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ANDROPOS IN ThE W RLD
Koinotes
ANNO VI N.RO 8
del 01/08/2011
NNUUMMEERROO SSTTRRAAOORRDDIINNAARRIIOO
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SSEELLEEZZIIOONNEE DDAALLLL’’OOPPEERRAA
ùù
FRANCO PASTORE
.
Andropos in the world
Edizioni
Andropos in the world
Presentazione Tradurre da una lingua non è cosa semplice e
soprattutto, come in questo caso dalla lingua latina
perché si tratta di una lingua classica caratterizzata
dalla concinnitas (cioè, da simmetria ed equilibrio
con andamento ipotattico, con molte figure retori-
che (anafore, climax, antitesi, enumerazioni, omo-
teleuti ecc.). Oserei dire che il compito di Franco
Pastore si presentava quanto mai arduo, soprattutto
per poter trasferire nel dialetto napoletano
(preferisco lingua napoletana) il testo di Fedro. Del
resto se si pensa alla favola del cane ingordo –
canis per fluvium - che il Pastore traduce con „o
cane strunze siamo di fronte alla resa piena del
concetto di stultus, sciocco perché nel napoletano
tale aggettivo si riferisce ad un tipo di persona da
niente, da non prendere in alcuna considerazione
perché è una nullità. Ed ecco perché tante
espressioni contengono tale aggettivo come: 'e
voglia 'e mettere rum, chi nasce strunz' nun po'
addiventà babbà. - chi nasce tondo non può morire
quadrato.
Ma preliminarmente in merito a quest‟ultimo
lavoro di Pastore bisogna che si rifletta sulla
funzione letteraria delle traduzioni. Le traduzioni
dalle lingue al dialetto finiscono in sostanza per
essere un elemento indispensabile per l‟elevazione
linguistica e letteraria del dialetto. Spesso
considerato subalterno alla lingua nazionale e quasi
come una sorta di corruzione di essa. Come
all‟epoca della polemica tra classicismo e roman-
ticismo le traduzioni costituiscono in effetti la
garanzia indispensabile per far emergere definiti-
vamente il dialetto nell‟ambito della letteratura.
Pasolini anni orsono con senso di polemica parlava
di “traduttori dialettali”, perché si mantenevano sul
piano del folclore, senza elevarsi a quello della
cultura. La traduzione dialettale di testi composti in
una lingua nazionale o classica (greca e latina), non
è per essi una sorta di traslazione da una lingua
all‟altra, ma una sorta di divertimento, dunque la
dignità letteraria del dialetto è a priori esclusa.
Tutto ciò non avviene affatto nel testo di Pastore
perché egli sa conservare la freschezza, la verve
del testo fedriano come si può arguire comparando
il dialetto con il latino. E dunque la traduzione qui
in napoletano non abbassa il livello letterario del
testo originario, ma lo ricrea ( e ce fa arricria) dal
suo punto di vista dello stile, in una altra
dimensione letteraria.
E quindi sono giustificati certi termini un po‟ forti
che riccorono nella traduzione di Pastore, che non
potevano mancare, perché l‟espressione napoletana
è costellata di parole come: casìno, cazz‟, fesso,
séga, „mpaccessa, bidone. E poi notate come viene
reso magistralmente la irrefrenabile fame della
volpe che tenta di prendere dell‟uva da un
pergolato: „na dìe „e famme (ovvero un‟insabiale
appettito).
Ottimo ci appare il saggio introduttivo che
parte dal significato etimologico di fabula, dal suo
autore greco Esopo e sino a Fedro che fu già, a suo
modo, un traduttore sapendo trasferire nei senari
nei giambici i versi greci.
Ne emerge un lavoro simpatico, divertente,
ma affatto privo di grande attenzione al testo latino,
che non è mai forzato, anzi la bellezza della lingua
napoletana ci consente qui di apprezzare, grazie al
Pastore la vis e la morale intrinseca sempre attuale
in un mondo in cui si tende sempre più ad apparire
piuttosto che ad essere. E sempre parliamo in un
mondo dove vediamo i vizi altrui e non i nostri
perché stanno nella parte posteriore della bisaccia
che Iuppiter imposuit nobis.
Alberto Mirabella, saggista
ù
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(Lupus et agnus)
“…„O lupe vevéve „a coppe „e l‟agnelle, un poco più lontano, veveve
„a sotte… “
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Andropos in the world
Praefatio
Se si scorre l‟ampia produzione poetica,
narrativa, saggistica, teatrale del Nostro si nota una
sua costante attenzione all‟infanzia e alla
fanciullezza.
Anche questo lavoro s‟inserisce nel suo
panorama magistrale pur occupandosi non più di
fanciulli ma di giovani, essendo transitato alle
scuole secondarie di 2° grado.
Ne deriva che se da un lato notiamo una certa
saudate per i fanciulli che ha lasciato, dall‟altro il
MAESTRO è ancora presente nel Professore e lo
porta, al di là della disciplina che insegna, ad
educare con la favola la quale, si sa , risum movet
prudenti vitam consilio monet.
La favola, infatti, è stata per secoli il modo più
usato per insegnare comportamenti morali ai
bambini, anche se nel „700 con Rousseau si capì che
essa era stata creata per gli adulti che meglio
possono capire il messaggio e apprezzare il mezzo
linguistico della satira o dell‟ironia.
Ma il pregio maggiore, a nostro parere, sta non
solo nell‟aver riproposto la favola in un‟epoca
informatizzata e tecnologica, quanto di averla
“sposata” felicemente al dialetto, aspetto originale e
pedagogicamente valido.
Egli è dunque un poeta che si esprime in
dialetto e non un poeta dialettale. E il dialetto, si sa,
è l‟espressione del popolo, un‟espressione ricca,
colorita, plastica, sonora e, come nel nostro caso,
raggiunge le altezze dell‟arte collocando il Nostro
accanto ai grandi della letteratura partenopea.
