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numero 70, settembre/ottobre 2015 issn 1128-3874 Poste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 - n. 46) art.1, comma 1 - CNS Udine - € 7,75 consedit - viale europa unita, 29 - 34073 grado (go) - www.aec-analisiecalcolo.it - [email protected] ANALISI E CALCOLO BIOMETEOROLOGIA LA CITTÀ CHE SCOTTA CROWDSOURCING LA NUOVA COMUNICAZIONE TRA INDUSTRIA E RICERCA SIMULAZIONE TSUNAMI NEL MEDITERRANEO

ANALISI E CALCOLOaec-analisiecalcolo.it/static/media/riviste/AeC_70imp.pdfL’AD di Eni ha commentato: “È un giorno davvero importante per la nostra società e le persone di Eni

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Page 1: ANALISI E CALCOLOaec-analisiecalcolo.it/static/media/riviste/AeC_70imp.pdfL’AD di Eni ha commentato: “È un giorno davvero importante per la nostra società e le persone di Eni

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ANALISI E CALCOLO

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la città che scotta

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la nuova comunicazionetra industria e ricerca

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Validazione e verifica di modelli ad elementi

finiti attraverso la Correlazione FEM-Test ....22

Francesco Palloni

Modellazione di un robot iper-ridondante

tramite approccio multibody ......................26

Bucca G., Resta F., Ripamonti F.

OpenFOAM e HPC: binomio vincente per

campagne R&D in ambito automotive .......30

Francesco Pasqua, Roberto Pieri, Raffaele Ponzini

Crowdsourcing è partecipazione collettiva ...34

Francesca Gatti

Tsunami nel Mediterraneo: un modello per

simulare l’impatto sulle coste .....................38

La città che scotta .........................................40

Marco Morabito

Rubriche

Primo piano

Tutto merito del «metodologo» .....................5

Raffaele Ponzini

News & Products ..............................................6

Attualità

La NASA svela le “prove più evidenti finora”

di flussi liquidi su Marte ...............................18

Ricerca

Ricerca e imprese: nuove strategie di

collaborazione ................................................ 20

3a&c - analisi e calcolo|luglio/agosto 2015

A&C - ANALISI E CALCOLO

ANNO XVI N. 70 - settembre/ottobre 2015

direttore responsabileGianmauro Facchinetti - [email protected]

hanno collaborato a questo numero Bucca G., Francesca Gatti, Marco Giachi,

Marco Morabito, Francesco Palloni, Francesco Pasqua, Roberto Pieri,

Raffaele Ponzini, Resta F., Ripamonti F.,Achilleas Samaras

direzione, redazione, amministrazione, pubblicità e abbonamenti:

Consedit Sas 34073 Grado (GO)

Viale Europa Unita, 29Tel. 0431 876070 - Fax 0431 886507

E-mail: [email protected]

abbonamento annuale (6 numeri) Italia: € 31,00

Estero: Europa/Bacino Mediterraneo: € 80,00Altri Africa/Asia e Americhe: € 110,00

Oceania: € 140,00

Per sottoscrivere l’abbonamento è sufficiente effettuare un bonifico bancario intestato a

“CONSEDIT sas”. Il codice IBAN è:

IT 19 I 07085 64590 015210014135

L’abbonamento andrà in corso dal primo numero raggiungibile a pagamento avvenuto.

Copyright © 2015 Consedit sasTutti i diritti riservati

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e previa autorizzazione della Direzione.

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elettronico dell’Editore verranno utilizzate ai sensi del D.Lgs. 196/03. L’Editore

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V.le Europa Unita, 29 - 34073 Grado (GO)[email protected]

stampa Poligrafiche San Marco Sas

34071 Cormòns (GO), Via E. Fermi, 29 Z.I.

iscrizione al tribunale di goriziain data 08/02/2011,

n. 1/2011 del Registro.

A&C analisi e calcoloè un periodico CONSEDIT

num. 70 - settembre/ottobre 2015u s o m m a r i o u

Tsunami nel Mediterraneo: un modello per simulare l’impatto sulle coste

Un team di ricerca delle università di Bologna e di Salonicco ha simulato cosa succederebbe se un’onda di maremoto colpisse le coste della Sicilia orientale e le coste meridionali dell’Isola di Creta. Anche se meno frequenti di quelli che nascono nel Pacifico e nell’Oceano Indiano, gli tsunami si verificano anche nel Mediterraneo: sono circa il 10% degli tsunami nel mondo, con in media uno tsunami di rilevanti dimensioni una volta al secolo. Eventi relativamente rari, che rappresentano però un rischio per le zone costiere a causa dell’alta densità abitativa (circa 130 milioni di persone vivono lungo le coste del Mediterraneo).

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5a&c - analisi e calcolo|settembre/ottobre 2015

u p r i m o p i a n o u

Raffaele Ponzini

tutto meritodel «metodologo»

Effettuare simulazioni CFD su geometrie tridimensionali complesse, magari coinvolgendo diverse fisiche, è sempre più facile per qualsiasi ufficio tecnico. L’utilizzo

di calcolatori paralleli, disponibili ormai anche attraverso piattaforme cloud, rende disponibili enormi quantità di dati in tempi decisamente rapidi e ad un costo che si riduce, sia grazie alla presa di posizione di nuovi standard de-facto totalmente basati su un modello di business di tipo open-source, sia grazie alle nuove politiche di licensing molto aggressive praticate dalla maggior parte degli applicativi commerciali.Si potrebbe pertanto affermare che in molte applicazioni consolidate della CFD, ad esempio virtual wind-tunnel o virtual towing tank, la partita si giochi di fatto solo sul number crunching puro, inteso come la capacità di simulare il maggior numero di configurazioni possibili nel minor tempo possibile (magari pure a minor prezzo).In realtà non è tutto qui. Progettare flussi di lavoro automatici e flessibili in grado di tradurre direttamente e in maniera robusta nuovi concetti e configurazioni progettuali in modelli CFD, estrarre dai risultati di simulazioni CFD complesse informazioni pertinenti con continuità e, attraverso esse, nuova conoscenza, sono alcuni degli aspetti fondamentali se non quelli preponderanti in questo campo di applicazione. In questa logica ben si comprende come in tutto il mondo della CFD (soprattutto in ambito racing) la figura del ‘metodologo’ sia tenuta giustamente in grande considerazione per rendere reale il vantaggio ipotetico che l’utilizzo continuativo di tecnologie all’avanguardia su larga scala possa fornire a supporto del design e della progettazione in generale.

(Raffaele Ponzini)

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6 a&c - analisi e calcolo|settembre/ottobre 2015

u n e w s & p r o d u c t s u

Eni scoprE nEll’offshorE Egiziano il più grandE giacimEnto a gas mai rinvEnuto nEl mar mEditErranEo La scoperta supergiant in seguito al suo pieno sviluppo potrà garantire la soddisfazione della domanda egiziana di gas naturale per decenni.In base ai dati acquisiti in pozzo e alle evidenze geofisiche a disposizione, il giacimento può avere un potenziale fino a 850 miliardi di metri cubi di gas in posto e rappresentare quindi una delle maggiori scoperte di gas a livello mondiale, situata in un permesso detenuto da Eni al 100%.

Eni ha effettuato una scoperta di gas di rilevanza mondiale nell’offshore egiziano del Mar Mediterraneo, pres-so il prospetto esplorativo denomina-to Zohr. Il pozzo Zohr 1X, attraverso il quale è stata effettuata la scoperta, è situato a 1.450 metri di profondità d’acqua, nel blocco Shorouk, siglato nel gennaio 2014 con il Ministero del Petrolio egiziano e con la Egyp-tian Natural Gas Holding Company (EGAS) a seguito di una gara interna-zionale competitiva. Dalle informazioni geologiche e geo-fisiche disponibili, e dai dati acquisiti nel pozzo di scoperta, il giacimento supergiant presenta un potenzia-le di risorse fino a 850 miliardi di metri cubi di gas in posto (5,5 mi-liardi di barili di olio equivalente) e un’estensione di circa 100 chilome-tri quadrati. Zohr rappresenta la più grande scoperta di gas mai effettua-ta in Egitto e nel mar Mediterraneo e può diventare una delle maggiori scoperte di gas a livello mondiale. Questo successo esplorativo offri-rà un contributo fondamentale nel soddisfare la domanda egiziana di gas naturale per decenni. Eni svolgerà nell’immediato le atti-vità di delineazione del giacimento per assicurare lo sviluppo accelera-to della scoperta che sfrutti al me-glio le infrastrutture già esistenti, a mare e a terra. Il pozzo Zohr 1X, che è stato per-forato a 4.131 metri di profondità complessiva, ha incontrato circa 630 metri di colonna di idrocarburi in una sequenza carbonatica di età Miocenica con ottime proprietà del-

la roccia serbatoio. La struttura di Zohr presenta anche un potenziale a maggiore profondità, che sarà investigato in futuro attraverso un pozzo dedicato. L’Amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, si è recato al Cairo per aggiornare il Presidente egizia-no, Abdel Fattah Al-Sisi, su questo importante successo, e per parlare della nuova scoperta con il Primo Ministro del paese, Ibrahim Mahlab, e con il Ministro del Petrolio e delle Risorse Minerarie, Sherif Ismail. L’AD di Eni ha commentato: “È un giorno davvero importante per la nostra società e le persone di Eni. Questo importante risultato è la conferma delle nostre competenze e delle nostre capacità di innova-zione tecnologica con immediata applicazione operativa, e dimostra soprattutto lo spirito di forte colla-borazione tra tutte le componen-ti aziendali che sono alla base di questi grandi successi. La strategia

che ci ha portato a insistere nella ricerca nelle aree mature di paesi che conosciamo da decenni si è dimostrata vincente, a riprova che l’Egitto presenta ancora un grande potenziale. Questa scoperta storica sarà in grado di trasformare lo sce-nario energetico di un intero paese, che ci accoglie da oltre 60 anni. L’esplorazione si conferma al centro della nostra strategia di crescita: negli ultimi 7 anni abbiamo scoperto 10 miliardi di barili di risorse e 300 milioni negli ultimi sei mesi, confer-mando così la posizione di Eni al top dell’industria. Questa scoperta assume un valore ancora maggiore poiché fatta in Egitto, paese strate-gico per Eni, dove possono essere sfruttate importanti sinergie con le istallazioni esistenti permettendoci una rapida messa in produzione”. Eni, attraverso la controllata IEOC Production BV, detiene nella licenza di Shorouk la quota del 100% e ne è l’operatore. Eni è presente in Egit-

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7a&c - analisi e calcolo|settembre/ottobre 2015

u n e w s & p r o d u c t s u

to dal 1954, dove opera attraverso IEOC, ed è stata storicamente pre-cursore nell’esplorazione e sfrutta-mento delle risorse gas nel paese fin dalla scoperta del Campo di Abu Maadi nel 1967. Ricorrendo a nuovi modelli esplorativi e massimizzando l’utilizzo di nuove tecnologie opera-tive, Eni, attraverso le compagnie operative pariteticamente parteci-pate con EGPC, AGIBA e PETRO-BEL, ha raddoppiato negli ultimi 3 anni la produzione di olio nelle concessioni del Western Desert e di Abu Rudeis nel Golfo di Suez e dato nuovo impulso produttivo nell’on-shore del Delta del Nilo in seguito alla scoperta di Nidoco NW 2 (Noo-ros prospect) già in produzione. Eni è il principale produttore di idro-carburi nel Paese con una produzio-ne equity di circa 200 mila barili di olio equivalente al giorno.www.eni.com

pEr lE sinapsi nEurali un Bit È sufficiEntE

Uno studio del Politecnico di Torino apre la strada a nuove implementazioni tecnologiche e offre nuovi spunti per la comprensione dei meccanismi della memoria.

Gli studi sull’Intelligenza Artificiale stanno progredendo molto rapida-mente e le prestazioni sono sem-pre più sorprendenti: la codifica di immagini complesse, la guida auto-matica di autoveicoli sono esempi di azioni che possono apparire semplici, ma nella realtà richiedo-no operazioni molto articolate.Per costruire macchine sempre più “intelligenti” sinora uno dei campi di ricerca più attivi è quello delle deep networks, che studia reti neurali ar-tificiali molto complesse dotate di centinaia di milioni di connessioni tra neuroni, in grado di processare milioni di esempi e imparare da essi – in modo del tutto autonomo – a svolgere compiti elaborati come ad esempio il riconoscimento vocale. La struttura di queste reti ricorda in qualche modo quella del cervel-lo umano, dove miliardi di neuroni sono interconnessi tramite miglia-ia di miliardi di sinapsi. Sono pro-prio tali connessioni che vengono modificate quando le reti imparano dagli esempi e, nel cervello umano, lo stesso meccanismo è anche alla base della memorizzazione delle in-formazioni. Lo stesso avviene con le reti artificiali. La più prestigiosa rivista scientifica di fisica, la “Phy-sical Review Letters” dell’American Physical Society, ha appena pub-blicato lo studio di un gruppo di ricerca del Politecnico di Torino e della Human Genetics Foundation coordinato dal prof. Riccardo Zec-china e composto da Carlo Baldas-si, Alessandro Ingrosso, Carlo Lu-cibello e Luca Saglietti, che getta le basi per aprire la strada a nuove implementazioni tecnologiche nel campo delle reti neurali artificiali e al contempo per aiutare la com-prensione dei meccanismi biologici della memoria.Lo studio ha infatti preso spun-to da considerazioni biologiche e dalle più recenti evidenze speri-mentali, che indicano che duran-te i processi di apprendimento e

memorizzazione le sinapsi non ven-gono modificate in modo graduale (come presupposto attualmente nelle deep networks), ma “a scatti”, ovvero usando un numero molto più piccolo di possibili stati, o bit di precisione. Come precisamente ciò avvenga non è per nulla chiaro; per di più, non era finora chiaro nemme-no in linea di principio come fosse possibile che il sistema potesse fun-zionare con così pochi bit.In questo studio i ricercatori hanno usato un approccio nuovo rispetto ai precedenti, e dimostrato come sinapsi “elementari” (al limite con un singolo bit) possono essere uti-lizzate in modo sorprendentemente efficace. Il loro utilizzo comporta vantaggi tecnologici in termini di semplicità di implementazione e di velocità di esecuzione, e di con-seguenza potrebbe portare anche alla realizzazione di reti più grandi e architetture più complesse. Inoltre l’innovazione metodologica – che suggerisce anche come sviluppare nuovi schemi algoritmici – è stata sviluppata nell’ambito della Fisica Statistica dei sistemi complessi, che trova applicazione anche in mol-ti altri contesti (apparentemente) molto diversi tra loro, dai problemi di ottimizzazione di risorse su larga scala allo studio della struttura delle proteine, allo studio delle dinamiche dei social network o dello sviluppo delle epidemie.

roBErto palazzEttinEoprEsidEntEdi assintEl umBriaTante piccole e medie imprese che possono contribuire in modo decisi-vo allo sviluppo e alla valorizzazione dell’intero tessuto produttivo. Sono le imprese dell’ICT- Information and Communication Tecnology e del digitale, che hanno ora in Umbria una specifica associazione di rap-presentanza: nell’ambito di Open Opportunity è stata infatti costituita formalmente Assintel Umbria Con-fcommercio, la seconda esperienza territoriale in Italia, dopo la Sicilia. L’assemblea costitutiva, a cui sono intervenuti il presidente nazionale Assintel Giorgio Rapari e di Con-fcommercio Umbria Aldo Amoni, ha nominato alla presidenza per accla-mazione Roberto Palazzetti, giovane imprenditore perugino.

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u n e w s & p r o d u c t s u

nuovi chip fotonici potrEBBEro trasformarE il modoin cui si invianoE si consErvanoi dati onlinE

•Un nuovo chip di silicon photoni-cs aumenta la larghezza di banda, riduce i costi e abilita l’instrada-mento ottico nell’era del cloud e del 5G.

•Il primo chip è ora nella fase di test e caratterizzazione.

