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REPORTAGEPREMIO TRIO DI TRIESTE: s’impone il Trio Gaon
GIOVANI TALENTIIncontro con la violoncellistaMIRIAM PRANDI
ACCESSORICORDE: tutte le novità del 2017
GRANDI STRUMENTIViolino G. GUARNERI “FILIUSANDREAE” Cremona ca 1705
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NOVEMBRE - DICEMBRE 2017
RCHIBimestrale di Cultura e Informazione per Strumentisti ad Arcomagaz
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FrancoGulliil signore del violino
VINCI
ilCD liveFRANCO GULLI
plays RAVEL, LALO, FRANCK
ARCHI 13magazin
e
EDITORIALE
di Luca Lucibello
Cari amici,la recente pubblicazione da partedell’Istituto Discografico Italianodi un CD dedicato a Franco Gulli,in occasione del 90° anniversariodella sua nascita, ci fornisce l’oc-casione per ripercorrere la suavita e apprezzarne ancora una volta la grande mae-stria. «L’eccezionale bravura di Gulli non necessitacerto di essere ribadita per l’ennesima volta - si leggenelle note del libretto redatte dagli stessi autori delnostro doppio articolo di copertina -. Il violinista trie-stino fu uno dei massimi del Ventesimo secolo, e solola miopia delle grandi multinazionali gli impedì diavere la carriera discografica che avrebbe meritato».Il disco propone, insieme a Tzigane di Ravel e allaSonata di Franck, una registrazione dal vivo del1957 della Symphonie espagnole di Lalo, uno deicavalli di battaglia del violinista che qui si rivela,secondo Alberto Cantù, «un prodigio di musicalità,tenuta strumentale e concentrazione espressiva».Proprio il primo tempo della Sinfonia spagnola èquesta volta sul leggio di Marco Fiorini: nella rubricaArchi in forma troverete suoi suggerimenti tecnici einterpretativi per affrontare al meglio questo movi-mento «tecnicamente brillante, esplosivo sul profiloespressivo e allo stesso tempo molto concentrato conle sue cinque pagine e senza una Cadenza».
Un po’ come Gulli, anche un liutaio vissuto traSeicento e Settecento a Cremona non godette appie-no dello status che meritava: Giuseppe Guarneri. Lasua «fortuna critica è risultata ingiustamente com-pressa tra quella del padre e quella del figlio» scriveAlberto Giordano, che in Grandi Strumenti ci presen-ta un suo affascinante violino realizzato nel 1705,«in uno dei periodi più felici della produzione diGiuseppe», con uno stile che «coniuga positivamentetradizione e innovazione».
Buona lettura a tutti voi e arrivederci nel 2018!
N. 68 Anno XIINovembre - Dicembre 2017
Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003(conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Aut. C/RM/07/2010
Registrazione: Tribunale di Roma n. 262 del 27 giugno 2006
ISSN 1971 - 2022
EditoreConcertante sncdi Silvia Mancini e Luca Lucibello
Direttore responsabileManuela Manca
Coordinatore artisticoSilvia Mancini
Direttore editorialeLuca Lucibello
Hanno collaboratoMichele Ballarini, Marco Bizzarini, Alberto Cantù, CristinaCavaiuolo, Alberto Cima, Marco Fiorini, Gianluca Giganti,Alberto Giordano, Gioele Gusberti, Domenico Nordio, GiovanniPandolfo, Danilo Prefumo, Indiana Raffaelli, Luisa Sclocchis,Luca Segalla, Bruno Terranova, Alfredo Trebbi
In copertinaFranco Gulli. Foto: Galliano Passerini
Direzione, Redazione, Amministrazione, Pubblicità,Abbonamenti e ArretratiVia Cavalese 18I-00135 RomaTel +39 06 89015753 - Fax +39 06 96708622email: [email protected]
StampaGraffietti Stampati, Montefiascone (VT)
L’editore è a disposizione degli aventi diritto per i crediti fotografici di professionisti o agenzie che non ha potuto contattare. Salvo accordi scritti o contratti di cessione di copyright, lacollaborazione a questo bimestrale è da considerarsi del tutto gratuita e non retribuita. Il materiale pervenuto alla redazionenon viene restituito. Tutti i diritti riservati. Vietata la riproduzione,anche parziale, senza autorizzazione scritta dell’editore.
