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ΤΑΙΖΕΝ ΧΗΑΡΑΧΤΕΡ ΣΤΟΡΨ ΒΟΟΚ ΗΑΔΕΣ ΣΠΕΧΤΡΕ Opera a cura di Orion81 Pagina 185 LUOGHI DELL’INFERNO INFERNO: Concetto di Inferno nella Cultura Umana: Inferno è un concetto proprio del linguaggio religioso, indicante il luogo metafisico (o fisico) che attende, dopo la morte, le anime (o i corpi) degli uomini preda del peccato, e dunque malvagi. Più propriamente, il termine "Inferno" deriva dal latino "infernus", cioè "posto in basso", "inferiore", ed è quindi sinonimo di "inferus"; tuttavia, la parola "Inferno" è da riferirsi solo al concetto cristiano e islamico, mentre la parola "inferi" si può, più ampiamente, riferire a tutte le altre culture pagane antiche e moderne. Comunque, secondo quasi tutte le culture, l'Inferno è caratterizzato da estremo dolore, enorme disperazione e tormento eterno. Può essere visto come un luogo metafisico o spirituale che ospita le anime incorporee dei morti, oppure come luogo fisico sede di tormenti altrettanto fisici. Questa visione è più frequente andando a ritroso nelle epoche, mentre ai giorni nostri il concetto di Inferno si spiritualizza e riguarda prevalentemente il tormento dell'anima. L'Inferno costituisce una condizione di dannazione eterna e questa condizione è solitamente assegnata in base alla condotta morale e spirituale che la persona ha tenuto in vita.

Ambientazioni Ade

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Ambientazioni Ade, Hades

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LUOGHI DELL’INFERNO

INFERNO:

Concetto di Inferno nella Cultura Umana: Inferno è un concetto proprio del linguaggio religioso, indicante il luogo metafisico (o fisico) che attende, dopo la morte, le anime (o i corpi) degli uomini preda del peccato, e dunque malvagi. Più propriamente, il termine "Inferno" deriva dal latino "infernus", cioè "posto in basso", "inferiore", ed è quindi sinonimo di "inferus"; tuttavia, la parola "Inferno" è da riferirsi solo al concetto cristiano e islamico, mentre la parola "inferi" si può, più ampiamente, riferire a tutte le altre culture pagane antiche e moderne. Comunque, secondo quasi tutte le culture, l'Inferno è caratterizzato da estremo dolore, enorme disperazione e tormento eterno. Può essere visto come un luogo metafisico o spirituale che ospita le anime incorporee dei morti, oppure come luogo fisico sede di tormenti altrettanto fisici. Questa visione è più frequente andando a ritroso nelle epoche, mentre ai giorni nostri il concetto di Inferno si spiritualizza e riguarda prevalentemente il tormento dell'anima. L'Inferno costituisce una condizione di dannazione eterna e questa condizione è solitamente assegnata in base alla condotta morale e spirituale che la persona ha tenuto in vita.

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In quali culture è presente l’Inferno: È un concetto presente in un gran numero di culture precristiane, cristiane e non cristiane. È solitamente identificato con un mondo oscuro e sotterraneo, collegato all'operato del Dio e della creatura superiore che ha originariamente introdotto nella Creazione l'errore, la menzogna, il peccato, e, in definitiva, il principio distruttivo dell'ordine delle cose; tale creatura superiore si identifica nel diavolo, nella divinità del male o nell'ebraico/cristiano Satana, a seconda delle culture. In tal senso il concetto di tentatore, o demonio, di Inferno e il concetto stesso di male sono intrinsecamente legati. Il tentatore, o divinità negativa, solitamente genera, con il suo operato, tanto l'Inferno, quanto le condizioni che vi trascinano i viventi abbruttendo le loro scelte morali. Tuttavia comparando le diverse religioni va notato come nei culti antichi le divinità malvage fossero viste in modo duplice, come potenti e terribili insieme, dunque in certa misura come positive, in quanto la loro potenza era invicibile se si fosse riusciti ad ingraziarsele; dunque erano anche venerabili, e potenzialmente propizie. D'altro canto erano distruttive e demoniache perché il loro operato era imprevedibile e caotico, la loro intelligenza insondabile e sottile, e la loro sensibilità difficile a gestirsi, poiché era facilissimo offenderle e scatenare la loro vendetta. Con il passare dei secoli si nota una via via più netta distinzione tra principio divino positivo, costruttivo e misericordioso, e il principio demoniaco, negativo, distruttivo e, quasi sempre, ingannatore. Questa impostazione è fondamentale nelle religioni monoteiste di derivazione Accadico-Semitica (Ebraismo, Cristianesimo e Islam) che sono oggi le più diffuse e professate. Nelle religioni delle origini mediorientali (Babilonesi, Accadici, Semiti, Greci e Fenici) il Chaos, demonio o principe degli inferi, è l'unico vivente prima della nascita degli dei, che dal caos si originano e si coalizzano per contenerlo nei limiti dell'ordine (cosmos). Viceversa nell'evoluzione successiva l'origine delle cose è inanimata (In orgine era il nulla) e gli viene data razionalità, senso e dunque vita da un Dio buono. Il male è una creatura superiore all'uomo che si è pervertita. Nella sua superiorità è dunque pericolosissima, ma in quanto creatura e non divinità non è imbattibile a chi abbia il favore di Dio accanto. Va notato come siano considerati maligni e infernali, in linea generale, tutti i comportamenti che pervertono l'ordine verso il caos e impediscono, quantomeno ad un primo esame morale, lo svilupparsi della società. In tal senso un comportamento come il furto o l'uccisione viene visto come maligno in sé stesso, ma positivo se rappresenta la vittoria sul nemico, come nelle Crociate cristiane, nella Jihad islamica e in altre culture ancora. Si veda Geenna.

L’Inferno nelle Culture Greche e Romane: Nella civiltà greca, ed in seguito quella romana, non compare tanto il termine "Inferno", quanto il termine "Inferi", per indicare il sotterraneo "regno dei morti", il cui re è il dio Ade (Plutone o Dite per i Romani) e la cui regina è Persefone (Proserpina per i Romani). Ade come denominazione di "regno degli Inferi", in realtà, è solo una trasposizione che identifica tale regno col suo stesso re e signore.