. Arricchiscono il lavoro una concettosa
premessa sulla favola e le immagini a corredo.
Renato Nicodemo
Praemissa
L‟etimologia di "favola" implica la fusione di termini
appartenenti a differenti lingue antiche: il vocabolo
deriva dal latino "fabula", che, a sua volta, lega con il
verbo latino "fari“, e dal greco "jemi", entrambi col
significato di "dire, parlare, raccontare". Termini che
trovano la loro origine nell'antica radice indoeuropea
bha. L'etimologia ci dimostra, in maniera indiretta,
quanto antica sia questa forma letteraria, e come si
incunea negli usi e costumi di popoli che amavano
trasmettere alle nuove generazioni abitudini,
costumanze e credenze popolari. Questo genere
letterario è di origine popolare ed annovera tra i suoi
maggiori autori ed iniziatori il Greco Esopo (VII secolo
a. C.) ed il latino Fedro (I secolo d. C.).In questo contesto
si colloca la favola greca con Esiodo e in seguito
compare soprattutto nei poeti giambici come Archiloco
e Simonide, in Aristofane, Erodoto, Platone, Aristotele ed
altri ancora. Nella letteratura greca la favola comparve
sempre a descrivere, con atteggiamento critico, il mondo
e a dare esempi, alla stessa stregua del mito e
dell'aneddoto per narrazioni semplici.
Fin dal V secolo d.C. si iniziano ad attribuire, con
una certa frequenza, ad Esopo alcuni di questi racconti,
e questa qualificazione di "logos di Esopo" servì a
definire ciò che oggi chiamiamo favola, e ciò che
intendevano, con tale parola, i compilatori di raccolte a
partire dal Falereo. Coltivata da poeti satirici, la favola si
originò, come avvenne per la satira (da LANCS
SATURA) nelle feste popolari, ove predomi-navano
libertà di parola ed ironia.
Demetrio Falereo non fece altro che riportare favole
di scrittori anteriori, trascrivendole in prosa, secondo
schemi semplici e ripetitivi.
Esiodo fu Uno dei principali favolisti Greci della
Boezia, ove trascorse tutta la sua vita, coltivando il
podere ereditato dal padre. La sua figura è avvolta dalla
leggenda; ma la tradizione lo vorrebbe vincitore in una
gara poetica perfino su Omero, al quale fu sicuramente
posteriore. Oltre a un numerose opere, di dubbia
autenticità, fra cui Lo scudo, in cui viene descritto lo
scudo d‟ Achille, sotto il suo nome ci sono giunti due
grande poemi: la Teogonia, e Le Opere e i Giorni.
In precedenza ci eravamo soffermati sull‟origine e lo
sviluppo della favola; ora ci potremmo chiedere la
provenienza della favola greca. In realtà, pur non
negando l‟originalità dei testi Greci, oggi, si può
affermare con sicurezza che su di essi esercitò la sua
influenza la favola mesopotamica e, con ogni
probabilità, un'influenza analoga dovette esercitarla
quella indiana. Già si trova una favola usata come
esempio, nelle Istruzioni di suruppak sumere ( ca. 2500
a.C.), e ci sono altre attestazioni e proverbi animali
sumeri.
(Mus rusticus et mus urbanus)
“ …vieni con me in città, dove c‟è vita, con la qualità !”
Andropos in the world
Altri esempi provengono dalla letteratura Accade, Assira
e Neobabilonese. Vi è, tra l‟altro, uno stretto
parallelismo, nell'uso della favola, in Esiodo e nei suoi
continuatori, come nel Mahabbarata indiano. La favola
mesopotamica proliferò all'interno della letteratura
sapienzale, che pare abbia influìto su Esiodo ed, in
seguito, attraverso Akhikar, su Esopo . Ma, al tempo
stesso, è all'origine delle raccolte indiane come il
Pancatantra nelle quali, entro una cornice che vede un
personaggio esporre alcuni avvenimenti e chiedere
consigli ad altri, si narrano storie e favole di genere
diverso. Il "Romanzo di Esopo", un libro popolare del V
secolo a.C. (che Erodoto aveva letto) secondo il quale il
favolista sarebbe stato uno schiavo frigio fuggito: dopo
varie avventure e peregrinazioni in Oriente fu condan-
nato a morte a Delfi, sotto la falsa accusa di furto
sacrilego.
Ad Esopo, già alla fine del V secolo, si attri-
buivano un certo numero di favole, la cui popolarità è
attestata da Aristofane e da Plauto. All'epoca, le favole
di Esopo costituivano una delle prime letture scolastiche.
In seguito, esse furono continuamente variate ed
arricchite. A noi sono giunte circa 500 favole, frutto di
redazioni diverse tra il I secolo e il XIV secolo, derivanti
anche da raccolte antiche. Tra queste raccolte antiche, la
prima di cui si conosce l'esistenza è quell‟opera di
Demetrio Falereo (siamo nel -IV secolo). La struttura
della favola di Esopo è semplice: i protagonisti sono gli
animali, la narrazione è breve, lo stile semplice ed
efficace, il fine è l'insegnamento morale, il riferimento
è la vita quotidiana. Questa tipologia rimarrà prati-
camente inalterata attraverso le varie rielaborazioni, nel
corso dei secoli. La morale delle favole di Esopo è
efficace ed incisiva nella sua semplicità, disarmante e
categorica nel respingere ogni forma di prepotenza e di
attacco alla libertà individuale, nel pieno rispetto della
univer-salità del diritto e nel difendere, sia pure in
forma elementare, la giustizia . A Roma, la presenza di
favole ci è stata attestata fin dai primi tempi della
Repubblica: Livio e Dionigi di Alicarnasso ci ricordano
quella famosa di “Menenio Agrippa ”. Tuttavia, per la
mancanza di testi satirici dell'età arcaica è impossibile
dire in che proporzione la tradizione Esopiana fosse
penetrata in Ennio e Lucilio, nelle cui opere è attestata
la presenza di elementi favolistici. Di "fabellae
animales" ci parla Orazio, che, diversi spunti favolistici
presenti nelle Satire e nelle Epistole ci dà un valido
saggio di favole. Fedro fu il primo tra i poeti
dell‟antichità che concentrò, nella favola, tutta la pro-
pria attività poetica, ma riuscì nel complesso più
moralista che poeta; e per quanto dichiari nel proemio
del I libro di derivare gli argomenti dall'antico Esopo,
introduce, a cominciare specialmente dal secondo dei
suoi cinque libri, tra le favole di soggetto animalesco,
aneddoti storici e di vita contemporanea.