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AccademiaItaliana degliArchi
THE ITALIAN STRINGS SOCIETY
Rivista Ufficialedell’Accademia Italiana degli Archi
Questo periodico èassociato all’UnioneStampa PeriodicaItaliana e al networkfriends of Stradivari
28 ARCHI magazin
e
TRIESTE - Guarda con fidu-cia al futuro il Premio Trio diTrieste, la cui 18a edizione si èconclusa lo scorso 11 settem-bre con assegnazione di tutti iPremi previsti. «Ai nostri giorni– ha detto al momento dellapremiazione il direttore artisti-co Fedra Florit – ogni gruppoche superi le fasi eliminatorie suona
molto bene, ma noi cerchiamo sem-pre di identificare una personalitàspiccata, con grandi capacità comu-nicative, in grado di svolgere un’ap-plaudita attività concertistica e diportare degnamente nel proprio cur-riculum il prestigioso riferimento alTrio di Trieste». È dunque chiaroche alla formazione vincitricedel primo Premio si debbano
riconoscere le suddette, ecce-zionali qualità, altrimenti si ri-nuncerebbe in partenza al con-ferimento della “Medagliad’oro”.
Quest’anno si sono iscritti alConcorso quattordici trii diviolino, violoncello e pianofor-te, formati da musicisti prove-nienti da quindici Paesi. La pri-Fo
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nio18° Concorso Internazionale “Premio Trio di Trieste”
A Trieste s’impone la maturitàdel Trio tedesco-coreano Gaon
Il Trio Gaon
diMarco Bizzarini
32 ARCHI magazin
e
IN COPERTINA
FRANCO GULLIUna sostanziale,
inalterabile serenitàdi
Danilo Prefumo
A leggere oggi le testimonianze di quanti conobbero e ammirarono Franco Gulli, nonsi ha difficoltà a capire perché uno dei più grandi violinisti del Novecento non godette– o godette solo parzialmente – dello status di interprete che meritava: status che sarebbedovuto essere altissimo, e invece fu solo alto, e della cui assoluta liceità danno conferma,qualora se ne volesse trovare prova tangibile e inoppugnabile, le numerose registrazionidal vivo e in studio che per fortuna ci rimangono, e di cui Alberto Cantù parla con laconsueta sapienza nell’articolo qui accanto.
ARCHI 33magazin
e
IN COPERTINA
ARCHI 43magazin
e
DIETRO LE QUINTE
Possiamo muoverci libera-mente tra gli uffici, gliscaffali e i banchi da lavo-
ro, in quest’angolo di Nor-mandia dai tramonti incredi-bili, i cui colori sembrano latavolozza dalla quale KatjaGoetz trae ispirazione per lenuove Hightech.
La scelta di materiali inno-vativi e di forme inusuali perle custodie nasce proprio daquesto: la fantasia e la com-petenza, tipiche dell’artigia-nato, unite alla partecipazionedei dipendenti alle scelte dellasocietà. Dalle mani che realiz-zano le forme, i tagli, a quelleche cuciono i rivestimenti inpelle o le tasche portaoggetti,nella nostra visita abbiamo ca-pito cosa caratterizza questomarchio: le mani. L’automa-
zione è minima, e le pochemacchine presenti sono staterealizzate direttamente inazienda.
Nata nel 1980, quasi per caso,da un’intuizione di LaurenceO’Neill e Philippe de Trogoff
– realizzare una custodia per lapropria chitarra... con i mate-riali scelti per costruirsi unabarca! – Bam (che sta per boîteà musique) ha reinterpretatonel tempo il ruolo di speri-mentatrice di forme e materialiinusuali, diventando spessofonte di ispirazione per molti
altri produttori: i primi modellirealizzati in schiuma di ABSsono nati quando tutti gli altriutilizzavano il legno o la fibradi vetro; il multistrato delleHightech quando i maggiori in-vestimenti erano indirizzati
verso la fibra di carbonio. Eadesso fa da apripista all’uti-lizzo del policarbonato puro.
La BAM è francese, intutto e per tutto, anche dopoche i tedeschi Katja e RobertGoetz ne hanno acquisito
la proprietà nel 2010. E l’im-pressione che si ha in com-pagnia di quest’ultimo è chela Nor mandia lo abbiaadottato. E la sua presenzacostante in azienda si tradu-ce in una col laboraz ionecontinua con tutti: il suo uf-f ic io ha la por ta aper ta ,
Viaggio in Normandiaalla scoperta delle custodie Bam
diBruno Terranova
Nell’immaginario comune, la ricerca di nuovi materiali e il design sono naturalmentecollegati con i computer, la robotica, l’automazione: ci si aspetta di trovarsi di frontealla tecnologia industriale più avanzata, non dentro un grande laboratorio pieno diforme, semilavorati, lastre… e soprattutto persone, veri e propri artigiani. Questa èstata la sorpresa al nostro ingresso negli stabilimenti Bam a Dives-sur-Mer.
