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UNIVERSITÀ DI TORINO
Facoltà di Scienze Politiche
Corso di Laurea in Scienze Politiche
ORGANIZZAZIONE DI PICCOLI
E GRANDI EVENTI
Un resoconto socio-economico
tra decisioni critiche e di routine.
Relatore :
CHIAR.MO PROF.GIUSEPPE BONAZZI
TESI DI
LAUREA DI :
REGA
ILARIA
2
Anno Accademico 2005 - 2006
3
1. NASCITA DI UN’AZIENDA DI SERVIZI
3
1.1. COME SCONVOLGERE UN TRANQUILLO MENAGE FAMILIARE
3
1.2. STORIA EVOLUTIVA DI UN’ORGANIZZAZIONE
3
1.3. WILLIAMSON: UN’ ANALISI DELLE CHANCE AZIENDALI
3
1.4. CULTURA E SVILUPPO AZIENDALE
3
2. LA CULTURA SECONDO SCHEIN
3
2.1. GLI ARTEFATTI
3
2.2. VALORI ESPLICITI
3
2.3. GLI ASSUNTI DI BASE
3
3. TRASMISSIONE DELLA CULTURA
3
4
3.1. PARAMETRI DI SELEZIONE DEI NUOVI MEMBRI
4
3.2. TEMPI E METODI DI FORMAZIONE
4
3.3. IL PROCESSO DI APPRENDIMENTO ORGANIZZATIVO
4
3.4. I PROCESSI DI SOCIALIZZAZIONE DEI NUOVI MEMBRI
4
3.5. UN’AZIENDA CHE LASCIA SPAZIO ALLE EMOZIONI
4
4. TIPOLOGIA DEGLI EVENTI
4
4.1. EVENTI PUBBLICI
4
4.2. EVENTI PRIVATI
4
4.3. RAPPORTI CON I CLIENTI
4
4.4. INDICATORI DELLE ATTESE E DEL GUSTO DEL CLIENTE.
4
5. GAFFE ED INCIDENTI
4
5
5.1. INCIDENTI
5
5.2. GAFFE
5
5.3. STRATEGIE PER IL SUPERAMENTO DEGLI EVENTI CRITICI.
5
6. METODO DELLA RICERCA
5
7. CONCLUSIONI
5
8. BIBLIOGRAFIA
5
Vivere insieme nel mondo significa essenzialmente
che esiste un mondo di cose tra coloro che lo hanno in comune,
6
come un tavolo è posto tra quelli che vi siedono intorno,
il mondo come ogni in-tra (in - between)mette in relazione
e separa gli uomini nello stesso tempo.
La sfera pubblica in quanto mondo comune,
ci riunisce insieme e tuttavia ci impedisce,
per così dire di caderci addosso a vicenda.
H. Ardent
ARENDT, H.: The Human Condition. Chicago,
INTRODUZIONE
L‟idea di scrivere una tesi sull‟organizzazione di piccoli e grandi
eventi nasce dalla mia esperienza maturata all‟interno dell‟azienda
familiare di servizi a Roma, per cui ho lavorato per nove anni
ricoprendo incarichi organizzativi e decisionali, anche se gli ultimi
quattro, per motivi di forza maggiore, fornendo unicamente
consulenza a distanza. Questa tesi non pretende essere un vademecum
7
dell‟organizzazione d‟eventi, ma un resoconto etnografico che ha
cercato di cogliere tutte quelle sfumature, gaffe ed incidenti di
percorso che possono avvenire durante la “rappresentazione” evento,
compiuti sia dagli addetti ai lavori sia dal cliente e che rompono
quella sorta di armonia sociale creando a volte irrimediabili stonature.
Tra gli intenti di questo mio lavoro, quindi, vi è stato anche quello di
indagare le strategie messe a punto dagli attori per ricomporre la
situazione e ristabilire la pace sociale. Spunto e fondamentale base
teorica per questo resoconto è il sociologo Erving Goffman il quale
per primo ha “scoperto” fenomeni sociologici precedentemente
ignorati ed etichettati come banali, mettendo in evidenza come essi
fossero indispensabile base di ogni interazione umana, sottoposti a
leggi morali molto precise e stringenti, e come chiunque devii da tale
comportamento venga messo ai margini della società se non
addirittura internato in apposite strutture di contenimento. Sua quindi
è la metafora, da me utilizzata, ribalta e retroscena usata per
delimitare i luoghi dove si svolge la rappresentazione e quelli dove,
invece, la si prepara.
Quanto l‟accentramento ed il decentramento decisionale
influiscono sull‟efficienza di un‟organizzazione?
Lo scopo di questa tesi è di tracciare un resoconto etnografico sulla
mia esperienza professionale, maturata nell‟ambito di un‟azienda
d‟organizzazione di piccoli e grandi eventi.
Partendo dall‟analisi microsociologica e situazionale nell‟ambito
degli studi di Goffman delle grandi organizzazioni, cerco di
evidenziare la presenza di un nesso di causalità tra accentramento
8
decisionale organizzativo per risolvere le gaffe o gli incidenti ed
inefficienza organizzativa. Tale nesso di causalità si traduce spesso in
una mancanza di tempestività di risposta del sistema pur, come
vedremo, con la presenza di variabili intervenienti che stabiliscono
relazioni spurie, tra cui la più importante è quella tra la formazione di
una cultura aziendale forte e l‟efficienza organizzativa. Andrò quindi
ad esaminare tutti gli escamotage che questa azienda familiare mette
in atto per porre dei correttivi all‟accentramento decisionale.
Ai fini della tesi è importante rilevare come a partire dalla fine
degli Anni Settanta emerge sempre più chiaramente la consapevolezza
dell‟inadeguatezza dei modelli della razionalità economica, e
cominciano a svilupparsi alcune teorie di tipo descrittivo che tentano
di avvicinare la teoria al comportamento reale delle persone.
Tra questi Herbert Simon, premio Nobel nel 1978, è stato uno dei
sostenitori della necessità di riformare il concetto stesso della
razionalità economica, mostrando che, nei fatti, gli operatori non
seguono il modello della massimizzazione dell‟utilità attesa, e che
nelle scelte quotidiane esistono diverse ragioni di quelle tipiche
dell‟homo economicus come teorizzato dal modello neoclassico.
Mediante le sue osservazioni Simon sviluppa la Teoria della
“razionalità limitata” (bounded rationality) che rimette in discussione
la dottrina economica tradizionale secondo la quale i soggetti
economici prendono decisioni in modo ottimale.
Per Simon l‟oggetto di analisi deve spostarsi dalle funzioni
impersonali dei sistemi alle decisioni prese dagli uomini all‟interno
delle organizzazioni.
9
Gli uomini agiscono in catene tendenzialmente ininterrotte di mezzi
e di fini, dove ogni azione serve a prepararne un‟altra e queste catene
consentono di affermare che, in linea di principio, i comportamenti
umani, e nello specifico i comportamenti economici-amministrativi,
sono orientati da criteri di razionalità limitata.
La razionalità limitata, dunque, è comunemente considerata
un‟alternativa al razionalismo eccessivo della massimizzazione
dell‟utilità, che non tiene conto dell‟incertezza umana riguardo al
futuro e dell‟interazione degli attori in competizione fra loro.
In materia di processo decisionale, infatti, Simon fa notare che non
è semplice prendere decisioni razionali a causa di alcuni fattori o
limiti:
la complessità dei problemi;
la disponibilità di informazioni incomplete;
la limitata capacità degli individui di elaborare informazioni;
il tempo limitato a disposizione dei decisori;
le preferenze contrastanti dei decisori riguardo agli obiettivi.
Secondo Simon, dunque, benché i decisori cerchino di prendere le
decisioni nel modo più razionale possibile, essi non riescono ad essere
completamente razionali a causa delle limitazioni appena elencate.
L‟uomo amministrativo è:
un essere ragionevole;
tende all‟adattamento;
decide e controlla il proprio grado di partecipazione
all‟organizzazione;
elabora programmi d‟azione per il proprio comportamento;
10
si comporta in maniera razionale solo in relazione al modello
semplificato della realtà che si costruisce date le sue limitate
capacità cognitive.
In altre parole, gli individui, secondo tale filosofia, avrebbero delle
risorse cognitive limitate che in molte occasioni li costringono a
semplificare lo spazio del problema che sarebbe altrimenti ingestibile
perché eccessivamente complesso.
All‟interno di questa prospettiva di tipo cognitivista, la cognizione
viene definita come un‟attività soggettiva che è:
mentale;
individuale;
indipendente dal conteso e dalle azioni altrui;
proattiva;
reattiva;
in grado di inventare l‟organizzazione attraverso la costruzione di
significati e la negoziazione continua e sempre parziale di
obiettivi, aspettative e memoria;
in grado di gestire l‟informazione;
in grado di ridurre l‟ambiguità;
retrospettiva rispetto all‟azione organizzativa ed al suo essere
narrata;
in grado di generare ricette comportamentali, schemi e routine
che divengono stabilizzanti;
consente all‟organizzazione di apprendere;
rappresentata sotto forma di mappa cognitiva condivisa.
Alla luce di queste teorie decisionali ho svolto una ricerca
11
etnografica che passando attraverso una breve storia aziendale,
cercherà di osservare più approfonditamente le variabili che
concorrono alla riuscita dell‟evento. In particolare andrò ad analizzare
i processi decisionali che costituiscono le linee guida nella
prevenzione di incidenti, nonché i modelli comportamentali, imposti
dal gruppo nel caso di gaffe, poiché nonostante la massima
accuratezza nella stesura del planning, l‟accadimento di eventi
imprevisti è sempre in agguato. In conseguenza di tale inevitabilità
andrò a descrivere i processi decisionali critici, che consentono il
mantenimento dell‟equilibrio all‟interno dell‟equipe e alla
routinizzazione dell‟incidente e della gaffe. Dalla ricerca è emerso
come nonostante tutti i buoni propositi dell‟impreditrice-padrona di
fare il bene della propria azienda, non sempre il risultato dei suoi
processi decisionali ha condotto all‟ottimizzazione dell‟efficienza
aziendale. Inoltre dimostrerò la diversa incidenza di gaffe ed incidenti,
a seconda che si abbia a che fare con eventi pubblici o privati. Quindi
analizzerò il comportamento dell‟organizzazione nell‟elaborazione di
questa scomoda realtà, che non necessariamente è indice di
inefficienza organizzativa, ma al contrario se superata con eleganza e
garbo è indice di una cultura d‟equipe molto forte maturata nel corso
delle diverse esperienze.
Inoltre ivi vorrei precisare il significato che attribuirò ai concetti
decisioni critiche e di routine.
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Le decisioni di routine riguardano problemi ripetitivi e ben definiti,
per i quali esistono metodologie di risoluzione e procedure
Consolidate. I criteri di scelta sono chiari e univoci e generalmente
le informazioni necessarie sono disponibili. La fase di problem setting
è minimale. L'organizzazione si predispone in anticipo ad affrontare il
problema e addirittura pianifica, anzitempo, i tempi e i modi della
decisione. In questo senso ci si riferisce a decisioni programmate di
routine. Si pensi ad esempio alla programmazione della produzione su
una linea di assemblaggio, alla manutenzione preventiva di un
macchinario, alla valutazione di uno studente da parte di un docente
tramite un esame orale.
Le decisioni programmate non sono necessariamente semplici. Ad
esempio programmare la produzione di prodotti complessi formati da
centinaia di componenti, allocando le lavorazioni ai reparti,
ottimizzando la capacità produttiva e minimizzando i tempi di
attraversamento, può richiedere calcoli molto complessi basati su
algoritmi sofisticati, infattibili senza l'ausilio di sistemi informativi.
Analogamente, per un‟azienda che organizza eventi programmare
l'utilizzo del personale necessario, decidere gli standard qualitativi da
applicare, scegliere il tipo di personale in base al tono e al tipo
dell‟evento, tenendo conto dei tempi di impiego dello stesso, implica
una serie di decisioni programmabili ma assai complesse.
13
Le decisioni critiche, al contrario, vengono affrontate senza una
preparazione specifica Spesso sono del tutto nuove, i decisori non
hanno a disposizione metodologie e procedure prestabilite e nemmeno
esiste un‟esperienza pregressa anche solo tacita. Generalmente le
informazioni necessarie per la decisione non sono tutte disponibili o
comunque sono difficilmente reperibili. E il caso del lancio di un
nuovo prodotto sul mercato, della fusione con un‟altra impresa, o di
un progetto di ricerca in cui occorre definire la metodologia più
appropriata per raggiungere un determinato risultato.
La difficoltà delle decisioni non programmate dipende più dalla
novità e dalla mancanza di esperienza e conoscenza specifica che non
dalla complessità, intesa come numero di variabili e informazioni da
considerare.
Naturalmente, le decisioni completamente programmate e quelle
non programmate sono i due estremi di un continuum.
14
1. NASCITA DI UN’AZIENDA DI
SERVIZI
Non s‟è notato come le esperienze si sian rese indipendenti
dall‟uomo? Sono andate sul teatro, nei libri, nelle relazioni di scavi e
di viaggi, nelle comunità di fede e di religione, che coltivano certe
varietà d‟esperienze a spese delle altre come in un esperimento
sociale; e se per caso le esperienze non si trovano nel lavoro, son
semplicemente sospese nell‟aria; chi può dire ormai, oggigiorno, che
il suo sdegno è per davvero il suo sdegno, se tanta gente gli toglie la
parola di bocca e la sa più lunga di lui?
E‟ sorto un mondo di qualità senza uomo, di esperienze senza colui
che le vive, e si può quasi immaginare che nel caso limite l‟uomo non
potrà più vivere nessuna esperienza privata e il peso amico della
responsabilità personale finirà per dissolversi in un sistema di
formule di possibili significati. Probabilmente la decomposizione del
rapporto antropocentrico che per tanto tempo ha posto l‟uomo come
centro dell‟universo, ma è in ribasso da secoli, è giunta finalmente
all‟Io…
E a un tratto, davanti a queste perplessità Ulrich dovette
confessare sorridendo a se stesso che era nonostante tutto un
carattere pur senza averne uno.
Robert Musil, L‟uomo senza qualità
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1.1. Come sconvolgere un tranquillo menage
familiare
Era un giorno, non ricordo bene quale, di febbraio del 1990, stavo
studiando per l‟interrogazione di latino del giorno successivo;
all‟epoca frequentavo la seconda media, era sera, fuori diluviava ma
dalla cucina arrivava il solito rassicurante profumo che annunciava
l‟avvicinarsi della cena: la mia, fino a quel momento, era una
normalissima famiglia medio borghese, il papà divenuto ufficiale
dopo tanti studi e sacrifici e la mamma casalinga dedita a tempo pieno
a marito e figli, ma stava per accadere un evento che presto avrebbe
sconvolto il nostro tranquillo menage familiare. Tutto d‟un colpo il
suono prepotente del citofono squarciò quell‟apparente tranquillità di
un giorno qualsiasi, era il papà che come tutte le sere tornava a casa
intorno alle 19:00 ma questa volta non era solo: era, infatti, in
compagnia di due signori. Sentii che erano venuti a casa per parlare di
affari e la cosa mi incuriosì alquanto, quindi tenni le orecchie ben tese
per capirne qualcosa in più. Scoprii presto che il papà e la mamma, da
tempo, stavano meditando di avviare un‟attività che avrebbe permesso
a tutta la famiglia di condurre una vita economicamente migliore e
che quei due signori sarebbero stati i loro soci; anche se questi ultimi
decisero di abbandonare l‟impresa ancor prima di iniziare.
Quello che non avevo ancora ben chiaro però era che la nostra
tranquilla vita familiare sarebbe stata completamente sovvertita e
16
fortemente condizionata dalle alterne vicende della nostra azienda di
servizi: quando l‟azienda è una tua “creatura”, infatti, è talmente
coinvolgente ed entusiasmante che può arrivare a pervadere e divorare
ogni aspetto della tua vita, se non riesci a restringere il campo
d‟azione dei suoi effetti secondari, insomma è un po‟ come una
medicina da prendere con cautela. Nel giro di una settimana andarono
dal notaio e l‟ Esse.V. emanò il suo primo vagito, l‟ufficio per un paio
d‟anni circa fu sito in casa nostra con via vai continui di persone, il
pranzo non era mai alla stessa ora e così la cena, spesso i miei
genitori, avendo vinto anche degli appalti di pulizia notturna, erano
fuori per controllare i lavori; non c‟era pranzo o cena o domenica o
Natale in cui non si parlasse di eventi aziendali, anche se ci si
provava, il discorso alla fine ricadeva sempre sullo stesso argomento:
”l‟Esse.V.”. Con grande disappunto di noi figli!
Nel frattempo con il passare degli anni l‟azienda si espande,
l‟ufficio trova una sua più giusta ed ancora attuale collocazione in un
appartamento di 150 mq distante cinque chilometri circa da casa
nostra, vicino ad altri uffici di aziende. Sulla porta una patinata targa
annuncia l‟Esse.v., appena entrati vi è un disimpegno con la sala
d‟attesa, via di seguito un lungo corridoio con cinque uffici che vi
fanno capolino, nel primo vi sono i contabili, nel secondo le segretarie
amministrative, nel terzo la segretaria di direzione, nel quarto, un
grande ufficio, i responsabili e nell‟ultimo il ”Grande Capo”; così gli
impiegati chiamano mia madre trasformata con una “brillante idea” da
casalinga a donna manager.
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1.2. Storia evolutiva di un’organizzazione
L‟azienda, ormai affermata nel settore delle pulizie, inizia la sua
attività nel sevizio del catering nel 1995, assumendo la gestione
diretta di una mensa scolastica e collaborando con un‟azienda
specializzata nella cura e nell‟organizzazione di mostre, visite guidate
e concerti, soprattutto in Vaticano, quando questa necessitava di
fornire servizi catering ai propri clienti. Questa scelta induce l‟azienda
a studiare i materiali e la tecnologia occorrente, nonché le maestranze
necessarie. Dall‟esame risultò evidente come fosse assolutamente
sconveniente iniziare producendo in proprio, acquistando materiali e
tecnologie, anche in considerazione della discontinuità dei servizi che
venivano richiesti. Fu acquistato solo un mezzo coibentato con
capacità sino a quattro quintali per il trasporto degli alimenti e
appositi contenitori termici per il trasporto di alimenti caldi e
refrigerati. Per la preparazione delle vivande si fece ricorso invece ad
un partner altamente specializzato, che era già presente sul mercato.
Con l‟incremento delle commesse l‟azienda avvertì la necessità di
personalizzare ulteriormente i propri servizi e pertanto decide
l‟ampliamento del settore. Vengono assunti un cuoco ed un aiuto
cuoco, un direttore di sala e due inservienti, un ulteriore autista ed un
responsabile del catering. In considerazione dell‟incremento dei
trasporti anche connessi al servizio catering si acquistano altri tre
furgoni per il trasporto fino a quattro quintali e due furgoni per il
trasporto fino a venti quintali, di cui uno è frigorifero. Nel magazzino
sono stoccati tavoli pieghevoli, sedie impilabili, stoviglie, tovagliame,
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posaterie in acciaio e Silver plated, casse di cottura e coibentate, casse
termiche/frigorifere per trasporto alimenti, riscaldatori elettrici, teglie,
piatti di portata, vasellame e quant‟altro necessario per il trasporto e la
pulizia. Se richiesto tali attrezzature vengono cedute a noleggio.
Contemporaneamente si pubblicizza la nuova divisione sulla
stampa di settore e generalista, si costruisce un sito su cui è possibile
prenotare pernottamenti presso le strutture ricettive di proprietà
dell‟azienda, informarsi dei servizi offerti ed infine si provvede alla
creazione di una brochure.
Nel corso degli anni mia madre però, stanca delle pressioni
psicologiche e dello stress portati dai massacranti ritmi aziendali,
decide di diminuire il suo impegno per dedicarsi di più alla famiglia.
Nel frattempo io, ormai diciassettenne, avevo cominciato a svolgere
qualche lavoretto dapprima marginale come aiuto cuoca, lavapiatti,
cameriera, pulitrice, poi più impegnativi, come segretaria, contabile,
fino a giungere a 20 anni a ricoprire la posizione di responsabile del
catering. Da queste esperienze si è sviluppato il mio interesse,
culturale e conoscitivo, per le tecniche organizzative che mi ha portato
a studiare per scrivere questa tesi. Nei primi anni organizzavo
solamente catering per piccole e medie aziende e ambasciate, fino ad
arrivare ad organizzare il mio primo matrimonio, la prima convention,
il primo vernissage: ancora mi ricordo l‟entusiasmo, la stanchezza, lo
stress, l‟emozione, la soddisfazione quando alla fine era tutto ben
riuscito e ricevevi i complimenti del cliente e degli invitati, magari
anche una richiesta per un altro catering. Questo notevole impegno
nel campo della ristorazione cominciò inevitabilmente attenzioni al
19
settore delle pulizie e dei trasporti. Per tanto l‟amministratore, avendo
realizzato l‟impossibilità di seguire in prima persona, come aveva
fatto sino ad allora, tutte le attività, decise opportuno cedere parte
degli appalti di pulizia, almeno i più onerosi. Considerate le varie
possibilità, cessione completa, sub-appalto, associazione d‟impresa,
ha optato per quest‟ultima rimanendo sempre mandataria delle A.T.I.
costituite. In tal modo le aziende associate fruiscono di strutture,
attrezzature, e know-how dell‟azienda mandataria, mantenendo gli
standard della Esse.V., pur gestendo direttamente, per contratto, la
responsabilità del risultato. Per quanto attiene invece i trasporti si è
fatto ricorso all‟uso di “padroncini” o del partnerariato con grandi
aziende utilizzate come corriere corrispondenti.
1.3. Williamson: un’ analisi delle chance aziendali
Contrariamente a ciò che si possa pensare, oggi delineare i confini
di un‟impresa è un problema piuttosto complesso.
Fino agli anni ‟70 le imprese presentavano un elevato livello di
verticalizzazione, ossia l‟intero ciclo di produzione era di proprietà
dell‟ impresa stessa; in quella situazione i confini fisici dell‟ impresa
coincidevano necessariamente con quelli degli stabilimenti all‟ interno
dei quali venivano svolti i vari lavori di stoccaggio dei materiali,
manodopera, uso degli impianti etc.
Ma a partire dagli anni ‟70 in poi, si è assistito allo sviluppo di un
processo di deverticalizzazione: le grandi imprese hanno cominciato
ad affidare a imprese esterne particolari attività, come ,ad esempio,
20
servizi di consulenza legale o informatica, o specifiche lavorazioni dei
propri prodotti, in modo da ridurre il numero dei dipendenti
(downsizing) e risparmiare quindi sul costo del lavoro nonché sui
costi di gestione relativi a quelle particolari attività date in appalto.
Di conseguenza i confini aziendali hanno cominciato a sfumarsi
sempre di più, ad assumere contorni meno nitidi e a confondersi con
quelli di altre imprese. E‟ diventato molto difficile distinguere dove
“finisce” un‟impresa e dove iniziano le altre.
Le imprese si trovano quindi di fronte ad un‟alternativa: produrre
al proprio interno (to make) oppure comprare sul mercato (to buy).
Andrebbero svolte internamente quelle attività in cui l‟azienda ha un‟
ampia competenza, mentre le altre dovrebbero essere demandate a
terzi. Ma la chiave per studiare quando è meglio basare la propria
organizzazione economica sulla gerarchia (to make) e quando sul
mercato (to buy) è la transazione, ossia il contratto che le imprese
stipulano per appaltare una particolare attività del processo produttivo.
Infatti, se da un lato ricorrere al mercato presenta dei vantaggi come la
velocità e l‟efficienza nello svolgimento di una specifica lavorazione,
dall‟ altro comporta dei costi legati alla transazione, ad esempio i costi
per stabilire i termini dell‟ accordo e concludere la trattativa.
Questa nuova visione dell‟impresa, considerata come una struttura
di governo la cui funzione è quella di stipulare dei contratti con terzi e
non solamente quella di produrre beni da mettere sul mercato è stata
formulata dall‟Economia dei Costi di Transazione (ECT), una scuola
di pensiero che trova il suo maggiore esponente nell‟economista
americano Oliver Williamson.
21
Per quanto riguarda il mercato, è sufficiente il ricorso ai prezzi e
alle quantità per disporre di tutte le informazioni affinché le parti
possano scambiare beni e servizi. Invece per quanto riguarda la
gerarchia, le transazioni sono gestite dalle norme e dalle regole di
funzionamento del sistema organizzativo, nonché dalla linea di
comando dell‟organizzazione, per gli aspetti di controllo e
coordinamento.
L‟economia dei costi di transazione si pone allora l‟obiettivo di
ricercare quale sia la modalità di governo migliore che permetta la
minimizzazione dei costi di transazione, avendo come fine ultimo la
massimizzazione dell‟efficienza.
Vantaggi del mercato
Adam Smith sosteneva che il mercato è una sorta di “mano
invisibile” in grado di massimizzare la ricchezza delle nazioni.
Effettivamente, rivolgersi al mercato presenta numerosi vantaggi, il
primo dei quali va ricercato negli incentivi. Nel mercato infatti, i vari
operatori sono in concorrenza fra di loro e pertanto ognuno di essi è
incentivato ad essere il più produttivo ed efficiente possibile in modo
da conquistarsi il maggior numero di clienti. In questo modo il
perseguimento di un interesse personale non fa altro che migliorare
automaticamente l‟efficienza dell‟organizzazione basata sul mercato.
Nell‟ambito della gerarchia aziendale, invece, i singoli individui
non sono stimolati ad impegnarsi per cercare di massimizzare il
profitto dell‟azienda in quanto essi non ne possono disporre
interamente. Non a caso accade che un operaio autonomo sia più
efficiente rispetto ad un operaio che lavori per un‟azienda. Inoltre un
22
livello inferiore di abilità ed impegno fa sì che la gerarchia sia
caratterizzata da costi di produzione maggiori.
Un altro vantaggio è costituito dal fatto che nelle situazioni di
mercato puro lo strumento tipico di controllo è il prezzo del bene che
si compra ed il prezzo è un‟informazione facilmente ottenibile.
Inoltre, come già accennato, ricorrere al mercato permette una
riduzione del personale e dei costi di gestione relativi alle attività date
in appalto; tutto ciò si traduce in una diminuzione dei costi di
produzione. Naturalmente questo tipo di vantaggio ha luogo quando la
riduzione di questi costi è superiore rispetto ai costi derivanti
dall‟ acquisto di lavorazioni da ditte esterne.
Svantaggi del mercato
Se il mercato avesse solo vantaggi, non si spiegherebbe perché la
totalità del coordinamento delle attività economiche non sia lasciata ai
meccanismi impersonali del mercato, ed invece esistano delle
organizzazioni (le imprese) che ne internalizzano una parte.
Gli svantaggi di un‟organizzazione basata sul to buy derivano
essenzialmente dai costi di transazione; è materialmente difficile se
non impossibile redigere un contratto che preveda fin da subito tutte le
eventuali situazioni di conflitto.
Inoltre, le transazioni stesse possono favorire comportamenti
opportunistici che, a loro volta, possono causare il fallimento del
mercato.
I Costi di Transazione
23
Secondo l‟ECT i costi totali che un‟impresa deve sostenere sono
costituiti da due voci distinte: i costi di produzione e i costi di
transazione. Supponendo che i costi di produzione siano costanti nel
tempo, bisogna cercare di ridurre quelli relativi alle transazioni.
L' impresa sceglierà la forma di governo che minimizza tali costi di
transazione e se essi sono superiori ai benefici la transazione
semplicemente non avverrà.
I costi di transazione possono essere distinti in due tipi differenti:
costi ex-ante e costi ex-post.
Costi ex-ante:
Nascono prima che la transazione abbia luogo, ad esempio i costi
per redigere il contratto, per raccogliere informazioni sulla
controparte, per predisporre strutture in grado di risolvere eventuali
controversie e così via.
Costi ex-post:
Si hanno per mettere in atto gli accordi, sorgono in seguito alla
stipulazione del contratto. Un esempio ci è dato dai costi per
controllare che la prestazione stabilita per contratto venga svolta nei
tempi e secondo le modalità decise, oppure i costi legali nel caso di
controversie.
L’Opportunismo
Quando il mercato lo consente, gli individui tendono a comportarsi
in modo opportunistico, ossia guardano al proprio interesse personale
24
cercando di ottenere un vantaggio anche a spese dell‟“avversario”.
Un esempio di un tale comportamento ci è fornito dalla General
Motors, che negli anni ‟20 aveva stipulato un accordo con la Fisher
Body per la fornitura dei telai delle automobili. La General Motors
chiese a questa impresa la costruzione di un impianto accanto ai
propri stabilimenti di assemblaggio, ma La Fisher Body rifiutò
temendo che, una volta costruito l‟impianto, la GM pretendesse di
pagare un prezzo inferiore per l‟acquisto dei telai, in quanto si
sarebbero ridotte le spese di trasporto. D‟altra parte, rifiutando, la
Fisher Body avrebbe dovuto sostenere ingenti costi dovuti al fatto che
avrebbe dovuto rivolgersi a un altro cliente (basti pensare ad esempio
ai costi relativi allo smantellamento degli stampi per i telai della
General Motors e all‟installazione di nuovi stampi). Alla fine la
situazione sfociò in un fallimento del mercato e la GM fu costretta ad
acquistare la Fisher Body.
Opportunismo significa ricerca del proprio interesse anche
attraverso mezzi sleali come l'inganno, l'astuzia, la mancata
rivelazione d'informazioni. Si discosta significativamente dalle teorie
classiche che vedono l‟ uomo sì egoista ma incapace di ingannare,
come pure dalle teorie utopistiche (ad esempio quella dei team) che
vedono le persone spogliate di qualsiasi movente egoistico e tendenti
al conseguimento di un fine comune.
Se le transazioni si basassero sulla fiducia reciproca ed entrambe le
parti avessero la certezza che la controparte non si comporterebbe in
nessun caso in maniera opportunistica, allora il mercato non darebbe
luogo a risultati negativi, ma purtroppo ciò non avviene sempre.
25
Tuttavia bisogna aggiungere che quando un‟impresa ha un
comportamento opportunistico nessuno sarà disposto a trattare con
essa. Pertanto, sebbene un‟impresa sia tentata a comportarsi
opportunisticamente, la preoccupazione di costruirsi una buona
reputazione che non la danneggi nel futuro può disincentivarla dall‟
assumere tale atteggiamento.
Ma sono proprio tre le caratteristiche delle transazioni a favorire la
comparsa dell‟opportunismo e sono le seguenti:
Specificità delle attività;
Incertezza;
Alta frequenza.
Per quanto riguarda la specificità delle attività, consideriamo
specifiche quelle attività che sono destinate a un determinato utilizzo.
La transazione può comportare investimenti specifici che perdono
in parte, o del tutto, il loro valore al di fuori di essa. Tali investimenti
possono riguardare impianti, ma anche risorse umane, know-how o
informazioni e sono generalmente più efficienti rispetto ad
investimenti alternativi general-purpose (cioè adattabili anche a
transazioni differenti) ma hanno lo svantaggio di causare pesanti
perdite nel caso di uscita dal contratto.
Data l‟impossibilità di utilizzare tali attività in modo diverso da
quello previsto, l‟impresa che vi ha investito può essere oggetto di
sfruttamento da parte di terzi.
Supponiamo ad esempio che una certa impresa abbia adattato i
propri impianti per lavorare una materia prima distribuita da un unico
26
fornitore. Se, ad esempio, questo fornitore decidesse di aumentare il
prezzo della propria merce, l‟impresa non potrebbe fare altro che
accettare il nuovo prezzo, a meno che non ritenga conveniente
riconvertire i propri impianti per rivolgersi ad un altro fornitore.
Gli investimenti che invece non presentano specializzazioni
particolari in quanto all‟uso, comportano scarsi rischi dal momento
che gli acquirenti possono rivolgersi facilmente a fonti alternative.
Come abbiamo appena accennato, esistono diversi tipi di
specificità: specificità delle attività fisiche, specificità della
localizzazione, specificità del capitale umano.
La specificità delle attività fisiche si ha quando gli investimenti
specifici riguardano impianti e macchinari, mentre la specificità della
localizzazione si ha quando acquirenti e fornitori collocano nella
stessa zona le rispettive attività in modo da ridurre i costi di trasporto;
infine, la specificità del capitale umano si ha quando i dipendenti di
un‟impresa sviluppano particolari competenze e capacità che possono
essere impiegate solo nell‟ambito di una certa organizzazione.
Quei beni e servizi per i quali si effettuano investimenti in capitale
specifico e dai quali si trae beneficio solo con una corretta esecuzione
del contratto, si dicono idiosincratici.
L‟incertezza delle transazioni deriva dalla razionalità limitata, ossia
dal fatto che la mente umana è limitata da innumerevoli elementi
legati all‟individuo stesso, come ad esempio le sue conoscenze, le sue
preferenze, etc. Questi limiti mentali portano a prendere una decisione
che non è quella ottimale, bensì quella “sufficiente”.
Per alcune transazioni che presentano determinate caratteristiche
27
(ad esempio lunga durata nel tempo, asimmetrie informative) è più
difficile prevedere in anticipo tutti gli stati del mondo ex-post e tener
conto di tutte le situazioni che potrebbero generare dei conflitti. Di
conseguenza aumenteranno i costi legati alla stesura dei contratti e al
governo successivo del rapporto. E‟ in ogni caso difficile e a volte
addirittura impossibile stipulare contratti che contemplino in anticipo
qualsiasi eventualità futura. In particolare: maggiori sono le incertezze
sugli sviluppi futuri, maggiore sarà la difficoltà nel redigere un
contratto che preveda qualsiasi evenienza e, di conseguenza, maggiore
sarà la probabilità di fallimento del mercato.
Per quanto riguarda l‟alta frequenza delle transazioni, infine,
indipendentemente dalle caratteristiche della singola transazione è
rilevante se essa avviene una volta sola oppure viene ripetuta spesso.
In quest‟ultimo caso le parti saranno più propense a tutelarsi,
introducendo dei meccanismi di governo sofisticati.
Infatti se un‟impresa è spesso impegnata in operazioni di
transazione, sarà anche maggiormente esposta a tentativi di
sfruttamento da parte di terzi e pertanto dovrà occuparsi
frequentemente di contrattazioni e negoziazioni.
La Gerarchia
Dopo aver esaminato gli aspetti positivi e negativi dell‟
organizzazione basata sul mercato, vediamo ora gli elementi
caratteristici della gerarchia.
Un vantaggio dell‟organizzazione gerarchica è costituito dal fatto
che essa è indirizzata verso un preciso obiettivo aziendale. Inoltre la
28
gerarchia permette di controllare il comportamento dei singoli
individui ed il loro operato con costi nettamente inferiori rispetto al
mercato e diventa indispensabile quando il processo produttivo è
basato su un “lavoro di squadra”, in pratica, quando il processo
produttivo è suddiviso in compiti e mansioni strettamente correlate fra
loro.
Inoltre con un‟organizzazione gerarchica si eliminano,
naturalmente, tutti i problemi connessi alle transazioni con altre
imprese.
Svantaggi della gerarchia
Anche la gerarchia, come il mercato, presenta alcuni inconvenienti.
Tra i suoi svantaggi ci sono i problemi legati a una struttura spesso
inefficiente e rigida.
Ma il difetto più grande di un‟organizzazione gerarchica risiede nei
costi di agenzia, ossia i costi che un‟impresa deve sostenere quando i
singoli individui agiscono perseguendo il proprio interesse personale
anziché gli obiettivi aziendali. I costi di agenzia includono: i costi di
produzione dovuti al comportamento opportunistico dei dipendenti e i
costi relativi ai sistemi di controllo necessari per cercare di limitare
tale comportamento e verificare l‟impegno del personale.
I costi dell‟azienda sono dovuti a una divergenza fra gli interessi
dell‟impresa e quelli dei dipendenti, ma anche all‟ incapacità da parte
dell‟ impresa di selezionare personale qualificato.
Una soluzione per cercare di ridurre i costi dell‟azienda consiste
nell‟adottare un programma di incentivi grazie al quale i dipendenti
29
ricevono dei premi non solo in base ai risultati della singola divisione,
ma anche in base a quelli dell‟impresa nel suo complesso; in questo
modo gli incentivi permettono di far coincidere gli interessi dei
dipendenti con quelli della proprietà.
Secondo O. Williamson, inoltre, se non vi sono investimenti
specifici, allora in ogni caso si potranno sempre stipulare contratti
classici. Non ci sarà nessuna penalità per l'uscita dal contratto e
pertanto non è necessaria la creazione di sofisticati meccanismi di
governo. Se la specificità esiste in grado moderato occorre distinguere
la frequenza delle transazioni: nel caso di elevata frequenza un
accordo bilaterale può essere vantaggioso, infatti intervengono
considerazioni legate alla reputazione e quindi entrambe le parti non
hanno interesse a rompere il rapporto. Se invece la frequenza è bassa
può essere necessario l'intervento di un terzo garante (contratti
trilaterali). Se abbiamo elevata specificità diventa necessario,
soprattutto nel caso di elevata frequenza, passare ad una struttura
gerarchica: il rischio di fallimento dell‟accordo e la conseguente
perdita degli investimenti spingerà in particolare la parte che ha
investito maggiormente a unificare la struttura acquisendo pieno
controllo sull'altra. Sarebbe naturale chiedersi perché allora tutte le
transazioni non vengono gestite attraverso una struttura gerarchica.
