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Gentes Lms - Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - d.l. 353/2003 (conv. in l. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2 - DCB Roma - Dir. Resp. Massimo Nevola sj N N o o v v e e m m b b r r e e D D i i c c e e m m b b r r e e 2 2 0 0 1 1 0 0 N N º º 6 6 m m e e n n s s i i l l e e d d e e l l l l a a l l e e g g a a m m i i s s s s i i o o n n a a r r i i a a s s t t u u d d e e n n t t i i e e d d e e l l M M . . A A . . G G . . I I . . S S . . Andate Andate in tutto il mondo in tutto il mondo e annunciate e annunciate il Vangelo il Vangelo

AndateAndate in tutto il mondoin tutto il mondo - cvxlms.itcvxlms.it/wp-content/uploads/Andate-in-tutto-il-mondo-Gentes-6... · Novembre-Dicembre n. 6-2010 1 1661 I l Prologo di san

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AndateAndatein tutto il mondoin tutto il mondo

e annunciatee annunciateil Vangeloil Vangelo

SOMMARIO

161 EDITORIALE– E pose la sua tenda in mezzo a noi

di Massimo Nevola S.I.

163 STUDIO• CONVEGNO CVX-LMS di MILANO

(29 ottobre – 1 novembre 2010)Andate in tutto il mondo e annunciate il Vangelo…(Mc. 16,15)Missione e missioni

– L’opzione preferenziale di Cina e Africaper la Chiesa e per la Compagnia di Gesùdi Luciano Larivera S.I.

– La missione evangelica. Riflessioni a partire da Mt 10di Pietro Bovati

– Laici e credenti insieme nella costruzionedella Città per l’Uomodi Giacomo Mennuni

184 INVITO ALLA PAROLA– Cerca la sua tenda: è tra le nostre

di Domenico Sigalini

185 VITA LEGA• PERÙ

– Cartoline da Taquiladi Nicola Comentale

• ROMANIA

– Conoscerete la verità e vi farà liberidi Luigi Salvio

– Il giardino d’estatedi Elena Fratini

191 INDICI GENERALI 2010

mensile della lega missionaria studenti e del M.A.G.I.S.

N. 6 Novembre-Dicembre 2010

Direzione e Redazione: 00144 Roma –Via M. Massimo, 7 – Tel. 06.591.08.03– 54.396.228 – Fax 06.591.08.03 –Spedizione in Abbonamento postaleart. 2 comma 20/c legge 662/96 – Filialedi Roma – Registrazione del Tribunaledi Roma n. 647/88 del 19 dicembre1988 – Conto Corrente Postale34150003 intestato: LMS Roma.e-mail: [email protected]

* * *

COMITATO DI REDAZIONE

Massimo Nevola S.I. (direttore),Michele Camaioni (redattore capo),Dario Amodeo, Leonardo Becchetti,

Chiara Ceretti, Laura Coltrinari,Maurizio Debanne, Gianluca Denora,

Alessio Farina, Francesco Salustri,Luigi Salvio, Pasquale Salvio,

Gabriele Semino.

Per abbonamenti versareun’offerta libera sulcc postale 34150003

intestato: LMS Romacausale: abbonamento Gentes

Associato alla Federazione StampaMissionaria Italiana

Fotocomposizione e Stampa:

Finito di stampare Dicembre 2010

Associato all’USPI

Novembre-Dicembre n. 6-2010 111166661111

I l Prologo di san Giovanni che viene letto in tutte le chiese nel giorno di Natale, pre-senta un’espressione che, come un portale, ci dischiude un sentiero d’infinito: e posela sua tenda in mezzo a noi. Una frase semplice ma che per il colto ebreo, autore del

quarto vangelo, doveva certamente fare allusione a quella tenda del convegno nella qualeera custodita l’Arca dell’Alleanza, al cui cospetto entrava solo Mosè coprendosi il voltoper consultare l’Altissimo nel cammino affascinante e tortuoso verso la Terra Promessa. Ilcollegamento con la storia dell’Esodo non è senza profondi significati, che ci aiutanonon solo a comprendere meglio il mistero dell’Incarnazione del Verbo, ma anche a capi-re quali sono il ruolo e lo stile di vita che devono accompagnare la Chiesa nella sua con-tinua opera di evangelizzazione.Sottolineiamo alcuni aspetti che ci appaiono particolarmente importanti per la vita delnostro movimento missionario. Innanzitutto il contesto e il significato della tenda. Nascecon l’Esodo, il tempo del cammino, dell’instabilità, della tensione verso qualcosa: la terradella Promessa. Questa tensione rimarrà tale fino alla costruzione del Tempio. Come si-gnificato, tenda rappresenta la parabola del cammino della vita. Cammino di Israele,senz’altro, ma nella storia del popolo eletto è indicato – come paradigma – il cammino ditanti altri popoli, dell’intera umanità; e, nel piccolo, di ogni singola persona in ogni con-testo e in ogni tempo.L’uomo per definizione è un viator e, per quanto possa mettere radici in un luogo, la suavera Patria sarà sempre oltre. L’essere dei semi-nomadi è «condanna e gloria» della no-stra condizione di uomini e donne, perché siamo ontologicamente costituiti per l’Assolu-to. Essere in cammino: è questo il nostro costitutivo. Guai a chi si ritenesse, nella pro-pria vita, “arrivato”: indipendentemente dall’età e dallo stato di salute, sarebbe già mortodentro di sé.Dio mette allora la sua Tenda in mezzo a noi, per farci capire e sentire che ci ama sul se-rio. La Tenda con le tavole della Legge e i segni che ricordavano i prodigi dell’Esodo; laTenda che è il corpo fisico di Gesù di Nazareth; la Tenda che è la Chiesa sparsa nel mon-do, corpo mistico di Cristo, prolungamento della sua umanità fino alla consumazionedei secoli. E come il viandante irriconoscibile gli occhi dei discepoli di Emmaus, Cristosi fa compagno di cammino riprendendoci dalle inevitabili sbandate e confermandocinell’impegno per la giustizia e la pace.Per un movimento missionario come il nostro, la provvisorietà e la mobilità espresse dallatenda rinviano al costante movimento del missionario, inviato dal Signore fino agli estremiconfini della terra. È il non darsi pace, finché la Buona Notizia di Gesù non sia giunta atutti gli uomini, e dappertutto non sia promossa e rispettata la dignità di ciascuno.

EDITORIALE

E pose la sua tenda in mezzo a noi

Un altro aspetto che possiamo sottolineare, proprio di quest’annuncio natalizio sulla ten-da, è la dimensione della casa. Per quanto mobile e mai definitiva, la tenda è pur sempreuna casa. Dio sta dunque di casa in mezzo agli uomini, suoi figli. L’entrare in casa nostraè proprio dello stile di Dio che visita il suo popolo, stabilendo legami di intimità. Nellostile missionario della Chiesa abbiamo questo entrare nelle case che diventa stile irrinun-ciabile, pena la vanificazione della stessa missione. È fare come ha fatto Gesù, è obbedi-re al suo comando: «Entrando in una casa portate il dono della pace». Per il nostro mo-vimento, un ricordo e un monito.Il ricordo più bello, nei racconti del volontario che torna a casa dopo la prima o l’ennesi-ma avventura missionaria vissuta nei nostri campi, è proprio quello delle famiglie chehanno accolto, in cui si è stati ospiti, con le quali, anche balbettando una lingua semi-sconosciuta, si è raccontato le proprie storie personali, i sogni, i dispiaceri. Con il cibo ela stanza abbiamo condiviso gioie e pianti. Quei volti incontrati e quelle storie ascoltatenon le dimentichiamo più. E l’evento di salvezza si realizza proprio in questo scambioche crea comunione. Si ricupera un po’ tutto, innanzitutto la gioia e il gusto per la vita,l’amore per le piccole cose, il senso del servizio umile (chi è fedele nel poco sarà poi ca-pace di fedeltà anche nel molto), la costanza nell’impegno che sfida e supera ogni umanastanchezza. La salvezza è comunione!Un monito: la missione è questo impegno di comunione. Mai e poi mai può convertirsio, meglio, limitarsi in impegno tecnico: interventi specialistici, qualificati e ben retribui-ti. La cooperazione può essere un aspetto della missione, solo se sappiamo tenere beneal suo posto questa dimensione. Il rischio di farsi strada usando i poveri è dietro l’ango-lo, così come ampiamente dimostrato da tanti interventi delle stesse Nazioni Unite. E va-le per tutti, catechisti e teologi inclusi.Quando si decise la partecipazione di alcuni illustri teologi gesuiti quali periti al Con-cilio di Trento (e tra questi c’era il beato Pietro Favre), sant’Ignazio raccomandò lorodi vivere di elemosine e di alloggiare negli ospedali guadagnandosi il soggiorno serven-do gli ammalati. Quei teologi hanno contribuito alla stesura dei principali documentidi quel Concilio, che segnò una svolta radicale nella vita della Chiesa del tempo. Con ledebite proporzioni, lo stile di ogni autentico servizio missionario non può fare a menodi passare per la condivisione immediata della vita delle persone con cui si viene acontatto. Un altro grande Concilio, l’ultimo celebrato nella storia della Chiesa, affermache «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri so-prattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e leangosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi econel loro cuore» (GS 1).Non sono pii desideri; sono parole che esprimono la realtà della Chiesa di sempre. Inmissione tutto ciò appare più evidente e luminoso. L’impegno che chiediamo a chi havissuto l’esperienza missionaria è che questa luce sia portata poi nell’ordinarietà degliimpegni e delle relazioni quotidiane, così la tenda natalizia, che esprime il farsi carne diCristo attraverso la nostra carne, sarà ben piantata nell’oggi anche del nostro miseromondo occidentale, davvero povero perché ricco.

Massimo Nevola S.I.

111166662222 Novembre-Dicembre n. 6-2010

L’ Africa e pure la Cina sono conti-nenti, un enorme caleidoscopiodi differenti costumi, lingue, et-

nie, culture e religioni. Le missioni in Afri-ca e in Cina riguardano anche noi in Ita-lia, adesso e in futuro. Tanti africani e ci-nesi vivono nelle nostre città. A quanti èportato l’annuncio di Gesù salvatore?Quanti partecipano alla vita ecclesiale del-le parrocchie e dei movimenti? A Milano èstato appena nominato un prete cineseper la piccola comunità dei suoi connazio-nali cattolici. Ai piedi dell’Aspromonte, hoconosciuto missionari tanzaniani parroci.Don Milani, davanti alla scristianizzazionedella Toscana, profetizzava l’arrivo di mis-sionari cinesi a rievangelizzarla.Suddivido questo contributo in tre parti.Nell’inquadramento iniziale rimarco il te-ma del diritto alla libertà religiosa, senzacui è difficile l’annuncio missionario. Viaccennerò poi all’Africa portando una se-rie di esempi. Infine tratterò della Cinacon alcune osservazioni.

InquadramentoSi vuole paragonare la Chiesa cattolica ro-mana a una grande potenza, che ha il van-taggio di non avere gli oneri di gestire unterritorio. Questo è il punto vista dellageopolitica, cioè di chi studia come le va-riabili geografiche condizionino le dina-miche di potere tra Stati e le relazioni in-ternazionali. Il Vaticano, che è un modoriduttivo di parlare della Chiesa Cattolica,godrebbe di un grande soft-power, cioèpossiede un’«ideologia forte» e coinvol-gente, una significativa presenza nei massmedia e lavora a livello di diplomazia uffi-ciale. Il suo super-potere culturale è ampli-ficato dall’avere un miliardo di fedeli di-stribuiti sul globo, molti dei quali in posi-zioni di potere politico ed economico, ecoordinati tramite il clero e i vescovi loca-li, che risponderebbero al Vaticano. LaSanta sede si esprime tramite il Papa, laSegreteria di Stato (cioè il suo corpo di-plomatico e i suoi ambasciatori, cioè inunzi) e con la Congregazione missiona-

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STUDIO

lmsL.M.S. – C.V.X.