•Il progetto IRIS è cofinanziato dal-la Commissione Europea

Alcuni ricercatori finanziati dall’UE hanno sviluppato nuovi chip al si-licio che offrono una maggiore lar-ghezza di banda e che aiuteranno le aziende a ridurre i costi operativi nell’era dei megadati. Un possibile utilizzatore finale chia-ve per questi chip, sviluppati me-diante il progetto finanziato dall’UE IRIS, saranno gli operatori dei centri elaborazione dati. I centri elabora-zione dati ospitano sistemi informa-tici e componenti associate, come ad esempio sistemi per le telecomu-nicazioni e per la memorizzazione, che assicurano il tranquillo funzio-namento delle aziende. Sempre di più queste si affidano ai loro sistemi informatici per effettuare delle ope-razioni. Le reti dei centri elabora-zione dati hanno bisogno di essere scalabili ed efficienti allo scopo di connettere decine o persino centi-naia di migliaia di server. Anche la crescita del cloud computing, dove i dati vengono memorizzati ed elabo-rati in centri elaborazione dati indi-pendenti, ha aumentato la domanda di uno spazio di archiviazione più efficiente. Una limitazione fonda-mentale per la capacità dei centri elaborazione dati sono stati i limiti della rete di interconnessione, ed è proprio questo problema che il pro-getto IRIS ha cercato di affrontare. I nuovi chip fotonici usano il silicio come mezzo ottico miniaturizzato per trasmettere e scambiare dati a velocità molto alte. L’interconnes-sione ottica offerta dai nuovi chip significa che enormi quantità di dati possono essere inviate e ricevute allo stesso tempo in un modo alta-mente efficiente. Le interconnessio-ni ottiche comunicano attraverso cavi ottici, che hanno una larghezza

di banda molto più alta rispetto ai cavi tradizionali. Questa innovazione riduce il consu-mo energetico e allo stesso tempo aumenta la capacità, portando a co-sti operativi più bassi per le azien-de. I primi chip sono attualmente nella fase di test e caratterizzazio-ne, e hanno mostrato di migliorare le prestazioni della rete. I ricercatori della Ericsson a Pisa, in Italia, che sono i coordinatori del progetto, hanno già prodotto e pre-sentato tutte le relative proposte di brevetto. Infatti, i partner industriali all’interno del consorzio credono fermamente che sia ora di impor-tanza strategica sviluppare nuove funzioni che consentano lo sviluppo di nuovi prodotti nell’era della tec-nologia delle reti mobili di quinta generazione (5G). L’imminente era 5G ruota attorno alla capacità necessaria per fare fronte al previsto aumento delle co-municazioni e allo scambio di dati wireless. Ci si aspetta che questa onda tecnologica venga introdotta verso il 2020 e dovrebbe durare approssimativamente fino al 2035. Qualsiasi cosa sarà la 5G, e nessuno ancora ne è completamente sicuro, difficilmente sarà uguale alle prece-denti generazioni (4G, ad esempio, iniziò come un modo di fornire agli utilizzatori di smartphone un acces-so facile e veloce a servizi basati su internet come YouTube, Facebook e Netflix). Una previsione riguardante la 5G è che essa includerà più servi-zi business to business, che è esat-tamente dove i risultati del progetto IRIS trovano posto. L’UE sta compiendo significativi in-vestimenti nello sviluppo della 5G allo scopo di garantire che l’Europa sia all’avanguardia in questa tecno-logia, e che le aziende europee pos-sano sfruttare al meglio la domanda di nuove applicazioni e funzioni. Il progetto IRIS, finanziato dall’UE con 3,35 milioni di euro, si dovrebbe concludere alla fine del 2016.Il consorzio del progetto è guidato da Ericsson Italia e include ST Mi-croelectronics (Italia), l’Università di Trento, il CNIT (Italia), CEA-LETI (Francia), Il Politecnico di Valencia (Spagna), la Technische Universitat di Vienna (Austria) e l’Electronics and Telecommunications Research Institute (Repubblica di Corea).

rEcord di iscrizioniad automatica 2016

Il salone “Automatica” segna il record di iscrizioni. Infatti se-condo quanto comunicano gli organizzatori, per l’edizione in programma dal 21 al 24 giugno 2016 a Monaco di Baviera, la su-perficie prenotata è già superio-re a quella della precedente edi-zione. In cinque padiglioni, oltre 800 aziende presenteranno le loro soluzioni per l’ottimizzazio-ne dei processi produttivi e la ro-botica di servizio professionale.

Un salone, molti settori“Automatica” propone tutta la gamma di prodotti, sistemi e so-luzioni per qualsiasi progetto di automazione. Dall’industria au-tomobilistica alla lavorazione dei metalli, dal medicale all’alimenta-re, dal farmaceutico alla plastica, la rassegna si rivolge agli utilizza-tori dei settori più vari.

Robotica di servizio professionaleI robot hanno abbandonato le loro gabbie di protezione e la-vorano gomito a gomito con gli esseri umani. Dall’industria estrattiva all’agricoltura, dai cantieri edili ai boschi, su terra o in acqua, nei cieli o nello spazio, i robot di servizio sono entrati nella vita lavorativa di molti set-tori. L’area “Robotica di servizio professionale” mostrerà nuova-mente le soluzioni concrete più recenti.

IT2I: nuovo salone integrato per la digitalizzazione della produzioneDopo il debutto positivo del tema “Industria 4.0 nella real-tà produttiva” ad “Automatica” 2014, la prossima edizione del salone proporrà il nuovo tema “IT2Industry”. Si tratta di un salone specializzato accompa-gnato da un convegno dedicato agli ambienti di lavori intelligenti e connessi. Nel padiglione A5 gli espositori presenteranno solu-zioni e servizi per l’Internet delle Cose industriale e proporranno esempi concreti e best-practice nell’ambito della conferenza.www.automatica-muenchen.com/en/Home

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10 a&c - analisi e calcolo|settembre/ottobre 2015

u n e w s & p r o d u c t s u

ns3 È un EnzimachE si comporta comE un “Bruco” E aiutail virus a rEplicarsi

NS3 è un enzima specifico del virus dell’epatite C. Un farmaco che fos-se in grado di riconoscerlo e attac-carlo in maniera selettiva potrebbe combattere la malattia senza effetti collaterali per l’organismo, ma per progettarlo serve conoscere nel dettaglio il comportamento di que-sta proteina importante nel proces-so di replicazione del virus.Finora erano disponibili solo alcuni “fotogrammi” – ottenuti attraverso tecniche di cristallografia - della proteina nel suo processo di inte-razione con l’RNA, che costituisce il genoma del virus. Ora gli scienziati della SISSA hanno riprodotto con tecniche numeriche l’intero “film”, offrendo cosi un quadro dettagliato e complessivo del comportamento di NS

3.Lo studio è stato pubblicato sulla Rivista Nucleic Acid Research.Stando ai dati dell’OMS, sono ben 140 milioni le persone colpite dal virus dell’epatite C (3/4 milioni di nuovi casi ogni anno). È una malattia subdola che, nel caso dell’infezione cronica, incide pesantemente sulla qualità della vita dei pazienti e le cui complicazioni possono portare alla morte. Una delle molecole implica-te nel meccanismo di riproduzione del virus nell’organismo è un’elicasi, NS3, un enzima che interagisce con l’RNA (il genoma di questo virus, che non è fatto come il nostro di DNA) traslocando su di esso e contribui-sce così al processo di replicazione dell’agente patogeno. «Conoscendo nel dettaglio il funzio-namento di questa elicasi, si potreb-be in futuro cercare di bloccare la replicazione del virus, e dunque il proliferare della malattia nell’orga-nismo» spiega Giovanni Bussi, pro-fessore della SISSA e fra gli autori dello studio. NS3 agevola il lavoro delle polimerasi, le molecole che attivamente costruiscono la replica del filamento di RNA, “aprendo” e preparando l’RNA all’azione del se-condo enzima.«NS3 si muove lungo il filamento di RNA come un bruco, contraendosi e allungandosi e mentre fa questo libera via via la parte di virus alla

Modellare  l’elicasi  per  comprendere  l’epatite  C    

   

NS3  è  un  enzima  che  si  comporta  come  un  “bruco”  e  aiuta  il  virus  a  replicarsi    10  settembre  2015    NS3  è  un  enzima  specifico  del  virus  dell’epatite  C.  Un  farmaco  che  fosse  in  grado  di  riconoscerlo  e  attaccarlo  in  maniera  selettiva  potrebbe  combattere  la  malattia  senza  effetti  collaterali  per  l’organismo,  ma  per  progettarlo  serve  conoscere  nel  dettaglio  il  comportamento  di  questa  proteina  importante  nel  processo  di  replicazione  del  virus.  Finora  erano  disponibili  solo  alcuni  “fotogrammi”  –  ottenuti  attraverso  tecniche  di  cristallografia  -­‐  della  proteina  nel  suo  processo  di  

quale poi si attacca la polimerasi» spiega Andrea Pérez-Villa, studen-tessa della SISSA e prima autrice della ricerca. «Abbiamo scelto di analizzare questa proteina perché a differenza di altre è presente solo nel virus dell’epatite C. In questo modo un eventuale farmaco che andasse a danneggiarne l’intera-zione con l’RNA non farebbe male ad altre proteine, magari proprie dell’organismo attaccato dal virus. Questo significa che, in via teorica, non ci sarebbero effetti collaterali». «Il nostro lavoro si è basato sulla simulazione al computer, partendo dai dati sperimentali disponibili», spiega Pérez-Villa. Finora i cristal-lografi sono riusciti a ottenere un numero limitato di “immagini” di NS

3, troppo poche per riuscire a

ricostruire tutto il processo. Basan-dosi sui dati esistenti Pérez-Villa, Bussi e Maria Darvas, ricercatrice SISSA che ha partecipato allo stu-dio, hanno creato un modello della proteina e l’hanno fatta interagire con l’RNA del virus. Ma non solo. «Nel processo infatti si consuma ATP, il ‘combustibile’ utilizzato dalle proteine. La nostra simulazione ha riprodotto quindi anche l’interazio-ne del sistema con l’ATP e succes-sivamente con l’ADP, il prodotto di scarto, insieme al fosfato, dopo che l’ATP è stato utilizzato» conclude Bussi. Si tratta dunque per la prima volta di una descrizione dettagliata del processo, che servirà da guida per i futuri passi, anche sul fronte sperimentale.

BiosEnsori innovativi: crEscE l’utilizzoin applicazioni non tradizionali

Oltre all’ambito sanitario e alimentare, i biosensori si stanno diffondendo anche nei settori automobilistico, della sicurezza e dei dispositivi mobili, secondo Frost & Sullivan. Il mercato dei biosensori si sta dunque rivelan-do estremamente interessante, poiché mostra una continua crescita delle applicazioni, della diffusione in nuovi settori e dello sviluppo dei disposi-tivi. Il panorama globale dei biosensori ha assistito ogni anno all’ingresso di numerosi operatori. Una recente analisi di Frost & Sullivan, intitolata “Analysis of the Global Biosensors Market”, rileva che il mercato ha pro-dotto entrate per 11,53 miliardi di dollari nel 2014 e stima che tale cifra più che raddoppierà, raggiungendo quota 28,78 miliardi di dollari nel 2021. Sebbene l’innovazione abbia facilitato la diffusione dei biosensori in diver-si mercati, attualmente i segmenti con il maggior numero di applicazioni sono quello della sanità e della rilevazione di agenti patogeni nel cibo.

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msc apEx vincE duE prEmi “stEviE® awards”

MSC Software Corporation ha an-nunciato che la sua innovativa piat-taforma di simulazione, MSC Apex, è stata selezionata come vincitrice del premio Silver Stevie® Award da The International Business Awards, e del premio Bronze Stevie® Award da parte di The American Business Awards nella categoria Software “New Product of the Year”. I premi Stevie® Awards sono tra i principali premi mondiali nel set-tore del business. Sono stati creati nel 2002 per onorare e riconoscere pubblicamente i risultati e i con-tributi positivi delle aziende e dei professionisti in tutto il mondo. In breve tempo sono diventati uno dei premi più ambiti. Ad oggi MSC Apex ha ricevuto i seguenti premi: “NASA Tech Briefs 2014 Readers’ Choice Product of the Year Award”, il “Design News 2015 Golden Mousetrap Award”, e il “Best of 2015” da parte di Initiati-ve Mittelstand, un premio conferito una volta all’anno alle aziende che sviluppano innovazioni in campo informatico rivolte in particolare ad aziende medie e piccole. MSC Apex è stato selezionato anche come fi-nalista ai premi “R&D 100 Award”, dimostrando l’impegno di MSC nel-lo sviluppo di software di simulazio-ne innovativo per aiutare le aziende manifatturiere a migliorare i loro prodotti con maggiore fiducia e a costi inferiori. www.mscapex.com.

Etp4hpc e pracE insieme a romaall’incontro Exdci sull’hpc

costruirE una visionE condivisa dEl supErcalcolo pEr l’Europa: i cEntri di

EccEllEnza dEll’hpc si incontrano a roma

Coordinare lo sviluppo e l’attuazione di una strategia comune per l’eco-sistema del supercalcolo europeo: questo l’obiettivo del progetto EXDCI - European eXtreme Data and Computing Initiative (EXDCI) che riceverà un finanziamento di 2,5 milioni di Euro dall’Unione Europea nel contesto

di Horizon 2020. Oltre al coordinamento delle attività di supercalcolo europee il progetto si occuperà anche della gestione dei rapporti con le

iniziative internazionali e del supporto ai giovani talenti.

Si è tenuto a Roma nelle giornate del 29 e 30 settembre 2015, un incontro sul Calcolo ad alte prestazioni (HPC - High Performance Com-puting) organizzato dal neonato progetto European eXtreme Data and Computing Initiative (EXDCI). Per la prima volta PRACE (Partnership for Advanced Computing in Europe), ETP4HPC (The European Technolo-gy Platform for High Performance Computing), i “Centri di Eccellenza (CoE)” e i progetti FETHPC (Future and Emerging Technologies) sono coinvolti insieme in un unico evento, con l’intento di comprendere il funzionamento e creare la base per il coordinamento dell’intero eco-sistema europeo dell’HPC. L’idea di unire i principali organi e progetti attivi nell’ecosistema HPC è quella di trovare sinergie e costruire insie-me una visione condivisa dell’HPC per l’Europa.

“Con EXDCI intendiamo coordinare l’infrastruttura di ricerca HPC per fornire servizi, una filiera tecnologica, e applicazioni HPC per suppor-tare e rafforzare la leadership europea nell’ambito delle industrie, delle scienze e della società”, ha dichiarato Sergio Girona, coordinatore del progetto EXDCI. L’Italia ha partecipato al progetto con il centro naziona-le di supercalcolo CINECA. EXDCIL’obiettivo di EXDCI è coordinare lo sviluppo e l’attuazione di una stra-tegia comune per l’ecosistema dell’HPC europeo. I due più importanti organi in Europa, PRACE ed ETP4HPC, si sono uniti insieme in questo progetto, partito a settembre 2015, della durata di 30 mesi, che ri-ceverà un finanziamento di 2,5 milioni di Euro. EXDCI si prefigge di sostenere le attività dell’ecosistema di programmazione, pianificazione e verifica delle prestazioni, come per esempio:

•produzione e allineamento dei piani d’attività per le tecnologie e le applicazioni HPC;

•misurazione dell’attuazione della strategia europea HPC;

•instaurazione e mantenimento di rapporti con altre attività interna-zionali in ambito HPC;

•supporto ai giovani talenti come elemento cruciale dello sviluppo dell’HPC europeo.

EXDCI integrerà le chiamate e i progetti di Horizon 2020 per il rag-giungimento di un ecosistema HPC in Europa globalmente competitivo. Seguendo la visione della commissione europea in ambito HPC, questo ecosistema è basato su tre pilastri: fornitura di tecnologia HPC, infra-struttura HPC e applicazioni HPC.

mimos a “itEc 2016”

I temi della conferenza che si terrà a Londra dal 17 al 19 maggio 2016 sono: M&S Technologies and Archi-tectures: Training and Education – Requirements to Solutions; Dual Use Training Applications (Cyber, Medical & First Response); Enterprise Appro-ach to Training and Education (Enter-prise & Procurement). MIMOS invita tutte le piccole e medie aziende ita-liane, nonché università e centri di ricerca, operanti nel settore del Si-mulation & Training che vogliono ap-profittare della vetrina ITEC condivi-dendo uno spazio che caratterizzerà la proposizione italiana nel settore. Per informazioni: [email protected]

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IOSOtechnology

Via Matteotti 7 - 22063 Cantù (CO) www.xceng.com

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13a&c - analisi e calcolo|settembre/ottobre 2015

u n e w s & p r o d u c t s u

innovazionE:pEsci-roBotpEr la difEsa di vEnEzia dall’acqua alta.

Questa tecnologia è stata presentata a EXPOVenice durante il convegno “Le tecnologie di comunicazione a tutela delle acque marine ed interne: ricerca ed attualità”, organizzato dalla Direzione Generale per i Servizi di Comunicazione Elettronica, Radiodiffusione e Postale del Ministero dello Sviluppo Economico in collaborazione con Linkem, che oltre all’ENEA ha visto la partecipazione, tra gli altri, di Università di Roma Tor Vergata, ISPRA e Corpo delle Capitanerie di Porto.