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Il regno dei morti greco/latino era, al contrario di quello ebraico e cristiano, un vero e proprio luogo fisico, al quale si poteva persino accedere in terra da alcuni luoghi impervi, difficilmente raggiungibili o comunque segreti e inaccessibili ai mortali; nella tradizione greca, per esempio, uno degli ingressi all'Ade si trovava nel paese dei Cimmeri, che si trovava al confine crepuscolare dell'Oceano, e proprio in questa regione remota Odisseo dovette recarsi per discendere all'Ade ed incontrare l'ombra dell'indovino Tiresia; nella tradizione romana, invece, uno degli ingressi infernali si trovava vicino al lago dell'Averno, che poi divenne il nome del regno infernale stesso, dal quale Enea discese insieme alla Sibilla cumana. Per quanto riguarda la geografia e la topografia degli Inferi, Omero (nell'"Odissea") non gli dà un carattere di vero e proprio "regno" esteso, ma lo descrive solamente come una sfera fisica oscura e misteriosa, perlopiù preclusa ai viventi, dove soggiornano in eterno le ombre (e non le anime) di tutti gli uomini, senza apparente distinzione tra ombre buone ed ombre malvagie, e senza nemmeno un'assegnazione di pena o di premio in base ai meriti terreni. Solo in seguitò si formò il concetto dei "Campi Elisi", ovvero il luminoso luogo ove soggiornano in eterno le anime pie e virtuose, senza gioia né tristezza, e il concetto del "Tartaro", cioè il tenebroso e terribile luogo dove in eterno vengono punite le anime dei malvagi; celebri pene del Tartaro sono quelle di Sisifo e di Tantalo. Con Virgilio, poi, che nell' "Eneide" narra la discesa di Enea agli Inferi, la topografia infernale raggiunge la sua massima espressione, nonché estensione: anche il poeta latino divide gli Inferi tra Tartaro e Campi Elisi, ma aggiunge il "Vestibolo", l'atrio infero popolato da mostri e demoni vari, e, recuperando la tradizione greco-latina, nomina i fiumi infernali, cioè Stige, Acheronte, Flegetonte, Lete e Cocito. Inoltre, è sua invenzione poetica la " città di Dite", ovvero la città del re degli Inferi (Dite, appunto) che verrà ripresa nella "Divina Commedia" da Dante Alighieri come la città del re dell'Inferno, cioè Lucifero. Comunque, le pene del Tartaro o il premio dei Campi Elisi non erano decisi dagli déi, bensì dai 3 giudici infernali Minosse, Radamanto (fratello di Minosse) ed Eaco, che, in base alla condotta morale tenuta in vita dell'ombra, le assegnavano la propria dimora eterna. Per raggiungere il luogo dove i giudici emettevano il verdetto bisognava entrare dall'ingresso guardato da cerbero poi raggiungere il fiume Acheronte e pagare Caronte per essere traghettati dall'altra parte.

L’Inferno Dantesco: Durante il Medioevo la concezione di "Inferno" è stata esposta, spiegata e mostrata nella prima cantica dell'opera di Dante Alighieri, la "Divina Commedia". Infatti, l' "Inferno" di Dante è l'espressione di tutta la dottrina teologica e filosofica del Cristianesimo riguardo il luogo di soggiorno degli ingiusti. Dante descrive e narra la "storia" metafisica dell'Inferno: esso è un'enorme e profondissimo abisso, scavato da Lucifero (cioè Satana) nella sua caduta dal Cielo, e si troverebbe nel sottosuolo dell'emisfero delle terre emerse. L'Inferno è diviso, secondo Dante, in 9 "cerchi", cioè 9 cornici nei quali vengono scontati diversi peccati. Prima di tali cerchi, c'è l'Antinferno, cioè il luogo dove vengono puniti gli ignavi, ovvero le anime di coloro che in vita non si distinsero né per il bene, né per il male, e dunque nemmeno

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l'Inferno le vuole accettare, tanto furono mediocri ed inutili; il I cerchio, invece, è il Limbo, ovvero il luogo dove risiedono le anime dei bambini non battezzati, le anime di tutti i grandi poeti antichi e pagani (tra cui Omero, Ovidio, Orazio, Lucano e anche Virgilio, la guida di Dante) e gli "spiriti magni", ovvero le anime degli uomini virtuosi che però non credettero in Cristo, o perché vissero prima di Lui, o perché ebbero altra confessione religiosa (tra queste anime vi sono Giulio Cesare, Socrate, Platone, Aristotele e il Saladino). Queste anime, per le loro virtù, sono privilegiate, ed esentate dalla pena infernale, sebbene desiderino sempre Dio e non possano mai vederlo. Altri 4 Cerchi rappresentano i peccati mortali, ovvero, dal meno grave: lussuria, gola, avarizia (e, insieme, prodigalità), accidia, ira, invidia e superbia (questi ultimi 4 sono puniti in un'unico Cerchio). Il VI Cerchio ospita gli eretici (tra cui gli Epicurei), mentre il VII Cerchio si suddivide in 3 "Gironi", dove vengono puniti tutti i violenti: nel I Girone risiedono i violenti contro il prossimo (omicidi e predoni), nel II Girone i violenti contro sé stessi (suicidi) e nel III i violenti contro Dio e contro Natura (bestemmiatori, sodomiti e usurai). L'VIII Cerchio, che è il più grande, è suddiviso in 10 "Bolgie", dove vengono puniti tutti i fraudolenti, cioè coloro che peccarono di malizia, rivolgendo l'intelligenza (dono divino) verso il male e diventando cosi simili al demonio stesso; per Dante, dunque, i peccati di malizia sono ancora peggiori di quelli di incontinenza e di violenza. Tali anime punite sono, in ordine, i seduttori (insieme ai ruffiani), gli adulatori, i simoniaci (cioè coloro che vendono beni spirituali, "usurpando" cosí Dio, unico dispensatore di tali beni), gli indovini (insieme ad astrologi e streghe), i barattieri, gli ipocriti, i ladri, i consiglieri di frode, i seminatori di scandali e scismi (tra cui Maometto) e i falsatori di metalli, monete, persone e parole. Infine, nella parte più profonda dell'Inferno si trovano, nel IX Cerchio, tutti i traditori, suddivisi in altre 4 Bolgie: nella "Caina" vengono puniti i traditori dei parenti, nella "Antenora" i traditori della patria, nella "Tolomea" i traditori degli ospiti ed infine nella "Giudecca" i traditori dei benefattori, che hanno commesso il peccato imperdonabile e più tremendo (cioè la bestemmia contro lo Spirito Santo manifestato nelle persone che fanno il bene e, per questo, invidiato), ed infatti vengono maciullati dalle fauci di Lucifero stesso (tra essi vi sono Giuda Iscariota, Bruto e Cassio). Tutte le pene infernali, tuttavia, sono regolate dalla cosiddetta "legge del contrappasso", che impone una pena simmetrica od opposta al peccato commesso. Deriva dal Latino (contrae patior). L'Inferno di Dante propone, tematicamente, tutta la dottrina teologica e filosofica cristiana, ovvero la dannazione per propria colpa, e non per castigo divino, l'eternità e l'immutabilità delle pene, poiché Dio non può contraddire la propria Giustizia (cioè Sé stesso) ed infine la necessità di tali pene eterne: un'anima fuor dalla Grazia di Dio, infatti, non potrebbe stare al Suo cospetto senza soffire immensamente per la propria mostruosità, né potrebbe essere totalmente annichilita, poiché "renderla nulla" le costerebbe un dolore ancor peggiore. L'Inferno, inoltre, come il Purgatorio e il Paradiso, vengono presentati anche come dimensioni attuali e percepibili (seppur invisibili) nell'uomo vivente stesso: il dannato, dunque, è colui che si esclude da solo dalla vera felicità, che risiede solo in Dio, e dunque nell'eternità.