La risposta è che essa presenta anche alcuni svantaggi relativi
all‟efficienza (incentivi a basso potenziale, contrapposti agli incentivi
ad alto potenziale tipici del mercato): si presume difatti che se una
parte è legata all'altra da una relazione di mercato in cui è
direttamente responsabile e remunerato non in modo fisso ma in base
30
all'output, tenderà a produrre in modo più efficiente.
Frequ
enza
della
transazi
one
Speci
ficità
delle
risorse
Non
specific
he
Mis
te
Idiosincratic
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Bassa
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cato
con
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ato
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con
contra
tti
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Gerarchia
Tabella 1: Scelta fra mercato e gerarchia in base alla frequenza e alla specificità:
31
In realtà, oltre al mercato e alla gerarchia, esistono anche delle
soluzioni intermedie molto diffuse per la gestione di una transazione e
vale la pena ricordare quali siano. Una di queste è la joint venture,
ovvero una forma di contratto con cui due o più imprese ( anche in
concorrenza fra loro ) si impegnano a collaborare alla realizzazione di
un investimento o di un‟ opera allo scopo di suddividere il rischio,
mettere insieme know-how diversi e conseguire un utile da ripartire
proporzionalmente. Questa soluzione ha preso piede soprattutto negli
ultimi anni e, come sostiene, il motivo della nascita delle joint-venture
va ricercato tanto nei costi di transazione, quanto nei comportamenti
strategici delle imprese. La collaborazione finalizzata al
raggiungimento di un obiettivo comune, infatti, non solo riduce
moltissimo i costi di transazione (supponiamo che due imprese, A e B,
abbiano realizzato una joint-venture: nel caso di inadempienze da
parte dell‟ impresa A, non e‟ solo l‟impresa B a subirne il discapito,
ma anche A stessa, dato che entrambe hanno il medesimo scopo,
perciò A è indotta a rispettare il contratto) ed ostacola il verificarsi di
comportamenti opportunistici, ma permette anche un utilissimo
scambio di conoscenze fra le varie imprese che va ad arricchire le loro
potenzialità: se le imprese scegliessero il mercato perderebbero l‟
occasione di aumentare il know-how mediante il learning by doing.
Un‟ altra possibile soluzione intermedia potrebbe essere quella del
franchising, ossia un contratto con il quale l‟ imprenditore ( franchisor
) concede ad un altro imprenditore ( franchisee ) il diritto di esercitare
32
un‟ attività di prestazione di servizi, di produzione di beni o di
rivendita di prodotti, utilizzando il marchio del franchisor; in cambio
il franchisee si impegna a pagare un corrispettivo e a esercitare
l‟attività in base alle modalità del franchisor e sotto il suo controllo.
Infine ricordiamo anche i contratti a lungo termine che si rifanno al
mercato anche se con dovute differenze in base ad accordi particolari.
Insomma, tra mercato e gerarchia esiste una serie di soluzioni
ibride, alcune delle quali si avvicinano di più alla gerarchia, altre al
mercato, ma anch‟ esse comunque non sono prive di difetti e
svantaggi dato che combinano forze e debolezze del to make e del to
buy. Ciò quindi ci dimostra che non esiste una forma organizzativa
che sia valida a livello universale.
1.3.1. L’eterno dilemma: “To make or to buy” il buisness
aziendale
Quando mia madre maturò l‟idea di estendere il business aziendale
anche al catering fece un‟attenta valutazione di come affrontare il
nuovo settore, tenendo in considerazione i seguenti parametri:
1. COSTI DELLA TECNOLOGIA D’ACQUISIRE
2. Costi dei materiali di servizio
3. Costi delle maestranze
4. Costi dei mezzi di trasporto occorrenti
33
5. Costo delle materie prime da lavorare
6. Costo della locazione dei centri cottura occorrenti
7. Possibile espansione del mercato
Raffrontando i costi che sarebbero per altro ulteriormente saliti in
funzione anche della discontinuità del lavoro, mia madre optò per
l‟ipotesi di avvalersi della collaborazione di aziende specializzate già
presenti sul mercato. Iniziammo così quest‟affascinante avventura.
Per un anno circa fornivamo solo personale e venivamo chiamati nel
caso di piccoli catering per i quali l‟azienda partner non voleva
perdere troppo tempo e risorse, facendo uso di tutta la loro
attrezzatura. Di fatto applicavamo la teoria del „to buy‟ individuata da
Williamson. In seguito l‟azienda si espanse autonomamente, in un
primo momento utilizzando ancora attrezzature e punti cottura
noleggiati, ma con l‟allargarsi del business decidemmo di comprare
punti cottura e l‟attrezzatura necessaria ed io mi dedicai a tempo pieno
all‟espansione di questo settore. Iniziai così ad approfondire le mie
conoscenze su un'altra categoria di lavoratori: cuochi e camerieri. Era
una giornata uggiosa d‟inverno quando andammo a vedere per la
prima volta quello che sarebbe diventato il nostro primo punto cottura.
Si trovava in un quartiere di Roma nord vicino all‟Olgiata. La
prima impressione non fu delle migliori, infatti era un antico casale
completamente da ristrutturare, ma si trovava in una posizione
ottimale, era sito su una collina che dominava Roma. Pensai che non
ci saremmo mai riusciti a metterlo a riattarlo, ma mia madre decise di
prenderlo e di li a poco cominciarono i lavori di ristrutturazione.
Quando lo rividi i lavori erano ormai al termine e aveva preso le
34
sembianze di uno splendido casale immerso nel verde: ora toccava a
me dargli una personalità, un nome, una vocazione. Era primavera, si
udiva il canto delle cicale e l‟intenso profumo dei gelsomini. Passai
un‟intera giornata seduta su una poltrona, l‟unico mobile presente
all‟interno della struttura, a fissare una parete bianca, pensando cosa
sarebbe potuto divenire quel casale. Poiché tra le sue pareti si
respirava una soave aria di serenità, innanzi tutto, decisi che si sarebbe
chiamato il “Casale degli Angeli”, dalle sue finestre si scorgeva
l‟uliveto che lo circondava, i cavalli che brucavano l‟erba del suo
terreno e le luci della città. Essendo assai limitato il budget decisi di
cominciare a cercare gli oggetti e le decorazioni che avrebbero potuto
rendere unico e suggestivo ogni angolo del casale nei mercatini e dai
rigattieri. Per quanto riguarda invece le attrezzature per la cucina ci
affidammo ad una ditta specializzata del settore, dopo un paio di mesi
era tutto pronto e a giugno dello stesso anno inaugurammo il casale.
Per quell‟evento furono investiti molti soldi, anche nella speranza
di un ritorno d‟immagine. Il casale, ormai, era un agriturismo a pieno
titolo, furono invitate molte personalità di spicco tra cui il sindaco
della città, alcune rappresentanze delle varie ambasciate, alcuni
rappresentanti d‟importanti tour operator, alcuni professionisti ed
amici. Il viale che conduceva all‟ingresso era illuminato da un
percorso di fiaccole, bellissime piante decorative ornavano il grande
cortile, posizionati sotto i due grandi portali in legno risalenti alla
seconda metà del 1800 vi erano dodici tavoli rettangolari da sei
ricoperti da tovaglie rosa di fiandra, in tono con il colore delle pareti
esterne del casale, che costituivano l‟appoggio per buffet. Erano ornati
35
da
scenografiche alzate di frutta tropicale e angeli di ghiaccio, contornati
da pasticceria mignon, panbrioches, pasta fredda, salatini,
l‟immancabile porchetta di Ariccia, molto amata dai romani, ed ogni
altro ben di Dio. I camerieri elegantissimi e la security per controllare
l‟accesso all‟evento, costituivano la cornice ideale e conferivano il
tono che l‟azienda intendeva dare all‟inaugurazione.
La serata ebbe grande successo, la struttura piacque molto e
cominciò un giro di lavoro consistente. Con l‟acquisizione, del centro
di cottura e con il deciso incremento delle ordinazioni si considerò
raggiunto il punto in cui la convenienza economica tendeva
decisamente a favore della produzione diretta si considerò anche una
maggiore sicurezza ed un migliore controllo sull‟igiene e sulla qualità
dei prodotti direttamente lavorati. Inevitabilmente si pose il dilemma
del tipo di tecnologia da scegliere. Vista la particolare delicatezza del
settore in cui si operava e la notevole incidenza dei costi per garantire
ed assicurare la qualità del prodotto, si optò per una tecnologia
altamente specializzata e per l‟acquisizione di maestranze idonee e
con notevole esperienza, non avendo l‟azienda un pregresso know-
how. Di fatto ed inevitabilmente, considerate le esigenze determinate
dall‟espansione dell‟azienda, che assumeva rischi in proprio, ed
impegnava il proprio marchio, si scelse la produzione diretta con
36
assoluta garanzie per il prodotto finito. L‟azienda crescendo aveva
sentito la necessità, traendone anche una convenienza economica, di
attuare quelle procedure aziendali, teorizzate da Williamsson come to
make, che è a tutt‟oggi la filosofia preponderante dell‟azienda
perseguita nelle sue politiche di mercato. E‟ giusto comunque
sottolineare che la nostra azienda è in grado di gestire autonomamente
eventi sino a quattrocento, cinquecento partecipanti. Per eventi più
grandi è inevitabile che riservandosi la regia dell‟evento e le linee
guida si debba far ricorso alla sinergia con uno o più partners, pur
assumendo in proprio la responsabilità della riuscita dell‟evento
stesso. E‟ evidente quindi che la politica dell‟azienda si alterna tra to
buy e to make in funzione della variabile: “Ampiezza dell‟evento”.
L‟azienda a questo punto decise di sviluppare delle competenze
anche nel marketing, per comprendere meglio il target di riferimento
dei propri servizi e per modellare sulle esigenze dei clienti il pacchetto
di offerte, ma non avendo al suo interno delle risorse che potessero
occuparsi di questa area, inizialmente ci si avvalse di aziende di
consulenza e comunicazione, con l‟impegno nel giro di due tre anni di
formare la segretaria di direzione per svolgere tale mansione, anche
perchè il costo dell‟esternalizzazione di tale settore era troppo elevato
da sostenersi come spesa fissa. Uno dei limiti maggiori delle piccole e
medie imprese a conduzione familiare, è che detenendo scarse risorse
economiche rispetto alle grandi aziende, cercano di avere al proprio
interno del personale in grado di svolgere più di una mansione, con la
conseguenza che spesso alcuni compiti vengono svolti con
approssimazione e scarsa professionalità nonostante gli sforzi anche
37
economici sostenuti per la formazione.
1.4. Cultura e sviluppo aziendale
I valori e la cultura di una specifica impresa nascono dalla sua
storia e sono il risultato del lavoro di tutti i suoi membri, presenti e
passati. Pur facendo parte di un unico fenomeno, è necessario
distinguere tra cultura aziendale in senso antropologico (valori,
simboli, riti) e la cultura aziendale intesa come competenza distintiva,
come campo di competenze applicative, come sapere
dell‟organizzazione che si articola nelle principali funzioni aziendali e
nei più significativi gruppi professionali presenti in azienda
[Cartoccio 1989].
L‟attenzione alla cultura d‟impresa già si inscrive in un
atteggiamento culturale specifico che privilegia taluni strumenti in
luogo di altri. Dato il modo in cui si sedimenta la cultura d‟impresa,
cioè sulla base dell‟esperienza e dell‟apprendimento per selezione,
non è facile fare dell‟ “ingegneria culturale”. Ciò può portare a
risultati controproducenti, come è accaduto alle imprese che hanno
voluto scimmiottare la cultura dell‟eccellenza o l‟approccio
giapponese.
Purtroppo è più facile conoscere a posteriori la cultura d‟impresa
che non costruirne a priori i meccanismi attraverso cui farla operare.
Tuttavia l‟individuazione e la comprensione dei meccanismi culturali
è alla base di una gestione più consapevole.
38
I valori sono veicolati dalle persone e certi personaggi carismatici
possono dare un contributo particolare, e non solo nelle piccole
aziende, alla creazione e alla manutenzione della cultura aziendale.
Ma non va trascurato il pericolo di personalizzare i conflitti in caso di
difficoltà e di rendere più problematiche le ristrutturazioni e le
successioni imprenditoriali e manageriali [Boldizzoni 1988]. La
cultura aziendale gioca in questo senso un ruolo ambivalente: può
essere la fonte dell‟innovazione e del cambiamento, ma in quanto
fonte dell‟identità e della coesione sociale di un‟organizzazione può
anche essere alla base di atteggiamenti di conservazione e di rifiuto
del nuovo. Una cultura aziendale troppo forte può, per esempio, essere
d‟ostacolo a processi di crescita mediante fusioni ed acquisizioni.
I valori e la cultura, in quanto attributi di tutta la struttura sono,
anche in senso tecnico, tra gli strumenti più potenti di gestione della
risorsa umana. Si tratta di definire un nucleo invariante di valori
attorno al quale possono pure svilupparsi differenziazioni interne ed
esterne. Queste svolgono un ruolo indubbiamente positivo quando
riescono a promuovere confronti dialettici con le evoluzioni
ambientali, senza intaccare alcuni elementi peculiari di identità.
L‟azienda nasce prevedendo, nell‟atto costitutivo, una capacità
vastissima di offrire numerosi servizi sia alle aziende, che ai privati.
E‟ contemplata la possibilità di effettuare pulizie e disinfestazioni,
sia in ambiente industriale che privato, la gestione d‟infrastrutture e
servizi di ristorazione, per conto proprio o per conto terzi. Inoltre
viene previsto un servizio di catering ed i trasporti fino a quaranta
quintali per qualsiasi destinazione. La società inizia il proprio lavoro
39
vincendo alcuni appalti di pulizia e comincia ad allargare i propri
orizzonti. Piano piano da piccola impresa di pulizie comincia a
diversificare i propri interessi divenendo competitiva nel ramo dei
trasporti, della ristorazione e del catering.
Il merito maggiore dell‟espansione aziendale, come anche degli
immancabili fallimenti che ogni azienda incontra nel corso della
propria vita organizzativa è da attribuire alle felici intuizioni di mio
padre, alla sua lunga esperienza nel settore del vettovagliamento e
della logistica nell‟esercito e alla sua fitta rete di conoscenze.
Ho scelto di analizzare essenzialmente la divisione catering, sotto i
vari aspetti, poiché, essenzialmente, ho operato e mi sono formata
professionalmente a favore di questo settore.
L‟azienda, oggetto di questo studio, inizialmente ha collaborato con
altre realtà leader nel settore, successivamente ha sviluppato proprie
capacità creando delle vere e proprie divisioni per le diverse aree
d‟intervento. Allo stato attuale esiste una divisione si occupa di
pulizia, manovalanza, montaggio smontaggio attrezzature. Una si
occupa della produzione e distribuzione del catering ed infine un‟altra
si occupa dei trasporti.
L‟azienda è composta da un amministratore, un responsabile della
divisione catering ed eventi, un responsabile della divisione trasporti e
manovalanza, un responsabile di magazzino e un responsabile del
marketing. Gli altri operatori fissi sono costituiti da: quattro autisti, sei
manovali, due magazzinieri, uno chef, un aiutante di cucina, due
inservienti, un direttore di sala. Il personale amministrativo è invece
costituito da una segretaria di direzione, due segretarie d‟azienda, un
40
ragioniere/contabile. Inoltre l‟azienda dispone di trenta operai.
Figura 1: Organigramma aziendale iniziale
Analizzando attentamente tale organigramma si evince che vi è la
volontà di mantenere delle barriere gerarchiche, la linea di potere
segue uno schema piramidale, la direzione ha deciso di essere molto
presente anche nella fase operativa, senza per questo incontrare grossi
ostacoli, infatti anche grazie al numero ristretto di lavoratori fissi,
diventa più semplice la comunicazione e la diffusione di ideologie che
rendono i membri pienamente consapevoli di quali siano le direttive
aziendali, e i conseguenti processi decisionali da applicare in maniera
standardizzata.
1.4.1. Politiche retributive aziendali
La politica retributiva si basa su una valutazione globale del
coinvolgimento del lavoratore nell‟organizzazione e delle sue
caratteristiche individuali. Si tratta di una forma congruente con
strategie d‟impresa di lungo periodo, volta al raggiungimento di
specifici obiettivi. Parliamo dunque di un sistema retributivo basato
sull‟aumento di merito, che si propone di conferire sistematicità e
41
coerenza alla dinamica salariale, ma dall‟altro lato di coinvolgere i
responsabili nella gestione di una parte della retribuzione. La
razionalizzazione delle politiche retributive richiede infatti un
accentramento delle decisioni che può attenuare il legame tra
strumenti organizzativi ed economici a disposizione del capo diretto.
L‟uso di procedure di valutazione dei meriti, associate ad aumenti di
merito e gestite con il concorso indispensabile dei responsabili,
consente di rafforzare il ruolo della gerarchia, delimitandone tuttavia
la discrezionalità entro spazi definiti e controllabili. Com‟è facilmente
comprensibile, il ruolo centrale è assunto dal processo di valutazione e
dalle dinamiche organizzative che vi sono connesse (ruolo dei
responsabili, processi di comunicazione ecc.).
I livelli retributivi sono cinque: il primo è quello
dell‟amministratore, il secondo quello dei vari responsabili, il terzo
quello dello chef, del direttore di sala e della segretaria di direzione, il
quarto quello delle altre segretarie ed il contabile, il quinto per
manovali, operai, autisti e magazzinieri. Dalle interviste condotte
sull‟argomento retribuzione è emerso che i più scontenti del loro
stipendio sono: le segretarie, lo chef e gli autisti. Le prime,
intervistate, hanno affermato:
- Anna: “La responsabilità amministrativa dell‟intera
azienda ricade sulle nostre spalle, quando facciamo
anche il più piccolo errore o dimentichiamo qualche
incombenza, sembra che caschi il mondo. Sembra che
tutto il lavoro fatto sino a quel momento non conti
nulla!”
42
- Aggiunge Alessandra: “Quando svolgiamo il nostro
lavoro giornaliero spianando la strada a tutti i settori,
nessuno che se ne accorge! Nessuno che ti dica brava!
Eppure siamo sempre disponibili verso tutti!”
- Conclude Giovanna, ragioniera contabile: “ I rapporti
con le banche li teniamo noi, le buste paga le preparo io,
i solleciti per i pagamenti fatture, li faccio io e nessuno
se ne accorge, ma se c‟è qualche giorno di ritardo nel
pagamento degli stipendi, sono io che devo sorbirmi le
lamentele ed i rimbrotti dei colleghi! Voglio dire che la
paga, come da contratto di settore, è sottostimata per il
lavoro che realmente svolgiamo”.
E‟ doveroso aggiungere che sono previsti gli straordinari e che lo
stipendio che le segretarie lamentano come sottostimato è quasi
sempre quello previsto dal mansionario allegato al contratto
nazionale, anche se vi è da dire che nei momenti critici, esse sono
sempre disponibili anche a svolgere compiti non di loro stretta
competenza e a rimanere fino a notte inoltrata per chiudere la
contabilità, questo grazie all‟attaccamento che nel corso degli anni
hanno maturato nei confronti del loro lavoro.
- Rinaldo, lo chef, tra l‟altro dice: “Il mio è un lavoro
massacrante! Sono sempre sotto stress, sono sempre sotto
esame! E‟ vero la mia retribuzione è buona, però mi
sentirei più apprezzato e realizzato se avessi una
partecipazione agli utili di gestione! In effetti se tu ci
43
pensi….. sono io il motore dell‟organizzazione! Sono io
che bado a tutte le preparazioni! Sono io il responsabile
finale del gradimento di quanto abbiamo preparato!
Pertanto i risultati positivi dell‟azienda, si devono in
ottima percentuale al mio impegno e alle mie capacità”.
Ritengo che l‟autostima del nostro chef, ancorché giustificata da
un‟ottima capacità tecnica, sia un po‟ esagerata, poiché i risultati
positivi dell‟azienda sono frutto di un attento e preciso lavoro
d‟equipe, dove ogni ingranaggio svolge con puntualità e
professionalità il compito assegnatogli. Vi è da rilevare che Rinaldo,
avendo lavorato con me alcuni anni ed avendo stretto un rapporto
confidenziale, mi ha tranquillamente espresso, senza timidezza, il suo
pensiero. Per quanto riguarda gli autisti invece reclamano il fatto di
avere lo stipendio simile a quello dei manovali pur conducendo un
lavoro più stressante, sempre nel traffico e sempre di corsa per far
giungere nei tempi previsti i materiali necessari per lo svolgimento dei
lavori aziendali, o per effettuare le consegne a domicilio degli
stampati e dei documenti delle assicurazioni per cui l‟azienda presta
servizio. I più soddisfatti del loro stipendio sono i responsabili,
soprattutto per i premi che ricevono a fine anno se riescono a
raggiungere gli obiettivi concordati l‟anno precedente con
l‟amministratore. Essi hanno margini decisionali più ampi degli altri
dipendenti, anche se tutte le decisioni critiche sono sempre
attentamente vagliate dalla direzione. Questo a mio parere è uno dei
limiti maggiori presenti all‟interno dell‟azienda verso il
44
raggiungimento dell‟obiettivo „della responsabilizzazione del
personale‟, frase che innumerevoli volte ho sentito evocare nei
momenti di crisi dalla direzione. In vero, il controllo gerarchico anche
se ha come pregio indiscusso il controllo capillare, quantomeno
presunto, di tutti i gangli dell‟organizzazione, non può garantire
l‟onnipresenza dell‟amministratore, lasciando spazio a possibili
deviazioni dal percorso stabilito per il raggiungimento dell‟obiettivo.
Infatti esistono dei margini imperscrutabili di autonomia
dell‟operatore nello svolgimento del lavoro assegnatogli.
A seconda del grado di responsabilità e di conseguente fiducia da
parte della direzione nei confronti del dipendente sono previsti
promozioni e premi pecuniari a fine anno per il raggiungimento degli
obiettivi.
45
Figura 2: Scelta fra mercato e gerarchia in base alla frequenza e alla specificità
46
2. LA CULTURA SECONDO SCHEIN
La cultura organizzativa è l'insieme dei principi di fondo, che un
gruppo ha inventato, scoperto o sviluppato mentre imparava ad
affrontare i problemi di adattamento alle condizioni ambientali esterne
e di integrazione interna, che hanno funzionato abbastanza bene da
essere considerati validi e che perciò vengono insegnati ai nuovi
membri come il giusto modo di percepire, pensare e sentire in
relazione a tali problemi.
Problemi d'adattamento a condizioni esterne. Gli elementi della
cultura derivano dal consenso in merito a:
missione fondamentale, funzioni esplicite e inespresse, compito
primario;
obiettivi derivanti dalla missione;
mezzi da utilizzare per il raggiungimento degli obiettivi;
criteri per valutare i risultati;
politiche correttive,
Problemi di integrazione interna:
linguaggio comune e comuni sistemi concettuali, concetti spazio
temporali;
confini di gruppo, criteri per l'ammissione al gruppo;
livelli gerarchici: criteri per l'allocazione di influenza, potere,
47
autorità
relazioni di pari livello criteri per la confidenza, l'amicizia, l'amore;
allocazione di ricompense e punizioni;
credenze e ideologie: come gestire l'ingestibile.
principi di fondo sottostanti:
le relazioni dell'Uomo con la natura: organizzazione e ambiente
la natura delle realtà e delle verità
la natura dell'essere umano;
la natura del attività umana
la natura delle relazioni umane,
Differenti principi di fondo si evolvono nell'affrontare i problemi
interni ed esterni. Le loro interrelazioni e il loro costituirsi unitario
producono il paradigma culturale per un certo gruppo. [Schein 1985].
2.1. Gli artefatti
Prendendo spunto dal metodo di ricerca di Schein, andrò ad
analizzare la cultura organizzativa procedendo attraverso un‟analisi
che si sviluppa a diversi livelli di profondità.
Secondo tale teoria al primo livello vi sono gli artefatti, i prodotti
immediatamente osservabili di qualsiasi organizzazione.
48
2.1.1. Le divise
Per i lavoratori dell‟ufficio non è richiesta una divisa in particolare
ma l‟eleganza e la sobrietà sono pretese sia per gli impiegati che per i
responsabili, mentre per gli altri lavoratori è prevista una divisa bianca
con il marchio dell‟azienda, anche perché come viene ribadito più
volte dall‟amministratore nel corso di molte riunioni:
“L‟abbigliamento curato, pulito è un marchio di
efficienza indispensabile per una azienda che lavora
soprattutto nel ramo del catering e delle pulizie e
rappresenta all‟esterno l‟immagine dell‟azienda”, infatti il
bianco è stato scelto per coloro che lavorano sulla ribalta
proprio perché come afferma l‟amministratore nel corso
dell‟intervista fattagli: “Evoca l‟idea del pulito senza
macchia, della purezza, dell‟igiene e al contempo della
naturalezza, chiarezza e semplicità, per non dire poi, in
netto contrasto con la divisa dei nostri eterni e diretti
competitor che è nera”.
2.1.2. L’architettura
L‟ufficio, unica struttura fissa ed immutata, è composto come già
accennato nel paragrafo precedente da cinque uffici distinti tra di loro,
in ognuno di essi vi è un arredamento moderno e funzionale nonché
rispondente ai dettami della legge 626. Sono forniti tutti di postazioni
49
informatiche, oggi collegate anche in internet. In tutti gli uffici è
installato un efficiente sistema di condizionamento, onde rendere
gradevole la permanenza dei dipendenti durante le ore di lavoro. Nella
scelta dell‟ufficio si è optato per una struttura ben frazionata, onde
evitare l‟instaurarsi di un‟eccessiva socializzazione dei dipendenti
nelle ore di lavoro, a discapito dell‟assolvimento dei compiti
prefissati. L‟ufficio delle segretarie è arredato in modo molto sobrio,
oserei dire minimale: le pareti bianche un archivio di legno bianco, le
scrivanie anch‟esse bianche. Sembra uno spazio surreale, un limbo.
Gli unici due oggetti appesi alle pareti sono una cornice con un
poster promozionale della “Lega incremento e conservazione razze
equine”, a testimonianza dell‟amore dell‟amministratore per la natura
e un calendario con il logo dell‟azienda. L‟ufficio dei responsabili è
molto simile, ma con qualche quadro in più, qualche disegno dei figli,
le foto delle mogli e una frase campeggia sulla porta d‟ingresso: “Non
chiedeteci l‟impossibile!Lo stiamo già facendo. Per i Miracoli ci
stiamo attrezzando!”. L‟ufficio del capo, rispecchiando a pieno
l‟ordine gerarchico presente nell‟azienda, è molto più elegante. Mobili
in ciliegio, una scrivania ed una libreria, sedie in pelle, tappeti
persiani, piante ed una buona quantità di quadri raffiguranti paesaggi e
incorniciano benemerenze varie.
Il centro cottura invece, rispecchia molto il mio carattere di
inguaribile romantica. Si entra da una porticina in ferro e ci si ritrova
in un piccolo ingresso che da su una scalinata di travertino, con
corrimano di ferro battuto nero. Dall‟alto della scala, da una nicchia,
troneggiava il busto bronzeo di un cupido; il pavimento è in cotto. Da
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un lato vi è l‟ingresso della cucina, mascherato da una tenda, dall‟altro
una piccola arcata conduce al primo dei due saloni. Appena entrati
spicca un grande olio raffigurante il primo bacio di Bouguereau, che
avevo fatto riprodurre da un pittore. Due grandi arcate disegnano gli
spazi del salone. Alle pareti sono appese alcune gerle con cascate di
margheritine gialle; appena entrati nel salone sulla destra vi è un
angolo bar e di seguito uno spazio conversazione con divani e
tavolini, attraverso una piccola arcata si passa ad un vestibolo che
prelude all‟altro salone, più grande, il quale poteva accogliere fino a
duecento persone. Sulle pareti si inseguono una serie di appliques
intervallate da gerle con cascate di bouganvilles, vi sono appesi anche
antichi attrezzi per setacciare la farina e altri utensili appartenuti
all‟antica civiltà contadina del luogo. In fondo al salone un olio
raffigurante la nascita di Venere dalle spume del “greco mar”. Dalla
scalinata di travertino si accede al piano superiore, sul ballatoio vi è
un‟anfora di vimini intrecciato con piante fiorite. Una grande finestra,
che si affaccia sul cortile, illumina tutta la scala. Da una porticina si
entra nella zona notte dove, su un lungo corridoio, si affacciano
cinque stanze da letto tutte arredate in tema bucolico e illuminate da
antiche lanterne appese alle pareti. Quadri raffiguranti cupidi e
bouquet di fiori campestri facevano capolino di tanto in tanto. La
cucina è arredata in modo molto pratico e funzionale con
elettrodomestici professionali ed una grande dispensa. Nel cortile
adiacente al casale vi sono due casette adibite a magazzino per lo
stoccaggio di detersivi, lenzuola e quant‟altro necessario per il buon
funzionamento della struttura.
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2.1.3. I riti
Solitamente ai lavoratori più volenterosi viene fatto per Natale un
dono “prestigioso”, come afferma l‟amministratore, consistente in un
oggetto d‟oro o una bella penna. A sentir le voci di corridoio e da
quanto riferisce nel corso dell‟intervista il responsabile della
manovalanza e trasporti, questa usanza non è molto amata soprattutto
da chi comincia ad avere un‟intera collezione di penne regalate
dall‟azienda è preferirebbe invece un premio pecuniario. Dal suo
sguardo e dal tono della sua voce si comprende benissimo che
anch‟egli si annovera tra i “collezionisti”.
Da sedici anni nello stesso ristorante di Trastevere, alla stessa ora,
le 20:30, intorno al venti di dicembre, si svolge la temutissima cena
aziendale, nel corso della quale vengono distribuiti i “ preziosi doni”.
Temutissima, sia per l‟arrivo dell‟ennesima penna, ma soprattutto
perché essendo invitati tutti i componenti dall‟amministratore ai
manovali, vi sono spesso dei rancori pregressi che emergono
nell‟unico momento in cui ci si ritrova tutti insieme
“Appassionatamente, come una grande famiglia”, afferma
ironicamente l‟amministratore. Nel corso di questa cena molto spesso
vengono alla luce gli incolmabili e continui dissapori che vi sono tra
gli addetti ai lavori d‟ufficio e gli operai. Infatti quando capita che vi
sia qualche ritardo o qualche errore nei pagamenti degli stipendi,
operai e manovali tempestano l‟ufficio di telefonate e non di rado
accade che le segretarie o il ragioniere, stanchi delle continue proteste,
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diano qualche risposta poco elegante. La cena aziendale così diviene il
momento della resa dei conti, anche se la maggior parte delle volte il
tutto si esaurisce in qualche frecciatina, grazie all‟abile intervento dei
responsabili che fanno qualche battuta per sdrammatizzare e smorzare
i toni. Poi, come riferisce ironicamente Tito, il responsabile della
divisione trasporti e manovalanza:
“Alla fine, il capo fa il discorso conclusivo, lusinga e
ringrazia tutti per i risultati ottenuti che hanno permesso
all‟azienda di progredire, riappacifica gli animi e li rende
pronti ad affrontare un nuovo anno di duro lavoro”.
Tra i riti aziendali vi sono: le riunioni mensili con i vari gruppi
operativi delle diverse divisioni per dare direttive e confrontarsi e i
corsi aziendali di formazione annuali.
Per quanto riguarda la sfera delle punizioni, ovviamente
simboliche, dobbiamo fare una distinzione analitica tra la percezione
che c‟è del compiere “il proprio dovere” da parte della Direzione e lo
scarto di significato che assume lo stesso concetto nell‟equipe di
riferimento. Infatti a tutti i livelli dell‟azienda il personale si ritaglia
dei margini di discrezionalità d‟azione e lo standard del compiere
bene il proprio dovere definito dall‟alto, viene tradotto nella maggior
parte dei casi nel fare il minimo indispensabile perché
l‟organizzazione non collassi, o perché il tuo responsabile diretto non
si accorga che non lavori al massimo delle tue capacità. Ma se il non
rispetto degli standard decisi dalla direzione ha come conseguenza
uno stallo della carriera o il non percepimento del premio produttività,
il non rispetto degli standard minimi decisi dall‟equipe
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d‟appartenenza porta all‟emarginazione, all‟isolamento. Infatti se un
impiegato o un operaio non svolgono il proprio lavoro rispettando gli
standard minimi, le conseguenze ricadranno anche sugli altri membri
dell‟equipe che, se non vorranno che la direzione si accorga della
“falla” e rischiare di incorrere in sanzioni pecuniarie, dovranno
svolgere anche il lavoro del loro collega, ciò ovviamente genera uno
scontento diffuso tra i membri dell‟equipe.
2.1.4. Gerghi Aziendali
Dall‟analisi svolta sia per mezzo dell‟osservazione partecipante sia
per mezzo delle interviste emerge che in ufficio è usato un gergo
molto formale, tecnico e difficilmente comprensibile a chi non abbia
conoscenze economico-giuridiche. Mentre tra gli operai e i manovali
non è diffuso un gergo specifico ma è molto in auge l‟uso di forme
dialettali e i nomignoli riferiti ai responsabili per poter parlare male di
loro anche in presenza degli stessi. L‟assenza di un gergo comune è
molto probabilmente dovuto al fatto che a questo livello vi è un tourn-
over di personale molto frequente Tra i camerieri, in pubblico, è usato
un gergo molto formale fatto spesso di gesti fugaci e occhiatine. Nel
retroscena invece si lasciano andare anche loro a forme gergali e
nomignoli. Ad esempio ho scoperto, lavorando come cameriera, che il
maitre era soprannominato, a causa della sua calvizie, il “melanzana”.
Mentre dall‟analisi svolta del linguaggio dei responsabili emerge
che essi quando sono a contatto con i loro subalterni usano un
linguaggio gergale anche se di registro leggermente più elevato
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rispetto a quello usato dagli operai, mentre quando si trovano a
contatto con la direzione o con i clienti sono in grado di usare un
linguaggio più formale. Essa è proprio una delle doti richieste
dall‟azienda alla figura del responsabile che è una sorta di lavoro di
confine che deve stare a contatto e si deve saper rapportare ed adattare
a realtà culturali diverse fra loro.
2.2. Valori espliciti
Continuando ad un livello più approfondito andiamo ad analizzare
quelli che Schein definisce i valori espliciti dell‟organizzazione.
Questa è la sfera dei discorsi manifesti e accettati che vengono spesso
creati e fatti circolare dalla dirigenza per rafforzare il senso di
appartenenza e solidarietà, di individuare pericoli e nemici esterni, di
chiarire e legittimare le scelte dell‟organizzazione, di creare consenso
tra i membri. Attraverso una ricognizione dei discorsi scritti ed orali e
la formazione di due focus-group, esaminero la loro evoluzione nel
tempo.
2.2.1. Creazione del senso di solidarietà e appartenenza
Nel corso di un focus-group in risposta allo stimolo: “Cosa si
intende per solidarietà nell‟azienda di cui fate parte”,Tito il
responsabile della divisione trasporti e manovalanza, uno dei primi ad
essere assunti, afferma:
“All‟inizio mi ricordo che una delle frasi più di frequente
citate dal capo e dai miei responsabili del tempo era che
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eravamo tutti una grande famiglia, che ci dovevamo
impegnare a fare del nostro meglio, prima di tutto per amor
proprio, perché se il business aziendale avrebbe portato i
suoi frutti a fine anno ne avremmo beneficiato tutti, ma al
contempo vi era un forte accentramento decisionale nelle
mani del capo, ogni decisione straordinaria od ordinaria
doveva passare sulla sua scrivania. Questo fu possibile solo
fin tanto che l‟espansione aziendale era circoscritta alle
sole pulizie e trasporti”.
“Infatti”- esordisce Anna una delle segretarie- “Nei primi
anni in cui l‟azienda cominciò ad ingrandirsi, quindi
parliamo più o meno di cinque anni dopo la sua fondazione,
vi furono dei seri problemi di canalizzazione del flusso delle
informazioni, poiché il capo non si fidava ancora di
demandare la responsabilità decisionale ad altri. Come
affermava spesso, infatti, essendo l‟amministratore
rischiava in prima persona. Ma alla fine, vista la gran mole
di lavoro da sbrigare giornalmente e subendo alcune di essi
eccessivi ritardi, decise, anche grazie alle pressioni fatte da
tutti noi dell‟amministrazione e dai responsabili, di
demandare almeno per quanto riguardava le decisioni non
straordinarie, ai responsabili di divisione”.
Intervenne Raniero, il maitre: “Secondo me la scelta del
capo non fu dettata dall‟eccessivo carico di lavoro ma dalla
crescente fiducia nei nostri confronti! Infatti la visione
dell‟azienda come una famiglia, che i primi anni appariva
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una forzatura, nel corso del tempo però è divenuta qualcosa
di naturale insito in noi e nell‟organizzazione, con i suoi
pregi e difetti!”, (accenna un sorriso e scambia uno sguardo
complice con Tito).
Alla richiesta di specificare l‟ultima affermazione,
Raniero riflette un attimo e dice: “Indubbiamente avere
maggiore libertà decisionale rende tutto molto più
scorrevole e veloce, ma rischi di più, perché non sempre è
chiaro quale sia la linea che la direzione vuole che si segua
e rischi di ricevere qualche richiamo! Certo da quando ci
incontriamo mensilmente con il capo per fare il punto della
situazione le cose sono molto migliorate!”
