In assenza di un coordinamento territoriale e di competenze dirette degli enti interessati al territorio in questione sarà impossibile innescare un meccanismo di gestione preventiva delle attività zootecniche tese alla conservazione dell'orso, ma anche del territorio e alla produzione di migliore qualità dei prodotti.

Risulta invece particolarmente carente la normativa locale, che appare poco o affatto coordinata, scarsamente recettiva della normativa regionale e nazionale e spesso obsoleta. E' interessante che dai risultati dell'indagine emerge una forte disomogeneità tra i regolamenti locali, in particolare per alcuni aspetti, quali la guardianìa e il carico di pascolo. La gestione del pascolo pubblico soggetto a uso civico è certamente oggetto di un intenso lavoro di mediazione tra gli interessi dei cittadini e di chi gestisce il territorio e dovrebbe garantire la sostenibilità nell'uso delle risorse naturali. In realtà appare evidente l'interesse economico da parte delle amministrazioni locali per la gestione dei pascoli pubblici. Ne è dimostrazione il fatto che ove non siano presenti (o disponibili) i regolamenti per l'affidamento del terreno, sono comunque presenti aggiornamenti della tassa di fida. L'interesse però, sembra essere limitato alla riscossione della tassa di fida, e non all'impiego di tali risorse nei pascoli stessi. Tassa di fida che comunque in alcuni casi non è assolutamente significativa per il bilancio comunale, dimostrando come l'amministrazione non abbia coscienza della risorsa che è tenuta a gestire, ma che piuttosto espleta un ruolo di gestore accomodante nei confronti dei cittadini. Tali risorse, infatti, una volta rese significative, dovrebbero essere utilizzate per la gestione e il miglioramento delle aree di pascolo.D'altra parte, caricare di responsabilità i comuni è una operazione estremamente difficile in virtù (1) della forte influenza che i comuni hanno sull’Ente Parco in sede di Consiglio Direttivo, e (2) del fatto che la maggior parte dei comuni montani versa in una situazione difficile dal punto di vista economico, e la loro strategia vitale è basata sul cercare di salvaguardare gli interessi dei cittadini nell'immediato, nonché di utilizzare i propri beni demaniali (boschi e pascoli) ai fini esclusivamente produttivistici di breve termine (M. Pellegrini, Regione Abruzzo, com. pers.); in quest’ottica non si riesce a pianificare una strategia di lungo termine e quindi innescare meccanismi migliorativi ed ecocompatibili. Appare evidente come la presenza di un processo di pianificazione territoriale e di gestione delle aree di pascolo permetterebbe la formulazione di preventivi di spesa necessari per assicurare lo svolgimento delle misure necessarie per conservare il territorio e l'inclusione delle attività di pascolo, con le entrate che esse eventualmente generano, nel sistema di gestione stesso. In assenza di una pianificazione integrata, la tassa di fida non è gestita nell'ambito di obiettivi precisi, perciò spesso non adeguata alle attività necessarie per la gestione dei pascoli stessi.

La gestione dei territori pascolivi passa per una serie di enti che hanno competenza in diversi ambiti. Il coordinamento e la collaborazione tra essi sicuramente garantirebbe l'applicazione della normativa in modo adeguato. Ad esempio, mentre le Regioni hanno la responsabilità della gestione dei fondi Europei per i PSR, condizionando la loro assegnazione, le AAPP non partecipano ai programmi regionali (es. PSR) e manca una

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rappresenta politica e strategica degli enti parco nei momenti decisionali/programmatori di scala vasta (PSR, DOCUP, FSE, FAS ecc), e ciò rappresenta un serio problema (M. Pellegrini, Regione Abruzzo, com. pers.). Sarebbe molto importante che le AAPP avessero un rappresentante politico in queste occasioni, al fine di assicurare il rispetto delle regole a cui si ispira l'istituzione dell'AP stessa.

Altro esempio di “schizofrenia” amministrativa è rappresentata dalla diversità delle leggi regionali che si applicano in porzioni del territorio incluso nella stessa AP: il PNALM. Così, mentre per la regione Abruzzo il pascolo brado è contemplato, lo stesso è esplicitamente vietato nella regione Lazio. Il PNALM, che dovrebbe assicurare la conservazione del patrimonio naturale all'interno del proprio territorio, si trova evidentemente ad interagire con amministrazioni comunali che fanno riferimento a diverse norme Regionali.Allo stesso tempo esiste sicuramente una difficoltà posta dalla inadeguatezza delle risorse disponibili per la gestione oculata del territorio. Ad esempio, le amministrazioni comunali sono delegate dalle regioni alla gestione del territorio e spesso non hanno a disposizione risorse adeguate. Questo limita enormemente non solo l'aggiornamento e la modifica della normativa, ma anche la sua applicazione ed il controllo del rispetto. Considerato che la fida pascolo rappresenta un'entrata economica nel bilancio dell'amministrazione comunale, e che la tendenza degli ultimi decenni all'abbandono delle aree rurali (ISTAT 2001), i Comuni hanno probabilmente una tendenza a facilitare l'accesso ai pascoli ai non residenti, per evitare l'abbandono delle campagne e per garantire comunque l'entrata della tassa di fida. L'entrata economica però non assicura la gestione dei terreni pascolivi e/o il reintegro dei fondi a fini gestionali, di miglioramento e tutela ambientale e di conservazione. In molti casi il controllo stesso del rispetto delle norme vigenti è scarsamente esercitato per inadeguatezza delle risorse umane e finanziarie in capo agli enti preposti (es. CFS).