“Venus è l’elemento base di un si-stema a sciame composto da più veicoli cooperanti e coordinati ed è il risultato di anni di studi dei la-boratori di Robotica - sottolinea Vincenzo Nanni dell’ENEA - una linea di ricerca che prende spunto dall’imitazione delle forme di aggre-gazione animale e dell’intelligenza di gruppo”.Questo tipo di formazione robotica a “sciame denso” utilizza decine di droni a distanza di pochi metri tra loro, a differenza delle attuali appli-cazioni in cui ogni dispositivo naviga a centinaia di metri l’uno dall’altro. I singoli robot, detti anche nodi di rete, costituiscono un sistema wire-less sottomarino che utilizza suono e luce per comunicare: il sistema ottico permette di trasmettere ra-pidamente una grande quantità di informazioni, ma solo in acque mol-to pulite e a brevi distanze mentre il sistema acustico, anch’esso ripro-gettato specificamente per questa speciale configurazione, ha minori prestazioni, ma è utilizzabile in ac-que ‘sporche’ e a brevi distanze.Per il futuro, la collaborazione ENEA-Tor Vergata punta alla rea-lizzazione di una vera e propria au-tostrada digitale sottomarina con l’implementazione di un sistema di comunicazione ibrido: su Venus Swarm verrà installato un modem innovativo e multicanale ottico-acu-stico, che sfrutta la stretta sinergia tra i canali utilizzati e la ridotta di-stanza. Grazie all’impiego della tec-nologia ibrida il “dialogo” tra robot

e lo scambio di informazioni verso la superficie, raggiungeranno valori di megabit al secondo con straor-dinari miglioramenti rispetto alle attuali possibilità. L’impiego dei pesci robot nel controllo e nell’ispe-zione dei fondali di zone costiere e di acque oceaniche offre grandis-simi vantaggi rispetto all’utilizzo di sistemi robotici singoli e sofisticati, ma molto costosi. Per gli sciami si prefigura uno scenario di lavoro in-tenso. Si parte con la sorveglianza delle strutture in mare come piat-taforme petrolifere, gasdotti e por-ti che potrebbero essere bersaglio di sabotaggi e attacchi terroristici. L’accesso ai porti attualmente vie-ne controllato solo dalla superfi-cie. La nuova formazione robotica dell’ENEA invece è in grado di indivi-duare l’eventuale attacco dai fonda-li. Anche i soccorsi potrebbero con-tare sulla squadra di robot pinnati per la gestione dei flussi migratori in

mare. Ma non solo. Gli esperti spie-gano che la flotta di pesci ipertecno-logici bio-inspired potrebbe essere utilizzata anche per la salvaguardia di fauna e flora sottomarine, per il controllo dell’inquinamento e per il rilevamento di reperti archeologici sui fondali. ENEA e Università Tor Vergata stanno inoltre lavorando ad una proposta di progetto europeo su vita marina e alimentazione uma-na che si basa sullo studio dell’inte-razione tra sistemi robotici e banchi di pesci per migliorare le condizioni di salute e di benessere generale degli allevamenti di itticoltura.

Laboratorio Intelligenza Distribuita e Robotica per l’Ambiente e la Persona dell’ENEA.

La formazione robotica a “sciame denso” utilizza decine di droni a distanza di pochi metri tra loro, a differenza delle attuali applicazioni in cui ogni dispositivo naviga a centinaia di metri l’uno dall’altro.

Venus è l’elemento base di un sistema a sciame composto da più veicoli cooperanti e coordinati.

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14 a&c - analisi e calcolo|settembre/ottobre 2015

u n e w s & p r o d u c t s u

confcommErcio su dati istat: sEgnali confErmano consolidamEnto dElla riprEsa

Le informazioni disponibili negli ulti-mi tempi evidenziano il consolidarsi della ripresa avviatasi alla fine del 2014, che sta gradualmente ripor-tando l’economia italiana sui livelli di inizio 2013 e generando riflessi positivi anche sul mercato del la-voro. Infatti, l’incremento mensile degli occupati, il terzo consecutivo, e la graduale riduzione dei disoc-cupati, anche grazie alla fisiologica tendenza al ritorno sul mercato di fi-gure meno attive nei periodi di crisi, come donne e giovani, testimoniano una accelerazione delle dinamiche occupazionali: questo il commento di Confcommercio ai dati Istat di oggi su occupati e disoccupati.Considerando i mesi di massimo e minimo del numero di occupati, cioè aprile 2008 e settembre 2013, periodo nel quale sono stati persi un milione e 68mila occupati - pro-segue la nota - oggi il recupero è pari a 432mila unità, pari al 40,4% della perdita complessiva, fenome-no che consentirebbe di superare i 23 milioni di occupati tra meno di 3 anni. Se, invece, i ritmi di crescita dell’occupazione dovessero rispec-

chiare quanto accaduto nell’ultimo trimestre, questo obiettivo sarebbe raggiunto prima della fine del 2016.Sul fronte dei prezzi, dove peraltro la diminuzione rilevata a settembre era largamente attesa, in conside-razione di alcuni fattori stagionali e del calo dei prezzi dei prodotti pe-troliferi, il permanere di dinamiche inflazionistiche contenute rappre-senta, in questo contesto, un ulte-riore segnale positivo.È dunque evidente – conclude Confcommercio – che una bassa inflazione associata ad aumenti dei livelli occupazionali è una delle con-dizioni indispensabili attraverso le quali i redditi delle famiglie posso-no tornare a crescere sostenendo i consumi che rappresentano la chia-ve per rendere sempre più solida e duratura la ripresa, ancora debole e soggetta a rischi di varia natura.

altair acquisiscE click2cast pEr la simulazionE di colata

Altair ha annunciato l’acquisizione di Click2Cast aziedna specializzata nella simulazione del processo di colata. Grazie alla sua applicazione pratica sia nel settore del design sia in quello ingegneristico, il software di Click2Cast sarà reso disponibile

nelle business line dei due prodotti di Altair, solidThinking ed HyperWor-ks. Questa tecnologia era già dispo-nibile a tutti gli utenti HyperWorks grazie alla Altair Partner Alliance sin dal 2013.Click2Cast consente la simulazione dei processi di colata, attraverso un’innovativa interfaccia user-frien-dly. Il software non richiede alcuna formazione speciale o personale con un ampio background tecnico alle spalle.

la stampa 3dnEllE pmi italianE

PICO annuncia la commercializza-zione delle stampanti 3D firmate da

R o b o -ze, una giovane impresa ital iana che si

sta facendo apprezzare per l’in-novatività e per gli elevati livelli qualitativi delle sue soluzioni. In particolare, grazie a un nuovo ed esclusivo sistema di movimenta-zione meccatronica degli assi svi-luppato dall’Azienda, è in grado di offrire una risoluzione fino a 50 mi-cron e realizzare modelli con volumi fino a 280x220x220 (x-y-z).

liBrEitalia E ministEro dElla difEsaAssociazione LibreItalia ONLUS annuncia l’inizio del processo di migra-zione a LibreOffice del Ministero della Difesa con la prima lezione al gruppo dei formatori interni programmata per giovedì 15 ottobre. In base all’accordo sottoscritto lo scorso 15 settembre, LibreItalia organizzerà un primo corso gratuito di formazione dei formatori, finalizzato a creare un nucleo di docenti in grado di formare i colleghi.I docenti volontari di LibreItalia impegnati in questa prima attività sono Certified Trainer LibreOffice e hanno una lunga esperienza nell’ambito delle migrazioni. Il loro obiettivo è quello di guidare una squadra di 25formatori professionisti del Ministero della Difesa nell’apprendimento del-le funzioni di LibreOffice, da ritrasferire - secondo un modello di formazio-ne a cascata - prima ad altri formatori interni, e poi agli utenti. Il percorso di formazione è finalizzato anche al superamento degli esami per la nuova ECDL, Patente Europea del Computer. La formazione nei progetti di migra-zione rappresenta, insieme alla comunicazione del progetto, uno dei punti cardine nel protocollo elaborato da The Document Foundation e adottato dal Ministero della Difesa. L’istruzione dei formatori interni consente un importante risparmio di risorse, che si va ad aggiungere a quello legato alla riduzione del costo delle licenze software. La scelta della suite libe-ra per ufficio LibreOffice e del formato standard aperto Open Document Format (ODF) da parte del Ministero della Difesa costituirà un importante best practice da replicare nelle altre Pubbliche Amministrazioni italiane.

solidworks 2016Dassault Systèmes ha presentato, la nuova release del pacchetto di applicativi per la progettazione e l’ingegnerizzazione in 3D. Basato sulla piattaforma 3DEXPERIENCE l’ambiente di progettazione 3D inte-grato di SOLIDWORKS 2016 abbrac-cia tutti gli aspetti dello sviluppo di prodotto. Fra le migliorie spicca la possibilità di sviluppare in piano qualsiasi superficie, visualizzare e validare le prestazioni di un proget-to, comunicare in modo più efficien-te con la produzione, creare velo-cemente immagini di qualità per il marketing e accedere facilmente a tutti i comandi. Con queste e altre centinaia di novità, fra cui un’inter-faccia utente migliorata, progettisti e ingegneri possono focalizzarsi sui propri progetti, risolvere problemi complessi e snellire i processi di progettazione.

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15a&c - analisi e calcolo|settembre/ottobre 2015

u n e w s & p r o d u c t s u

fuchs luBrificanti alla quinta EdizionE dEll’aErospacE & dEfEnsE mEEtings

Fuchs Lubrificanti Spa sarà presente alla quinta edizione dell’Aerospace & Defense Meetings che si terrà a Torino dal 17 al 19 novembre 2015. È la business convention internazio-nale per l’industria aerospaziale e della difesa che si svolge in Italia. Il programma per la tre giorni di fiera è vario e prevede eventi collaterali, workshop, sessioni sulla politica in materia di acquisiti e della subfor-nitura, seminari sull’innovazione e conferenze di alto spessore inerenti tematiche di rilievo per il settore ae-rospaziale.Settimo al mondo e quarto in Eu-ropa, con un fatturato di oltre 6,6 miliardi di euro e una forza lavoro di 33.000 dipendenti, l’industria ae-rospaziale rappresenta il settore di produzione più grande in Italia nel campo dei sistemi integrati ad alta tecnologia. Il gruppo FUCHS parteciperà con un suo stand di ultima generazione, per poter godere al meglio di un’oc-casione concreta di confronto con la clientela, le aziende, i fornitori e gli enti pubblici e privati del setto-re aerospaziale per il quale FUCHS ha fornito lubri ficanti industriali per performance di alto livello. L’industria aerospaziale si trova ad affrontare alcuni importanti sfide.I costi del carburante, nonché la necessità di ridurre le emissioni di anidride carbonica, stanno forzando i produttori a ridurre il peso degli aeromobili. Per raggiungere questo obiettivo vengono adottati nuovi materiali e nuove tecnologie. A questa innova-zione si affianca quella dei fornitori di lubrificanti e liquidi refrigeranti, fondamentali per il corretto funzio-namento di ogni parte meccanica e strutturale. MTU Aero Engines a Monaco di Baviera usa già con successo i lubrificanti e refrigeran-ti Fuchs per le operazioni di pro-duzione sulle turbine dell’Airbus A 380 GP 7000. In soli due giorni, tutte le imprese partecipanti avranno la possibilità di incontrarsi e di costruire relazio-ni commerciali mirate e sviluppare nuovi progetti con le imprese di

tutto il mondo. Un’occasione unica per ottimizzare il tempo nella ricer-ca di nuovi fornitori e soluzioni al passo con i tempi e le richieste del mercato.

xviii EdizionE dElla Borsa mEditErranEa dEl turismo archEologicoDal 29 ottobre al 1° novembre torna la mostra ArcheoVirtual

Dai misteriosi labirinti di Versailles, ai suggestivi fori imperiali di Augu-sto, fino all’Oppidum di Numancia in Spagna: ecco le nuove frontiere dell’archeologia virtuale che incan-teranno i visitatori della BMTA. Dal 29 ottobre al 1° novembre 2015 torna con la XVIII edizione la Borsa Mediterranea del Turismo Archeolo-gico, evento culturale divenuto negli anni punto di riferimento non solo per gli addetti ai lavori, ma anche per gli appassionati di archeolo-gia e del turismo culturale. Anche quest’anno, la Borsa declinerà un’offerta culturale di primissimo piano, già capace lo scorso anno di attrarre nell’area archeologica di Paestum oltre 10.000 visitatori. La BMTA ripropone anche la mostra ArcheoVirtual, fiore all’occhiello del-la Borsa dal 2006 e vetrina esclusi-va delle nuove frontiere dell’archeo-logia virtuale. E come avvenuto due anni fa, quando ArcheoVirtual è sta-ta protagonista a Marsiglia Capitale Europea della Cultura 2013, anche per questa edizione la Borsa lega il suo brand all’interno di un circuito internazionale di altrettanto valore, quale il DigitalHeritage Congress (www.digitalheritage2015.org), che si terrà a Granada dal 28 settembre al 2 ottobre 2015.Grazie al lavoro dell’ITABC Istituto per le Tecnologie Applicate ai Beni Culturali del CNR – che con i suoi progetti, rivoluziona di fatto la con-

cezione stessa della conoscenza di un bene culturale, favorendo, attra-verso la realtà virtuale, una fruizio-ne delle informazioni immersiva ed interattiva – oggi si comprendono le immense potenzialità in termini di diffusione dei contenuti storici e scientifici che questa nuova visione offre. E così anche quest’anno, at-traverso alcune originali produzioni virtuali di grande impatto emotivo, i visitatori della BMTA saranno let-teralmente catapultati nell’antichi-tà, vivendo un’esperienza unica ed affascinante. I progetti in mostra in questa edi-zione sono stati sviluppati in Italia, Francia, Spagna e Stati Uniti, e sa-ranno fruibili grazie all’Oculus Rift, uno schermo per la realtà virtuale da indossare sul viso (in inglese HMD, head-mounted display), che tra le sue caratteristiche ha la bassa latenza e un ampio campo di visua-le. Dagli impervi e sterminati labirin-ti della Reggia di Versailles a Parigi, passando tra le colonne del Foro di Augusto a Roma, fino alle fortifi-cazione di un Oppidum spagnolo a Numancia: sono solo alcune delle ambientazioni virtuali nelle quali i visitatori potranno avventurarsi, interagendo con la realtà in cui sa-ranno immersi. Inoltre, avvalendosi dell’applicazione KIVI, potranno sperimentare - con smartphone e un auricolare - una visualizzazione a 360 gradi di modelli di beni culturali in 3D di grande valore.

mimos. ultimi posti pEr la autumn school 2015 in “3d intEractivE musEum”

A pochi giorni dalla deadline del 30 ottobre, rimangono pochissimi posti liberi per la candidatura alla Autumn School 2015 in “3D Interactive Mu-seum” che si terrà a Bene Vagienna (CN) dal 15 al 22 novembre. Si met-teranno le mani sugli OCULUS Rift, sulle LEAP Motion, sugli applicativi mobili di REALTÀ AUMENTATA e sui PDF 3D. Per partecipare non sono richieste specifiche conoscenze su-gli strumenti e sui software. Il pro-gramma è diviso in workshop che permettono a chi ha familiarità con il 3D di raggiungere gli obiettivi ed apprendere.www.mimos.it/autumnschool2015

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u n e w s & p r o d u c t s u

ricErcatori dEll’uE sviluppano un nuovostrumEntodi modEllizzazionEpEr una migliorE gEstionE dEllE crisi

Ricercatori finanziati dall’UE hanno sviluppato uno strumento innovativo di simulazione e modellizzazione che aiuta i responsabili delle decisioni nella gestione di eventi di crisi su larga scala.