Petronio ed Apuleio, poi non disdegnano il ricorso
alla favola. L' elemento caratteristico delle favole di
Fedro è l‟antitesi che si oppone alla tesi consolidata:
( tesi ) i maschi delle capre, in eterna rivalità con le
femmine della loro specie, hanno la barba; ( antitesi )
anche le femmine vogliogliono la barba. Al sommo
della gerarchia, Giove, non può appianare le differenze
naturali tra i vari individui o gruppi sociali, ma, alla
fine… l'azione, fittizia, è rispettosa delle leggi fon-
damentali di natura e richiama il confronto con il
mondo reale degli uomini.
Troviamo, infatti, in quest‟ apologo: la vanità
femminile e la paura dell'uomo di perdere qualsiasi
connotato di appartenenza al sesso forte. Fedro
certamente destinava le sue favole a un pubblico di
lettori pronti ad accogliere i consigli e capaci di
emettere un giudizio sincero quindi costituito da
uomini che erano in grado di elevarsi dalle bassezze
umane. Egli, tuttavia, é eternamente pessimista e crede
che non sia possibile cambiare l'uomo,
né tanto meno la società; il suo è un
mondo estremamente realistico, nel
quale la sincerità è impossibile, l'ami-
cizia è una pura utopia et necesse est
difendersi da soprusi di ogni genere.
Segue il testo originale:
Barbam capellae cum impetrassent ab Iove,
hirci maerentes indignari coeperunt
quod dignitatem feminae aequassent suam.
"Sinite", nquit, "illas gloriam vana frui
et usurpare vestri ornatummuneris,
pares dum non sint vestrae fortitudinis".
Hoc argumentum monet ut sustineas tibi
habitu esse similes qui sint virtute impares.
Le capre, avevano ottenuto la barba da Giove, i
caproni allora s‟indignarono, deplorando che le
femmine avessero raggiunto una dignità pari alla loro.
"Lasciate che godano di una gloria vana", disse Giove,
"e che si approprino delle insegne del vostro grado,
purché non vi siano pari in forza".
La favola mantenne la sua popolarità nel corso dei
secoli, e fece illustri proseliti, dal “ La Fontaine"
(1621-1695), al "Trilussa” (1871- 1950) ed a "Carlo
Emilio Gadda" (1893- 1973).
L’autore
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Andropos in the world
Aesopus auctor quam materiam repperit, hanc ego
polivi versibus senariis.Duplex libelli dos est: quod
risum movet, et quod prudenti vitam consi-lio monet.
Calumniari si quis autem voluerit, quod arbores
loquantur, non tantum ferae, fictis iocari nos
meminerit fabulis.
Phaedrus
Prologo
Esopo l‟ha „nventàte
Ìe l‟agge ripigliate,
„nu pòche pe‟ fa rìre
„e „nu pòche pe‟ fa penzà.
No! Nu‟ me criticàte
si parle „st‟animale,
„o chill‟àte,
stamme „a pazzià,
so‟ racconti „nventàti.
Ce rivulgìmme „a ggénte,
un po‟ alla buòna
„e nu pòche malaménte,
senza superbia
e senza filosofia,
indicànne sulamente:
„a bbòna via.
Andropos in the world
Traduzione dal vernacolo – Vedendo un ladro che contraeva matrimonio, esopo raccontò questa favola: come le
rane seppero che il sole era sul punto di prender moglie, fecero rivoltare il mondo intero. Quando Giove sentì tutto
quel baccano, chiese il motivo di tanta animosità. Le poverette, allora, tristi ed adirate, gli risposero con
preoccupazione:« Se un solo sole asciuga l‟acqua del nostro pantano e crea problemi in tutto il mondo, cosa
succederà, quando questi avrà dei figli?»
Lexicon necessarium:
Arrevutà: misero a soqquadro
Mmuina: chiasso, alterazione di moina, dal fr. “mine”.
„Ntribulàte: angustiate, come chi ha passato un guaio.
Scure: di pessimo umore, adirate, contrariate.
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Ranae ad Solem
Vicini furis celebres
vidit nuptias Aesopus,
et continuo narrare incipit.
Uxorem quondam. Sol
cum vellet ducere,
clamorem ranae
sustulere ad sidera.
Convicio permotus
Quadri Iuppiter
causam querellae.
Quaedam tum stagni incola:
“Nunc' inquit 'omnes
unus exurit lacus
cogitque miseras
arida sede emori.
Quidnam futurum est
si (ille) crearit liberos?“
________________________
Phaedrus – liber primus - VI
„E RANE E „O SOLE
Vedènne „nu mariuòlo
ca se spusàve,
Esopo sta favulella raccuntaje:
Comme sapèttere „e rane
che ‟o sòle
stéve pe‟ se spusà
tutt‟‟o munne
facèttere arrevutà.
Quando Giove
sentètte „sta mmuìna,
chiese „o mutìve
„e tutto „stò casìno.
„E puverèlle,
scure „e ntribulàte,
gli rispunnettere
tutte preoccupàte:
- Si ùnu sole a nuie
ci assécca l‟acqua
„e dìnt‟ò mùnne
fa „nu parapìglia,
che càzze succede
si chìste fa „e figlie?
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Andropos in the world
Traduzione dal Vernacolo – La libertà era troppo bella, tanto che ognuno faceva i comodi suoi tranquillamente.