La pratica della zootecnìa nelle AAPP considerate riflette la tendenza generale registrata dagli organi ufficiali su vasta scala: una graduale diminuzione del numero di aziende e del numero di capi (ISTAT, 2001; 2011), con particolare flessione registrata relativamente agli allevamenti ovini in confronto a quelli bovini (Galluzzi et al., 2010). In particolare, in provincia dell'Aquila i dati ufficiali riportano un aumento dei capi bovini adulti di circa il 17% rispetto ai dati rilevati nel 2000 (ISTAT, 2011). Nonostante questa flessione negativa generalizzata, localmente le tendenze possono anche rivelarsi opposte, specialmente all'interno delle AAPP, laddove una gestione di compensazione dei danni potrebbe facilitare fenomeni di “migrazione” di aziende limitrofe all'interno delle AAPP. Per questo motivo, il pascolo del bestiame domestico rappresenta ancora una minaccia significativa per la conservazione dell'orso bruno marsicano, in modo particolare se condotta con modalità scarsamente o per nulla pianificate e regolamentate, e se dominata da specie che comportano pratiche scarsamente compatibili con la presenza dell'orso stesso.Tale cambiamento ha un effetto potenzialmente molto amplificato sulla conservazione dell'orso, poiché, da quanto emerso dalle interviste condotte presso le singole aziende, i bovini sono più spesso lasciati allo stato brado e responsabilizzano gli allevatori nel confronto della sorveglianza in misura minore rispetto all'allevamento degli ovini, che, tradizionalmente, sono sempre stati associati al pascolo e in alpeggio ad elementi funzionali di sorveglianza.

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6. Considerazioni gestionali

Appare evidente che sarebbe necessario innescare meccanismi, anche semplici, di incentivazione a tecniche di zootecnia maggiormente virtuose e compatibili con la conservazione dell'orso, nonché prevedere un sistema di valutazione e controllo che coinvolga personale di diverse amministrazioni che collaborino per un obiettivo comune. Tutto questo non in base ad uno stravolgimento normativo, ma essenzialmente nel pieno recepimento della volontà di valorizzare le attività agro-silvo-pastorali in termini di sostenibilità e di compatibilità già previsti dalla normativa vigente (L.N. 394/91, art. com. 4).

In questo senso, benché i PSR prevedano l'erogazione di fondi a supporto di misure e tecniche compatibili con una buona gestione del territorio (es. ammodernamento delle strutture, strutture di difesa e protezione, incentivi per la diversificazione della produzione, etc.), attualmente si rileva uno scarso successo nell'applicazione delle misure stesse. I motivi di tale situazione sarebbero da indagare ulteriormente, ma è probabile che si tratti di una fondamentale mancanza di informazione e facilitazione nei confronti degli allevatori, e di una scarsa valorizzazione, da parte delle amministrazioni locali, delle misure offerte dai PSR stessi, forse dovuta allo scarso coinvolgimento delle amministrazioni locali nei processi decisionali dei PSR stessi. Se esistessero dei criteri tali da condizionare le modalità di conduzione del bestiame per poter accedere all'uso dei pascoli, probabilmente si assisterebbe ad un uso più ampio dei fondi disponibili ed un cambiamento significativo delle modalità di gestione della pratica zootecnica.

I risultati dei sopralluoghi condotti nelle aziende rivelano in generale uno scarso rispetto della normativa vigente, soprattutto per quel che concerne la sorveglianza del bestiame. D'altro canto appare piuttosto chiaro che, nelle situazioni attuali, è probabile che alcuni allevatori potrebbero avere un maggior profitto economico nel non rispettare le norme vigenti perché le pene non sono adeguate alle violazioni, specie in Abruzzo e Molise, sia perché nei regolamenti comunali non è previsto – o applicato quasi mai – il diniego dell’autorizzazione a seguito di violazioni di un certo tipo (L. Sammarone, CFS-CTA, com. pers.). Emerge anche un quadro di scarsa professionalità che limita sicuramente l'investimento di risorse (umane ed economiche) nell'attività zootecnica. Benché i PSR offrano diverse misure per incentivare l'imprenditorialità agricola, sembra che molte di esse non vengano utilizzate. In questo giocano un ruolo determinante le associazioni di categoria, che vengono delegate dalle regioni ad assistere gli allevatori nella richiesta dei fondi a disposizione e nella certificazione del fascicolo di azienda (necessario per poter accedere ai fondi). Vale comunque la pena sottolineare la presenza di alcuni casi di allevatori “virtuosi” che con spirito imprenditoriale e profonda responsabilità, mettono in atto diverse misure gestionali che li portano ad una conduzione della zootecnìa assolutamente compatibile con la presenza dell'orso. Tali iniziative andrebbero valorizzate e incentivate appieno da parte delle AAPP in cui risiedono a scapito di altre forme di allevamento meno compatibili e responsabili, e ciò può essere ottenuto attraverso diversi mezzi, non ultimo la promozione differenziale della produzione locale legata alla filiera corta e a condizionalità specifiche dei programmi d’indennizzo.