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L’Inferno nella Divina Commedia: « Nel mezzo del cammin di nostra vita

mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita. »

La vera e propria descrizione dell'Inferno ha inizio nel Canto III (nel precedente Dante muove semplicemente dei dubbi alla sua guida riguardo il viaggio che stanno per compiere); i due viaggiatori Dante e Virgilio giungono alla sua porta già nei primi, celeberrimi, versi di questo Canto. Sotto la città di Gerusalemme, infatti, si apre l'ingresso al primo regno, sul quale si possono leggere alcuni versi di ammonimento, riassunti nell'ultimo verso: "Lasciate ogni speranza, voi ch'intrate". Oltrepassato uno scuro corridoio, i poeti si ritrovano sulle rive dell'Acheronte, il primo fiume infernale, per il quale le anime devono passare per raggiungere l'Inferno vero e proprio e che vengono trasportate da Caronte. Qui, nel Vestibolo, oltre alle anime in attesa di essere portate dalla parte opposta, stanno gli ignavi, quelli che in vita non vollero prendere posizioni, e che sono rifiutati sia dall'Inferno che dal Paradiso. Passato l'Acheronte, sulla barca del traghettatore Caronte, i due attraversano il Limbo, dove stanno le anime pure di coloro che non furono battezzati (come i bambini morti subito dopo la nascita), e poi il primo cerchio, dove riposano gli "spiriti magni" dell'antichità (compreso Virgilio stesso); quindi Dante e il suo "maestro" entrano nell'Inferno vero e proprio. Alla porta di questo sta Minosse, che, da giudice giusto quale fu, decreta il cerchio dove le anime dannate dovranno scontare la loro pena; ad ogni cerchio, infatti, corrisponde un peccato, più grave se il numero è maggiore. Superato Minosse, i due si ritrovano nel secondo cerchio, dove sono puniti i lussuriosi tra cui spiccano le anime di Cleopatra ed Elena di Troia (celebri anche i versi su Paolo e Francesca) che raccontano la loro vita e Francesca la sua passione amorosa verso Paolo Malatesta, quindi i golosi, in eterna punizione che consiste nell'essere divorati da Cerbero e gli avari e i prodighi. Superato poi lo Stige, nelle fangose acque del quale sono puniti iracondi e accidiosi, traghettati sulla riva opposta dalla barca di Flegiàs, creatura infernale, i due entrano (grazie anche all'intervento di un angelo e dopo numerosi tentativi di entrare) nella Città di Dite, dove sono puniti coloro "che l'anima col corpo morta fanno", cioè gli epicurei e gli eretici in generale: tra gli eretici incontrano Farinata degli Uberti, uno dei più famosi personaggi dell'Inferno dantesco. Superata la città, il poeta e la sua guida scendono uno scosceso burrone (il Burrato), oltre il quale incontrano il terzo fiume infernale, il Flegetonte, un fiume di sangue bollente; questo fa parte del primo dei tre gironi in cui è diviso il VII cerchio, quello in cui sono puniti i violenti tra cui degno di nota è il Minotauro ucciso da Teseo con l'aiuto di Arianna. All'interno del Flegetonte, scontano la loro pena i violenti verso il prossimo; oltre la sua sponda (che Dante e Virgilio raggiungono grazie all'aiuto del centauro Nesso), invece, trasformati in arbusti perennemente attaccati da delle arpie, stanno i violenti contro sé stessi, cioè i suicidi (dove troviamo Pier della Vigna) e gli scialacquatori; mentre nell'ultimo girone, in una landa infuocata, stanno i violenti contro Dio, la Natura e l'Arte, ossia i bestemmiatori, i sodomiti (tra cui

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Brunetto Latini) e gli usurai. A quest'ultimo girone Dante dedicherà, molti versi, dal Canto XIV al Canto XVII. Superato il VII cerchio, Dante e Virgilio, discesa una scoscesa ripa in groppa a Gerione, raggiungono l'VIII cerchio chiamato Malebolge, dove sono puniti i fraudolenti, il quale è diviso in dieci bolge, fossati a forma di cerchi concentrici, scavati nella roccia e digradanti verso il basso, alla base dei quali si apre il Pozzo dei Giganti. Superate le bolge (nelle quali sono puniti, in ordine, ruffiani, adulatori, simoniaci, indovini, barattieri, ipocriti, ladri, consiglieri fraudolenti - tra cui Ulisse e Diomede: il primo racconta come lui morì, ma Dante non avendo saputo la vera morte di Ulisse predetta da Tiresia inventa la sua amara fine avendo superato le Colonne d'Ercole, simbolo per Dante della ragione e dei limiti del mondo. Poi incontrano seminatori di discordie e falsari - tra cui il "folletto" Gianni Schicchi), i due accedono nel IX ed ultimo cerchio, dove sono puniti i traditori. Questo cerchio è invece diviso in quattro zone, coperte dalle acque gelate del Cocito; nella prima, chiamata Caina (da Caino, che uccise il fratello Abele), sono puniti i traditori dei parenti, nella seconda, la Antenorea (da Antenore, che consegnò il Palladio di Troia ai nemici greci), vi stanno i traditori della patria, nella terza, la Tolomea (dal re Tolomeo XIII, che al tempo di Cesare uccise il suo ospite Pompeo), si trovano i traditori degli ospiti, e infine nella quarta, la Giudecca (da Giuda Iscariota, che tradì Gesù), sono puniti i traditori dei benefattori. Da citare la presenza nell' Antenorea del Conte Ugolino che narra la sua morte, e dell' Arcivescovo Ruggieri. Ugolino appare nell'Inferno sia come un dannato che come un demone vendicatore, che affonda i denti per l'eternità nel capo dell' Arcivescovo Ruggieri. Di quest'ultima zona vengono nominati solo tre peccatori, Cassio, Bruto e Giuda Iscariota, la cui pena è quella di essere maciullati dalle tre bocche di Lucifero, che qui ha la sua dimora. Scendendo lungo il suo corpo peloso, Dante e Virgilio raggiungono una grotta e scendono per alcune scale: Dante è stupito: non vede più la schiena di Lucifero ma Virgilio gli spiega che si trova nell'Emisfero Australe, la natural burella, che li condurrà alla spiaggia del Purgatorio, alla base della quale usciranno poco dopo "a riveder le stelle".

