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ANALECTA ROMANA INSTITUTI DANICI XLIV

ANALECTA ROMANA INSTITUTI DANICI XLIVtant’è che numerosi edifici, come la chiesa di All Saint’s7 di William Butterfield (1814-1900) o quella di Saint James the Less8 del già

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ANALECTA ROMANAINSTITUTI DANICI

XLIV

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ANALECTA ROMANA

INSTITUTI DANICI

XLIV

2019

ROMAE MMXX

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ANALECTA ROMANA INSTITUTI DANICI XLIV© 2020 Accademia di DanimarcaISSN 2035-2506

Scientific Board

Mads Kähler Holst (Bestyrelsesformand, Det Danske Institut i Rom)

Jens Bertelsen (Bertelsen & Scheving Arkitekter)Iben Fonnesberg-Schmidt (Aalborg Universitet)

Karina Lykke Grand (Aarhus Universitet)Thomas Harder (Forfatter/writer/scrittore)Morten Heiberg (Københavns Universitet)Hanne Jansen (Københavns Universitet)

Erik Vilstrup Lorenzen (Den Danske Ambassade i Rom)Mogens Nykjær (Aarhus Universitet)Vinnie Nørskov (Aarhus Universitet)

Niels Rosing-Schow (Det Kgl. Danske Musikkonservatorium)Erling Strudsholm (Københavns Universitet)

Lene Østermark-Johansen (Københavns Universitet)

editorial Board

Marianne Pade (Chair of Editorial Board, Det Danske Institut i Rom - 31.08.19)Charlotte Bundgaard (Chair of Editorial Board, Det Danske Institut i Rom)

Patrick Kragelund (Danmarks Kunstbibliotek)Sine Grove Saxkjær (Det Danske Institut i Rom)

Gert Sørensen (Københavns Universitet)Anna Wegener (Det Danske Institut i Rom)

Maria Adelaide Zocchi (Det Danske Institut i Rom)

Analecta Romana Instituti Danici. — Vol. I (1960) — . Copenhagen: Munksgaard. From 1985: Rome, «L’ERMA» di Bretschneider. From 2007 (online): Accademia di Danimarca.

ANALECTA ROMANA INSTITUTI DANICI encourages scholarly contributions within the Academy’s research fields. All contributions will be peer reviewed. Manuscripts to be considered for publication should be sent to: [email protected] Authors are requested to consult the journal’s guidelines: www.acdan.it

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Contents

Signe Buccarella Hedegaard & cecilie BrønS: Lost in Translation: An Introduction to the Challenging Task of Communicating Long-lost Polychromy on Graeco - Roman Marble Sculptures

lærke Maria anderSen funder: Continuity and Reception: The Life of the Spinario

clauS aSBjørn anderSen: What is Metaphysics in Baroque Scotism? Key Passages from Bartolomeo Matri’s Disputations on Metaphysics (1646-1647)

coStantino ceccanti: “Andre udmærkede Bygmestre”: Hermann Baagøe Storck e lo stile toscano nella Danimarca dell’Ottocento

Philology Then and Now Proceedings of the Conference held at the Danish Academy in Rome, 16 July 2019

introduction: Making Sense of Texts: From Early Modern to Contemporary Philology

Minna Skafte jenSen: The Emic-Etic Distinction: a Tool in Neo-Latin Research?

ŠiMe deMo: Getting Help from a Daughter: Linguistic Methodology and Early Modern Philology

Paolo Monella: A Digital Critical Edition Model for Priscian: Glosses, Graeca, Quotations

joHann raMMinger: Stylometry in a Language without Native Speakers: A Test Case from Early Modern Latin

Marianne Pade: Imitation and Intertextaulity in Humanist Translation

julia HaigH gaiSSer: Philology and Poetry in the Humanism of Giovanni Pontano

karen Skovgaard-PeterSen: Philological Pessimism: Henrik Ernst’s Treatise on Textual Criiticism (1652)

trine arlund HaSS: The Meaning of Jul (Christmas) according to Pontanus, Vedel and Worm: Etymology, Controversy, and Foundation Myths of the Danes

Report

jan kindBerg jacoBSen, claudio PariSi PreSicce, ruBina raja & MaSSiMo vitti:

Excavating Caesar’s Forum: Present Results of the Caesar’s Forum Project

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Nel corso del XIX secolo l’interesse per l’ar-te e per l’architettura italiane è stato in molti paesi oltremodo significativo:3 si potrebbe an-che affermare che questo fenomeno è stato alla base di alcune delle principali tendenze artistiche dell’epoca. La costruzione di mo-derni edifici che si ispiravano, più o meno apertamente, a precedenti italiani divenne un fattore piuttosto comune in alcuni stati euro-pei: molto conosciuto è il caso bavarese, nel quale la città di Monaco, capitale dello stato, venne dotata di una serie di edifici che ripro-posero modelli italiani in maniera davvero sorprendente.4 Se questa tendenza affonda le sue radici nell’interesse che re Ludovico (re-gno: 1825-1848) aveva nei confronti dell’arte

“Andre udmærkede Bygmestre”:1

Hermann Baagøe Storck e lo stile toscano nella Danimarca dell’Ottocento2

di Costantino CeCCanti

1 “Altri eccellenti costruttori.”La frase è tratta da Müller 1883, 112. Sigurd Müller (1844-1918), che aveva compiuto un viaggio in Italia proprio come Hermann Baagøe Storck, scrisse questo libro che diventò un punto fermo per l’insegnamento della storia dell’arte nelle scuole danesi. Significativa-mente, la copertina del volume, di artista anonimo, presenta dei disegni a grottesche di ascendenza ri-nascimentale italiana.

2 Ringrazio vivamente Louis Sebastian Bo Jensen, bi-bliotecario della Danmarks Kunstbibliotek (Biblio-

teca Nazionale d’Arte) e Lars Schreiber Pedersen, vice archivista del Frederiksberg Stadsarkiv: senza il loro aiuto, questo articolo non avrebbe visto la luce.

3 Hitchcock 1969, 191-217.4 Ibid., 53-57.5 Street 1874.6 Norman-Shaw 1858.7 Dixon & Muthesius 1978, 205 e 206.8 Ibid., 209-211.9 Ceccanti in c.d.s.

italiana, più complesso è il caso inglese: già ne-gli anni Cinquanta, su impulso delle teorie di John Ruskin (1819-1900) e a seguito dei viaggi di studio di diversi architetti – tra i più celebri quelli di George Edmund Street (1824-1881)5 e del più giovane Richard Norman-Shaw (1831-1912)6 – l’architettura italiana, soprat-tutto quella gotica, incontrò grande favore, tant’è che numerosi edifici, come la chiesa di All Saint’s7 di William Butterfield (1814-1900) o quella di Saint James the Less8 del già citato Street, presentano interessanti influssi italiani. Estremamente singolare è il caso della Town Hall di Bradford:9 il municipio della gran-de città industriale del Nord inglese, in forte crescita economica e demografica negli anni

Abstract. Some of the most important Danish architects of the 19th century - such as Harald Conrad Stilling, Gottlieb Bindesbøll and Hermann Baagøe Storck - travelled to Italy to develop their knowledge of classical and Renaissance architecture: in the Danmarks Kunstbibliotek, Copenhagen, there are many drawings relating to these Italian trips. Also, in the same decades, a tendency that saw the birth of a revival based on Tuscany Renaissance architecture began. This article analyzes this phenomenon, one of most interesting, but less known, of the many European architectonical revivals.

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successivi alla metà del XIX secolo,10 ven-ne progettato dagli architetti Henry Francis Lockwood (1811-1878) e Richard Mawson (1828-1889)11 in uno stile gotico con elementi derivanti da diverse tradizioni, con la stupefa-cente torre che è una scoperta replica di quella di Arnolfo del palazzo Vecchio a Firenze.12

La scelta degli architetti era volutamen-te ostentata, tant’è che, anche nel volumetto commemorativo della costruzione dell’edi-ficio, si stabiliva un parallelo tra la posizione della torre inglese e di quella italiana, in due valli dall’aspetto simile.13 Accanto all’interes-se per il gotico, nel Regno Unito si sviluppò anche una forte attenzione per l’architettura del Rinascimento italiano. Sebbene quasi del tutto privo dei presupposti teorici che stava-no alla base della riproposizione del gotico, il richiamo alle architetture del Cinquecento fu di durata più lunga, tant’è che questo fe-nomeno era ancora in essere nei primi anni del XX secolo,14 quando ormai la moda del gotico era passata da diversi decenni.15 Nu-merosi sono gli esempi di questa tendenza di cui si potrebbe parlare: accanto a quelli più noti, bavaresi, britannici ma anche, talvolta, francesi,16 spicca il caso poco conosciuto, ma estremamente interessante, della Danimarca.17

Questa, stretta fra potenti vicini e ormai lontana dalla grandezza militare sei-settecen-tesca, era, alla metà dell’Ottocento, un pa-ese secondario nello scacchiere europeo; un evento importante, anche se più da un punto di vista simbolico che politico, fu l’assunzio-ne nel 1863 del trono di Grecia da parte di

10 Firth 1997.11 Su Henry Francis Lockwood e Richard Mawson

cfr. Dixon & Muthesius 1978, 262.12 Cfr. An account on the procession 1873, senza numero

di pagina.13 Cfr. An account on the procession 1873, senza numero

di pagina: “[…] The design of the tower is based on that of the Palazzo Vecchio in Florence, and this striking object is placed exactly in the same position in the valley of Bradford as its original in the valley of the Arno. […]”

14 Hitchcock 1969, 291-309.15 Si può certamente osservare che, dopo il 1870,

l’interesse per l’architettura gotica venne scemando,

per lasciare il posto a influssi disparati che portarono alla nascita del cosiddetto stile regina Anna. Si veda in proposito Dixon & Muthesius 1978, 136-141 e 222-228.