Chi si occupa di gestire le crisi e i responsabili delle decisioni si trova-no a dover gestire situazioni che su-perano la capacità delle reti locali di risposta. Inoltre i disastri naturali e causati dall’uomo spesso non sono contenuti entro confini regionali o nazionali e si estendono al di là di questi creando problemi imprevisti. Per gli stessi motivi, i responsabili delle decisioni hanno bisogno degli strumenti per capire meglio le con-seguenze degli eventi di crisi e di avere un accesso immediato a com-petenze di diverse organizzazioni e nazionalità quando è necessario.Il progetto CRISMA finanziato dall’UE ha cercato di rispondere a queste esigenze mediante lo sviluppo di uno strumento di simulazione online adat-tabile. Lo strumento aiuta i responsa-bili delle politiche e coloro che sono direttamente coinvolti nella gestione della crisi a prepararsi agli eventi

visualizzando complessi scenari di crisi, che spesso richiedono l’integra-zione di competenze di diversi settori e possono comportare significativi problemi finanziari ed etici. Può es-sere utilizzato per la pianificazione dell’uso della terra e delle infrastrut-ture a lungo termine, l’ottimizzazione dei piani di gestione operativi degli eventi di crisi e il sostegno per la preparazione, l’esecuzione e la valu-tazione delle esercitazioni sul campo. Il consorzio del progetto crede inoltre che anche il settore privato potrebbe usare il modello di simulazione.La struttura di CRISMA è stata pro-gettata specificamente per permet-tere agli utenti finali di costruire i loro scenari di crisi e poi integrare sia i modelli nuovi sia quelli prece-denti e gli strumenti in un unico si-stema di simulazione. L’adattabilità di quest’architettura è stata ottenu-ta seguendo un approccio aperto; la gran parte della funzionalità della struttura principale è assicurata da un software open source, che può essere facilmente sostituito se e quando necessario.Inoltre, la struttura di CRISMA anti-cipa i futuri cambiamenti della tec-nologia e può accogliere diversi tipi di servizi web. La struttura modulare permette agli sviluppatori di aggiun-gere in futuro nuovi componenti quando sarà necessario, sia in open source che in closed source, in linea con il modello aziendale dell’utente

finale. Chi si occupa di gestire gli eventi di crisi e gli altri responsabi-li delle decisioni possono associare modelli, dati e competenze di diver-se fonti al fine di creare una perce-zione più ampia degli scenari di crisi. Nel corso del progetto, una serie di schemi pilota sono stati impostati per coprire diversi eventi di crisi. Tra questi una tempesta invernale nella Finlandia settentrionale; la som-mersione delle difese costiere nella Francia occidentale; la fuoriuscita del contenuto di un container a lar-go della costa di Israele; un terremo-to e un incendio boschivo in Italia; e un incidente con un gran numero di vittime in Germania. Sono stati organizzati workshop con potenziali utenti per illustrare i risultati dello schema pilota e per sottolineare le potenzialità del nuovo strumento. La sostenibilità a lungo termine e l’as-sorbimento dei risultati di CRISMA saranno assicurati mediante racco-mandazioni da parte dei responsabi-li delle decisioni e di esperti esterni di alto livello nel comitato consultivo di CRISMA (http://www.crisma-project.eu/). Il progetto si è ufficial-mente concluso alla fine di agosto 2015. Una relazione sui risultati finali di CRISMA è stata pubblicata a settembre 2015, mentre i successi principali erano stati presentati alla conferenza finale del progetto tenu-tasi a giugno 2015.Fonte: Cordis - © European Union, 2015

Il progetto CRISMA finanziato dall’UE ha

cercato di rispondere a queste esigenze

mediante lo sviluppo di uno strumento di simulazione online

adattabile.

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u n e w s & p r o d u c t s u

rEcord italianodi vElocitÀ a pEdali pEr il prototipo dEl tEam dEl politEcnico di torino

È sfrecciato a 116.19 km/h per le strade del deserto del Nevada (USA) il nuovo prototipo PulsaR, realizzato dal Team Policumbent del Politecnico di Torino, stabilendo il nuovo record italiano di velocità su veicolo a propulsione umana.

Il record è stato realizzato nel corso del World Human Powered Speed Challenge, che si è svolto a Battle Mountain dal 14 al 19 settembre scorsi. L’evento, come ogni anno, ha radunato i ciclisti e le biciclette più veloci al mondo per confrontarsi con il cronometro sulla distanza di 200 metri, dopo una rincorsa di circa 8 km su un tratto della SR305 che attraversa l’altopiano deserto del Nevada a quota 1450 metri sul livello del mare.I ragazzi del Team Policumbent sono i primi italiani in assoluto a partecipare a questo evento unico al mondo, che ha visto l’esordio in gara per il ciclista e studente Andrea Gallo (classe 1987) che ha pedalato sul nuovissimo pro-totipo PulsaR. Un mezzo a pedali su 2 ruote, con seduta reclinata e una carenatura in materiale com-posito che abbassa la resistenza aerodinamica fino a 20 volte ri-spetto ad una bici tradizionale. La competizione in Nevada, che

ha visto sfidarsi 26 prototipi pro-venienti da tutto il mondo, è stata appassionante. Nel corso della settimana Andrea Gallo ha prima stabilito il record italiano ufficiale raggiungendo 109.96 km/h, per poi incrementarlo ulteriormente (112.16 km/h) e fissarlo infine a 116.19 km/h nell’ultimo tentativo di sabato 19/9.Un risultato di cui il ciclista e il team vanno orgogliosi, sopra la soglia delle 70 miglia orarie, un riferimento importante ottenuto già alla prima esperienza e che ha ricevuto appezzamenti anche dai partecipanti più esperti. Andrea Gallo è ufficialmente uno dei 24 ciclisti più veloci della storia e il team del Politecnico di Torino ha chiuso la competizione al secondo posto tra le squadre universitarie presenti.Un successo importante per il team Policumbent, che getta le basi per promuovere ulteriormen-te la ricerca nel settore dei veicoli a trazione umana. Forte dell’espe-rienza acquisita sul campo, il team è già al lavoro per migliorare que-sto prototipo al fine di avvicinarsi alla soglia delle 80 miglia orarie nel 2016 e sviluppare un progetto totalmente nuovo che possa insi-diare l’attuale record di oltre 85 miglia orarie nel 2017/18. L’attivi-tà tecnologica e sportiva del team offre inoltre un contesto ideale per la ricerca e lo sviluppo di solu-zioni da applicare nell’ambito dei velomobili, la versione a tre ruote di questi mezzi dedicata all’uso quotidiano.

al tEdx Bologna 2015 i talEnti italiani ritornano in patria

Parleranno imprenditori, artisti, de-sign che mantenendo le loro radici nella tradizione hanno sviluppato, e continuano a farlo, la loro idea, in un’ottica straordinariamente in-novativa senza perdere di vista la storia da cui provengono ed in cui affondano le loro radici. “Tradizionalmente innovativi” que-sto è il tema che accompagnerà la quinta edizione di TEDx Bologna il prossimo 24 ottobre.Tradizione e innovazione, due parole che sembrano in contrapposizione, ma che invece esprimono le qualità che molte realtà del nostro territorio posseggono. Riuscire a coniugare la ricca tradizione nella quale siamo immersi, con un’ottima attitudine innovativa, in un contesto globale che cambia a una velocità esponen-ziale, è la sfida che siamo chiamati a rispondere. Diciannove speaker si alterneranno sul palco dell’Audito-rium Unipol di Bologna e racconte-ranno le loro idee di successo. Tra le novità di quest’anno il Deep Web, un universo web parallelo a quello che solitamente utilizziamo per na-vigare e che corrisponde al 99% dell’intero WorldWideWeb. Il “Deep Web” è una parte di web sommersa, un luogo dove è possibile trovare at-tività moralmente discutibili assieme ad un’enorme quantità di preziose informazioni impossibili da reperire con i motori di ricerca abituali. Que-sto cosmo di dati è pertanto caratte-rizzato da un’incessante ricerca alla creatività ed è per questa ragione che TEDx Bologna ha deciso di dare un tono assolutamente originale al lancio dell’evento, sfruttando dun-que il “Deep Web” per promuovere la giornata del 24 ottobre. I progetti e le idee che sfileranno in questa quin-ta edizione sono molto variegati: un rivoluzionario progetto di una specie di “treno” a levitazione magnetica, fatto da tante capsule sparate in sequenza una dopo l’altra all’interno di un tubo depressurizzato. Sempre nella mobilità in città, c’è chi si è in-ventato un sistema di misurazione della CO

2 ad personam, abbinato a un sistema di monetizzazione com-misurato a quanta anidride carboni-ca in meno si è immessa nell’aria.

THE FOOD EXPERIENCE

Alla CAE Conference 2015 che si terrà a Pacengo del Garda dal 19 al 20 ottobre parteciperà anche il prof. Davide Cassi, Università di Parma. Il fondatore della “Molecular cuisine” e coordinatore dello “Scientific Gastronomy Laboratory” terrà un discorso programmatico sul tema: “Cooking Hackers. The true story of molecular cuisine“.Durante l’ultimo ventennio l’arte della cucina si è evoluta in modo signi-ficativo grazie al contributo della ricerca scientifica. Nell’occasione si ripercorrono le tappe di questa collaborazione guardando alle più impor-tanti innovazioni che sono state introdotte. Inoltre il Prof. Cristophe Lasseur, Agenzia Spaziale Europea, presenterà i progetti di ricerca europei volti al self-supported life per astronauti in missioni spaziali.Più di 150 presentazioni completeranno l’evento illustrando le varie ap-plicazioni di simulazione nei settori più diversi.

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u a t t u a l i t à u

C’è vita su Marte? Siamo un passo più vicini a scoprirlo!A fine settembre in molti ipotiz-zavano che i ricercatori spaziali si stessero preparando ad annunciare delle importanti notizie, e infatti non hanno deluso nessuno. La NASA ha presentato al mondo le prove più evidenti finora che su Marte scorro-no dei liquidi, rendendo così sempre più probabile che vi possa essere vita sul pianeta.

“Seguire l’acqua”

Le scoperte sono parte del piano della NASA di “seguire l’acqua” alla

ricerca di altre forme di vita nell’uni-verso. Secondo John Grunsfeld, astronauta e amministratore asso-ciato della direzione per le missioni scientifiche della NASA, la ricerca offre prove scientifiche convincen-ti che convalidano ciò che essi so-spettavano da tempo. Egli osserva che “Questo è uno sviluppo signifi-cativo, poiché sembra confermare che sulla superficie di Marte scorre dell’acqua, anche se salmastra.”

I sali idrati potrebbero spiegare le misteriose strisce scure

Usando uno spettrometro per ima-

ging sul Mars Reconnaissance Or-biter (MRO) della NASA, i ricerca-tori hanno rilevato “segni distintivi di minerali idrati su pendii dove si vedono delle misteriose strisce”. I flussi discendenti sono conosciuti come linee ricorrenti di pendenza (recurring slope lineae, RSL) e sono stati spesso descritti come verosi-milmente collegati ad acqua liquida. Tuttavia, le nuove scoperte di sali idrati sui pendii indicano quale po-trebbe essere la relazione con quel-le strisce scure.La NASA afferma che i sali idrati abbasserebbero il punto di conge-lamento dell’acqua salata in forma liquida, proprio come il sale sulle strade qui sulla Terra provoca uno scioglimento più rapido di ghiaccio e neve. Gli scienziati dicono che si tratta probabilmente di un flusso

TENDENzE SCIENTIFICHE:LA NASA SVELA LE “PROVE PIù EVIDENTI FINORA” DI FLuSSI LIquIDI Su MARTE

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u a t t u a l i t à u

sotterraneo superficiale, con ab-bastanza acqua che si diffonde in superficie per spiegare le zone più scure. “Abbiamo scoperto i sali idra-ti solo quando le caratteristiche sta-gionali erano più diffuse, e questo suggerisce che o le strisce scure stesse o un processo che le forma è la fonte dell’idratazione. In entrambi i casi, l’individuazione di sali idrati su questi pendii significa che l’acqua gioca un ruolo fonda-mentale nella formazione di queste strisce,” ha detto Lujendra Ojha, del Georgia Institute of Technology di Atlanta, autore principale di un rapporto su queste scoperte pub-blicato il 28 settembre da Nature Geoscience.

La Terra incontra Marte: preoccupa-zioni riguardanti la contaminazione

Le notizie hanno ovviamente susci-tato un grande interesse all’interno dei media scientifici e hanno dato origine a molte ipotesi. Un articolo su Nature, che cita una revisione congiunta della National Academy of Sciences degli Stati Uniti e della Fondazione europea della scienza, ha lanciato un monito alla prudenza. La relazione fa notare che trovare della vita extraterrestre non sarà af-fatto facile, e forse non per i motivi a cui pensiamo... Le sfide tecnologiche e di bilancio potrebbero in realtà essere supera-te dal fattore contaminazione: “La necessità di proteggere qualsiasi possibile biosfera marziana dalla contaminazione terrestre – scrivo-no gli autori della relazione – po-trebbe ‘impedire agli esseri umani di atterrare o di entrare nelle aree’

dove la vita marziana potrebbe pro-sperare.”National Geographic sottolinea che il fatto di trovare prove della presenza di acqua corrente non equivale a tro-vare forme di vita. Inoltre ricorda le preoccupazioni relative ai microbi terrestri che po-trebbero contaminare la superficie marziana, citando Bethany Ehlmann, una geologa planetaria alla Caltech, negli Stati Uniti: “È difficile riuscire a pulire a sufficienza un veicolo spa-ziale per inviare un lander o un rover lassù adesso.”Quali che siano i prossimi passi, l’entusiasmo per queste scoperte rimane evidente. Sembra che ci tro-viamo un passo più vicini al poter rispondere alla domanda: C’è vita su Marte?

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Fonte: Cordis - © European Union, 2015

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u r i c e r c a u

ricErca E imprEsE: nuovE stratEgiE di collaBorazionE

Si è svolto a Roma, presso il Cnr, un confronto sul rapporto tra aziende, enti di ricerca e università. Ancora oggi neanche un’azienda su 10 è attiva nella ricerca, ma facilitazioni sono previste dalle nuove misure di legge. Il Consiglio nazionale delle ricerche è presente in questo quadro promuovendo la tutela e la valorizzazione di oltre 300 brevetti, sostenendo la collaborazione, l’internazionalizzazione e accordi con imprese e associazioni. Presentata Innovation Mall, una piattaforma per favorire il trasferimento tecnologico sviluppata da un progetto dell’Ente.

Rapporto tra ricerca e impresa al centro del dibattito che sì è svolto il 1° ottobre a Roma, presso la sede centrale del Consiglio nazionale del-le ricerche (Cnr), organizzato dalla struttura Valorizzazione della ricer-ca dell’Ente con la partecipazione di diversi stakeholder.Ad aprire il meeting «Nuove oppor-tunità di collaborazione tra ricerca e impresa. Il Cnr, un protagonista per l’innovazione e per la valorizzazione delle conoscenze», dopo i saluti del presidente Luigi Nicolais, Raffaele Brancati, presidente del centro studi Monitoraggio economia e territorio, che ha parlato di “un sistema forte-mente eterogeneo, in cui l’articola-zione della domanda delle imprese presenta differenze molto marcate. Alcune non hanno mai fatto ricerca e intendono avviarla, altre vogliono irrobustire le attività innovative, c’è chi svolge ricerca e intende affac-ciarsi sui mercati internazionali, chi vuole investire in Ricerca e sviluppo (R&S) per consolidare le proprie po-sizioni competitive”. La percentuale di imprese italiane che realizza R&S è di circa il 9% del totale: più o meno un quarto di queste lo fa al di fuori dell’azienda, attraverso rapporti con università, centri di ricerca e altre imprese, “ma incontrando difficoltà a interagire con i centri di ricerca più sofisticati: l’accessibilità al cre-dito, in particolare, rappresenta un ostacolo ancora forte”. Tra le im-prese che si affacciano per la prima volta a questo tipo di investimenti e

attività la dimensione media è di 12 addetti.In questo contesto – segnato però da sostanziali novità normative che sono state illustrate dai ministeri dello Sviluppo economico (Mise) e di Istruzione, università e ricerca (Miur) - il Cnr gioca un ruolo di pri-mo piano. “Il Cnr con i suoi sette Di-partimenti possiede un portafoglio di circa 450 titoli attivi, tre quarti dei quali consistenti in brevetti con-cessi o richiesti: sempre tre brevetti su quattro godono di tutela all’este-ro e circa un quarto è interessato da concreti processi di valorizzazione, che hanno portato ad una crescita dei ritorni economici del 30% nell’ul-timo anno”, ha proseguito Alberto Silvani, responsabile della Struttura valorizzazione della ricerca del Cnr. “Oltre 1.600 partner, la maggio-ranza dei quali imprese, collabora-no con il Cnr attraverso accordi e partecipazioni, spesso anticipando contratti che generano innovazione, contribuendo a creare un contesto favorevole su cui innestare i nuovi strumenti di incentivazione”, con-clude Giovanni De Simone, respon-sabile degli Accordi e delle parteci-pazioni societarie dell’Ente.“Le nuove opportunità offerte dagli strumenti attivati in queste settima-ne dal Mise - incentivi fiscali, contri-buto ai brevetti, ‘patent-box’- e più in generale dall’azione di governo in materia di ricerca e innovazione”, ha sottolineato il direttore generale Paolo Annunziato, “trovano quindi nel Cnr un terreno favorevole, sia ri-

spetto ai contratti di ricerca e di tra-sferimento tecnologico, già cresciu-ti negli ultimi anni, sia nei confronti degli accordi e della presenza attiva nelle società partecipate, senza di-menticare il fenomeno delle società spin off, sempre di più indirizzate verso una voluta selezione ex-ante che privilegi le effettive possibili-tà di successo nella valorizzazione delle tecnologie possedute e degli asset immateriali. Infatti lo sforzo resta quello di favorire effettive oc-casioni di incontro, come avvenu-to con il Patto con Confindustria, nei cui eventi sono state coinvolte 1.200 aziende”.Accanto agli strumenti già attivi in questo ambito presso la Struttura valorizzazione della ricerca per age-volare il trasferimento delle tecno-logie dell’Ente verso le imprese, e alle azioni di promozione che vedo-no, ad esempio, il Cnr coordinare il Consorzio Lazio Sardegna operante nella rete europea Enterprise Euro-pe Network (Een), è stato presenta-to il Cnr Innovation Mall, una piat-taforma attraverso cui imprese e stakeholder sottometteranno i pro-pri problemi tecnologici ai quali la rete scientifica del Cnr può rispon-dere fornendo soluzioni innovative, aumentando così l’efficacia nelle azioni di trasferimento. Illustrata dal responsabile Andrea Viticoli, la piattaforma è risultata tra i progetti vincitori del Premio per l’Innovazio-ne Cnr del 2013 e sarà operativa a partire dal 2016.