Gli Ateniesi, invece di darsi una regolata, elessero loro capo un tiranno che, in breve tempo, li inquadrò e li
mortificò con leggi ingiuste e severe. Ad Esopo non romase che raccontare questa favola: Le rane che vivevano in
grande libertà chiesro a Giove un re severo, che mettesse un poco di ordine nella loro vita sociale. Giove, pensando
che facessero una gran confusione tra il concetto di libertà e quello di dittatura, diede loro un re travicello. Ma le
rane, avendo compreso che quel re non era tale, ritornarono da Giove, per chiedere un vero re. Il dio si alterò e mese
nello stagno un serpente lungo e nero, che incominciò a divorarle. Allora tornarono dal dio per chiedere pietà, ma fu
tutto inutile.
Lexicon necessarium:
schifezzèlla: irregolarità, azioncella disonesta.
mazze a roccoco‟: le punì ben bene.
„ncazzelluse: facilmente soggetto all‟ira.
Aròppa: dopo.
Ranae regem petierunt
Cum Athenae florent aequis legibus,
procax libertas civitatem miscuit et
licentia solvit pristinum frenum. Hic, cum
factionum partes conspiravissent, arcem
tyrannus occupat Pysistratus. Cum Attici
tristem servitutem flerent et gemere
coepissent, Aesopus talem tum fabellam
narravit: - Ranae vagantes liberis
paludibus, clamore magno regem petierunt
a love, ut dissolutos mores vi compesceret.
Peter deorum risit atque ranis dedit
parvum tagillum, quod subito vadi motu
sonoque pavidum genus terruit. Cum
ranae mersae limo diu-tius iacerent, forte
un tacite e stagno caput extollit et, cum
exploraverit regem, cunctas evocat. Cum
inquinavissent parvum tigil-lum omni
contumelia, petierunt a Iove alium regem
quoniam erat inutilis qui datus erat. Tum
Iuppiter misit hydrum qui, dente aspero,
ranas corripuit. Furtim igitur dant
Mercurio mandata ad Iovem, ut adflictis
succurrat. Tunc contra deus: " Quia
noluistis vestrum tolerare, inquit, bonum,
ma-lum tolerate!. Vos quoque.
O cives, Aesopus dixit, tyrannum
sistinete, ne maius veniat malum”.
_____________________
Faedrus – liber primus - II
„E RANE VONNO „NU RRE
„A libertà era troppe bella:
ognùno se faceva „a schifezzèlla
„e invece „e se dà „na regolata
gli Ateniesi facèttere „a frittàte:
mettère ncàpe „a loro „nu ricchiòne,
che in poco tempo „e facètte pecurùne.
Quànne capèttere „o sbaglie,
nu‟ nce fu niénte „a fa‟
„e sùle „sta favulélla è putette cunzulà:
„E rane ca zumbavene nda‟ palude
„e vivevene in tutta libertà,
dissero a Giove: chìste è „nu casìne
dacci „nu rre‟, ca ci adderìzza „e rìne.
„O puverièlle se mettètte „a rire
„e nce dètte „nu re senza sustanza,
penzànne: chìste fanne confusione,
tra libertà e rifondazione.
Ma „e fèsse, „na vota ca capéttere
ca „o re „o tenevene sòtte „o père,
turnàjene „a dumandà nù rre ovère.
Allora il padre degli dei si scocciò
„e „nce facètte „nu mazze „a roccocò:
ndà l‟acqua ca era calma „e liscia,
„nce schiaffai „na nera e lunga biscia.
Fernètte „a pace e la serenità,
a Giove, a ròppe, chiedettere pietà,
ma chìlle ca ere ncazzellùse
dicette: Vulìsteve „o cetrùle
„e mo stateve accorte stu pertuse.
Andropos in the world
Traduzione dal vernacolo – Chi vuole il male degli altri, il suo è gia in arrivo esiste una sorta di rivalsa,
nella dinamica delle cose. La volpe invitò a pranzo una cicogna e le mise avanti un piatto di brodo. Quest‟ultima,
nonostate gli sforzi noltevoli, non riuscì a prenderne una sola goccia. Quando fy la volpe ad essere invitata dalla
cicogna, ebbe ricambiata la cortesia: non riuscì a recuperare nemmeno un pezzetto, del pesce infilato nel collo di
una bottiglia. Allora, disse la cicogna all‟ospite sgradita: - Ognuno ha quel che si merita: tu offristi a me del brodo
ed io, grazie all‟espediente della bottiglia, ti ho fregato!-
Lexicon necessarium:
Zucaje: succhiò
„Ncastagnate: incastrato, preso.
Veverule: liquida, da bere a iòsa.
T‟agge mise … : ti ho fregato.
Vulpes et Ciconia
Nulli nocendum,
si quis vero laeserit,
multandum simili iure
fabella monet.
Ad cenam vulpes dicitur
ciconiam prior invitasse,
et liquidam in patulo marmore
posuisse sorbitionem,
quam nullo modo gustare
esuriens potuerit ciconia.
Quae, vulpem cum revocasset,
intrito cibo plenam
lagonam posuit;
huic rostrum inserens
satiatur ipsa
et torquet convivam fame.
Quae cum lagonae collum
frustra lamberet,
peregrinam sic locutam
volucrem accepimus:
'Sua quisque exempla
debet aequo animo pati'.