16 In Francia, l’influsso delle architetture del Rinascimento italiano fu più limitato che altrove, dal momento che si attinse molto di più ad episodi architettonici del Cinquecento francese. Si veda in proposito Middleton & Watkin 1977, 207-254.

17 Per il revival storicistico danese è necessario rifarsi al fondamentale Faber 1961, 147-151.

18 Middleton & Watkin 1977, 306 e 307.19 Ibid., 306.20 Ibid., 306.

un principe danese, Guglielmo di Schleswig-Holstein-Sonderburg-Glücksburg, col nome di Giorgio I:18 questo avvenimento portò un numero copioso di architetti danesi ad Ate-ne, città che in quel periodo stava comple-tamente rinnovandosi per assumere il ruolo di capitale di un moderno stato europeo.19 Possiamo dire senza esitazione che i danesi furono, insieme ai tedeschi, coloro che con-ferirono alla città di Atene, in particolare al suo centro, l’aspetto neoclassico che anco-ra oggi, in gran parte, la contraddistingue.20

Il caso di Atene è la testimonianza tangi-bile di come l’ambiente culturale della piccola Danimarca fosse, intorno alla metà del secolo, uno tra i più vivaci in ambito europeo, certa-mente il più importante dell’area scandinava, ben più influente, per esempio, del suo omolo-go svedese. Un’intera generazione di architet-ti, formatasi presso l’Accademia Reale di Belle Arti di Copenaghen, lavorò in vari paesi d’Eu-ropa per diversi decenni: il viaggio in Italia co-stituiva una tappa fondamentale nella loro for-mazione e fu spesso, come si vedrà in seguito, fonte d’ispirazione per svariati progetti realiz-zati in tutto il continente nella seconda metà del XIX secolo e nei primi anni del successivo.

Nella Biblioteca Nazionale d’Arte (Dan-marks Kunstbibliotek) di Copenaghen è pre-sente un ricchissimo fondo comprendente disegni architettonici, molti dei quali realiz-zati durante il viaggio in Italia che gli archi-tetti vedevano come tappa fondamentale del-la loro formazione. La ricchezza del fondo consente, tramite un’analisi dei disegni stes-

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21 Cfr. DKB, Ark 13468 a; DKB, Ark 13468 b; DKB, Ark 13468 bis1; DKB, Ark 13468 bis2; DKB, Ark 13468 bis7; DKB, ARK 13468 c; DKB, Ark 13468 e; DKB, Ark 13468 f; DKB, Ark 13468 i; DKB, Ark 18640; DKB, Ark 18641.

22 Middleton & Watkin 1977, 306.23 Ibid., 306.24 DKB, Ark 18006 a; DKB, Ark 18006 b; DKB, Ark

18006 c.

si, di comprendere quali fossero gli aspetti dell’architettura italiana che più colpivano gli architetti danesi. La Toscana, con le sue città d’arte e i suoi monumenti medievali e rinasci-mentali era certamente, come evidente anche dal numero dei disegni a essa dedicati, uno dei soggetti principali. La tecnica impiegata, quasi sempre molto raffinata, permetteva di poter replicare al dettaglio quanto rappresen-tato nei taccuini d’appunti, fino a un livel-lo di precisione accuratissimo. La collezione dei disegni italiani e toscani della Biblioteca Nazionale d’Arte è un’affascinante e, anco-ra oggi, poco studiata testimonianza dell’in-teresse che, nel pieno Ottocento, gli archi-tetti danesi avevano nei confronti dell’Italia.

La scelta di analizzare in maniera dettaglia-ta il caso di Hermann Baagøe Storck (1839-1922), certamente uno dei più significativi architetti danesi del suo tempo, è da ricercar-si nel fatto che egli, a seguito del viaggio in Italia, instaurò una collaborazione lavorativa con la Landmandsbanken, uno dei più grandi istituti di credito del paese: egli fu incaricato di costruire numerose delle filiali della banca in tutta la Danimarca e, in alcune di esse, tra cui spicca il caso di quella di Frederiksberg, scelse di replicare in maniera puntuale gli edi-fici toscani da lui studiati durante il viaggio del 1871, con la riproposizione quasi esat-ta del fiorentino palazzo Lanfredini di Bac-cio d’Agnolo, con la nuova costruzione in mattoni a faccia vista invece che intonacata.

Nel pieno Ottocento: danesi ad Atene e a ViennaCome si è già accennato, poco dopo la metà del secolo, la presenza danese in Grecia era di-ventata consistente: a partire da quel periodo, i maggiori progetti per le principali costruzioni ateniesi si devono infatti ad architetti danesi.

Certamente, dal punto di vista del presente

contributo, le esperienze ateniesi e viennesi dei fratelli Hansen (Theophilus e Christian) pos-sono apparire, a una prima impressione, a que-sto non strettamente connesse, tuttavia, il loro successo prima ad Atene e poi a Vienna, ci fa capire come, intorno alla metà dell’Ottocento, la cultura e l’architettura danesi fossero ormai tra le più influenti del continente e come la Danimarca fosse uscita dallo stato di provin-cialismo in cui era fino a pochi decenni prima.

In quest’epoca, nella capitale greca, il più prolifico tra questi fu Theophilus (1813-1891). Due dei tre più importanti edifici della via Panepistimiou (oggi Eleftétiou Ve-nizelou), portano la sua firma: la Biblioteca Nazionale21 e l’Accademia.22 Le costruzio-ni, posizionate l’una accanto all’altra sul lato nordorientale dell’asse stradale, formano al contempo uno dei complessi architettonici urbanistici più coerenti di Atene e uno dei maggiori simboli della città ottocentesca.

Suo fratello Christian (1803-1883) redasse invece il progetto dell’Università,23 situata tra i due edifici appena citati, e realizzò altri inter-venti minori in città. Tornando a Theophilus, sua fu anche l’ideazione del complesso fieri-stico dello Zappeion,24 costruito poi dal tedesco Ernst Ziller (1837-1923) a sud dei Giardini Reali: questa fabbrica, commissionata dai fra-telli Zappas è considerata, col suo imponente pronao corinzio e il suo cortile circolare a due livelli, il manifesto del neoclassicismo greco.

Il successo spinse Theophilus Hansen an-che in Austria, in un periodo nel quale la città di Vienna stava attraversando un momento di profondo rinnovamento urbanistico, coin-cidente con l’apertura della Ring. L’archi-tetto, che ottenne la cittadinanza austriaca, fu uno dei protagonisti della realizzazione di questa imponente operazione, costruen-do sulla nuova, grande arteria, alcuni degli

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edifici più significativi: tra questi spiccano lo Heinrichshof,25 la Borsa,26 il Circolo della Musica27 e, soprattutto, il nuovo Parlamento.28 Edificato con un assetto tardo neoclassico, memore delle sue realizzazioni ateniesi, costi-tuì al contempo la consacrazione di Hansen come il massimo esponente della scuola ar-chitettonica danese e come uno dei maggiori architetti di Vienna, una delle più importan-ti capitali dell’Ottocento europeo, molto più prestigiosa, rappresentativa e ricca di qual-siasi città danese, Copenaghen compresa.