Rinaldo lo chef interviene:“Secondo me la situazione è
migliorata da quando facciamo gli incontri di formazione e
aggiornamento, soprattutto quelli per migliorare la
comunicazione, e da quando si seguono dei criteri di
selezione del personale più professionali rispetto al metodo
delle reti di conoscenze, infatti molto spesso i problemi che
abbiamo avuto con alcuni camerieri od aiuto cuochi aveva
proprio come origine di un metodo errato di selezione del
personale!”.
Alessandra, una delle segretarie, afferma: “Per quanto mi
riguarda il senso di appartenenza, lo avverto fortemente nel
corso delle riunioni mensili, quando ci ritroviamo tutti
insieme e ci viene ricordato che siamo una squadra e che
per ottenere dei buoni risultati dobbiamo lavorare in
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sinergia!”.
Dalle ulteriori testimonianze raccolte nel corso di interviste e di
colloqui, emerge che la visione dell‟azienda come una “grande
famiglia” andò nel tempo a modificarsi almeno a livello di dirigenza,
poiché il modello familiare non era efficiente, proprio come afferma
Anna, rendendo tutti i meccanismi decisionali più lenti; dall‟altro
canto si ravvisava anche l‟importanza di evocare i valori familiari per
rafforzare il senso di appartenenza.
Nel frattempo nel corso di questo processo di creazione di cultura
aziendale, si venivano a delineare i comuni nemici, simbolici e reali,
sempre per accrescere l‟identità del gruppo ed il senso di
appartenenza. I nemici simbolici sono la poca professionalità, la
scarsa igiene, la non collaborazione tra colleghi, la competitività
spinta all‟eccesso, il burnout. I nemici reali sono i diretti competitors ,
le gaffe e gli incidenti che possono avvenire nel corso di un evento.
Mentre di igiene e collaborazione tra colleghi ne abbiamo gia parlato
e di gaffe ed incidenti ne parleremo più approfonditamente in seguito
volevo soffermarmi sul burnout e sui competitors.
Il burnout viene inteso dai membri di questa organizzazione come
la perdita della capacità di gestire e canalizzare le proprie emozioni,
con una conseguente perdita di equilibrio emotivo e incapacità
dell‟individuo di mantenere la distanza dal proprio ruolo. Spesso
l‟argomento: “Sto per esaurirmi!”, genera solidarietà tra i lavoratori
che trovano sempre qualcuno che stia attraversando il medesimo stato
d‟animo e come si suol dire: “Mal comune, mezzo gaudio!”.
Il burnout può essere generato da varie cause. Il primo non per
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significatività ma per puro ordine esplicativo può essere: “il chiedere
troppo a se stessi”. In un colloquio fatto all‟amministratore, proprio su
tale argomento, afferma:
“Se non vuoi accorgerti dei tuoi limiti umani, del fatto
che non sei un robot, saranno i fatti a fartelo vedere! Io lo
so bene! Stavo rischiando di andarmene di testa! Non avevo
più orari, il tempo non mi bastava mai, e spesso quello che
facevo, lo facevo anche male! Stavo sveglia la notte a
pensare a quello che avrei dovuto fare il giorno successivo!
Sia in ufficio che a casa ormai non parlavo, urlavo! Sono
stati proprio i miei collaboratori che un giorno dopo essere
svenuta per l‟eccessivo stress, mi hanno dato l‟out-out e mi
annunciarono che o prendevo le ferie o non sarebbero più
venuti a lavorare in quelle condizioni”.
Un‟altra causa possono essere le pressioni interne all‟azienda per
l‟ottimizzazione dei risultati.
Tito, uno dei responsabili, nel corso di un colloquio
afferma: “Quando l‟azienda si pone un obiettivo da
raggiungere, se non ci si riesce diventa un fallimento per
tutti! Allora quando si arriva vicino alla resa dei conti
comincia a venirti l‟ansia, è tutto un corri, corri, perché
pensi che se non raggiungi la meta sei un fallito! Cominci a
pretendere l‟impossibile da tutti e non accetti
giustificazioni! Gli altri ti guardano come fossi un pazzo!
Non si rendono conto che in gioco c‟è anche il loro lavoro!
Io ho dato e continuo a dare l‟anima per l‟azienda! E ci
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tengo al raggiungimento degli obiettivi non solo per un fatto
puramente economico, ma anche per una soddisfazione
personale e perché mi sento ormai, credimi, uno di
famiglia!”.
In terzo luogo il burnout può essere provocato dalla pressione
esercitata dai colleghi.
Anna, la segretaria, durante un‟intervista afferma:
“Quando c‟è qualche problema, soprattutto se si tratta di
stipendi, ti martellano fino a che non scoppi! Poi, però,
esiste un‟altra forma di cospirazione che ho provato sulla
mia stessa pelle! In altre parole, quando arriva un nuovo
assunto, sembra quasi che abbiano paura che gli possa
portar via il posto, e fanno di tutto per metterlo in difficoltà,
sotto pressione nella speranza che il mal capitato scappi! E
più di una volta ci sono riusciti. Il maestro in questo è
proprio uno dei responsabili”.
Dalle mie osservazioni è emerso che in realtà la vita aziendale
costringe la maggior parte dei suoi membri, soprattutto quelli che
hanno responsabilità diretta, a vivere a stretto contatto con il burnout,
che per quanto possa essere un‟esperienza difficile con dei costi
elevati, spesso a discapito della salute, spesso viene visto come il
merito di un valoroso guerriero che nel corso della battaglia può
rischiare di essere ferito e quando accade diventa un eroe se non un
martire aziendale. In tale categoria rientra perfettamente Tito, che si
lamenta in continuazione di tutte le conseguenze che il super lavoro
ha su di lui, nonostante non si prenda, per sua volontà, neanche un
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giorno in più di ferie. Al massimo si crea qualche spazio di relax
durante la sua giornata lavorativa, prendendosi un caffè o scambiando
due chiacchiere con qualche collega, se non, anche, sbrigando qualche
commissione personale con il mezzo aziendale! Ma a lui, martire
aziendale tutto è concesso!
Per quanto riguarda i nemici esterni, i più citati nel corso delle
riunioni e nei discorsi informali sono i diretti competitor, un‟azienda
che offre i medesimi servizi della Esse.V. e dalla quale essa cerca in
tutti i modi di differenziarsi migliorando i propri standard e creando
un fronte interno, compatto e coeso, contro il comune nemico. Questo
sentimento di avversità si acutizza ogni qual volta l‟azienda concorre
ad una gara d‟appalto e sa che dovrà fronteggiarsi con la sua nemica.
Raniero dice: “ Secondo me questa forte competitività ha
origine da quando, tutte le volte che si avvicinava lo
scadere del contratto, anche con mezzi poco ortodossi,
cercavano di soffiarci il nostro appalto più fruttuoso! Ed un
paio di volte ci sono riusciti!”.
Interviene Rinaldo: “Vere o presunte, le loro angherie
aumentavano il nostro odio nei loro confronti, e ci faceva
sentire un fronte compatto, una squadra!”.
2.3. Gli assunti di base
Gli assunti di base sono le convinzioni profonde ed inespresse che
aiutano a capire l‟anima dell‟organizzazione.
Il rapporto che l‟azienda ha con la natura e di rispetto ed armonia,
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infatti per lo smaltimento degli oli saturi e di altri rifiuti si affida ad
una ditta specializzata, fa la raccolta differenziata dei rifiuti, per molti
documenti soprattutto per quelli interni usa carta riciclata, i furgoni e
le macchine aziendali rispettano tutti i più moderni requisiti contro
l‟inquinamento. In ufficio spadroneggia liberamente, saltando da una
scrivania all‟altra, Minù una gatta siamese. Tutto ciò probabilmente
dovuto al fatto che l‟amministratore è un vero amante della natura. La
concezione del tempo è legata al progresso: “Bisogna sempre
guardare avanti, mai voltarsi!”, questo è uno di quei motti che spesso
si sente ripetere alle riunioni e nei discorsi fatti dai responsabili ai loro
subalterni. Per quanto riguarda invece la concezione della natura
umana, anche se dalla dirigenza vi è l‟intenzione di diffondere l‟ideale
che l‟uomo è un essere capace di perfezionarsi indefinitamente, in
realtà, a causa di diverse tentate truffe ai danni dell‟azienda da parte di
alcuni lavoratori a cui l‟organizzazione aveva dato fiducia, è maturata
nel corso del tempo a livello di dirigenza la visione pessimistica della
natura umana macchiata dal peccato originale. Inizialmente vi era una
visione autoritaria dei rapporti umani, ma grazie anche alla fiducia
accresciuta nei confronti propri membri, l‟azienda nel corso degli anni
raggiunge una visione che lascia spazio alla cooperazione tra membri,
pur mantenendo, soprattutto attraverso le politiche retributive, una
sana competitività che aiuti a sviluppare le capacità individuali, nel
sottobosco rimane comunque il controllo gerarchico, ormai
incorporato dalla cultura e divenuto per i membri un automatismo un
ideologia. La percezione di questo fenomeno da parte dei vari membri
è che inizialmente vi fosse l‟intenzione di mantenere l‟ordine
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ricorrendo alla gerarchia e al controllo, ma sviluppandosi le reti di
rapporti sociali interne all‟azienda basate sulla fiducia e sulla delega
di responsabilità si andò, sempre più, verso un sistema cooperativo.
Tra le altre credenze incastonate nella cultura nel corso degli anni,
vi è una sorta di “elaborazione del lutto collettiva” quando avvengono
degli incidenti o gaffe che nonostante tutto l‟impegno profuso non si è
riusciti ad evitare. Da quello che raccontano Raniero e altri
collaboratori si evince che all‟inizio, quando l‟azienda era alle prime
esperienze nel campo del catering, ogni incidente veniva visto come
una sconfitta che faceva perdere credibilità a tutta l‟organizzazione.
Ma dopo tanti anni di lavoro e ascoltando le vicissitudini anche dei
lavoratori delle aziende che collaborano con la Esse.V., si sono resi
conto che il modo migliore per superare questi avvenimenti avversi è
quello di farli rientrare nel range della normalità, prevederli, e quando
avvengono, di fronte al pubblico bisogna mantere un contegno e
superare l‟avvenimento con garbo ed eleganza, (questo è un esempio
di come il confronto con altre culture già consolidate, può essere
importantissimo per maturarne una propria, anche se con rischi
d‟ingerenza culturale). Nel retroscena, con gli altri membri, riderne e
sdrammatizzare, infatti anche attraverso questi eventi se superati nel
modo giusto si rafforza la cultura, l‟ideologia di un gruppo e si
accresce la storia di esperienze comune che aiuta ad inquadrare anche
l‟evento deviante, nella routine del proprio lavoro.
2.3.1. Pro e contro di una conduzione familiare
Facendo un‟attenta ricognizione delle dinamiche decisionali interne
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all‟impresa, stimolata dai grossi limiti incontrati dalla Esse.V. nel
passaggio da piccola azienda a conduzione familiare a media azienda
a conduzione manageriale, è emerso, anche dai vari colloqui fatti con
l‟Amministratore, che inizialmente essa attribuiva tali limiti alla
mancanza di risorse interne e alla difficoltà di reperire nuove figure,
che senza essersi guadagnate la fiducia dell‟Amministrazione e
dell‟organizzazione nel suo complesso, ricoprissero dei ruoli chiave.
Poi a seguito di vari confronti con gli altri componenti della famiglia,
con alcuni responsabili e le aziende partner che avevano una storia
aziendale affine alla nostra, si rese conto che il limite maggiore allo
sviluppo aziendale era proprio dovuto alla cultura aziendale di tipo
familiare e gerarchico, e all‟eccessivo accentramento di poteri
decisionali nelle sue mani che aveva bloccato lo sviluppo di capacità
decisionali autonome e di forme di responsabilità da parte dei suoi
diretti sottoposti, ovvero i responsabili, tra cui io, la figlia.
La sovrapposizione tra ruoli imprenditoriali, ruoli manageriali e i
ruoli familiari è sempre stata presentata come una caratteristica
peculiare della piccola e media impresa (e, in Italia, anche di talune
grandi imprese). Da tale caratteristica vengono spesso fatti discendere
gli elementi di flessibilità, innovazione e produttività che si
accompagnano a una gestione poco formalizzata e fortemente unitaria.
Questi fattori di successo sono invece letti in senso negativo
quando una piccola o media impresa come l‟ESSE.V., deve affrontare
problemi di sviluppo, di cambiamento di business, di successione di
leadership.
Tali problematiche rientrano nel più ampio argomento della
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difficoltà di affiancare in posizioni direttive l'imprenditore, i suoi
collaboratori familiari e risorse umane non familiari a elevata
qualificazione. In questo contesto, la gestione del personale non si
rivolge indistintamente alle risorse umane dell'impresa. Piuttosto, essa
è chiamata a segmentare i soggetti destinatari della propria azione,
individuando meccanismi e azioni per lo sviluppo dei familiari
coinvolti nell'attività e per il supporto del lavoro dell'imprenditore.
Una piccola e media impresa è caratterizzata in senso individuale e
accentra nella figura del proprietario imprenditore una pluralità di
funzioni tecniche e di ruoli che è difficile separare. Nella fase di avvio
e nelle fasi critiche di cambiamenti significativi di strategia la
sovrapposizione di ruoli imprenditoriali manageriali e familiari,
concentrati nella figura della madre-imprenditrice-manager, garantisce
una polarizzazione di energia che consente una capacità di
realizzazione altamente finalizzata e un controllo unitario.
L'organizzazione aziendale presenta un elevato grado di dipendenza
dall'imprenditore ciò restringe le possibilità di sviluppo e aumenta la
vulnerabilità dell'impresa. Tale situazione può essere superata per via
organizzativa, attraverso la separazione dei ruoli e la loro
professionalizzazione. Infatti una delle strategie che verranno usate
dall‟azienda per ovviare all‟insostituibilità della figura
dell‟Amministratore sarà proprio quello di far seguire corsi di
formazione ai propri dipendenti per aumentarne o crearne la
professionalità. Più in particolare, l'imprenditore delega compiti di
tipo prevalentemente direzionale e operativo e si rende disponibile per
compiti di tipo strategico. A questa soluzione, però, si frappongono
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alcune difficoltà di ordine economico e dimensionale, professionale e
di ordine psicologico.
Per quanto riguarda i primi, i problemi di ordine economico e
dimensionale, dipendono dal fatto che, come già detto in precedenza,
non sempre esistono le condizioni per spingere le specializzazioni
manageriali ai livelli necessari per configurare posizioni autonome,
mentre una certa intercambiabilità di ruoli consente una più
economica utilizzazione delle risorse direzionali disponibili, senza
appesantire la struttura dei costi, anche se spesso ne limitano
l‟efficienza e la buona funzinalità.
Il secondo tipo di difficoltà, quella di natura professionale, è dovuta
al fatto che non sempre esistono competenze adeguate all'interno
dell'impresa, dato il tipo di selezione e di sviluppo professionale
operato in passato, che privilegiando la fedeltà e l'identificazione nei
valori di riferimento rispetto ad altri criteri di selezione, può inibire lo
sviluppo di un management autonomo e competente;
In fine, i limiti di ordine psicologico, dipendono dal rischio per
l‟Amministratore, in questo meccanismo di devoluzione dei propri
compiti, di rimanere schiacciato. Ha quindi la sensazione di perdita di
controllo della situazione e presenta una forte resistenza a delegare;
anche quando alla fine accetta di delegare, mantiene di fatto una sorta
di supervisione diretta che limita l'efficacia della delega. Si innesca un
circolo vizioso per cui il titolare più che delegare, si fa delegare
compiti operativi e direzionali. Infatti difficilmente un sovrano
assoluto, decide di abdicare di sua spontanea volontà, ma è il
concatenarsi di una serie di eventi positivi per l‟organizzazione, ma
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molto spesso sfavorevoli per l‟imprenditore, che lo conducono a
maturare tale scelta anche non essendo pienamente convinto della sua
efficacia, ma soprattutto della competenza di colui o coloro a cui
delegherà, perché ammettere ciò significherebbe ammettere che è una
pedina come tutte le altre, sostituibile.
2.3.2. Delegare o non delegare
L‟annosa questione delle deleghe da tempo attraversava ormai i
corridoi dell‟azienda. Il potere assoluto nelle mani di mia madre era
divenuto ormai insostenibile per tutta l‟organizzazione. Infatti se da
un lato questa situazione giovava a parte dei responsabili che non
volevano prendersi responsabilità diretta per poter dire in caso di
errori: “Capo è stata lei a dirmi di fare così!”, oppure “Si è sempre
fatto così!”, la lentezza dovuta alla grande mole di lavoro da svolgere
e alle troppe decisioni da prendere rischiavano di rendere obsoleta,
inefficiente e scarsamente competitiva tutta l‟organizzazione. Se
infatti in una prima fase di sviluppo il modello familiare aveva aiutato
l‟azienda a decollare ora rischiava di tarparle le ali.
Lo sviluppo dell'impresa familiare può essere sostenuto da risorse
interne al gruppo di controllo, da risorse esterne o da entrambe. In
tutti i casi, il proprietario-amministratore è chiamato a delegare
responsabilità che hanno un elevato impattano sulla competitività
dell'impresa.
Affinché ciò avvenisse in modo ordinato necessitavano: da un lato,
meccanismi operativi capaci di controllare l'operato dei collaboratori;
dall'altro, l'attribuzione di una delega effettiva.
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Un atto di delega consiste nell'autorizzazione da parte di un capo
nei confronti di un collaboratore a prendere decisioni in una certa
area, decisioni che prima erano prese dal capo delegante. Il processo
di delega sarebbe stato efficace a condizione:
1. che fossero note le caratteristiche dei candidati alla delega al fine
di collocare correttamente l'uomo giusto al posto giusto;
2. che le deleghe fossero ampie così da rendere più facile
l'individuazione delle responsabilità;
3. che il processo non fosse influenzato dal desiderio inconscio di
vedere riaffermata la propria personalità dal fallimento dell'azione del
delegato, ad esempio evitando di dotarlo di tutti i poteri formali
necessari. Ciò, infatti, renderebbe poco credibile e improponibile un
successivo processo di delega;
4. che ci fosse un interesse del delegante a ridurre il proprio carico
di responsabilità;
5. che i confini del campo d'azione fossero rispettati dagli attori
coinvolti nella relazione, evitando soprattutto che il delegante
scavalcasse e si sostituisse al delegato.
Nella realtà delle imprese italiane, di piccola ma anche di grande
dimensione, l'affiancamento di risorse esterne non sempre rispetta
questi presupposti, portando al fallimento l'inserimento.
Fino ad oggi è uno dei più grandi problemi che assilla ancora
l‟Esse.V., anche se si sono fatti dei grandi passi verso il
raggiungimento dell‟autonomia, e della responsabilizzazione dei
membri dell‟organizzazione.
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2.3.3. La successione del “leader”
Le problematiche connesse al processo di delega aiutano a
comprendere anche la gestione dei familiari coinvolti nella gestione,
nonché il fenomeno successorio. La famiglia è una componente
importante dello sviluppo della piccola e media impresa e nelle fasi di
cambiamento può essere tanto un elemento di stabilità e di
cooperazione, quanto un elemento di crisi e di conflitto. La forte
carica emotiva dei rapporti familiari segna sia i momenti cooperativi
sia quelli conflittuali, rendendo più difficili le scelte di ordine
razionale. Nelle situazioni di carattere cooperativo, la famiglia inserita
nella gestione realizza un clan naturale che consente un'integrazione
di obiettivi, di valori e di cultura. Accanto a questa fondamentale
funzione di coesione esistono alcuni problemi:
1. come tutti i clan la famiglia tende a produrre un “pensiero di
gruppo” che presenta alcuni pericoli [Janis 1972]: l'illusione di
invincibilità, la sottovalutazione delle informazioni negative, la
fiducia nei propri valori, una considerazione stereotipata dei membri
esterni al gruppo, una pressione di gruppo verso il conformismo e
l'illusione di unanimità li difesa da interferenze;
2. la sovrapposizione tra norme aziendali e norme familiari può
generare comportamenti contraddittori in ordine a politiche di
selezione, politiche retributive e valutazione delle persone e delle
prestazioni, politiche di formazione e di sviluppo.
Un'accorta gestione di questi problemi passa attraverso opportuni
interventi nella struttura organizzativa, nei sistemi operativi e nella
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cultura aziendale, volti a ridurre tanto la dipendenza dell'azienda
dall'imprenditore, quanto la dipendenza dell'imprenditore da essa. Ciò
risulta di fondamentale importanza al momento della successione
imprenditoriale ossia di quel “processo che, con l'obiettivo di
garantire continuità all'impresa, pervenga alla delega della
responsabilità attinente al ruolo imprenditoriale” [Corbetta e Preti
1988; Preti 1991] Essa non è necessariamente un momento
traumatico. In alcuni casi, vecchia e nuova generazione gestiscono
“consensualmente” il trapasso: l'imprenditore-madre delega
effettivamente il potere direttivo; il successore-figlio ha le competenze
adeguate per gestire l'impresa. In altri casi, invece, la successione è
problematica o per l'esistenza di atteggiamenti contrastanti tra gli
attori coinvolti nel processo o per l'impreparazione della nuova
generazione Nella seconda ipotesi, si può parlare di asincronia tra
generazioni [Gubitta 1996], superabile attraverso il ricorso a risorse
manageriali esterne alla famiglia.
Il successo di una simile scelta però, è subordinato alla efficace
progettazione del riassetto delle posizioni di vertice, con la
conseguente corretta attribuzione di compiti e responsabilità In
sostanza la successione imprenditoriale diventa un caso particolare del
più ampio fenomeno della delega dei compiti direttivi. Infatti, molti
manager assunti, per affiancare mia madre, massimo dopo un anno
abbandonano l‟impresa, sentendosi compressi in un ruolo troppo
stretto per loro e deprofessionalizzante.
70
2.3.4. Gestione delle risorse umane familiari
La trasformazione dei ruoli diventa un campo di intervento dello
specialista di risorse umane (interno o esterno all'impresa, a seconda
delle dimensioni). Lo sviluppo manageriale è il punto locale dei
processo di predisposizione della trasformazione dei moti ed
eventualmente per il ricambio generazionale. Nella piccola e media
impresa lo sviluppo manageriale andrebbe gestito sulla base dei
seguenti principi:
1. è necessario coinvolgere il leader, che deve occuparsi del proprio
auto sviluppo, allentando il suo coinvolgimento nell'operatività;
2. procedere sulla base di una diagnosi specifica di tipo sia
organizzativo ossia professionale, individuando le potenzialità di
crescita e le modalità con cui renderle concrete;
3. procedere di pari passo con la progressiva attribuzione di nuovi
compiti e nuove responsabilità, al fine di realizzare una delle modalità
di crescita della piccola e media impresa: le aree di autonomia e di
responsabilità possono essere create e sperimentate anche prima di
procedere a cambiamenti struttura organizzativa, utilizzando in senso
evolutivo i rapporti interpersonali che l'imprenditore continuerebbe
ugualmente a mantenere;
4. investire con uguale intensità sia i membri della famiglia, inseriti
o inseribili nell'azienda, che i collaboratori esterni alla famiglia: ciò
pone un particolare problema in ordine all'inserimento e allo sviluppo
professionale dei figli, il cui ruolo in azienda va legittimato sul piano
sostanziale.
71
Le difficoltà in ordine allo sviluppo manageriale dei collaboratori si
presentano in misura, se possibile, accentuata per lo sviluppo
imprenditoriale e manageriale dei figli. Premesso che è negativo tanto
l'inserimento forzato dei figli in azienda, quanto la loro esclusione a
priori, si tratta di gestire senza preclusioni un processo di
professionalizzazione e di verifica dei risultati. L'acquisizione di
competenze manageriali e specialistiche è fondamentale sia per
conferire al figlio la sicurezza psicologica, sia per legittimarne sul
piano sostanziale l'ingresso in azienda. Più delicato è il problema
dell'esperienza pratica. Si è già detto che non è obbligatorio inserire i
figli in azienda, ma se lo si fa bisogna evitare di inserirli senza un
ruolo chiaro. Il ruolo deve sicuramente essere commisurato alle
capacità effettive, ma deve soprattutto mettere in grado il figlio di
provare a se stesso e agli altri cosa sa fare. Seguire l'inserimento è
un‟incombenza che non sempre il padre è in grado di assolvere, per
ragioni di ordine psicologico e di tempo. Può essere utile affidarsi ad
un “tutore” interno, assieme al quale potranno essere definiti obiettivi
specifici da raggiungere. Quello che è assolutamente da evitare e che
purtroppo resta la strada più seguita è mettere il figlio nella equivoca e
scomoda posizione che somma il ruolo dei “figlio dei padroni”, con
quello del “ragazzo di bottega che comincia a dare una mano”. E‟
invece importante per i figli, non meno che per gli altri collaboratori,
essere messi nelle condizioni di rispondere di risultati, proporzionati
alle loro possibilità, ma relativamente autonomi e non essere costretti
a confrontarsi continuamente, prima di prendere qualsiasi decisione,
con tutta la famiglia. Infatti nonostante si possa essere tentati a
72
pensare che abbia più libertà d‟azione degli altri membri, solitamente
si è invece sottomessi ad una duplice autorità quella gerarchica
lavorativa e ancor peggio quella genitoriale, che molto spesso
impedisce anche ai figli di sviluppare una propria autonomia e che
spesso abbandonano l‟impresa prima di arrivare alla successione del
capo assoluto.
73
3. TRASMISSIONE DELLA
CULTURA
La struttura sociale di ogni organizzazione comprende la
definizione minuziosa e accurata delle caratteristiche che dovrebbero
contraddistinguere i propri membri; e non solo in quanto membri, ma
in quanto esseri umani
Erving Goffman [1961 Asylums, p. 180],-
Nel corso di questo capitolo approfondirò quali sono i meccanismi
che si innescano all‟interno di un‟azienda di organizzazione d‟eventi,
per la trasmissione di quel tassello fondamentale per qualsiasi realtà
organizzativa che è la cultura aziendale. Cercherò di individuare quali
sono i membri che all‟interno dell‟azienda si fanno carico del difficile
compito della diffusione della cultura aziendale; quali sono le
resistenze che inizialmente alcuni nuovi membri mettono in gioco e
quali sono invece le resistenze messe in atto da membri di lungo-corso
per mantenere un distacco dal ruolo invasivo di membro con la
conseguente strutturazione di una vera e propria controcultura, che
creando pressione dal basso stimola e spinge alla democratizzazione
dei processi decisionali dell‟intera organizzazione. Inoltre andrò ad
analizzare quali sono i meccanismi che la direzione mette in atto per
gestire e detenere il controllo dei processi decisionali attraverso la
diffusione della cultura.
74
3.1. Parametri di selezione dei nuovi membri
Uno dei metodi perseguiti dall‟organizzazione per la diffusione
della sua cultura è quello di selezionare a priori dei lavoratori che
abbiano gli skill necessari dal punto di vista professionale, ma che al
contempo siano soggetti inclini all‟adattamento alla cultura aziendale.
Solitamente per ruoli marginali l‟azienda si affida ad un‟agenzia di
lavoro interinale, per poter provare le qualità del personale selezionato
e anche perché il lavoratore stesso possa provare se gradisce ricoprire
a lungo quel ruolo per il quale è stato selezionato, prima di inglobarlo
a pieno titolo nell‟azienda. Per quanto riguarda invece l‟acquisizione
dei ruoli chiave, solitamente l‟azienda si affida alle risorse interne,
conosciute, affidabili, nel caso in cui però non ci siano lavoratori in
grado di ricoprire la mansione scoperta l‟azienda secondo i casi o
individua un membro dell‟organizzazione che secondo i parametri di
merito usati dal suo responsabile, può essere in grado di acquisire le
capacità necessarie attraverso la formazione e fare un salto di qualità
professionale. Come parametri di solito si usano il grado di autonomia
del lavoratore nell‟agire nel range di scenari decisionali offerti dalla
cultura aziendale, la sua inclinazione a sacrificare la maggior parte del
tempo della sua vita per la “causa aziendale”, quindi la sua capacità di
apprendimento. Altrimenti, in assenza di risorse interne si rivolge o
all‟agenzia di selezione, ma più di frequente acquisisce informazioni
sul candidato ideale attraverso la rete di conoscenze costituita in
particolar modo da alter aziende che collaborano nel settore.
Nel corso di un colloquio sull‟argomento selezione del personale
75
l‟amministratore afferma:
“All‟inizio dell‟attività aziendale il personale veniva ricercato
e selezionato per conoscenza diretta o passando attraverso gli
organi istituzionali. In effetti si selezionavano operatori sull‟onda
della necessità contingente e senza approfondire eccessivamente
la verifica delle intrinseche qualità professionali. Spesso però ci
si accorgeva che in effetti quanto vantato all‟atto della
presentazione non rispondeva ad una altrettanto reale capacità”.
Nel prosieguo del tempo, mia madre, coadiuvata anche da mio
padre e della sua esperienza, stilò una serie di test pratici a cui
sottoporre il personale, essenzialmente quello tecnico (cuochi,
camerieri, aiuto cuochi, caposala, eccetera…).
I cuochi venivano sottoposti alla prova tecnica della preparazione di
particolari piatti. Ai camerieri si chiedeva di apparecchiare dei tavoli,
ai caposala veniva richiesta anche la capacità di essere un buon
barman. Con tale sistema di selezione, si è ottenuto di aver un‟equipe
di personale di qualità che dura ormai da anni.
Negli ultimi anni, invece l‟interesse della proprietà si è rivolto alla
decisa ricerca di responsabili delle divisioni in grado agire
autonomamente pur relazionandosi frequentemente con la proprietà.
In particolare ci si è posti alla ricerca di un manager in grado di
gestire una piccola azienda, abituata ad una gestione a forte
caratterizzazione familiare, proiettandola verso traguardi sempre più
prestigiosi.
Di fatto alla stato attuale non è più possibile gestire tutto in prima
76
persona e pertanto è indispensabile decidere se decentrare le attività di
controllo o ridimensionare l‟attività. Da queste considerazioni è
scaturita la decisione di cui prima. Al momento ancora non si è
riuscito ad acquisire la professionalità richiesta. I giovani manager,
spesso, preferiscono le grandi aziende in cui poter crescere.
I manager affermati hanno un costo eccessivo per le nostre
capacità finanziarie. Il personale molto anziano, presente sul mercato,
spesso è privo di stimoli e di interesse nei confronti di un‟azienda
come la nostra. Servirebbe un dirigente con buone capacità tecniche
ma anche con notevoli capacità di gestione in grado di farsi
rapidamente apprezzare e stimare.
3.2. Tempi e metodi di formazione
I tempi di formazione e di conseguente trasmissione della cultura
aziendale e della cultura di gruppo varia sia dal tipo di incarico che il
nuovo membro dovrà ricoprire sia dalle sue capacità di
apprendimento. Dai colloqui svolti con l‟amministratore e con i
responsabili è emerso che per quanto riguarda i camerieri per ottenere
degli standard qualitativi elevati ci vogliono almeno quattro anni di
esperienza e di affiancamento a una figura già competente, di solito
questo compito di accompagnamento spetta a Raniero il direttore di
sala, ma anche a tutti i suoi colleghi più aziani, che sicuramente per un
lungo periodo approfitteranno a piene mani della sudditanza del mal
77
capitato con la minaccia che se non svolge più che bene tutte le
mansioni non diverrà mai un membro a pieno titolo. Per quanto
riguarda un responsabile degli eventi i tempi sono molto più lunghi,
almeno otto anni di esperienza nel settore, e per l‟ideatore degli eventi
a volte non bastano dieci anni di esperienza e l‟aver ricoperto anche la
mansione di responsabile della divisione. Come ben si può capire,
queste sono figure difficilmente sostituibili in poco tempo e
soprattutto per responsabile e organizzatore per una maggiore
efficienza globale devono continuamente sottoporsi ad aggiornamenti
del settore. Ancora più difficile è trovare un bravo chef, non solo
bravo a cucinare ma a coordinare tutto ciò che è attinente alla cucina,
anche in questo caso oltre ad avere spiccate doti professionali e di
fantasia culinaria, deve essere un individuo equilibrato, in grado di
gestire le tensioni che si possono venire a creare nei momenti di
maggiore stress, anche in questo caso ci vogliono almeno dieci anni di
brillante carriera per poter ricoprire in maniera affidabile questo ruolo.
Solitamente per i nuovi arrivati la prova del fuoco è essere
affiancato per il primo mese dal depositario d‟elezione della cultura
aziendale, il primo responsabile dell‟azienda, Tito. Se i nuovi entrati
sopravvivono al primo mese vi sono altissime probabilità che
supereranno con disinvoltura qualsiasi altra prova gli si sottoponga.
Marco un nuovo assunto afferma:
“Dire che è martellante è usare un eufemismo! Ti stà sempre
con il fiato sul collo, ti dice in continuazione cosa devi e non
devi fare! Ti insulta, ti sbeffeggia! Metterebbe a dura prova la
78
pazienza di chiunque!”.
Oltre all‟utilizzo di mediatori per diffondere la cultura aziendale ma
che al contempo diffondono anche la cultura d‟equipe, viene anche
usato come strumento di diffusione della sola cultura aziendale, la
formazione e gli aggiornamenti professionali. Di solito sono tenuti, in
alcuni casi dallo stesso amministratore, quando materia di sua
competenza, in altri casi da professionisti specializzati nelle varie aree
di interesse ma profondamente a conoscenza delle credenze e
dellafilosofia aziendale.
Alcuni corsi di formazione per i nuovi arrivati sono però tenuti
dagli stessi responsabili, e quindi in tale caso anche la formazione
rientra tra gli strumenti di diffusione della cultura aziendale e della
cultura dei membri, che definirei sub-cultura.
3.2.1. Modello organizzativo e apprendimento
In termini di sviluppo, si può pensare anche all'azienda come
momento di educazione e crescita culturale oltre che professionale.
Soprattutto con l‟accrescersi delle problematiche come competitività e
occupazione è aumentata l'attenzione ai sistemi d'impresa e alla
ricerca di nuove forme organizzative basate su capacità di
apprendimento continuo a livello di individui, gruppi e sistemi.
In altri termini, all'interno di un'impresa l'organizzazione di ogni
reparto produttivo va pensata come un “sistema biologico”
funzionante grazie, alle risorse umane in esso impiegate, che lavora e
fornisce un prodotto in base alle conoscenze e alle capacità di cui è
dotato Obiettivo naturale dell‟impresa è la qualità del servizio offerto
79
e il suo miglioramento continuo.
Occorre quindi che l'organizzazione adegui costantemente la
propria performance al divenire del mercato.
Il miglioramento continuo delle aziende ha come assi portanti:
la gestione della conoscenza, di tipo scientifico e pratico;
un insieme di processi che comprendono la sperimentazione,
la risoluzione dei problemi, il trasferimento delle
informazioni.
In questi processi gli apprendimenti individuali hanno valore
soprattutto come sommatoria che dà luogo a un apprendimento
collettivo, per cui si può affermare che il risultato finale è superiore
alla somma delle singole parti.
Viene da chiedersi se un'organizzazione possa essere individuata
come “essere pensante”, dotato di autonomia e in grado di recepire
informazioni, modificare i propri comportamenti, evolversi e
progredire. Questo risulta possibile se si pensa che ogni
organizzazione è costituita da persone che lavorano, vivono e
interagiscono nell'ambito di obiettivi comuni e condivisi. Con tale
premessa, occorre interrogarsi e trovare ipotesi di lavoro sul ruolo
della formazione sia rispetto ai singoli che all'organizzazione.
Generalmente ogni organizzazione viene vista come un sistema che
elabora informazioni e risolve problemi. In tale ottica è suo compito
primario trattare dati e prendere decisioni in situazione di incertezza al
fine di perseguire comunque l‟efficacia, massimizzando il prodotto e
80
minimizzando l‟utilizzo di risorse tecnologiche e operative.
La sequenza “informazione, elaborazione, risultato” sarebbe quindi
la soluzione a ogni problema.
Questa impostazione presuppone però un modello rigido, che non
tiene conto di alcune variabili fondamentali come quelle di tipo
ambientale, personale dei membri, personali dell'organizzazione
stessa.
Le variabili ambientali sono legate al contesto in cui
l'organizzazione e i suoi membri si trovano. Il contesto va inteso in
termini topografici e ambientali prima ancora che politici ed
economici, poiché anche le variabili territoriali hanno rilevanza su
tutto ciò che si trova al suo interno.
Le variabili legate alle persone sono rappresentate dall‟apporto
individuale in conoscenza e capacità, per cui ciascuno influisce sulla
propria arca di attività e su quelle circostanti.
Struttura e natura dell'organizzazione tendono poi a rendere
praticabili o meno le scelte operative.
Ognuno di questi elementi condiziona gli altri e a sua volta ne è
condizionato.
La determinazione dei saperi all'interno dell'organizzazione
avviene e si sviluppa quindi in maniera complessa. Chi si occupa di
formazione ha la necessità di tenere distinte le variabili per
comprenderle nella loro unicità e individuarne le interazioni per poter
agire opportunamente.
Conoscenza implicita e conoscenza esplicita sono due entità tra loro
interattive. Il “sapere” scaturisce dal loro rapporto, che ha come
81
elemento catalizzatore un processo “sociale” di confronto tra
individui. Non a caso, molti affermano che dove non c‟è confronto
non c'è crescita argomento di cui tratteremo più oltre.