__________________________
Phoedrus – liber primus - XXVI
‘A VOLPE E ‘A CICOGNA
Chi vò o male ‘e ll’ate, ‘o suòie sta arrète ‘a porte, c’è sempre la vendetta della sorte. ‘A volpe ‘nvitò ‘a pranzo ‘na cicogna ‘e ce mettétte annànze nu piàtte ‘e bròde. Pe’ quanta sfuòrze facètte ‘a puverèlle, nu’ne zucàie manche ‘na lacrimèlle. Quànne cagnàve ‘a scèna e fu essa ‘nvitàta, ‘a volpe rimanètte ncastagnàta: niénte pigliàje ‘e chèlle meravìglie, nfilàte ndò cuòlle ‘e na buttìglie. Disse ‘a cicògna all’ospite sgradita: -Ognùno àdda cògliere, rassegnato, tutte chélle che prima ha seminato: Tu me mettìste ‘o bròdo ‘a veverùlo, ìe, ca’ buttìglia, t’àgge mìse ncùle!-
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Andropos in the world
Traduz. dal vernacolo: Il lupo e l‟agnello che avevano una gran sete, si portarono nei pressi di un fiume, per fare
una bella bevuta. Il lupo beveva a monte e l‟agnello, un po‟ più distante, beveva più giù. Il lupo che aveva deciso di
divorarlo: -Tu mi sporchi lò‟acqua!- Gli disse ad un tratto. -Come te la sporco - rispose il poveretto - se il fiume
scorre da te a me?- - Per tua madre, ascoltami bene, disse il lupo, sei mesi fa, parlasti male di me!- - A quel tempo
non ero ancora nato!- -on m‟importa, ti mangio ugualmente…- E senza pensarci due volte, se lo trovò divorato.
Questa favola e scritta per coloro che senza alcun motivo opprimono i più deboli.
Lexicon necessarium:
S‟ „o vuléve fotte: aveva l‟intenzione di divorarlo.
Vevutella: piacevole e dissetante bevuta.
Acchiappe: afferrare.
Lupus et agnus
Ad rivum eundem
lupus et agnus venerant,
siti compulsi.
Superior stabat lupus,
longeque inferior agnus.
Tunc fauce improba
latro incitatus iurgii
causam intulit;
'Cur' inquit 'turbulentam
fecisti mihi aquam bibenti?'
Laniger contra timens
“Qui possum, quaeso, facere
quod quereris, lupe?
A te decurrit ad meos
haustus liquor”.
Repulsus ille veritatis viribus
“Ante hos sex menses
male' ait 'dixisti mihi'.
Respondit agnus 'Equidem
natus non eram”.
'Pater hercle tuus' ille inquit
'male dixit mihi;
atque ita correptum l
acerat iniusta nece.
Haec propter illos scripta est
homines fabula qui fictis causis
innocentes opprimunt.
„0 LUPO E L‟AGNELLO „O lupe „e l‟agnèlle,
siccòme tenévene „na ddìe „e séte,
venèrene „a sciùmme
pe‟ se fa „na vevutèlla.
„O lupe vevéve „a coppe
„e l‟agnelle, „nu poco cchiù luntàne,
vevève „a sotte.
„O lupe, ca s‟ ‟o vuléve fòtte:
- Tu mi sporchi l‟acqua -
„e dicette „e bòtte.
- Cùmme t‟ ‟a sporche,
ricètte „o puveriélle,
si scòrre da té, a mé „stu fiumiciélle?-
-„A frésa „e màmmeta, siénte buone „a me,
„e ricètte „o lupe,
sei mise fa, parlaste male „e me!-
-„A chìllu tiémpe, nunn‟ero ancora nato –
-Nu‟ me ne fòtte, t‟acchiàppe „e si
sbranàto!-
„E nce penza‟, chillu curnùte,
l‟afferràje „e so‟ truvàje futtùte.
Stu fàtte è scritte sule pe‟ fetiénte,
ca, senza na‟ ragione pertinente,
se mèttene a ròmpere „e tazze
„a povera ggente.
Franco Pastore
CIOMMA Racconti
Ed. ANTITESI - Roma 2007
P O E S I E E
R A C C O N T I . I T
http://www.poesieracconti.it
LE TUE LABBRA ( Liriche )
di Franco Pastore
LA ZIZZEIDE (Inferno salernitano)
Poesia licenziosa
Ed. Androposin the world
Andropos in the world
Traduzione dal vernacolo - Mai la società con un potente è leale: questa favoletta ne è la conferma. Una mucca, una capretta ed una pecora paziente furono compagne di un leone, sulle montagne. Avendo questi catturato un grosso cervo, dopo aver fatto le parti, il leone così prese la parola: «Prendo la prima poiché mi chiamo leone; concederete a me la seconda poiché sono forte; poi, la terza parte toccherà a me, poiché valgo di più; finirà male, se qualcuno toccherà la quarta parte». Così l’arroganza di uno solo portò via l’intera preda. Lexicon necessarium: Cape e rape: sciocchi ed ingenui. Nu’ valite ‘na sega: non valete nulla. Sperze: sperduto, vago, senza sicura origine. Stuòrto: ho la luna per traverso.
Vacca et capella et ovis et leo
Numquam est fidelis
cum potente societas:
testatur haec fabella
propositum meum.
Vacca et capella
et patiens ovis
iniuriae socii fuere
cum leone in saltibus.
Hi cum cepissent
cervum vasti corporis,
sic est locutus partibus factis leo:
«Ego primam tollo,
nominor quoniam leo;
secundam, quia sum fortis,
tributi mihi; tum, quia plus valeo,
me sequetur tertia;
malo adficietur, si quis
quartam tetigerit».
Sic totam praedam
sola improbitas abstulit.
____________________
Faedrus – Liber primus - V
„O LIONE ACCHIAPPATUTTO
„Na mucca, „na pecurella e „na crape
s‟associarono, cumm‟a tre cape e rape
cu „nu liòne potente,
ch‟‟e facétte fesse „nda‟ niente.
„Nda‟ „na muntagna sparùta
„o liòne acchiappài „nu ciérve curnùte;
tagliànnele in quattro, dicètte:
« Dal momento ca so‟ ‟o liòne,
„a prìmma m‟ „a tenghe pe‟ mmé;
„a seconda me tocca pe‟sorte,
pecché ìe so‟ „o cchiù forte;
„a terza, „a cchiù grossa, m‟a frégo
pecché „nu‟ valìte „na séga.