Christian Hansen a CopenaghenIl maggiore dei fratelli Hansen, Christian, seguì parzialmente le sue orme: anche lui fu ad Ate-ne, dove, come già detto, costruì l’Università, edificio allineato in tutto alle concezioni archi-tettoniche del suo congiunto, costituendo un intermezzo ideale tra i più articolati complessi dell’Accademia e della Biblioteca Nazionale. A differenza del fratello, che progettò quasi sempre in uno stile classico, Christian Hansen costruì diversi edifici di gusto neo-medievale, spesso di grande interesse. È necessario sotto-lineare come, in alcuni casi, preponderante fu l’influsso italiano, tant’è che si può affermare che egli sia stato il principale esponente della corrente neoitaliana in Danimarca: talvolta, i risultati raggiunti hanno poco da invidiare a quelli, ben più noti e studiati, risalenti all’in-circa nello stesso periodo, nel Regno Unito. Il nuovo Ospedale Comunale di Copenaghen, costruito a partire dal 1859, presenta un uso esuberante dei ricorsi orizzontali in mattoni di tonalità differenti,29 arrivando a un risulta-to che non sfigurerebbe accanto ai più felici

25 Si veda in proposito Hitchcock 1969, 214.26 Neumann 1956.27 Hitchcock 1969, 215.28 Ibid., 68 e 215.29 Faber 1961, 126. È necessario precisare, tuttavia,

che l’impiego di strisce orizzontali di tonalità differenti o, addirittura, di materiali differenti, lo si può incontrare anche nell’architettura danese del periodo gotico. Sono da citare, a titolo puramente esemplificativo, la torre del municipio di Roskilde e quanto è sopravvissuto della chiesa parrocchiale di

Højerup.30 I primi elaborati, opera di Gustav Friedrich

Hetsch, risalgono addirittura agli ultimi decenni del Settecento, mentre i più recenti sono del primo novecento. Il fondo comprende, inoltre, anche elaborati progettuali di grande interesse, tra cui quelli che lo stesso Storck realizzò su commissione della Landmandsbanken.

31 I disegni della Biblioteca Nazionale d’Arte di Copenaghen lasciano intendere che il viaggio si sia svolto nel 1851.

esempi del gotico vittoriano maturo.Gli edifici costruiti a Copenaghen rappre-

sentano, simultaneamente, i primi esempi del-la volontà del governo di adeguare l’assetto ar-chitettonico e urbano della città a quello delle grandi capitali europee, sia il punto di parten-za di un fecondo revival che, attingendo alle più disparate tradizioni continentali, continuò fino agli anni che precedettero la Prima Guer-ra Mondiale – che, comunque, non interessò la Danimarca – e, forse, anche successivamente.

Negli anni di maggiore attività di Hansen, ebbe inizio la fortunata carriera di Hermann Baagøe Storck. Anch’egli, formatosi a Co-penaghen, intraprese un viaggio di studio in Italia: di questo importante momento del suo percorso umano e professionale, restano ben cinque album di disegni, conservati presso la Biblioteca Nazionale d’Arte di Copenaghen.30

Il viaggio italiano di Hermann Baagøe Storck toccò, essenzialmente, tre punti no-dali: il Veneto, la Toscana e Roma e fu una fonte d’ispirazione importante per le sue architetture. Nei taccuini sono presenti po-chi disegni dedicati alla Toscana, soltanto nel quaderno 53713, ma è lecito ipotizzare che esistessero altri elaborati, oggi dispersi.

Prima di Storck: Harald Conrad Stilling in Toscana nel 1851Hermann Baagøe Storck visitò la Toscana nel 1871, lasciando la preziosa testimonianza del suo taccuino di disegni. Tuttavia, già un ventennio prima, un altro importante archi-tetto danese, Harald Conrad Stilling (1815-1891), compì un viaggio analogo.31 La figu-ra di quest’ultimo è piuttosto interessante e,

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almeno per quanto riguarda i suoi ambiti di studio, differisce parzialmente da quella di Storck: nato a Hørsholm in una modesta fa-miglia, comunque legata alla corte, lavorò ini-zialmente come muratore e, ormai già adulto, ebbe modo di entrare all’Accademia Reale di Belle Arti di Copenaghen, dove completò la sua formazione. Dopo aver realizzato alcuni importanti edifici nella capitale, avvenne l’in-contro che portò a una svolta nella sua car-riera: Jacob Christian Jacobsen (1811-1887), industriale della birra, di pochi anni più vec-chio, lo incaricò della progettazione dello sta-bilimento birrario Carlsberg, al confine tra Copenaghen e Frederiksberg. Qui realizzò il più famoso dei suoi edifici, che comprende la celeberrima porta degli Elefanti – curioso pastiche di tendenze architettoniche diverse – nel quale gli influssi dell’architettura medieva-le italiana sono chiaramente percepibili, me-diante l’impiego di mattoni di diverse tonalità, atti a creare delle facciate – proprio quelle che serrano la porta suddetta – che paiono delle vere riproposizioni di edifici pubblici padani.32

Di Stilling restano numerosi disegni con-servati presso la Biblioteca Nazionale d’Arte: realizzati negli anni Cinquanta, hanno una qualità grafica molto elevata; molti sono ac-querellati e presentano una maestria davve-ro notevole nell’uso del colore. Ciò che dif-ferenzia questi elaborati da quelli di Storck è la scelta dei soggetti: in luogo di mete ita-liane e tedesche, Stilling privilegiò luoghi dal sapore più esotico. Numerosi sono gli schizzi dedicati all’Egitto33 – non solo alle architetture dell’antichità ma anche a quelle del medioevo arabo (per esempio, il foglio

32 Questo è vero essenzialmente per i prospetti che inquadrano la porta sulla stretta Ny Carlsberg Vej, dove sono presenti bifore e trifore che vanno a interrompere la grande parete in laterizio.

33 DKB, Ark 54111 (dedicato a Karnak); DKB, Ark 54112 (dedicato a Philae); DKB, Ark 54107 (dedicato a Luxor).

34 In particolare, il foglio DKB, Ark 17776, in cui è raffigurata Smirne e il foglio DKB, Ark 17779, inerente a Costantinopoli.

35 Nel dettaglio, il taccuino DKB, Ark 17717 è relativo

ad Atene.36 L’esiguo album DKB, Ark 54105 vede come

protagonisti le architetture in mattoni ed edifici ottocenteschi della Germania Settentrionale.

37 Nel foglio DKB, Ark 53198 è disegnato un dettaglio del pavimento cosmatesco di San Marco a Roma.

38 Si vedano il taccuino DKB, Ark 54117, dove, tra le altre architetture, compare il Duomo di Monreale, e il foglio DKB, Ark 53200, relativo al castello della Zisa, presso Palermo.

Fig. 1 Harald Conrad Stilling, il battistero di San Gio-vanni Rotondo a Pistoia (DKB, Ark 53189), penna e acquerello su carta (foto: Danmarks Kunstbibliotek).

DKB, Ark 531930 è dedicato alla moschea di Muhammad Ali) –, alla Turchia34 e alla Gre-cia.35 Pochi, invece, quelli di ambientazione germanica,36 mentre quelli italiani privilegiano temi meno consueti: non è presente Venezia, così come quasi del tutto assente è Roma.37 Diverse sono invece le raffigurazioni dei mo-numenti normanni di Palermo38 mentre, per quanto riguarda la Toscana, ci sono soltanto

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una veduta della porzione retrostante della chiesa di San Giovanni a Lucca39 e un alzato – corredato comunque anche da una piccola pianta e da un’altrettanto piccola sezione – del battistero di San Giovanni a Pistoia (Fig.1).40

Il taccuino toscano di Hermann Baagøe StorckIl taccuino 53713 della Biblioteca Nazionale d’Arte di Copenaghen, elegantemente rilega-to in pelle, contiene 61 disegni, relativi alla Toscana ma anche all’Emilia,41 alla Liguria42 e alla Lombardia.43 Di questi, la maggior parte è dedicata all’architettura del Rinascimento. Il periodo considerato da Hermann Baagøe Storck è piuttosto definito, dal momento che vengono rappresentati soltanto edifici del Quattrocento e del Primo Cinquecento, con la ragguardevole eccezione di alcuni rilevan-tissimi complessi trecenteschi e di due esempi barocchi, e la scelta deliberata di non conside-rare edifici del Secondo Cinquecento, presenti invece, anche se marginalmente, nella monu-mentale opera Die Architektur der Renaissance in Toscana - dargestellt in den hervorragendsten Kir-chen, Palästen, Villen und Monumenten di Karl von Stegmann ed Heinrich von Geymüller.

Andando ad analizzare quanto rappresen-tato, la prima cosa che salta agli occhi è che i disegni non hanno tutti il medesimo grado di definizione, né medesima è la tecnica impiega-ta. Ciò appare chiaro anche nei primi schizzi, relativi al soffitto di Santa Croce a Firenze: il numero 0, a matita, è uno studio, quotato, ne-cessario per capire le dimensioni e le propor-

39 Cfr. DKB, Ark 53199.40 Cfr. DKB, ARK 53189, DØBEKAPELLET I

PISTOIA. Il disegno, che è una raffigurazione del battistero di San Giovanni in Corte a Pistoia, riporta la data del 3 settembre 1851.