Vale la pena inoltre di evidenziare una serie di misure incluse e attivate da alcuni PSR che non sono direttamente rivolte alla zootecnìa, ma che potrebbero avere un impatto

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sull'intero settore (Tabella 11).

Misura Descrizione Impatto potenziale sulla conservazione dell'orso

Misura 111 Informazione e aggiornamento in campo agricolo, forestale e agroalimentare

Opportunità di inserire moduli formativi che includano nozioni di ecologia e uso delle risorse dell'orso

Misura 112 Insediamento dei giovani agricoltori

Possibilità di instaurare collaborazioni con giovani imprenditori più aperti a nuove tecniche di conduzione

Misura 113 Prepensionamento degli imprenditori e dei lavoratori agricoli

Possibilità di migliorare le condizioni economiche di allevatori anziani e assicurare un entrata, con conseguente minore impatto degli eventi di predazione da orso

Misura 121 Ammodernamento delle aziende agricole

Possibilità di costruire ricoveri a prova di orso; possibilità di migliorare l'efficienza della produzione per ridurre l'impatto economico della predazione da orso

Misura 125 Miglioramento e creazione di infrastrutture connesse allo sviluppo e all'adeguamento dell'agricoltura e della selvicoltura

Possibilità di costruire ricoveri anti-predatore eventualmente inseriti come condizionalità per ricevere indennizzi

Misura 215 Pagamenti per il benessere degli animali

Opportunità per assicurare adeguata profilassi sanitaria e minimizzare il rischio sanitario per l'orso

Misura 311 Diversificazione verso attività non agricole

Opportunità per avviare attività connesse con la filiera corta e aumentare il reddito degli allevatori, minimizzando l'impatto della predazione da orso

Misura 313 Incentivazione di attività turistiche

Opportunità per veicolare il messaggio di esclusività delle aree abitate dall'orso; opportunità per aumentare le attività di vendita dei prodotti agricoli, miglioramento delle condizioni economiche e minimizzazione dell'impatto della predazione da orso

Tabella 11 - Misure previste nei piani di sviluppo rurale che hanno un impatto potenziale sulla conservazione dell'orso attraverso la loro attuazione nel comparto zootecnico.

Queste misure contribuiscono a ristrutturare il settore agro-zootecnico in modo da rendere le condizioni di vita meno dure per gli allevatori, ma richiedono un impegno particolare perché sono comunque attivate con il principio di condizionalità (cfr sez. 4.1.1).Le AAPP potrebbero assumere un ruolo catalizzatore nell'abito del corretto uso di tali risorse, lavorando di concerto con le amministrazioni comunali e regionali.

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ed in questo caso si deve ovviamente parlare prioritariamente della tutela dell'orso bruno marsicano. La gestione dell'esigua popolazione appenninica dovrebbe contemplare delle misure straordinarie ed impellenti che riducano con ogni mezzo qualsiasi rischio di mortalità in modo da permettere, nell’immediato futuro, condizioni che facilitino la ripresa ed eventualmente l‘espansione della popolazione. Questo rinnovato ruolo propulsivo delle AAPP, nello specifico, dovrebbe contemplare misure straordinarie anche per la gestione dei pascoli, con aree interdette e controlli intensivi per garantire il rispetto della normativa vigente. In una fase iniziale sarebbe sufficiente soddisfare i requisiti della normativa vigente e condurre una valutazione ex-ante dell'impatto della presenza di attività zootecnica sulla conservazione dell'orso. Nonostante si miri a gestire le attività antropiche del parco secondo un principio di usi multipli del territorio, non è affatto lecito assumere che questi siano tra essi compatibili e, in quest’ottica, fondamentale che la conservazione della popolazione di orso bruno marsicano assuma priorità rispetto a qualsiasi altra destinazione di uso dei territori e degli ambienti naturali, attività zootecniche incluse; tra le altre cose, ciò rende necessario un congelamento del carico di bestiame, che dovrebbe essere calcolato in base ad una valutazione della produttività dei pascoli e mantenuto vicino al minimo possibile per almeno 10 anni, al fine di minimizzare l'interazione tra orso e bestiame domestico.

In una fase successiva, in seguito al raggiungimento di condizioni maggiormente compatibili, ed eventualmente all'abbattimento dei tassi di mortalità e del disturbo arrecato all'orso, si può transitare il sistema delle AAPP nell’areale dell’orso verso forme di gestione “ordinaria” delle aree pascolive, con l'applicazione puntuale delle normative vigenti.