L'interazione fra conoscenza implicita e conoscenza esplicita viene
definita “conversione della conoscenza” ed è ipotizzata secondo
quattro differenti modalità:
da implicita a esplicita;
da esplicita a implicita;
da implicita a esplicita;
da esplicita a esplicita
Rappresenta la modalità da implicita a implicita la formazione
classica di un cameriere. Questi staziona in sala e acquisisce capacità
professionali attraverso l‟osservazione, l‟imitazione e la pratica
anziché attraverso la comunicazione esplicita costituita dal
linguaggio. Il maitre non parla e l‟apprendista impara senza
necessariamente razionalizzare, quasi per osmosi.
Raramente ha la possibilità di porre quesiti, tanto più che il suo
mentore non sempre ha la possibilità di fornire risposte strutturate: sa
che “è così” e basta.
Poiché questa conversione tende ad avere come risultato la
condivisione dell'esperienza, viene definita di socializzazione.
La seconda conversione, da esplicita a implicita, utilizza processi
sociali quali riunioni, scambi di esperienze, meeting.
La combinazione di informazioni viene facilitata raggruppando la
conoscenza esplicita in banche dati computerizzate. Poiché l‟allievo
82
ha il compito di fare proprie le nozioni che gli vengono fornite in
maniera strutturata, questo processo di creazione della conoscenza
viene definito interiorizzazione.
La conversione del terzo tipo, da implicita a esplicita, viene definita
di esteriorizzazione ed è tipica della comunicazione informativa e
formativa.
Se ne hanno esempi ogni volta in cui i depositari di conoscenze e
competenze acquisite nel tempo anche per effetto di processi
inconsapevoli operano uno sforzo di razionalizzazione e
verbalizzazione per renderne partecipe chi intende acquisire le
medesime abilità. Questi, a loro volta, possono trovare nelle
esteriorizzazioni fornite, la razionalizzazione di conoscenze implicite
già possedute.
La conversione del quarto tipo, da esplicita a esplicita, è tipica della
nozione tradizionale di apprendimento e viene definita combinazione.
Le quattro modalità di conversione costituiscono processi tra loro
complementari e interdipendenti.
Si ha creazione di conoscenza all‟interno dell'organizzazione,
distinta dalla conoscenza individuale, quando queste modalità sono
gestite in modo da formare un ciclo continuo.
In genere il processo ha inizio con la formazione di un gruppo di
persone, in modo da facilitare lo scambio di esperienze e di punti di
vista tra i partecipanti. L‟esteriorizzazione è condotta con cicli di
dialoghi per aiutare i componenti del gruppo ad articolare le proprio
opinioni e a scoprire quella conoscenza implicita nascosta che sarebbe
altrimenti difficile comunicare.
83
Una volta che il gruppo ha elaborato un concetto condiviso tra tutti
i suoi componenti, questo viene posto in relazione con la conoscenza
esterna di altri reparti dell'organizzazione e con la documentazione
della conoscenza esistente.
Al termine di questo processo interattivo dove lo sviluppo avviene
costruttivamente per prove ed errori, il concetto sarà acquisito da tutti
i membri del team e successivamente interiorizzato secondo il
processo di “apprendere facendo”.
La creazione di conoscenza nell‟ambito dell‟organizzazione è data
da una serie di processi dinamici attraverso le quattro modalità sopra
descritte.
Un‟organizzazione da sola non è in grado di creare conoscenza. La
conoscenza implicita dei singoli individui è base per lo sviluppo della
conoscenza da parte dell'organizzazione che deve mobilitarla,
amplificarla e cristallizzarla a livelli superiori rispetto a quello
individuale.
L'interazione tra conoscenza esplicita e implicita sarà maggiore e
più veloce man mano che ci si sposta nei livelli organizzativi. In
definitiva la creazione di conoscenza è un processo a spirale
crescente, avente inizio a livello individuale per poi passare al livello
collettivo del gruppo, a quello organizzativo e talvolta inter-
organizzativo.
Questa filosofia individua l'organizzazione non come il canale di
trasmissione di un sapere codificato, ma come luogo privilegiato dove
si costruiscono nuovi saperi in risposta a nuovi problemi e dove
l'apprendimento dei singoli diventa cultura trasferibile agli altri.
84
L‟apprendimento, in quanto collettivo, è un fenomeno sociale dove le
conoscenze individuali si intrecciano, si confrontano e si combinano
in un processo che coinvolge l'organizzazione nel suo complesso.
In ultima analisi si tratta del fenomeno definito learning
organization: “l‟organizzazione che apprende”.
Riassumendo, nella learning organization:
la conoscenza, favorita a livello individuale, viene condivisa dagli
appartenenti all'organizzazione, arricchendo così il patrimonio
collettivo dei saperi aziendali. Il processo di esteriorizzazione stimola
la creazione di conoscenza nell'ambiente circostante e il conseguente
ritorno innesca un nuovo processo di creazione di conoscenze; la
creazione di conoscenza nell'ambito organizzativo è facilitata dal
grado di autonomia individuale e collettiva, dall'abbondanza e dalla
varietà di informazioni offerte ai livelli individuale, di gruppo,
organizzativo e inter-organizzativo.
Nella prospettiva delle organizzazioni che apprendono cambia
l‟identità della formazione, da strumento per adeguare le conoscenze
del singolo alle esigenze del sistema a fattore di stimolo
all'apprendimento continuo e alla trasformazione permanente del
sistema organizzativo.
Si ha così il superamento della concezione della formazione come
veicolo di trasmissione di abilità e conoscenze che tendono a
stabilizzare i campi di azione, per cui gli interventi formativi
diventano il mezzo per scoprire e valorizzare le soluzioni innovative
ai problemi del lavoro che si realizzano per lo più localmente e
tacitamente.
85
Attualmente l‟idea di una “organizzazione che apprende” si
dimostra vincente in quanto capace di:
1. incoraggiare l'apprendimento continuo a tutti i livelli;
2. facilitare i processi di circolazione della conoscenza organizzativa,
indurre cambiamenti all'interno e all'esterno dell'organizzazione;
3. essere sempre meno legata alla gestione del lavoro e più incentrata
sulla gestione della conoscenza.
3.2.2. Processi decisionali nel mutamento aziendale in
learning organization
L‟organizzazione, avendo preso coscienza, attraverso la storia del
vissuto di alcune aziende partner di dimensioni
maggiori,dell‟importanza del trasformarsi da comunità di pratiche in
learning organization, sei anni dopo la sua nascita cominciò ad
innescare questo processo.
L‟azienda prese coscienza che tale modello di gestione delle risorse
umane era vincente in quanto: incoraggiava l‟apprendimento continuo
a tutti i livelli, facilitava i processi di circolazione della conoscenza
organizzativa; induceva cambiamenti all‟interno e all‟esterno
dell‟azienda; portava l‟azienda ad essere sempre meno legata alla
gestione del lavoro e più incentrata su quella della conoscenza.
Per quanto positivo, questo approccio presenta alcune difficoltà,
poiché l'apprendimento organizzativo non è un processo spontaneo
che si alimenta solo con le esperienze che si sviluppano sul lavoro, ma
necessita di una serie di interventi di cui la formazione costituisce la
spinta maggiore.
86
Gli interventi sono tanto più importanti in quanto nelle
organizzazioni e nelle imprese sono diffusi atteggiamenti
conservatori, il cambiamento viene vissuto con timore per le
ripercussioni che può avere sul lavoro, spesso mancano gli strumenti
per leggere la realtà e per sviluppare a pieno le nuove opportunità che
si presentano. In simili contesti, la formazione aziendale assume un
ruolo strategico: serve infatti una doppia competenza.
A uomini e organizzazioni è richiesto di:
saper gestire il contesto locale, cioè la conoscenza tacita e le
“relazioni specifiche”;
far comunicare il sistema locale con i sistemi globali di
circolazione della conoscenza codificata.
Occorre sviluppare cioè la competenza contestuale e quella
comunicativa.
Le piccole aziende, e in particolare la stessa Esse.V. i primi tempi,
hanno sempre sviluppato la competenza contestuale, cioè hanno
stabilito ottimi circuiti di autorganizzazione che le pongono in
contatto con i contesti di riferimento come i fornitori, i clienti, il
territorio, il distretto industriale.
Mancano invece le reti comunicative con altre imprese, problema
che l‟azienda da noi analizzata ha superato brillantemente, avendo
necessità di sviluppare reti di relazioni con aziende più grandi per
accrescere il proprio know how.
La capacità comunicativa si sviluppa con la formazione e
87
l'apprendimento di linguaggi astratti, capaci di rielaborare, cioè
codificare, le conoscenze e trasferirle, quindi renderle operative, in
contesti diversi. Occorre una continua conversione fra contesti e
codici per rispondere alla flessibilità e alla creatività richieste dagli
attuali sistemi di lavoro.
Le aziende, di solito, si curano del sapere contestuale,
immediatamente utilizzabile, mentre sono riluttanti a codificare,
perché verrebbero a disporre di un sapere eccedente le imminenti
necessità, ridondante alle conoscenze correntemente usate. Ma la
capacità di innovare risiede proprio nella ridondanza che se non è
presente va creata, anche se le imprese tendono a rinunciare a tutto ciò
che è immediatamente utile.
Le soluzioni contestuali costano sempre meno delle soluzioni
codificate, ma rendono anche meno.
Cosa fare quindi per permettere questo salto di qualità?
Innanzitutto è indispensabile che la formazione faccia propri gli
obiettivi e i metodi della ricerca: non si può partire da una conoscenza
preesistente e che il formatore possiede. Le organizzazioni devono
essere osservate dall‟interno, la ricerca nasce dentro le aziende e
costituisce un tutt‟uno con la formazione: la formazione è ricerca e la
ricerca è “autonarrazione”.
L‟autonarrazione non è altro che il consolidamento e la
codificazione dei saperi contestuali dell'impresa, della sua storia, che
diventa visione consapevole della propria attuale identità: ci si muove
dal piano dell'azione contestuale a quello della
codificazione/comunicazione transcontestuale.
88
Non esistono quindi diagnosi e cure standard. L‟unico modo per
avere conoscenze affidabili è entrare nel circolo cognitivo che mette
in collegamento la vita aziendale con la riflessione su di essa.
Ne consegue che i percorsi formativi dovranno essere pensati,
progettati, sperimentati e verificati per moduli e tappe successive,
attraverso un affinamento progressivo, in un susseguirsi di feed-back
focalizzanti.
Le funzioni di verifica che nell‟impostazione di tipo tradizionale
erano affidate sostanzialmente alla valutazione ex ante sulla bontà del
prodotto in somministrazione, si sostanziano nella “messa alla prova”
dei progetti formulati, secondo un criterio pragmatico di validazione
delle iniziative.
Per fare ciò occorre che l'impresa si assuma il rischio di esplorare le
possibilità in cui crede: tale coinvolgimento la spingerà a verificarle
sperimentalmente.
Fare formazione significa dunque far convivere ricerca e capacità di
assunzione di rischio, ovvero: chi sostiene delle teorie deve avere la
possibilità di realizzarle, assumendo il rischio del loro esito pratico.
Si tratta di una prospettiva ancora in fase di elaborazione, ma che
può essere applicata in tutti quei processi sperimentali con cui
l‟organizzazione cerca la chiave per ricostruire quella stabilità nel
rapporto tra crescita economica e capacità di apprendimento forse
smarrita nelle turbolenze dei modelli post-fordisti.
89
3.3. Il processo di apprendimento organizzativo
Una prima condizione è data dal processo di apprendimento. Tale
concetto è qui utilizzato in senso non ristretto allo sviluppo di nozioni
e di conoscenze, ma comprende la capacità di adeguarsi a condizioni
nuove sia in termini di analisi, che di valutazione e comportamento.
Tale processo può essere inteso con riferimento agli individui che
operano in un'azienda e per un'azienda, e allora esprime la loro
attitudine a sviluppare nuove conoscenze, ad assumere nuovi valori, a
conformarsi a nuovi stili relazionali e di comportamento.
Ciò indica il modo in cui le persone adeguano nel tempo il loro
approccio alla situazione di vita e di lavoro, reagendo ai cambiamenti
del contesto ambientale e organizzativo. Ma il processo di
apprendimento non riguarda solo i singoli, è anche un fenomeno
organizzativo che mantiene un rapporto con quanto riguarda gli
individui, ma non si identifica con la sommatoria dei percorsi
cognitivi individuali. Esso è influenzato da fattori e condizioni di
carattere organizzativo; nel senso che la loro presenza e attivazione
agisce sui processi di apprendimento individuali, ne condiziona e
indirizza l'interazione; le linee di evoluzione delle conoscenze, dei
valori e dei comportamenti individuali si trovano sottoposte a forme
di condivisione, confronto, critica e convalidazione nell'ambito di un
processo interattivo orientato da criteri e schemi di riferimento che nel
tempo l‟organizzazione ha fatto propri.
90
L'apprendimento organizzativo è quindi più complesso, sofferto e
nell'insieme diverso rispetto a quello individuale; può rivelarsi più
potente e incisivo, certo, per la possibilità di combinare apporti
plurimi e differenziati; ma può darsi anche il caso che conoscenze,
comportamenti e valori acquisiti da singoli individui nell'ambito di
un'organizzazione restino ben lungi dall'influenzare l'apprendimento
organizzativo.
Questo si trova comunque condizionato e limitato dai fattori di
inerzia già presi in considerazione, in particolare di ordine cognitivo,
attinente ai valori e allo stile relazionale. Proprio vincendo queste
forme di inerzia (e più indirettamente le altre ad esse collegate), la
gestione dell'apprendimento offre il suo contributo al più ampio
processo evolutivo.
Le ricerche in materia hanno documentato che l'attività di
apprendimento organizzativo è orientata e regolata da “sistemi di idee
dominanti” (Normann, 1978) o meglio da “schemi di riferimento per
l‟azione” (Argyris, Schon, 1978).
In sostanza, l'analisi del funzionamento di qualunque sistema
aziendale complesso evidenzia che esiste un insieme di regole non
scritte, codici e modelli di percezione dei fenomeni rilevanti, modelli
di verifica e controllo, di valutazione e di comportamento, che
emergono da tanti risvolti della prassi ed hanno nel loro insieme un
forte potere di orientare le reazioni delle persone a quanto accade. Si
tratta di schemi e modelli di comportamento che emergono nei fatti e
possono benissimo discostarsi dalle varie forme di rappresentazione,
formalizzazione e ufficializzazione di un sistema, più o meno
91
organico, di regole organizzative.
Ma ciò che conta nella quotidianità del funzionamento è il primo
tipo di “schema”; anche se, a ben vedere, la sua determinazione non è
del tutto univoca e può invece trovare difformi interpretazioni da parte
dei differenti attori; ognuno di essi, comunque, tende ad assumere una
propria versione dello “schema per l‟azione” e a uniformare in linea di
massima i suoi comportamenti a quanto ne consegue, soprattutto per
quanto riguarda la presa in considerazione delle “discrepanze”, delle
“tensioni”, dei punti di “rottura e discontinuità”, e anche quindi dei
“casi anomali” e degli “errori” che emergono nell'operare.
La presa in conto di questa “traccia per l'azione” nella sua qualità di
fenomeno organizzativo apre la via all'identificazione di due forme
molto diverse di apprendimento.
La prima forma può essere denominata apprendimento conservativo
(Botkin, Elmandjra, Malitza, 1979), oppure ad “anello semplice”
(Argyris, Schon, 1978). Più recentemente Senge (1992) si è riferito
alla retroazione compensativa. Il caso classico di quell'azienda che
reagisce alla perdita di attrattività sul mercato dei propri prodotti
rendendo più aggressivo il suo marketing e riducendo i prezzi. Questo
ha spesso funzionato in passato, ma alla lunga assorbe risorse, obbliga
a tagli anche in categorie di costi essenziali per la qualità e alla fine lo
sforzo aggiuntivo nel marketing non paga, ma finisce per aggravare il
problema.
L'organizzazione utilizza e recepisce la capacità di apprendimento
degli individui, mantenendo e sviluppando la propria capacità di
problem solving nell'ambito di una traccia di riferimento data.
92
L'apprendimento conservativo costituisce quindi una modalità
fondamentale di adattamento delle organizzazioni ad un contesto
operativo dinamico, che agisce incessantemente e consente il
raggiungimento di standard di efficienza accettabili. In determinate
situazioni, tuttavia, l'apprendimento conservativo è insufficiente a far
fronte positivamente ai problemi che si presentano; la correzione di
errori e discrepanze non può sempre avvenire seguendo “gli schemi di
azione” in uso o limitandosi ad affinarli; esistono invece casi in cui
entra in gioco la ridefinizione del contesto di relazioni e scambi propri
di un intervento, la riformulazione di problemi secondo logiche
nuove, la revisione delle regole interiorizzate dagli individui e
memorizzate dalla cultura organizzativa che definiscono i caratteri di
una performance efficace; allora non basta più conformarsi a queste
regole.
E' facile che gli attori organizzativi si trovino di fronte a imperativi
in conflitto, a estese aree d'incertezza che non possono essere
affrontate in base alla logica dell'anello semplice.
La forma di apprendimento che consente di affrontare queste
situazioni è quella di tipo innovativo (Botkin, Elmandjra, Malitza,
1979) capace di sviluppare un doppio anello (Argyris, Schon, 1978);
essa corrisponde a quel tipo di ricerca che conduce a risolvere il
conflitto fra norme organizzative tra loro incompatibili o incongruenti
con la realtà stabilendo nuove priorità e ristrutturando gli schemi di
azione intorno a nuovi valori.
Caratteristiche dell‟evento
pubblico
privato
gusto
Aspettative e budget
elegante
tradizionaleeee
kitch
medio
alto
basso
93
E richiamo ad un aspetto del già considerato caso del porto di
Genova offre un esempio della differenza fra queste due forme di
apprendimento.
Questo è precisamente ciò che si intende per apprendimento a
doppio anello.
A sua volta, l'apprendimento innovativo può manifestarsi in due
diversi modi. In molti casi esso emerge come necessità, come
modalità imposta da condizioni che non lasciano altra alternativa, in
quanto minacciano gravemente la stessa sopravvivenza di un'impresa
o un'istituzione coinvolta da rilevanti mutamenti.
Si tratta quindi dell'innesto di un secondo anello o circuito, di
apprendimento, che porta a sostituire schemi e modelli di
comportamento superati, dovuto ad un forte shock, ad una crisi acuta;
possiamo denominare tale processo apprendimento innovativo per
trauma.
La letteratura sul fenomeno della burocrazia (cfr. per tutti Crozier,
1969) individua questa logica di mutamento come forma caratteristica
di evoluzione di quelle organizzazioni che fondano la loro azione sul
modello meccanico; nella famosa definizione di Crozier la burocrazia
è quella forma di organizzazione che evolve in seguito a periodiche
crisi, anziché anticipando e dominando i mutamenti ambientale. In
questo vediamo anche che il tipo di apprendimento finisce per
caratterizzare l'insieme del processo evolutivo di un'azienda, tanto che
molti di questi studi sovrappongono e quasi confondono le due cose in
un unico fenomeno (il cambiamento).
Quella traumatica è la forma più diffusa di apprendimento
94
innovativo.
Ma esiste anche una seconda modalità possibile, che possiamo
denominare apprendimento innovativo per anticipazione (Botkin,
Elmandj jra Malítza, 1979; nella terminologia di Argyris, Schon,
1978, si tratta invece di apprendimento di secondo ordine).
Ciò consiste nello sviluppo di una capacità di controllare e quasi
pianificare l'apprendimento organizzativo, di “apprendere ad
apprendere” in una certa misura. Esso implica quindi l'attivazione di
anelli di apprendimento semplici e doppi, sorretta da condizioni
organizzative oltre che da atteggiamenti individuali; ne risulta un
orientamento ad anticipare i problemi, valutare le interrelazioni fra le
diverse azioni e di portata degli effetti a breve e a lungo periodo,
principali e collateralí; soprattutto ne risulta una costante capacità di
testare e verificare gli schemi di azione e i valori che li ispirano.
L'apprendimento anticipativo può realizzarsi solo con una più
profonda sensibilità ai fenomeni culturali e quindi alle radici che
fondano i modelli cognitivi, valutativi e di coni, portamento e che
collegano lo spazio psicologico degli individui con gli schemi di
azione organizzativi.
E‟ chiaro che lo sviluppo di forme di apprendimento innovativo per
anticipazione consentirebbe di ottenere molti vantaggi, evitando i
costi e i disagi molto maggiori generati da una reazione tardiva
imposta da traumi e crisi acute.
Non è peraltro facile alimentare questo tipo di apprendimento, che
si trova in genere contrastato da una serie di fattori inibitori; le forze
inerziali che già abbiamo considerato manifestano i loro effetti
95
proprio in questo; esse contrastano l'apprendimento innovativo molto
più che quello conservativo; possono essere vinte da forti shock, ma
in condizioni normali tendono a soffocare i tentativi di anticipare i
problemi.
Molto spesso, proprio le condizioni del sistema di apprendimento
conservativo, che suscitano errori e carenze negli interventi,
prevengono una modifica dei criteri seguiti, alimentando una serie di
difese, cautele, inibizioni (circuiti inibitori primari); a loro volta tale
tipo di reazioni e atteggiamenti individuali si ripercuotono sulle
dinamiche di gruppo che rafforzano ancora le condizioni di errore con
la negazione ed A camuffamento dei veri problemi (circuiti inibitori
secondari). Soltanto alcuni tipi di comportamenti errati vengono così
corretti e l'organizzazione evolve nell'impotenza ad affrontare
problemi che esulano dalla traccia di azione rigida che si è nel tempo
imposta.
Un esempio significativo di processo di apprendimento innovativo
è stato sviluppato nella forma di laboratori, momenti di riflessione
critica interna al management di un'impresa, supportati da strumenti di
analisi sistemica e orientati a far emergere i presupposti impliciti dei
modelli di azione e a catalizzare A ragionamento su questioni
importanti (Senge, 1992).
L'attivazione del processo di apprendimento si può valere
comunque, in generale, di una serie numerosa di strumenti e di leve:
a) la gestione simbolica, cioè quell'insieme di azioni e strumenti
attraverso cui i leader mettono in atto e mantengono
96
nell'organizzazione il sistema di valori e di significati che influenza gli
schemi di azione degli operatori, il loro livello di
imp
egn
o e accettazione degli scopi e la stessa
interazione con gli utenti e con gli altri interlocutori. Rientrano nella
gestione simbolica elementi come il linguaggio, i risvolti simbolici
dell'ambiente fisico, delle attrezzature, degli oggetti utilizzati per gli
interventi, i comportamenti rituali, le varie “storie”, “miti”, “racconti”
(nel loro contenuto e stile) che improntano la comunicazione
informale nella quotidianità organizzativa, e così via;
b) la proposta di modelli di ruolo, si collega alla gestione simbolica,
con l‟individuazione precisa delle caratteristiche di comportamento e
capacità che la situazione di cambiamento richiede per garantire la
perfetta riuscita degli interventi. Il modo migliore per comunicare
modelli di comportamento efficace ai membri di un‟organizzazione
che sperimentano una condizione di incertezza e di novità è in genere
quello di indicare con chiarezza degli esempi, scelti tra coloro che si
sono dimostrati particolarrmente capaci di affrontare nuove situazioni
c) la proiezione esterna dell'immagine aziendale, avviene attraverso
l'uso accorto degli strumenti di comunicazione disponibili, in stretta
interazione con gli aspetti sostanziali e simbolici del funzionamento
aziendale che hanno visibilità esterna; tale attività può contribuire A
processo di apprendimento se utilizzata non in termini manipolatori
Interventi
infrastrutturali
Flussi
finanziari
Impatto sulla
domanda e sull‟offerta
GRANDI EVENTI
Unicità e
focalizzazione
tematica
Continuità
nel tempo
Pianificazione e
programmazione
97
ma per dare evidenza e rilievo anche extra-aziendale a obiettivi di
trasformazione, per costituire un termine di riferimento per la verifica
dei risultati ottenuti, aperto all'interazione con clienti o altri
interlocutori esterni, per generare e mantenere in ultima analisi
tensione verso un progetto che si dimostra significativo e capace di
risonanza in un ambito vasto;
d) l'utilizzo di test, progetti pilota, esperimenti, consente di
concentrare e focalizzare il processo di apprendimento in ambiti
limitati, almeno, nelle sue fasi iniziali; in modo da evitare l'assunzione
di rischi eccessivi; da proteggere meglio il delicato momento di
incubazione del mutamento; da consentire il consolidamento di nuovi
elementi di conoscenza o stili operativi, senza peraltro rinunciare al
confronto con situazioni e ambienti reali.
In genere l'avvio di esperienze iniziali in condizioni di questo tipo
consente di meglio affrontare e vincere l'inerzia e di lanciare poi, se
l'esito è positivo, con più forza il processo di apprendimento a tutto
campo;
e) la messa in contatto di modelli cognitivi, comportamentali e
valoriali differenti; ciò risponde alla diffusa constatazione che il
fenomeno dell'apprendimento innovativo scaturisce tipicamente
quando si trova il modo di fare non solo incontrare, ma interagire in
modo approfondito e critico, nell'affrontare un problema comune,
coloro che sono portatori di schemi di riferimento diversi sotto i
profili richiamati. “Ciò che catalizza l'apprendimento innovativo è la
98
tensione creata dalla pressione verso la selezione tra più valori [ ... 1
proprio quando i valori di una persona vengono messi in questione
nasce l'apprendimento” (Botkin, Elmandjra, Malitza, 1979). Ciò vale
anche per modelli cognitivi e stili di comportamento. Si tratta
naturalmente di trovare le forme adeguate per ottenere questo
nell'ambito di date condizioni organizzative;
f) la messa in atto di soluzioni organizzative funzionali
all'apprendimento o di sostegno ad esso, del tipo già considerato tra le
misure di flessibilità organizzativa e di attenuazione dei confini
verticali e orizzontali; in tal senso agisce l'enfasi sulla dimensione del
cliente, promossa anche tramite la ricerca di momenti di interazione
aggiuntivi; oppure l'utilizzo esteso dei team, soprattutto di
integrazione e di miglioramento. Ciò contribuisce ad attivare
dinamiche interattive del tipo indicato al punto precedente;
g) la predisposizione di una memoria organizzativa o comunque di
sistemi operativi rivolti a consentire l‟accumulo di conoscenza sui
fenomeni più rilevanti che l‟organizzazione deve gestire, come le
caratteristiche della domanda e del mercato, metodi e tecniche
operativi, esperienze fatte e risultati ottenuti;
k) la formazione, infine, rivolta al personale dei vari livelli
organizzativi, ma anche in taluni casi a clienti o utenti o altri tipi di
interlocutori; essa costituisce uno strumento potente e versatile per
rafforzare e diffondere nella direzione voluta i processi di
99
apprendimento.
3.4. I processi di socializzazione dei nuovi membri
Di solito i nuovi membri ricevano il loro “battesimo di fuoco”, con
l‟affiancamento a Tito per un mese.
Tito ha il compito di insegnare ai nuovi entrati i principi a
fondamento della cultura aziendale aziendale, e nel contempo come
difendersene. Inoltre il nuovo arrivato sarà affiancato almeno per sei
mesi da un membro anziano della divisione di cui entrerà a far parte,
che gli insegnerà i segreti del mestiere e il più delle volte gli farà
svolgere anche il suo lavoro.
In questa prima fase in cui non vi è ancora un‟adesione al ruolo di
membro effettivo, il nuovo lavoratore subisce tutta una serie di
pressioni e paure. Pressioni esercitate dai colleghi e dalla stessa
organizzazione nel tentativo di conformare il nuovo arrivato alle
aspettative del ruolo che ricopre. Paure di sbagliare e di non superare
il periodo di prova. Possiamo affermare che prima che il nuovo
membro si adatti all‟organizzazione ai suoi membri ed al suo ruolo ci
vorrà almeno un anno.
100
3.4.1. Prime esperienze nell’azienda di famiglia
Ma torniamo indietro di qualche anno quando muovevo i primi
passi all‟interno dell‟azienda. Inizialmente mi ero illusa che essendo
la figlia del capo avrei avuto se non spianato, quantomeno più
semplificato l‟accesso all‟interno dell‟azienda -pia illusione!- infatti,
appena entrata, dovetti subire lo scotto di quello che potrei definire
una sorta di mobbing da parte del personale più anziano.
Ogni procedura, dall‟archiviazione alla contabilità, veniva
illustrato dagli altri impiegati come complicatissimo e i loro segreti e
scorciatoie per sbrigare tali incombenze più velocemente se li
tenevano ben stretti, spesso alle mie spalle si scambiavano fugaci ma
significative occhiatine che mi facevano sentire assai a disagio, per
non parlare poi di tutte le lamentele che dovevo sentire nel caso di
ritardo dei pagamenti degli stipendi da parte dell‟azienda.
Il primo giorno di lavoro arrivai alle nove in punto illudendomi di
ricevere una calda accoglienza da parte del personale dell‟ufficio, ma
come si suole dire: „il buongiorno si vede dal mattino‟, infatti venne
ad aprirmi Sabrina, una delle segretarie dell‟epoca che con una faccia
quasi funerea mi diede uno stridente buongiorno e subito si risedette
dietro la sua scrivania, le altre mi salutarono a malapena, sembrava
quasi gli avessi fatto un torto, d‟improvviso calò un imbarazzante
silenzio, “Strano!” - pensai -“Di solito quando arrivavo in ufficio
101
sentivo sempre un prepotente cicaleccio arrivare da queste stanze”, ma
cercai di far finta di niente e andai dalla segretaria di direzione a
chiedere per incominciare cosa potessi imparare, mi diede tutta una
serie di documenti da archiviare ed inserire nel database informatico.
Mi sentivo molto sola c‟era il gelo intorno a me, ed inizialmente
non ne comprendevo i motivi, ogni qual volta non capivo qualche
cosa dovevo chiederlo svariate volte prima che mi venisse spiegato, se
mi telefonava qualcuno, ed io non ero in ufficio, non mi veniva
riferito, spesso nascondevano alcune fatture perché impiegassi più
tempo ad archiviarle (secondo quanto riferito da Anna, una segretaria
che con il passare del tempo divenne mia amica), per quanto
riguardava le ferie prima si mettevano d‟accordo tra loro ed in fine il
foglio arrivava sulla mia scrivania con i giorni da loro scartati, appena
arrivavo i loro discorsi venivano interrotti bruscamente e si lanciavano
occhiate d‟intesa, libri universitari venivano celermente e
maldestramente nascosti. Se il computer dava qualche problema,
ufficialmente, secondo loro parere comune si ricordavano che ero
stata io l‟ultima ad usarlo, la medesima cosa accadeva con
fotocopiatrici macchinette del caffè e fax, quasi temessero che in
ufficio vigesse la legge del taglione. Appena uscivo per mangiar
qualcosa ne approfittavano per fare telefonate personali, di questo me
ne resi conto più di una volta in cui tornai prima del solito in ufficio,
ovviamente la telefonata finiva improvvisamente. Presto mi resi conto
che l‟equipe aziendale si era convinta che io fossi lì per rubare il posto
ad alcuni di loro e che volessi percepire lo stipendio senza far niente,
tali voci arrivavano soprattutto dal basso, dai manovali, fu allora che
102
decisi di guadagnarmi la loro stima sul campo andando a fare quello
che essi definivano il lavoro sporco. In un primo momento da parte
loro ci fu più di qualche imbarazzo, prima di tutto perché ero donna e
poi perché ero la figlia del capo, mi venivano assegnati solo lavoretti
leggeri di rifinitura ed io mi annoiavo molto, allora, con loro grande
meraviglia, cominciai a chiedere di poter fare di più, il problema fu a
quel punto che io reggevo dei ritmi per loro intollerabili, a volte se
necessario non mi fermavo neanche per la pausa pranzo;
cominciarono dunque anche lì le prime angherie: se chiedevo per
gentilezza che un lavoro venisse svolto mi veniva risposto che sarebbe
stato fatto al più presto ma puntualmente tale impegno veniva
disatteso, in un modo o nell‟altro cercavo quindi di porvi rimedio io.
Quando si resero conto che ero in grado di svolgere anche i tipici
lavori che all‟interno dell‟equipe facevano solo gli uomini, come
usare un trapano o spostare cose pesanti, cominciai a guadagnarmi la
loro stima e collaborazione. Decisi dunque dopo un anno di ritornare
in ufficio e le cose furono lievemente migliori, tra i ricordi di quel
periodo più impressi nella mia memoria vi sono l‟incredibile mole di
carta da archiviare ed un‟ispezione effettuata da parte della Guardia di
Finanza: l‟ufficio era in completa fibrillazione poiché una visita così
invadente non era vista di buon occhio da nessuno e con molto timore
da tutti, anche in quel caso occhiatine e frasi in codice erano all‟ordine
del giorno, ogni documento toccato dall‟estraneo invasore era come
una coltellata inferta nel corpo di chi se ne era occupato.
103
3.4.2. Politiche di gestione del personale
Negli ultimi anni, a fronte dei mutamenti avvenuti sia nell'ambiente
competitivo, sempre più turbolento, sia all'interno dell‟azienda, si
sono verificati cambiamenti organizzativi rilevanti che hanno
modificato funzioni e modelli di lavoro. Attualmente questi ultimi
sono orientati secondo un‟organizzazione che viene definita
tecnicamente “a matrice” e che ha comportato la sperimentazione di
nuove modalità, quali il lavoro per progetto e il lavoro di gruppo.
L‟obiettivo dichiarato, è quello di ottimizzare le risorse e acquisire
maggiore rapidità nel rispondere alle esigenze dei clienti e più in
generale dell'ambiente di riferimento.
In conclusione i cambiamenti che si evidenziano sono:
il decentramento del processo decisionale, delle
responsabilità e della garanzia della qualità;
l'integrazione delle funzioni in tutti i settori di lavoro;
l‟appiattimento delle strutture gerarchiche e la creazione di
forme organizzative basate su reti laterali anziché sul
controllo centralizzato.
In tale contesto i cambiamenti non hanno solo implicazioni
organizzative ma investono i valori e gli assunti culturali.
L'apprendimento appare così nella sua natura di processo permanente
che si incentra sui problemi e coinvolge tutti i membri
dell'organizzazione.
104
Si ribadisce così che in un contesto di adeguamento ai mutamenti
dei mercati e della domanda la capacità di apprendimento dell‟aziende
diventa il fattore preponderante nella riorganizzazione delle strutture e
dei processi.
Questo sviluppo organizzativo in senso orizzontale si ripercuote
spesso sia nella funzione che nella stessa gestione del personale. Si
rileva infatti come la “Funzione Personale” si stia trasformando
sempre più in un organismo tecnico-burocratico, attribuendo alle
diverse divisioni compiti di gestione del personale: dal
reclutamento/selezione alle politiche retributive, alla valutazione e
alla stessa formazione. Nel contesto del cambiamento descritto, ciò
significa che con sempre maggior evidenza sta emergendo
l'importanza strategica delle risorse umane e della loro valorizzazione.
Tutto ciò ha anche forti implicazioni sulle modalità di formazione
aziendale: dal punto di vista organizzativo diviene più articolato il
processo decisionale aziendale, poiché non esiste una funzione
formativa, ma la si trova diffusa nelle diverse aree aziendali,
comportando quindi il sorgere di una pluralità di attori sia nella fase
decisionale che nella stessa fase organizzativa della formazione.
Medesime osservazioni sono riscontrabili in altre ricerche
empiriche:
Le divisioni funzionali si vedono sempre più esplicitamente
attribuite ruoli di formazione del personale proprio o di altre funzioni,
come parte integrante della propria “missione”. Non si tratta
certamente di una radicale novità: è in effetti vero che alcune funzioni,
quali la ricerca e sviluppo, o il servizio tempi e metodi, hanno sempre
105
svolto un ruolo di diffusori di nuove tecniche e procedure. Ciò che
appare nuovo è l‟esplicitazione di questo ruolo formativo. Le funzioni
“qualità” create di recente forniscono un esempio di queste tendenze:
la formazione costituisce uno dei mezzi di diffusione della mission
formativa alle diverse funzioni aziendali. Più in generale l'assunzione
di “piena responsabilità” della “mission formativa” di un gran numero
di funzioni/servizi è un indicatore dì tutto un processo di mutamento
delle relazioni di cooperazione tra le componenti dell'impresa.
Dove l'innovazione è più spinta e i sistemi organizzativi risultano
più evoluti, la formazione è assunta come costante nelle politiche
aziendali, riconoscendo allo strumento formazione delle potenzialità
di integrazione alle politiche di sviluppo aziendale.
Ecco dunque che la formazione aziendale passa da una funzione
adattiva ad una più marcatamente integrativa: un modello formativo
che corrisponde a una maggiore attenzione nell'impresa alla
trasmissione di valori aziendali e ai comportamenti organizzativi. Ne
consegue un collegamento tra obiettivi della formazione e obiettivi
strategici dell'impresa, tra formazione e altre forme di coinvolgimento
dei lavoratori.
Ciò introduce inevitabilmente al delicato dibattito del ruolo della
formazione nell'ambito delle politiche d‟incentivazione e motivazione
personale, e alla compatibilità fra obiettivi della formazione per
l'impresa e per l'individuo.