41 Gli elaborati relativi all’Emilia si riducono a otto disegni, i quali due relativi a Bologna, nel dettaglio una vista prospettica della casa Berò o dei Carracci (DKB, Ark 53713 37), una pianta del palazzo Guardi (DKB, Ark 53713 38) e una pianta del palazzo Ercolani (DKB, Ark 53713 42). Ci sono poi due schizzi ravennati, un alzato di due campate di Sant’Apollinare Nuovo (DKB, Ark, 53713 39) e una vista del battistero Neoniano, nonché altre vedute riferibili a Parma e a Piacenza.

42 Gli schizzi dedicati a Genova sono due: il primo

è una veduta del portale del palazzo di Cipriano Pallavicini in piazza Fossatello (DKB, Ark 53713 45), interessante opera della prima metà del Cinquecento; il secondo è una raffigurazione della porzione sommitale del campanile di San Giovanni di Pré (DKB, Ark 53713 46).

43 Molto numerosi sono, invece, i disegni di argomento lombardo: incontriamo, tra le altre, raffigurazioni della sagrestia di Santa Maria presso San Satiro a Milano (DKB, Ark 53713 50; DKB, Ark 53713 51), della chiesa di San Francesco a Brescia (DKB, Ark 53713 59), due studi di soffitti lignei presenti nella città di Cremona (DKB Ark, 53713 63).

44 Sul palazzo Cocchi si veda in particolare Trotta 2009.

zioni della struttura, mentre i successivi nume-ri 1 e 2, inerenti alla stessa struttura, presenta-no un’acquerellatura estremamente accurata, e sono completi di brevi didascalie descrittive.

Il foglio numero 3 presenta le stesse carat-teristiche del numero 0, anche se si tratta di uno studio della facciata di un palazzo del Ri-nascimento fiorentino: il palazzo Cocchi Ser-ristori sulla piazza Santa Croce, ancora oggi di attribuzione incerta44 – anche se Hermann Baagøe Storck lo attribuisce a Baccio d’Agnolo – è raffigurato a sola matita, con una resa degli elementi decorativi completa soltanto nell’e-stremità destra e con il solo dettaglio della base e del capitello dell’ordine architettonico.

Nel foglio 4, l’architetto scelse di inserire alcuni particolari architettonici del palazzo Magnani – in particolare un peduccio ionico – di via dei Serragli a Firenze, assieme alla vedu-ta di un edificio extraurbano, probabilmente una villa, come si evince dallo stemma, posta in “via della Certosa”. Si scelse di rendere l’as-setto complessivo della fabbrica mediante una tecnica a tratteggio verticale molto ravvicina-to. Se il quaderno 53713 si configura anche come un insieme di elaborati di studio, niente lo conferma più del foglio 7, nel quale, quasi si trattasse di un rilievo, sono resi in pianta e in prospetto una campata del chiostro degli Uomini e lo scalone che da essa si diparte.

Gli elaborati del quaderno 53713 più si-gnificativi per le architetture realizzate dall’ar-chitetto danese sono comunque i numeri 8, 9 e 10: relativi al lavabo robbiano della Sagre-

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45 Relativamente alla costruzione della filiale della Frederiksborggade, restano numerosi elaborati di Storck, tutti conservati presso la Danmarks Kunsbibliotek. Si tratta di una pianta DKB, Ark 12744 d), due soluzioni per la facciata (DKB, Ark 12744 e; DKB, Ark 12744 f), il particolare del portale d’angolo (DKB, Ark 12744 o), due

sezioni di un salone (DKB, Ark 12744 x), lo studio acquerellato per la decorazione di un salone (DKB, Ark 12744 u) e lo studio acquerellato per il dettaglio di un soffitto (DKB, Ark 12744 v).

46 Cfr. DKB, Ark 5371311; DKB, Ark 5371312.47 Cfr. DKB, Ark 5371315; DKB, Ark 5371319.

stia di Santa Maria Novella (Fig. 2), serviro-no come punto di partenza per il disegno del portale della filiale della Landmandsbanken posta nella Frederiksborggade, all’angolo con la Nørre Voldgade (Fig. 3).45 Il primo si con-figura come uno schizzo di studio, eseguito a matita e rappresentante la pianta e il prospet-to della composizione, mentre il successivo presenta dei dettagli quotati e parzialmen-te acquerellati e il terzo è un accuratissimo studio della porzione sommitale del lavabo.

La soluzione impiegata per il foglio 4 vie-ne riproposta nel numero 11, nel quale è pre-sentato un panorama fiorentino che include la chiesa di San Frediano in Cestello. Più inte-ressanti appaiono i disegni successivi, relativi a decorazioni trecentesche e neo-trecentesche: si parte dalle volte della chiesa di San Mi-niato al Monte (Fig. 2)46 per passare a detta-gli delle pitture del palazzo del Podestà (Fig. 4),47 mentre l’unico momento di interesse per un’architettura del Seicento presente nel tac-cuino si incontra quando viene rappresen-

Fig. 2. Hermann Baagøe Storck, il lavabo di Benedetto da Maiano nella sagrestia di Santa Maria Novella e una decorazio-ne della volta di San Miniato al Monte, entrambe a Firenze. I disegni, realizzati con la tecnica della matita e acquerello su carta, sono tratti dal taccuino Tosca-no dell’architetto danese (DKB, Ark 5371310 e DKB, Ark 5371314; foto: Danmarks Kunstbibliotek).

Fig. 3. Hermann Baagøe Storck, progetto per il portale d’angolo della filiale della Landmandsbanken di Nørre Voldgade a Copenaghen (DKB, Ark 12744 o, penna e acquerello su carta; foto: Danmarks Kunstbibliotek).

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48 Cfr. DKB, Ark 537138.49 Possiamo forse ipotizzare che l’architetto danese

abbia creduto che si trattasse di una realizzazione

originale.50 Nel primo foglio compaiono anche due mensole

dall’elaborato disegno.

tato, seppur in modo schematico, il soffitto ligneo della Badia Fiorentina.48 Nei due fogli immediatamente successivi, invece, si vede, per mezzo di una raffigurazione in pianta, parzialmente quotata con le proiezioni delle coperture, e in sezione, completa per la parte sinistra e abbozzata per la destra, la brunel-leschiana Sagrestia Vecchia di San Lorenzo.

Sempre relativo al complesso mediceo-laurenziano è il disegno successivo (DKB, Ark 5371320) nel quale è rappresentata la na-vata di San Lorenzo, con i punti di sezione presi nell’aula e in corrispondenza della cu-pola. È raffigurata chiaramente la parete di fondo della tribuna, che, come sappiamo, fu realizzata pochi anni prima del disegno stes-so, con un linguaggio neo-brunelleschiano.49 I due fogli dedicati alla chiesa di Santa Ma-ria delle Carceri a Prato si configurano come elaborati di studio: l’edificio sangallesco è raffigurato nel primo mediante un’essenziale pianta,50 parzialmente quotata, e nel secondo con un prospetto-sezione tra i più interessanti dell’intero taccuino, con la rappresentazione

degli arredi interni, tra cui il monumenta-le altare e la balaustra buontalentiana e con la facciata bicroma resa mediante un’acque-rellatura delle porzioni di serpentino verde.

Nel quaderno sono presenti anche di-versi elaborati relativi ai soffitti lignei fio-rentini e toscani: i primi che incontriamo sono relativi alla copertura della Basilica di Santa Croce (DKB, Ark 537134; DKB, Ark 537135; DKB, Ark 537136), poi ce ne sono altri relativi al palazzo Medici a Pisa (DKB, Ark 5371324), alla chiesa di Sant’Agosti-no a Lucca (DKB, Ark 5371325; DKB, Ark 5371326; DKB, Ark 5371327), al palazzo Ar-civescovile di Lucca, alla Santissima Annun-ziata di Pistoia, di cui parleremo in seguito.

A quanto risulta dai segni del taccuino, le città toscane a essere visitate dall’architetto danese, oltre a Firenze, furono Prato, Lucca e Pistoia.

Relativamente a Lucca, le fabbriche che più interessarono Hermann Baagøe Storck furono la Cattedrale di San Martino, di cui è comunque rappresentata soltanto la porzione inferiore del pulpito di Matteo Civitali (1436-

Fig. 4. Hermann Baagøe Storck, decorazioni della sala Islamica e della sala delle Maioliche nel pa-lazzo del Bargello a Firenze. I disegni, realizzati con la tecnica della matita e acquerello su carta, sono tratti dal taccuino Toscano dell’architetto danese (DKB, Ark 5371319 e DKB, Ark 5371315; foto: Danmarks Kunstbibliotek).