(CNR)

ricErca, 1,7 miliardipEr il finanziamEnto dEgli Enti.

puBBlicato il dEcrEto di riparto dEl foE

È disponibile sul sito www.istruzione.it il decreto di riparto del FOE, il Fondo ordinario di finanziamento degli Enti di Ricerca vigilati dal Miur. Il decreto è stato registrato dalla Corte dei conti, dopo il va-glio delle Commissioni parlamentari, ed è dunque immediatamente efficace.Il Fondo prevede per il 2015 uno stanziamento di 1,7 miliardi. Più di 80 milioni sono destinati ad attività di ricerca di valenza internazio-nale, anche in previsione dell’avvio del nuovo programma europeo Horizon 2020. Oltre 99 i milioni per la quota premiale del Fondo. Circa 30 milioni vengono stanziati per progettualità di carattere stra-ordinario. Un milione è destinato all’assunzione per chiamata diretta di ricercatori e tecnologi italiani o stranieri dotati di altissima quali-ficazione scientifica.Link utili:http://attiministeriali.miur.it/anno-2015/agosto/dm-10082015.aspx

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u n e w s & p r o d u c t s u

altair Ed airBus group siglano un pluriEnnalE accordo softwarE gloBalE L’accordo fornirà agli ingegneri di Airbus, Airbus Helicopters ed Airbus Defence & Space l’accesso all’intera offerta software di Altair.

Altair ha annunciato di aver raggiun-to un accordo con Airbus Group che permetterà ai designer e agli inge-gneri delle sue divisioni di Airbus, Airbus Helicopters, Airbus Defence & Space, oltre che delle molte altre compagnie di cui Airbus Group de-tiene più del 50%, di poter accedere all’intero portfolio di Altair, inclusa la sua suite HyperWorks® CAE per le sue funzionalità di modellazione, visualizzazione e per le soluzioni di ottimizzazione e calcolo.Il nuovo accordo segue la preceden-te scelta strategica fatta da Airbus di adottare OptiStruct®, la soluzione di Altair per l’analisi e l’ottimizzazio-ne strutturale. Airbus ha potuto ap-plicare OptiStruct in numerosi piani di ottimizzazione del peso e delle performance delle strutture dei suoi aeromobili per molti anni, come ad esempio nel programma A350 XWB. I termini del contratto forniscono ad ogni ingegnere Airbus un accesso estremamente flessibile ad Altair HyperWorks per la computer-aided-engineering (CAE), a PBS Works™ per l’high-performance computing (HPC) ed a solidThinking® per le soluzioni software per la progetta-zione a supporto dello sviluppo di aeromobili più leggeri e ad elevate prestazioni.Inoltre, l’accordo si completa e si allinea ancor più saldamente con una collaborazione di consulenza a

sEnsori innovativi pEr il monitoraggio dEllE infrastrutturEAlta affidabilità e costi contenuti consentiranno controlli su larga scala; presentato nella sede del Senato della Repubblica, alla presenza del Ministro delle Infrastrutture On. Graziano Delrio e del Presidente di ANAS, ing. Gianni Armani, il progetto realizzato dal Politecnico di Torino in partenariato con STMicroelectronics e finanziato dal MIUR.

Sicurezza, funzionalità, durabilità, robustezza sono le caratteristiche che le costruzioni e le infrastrut-ture in genere devono garantire nel tempo, nonostante vengano sottoposte progressivamente a condizioni ambientali e di invec-chiamento dei materiali. Per man-tenere in efficienza e sicurezza le strutture un metodo efficace è il monitoraggio, finora però limitato a impieghi particolari e di notevole rilevanza, per via del costo elevato e della incertezza sulla conserva-zione nel tempo degli stessi stru-menti di misura.Il progetto biennale finanziato dal MIUR con circa 10 milioni di euro, sviluppato dal gruppo di ricerca del prof. Giuseppe Mancini - ordi-nario di Tecnica delle Costruzioni del Politecnico di Torino - in parte-nariato con STMicroelectronics, è stato presentato il 6 ottobre, nella sede del Senato della Repubblica, alla presenza del Ministro delle In-frastrutture On. Graziano del Rio e del Presidente ANAS, ing. Gianni Armani.Si tratta di innovativi sensori, già in fase di industrializzazione, di costo molto basso ed elevata affi-dabilità nel tempo dello strumento di misura, che permetteranno mo-nitoraggi su larga scala. Un’ampia sperimentazione su ponti, gallerie,

dighe ed edifici di varia tipologia, sostenuta da molti partner, primo fra tutti ANAS sul Viadotto Italia, è prevista nei prossimi mesi.I microsensori, progettati da STMicroelectronics per acquisi-re dati e informazioni secondo i modelli matematici sviluppati dal Politecnico di Torino, permette-ranno di valutare più parametri in contemporanea e in tempo reale. Di piccole dimensioni e facili da installare i microsensori potran-no essere integrati nelle strutture di nuova realizzazione o applicati facilmente in quelle già esistenti. Alimentati con fonte energetica esterna o autonoma (pannelli so-lari) opereranno in modalità wi-reless, con acquisizione diretta dell’informazione o tramite droni, nei casi di difficile accessibilità alle strutture. Il controllo continuo e multiparametrico delle strutture consentirà di programmare inter-venti di manutenzione ordinaria e straordinaria tempestivi e puntua-li. Si potrà dunque passare dall’at-tuale approccio “reactive” in cui l’intervento avviene solo dopo che si verifica il danno, a un metodo “proactive”, che consentirà inter-venti preventivi e conservativi con notevoli risvolti sulla sicurezza ed economia e dunque sulla soste-nibilità del processo di manteni-mento in esercizio del patrimonio infrastrutturale esistente.Giuseppe Mancini, ordinario di Tecnica delle Costruzione al Po-litecnico di Torino ha così com-mentato: “I sensori sono stati progettati e testati per rilevare vibrazioni, deformazioni e tensioni delle strutture, questi dati valutati in sinergia consentiranno di defi-nire con precisione lo stato di sa-lute delle strutture e gli eventuali interventi da programmare. Il co-sto contenuto dei singoli sensori consentirà di monitorare in modo pervasivo le strutture”.

max sirEna con EmiratEs tEam nEw zEalandTeam Luna Rossa Challenge è lieto di annunciare che Max Sirena, già Skipper e Team Director, integrerà la dirigenza di Emirates Team New Zealand, lavorando a stretto contat-to con i responsabili dei vari diparti-menti e con la direzione esecutiva.Ciò sottolinea il rapporto di amicizia e reciproca stima che da oltre quin-dici anni caratterizza le relazioni tra i due team, nello spirito di una sem-pre leale e costruttiva competizione sportiva.

lungo termine tra Airbus ed Altair ProductDesign (APD). APD è la divi-sione globale per i servizi di consu-lenza di Altair, che offre competenze ingegneristiche ed il know-how per lo sviluppo del settore aerospaziale e di molti altri settori industriali. Tra gli altri progetti, APD ha contribuito alla nascita del primo Optimization

Center d’Europa di Airbus, un in-novativo business model di consu-lenza messo a punto da Altair che permette l’applicazione strategica di tecnologie di ottimizzazione diret-tamente in azienda, con team spe-cializzati, per raggiungere obiettivi di riduzione di peso.

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u f e m - t e s t u

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La Verifica e Validazione dei modelli analitici attraverso le tecniche di Correlazione FEM-Test permette di certificare che le idealizzazioni, la modellazione e i risultati conseguiti dal calcolo siano corretti. Spesso capita che molti parame-tri in una analisi a elementi finiti siano incerti e vengano assunti a priori dall’analista. Questo talvolta riesce a spiegare alcune differenze tra il comportamento della simulazione e i risultati prodotti dalla struttura reale che si manifestano in laboratorio o in esercizio.

CHE COSA è LA CORRELAzIONE FEM-TEST?

Con il termine Correlazione FEM-Test viene comu-nemente indicata una serie di criteri standard e di metodi numerici consolidati che permettono di confrontare qualitativamente e quantitativamente i risultati prodotti dal calcolo ad Elementi Finiti con le misure sperimentali. Gli strumenti matematici offerti dalla Correlazione FEM-Test sono molteplici e permettono di esprimere in maniera oggettiva le analogie e le differenze ciò che è stato “simulato”, con ciò che è stato “misurato”.

validazione e verifica di modelliad elementi finiti attraversola correlazione fem-test

L’analisi ad Elementi Finiti è una tecnica potente e accessibile a supporto della moderna pratica ingegneristica. È noto come il calcolo FEM sia un modo sicuro per evitare costosi errori di progettazione in quanto permette di creare modelli matematici “virtuali” che possono essere testati economicamente su una vasta gamma di scenari possibili. È altrettanto noto che i risultati ottenuti con il calcolo FEM sono fortemente dipendenti dall’esperienza e dal giudizio dei tecnici coinvolti nell’analisi del problema e nella definizione del modello di simulazione. La crescente dipendenza dei progetti dai risultati delle simulazioni in tutti i settori dell’ingegneria richiede che nessuna analisi dovrebbe essere effettuata senza opportuna convalida e (se necessario) attraverso uno studio della convergenza dei modelli. Figura 1: Correlazione Spaziale e Modale del modello

FEM di una pompa.

CORRELAzIONE SPAzIALE

Permette di individuare e correggere eventuali differenze legate al posizionamento reciproco e all’orientamento dei sensori (es. accelerometri) ri-spetto alla posizione dei nodi FEM corrispondenti.

CORRELAzIONE STATICA

Consente di individuare differenze nella distri-buzione di rigidezza tra il modello virtuale e il prototipo fisico. Il confronto avviene per mezzo di indici quali il DAC (Displacement Assurance Criterion) e il DSF (Displacement Scale Factor).

CORRELAzIONE DINAMICA

Esprime l’affinità tra i due modelli nel dominio delle risposte in ambito della dinamica delle vibrazioni. Il confronto dei risultati dell’analisi modale avviene attraverso l’utilizzo di indici di correlazione quali il MAC (Modal Assurance Cri-terion), lo XOR (Cross Ortogonality Check), il Co-MAC (Coordinate MAC), mentre per le funzioni di risposta in frequenza vengono utilizzati indici

francEsco palloni

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quali il CSAC (Cross Signature Assurance Crite-rion) o il CSF (Cross Signature Scale Factor).

ESEMPI DI CORRELAzIONE FEM-TEST

In Figura 1 è riportata la sovrapposizione tra la mesh ad elementi finiti e la griglia di misura ac-celerometrica (Correlazione Spaziale) e la ma-trice del MAC (Correlazione Modale) rilevato sul modello del corpo di una pompa [Rif. 1].In Figura 2 sono illustrate la Correlazione Spazia-le e Dinamica tra il modello FEM e quello speri-mentale di un blocco motore [Rif. 2]. In Figura 3 è riportato un esempio di correlazione tra curve FRF. Benché il modello A presenti un andamen-to in frequenza molto simile a quello misurato, gli indici CSAC e CSF mostrano una scarsa cor-relazione nel range in frequenza evidenziato. Il modello B, ottenuto al modello A dopo la cali-brazione di alcuni parametri, evidenzia un’ottima correlazione su tutto il range in frequenza.

LA PIATTAFORMA FEMTOOLS

FEMtools è una famiglia di software CAE multi-funzionali, cross-platform e indipendenti dal solu-tore che abilitano capacità di analisi e di scripting per diversi tipi di applicazioni, sviluppata da Dyna-mic Design Solutions, largamente utilizzato per la validazione di modelli a elementi finiti, confronto tra diverse strategie di modellazione, identifica-zione di eventuali errori di modellazione. I risulta-ti dell’analisi di correlazione prodotti da FEMtools possono essere utilizzati come riferimento per la validazione e l’aggiornamento dei modelli. Un’altra applicazione è quella di fornire all’anali-sta strumenti per recuperare e utilizzare nel cal-colo dati che possono soltanto essere misurati. Un esempio è lo smorzamento modale, utilizzato nel calcolo della risposta dinamica (FRF, Armo-nica) attraverso la tecnica della sovrapposizione modale. Lo smorzamento modale ottenuto spe-rimentalmente può essere applicato alle forme modali analitiche e tarato utilizzando l’analisi di correlazione, in maniera da trovare la migliore correlazione con la risposta sperimentale.FEMtools offre una gamma completa di indi-ce di correlazione, sia di tipo Globale (come il MAC) che di tipo Locale (come il CoMAC). A differenza della correlazione globale, i metodi locali possono essere utilizzati per identificare aree di migliore e peggiore correlazione che, in unione alle informazioni strutturali, possono es-sere interpretate come “errori di modellazione”. I risultati dell’analisi di Correlazione FEM-Test possono pertanto aiutare l’analista a selezio-

nare i parametri del modello FEM che devono essere aggiornati.

CONCLuSIONI

Le fasi di Verifica e Validazione di un modello ad Elementi Finiti attraverso gli strumenti di Correlazione FEM-Test costituiscono un passo essenziale nei processi di progettazione basati sulla simulazione in quanto permettono di con-frontare in maniera oggettiva il prodotto della simulazione con la risposta del prodotto reale. La Correlazione FEM-Test del modello è un pro-cesso standardizzabile e ripetibile che dovrebbe far parte di ogni moderna procedura di Control-lo Qualità delle analisi tecniche (rif. ISO 9001).

RIFERIMENTI BIBLIOgRAFICIRif. 1 - Y. Deger, Coupled Use of FEA and EMA for the Investigation of Dynamic Behavior of an Injection Pump, Presented at the NAFEMS 2005 World Congress, May 17-20, 2005, Malta.Rif. 2 - P. Dorey, Application du Recalage Modal Automa-tise avec le Logiciel FEMtools entre Modeles FEA. Pre-sented at ASTELAB 2009 Conference, September 2009, Paris, France.

Figura 2: Correlazione Spaziale e Modale di un blocco motore.

Figura 3: Correlazione tra curve FRF.

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convegno

la simulazionenumericacome strumentodi prevenzionedel rischioidrogeologicoCon l’attuale tecnologia di calcolo e la sempre più elevata potenza dei computer, simulare eventi assimilabili a esondazioni, valanghe, rottura di argini ecc., risulta essere fattibile e conveniente. Gli strumenti di prevenzione del rischio idrogeologico esistono e possono fornire ottimi risultati. Bisogna cercare di anticipare e prevenire i fenomeni studiando le opportune soluzioni prima dell’evento. E questo è un obiettivo che si può raggiungere attraverso la simulazione numerica.

grado, 19 maggio 2016La simulazione numerica può realisticamente rappresentare un valido strumento di prevenzione del rischio idrogeologico? In che modo e con quali risorse? Può essere anche un’opportunità per il mondo del lavoro?

Se ne parlerà a Grado il 19 maggio 2016 in occasione del convegno organizzato dalla rivista «A&C - Analisi e calcolo».

Segreteria organizzativa:Consedit sasViale Europa Unita, 2934073 Grado GOTel. 0431 87 60 70 - Fax 0431 88 65 [email protected]

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La sede del convegno è Grado, l’Isola del sole, antica cittadina venetae moderno centro turistico-balneare

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convegno

la simulazionenumericacome strumentodi prevenzionedel rischioidrogeologico

L’utilizzo della CFD per l’analisi del dissesto idroge-ologico nel settore Idraulico-ambientale appartiene ancora all’ambito accademico. Eppure gli strumenti

CFD sono ormai diffusi nei più svariati settori industriali for-nendo ottimi risultati, specie in termini di risparmio di tem-po nella progettazione e conseguente riduzione del time to market. Questi vantaggi si possono ottenere anche nel set-tore della progettazione idraulica-ambientale tramite una corretta valutazione del rischio idrogeologico, la mappatura del territorio e la simulazione. Un gran lavoro, certo… ma l’output finale consentirebbe di disporre di una interpre-tazione chiara di tutto il territorio definendo le priorità di intervento, ad esempio, in termini di opere strutturali. Le metodologie di intervento possono essere molteplici, ma bisogna tener ben presente che riguardano la sicurezza delle persone, in primo luogo, i danni, incalcolabili, sul ter-ritorio e sulle strutture abitative. Utilizzare un sistema what if attraverso i risultati delle si-mulazioni potrebbe e dovrebbe essere un metodo da pren-dere seriamente in considerazione, visto che fino ad oggi le procedure utilizzate sono state di scarsa efficacia. Con

l’attuale tecnologia di calcolo e la sempre più elevata po-tenza dei computer, simulare eventi assimilabili a esonda-zioni, valanghe, rottura di argini ecc., risulta essere fattibile e conveniente. Gli strumenti di prevenzione del dissesto idrogeologico esistono e possono fornire ottimi risultati. È tempo che tutti gli addetti ai lavori comincino a utilizzarli riconsiderando il metodo e l’approccio alla risoluzione del problema. Non basta intervenire dopo l’evento. Bisogna cer-care di anticipare e prevenire i fenomeni studiando le oppor-tune soluzioni prima dell’evento. E questo è un obiettivo che si può raggiungere attraverso la simulazione numerica. Nel convegno verranno presi in esame gli strumenti di cui già si dispone con esempi applicativi e modalità d’intervento.