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ADE:

Ade (dal greco Aidòs) identifica il regno degli Inferi greco e romano (chiamato anche Orco o Averno). In realtà, è solo una trasposizione del nome del dio: si voleva identificare il regno col suo stesso re. Il regno dei morti greco/latino era, al contrario di quello ebraico e cristiano, un vero e proprio luogo fisico, al quale si poteva persino accedere in terra da alcuni luoghi impervi, difficilmente raggiungibili o comunque segreti e inaccessibili ai mortali. Per quanto riguarda la geografia e la topografia degli Inferi, Omero (nell'Odissea) non gli dà un carattere di vero e proprio "regno" esteso, ma lo descrive solamente come una sfera fisica oscura e misteriosa, perlopiù preclusa ai viventi, dove soggiornano in eterno le ombre (e non le anime) di tutti gli uomini, senza apparente distinzione tra ombre buone ed ombre malvagie, e senza nemmeno un'assegnazione di pena o di premio in base ai meriti terreni. Nella tradizione greca, uno degli ingressi all'Ade si trovava nel paese dei Cimmeri, che si trovava al confine crepuscolare dell'Oceano, e proprio in questa regione remota Odisseo dovette recarsi per discendere all'Ade ed incontrare l'ombra dell'indovino Tiresia; nella tradizione romana, invece, uno degli ingressi infernali si trovava vicino al lago dell'Averno (che poi divenne il nome del regno infernale stesso), dal quale Enea discese insieme alla Sibilla cumana. Per accedervi bisognava superare Cerbero poi l'Acheronte versando un obolo al terribile Caronte e raggiungere i tre giudici Minosse, Eaco e Radamanto i quali emettevano il loro verdetto. Nell'inferno vi erano cinque fiumi: Stige, Cocito, Acheronte, Flegetonte e Lete, l'acqua di quest'ultimo aveva la caratteristica di far perdere la memoria a chi la beveva. L'Ade, che accoglie le anime dei morti, alle volte viene confuso col Tartaro, il luogo che accoglie i malvagi (i Titani che vollero sconfiggere gli dei Olimpi), più che altro sulla base dell'iconografia cristiana relativa all'Inferno.

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FIUMI DELL’ADE Nell'inferno vi erano cinque fiumi: Stige, Cocito, Acheronte, Flegetonte e Lete, l'acqua di quest'ultimo aveva la caratteristica di far perdere la memoria a chi la beveva.

Stige: Lo Stige è uno dei cinque fiumi presenti negli Inferi secondo la mitologia greca e romana, gli altri sono Cocito, Acheronte, Flegetonte e Lete. Nella mitologia era uno dei fiumi degli inferi: esso si estendeva in nove grandi meandri che formavano una palude, detta palude Stigia, che ostacolava la strada per arrivare al vestibolo dell'oltretomba. Gli dei lo chiamavano a testimone nei loro giuramenti, ma la potenza del fiume era tale che essi stessi la temevano. Le sue acque avevano anche il potere di dare l'immortalità: secondo il mito, infatti, è qui che Teti immerse il figlio neonato Achille per renderlo pari agli dei, tenendolo però per il tallone che non fu quindi toccato dall'acqua, rendendolo vulnerabile. Come molti altri luoghi della mitologia classica, anche lo Stige è stato ripreso da Dante Alighieri nella Divina Commedia: qui il fiume diventa il quinto cerchio dell'Inferno, nel quale sono immersi gli iracondi e sommersi gli accidiosi.

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Cocito: « Per ch'io mi volsi, e vidimi davante

e sotto i piedi un lago che per gelo

avea di vetro e non d'acqua sembiante » (Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, canto XXII)

Nella mitologia greca, il Cocito (in greco κωκυτός, Cocytos, che può significare lamento, pianto) è uno dei cinque fiumi degli Inferi, il sotterraneo regno dei morti dominato dal dio Ade. Questo immaginario luogo infernale viene ripreso anche nella Divina Commedia di Dante Alighieri, nella quale viene però descritto non già come un fiume, ma come un enorme lago ghiacciato situato sul fondo dell'Inferno. Nell'ambito della mitologia greca, e stando ad alcune tradizioni, il Cocito era il fiume che delimitava il confine tra il regno dei vivi e quello dei morti, in continuità con il più noto Acheronte, di cui era un affluente. I defunti chiamati ad attraversarlo erano costretti a pagare un obolo al traghettatore Caronte; coloro che non potevano permettersi la traversata erano costretti a vagare, come ombre, lungo le sue rive. Molte altre tradizioni, comunque, attribuiscono il ruolo di spartiacque dell'inferno greco al fiume Stige, ed altre ancora all'Acheronte. Oltre a questi, gli altri fiumi infernali della tradizione mitologica greca erano il Flegetonte, il Lete. Nell'immaginaria descrizione dell'Inferno resa da Dante Alighieri nella sua Divina Commedia, il Cocito è un immenso lago ghiacciato situato nel nono cerchio dell'Inferno. Qui, sempre secondo Dante, vengono puniti i traditori, sommersi dal ghiaccio e colpiti continuamente dalle gelide raffiche di vento prodotte dalle immense ali di Lucifero. Nella descrizione dantesca, il Cocito viene dipinto come un luogo terrificante, la cui aria risuona dei lamenti delle anime sofferenti continuamente torturate dal morso del gelo, con gli arti congelati ed i volti stravolti dal freddo. Dante immagina che i peccatori qui puniti, colpevoli di tradimento, siano sepolti nel ghiaccio a varie profondità, a seconda della gravità del loro crimine. Di conseguenza, divide il Cocito in quattro zone circolari, concentriche tra loro:

• la Caina, dove vengono puniti coloro che tradirono i propri parenti, seppelliti nel ghiaccio fino al collo; deve il suo nome al personaggio biblico Caino

• l'Antenora, dove vengono puniti coloro che tradirono la propria patria, seppelliti fino alla cintola, con la parte superiore del corpo esposta ai gelidi venti infernali; deve il suo nome al personaggio dell'Iliade Antenore

• la Tolomea, dove vengono puniti coloro che tradirono i propri ospiti, distesi supini con la parte posteriore del corpo immersa nel ghiaccio; deve il suo nome al personaggio biblico Tolomeo di Gerico

• la Giudecca, dove vengono puniti coloro che tradirono i propri maestri e benefattori, completamente immersi nel ghiaccio; deve il suo nome al personaggio dei vangeli Giuda Iscariota.

Al centro della Giudecca, l'ultima delle quattro zone concentriche, si trova Lucifero, immerso nel ghiaccio fino alla cintola. Questi viene descritto come un'essere

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enorme, trifronte; con le sue tre fameliche bocche mastica in continuazione quelli che secondo Dante sono i tre massimi traditori della storia: Bruto e Cassio, traditori di Cesare, e, nella bocca centrale, Giuda, traditore di Gesù. Dante giunge nel Cocito all'inizio del trentaduesimo canto dell'Inferno, e ne prosegue la descrizione nei due capitoli successivi, fino al trentaquattesimo, l'ultimo della cantica. Nel Cocito, fra gli altri, Dante incontra il celebre Conte Ugolino, qui punito insieme al suo aguzzino, l'Arcivescovo Ruggeri, ed indiscusso protagonista del trentatreesimo canto.

Acheronte: Acheronte (in greco Ἂχέρων, -οντος, in latino Ăchĕrōn, -ontis) è il nome di alcuni fiumi della mitologia greca, spesso associati al mondo degli Inferi. Secondo il mito sarebbe un ramo del fiume Stige che scorre nel mondo sotterraneo dell'oltretomba, attraverso il quale Caronte traghettava nell'Ade le anime dei morti; suoi affluenti sarebbero i fiumi Piriflegetonte e Cocito. Il principale Acheronte si trova in Epiro, regione nord-occidentale della Grecia, nei pressi della cittadina di Parga, sulla costa che fronteggia l'isola di Corfù. È un affluente del lago Acherusia e nelle sue vicinanze sorgono le rovine del Necromanteio, l'unico oracolo della morte conosciuto in Grecia. Secondo la tradizione un altro ramo dell'Acheronte emerge vicino a Capo Acherusio (ora Eregli, in Turchia): Apollonio racconta che fu visto dagli Argonauti durante la loro avventura. I coloni greci che si stabilirono in Magna Grecia invece identificarono l'Acherusia con il lago d'Averno. Platone nel dialogo Fedone afferma che l'Acheronte è il secondo fiume più grande del mondo, superato solamente dall'Oceano: sostiene che l'Acheronte scorra in senso inverso e dall'Oceano vada verso la terra. Il termine Acheronte è stato talvolta usato come sineddoche per intendere l'Ade nella sua interezza. Virgilio parla dell'Acheronte insieme agli altri fiumi infernali all'interno della sua descrizione dell'Oltretomba, collocata nel libro VI dell'Eneide. Nell'Inferno (canto

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III) di Dante il fiume Acheronte rappresenta il confine dell'Inferno per chi arriva dall'Anti-Inferno.

Flegetonte: « ...seguita il terzo fiume, chiamato Flegetonte, il quale è interpetrato “ardente”:

volendo per questo ardore darne l’autore ad intendere che, poi che il peccatore è

divenuto nella tristizia della sua perdizione, incontanente diviene nell’ardore della

gravità de’ supplìci... » (Boccaccio, Esposizioni XIV.43)

Flegetonte (greco antico, Φλεγέθων, /p/legéthōn) o Piriflegetonte (greco antico, Πυριφλεγέθων, Püri/p/legéthōn) è uno dei fiumi che scorrono nell'Ade, l'oltretomba nella mitologia greca. Il fiume infernale scorre attorno a Erebo che rappresenta la parte più tenebrosa dell'Ade e confluisce, assieme al Cocito, nell'Acheronte. Il termine Piriflegetonte è quello più antico, presente nell'Odissea, ove viene menzionato da Circe quando impartisce a Ulisse le istruzioni per evocare Tiresia: egli deve compiere il rituale presso la roccia situata esattamente alla confluenza del Cocito e del Piriflegetonte. Platone nel Fedone lo descrive come un fiume di fuoco che alimenta una vasta palude ignea. Secondo Platone, nel fiume ardente sono immersi, come supplizio, i parricidi e i matricidi. Il Flegetonte viene citato nell'Eneide nell'invocazione compiuta da Enea al momento del suo ingresso negli inferi. L'eroe troiano sta seguendo le istruzioni della Sibilla per raggiungere il Tartaro e rivedere lo spirito del proprio padre Anchise. Il Flegetonte viene successivamente descritto come un fiume impetuoso e fiammeggiante che circonda le alte mura del Tartaro. Nelle Metamorfosi di Ovidio, Ascalafo viene asperso con l'acqua del Flegetonte e trasformato in un gufo come punizione per aver condannato, con la sua delazione, Proserpina a rimanere per sempre nel regno dei morti.

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Flegetonte e Cocito sono indicati nella Tebaide di Stazio come due divinità stillanti, rispettivamente, fuoco e lacrime che aiutano Minosse nel giudizio delle anime. Il riferimento staziano verrà ripreso da Dante Alighieri nel XIV canto dell'Inferno in cui Virgilio spiega a Dante che all'origine del Flegetonte, come per altri fiumi infernali, vi sono le lacrime che stillano dalla statua di Minosse. Sempre nell'Inferno dantesco, a fianco alla riva del Flegetonte corrono nudi sotto una pioggia di fuoco i sodomiti.