Convegno Nazionale 2010

Andate in tutto il mondo e annunciate il Vangelo…(Mc. 16,15)

Missione e missioni

Milano (Istituto Leone XIII) 29 ottobre – 1 novembre 2010

L’opzione preferenziale di Cina e Africaper la Chiesa e per la Compagnia di Gesù

ria vaticana di Propaganda Fide. Essa sioccupa delle chiese giovani in Africa e inAsia (molte nate ai tempi delle colonizza-zioni di Ottocento e Novecento), le sostie-ne economicamente, ne cura la formazio-ne dei sacerdoti anche facendoli studiare aRoma con borse di studio, e si occupa diselezionarne i vescovi. Assieme a Stati Uniti, Cina, Francia, Ara-bia Saudita (e forse Russia), la Chiesa cat-tolica imposta le sue politiche in base a un«destino manifesto», una missione univer-sale. La Chiesa cattolica ha un’aperturaglobale come gli Usa, senza il vantaggio diessere una superpotenza militare ed eco-nomica. La Chiesa cattolica cerca l’unifi-cazione europea come la Francia, ma nonil base alla laicità ma alle radici cristianedel continente. Come la Cina, il Vaticanousa il basso profilo e ragiona su tempi lun-ghi. Anche l’Arabia Saudita, tutrice deiluoghi santi musulmani, manda missiona-ri, diffonde pubblicistica, edifica luoghi diculto all’estero. Lo scopo è promuovere lacomunità mondiale dei musulmani. Comela Russia, il Vaticano intende estendere lasua influenza dall’Europa fino agli estremiterritori orientali dell’Asia. E come tutte lepotenze, incluse quelle emergenti di Indiae Brasile, intende rafforzare ed amplifica-re la sua presenza nel continente africano.Ma il potere della Chiesa cattolica (di que-sto tratta la geopolitica cioè di potereumano) si eroderebbe, soprattutto in Eu-ropa, per la riduzione dei preti e per la dif-fusione del secolarismo neopagano, cioèconsumismo e indifferenza verso i valoriumani fondamentali. Il Vaticano, quindi,per conservare il suo potere cercherebbedi spostare il suo baricentro altrove, so-prattutto nelle Americhe, in Africa e possi-bilmente nell’Asia non musulmana. Gio-vanni Paolo II lanciò la «nuova evangeliz-zazione dell’Europa». Essa viene interpre-tata come una guerra di resistenza (cultu-rale e di pensiero) contro altri centri di po-

tere, i quali vogliono che la religione sia almassimo un fatto privato e non abbia spa-zio nei forum politici (e magari neanchenelle scuole e nelle leggi che riguardano ilmatrimonio, la generazione dei figli, leadozioni e la cura dei morenti). Rievange-lizzare l’Europa significa evangelizzare lacultura. Vi ho fatto questi accenni perché voi sieteeuropei, oltre che cattolici, e da questa vo-stra collocazione non potere prescindere,sia per comprendervi sia per capire comeil mondo vi inquadra quando andate a fa-re i campi missionari. E siete italiani. Ilnostro ministero degli Esteri afferma chel’Africa è una priorità come la Cina, siaper il commercio sia per la cooperazioneallo sviluppo. La Farnesina sostiene alcu-ne iniziative sociali ed educative dei mis-sionari gesuiti (in Albania, prima in SriLanka ecc.). In Europa e Nord America sidecidono molte delle politiche si sviluppo(e sottosviluppo) per l’Africa. La Santa se-de si oppone ad alcune politiche sanitarieinternazionali (all’occidentale) di controllodelle nascite, aborto incluso, e di preven-zione nella trasmissione dell’Aids. Suggeri-sco di leggere un articolo su Aggiornamen-ti Sociali nel 2009 del gesuita MichaelCzerny, che ha coordinato il lavoro in Afri-ca dei 200 gesuiti che si occupano dei ma-lati di Aids. Adesso è a Roma come assi-stente personale del cardinale ghanese Pe-ter Turkson, presidente del Pontificio Con-siglio Giustizia e Pace. Questo dicasterovaticano si occupa di promuovere la dot-trina sociale della Chiesa, cioè l’autenticosviluppo umano e la dignità umana. E di-chiara che l’annuncio di Cristo è il primo eprincipale fattore di sviluppo. Madre Teresa di Calcutta affermava che lafame vera degli uomini, la sete vera dell’u-manità emarginata è fame ed è sete dell’a-more di Dio. Siamo così passati all’auto-comprensione cristiana di che cos’è lamissione della Chiesa. Nella sua prima en-

111166664444 Novembre-Dicembre n. 6-2010

Novembre-Dicembre n. 6-2010

ciclica, Deus caritas est, Benedetto XVIparla della filantropia, dell’attività delle or-ganizzative non governative o di volonta-riato nei Paesi poveri o in quelli ricchi. Ri-corda di non confondere la beneficienzacon la carità cristiana, nel senso che il cri-stiano facendo il bene sociale (istruzione,assistenza a malati, affamati, profughi esfollati ecc.) si mette in comunione conchi riceve il dono. Chi dona anche riceve.E il cristiano che dona vuole fare sì che in-sieme si sperimenti diessere Chiesa, l’unica fa-miglia di Dio. Come ri-corda il Vangelo, dal be-ne che farete, gli altrisperimenteranno cheDio è Padre e lo ringra-zieranno: faranno Euca-ristia. Lo scopo del so-stegno caritativo non èperò il facile proseliti-smo (cfr il recente filmUomini di Dio).Uno dei compiti dellaSanta Sede a livello di-plomatico è difendere epromuovere la condi-zione previa perché siapossibile annunciareCristo e fare la carità cristiana, senza usa-re il proselitismo violento o minacciandol’ordine sociale o comprando i battesimidando cibo, vestiti, scuola e compagniaumana. Se non è permessa la libertà reli-giosa (o non è difesa nei fatti oppure è le-gale in forme molto parziali), allora è diffi-cile la presenza dei cristiani e l’annuncioanche con quelle opere di carità, scuole,università, mass media che non operinodiscriminazioni antidemocratiche. La li-bertà religiosa non è un fatto privatistico,ma include il diritto di esprimere pubbli-camente la propria fede e di diffonderla,di avere luoghi di culto (di proprietà),scuole, università, libera stampa religiosa,

relazioni libere con i correligionari all’e-stero, di praticare il culto pubblico, di no-minare in autonoma le proprie gerarchie,la non discriminazione politica (ad esem-pio per l’accesso a posizioni pubbliche),sociale ed economica (accesso all’educa-zione superiore, agli impieghi pubbliciecc.). Criticare pubblicamente le ingiusti-zie e leggi ingiuste (anche se vengono daesponenti politici o religiosi di altre fedi)fa parte della libertà di religione e di

espressione. Ma non èlecito alle religioni di in-citare alla violenza e al-l’odio razziale ed etnico,diffamare le altre cre-denze, minacciare l’or-dine e la sanità pubbli-che e il buon costume. L’arcivescovo Domini-que Mamberti, segreta-rio per i Rapporti congli Stati del vaticano, al-l’Assemblea generaledell’Onu (30 settembre2010) ha ribadito che ildiritto alla libertà reli-giosa «è la pietra fonda-mentale di tutto l’edifi-cio dei diritti umani. In

effetti, se tale libertà manca, viene anche amancare il riconoscimento della dimen-sione trascendente di ogni persona uma-na, che presuppone una dignità anterioree superiore al suo riconoscimento politicoe normativo e che crea un ambito di li-bertà e di responsabilità incoercibile. Semanca la libertà religiosa, pertanto, tutti idiritti umani corrono il rischio di diventa-re concessioni del Governo o al massimo,il risultato di un equilibrio delle forze so-ciali, essenzialmente variabile per natura».Il cardinale Turkson, presidente del Ponti-ficio Consiglio Giustizia e Pace, così ri-spondeva all’osservazione che la fede reli-giosa venga spesso utilizzata come barrie-

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“L’arcivescovo DominiqueMamberti ha ribadito davanti

all’Assemblea generale dell’Onu(30 settembre 2010) che il dirittoalla libertà religiosa «è la pietra

fondamentale di tutto l’edificio deidiritti umani. Se tale libertà manca,

viene anche a mancareil riconoscimento della dimensione

trascendente di ogni personaumana, che presuppone una

dignità anteriore e superiore al suoriconoscimento politico e normativo

e che crea un ambito di libertà edi responsabilità incoercibile»”

ra identitaria e nazionalistica o come pre-testo per conflitti economici e di potere:«È un errore che tradisce l’essenza stessadel Cristianesimo. Quando studiavo all’I-stituto biblico, analizzai il passo del Vec-chio Testamento in cui Salomone consa-cra il tempio dicendo: “Anche lo straniero,che non è del tuo popolo d’Israele, quandoverrà da un paese lontano a motivo deltuo nome, quando verrà a pregarti in que-sta casa, tu esaudiscilo dal cielo, e concedia questo straniero tutto quello che ti do-manderà, affinché tutti i popoli della terraconoscano il tuo nome”. La preghiera, lareligione, possono abbattere le divisioni. Alivello etnico lo straniero è “straniero”,questo è un dato di fatto:io sono nato in Africa enon c’è nulla da fare! Mac’è un livello superiore,che permette di superarequesta differenza. Ed è ilrapporto con Dio. Quindila religione fornisce imezzi per superare le di-visioni. La Chiesa deveoffrire la possibilità discavalcare queste barrie-re naturali. Ma se la religione stessa diven-ta mezzo, o luogo, di separazione, questosì che sarebbe un bel guaio. E a quel pun-to, che cos’altro mai ci resterebbe?» (F.BRUSADELLI, Religione, un mezzo per supe-rare le divisioni etniche, in «Charta minu-ta», IV, 2010, 3, p. 44).Nel 2008, nella loro 35a Congregazionegenerale, convocata per eleggere il nuovoGenerale o ogni 10 anni per riflettere in-sieme, i gesuiti hanno riconfermato cin-que priorità apostoliche: Africa, Asia, ov-vero Cina, apostolato intellettuale, le caseinternazionali di Roma e il Jesuit RefugeeService. Il loro metodo missionario di an-nunciare la fede deve essere congiunto al-la promozione della giustizia e del rispettoambientale, al dialogo con le altre confes-

sioni cristiane, religioni e culture. Il prin-cipio missionario è l’Incarnazione, quellopure di san Paolo («mi sono fatto tutto atutti»), che fu declinato dal gesuita MatteoRicci: «farsi cinese con i cinesi» cioè ri-spettare i valori culturali locali e non in-terferire con la politica cinese. Ricordo an-cora che la tradizione cattolica sostiene ilruolo della religione nel dibattito politico.Ma il suo compito non è tanto quello difornire le norme morali oggettive, «comese esse non potessero essere conosciutedai non credenti – ancora meno è quellodi proporre soluzioni politiche concrete,cosa che è del tutto al di fuori della com-petenza della religione – bensì piuttosto di

aiutare nel purificare egettare luce sull’applica-zione della ragione nellascoperta dei prìncipi mo-rali oggettivi» (BENEDET-TO XVI, Discorso al Parla-mento del Regno Unito,17 settembre 2010).

L’AfricaAnche in Italia i gesuitilavorano per l’Africa, a

parte il vostro prossimo e primo campo inKenya e gli articoli su Gentes. In passato cifurono campi in Ciad o in Uganda con igruppi giovanili di Milano o della Sarde-gna. A Mestre un gesuita anima un centroper laici che vanno a svolgere attività mis-sionarie. Il Centro Astalli fornisce assisten-za (anche politica) a profughi e immigrati,molti dei quali del Corno d’Africa, e pro-muove la conoscenza nelle scuole o suimedia dei popoli dei profughi. Il Magisraccoglie fondi per finanziare iniziativedei missionari gesuiti, ad esempio in Ciade Mozambico. Ci sono anche le adozioni adistanza, la partecipazione a campagnenazionali e internazionali per azioni dacompiere in Occidente (ad esempio per ri-durre il costo dei trasferimenti delle ri-

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“Nel 2008, nella loro35ª Congregazione generale,i gesuiti hanno riconfermatocinque priorità apostoliche:Africa, Asia, ovvero Cina,apostolato intellettuale,

le case internazionali di Romae il Jesuit Refugee Service”

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messe, la promozione del microcredito).Ci sono le riviste dei gesuiti, in primo luo-go Popoli, poi Gesuiti missionari italiani e ibollettini internet del Magis o del Segreta-riato per la giustizia sociale della CuriaGeneralizia; mentre la teologia africana ele questioni politiche e di sviluppo africa-ne compaiono talvolta in Rassegna di teo-logia, Aggiornamenti Sociali e La CiviltàCattolica. A Roma poi i gesuiti offrono for-mazione filosofica e teologica a studentiafricani all’Università Gregoriana, che haanche gli istituti di Missiologia, Scienzesociali e Comunicazioni sociali (la radio èimportante, come formare conciliatori perla riconciliazione sociale dopo i conflitti).Al Pontificio Istituto Biblico (dove ha stu-diato il cardinale Turkson) e al PontificoIstituto Orientale, ci sono cristiani africanie pure di rito copto (d’Egitto e d’Etiopia).Infine c’è il servizio della Radio Vaticana,anche via internet, e della Curia Generali-zia, che coordina iniziative e sostegni fi-nanziari.In Africa le attività missionarie dei gesuitisono molteplici, e sempre più sono svolteda gesuiti locali. Ecco un elenco non esau-stivo: case di esercizi spirituali, accompa-gnamento spirituale e vocazionale per igiovani, parrocchie, scuole e università(ad esempio in Camerun), collaborazionecon le Cvx e gli ex alunni, gruppi giovanili,studio teologico e formazione ai gesuiti, alclero e ai religiosi locali – ricordo l’HekimaCollege a Nairobi –, centri di studi sociali,riviste e radio, assistenza ed animazionereligiosa e culturale nei campi profughi(dove è importante l’educazione primariae la creazione di radio per le informazionidi servizio), studio delle questioni agrariee formazione di agronomi (diffusione ditecniche avanzate di coltivazione e alleva-mento, lotta contro la diffusione indiscri-minata di ogm; le banca dei cereali inCiad, ecc.), ospedali (come quello in Ciadfondato da un gesuita italiano), dispensari

e centri sanitari (ad esempio per malati diAids), condivisione di vita con la gente piùpovera, ad esempio in Zimbabwe, conparrocchie, cappelle o missionari itineran-ti, come in Madagascar, assistenza a car-cerati o a chi esce di prigione.

La CinaA Roma vengono suore e preti cinesi a stu-diare, così come vanno presso le facoltàteologiche dei gesuiti statunitensi. In Cinaè lecito essere cristiani e cattolici, ma ilculto pubblico, i luoghi di culto e i semi-nari sono permessi soltanto con l’autoriz-zazione dello Stato, cioè del Partito comu-nista cinese. Esso opera attraverso l’Asso-ciazione patriottica, la quale nel passatoha ordinato vescovi (ed essi a loro volta sa-cerdoti) senza l’autorizzazione del Papa.Molti laici e sacerdoti hanno rifiutato diobbedire a tali vescovi. E col permesso diRoma sono stati ordinati vescovi di nasco-sto senza il placet del Governo di Pechino.Attualmente non ci sono relazioni ufficialitra Pechino e il Vaticano, con reciprociambasciatori accreditati. Ma non esisteuna conferenza episcopale cinese, e non ètale quella organizzata dal Governo. Ildramma dei cattolici cinesi, oltre ai limitialla libertà religiosa, è che non sono unitiperché non tutti i loro vescovi sono in co-munione tra loro e ognuno pubblicamentecon il Papa (cfr. BENEDETTO XVI, Letteradel Santo Padre ai vescovi, ai presbiteri, allepersone consacrate e ai fedeli laici dellaChiesa Cattolica, nella Repubblica PopolareCinese, 27 maggio 2007).