Nell'ottica di conseguire obiettivi realistici per la conservazione della popolazione di orso marsicano, si possono prevedere una serie di attività correttive che riguardano la gestione della pratica zootecnica e che possono influenzare direttamente la tutela dell’orso:

- Obiettivo 1: accresciuto accesso da parte dell’orso a risorse trofiche naturali- Obiettivo 2: diminuzione del disturbo e dei rischi di conflitto con l’attività antropica- Obiettivo 3: acquisizione di norme aggiornate e coerenti in tutto l'areale dell'orso

bruno marsicano- Obiettivo 4: attivazione di processi di conservazione partecipativa verso forme di

attività agro-silvo-pastorali “compatibili” (sensu L.N. 394/91 art. 1 com. 4).

Al fine di schematizzare le caratteristiche del comparto zootecnico nell'area di indagine, e quindi facilitare una sintesi decisionale ai fini della definizione delle linee guida, si è condotta un'analisi che ha permesso di mettere in evidenza i punti di forza e i punti di debolezza intrinseci del sistema zootecnia nelle AAPP oggetto di quest’indagine, nonché di indicare le opportunità o, al contrario le minacce, che possono derivare dal contesto esterno (es. normativo, economico, sociale). Da questa analisi, detta SWOT (dall'inglese Strengths, Weaknesses, Opportunities, Threats; Allegato 3) e utilizzata anche in sede di stesura del PATOM (AAVV 2009), sono stati estrapolati gli spunti gestionali alla base dello sviluppo delle linee guida per una gestione zootecnica compatibile con la tutela dell'orso bruno marsicano; questo approccio, a nostro avviso, è anche funzionale, nell’ottica di un processo partecipativo (vedi Obiettivo 4 sopra), a rendere trasparente e quindi ripetibile il percorso conoscitivo e decisionale qui seguito ai fini di una sua condivisione all’interno consessi sociali o amministrativi differenti o allargati.

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BIBLIOGRAFIA CITATA

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Allegato I – Questionario usato per interviste agli allevatori

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QUESTIONARIO AGLI ALLEVATORI

Tecniche di gestione del bestiame

Il bestiame dell’allevamento in questione è tenuto tutto l’anno in stalla? si no

In caso di risposta negativa, indicare la modalità di conduzione al pascolo:

1) Pascoli limitrofi alla sede operativa e (siglare una o più voci):

1 in presenza del pastore 5 terreno con recinto elettrico dissuasivo2 allo stato brado (nessun tipo di custode) 6 terreno con recinto elettrico di contenimento

3 in presenza cani da guardiania (numero:______)4 altro (ad es. in presenza di muli, ecc):_____________________________________________

7 terreno con recinto di contenimento 8 terreno con recinto anti-predatore

2) Zona d’alpeggio

1 in presenza del pastore 5 terreno con recinto elettrico dissuasivo2 allo stato brado (nessun tipo di custode) 6 terreno con recinto elettrico di contenimento

3 in presenza cani da guardiania (numero:______) 4 altro (ad es. in presenza di muli, ecc):_____________________________________________

7 terreno con recinto di contenimento 8 terreno con recinto anti-predatore

b)Nel caso del bestiame allo stato brado, come avvengono i prelievi di profilassi sanitaria?

Note:___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

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b) valutazione di funzionalità delle recinzioni

1 recinzioni metalliche anti-predatore o elettrificate dissuasive:____________________________________2 recinzioni metalliche anti-predatore o elettrificate con carenze strutturali (specificare: ______________________ __________________________________________________________________________________________3 recinzioni elettriche o meccaniche di contenimento:___________________________________________________4 recinzioni elettriche o meccaniche che consentono la dispersione del bestiame:_____________________________

Note: ___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

c) al momento del sopralluogo il bestiame viene condotto al pascolo:

- in presenza di: 1 pastore 2 cani da guardiania 3 cani e pastore

- in un recinto: 4 anti-predatore 5 di contenimento elettrificato 6 di contenimento meccanico Note:_________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

c) I sistemi di prevenzione adottati consistono in:

Sede operativa Sede d’alpeggio

d) Stagionalità di pascolo: si no

Se si, quali mesi: Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic

e in alpeggio: Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic

e) Gestione dei parti:

- Sede operativa: 1 all’aperto 2 in stalla 3 in un recinto specifiche del recinto: 3.1 di contenimento (elettrico o meccanico) 3.2 elettrico dissuasivo 3.3 anti-predatore 3.4 con deterrenti passivi

- Zona d’alpeggio: 1 all’aperto 2 in stalla 3 in un recinto specifiche del recinto: 3.1 di contenimento (elettrico o meccanico) 3.2 elettrico dissuasivo 3.3 anti-predatore 3.4 con deterrenti passivi

f) I maschi in età riproduttiva vengono tenuti tutto l’anno all’interno della mandria o del gregge?