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Università degli Studi di Trieste Dipartimento di Matematica e Geoscienze Tel. +39 0405582055 Via E. Weiss, 2 Fax +39 0405582048 I-34128 Trieste [email protected] www.units.it C.F.:80013890324

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Con il patrocinio dell’Università degli Studi di Trieste, Dipartimento di Matematica e Geoscienze

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INTRODuzIONE

La definizione di “robot ridondante” è basata sull’idea che esso presenta un numero di gradi di libertà maggiore di quelli necessari per com-piere la funzione per la quale sono realizzati [1][2]. Ad esempio, nel caso di un robot utilizzato per il movimento nello spazio, esso è ridondante se il suo numero di gradi di libertà N è superiore a 6. I robot ridondanti sono stati realizzati con lo scopo di ottenere movimenti più dolci rispet-to ad altre soluzioni standard. Per tale motivo, spesso la loro struttura si ispira agli animali (bio-inspired) come serpenti, tentacoli di polipi o proboscidi di elefanti [3]. Questo tipo di robot

Figura 1. Foto del prototipo di robot continuo realizzato e provato in laboratorio: la movimentazione dei

singoli link è possibile attraverso l’uso di cavi messi in tensione da servomotori.

modellazione di un robotiper-ridondante tramite approccio multibodyBucca g., rEsta f., ripamonti f.Department of Mechanical Engineering, Politecnico di Milano

Questo articolo presenta un possibile approccio alla modellazione dei robot continui iper-ridondanti che negli ultimi anni hanno visto una notevole diffusione e sono stati impiegati in diversi campi, come ad esempio per eseguire attività potenzialmente rischiose per l’uomo. Questa tipologia di robot è tipicamente classificata come “bio-inspired” ed è caratterizzata da numerosi segmenti flessibili messi in movimento da attuatori multipli. In questo lavoro si presenta un modello sviluppato con approccio multibody capace di riprodurre la dinamica del robot composto da diversi corpi rigidi collegati tra loro attraverso giunti rotativi. Nel modello, inoltre, in corrispondenza dei collegamenti tra i corpi, sono state aggiunte delle molle torsionali al fine di simulare l’effetto di resistenza tra i singoli segmenti e le interazioni tra i cavi di movimentazione e il robot stesso durante il moto.

è molto utile per l’esplorazione di zone poco ac-cessibili dove, per permettere elevate rotazioni, è necessario avere un supporto molto flessibile per l’end-effector. I robot iper-ridondanti più co-muni sono di due tipologie:•robot con tendini messi in tensione da motori

elettrici [4];•robot con attuatori pneumatici (attuatori

McKibben) [5].Il robot preso in esame in questo lavoro appar-tiene alla prima tipologia. Esso presenta una struttura a forma di serpente (snake-shaped robot) ed è composto da segmenti (o link) me-tallici rigidi, che forniscono un’elevata robu-

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stezza strutturale al robot, collegati tra loro attraverso giunti rotativi che permet-tono la rotazione relativa tra i link lungo due direzio-ni. Il moto viene fornito ai link attraverso alcuni cavi messi in tensione da servo-motori (Figura 1). Come in-trodotto precedentemente, il numero di gradi di libertà del robot è superiore al numero di attuatori, ovve-ro il sistema risulta sotto-attuato. Per tale motivo è necessario sviluppare uno schema di controllo robu-sto e performante sia per la movimentazione [6] che per lo smorzamento delle vibrazioni indotte dal moto in grande e/o da disturbi esterni [7][8][9].

Figura 2. Schema del modello bidimensionale del robot iper-

ridondante preso in esame.

Figura 3. Modello multibody in MSC Adams: cavi messi in tensione per la movimentazione del robot.

Figura 4. Modello multibody in MSC Adams: collegamento con giunto rotativo tra due link del robot.

lavoro, si assume che le velocità siano piccole in modo da poter trascurare il termine legato alle azioni centrifughe n(q2).Per descrivere il moto si assumono come coor-dinate indipendenti le 9 rotazioni assolute dei link attorno all’asse x del sistema di riferimento globale (Figura 2), contenute nel vettore q come segue:q=[q1, q2, ... , q9]

T (2)La matrice di massa [M] può essere espressa come:[M] = S9

j =1mj DTmj Dmj (3)

dove mj è la massa del j-esimo elemento e Dmj (R

2x9) è lo Jacobiano corrispondente alla ve-locità lineare del baricentro del j-esimo elemen-to, scomposta lungo le direzioni y e z. Poiché tutti i giunti sono di tipo rotativo, ogni elemento dello Jacobiano può essere costruito come:

(02 - 01)y, ... , (Gmj - 0j)y,[0]1x(9-j)

Dmj = (02 - 01)y, ... , (Gmj - 0j)y,[0]1x(9-j)

dove Gmj rappresenta il baricentro del j-esimo elemento, 0j è il punto in cui è posizionato il giunto rotativo j-esimo e i pedici y e z identifi-cano rispettivamente le componenti del vettore lungo tali assi. La matrice di massa risultante è una matrice 9×9:

IL MODELLO ANALITICO DELLO “SNAkE-SHAPED” ROBOT

Nel presente paragrafo, prima di analizzare la soluzione multibody 3D, si presenta un modello bidimensionale del robot iper-ridondante, se-condo lo schema riportato in Figura 2. Esso è composto da 9 segmenti (o link), liberi di ruota-re rispetto all’asse perpendicolare al piano del foglio (asse x). Nella rappresentazione è indica-to anche un decimo link che però è fissato a terra e funge da supporto. Il modello proposto utilizza un approccio a parametri concentrati e, le equazioni che si ottengono per descrivere la dinamica del robot sono equazioni differenziali del secondo ordine non lineari. Queste possono essere espresse in forma matriciale come:

[M(q)]q + [C] q + [K] q + ng(q) + n(q2) = t(q,t) (1)

dove [M(q)]q rappresenta il contributo delle for-ze d’inerzia, [C]q rappresenta il termine di forza legato alle azioni dissipative, [K]q rappresenta il contributo delle forze conservative elastiche, ng(q) è il termine che tiene conto dell’effet-to gravitazionale, n(q2) è il termine legato alle azioni centrifughe ed, infine, il termine t(q,t) è il vettore delle forze generalizzate. Nel presente

Figura 3 Figura 4

(4).. . .

.

..

.

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(5)

dove m è la massa di ogni singolo link (m1=mj=m) e l è la distanza tra i giunti. È importante notare che la matrice di massa dipende dalla configu-razione del manipolatore. La matrice di rigidez-za è una matrice tri-diagonale:

2k -k 0 0 ... 0 -k 2k -k 0 ... 0[K] = 0 -k 2k -k ... 0 ... ... ... ... ... ... 0 ... ... ... ... k

Dove k è la rigidezza torsionale rispetto all’asse locale x del giunto. La matrice di smorzamento può essere formulata come una combinazione lineare della matrice di massa e della matrice di rigidezza (modello di smorzamento proporzio-nale o di Rayleigh), ovvero:[C] = a[M] + b[K] (7)In questo lavoro, si assume il coefficiente a pari a 0 e, di conseguenza, la matrice di smorzamen-to risulta essere:

2k -k 0 0 ... 0 -k 2k -k 0 ... 0[C] = b[K] = 0 -k 2k -k ... 0 ... ... ... ... ... ... 0 ... ... ... ... k

L’effetto gravitazionale può essere espresso come un vettore non lineare nella forma:

(1 + 8l) sin q1 2

(1 + 7l) sin q1 2ng(q) = m . g . ...

(1 + l) sin q8 2

(1) sin q9 2

Infine, per tener conto delle forze esterne appli-cate al robot, ovvero la tensione dei cavi appli-cata ai link, si è adottato un semplice modello geometrico. Assumendo che l’effetto dell’attrito sia trascurabile rispetto alla tensione applicata dai cavi, si considera quest’ultima come costan-te lungo tutta la lunghezza del robot. Così facen-do, il termine t(q,t) dipende dal link a cui i cavi sono collegati, dalla configurazione geometrica del robot e dalla tensione dei cavi (Figura 3).

LE SIMuLAzIONI NuMERICHE IN AMBIENTE MuLTIBODy 3D

Il modello descritto nel paragrafo precedente è stato esteso nello spazio considerando 2 ro-tazioni per ciascun giunto (Figura 4). Il modello a 18 gradi di libertà e 12 attuatori è stato im-plementato nel software commerciale MSC-Adams®. In particolare è stata simulata una specifica applicazione: l’inseguimento di un tar-get identificato attraverso l’uso di una web-cam attaccata all’end-effector del robot. Uno dei vantaggi del robot è poter cambiare i punti di ancoraggio dei cavi secondo la specifica appli-cazione, rendendolo molto versatile. In questo lavoro, si è deciso di attaccare i tre gruppi di cavi rispettivamente ai link 6, 7 e 10 al fine di controllare la curvatura dei link 6 e 7 mantenen-do il link 10 allineato con la verticale.Il robot viene quindi azionato mantenendo la web-cam sempre centrata sul target. Il robot si muove per portare esattamente l’end-effector sopra il target mantenendo l’ultimo link in una posizione verticale. Nella Figura 5 si mostra il robot nella posizione iniziale e in una posizione finale generica. La posizione del target è identi-ficata da un marker verde.Considerando il sistema di riferimento assoluto alla base del link 1, il target è stato posto nel punto P di coordinate (0 mm, -1000 mm,100 mm). Quindi la coordinata z dell’end-effector (link 10) deve raggiungere 100 mm mantenendo l’angolo assoluto del link al valore nullo (Figura 6). In particolare, in Figura 6a, l’end-effector se-gue la rampa imposta raggiungendo il target in circa 4 secondi senza elevate vibrazioni nella di-rezione z. L’angolo dell’end-effector (Figura 6b) presenta invece piccole oscillazioni rimanendo comunque nell’intervallo ±0.4 gradi, ritenuti ac-cettabili per la presente applicazione.La manovra è ottenuta mettendo in tensione solo 3 coppie di cavi. In Figura 7 si riporta il valore di tensione e lo spostamento (positivo verso l’alto) dei 3 cavi. Il cavo attaccato al link 10 genera una coppia equivalente che è opposta rispetto a quella generata dagli altri cavi per garantire la posizione verticale del link 10. I cavi collegati ai

(6)

(8)

(9)

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Figura 5. Modello multibody in MSC Adams: a) configurazione iniziale del robot; b) configurazione finale del

robot per l’applicazione presa in esame in questo lavoro.

Figura 6. Risultati della simulazione dinamica del robot in MSC Adams: a) spostamento z del link 10 (end-effector)

del robot; b) rotazione assoluta del link 10 de robot.

Figura 7. Risultati della simulazione dinamica del robot in MSC Adams: (a) storia temporale della tensione dei 3 cavi di movimentazione del robot e (b) storia temporale

del loro spostamento (positivo verso l’alto).

link 6 e 7 raggiungono tensioni maggiori di quel-li del cavo collegato al link 10 in quanto devono sostenere il peso dei link che seguono.

CONCLuSIONI

In questo lavoro è presentato il modello di un robot iper-ridondante “snake shaped”. Il vantag-gio di questo tipo di robot è quello di essere in grado di generare, con pochi attuatori, configu-razioni molto complesse grazie a un numero ele-vato di gradi di libertà. Inoltre l’implementazio-ne di una opportuna logica di controllo in anello chiuso basata sui dati provenienti da una web-cam permette di seguire facilmente un target e di definire, attraverso un apposito algoritmo, il riferimento dei motori utilizzati come attuatori.

BIBLIOgRAFIA

[1] D. R. Li Z., “Design and analysis of a bio-inspi-red wire-driven multi-section flexible robot,” International Journal of Advanced Robotic Sy-stems 10(209), 2013.

[2] Z. M. Penning R.S., “A combined modal-joint space control approach for minimally invasive surgical continuum manipulators,” Advanced Robotics, pp. 1091–1108, 2014.

[3] D. Trivedi, C. D. Rahn, W. M. Kier, and I. D. Wal-ker, “Soft robotics: Biological inspiration, state of the art, and future research,” Applied Bioni-cs and Biomechanics 5(3), pp. 99–117, 2008.

[4] R. Buckingham and A. Graham, “Reaching the unreachable - snake arm robots,” in Procee-dings of International Symposium of Robotics, pp. 1–6, 2003.

[5] M. W. Hannan and I. D. Walker, “Analysis and initial experiments for a novel elephant’s trunk robot,” in IEEE International Conference on In-telligent Robots and Systems, 1, pp. 330–337, 2000.

[6] G. Cazzulani, F. Resta, and F. Ripamonti, “Li-near and non-linear systems identification for adaptive control in mechanical applications vibration suppression,” Proceedings of SPIE - The International Society for Optical Enginee-ring 8341(83411V), 2012.

[7] F. Cola, F. Resta, and F. Ripamonti, “A negative derivative feedback design algorithm,” Smart Materials and Structures 23(8)(085008), 2014.

[8] P. Ambrosio, G. Cazzulani, F. Resta, and F. Ri-pamonti, “An optimal vibration control logic for minimizing fatigue damage in flexible structu-res,” Journal of Sound and Vibration 333(5), pp. 1269–1280, 2014.

[9] M. Serra, F. Resta, and F. Ripamonti, “Depen-dent modal space control,” Smart Materials and Structures 22(10)(105004), 2013.

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openfoam e hpc:binomio vincenteper campagne r&din ambito automotivefrancEsco pasqua, roBErto piEri, raffaElE ponzini

Francesco Pasqua, Roberto Pieri - SCS Italy

Raffaele Ponzini - CINECA (IT)

[email protected], [email protected]

INTRODuzIONE

Con l’avanzamento tecnologico odierno, nel set-tore automotive la CFD assume un ruolo sem-pre più importante: le aziende che già ne fanno uso da anni sono alla ricerca di metodologie sempre più all’avanguardia, che permettano di analizzare un elevato numero di configurazioni a costi ridotti rispetto alle prove sperimentali; le aziende che invece non ne hanno mai fatto uso la introducono all’interno del processo standard di sviluppo dei loro prodotti.

La galleria del vento virtuale non è un’alter-nativa alle prove sperimentali, ma permette di ridurre a poche configurazioni promettenti i test in galleria reale, tra i quali selezionare la configu-razione migliore. Questo permette ai progettisti di incrementare la loro produttività e di ridurre i costi di ricerca e sviluppo, consentendo di te-stare un gran numero di soluzioni e per ognuna valutarne l’impatto sulle prestazioni.

Per supportare questo tipo di attività il gruppo CFD di SCS ha sviluppato un workflow comple-to, totalmente automatizzato, adatto a rispon-dere a richieste anche in ambito motorsport. In particolare il flusso di lavoro permette di ef-fettuare l’analisi numerica ed estrarre i risultati quantitativi e qualitativi di interesse (coefficien-ti aerodinamici, campo di moto, isosuperfici) a partire da una geometria CAD.

VALIDAzIONE NuMERICA

Finora lo standard delle analisi del flusso attor-no al veicolo è stato condotto su corpi altamen-te semplificati (Ahmed body); la letteratura su questi modelli è ampia e permette di validare la metodologia grazie alla grande mole di dati

Viene qui presentato un workflow totalmente automatizzato sviluppato da SCS [1] per analisi automotive in galleria del vento virtuale. Il flusso di lavoro è stato testato sul modello DrivAer [2], sviluppato dal Dipartimento di Aerodinamica e Fluidodinamica della Facoltà di Ingegneria Meccanica della TUM (Technische Universität München) per proporre un’alternativa ai classici corpi semplificati (Ahmed body, SAE body) per gli studi di aerodinamica di autoveicoli.Lo scopo delle analisi effettuate è quello di fornire un servizio affidabile (validato con i dati sperimentali ufficiali pubblicati dalla TUM), robusto (testato con successo su diverse geometrie) e adatto alla piattaforma HPC, grazie all’ottima scalabilità di OpenFOAM [3].