INFOPer essere aggiornati sulla situazione socia-le, politica e religiosa dell’Africa vi consi-glio il sito della Bbc, quello dell’agenziamissionaria Misna, la rassegna stampaquotidiana di Allafrica.com; il sito del di-castero vaticano Propaganda FideFides.org

Un sacerdote straniero non può ammini-strare sacramenti ai cinesi né svolgere at-tività esplicitamente di annuncio religiososenza autorizzazione governativa. LaCompagnia di Gesù non è riconosciutadal governo. Tuttavia in Cina operano di-versi gesuiti cittadini cinesi. Si occupano,in modi non appariscenti, di formazionedel clero, animazione pastorale, assisten-za ai poveri, ad esempio nei lebbrosari oai malati di Aids. Ma non hanno scuole nériviste. Diversa è la situazione dei gesuitiche operano pubblicamente a Taiwan, aHong Kong e a Macao, dove gestisconoscuole, università, parrocchie e riviste. Igesuiti stranieri che operano nella Cinacontinentale possono svolgere soltanto at-tività culturali e non confessionale, con ilplacet implicito del Governo che è infor-mato su tutto. A Pechino c’è un centroculturale universitario per formare stu-denti occidentali alla cultura e all’econo-mia in Cina. Da poco è stato aperto uncentro per il dialogo teologico e fi-losofico a Shanghai. A Pechino al-cuni gesuiti stranieri hanno creatoun centro che forma all’etica degliaffari: vi ha tenuto un corso ancheil presidente della Lms LeonardoBecchetti.Un gesuita italiano, che vuole la-vorare nella Cina continentaledeve dotarsi di ottime competen-ze culturali (e studiare il cinese!),oltre ad avere notevoli qualitàumane, in modo tale che i cinesitrovino utile collaborare e bellotessere relazioni di amicizia conlui. Gli ambiti per gli scambi cul-turali, oltre a quello privilegiato

dell’economia, sono la pedagogia la filo-sofia, la teologia, la musica, le altre arti,ma in futuro anche le discipline legate alwelfare.La Cina si sta trasformando. Nelle cam-pagne molta gente diventa cattolica masoprattutto entra in altre confessioni cri-stiane, perché i missionari evangelicihanno maggiore libertà di azione. I ge-suiti cinesi lavorano soprattutto con lagente semplice, clero e religiosi inclusi.Tuttavia chi vive e studia nelle grandimetropoli e punta ad arricchirsi e ad ave-re successo, dall’ateismo di Stato inse-gnato a scuola passa alla cultura neopa-gana europea, povera di valori umani.Essi stanno smarrendo le tradizioni mil-lenarie che umanizzavano i cinesi. So-prattutto a loro i gesuiti stranieri occi-dentali che operano in Cina voglionoportare parole e prassi di umanità. In at-tesa che siano pienamente rese libere lealtre tipiche attività dei gesuiti in terra dimissione: parrocchie, scuole, centri so-ciali, riviste ed università. Non per il suc-cesso e il potere mondano, ma per il be-ne dei popoli dove si vive, si lavora e sicelebra l’Eucaristia.

Luciano Larivera S.I.

111166668888 Novembre-Dicembre n. 6-2010

INFOSulla Chiesa in Asia sono utili le notizie dispo-nibili sul web grazie a siti come Asianews eUcanews.

Il convegno di Milano ha offerto ai giovani volontari im-pegnati sui vari fronti di attività della Lms - Cina, Cuba,Perù, Romania - la possibilità di incontrarsi e condividereesperienze, idee e progetti per il futuro dei gemellaggi.

Novembre-Dicembre n. 6-2010

Il nostro tempo, il nostro mondoViviamo un’epoca della storia in cui ledistanze spaziali sembrano accorciate, eanche il tempo pare aver subito una for-midabile compressione, per cui in pochiistanti si può essere in contatto con chiabita agli antipodi del pianeta, e in po-che ore raggiungere materialmente i piùremoti angoli della terra. È dunque co-me se tutto si fosse avvicinato, entrando,mediante i moderni sistemi di comuni-cazione, nella nostra visuale, diventandocosì un possibile e doveroso oggetto diattenzione e di interazione. Gli uominiche un tempo erano lontani, anzi remo-tissimi e addirittura sconosciuti, ci sonodiventati vicini, sono diventati il nostroprossimo.Questo fenomeno di coscienza è statopoi arricchito da imponenti fenomeni dimigrazione, che, da paesi economica-mente sfavoriti o colpiti da guerra e cala-mità naturali, hanno portato milioni emilioni di persone a entrare nelle nostrecittà, nei nostri ambienti di vita. E la fa-cilità dei moderni mezzi di trasporto haindotto molti ad andare in altri paesi,per conoscere e fare esperienze, per ren-dersi conto delle ricchezze e bellezze al-trui, e in molti casi per prestare soccorsoa gravi situazioni di disagio.Questi e altri fenomeni simili, che i so-ciologi ci saprebbero descrivere conmaggiore accuratezza, ci danno la sensa-zione di appartenere ad un unico mon-do, dove non è più consentito parlare diestranei, perché ognuno è implicato, in-terrogato e coinvolto nella vita e dalla vi-ta degli altri. Le dinamiche economiche

sono oggi assolutamente planetarie: daimeccanismi finanziari ai problemi eco-logici, dallo sfruttamento delle risorsenaturali all’uso delle più avanzate tecno-logie, ogni giorno constatiamo che unaconsiderazione territoriale o settorialedella società risulta inadeguata e danno-sa. Ma la stessa cosa vale anche per gliaspetti culturali, perché ogni visione delmondo, per quanto tradizionale e conso-lidata, viene oggi problematizzata dalconfronto con altri approcci antropolo-gici, sociali, religiosi. Non senza un tra-vaglio delle coscienze, non senza turba-menti sociali. Se infatti certe conquistenell’ambito dei diritti civili e della giusti-zia sono diventate maggiormente condi-vise, si deve ammettere che l’apprezza-mento dei valori altrui e la solidarietà frale genti non ha per nulla raggiunto dei li-velli soddisfacenti. Anche nei nostri am-bienti, nel nostro paese e nelle nostrestesse case, si percepisce che questo im-mane processo di avvicinamento fra ipopoli non è esente da problemi, e nonpuò non suscitare negli animi anche sen-timenti di paura e ondate di rifiuto, conchiusure legalizzate, poste a difesa delproprio patrimonio ideologico, nel qualesi ravvisa l’identità personale e comuni-taria. Il mondo ha una dinamica di tipouniversale, eppure nascono nuovi regio-nalismi e difese ad oltranza di particola-rismi di varia natura.Il rischio di chiudersi, per paura, puòcoinvolgere anche la Chiesa, o almenoalcune sue componenti. È quanto maiopportuno allora ricordare il Proemiodella Costituzione pastorale Gaudium et

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La missione evangelicaRiflessioni a partire da Mt 10

Spes del Concilio Vaticano II, un Conci-lio dall’afflato profetico, che ha saputointuire la svolta epocale della modernità,interpretandola alla luce del Vangelo. Inquesto Proemio noi leggiamo quale sia ilprofilo che dà identità alla Chiesa, che ladefinisce nel suo rapporto al mondo; epoiché noi siamo membra vive dellaChiesa, noi vi riceviamo i principi dellanostra stessa identità personale.Dice dunque l’esordio della Gaudium etSpes: «Le gioie e le speranze, le tristezzee le angosce degli uomini di oggi, deipoveri soprattutto e di tutti coloro chesoffrono, sono pure le gioie e le speran-ze, le tristezze e le an-gosce dei discepoli diCristo, e nulla vi è digenuinamente umanoche non trovi eco nelloro cuore». Proprioperché «la comunitàdei cristiani si senterealmente e intima-mente solidale con ilgenere umano e con lasua storia», scaturiscel’appello a essere, o me-glio, a diventare prossi-mo (come fece il Sama-ritano: Lc 10,25ss), afarsi amorevolmente vi-cini agli uomini ricono-sciuti come fratelli. La Chiesa promuo-verà così la sua identità non tanto nelgarantire una indefettibile fedeltà al suopatrimonio dogmatico o nel preservarecerimonie e riti tradizionali, quantopiuttosto nell’essere luce (Mt 5,14) e fer-mento del mondo (Mt 13,33), sale dellaterra (Mt 5,13). Non separata dalla pa-sta, ma immersa nel cuore dell’uma-nità, là dove più intenso è il bisogno, làdove la vita aspira ad essere riconosciu-ta e amata.

La Lega Missionaria Studenti è fatta digiovani che respirano la modernità e chehanno avuto il dono di sentire l’appello amuoversi, a uscire dal proprio villaggio,cioè dal proprio ambiente, per lo piùconfortevole e rassicurante, per aprirsi,in varia misura, ad incontrare altri volti,altre storie, altri villaggi, altri orizzonti.E non per una curiosità turistica, nonper compiacersi in conoscenze e godi-menti estetici, ma per visitare i fratelli(Es 2,11; At 7,23; 15,36), per mostrareconcretamente l’interesse rispettoso perl’altro, e per prestare quell’umile servizioche ognuno è in grado di porgere. L’iden-

tità cristiana, più che inproclami o attestati pro-grammatici, si esplicain questo tenace e capil-lare irraggiamento delbene, mettendo le pro-prie persone a serviziodella vita. Se, dice Gesù,essere suoi discepoli simanifesta nel fare quel-lo che Lui ha fatto (Gv13,15), il nostro «dare lavita» per i fratelli (1 Gv3,16) ci costituirà dav-vero nell’appartenenzaal suo Regno. Certo, ildare la vita non si realiz-za in un solo gesto, ma

nella globalità delle scelte sia quotidianesia eccezionali; il fare dei campi missio-nari di lavoro, così come il prestare soc-corso in situazioni puntuali, è solo la ri-velazione di uno spirito che deve caratte-rizzare sempre e dovunque il credente inCristo. Fare delle esperienze di servizio ècome un tirocinio, una sorta di eserciziospirituale, dove impariamo a gustare labellezza del dono, dove siamo aiutati ascoprire che «c’è più gioia nel dare chenel ricevere» (At 20,35).

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“La Chiesa promuoverà la suaidentità non tanto nel garantireuna indefettibile fedeltà al suopatrimonio dogmatico o nelpreservare cerimonie e riti,quanto piuttosto nell’essereluce e fermento del mondo,

sale della terra. Non separatadalla pasta, ma immersa

nel cuore dell’umanità, là dovepiù intenso è il bisogno,là dove la vita aspira ad

essere riconosciuta e amata“

La parola del VangeloPer incoraggiare lo spiritoche ci anima, per favorirela crescita di ciò che Dio haseminato nei nostri cuori, èimportante rifarsi semprealla parola del Vangelo.Perché questa parola è unasorgente che ridona slancio(Is 12,3), è una luce chepermette di essere luminosi(Sal 119,105), è fonte digioia e pace (Sal 119,16)per chi desidera essere«operatore di pace» (Mt5,9), è nutrimento sostan-zioso per tutti «gli affamatie assetatati di giustizia»(Mt 5,6), chiamati a cam-minare per la lunga strada che portaverso il prossimo sempre nuovamenteda visitare.Ho scelto di commentare qualcheaspetto di una pagina importante delvangelo di Matteo, al capitolo 10, cheparla dell’invio in missione dei Dodici(Apostoli). Queste parole, sacre e veri-tiere, sono rivolte a ciascuno di noi, esono rivolte in particolare alla LegaMissionaria Studenti in quanto corpoche promuove la partecipazione attiva ecoraggiosa alla missione della Chiesa. Inostri nomi propri vanno aggiunti allalista dei Dodici. Dopo Pietro e Andrea,Giacomo e Giovanni, Filippo e Bartolo-meo, e così via (Mt 10,2-4) vengono inostri nomi, quelli che abbiamo ricevu-to nel battesimo come nostra identitàcristiana, come sigillo della nostra vo-cazione. Perché la Chiesa siamo noi,nella misura in cui accogliamo la paro-la di Gesù e assumiamo responsabil-mente il dono di andare a fare del bene,ad essere principio di bene nel campodel mondo.

«Li inviò» (Mt 10,5): l’essere “mandati”Siamo probabilmente così abituati aparlare e a sentir parlare di «missione»affidata ai cristiani che non realizziamopiù l’importanza, la novità e il senso diuna tale prospettiva. Va innanzi tuttosottolineata la fiducia di Dio, che asse-gna agli uomini il compito di essere nel-la storia la manifestazione visibile dellasua presenza amorosa: è nella voce, nelvolto, nei gesti dei credenti che si attuala salvezza del Cristo. L’onore che ne de-riva è stimolo ad assumere tale impegnocon la dovuta responsabilità. Dio ha scel-to dei servi (Is 43,10), e il servo sarà giu-dicato in merito alla diligenza con cuiavrà svolto le mansioni che è stato chia-mato a compiere (Lc 12,43-48).In tutta la tradizione biblica, nell’AnticoTestamento in particolare, si dice cheDio suscita degli uomini e li invia ai fra-telli come suoi portavoce, come suoirappresentanti dotati di poteri divini.Questi uomini scelti e mandati sono iprofeti. È perciò importante comprende-re che chi assume una missione nella

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Foto di gruppo per i giovani della Lms che si sono riuniti aMilano per il convegno nazionale 2010.