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1501),51 e il palazzo Arcivescovile. Questa co-struzione posizionata alle spalle del Duomo, ha un assetto complesso scaturito da una serie di interventi anche molto profondi avvenuti nel corso di diversi secoli. Esternamente ap-pare come un blocco grande ma piuttosto semplice, di aspetto tardo rinascimentale. L’unico elemento precedente, che poi è an-che il più significativo, è il grandioso portale in pietra bianca di Santa Maria del Giudice, del quale non si conosce la paternità anche se, tradizionalmente, è associato all’ambito di Matteo Civitali.52 Dallo stesso palazzo è tratto anche uno dei più bei disegni di sof-fitto ligneo presenti nel quaderno: un’intera campata è raffigurata schematicamente, men-tre in assonometria si vedono nel dettaglio l’attacco al muro di una trave, comprensivo di una mensola classica e di tutto l’apparato decorativo, mentre un piccolo schema raf-figura la mensola in proiezione ortogonale. Ancora un grande soffitto ligneo, in questo caso di gusto gotico, è rappresentato nel fo-glio successivo: si tratta della copertura di un non meglio precisato ambiente posto nel con-vento di San Romano: in questo caso, l’inte-resse si focalizza sulla decorazione pittorica, i cui particolari sono rappresentati, in ben dieci varianti, nella porzione sinistra dell’elaborato.

La città di Pistoia compare in ben cinque disegni presenti nel quaderno, gli ultimi dedi-cati alla Toscana e realizzati intorno alla metà di luglio del 1871: il primo foglio contiene le rappresentazioni di due diversi monumenti, sulla sinistra si incontrano il dettaglio di una delle mensole della tomba di Cino, posta nel-la cattedrale di San Zeno e considerata un

51 Cfr. DKB, Ark 5371329.52 Cfr. DKB, Ark 5371328.53 Belluzzi 1993, 51.54 Vasari 1568, pp. 33 e 34. Gli ultimi studi, comunque,

tendono ad attribuire a Ventura Vitoni l’ideazione dell’aula ottagonale e a Giuliano da Sangallo quella dell’atrio, inizialmente concepito come un tempio a pianta rettangolare, derivante dalla chiesa della Madonna di Pie’ di Piazza a Pescia e, solo in un secondo tempo trasformato in vestibolo. Si veda, in

proposito, Ceccanti in c.d.s., nota 27.55 Cfr. DKB, Ark 5371332.56 Cfr. DKB, Ark 5371333.57 Cfr. DKB, Ark 5371332.58 Per una ricostruzione complessiva della storia del

battistero di San Giovanni in Corte a Pistoia, cfr. Bottari Scarfantoni 1998.

59 La pianta di San Giovanni Battista è rappresentata nel foglio DKB, Ark 5371334, mentre la sezione si trova nel foglio DKB, Ark 5371335.

60 Ceccanti 2017.

notevole esempio di sepolcro gotico italia-no, mentre, sulla destra, si vedono una rap-presentazione in pianta del complesso della Madonna dell’Umiltà, edificio che la critica at-tuale tende ad assegnare alla mano di Giuliano da Sangallo (1445 o 1452-1516),53 ma che storicamente è indicato come opera dell’ar-chitetto pistoiese Ventura Vitoni.54 Anche Hermann Baagøe Storck concordava con la gran parte della storiografia locale e scrisse vicino alla pianta della chiesa queste parole: “S. Maria dell’Umiltà/Ventura Vitoni 1494”.55

I monumenti della piazza del Duomo su-scitarono l’interesse dell’autore del quaderno: si è già visto, nel foglio precedente, un det-taglio del sepolcro vicino, in questo disegno si vedono la raffigurazione di due dei nume-rosi stemmi che arricchiscono il cortile del palazzo pretorio, quello del podestà Peruzzi56

e quello del podestà dell’Antella,57 mentre la porzione sinistra del foglio è occupata dalla raffigurazione del curioso e al contempo as-sai grazioso pulpito esterno del battistero di San Giovanni Rotondo, edificio tra i più no-tevoli di questo tipo realizzati nel Trecento.58

Le ultime due tavole relative alla visita to-scana dell’architetto danese sono dedicate alla medesima fabbrica, il San Giovanni Battista59 di Ventura Vitoni (1442-1522): si tratta di un edificio purtroppo in gran parte distrut-to dagli eventi bellici della seconda guerra mondiale e solo parzialmente ricostruito, ma che ebbe un enorme successo tra il Seicento e l’Ottocento, dal momento che, nella prima metà del XVII secolo, il suo sistema di coper-ture venne replicato nella chiesa suburbana di San Piero in Vincio60 da parte dell’architetto

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Giovanni Lafri (1582-post 1638), mentre ne-gli anni Ottanta del XIX secolo la sua facciata venne riprodotta in maniera oltremodo fede-le da parte dell’architetto inglese John Dando Sedding (1838-1891)61 nella chiesa londine-se dell’Holy Redeemer62 a Clerkenwell. Non deve stupire, quindi, che faccia la sua compar-sa nel taccuino di Hermann Baagøe Storck: nel primo foglio è rappresentato in pianta, con una grande attenzione alla copertura della cupola posta al di sopra della crociera, mentre nel secondo vediamo una sezione-prospetto che restituisce la particolarità della scansione delle decorazioni e dell’assemblaggio dei vo-lumi che dimostrano come la chiesa di San Giovanni delle Monache, come la chiama l’ar-chitetto danese, fosse uno dei più significati-vi esempi di edificio chiesastico toscano del primo Cinquecento. L’ultimo disegno raffigu-ra ancora una volta una copertura lignea, in questo caso il dettaglio di una capriata della chiesa pistoiese della Santissima Annunziata: si tratta di un edificio giunto a noi dopo una pesante ristrutturazione settecentesca che, comunque, non ha cancellato l’originale volu-metria della fabbrica gotica e, soprattutto, ha lasciato in vista il pregevolissimo soffitto a ca-priate lignee decorate, che Hermann Baagøe Storck ha rappresentato in assonometria, con l’impiego di un’acquerellatura piuttosto vistosa che esalta i pregevolissimi dettagli.

Hermann Baagøe Storck e la LandmandsbankenLo sviluppo economico danese fu, nella secon-da metà del XIX secolo, piuttosto sostenuto. Dopo la sconfitta nella guerra con la Prussia,63 seguì un periodo di isolamento politico, che nel giro di pochi anni sfociò in un vero e pro-prio neutralismo. Pur non raggiungendo la

61 Dixon & Muthesius 1978, 226 e 227.62 L’esistenza di una connessione diretta tra questo

edificio e la chiesa pistoiese di San Giovanni Battista è stata per la prima volta formulata in Ceccanti 2016, 127 e 128.

63 Cfr. Schnayder 1865; Breuilly 2004, 80-89.64 La storia della Landmandsbanken si intreccia

maniera indissolubile con la storia economica danese del tardo Ottocento e del primo Novecento: nata per supportare il sempre crescente sviluppo economico della nazione, divenne il principale istituto bancario della Scandinavia, per essere travolto da un dissesto finanziario negli anni successivi alla Prima Guerra Mondiale.

potenza economica della vicina Svezia, in quei decenni la Danimarca si inserì nel novero delle nazioni più prospere del continente e visse un aggiornamento delle sue strutture economi-che, ancora piuttosto antiquate. Tra le princi-pali innovazioni ci fu la sostanziale rifondazio-ne del sistema bancario, con la nascita di nuovi istituti, destinati soprattutto al finanziamento della nascente industria.

Tra queste, spiccava la Landmandsbanken, che fu uno dei più dinamici istituti bancari del-la sua epoca: basata a Copenaghen, la nuova istituzione, guidata da Isak Glückstadt,64 tese a ricercare un’immagine ben riconoscibile per le sue filiali sparse nella capitale e nei suoi dintorni.

La scelta del progettista cadde su uno dei più validi architetti danesi dell’epoca, Hermann Baagøe Storck, forse il più impor-tante operante a Copenaghen dopo la scom-parsa di Christian Hansen.

A differenza del linguaggio di quest’ulti-mo, quello di Storck traeva grande ispirazione dal Rinascimento italiano, rifuggendo qua-si sempre dagli influssi della classicità o del Medioevo.