„A quarta so‟ guai a chi „a tocca,
pecché …oggi … sto‟ stuòrte,
„nda‟ chillu sànghe spèrze
„e chivammuòrte! »
E cumme jètte e cumme venètte
Tutta „a preda se futtètte.
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Andropos in the world
Traduzione dal vernacolo – Chi Ha la nomea di ladro, anche quando afferma il vero nessuno gli da credito.
Un lupo disse ad una volpe: - Ascolta bene, tu sei una ladra!- ; - Ma io non so niente! – arguì l‟animale. Una
scimmia di passaggio, sentite le ragioni di entrambi, rispose: - Tu, o lupo, con quella faccia che ti ritrovi, non credo
che ti sia lasciato sfuggire qualcosa; e tu che sei bene avvezza al furto, sei per natura bugiarda e ladra!- . Le capre,
che, si sa, hanno le corna, non possono dire al bue:- Sei un cornuto.
Lexicon necessarium:
Nummenàta: nomea, fama.
Zòcchele e tagliola: avvezza al latrocinio.
Vòjo: bue.
IL VESCOVO, LA MONACA E LA BADESSA I tre atti, del commediografo Franco Pastore, s‟ispirano alla sesta novella de‟“ Il Novellino ” di Masuccio
Salernitano. La storia è ambientata nella Salerno del 1400, nel monastero di San Lorenzo e si snoda brillante- mente attraverso un intricato e divertentissimo intreccio di situazioni ed avvenimenti, capaci di tenere lo spet-
tatore nella continua aspettativa di un risvolto piccante o di un colpo di scena. Il linguaggio, perfettamente ade-
guato ai luoghi e ai tempi, viene vivificato dal colorito intercalare di Giovannino, un contadino di Barbatianus, che è l‟inconsapevole artefice di tutta la vicenda. Veramente efficace e singolare è il richiamo a ballate e villa-
nelle del 1300, che danno al lavoro un interessante sapore di avventura storico-antropologica. Il ritmo incalzan-
te degli avvenimenti, legati dall‟ humus tipico della “ Commedia dell‟arte ”, evidenzia la finalità esclusiva della rappresentazione: divertire lo spettatore.
FRANCO PASTORE
IL VESCOVO LA MONACA E
L’ABBADESSA
(Commedia )
A. I. T. W.
ANDROPOS IN THE WORLD EDIZIONI
Lupus et Vulpis Iudice Simio
Quicumque turpi fraude
semel innotuit,
etiam si verum dicit,
amittit fidem.
Hoc adtestatur brevis
Aesopi fabula.
Lupus arguebat vulpem
furti crimine;
negabat illa se esse
culpae proximam.
Tunc iudex inter illos
sedit imius. Uterque causam
cum perorassent suam,
dixisse fertur simius sententiam:
'Tu non videris
perdidisse quos petis;
te credo subripuisse
quod pulchre negas.
______________________
Faedrus – Liber primus - X
„O LUPE, „A VOLPE ED „A SCIGNA
Chi tène a nummenàta „e mariuòlo,
pure si dice „o vero, nisciune „o crére.
Nu lupe ncuòlle a volpe le dicètte:
-Siénteme buòne tu si „na mariòla!-
-Ma ìe nu sacce niente „e chésta sòla,
puòzze ì co‟ père dint‟à „na tagliòla! –
Na scigna, ca se truvàve a passa‟ a là,
sentètte „e ragiòne „e tutt‟è dùie
„e rispunnètte „o lùpe:- Fùie … fùie,
ca nunn‟hai pèrze niènte, cu‟ chélla facce!
„E tu, ca si zòcchele è tagliòla,
disse alla volpe,
si‟ nata busciàrda „e mariòla .
„A cràpe tene „e còrne, è risaputo,
ma non può dire „o vòjo ch‟è curnùte!-
Andropos in the world
MOMENTO TENERO
AQUAE ELECTAE (Quaglietta)
(Franco Pastore – “Aspettando l‟alba”)
APPROFONDIMENTO LINGUISTICO
LE FIGURE RETORICHE DI SUONO Se vogliamo comprendere il senso globale di un testo non basta individuare i temi e i motivi, ma anche gli elementi formali che lo realizzano. In un testo poetico poi, i suoni, nel loro disporsi in parallelismi o in strutture divergenti, entrano in relazione con il senso, ne arricchiscono la struttura e ne rivelano sfumature segrete. Dunque, l'insieme delle strutture foniche deve essere analizzato nel suo intreccio con gli altri livelli, perchè partecipa a pieno titolo alla costruzione del contenuto.
L’ONOMATOPEIA: “Il termine onomatopea è un sostantivo di genere femminile proprio del linguaggio tecnico-scientifico della linguistica. Deriva dal latino tardo onomatopoeia(m), a sua volta dal greco onomatopoiìa, composto di onomato-, da onoma ‘nome’ e del tema verbale di poièo ‘io faccio’; ha il significato di ‘imitazione di suoni o rumori di fenomeni naturali realizzata in espressioni del linguaggio articolato’, estensivamente usata per definire una ‘parola, locuzione e simili così formata: bau bau è un'onomatopea’ (informazioni tratte dal GRADIT, “Grande Dizionario Italiano dell’Uso”). Da questa definizione, si evince immediatamente che l’espressione suono onomatopeico non può essere corretta: l’onomatopea è infatti una parola che imita un suono, come crash, bam, ciaff, miao.” (Acc. Della Crusca) Per il loro valore evocativo le onomatopee hanno particolare rilievo nella poesia: La pioggia nel pineto del Dannunzio, in cui le onomatopee si uniscono al ritmo per creare uno speciale effetto estetico; le opere di Giovanni Pascoli: "e le galline cantavano, Un cocco! / ecco ecco un cocco un cocco per te!". Di diversa considerazione la produzione di Filippo Tommaso Marinetti o in generale dei Futuristi, dove si registra la trascrizione di suoni con
l'aggiunta di effetti grafici, oppure del Palazzeschi ne La fontana malata:
« Clof, clop, cloch, // cloffete, cloppete, // clocchete, chchch... // È giù, nel cortile, la povera //
fontana malata; »
Sembrano giganti
addormentati
i monti dell‟alta valle del Sele,
mentre i signori del cielo,
gli aironi, volano più su,
guardando dall‟alto
gli annosi uliveti
ed i folti boschi di castagno.