Chiesa non lo fa per espletare un suoparticolare bisogno o desiderio; la mis-sione non è una iniziativa che parte dalsoggetto umano, quale frutto di unaqualche scoperta sapienziale o di unistintivo impulso di filantropia. Questopuò apparire forse a una prima conside-razione superficiale, e forse è una com-ponente utile del cammino missionario;ma il fondamento della missione sta nel-la volontà di Chi invia, per cui ogni apo-stolo fa atto di obbedienza, poiché ascol-ta e acconsente a unavoce autorevole e infini-tamente amorosa, cheintima alla persona ilcomando: «Vai!».E questo non è una con-dizione di penosa sud-ditanza alla volontà al-trui: è piuttosto la sco-perta che il bene, intui-to e desiderato da me, èciò che Dio vuole. Daqui viene una incredibi-le forza, non solo per laconsapevolezza di esse-re chiamati a una mis-sione sacra e totalmentebenefica, ma anche per-ché Chi invia è presen-te, con tutta la sua divi-na potenza, nella carne dei suoi inviati:«Io sono con voi tutti i giorni fino alla fi-ne del mondo» (Mt 28,20: queste sono leparole conclusive del vangelo di Matteo,collegate proprio con la missione univer-sale dei discepoli). La promessa «io so-no/sarò con te per salvarti», che Dio ri-volgeva al profeta nell’Antico Testamento(Ger 1,8.19; cfr. anche Gen 26,24; 28,15;Is 41,10; 43,5; ecc.), si realizza concreta-mente per tutti i credenti in Cristo me-diante il dono dello Spirito Santo, queldono di intima forza che consente di an-

dare con coraggio ad essere testimonidella risurrezione (At 1,8), quel dono spi-rituale che il Risorto trasmise ai suoi, co-me è narrato nel vangelo di Giovanni:«Gesù disse loro: “Pace a voi. Come ilPadre ha mandato me, anch’io mandovoi”. Detto questo, soffiò su di loro e dis-se: “Ricevete lo Spirito Santo”» (Gv20,21-22). È di questo potere che parla iltesto di Mt 10, proprio al primo versetto,che dice: «Chiamati a sé i suoi discepolidiede loro potere di scacciare gli spiriti

impuri e di guarire ognimalattia e ogni infer-mità» (Mt 10,1). A que-ste persone, scelte dalSignore e a cui è dato ilpotere, è data pure lamissione; in altre paro-le, gli apostoli (cioè gliinviati, secondo l’etimo-logia della parola greca)sono mandati perchéhanno lo Spirito, hannocioè una speciale dota-zione spirituale, cosìche le loro parole e i lo-ro gesti siano comequelli di Gesù, abbianola stessa efficacia di be-ne.«Lo Spirito del Signore

è su di me», scrive Isaia, «perché il Si-gnore mi ha consacrato con l’unzione, emi ha mandato a portare il lieto annun-zio ai miseri, a fasciare le piaghe deicuori spezzati» (Is 61,1-3; Lc 4,18-19).Gli apostoli sono, dopo Gesù, l’attuazio-ne della parola dei profeti, e dunque so-no i profeti del Nuovo Testamento, sonocoloro che portano a pieno compimentola volontà di Dio di salvezza e di bene.Pieno compimento. Infatti, mentre i pro-feti dell’antica alleanza erano indirizzatial solo popolo di Israele (salvo qualche

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“La missione non assomigliaa un lancio di viveridall’elicottero, né è

paragonabile a una campagnapromozionale televisiva:

ha piuttosto la formadell’incontro, che, per essere

veritiero, esige che si apra unaporta e che venga consentito

all’ospite di respirare la stessaatmosfera spirituale

dei membri della famiglia,di nutrirsi dello stesso cibo,

di piangere e di gioire per glistessi racconti di esperienza“

eccezione, come Giona, mandato a pre-dicare a Ninive), gli apostoli del Vangelosono inviati «fino ai confini della terra»(At 1,8), per fare discepoli fra tutte legenti (Mt 28,19), senza distinzione dirazza, cultura o religione. E mentre gliantichi profeti erano singole persone, so-litarie nel loro ministero, gli inviati delRegno di Cristo sono una comunità, per-ché tutti coloro che ricevono lo Spiritodi Pentecoste, insieme sono resi testimo-ni dell’amore universale di Dio, e diven-tando «un cuor solo e un’anima sola» (At4,32), insieme costituiscono un corpo diprofeti ripieno del potere amoroso di fa-re del bene. E ancora, mentre i profetiantichi si facevano carico soprattutto diammonire i peccatori, portandoli, comefece anche Giovanni Battista, alla con-versione mediante le minacce (Mt 3,10),i profeti di Cristo sono chiamati a pro-nunciare parole di grazia, annunciandoil perdono, la riconciliazione, la pace, lasalvezza per tutti, specialmente per i lon-tani e i disperati. E infine, solo a pochiprofeti dell’Antico Testamento venne da-to il dono di fare «segni e prodigi», comea Mosè, Elia ed Eliseo. Grandi profeticome Geremia e persino Giovanni Batti-sta non operarono guarigio-ni (Gv 10,41), non ebbero ilpotere di toccare la carnemalata per risanarla, perchéil loro compito fu solo quel-lo di annunziare una salvez-za futura. Gli Atti degli Apo-stoli narrano invece come«segni e prodigi avvenivanoper mano degli Apostoli» (At2,43), così che, come Gesù,il Salvatore, aveva guarito imalati, scacciato i demoni,risuscitato i morti, allo stes-so modo anche i suoi inviatierano rivestiti dello stesso

potere di promozione della vita (Mt10,1.8). Ora, siccome tutti i cristianihanno ricevuto lo Spirito, e tutti i suoidiscepoli sono dal Cristo inviati nelle va-rie parti del mondo, a tutti questi aposto-li è dato il potere della vita. Non a tuttisotto forma prodigiosa di operare guari-gioni fisiche, di fare miracoli come abi-tualmente si intende, eppure a tutti è da-to il potere di «trasportare le montagne»(Mt 17,20), di «trapiantare i gelsi nel ma-re» (Lc 17,6), cioè, fuori di metafora, disvegliare la vita, di seminare la speranza,di vincere ogni ostacolo che si oppone albene. Per lo Spirito (di amore), l’aposto-lo del Signore opera prodigi di bene neldeserto della nostra storia.

«In qualunque città o villaggio entriate» (Mt10,11): dove il Signore inviaAbbiamo già detto che il Signore Gesùnon indica un luogo preciso dove i suoiinviati hanno da svolgere la missione.Durante la vita del Maestro, gli Apostolisi limitarono alla terra di Israele (Mt10,5-6), ma dopo la Pasqua questo limitevenne soppresso. Possiamo dire perciòche il mistero della Risurrezione faesplodere ogni confinamento, sopprime

111177773333Novembre-Dicembre n. 6-2010

Gli interventi dei relatori intervenuti al convegno di Milanosono stati seguiti con grande interesse dai partecipanti.

le frontiere, aprendo l’orizzonte dell’at-tenzione e del servizio all’intera umanità,nella quale ogni persona è riconosciutacome fratello. Il modello della famiglia –che nell’Antico Testamento serviva aqualificare, in modo simbolico più chereale, l’insieme del popolo ebraico (dettoappunto «casa di Israele») – diventa nelNuovo Testamento la cifra interpretativadel genere umano, perché un solo Padre,Dio, rende ogni uomo suo figlio, e quin-di fratello di ogni altro uomo. «Chi è ilmio prossimo?», chiedeva il dottore del-la Legge a Gesù (Lc 10,29); e noi possia-mo chiedere: «Chi è mio fratello? », dicui essere custode, amico e difensore. EGesù invita allora a partire, per andareal di là di ogni delimitazione (culturale,razziale, ideologica, confessionale), perrendere effettiva la dimensione universa-le della fraternità umana e della divinafigliolanza.È ovvio che non è possibile per un singo-lo missionario il percorrere tutti i sentie-ri della terra; anzi pochissimi possono,come san Paolo o san Francesco Save-rio, avere quello zelo (cioè quell’ardoredi carità) verso tutti che li rese capaci ditrasformare la vita in un incessante viag-gio, sempre oltre, nel desiderio instanca-bile di nuovi incontri e nuove comunica-zioni di verità. L’universalità della mis-sione, così necessaria per esprimerne ilcarattere evangelico, è esplicitata piutto-sto dall’insieme della Chiesa, dalla com-plessa e variegata composizione del suocorpo, fatto di molte membra dalle di-verse e complementari funzioni (Rm12,4-8; 1 Cor 12,4-27; Ef 4,11-13). Ci so-no importanti organismi istituzionali,come il corpo sacerdotale o come le con-gregazioni missionarie (maschili e fem-minili), e ci sono associazioni di laici im-pegnati, e anche forme originali di vo-lontariato e presenze singole, il tutto dif-

fuso in forma capillare, talvolta dispiega-to in operazioni vistose e pubblicizzate,ma per lo più come segreto e discretofermento di bene verso i deboli, gli ulti-mi, i bisognosi di ogni tipo. E ciascunoopera secondo il dono che ha ricevuto,secondo il suo carisma, secondo lo stile ela grazia che esprime l’infinita ricchezzadell’amore.Questa considerazione è importante percapire che la missione va sempre conce-pita e attuata come Chiesa, quindi nellariconosciuta solidarietà con i fratelli chesono mossi dallo stesso Spirito, senza in-vidie, senza vanto; perché questa comu-nione nel servizio è il segno della identi-ca obbedienza al Signore, ed è al tempostesso il segno privilegiato dell’amoreche ci unisce e ci spinge verso gli altri,per una testimonianza umile, ma divina.Una simile prospettiva, che coniuga il ri-spetto per il timbro originale di ogni vo-ce nella Chiesa e, al tempo stesso, sotto-linea la necessità dell’armonia e dell’u-nità del sentire, così che sorga l’in-confondibile polifonia dell’amore, unasimile prospettiva, dicevamo, va integra-ta con un’altra annotazione, evocata daltesto di Mt 10, e volta a precisare il luo-go dove il missionario è inviato.Dice Gesù: «in qualunque città o villag-gio entriate […]», e ancora: «entrandonella casa» fate questo e questo (Mt10,11-12). Entrare. Entrare là dove gliuomini vivono, nelle loro città e villaggi,nelle loro case. Queste indicazioni, comemolti altri comandi del Signore, hannovalore simbolico. Intendono suggerireche l’apostolo è chiamato ad addentrarsinell’intimità di una relazione personale,è invitato a compiere quei passi, delicatie pudichi, che rendono partecipi e testi-moni di una vita segreta. Il missionario èsollecitato a diventare familiare dellepersone a cui si rivolge, entrando a far

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parte della loro famiglia. La missionenon assomiglia a un lancio di viveri dal-l’elicottero, né è assolutamente parago-nabile a una campagna promozionale te-levisiva: ha piuttosto la forma dell’incon-tro, che, per essere veritiero, esige che siapra una porta e che venga consentitoall’ospite di respirare la stessa atmosferaspirituale dei membri della famiglia, dinutrirsi dello stesso cibo, di piangere e digioire per gli stessi racconti di esperien-za. È missionario chi ècapace di intuire lo spi-raglio e di percepirlocome un invito, così dapenetrare, senza effra-zione di sorta, nellospazio consentito dallaconfidenza, dal richia-mo di attenzione e datutto ciò che fa appelloalla dolce esperienzadell’incontro. Perché inesso fiorisce la possibi-lità dell’aiuto e del servi-zio che non umilia, per-ché da questa dolceesperienza dell’incontropromana la gioia per entrambi, per chiaccoglie e per chi è accolto.Nella casa che apre la porta al missiona-rio non c’è solo la mensa apparecchiata.Vi sono anche il malato, il vecchio solo,la mamma stanca e preoccupata, il bam-bino spaventato, la persona triste e sfi-duciata. Entrare nelle case degli uomini,per il missionario, comporta il sentire sudi sé il peso di questo male, fatto di de-bolezze fisiche e morali, frutto di molte-plici e complesse responsabilità; comefece Gesù (Mt 9,36; 14,14; 15,32), è ne-cessario sentire questo male nella com-passione, nel rispetto e nell’umile deside-rio di soccorrerlo. «Guarite i malati», di-ce il Signore, «risuscitate i morti, purifi-

cate i lebbrosi, scacciate i demoni» (Mt10,8): sono imperativi impossibili da at-tuare alla lettera, ma il loro senso spiri-tuale è invece possibile e doveroso. Ogniapostolo è chiamato a prendere su di séuna porzione di sofferenza del mondo,per renderla meno insopportabile, pertrasformare l’assurdo del male in unaoccasione di solidarietà, in un evento pa-radossale di amore. Come Gesù che, sen-za lasciarsi intimidire dalla derisione,

entrò nella casa del ca-po della sinagoga, e nelsegreto toccò la manodella giovane morta perriportarla alla vita e al-l’amore dei suoi genitori(Mt 9,23-25), così ognivisita missionaria sa en-trare, con inaudito ardi-mento, nel cuore diogni situazione difficileper apportarvi la graziadello Spirito e il balsa-mo dell’amicizia e dellagioia.Le porte però, in certicasi, si aprono non per

accogliere, ma per esplicitare il rifiuto.Sono aperte solo per essere sbattute infaccia. Il terreno dove il seminatore gettala sua semente non sempre favorisce lagerminazione; e questo per superficia-lità, per incostanza, per distrazione (Mt13,3-7). E, a volte, per una incomprensi-bile chiusura del cuore, che prende laforma del rifiuto di ascoltare, della espli-cita rivalità, della contrapposizione per-secutoria, con manifestazioni di disprez-zo, di violenza, di minacce anche morta-li. Il martirio del missionario non è unapia memoria dei tempi passati. Nonsempre ha forme cruenti, ma, secondoquanto dice il Signore, è una esperienzacon cui ogni inviato deve confrontarsi:

111177775555Novembre-Dicembre n. 6-2010

“La gratuità del servizioimplica che il missionario non

abbia altro interesse o profitto,né altra utilità che quella del

donare; egli non pretende, nonchiede, non aspetta altro che il(poter) condividere ciò che haricevuto, così che tutti, coluiche ha e colui che non ha,vivano del dono. Dono chediscende da Dio per esseremoltiplicato, per diventare

storia di scambio nell’amore“

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«Ecco, io vi mando come pecore in mez-zo ai lupi» (Mt 10,6); «vi consegnerannoai tribunali e vi flagelleranno nelle lorosinagoghe» (Mt 10,17), «sarete odiati datutti a causa del mio nome» (Mt 10,22);«se hanno chiamato Beelzebul [cioè dia-volo] il padrone di casa [Gesù], quantopiù quelli della sua famiglia [cioè noi, isuoi inviati]» (Mt 10,25).L’ostilità ingiustificata e inspiegabile neiconfronti di chi passa in mezzo agli uo-mini facendo il bene (At 10,38) è statavissuta dal Cristo ed è stata da lui profe-tizzata per i suoi inviati. È infatti untratto distintivo dei profeti l’essere sotto-posti alla violenza persecutoria (Mt 5,12;23,34; At 7,52: 1 Ts 2,15): «Gerusalem-me, Gerusalemme, tu che uccidi i profetie lapidi quelli che sono mandati a te»(Lc 13,34). Gesù avverte i suoi, in primoluogo, per far loro assumere il giusto at-teggiamento di fronte alla ostilità e al pe-ricolo: «(come pecore in mezzo ai lupi);siate dunque prudenti come i serpenti esemplici come le colombe» (Mt 10,16).La frase di Gesù, di tipo sapienziale emetaforico, chiede al missionario unaduplice attenzione. Dapprima, una dove-rosa prudenza, che non è ritrosia, reti-cenza o, peggio ancora, fuga per sottrar-si al confronto difficile; è piuttosto la di-screzione che evita la provocazione, èpiuttosto il proposito, direbbe S. Ignaziodi Loyola, di «non dare occasione alcu-na» all’avversario di porre ostacoli allaverità e alla bellezza del Regno. D’altrolato, Gesù chiede di essere semplici (nonsempliciotti, ingenui, infantili), chiede dirifuggire da ogni forma di finzione, didoppiezza d’animo, da ogni strategia dicamuffamento e di alterazione della ve-rità. Come ha fatto lo stesso Cristo, chenon si è sottratto alla testimonianza,senza tuttavia scatenare indebitamentel’ostilità dei suoi interlocutori.