La sede della Landmandsbanken localizza-ta presso Nørre Voldgade (Fig. 5), all’angolo con la Frederiksborggade, rappresenta il più notevole risultato nella produzione di quegli anni dell’architetto di Copenaghen: situata in posizione angolare, la sede bancaria riassume nel suo aspetto le diverse tendenze dell’archi-tettura danese del periodo. L’impiego del mat-tone a facciavista era un omaggio scoperto alla tradizione del Medioevo baltico, e danese in particolare, tuttavia nell’edificio, a parte il materiale impiegato, non c’è nessun altro tipo di riferimento alle architetture locali. I fat-tori d’ispirazione sono, invece, da ricercarsi

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nell’architettura del Rinascimento italiano – ma anche nel palazzo della Banca Nazionale di Danimarca a Copenaghen (Fig. 6) di Johan Daniel Herholdt (1818-1902), di cui parlere-mo in seguito –, soprattutto toscano: la scan-sione dei tre piani fuori terra richiama, gene-ricamente, l’assetto di palazzo Strozzi, con la particolarità di avere le bifore al secondo

piano e semplici finestre centinate al primo. Ovviamente, è presente un grande cornicio-ne modanato, assai differente, comunque, da quello del palazzo fiorentino, con una scan-sione delle modanature così composta: listel-lo, gola diritta, listello, echino diritto, listello, corona, modiglioni alternati a metope, ovoli, listello, listello, dentelli, gola rovescia, fregio,

Fig. 5. Hermann Baagøe Storck, progetto per la facciata della filiale della Landmandsbanken di Nørre Voldgade a Co-penaghen (DKB, Ark 12744 e, penna e acquerello su carta; foto: Danmarks Kunstbibliotek) e lo stesso edificio, oggi (foto: autore).

Fig. 6. Johan Daniel Herholdt, il palazzo della Banca Nazionale a Copenaghen (DKB, Ark 9897b), penna e acquerello su carta (foto: Danmarks Kunstbibliotek).

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Fig. 7. A destra, Baccio d’Agnolo, il palazzo Lanfredi-ni a Firenze (foto dell’autore); a de-stra, Hermann Ba-agøe Storck, filiale della Landman-dsbanken a Frede-riksberg, oggi (foto: dell’autore).

Fig. 8. In alto, Gottlieb Binde-sbøll, progetto per la facciata del Museo Thorvaldsen a Copena-ghen (DKB, Ark 19252 b, matita e acquerello su carta; foto: Dan-marks Kunstbibliotek); in basso, Gustav Friederich Hetsch, pro-getto per la facciata della chiesa di Sankt Ansgars a Copenaghen (DKB, Ark 9390, matita su carta; foto: Danmarks Kunstbibliotek).

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toro, listello, cavetto;65 l’elemento più sorpren-dente è comunque il portale d’accesso: posto in angolo, è una riproposizione filologicamen-te corretta ed estremamente fedele del porta-le di Benedetto da Maiano nella sagrestia di Santa Croce. In questo edificio emerge chia-ramente la capacità di Storck di assemblare liberamente con grande maestria elementi ar-chitettonici rinascimentali.

Pochi anni dopo, sempre dalla Landmandsbanken, arrivò la commissione per la realizzazione della filiale di Frederiksberg, cittadina che si trovava, e si trova tuttora, nella curiosa situazione di essere un’exclave autonoma all’interno del territorio comunale di Copenaghen, di cui finì per essere, prati-camente, uno dei quartieri più opulenti ed eleganti. L’edificio66, costruito all’angolo tra l’importante Gammel Kongevej, arteria prin-cipale della cittadina, e la Lindevej, rappre-senta un approccio parzialmente diverso, da parte di Storck, nei confronti dell’architettura del passato: infatti, rispetto all’edificio del-la Nørre Voldgade, identico è l’impiego del mattone a facciavista, anche in questo caso ri-chiamo all’architettura della tradizione baltica, ma diversa è la scelta fatta relativamente alle fonti d’ispirazione: piuttosto che assemblare elementi tratti da edifici diversi, in questo caso venne scelto di ispirarsi a una sola fabbrica fiorentina, peraltro nemmeno delle più note, che venne riproposta in maniera fedelissima, con pochissime variazioni: si tratta del palaz-zo Lanfredini67 di Baccio d’Agnolo (Fig. 7), posto sul Lungarno Guicciardini. L’edificio trae la sua importanza dall’essere uno dei pri-

mi esempi di costruzione civile fiorentina nel quale le finestre centinate vennero sostituite con aperture architravate dando il via a una serie di edifici che a Firenze si diffonderanno sempre più, soprattutto a partire dalla seconda metà del Cinquecento. L’unica variazione che Storck si concesse fu l’inserimento di un bal-cone al centro del primo piano, d’ispirazione vagamente quattrocentesca, peraltro elimina-to in una data non precisata.

Gottlieb Bindesbøll e l’architettura etrusca nel Museo ThorvaldsenQuanto realizzato da Hermann Baagøe Storck per la Landmandsbanken, pur es-sendo un caso particolare nel fenomeno dell’interesse degli architetti danesi nei con-fronti dell’architettura toscana, trova il pri-mo progenitore in uno degli edifici simbolo di Copenaghen, il Museo Thorvaldsen68 di Gottlieb Bindesbøll (1800-1856). Realizzata tra il 1839 e il 1848, questa costruzione ha la duplice funzione di ospitare le collezioni che Bertel Thorvaldsen (1770-1844), massi-mo degli scultori danesi, donò alla sua città natale, e di fungere da suo mausoleo (Fig. 8).

Concepito essenzialmente come un’ar-chitettura dal sapore neo-pompeiano, tutta-via, soprattutto nel fregio esterno, di Jørgen Valentin Sonne (1801-1890), raffigurante il Ritorno di Bertel Thorvaldsen da Roma, nei cinque portali dorici della facciata, in quelli sul cortile e nelle soprastanti finestre, e in alcune delle sale, sono presenti richiami etruschi. Nel pri-mo caso, i colori paiono derivare da quelli del-le antiche pitture vascolari, mentre, negli altri

65 A palazzo Strozzi a Firenze, edificio che fu fonte d’ispirazione per la sede della Landmandsbanken di Nørre Volgade, il cornicione, corinzio, ha una scansione delle modanature più complessa: listello, gola diritta, listello, cavetto, corona, listello, gola rovescia, modiglioni alternati a metope, ovoli, astragalo, listello, dentelli, listello, gola rovescia, toro, fregio, astragalo, fascia, cavetto.

66 Presso il Frederiksberg Stadsarchiv si conserva il progetto dell’edificio, che consta del prospetto sulla Lindevej (FS A1200: Bygge-, Plan- og Miljø-afdelingens arkiv. Byggesag: Matrikelnr. 21bl, ks) e del

prospetto sulla Gammel Kongevej con una sezione (FS A1200: Bygge-, Plan- og Miljøafdelingens arkiv. Byggesag: Matrikelnr. 21bl, ks). Entrambi gli elaborati, a sola matita, non sono di grande qualità grafica.

67 Sul palazzo Lanfredini si veda Elam 2001.68 Sul Museo Thorvaldsen si veda il pionieristico

Müller 1871, I-IV. Inoltre, la collezione di disegni conservata presso la Danske Kunstbibliotek, tra cui il prospetto autografo di Gottlieb Bindesbøll, DKB, Ark 19252 b.

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due, la decorazione trova la sua origine negli apparati ornamentali delle tombe tarquinesi. Inoltre, la sala XXXVI del museo è dedicata, secondo le parole di Müller, alle “Antiquités, grecque, étrusques et romaines”.69

Ciò non deve stupire: sappiamo, anche da alcune opere presenti all’interno del Museo stesso, che Bertel Thorvalden ben conosce-va e ammirava la Toscana. La presenza di due dipinti dell’architetto lucchese Giovanni Lazzarini (1769-1834), raffiguranti rispetti-vamente il Coro della chiesa dei Cappuccini sulla piazza Barberini a Roma (copia dall’originale di François-Marius Granet [1775-1849]) e l’Ini-zio dell’Acquedotto dell’Acqua Vergine a Roma, sono una conferma dei legami che intercor-revano tra l’artista di Copenaghen e gli artisti più all’avanguardia che, nel primo Ottocento, operavano tra Firenze e Lucca. Lazzarini, ar-chitetto di fiducia di Elisa Baciocchi (1777-1820), tra i più talentuosi della sua epoca, fu il principale responsabile dell’assetto attuale della piazza Napoleone e di quello della por-ta Elisa, entrambi a Lucca. Esiste poi un’al-tra testimonianza del legame tra Thorvaldsen e la Toscana, anch’essa posta nel museo di Copenaghen: si tratta di un busto del medi-co pisano Andrea Vaccà Berlinghieri (1772-1826), sepolto nel Cimitero Monumentale di Pisa, davanti al suo monumento celebrativo, scolpito dallo stesso Thorvaldsen.

Per quanto assai distante dall’approccio che Storck e gli architetti della sua generazio-ne avranno nei confronti dell’arte e dell’ar-chitettura toscane, quello portato avanti da Gottlieb Bindesbøll ne è certamente stato un precursore.