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ARCHI 49magazin
e
GIOVANI TALENTI
MIRIAM PRANDII sogni a Berlino
diLuca Segalla
M iriam Prandi è cresciutain una famiglia di musi-cisti che le ha dato mol-
tissimi stimoli. Mantovana, venti-sette anni, ha vissuto a lungo a Berna,la città dove si è perfezionata conAntonio Meneses, il quale ha rap-presentato un incontro decisivo perla sua carriera di violoncellista, co-me racconta in questa intervistaesclusiva per Archi Magazine. Inrealtà nel suo caso dovremmo par-lare di una doppia carriera, vistoche Miriam Prandi si è diplomatasia in violoncello sia in pianoforte(rispettivamente a 16 e 15 anni, alConservatorio di Mantova, semprecon il massimo dei voti, lode e men-zione speciale) e per molto tempo siè dedicata, come concertista, ad en-trambi gli strumenti. Adesso il vio-loncello ha preso il sopravvento e lasua carriera è arrivata ad un puntodi svolta. L’abbiamo raggiunta te-lefonicamente a Berna, ma quandoquesta intervista andrà in stampasi sarà già trasferita a Berlino(«una città che offre molti più sti-moli ad un giovane artista»). ABerna ed in generale alla Svizzera
si sente comunque sentimentalmentelegata: «È stata la Svizzera a dar-mi visibilità internazionale, quandonel 2014 ho vinto un importanteconcorso a Zurigo, con Sol Gabettain giuria, ed ho quindi avuto la pos-sibilità di esibirmi alla Tonhalle.Adesso, però, avverto la necessità dicambiare e se prima avevo bisognodi isolarmi e di concentrarmi per po-ter fare le mie otto ore di studio oravoglio guardami intorno: in questomomento ho bisogno di stimoli chenon siano solo musicali». Alla car-riera di solista si è intanto aggiuntal’attività di camerista, come membrodel Delian Quartett, formazionecon la quale si è esibita alla BerlinerPhilharmonie, alla Konzerthaus diBerlino ed alla Konzerthaus diVienna.
Mi ha colpito il doppio corsodella sua carriera: addirittu-ra in alcune occasioni lei siè esibita nella stessa seratasia come violoncellista siacome pianista. Una situa-zione insolita, anche se oggiè meno rara che nel passato.
Cosa ci racconta di questasua doppia anima musicale?
«È nato tutto come un giocomusicale. L’artefice è stato miopadre, docente al Conservato-rio di Mantova, al quale sonoogni giorno sempre più grataper avermi dato la possibilitàdi contemplare la musica finda bambina, stimolando sem-pre la mia curiosità. Infatti ilsuo scopo non era (e non è ne-anche il mio quando mi esibi-sco nella doppia veste) quellodell’esteriorità, di presentarmial pubblico come un “fenome-no da baraccone”; era piutto-sto la preoccupazione di abi-tuarmi, soprattutto pensandoa quando sarei stata più gran-de, a vedere la musica e l’artein generale come un fenome-no più complesso e sfaccetta-to. Mi piace sempre ricordarequesta espressione: suonare davioloncellista si può paragona-re all’osservazione del mondodall’altezza di un fiore, mentrequando mi siedo al pianoforteho la possibilità di una visione
54 ARCHI magazin
e
GRANDI STRUMENTI
L’ architettura dei giardini nel centro diCremona, l’ampio spazio verde cheessi offrono alla vista e al godimento
dei cittadini, la galleria dal maturo stile fascistache ne chiude l’imbocco, lasciano poco inten-dere oggi agli appassionati di liuteria su qualene sia stato l’aspetto ai tempi dei migliori arte-fici cremonesi. La basilica di San Domenico,connotata da una bella facciata medievale acapanna con galleria ad archetti, e dalla succes-siva grande ristrutturazione rinascimentale, fittadi cappelle, torricini e annesso monastero, s’im-poneva in tutta la sua grandiosità a brevedistanza dalla Cattedrale.