Se il missionario consente a vivere se-condo quanto il Signore gli chiede, rice-ve il conforto della protezione divina:«Non abbiate paura di loro […]; non ab-biate paura di quelli che uccidono il cor-po, ma non hanno il potere di ucciderel’anima […]; perfino i capelli del vostrocapo sono contati [e nessuno cadrà sen-za il volere del Padre vostro]. Non abbia-te dunque paura» (Mt 10,26-31). L’insi-stenza con cui Gesù ribadisce di nonavere paura indica, paradossalmente,che il missionario abitualmente si spa-venta di fronte alla persecuzione: ebberopaura i profeti (come Geremia: Ger1,8.17), ebbero paura i Dodici Apostoli(basti ricordare il dramma della Passio-ne), ed è perciò da attendersi che l’inti-midazione degli avversari faccia recede-re anche noi dal compiere coraggiosa-mente il nostro ministero. Bisogna alloraricordare la promessa del Signore, che ciassicura che Egli sarà sempre con noi,perché le nostre persone contano moltoai suoi occhi; e occorre anche ricordareche «chiunque riconoscerà» Gesù davan-ti agli uomini, «verrà riconosciuto» dalCristo davanti al Padre dei cieli (Mt10,32). Una promessa di vita così ampiae così sicura può costituire, per chi cre-de, un supporto adeguato per intrapren-dere fiduciosamente il difficile camminomissionario.Un’ultima considerazione, attinentesempre al motivo della opposizione che imissionari devono subire, ci viene sugge-rita da una parola di Gesù, che ha pro-prio l’intento di confortare e rafforzarecoloro che egli invia in missione. Il Si-gnore dice che i suoi apostoli non devo-no «preoccuparsi di come o di cosa di-re», perché «in quell’ora» (quella del pro-cesso che inaugura la passione) – diceGesù – «vi sarà dato ciò che dovrete dire,perché vi sarà suggerito in quel momen-

to quello che dovrete dire; infatti nonsiete voi a parlare, ma è lo Spirito del Pa-dre vostro che parla in voi» (Mt 10,19-20). Queste affermazioni del Maestro ri-guardano senz’altro le parole (da dire),ma possono estendersi all’insieme dellatestimonianza, ai gesti, atteggiamenti,azioni che esprimono la presenza dell’a-more (perché questo è il “parlare” delloSpirito). Questa fiduciosa certezza, chelo Spirito, donatoci «senza misura» (Gv3,34) nell’ascolto della parola evangelicae nella recezione dei sacramenti, sarà at-tivo nella nostra esistenza così da gui-darci saggiamente e potentemente, que-sta gioiosa certezza, dicevamo, possiamoesperimentarla e gustarla, proprio là do-ve si combatte la buona battaglia del Re-gno (Fil 1,27; 4,3; 1 Tim 1,18; 6,12; 2 Tim4,7), se ci affidiamo davvero alle paroleveritiere del Signore Gesù. Perché «nonsiamo noi a vivere, ma è il Cristo a viverein noi» (Gal 2,20).

«La vostra pace scenda sulle case» (Mt 10,13):cosa devono fare gli inviati del SignoreQuale sia il compito assegnato ai missio-nari del Vangelo lo abbiamo già ripetuta-mente evocato. Lo descriviamo ora sin-teticamente, così da evidenziare lo spiri-to con cui adempiere la stessa missione.Secondo le indicazioni del discorso mis-sionario di Gesù in Mt 10, è affidato agliapostoli un duplice incarico. Il primo, dasvolgersi mediante la parola, consistenell’«annunciare che il Regno dei cieli èvicino» (Mt 10,7). Naturalmente non sitratta di ripetere materialmente questafrase, e neppure di identificare l’annun-cio della prossimità del Regno con dellelezioni di catechismo. Ciò che l’inviatoproclama è piuttosto il farsi vicino delSalvatore a ogni condizione di miseria; èperciò un messaggio di speranza rivoltoa chi si sente scoraggiato, abbandonato,

finito. È una parola che indica una luce,e che invita ad aprire il cuore ad un av-venire da assumere e accogliere come se-gno di Dio. Ogni inviato assomiglia dun-que al profeta Giovanni Battista, perchéfa da battistrada al Signore Gesù, e per-ché lo indica già presente (anche seignorato) nel cuore di ognuno e nel cen-tro di ogni umana vicenda. Non va sotto-valutata l’importanza di questa parola;certo, non sono le chiacchiere a salvareil mondo, eppure la parola vera e caloro-sa è un balsamo, è una medicina che ri-spetta la libertà e la promuove, è un do-no intimo che lascia umilmente all’udi-tore il tempo per farla propria e viverlain pienezza.Al compito della parola che nutre la spe-ranza, viene dal Signore congiunto il do-vere del gesto di carità: «guarite gli infer-mi, risuscitate i morti …» (Mt 10,8). Conqueste lapidarie espressioni viene a esse-re detto, simbolicamente, come il mis-sionario è chiamato a farsi carico del do-lore altrui per ridonare la vita. Ogni attodovrà perciò avere questa intenzionalitàe questa forza. Portare vita, soccorrendo,aiutando, promovendo, donando. Amoreconcreto, che non disdegna i piccoli ge-sti possibili, che non disprezza come in-significante ciò che Dio ha posto nellenostre mani (come i cinque pani e i duepesci della moltiplicazione: Mt 14,17),che fa fruttare il talento ricevuto (Mt25,14ss), così che dalla vita scaturisca vi-ta, anche per coloro che parevano votatia languire e a morire.Molti, anche assai giovani, sono impe-gnati in opere di attiva partecipazionealle varie iniziative proposte dalla LegaMissionaria Studenti. Bisogna ricono-scere in questo un dono di Dio fatto allaChiesa e al mondo. Perché in questo ser-vizio missionario, anche piccolo, anchemodesto nella durata e nei mezzi, è la

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pace che si diffonde fra gli uomini. En-trando nelle case, dice Gesù, augurate lapace (Mt 10,12-13), fatela scendere sullefamiglie e nei cuori. Il Signore suggeri-sce così lo spirito che deve animare pa-role e gesti, spirito buono che può esserecomunicato solo da chi è mandato nelloSpirito Santo. Perché questa pace non èquella «che dà il mondo» (Gv 14,17),quel tipo di pace che viene imposta conle armi e con un imponente dispiega-mento di mezzi finanziari e apparatipropagandistici; la pace del missionarioè la pace di Gesù, la pace della riconci-liazione nel perdono, della misericordiache guarisce ogni miseria senza giudi-carla, è la pace della benevolenza che ri-spetta il lucignolo fumigante (Is 42,3; Mt12,20) e ridà coraggio alle ginocchia va-cillanti (Is 35,3). È una pace che nonesclude nessuno, che non eleva muri didifesa, ma, al contrario, abbatte ogni ini-micizia come fece il Cristo (Ef 2,14). È lapace che realizza la nuova ed eterna al-leanza (Is 54,10; Ez 34,25; Eb 13,20),nella quale ha piena attuazione la caritàche «non manca di rispetto, non tieneconto del male ricevuto», la carità che«tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tut-to sopporta», e per questo «non avrà maifine» (1 Cor 13,5.7-8). «Beati gli operato-ri pace, perché saranno chiamati figli diDio» (Mt 5,9), figli degni del Padre chefa sorgere il suo sole e fa piovere su giu-sti e ingiusti, così che, amando tutti, pos-sa salvarli tutti (1 Tim 2,4; Tt 2,11).

«Gratuitamente date» (Mt 10,8): come condurrela missioneCi rimane da esplicitare un ultimoaspetto, per completare la lettura del te-sto di Mt 10, e per approfondire ulte-riormente il concetto di missione secon-do il Vangelo. Gesù invia a una missionedi bene, e prescrive anche come adem-

pierla, così che, proprio dal modo diespletarla, se ne percepisca il senso e lafinalità. Potremmo dire che le diverseindicazioni concernenti la maniera diportare avanti l’incarico apostolico siriassumono in un unico principio, quel-la della missione in povertà. Con povertàsi intende nel Vangelo qualcosa di piùche la semplice indigenza economica.Molteplici sono gli aspetti di questavirtù, che, ricordiamolo, ha il primo po-sto fra le beatitudini: «beati i poveri inspirito», beati cioè coloro che hanno ilvero atteggiamento spirituale dei poveri,«perché ad essi è dato il Regno dei cieli»(Mt 5,3). Il vangelo di Mt 10 sottolineatre modalità della povertà, tutte moltoimportanti, e tutte collegate con la di-mensione missionaria.Il primo aspetto della povertà apostolicaè suggerito da Gesù quando dice: «gra-tuitamente avete ricevuto, gratuitamentedate» (Mt 10,8). La gratuità del servizioimplica che il missionario non abbia al-tro interesse o profitto, né altra utilitàche quella del donare; egli non pretende,non chiede, non aspetta altro che il (po-ter) condividere ciò che ha ricevuto, cosìche tutti, colui che ha e colui che non ha,vivano del dono. Dono che discende daDio per essere moltiplicato, per diventa-re storia di scambio nell’amore. Il disin-teresse – nel senso positivo di noncuran-za del proprio utile – è il marchio tipicodel vero amore, che appunto, come scri-ve san Paolo, «non cerca il proprio inte-resse» (1 Cor 13,5), ma solo il bene del-l’altro (Fil 2,4; 1 Pt 5,2). La perfezionedella gratuità solo Dio la realizza, perchéEgli non fa nulla se non per limpidissi-ma carità; in noi la gratuità è come un’u-topia regolativa, è un principio di co-stante desiderio, ed è un luogo di atten-zione spirituale da esplicitare nell’intra-prendere ogni azione missionaria. Aprire

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le mani, mettendo a disposizione le pro-prie risorse e, più radicalmente, se stessi,per la gioia del voler bene: questa è lagratuità da amare e da ricercare.Il secondo aspetto della povertà aposto-lica viene esplicitato dalle parole di Gesùche prescrivono: «Non procuratevi oro,né argento, né denaro nelle vostre cintu-re, né sacca da viaggio, né due tuniche,né sandali, né bastone» (Mt 10,9). Anchequi è da stolti prendere le frasi alla lette-ra; tra l’altro, nel testo parallelo di Mc6,8-9, il Signore dice che si devono cal-zare i sandali e prendere il bastone (perl’evangelista Marco, Gesù sollecita l’as-sunzione dello statuto del pellegrino, perMatteo invece il Signore sottolinea lacondizione del missionario come poveroe inerme). Sono comunque profonda-mente mutate le condizioni socio-econo-miche del nostro tempo rispetto a quellodi Gesù, ed è quindi necessario una in-telligente interpretazione della “povertà”richiesta dagli odierni apostoli della ca-rità. Non avere né oro né argento signifi-ca rinunciare ad assicurarsi la propriasicurezza e a garantire il successo delproprio operato. Nell’esercizio della mis-sione, ciò implica l’esplicita assunzionedi mezzi insufficienti, sproporzionati al-le necessità, e di uno stile di vita sempli-ce, essenziale, umile, e pure l’adozionedi uno stile missionario che conservi icaratteri della piccolezza, della modestiae, direi quasi, della debolezza. E ciò nonsolo nella dimensione economica; que-sta è solo il sintomo più vistoso, è comeuna spia che va sempre sorvegliata per-ché segnala un pericolo. Ma la povertàva pure vissuta in ogni altro aspetto del-l’operare e dell’essere: è ciò significa chela missione sarà sempre portata avanticon scarsità di personale, il numero es-sendo ogni volta insufficiente alle neces-sità della gente e ai sogni del missiona-

rio; «la messe è molta, e gli operai sonopochi», constata Gesù (Mt 9,37), per se-gnalarci che questa forma di povertà ac-compagnerà costantemente l’impegnodei credenti nel mondo. Così le qualitàumane, di intelligenza, di forza morale,di competenza e di dedizione, di bontàd’animo persino, risulteranno abitual-mente scarse. I profeti dell’Antico Testa-mento si lamentavano con Dio dicendoche non sapevano parlare (come Mosè:Es 6,30; o come Geremia: Ger 1,6); alcu-ni di loro erano inesperti per la giovaneetà (come Samuele: 1 Sam 3,7) o nonerano considerati nell’ambiente sociale(come Gedeone: Gdc 6,15; o Iefte: Gdc11,2); e così via. La stessa cosa vale per iprofeti del Nuovo Testamento, cioè pernoi: «Non ci sono tra voi molti sapientisecondo la carne, non molti potenti, némolti nobili. Ma quello che è stolto per ilmondo, Dio lo ha scelto per confondere isapienti; quello che è debole per il mon-do, Dio lo ha scelto per confondere i for-ti, quello che è ignobile e disprezzatoper il mondo, quello che è nulla, Dio loha scelto per ridurre al nulla le cose chesono, perché nessuno possa vantarsi da-vanti a Dio» (1 Cor 1,26-29). Portiamo ilnostro «tesoro in vasi di argilla» (2 Cor4,7); il dono della vocazione e la missio-ne sono infatti sproporzionati alle nostrerisorse umane, alle nostre tecnologie,agli strumenti pedagogici ritenuti indi-spensabili per la trasmissione della ve-rità, alla santità di vita che parrebbe ne-cessaria per un’autentica testimonianza.Ma tutto ciò è provvidenziale, per man-tenerci nell’umiltà, e soprattutto per farapparire chiaramente il miracolo divinoche, in questa relativa miseria umana,consente straordinari frutti di bene:«perché appaia – continua san Paolo –che questa potenza straordinaria vieneda Dio e non da noi» (2 Cor 4,7). Lo sco-