Come già detto, uno sviluppo organizzativo in senso orizzontale,
con un ampliamento delle deleghe nelle aree funzionali, implica una
formazione fortemente diffusa in tutte le aree sia a livello di processi
106
decisionali che di organizzazione operativa. In definitiva la
formazione sembra strettamente connessa con le trasformazioni in atto
nelle aziende. Diffondendosi quindi le competenze organizzative,
emergono con più evidenza una pluralità di “attori”, interni ed esterni
all'azienda, che intervengono a diversi livelli nei processi di
elaborazione, progettazione e implementazione della formazione.
Se all'interno sono le diverse aree aziendali che assumono sempre
più rilevanza nei processi decisionali, all'esterno emerge il
consolidarsi di rapporti con centri di ricerca, università e il sistema
consulenziale in genere: è evidente la necessità dell‟aziende di attrarre
competenze esterne a supporto dei processi di apprendimento interni.
Tuttavia appare necessario rimarcare le difficoltà che l‟impresa,
incontra a rapportarsi con le strutture di ricerca e le università.
Le dimensioni dell‟ impresa e il suo settore di attività, svolgono un
ruolo primario nello spiegare la natura del rapporto ricerca-università-
impresa.
Le piccole imprese sacrificano risorse per innovare i loro prodotti o
processi solamente sotto una forte pressione del mercato, dal quale
sarebbero altrimenti escluse in breve tempo; il loro orizzonte
temporale di riferimento è molto più limitato rispetto a quello delle
grandi imprese; le innovazioni sono prevalentemente di tipo
incrementale con ritorni rapidi.
Queste caratteristiche fanno sì che le piccole imprese siano
interessate prevalentemente alla soluzione di problemi specifici e
contingenti, per i quali si esigono risposte rapide, e poco o niente alla
ricerca di base o su ampi temi strategici o di scenario.
107
Tali ostacoli si attenuano notevolmente per le aziende che operano
nei settori di alta tecnologia. I problemi di incomunicabilità, che
tipicamente si presentano nei riguardi delle piccole imprese operanti
in settori tradizionalmente non basati sulla ricerca, richiedono un
intervento di natura globale che non può fare riferimento solo allo
svolgimento di attività di ricerca in comune, ma deve coinvolgere la
formazione sui temi che riguardano il tipo di impresa e il settore in cui
esse operano.
Un ruolo determinante potrebbe risultare la presenza di una
struttura di collegamento come i centri servizi, i parchi tecnologici.
Ciò determina delle implicazioni sulle modalità di fare formazione in
azienda. Infatti, accanto ad approcci tradizionali alla formazione
finalizzati all'acquisizione di specifiche competenze, emerge sempre
più il tentativo di collegare il modello formativo alla soluzione di
specifici problemi aziendali, configurando un approccio fortemente
integrato di ricerca-intervento e/o formazione-consulenza.
La formazione è pertanto intesa in termini di massima flessibilità
nei luoghi e nei tempi e aperta a contenuti di apprendimento di ampio
respiro: dall‟acquisizione di competenze, all'apprendimento di
metodologie, ai comportamenti organizzativi; in definitiva sempre più
si configura come una formazione incentrata sui problemi e
“sull‟apprendere ad apprendere”.
La funzione formazione non si risolve nell'intervento istituzionale,
nel senso che non si esaurisce nell'aula.
La formazione si configura come un sistema aperto, in cui
intervengono fattori interni ed esterni, momenti formali e non formali,
108
la sua gestione non è esclusiva degli uomini della formazione, il suo
“luogo deputato” non è l'aula ma l'azienda nel suo complesso.
In una prospettiva di sviluppo della formazione continua, un aspetto
caratteristico del ruolo del formatore diventa allora la consulenza,
intesa come analisi dei fabbisogni di qualificazione, costruzione dei
programmi su misura, supporto metodologico allo sviluppo
dell'apprendimento e della valutazione dei risultati.
3.5. Un’azienda che lascia spazio alle emozioni
Siamo stati educati a non fidarci delle nostre emozioni, responsabili
di distorcere le informazioni fornite dall‟intelletto, tuttavia, si assiste
oggi ad un incremento di interesse verso le emozioni nel contesto
organizzativo: l‟intelligenza emotiva sta diventando un fattore
centrale anche nella selezione del personale all‟interno dell‟azienda.
L‟ambiente di lavoro, più di ogni altro, è un ambito in cui diventa
basilare la combinazione armonica tra diverse capacità per stabilire
rapporti costruttivi con gli altri, comprendere quando e come fidarsi
delle proprie intuizioni e cogliere i flussi emotivi che si instaurano tra
le persone, enfatizzando ed esprimendo le emozioni positive e
deviando quelle negative.
Le emozioni ed il loro controllo sono intrinsecamente collegati
all‟organizzazione umana: le organizzazioni possiedono delle regole
per il comportamento emotivo ed alcuni lavori esigono un maggiore
controllo emozionale rispetto ad altri. I sentimenti ci accompagnano
prima, durante e dopo il lavoro: è sempre sul lavoro che ci sentiamo a
109
volte malinconici, arrabbiati e stressati e altre felici, eccitati e gioiosi.
I primi ci predispongono negativamente, mentre i secondi lo fanno
positivamente.
Si distinguono emozioni positive, ovvero quelle che facilitano
l‟interazione (nei rapporti interpersonali, ad esempio, tra capo e
collaboratore), per esempio l‟entusiasmo ed emozioni negative, che,
invece, tendono a bloccarla (per esempio il panico o la rabbia). Nella
gestione dei propri collaboratori è preferibile, per il manager utilizzare
come fattore di motivazione l‟emozione positiva, anche se quelle
negative, se ben gestite, non sono da scartare: per esempio un leader a
capo di un‟azienda specializzata nelle vendite, potrebbe trasmettere ai
propri sottoposti la paura di essere superati, sul mercato, dalla
concorrenza.
Kets de Vries, Kilburg e altri hanno dimostrato che le emozioni
umane interagiscono con l‟abilità di pensare e con le capacità di
svolgere bene il proprio lavoro: il ruolo preponderante delle emozioni
deve essere controllato perché potrebbe, letteralmente, “distruggere”,
o comunque rovinare le singole persone o addirittura intere
organizzazioni. In linea generale sono riconoscibili due tipi di
emozioni umane riferibili al contesto organizzativo:
emozioni congruenti con lo scopo (obiettivo): sono le
emozioni percepite come positive, ovvero gioia, felicità,
orgoglio, speranza, pietà (o compassione) e conforto, sono
emozioni incongruenti con lo scopo: sono quelle percepite
come negative, ovvero paura, ansia, vergogna, tristezza,
gelosia e disgusto.
110
La vergogna è uno degli stati emotivi più difficoltosi per
l‟individuo che la prova. Questo sentimento è estremamente intenso,
produce un senso pronunciato di inutilità e la persona che lo
sperimenta per un lungo periodo non può non riportare profonde
conseguenze a livello psicologico.
La tristezza fa provare all‟individuo un senso di esclusione, di
abbandono e, spesso, può sfociare, clinicamente, nella depressione. La
paura è quell‟emozione che porta l‟individuo ad essere arrabbiato e
aggressivo con gli altri, quasi per difendersi dal proprio stato di ansia.
La gioia è una di quelle emozioni con un enorme potere, che fa
sentire l‟individuo felice, deliziato e motivato nel compiere il suo
lavoro.
Come ben spiega Fineman (Emotion in Organizations, 2000), le
organizzazioni costituiscono delle “arene emozionali” (emotional
arenas) per catturare la frenetica attività delle emozioni vissute nella
vita organizzativa. Sappiamo dalle ricerche statunitensi della Scuola
delle Relazioni Umane che un‟organizzazione non è solo ed
esclusivamente basata su fattori tecnici ed economici, ma anche, e
soprattutto, su rapporti interpersonali, aventi una forte
caratterizzazione psicologica.
È infatti possibile riconoscere due differenti prospettive: quella
razionale e quella naturale. Seguendo il primo orientamento il
discorso sulla razionalità della realtà lavorativo-organizzativa è
riducibile all‟assunto che l‟organizzazione è strutturata secondo il
principio mezzi-fini. La struttura è quindi costruita perché
l‟organizzazione possa raggiungere specifici risultati ed il
111
comportamento delle organizzazioni è concepito come un‟azione
coordinata di agenti che tendono verso uno stesso scopo. Tale
coordinazione è garantita dall‟assetto normativo-formale della
struttura sociale dell‟organizzazione. Come sottolineato da Pedon e
Borrello nel libro Temi di psicologia del lavoro e delle organizzazioni
(2004), la prospettiva razionale si basa sulla concezione dell‟uomo
come “economico”, cioè come individuo che preferisce la sicurezza di
un compito definito rispetto alla libertà di un‟attività discrezionale. A
tale concezione si è andata sostituendo quella di “uomo
amministrativo”, cioè quella di uomo come decisore individuale anche
se limitato cognitivamente per quanto riguarda l‟individuazione dei
propri interessi e la loro realizzazione. A partire da tale cambiamento
nella definizione di uomo, si arriva all‟enunciazione della prospettiva
naturale. Secondo quest‟ultima “il comportamento
dell‟organizzazione è dotato sì di qualità razionali che vanno riferite
agli aspetti formali della struttura sociale dell‟organizzazione ma
anche da dimensioni non razionali, che vanno attribuite alla natura
degli attori individuali, alla dinamica delle relazioni intra- e inter-
gruppali, al funzionamento dell‟organizzazione e alla relazione che
l‟organizzazione stringe con l‟ambiente”. Si può dire quindi che il
tessuto organizzativo è tenuto insieme non tanto dalla struttura sociale
formale dell‟organizzazione (gerarchia di status tra i partecipanti,
differenziazione dei ruoli, specializzazione delle funzioni, …) ma da
quella informale (qualità personali dei membri, dai loro interessi e
dalle loro interazioni).
I teorici delle relazioni umane hanno evidenziato, quindi, la
112
presenza dei bisogni dell‟individuo ed inoltre hanno sottolineato il
loro impatto sulla prestazione lavorativa (performance): è
fondamentale il
rispetto per il
lavoratore, che è
un essere umano
responsabile e
sensibile (Kets de
Vries e Miller,
L‟organizzazione
nevrotica, 1992).
L‟individuo è, in
sostanza, visto
come essere
razionale, ma
anche emotivo.
I suddetti
cambiamenti di
prospettiva hanno
avuto importanti
nonché ovvie
conseguenze nella
strutturazione delle
organizzazioni. Dalla prospettiva razionale ebbe luogo un modello
Figura 5:Trama delle relazioni durante l'organizzazione di un evento culturale
Altri ev
enti
Fin
anziato
ri locali
com
mitten
te
org
anizzato
re
Fin
anziato
ri nazio
nali
Interesse n
azionale
Govern
o n
azionale
Forn
itori
Med
ia nazio
nali
Med
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Interesse lo
cale
Govern
o lo
cale
Com
unità artistica
113
organizzativo con una struttura piramidale, dove le gerarchie sono
predominanti. Per una serie di motivi, tra cui l‟eccessivo
accentramento, la scarsa responsabilizzazione, la lentezza informativa
e la burocratizzazione delle relazioni, questa struttura tende ad essere
sorpassata da strutture più snelle e flessibili, dove le gerarchie si
appiattiscono e la piramide assume una forma più schiacciata: siamo
di fronte alla struttura delle aziende moderne.
La nuova organizzazione si deverticalizza, l‟impresa diventa
“orizzontale” e si esternalizza, non è più chiusa su se stessa, è
un‟azienda ad assetto variabile, indefinita e caratterizzata dalle sole
risorse umane. Il nocciolo dell‟impresa tende a rimpicciolirsi, mentre
le sue ramificazioni si estendono al mondo interno. Mentre un tempo
bastavano poche persone per decidere e ancor meno per innovare,
oggi sempre più è richiesto a tutte le persone che operano
nell‟impresa, ai diversi livelli e nelle diverse mansioni, di conoscere,
decidere, essere creativi (Lanzavecchia, Il lavoro di domani. Dal
taylorismo al neoartigianato, 1996). Strumento privilegiato delle
imprese moderne per ogni tipo di intervento, risulta essere il lavoro di
gruppo (team-work) poiché con esso viene garantita una sempre
maggiore integrazione verticale ed orizzontale. Per ciò che riguarda la
qualità anche qui siamo di fronte ad uno sviluppo del pensiero
manageriale.
Si è passati da un‟attenzione esclusiva alla produttività ad una
concezione più moderna, dove la qualità diventa l‟elemento chiave
per soddisfare il cliente, diventare competitivi sul mercato ed
incrementare vendite e profitti. Occorre precisare che la qualità è
114
comunque il risultato del comportamento individuale ed
interpersonale degli “addetti ai lavori” che operano
nell‟organizzazione. Ne consegue che nel pensiero manageriale e
nelle stesse aziende sembra esserci un certo livello di consapevolezza
rispetto all‟impatto dei fattori emotivi nel raggiungimento degli
obiettivi organizzativi. Questa consapevolezza porta, inevitabilmente,
il manager (o il leader) ad occuparsi non solo ed esclusivamente degli
elementi tecnico-specifici, economico-organizzativi e metodologico-
strategici, ma anche di aspetti più propriamente “relazionali” ed
emotivi.
. Conclusioni: quando scegliere il mercato e quando la gerarchia?
115
4. TIPOLOGIA DEGLI EVENTI
L‟evento è un‟opera, un‟opera d‟arte che ha come materia il
tempo.
Argano, Bollo, Sega, Vivalda[2005,64]
“il sé non è un‟entità seminascosta dietro gli eventi, ma una
formula mutevole per gestire se stessi nel corso di tali eventi.
Così come prescrive la maschera ufficiale dietro la quale dobbiamo
nascondere noi stessi, la situazione in cui viviamo provvederà anche a
specificare il modo e il luogo più opportuni per manifestare noi stessi.
E‟ la cultura stessa a prescrivere il tipo di identità a cui noi dobbiamo
credere di appartenere per avere qualcosa da manifestare.
E. Goffman Frame Analysis [p.573]
Nella figura seguente traccio uno dei percorsi possibili nell‟analisi
delle variabili che concorrono a definire la tipologia di un evento.
116
Figura 3: Tassonomia dell'evento
Per facilitare la comprensione dei processi decisionali legati
all‟organizzazione, ho tracciato uno schema delle variabili coinvolte
nel processo di strutturazione dell‟evento.
Dai dati raccolti nel corso della ricerca è emerso che le
caratteristiche dell‟evento e la difficoltà nello stilare il planning
cambiano a seconda che si tratti di un evento privato o pubblico e
scendendo ad un livello più analitico la qualità e il grado di
soddisfazione del cliente dipendono dal budget a sua disposizione, dai
suoi gusti, dalle aspettative, sia sue sia di coloro che parteciperanno
all‟evento.
117
Con il termine evento dal latino “eventum” si intende ogni possibile
tipo di avvenimento, ovvero una dinamica per cui qualcosa viene alla
luce: manifestazioni espositive, sfilate, inaugurazioni, congressi,
convegni, conferenze, convention, meeting, seminari, simposi, tavole
rotonde, workshop, ricorrenze stagionali o aziendali, così come una
festa aziendale anche una serata in un qualsiasi locale, apparentemente
ludica può avere precisi scopi comunicazionali, sul tipo delle feste
estive ed invernali volute dallo stilista Roberto Cavalli. L‟elenco
potrebbe essere più lungo perché evento significa un contenitore vasto
con confini non delimitati, dove possono trovare collocazione
iniziative diverse una dall‟altra, con un solo denominatore comune: la
necessità di un organizzatore che sappia amalgamare alcuni
ingredienti.
L‟organizzazione di un evento prevede la massima attenzione e cura
di tutti quei piccoli particolari che lo rendono unico, tutto si muove
secondo tappe prestabilite dall‟ideazione alla sua messa in pratica,
costituendo una sorta di routine consolidata, procedurale. Tutti i
membri dell‟equipe con il loro lavoro e il loro ingegno fanno si che in
ogni occasione si possa rimettere in scena tale routine, anche nel caso
in cui salti fuori all‟ultimo istante l‟immancabile imprevisto che
rischia di rovinare giorni e giorni di lavoro. L‟evento si può dividere
in due macro categorie: pubblico e privato. Per quanto riguarda la
prima categoria essa può essere suddivisa in tre diverse tipologie:
grande, medio, piccolo. Gli eventi privati invece possono essere:
piccoli, medi e in casi eccezionali, grandi.
L‟evento può essere senza problematiche legate alla
118
comunicazione, o uno strumento al suo servizio. Nel primo caso
l‟evento viene organizzato solo a scopi celebrativi o di festa, nel
secondo caso, invece, esso viene organizzato con lo scopo principale
di procedere a un‟attività di comunicazione d‟impresa e tutto ruoterà
attorno a questo. Gli eventi si possono classificare anche in sobri o
spettacolari oltre che ovviamente in grandi o piccoli, secondo il
numero dei partecipanti e della risonanza mediatica che riscuotono.
Bisogna dire, inoltre, che ogni evento nasce da un mix di vari
ingredienti tra cui la creatività dell‟organizzatore, la tipologia del
cliente, quella del pubblico presunto, il budget a disposizione.
L‟evento è un‟opera, un‟opera d‟arte che ha come materia il tempo
[Ibidem, 2005]; infatti:
Con un evento memorizziamo, vogliamo celebrare un giorno, un
fatto in un luogo e in un tempo, memorizzarne la data; perciò iniziamo
a celebrarlo, a metterlo al centro di un evento che da quel momento in
poi ripetiamo, fondando una nuova ricorrenza;
con un evento commemoriamo. Da quel momento, appunto,
l‟evento commemora un altro evento, lontano nel tempo, con la
ricorrenza che attraversa il corso della memoria;
con un evento facciamo un memoriale, condividiamo un progetto,
in altri termini l‟annuncio di un obiettivo, di un programma.
Memoria e attesa, allora, si caricano di significato attorno al nostro
singolo evento, al suo prima ed al suo dopo. Ogni evento è “fare il
punto” della situazione del nostro contesto, risultati ed obiettivi sono i
contenuti essenziali di meeting e convention aziendali, necessario a
scandire e costituire il loro “ritmo vitale”.
119
Nella società culturale, nella grande società/rete fatta di comunità,
che dalle cultura è percorsa e dalla comunicazione della cultura è
ispirata, il quadro è più complesso e di meno agevole lettura, ma è
anche più profondo e suggestivo.Il ritmo eterno dell‟evento che
realmente e profondamente è evento sociale e culturale -di alta
necessità collettiva -cioè creazione in quanto ricreazione, prende
forma nella nostra percezione di spettatori o visitatori in quanto
esperienza di contemplazione e otium; in questo riposo che è un altro
tempo ritroviamo, segni d‟identità, frammenti di memoria e cultura.
4.1. Eventi pubblici
Organizzare un evento pubblico come ad esempio un grande
congresso, un festival, una mostra, un evento sportivo, richiede uno
sforzo ed una accuratezza maggiore nell‟ideazione del planning
rispetto ad una cerimonia privata. Infatti il planning di un evento
pubblico deve essere molto strutturato e dettagliato perché non si
limita alla sola erogazione del servizio catering, o nel trovare dei
cantanti e animatori come accade per matrimoni, cresime, od altre
piccole cerimonie, ma deve prevedere e pianificare tutti i momenti
dell‟evento dalla ricerca degli sponsor, alla prenotazione di biglietti
aerei; dal trasporto dei partecipanti e degli eventuali invitati e vip, alla
stipula di assicurazioni multirischi; dall‟organizzazione della cena di
gala a momenti di svago. Indubbiamente a complicare la stesura del
piano organizzativo incide anche la dimensione dell‟evento. Infatti nel
120
caso di grandi eventi per la nostra azienda è necessario collaborare
con le imprese partner e diviene più difficile, anche se parliamo di
connubi ormai ben consolidati, coordinare bene tutti gli aspetti
dell‟evento. L‟Esse.V. comunque si fa carico della stesura del progetto
e del risultato finale, praticamente mette in gioco la sua reputazione,
anche se sa di collaborare solo con aziende che hanno i suoi stessi
standard qualitativi. In caso di prestazioni scadenti da parte delle altre
imprese sono previste contrattualmente delle penali.
L‟azienda per tutelarsi si occupa anche della previsione e
prevenzione di tutti gli incidenti che potrebbero accadere nel corso
dell‟evento, stipulando delle assicurazioni anche per tutelare il
mancato guadagno nel caso di annullamento, posticipazione,
spostamento, o interruzione della manifestazione. Infatti anche se il
planning di un evento pubblico richiede molto più tempo e risorse, ha
come risvolto positivo che si riescono a tenere sotto controllo le cause
che più di frequente provocano incidenti.
L‟evento pubblico mette in gioco vari elementi che limitano molto
l‟incidenza di gaffe ed incidenti, i più significativi ai fini di questo
studio sono due:
1. la maggior parte dei partecipanti sono dei perfetti
sconosciuti;
2. si lascia poco spazio all‟iniziativa personale e all‟interazione
spontanea tra attori soprattutto perché tutti i momenti
dell‟evento sono ben strutturati.
Il cambiamento è l‟esperienza delle persone che un evento pubblico
mette in relazione, di una collettività e città che con l‟evento e
121
attraverso l‟evento si conosce e riconosce, si comunica mettendo in
comune identità, valori e patrimoni. Nell‟evento si costruisce il
significato collettivo e il senso sociale; si costruisce la comunità.
Dopo un evento non siamo più gli stessi.
L‟evento cambia il tempo disponendo un “nuovo ritmo” nel grande
ciclo; e accompagna il cambiamento dei tempi.
L‟evento cambia lo spazio fin dalle prime opzioni ideative. Inoltre
il pubblico a cui ci rivolgiamo prima, durante e dopo l‟evento è una
società fatta di persone che ci accingiamo a mettere in relazione, che a
loro volta possono alzare lo sguardo sulla loro città; e inseguirne il
cambiamento, evento dopo evento.
Inoltre è da evidenziare che nel marketing territoriale il grande
evento è ritenuto un progetto innovativo, poiché la sua importanza,
risonanza ed il suo contenuto, sono in grado di mobilitare i potenziali
di sviluppo di un luogo; favorirne il rinnovamento infrastrutturale;
rafforzarne l‟immagine e identità; modificarne l‟immaginario, e la
comunicazione. Basti pensare alla ricaduta positiva per l‟immagine di
Torino delle Olimpiadi invernali 2006.
122
Figura 4: Ruoli e funzioni di un grande evento nel marketing territoriale(Caroli,1999)
123
4.1.1. Le tappe dell’evento pubblico
L‟organizzazione di un evento pubblico si può suddividere in
cinque tappe fondamentali:
Incontro con il cliente e definizione del budget
Ideazione dell‟evento
Contatti e prenotazione di tutto ciò che può essere necessario per
la messa a punto dell‟evento stesso (alimenti, locations, eventuali
tensostrutture, megaschermi, security, hostess, cantanti
cabarettisti ecc. etc.)
Svolgimento stesso dell‟evento e impegno da parte di tutti i
partecipanti per fare in modo che tutta la rappresentazione segua
il suo naturale e fluente corso senza bruschi colpi d‟arresto
Il dopo evento e la durata del suo ricordo nel tempo.
Lo step successivo, nel caso di grandi eventi, è quello di
suddividere i compiti per settori di competenza e area con le varie
imprese che collaborano.
Se ci troviamo di fronte alla richiesta di organizzazione di un
evento pubblico, bisogna per prima cosa sapere se si intende
realizzare un evento sportivo, culturale, di lavoro, politico ecc…
Il secondo passo da compiere è quello di comprendere lo scopo
dell‟evento: l‟informazione o la propaganda; un riscontro economico
o un puro intrattenimento sociale. Inoltre sarebbe importante stilare un
resoconto di tutti gli eventi simili ai quali si è partecipato o dei quali si
è sentito parlare, anche attraverso i media, per prendere degli spunti
124
ed evitare di creare un evento che sia la brutta copia di un altro già
avvenuto in passato. Altro elemento importante è lo stile dell‟evento
che può essere fastoso, sobrio, divertente ed originale, oppure formale
o informale, secondo le necessità che l‟evento stesso pone e del gusto
di chi lo organizza.
Solitamente all‟evento pubblico si da un titolo se non anche un
sottotitolo, che sarà quello che comparirà negli inviti e nei manifesti
pubblicitari e che è un elemento importantissimo che può
condizionare in tutti i sensi la riuscita dell‟evento.
Un altro elemento fondamentale è l‟ubicazione dell‟evento ed in
quanti modi è raggiungibile, oltre ad essere molto importante anche la
stagione e le condizioni climatiche. Altre notizie fondamentali che
l‟organizzatore deve raccogliere sono: la durata dell‟evento per la
prenotazione della location e per saper quante ore il personale dovrà
lavorare; l‟ora e la data dell‟evento, assicurandosi che nello stesso
giorno mese o anno non si verifichino rappresentazioni simili o che
richiamano lo stesso target di pubblico ed in fine, ma non per
importanza, il budget a disposizione, tenendo presente che dai
preventivi ai consuntivi il prezzo potrebbe variare leggermente nel
caso in cui si presentino degli imprevisti o alcuni prodotti e servizi
non siano più disponibili nel momento dell‟organizzazione vera e
propria. Inoltre molto importante è la scelta dei fornitori, valutando
l‟affidabilità la qualità e quantità del servizio offerto.
Chi organizza un evento è come un cuoco che deve dare vita ad un
pranzo importante e mette insieme una serie d‟ingredienti divisi in
tanti contenitori, dai quali di volta in volta attinge, nella costruzione
125
del proprio lavoro. Ogni evento ha un proprio filo conduttore che
costituisce l‟argomento caratterizzante da cui prendono spunto tutti gli
aspetti di contorno.
Ideare un evento significa trovare un “oggetto” interessante,
vestirlo con un contorno che lo valorizzi per poi passare alla sua
preparazione pratica. Durante lo svolgimento, le varie parti e
componenti della rappresentazione entrano in un meccanismo unico, il
professionista di relazioni pubbliche vede l‟applicazione pratica della
propria creatività. Inoltre l‟organizzatore può ancora intervenire in
corso d‟opera per limare, migliorare e correggere qualche dettaglio, ad
esempio si può far durare più a lungo un evento che sta avendo una
buona riuscita come limarne un altro che sembra più noioso. Altro
elemento molto importante è il dopo evento e la durata del suo ricordo
nel tempo. L‟evento deve essere scelto per la sua possibilità di riunire
e raggiungere target molto diversi tra di loro in un‟unica location, in
una data ben precisa e bisogna lavorare affinché la sua eco e il suo
ricordo non finiscano al massimo quarantotto ore dopo, ma continuino
nei mesi, sostenuti dall‟ufficio relazioni con i media e dalle altre
attività collaterali. Procedendo in questo modo, l‟evento diventa il
perno di tutta l‟attività di comunicazione, con un‟ottimizzazione
nell‟utilizzo del budget:
“L‟evento è senza dubbio uno dei più importanti ed
efficaci strumenti di comunicazione e costituisce un valido
veicolo per un‟azienda che abbia la necessità di trasmettere
un messaggio, ad un ben definito pubblico di riferimento.
126
Esso rappresenta, pertanto, uno strumento che diviene
sempre più utilizzato anche nell‟era multimediale che ha il
vantaggio di mettere a disposizione dell‟organizzatore
professionista una serie di supporti dell‟information and
communication technology, come internet, intranet e e-mail,
che aiutano a migliorare e velocizzare l‟organizzazione
generale dell‟evento aggregativo e offrono una vastissima
gamma d‟informazioni che in passato era estremamente
difficile ottenere” [Pecchenino, 2002, p.12].
Altro passo importante è la scelta delle location, del catering e di
tutto quello che serve per il nostro evento, fondamentale in questo
caso è potersi affidare ad imprese e su strutture con cui in passato si è
già collaborato. Ma, come dirò più avanti, è ancora più importante
tutta la parte dei contratti che ci mette al sicuro da possibili
inconvenienti, almeno molto di più di una semplice conferma
telefonica. Nel caso di eventi a rilevanza mediatica rilevante è la
funzione dell‟ufficio stampa che deve continuamente intessere
rapporti con giornali e giornalisti nonché con le tipografie necessarie
per eventuali inviti manifesti o locandine.
Il passo successivo è lo svolgimento dell‟evento stesso, per fare in
modo che tutto vada per il meglio è necessario dare poche, brevi ma
chiare e tassative direttive al personale, dai cabarettisti ai camerieri
dal relatore di un convegno ad un vip che deve far risplendere
l‟evento con la sua fama, ma nel modo in cui vogliamo noi che lo
paghiamo. In fine altro elemento importante, soprattutto per gli eventi
127
comunicazionali, come già ribadito, è la durata del loro ricordo nel
tempo, che si può ottenere con omaggi speciali agli invitati, oppure
con una serie di altri eventi minori collegati nel tempo.
Progettare, ideare, pensare un evento è cogliere lo spirito del tempo,
fermare questo flusso e comprenderlo, condensarvi significati
d‟identità collettiva. Far si che l‟evento volta per volta, il tempo del
senso, cioè che provi ad esprimere quel noi ora che parlando degli
antichi eventi (le feste, espressioni di miti e riti comunitari) abbiamo
considerato, o ammirato in tutto il suo carico di nostalgia ed utopia.
Gli eventi culturali e sociali sono passi del cammino alla ricerca di
questo “noi” così in crisi.
Formalmente l‟evento non è che uno stacco, una sosta, un istante di
coagulo di questo flusso che per le sue stesse e qualità di “cosa in
relazione” riesce a comprendere il senso del tempo e ad interpretarlo,
comunicarlo con una sola azione.
L‟evento è l‟attesa di un portento, l‟evento lascia intravedere il noi,
dà il senso del tempo. Insomma l‟evento conferisce eternità
all‟effimero, è tempo del senso [Argano e coll, 2005].
Stiliamo ora una sorta di lista di controllo per la buona riuscita
dell‟evento:
1. Definire la tipologia dell‟evento da organizzare
2. Definire gli obiettivi ed i target
3. Effettuare la scelta del personale e la divisione dei compiti
4. Definire il budget
5. Verificare la location
128
6. Verificare le strutture tecniche
7. Verificare la scenografia e i materiali di contorno
8. Il servizio catering
9. Il numero dei partecipanti sul totale degli invitati
10. Stabilire e tenere rapporti con i media
11. Preparare e distribuire l‟eventuale documentazione alla fine
dell‟evento
12. Effettuare il feedback e il controllo dei risultati dell‟evento dal
punto di vista dell‟efficacia della comunicazione.
13. Molto importante è anche aver ben presente il piano dei
disbrighi burocratici a cui adempiere nel caso di eventi
pubblici,( si veda la seguente tabella)
BUROCRACIES DELL’EVENTO
CULTURALE
Location
Richieste di concessione dell'area/spazio Titolare, soggetto pubblico/privato
Richieste di occupazione di suolo pubblico Soggetto pubblico titolare (Demanio,
Comune)
Uso di spazi storici Soprintendenza BBCC
Spegnimento lampioni, tolta tensione,
chiusura acqua
Aziende erogatrici
Chiusura strade, divieti di sosta, rimozione
auto, limitazioni traffico, parcheggi, ingresso aree
a circolazione controllata
Comune e polizia municipale
Spostamento linee autobus o prolungamenti
orari corse
Azienda trasporti pubblici
Richieste allaccio utenze straordinarie
(energia elettrica, acqua, smaltimento rifiuti)
Aziende erogatrici
Svolgimento evento
Permesso (licenza) spettacolo Comune
Relazione tecnica allestimento/Collaudi Professionisti iscritti all'ordine
Dichiarazione di attività e diritto d'autore Siae
Permesso di sparo e fuochi artificiali Questura
129
Certificato prevenzione incendi VVFF
Nulla osta di agibilità spettacolo Commissione Provinciale Vigilanza o
comunale dove istituita
Licenza di vendita al pubblico Comune
Somministrazione di alimenti e bevande Comune e Asl
Affissioni pubbliche Comune o concessionarie
Ordine pubblico Questura
Deroghe rumori e orari Comune e polizia municipale
Impiego di animali ASIL servizio veterinario
Frequenze per Intercom PPTT
Allacci idro/elettrici supplementari Aziende erogatrici
Permessi di lavoro Aziende erogatrici
Agibilità lavoratori dello spettacolo Enpals (oggi tramite Siae)
Impiego di minori Ispettorato del lavoro
Impiego lavoratori stranieri Questura, Ufficio dei lavoro
Doppie imposizioni sul reddito per artisti e
formazioni straniere
Agenzia delle entrate, Ambasciate e
consolati
Movimento merci
Circolazione camion giorni festivi Prefettura
Temporanea esportazione beni strumentali Uffici doganali
Carnet Ata CCIAA
Comunicazioni/informative di rito
Ordine pubblico Questura
Patrocinio Amministrazioni interessate
Assistenza sanitaria Servizi sanitari (118)
Tra le esperienze più significative vissute dall‟azienda nell‟ambito
dell‟organizzazione di un grande evento è rimasta nella memoria del
gruppo grazie della sua inaspettata buona riuscita vi è l‟inaugurazione
di una mostra di quadri del Cinquecento italiano presso la sede
dell‟Ordine dei Cavalieri di Malta in Roma.
Nel mese di Aprile del 2002 fummo chiamati dal Priorato dello
S.M.O.M. per chiederci di organizzare l‟inaugurazione di una mostra
di quadri d‟autore del Cinquecento Italiano, provenienti da varie
130
pinacoteche o collezioni private, nel mese di Giugno.
Considerato cosa ci veniva richiesto ci mettemmo al lavoro, sia per
valutare la nostra capacità, sia per verificare di quali professionalità
avremmo avuto bisogno.
Ci veniva chiesto di provvedere alla sicurezza delle opere, ragione
per cui bisognava “allarmare” i locali prescelti, verificare gli impianti
di sicurezza sia per le opere pittoriche che per i visitatori, verificare
l‟illuminazione, installare dei deumidificatori ed infine provvedere ad
un sistema antincendio.
Inoltre ci veniva richiesta l‟organizzazione di un buffet, per circa
2000 persone, di tono elevato.
Studio dell’evento e scelta dei partners
Dalla verifica dell‟incarico fu subito evidente che, vista la
delicatezza del materiale da preservare, bisognava scegliere, per i
lavori non di nostra pertinenza, aziende di notevole capacità tecnica.
C‟era anche da considerare che la società assicuratrice si sarebbe
sincerata dell‟efficienza dei sistemi messi in atto.
Verificati tutti i mezzi occorrenti, considerati i costi di gestione
dell‟evento, ottenuti i preventivi di spesa delle seguenti società:
- ditta per l‟impiantistica elettrica e per il condizionamento
- ditta per l‟impianti del sistema antincendio
- società di “security” per le giornate dell‟evento
Considerati i costi delle nostre società si procedette alla formale
offerta.
131
Fummo prescelti per l‟incarico ed iniziammo le procedure
propedeutiche all‟evento.
Contrattualistica e previsioni di eventuali possibili eventi negativi
Con le aziende partner dell‟evento si procedette a contrattualizzare
sia la fornitura di mezzi ed attrezzature sia delle opere. In particolare
si pose attenzione alle stesure dei capitolati d‟onere ed alla soluzione
dei possibili eventi negativi che si fossero potuti verificare.
Alla ditta di impiantistica fu richiesto di avere una congrua scorta di
materiale ed attrezzature, in particolare la fornitura di un potente
gruppo elettrogeno che potesse sopperire ad eventuali interruzioni
nell‟erogazione di energia elettrica.
Per quanto invece attiene le ditte fornitrici delle materie prime e dei
prodotti finiti per il buffet, richiedemmo espressamente che avessero,
per i primi, la disponibilità di prodotti pari al doppio della fornitura
richiesta, per i secondi, richiedemmo che provvedessero ad una
congrua scorta di prodotti finiti secchi o comunque a lunga
conservazione. La nostra azienda prevede di tenere allertato il centro
di cottura, con un cuoco ed un aiuto-cuoco, per ogni evenienza ed
inoltre due mezzi coibentati, uno presso il centro cottura ed uno
presso la sede dove avveniva l‟evento.
L’evento
Il giorno prefissato, dopo una settimana in cui il ritmo di lavoro era
divenuto più incalzante, dalla mattina alle otto, insieme a mia madre
fummo sul posto dell‟evento, il cui inizio era previsto alle 15.00.
La tensione tra gli addetti ai lavori era altissima. Il responsabile
132
della mostra continuava a chiedere cambi di luce all‟elettricista.
Il responsabile del sistema antincendio continuava ad imprecare nei
confronti dell‟elettricista che, csambiando continuamente la posizione
dei faretti ed il loro numero, cambiava il calcolo dei gradi di calore
che si sarebbero avuti nell‟ambiente. Tutti insieme avevano da ridire
sui facchini del catering che continuavano a scaricare tavoli, sedie,
ombrelloni e quant‟altro servisse nelle varie casse ed ad attraversare
stanze e corridoio ove loro operavano.
Io personalmente mi occupai della sistemazione delle isole per il
buffet e dei tavolini, del posizionamento degli ombrelloni e dei
gazebo da collocare nello stupendo giardino della sede dello
S.M.O.M, che dall‟alto del Pincio guarda l‟affascinante panorama di
Roma, della sua vestigia,dei suoi importanti monumenti e delle sue
bellissime chiese.
Quando finalmente tutto fu pronto, mi resi conto che avevamo fatto
un ottimo lavoro anche dal punto di vista scenografico.