si no Note_________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

g) Il ricovero notturno:

- Sede operativa: 1 all’aperto 2 in stalla 3 in un recinto specifiche del recinto: 3.1 di contenimento (elettrico o meccanico) 3.2 elettrico dissuasivo 3.3 anti-predatore 3.4 con deterrenti passivi

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1 Nessuno 1 Nessuno 2 Deterrenti passivi 2 Deterrenti passivi 3 Recinzioni anti-predatore 3 Recinzioni anti-predatore 4 Cani da guardiania (numero____; razza__________) 4 Cani da guardiania (numero____; razza__________) 5 Recinzioni elettriche dissuasive 5 Recinzioni elettriche dissuasive 6 Altro (specificare sotto) 6 Altro (specificare sotto)

Note:____________________________________________________________________________________________________________________________________________________

Note:________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

- Zona d’alpeggio: 1 all’aperto 2 in stalla 3 in un recinto specifiche del recinto: 3.1 di contenimento (elettrico o meccanico) 3.2 elettrico dissuasivo 3.3 anti-predatore 3.4 con deterrenti passivi

h) Il bestiame viene alternato sui pascoli? si no

i) Qual’è il destino dei capi di bestiame morti per cause naturali?

1 combustione 2 sotterramento 3 abbandono sul terreno di pascolo

4 in centri di smaltimento 5 date in pasto ai cani 6 altro_________________________________________________________________________________________________________________

Note_____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

l) Qual’è il destino dei capi di bestiame uccisi dai predatori?

1 combustione 2 sotterramento 3 abbandono sul terreno di pascolo

4 in centri di smaltimento 5 date in pasto ai cani 6 altro_________________________________________________________________________________________________________________Note_____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

Descrittori socio-economici

a) Qual’è l’attività principale svolta dall’allevatore?_____________________________________

b) La forma di conduzione dell’allevamento è:

1 diretta dell’allevatore 2 a conduzione familiare 3 con salariati 4 altro________________________

c) Titolo di possesso ed uso dei terreni:

1 in proprietà 2 affitto da privati 3 demaniali 4 privati liberi 5 altro _______________________

d) In quali località viene fatto pascolare il bestiame?:_____________________________________________________________________________________________________________________

e) Il comune provvede a recintare i terreni comunali? si no

e) Il bestiame tende spesso a sconfinare nei territori di altri comuni limitrofi? si no

f) Quali interventi nei terreni di pascolo demaniali reputa necessari per migliorare le condizioni lavorative?_____________________________________________________________________

________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

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g) Orientamento produttivo:

latte - Lt./giorno:_________________________________ carne - n° di capi venduti al macello/anno:______________________ da diporto - resa al macello (peso della carcassa/peso vivo*100): _______ da riproduzione

Note:___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

h) Modalità d’allevamento: 1 estensivo 2 intensivo 3 semi-brado 4 altro______________________

i) L’allevatore richiede contributi o premi per l’esercizio zootecnico? si no

se si, quali?_______________________________________________________________

* * * * *Note di sintesi:____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

Data di compilazione:___/___/___ Rilevatore:______________________________

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Allegato II – Guida per colloquio informale con rappresentanti delle AAPP

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Guida per colloquio informale con responsabili Enti.

Ha l'Ente una strategia generale per la gestione della zootecnica nel rispetto delle necessità di tutela dell'orso?

Si No

Se SI: quale?

Esiste un regolamento per le attività zootecniche? Si No

Se SI: quali i criteri sui quali si basa il regolamento? (valutazione se sono contemplati orso e/o grandi carnivori)

Nel piano di gestione del parco (a che punto è del processo di approvazione e implementazione?) è previsto un capitolo sull'attività zootecnica?

Si No

Se NO: quali strumenti ha il Parco per coordinare e gestire l'esercizio zootecnico nel proprio territorio?

L'Ente ha la possibilità di impedire che un Comune autorizzi il pascolo in area di riserva integrale o altra area di particolare rilevanza per le specie selvatiche (vedi: orso)?

Si No

L'Ente possiede gli strumenti necessari per avere informazioni su quanti allevatori e quanti capi sono presenti sul territorio?

Si No

Il servizio di sorveglianza riporta/è autorizzato a riportare situazioni irregolari nello svolgimento delle attività zootecniche sul territorio?

Si No

Se SI: quale il decorso di tali osservazioni? Quante le denunce agli allevatori per illeciti a carico del comparto zootecnico negli ultimi 5 anni?

L'Ente prevede un processo di valutazione di impatto del bestiame in aree utilizzate dall'orso?

Si No

Se SI: quante volte lo ha fatto negli ultimi 5 anni?

L'Ente ha mai pensato a incentivi per forme di zootecnia compatibili con la conservazione dell'orso?

Si No

Se SI: quali potrebbero essere?

L'Ente collabora con i servizi veterinari per garantire un corretto svolgimento della profilassi sanitaria e della procedura di smaltimento delle carcasse?