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raggiamento, così come il fare calcoli econtare le forze in campo, sono espres-sioni di poca fede. C’è chi confida neicarri e nei cavalli, simboli della forzabellica che travolge, dice il Salmista, ec’è chi si affida al Nome del Signore (Sal20,8; 32,16-19); l’apostolo del Signore di-ce: «Non possiedo né argento né oro, tido quello che ho: nel Nome di Gesù Cri-sto il Nazareno, cammina» (At 3,16). Ilmissionario credente ha fiducia in Dio enel suo Spirito: per questo dona, nellasua riconosciuta povertà, tutto quelloche ha, anzi dona totalmente se stesso,perché in questo dono totale si realizzi ilprodigio dell’amore che supera ogniostacolo e risulta alla fine più che vinci-tore (Rm 8,37).Un ultimo aspetto, conclusivo, della po-vertà missionaria mi pare sia poco sot-tolineato nei discorsi abituali riguardan-ti il volontariato e l’aiuto prestato dallevarie organizzazioni di benevolato so-ciale; è però un punto che il Vangelo se-gnala, ed è quindi da ritenere come par-ticolarmente significativo. Gesù dice aisuoi Apostoli, che «l’operaio ha diritto alsuo nutrimento» (Mt 10,11), espressioneche viene spiegata nel passo parallelo diLc 10,7, dove viene detto: «Restate nellacasa che vi accoglie, mangiando e be-vendo di quello che hanno». Il missiona-rio, che entra nelle case per portare ildono di se stesso, è un povero mendi-cante, perché è di fatto nutrito, nella suavita, da chi lo accoglie. Questa parola diGesù si presenta allora come una pro-messa fatta a colui che, giungendo sen-za denaro nella borsa, potrebbe temeredi morire di fame, di essere cioè vittimadella sua povertà. Questo è un primoaspetto, ma c’è di più: oltre ad essererassicurati, i missionari del Vangelo im-parano che la loro povertà favorisce l’at-to di amore di colui che accoglie, l’indi-

genza dell’apostolo consente all’altro diesprimersi nell’atto della condivisione,che è il segno dello Spirito, che è il se-gno del Regno e della vita salvata. Lapovertà missionaria si manifesta alloracome umile accettazione di ciò che altripoveri sanno donare, e la missione di-venta creatrice di quella famiglia nellaquale tutti vivono del donare e del rice-vere, come fratelli che reciprocamente siscambiano ciò che fa vivere.

ConclusioneLa missione è un atto di amore. È statavissuta in modo perfetto, esemplare, dalSignore Gesù, che è entrato nel cuore delmondo per guarirlo dalla violenza e libe-rarlo dall’egoismo; Lui che, pur essendodi natura divina e ricco di ogni bene, si èfatto povero per arricchire ogni uomocon la sua povertà (2 Cor 8,9). E, venutotra noi, Egli si è lasciato accogliere nellecase degli uomini, da Marta e Maria (Lc10,38ss), da Zaccheo (Lc 19,5ss), dal fa-riseo (Lc 7,36) e dai pubblicani (Mt9,10). Si è lasciato nutrire dal pane di unragazzino (Gv 6,9), dal cibo umile offer-to a lui sulle strade del deserto. Ed è Luila nostra icona e la nostra speranza.L’amore che il Cristo ha seminato nellastoria ci ha raggiunti, e questo amore de-ve progredire; dobbiamo infatti non soloperseverare nella fedeltà, ma crescere, inprofondità e in estensione. Andate, diceGesù: lo spazio della carità è infinito, ilnostro cuore deve perciò dilatarsi, per-ché solo andando oltre, facendo un passoulteriore, il nostro amore diventerà piùautentico, più reale e più efficace; soloandando ogni volta verso altri poveri noisaremo arricchiti di Spirito, e diventere-mo figli di quel Padre, il cui amore infi-nito è la speranza di questa nostra pove-ra storia.

Pietro Bovati

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Laici e credenti insieme nella costruzionedella Città per l’Uomo

La riconversione dell’ex convento dei Gesuiti dell’Avana in centro di accoglienza e diassistenza per giovani e anziani in difficoltà nel racconto del professor Nelson Aguila:un progetto capace di fondere ideali socialisti e valori cristiani, che indica nel soccor-so agli ultimi e nel recupero della dignità di ogni uomo il terreno fertile su cui laChiesa e il Governo di Cuba possono piantare insieme i semi di un futuro di dialogo edi fruttuosa collaborazione

C onsacrazione – Vocazione –Sacrificio. Un trinomio caroalla tradizione cristiana dalle

sue origini. Eppure questo trinomionasce in un contesto extraecclesiale,quello del Collegio di Belén dell’Avana,dove il governo cubano, sotto la saggiaregia del prof. Nelson Aguila, ha rea-lizzato un centro polivalente di assi-stenza sociale di ultra avanguardia.Siamo rimasti un po’stupiti quando, inter-venendo al convegnoLms di Milano, Nel-son ha iniziato la suarelazione da questotrinomio. Da un altoesponente del gover-no cubano non ce losaremmo aspettati .Eppure è così. La cul-tura cristiana ha pla-smato la società lati-noamericana e, nellaspecie, quella cubana,più di quanto potessi-mo sospettare. E al dilà delle incompren-sioni e degli scontri diqualche decennio fa,

Chiesa e Stato a Cuba stanno ripren-dendo a parlare lo stesso linguaggio.Non dappertutto e non con chiunque,ma all’Avana sì, per lungimiranza dellagerarchia, per disponibilità del gover-no, ma soprattutto per due personeche danno oggi lustro al popolo cuba-no: Eusebio Leal e Nelson Aguila. Eu-sebio è l’Historiador de la Ciudad de LaHabana, colui da circa vent’anni ha

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La chiesa cattedrale dell'Immacolata Concezione della capitale L'Avana,costruita su impulso dei gesuiti nel 1704.

ideato e sta realizzando il recupero delcentro storico della città, coniugandoil restauro artistico di una delle cittàpiù belle al mondo con il servizio so-ciale ai più deboli: anziani, handicap-pati, bambini, profughi di provincieduramente colpite dalle alluvioni.Ogni restauro non è mai fine a se stes-so, per il mero gusto dell’estetica. Ilbello s’intreccia col bene. Non solo avantaggio dei turisti e dell’economialocale che se ne può avvantaggiare, maanche e soprattutto a favore dei citta-dini più poveri e bisognosi di assisten-za. In quest’ampio progetto che di an-no in anno realizza ricuperi altamentesignificativi e ben vi-sibili, s’iscrive la ri-strutturazione del-l’antico Convento diBelén, un’opera di di-mensioni colossali:era i l collegio piùgrande al mondo cheabbia mai avuto laCompagnia di Gesù!Ma tutto ciò Eusebiolo ha potuto realizza-re perché al suo fian-co ha avuto un uomo della levatura diNelson.Belén oggi è una realtà che fa invidianel mondo. Iniziata dal nulla, sulle ro-vine dell’antico collegio distrutto daldegrado (i gesuiti l’avevano lasciatonel 1927) e da un grande incendio, dalluglio del 1996 con pazienza e tenaciaNelson Aguila, fino a poco prima mi-nistro e membro del Consiglio di Sta-to, realizza quello che i volontari LMShanno definito «un frammento di pa-radiso in terra».Oltre 300 gli anziani accolti quotidia-namente nel centro diurno, dove sonoassistiti e intrattenuti con tantissime

attività di animazione e mensa. Altret-tanti gli assistiti nel centro di riabilita-zione neuro fisiologico e dalla farma-cia. Circa 60 i laboratori che impegna-no giovani, adulti e anziani in lavoriartigianali. Ambienti attrezzati per ac-cogliere, con posti letto, circa 150 per-sone nell’emergenza alluvioni. Oltre500 le famiglie assistite a domicilio e150 le case recuperate nel centro stori-co abitate da anziani ancora autosuffi-cienti e famiglie particolarmente indi-genti. Asilo infantile per i bambini e,in fieri, apertura di un ginnasio. Il tut-to nella magnifica cornice di un edifi-cio “coloniale” restaurato nell’origina-

rio splendore, veromuseo (c’è il primoosservatorio astrono-mico dell’isola dove,per la prima volta, ametà ottocento è sta-to pronosticato l’arri-vo di un ciclone; e c’èanche la prima pisci-na coperta d’Ameri-ca, voluta all’epocadai gesuiti missionarispagnoli). Un’opera

notevole, entrata senza problemi nellepriorità dell’Unesco. Ma notevole non è solo il cosa si è rea-lizzato, il quanto, e con quali mezzi(realmente facendo i salti mortali, sfi-dando tutte le ristrettezze proprie diun economia ancora vittima dell’ em-bargo voluto dai paesi occidentali). Lavera perla che è oggi Belén è stata larealizzazione di un’Utopia. Il megliodell’intuizione socialista s’incontracon l’utopia cristiana che realizzò nelNuovo Mondo le famose Riduzioni.Chi ha letto la storia d’America e haapprofondito il tema delle Riduzioni(difese in un celebre scritto di fine set-

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“La cultura cristiana ha plasmatola società latinoamericana e,

nella specie, quella cubana, piùdi quanto potessimo sospettare.E al di là delle incomprensioni

e degli scontri di qualchedecennio fa, Chiesa e Stato

a Cuba stanno riprendendo aparlare lo stesso linguaggio“

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tecento, Il Cristianesimo Felice di Lu-dovico Antonio Muratori), troverà unasorprendente attualità in ciò che aBelén oggi si vive. Nelson è stato e re-sta l’anima di tutto questo.Il Progetto Belén è infatti accoglienzapreparata con tutta la cura possibileper chiunque si trovi nel bisogno. Nonè la panacea di ogni problema, maogni problema umano trova lì ascoltoe disponibilità all’aiuto, nella misuradel possibile. Que-st’attenzione a ognisingola persona trat-tata con estrema di-gnità, aiutata spessoa ritrovare la propriadignità, è i l veroobiettivo del proget-to. Ogni assistito di-venta così protagoni-sta della sua crescita,della sua vita e chia-mato a dare i l suocontributo al benecomune.Quando Mons. Juande Dios Hernadez,ausiliare della diocesie segretario generaledella Conferenza Epi-scopale Cubana, in-vitò padre MassimoNevola a organizzareall’Avana un campo con i volontaridella Lms, indicò in Belén il centro«prioritario» in cui svolgere una buo-na esperienza di servizio. «Belén è co-me un laboratorio – diceva mons.Jaun de Dios – in cui Chiesa e Gover-no lavorano insieme avendo davanti ilmedesimo obiettivo: il rispetto e il re-cupero della dignità umana. È un “se-gno profetico” che anticipa nuoveriforme sociali, è il laboratorio dove

stiamo progettando insieme il futurodella società cubana».Il restauro di Belén è dunque il restau-ro della persona umana, difesa e aiu-tata ad esprime il meglio di sé in ognifase della sua vita. Non appare un det-taglio di marginale interesse il fattoche ogni domenica mattina viene of-ferta, agli amici di Belén e a tutti gliassistiti che volessero partecipare, lapossibilità di assistere alla S. Messa.

Ancora 10 anni fatutto questo potevaapparire impossibile!È questa comunionedi ricerca che traspa-re nei fatti realizzatida Nelson e nelle pa-role che usa, parlan-do alla nostra assem-blea. La luce del suovolto e il calore mitedelle sue parole con-quistano tutti. P. Si-bilio, assistente na-zionale Cvx presentealla relazione, nell’o-melia che concludela giornata ringra-zierà con particolareemozione Nelson:«Grazie perché ci hairapito e portati alme-no per un’ora tutti

quanti all’Avana per sognare la spe-ranza». Grazie, aggiungiamo tutti noi,carissimo Nelson, perché la tua testi-monianza ha riacceso nei nostri cuoril’utopia che “un nuovo mondo è vera-mente possibile”, basta volerlo contutte le forze, confidando nell’aiuto diDio. È questa la rivoluzione in cui cre-diamo e che vogliamo vedere sempreaffermata.

Giacomo Mennuni

“Quando Mons. Juan de DiosHernadez invitò padre MassimoNevola a organizzare all’Avana

un campo con i volontaridella Lms, indicò in Belén il centro

«prioritario» in cui svolgereuna buona esperienza di servizio.