La piazzola antistante, detta di San Domenico,luogo d’incontro per mercanti, artigiani emusicisti, era conchiusa in fronte da un grup-petto di case, ognuna unita all’altra, con un pic-colo vicolo chiuso retrostante: qui si svolserole vite delle tre grandi famiglie di liutai cremo-nesi, gli Amati, i Guarneri, gli Stradivari. Quan-do nel 1698 morì Andrea, capostipite della
famiglia Guarneri e proprietario della casa(acquistata grazie anche all’eredità della moglieAnna Orcelli che permise di accorpare i dueimmobili adiacenti), Giuseppe era un liutaioormai esperto ed autonomo, pronto ad oppor-re un’agguerrita concorrenza verso il suo piùfamoso vicino di casa, quell’Antonio Stradivari,i cui affari procedevano prosperi e copiosi. Fuquesto un momento importante per la famigliaGuarneri: i due fratelli Pietro e Giuseppe sep-pero spartire l’eredita di Andrea in modo rettoe collaborativo: merito anche del padre che,nonostante mai avesse perdonato a Pietro ilsuo trasferimento a Mantova, volle essere giu-sto con entrambi i figli. Nello stesso anno Giu-seppe divenne padre per la terza volta, avendola moglie Barbara partorito Bartolomeo Giu-seppe, il futuro “del Gesù”. Il fratello Pietro glilasciò quindi, come convenuto, la casa di fami-glia, i legni e gli attrezzi in essa contenuti, eimmaginiamo anche l’auspicio che egli potessetenere alta la posizione e la tradizione di famiglia
Violino
Giuseppe Guarneri“filius Andreae”
Cremona 1705 cadi
Alberto Giordano
62 ARCHI magazin
e
YOGA E DIDATTICA STRUMENTALE
L e āsanas, le posture yoghiche, non sononé esercizi ginnici né tantomeno posi-zioni acrobatiche: piuttosto, si tratta di
posture psichiche, cioè di pose che implicanoattenzione e concentrazione, durante le quali lamente si pone in ascolto del corpo cercando –attraverso questo contatto profondo – di “diri-gerlo” nella ricerca del perfetto equilibrio…Senza concentrazione mentale, dunque, non sipuò parlare di āsana, casomai di semplice ginna-stica ricreativa. Recita il primo dei tre sutrariguardanti l’āsana inclusi nel testo classico chePatanjali ha dedicato ai principi dello Yoga: lapostura (dovrebbe essere) stabile, comoda e mantenutasenza sforzo. Questa mirabile sentenza fissa inmodo conciso e magistrale le tre qualità fonda-mentali che un’āsana dovrebbe possedere perpotersi definire tale. Perciò l’aforisma definiscel’obiettivo della pratica, il fine e lo scopo di unpercorso e non – si badi bene! - un requisito di
partenza: per cui un’āsana potrà fregiarsi di talenome solo quando attraverso l’esercizio costan-te ne realizzeremo gli attributi. Nel frattempo sipratica, si approfondisce, si cresce, si matura, sicammina verso il risultato. Si cammina, certo,perché lo Yoga è un percorso, non una filosofia.La differenza tra i due? Beh, in un percorsobisogna trottare, non far dotti discorsi! Il focusdel sutra è sul training fisico e mentale necessa-rio a raggiungere l’āsana, affinché le strutturemuscolari col tempo imparino a mantenere laposa senza sforzo. Ed ecco l’apparente para-dosso, ennesimo koan dello Yoga: occorre“sforzarsi” per poter giungere al momento incui lo sforzo scompare. Così è, se vi pare. Que-sta la premessa. Ci chiediamo dunque: in chemodo questo sutra interessa chi studia uno stru-mento musicale?
Posso guardare alla mia pratica ed al mio stu-dio applicando diversi filtri. Un filtro che riten-
Il flusso e la posaSthira Sukham Āsanam
(II.46, Yoga Sutra, Patanjali)
diAlfredo Trebbiwww.alfredotrebbi.it
ARCHI 65magazin
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e siete alla ricerca di un brano tecnicamente brillante, esplosivo sul profilo espressivo (equindi di sicuro gradimento per l’uditorio), allo stesso tempo molto concentrato con lesue cinque pagine e senza una Cadenza, il primo movimento della Sinfonia Spagnola è
probabilmente ciò che fa per voi; un’ottima palestra per sviluppare svariate e ben definitecaratteristiche tecnico-musicali senza lungaggini.
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REPERTORIO PER VIOLINO
Édouard LaloSymphonie espagnole op.21
I. Allegro non troppo
di Marco Fiorini
ARCHI IN FORMA