Si No

Se SI: sono stati elaborati specifici protocolli?

L'Ente fornisce assistenza agli allevatori in materia di strutture quali abbeveratoi e/o stazzi nelle aree di pascolo?

Si No

L'Ente prevede la cessione di strutture per proteggere il bestiame dal danno da orso? Si No

L'Ente prevede la valutazione di aziende che possano produrre con il marchio del “Parco”?

Si No

L'Ente possiede un sistema informativo territoriale con la localizzazione dei danni provocati dagli orsi?

Si No

L'Ente possiede un sistema informativo territoriale con la localizzazione degli orsi? Si No

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Allegato III – Analisi SWOT

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Analisi SWOT del comparto zootecnico nella porzione Appenninica del progetto LIFE ARCTOS.

PremessaConsiderato lo status di conservazione dell'orso Marsicano e l'allarmante dimensione della popolazione, ormai limitata a poche decine di individui che gravitano principalmente nei territori del PNALM e le AAPP contigue, l'indagine conoscitiva sul comparto zootecnico condotta nel periodo estivo del 2011 nell'ambito del progetto LIFE ARCTOS fornisce una serie di spunti per rivalutare il ruolo delle AAPP nella gestione delle attività connesse alla pratica della zootecnìa. L'allevamento del bestiame è infatti permesso e tutelato all'interno delle AAPP (L. 394/91), ma necessariamente deve essere svolto secondo criteri e principi di conservazione della biodiversità, come da mandato delle AAPP. D'altro canto, non si può trascurare né il valore economico della pratica zootecnica né quello per la gestione del territorio, utile per mantenere gli ambienti agro-silvo-pastorali e la biodiversità ad essi associata. L'allevamento del bestiame non solo appartiene al patrimonio culturale delle aree centro-appenniniche, ma le attività connesse sono necessarie per evitare l'erosione dei suoli, a condizione che siano condotte secondo criteri di sostenibilità. La pratica zootecnica rappresenta perciò un valore da tutelare, e da considerare come integrata nell'ambiente e nel territorio. Se questo è vero per l'intero territorio nazionale, in accordo con la vocazione delle aree specifiche, nelle AAPP tale valore deve forzatamente essere integrato con pratiche che diano priorità alla conservazione degli habitat e delle specie naturali. Al fine di fornire uno strumento di indirizzo, che fornisca indicazioni sulle pratiche da mettere in atto al fine di garantire lo svolgimento della pratica zootecnica in coerenza con gli obiettivi di conservazione dell'orso, si è condotta un'analisi dei fattori emersi durante l'indagine svolta. L'analisi ha come obiettivo quello di evidenziare i punti di forza e di debolezza intrinseci del sistema di gestione del comparto zootecnico, mettendoli in relazione con le opportunità e le minacce che sono rappresentate da fattori esterni. Tale analisi, detta SWOT (dall'inglese Stregths, Weaknesses, Opportunities and Threats), e già applicata in ambito PATOM (AAVV, 2009), è funzionale alla definizione di azioni che siano il più possibile concrete e che abbiano elevate probabilità di esser messe in atto sfruttando le risorse interne e le opportunità esterne al sistema oggetto di analisi.Tenendo in considerazione gli obiettivi di conservazione dell'orso e i risultati dell'analisi SWOT si sono successivamente elaborate delle linee guida per la conduzione della pratica zootecnica compatibile con la conservazione dell'orso bruno marsicano.

L'analisi SWOTIl percorso gestionale richiede una fase partecipativa per poter assicurare la condivisione degli obiettivi alla luce di una informazione chiara, esaustiva ed aggiornata. Tale fase di condivisione può essere intrapresa utilizzando l'analisi SWOT come spunto per raggiungere degli accordi concreti sulla strategia da mettere in atto per assicurare una pratica della zootecnìa che minimizzi l'impatto sulla conservazione dell'orso e degli habitat utilizzati. E' necessario specificare che la valutazione del sistema viene condotta da un punto di vista che ha come riferimento la visione futura del sistema stesso in armonia con la conservazione dell'orso. Non

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si tratta perciò di un'analisi del comparto zootecnico per se, ma piuttosto della sua compatibilità con la conservazione del plantigrado e degli habitat utilizzati che rischiano di essere sottoposti ad un uso eccessivo che ne determinerebbe il loro rapido esaurimento. Si può definire una vision che ha come motivazione principale l'adozione di una serie di misure coordinate e integrate che portino alla minimizzazione del conflitto dell'orso bruno marsicano in coesistenza con le attività antropiche.In quest'ottica l'obiettivo generale sarebbe quello di avere nell'areale dell'orso un comparto zootecnico virtuoso e premiante, ma allo stesso tempo tale che assicuri una crescita della popolazione di orso anche in aree esterne alle AAPP.