«Belén è come un laboratorio –diceva mons. Jaun de Dios –

in cui Chiesa e Governo lavoranoinsieme avendo davanti

il medesimo obiettivo: il rispettoe il recupero della dignità umana.È un “segno profetico” che anticipa

nuove riforme sociali,è il laboratorio dove stiamoprogettando insieme il futuro

della società cubana”

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CERCA LA SUA TENDA: È TRA LE NOSTRE*

E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi:e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenitodal Padre, pieno di grazia e di verità (Gv 1,14)

Accampati, siamo in questa terra. Crediamo di aver messo basi soli-de, di esserne i padroni, abbiamo qualche fazzoletto di terra e ci ab-barbichiamo come l’edera, ma è tutto provvisorio.A questa terra possiamo solo mettere tende, confortevoli, con i cana-letti per lo scorrere dell’acqua come ci insegnano gli Scout, in posti ilpiù possibile sicuri, ma chi è sicuro oggi dal terrorismo, dalla malva-gità che aguzza ogni giorno fantasia e malizia?Ebbene tra queste tende ce n’è una nuova anche quest’anno.È arrivato uno straniero, arriva proprio da un altro mondo.È una tenda come la nostra, ma diventa subito il centro di visite, di attacchi, di desideri e di improperi.La gente si divide subito in due, chi con lui, chi contro.Ma ha messo la sua tenda qui perché i suoi non l'hanno voluto.È Gesù: il verbo si è fatto carne e abitò fra noi, quall’abitò è alla lettera pose la sua tenda.Viene ad abitare la nostra povertà, non gli fanno paura le nostre intenzioni malvagie, sa che lo porte-ranno alla morte, ma spera che sicuramente questa morte sarà la risposta definitiva a chi lo vuol can-cellare, perché si trasformerà in risurrezione.È la Parola, è la comunicazione di Dio.Non è vero che Dio non parla, che ci lascia soli ad arrabattarci alla bell’e meglio.Dio si prende cura e ci viene a visitare.Condivide con noi la vita dell’accampamento.Non è un villaggio turistico in cui possiamo stringere i denti per qualche mese e poi andare altrove do-ve c’è la vera vita.No, la nostra vera vita prende forma in questa terra precisa, in questo insieme di tensioni e di proble-mi, di gioie e di dolori e qui c’è Dio, c’è colui che tutti riteniamo responsabile dei nostri mali e viene acercare di capire perché siamo così assetati di vita, e la vita è lui, e ci adattiamo alle pozzanghere; lafelicità è lui e noi la cerchiamo nello stordimento, la salvezza è lui e noi la andiamo a mendicare aglioroscopi.Il Natale presto supera i momenti emotivi, per andare alla sostanza.Belle le luci, buono il suono delle zampogne, ma la tenda Dio me la deve mettere nei miei giorni quoti-diani, nelle relazioni che costruisco con parenti e amici, nello slancio della missione.I giovani potranno finalmente vedere che le nostre parrocchie sono abitabili, proprio a partire dallatenda di Gesù?Sarebbe un segno di speranza.Ma questa speranza dove la trovo?

Mons. Domenico Sigalini

* Brano tratto da D. SIGALINI, Ho scommesso su di te! D’amore si muore, di speranza si vive. Medita-zioni per l’Avvento, Roma, Editrice AVE, 2007, pp. 109-110.

111188885555Novembre-Dicembre n. 6-2010Novembre-Dicembre n. 6-2010

Hasta domingo!Partiamo da una delle possibili fini: ve-nerdì pomeriggio del 20 agosto, «Hastanunca!» e i bambini che ci salutavanosorridendo oltre il rigagnolo di fogna ali-mentato da un tombino che zampillavaacqua verdastra di fronte all’entrata delcollegio. Dopo una settimana riempita daaltre attività, di nuovo catapultati all’in-terno dell’edificio scolastico n° 0004987San Judas, Taquila, periferia industrialeall’estremità sud di Trujillo. Sotto quellostesso cielo sporco avevamo già congeda-to una settimana prima le nostre classicon cui avevamo condiviso dieci giorni digrandissime soddisfazioni: dai giochi or-ganizzati nelle pause di ricreazione allevarie attività didattiche fino ai laboratoricreativi. Ci è sembrato come se a distan-za di una settimana si fosse già vani-ficato quel poco che eravamo riuscitia tirare su nel corso delle mattinatedi lavoro. I tempi e le programmazio-ni peruviane ci avrebbero però serba-to un’altra sorpresa: avremmo ripas-sato una nuova giornata con i ragazzila domenica seguente.

L’aula abitataQuattro tavolini e una dozzina di se-dioline per i più piccoli; una ventina

di sedie con il piano pieghevole per i piùgrandi, tutte riverniciate di marrone direcente. Quando di mattina entravamonell’aula si trovava tutto il mobilio com-pletamente cosparso di guano di passeriche avevano nidificato lungo le crepedel tetto. I vetri delle finestre erano tuttirotti o bucati: solo col passare del tem-po abbiamo scoperto che i guasti eranodovuti al lancio di pietre con le fiondeche alcuni ragazzi fanno al di fuori del-l’edificio. Per rendere l’aula agibile ab-biamo bisogno di pulirla da cima a fon-do: si fanno due squadre, c’è chi va agiocare coi bambini e chi si occupa del-le pulizie facendo attenzione a non la-sciare entrare i cani. Intanto, si raziona-no le matite, le gomme da cancellare(due per gruppo) e si rimediano un paio

VITA LEGA

Perù

Cartoline da TaquilaLa vita dei piccoli alunni della scuolina del Caef raccontata attraverso

una serie di aneddoti che restituiscono l’essenza profonda del legame che si ècreato tra la comunità peruviana e i volontari della Lega Missionaria Studenti

111188886666 Novembre-Dicembre n. 6-2010

di temperamatite. Chi fa lezione alla la-vagna si procura un fazzoletto e un ges-so: in realtà la lavagna non c’è e si scrivenel rettangolo di parete verniciato di ne-ro. Un altro si occupa dei quaderni: digiorno in giorno arrivano sempre piùragazzi e si passano serate intere a fab-bricare con loro nuovi quaderni con tar-ghetta. Si prendono due cartoncini, die-ci fogli e due fermacampioni e si metteil nome del nuovo arrivato sulla targhet-ta. La lezione adesso può cominciare. Sirestituiscono le scope e le palette aibambini che le hanno portate da casa,di seguito si nominano i volontari cherestituiscono i quaderni, ognuno puòcosì vedere le correzioni sui compiti delgiorno precedente… Quando alle dodiciterminiamo, il sole riesce a far filtrarequalche debole raggio attraverso i vetrirotti, a illuminare le sedie e i tavolismossi, la lavagna scarabocchiata, i ce-stini pieni di trucioli e di bucce di man-darino, pennarelli, pastelli, mascherecolorate e disegni accantonati. Final-mente un po’ di vita e colori nell’aulaabitata.

VisiteAll’inizio pensavamo fosse la direttricedel collegio, dato che era il primo lu-nedì di lezione a Taquila. Poi dietro

questa donna si scorge un uomocon gli occhiali scuri, un mistofra una guardia del corpo e unmaggiordomo in livrea che reggecon le due braccia uno scatolonedi cartone. Infine un uomo incamicia; dietro fanno capolino lefacce sorridenti e un po’ imba-razzate di alcune mamme. Ilcorteo entra in classe e si fissa alcentro della stanza: questa don-na indossa un tailleur elegante eha il viso tutto tirato dai lifting,

saluta noi e i bambini e presenta il can-didato sindaco alle elezioni dell’autun-no. Spuntano due fotografi che con iflash ritraggono il sindaco che porge ilprimo spuntino a un bambino, immor-talando così il suo impegno per lerealtà più disagiate. Ad ognuno spetteràuna bibita al cacao, un panino con po-modoro e formaggio e dei biscotti. Ilcandidato e la donna ridono e poi spa-riscono. Il codazzo li segue. Alcunibambini non vogliono mangiare: dico-no che si vogliono conservare la meren-da per quando ci saranno anche i lorofratelli. Altri ci chiedono stupiti perchénon ci eravamo portati niente da casa ese vogliamo uno dei loro biscotti. Dopopoco tempo le mosche hanno ricopertoogni angolo dell’aula.

Morte in riva al mareUna cosa è parlarne, un’altra è vederel’ambiente naturale completamente scon-volto dall’azione dell’uomo. Il cielo èsporco, la sabbia è annerita dallo smog edalle esalazioni delle industrie di trasfor-mazione a ridosso del collegio. Quandosiamo arrivati, nei primissimi giorni, c’e-ra la macellazione dei polli e per questoc’erano più sciami di mosche del solito aTaquila. Dalla settimana seguente abbia-mo invece visto azionarsi un mulino tre-

111188887777Novembre-Dicembre n. 6-2010

mulo e arrivare vagonate di mais da usa-re per l’allevamento di polli. Tutte questeattività si svolgono sotto la completa con-sapevolezza dei bambini che di volta involta indicano i tir e ti spiegano cosa con-tengono e dove vanno. Una volta è passa-to pure un elicottero e tutti a guardarenel cielo scuro. Almeno il mare blu con lesue onde giganti ti connette con il creato.Poi però in riva al mare abbiamo visto incorrispondenza del canale delle acquenere una sagoma lunga, grande comeuna canoa. «Una mucca!» ha detto qual-cuno, poi quando ci siamo avvicinati ab-biamo scoperto la carcassa di un leone dimare spiaggiato in mezzo a rifiuti, bustedi plastica e gli scarichi. Nemmeno il ma-re è lo stesso a tutte le latitudini. Mi sonochiesto: se per caso da bambino avessi vi-sto uno scenario simile, avrei poi forma-to nella mia coscienza un’immagine posi-tiva del mare?

L’UOMO DELLE MONTAGNEDomenica pomeriggio, ultima giornataassieme ai bambini e ragazzi di Torres edi Taquila: facciamo una attività didrammatizzazione del testo biblico sullaparabola del buon samaritano. Il padrelegge il Vangelo in castigliano, mimiamo

una possibile versione della vicenda, epoi si richiede ai ragazzi di fare lo stes-so. Per far capire chi fosse un samarita-no, il padre spiega: il samaritano è unpo’ come un serrano, uno che scendedalle montagne andine in cerca di fortu-ne nei centri della costa; all’inizio nessu-no gli darebbe nemmeno un soldo mapoi egli si scopre essere l’uomo più va-lente di tutti. Come da manuale delle di-namiche di gruppo, nessuno vuole fare ilsamaritano: gettonatissimi sono i bri-ganti che picchiano e se ne vanno, poisegue l’uomo che viene tramortito e infi-ne l’asinello di cui si serve il samaritanoper caricare l’uomo. Si attribuiscono poigli altri ruoli dei due uomini che nonsoccorrono il ferito, si trova un alberga-tore, una ragazza fa la narratrice manessuno si propone per il samaritano.Poi arriva silenzioso Rodin: è un ragaz-zo molto buono, sensibile, onesto (l’uni-co che in classe non copiava mai!) ed ècome una guida per gli altri; quando cisiamo buttati in piscina al mattino lui èstato il primo a farlo e solo dopo gli altrilo hanno seguito; fra le altre cose ha an-che tentato di insegnarmi la danza dellamarinera. Rodin lascia il ruolo dell’asinoad un altro ragazzo ancora senza ruolo,

sorride, mi strizza l’occhio e midice: «Yo soy el hombre de lasmontañas».

Una possibile continuazionePrimo giorno di accoglienza:riceviamo gassosa, biscotti ealcuni lavori fatti dai bambini.«Quiero ser grande y viajar porel mundo» scrive su una mani-na di cartoncino blu Franklin,sette anni, primo anno di pri-maria e sguardo sempre un po’triste.