69 Müller 1871, 28.70 Si veda in proposito il progetto della facciata, DKB,

Ark 9390.71 DKB, Ark 13086.72 DKB, Ark 16163.73 Relativamente alla Biblioteca Universitaria di

Copenaghen, gli elaborati più interessanti sono il DKB, Ark 15816; il DKB, Ark 9193 d; il DKB, Ark 9195 e, e il DKB, Ark 9862 y, nel quale è

rappresentata una soluzione di un’apparecchiatura resa mediante l’impiego di elementi in laterizio di tonalità differenti.

74 Cfr. DKB, Ark 7724 a e DKB, Ark 7792 b.75 Cfr. DKB, Ark 9897b.76 Possiamo citare una veduta prospettica del

Battistero di Pistoia (DKB, Ark 1859), una pianta di San Miniato al Monte (DKB, Ark 1871; DKB, Ark 1872; DKB, Ark 1873), un alzato delle Logge

In Toscana: Gustav Friederich Hetsch, Gottlieb Bindesbøll, Johan Daniel Herholdt e gli altriNon sappiamo con esattezza quale fu il primo architetto danese che visitò la Toscana, tutta-via uno studio dei disegni conservati presso la Biblioteca Nazionale d’Arte permette di ipo-tizzare che il fenomeno del viaggio in Italia fu, in questo paese, piuttosto tardo, se con-frontato con quanto accadeva in Francia, nel Regno Unito e negli Stati tedeschi. Una prima testimonianza è ravvisabile in un disegno di Gustav Friederich Hetsch (1788-1864), perso-naggio non a caso di nascita tedesca, autore, negli anni Quaranta, della chiesa cattolica di Sankt Ansgars (Fig. 8) a Copenaghen70 – in mattoni, dal sapore italianeggiante, terminata nel 1842: il disegno è datato 1815 ed in esso è raffigurata una veduta prospettica di pa-lazzo Vecchio visto dalla Loggia dei Lanzi.71 Gottlieb Bindesbøll, di cui abbiamo appena parlato relativamente al Museo Thorvaldsen, visitò Firenze in una data non precisata, come testimoniato dal bel disegno acquerellato dove è rappresentato il prospetto occidentale del campanile di Giotto.72 Interessante è il caso di Johan Daniel Herholdt, progettista di edifici italianeggianti come la Biblioteca Universitaria di Copenaghen,73 la Banca Nazionale di Danimarca, l’assetto compositivo della fac-ciata della quale deriva manifestamente da quello di palazzo Strozzi74 e il curioso palazzo Municipale di Odense (Fig. 9)75 – edificio che assembla elementi tratti dal palazzo Pubblico di Siena – che realizzò diversi rilievi di monu-menti toscani76. Questi elaborati sono di gran-de importanza nel caso della sezione di Santa Maria Novella (DKB, Ark 10065), che è uno dei pochi disegni a oggi conosciuti in cui sono raffigurati gli scomparsi altari vasariani.

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Il palazzo Municipale di Siena funse da fonte d’ispirazione anche per un altro palaz-zo Comunale danese, quello di Copenaghen, di Martin Nyrop (1849-1821). Il grande edi-ficio in mattoni rossi, realizzato tra il 1892 e il 1905, a seguito della vittoria di un concorso pubblico svoltosi nel 1888, si differenzia tut-tavia in maniera significativa da quanto realiz-zato a Odense e negli altri casi fin qui ana-lizzati. Infatti, mentre Storck, ma anche l’ap-pena citato Herholdt, replicavano in maniera oltremodo fedele gli esempi italiani, Nyrop ci consegnò un edificio in cui gli influssi penin-sulari erano sapientemente affiancati ad altri di matrice nordica, dando il via a un tipo di revival squisitamente scandinavo che vedrà il

suo punto di arrivo nello Stockholms stadshus di Ragnar Östberg (1866-1945) che, costrui-to quando il Municipio di Copenaghen era già terminato, molto deve, nel suo linguaggio ar-chitettonico, proprio a quest’ultimo.

Uno dei più prolifici tra la schiera di archi-tetti danesi che si recò in Toscana fu, senza dubbio, Valdemar Koch (1852-1902): allievo di Storck, vi compì un viaggio nel 1886. Fu certamente influenzato dalle opere del mae-stro, dal momento che un suo disegno (DKB, Ark 17561) raffigura il lavabo della Sagrestia di Santa Maria Novella usando la medesima tecnica di quest’ultimo nel disegnare il pre-zioso manufatto, nel 1871. Koch, inoltre, rap-presenta la controfacciata di Santo Spirito,77 il

di Arezzo (DKB, Ark 8215). Sempre relativamente a Pistoia, colpisce l’interesse di Johan Daniel Herholdt nei confronti di edifici del primo Seicento,

come il palazzo Baldinotti (DKB, Ark 10151).77 Cfr. DKB, Ark 54428-04.

Fig. 9. Johan Daniel Herholdt, progetto per il palazzo Comunale di Odense (DKB, Ark 9897 b), matita e acquerello su carta (foto: Danmarks Kunstbibliotek).

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chiostro degli Aranci78 e il portale della Badia Fiorentina,79 dettagli architettonici del palazzo Guadagni80 e del Bargello,81 così come anche la facciata del palazzo Antinori,82 il cortile e al-cuni particolari del palazzo Gondi83 e un det-taglio della volta robbiana del loggiato della Cattedrale di San Zeno a Pistoia (Fig. 10).84 Per concludere, meritano una menzione i di-segni che Hack Kampmann (1856-1920), pro-gettista del Københavns Politigård85 nel 1924, dedicò al palazzo del Bargello (Fig. 11): gra-devoli e vivissimi acquerelli che restituiscono l’immagine ottocentesca delle volte del cor-tile (DKB, Ark 52895 h), della sala Islamica (DKB, Ark 52895 j) e della sala delle Maioliche (DKB, Ark 52895 g).

Sempre lo stesso Kampmann dedicò gran parte di un taccuino alla città di Pistoia, il 53286: in esso sono raffigurati numerosi edi-fici, sia medievali che rinascimentali: l’orato-rio di Sant’Antonio Abate (DKB, Ark 53286 bj), la chiese di San Bartolomeo in Pantano (DKB, Ark 53286 bg), di San Biagio (DKB, Ark 53286 bh), della Madonna dell’Umiltà (DKB, Ark 53286 aå; DKB, Ark 53286 ba), la formella della Visitazione sul loggiato dello Spedale del Ceppo (DKB, Ark bk), il palazzo Panciatichi (DKB, Ark 53286 bc; DKB, Ark 53286 bd), il palazzo degli Anziani, con il por-tale (DKB, Ark 53286 bb) di Ventura Vitoni (1442-1522) e la lapide dedicatoria (DKB, Ark 53286 bb) del 1488, assegnata a Benedetto da Rovezzano (1474-1552).

L’attività di progettista di Kampmann ci ha consegnato numerosi edifici in cui l’influsso architettonico toscano è evidente: tra questi spicca il Teatro di Aarhus, realizzato intorno al 1900, nel quale la porzione centrale, di forma templare, è assemblata con grande maestria alle ali laterali, in mattoni con inserti in pietra.

Si possono citare anche altri esempi, tra i

numerosissimi, di disegni di architetti danesi relativi alla Toscana: vale la pena di rammen-tare Emil Schwanenflügel (1847-1921), uno dei massimi esponenti del revival neo-danese, progettista, tra le altre cose, del castello di Hesbjerg, reinterpretazione ottocentesca dei castelli di Frederiksborg e di Rosenborg. Emil Schwanenflügel si focalizzò sullo studio della Sagrestia Nuova di San Lorenzo, della quale restano due interessanti raffigurazioni, en-trambe dell’aprile 1875, eseguite a sola matita. La prima (DKB, Ark 8764 a) raffigura il pro-spetto occidentale, comprensivo di un’ipotesi

78 Cfr. DKB, Ark 54428-09.79 Cfr. DKB, Ark 54428-10.80 Cfr. DKB, Ark 54428-19.81 Cfr. DKB, Ark 54428-22; DKB, Ark 54428-23;

DKB, Ark 54428-24.

82 Cfr. DKB, Ark 54428-25.83 Cfr. DKB, Ark 54428-27; DKB, Ark 54428-28.84 DKB, Ark 54438 a.85 Cfr. il taccuino DKB, Ark 53428.

Fig. 10. Valdemar Koch, dettaglio della volta Robbia-na del portico della Cattedrale di San Zeno a Pistoia (DKB, Ark 54438 a), matita e acquerello su carta (foto: Danmarks Kunstbibliotek).