L'analisi SWOT è presentata sotto forma di matrice, e riporta molti dei punti emersi nell'indagine ampiamente descritta nella relazione.Vengono considerati elementi interni quelli che si ritiene facciano parte intrinseca del comparto zootecnico attuale, mentre gli elementi esterni sono quelli che possono influenzare dall'esterno il comparto zootecnico, direttamente o indirettamente.Il valore attribuito a ciascun elemento è ovviamente legato alla vision e all'obiettivo generale, e rappresenta il punto di vista di chi ha esaminato lo stato dei fatti e ritiene prioritaria la conservazione dell'orso, come da obiettivo del progetto LIFE ARCTOS. Lo stesso percorso decisionale, del resto, può essere allargato ad altre rappresentanze o rivisto in alcuni suoi passaggi essendo caratterizzato da criteri di trasparenza e ripercorribilità.

INTERNI ESTERNI

Punti di Forza OpportunitàF1. La normativa Regionale deve recepire la normativa CE;F2. La normativa locale riporta elementi della normativa

regionale e nazionale adattandola alla realtà locale;F3. Normativa AAPP supportata da leggi nazionali e regionali;

dotata di strumenti di controllo (Art. 21 LN 394/92);F4. Presenza sul territorio di sufficienti operatori agricoli;F5. Gli allevatori locali hanno stretta conoscenza del territorio;

familiarità con l'orso; le generazioni sono legate ad attività agricole locali;

F6. Allevamenti di piccole dimensioni hanno meno impatto sui pascoli;

F7. Gli allevamenti ovini hanno un forte legame di tradizione con il territorio e sono certamente molto meno impattati sugli habitat risultando sicuramente più sostenibili in termini complessivi;

F8. Alcuni metodi di protezione e di conduzione del bestiame sono in uso.

F9. la popolazione di orso nel PNALM gode di ampia disponibilità di risorse trofiche naturali e le popolazioni di erbivori selvatici.

O1. La Normativa Comunitaria costituisce confronto con realtà esterne; non transige; Impone principi di conservazione ambientale; costituisce occasione per rinnovare leggi locali;

O2. AAPP come catalizzatori per corretta implementazione normativa e per uso fondi PSR;

O3. Gli enti locali (i comuni) hanno uno stretto rapporto con il territorio;

O4. aumento richiesta prodotti biologici; GAS; turismo;O5. L'attuale crisi economica potrebbe incentivare nuove

realtà imprenditoriali facendo uso dei fondi PSRe le AAPP potrebbero incentivare la nascita di consorzi tra allevatori virtuosi;

O6. La gestione sostenibile è opportunità per gli allevatori;O7. PSR incentiva all'associazione tra allevatori per

condivisione strutture;O8. PSR con incentivi per favorire filiera corta ovina che

rispetti condizionalità;O9. Alcune pratiche zootecniche compatibili con l'orso –in

particolare l'allevamento ovino– fanno parte del patrimonio culturale.

Punti di Debolezza MinacceD1. La normativa regionale è frammentata tra regioni contigue e

spesso inadeguata rispetto alle effettive esigenze; D2. le condizioni per accedere ai fondi difficilmente soddisfatte se

troppo stringenti; D3. La normativa locale è spesso obsoleta, non prevede incentivi

per buone pratiche di gestione né per un utilizzo corretto dei pascoli;

D4. gli enti locali non hanno risorse per il controllo cui dedicano comunque poca attenzione delegando spesso ad altri enti;

D5. Piano Parchi non approvato; D6. AP scarsa rilevanza a livello regionale e locale; D7. Tra il personale delle AP c'è stretto legame tra controllori e

controllati;D8. a livello di AAPP abitudine consolidata nel tollerare qualsiasi

forma di zootecnia anche se non è compatibile;D9. le AAPP non contemplano la necessità di pianificare in

M1. La normativa europea è estremamente vaga e riferita a situazioni lontane dal territorio; detta regole stringenti che non sono facilmente applicabili;

M2. Possibile evoluzione con allargamento EU, possibile ribasso prezzi dei prodotti;

M3. Scarso associativismo tra allevatori; scarso interesse delle nuove generazioni; abbandono della pratica zootecnica come misura di gestione del territorio;

M4. Aumento recente di ‘residenti’ esterni che esercitano nel territorio del Parco per interessi puramente economici senza condividerne tradizioni e finalità di conservazione;

M5. Risorse inadeguate per sviluppo piano gestione dei pascoli;

M6. Limitate probabilità di trasmettere valori se nuove generazioni si trasferiscono nei grandi centri urbani

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PO

SIT

IVI

NE

GA

TIV

I

maniera olistica gli usi multipli a cui è soggetto il territorio; D10. Allevatori spesso non preparati e male assistiti dalle

associazioni di categoria;D11. Scarsa apertura degli allevatori a rinnovamenti e variazioni

nella conduzione;D12. Alcuni allevamenti di dimensioni limitate hanno difficoltà ad

accedere ai fondi PSR;D13. Una percentuale di allevatori non sono professionisti e non

possono accedere ai fondi PSR;D14. Necessità di migliori condizioni di vita e disponibilità di