Antichi dialetti nostrani
scandiscono il tempo,
che s‟adagia,
come le vecchie comari,
all‟ombra dei loro ricordi.
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Andropos in the world
Traduzione dal vernacolo – Chi vuole la roba degli altri perde quello che ha. Un cane sta camminando lungo la
riva di un fiume, quando, guardando nell‟acqua vede un altro cane che gli somigliava, con un grosso pezzo di carne
nella bocca. Per acchiappare la carne che vedeva nell‟acqua, lasciò il pezzo di carne che stringeva e se ne andò con
l‟acqua tra i denti.
Lexicon necessarium:
Sciùmme: fiume; dal latino “flumen”.
Gnocco: vuoto, senza cervello e discernimento.
Mmòcche: in bocca.
Diénte: denti.
Canis per Fluvium
Carnem Ferens
Amittit merito proprium
qui alienum adpetit
Canis, per fluvium
carnem cum ferret,
natans lympharum in speculo
vidit simulacrum suum,
aliamque praedam
ab altero ferri putans
eripere voluit;
verum decepta aviditas
et quem tenebat ore
dimisit cibum,
nec quem petebat
adeo potuit tangere.
________________________
Faedrus – Liber primus - XXIII
„O CANE STRUNZ
Chi vòle quello degli altri
perde chélle ca tène.
„Nu cane, lung‟a riva
„e nu sciùmme, se ne vene.
Guardanne ndà l‟acqua,
chìllu gnocche,
vede‟n‟atu cane, cumme a ìsse,
cu „nu pièzze „e carne mmócche.
P‟acchiappà „a carne,
ca ndà l‟acqua vedeva,
lasciàie „o piezze carne
ca mócche teneve.
Ma strigne „e strìgne,
n‟acchiappàve niénte
e se ne jètte cu‟ ll‟acqua
dint‟ è diénte.
Andropos in the world
Traduzione dal vernacolo – Una volpe impicciona, s’introdusse nell’abitazione di un attore di successo. Guardandosi in giro, vide una maschera di lui ed iniziò ad osservarla. Accorgendosi che era vuota, rimanendoci male, esclamò: - che stranezza è mai questa? Avanti è tanto bella, ma dietro non ha il cervello. Questa favola è stata scritta per coloro che in apparenza sembrano uomini, invece non hanno validità e difettano anche negli “attributi” maschili. Lexicon necessarium: ‘Mpaccessa: faccendiera, intrigante. Vacante: vuota. part. pres. dal lat. “vacare”. Pappune: senza iniziativa; da pappa. Cazune: plur. di cazòne, per calzoni.
Vulpis ad personam tragicam
Personam tragicam
forte vulpes viderat;
quam postquam
huc illuc semel atque
iterum verterat,
'O quanta species
' inquit 'cerebrum
non habet.'
Hoc illis dictum est
quibus honorem
et gloriam Fortuna tribuit,
sensum communem
abstulit.
Faedrus – Liber primus - VII
„A VOLPE E „A MASCHERA
Na volpe „mpaccéssa
se infilàie ‟nda casa
„e „n‟attore „e successo.
Se mettètte a guardà
chélla sfacciata „na maschera
ca steva appreparàta.
Pigliandola ndé màne
s‟accurgètte ch‟éra vacante
e male rimanètte:
- Che cap‟ „e cazze!
„A fòre è tanta bella,
ma, „a rèto nu‟tene
„a cellevrèlla! –
„A favola è pe‟ chìlle
ca sembrano uòmmene,
invece so‟pappùne
senza „nu segne „e palle
„ndé cazùne.
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Andropos in the world
Traduzione dal vernacolo – Chi nasce meschino e sventurato, piglia calci in ogni situazione; se invece cerca di
diventar potente, paga con la vita. Una rana vide in un prato un bue gigantesco ne provò tanta invidia, che
incominciò a gonfiare la pelle rugosa per eguagliare le dimensioni dell‟animale. Si gonfiò fino allo spasimo ed
infine, come un pallone, scoppiò.
Lexicon necessarium:
Càvece „ncùle: calci nel sedere.
Vòjo: bue; dall‟accusativo latino bove(m).
Schiàttaje: scoppiò; denom. da chiàtto + s intensiva.
Rana rupta et bos
Inops, potentem
dum vult imitari, perit.
In prato quondam
rana conspexit bovem,
et tacta invidia
tantae magnitudinis
rugosam inflavit pellem.
Tum natos suos
interrogavit
an bove esset latior.
Illi negarunt.
Rursus intendit cutem
maiore nisu,
et simili quaesivit modo,
quis maior esset.
Illi dixerunt 'bovem'.
Novissime indignata,
dum vult validius
inflare sese,
rupto iacuit corpore.
________________________
Phaedrus – liber tertius, XXIV
„A RANA FESSA
Chi nasce meschino e sventurate,
se piglia càvece „ncùle
pure assettàte;
si, po‟, vo‟ essere potente,
po‟ perde „a vita,
cumm‟a „na cosa „e niènte.
„Na rana vedètte „ndà „nu prato
„nu vojo ch‟era gruòsse,
assai assaie,
ed una grossa invidia ne pruvàie.
Gonfiò, allora, „a pelle
chién‟ „e rughe,
p‟addeventà cchiù grossa
„e chélla bestia.
Fino allo spasimo,
„a fessa s‟abbuffaie
e cumm‟a „nu pallone,
ppuàaa… schiattàie.
Andropos in the world
Traduzione dal vernacolo - Una volpe, avendo una gran fame,saltava come impazzita,nel difficile tentativo di
acchiappare l‟uva, che pendava da un vitigno. Per quanto si sforzasse,riusciva solo a recuperare rametti e foglie.