SITI DELL’ADE:

L'Ade è un vero e proprio universo a sè su cui brillano 108 stelle. E' diviso in tre zone dagli immensi confini: AVERNO: un luogo oscuro e misterioso. In esso vi è un'immensa voragine simile ad un cono rovesciato, ove sono ubicati il Tribunale dell'Ade, luogo di giudizio delle anime, ed il Tartaro, luogo che contiene le anime dei malvagi e dei mostri sconfitti dagli dei, come i Titani. Il Tartaro è diviso in sconfinate sezioni, chiamate Prigioni, divise a seconda della colpa principale dei rei che vi sono imprigionati. In esso regna il terrore e la pena eterna. Questo luogo è governato dagli Spectre. PRATO DEGLI ASFODELI: qua vengono mandate le anime degli ignavi. Questo luogo è un prato dai confini illimitati, dove un tedio senza fine accompagnerà i suoi abitanti. Solo il cacciatore Orione sembra trarne piacere, rincorrendo per l'eternità i Daini. CAMPI ELISI: qua risiedono le anime meritevoli, che in questo luogo sperimentano la felicità eterna.

E' da tenere presente che nell'Averno, oltre alle zone delle Prigioni, esistono vastissime zone sconusciute, abitate da orribili creature, alcune asservite al potere dell'Oscuro Signore, altre schiave della loro stessa malvagità. In breve verranno percorse le zone conosciute dell’Ade e verrà fornita una sintetica descrizione del luogo e dei suoi guardiani.

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Bocca dell'Ade (Yomotsu Hirasaka): Le anime dei defunti prima di entrare nell'Averno sostano per breve tempo in una sorta di Limbo di passaggio, per poi entrare in un'enorme voragine che conduce alle porte dell'Averno. In questa zona vi è un grade edificio perso nell'immensa distesa desolata ove lo spectre guardiano ferma e tortura gli intrusi che vogliono raggiungere il suo signore. Guardiano: Spectre della Mandragola

Porta dell'Averno: Dopo la Bocca dell'Ade ed una vasta zona desolata, si ergono gli immensi cancelli dell'Averno che separa le oscure lande dell'Ade alle zone di giudizio e di pena eterna. Solo le anime dei morti che vanno verso il giudizio possono passare impunite. Guardiano: Spectre di Saber

Acheronte: Fiume infernale le cui acque glaciali possiedono nefaste proprietà. Il traghettatore d'anime ha l'ordine di non trasportare i vivi. Guardiano: Spectre di Acheronte

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Prmio Cerchio - Palazzo del Giudizio: Il luogo dove si giudicano le anime dei morti che vengono destinate alla gloria, all'oblio o alla dannazione. Guardiano: Spectre di Balrog.

Secondo Cerchio - Prima Prigione: Dannati: Lussuriosi Pena: Una violenta bufera travolge i dannati, percuotendoli e trascinandoli per la Prigione Infernale. Contrappasso: Come in vita non seppero far prevalere la ragione sulla violenza delle passioni, così ora la violenza del vento non dà loro pace. Guardiano: Spectre del Basilisco

Seconda Prigione: Dannati: Golosi Pena: Una pioggia incessante di acqua sudicia, grandine e neve forma una fanghiglia maleodorante in cui sono distesi i dannati che, graffiati da Cerbero, urlano come cani. Contrappasso: Come i golosi non riuscirono in vita a frenare con la ragione il più elementare degli istinti umani, così ora giacciono a terra, in una miseria materiale e morale, oppressi da una pena più avvilente che gravosa. L'ingordigia li abbrutì in vita, ed ora come animali si rivoltano nel fango puzzolente ed urlano. Campo dei Fiori: Luogo di estrema e malinconica bellezza, non si conosce null'altro sul suo conto, probabilmente sede dello Spectre della Sfinge. Guardiano: Spectre della Sfinge, Cerbero

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Terza Prigione: Dannati: Avari e Prodighi Pena: Nel semicerchio di sinistra gli avari, in quello di destra i prodighi, si muovono velocemente in tondo, tanto da sembrare ballare la ridda, un ballo di ritmo vorticoso, spingendo col petto un masso pesante, scontrandosi gli uni con gli altri. Giunte al punto di incontro le due opposte schiere di peccatori si rinfacciano vicendevolmente il loro peccato: "Perchè trattieni il denaro?", "Perchè lo sperperi?", poi si volgono indietro, riprendendo a spingere il loro masso fino all'opposto punto d'incontro. Contrappasso: Coloro che in vita accumularono denaro o lo sperperarono, sono ora, come nella vita, preda di un enorme ed inutile peso: nella vita fu il denaro, nella pena eterna esso è rappresentato da un gigantesco masso. Guardiano: Spectre di Troll, Spectre di Golem.

Quarta Prigione: La Palude Stigia, dove l'Acheronte incontra lo Stige. Dannati: Iracondi Pena: Due sono i tipi di pene in questa prigione: a) I "pronti all'ira", la cui ira è violenta ma di breve durata, sono impetuosi ma poco pericolosi, perchè non covano a lungo il loro sentimento. Questi dannati, immersi nella palude Stigia, si colpiscono e si mordono ferocemente l'un l'altro. b) I "tristi", sono gli iracondi più pericolosi, perchè covano la loro ira a lungo, come un pensiero fisso e paralizzante che solo la vendetta può sciogliere: confitti nella melma, nascosti alla vista, con i loro sospiri e le loro parole fanno gorgogliare la superficie della palude. Contrappasso: Così come in vita, i pronti all'ira si accaniscono fra loro e su se stessi, mentre i tristi covano nel nascondimento il desiderio di morte e di vendetta. Guardiano: Spectre del Licaone.