Certo, pensai fra me, mai nessuno, vedendo tutto ciò potrà
presupporre quale immane lavoro ci sia stato dietro tra operatori vari,
operai, fabbri, falegnami, eccetera… Giunti all‟ora di apertura iniziò
l‟afflusso degli invitati ma, trascorsi pochi minuti, ci fu chiarissimo
che avremmo sicuramente superato notevolmente le previste 2000
presenze. In effetti l‟invito era nominativo ma non strettamente
personale. Considerato velocemente questa evenienza mi misi
immediatamente in azione e chiamato il centro cottura, ordinai che mi
fosse inviato dell‟affettato per almeno 3000 porzioni, che fossero
approntate delle frittate da porzionare per altrettante persone ed infine
133
che fossero preparati tutti i tramezzini possibili immediatamente.
Inoltre richiesi tutta l‟insalata di pasta che in modo previdente
avevamo preparato. Quindi chiamai il fornitore dei prodotti finiti
chiedendo in quantità salatini e biscotteria secca, oltre ad olive
denocciolate e patatine fritte. Infine inviai il nostro autista in
magazzino onde prelevare posateria, bicchieri e flute monouso ed
un‟ulteriore scorta di tovaglioli usa e getta. In effetti gli invitati, dai
previsti 2000, furono circa 5000 ma tutti poterono mangiare e bere
qualcosa dopo aver visitato la mostra. Per fortuna non vi furono
ulteriori gravi problemi se si eccettua il fatto che uno dei 15 camerieri
ebbe un malore e dovette andar via, ma risolvemmo il problema
poiché lo sostituii direttamente io.
Altro piccolo inconveniente fu che, data la giornata particolarmente
calda, intorno alle 18 iniziò a scarseggiare l‟acqua minerale
nonostante ne avessimo calcolato una notevole quantità. Dopo una
rapida consultazione con mia madre, decidemmo di inviare il nostro
autista presso il buffet di stazione di Roma Termini ove mia madre
aveva dei conoscenti e ci facemmo cedere 30 casse d‟acqua con cui
riuscimmo a completare il buffet. La mia più grande soddisfazione fu
quando alla fine della cerimonia il Priore dello S.M.O.M., espresse la
sua soddisfazione per la nostra opera e mi chiese: “ma come avete
fatto a sopperire all‟imprevisto arrivo di circa 3000 persone in più?”
Per quanto riguarda la tipologia della Convention, la nostra azienda
insieme ad altre partner, ne ha organizzato alcune per delle grandi
aziende.
Di solito, quando si tratta di una manifestazione di una certa
134
importanza, l‟azienda preferisce suddividere i suoi compiti o con delle
altre aziende, o con dei liberi professionisti del mondo della
comunicazione. I compiti sono così suddivisi:
Una segreteria generale che di solito cura una realtà esterna in
collaborazione con l‟Esse.V. e che si occupa della definizione del
programma, del contatto con i relatori; ricerca patrocini; sceglie la
mailing degli inviti; definisce l‟ordine degli interventi; prepara le
sintesi delle relazioni.
Una segreteria organizzativa curata dall‟azienda in prima persona,
che sceglie la località e la sede; la promozione e l‟ufficio stampa;
compie la ricerca di sponsorizzazioni; si occupa della definizione dei
contratti con i fornitori; distribuisce il materiale documentario;
prenota i servizi ricettivi e turistici; recluta il personale; si occupa
degli allestimenti, degli addobbi, dell‟organizzazione della reception,
delle iscrizioni dei partecipanti;
Infine una segreteria amministrativa sempre gestita dall‟azienda che
cura la gestione e l‟amministrazione dei fondi.
L‟aspetto più importante da tener presente è la realizzazione di
precisi cronogrammi per tutte le componenti organizzative: definire
tutte le scansioni nel tempo delle operazioni, settore per settore.
L‟altro aspetto è l‟elaborazione di un budget previsionale attraverso
l‟acquisizione dei preventivi di spesa e il bilancio dei possibili
finanziamenti.
In seguito si pianifica lo svolgimento operativo della convention,
attuando forme di feed-back, per il controllo dell‟efficienza
organizzativa.
135
Inoltre va rilevato come in questo caso, in cui si collabora con
realtà esterne, oltre ad essere fondamentale il rapporto fiduciario tra
imprese, sia importantissimo valutare la portata di condivisione degli
oneri e benefici, dei processi di governo e decisione, dei meccanismi
di controllo e verifica del comportamento di ciascuno, delle clausole e
forme di garanzia e tutela. Insomma a collaborare con altri partner
qualcosa si guadagna, pena la mal riuscita o la non realizzabilità
dell‟evento, ma qualcosa inevitabilmente si perde e ciò va messo in
conto. Forme di partenariati più estese, nel caso di grandi eventi,
possono dare luogo a dei network di progetto. Oltre alle partnership
produttive e coproduttive rivolte alla realizzazione dell‟evento stesso,
si può valutare la creazione di reti di servizi, finalizzate ad ottimizzare
la gestione del progetto e dei servizi rivolti al pubblico, reti
commerciali che prevedano ad esempio dei sistemi di prevendita di
biglietti presso alcuni sportelli bancari. Infine ci sono le reti di
collaborazione culturale con soggetti il cui coinvolgimento permette
di ampliare e affermare il prestigio, la portata e la visibilità dell‟intero
progetto.
136
GRUPPO PROMOTORE
(autorizzazioni dalle nazionali autorità - ricerca del patronato e del
comitato d'onore)
PATRONATO
(personalità politiche - enti pubblici)
COMITATO D'ONORE
personalità del mondo scientifico, collegate ai temi convegno)
COMITATO ORGANIZZATORE
(alcuni esponenti del gruppo promotore)
COMITATO DI STUDIO PROGRAMMA
COMITATO ESECUTIVO
SEGRETERIA GENERALE
(coordinata da un membro del Comitato organizzatore)
SEGRETERIA SCIENTIFICA
(definizione programma, contatti speakers, Vip,
interventi, abstracts , scelta dei mailing)
SEGRETERIA ORGANIZZATIVA
(iscrizioni, contatti con agenzie di pubbicità,
reclutamento personale contatti stampa, linea grafica,
addobbo sale, organizzazione centro congressuale
promozione e sito web)
SEGRETERIA AMMINISTRATIVA
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(gestisce e amministra i fondi)
138
139
4.2. Eventi privati
Nell‟evento privato sono in gioco emozioni e reti di relazioni
differenti rispetto a quello pubblico, il planning, ad esempio è meno
strutturato ed invasivo, in modo tale che ogni cliente possa dare il suo
contributo nel plasmare la cerimonia che gli appartiene. La stesura del
progetto richiede meno tempo poiché la maggior parte delle cerimonie
private seguono degli schemi assai standardizzati, cosa che accade
comunque a grandi linee anche per gli eventi pubblici, ma di solito
questi ultimi proprio per la necessità di differenziarsi l‟un dall‟altro e
suscitare maggiore rilevanza mediatica, hanno bisogno di maggiore
personalizzazione. Infatti, per intenderci meglio, il matrimonio segue
una serie di tappe che sono già prestabilite dal rito stesso e proprio per
questo sono uguali in tutte le cerimonie, così di solito anche per
compleanni lauree, battesimi ecc. ecc.. Per quanto riguarda gli eventi
pubblici, invece, l‟organizzatore pur dovendo rispettare degli schemi
fissi dettati dal tipo di cerimonia, ha più libertà di movimento. Gli
invitati di un evento privato si conoscono quasi tutti, è ciò aumenta il
rischio di incidenti e gaffe, anche perché all‟interno della cornice
stabilita dalla cerimonia, gli invitati di un evento privato hanno molta
libertà di intessere reti di relazioni e di formare gruppi di discussione,
nel caso di banchetti vincolati dalla disposizione dei posti a sedere,
nel caso di buffet invece viene a mancare anche questo vincolo. La
natura stessa dell‟evento privato, che di solito è ludico e di
140
intrattenimento, porta le persone ad un abbassamento della soglia del
contegno e della deferenza e spesso senza neanche accorgersene, tra
una chiacchiera e l‟altra, si ubriacano perdendo il controllo delle
proprie azioni, ma questo fa parte del rischio calcolato ed inevitabile
della cerimonia privata. L‟unica arma che l‟organizzatore può
sfoderare per porre dei correttivi è quella di dare al personale di sala le
direttive sul comportamento da tenere nel caso d‟incidenti, ed avere
un‟assicurazione che tuteli economicamente l‟azienda.
Raniero il maitre nel corso di un colloquio racconta di un
piccolo incidente avvenuto tempo prima: “Durante i
festeggiamenti per una laurea, che insieme alle feste di
compleanno sono quelle a più elevata incidenza di
partecipanti ubriachi, tenutasi nel nostro casale, gli invitati
avevano “alzato un po‟ troppo il gomito” e avevano
cominciato a versare il vino rosso sulle pareti sui divani.
Anche se in linea di massima le direttive diffuse dalla
dirigenza prevedono si lasci il più possibile libertà d‟azione
ai clienti, essendo comunque tutelati dall‟assicurazione,
decisi, visto lo scempio che stavano facendo, di intervenire
direttamente andando a parlare con il festeggiato anch‟egli
ubriaco come uno spugna. Fu ovviamente inutile, anche se
minacciai di porre fine alla festa. Allora a quel punto, vista
l‟emergenza, anche se ormai era l‟una di notte, chiamai il
capo per chiedere cosa potessi fare. Decise di venire di
persona, accompagnata, dal marito e dal figlio! Poiché la
situazione si era resa incontrollabile, facemmo affidamento
141
sui pochi invitati non ubriachi del tutto per chiedere gli
indirizzi e chiamammo una serie di taxi per far
riaccompagnare quelli ridotti peggio a casa. In parte i danni
furono risarciti dall‟assicurazione ed in parte dal
festeggiato. Dalla mia esperienza ho notato che molti
giovani, soprattutto i figli di papà, si divertono a distruggere
bicchieri e quant‟altro durante le feste, è come se dicessero:
„ Tanto io me lo posso permettere!‟ Ed è un comportamento
che mette a dura prova la mia pazienza”.
4.2.1. Le tappe dell’evento privato
Il cammino dell‟evento privato può dividersi in quattro tappe:
Incontro con il cliente e definizione del budget
Ideazione dell‟evento
Prenotazione della location, del catering e di tutti i servizi
accessori
Svolgimento stesso dell‟evento
L‟organizzazione di un evento privato deve porre molta attenzione a
tutti quei piccoli particolari che possono offrire un valore emozionale
aggiunto, rispetto alla sola prelibatezza del pasto offerta.
Di solito, dopo un colloquio approfondito con il cliente, in cui si
cerca di capire quali siano le sue passioni i suoi hobby, si adatta il
canovaccio generico della cerimonia privata sulle sue necessità e
aspettative, cercando di rispettare il budget prefissato. Il valore
aggiunto che un‟impresa familiare può offrire in questo caso è la quasi
142
certezza, garantita dall‟accentramento decisionale e della poca
distanza gerarchica tra organizzatore e colui che materialmente
metterà in opera l‟evento, che la personalizzazione sarà rispettata nei
minimi dettagli come contrattata con l‟organizzatore e non ci saranno
fraintendimenti o perdite di informazioni dovute ai troppi passaggi di
consegne, come può avvenire nelle grandi aziende. Importante è
anche capire quale deve essere lo stile dell‟evento da organizzare, se
festoso, elegante, sobrio, a seconda delle aspettative e dei gusti del
cliente e di chi lo organizza. Solitamente l‟organizzazione di un
evento si basa sull‟ideazione di un filo conduttore che attraversa tutto
l‟evento a seconda del suo stile, e ogni cosa, anche i più piccoli
dettagli, dagli inviti alle bomboniere, sarà un richiamo a questo fil
rouge. Importante è la prenotazione della location scelta, la durata
dell‟evento, per conoscere quante saranno le ore lavorative per il
personale, la stagione e le previsioni climatiche, nel caso in cui
l‟evento sia previsto all‟aperto. L‟ultima tappa è lo svolgimento stesso
della cerimonia che se si sarà stilato un buon planning in precedenza
ed il personale in azione è quello di fiducia che conosce le tempistiche
dell‟evento e gli standard aziendali, sarà la parte a livello pratico più
semplice, ma anche la più rischiosa, lo stesso avviene per gli eventi
pubblici, perché si basa su equilibri molto delicati, che possono essere
mantenuti solo da personale altamente specializzato.
Stiliamo anche per gli eventi privati una lista di controllo:
1.Definire la tipologia dell‟evento da organizzare
2.Definizione del tema portante
3.Effettuare la scelta del personale e la divisione dei compiti
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4.Definire il budget
5.Verificare la location
6.Il servizio catering
7.Il numero dei partecipanti sul totale degli invitati
8.Effettuare il feedback e il controllo dei risultati dell‟evento dal
punto di vista della soddisfazione del cliente.
Non potrò mai scordare l‟organizzazione di un matrimonio tra un
architetto ed un‟avvocatessa assai singolare. Quando si presentarono,
in veste molto informale, mi dissero che per il loro matrimonio
volevano realizzassi qualcosa di molto originale, parlando dei loro
interessi scoprii che erano amanti dei viaggi quindi, di comune
accordo, decidemmo che il tema dell‟evento sarebbe stato proprio
quello, ma quando scendemmo nei particolari dell‟organizzazione
scoprii che i due avevano gusti molto kitch ed a nulla valsero le mie
insistenze per mettere in scena qualcosa di meno “originale”. Il
matrimonio si sarebbe celebrato in luglio quindi pensai di affittare una
location che permettesse se possibile di stare all‟aperto. Il pranzo
sarebbe stato a buffet suddiviso in vari stand, ciascuno ispirato ad
alcuni tra i paesi visitati dai due sposi. Feci costruire da un mio amico
scenografo di Cinecittà, come espressamente richiesto dai due
giovani, una piramide per rappresentare l‟Egitto, ovviamente
riprodotta in scala, con due sfingi poste all‟ingresso e che al suo
interno ospitava camerieri vestiti e truccati da antichi egizi, i quali
servivano un menù tipico del luogo rappresentato: stufato egiziano di
verdura e pollo, tagine di agnello con prugne, Warah enab ovvero
foglie di vite ripiene, labna ovvero formaggio di yogurt e come dolce
144
konafa. Subito fuori ballerine vestite da Cleopatra danzavano balli
etnici. Poco più in là, due grandi cammelli con i loro conduttori,
affittati da un circo, erano pronti ad accogliere sulle loro gobbe gli
ospiti più temerari. Camminando per il grande parco si arrivava allo
stand successivo, il suggestivo Taj Mahal a rappresentare l‟India,
danzatrici indiane accoglievano gli ospiti e due statue rappresentanti
la fertilità erano poste all‟ingresso. All‟interno camerieri vestiti di
pregiate sete servivano un menù tipico: riso al tamarindo, hiderabadi
birmani, pesce allo yogurt.
Proseguendo vi era una pagoda e due statue raffiguranti buddha
circondate da fiori di loto per l‟angolo cinese, anche in questo caso le
ballerine avevano abiti tipici come i camerieri ed erano truccati da
orientali. Il menù prevedeva: crostini di gamberi, minestra di
mandorle, anatra laccata, spezzatino mongolo, budini delle otto
gemme. Di seguito il Messico era rappresentato da un tempio
semipiramidale, danzatrici e camerieri erano abbigliati con il costume
tipico dei Maya e servivano il seguente menù: enchiladas pablanas,
tacos con carne, pollo in salsa piccante e come dolce marquesotes. In
fine, ovviamente, l‟Italia rappresentata dal Colosseo e da camerieri
vestiti da antichi romani, il menù servito era composto da piatti tipici
delle varie regioni italiane. A guidare gli ospiti in questo giro
simbolico per il mondo, vi erano gli sposi portati da mori su due
lettighe. Alla fine della festa i due sposini volarono via su di una
mongolfiera. Per rimanere in tema era previsto: un mappamondo
swaroski per bomboniera, il bouquet della sposa formato da fiori
provenienti dai diversi paesi sopra citati, come pure i restanti addobbi
145
floreali, la torta nuziale a forma di emisfero e le partecipazioni molto
simili a dei biglietti aerei anche se stampati su carta invecchiata.
4.2.2. Soddisfazione del cliente
Accade spesso che si presentino clienti, per eventi sia di natura
privata che pubblica, che hanno aspettative molto elevate ma un
budget molto ristretto, quindi sta alla bravura dell‟organizzatore
cercare di condurre il cliente verso delle scelte più consone al suo tipo
di budget, senza andare ad incidere sul suo tasso di soddisfazione
finale. Tale meta si può raggiungere tagliando dal progetto del cliente
quelli che per noi rappresentano i costi più elevati, a seconda del caso
e aggiungendo tutta una serie di opzioni caratteristiche della nostra
azienda, meno costose ma d‟effetto, che soddisfino comunque le
esigenze del cliente. Per fare ciò l‟azienda deve poter contare sui suoi
“ pezzi forti” e riuscire a sorprendere piacevolmente il cliente, grazie
alla cultura specifica in materia di eventi maturata nel corso degli anni
da tutto il gruppo aziendale.
4.2.3. La ribalta
La ribalta è quel luogo dove ogni attore mette in scena il proprio
ruolo seguendo le regole e i riti, di deferenza e contegno, dettati dalla
situazione. Solitamente i luoghi della ribalta sono ben definiti e
separati da quelli del retroscena in cui il pubblico non può avere
accesso, infatti, in linea di massima, le cucine sono separate da una
146
porta o da una tenda dalla sala dei banchetti e altrettanto spesso il
contegno del personale di sala cambia sostanzialmente dopo aver
varcato quella soglia, proprio perché si passa in un altro contesto dove
vigono regole diverse da quelle della ribalta.
Come afferma Goffman: “ La rappresentazione di un
individuo sulla ribalta può esser considerata come un
tentativo per mostrare che la sua attività entro quel
territorio segue certe norme. Queste sembrano riconducibili
a due vaste categorie. La prima si riferisce al modo in cui
l‟attore tratta il pubblico mentre è impegnato con questo in
una conversazione o in uno scambio di gesti, sostitutivo
della parola; talvolta possiamo riferirci alle norme di questa
categoria col termine „cortesia‟. La seconda categoria si
riferisce invece al modo in cui l‟attore si comporta quando
può essere visto o udito dal pubblico, ma non è
necessariamente impegnato a parlargli. Mi servirò del
termine “decoro” per riferirmi a questa seconda categoria
di norme….”[1959; 128-129].
Goffman prosegue la sua disquisizione affermando che le regole
territoriali del decoro possono essere suddivise in morali e
strumentali. Le prime sono un fine in se stesse e si riferiscono a
prescrizioni che riguardano il non interferire ed il non molestare il
prossimo, il rispetto dei luoghi sacri, ecc. Le seconde sono dei fini in
sé, e presumibilmente si riferiscono agli obblighi quali quelli che un
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datore di lavoro può pretendere dai propri dipendenti- buona
conservazione delle attrezzature, livello produttivo soddisfacente,
ecc.-. Le regole morali e strumentali in un medesimo territorio
sembrano influenzare in modo simile l‟individuo, e che i due ordini di
criteri siano portati a giustificazione della maggior parte di norme che
devono essere rispettate. Inoltre vi è da specificare che quella parte di
facciata personale definita “maniera” e rilevante dal punto di vista
della cortesia, e che la parte chiamata “apparenza” lo è dal punto di
vista del decoro. Inoltre gli attori possono astenersi dal dare
impressioni, ma non possono evitare di lasciarle trasparire. Proprio
ricollegandomi a queste affermazioni, è molto interessante notare
come sulla ribalta dell‟evento sia essenziale quella sorta di decoro
chiamato: “far finta di lavorare”, infatti è assolutamente vietato per
qualsiasi attore oziare, ma tale divieto ormai è interiorizzato infatti
come afferma Giuseppe, un cameriere che molto spesso collabora con
l‟azienda:
“Anche se in un dato momento hai esaurito tutti i compiti
che ti erano stati assegnati dilungati su uno di essi perché se
arriva il maitre e ti trova sfaccendato ti darà di sicuro
altrettanti compiti da svolgere ed inoltre è molto probabile
che la prossima volta assoldi meno personale”.
Il maitre, nel corso di un‟intervista, afferma: “Non è bello
vedere durante lo svolgimento di un evento del personale
che stia senza far nulla! O che, ancor peggio, si fuma una
sigaretta! Se proprio è necessario che ciò avvenga, deve
148
essere fatto in un luogo dove il pubblico non abbia
accesso!”.
4.2.4. Il retroscena
Il retroscena può esser definito come il luogo dove l‟impressione
voluta dalla rappresentazione stessa è scientemente e
sistematicamente negata.[Goffman,1959;133]
Gli intrusi non sono ben accetti nei luoghi di retroscena come ad
esempio la cucina; prima di tutto perché ogni estraneo è visto come
portatore di microbi in un luogo sacro e sterile quale essa dovrebbe
essere. Poi anche perché ai cuochi non piace svelare i propri segreti e
che i piatti da loro preparati perdano “l‟effetto sorpresa”. Queste
elencate fin qui sono le scuse ufficiali che il personale adduce per
giustificare tale divieto, a chi ad esempio, come più volte è capitato,
con la scusa di voler riscaldare il biberon del bimbo vuole intrufolarsi
a tutti costi in cucina; ma, in realtà tale norma, molto spesso, è
severamente e pedissequamente applicata perché non sempre in
cucina vengono rispettate quelle fondamentali e basilari norme di
igiene come il pubblico si augura; inoltre, come detto in precedenza,
cuochi e camerieri nei luoghi di retroscena calano la maschera ed
assumono un comportamento a volte poco decoroso che non vogliono
che il più vasto pubblico conosca.
4.3. Rapporti con i clienti
Nel corso di questo paragrafo cercherò di tracciare il profilo di uno
149
degli elementi più importanti per una buona riuscita dell‟evento che
consiste nella conduzione dei rapporti con il cliente. Ai fini della tesi
farò una distinzione analitica dei clienti in committenti e partecipanti.
Per committenti, pubblici o privati, intendo i clienti che si rivolgono
all‟azienda per ottenere un servizio. Per partecipanti, intenderò il
target di riferimento a cui sarà rivolto l‟evento. Ma iniziamo col capire
chi è il primus inter pares, ovvero colui che mantiene i rapporti con i
clienti, uno dei tre attori fondamentali in tale scenario organizzativo.
4.3.1. Responsabile dei rapporti con i clienti
Colui che si occupa del rapporto con i clienti, nel caso specifico il
responsabile della divisione organizzazione eventi e catering, dovrà
avere delle doti spiccate di relazione, diplomazia ed equilibrio
emotivo. Al contempo avrà ben chiara la filosofia aziendale ed esserne
l‟incarnazione suprema, perché egli è il biglietto da visita
personificato dell‟azienda stessa.
Secondo direttive interne della Esse.V., il responsabile delle
organizzazioni, dovrà avere un modo di vestire congruo, ovvero di
tendenza ma elegante, un mix calibrato tra classico e sportivo,
metafora delle performance aziendali, in grado di organizzare eventi
di tendenza ma eleganti ed allenata a farlo. Inoltre dovrà essere anche
un ottimo psicologo, per comprendere quale sia il modo migliore di
presentare l‟offerta in base al tipo di cliente che si trova di fronte.
Dovrà essere in grado di far fronte a tutte le esigenze del cliente
rispettando comunque i limiti imposti dall‟azienda.
150
L‟Esse.V. non è ancora un azienda in grado di rifiutare commesse
per eventi di dubbio gusto, poiché per essa ogni entrata economica è
vitale, quindi sta alla prontezza e bravura dell‟organizzatore cercare
per quanto possibile far rientrare nei binari del buon gusto anche le
richieste più Kitch; ciò sempre a patto di soddisfare le esigenze del
cliente. L‟unica situazione in cui il responsabile è autorizzato a
rifiutare una commessa è nel caso di eventi che prevedano spettacoli
osceni o di dubbia moralità da valutarsi caso per caso, e dopo la
pessima esperienza del safari party, eventi che prevedano l‟uso e lo
sfruttamento di animali selvatici. In nessun caso egli deve offendere il
cliente, ma con garbo e cortesia fargli comprendere quando vi è
qualcosa di sconveniente, facendogli notare che la prima ad avere
interesse che il suo evento abbia successo è proprio l‟azienda che ha
un‟immagine da tutelare.
Quindi il soddisfacimento del cliente coincide e non può entrare in
contrasto con tale immagine. Inoltre nel caso di eventi privati, nel
corso della stesura del progetto dovrà dare molta rilevanza ai gusti e
alle inclinazioni del committente, nel caso di eventi pubblici sempre
nel rispetto della volontà committenza avrà molta importanza avere
presente le inclinazioni e i gusti dei partecipanti, poiché il successo di
pubblico corrisponde alla soddisfazione della committenza.
Altro elemento molto importante è chiarire, soprattutto nel caso di
eventi che comprendano una fase riservata al catering, con il cliente
quale saranno i criteri di accesso all‟evento e quanti saranno i
partecipanti, calcolando quest‟ultimo elemento sempre per eccesso,
onde evitare che sia lui che l‟azienda facciano pessime figure. Nel
151
caso in cui sia incerto il numero prepararsi sempre scorte non
deperibili a breve per almeno il doppio del numero supposto. Altra
caratteristica fondamentale che deve avere è saper comprendere
quando non è stato abbastanza convincente per porre dei correttivi per
riuscire lo stesso a persuadere il cliente. Se ad esempio comprende
che l‟attenzione del cliente è venuta a decrescere nel momento in cui
si è parlato del budget necessario per la realizzazione dell‟evento,
sempre secondo il codice deontologico aziendale, l‟organizzatore
prima dovrà elencare tutti i punti di forza e caratterizzanti
dell‟organizzazione di quell‟evento, evidenziare tutti gli stati
emozionali positivi che susciterà, e poi con tono confidenziale
affermare che proprio eccezionalmente farà uno strappo alla regola e
gli applicherà il massimo sconto fattibile. Il problema grave si
presenta quando il nostro progetto non è stato abbastanza convincente
per il cliente, l‟unico modo per ovviarlo è prevenirlo, carpendo a
priori le inclinazioni del nostro cliente e facendolo parlare il più
possibile delle sue attese. Di solito si comprende che un contratto non
andrà a buon fine quando il nostro cliente mentre stiamo esponendo il
progetto si distrae, sbadiglia, acquisisce un fare accigliato, oppure
comincia ad acquisire un atteggiamento eccessivamente polemico e
denigratorio, a tratti ironico. In questi casi l‟unica strategia è
mantenere la massima calma e sfoderare tutte le armi soprattutto
puntando sui servizi di punta offerti dalla nostra azienda e sulla
unicità di quest‟ultimi sul mercato, insomma mettere più possibile in
risalto gli skill che caratterizzano la nostra azienda.
Una delle cose che ho amato di più del mio lavoro è quella che
152
viene definita dagli psicologi: „il fenomeno della compenetrazione
simpatetica‟ maturato nel corso degli anni. Quando mi trovavo di
fronte ad un nuovo possibile cliente, con assoluta discrezione e
facendo in modo che egli non se ne accorgesse, lo scrutavo
attentamente. Osservavo il modo di vestire, i dettagli e la qualità dei
suoi abiti, il suo incedere. Ascoltavo il modo ed il ritmo con cui
scandiva le parole, studiavo il suo modo di presentarsi, quello che
Goffman definirebbe: “L‟idioma del corpo”. Mi sforzavo di capire che
tipo di servizio desiderasse, quanto volesse spendere ed il modo
migliore di proporgli l‟offerta. Nella maggior parte dei casi anche
un‟ottima offerta se presentata nella maniera errata può far si che il
potenziale cliente non confermi l‟ordinazione.
4.3.2. I committenti privati
I committenti, nel caso di un evento privato, sono solitamente o
coloro che l‟evento festeggerà o delle persone in stretta relazione con
essi. Le relazioni con questo tipo di clienti sono molto delicate poiché
la realizzazione di un evento privato si muove sui binari emotivi dei
rapporti parentali e di amicizia. Inoltre in alcuni casi la buona riuscita
o no dell‟evento e giudicherà la reputazione personale. Il committente
si differenzia in base al budget che ha a disposizione in relazione al
tipo di evento che intende realizzare, dei suoi gusti e dall‟ansia che
dimostra nell‟affrontare l‟incontro con l‟organizzatore. Saper gestire
le eccessive intromissioni spetta in primo luogo al responsabile degli
eventi, che come afferma la specialista di tecniche di comunicazione
153
durante i corsi di formazione, con fermezza, ma sempre con il sorriso
sulle labbra dovete fargli comprendere che voi siete dei professionisti
che sanno svolgere il proprio lavoro e pensate di essere in grado di
poterli soddisfare.
Per poter svolgere al meglio il proprio lavoro l‟organizzatore deve
essere in grado di capire dal modo di vestire, di parlare ed anche del
budget a disposizione che tipo di cliente ha di fronte. Infatti tutti
queste caratteristiche sono indice dell‟appartenenza socio- economica
e culturale nonché proiezione di quelle che potrebbero essere le sue
aspettative sulla realizzazione dell‟evento.
4.4. Indicatori delle attese e del gusto del cliente.
Dalle rilevazioni raccolte è emerso che le aspettative e il gusto dei
clienti dipendono da variabili come il budget, livello culturale, modo
di vestirsi.
L‟Abbigliamento è la prima delle caratteristiche con cui
l‟organizzatore viene in contatto, e viene preso in considerazione
nell‟individuazione delle aspettative da soddisfare dell‟eventuale
cliente. Nel corso dell‟osservazione ne ho individuato tre differenti
tipi: elegante, casual, eccentrico.
L‟elegante indossa abiti di buon taglio, raffinati, indossa camice su
misura con le cifre ricamate a mano. Al polso sfoggia un orologio di
marca, e nel caso di donne girelli di prestigio.
Il casual si distingue in due differenti categorie:
1.chi indossa abiti sportivi ma rigorosamente firmati;
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2.chi indossa capi sportivi di marca a larga distribuzione, indice di
una condizione economica e di conseguente disponibilità del budget
inferiore;
L‟eccentrico, indossa quasi sempre una cravatta sgargiante,
calzature alla moda, sconfina frequentemente nel kitch.
Il secondo indice di aspettative e gusto, con cui l‟organizzatore
viene a contatto, è la cultura. Per ragioni analitiche viene suddivisa in
tre modalità: alta,media,bassa.
Infatti nel momento in cui il cliente ci esporrà le sue esigenze, dal
suo tipo di linguaggio, più o meno forbito, dal modo di articolare il
discorso e dalle sue conoscenze tecniche specifiche del settore,
comprenderemo il suo livello di cultura generale, che se elevato
coinciderà quasi sempre con aspettative qualitative e organizzative
dell‟evento altrettanto elevate.
L‟organizzatore prendendo coscienza di queste caratteristiche
unitamente all‟età anagrafica la sua provenienza geografica, potrà fare
delle previsioni sui gusti e sulle aspettative del cliente
sull‟organizzazione dell‟evento.
Le aspettative a loro volta sono in relazione direttamente
proporzionale con il budget. Infatti dalle rilevazioni svolte nella
maggior parte dei casi osservati, al crescere della disponibilità del
budget crescono anche le aspettative, qualitative-organizzative nei
confronti dell‟evento. Possiamo affermare che ai fini del nostro
studio, il budget è una variabile strategica nell‟individuazione della
tipologia d‟evento che si andrà a configurare.
155
4.4.1. Committenti e partner
La nostra ricognizione sulle origini di un evento, su dove, quando e
come collocare la partenza di un progetto tocca ora uno snodo
cruciale.
Le origini di un evento ne comprendono le risorse: al fondo, origini
significa fonti, essenze, sorgenti per così dire vitali; e naturalmente
esse si situano dentro una comunità che è fatta di soggetti (la “terra” e
le sue “piante” o “creature”, possiamo dire), pubblici e privati.
Chiudendo questo arco, i soggetti sono risorse, e questa prima
definizione di sguardo arriva a comprendere soggetti pubblici e
privati, così come si mostrano all'inizio di una relazione; quindi
committenti/clienti, sponsor e partner, così come si comportano via
che questo rapporto va a costruire realtà co-progettuali e co-
produttive.
Tutti i soggetti, infatti, sono risorse di progetto; chiarendo il senso,
gli attori sociali sono risorse economiche, dando così un significato
concreto a quell'intreccio positivo di cultura, società, economia e
politica in cui vanno collocati i nuovi eventi contemporanei, dentro il
quale ci si deve saper orientare e muovere in qualità di
“autori/organizzatori” culturali, alla ricerca e nello sviluppo di
fonti/origini e di ragioni forti.
Primo soggetto di un evento è il committente, che solitamente è un
ente pubblico e tipicamente un ente locale (da amministrazioni
regionali e provinciali fino a municipalità o quartieri e circoscrizioni
delle città maggiori), non a caso: qui, infatti, a questo livello si fa
156
sentire e valere quel genius loci che spinge a promuovere l‟identità, la
volontà/proprietà di un evento (la sua Ownership) la sua necessità
come espressione d' identità e mezzo di comunicazione.
C'è chi ha parlato, rispetto a questa tendenza, di “generi” culturali
d'iniziativa pubblica [Eco, 1983]; ed è indubbio che il percorso storico
che motiva questo passaggio, nazionale perlopiù, salda da un lato
l'uscita dagli “anni di piombo” (Settanta e Ottanta) e dalla paura della
dimensione foranea dall'altro l'emergere, appunto, di ambizioni e
intraprendenze amministrative degli enti locali nella promozione
culturale. Questo secondo percorso è tutt'altro che concluso, e
potremmo inserirlo compiutamente nell'orizzonte storico di
celebrazione e rappresentazione del potere.
Limitandoci ad osservare la cronaca culturale, possiamo riscontrare,
in questa committenza, il prevalere di settori dell'amministrazione
pubblica competenti sulle aree della cultura e dello spettacolo (non
sempre connesse), sull'istruzione in seconda battuta, sul turismo o
sull'ambiente: in ogni caso, parti dell'amministrazione nelle loro
integrali filiere (l'assessore, il capo di gabinetto, il dipartimento o
divisione o ufficio). In realtà, il livello ideale di una committenza
(ideale perché presupposto di una vera collaborazione dell'istituzione)
è il vertice, riassuntivo e rappresentativo della committenza stessa. In
una città, il sindaco, in una provincia e regione, il presidente (o
governatore). Entrando nel dettaglio di funzioni e attività messe in
gioco dagli eventi (e quindi di necessità e richieste tecniche,
amministrative, logistiche, spesso condivise tra organizzatori e
committenti pubblici), si vedrà come una città e il suo governo, ad
157
esempio, vengano coinvolte e animate in più sensi e direzioni,
entrando in competenze e pertinenze tutt‟altro che omogenee e
difficilmente comprensibili in un solo ambito operativo e
amministrativo. Un evento occupa spazi e tempi pubblici, va
comunicato, comporta modifiche alla viabilità; un evento richiede
permessi, talvolta controlli sanitari e d'ordine pubblico, spesso
interventi di pulizia ambientale. Tutto ciò, per così dire, emerge alla
fine del processo, alla resa dei conti e quindi già in scena o in mostra.
All'origine del percorso, però, il senso è già chiaro.
La committenza è un mandato alto, un incarico, una delega
complessa e di sintesi che proprio dalla sintesi governativa di una città
o un territorio proviene: interpretare, esprimere, comunicare la cultura
di una terra, di uno spazio in un tempo. Su queste basi, tutta una città
o un territorio (dentro il suo governo ma anche attorno e all'esterno),
cioè tutte le diverse parti devono seguire, sostenere e fiancheggiare
questo mandato e la sua realizzazione.
Allora quel meccanismo-chiave della produzione di grandi eventi
affidati da enti pubblici a autori/organizzatori (professionisti esterni,
cioè privati) che si chiama conferenza dei servizi (vedi la parte
seguente sulla programmazione) acquisisce un senso e una
motivazione forte, ed è in questo snodo, probabilmente la differenza
operativa e concettuale del tutto coincidente tra un evento
effettivamente pubblico e un evento realmente privato.
E‟ fondamentale coinvolgere, aggregare risorse/soggetti anche
all'esterno dell'amministrazione: prima di tutto le utility companies
158
(ex municipalizzate) che s‟occupano dei servizi fondamentali in una
città, dai trasporti all‟ambiente all'energia. Proprio per questo, perché
sono da collocare, per i loro interessi oggettivi, al centro di un “essere
città”, queste funzioni e le loro direzioni dovrebbero operare al fianco
delle tante e diverse comunicazioni culturali e sociali attraverso eventi
dello stesso “essere città”. Beni e servizi materiali da un lato, beni
immateriali e simbolici dall'altro: ma la città, il territorio, la terra è la
stessa.
Qualcosa di analogo deve ispirare il rapporto con l'impresa, sia che
diventi sponsor o partner di un evento di provenienza pubblica, sia
che promuova e produca autonomamente eventi culturali, come inizia
a capitare. L'impresa non può rimanere solo un attore economico,
indifferente al suo contesto e alla cultura di questa comunità e di
questa collettività.