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per il completamento del paramento murario esterno che andava a replicare il sistema di ar-cate cieche presente sulla fiancata meridionale della Basilica. La seconda (DKB, Ark 8764 b) è uno studio di un dettaglio di una delle tombe parietali michelangiolesche, indicate dall’auto-re come localizzate ne “la Novella Sagrestia”. Anche nel caso di Emil Schwanenflügel, co-munque, permase l’interesse nei confronti dei monumenti medievali, testimoniato dall’ac-querello del 6 settembre 1874 (DKB, Ark 23000 j), nel quale è presente una vista pro-spettica della facciata laterale di San Giovanni Fuorcivitas a Pistoia, edificio che suscitò an-che l’interesse di John Ruskin.86

ConclusioniIl caso di Storck non è isolato e, come abbia-mo visto, anche riguardo ai fratelli Hansen,

numerosi furono gli architetti danesi che nell’Ottocento scelsero di ispirarsi, per i loro progetti, a precedenti italiani. I casi delle fi-liali della Landmandsbanken furono estrema-mente significativi poiché rappresentano la volontà di una grande impresa locale di usa-re un linguaggio architettonico raffinato per le sue sedi, affidandosi a uno dei più quotati professionisti del paese. È significativo anche perché rappresenta una tendenza comune nel XIX secolo danese: la nostalgia e l’interesse per il Sud Mediterraneo, ben rappresentata anche dalle opere di un pittore come Kristian Zahrtmann (1843-1917): la riproposizione di edifici fiorentini, essenzialmente quelli del Quattrocento e del Primo Cinquecento, visti come esempio di perfezione assoluta è una te-stimonianza sicura di questa tendenza. Certo è che, soprattutto nel Secondo Ottocento, la

Fig. 11. Hack Kampmann, la sala delle Maioliche (DKB, Ark 52895 i, matita e acquerello su carta; foto: Danmarks Kunstbibliotek) e la sala Islamica (DKB, Ark 52895 i, matita e acquerello su carta; foto: Danmarks Kunstbibliotek) del Museo Nazionale del Bargello a Firenze.

86 Clegg & Tucker 1993, 52 didascalie 58 e 61.

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piccola periferica Danimarca diede vita a un revival architettonico dei meno conosciuti ma più interessanti, paragonabile, per alcuni versi, a quello britannico ben più noto e studiato, e certamente più vitale di analoghi fenomeni di altri paesi europei.

Sicuramente, l’analisi del ricchissimo fon-do dei disegni della Biblioteca Nazionale d’Arte permette di farsi un’idea del fenomeno del revival neo toscano in Danimarca: lo studio degli edifici, l’analisi stilistica, così come quel-la costruttiva, portavano gli architetti danesi che visitavano l’Italia a una conoscenza pro-fondissima di quanto raffigurato, realizzando, nella maggior parte dei casi, degli elaborati che servivano come veri e propri punti di par-tenza per la stesura degli elaborati progettuali.

L’interesse per le costruzioni in mattoni, così come quello per i soffitti lignei, così spes-so rappresentati nei disegni della Biblioteca Nazionale d’Arte, è un interessante aspetto di quanto vedevano e studiavano gli architetti danesi, che, proprio nel legno e nel mattone avevano individuato dei punti di contatto tra due tradizioni architettoniche all’apparenza così diverse, ma che, poco più di un secolo fa, si avvicinarono in maniera sorprendente.

Costantino CeccantiArchitetto e Dottore di Ricerca in Storia

dell’ArchitetturaMusei del Bargello, Firenze

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ABBREVIAZIONI

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APPENDICE

Il Museo Thorvaldsen in una descrizione del 1871, tratto da Müller 1871, I-IV.

“Le musée Thorvaldsen a été élevé par la commune dé Copenhague, avec le concours d’une souscription publique qui a couvert environ le tiers des frais, pour recevoir les objets d’art que Thorvaldsen a légués à sa ville natalé.

Ce musée est en même temps le mausolée de Thorvaldsen, car c’est au milieu de son encein-te que reposent les restes du grand artiste. Son tombeau se composé d’un petit tertre couvert de lierre, et entouré d’une bordure de granit où sont gravés son nom et les dates de sa nais-sance et de sa mort, le 19 novembre 1770 et le 24 mars 1844. Le cercueil est placé au-des-sous dans un souterrain que, suivant son désir, on avait déjà construit et décoré de son vivant.

L’édifice a été érigé sur les dessins de l’architecte Bindesbøll pendant les années 1839-1848, et porte bien l’empreinte de sa double destination, de conserver les oeuvres de Thorvaldsen et d’être le lieu de son dernier repos. L’architecture en est en grande partie empruntée aux sépul-cres grecs et étrusques, et la décoration, nommément celle des murs de la cour, rappelle les or-nements des tombeaux antiques. C’est ainsi qu’on y voit, sous les croisées, un génie qu’un char emporte dans l’arène, symbol de l’esprit humain tendant vers le but auquel il parvient enfin en vainqueur malgré les obstacles et les revers. Dans les intervalles sont placés des vases et des trépieds, que les ancient donnaient comme prix dans les jeux publics, ou offraient en ommage aux dieux pour des victoires remportées, et au-dessous s’élèvent des lauriers, des chênes et des

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palmiers, dont on employait les feuilles et les branches comme marques d’honneur et signes de victoire. Sur la façade on retrouve la même allusion au génie victorieux de Thorvaldsen, dans la Victoire arrêtant son quadrige qui est placée sur le comble, et dans les bas-reliefs dont sont ornés les chapiteaux des pilastres des coins. Lé groupe de la Victoire, coulé en bronze par Dalhoff à Copenhague, est un don du roi Christian VIII. La figure de la déesse est exécutée d’après une es-quisse de Thorvaldsen, et le cheval au milieu à gauche, d’après un de ses modèles; les trois autres chevaux sont modelés par V. Bissen. A l’extérieur, sur les autres côtés de l’édifice, est représentée l’arrivée de Thorvaldsen à Copenhague en 1838, lorsque, après une absence de 18 ans, il revint sur un vaisseau chargé d’une grande partie des objets d’art destinés an musée; à gauche on voit la réception qui lui fut faite, à droite, le transport des objets d’art du vaisseau au musée. Ces im-ages, ainsi que celles de la cour, ont été produites avec des ciments de diverses couleurs incrustés dans le mur. Dans l’intérieur, les riches décorations à fresque ou en stuc des plafonds sont surtout empruntées à l’art antique; toutefois dans le vestibule et dans les cabinets IV, V, XV et XVII elles offrent des copies d’après les oeuvres de Thorvaldsen et dans le cabinet XXI, des sujets chrétiens.

Les objets d’art que renferme le musée, forment deux parties principales, savoir les sculptures exécutées par Thorvaldsen, et les produits de l’art antique et moderne recueillis par lui. La première partie contient, outre les modèles originaux en plâtre de toutes les oeuvres de Thorvaldsen, 4 grou-pes, 19 statues, 19 bustes, 65 bas-reliefs et une frise en marbre; plusieurs de ces marbres ont été exécutés ou achevés après sa mort. Tous les dessins et les esquisses de Thorvaldsen étant conservés au musée, on pourra, pour chacune de ses oeuvres principales, en suivre le développement succes-sif depuis la première ébauche jusqu’au marbre. Quant à l’arrangement, les oeuvres de Thorvaldsen occupent entièrement le premier étage ainsi que les corridors du second, et on en trouvé encore dans la suite des cabinets qui renferment la galerie des tableaux; elles sont distribuées de manière que le corridor de droite de l’étage inférieur et les deux corridors latéraux de l’étage supérieur renferment les modèles des statues et des bas-reliefs que le musée possède en outre en marbre. Les tableaux se trouvent dans la série des cabinets à gauche, les antiquités, dans celle de droite, à l’étage supérieur.

Dans une suite de cabinets dans les caves, sont placés des ouvrages de la jeunesse de Thorvaldsen, des sculptures en marbre d’artistes modernes, et des plâtres antiques et modernes.

Outre ce guide, il y a encore un catalogue général qui contient une description détail-lée et raisonnée de toutes les collections du musée. Il est publié en danois et en français, en 8 volumes, qui se vendent séparément. I Oeuvres de Thorvaldsen. II. Tableaux et des-sins. III Estampes, médailles et autres sculptures modernes. IV. Antiquités, 1re et 2de sec-tion. V. Antiquités, 3me section (pierres gravées et pâtes). VI. Antiquités, 4me section (mon-naies). VII. Plâtres (surtout des sculptures antiques). VIII. Ouvrages d’estampes et livres.Les numéros des cabinets sont marqués dans les embrasures des fenêtres.Les ouvrages de Thorvaldsen exécutés en marbre sont désignés par la lettre M.Copenhague. 1871.

L. Müller,Conservateur du musée”