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Quinta Prigione: Dannati: Eretici Pena: I dannati giacciono in sepolcri arroventati con i coperchi sollevati, in una landa squallida e silenziosa. Contrappasso: coloro che pervertirono la verità spirituale per scopi propri e fraudolenti, sono condannati a giacere in una bara insieme ad i propri seguaci, come morti tra i morti. Guardiano: Spectre di Deadly Beatle, Spectre del Negromante

Sesta Prigione: Luogo destinato ai violenti, diviso in tre Gironi (o valli). L'ingresso è un enorme labirinto di gallerie tortuose, così come tortuosa e senza senso è la via della violenza. Guardiano: Spectre di Minotaurus

- Primo Girone: Dannati: Violenti contro il prossimo e le cose altrui Pena: I dannati sono immersi nel Flegetonte, il fiume di sangue bollente. I dannati sono immersi nel sangue più o meno profondamente a seconda della gravità dei loro delitti: a)Immersi sino alle ciglia sono i tiranni che fecero violenza ai loro sudditi uccidendoli e depredandoli. b)Immersi fino alla gola sono gli omicidi. c)Immersi fino al busto sono i feritori ed i distruttori. Contrappasso: coloro che vissero nel sangue sono destinati a viverci per l'eternità Guardiano: Spectre di Alraune

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- Secondo Girone: Dannati: Violenti contro se stessi e contro le proprie cose. Pena: Violenti contro se stessi. Dopo il giudizio, i dannati sono scagliati a caso, come semi, nella selva del settimo cerchio e subito crescono come spinose piante selvatiche. Le Arpie allora tormentano i dannati nutrendosi delle foglie ed aprendo, così, ferite nel tronco da cui escono gemiti e sangue. Contrappasso: Avendo rinunciato al dono della vita, separando violentemente corpo ed anima, essi sono costretti a vivere tormentati sotto forma di corpo materiale inferiore. Pena: Violenti contro le proprie cose. Gli scialacquatori sono condannati a correre nudi nella selva dei suicidi inseguiti da cagne nere e fameliche. Nel correre, poi, graffiano se stessi e spezzano i rami delle piante, provocando sofferenza ai suicidi. Contrappasso: Coloro che distrussero inutilmente i loro beni sono ora costretti a veder distrutti se stessi pochi brandelli alla volta. Guardiano: Spectre dell'Arpia

- Terzo Girone: Dannati: violenti contro natura e contro la Divina Volontà: Pena: Una pioggia di fuoco cade, rendendola ardente, su una distesa di sabbia su cui si trovano i dannati nudi e piangenti. Contrappasso: coloro che pervertono la natura delle cose o che lottarono contro gli dei per scopi indegni sono condannati a subire la loro furia per l'eternità. Guardiano: Spectre di Bennu

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Cascata di Sangue: Cascata formata dal Flegetonte il cui sangue, unito alle lacrime dei peccatori, è divenuto glaciale, simbolo perfetto della morte che rappresenta. Guardiano: Spectre di Octopus

Settima Prigione: E' un immenso pozzo conico, diviso in 10 malebolge, per diversi tipi di fraudolenti, coloro che hanno usato i doni in loro possesso per ingannare e manipolare gli altri.

- 1° Bolgia: Dannati: Ruffiani e Seduttori. Pena: Divisi in due schiere, i dannati nudi corrono in due opposte direzioni percossi alle spalle da demoni armati di sferze. Contrappasso: Coloro che usarono il loro fascino e la loro intelligenza per ingannare gli altri sono spogliati di tutto ciò e messi in balia del dolore. Guardiano: Spectre di Frog

- 2° Bolgia: Dannati: Adulatori Pena: I dannati si dibattono tuffati nello sterco, graffiandosi e picchiandosi. Contrappasso: Ammantati di nobiltà e coperti di falsa lusinga nella vita, ora sono costretti a confrontarsi con ciò che furono veramente. Guardiano: Spectre dei Pesci

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- 3° Bolgia: Dannati: Simoniaci (coloro che vollero acquistare sacri doni col vile denaro) Pena: I dannati sono confitti a capo in giù fino alle cosce nei fori, che costellano le pareti ed il fondo di pietra livida della bolgia. Una fiamma corre lungo la pianta dei piedi, facendo scattare le articolazioni del ginocchio con tanta forza da poter spezzare funi di grande resistenza. Quando un altro dannato giunge alla sua pena eterna, spinge il dannato che lo ha preceduto più in giù nel foro. Contrappasso: La fiamma che brucia loro i piedi è simbolo della fiamma divina che calpestarono in vita. Guardiano: Spectre di Worm

- 4° Bolgia: Dannati: Indovini, coloro che dotati d'arti magiche la usarono per ingannare. Pena: I dannati, piangendo, camminano lentamente sul fondo della bolgia, fustigati da demoni armati di flagelli. La loro testa è voltata all'indietro, per la qual cosa essi camminano a ritroso. Contrappasso: Nella vita vollero indagare nel futuro innanzi a loro per scopi indegni, così ora sono costretti a guardarsi alle spalle, mentre vengono selvaggiamente fustigati. Guardiano: Spectre del Ciclope

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- 5° Bolgia: Dannati: Truffatori, sfruttando il potere loro dato per vantaggi personali Pena: I dannati sono immersi nella pece bollente: se tentano di sollevarsi un poco per alleviare la loro pena, i diavoli li dilaniano con le unghie e con gli uncini. Contrapasso: Se i dannati tentano si sollevarsi nuovamente dal loro stato (come lo fecero in vita) vengono severamente puniti. Guardiano: Spectre di Far Darrig

- 6° Bolgia: Dannati: Ipocriti. Pena: Gravati da pesanti cappe di piombo ricoperte all'esterno d'oro, con il cappuccio che ricade loro sugli occhi, avanzando lentamente. Contrappasso: Così come nella vita di coprirono d'atteggiamenti e affermazioni che celavano il loro torbido animo, così ora sono condannati a perdere le loro sembianze per l'eternità sotto ingannevoli vesti. Guardiano: Spectre di Libra

- 7° Bolgia: Dannati: Ladri Pena: Il fondo della settima bolgia è pieno di serpenti. I dannati corrono terrorizzati con le mani strette da serpi dietro la schiena. Quando vengono morsi da un serpente, i dannati inceneriscono, per poi riprendere le sembianze originali. Contrappasso: Il serpente è un richiamo alla natura subdola e fraudolenta del peccato dei ladri. Le mani dei ladri sono ora strettamente legate quanto in terra furono troppo sciolte sulle cose altrui. Guardiano: Spectre di Gorgon, Spectre di Duharan

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- 8° Bolgia: Dannati: Consiglieri di frodi Pena: Il fondo della bolgia è paragonato ad un paesaggio di campagna estiva pieno di lucciole. Infatti risplende di tante fiammelle, in ognuna delle quali brucia un peccatore le cui sembianze sono nascoste alla vista. Contrappasso: Come in vita i consiglieri di frodi agirono sempre per vie sotterranee, così ora sono irriconoscibili, nascosti dalle fiamme. Guardiano: Spectre di Elf