Per ragioni di semplice fabbricazione del consenso o più evolute e
consapevoli dinamiche di responsabilità sociale, si rivela necessaria
una nuova comunicazione istituzionale e sociale dell'impresa, una
comunicazione che proprio per questo suo carattere “pubblico” è fatta
anche di eventi, attraverso eventi sociali e culturali. Tutto ciò, ben
inteso, superando l'impostazione e la motivazione delle consuete
operazioni di sponsorship che rispondono perlopiù a logiche
pubblicitarie (cioè spazi e tempi da occupare, negli eventi come nei
moduli dei quotidiani e nei minuti/secondi della tv).
159
Anche un cliente privato, allora, quando assume questa posizione
comunicativa profondamente istituzionale, è da trattare come una
committenza pubblica: è parte di una rappresentanza politica cioè di
una polis. Vale un parallelismo coi beni culturali, che possiamo
definire pubblici o privati per l'uso, non per la proprietà: in questo
caso ad essere pubblica è una visione, una missione, cioè un progetto
sulla collettività e per la collettività.
Il grande tema pubblico/privato, da intendere come un movimento
tra due poli che vanno avvicinati e messi in relazione, ci conduce con
qualche semplificazione al tema degli stakeholders.
Per stakeholder si intende qualsiasi persona, organizzazione,
autorità, realtà o istituzione che possiede interessi rispetto ad un
progetto culturale o ad un evento, che può essere influenzata o può
influenzarne l'attuazione.
Rielaboriamo da Ferrari 2002, un elenco di diverse categorie (il
stakeholders di un evento, a volte anche target dell'avvenimento cioè è
i destinatari clienti/obiettivo (trattati nella terza parte dei libro):
- committente o soggetto promotore;
- titolarel/i dei contenuto e/o dei marchio;
- investitori;
- sponsor e finanziatori privati
- finanziatori pubblici;
- fondazioni bancarie;
- dipendenti e collaboratori interni;
- collaboratori esterni;
- enti locali;
160
- comunità locale;
- mass media;
- pubblica opinione ed opinion leader;
- associazioni;
- imprese territoriali;
- fornitori;
- comunità artistica e settore culturale;
- organismi artistico-culturali;
- organismi sopranazionali;
- altri soggetti.
L'identificazione degli stakeholders di ciascun avvenimento e la
gestione di relazioni proficue con tali soggetti è parte integrante di
ogni momento della realizzazione di un evento. Qui agli albori del
processo ideativo cioè alla ricerca di origini/risorse e soggetti/ragioni
forti cerchiamo di trasformare in “azionisti” (shareholders) gli
“interessati potenziali” (stakeholders tra cui spesso soggetti privati) e
per converso di “interessare” sempre più i semplici “azionisti”
(magari istituzionali e spesso poco motivati). Stakeholders e
shareholders, interessi ed azioni: in sintesi si tratta di relazioni e
partecipazioni.
Questa dimensione ideale del privato che si fa pubblico, se
vogliamo, è un punto d'arrivo, è ancora un traguardo cui tendere
nell'impostare il rapporto anche normale col cliente, con chi chiede un
progetto, un evento, una manifestazione in logiche perlopiù di
comunicazione. Lo è a maggior ragione, per noi, in quanto il nostro
focus su eventi sociali e culturali ci porta a convertire energie e risorse
161
anche private in più ampie progettualità culturali, sociali e territoriali
Ne è illuminante esempio la progettazione e produzione di grandi
eventi culturali (d'arte e spettacolo, d'intrattenimento) al centro di,
piani di marketing turistico e più estesamente territoriale, incentrati su
“attrattori” di interessi e risorse [Roche, 2002 e Guala, 2002].
4.4.2. I partecipanti
Un altro elemento molto importante perché un evento abbia una
buona riuscita è quello di capire quale sarà il target di pubblico di
fronte al quale la „rappresentazione‟ avrà luogo. La prima
suddivisione che si può fare è per classi di età, poiché ovviamente a
seconda delle fasce d‟età l‟animazione, il menù e la stessa
progettazione dell‟evento saranno differenti. Altre variabili da tenere
sotto controllo saranno: la professione svolta, il target di riferimento,
la cultura e la classe sociale i cui gradi usando una scala Likert
potrebbero essere: bassa, medio-bassa, media, medio-alta, alta. Inoltre
è importante conoscere la nazione di provenienza e la città, se il
pubblico è eterogeneo, se si conoscono tra loro o no, se vi sono gruppi
di familiari, se sono solo donne o uomini, se sono solo persone adulte
o con figli piccoli per prevedere un eventuale baby sitting. Concluse
tali doverose considerazioni iniziali, bisogna precisare che tranne i
convegni o le convention, anche se vanno comunque valutati caso per
caso, il pubblico che partecipa agli altri tipi d‟evento è solitamente
eterogeneo ma con la presenza di alcune variabili stratificanti. Di
solito il pubblico al suo interno è etereogeneamente formato dalle
tipologie che andrò ad elencare di seguito. Una distinzione ulteriore
162
da fare è tra pubblico di un evento privato e partecipanti di un evento
pubblico, infatti di solito sono diverse le leve che lo spingono a
partecipare. Nel primo caso di solito sono spinti da leve emotive
affettive dovute al grado di conoscenza ed intimità che hanno con il
festeggiato, o con l‟oggetto dell‟evento, come nel caso di una mostra
fotografica in ricordo di un fotografo scomparso, per i dieci anni dalla
sua morte. Inoltre di solito nel caso di questi piccoli eventi i
partecipanti si conoscono quasi tutti fra loro e quindi può essere un
occasione per rivedere un amico che non si sente da tempo, e di sicuro
al contempo il pubblico di questi eventi privati si sentirà più libero di
lasciare spazio al suo modo di essere senza necessità di doversi
guadagnare la stima di sconosciuti. Le leve che muovono invece i
partecipanti di un evento pubblico non sono solo di tipo emotivo
come, per intenderci, il livello di gradimento dell‟aspettativa evento
culturale o comunicazionale messo in scena, ma sono svariate,
andiamole ad analizzare.
Per quanto riguarda il pubblico dei grandi eventi è interessante
notare le manifestazioni di aperto dissenso nei confronti di uno
spettacolo noioso, oppure di cui parte del pubblico non condivide
qualche elemento, oppure nel momento in cui un guasto tecnico si
prolunga. Inoltre è anche interessante notare di iniziazione e
propagazione del dissenso, nonché le tecniche di difesa del soggetto o
dell‟organizzazione direttamente coinvolta.
Dai casi analizzati è emerso che vi sono varie gradazioni del
dissenso, dal silenzio completo ma dai visi che si vede che si trovano
altrove, annoiati; il secondo stadio è il mormorio che può trasformarsi
163
in fischi e lancio di oggetti nella peggiore delle ipotesi. Nei casi
analizzati il mormorio partiva sempre da un nucleo molto ristretto di
persone e dopo un primo momento di indugio da parte del resto del
pubblico dilagava a macchia d‟olio. In questo caso varie sono le
strategie messe in atto da chi si trova travolto da quest‟onda di
dissensi, dal far finta di nulla continuando la propria rappresentazione,
abbandonare la scena in silenzio, assumere un tono seccato o
intimidito, difendersi esplicitamente. Nel caso di guasto tecnico,
chiedere scusa per i disagi creati e provvedere a dare un “premio di
consolazione” a chi ha pagato e deve attendere per usufruire del bene,
magari distribuendo bibite gratis, o in casi rari rimborsare il prezzo
del biglietto.
4.4.3. Bisogni e motivazioni del pubblico
Uno dei risultati più significativi dell'applicazione degli studi socio-
psicologici e di marketing agli eventi culturali riguarda la conoscenza
e la comprensione dell'audience per poter realizzare nella maniera più
efficace quella armonizzazione tra la proposta complessiva
dell'iniziativa e i pubblici che a vario titolo la sostengono. Tra i
principali obiettivi del marketing vi è infatti quello di accrescere il
valore degli scambi possibili tra l'evento e i propri pubblici. Rispetto
ad eventi che hanno ambizione di durare nel tempo la sfida dell‟
azienda è quella “di costruire un pubblico”, ovvero di realizzare un
processo che nel medio termine vada oltre la semplice crescita
numerica dell'utenza, ma che contribuisca a:
trasformare i consumatori occasionali in consumatori
164
abituali;
incentivare coloro che non partecipano a provare una nuova
esperienza.
Se è vero che attraverso l'attività di segmentazione
un'organizzazione deve individuare quali tra i segmenti di utenza, in
una data situazione e in un dato periodo, costituiscono i target più
“profittevoli” (ovvero quei gruppi omogenei di persone che si trovano
nella condizione di avere interesse e possibilità di accesso all'evento)
è altrettanto importante individuare tipologie di pubblico su cui
investire per il futuro.
Nel caso di eventi culturali aventi finalità non esclusivamente
commerciali, prospettive di audience development dovrebbe essere
conseguite non solo in funzione di un incremento numerico delle
affluenze o per contrastare un fisiologico turnover del pubblico,
quanto per allargare la base dei potenziali fruitori e consentire un più
ampio accesso alle attività culturali a tutte le fasce sociali.
Non bisogna, inoltre, dimenticare che un evento in grado di
esplicare una funzione sociale “allargata” può avvalorare una richiesta
di finanziamento anche, nell'attuale scenario di sempre maggiore
incertezza per quanto riguarda capacità degli enti pubblici di sostenere
adeguatamente le molte iniziative di settore.
Gli aspetti del processo di consumo culturale che richiedono una
conoscenza più approfondita nell‟interesse della ricerca sociologica
sono:
165
i cambiamenti sociali e l'evoluzione degli stili di vita; i
bisogni e le motivazioni sottese alla partecipazione;
i benefici ricercati;
il processo decisionale;
le modalità di fruizione;
la formulazione dei giudizi sulla qualità dell'esperienza.
[Argano e coll, 2005]
Per una corretta analisi dei processi di consumo, si dovrà prestare
particolare attenzione a come cambia la società nella quale le
organizzazioni si trovano ad operare e quali sono le macro-tendenze in
atto.
Qui di seguito vengono riportati sinteticamente i principali
fenomeni e le principali tendenze che influiscono sui processi di
consumo e sulle evoluzioni della domanda attuale e futura.
Cambiamenti nella struttura demografica.
A livello nazionale emerge un progressivo invecchiamento della
popolazione; l'aumentare della speranza di vita e i cambiamenti negli
stili di vita delle persone in età adulta e anziana rimettono in
discussione il concetto stesso di anzianità. Particolare attenzione
dovrà prestarsi agli over 65, un target importante e strategico perché
numericamente sempre più consistente, con livelli di istruzione
progressivamente crescenti, con maggiore tempo libero a disposizione
e con stili di vita più dinamici e aperti.
166
Cambiamento nella composizione dei nuclei familiari.
Si registra un ritardo dei giovani (anche dopo l'università) ad
abbandonare la famiglia di origine e a costituirne una nuova. La
famiglia tradizionale si frammenta in una serie di tipologie con
differenti modelli di consumo e aumentano i nuclei familiari mono-
componente.
Una società sempre più multietnica.
La presenza di un numero crescente di stranieri, che caratterizza
soprattutto i grandi centri urbani e industriali, produce nuove istanze,
nuove sfide per le politiche culturali e può rappresentare una nuova
opportunità per le organizzazioni a patto che si inizia pensare in
termini progettuali anche per questi nuovi pubblici.
Il progresso scientifico e tecnologico.
Lo sviluppo incrementale della cosiddetta information-technology,
la pervasività della tecnologia nella vita di tutti i giorni, sono
fenomeni che hanno un effetto dirompente sugli stili di vita e sui
comportamenti di consumo e che influenzano i sistemi culturali dal
punto di vista dell'offerta e della domanda. Si pensi, ad esempio, ai
nuovi prodotti e servizi ad alto contenuto tecnologico (dvd, home-
theatre, videogiochi, Internet, pay-tv) da consumarsi nelle mura
domestiche, che si inseriscono come nuovo competitor nel già
affollato mercato dei tempo libero.
L'imporsi di stili di vita urbani iper-attivi e dinamici.
167
Le persone sono sempre più “consumatrici di esperienze”, si
muovono alla ricerca di emozioni, sono aperte a nuove sollecitazioni,
alla diversità, alla pluralità delle proposte anche e soprattutto di natura
culturale.
Nella società attuale il consumo rappresenta il principale strumento
di investimento esistenziale e l'individuo è chiamato ad orientarsi tra
una vastissima gamma di possibilità di consumo culturale. L'analisi
dei processi di scelta tra i diversi fattori di attrattiva culturale mette in
discussione il concetto di consumo culturale a favore di quello di
investimento culturale [Sacco e Zarri, 2004]; sempre di più le scelte
sembrano rispondere a una logica identitaria e a una strategia di
autorealizzazione del soggetto.
Dal punto di vista delle opzioni culturali, la partecipazione come
investimento delinea preferenze più “onerose” dal punto di vista
dell'impegno, della costanza e dell'orizzonte temporale di
gratificazione.
In questa prospettiva gli eventi culturali si collocano su un duplice
livello. Per il loro carattere di esperienza del “qui e ora” si offrono
infatti ad un consumo impulsivo di immediata soddisfazione di
bisogni di natura socio-relazionale. La partecipazione ad un evento
culturale può rappresentare un pretesto per condividere rituali
collettivi e per sentirsi parte di un gruppo, o di una “tribù sociale”. Si
pensi, ad esempio, agli happening estivi di musica leggera che
coinvolgono enormi masse di giovani le cui motivazioni, oltre a
riguardare aspetti di natura estetica, poggiano sulla ricerca di momenti
di aggregazione, di esperienze da condividere e attraverso cui
168
comunicare i propri sistemi di valori e stili di vita. Va ricordato inoltre
che in determinate occasioni l'evento culturale stimola modalità di
partecipazione determinate soprattutto dal bisogno di “esserci” e di
vivere l'evento.
Gli eventi possono, d'altro canto, presentarsi anche come
opportunità di un percorso di realizzazione individuale in cui il
rapporto fiduciario instaurato e il sigillo di qualità attribuito all'evento
permettono esperienze culturali “onerose” e “rischiose”, non
sperimentabili altrove. Spesso si partecipa a spettacoli di artisti ignoti
o con forme espressive sconosciute, perché l'evento “contenitore”
garantisce una riduzione del rischio funzionale connesso alla scelta di
partecipazione, ovvero il rischio che l'esperienza non sia all'altezza o
conforme alle aspettative.
In situazioni di forte asimmetria informativa o di incertezza rispetto
al tipo di esperienza che si andrà a fare (situazione che si verifica in
special modo per quei prodotti particolarmente complessi o poco noti
quali teatro e danza di ricerca, musica sperimentale e contemporanea,
arte contemporanea), la reputazione, il prestigio, il tratto d'immagine
associato all'evento diventano gli elementi principali di valutazione, il
parametro della qualità attesa. [Argano e coll,2005]
Sebbene siano molteplici i bisogni e i desideri connessi alla
partecipazione (Tab. 1), è comunque possibile effettuare una
distinzione in funzione di macro-categorie determinate sulla base di
differenti livelli di coinvolgimento con l'evento.:
spirituale
169
emozionale;
intellettuale,
sociale.
Bisogni e motivazioni
del pubblico
Tipo di
coinvolgimento
rispetto all'evento
artistico
Gerarchia
dei bisogni
di Maslow
Elevazione, "fuga dal
quo-
tidiano"
Contemplazione SPIRITUALE AUTOREA
LIZZAZIONE
Stimolo alla creatività
Piacere estetico
Commozione ESTETICI
Sorpresa, meraviglia
Curiosità e apertura
alla
Diversità
EMOZIONALE
Senso di sfida
Esperienza dei passato
Senso di identità
culturale COGNITIV
I
STIMA
Interesse professionale
Stimolazione
intellettuale
INTELLETTUALE
Hobby
Accrescimento
culturale
170
"Dover esserci" – show
off
Interazione sociale
Divertimento SOCIALE SOCIALI
Inclusione
Svago
Tabella 1: Matrice dei bisogni e del tipo di coinvolgimento di un evento
culturale.Adattamento dal modello di G. Morris (ibidem, 2005)
Nella tabella 1 viene inoltre riportata la relazione tra i diversi 1ivelli
di coinvolgimento e il modello di gerarchia dei bisogni proposto da
Maslow. Il concetto centrale della teoria della motivazione di Maslow
è che i bisogni umani sono disposti secondo una gerarchia precisa che
li ordina dal più pressante al meno urgente. Le scelte di consumo (che
rappresentano la forma più immediata e efficace per soddisfare
bisogni e realizzare desideri) saranno determinate in modo da
soddisfare prioritariamente i bisogni alla base della piramide e una
volta che questi saranno appagati ci si orienterà alla realizzazione dei
bisogni appartenenti ai livelli superiori.
Come si evince dalla matrice gli eventi culturali si prestano a
soddisfare molteplici bisogni (sociali, di stima, di autorealizzazione)
collocati nella parte centrale e alta della piramide, che, non a caso,
contiene le categorie in cui si affolla la competizione della maggior
parte dei prodotti, dei servizi e delle esperienze offerte sul mercato
nelle sviluppate società occidentali.
171
Come afferma Goffman: “Generalmente quando gli
intrusi compaiono sulla ribalta, gli attori tendono ad
allestire rapidamente la rappresentazione che insceneranno
per gli estranei in un altro momento e luogo, e questa
improvvisa prontezza ad agire in un modo particolare porta
quanto meno ad una momentanea confusione della linea
d‟azione in cui essi sono già impegnati. Gli attori si
troveranno temporaneamente combattuti fra due possibili
realtà, e fino a quando non sarà possibile lo scambio di
segnali, i membri dell‟equipe restano senza una guida circa
la linea da seguire: ne consegue in ogni caso
imbarazzo”.[195, p.162]
4.4.4. Motivi ricorrenti di soddisfazione e insoddisfazione
Per quanto riguarda la predisposizione di un sistema di diagnosi e
di intervento è opportuno individuare e analizzare gli apportatori di
insoddisfazione e di soddisfazione [Ferrari, 2002] disseminati lungo
tutto l'arco del ciclo dell'esperienza, dalla pre-fruizione alla post-
fruizione.
In ognuna delle tre fasi è importante considerare:
- le attività;
- gli elementi irritanti;
- i momenti della verità .
172
Le attività sono le azioni tipiche che l'utente compie per acquisire
informazioni, per scegliere, per accedere e per fare esperienza
dell'evento.
Gli “irritanti” sono promesse dell'organizzazione o aspettative
dell'utente che vengono disattese e che provocano frustrazione o
influiscono negativamente sulla percezione dell'offerta [Ibm, 2004]. Si
tratta quindi di individuare per ciascuna fase gli apportatori di
insoddisfazione, fattori di supporto che devono necessariamente
essere forniti per garantire standard minimi di qualità, ma che di per
sé non accrescono la soddisfazione dei clienti.
I momenti della verità sono situazioni significative di interazione
tra l'utente e l'evento. Rappresentano momenti strategici a cui l'utente
dà un'importanza primaria e in base ai quali può decidere di
proseguire o interrompere il processo di consumo e la relazione con
l'organizzazione.
Nella tabella 2 vengono elencati le attività, gli irritanti e i momenti
di verità individuabili nelle diverse fasi di fruizione in funzione di uno
specifico target. Da tale punto di vista operativo il processo si articola
nei seguenti passaggi:
- individuazione di un target specifico;
- ricostruzione dei processo completo di fruizione dei target (che
cosa fa, quali servizi o benefici ricerca, quali sono le sue aspettative);
- esplosione dei processo di fruizione in attività (distinguendo tra
pre-consumo, consumo e post-consumo);
- attribuzione della qualifica di Irritante o di momenti di verità a
173
ciascuna delle attività individuate, a seconda della portata
dell'impatto derivante da un eventuale disservizio.
ATTIVITA' IRRITANTI MOMENTI DELLA
VERITA’
PRE-FRUIZIONE
Ricerca informazioni sito web Bassa visibilità sito
Assenza di informazioni su
servizi accessori e parcheggio
Mancanza informazioni su
prodotto core e orari
Ricerca informazioni call-
center
Assenza numero telefono sui
materiali informativi
Indisponibilità accesso per
disabili
Invio brochure informativa Ritardo invio materiale
Prenotazione dei biglietti Assenza facilitazioni per
gruppi
Impossibilità prenotazione
biglietti
Prenotazioni di visite guidate
(es. caso mostre) Indisponibilità visite guidate
in lingua (target stranieri)
FRUIZIONE
Ricerca parcheggi e
individuazione luogo evento
Parcheggio inesistente o
lontano
Parcheggio inesistente o
lontano
Acquisto biglietti lungo tempo di attesa
acquisto biglietti
Assenza cassa dedicata ai
gruppi Impossibilità acquisto con
carta di credito
Assenza di agevolazioni per
categorie di utenza
Ritiro biglietti prenotati lungo tempo attesa biglietti
prenotati
Richiesta informazioni e
servizio d'ordine
Scarsa presenza e
riconoscibilità front-line
Personale scortese e non
competente Servizio d'ordine
inefficiente o sottodimensionato
Presenza e ricerca servizi di
supporto
Assenza guardaroba Servizi
igienici lontani e sporchi
Assenza punti di ristoro
Ricerca bar o vendita oggetti Servizio poco visibile Assenza bar
Partecipazione evento Scadente confort ambientale
Mancanza elementi segnaletica
interna
Inefficienza sistemi riscal
damento/condizionamento
Scomodità sedute Bassa visibilità
in alcune aree
POST-FRUIZIONE
174
Utilizzo bar o servizi
ristorazione
Prezzi elevati, ridotta scelta
di alimenti
Bar chiuso al termine
spettacolo/evento
Acquisto bookshop e punti
vendita
Prezzi elevati, scarsa qualità
merci Impossibilità acquisto con
carta di credito Assenza catalogo
mostra
Assenza o chiusura anticipata
Bookshop
Utilizzo mezzi di trasporto Assenza mezzi pubblici in
prossimità evento
Lamentele e suggerimenti Assenza spazi e moduli per
lamentele e commenti
Tabella 2 Elenco attività, irritanti e MOT di uno specifico target di un evento culturale
Nell'analisi del pubblico la conoscenza dei comportamenti di
fruizione riveste particolare interesse perché consente di ricostruire le
modalità di incontro tra un evento e i suoi pubblici, mettendo a fuoco
il processo che porta al cosiddetto “momento della verità”. Dal punto
di vista analitico è opportuno dilatare l'ambito di indagine a quanto
avviene “prima” e “dopo” il fatidico momento di realizzazione
dell'esperienza. Si distingue pertanto tra:
1. pre-fruizione;
2. fruízione;
3. post-fruizione.
La pre-fruizione inizia nel momento in cui il consumatore avverte
175
un bisogno e si attiva per soddisfarlo. Questa fase comprende varie
attività che vanno dalla ricerca di informazioni, alla valutazione delle
alternative fino alla decisione dell‟acquisto. Si tratta di un momento
particolarmente importante perché è nella fase di pre-fruizione che si
formano le attese e i livelli di aspettativa rispetto al tipo di evento cui
partecipare.
La fruizione riguarda le forme e le modalità di partecipazione
all'evento. il momento centrale in cui si sostanzia lo scambio di valore
tra l'organizzazíone e la sua utenza. Data la contestualità tra le fasi di
realizzazione dell'output artistico-culturale, di erogazione dei servizi
di supporto e del loro utilizzo, assume ancora maggiore rilevanza una
efficace gestione dei servizi e delle attività costituenti il sistema di
offerta nella determinazione dei livelli di soddisfazione dell'utente.
Dato che il processo di fruizione può avere una durata temporale
significativa, la qualità percepita con riferimento all'ambiente gioca un
ruolo importante nella valutazione complessiva. Le principali variabili
che compongono l'ambiente fisico dell'evento sono :
1. condizioni ambientali e atmosferiche (clima, temperatura,
inquinamento visivo e sonoro, presenza insetti ecc)
2. spazio fisico (caratteristiche logistiche e architettoniche,
impianti, attrezzature, arredi, facilities, ecc.),
3. elementi simbolici, segnaletica, decorazioni.
Sulla prima variabile le possibilità di controllo e di intervento sono
ovviamente molto limitate, mentre le altre due variabili possono
essere progettate in modo da favorire la piacevolezza e il comfort
176
dell'esperienza (si pensi all'importanza derivante da una buona qualità
dell'acustica della sala, dalla comodità delle poltrone e dalla visibilità
complessiva). Occorre infine ricordare che l'ambiente percepito va
oltre le sue componenti fisiche. In special modo durante un evento
culturale, il pubblico stesso contribuisce a determinare gli umori, il
feeling generale, lo stato di trepidazione e di attesa che spesso
contribuisce a determinare quella sensazione di unicità, di essere
testimoni di una situazione irripetibile.
La post-fruizione rappresenta una fase molto importante e non
sempre attentamente valutata dal management, innanzitutto per la
difficoltà a recuperare informazioni sull'impatto che l'evento ha
generato sul pubblico: è in questa fase infatti che avviene
l'elaborazione dell'esperienza e la formulazione dei giudizi sulla
qualità percepita. Quello che le organizzazioni culturali spesso
trascurano è che la percezione e la formulazione di giudizi sulla
qualità dell'evento sono influenzati da una molteplicità di fattori non
necessariamente attinenti ai contenuti estetico-culturali dell'esperienza
e alle attività core del sistema di offerta.
La formulazione del giudizio sulla qualità complessiva
dell'esperienza è infatti il risultato di un duplice processo di
valutazione [Gronross, 1999] riguardante:
la qualità tecnica dei risultato
la qualità funzionale dei processo.
177
La qualità tecnica del risultato si forma in base a un giudizio sui
contenuti dell'attività core, quindi propriamente sui contenuti artistico-
estetici dell'esperienza.
La qualità funzionale deriva dal giudizio dato su come si è
realizzata complessivamente l'esperienza: valutazione del processo di
erogazione dei servizi e delle informazioni durante la fase di pre-
fruizione, giudizio sulla competenza e professionalità della front-line,
sulla piacevolezza e sul comfort dell'ambiente, sugli standard
qualitativi delle facilities per quanto concerne la fase di fruizione.
La qualità sperimentata sarà quindi il prodotto di una duplice
valutazione che prenderà in considerazione aspetti contenutistici e
aspetti funzionali.
Per completezza di ragionamento occorre aggiungere, che la qualità
effettivamente percepita sarà il risultato di un ulteriore processo
cognitivo: quello che confronta la qualità sperimentata (tecnica +
funzionale) con la qualità attesa, ovvero con il sistema di aspettative
indotto dalla comunicazione e dal marketing dell‟evento.
Diventa quindi importante governare il sistema della
comunicazione in modo che le promesse fatte possano essere
realmente mantenute, ovvero che la qualità attesa non sia superiore
alla qualità sperimentata perché ciò produrrebbe un abbassamento
della qualità percepita.
Data la centralità del prodotto e della riuscita artistico-culturale, il
management delle organizzazioni culturali ha sempre dedicato
particolare attenzione alla qualità tecnica del risultato, trascurando a
volte l‟importanza di quella funzionale nella determinazione della
178
qualità sperimentata. Compito specifico della divisione marketing è
quindi predisporre un sistema di diagnosi e di intervento per garantire
elevati standard di qualità funzionale, per evitare che la validità
dell‟oggetto dell‟evento venga inficiata da una cattiva gestione del “
come”.
4.4.5. Tutela del cliente e dell’azienda: i contratti
Il contratto è l‟accordo di due o più parti per costituire, regolare o
estinguere tra loro un rapporto giuridico- patrimoniale (art. 1321 del
Codice Civile).
Per le società di servizi è lo strumento indispensabile per la tutela
sia degli interessi patrimoniali che per la tutela dei diritti e la certezza
dei doveri che ciascun contraente assume nei confronti dell‟altro. Il
contratto stipulato con i privati contiene la specifica del servizio che la
ditta si impegna a fornire, il materiale che utilizzerà, la tipologia di
alimenti che fornirà e le garanzie sulla loro genuinità, il numero di
personale di sala che sarà fornito, la tipologia di stoviglie e del
tovagliato.
Inoltre si specificherà tutto quanto ritenuto utile per garantire
l‟utente. L‟azienda a sua volta si tutelerà specificando la somma da
pagare, le modalità di pagamento e la località.
In contemporanea al contratto con il conferimento dell‟incarico, si
procederà a stipulare appositi contratti con le dite compartecipanti alla
preparazione dell‟evento, prevedendo tutte le specifiche tecniche
179
prodromiche ad una corretta fornitura. Nel corpo del contratto saranno
specificate data, ora e località della consegna delle forniture,
prevedendo il tipo di imballaggio e quant‟altro utile al facile impiego
del prodotto. Inoltre saranno previste penalità crescenti per ritardi o
mancate consegne, spesso piuttosto elevate in modo da esercitare un
sicuro potere dissuasivo e non mera clausola contrattuale.
I contratti con gli enti pubblici
Gli enti pubblici, salvo rare eccezioni e per piccolissimi importi,
bandiscono regolari gare con tutte le modalità cui dovranno attenersi
gli aspiranti fornitori. Espletate tutte le procedure amministrative,
avviene l‟aggiudicazione. Vi è da specificare che questo settore non
rappresenta il core business dell‟azienda. Ciò premesso i contratti
hanno quasi sempre caratteristiche similari. Essi contengono molte
clausole “unilaterali” a cui il contraente dovrà inevitabilmente
assoggettarsi, avendole preventivamente accettate. Conterranno tutte
le penalità per eventuali ritardi e inadempienze e quasi sempre vi sono
minuziosi capitolati tecnici come parte integrante.
I contratti stipulati con enti pubblici sono sempre formalizzati e
sottoscritti alla presenza di un pubblico ufficiale, detto “ufficiale
rogante” che ha funzioni e poteri notarili. Frequentemente la parte che
richiede il servizio, si tutela pretendendo un versamento cauzionale o
il deposito di polizza fidejussoria a garanzia della buona esecuzione
dell‟evento. Nel corpo del contratto inoltre gli enti pubblici
comprendo quasi sempre una clausola che obbliga il fornitore a
garantire tutte le forme assicurative previste dai contratti nazionali di
180
lavoro verso i propri dipendenti riservandosi la facoltà di verifiche
volte ad accertare anche la correttezza dei versamenti.
CONTRATTI CON PARTNER Contratti di collaborazione
Contratti di coproduzione
Contratti di co-marketing
CONTRATTI CON SOGGETTI
FINANZIATORI
Convenzioni con enti pubblici
Contratti con soggetti sponsor
CONTRATTI ARTISTICI Vendita o acquisto evento
Ingaggio formazioni artistiche
Prestito di opere
Contratti di prestazione artistica
CONTRATTI CONNESSI A
DIRITTI
Contratti di acquisto o cessione di utilizzazione
economica di diritti in particolare
> Diritto di pubblicazione, trascrizione e
traduzione
> Diritto di riproduzione con qualsiasi
procedimento
> Diritto di rappresentazione, esecuzione
> Diritto di diffusione a distanza
> Diritto di messa in commercio
> Diritto di esposizione al pubblico
> Diritto di elaborazione
Contratti di licensing ed uso del marchio
CONTRATTO Di LAVORO Contratti di prestazione d'opera e lavoro
autonomo e professionale
Contratti a progetto
Contratti di formazione e lavoro
Contratti di lavoro subordinato a tempo
determinato ed indeterminato
Contratti di lavoro interinale
181
CONTRATTI DI APPALTO,
FORNITURA BENI O PRESTAZIONE
DI SERVIZI
Contratti vendita
Contratti di prestazioni di servizi
Contratti di agenzia
Contratti di locazione
Contratti assicurativi
Contratti con le banche
Tabella 3: Schema contratti ricorrenti ( Argano e coll., 2005)
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5. GAFFE ED INCIDENTI
In una collettività ogni strada porta ad una meta buona.
La meta è posta a breve distanza; ma anche la vita è breve e così si
ottiene un massimo di buoni successi; di più non occorre all‟uomo per
essere felice, perché il successo conseguito foggia l‟anima, mentre a
quello a cui si aspira senza ottenerlo la storce soltanto; per essere
felici non ha importanza lo scopo prefisso, ma solo il fatto di
raggiungerlo. E inoltre la zoologia insegna che da una somma di
individui limitati può benissimo risultare un insieme geniale.
Robert Musil, L‟uomo senza qualità.
Mentre guardavo le olimpiadi di pattinaggio artistico su ghiaccio in
coppia mi è venuta in mente un‟appassionante metafora: un evento
ben riuscito è simile a un‟ottima coreografia eseguita in sincrono con
affiatamento e piena compenetrazione del ruolo da parte dei due
pattinatori. Infatti se uno solo di essi perde il ritmo può provocare di li
a poco una rovinosa caduta. Allo stesso modo l‟equilibrio di un evento
viaggia a filo di lama e basta che una delle tante componenti che
concorrono alla sua messa in scena sia fuori tempo per rovinare la
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bellezza e la riuscita dell‟evento stesso, proprio in questo caso può e
deve intervenire l‟esperienza e la bravura dell‟organizzatore che con
funamboliche mosse strategiche deve rimettere tutto perfettamente in
sincrono senza che alcuno se ne accorga. Innanzi tutto bisogna
specificare che la bravura dell‟organizzatore sta: nel cercare di
prevenire gli avvenimenti negativi e identificare le aree di rischio del
progetto. La distinzione che userò per il concetto di gaffe ed incidente
è ripreso da goffman e la illustro di seguito: La gaffe di solito nasce da
un‟errata definizione della situazione in cui gli attori interagiscono,
essi fanno di tutto per mantenere la definizione della situazione che si
era pattuita all‟inizio dell‟interazione, ed è proprio in questi momenti
di rottura che si evidenzia ai nostri occhi quanto normalmente viene
dato per scontato; è nel momento in cui viene infranto il rituale della
deferenza o del contegno o del mantenere la faccia, che ci accorgiamo
dell‟esistenza delle regole attinenti alla situazione in corso, è quando
un passaggio da ribalta a retroscena viene recitato malamente che
possiamo vedere la divisione fra i due ambiti, inoltre si colgono altre e
diverse regolarità nel processo con cui gli individui contrattano
situazionalmente il loro senso di realtà. Mentre per incidenti
solitamente intendiamo: gesti non intenzionali, intrusioni inopportune,
passi falsi e scenate.
Una casistica dei rischi di incidente ricorrenti per gli eventi
culturali viene tracciata da [Argano e coll., 2005] come di seguito
riportato:
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La scelta, la concessione, la dimensione idonea e l‟uso di uno
spazio;
La scelta di un periodo;
L‟impiego di taluni artisti;
Ottenimento o prestito di alcune opere;
L‟assegnazione di un finanziamento vitale;
Improvvise restrizioni in fatto di rilascio di autorizzazioni;
L‟arrivo di persone e cose;
La stima, la tipologia e l‟eventuale affollamento di audience ed
il loro comportamento;
Le condizioni atmosferiche specie per eventi all‟aperto
Le problematiche di raggiungimento, afflusso, deflusso della
location;
La sicurezza prima, durante e dopo l‟evento;
La possibilità di azioni violente;
Il mancato incasso; ………
Le soluzioni che permettono di gestire incertezze e rischi
sono:
Prevenzione riduzione ed eliminazione- si cerca di ridurre le
cause che possono generare il rischio e/o si pianificano strade
alternative;
Elusione- si cambia il modo di procedere scegliendo azioni e/o
tempi più sicuri;
Accordi contrattuali- si blindano contrattualmente situazioni
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pericolose;
Assicurazione-ci si cautela trasferendo ad una compagnia
assicurativa il rischio intero o parziale identificato, subendone il
costo;
Trasferimento-il rischio viene affidato a soggetti terzi, con un
possibile aumento dei costi;
Monitoraggio– si tengono sotto stretto controllo le situazioni a
rischio avendo stabilito la data ultima dopo la qule occorre
attivare un piano B;
Problem solving –per la gestione delle incertezze del
quotidiano procedere, per le problematiche non strutturali
dell‟evento, per la gestione dei conflitti, va posto un sano
atteggiamento nell‟affrontare le cose in maniera positiva,
costruttiva e creativa da parte del team;
Osservanza delle normative- piena conoscenza e rispetto delle
norme e legislazioni vigenti.
Tabella 4: Casistica di incidenti ricorrenti, “Gli eventi culturali”
5.1. Incidenti
Poste tali premesse mi tornano alla mente tutta una serie di
incidenti e gaffe che hanno impresso movimento, vitalità e, non di
rado, arrabbiature nel corso della mia esperienza di organizzatrice di
186
eventi. Nel 1999 organizzai un matrimonio nel mese di Aprile, la
sposa voleva assolutamente che il pranzo si tenesse nel giardino della
villa in cui intendeva effettuare il banchetto per il suo matrimonio ed a
nulla valsero le mie insistenze a farlo nel salone principale di questa
bellissima villa sull‟Appia essendo molto probabili, in quel periodo
dell‟anno, le precipitazioni atmosferiche. Giunti al giorno della
cerimonia appena sveglia tirai un sospiro di sollievo poiché in cielo
brillava un sole meraviglioso, dunque feci subito posizionare tavoli e
sedie per il ricevimento nel parco di seguito provvidi a che gli stessi
venissero apparecchiati ma proprio un‟ora prima dell‟inizio del
banchetto cominciò a piovere a dirotto. La tensione si sentiva nell‟aria
ma cercavamo di celarla, di corsa riportammo tutto all‟interno del
salone ma le tovaglie si erano tutte bagnate, pensai subito di chiamare
il servizio lavanderia, ma ci sarebbero volute almeno un paio d‟ore
prima di riavere delle tovaglie pulite, per fortuna il maitre ebbe
un‟idea geniale: asciugarle con un‟asciuga capelli che per un puro
caso era stato lasciato da qualcuno nella villa. Riuscendo a prolungare
di una mezz‟oretta l‟aperitivo tutto andò per il meglio, il maitre
Raniero mi continuava a ripetere:
“Il segreto è mantenere sempre calma e freddezza, per
aver il distacco necessario utile per agire nel migliore dei
modi”.