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Figura 1. Configurazioni del fondo vettura.

numerici e sperimentali. Nonostante aiutino ad identificare le caratteristiche principali del flus-so, non riescono a catturare importanti anda-menti delle proprietà nel campo di moto, dovu-ti all’interferenza tra le varie parti del veicolo, che influenzano pesantemente la soluzione.Per valutare gli effetti di differenti configurazioni realistiche di una tipica geometria automotive il Dipartimento di Aerodinamica e Fluidodina-mica della TUM, in collaborazione con BMW e Audi, ha sviluppato un modello CAD modulare di un’autovettura basato su due veicoli del seg-mento di mercato D (Audi A4 e BMW serie 3): il modello DrivAer [4].Il flusso di lavoro è stato validato con i dati sperimentali dell’articolo in bibliografia [4]. In particolare sono state svolte analisi con fondo vettura liscio e dettagliato, come mostrato in figura 1, confrontando i valori numerici dei co-

Figura 2. Dipendenza del CD dal numero di Reynolds.

efficienti di resistenza aerodinamica con i valori sperimentali.Il setup numerico, calibrato su una condizione di moto, è stato testato a cinque velocità differenti confrontando i risultati con i dati sperimentali. Le prove in galleria sono state effettuate, per problemi di bloccaggio e di potenza, su un mo-dello in scala 1:2.5 in un range di velocità tra 10 e 50 m/s, mentre le simulazioni CFD sono state effettuate in scala reale utilizzando la relazione di similitudine aerodinamica del numero di Rey-nolds da 4 a 20 m/s.In figura 2 i risultati relativi al confronto nume-rico/sperimentale con configurazione a fondo liscio mostrano un buon accordo e un scarto massimo inferiore al 5.6%. Si può notare che il CD con l’aumentare del numero di Reynolds decresce fino ad assestarsi su un valore pres-soché costante; il trend è confermato anche da un’ulteriore simulazione a 50 m/s.

Inoltre, per valutare la robustezza del setup su configurazioni differenti, è stata simulata una condizione di moto a 16 m/s con fondo detta-gliato, ottenendo uno scarto inferiore all’1% ri-spetto alle prove sperimentali; ciò dimostra la buona affidabilità della metodologia sviluppata e l’accuratezza dei risultati ottenuti.

Infine è stata valutata l’efficienza computazio-nale tramite un’analisi di scalabilità. Da figura 7 si può notare come l’efficienza rimanga al di sopra del 70% fino a 33k cells/core.

Utilizzando questo valore ottimale l’intero wor-kflow viene completato in poco meno di un’ora.

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CONCLuSIONI

Grazie al continuo e rapido sviluppo delle infra-strutture di calcolo ad alte prestazioni è oggi possibile migliorare la progettazione in ambito automotive utilizzando analisi CFD. La metodo-

Figura 3. Workflow automatizzato

Figura 4. Sezioni del campo di moto

logia open-source presentata, applicata su piat-taforme di calcolo ad alte prestazioni, permette di ottenere risultati accurati abbattendo il time-to-result e i costi e aumentando lo spettro di configurazioni simulabili a parità di budget.

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Figura 5. CP e LIC sulla superficie del modello.

Figura 6. Isosuperficie con CP = 0.

Figura 7. Scalabilità.

[3] OpenFOAM - The Open Source Computatio-nal Fluid Dynamics (CFD) Toolbox, http://www.openfoam.org

[4] A. Heft, T. Indinger, N. Adams: Experimental and Numerical Investigation of the DrivAer Model, ASME 2012, July 8-12, 2012, Puerto Rico, USA, FEDSM2012-72272

WORkFLOW

Come mostrato in figura 3 il flusso di lavoro riceve in ingresso una geometria in formato STereoLithography (.stl) e le condizioni di moto in ingresso e avvia il workflow:

Pre-processing: •generazione del dominio di calcolo;

•condizioni al contorno;

•generazione griglia di calcolo con snappyHexMesh.

CFD solving:•quasi-steady RANS (simpleFoam);

•modello di turbolenza k-omega-SST.

Post-processing:

•coefficienti aerodinamici mediati sulle ultime iterazioni a convergenza rag-giunta;

•calcolo dei campi mediati sulle ultime iterazioni a convergenza raggiunta;

•visualizzazione del campo di moto in sezioni ortogonali del dominio (vedi figura 4);

•visualizzazione di grandezze superfi-ciali (vedi figura 5);

•visualizzazione di isosuperfici (vedi figura 6).

RINgRAzIAMENTIGli autori ringraziano l’AER-Team del Diparti-mento di Aerodinamica e Fluidodinamica del-la Facoltà di Ingegneria Meccanica della TUM (Technische Universität München), e l’Arch. Elena Staffoni per il supporto nella generazione delle immagini pubblicate in questo articolo at-traverso tecniche di foto inserimento realistico di dati provenienti da simulazioni fluidodinami-che computazionali.

RIFERIMENTI

[1] SCS Italy: http://www.scsitaly.com/

[2] Lehrstul für Aerodynamik und Strömunsme-chanik: DrivAer https://www.aer.mw.tum.de/en/research-groups/automotive/drivaer/

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con il crowdsourcing le imprese si apro-no alla partecipazione collettiva, richie-dendo lo sviluppo di un servizio o un

prodotto a una “folla” di potenziali fornitori che lavorano in competizione aperta o in coopera-zione tra di loro. La formulazione di ogni sfida è simile a quella di una gara, al termine della qua-le la proposta vincente viene adottata e pagata dall’azienda promotrice. Quest’ultima ottiene pertanto il risultato con tempi e costi ridotti ri-spetto a uno scenario tradizionale, il tutto senza contare i tanti e preziosi spunti sull’argomento che possono emergere nel corso della sfida.

In questo panorama si inserisce Mathesia, la prima piattaforma dedicata a matematica appli-cata, modellistica, simulazione, statistica e otti-mizzazione di prodotti o processi. Nata da meno di un anno, oggi Mathesia mette a disposizione delle aziende una piattaforma reputation based, con una community di oltre 2000 esperti alta-mente qualificati: professori universitari, ricer-catori, PhD, aziende di consulenza.

Uno dei problemi a cui Mathesia cerca di ri-spondere è la difficoltà di comunicazione tra industria e ricerca, che spesso parlano due lin-guaggi diversi e distanti. Mathesia, sviluppata

da Moxoff (spin-off del laboratorio MOX del Po-litecnico di Milano) e Yottacle (startup incubata all’interno di PoliHub) è il luogo dove idee inno-vative e problemi industriali sono trasformati in sfide di carattere matematico attraverso un wi-zard - sviluppato grazie all’esperienza plurienna-le di Moxoff nell’applicazione della matematica al mondo industriale - che permette di tradurre le esigenze industriali in problemi di modellisti-ca, ottimizzazione, simulazione, numerica, flui-dodinamica. Nei primi sei mesi di vita, Mathesia ha accolto 8 progetti con un budget medio di 23000 euro, che hanno coinvolto 206 persone nella rete internazionale di professionisti e so-cietà specializzate.

Gli ambiti applicativi spaziano dal settore della stampa 3d alla sicurezza alimentare e le aziende coinvolte sono sia piccole realtà, come Thusia, sia multinazionali come Whirpool, De Longhi o Nolan.

Una delle prime aziende a credere nella piat-taforma è stata Primetals (già Siemens VAI MT). “Anche per il comparto siderurgico Mathesia può diventare uno strumento fondamentale per lo sviluppo di soluzioni innovative” spiega Ema-nuele Osto, responsabile ricerca e sviluppo di

crowdsourcing È partecipazione collettivafrancEsca gatti

Tra i modelli di open innovation che si stanno diffondendo negli ultimi anni, un posto di riguardo è sicuramente detenuto dal crowdsourcing. Un termine che racchiude tre concetti fondamentali: crowd (folla), source (fonte) e outsourcing (esternalizzazione). In pratica, si tratta di uno strumento grazie al quale un committente come un’azienda o un ente si rivolge a una community con una richiesta aperta, un problema da risolvere, un’attività di ricerca. La potenzialità del crowdsourcing si fonda sulla possibilità di sfruttare il talento di una grande massa di utenti, spesso altrimenti irraggiungibili, e con competenze anche molto specialistiche, come possono essere la matematica applicata, la modellistica o la simulazione numerica.

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Primetals. “Ci siamo trovati di fronte alla neces-sità di realizzare modelli sofisticati di simulazio-ne per cui erano necessarie skill matematiche che non avevamo internamente e quale modo migliore che confrontarsi con specialisti di tut-to il mondo in un modo così agevole? Avevamo già sperimentato piattaforme di crowdsourcing per l’editing e formattazione di documenti (per esempio oDesk), abbiamo scelto Mathesia perché consente di accedere a un consisten-te bacino di risorse, nel loro complesso molto variegato sia in termini di skills che di capaci-tà di assorbire incarichi last minute senza una pianificazione dedicata”. Il progetto proposto da Primetals era un problema di ottimizzazione. “Un laminatoio riduce la sezione del materiale in passaggi successivi attraverso due rulli (cilin-dri di laminazione) sulla cui circonferenza sono ricavati dei canali (calibri). Ogni dimensione di prodotto finale che si vuole realizzare richiede l’utilizzo di un certo numero di passaggi e di cali-bri. Poiché per passare da un set-up di impianto all’altro occorre del tempo, è necessario poter ottimizzare numero e distribuzione dei calibri sui cilindri sia per limitare i tempi improduttivi di set-up impianto sia per ridurre il parco cilindri.

La sfida era raggiungere una buona produttività al minor costo di attrezzaggio e di immobilizza-zione in un parco cilindri”, spiega Osto.“Il progetto è andato bene: data la complessità dell’ottimizzazione e considerato il budget limi-tato che abbiamo deciso di investire, abbiamo ottenuto un software che è in grado di restituire una soluzione in tempi ragionevoli per problemi di complessità medio bassa. Non converge ve-locemente per un problema di complessità rea-le, ma direi che comunque il risultato ottenuto è soddisfacente e adatto a studi di fattibilità velo-ci o proiezioni di costo come analisi per i nostri clienti, sempre in ambiti molto semplificati.Consiglierei il ricorso a Mahesia per tutti quei problemi di ottimizzazione o con forte compo-nente matematico-computazionale che in ge-nere sono time consuming e non potrebbero essere gestiti internamente in maniera efficien-te. Ovviamente non sono tutte rose e fiori, Ma-thesia non è un oracolo: il processo di sviluppo va supportato, il lavoro valutato passo passo, occorre insomma un follow up robusto o ci si ritrova paracadutati molto lontani da dove si pensava di atterrare”.

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tsunami nel mediterraneo: un modello per simulare l’impatto sulle costeUn team di ricerca delle università di Bologna e di Salonicco ha simulato cosa succederebbe se un’onda di maremoto colpisse le coste della Sicilia orientale e le coste meridionali dell’Isola di Creta.

al largo delle coste della Sicilia orienta-le, d’improvviso un terremoto scuote il mare. Poco più tardi una grande onda si

alza dalla superficie e prende a viaggiare veloce verso riva. Cosa succederebbe se il Mediterra-neo fosse colpito da uno tsunami? È la domanda a cui ha provato a dare risposta un gruppo di ricercatori delle università di Bo-logna e di Salonicco mettendo a punto un mo-dello in grado di simulare l’impatto di onde di maremoto generate da terremoti nel Mediter-raneo orientale. Lo studio - da poco pubblica-to su Ocean Science, rivista open access della European Geosciences Union (EGU) - mostra la dinamica di onde di tsunami nel Mediterraneo, arrivando a simulare l’inondazione di alcune zone costiere in Italia meridionale e nell’Isola di Creta, in Grecia. Il team di ricerca è composto dalla prof. Renata Archetti del DICAM, dal dott. Achilleas Samaras del CIRI Edilizia e Costruzio-ni, unità fluidodinamica, e dal prof. Theophanis

Karambas del Dipartimento di Ingegneria Civi-le dell’Università di Salonicco. Anche se meno frequenti di quelli che nascono nel Pacifico e nell’Oceano Indiano, gli tsunami si verificano anche nel Mediterraneo: sono circa il 10% degli tsunami nel mondo, con in media uno tsunami di rilevanti dimensioni una volta al secolo. Even-ti relativamente rari, che rappresentano però un rischio per le zone costiere a causa dell’alta densità abitativa (circa 130 milioni di persone vivono lungo le coste del Mediterraneo). Inoltre, le onde di tsunami nel Mediterraneo devono coprire una distanza molto più breve rispetto a quelle oceaniche prima di raggiungere la costa e questo rende più difficile avvertire per tempo le popolazioni e organizzare evacuazioni. “Vo-levamo capire in che modo le aree costiere po-trebbero essere colpite in caso di tsunami in una regione che non è soltanto la più attiva nel Mediterraneo in termini di sismicità e movimen-ti tettonici, ma che ha anche subito in passato

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Mappe di elevazione e delle zone inondate dallo tsunami.(Credit: Samaras et al., Ocean Science, 2015; base images from Google Earth, 2015)

La spiaggia di Matala nel sud di Creta è una delle aree che potrebbero essere colpite da uno tsunami conseguente a un terremoto che si generi nel Mediterraneo orientale. (Credit: Olaf Tausch)

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numerosi eventi di questo tipo”, spiega Achille-as Samaras ricercatore presso il CIRI Edilizia e Costruzioni dell’Università di Bologna, tra gli au-tori dello studio. Il lavoro del team di ricerca ha portato così allo sviluppo di un modello digitale che, tenendo conto della profondità del fondo marino e delle caratteristiche topografiche del litorale, è in grado di ricostruire in che modo le onde di tsunami nel Mediterraneo potrebbero formarsi, muoversi e colpire la costa. “Grazie a questo modello - continua Samaras - abbiamo la possibilità di simulare onde di tsunami nate sia da sismi in mare che da terremoti sulla terra ferma. Il modello mostra poi in che modo que-ste grandi onde si propagano ed evolvono man mano che si avvicinano alla costa e cosa succe-de quando alla fine arrivano a riva”. La simula-zione del team di ricerca ha preso in conside-razione onde di tsunami generate da terremoti di magnitudo 7.0 al largo delle coste della Sici-lia orientale e delle coste meridionali dell’Isola di Creta. I risultati mostrano che, in entrambi i casi, gli tsunami arriverebbero ad inondare le aree costiere esaminate fino ad un’altitudine di circa 5 metri sul livello del mare. Gli effetti sa-rebbero più gravi a Creta, dove finirebbero som-mersi dall’acqua circa 3,5 chilometri quadrati di territorio. “Queste simulazioni - conclude la professoressa Renata Archetti del Dipartimen-to di Ingegneria Civile, Chimica, Ambientale e dei Materiali (DICAM) dell’Alma Mater - possono essere utilizzate per aiutare le autorità pubbli-che e i responsabili politici nella creazione di un

Simulazione dell’innalzamento del

livello del mare in SIcilia e Creta.

La simulazione ha preso in considerazione onde di tsunami generate da terremoti di magnitudo 7.0 al largo delle coste

della Sicilia orientale - sequenza in alto - e delle coste meridionali dell’Isola di Creta. In entrambi i casi gli tsunami arriverebbero a inondare le aree costiere considerate fino

ad un’altitudine di circa 5 metri sul livello del mare.

database completo dei possibili scenari di tsu-nami nel Mediterraneo, identificando le regioni costiere più a rischio e pianificando di conse-guenza le possibili azioni di difesa”.

Per saperne di più:ocean-sci.net/11/643/2015/os-11-643-2015.html or to the journal website: ocean-science.net

Samaras, A. G., Karambas, Th. V., and Archetti, R.: Simulation of tsunami generation, propagation and coastal inundation in the Eastern Mediterra-nean, Ocean Science, 11, 643-655, doi:10.5194/os-11-643-2015, 2015.

Tratto da «UniBo Magazine», 21/09/2015, per gentile concessione.

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Tecnichedi “mesh morphing”nel seTTore aeronauTico

quando la simulazione nconTra la realTà

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numero 58, ottobre 2013issn 1128-3874

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Human Brain Project:i modelli matematicidel cervello

la condivisionedella conoscenzanei Processi di sviluPPoe Progettazione

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numero 55, marzo 2013issn 1128-3874

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simulare per capire

la gestionedella geometriatridimensionale

il plm tra teoriae realtà

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numero 59, dicembre 2013issn 1128-3874

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MATERIALIdA COSTRUZIONE INNOvATIvI: vALUTAZIONE dELL’INTEGRITÀ

STRUTTURALE

SIMULAZIONE Ed ANALISIBEM/FMBEM & FEM/FEM AML

dI SISTEMI dI ALTOPARLANTI MOdULARI

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la città che scottaA cura di marco moraBito

I ricercatori dell’Istituto di Biometeorologia del CNR svolgono ormai da molti anni ricerche in questo ambito, studiando soprattutto le complesse dinamiche che determinano le variazioni termiche spaziali in ambiente urbano e valutando i potenziali effetti che tali anomalie microclimatiche possono avere sulla salute della popolazione e in particolare sui soggetti più vulnerabili.