Nicola Comentale

111188888888 Novembre-Dicembre n. 6-2010

C onoscerete la verità e la verità vifarà liberi (Gv 8,32): questascritta, tradotta in tante lingue,

campeggia su uno dei muri all’internodell’ex carcere politico di Sighet, oggimemoriale delle vittime del comuni-smo. Sighet e la mia personale espe-rienza in questa cittadina della Transil-vania del nord sono sintetizzati perfet-tamente in queste parole. Vi raccontoperché.Era il 20 luglio del 2001 quando sonosalito sul treno che da Napoli, insiemea Piero, Gigi, Marilisa e Francesca, ciportò a Trieste (città di partenza per laRomania), quello stesso 20 luglio nelquale venne ucciso Carlo Giuliani du-rante le manifestazioni del G8 alle qualipartecipavano anche papà, mamma,padre Rolando, Marcello, Marco e altriamici; quello stesso 20 luglio quando aRoma sul nostro treno salirono ungruppo di ragazzi con i quali stavamointraprendendo il medesimo percorso:ricordo Angelo, Gianluca, Alister, Ga-vin, Benedetta, Fabrizio, Maria e tantialtri. Da quel 20 luglio nulla è stato piùcome prima.Quest’anno, il 30 luglio 2010, ero nuo-vamente su quel treno, l’intercity 774Marco Polo da Napoli a Trieste. Stessopercorso, compagni diversi da quellaprima volta, ma sempre la stessa sensa-zione: si torna a casa. Questi dieci annidi Romania hanno rappresentato perme, insieme al mio bagaglio familiare,un percorso di approfondimento e con-

sapevolezza del mondo in cui viviamo,un cammino di messa in discussionedel mio stile di vita, del mio modo dipormi nei confronti della sofferenza,quella più vicina e quella più lontana. Etutto è stato più semplice con gli incon-tri e le testimonianze di persone comeAlex Zanotelli, Gigi Ciotti, lo stesso pa-dre Rolando e i tanti volti che ho incon-trato su questa strada di conflitto e spe-ranza, morte e resurrezione. Ed è statauna rivoluzione anche per la mia Fede,non più incatenata a sterile ritualità,ma incarnata nella preghiera e nel dia-logo costante con Cristo crocifisso, te-stimoniato proprio da quegli ultimi cheho imparato a scoprire ed amare inquesti anni.Che ci piaccia o no il sistema nel qualesiamo immersi ci nasconde la verità,perché scomoda, ingombrante e soprat-tutto perché la verità potrebbe cambia-re questo stato di cose. E la verità cheho appreso nello studio e nell’osserva-zione delle dinamiche nord-sud, è chenoi, ognuno di noi, “santo occidentale”,è complice di un sistema di morte,sfruttamento e odio. E ancora più graveè che questo occidente è lo stesso chesottolinea le radici cristiane di questacultura. Mai falsità fu più grande! Secrediamo, come ogni domenica procla-miamo nelle nostre chiese, che il nostrocredo è l’Amore, quello universale, divi-no, non possiamo più scendere a com-promessi con questo sistema. Dobbia-mo combatterlo, e combatterlo a parti-

Romania

Conoscerete la verità e vi farà liberi

111188889999Novembre-Dicembre n. 6-2010

re da noi stessi, dai nostri consumi, dalnostro modo di approcciarci alle diver-sità (religiose, culturali, etniche...). Enon è questo un grido della politica al-ternativa di sinistra, questo è il grido diquel Dio fatto carne, che ha rivoluzio-nato il modo di guardare agli altri e almondo (Mt 25, 31-46).Dunque, questa verità alla quale Sighetmi ha aperto, è la stessa verità di Napo-li, delle periferie delle nostre grandicittà, è la stessa verità della Bosnia, delPerù, di Cuba e una verità per questomondo, che continua a degradare nelsilenzio e nella strafottenza dei più, so-prattutto, e ancora più colpevolmente,di chi si dice cristiano. Questa veritàevangelica, questa verità di Amore, cirende liberi, perché distrugge la catenadei falsi miti del potere, del denaro, del-l’egoismo, del razzismo etc.Sighet e la sua verità ci pongono, quin-

di, di fronte a una scelta: restare incate-nati o liberarci, rendere liberi e aiutarea (auto)liberarsi, continuando a procla-mare la verità a chi ancora ne è lonta-no. Se è vero, come è vero, che «il cam-po comincia una volta tornati a casa»(come ci hanno sempre detto Massimoe Vitangelo), allora abbiamo il doveredi vivere e sperimentare quel cambia-mento radicale, a cui siamo chiamati,nella nostra vita quotidiana: accoglien-do lo straniero nelle nostre città, rico-noscendo cosa nel nostro stile di vitadanneggia altri esseri umani in altreparti del mondo, lavorando per la giu-stizia e facendo in modo, così comefacciamo durante queste piccole azioniestive, di ridare dignità agli esseri uma-ni tutti riconoscendoli come persone esoprattutto come persone Amate. Insie-me possiamo.

Luigi Salvio

La vecchia stazione ferroviaria di Sighet.

111199990000 Novembre-Dicembre n. 6-2010

C’ è un giardino a Sighet inestate: è quello del Camin deBatrani, la casa-ospizio degli

anziani e dei disabili della città. Non èopportuno fare del facile folklore suquesto giardino così particolare, anzibisogna guardarsene bene perché que-sto è un luogo di disagio e di dolore.Di varia natura può essere l’incontroche si concretizza con gli ospiti di que-sta casa: dall’anziano solo alla personaancor giovane che, disabile di mente,ripete incessantemente la stessa parola,magari il nome di una città, e sembraricavare da questo una sua felicità inte-riore che condivide con l’interlocutoredi turno. C’è poi la difficoltà, piena distruggimento e di partecipazione co-struttiva, di avvicinarci a coloro che,anziani o meno, si trovano ancora nelleloro facoltà mentali, più provati da in-fermità fisiche e motorie, magari co-stretti sulla sedia a rotelle. Qui bisognamettere in gioco tutta la volontà di cuisi dispone per parlare con loro la linguaromena, per entrare con semplicità nel-le loro argomentazioni, di carattere ge-nerale e personale.

Scopriamo così, grazie a questa piccolafatica, tutto un mondo di opinioni, diaffettività e di voglia di conoscere e diconoscersi che si avvicina al calore del-l’incontro più vero. E questo lo devoestendere a tutti e a ognuno, nessunoescluso; questa del resto è la mia espe-rienza. Sì, perché questi fratelli hannouna caratteristica straordinaria che, de-vo dire, è in grado di farci riflettere ecomunicarci qualcosa di formidabile:quando viene loro rivolta la domandadi prammatica: «Come stai?», ognunodi loro, con un sorriso, risponde: «Be-ne». Inequivocabilmente! Anche coloroche sono labili di mente si illuminanoper dire «Bine» o addirittura «Mai bi-ne». Sembra non aspettino altro che dipoterlo dire! Ora, si dà il caso che que-sto sia un nodo per me, che mi dà mol-to da pensare: per come sono fatta, ri-spondere «Bene!» alla semplice doman-da «Come va?» significa sentirmi, peristinto, in diritto di soppesare i pro e icontro, in uno sforzo di ricapitolazionefaticosa di un bilancio che per forza, inogni momento, deve risultare ampia-mente in attivo, costi quel che costi.

Com’è lontano il buon senso delcuore donato con semplicità inun incontro con il prossimo chediventa subito amico e che sisente sempre sempre e sempreaccolto! È lontano migliaia dichilometri, come quelli che lanostalgia ti fa contare quanto ri-pensi a un certo giardino d’esta-te, sconosciuto ai più, casa sì disofferenza ma dove si sta «be-ne»!

Elena Fratini

Il giardino d’estate

111199991111Novembre-Dicembre n. 6-2010

STUDIO

Titolo Autori Mese Pag.

HAITI. Prima e dopo il terremoto M. Camaioni, F. Kawas S.I., GEN-FEB 3C. Vosa.

Economia e benessere: alcune novità dalla Caritas in veritate L. Becchetti, S. Semplici MAR-APR 35In Cina sulle orme di Matteo Ricci G. Gelosi, G. Marelli, D. Padalino MAG-GIU 70IN MISSIONE CON MADRE TERESA R. Cantalamessa, M. Nevola S.I., LUG-AGO 100Schemi per la preghiera personale e la condivisione comunitaria Angelo Stella S.I.

CONVEGNO NAZIONALE LMS-CVX 2010 A. Bartoli, C. Ceretti, N. Comentale NOV-DIC 163Andate in tutto il mondo e annunciate il Vangelo… (Mc. 16,15). Missione e missioni

GENTES - Indice generale 2010EDITORIALE

Titolo Autori Mese Pag.

Haiti Massimo Nevola S.I. GEN-FEB 1Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Massimo Nevola S.I. MAR-APR 33Matteo Ricci Massimo Nevola S.I. MAG-GIU 67Teresa di Calcutta Massimo Nevola S.I. LUG-AGO 99Un altro anno di campi missionari. Alla ricerca del tesoro evangelico Leonardo Becchetti SET-OTT 131E pose la sua tenda in mezzo a noi Massimo Nevola S.I. NOV-DIC 161

INVITO ALLA PAROLA

Titolo Autore Mese Pag.

I piedi del risorto Tonino Bello MAR-APR 48La mia vita appartiene a voi. La comunità cristiana di fronte all’esempio di Oscar Romero Don Gianni Cesena MAG-GIU 84e degli altri martiri missionariCerca la sua tenda: è tra le nostre Domenico Sigalini NOV-DIC 184

MISSIONE E SOCIETÀ

Titolo Autore Mese Pag.

Rosarno: accoglienza o rifiuto? Gianluca Denora GEN-FEB 18Il ricordo. I padri Michele Catalano e Angelo Stefanizzi, missionari in Sri Lanka e amici – GEN-FEB 21della LmsLavoro, successo e felicità. Un dibattito con Jovanotti nella cappella universitaria della Sapienza Matteo Di Nicola GEN-FEB 22Il libro. Sangue e vita, la fedeltà fino alla fine di Ignacio Ellacuria e dei gesuiti martiri del Salvador Elena Fratini GEN-FEB III cop.Nuove tecnologie sì, ma come usarle Caterina Nitti MAR-APR 50Il film. La bocca del lupo, un viaggio d’amore nella Genova fosca ma densa di speranza Elena Fratini MAR-APR III cop.dei dimenticatiLotta alla mafia, a che punto siamo? Laura Coltrinari MAG-GIU 85L’uomo al centro dell’economia globale. Una conferenza organizzata a Roma dal Magis Maurizio Debanne MAG-GIU 91

111199992222

INDICE

GENTES – Indice generale 2010 NOV-DIC 191

VITA LEGA

Titolo Autore Mese Pag.

Risonanze su Cuba Don Bartolomeo Puca GEN-FEB 25Romania. Diario dall’impresa della cura Leonardo Becchetti GEN-FEB 28L’amore in un cucchiaio, la gioia di un semplice multumesc Michele Viganò GEN-FEB 30La Lms e il popolo di Cuba: un’amicizia che si rafforza Daniele Di Desidero MAR-APR 53Sighet d’inverno. Volti e storie di una missione che ti cattura il cuore Sara Torasso MAR-APR 56LMS. Progetto Speranza 2010. Campi estivi di solidarietà – MAR-APR 59La cena solidale Lms a Napoli Pasquale Salvio MAG-GIU 92SPECIALE CAMPI ESTIVI 2010 SET.-OTT. 134BOSNIA

– 1997-2010: la Bosnia della Lega Missionaria Studenti– I colori del multiculturalismo e la pace indifferente– Un colombiano in Bosnia

CINA

– Di nuovo a Pechino per accarezzare i piccoli fiori della Cina– Un campo missionario per giovani aborigeni a Taiwan

CUBA

– Il dono della gratuità nell’isola abbandonata

PALERMO

– “Il tempo dei gitani”. Un seminario sui Rom

PERÙ

– Storie di giorni color Esperanza– Guardarsi negli occhi dei bambini per conoscersi davvero– “Tu, Mio”: il Perù tra realtà e le pagine di un libro

ROMANIA

– Sighet 2010– La stanza dei segreti– Il reparto paradossale

Cartoline da Taquila Nicola Comentale NOIV-DIC 185Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi Luigi Salvio NOV-DIC 188Il giardino d'estate Elena Fratini NOV-DIC 190

Novembre-Dicembre n. 6-2010

Raffaele MagroneCaterina NittiRommel Garcia

Nicoletta GalisaiEmilio Zanetti S.I.

Don Bartolo Puca

Alessio Farina

Gabriella QuadratoLuigi BertoneTiziana Casti

Giacomo MennuniAlessio FarinaFrancesco Salustri

IL PROGETTO QUADRIFOGLIOSighetu Marmatiei, Str. Alexandru Ivasiuc 24 Roma, Via M. Massimo 7

La StoriaIl “Progetto Quadrifoglio” nasce nell’estate 2001 a Sighet, città della Transil-

vania settentrionale, per rispondere a due gravi emergenze presenti oggi in Romania: i bambini orfani o abban-donati (che spesso vivono per strada e dimorano nei canali fognari) e la prostituzione minorile. L’iniziativa nonparte da una riflessione a tavolino, ma è frutto di numerosi viaggi e campi di condivisione vissuti negli ultimi seianni, nei quali, amaramente, abbiamo constatato il progressivo e continuo degrado delle condizioni sociali. Delprogetto, sostenuto dall’omonima associazione, fanno parte soci appartenenti a quattro consistenti realtà asso-ciative: il M.A.G.I.S. (ONG dei gesuiti italiani), la ONLUS “Aiutaci a Vivere” (professionisti napoletani); il Ce.Na.G.(Comunità di Vita Cristiana, la Lega Missionaria Studenti e il Movimento Eucaristico Giovanile) e la ONLUS “Popì-ca” (universitari e giovani professionisti romani). Il nostro principale obiettivo è il recupero affettivo, l’educa-zione e la formazione intellettuale dei bambini meno abbienti al fine di inserirli, giunti alla maggiore età, comeprotagonisti della propria esistenza, nel mondo sociale e lavorativo rumeno ed europeo, mediante l’apertura distrutture di accoglienza.

Le Case FamigliaDal settembre 2002 all’ottobre 2006 sono state aperte trecase – famiglia. In esse sono stati accolti complessiva-mente 33 bambini dai 3 ai 18 anni. In entrambe le case ab-biamo creato un vero ambiente familiare, con un papà eduna mamma che costantemente vivono con i bambini,coadiuvati da un équipe di psicologi, educatori ed assi-stenti sociali. I risultati raggiunti e le incessanti richieste diaiuto, ci incoraggiano ad andare avanti, garantendo stabi-lità a queste strutture nelle quali speriamo di poter acco-gliere ancora altri 6/7 bambini. Ma tutto ciò ha dei costi. Ilbudget necessario per la gestione di ogni singola casa fa-miglia è di 45 mila euro l’anno. Attualmente i finanzia-menti ci giungono principalmente da offerte di benefattoriprivati e dagli amici delle quattro suddette associazioni.Sono in atto tentativi per ottenere dall’UE sovvenzioni per la formazione delle équipe educative. Gli obiettivi so-no importanti, le aspettative tantissime; con l’aiuto del Signore e di tante persone di buona volontà siamo certiche potremo costruire grandi cose. “In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questimiei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Mt. 25,40

ContattaciResponsabili del progetto:P. Massimo Nevola S.I. - Via M. Massimo, 7 - 00144 Roma (Italia) - Tel. +39.06.54.39.61 – cell. 329.94.60.717 -Fax +39.06.591.08.03 - e-mail: [email protected]. Vitangelo Denora S.I. - c.so Siracusa, 10 – 10136 Torino - Tel. 011357835 – cell. 3404181349 - e-mail: [email protected]

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Volontari in visita alla casa-famiglia “Il Quadrifoglio”

BuonNatale

BuonNatale

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