In un'altra occasione ci venne richiesto di organizzare un evento di
dubbio gusto: un safari party nel parco di una villa. Tovaglie dagli
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esotici disegni, drappi zebrati e tigrati, pappagalli sbucavano qui e là
dai trespoli fissati al soffitto del gazebo, recinti con zebre, scimmie,
pantere, tigri, e domatori. La cena era già iniziata da una ventina di
minuti, camerieri vestiti con costumi tipici marocchini facevano la
spola tra la cucina ed il giardino con succulenti pietanze esotiche, gli
ospiti dalla faccia incuriosita e soddisfatta osservavano tutta la
scenografia pregustando la prelibatezza dei cibi trasportati sui vassoi,
a questo punto era prevista una performance circense di tigre con
domatore: tutto di un tratto il giardino venne illuminato da un grande
cerchio di fuoco attraverso il quale sarebbero passate le due tigri che
dormivano nella gabbia a fianco all‟esotico buffet, due camerieri
portarono due grossi sgabelli d‟acciaio, venne aperta la gabbia e le
due tigri prese come da un sussulto balzarono subito fuori, uno
schiocco di frusta ed eccole sugli sgabelli pronte a saltare attraverso il
cerchio infuocato prima l‟una poi l‟altra, gli ospiti erano al tempo
stesso divertiti e spaventati, noi sapevamo che potevamo stare
tranquilli perché erano animali abituati a stare in mezzo alle persone
che avevano anche lavorato nel cinema e vi erano dei veterinari pronti
a sparare sedativi nel caso di spiacevoli inconvenienti. Tutto d‟un
tratto da un luogo vicino cominciarono a fare bellissimi fuochi
d‟artificio: le due tigri, prese alla sprovvista, si spaventarono, fecero
un enorme balzo, scavalcarono il recinto dell‟esibizione e scapparono
nel parco, il panico si diffuse in un battibaleno, la musica araba si
bloccò e prima che cominciasse il generale e pericoloso “fuggi-fuggi”,
confrontandomi rapidamente con i padroni della villa decidemmo che
la cosa migliore fosse far accomodare tutti gli ospiti nel salone fino a
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che le due tigri non fossero state catturate. Per fortuna i due “gattoni”
decisero di tornare volontariamente nella loro gabbia ma non senza
prima distruggere l‟intero buffet. I padroni vollero che la serata
continuasse ugualmente con ciò che era rimasto e così fu, certo la
serata perse soprattutto in serenità ed immagine. In alcuni casi, infatti,
è impossibile per l‟organizzatore evitare che eventi spiacevoli ed
imprevedibili si abbattano sul suo lavoro ed in tali casi l‟unica
soluzione è quella di arginare i danni e continuare a mantenere una
calma serafica.
In un'altra occasione durante l‟organizzazione di una festa per una
nota compagnia aerea orientale venne commesso un banale errore
dalla responsabile interna alle comunicazioni che rischiava di
compromettere la bellezza di tutto l‟evento: era prevista la presenza di
modelle vestite come le hostess di volo che per divisa avevano gli
abiti tipici della nazione a cui apparteneva la compagnia, furono
chieste quindi delle taglie grandi di questi abiti direttamente alle sede
del paese orientale. Il problema fu che per le orientali erano
considerate taglie grandi la 38 e la 40, per fortuna l‟arrivo degli abiti
era previsto per il giorno precedente l‟evento, anche se una regola
d‟oro direbbe che ove possibile sarebbe meglio che tutto il materiale
fosse pronto almeno una settimana prima. A questo punto la
responsabile provò a chiedere alla sede di Milano se avessero qualche
divisa in più nelle taglie 42 e 44, così fu, ma si dovette sforare dal
budget previsto perché fu necessario un trasporto urgente tramite
corriere da Milano a Roma, sicuramente comunque la spesa del
trasporto fu inferiore alla perdita di immagine che ne sarebbe
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conseguita all‟azienda. Un'altro incidente molto divertente avvenne ad
un matrimonio in cui due ospiti, si accorsero che erano capitati al
matrimonio sbagliato solo quando arrivarono i due sposi, reduci da un
lungo servizio fotografico. Proprio durante lo svolgimento
dell‟aperitivo del banchetto del mio matrimonio mio fratello svenne
per la tensione, il maitre fu così bravo che per non farmi accorgere
dell‟accaduto e non rovinarmi uno dei giorni più belli della mia vita,
con l‟aiuto di due camerieri lo portò in cortile, lo poggiò su una
panchina e chiamò subito mio padre e una mia zia medico. Per fortuna
mio fratello si riprese subito e io venni a conoscenza di tutto ciò solo
il giorno dopo, grazie all‟abilità del maitre che, come ogni buon
organizzatore, fece in modo che tutto procedesse nel modo migliore.
Altre insidie per l‟organizzatore molto spesso possono essere
costituite dalla disponibilità delle sale per congressi, dalla
prenotazione di camere in strutture alberghiere, dalla mancata
presenza all‟ultimo momento di qualcuno del personale, di un relatore
o di un conferenziere. Per evitare tali spiacevoli inconvenienti è molto
importante che si stringano accordi preferibilmente per iscritto anche
se è considerata legalmente valida anche l‟accettazione di un‟offerta
telefonica. Meglio evitare l‟accordo tacito, e bisogna cercare di avere
sempre in archivio la documentazione scritta di tutti gli accordi che si
sono conclusi con i fornitori. Non di rado infatti accade che una stessa
sala per una disattenzione venga affittata per due eventi diversi lo
stesso giorno in quel caso solo avendo un documento scritto ci si può
salvaguardare. Anche se solitamente l‟albergo o chi ospita l‟evento
pur di non perdere un cliente e “la faccia” troverà di sicuro una
190
soluzione.
Ad un ricevimento i padri dei due sposi finirono alle mani perché il
padre dello sposo non voleva partecipare alle spese sostenute per il
matrimonio affermando che la sposa, essendo già incinta di tre mesi,
aveva incastrato il figlio e gli aveva tarpato le ali professionalmente.
Nella sala, fin dall‟inizio del banchetto, regnava un surreale ed
inusuale silenzio, la tensione si percepiva nell‟aria, erano stati da poco
serviti i primi quando improvvisamente un colpo secco rimbombò in
tutta la sala: il padre della sposa, alzandosi con impeto in risposta ad
una provocazione fatta dal consuocero, aveva fatto cadere tutto ciò
che c‟era sul tavolo e come due galli da combattimento fissandosi
negli occhi i due si avvicinavano minacciosamente l‟uno all‟altro, il
padre della sposa ormai completamente fuori di sé continuava a
minacciarlo e ingiuriarlo pesantemente essendo peraltro ricambiato di
ugual moneta. Al culmine degli insulti il padre della sposa sferrò un
energico cazzotto al consuocero che cadde tramortito. Le due mogli
furono le prime ad intervenire affinché non avvenisse il peggio, la
sposa piangeva in un angolino sfogandosi con alcune invitate dicendo:
“Che vergogna!Lo sapevo che anche oggi non avrebbe tenuto la
lingua a freno!”, riferendosi al suocero e aggiungendo complimenti
poco carini nei sui confronti. Lo sposo cercava di fare da paciere e di
richiamare il padre alla calma affermando: “Chiedigli scusa!”, il resto
degli invitati dapprima si guardavano intorno sconcertati, increduli per
ciò che stava avvenendo poi anche alcuni di loro incominciarono ad
intervenire per ristabilire l‟ordine, la nonna della sposa continuava a
ripetere che lo aveva detto lei che alla fine sarebbero “arrivati alle
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mani quei due”. Il padre dello sposo si rialzò improvvisamente e
colpito da un impeto di vendetta prese una sedia e la tirò dietro al con
suocero, senza che nessuno riuscisse a fermarlo. Gli invitati che
provavano a dividerli facevano continuamente riferimento
all‟inadeguatezza del loro comportamento nel contesto in cui si
trovavano con frasi di questo genere: “Fatela finita!State rovinando il
giorno più bello della vita dei vostri figli”, “Alla vostra età vi
sembrano cose da fare”, “I panni sporchi si lavano in famiglia” e
così via, con una serie di frasi che all‟apparenza potrebbero sembrare
superflue oppure banali ma come vedremo anche più avanti sono dei
veri e propri riti che gli attori mettono in scena alla rottura di un
frame, come sono frasi e comportamenti rituali anche quelli per
ricomporre la situazione come il: “Chiedigli scusa!”, il: “ Fatela
finita” o lo stesso far finta di niente. Il personale si era rintanato in
cucina, altro rituale, poichè l‟unico che era deputato ad intervenire in
tali situazioni e che provava a tenere sotto controllo le reazioni dei
due contendenti era il direttore di sala il quale però, quando vide che
non c‟era modo per ristabilire l‟ordine, minacciò di chiamare la
polizia: i due allora decisero di calmarsi ma in questo caso purtroppo
non fu possibile ristabilire la tranquillità necessaria per il prosieguo
dell‟evento e se ne tornarono tutti scontenti a casa.
Durante lo svolgimento di un altro banchetto nuziale accadde
invece che lo chef e il maitre litigarono assai vivacemente. Era un
banchetto come tanti altri ed il maitre come sempre, essendo
maniacalmente fissato con l‟igiene, continuava a riprendere il
personale della cucina affermando: “Non fate i maiali come sempre!”,
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“Mettetevi il cappello massa di imbecilli!”, “Non sapete dove sia di
casa l‟igiene, avete le divise luride!”, perchè come disse in seguito,
voleva incentivare i “ragazzi a migliorarsi”, ma ad un certo punto lo
chef che aveva bevuto qualche bicchierino di troppo, gli si avvicinò
minacciosamente con un coltellaccio da cucina dicendo “Se non la
finisci e non esci immediatamente da qui ti squarcio in due!”, il maitre
indietreggiò dicendo: “Questo è matto! Io non ci lavoro più in queste
condizioni!” e se ne andò. Il giorno dopo furono entrambi convocati
in direzione per cercare di dirimere la questione e, come sempre in
questi casi, quando si trattava di appianare discordie fra due
dipendenti, interveniva mio padre il quale, già solo per la sua stazza
1,94 per 120 kg di peso, nonché arbitro di boxe, scoraggiava eventuali
inasprimenti del litigio nella sede della società.
Lo chef in uno sfogo affermava: “Capo lei „me deve capì!‟
Questo è un lavoraccio, stai dalla mattina alla sera dietro i
fuochi e senza nessuno che ti dica che sei bravo, perché i
complimenti e le mance se le becca tutte quello là, ma non
basta sta sempre lì a torturarti l‟anima, non ce la faccio più
„so stufo‟, avrò pure esagerato ma lui esagera sempre!”.
Il maitre invece affermava: “Io faccio gli interessi
dell‟azienda, quelli sono dei „luridoni‟ quando verranno i
Nas a fare un controllo si renderanno conto e faranno il “
mea culpa”, ma non potranno dire che io non glielo avevo
detto!”.
Poi furono chiamati entrambi, ed allo chef si chiese di essere meno
irruente per il futuro e di prestare più attenzione a che le norme
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igieniche fossero rispettate da tutti in cucina, mentre al maitre si
chiese di essere meno petulante ma soprattutto di dare parte delle
mance anche in cucina, facendo richiamo al fatto che facevano tutti
parte di una grande famiglia.
Per quanto riguarda la mancia vi è da dire che ho appreso che vi
sono due riti differenti a seconda che si ascolti il personale di sala o
quello delle cucine, infatti secondo i primi le mance tranne diverse
disposizioni del cliente sono da destinarsi al personale della sala,
secondo quello delle cucine le mance sono sempre e comunque da
dividere equamente, ed in linea di massima per mantenere la pace
sociale viene fatto così.
5.2. Gaffe
Quando un attore, mediante il suo comportamento non intenzionale
ma incauto, distrugge l‟immagine della propria èquipe possiamo
parlare di gaffe; andiamo a vedere in concreto cosa può avvenire
quando si rompe il frame di riferimento degli attori.
Tra le gaffe che sono rimaste più impresse, cito quelle che penso
siano più significative ai fini della ricerca, per far comprendere come
sia difficile riuscire a prevenirle. La prima coinvolse me in prima
persona: avevo appena compiuto vent‟anni, durante lo svolgimento
del motor show di Roma ci venne richiesto di fornire alcune hostess
ed essendo riusciti a reperirne solo nove sulle dieci che ci erano state
richieste decisi di essere io la decima. Mi misero a lavorare allo stand
di macchine d‟epoca dove si trovavano due signori: un bell‟uomo
194
intorno ad una cinquantina d‟anni molto curato che era il collezionista
e il suo giovane aiutante. Tutto il tempo che stetti lì fu un continuo
fluire di complimenti da parte del collezionista nei miei confronti,
voleva che posassi per un suo quadro e voleva invitarmi a tutti i costi
a cena fuori. Mi disse che era separato e aveva due figlie che però non
erano neanche lontanamente belle come me, della mia stessa età.
Appena rimasi sola con l‟aiutante mi disse:
“Non dargli retta! Quello con la scusa del quadro vuole
solo vederti nuda! Lo conosco ormai da molti anni, è un
brav‟uomo ma ha due vizietti: „tira coca‟ e gli piacciono le
ragazzine!”.
Quando il collezionista vide che alla fine della serata non cedevo
alle sue proposte, mi porse il suo biglietto da visita e mi disse di
chiamarlo se avessi cambiato idea, ma nel momento in cui me lo porse
mi resi conto che era il padre di due mie amiche, due bellissime
ragazze che avevano sfilato anche per “Donna sotto le stelle”, una
importantissima sfilata di moda che si svolge tutti gli anni trasmessa
anche in televisione, ed oltre tutto non era affatto separato poiché
conoscevo anche la moglie. Quando si ritrovò smascherato fece un
sorrisino di circostanza, rimase stupito, cominciò a balbettare, mi fece
un occhiolino e mi disse:
“Conto sul tuo silenzio, il mio numero te lo ho dato di
qualsiasi cosa tu abbia bisogno sappi che hai un amico!”.
195
Bisogna dire che questo signore era ed è un alto dirigente di un
organismo internazionale, una persona molto stimata e rispettata
anche in ambiente clericale, di cui nessuno avrebbe mai messo in
dubbio la moralità. Devo dire la verità che anche io rimasi stupita
perché all‟apparenza era un uomo a cui non mancava nulla,
ricchissimo, nobile, un professionista stimato, molto conosciuto nei
salotti borghesi della Roma-bene, una bella moglie, due belle figlie.
Mi resi conto che quella che avevo immaginato era solo apparenza, in
quel momento era caduta la sua maschera.
La seconda avvenne nel corso di un vernissage per una mostra a
palazzo Venezia in questo caso io non ne fui coinvolta in prima
persona. Due lontani conoscenti un uomo ed una donna si rincontrano
dopo molto tempo e lui disse:
“Ciao! Come va? Ho incontrato il tuo ex-marito proprio
due settimane fa con la sua nuova compagna in aeroporto!”
la signora sgranò gli occhi incredula “Il mio ex-marito?”
“Si è stato Paolo a dirmi che vi siete lasciati un anno fa! Ma
cosa c‟è che non va? Ormai i divorzi sono all‟ordine del
giorno!”, ed ella: “C‟è che fino a prima di incontrarti non
pensavo fosse il mio ex-marito! Oggi è qui con me! E‟ dentro
a visitare la mostra, forse pensava che io e te non ci
saremmo mai rivisti!”
L‟uomo comprendendo di aver fatto una grossa gaffe si scusò
196
frettolosamente e si dileguò. La signora entrò all‟interno della sala,
vidi che stava chiedendo spiegazioni al marito quando d‟improvviso
sentii gridare “Sparisci!” seguito da una sequela di insulti. Insomma al
marito della signora era mal riuscito quello che Goffman definirebbe:
“L‟artificio della segregazione del pubblico”. Tale artificio prevede
che uno stesso attore possa recitare anche ruoli diversi e contrastanti
tra loro, a patto che riesca a farlo di fronte a pubblici differenti. Gli
altri invitati rimasero annichiliti dalla scenata completamente fuori
luogo della signora; ma appena ella sparì fecero tutti, almeno in
apparenza, finta di niente, nell‟intento di ristabilire un comportamento
consono alla situazione.
Un‟altra gaffe molto divertente che ricordo e che mi coinvolse
personalmente, avvenne nel corso di un congresso di medicina a
Palermo, a cui partecipavano molti medici tedeschi., francesi e
ovviamente, italiani. Il congresso era risultato molto interessante, i
partecipanti continuavano a complimentarsi per l‟efficienza
organizzativa e mentre stavo scambiando due chiacchiere in inglese
con un medico tedesco, poichè io conosco solo l‟Inglese ed il
Francese, si avvicinò una signora molto elegante, di una sessantina
d‟anni, per complimentarsi dell‟organizzazione del congresso, le
presentai il medico con cui stavo parlando e aggiunse: “Noto che
parla anche molto bene il tedesco, è madrelingua?”, feci un grande
sforzo per non scoppiare a ridere, la signora mi spiegò che aveva
pensato fossi anche io tedesca visti i tratti somatici. Comunque glissai
sull‟argomento per non metterla eccessivamente in imbarazzo,
dicendo solo che non ero madrelingua.
197
5.3. Strategie per il superamento degli eventi critici.
La cultura organizzativa è l‟insieme coerente di assunti
fondamentali che un dato gruppo ha inventato, scoperto o sviluppato
imparando ad affrontare i suoi problemi di adattamento esterno e di
integrazione interna, e che hanno funzionato abbastanza bene da
poter essere considerati validi, e perciò tali da poter essere insegnati
ai nuovi membri come il modo corretto di percepire, pensare e sentire
in relazione a quei problemi
Schein,E[ trad. it.1990,35]
Per comprendere meglio le strategie maturate all‟interno
dell‟azienda in risposta ad eventi critici quali gaffe ed incidenti, farò
una distinzione analitica tra strategie messe in atto dai singoli attori ed
escogitate da alcuni membri che all‟interno dell‟organizzazione e
soprattutto dell‟equipe rivestono dei ruoli chiave e strategie elaborate
dall‟alto per la salvaguardia dell‟intera organizzazione. Alcuni di
questi strumenti difensivi messi in atto dall‟azienda li abbiamo già
analizzati nei capitoli precedenti, ma l‟importanza dell‟argomento
merita un ulteriore approfondimento teorico. Dai vari colloqui svolti
con il maitre ed altri attori che all‟interno dell‟azienda ricoprono dei
ruoli chiave, si evince che all‟interno dell‟equipe lavorativa vige una
sorta di “codice deontologico” che punta al raggiungimento del
“massimo risultato con l‟impiego del minimo sforzo”; il concetto di
routinizzazione dei processi decisionali può aiutarci a comprendere
tecnicamente il significato di questa frase. L‟equipe, infatti, per
198
risparmiare tempo ed essere sicura che tutti i membri si allineino alle
norme d‟interazione del gruppo di appartenenza, fa in modo che i
processi decisionali sanciti, sia per avvenimenti di routine che critici,
diventino per tutti i membri un automatismo. Ciò è reso possibile
dalla presenza di attori come il responsabile Tito, il maitre Raniero, lo
chef Rinaldo, che sono i depositari sia delle credenze aziendali, a cui
tutti i suoi membri dovrebbero aderire, sia della cultura d‟equipe
formatasi, nel corso di anni di esperienze condivise, nel gruppo
lavorativo di appartenenza. Cultura aziendale e sub-cultura dei
membri, non sempre e necessariamente entrano in conflitto. Infatti
anche se la cultura d‟equipe viene sviluppata dai membri per riuscire a
conservare dei margini d‟azione e riaffermare l‟esistenza di una
propria identità al di fuori dell‟azienda, essa collabora spesso ad una
più efficiente e meno dispersiva soluzione dei problemi pratici. Anche
se vi è da rilevare che una cultura di gruppo molto forte ed
eccessivamente in contrasto con la cultura aziendale, di stampo
gerarchico, può condurre ad una deverticalizzazione dell‟intero
sistema ed in caso di eccessiva resistenza da parte della dirigenza al
cambiamento, al suo dissolvimento. Vi è da rilevare che una cultura
d‟equipe che tuteli eccessivamente i margini d‟azione individuali
rispetto al beneficio del gruppo, può condurre ad un‟inefficienza dell‟
intero sistema organizzativo. Nel nostro caso di studio i garanti
dell‟equilibrio tra cultura e sub-cultura sono i detentori dei ruoli
chiave, che in cambio di margini d‟azione più ampi rispetto agli altri
membri, ottenuti in nome della fiducia che si sono guadagnati
dall‟intera organizzazione, svolgono un compito di mediazione ed
199
evitano l‟aberrazione del conflitto ed il prevalere di una delle due.
Inoltre questi mediatori sono coloro che per primi trasmettono ai
nuovi arrivati sia i cardini della cultura aziendale che della sub-
cultura, attraverso l‟istituto dell‟“affiancamento” a cui tutti i membri,
appena entrati, devono sottoporsi per almeno un mese. Le norme
esplicite e non, della cultura d‟equipe sono improntate sul rispetto dei
membri più anziani e di quelli che per particolari meriti, come per
esempio l‟aiutare i colleghi in difficoltà, il non dire mai di no ad un
cambio di turno all‟ultimo momento e il non approfittare delle
debolezze degli altri per fare carriera, si sono guadagnati la stima di
tutto il gruppo. Tra i valori diffusi dalla cultura i più rilevanti ai fini di
questo studio sono che il raggiungimento del risultato voluto dalla
direzione è essenziale, ma le modalità con cui si può raggiungere non
sono quelle volute dalla direzione ma quelle discrezionali
dell‟individuo. I quali, però per norma interna al gruppo, devono
sempre agire nel rispetto del bene comune e del mantenimento del
posto di lavoro. Per quanto riguarda lo svolgimento di compiti
ordinari, di routine, attinenti alla propria mansione, il gruppo,
attraverso la sua cultura, esercita un controllo sui processi decisionali
dell‟individuo, grazie anche all‟incorporazione dei valori e delle
norme dell‟equipe nel singolo.
Quando, invece, un nuovo membro o un membro marginale si trova
a dover far fronte a degli eventi critici deve rivolgersi a un membro
che ricopra un ruolo chiave o a chi è più anziano di lui, per sapere
come agire in quel contesto per lui sconosciuto. Questi membri,
facendo affidamento sul tesoro di esperienze comuni, forniscono la
200
chiave per risolvere il problema. Questa chiave a volte consiste nel
dare una serie di informazioni per fare in modo che il lavoratore sia in
grado di risolvere autonomamente il problema, o nel caso in cui tale
evento non rientri nel tesoro di esperienze comuni, si fa riferimento al
responsabile di divisione, o in casi eccezionali, al “capo supremo”.
Il fine perseguito dall‟equipe è quello del raggiungimento
dell‟autonomia decisionale dei singoli, per rendere più efficiente il
servizio, ma al contempo, vi è anche quello di mantenere un controllo
sulle azioni dell‟individuo attraverso la cultura. Infatti mentre ad
eventi critici come i piccoli o grandi incidenti, si può far fronte dando
una serie di direttive già presenti nella cultura aziendale, quando si
tratta di gaffe non esistono delle regole che dicano cosa si deva fare
per prevenirle o come agire quando avvengono, ma necessariamente
l‟azienda deve fare affidamento sul buon senso e tatto del singolo. Un
modo per tenere sotto controllo i processi decisionali del singolo
lavoratore è proprio quello di fare in modo che si sviluppi una cultura
d‟equipe e un range di situazioni tipiche, raggiungibile solo attraverso
l‟esperienza del gruppo e non trasmissibile dall‟alto. Tale fenomeno
porta al raggiungimento di una serie di atteggiamenti e modi di agire
del gruppo che conducono ad una routinizzazione anche di un evento
critico, scarsamente controllabile a priori, come la gaffe.
Come già detto l‟azienda svolge un controllo sui processi
decisionali attraverso la diffusione della cultura aziendale che ha
come cardini di fondo la gerarchizzazione del sistema e l‟efficienza
dell‟operato dei propri membri, che persegue anche attraverso la
previsione e diffusione di schemi decisionali da rispettare per
201
prevenire gli incidenti, il sistema fiduciario per quanto riguarda
l‟attribuzione di responsabilità decisionali e quello meritocratico per
quanto riguarda gli incentivi economici per i responsabili.
202
6. METODO DELLA RICERCA
Non c‟è nessuna analisi scientifica puramente
“oggettiva” della vita culturale o…. “dei fenomeni sociali”,
indipendentemente dai punti di vista specifici e
“unilaterali”, secondo cui essi- espressamente o
tacitamente, consapevolmente o inconsapevolmente- sono
scelti come oggetto di ricerca, analizzati e organizzati
nell‟esposizione….
Ogni conoscenza della realtà culturale è sempre… una
conoscenza da particolari punti di vista
[Weber, 1904, tr it:84e97]
L‟obiettivo di questo capitolo è quello di evitare il rischio di
fraintendimento, insito nello stile realistico impiegato nella narrazione
di questa indagine etnografica, e che potrebbe in alcuni tratti far
pensare ad un romanzo, svelando ai lettori il retroscena delle tecniche
applicate e dei cardini teorici utilizzati come criterio per analizzare
questo caso di studio.
La narrazione a tratti segue il ritmo della confessione, e questo sta a
monito dei limiti e delle possibili distorsioni, nonché della natura
casuale di questo lavoro. Questo capitolo cercherà di conferire
credibilità al caso di studio attraverso la messa in rilievo dei limiti e
dei suoi punti deboli, con la ricerca continua della verità dei processi
203
organizzativi ed applicherà tali criteri anche nell‟analisi di se stessa.
Ho scelto di stilare un resoconto etnografico poiché sin dall‟inizio
dei miei studi universitari sono stata attratta dai metodi qualitativi, pur
rendendomi conto della vitale importanza per un sociologo di avere
una buona conoscenza anche delle tecniche quantitative, poiché uno
studio deve poter far conto su entrambe, completandosi
vicendevolmente. Studiare l‟azienda di famiglia, anche se il fatto di
essere un membro interno all‟organizzazione ha avuto pregi e difetti ai
fini della ricerca, è stata una scelta dovuta alla curiosità che da sempre
hanno suscitato in me, i meccanismi che ponevano un freno
all‟espansione dell‟Esse. V., ed anche se all‟epoca ero a digiuno di
studi di dinamiche aziendali, avevo un sentore, a cui però, essendone
coinvolta emotivamente, non volevo lasciare spazio. Questa tesi,
costringendomi a mantenere il rigore dell‟obiettività scientifica, ha
fatto emergere dallo studio dei dati raccolti, che il limite maggiore
all‟espansione della nostra azienda era proprio l‟approccio di mia
madre e di mio padre alle dinamiche suddette. Per quanto doloroso
accettare i risultati di questo studio, essi sono stati spunto di
riflessione e discussione ed ulteriore impulso ad un processo già
innescato dal basso di deverticalizzazione e democratizzazione
aziendale.
Sicuramente la mia inclinazione ad analizzare la cultura è dovuta al
fatto, che nella mia vita, avendo un padre Ufficiale ho dovuto
cambiare più di una volta i luoghi divenuti familiari ed adattarmi ad
altri sconosciuti e imparare culture differenti.
Inoltre ho ritenuto interessante, in un panorama di crisi come quello
204
che si prospetta per le piccole e medie aziende a conduzione familiare,
che per anni sono state la chiave di volta dell‟economia italiana,
offrire uno spunto di riflessione che possa divenire impulso vitale al
cambiamento, senza rinnegare le proprie origini, ma innescando un
processo di maturazione, quindi questa azienda dovrebbe
rappresentare un microcosmo saliente della cultura italiana. Anche le
mie origini familiari sicuramente hanno influenzato questo studio
incentrato sulla gerarchia, cultura, e sub-cultura. Infatti avendo un
padre militare ho ricevuto un‟educazione molto rigida, basata su
valori quali il rispetto delle gerarchie è l‟imposizione di una cultura
aziendale ferrea. Quindi il meccanismo di individuazione di una
cultura aziendale, presente in una qualsiasi organizzazione con cui mi
trovo a contatto per un certo periodo, e della cultura sviluppata dai
membri sottoposti a tale “regime autoritario”, per me è quasi un
automatismo. Ovviamente per porre rimedio a questa mia
inclinazione, che nel caso di uno studio sociologico potrebbe
rappresentare una distorsione, ho posto dei correttivi, quale la ricerca
della massima obiettività anche attraverso l‟autoanalisi degli
automatismi concettuali messi in moto dalla mia mente e le tecniche e
i metodi di ricerca utilizzati.
Per il primo anno di ricerca appena decisi che avrei voluto scrivere
questa tesi, lavorando ancora all‟interno dell‟azienda di famiglia,
anche se ormai essendomi trasferita da qualche mese a Torino, solo
saltuariamente, decisi di effettuare un‟osservazione coperta perché
visto il ruolo che ricoprivo, figlia dell‟imprenditrice, resposabile del
catering, volevo che questi elementi non potessero costituire
205
un‟eccessiva, se pur inevitabile, distorsione dei risultati, usando come
correttivo il confronto tra gli atteggiamenti e modi di agire che
avevano quando ancora non sospettavano di essere oggetto di studio e
compararlo poi con i risultati dell‟osservazione scoperta. In quel
periodo raccolsi gli appunti necessari ai fini di questa ricerca,
osservavo i modi di fare dei membri, ma con altri occhi, quelli della
ricercatrice. Dopo un anno di raccolta di appunti su comportamenti,
modi di fare, effetti della pressione esercitata da un sistema molto
gerarchizzato come quello dell‟azienda in studio, decisi senza dire ai
miei interlocutori della ricerca svolta in precedenza, poiché avrebbero
potuto perdere fiducia nei miei confronti, di passare ad
un‟osservazione scoperta. Dissi loro che dovevo svolgere una ricerca,
ai fini della mia tesi, con lo scopo di migliorare le performance della
divisione catering in particolare, ma inquadrata nell‟ambito di un
cambiamento più ampio, quello dell‟intera organizzazione. Da mia
madre la notizia fu accolta con grande piacere, in realtà pensava avrei
scritto un elogio al sistema aziendale, essendo io uno dei membri a
pieno titolo. Nel corso della ricerca e delle varie interviste e colloqui
percepì che non sarebbe stato un “Happy end” come quello che si
augurava, e devo dire che in più di una situazione quando le lessi i
primi risultati della ricerca cercò di forzare un po‟ la mano a favore
dell‟assetto aziendale di quel periodo, poi si arrese, quando capì che
ero irremovibile, il risultato della mia tesi non poteva essere il
prodotto di un finale determinato a tavolino, ma doveva essere la
stessa organizzazione, attraverso i dati raccolti, a parlare di se.
I responsabili e le segretarie inizialmente sembrarono molto
206
divertiti, poi con il tempo presero maggiormente in considerazione la
ricerca e si dimostrarono molto collaborativi. Una resistenza maggiore
invece la trovai da parte degli operai e dei camerieri che vedevano la
ricerca come intrusiva, una perdita di tempo senza alcun significato.
Insomma i due poteri forti detentori uno delle credenze aziendali gli
altri della sub-cultura, mi hanno dato filo da torcere, anche se con il
tempo se ne fecero una ragione. Per quanto riguarda le dinamiche
degli eventi e l‟analisi della clientela, in parte raccolsi materiale
attraverso l‟osservazione coperta, ed in parte attinsi dall‟aiuto fornito
dal maitre per le tematiche relative allo svolgimento vero e proprio
dell‟evento, dall‟altro, per tutte le dinamiche contrattuali e di
relazione con il cliente feci ricorso alla mia esperienza ed in molta
parte a quella diretta di mia madre.
Con la seconda discesa sul campo, quella scoperta, decisi di
sottoporre i membri ad alcune interviste discorsive e questionari divisi
per aree tematiche, come ad esempio adesione alla cultura aziendale,
pressioni avvertite dagli individui all‟interno dell‟azienda,
soddisfazione salariale, standard lavorativi previsti ed effettivi, cause
dell‟esaurimento nervoso raggiunto da alcuni membri. percezione del
clima emotivo presente nell‟ambiente lavorativo ecc. ecc.,
Inoltre tenni innumerevoli colloqui informali ed alcuni
confidenziali con loro. Decisi inoltre di formare due focus group
costituiti di sei persone l‟uno, uno formato dai responsabili e la
segretaria di direzione, maitre e chef, l‟altro formato da 6 tra operai,
manovali e camerieri omogeneamente distribuiti rispettando i principi
di rappresentatività dei rispettivi gruppi di appartenenza. Nel giro di
207
tre anni si tenevano ogni sei mesi ed avevano come argomento,
l‟efficienza aziendale, ma si lasciava spazio ai componenti di dirigere
il discorso sui binari che preferivano, per cogliere meglio le tematiche
pressanti.
Tra i membri che si sfogavano più con me vi erano i nuovi assunti,
quelli con il contratto a termine, i membri marginali, che proprio a
causa di questa loro condizione si sentivano fortemente e
costantemente sotto pressione.
La stesura
Il lavoro più difficile per un ricercatore è riuscire a mantenere nella
stesura della sua ricerca, dalla rielaborazione dell‟immensa mole
cartacea, le sfumature i colori, la verità della ricerca, e al contempo
l‟obiettività di giudizio ed il giusto distacco emotivo. Impresa non
facile quando sei stato un membro a pieno titolo dell‟organizzazione
che stai analizzando.
Il primo passaggio fu leggere e classificare gli appunti, iniziando a
definire categorie di dati. Qui emersero le prime categorie analitiche
come: rituale, la cultura, la sub-cultura, processi decisionali. Inoltre
nella fase successiva mi resi conto della vitale importanza che
avevano costituito le esperienze valutate dalle aziende partner nello
sviluppo e maturazione della Esse. V., e decisi di dargli rilievo.
208
209
7. CONCLUSIONI
Figura 6: Organigramma attuale Esse.V.
Questo studio e la correlata indagine ha riguardato una realtà a me
molto vicina, l‟azienda di famiglia. Essi hanno teso ad una verifica
delle linee guida di una piccola azienda a conduzione familiare, le sue
fasi di crescita sino alla gestione, anche se molto personalizzata,
attraverso figure manageriali.
Ho verificato attraverso un obbiettivo disincantato ed al contempo
fortemente sostenuto dall‟indirizzo dei miei studi universitari, gli
aspetti sociologici dei rapporti aziendali. Li ho osservati alla luce di
una filosofia della condotta, maturata dall‟esperienza lavorativa avuta
presso l‟azienda oggetto di studio. Ho individuato le tecniche messe in
atto per il miglioramento e l‟ottimizzazione delle procedure aziendali,
al fine del miglioramento del prodotto finale. Ho evidenziato tutti gli
escamotage atti ad acquisire le esperienze di altre aziende concorrenti
facendole proprie. Ho esaminato la tipologia delle tecniche utilizzate,
alternanze di to make e to buy. In fine ho evidenziato, dal punto di
vista organizzativo i rapporti con i clienti, la loro tipologia e le
210
reazioni degli utenti/pubblico, alle esibizioni dei vari “attori” durante
lo svolgimento degli eventi organizzati.
Intento di questa tesi è quello di offrire attraverso un caso di studio
lo spunto per una riflessione di tutte quelle medio-piccole aziende
familiari che in un periodo di recessione economica, come quello
attuale, a causa delle loro limitate risorse umane ed economiche,
hanno difficoltà a trovare delle vie d‟uscita, e stanno rischiando di
chiudere i battenti. Questa eventualità non sarebbe una perdita solo
per la famiglia imprenditrice, ma per tutta la società. Infatti essa
significherebbe perdita di posti di lavoro e perdita di competitività per
il settore imprenditoriale italiano.
Questa tesi non pretende di esser una formula magica risolutiva,
anche a causa della poca significatività del caso in studio, applicato ad
una porzione molto ristretta dell‟universo imprese familiari. Essa però
vorrebbe essere un impulso ad una maggior comprensione degli
ostacoli che un‟azienda familiare può trovare nel corso del suo
sviluppo, ed un tentativo di contenimento di eventuali danni che gaffe
ed imprevisti, soprattutto per quanto riguarda un‟azienda di
organizzazione d‟eventi, possono provocare, attraverso una previsione
dei possibili incidenti, e lo sviluppo di una cultura e sub-cultura
aziendale in grado di formulare risposte efficaci a tali imprevisti.
Quindi in sintesi i passaggi chiave di questa tesi sono stati:
Suddivisione degli eventi in pubblici e privati: elementi comuni e
differenze delle due tipologie
Importanza della cultura per velocizzare i processi decisionali
To make e to buy strategie aziendali per accrescere le proprie
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potenzialità
Rilevanza dei rapporti con le aziende partner per accrescere il
Know hauw aziendale
Diffusione della cultura aziendale anche attraverso la formazione
Superamento degli eventi critici attraverso la previsione e la
routinizzazione anche di gaffe ed incidenti
Pregi e difetti di una conduzione familiare
Una proposta di superamento del modello gerarchico e familiare
verso la democratizzazione dell‟azienda ed il decentramento
decisionale.
212
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