- 9° Bolgia: Dannati: Seminatori di discordie nei vari aspetti della vita. Pena: I dannati sono squarciati e variamente mutilati da un diavolo armato di spada. Ma, nel compiere un giro della bolgia, le ferite si risanano per essere nuovamente riaperte dalla spada del diavolo. Contrappasso: Così come in vita adoperarono la loro intelligenza per dividere gli uomini, ora sono loro ad essere "divisi". Guardiano: Spectre del Mietitore

- 10° Bolgia: Dannati: Falsari Pena: I dannati giacciono sul fondo della bolgia colpiti da vari morbi. Contrappasso: La pena è adeguata alla meschinità della colpa: le malattie che colpiscono i dannati sono ripugnanti e deformanti, ma non distruttive. Guardiano: Spectre di Deep

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Pozzo dei Giganti: Tra la settima e l'ottava prigione, al cominciare del lago ghiacciato del Cocito vi è una zona colma di pozzi confitti nel ghiaccio al cui interno si trovano incatenati Giganti ed altri esseri mitologici ribellatisi alla volontà Olimpica. Guardiano: Spectre di Sasquatch

Ottava Prigione – Cocito: E' l'inferno di ghiaccio, il luogo più profondo, dove si trovano i i traditori. E' formato dalla confluenza di tutti i fiumi infernali, ghiacciati dall'assenza completa del calore divino. E' diviso in quattro zone dopo la prima. Non c'è divisione fisica tra le zone del Cocito, esse sono determinate dalla posizione e dalla pena dei dannati e dalla presenza di quattro palazzi: i primi tre abitati dai tre Giudici dell'ade, il quarto abitato dall'incarnazione di Ade e dal suo vicario. Dietro al trono divino si nasconde il Muro del Pianto, che separa il Tartaro dall'Elisio. Oltre agli spectre ed ai dannati, questa zona del Tartato è abitata da terrificanti creature al soldo del Signore Oscuro. Dannati: Fraudolenti verso chi si fida. Pena: I dannati, confitti nel fondo ghiacciato di Cocito, battono i denti per il freddo e le loro lacrime si ghiacciano non appena sgorgate dagli occhi accecandoli ed aumentando il loro dolore. Contrappasso: La superficie ghiacciata di Cocito, che blocca i dannati nella posizione della loro pena, riflette la loro totale immobilità spirituale nella vita terrena. Guardiano: Spectre di Papillon

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- Prima Zona – Caina: Questa zona prende il nome da Caino, il primo fratricida. Dannati: Traditori dei parenti. Pena: I dannati della prima zona sono confitti nel ghiaccio fino alla testa e tengono il viso volto in basso. Guardiano: Spectre della Viverna

- Seconda Zona – Antenora: La seconda zona prende il nome da Antenore, un saggio principe troiano che, come racconta Omero, consiglia la restituzione di Elena per porre fine alla guerra. Il personaggio di Antenore rifluì anche nella letteratura latina: già nel commento di Servio all'Eneide viene citata la leggenda che Antenore, con il suo consiglio, meditasse il tradimento della patria. Dannati: Traditori della patria o del proprio partito per iniquo tornaconto. Pena: I dannati della seconda zona sono confitti nel ghiaccio fino alla testa, ma, a differenza dei primi, tengono il viso in alto. Guardiano: Spectre di Garuda

- Terza Zona – Tolomea: La terza zona prende il nome da due Tolomeo: 1) Governatore di Gerico, che uccise a tradimento Simone Maccabeo ed i suoi figli, che aveva invitati a banchetto nella sua casa; 2) Re d'Egitto, che uccise Pompeo, rifugiatosi nella sua città, pensando con questo atto di acquistare il favore di Cesare. Dannati: traditori degli ospiti e dei protetti. Pena: I dannati tengono il viso rivolto verso l'alto cosicché le lacrime si ghiacciano formando una maschera di cristallo sugli occhi e ricacciando indietro le lacrime appena sgorgate. Guardiano: Spectre del Grifone

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- Quarta Zona - Giudecca, Palazzo di Hades: Il nome della zona deriva da Giuda, il traditore di Cristo. Dannati: Traditori della Volontà Divina e dei suoi veri rappresentanti. In tale zona vi è la prigione dimensionale del Tartaro ove sono rinchiusi gli esseri più potenti che hanno tradito la divina volontà. Pena: dannati sono completamente coperti dal ghiaccio, bloccati in posizioni diverse. Guardiano: Imperator Inferorum

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ELISIO:

Nella mitologia greca, luogo di pace e felicità. Nelle opere di Omero, l'Elisio è situato nell'estremo punto occidentale del mondo: vi giungevano i grandi eroi, resi immortali, che mantenevano il proprio corpo; liberi di praticarvi le loro attività preferite, non conoscevano né malattie né preoccupazioni. In seguito l'Elisio venne considerato la dimora dei beati, dove le anime di eroi, poeti e sacerdoti vivevano in perfetta felicità. Nella mitologia romana, i Campi Elisi erano il luogo dove venivano ricompensati i giusti, anche se per alcuni, a seconda delle disposizioni del fato, era solo un paradiso temporaneo. Ai margini dei suoi prati scorreva il Lete, fiume dell'oblio: tutte le anime dei morti dovevano berne l'acqua per dimenticare la vita terrena; le anime destinate a nuova vita dovevano poi bere nuovamente l'acqua del Lete per dimenticare le gioie dei Campi Elisi. L'Eliseo o i Campi Elisi (talvolta identificati con le Isole dei beati o Isole Fortunate), nella mitologia greca, sono il luogo nel quale dimoravano dopo la morte le anime di coloro che sono amati dagli dei. Nel poema di Virgilio, l'Eneide, Enea, dopo la sua fuga da Troia, arriva in Campania, a Cuma, per consultare la Sibilla, la quale lo accompagna negli Elisi, dove incontra suo padre Anchise, morto da poco. Nell'Odissea invece, Omero ricorda che i Campi Elisi saranno la sorte di Menelao, amato appunto dagli dei poiché genero di Zeus, in quanto marito di Elena, dandoci anche una descrizione del luogo (libro VI, 561-569). Un luogo in cui per i mortali la vita è bellissima, mai toccata da neve e pioggia, né dal freddo, ma sempre soffi di Zefiro rinfrescanti per gli uomini sono mandati dall'Oceano (mitologia).

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