“pastori” non locali a basso costo.D15. Per i comuni c'è un sovraccarico di responsabilità con

risorse insufficienti; interessi politici spesso in conflitto con buone pratiche di gestione

M8. Condizioni economiche potrebbero far sparire i piccoli allevamenti, che sono invece di alto valore culturale

M9. Adattamento ai cambiamenti necessari forse troppo lenti per emergenza orso;

M10. Equini valore solo culturale e forte impattoM11. Aumento graduale delle pratiche di allevamento e

conduzione non compatibile con l'orsoM12. La non professionalità di molti allevatori e la tipologia

di contributi ha portato alla diffusione di allevamenti bovini ed equini che richiedono molto meno lavoro, sono favoriti dal pascolo brado ma sono meno adeguati sia ad una zootecnia compatibile che all’adozione di strumenti di prevenzione dei danni

Emerge l'esigenza di intraprendere un percorso strategico che miri a colmare le deficienze del sistema zootecnico attuale e renderlo più compatibile con la presenza dell'orso. Gli indirizzi generale per intraprendere tale percorso vengono proposti nelle Linee Guida.

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Allegato IV – Commenti ricevuti dai partner per eventuali sviluppi ed integrazioni future

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Commenti ricevuti dai partner di progetto, non inclusi esplicitamente nella relazione in quanto reputati relativi ad un livello di dettaglio operativo superiore a quanto reputato funzionale ai fini della presente relazione. Tuttavia, dal momento che tali commenti sono rilevanti ed in quanto tali utili per la fase di approfondimento operativo prevista nell’implementazione delle Linee Guida che scaturiranno dalla presente relazione, vengono riportati di seguito come spunto e riferimento per eventuali interventi a discrezione e valutazione del tavolo tecnico che si intende appositamente istituire (cfr. Linee Guida azione A1).

1. Esistono casi di amministrazioni locali particolarmente virtuosi che potrebbero essere presi ad esempio:

Qui, volendo, si può citare il caso virtuoso della F.D.R. XXX-XXX dove sono stati fatti grandi sforzi, ed investite molte risorse economiche, per mantenere la zootecnia tradizionale, ovini vs bovini/equini. Allo stesso modo di può citare il caso di aziende tipo quella di XXX (Scanno) o del Comune di Picinisco (che ha ottenuto il riconoscimento del marchio DOP per il proprio percorino).

2. Sarebbe utile condurre un'analisi dell'uso dei metodi integrati di prevenzione, magari esprimendo le variabili in termini di n cani/ recinzione e n. capi

3. Sarebbe utile condurre un'analisi per valutare se e come le varie aziende siano in grado di ricoverare tutto il bestiame nei mesi invernali. Tale aspetto diventa discriminante sia in termini di effettiva possibilità di assicurare un riposo invernale ai pascoli – se non ho stalla dove li metto? – sia di dare seguito a norme effettivamente più restrittive e funzionali anche alla riduzione dei conflitti – se la regione Abruzzo dovesse mai tornare a vietare il pascolo invernale, XXX farebbe la guerra perché non ha stalle. Lo stesso limite è valido anche per evitare la nascita di vitelli e puledri in montagna e quindi ridurre la predazione ed il conflitto.

4. Sarebbe utile raccogliere dati sulla presenza e qualità delle strutture per il personale o altre di supporto come abbeveratoi ecc.

5. Sarebbe utile portare ad esempio i casi di sindaci illuminati che hanno smesso di affittare i pascoli fino a quando gli stessi richiedenti non hanno provveduto a tirare fuori uno straccio di piano di gestione. In pratica ha preteso che ci fossero delle regole per usare un bene comune. Stessa cosa potrebbero fare gli altri, e la stessa regione Lazio, introduce una forte limitazione al carico – riduzione del 50% - nei casi di mancanza del piano di gestione. L’esempio potrebbe essere seguito dalle AA.PP. che non vietano, ma al pari di come fanno per le aree urbane – dove pretendono il PRG – potrebbero imporre per boschi e pascoli.

6. Sarebbe molto utile integrare l'analisi della compatibilità della pratica zootecnica con la presenza di altre specie protette presenti nell'area.

7. Sarebbe necessario riportare i dati ISTAT per l'agricoltura, anche per garantire eventuale confrontabilità con altri possibili studi. (Tale commento merita considerazione poiché ove possibile nella relazione si è fatto riferimento ai dati ufficiali ISTAT, ma essi sono espressi in forma generalizzata e raccolti a risoluzione spaziale diversa da quelli raccolti per le analisi svolte durante il presente lavoro).

8. Per alcune tipologie di allevamento si prevede sin d'ora la dubbia efficacia di alcune delle misure proposte (vedi marchi, loghi, promozione del prodotto per gli allevamenti equini)

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9. Fondamentale l'assenza del Piano di Gestione dei parchi approvato e applicato: senza tale strumento risulta impossibile la gestione del territorio, che continua ad essere gestito da enti locali spesso fortemente sensibili alle necessità dei votanti.

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