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gli effetti del caldo sulla salute sono or-mai confermati da abbondante lettera-tura1-2. Numerosi studi epidemiologici,

infatti, hanno dimostrato in varie parti del mon-do, una robusta associazione tra effetti a breve termine delle elevate temperature e la salute della popolazione in generale ma soprattutto quella di specifiche categorie di soggetti consi-derati come “a maggior rischio”. In particolare, è stato osservato che il rischio di mortalità au-menta mediamente dall’1% al 3% per un aumen-

Fig. 1 Isola di calore notturna estiva di Bologna.

to di 1 °C della temperatura dell’aria oltre una specifica soglia. Quest’ultima, generalmente più elevata nelle località più vicine all’equatore e in generale nei paesi più caldi, suggerendo anche un adattamento della popolazione al caldo.

Gli effetti del caldo hanno mostrato gli impatti maggiori sui soggetti anziani3 e soprattutto sulle persone che vivono in ambiente urbano: un re-cente studio americano ha stimato un aumento del 3% dei ricoveri ospedalieri di soggetti anziani (di età superiore a 65 anni) nei successivi 8 gior-

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ni seguenti condizioni di caldo estremo. In ambiente urbano l’effetto termico è ampli-

ficato dal tipico fenomeno di origine antropica noto con il termine di “isola di calore urbana” (dall’inglese Urban Heat Island). Tale fenomeno, caratterizzato da aree urbane cittadine molto più calde rispetto a quelle periferiche o rurali circostanti, è determinato dal maggiore accu-mulo di calore durante il periodo diurno (favori-to soprattutto dalla eccessiva cementificazione ed elevata presenza di superfici asfaltate nelle città) e dal successivo rilascio del calore duran-te la notte per irraggiamento. È infatti, proprio durante le ore notturne che il fenomeno dell’iso-la di calore è particolarmente intenso4, con dif-ferenze tra le zone centrali e rurali che, nelle nostre città, possono anche essere superiori a 5 °C (Fig. 1). In città di grandi dimensioni tali differenze possono essere anche più marcate, superando i 10 °C.

I ricercatori dell’Istituto di Biometeorologia del CNR svolgono ormai da molti anni ricer-che in questo ambito, studiando soprattutto le complesse dinamiche che determinano le va-riazioni termiche spaziali in ambiente urbano e valutando i potenziali effetti che tali anomalie microclimatiche possono avere sulla salute del-la popolazione e in particolare sui soggetti più vulnerabili.

I motivi per i quali c’è grande interesse verso questo tipo di ricerche sono molteplici.

In conseguenza al fenomeno del riscaldamen-to globale (global warming), forti impatti del caldo sono previsti proprio nelle aree urbane5. Questo è dovuto al fatto che il fenomeno dell’isola di ca-lore urbana intensifica ulteriormente un’ondata di calore6, con conseguenze dirette per la po-polazione residente in città. Basti pensare che superfici di colore scuro (come l’asfalto delle strade) possono raggiungere temperature di ol-tre 10 °C rispetto alle zone circostanti7.

Attualmente, circa il 70% della popolazione italiana risiede in aree urbane e secondo le sti-me più recenti8 tale valore è previsto in aumen-to, raggiungendo l’80% entro il 2050. È quindi plausibile ipotizzare che in Italia sempre un maggior numero di persone potrà essere espo-sto agli effetti delle elevate temperature.

Secondo stime recenti, inoltre, entro il 2050, circa un terzo della popolazione italiana sarà rap-presentata da soggetti anziani (di età superiore a 65 anni), quindi potenzialmente più vulnerabili agli effetti del caldo, contro il 21% riportato nel censimento nazionale del 2014 (http://demo.

istat.it/pop2014/index.html). È inoltre impor-tante sapere che l’Italia è uno dei paesi che ha la più alta età mediana a livello mondiale, con la più alta proporzione di soggetti anziani (e quindi più vulnerabili al caldo) in Europa9.

Nonostante questa premessa, al momento in Italia c’è una mancanza di informazioni relative alla distribuzione spaziale del rischio da caldo nelle aree urbane.

È per questo motivo che alcuni ricercatori dell’IBIMET hanno sviluppato, per le più popolo-se città Italiane, delle mappe ad alta risoluzione relative alla distribuzione spaziale del rischio diurno e notturno da caldo urbano per la popo-lazione anziana (soggetti di età superiore a 65 anni). I risultati di questo studio sono stati re-centemente pubblicati sulla rivista PLOS ONE10.

Le città incluse nello studio hanno tutte più di 200 mila abitanti: cinque città del nord (Mila-no, Padova, Torino, Bologna e Genova), due del centro (Firenze e Roma) e quattro del sud (Bari, Napoli, Palermo e Catania).

In questo studio i ricercatori hanno utilizzato due fonti di dati:• una serie di 13 anni (2001-2013) di dati

satellitari della NASA (MODIS data) di tem-peratura superficiale del suolo (LST, Land Surface Temperature) con una risoluzione a 1 km, successivamente riportati a una ri-soluzione di 100 m grazie a una complessa procedura di downscaling;

• dati di densità della popolazione totale e de-gli anziani relativa al 2001 (fonte Eurostat) estratti dal database del Joint Research Centre11 con una risoluzione a 100 m.

Questi dati sono stati processati mediante una riconosciuta metodologia di valutazione del ri-schio per la popolazione legata a pericoli am-bientali impiegata precedentemente nell’ambito di un progetto internazionale indirizzato a valu-tare le strategie di adattamento al cambiamento climatico in ambiente urbano (ASCCUE, Adapta-tion Strategies for Climate Change in the Urban Environment)12. Questo rischio è definito dalla interazione di tre componenti fondamentali:• il pericolo ambientale (natural hazard), rap-

presentato nello studio dall’aumento della temperatura superficiale del suolo;

• la popolazione esposta (exposure), rappre-sentata dalla popolazione totale;

• la popolazione vulnerabile (vulnerability), rappresentata dalla popolazione di età su-periore a 65 anni.

È stato quindi calcolato l’indice di rischio

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da caldo diurno e notturno per la popolazione anziana, chiamato nello studio “Heat-related Elderly Risk Index (HERI)”, spazializzato su tut-to il contesto urbano durante il periodo estivo. L’indice praticamente permette di individuare 5 livelli di rischio da caldo per soggetti anziani (rischio molto basso, basso, moderato, alto e molto alto).

Le mappe sviluppate in questo studio (Fig. 2 e 3) hanno mostrato una marcata eterogeneità a livello spaziale del rischio da caldo diurno e not-turno sia nelle città dell’entroterra sia costiere, con i livelli di rischio più elevati generalmente (ma non sempre) concentrati nelle zone centrali delle città. È stato inoltre osservato che il livel-lo di rischio da caldo più elevato non sempre è associato alle più alte temperature superficiali del suolo (soprattutto durante il periodo diur-no), ma è anche funzione di come è distribuita la popolazione e soprattutto i più vulnerabili. La densità di popolazione totale e degli anzia-

Figura 2: Mappa ad alta risoluzione di rischio da caldo per i soggetti anziani nelle città dell’entroterra.Fonte: PLoS ONE 10(5): e0127277. doi:10.1371/journal.pone.0127277

Figura 3: Mappa ad alta risoluzione di rischio da caldo per i soggetti anziani nelle città costiere.Fonte: PLoS ONE 10(5): e0127277. doi:10.1371/journal.pone.0127277

ni, invece, ha sempre mostrato valori progres-sivamente più elevati partendo dalla classe di rischio da caldo più bassa (rischio molto basso) e raggiungendo i valori più alti nella classe di ri-schio più elevata (rischio da caldo molto alto). In particolare sono stati osservati valori di densità di popolazione particolarmente alti nella classe di rischio da caldo “molto alto” a Genova (circa 27000 e 5500 abitanti totali e anziani per km2 rispettivamente) e Napoli (circa 19400 e 2300 abitanti totali e anziani per km2 rispettivamente) tra le città costiere, e a Milano (19300 e 3300 abitanti totali e anziani per km2 rispettivamente) e Torino (18600 e 3300 abitanti totali e anziani per km2 rispettivamente) tra quelle dell’entro-terra.

Durante il periodo diurno, la maggior parte delle città studiate (3 città dell’entroterra e 3 costiere) hanno mostrato le temperature del suolo medie estive più elevate nel livello di ri-schio da caldo “moderato” (da circa 23 °C di

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Torino a oltre 32 °C di Catania). Le altre città invece hanno mostrato le temperature del suolo più elevate nelle classi di rischio “alto” (Genova con 20 °C) e “molto alto” (Milano con circa 25 °C, Napoli e Firenze con quasi 29 °C, Roma con oltre 31 °C).

Di giorno, il livello di rischio “moderato” è ri-sultato essere quello più rappresentato (in ter-mini di copertura superficiale) in molte delle città studiate, con una copertura superiore al 50% della superficie totale urbana nelle città di Roma e Torino e in quasi tutte le città costiere (in arancione nelle Fig. 2 e 3). Nelle altre città dell’entroterra e la città di Genova il livello di ri-schio con la maggiore copertura superficiale è stato quello “basso” (in giallo nelle Fig. 2 e 3).

Durante il periodo notturno, invece, quasi tut-te le città hanno mostrato le temperature del suolo più elevate coincidenti con il livello di ri-schio da caldo più elevato (rischio molto alto). In particolare, la temperatura notturna del suo-lo media estiva più elevata è stata osservata a Bologna (con quasi 19 °C), seguita da Firenze, Roma e Palermo (poco oltre 17 °C).

Di notte, il livello di rischio “basso” è risultato essere quello con la maggiore copertura super-ficiale tra tutti i livelli di rischio nella maggior parte delle città (con valori tra poco oltre il 45% a Milano e circa l’80% a Bari) (in giallo nelle Fig. 2 e 3). La città di Bologna ha mostrato il più alto valore assoluto di copertura superficiale coin-cidente con il livello di rischio “molto basso” (circa l’83% della copertura superficiale totale) (in verde nella Fig. 3). Alcune città, comunque, tra cui Roma, Napoli e Catania, hanno mostrato, così come osservato durante il periodo diurno,

Figura 4: Mappa ad alta risoluzione (100 m) del rischio da caldo per i soggetti anziani (HERI, Heat-related Elderly Risk Index) nella città di Roma con un dettaglio a livello di strada. (OpenstreetMap Contributors ODbL, tiles MapQuest Mapnik).

Fonte: PLoS ONE 10(5): e0127277. doi:10.1371/journal.pone.0127277

la maggiore copertura superficiale coincidente con il livello di rischio “moderato” (in arancione nelle Fig. 2 e 3).

Le superfici delle aree urbane interessate dai più alti livelli di rischio da caldo (rischio alto e molto alto) sono risultate essere più elevate sulle città costiere (in media 11.3% della super-ficie a rischio alto e 6.0% a rischio molto alto) rispetto alle città dell’entroterra (in media 8.1% della superficie a rischio alto e 3.3% a rischio molto alto). In particolare, il massimo livello di rischio da caldo (rischio molto alto) ha raggiun-to il massimo di copertura superficiale diurna e notturna nella città di Napoli (circa il 15-16% della superficie totale), seguita da Padova (con circa 8-9%) e Palermo (circa 8%) (in viola nelle Fig. 2 e 3). Le città di Bologna e Genova hanno invece mostrato le più basse coperture super-ficiali del massimo livello di rischio, con valori sempre inferiori all’1% sia di giorno che di notte (in viola nelle Fig. 2 e 3).

Tali informazioni sono di grande utilità in quanto forniscono informazioni attualmente ine-sistenti a livello nazionale, ossia una descrizione molto dettagliata e città-specifica del rischio da caldo per gli anziani, con un dettaglio sino a li-vello di strada (Fig. 4).

In sostanza, si tratta di uno strumento molto utile per la pianificazione degli interventi duran-te fenomeni particolarmente disastrosi come le ondate di calore che, oltre a causare grandi di-sagi tra la popolazione (in termini di percezione dell’ambiente termico), determinano ogni anno grandi perdite in termini di vite umane. L’esatta conoscenza delle zone urbane a maggior rischio degli effetti del caldo per la popolazione può fa-

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cilitare e ottimizzare interventi da parte delle autorità locali che si occupano delle strategie di intervento per contrastare gli effetti del cal-do a scala urbana. Ad esempio possono essere d’aiuto per programmare interventi a breve ter-mine, come ad esempio un efficace rifornimen-to di acqua, oppure il posizionamento di servizi sanitari temporanei, o ancora l’organizzazione di specifici trasporti dei soggetti più vulnera-bili presso centri climatizzati. Le informazioni spaziali ottenute da queste mappe potrebbero essere implementate nei servizi di allerta del-le ondate di caldo attivi ormai da una decina di anni in numerose città italiane (HHWS, Heat Health Warning Systems). Ma sarebbero d’aiuto anche per azioni a medio/lungo termine, mi-gliorando la pianificazione di interventi di miti-gazione dell’ambiente urbano, identificando le aree pubbliche e private adatte a una corretta e strategica reintroduzione della vegetazione, o ancora rivestendo i tetti con vegetazione (tetti verdi) o utilizzando materiali riflettenti, modifi-cando, quindi, le superfici degli edifici.

Vista l’importanza delle caratteristiche del suolo in ambiente urbano, alcuni ricercatori dell’IBIMET stanno anche effettuando altre in-

Figura 5. Relazione fra superfici di suolo consumato e LST diurna nel comune di Milano

Suolo consumato (espresso in terminidi n. di campi di calcio: 1 campo calcio = 7140 m2) necessario per avere un aumento di 1 °C della temperatura superfi-

ciale del suolo diurna

ANNO INV PRI EST AUT

Bologna 39 151 21 27 88

Firenze 46 185 27 34 76

Milano 45 76 32 28 98

Palermo 35 41 27 38 36

Roma 48 174 21 43 136

Media 43 125 26 34 87

dagini valutando a livello stagionale le relazioni tra il consumo di suolo (soil sealing) e il livel-lo termico nelle città, inteso come variazione di temperatura superficiale del suolo (LST). In particolare sono stati utilizzati i recenti dati ad alta risoluzione forniti dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), pubblicati nell’ambito del rapporto “Il consumo di suolo in Italia - Edizione 2015”13.

Nelle città studiate in queste indagini prelimi-nari è risultato che al crescere del consumo di suolo la temperatura di superfice diurna e not-turna aumenta linearmente in modo significati-vo (Fig. 5). Ad esempio, per la città di Milano,

per ogni 20 ettari di suolo consumato è stato osservato un aumento diurno della temperatu-ra superficiale del suolo media annua di circa 0.6 °C. Questo, quindi, rappresenta un ulteriore contributo dell’ambiente urbano nell’aggravare il fenomeno del “Global warming”.

Si tratta di risultati attesi ma oggi quantifica-bili grazie ai dati messi a disposizione da ISPRA, a cui va reso il merito di un grande servizio na-zionale adottando lo schema OpenData.

In conclusione, seguendo la linea dell’ottimo articolo di Jacopo Ottaviani14 che introduce nell’immaginario descrittivo del consumo suolo un’unità di misura di superficie non-standard ma molto comunicativa, ossia il “campo di cal-cio equivalente”, è stato calcolato quanti campi di calcio fossero da “consumare” per far au-mentare di 1 °C la temperatura nelle varie città su base stagionale (Tab. 1).

A livello annuale e nelle città studiate, sono richiesti in media poco più di 40 campi di cal-cio di suolo consumato per avere un aumento di 1 °C della temperatura superficiale del suolo. Ovviamente però ci sono differenze a livello sta-gionale e tra le varie città. In particolare, nelle stagioni più calde (primavera e estate) sono ne-

Tab. 1: Suolo consumato (espresso in termini di n. di campi di calcio: 7140 m2) necessario per avere un aumento di 1 °C della temperatura superficiale urbana diurna.

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a&c - analisi e calcolo|settembre/ottobre 2015

u b i o m e t e o r o l o g i a u

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cessari un minor numero di campi di calcio (mi-nore consumo di suolo) per avere un aumento di 1 °C della temperatura superficiale del suolo. Ogni città comunque reagisce in maniera diver-sa denunciando un carattere di “località” in fun-zione delle proprie caratteristiche specifiche.

Queste informazioni quantitative permette-ranno di programmare interventi di mitigazione città-specifici, basati quindi sulle caratteristiche delle singole città, mitigando l’aumento termi-co previsto da molte proiezioni climatologiche nell’immediato futuro e contribuendo a miglio-rare la qualità della vita dei sempre più affollati ambienti urbani.

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14. Ottaviani J. Ogni anno in Italia scompa-re sotto il cemento una superficie grande come Milano. Rivista Internazionale 28 maggio 2015, http://www.internazionale.it/notizie/2015/05/28/italia-consumo-suolo-dati

marco morabito

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Piazzale delle Cascine, 1850144 Firenze - Italia

Fonte: PLOS ONE

http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0127277#sec013

Approfondimento del comunicato stampa del CNR

http://www.stampa.cnr.it/docUfficioStampa/comunicati/italiano/2015/Settembre/69_sett_2015.htm

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