Allora preferì desistere, dicendo a se stessa che l‟uva non era buona da mangiare, per cui era preferibile digiunare,
piuttosto che nutrirsi con quell‟uva pessima. Allo stesso modo si comporta l‟uomo, che disprezza tutto quello che
non riesce ad ottenere, anche se trattasi di qualcosa di valido.
Lexicon necessarium:
S‟apparà: dar riparo alla fame, cibarsi alla meglio.
Zumbàve: saltare con veemenza.
Spruòcchele e pàmpene: rametti secchi e fogliame; da ex-pedunculum, con sincope ed ass. regressiva nc> cc.
„A VOLPE „E L‟UVA
„Na Volpe
ca tenéve „na dìe „e famme
cercàie „e s‟apparà „nda „nu vignéte.
Zumbàve, ccà „e llà
comme „a „na pazza
cercànne d‟acchiappà chell‟uve „e càzze.
Ma, per quanta forza nce mettéve
sùle spruòcchele„e pàmpene carévene.
Dicètte, allora: chésta nunn‟è bona!
Nu‟ pozzo mangià chest‟ùva verde
è meglio „a digiunà, ca chésta mmèrde.
Capisce buòne a mé:
l‟omme disprèzze
tutto chéll ca nu‟ pòt‟avé,
„ò face „na munnézze,
e lève „o prèzze,
pure si è bèlle e fatta p‟ vedé.
IL BASILISCO PERIODICO DI CULTURA
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Vulpes et uva Fame coacta
vulpes alta in vinea
uvam appetebat
summis saliens viribus;
Quam tangere
ut non potuit,
discedens ait:
"Nondum matura est;
nolo acerbam sumere".
Qui facere quae
non possunt
verbis elevant,
ascribere hoc
debebunt
exemplum sibi.
______________________
Phaedrus – liber quartus - III
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Andropos in the world
L’Autore
Franco Pastore nasce a San Valentino Torio, frequenta il ginnasio ed il Liceo nella vicina Sarno, il paese dei nonni materni, e completa gli studi presso l’Ateneo salernitano. La sua sensibilità lo porta, fin da giovanissimo, a scrivere racconti, poesie ed articoli che vengono pubblicati su quotidiani e giornali locali. Dopo il servizio militare, si trasferisce con la famiglia a Salerno, in via Camillo Sorgenti, 21, dove, nel 1972, inizia la sua collaborazione con lo scrittore Arnaldo Di Matteo, scrivendo racconti ed articoli sul periodico “Verso il 2000”. L’anno successivo, entra a far parte dell’equipe del Varo, una galleria d’arte retta da Vito Giocoli e dal giornalista napoletano Saverio Natale, che lo veicolano verso la critica d’arte. Intanto diviene un punto di riferimento nella famiglia di “Verso il 2000”, collaborando con il Prof. Zazo dell’Ateneo napoletano, il preside Marino Serini, il pittore Luigi Grieco, Achille Cardasco ed altre personalità della cultura campana. Alla metà degli anni settanta conosce Domenico Rea e Franco Angrisano. Sarà Rea, presso la Camera di Commercio di Salerno a presentare alla stampa il libro di estetica morale Il Vangelo di Matteo (Roma – n. 136 del 12/6/1980), che il Pastore scriveva, nel 1979 (Il Giorno – 23 marzo 1980), con Liana Annarumma. Intanto, Franco Angrisano lo presentava ad Eduardo De Filippo, nel periodo in cui l’attore recitava nella sua compagnia. Fu allora che in Franco Pastore si rafforzò l’amore per il teatro. Intanto, conosceva Lucia Apicella di Cava (Mamma Lucia), per la quale pubblicava su Verso il 2000 una serie di racconti, raccolti poi nel libro “ Mamma Lucia ed altre novelle” ( L’Eco della stampa – gennaio 1980 /Il Faro del 13/2/1980), con le illustrazioni del Grieco. Seguiva, sempre sull’eroina cavese, “Mutter der Toten”, un radiodramma, pubblicato dalla [[Palladio]], che Angrisano drammatizzò nel salone dei marmi del Comune di Salerno (la Voce del Sud – 12/7/1980 – Roma 11 giugno 1980 n.135), il giorno in cui Mamma Lucia fu Premiata con medaglia d’oro del Presidente della Repubblica nel luglio del 1980 (Il Secolo d'Italia - Anno XXIX - dell'11/07/1980). Dopo il suo primo romanzo “L’ira del Sud” (verso il 2000 – anno XXIII – n.82 del 1983, con nota autografa di Nilde Iotti) scrisse per Franco Angrisano “La moglie dell’oste”, ispirata alla XII novella de Il Novellino, di Masuccio Salernitano; seguì “Terra amara”, sul problema del caporalato nel sud.
Negli anni novanta, viene trasferito al Liceo di Piaggine. Fu in quegli anni che scrisse “ All’ombra del Cervati” una raccolta di liriche e “Fabellae”, un testo di drammatizzazione per la scuola elementare. Sono gli anni in cui si accosta all’informatica, è docente di sociologia e psicologia di gruppo nell’Ospedale Tortora di Pagani. Inizia un dialogo stretto con il teatro, grazie alla disponibilità dell’auditorium del Centro Sociale paganese ed all’incontro con la compagnia teatrale “02”, diretta da Enzo Fabbricatore. Nascono così le commedie: “Un giorno come un altro”, “Un amore impossibile”, “Una strana Famiglia” ( Le Figaro / Education, samedi 4 juin 2005).
Tra il 1995 ed il 2000, è direttore di Corsi di alfabetizzazione informatica per il M.I. e tiene, al Centro sociale di Pagani, Corsi di Pedagogia speciale (metodi: Decroly e Froebel). Alla fine degli anni novanta, si abilita per l'insegnamento delle lettere negli istituti superiori e, nel 2000, il commediografo passa dalla pedagogia (didattica e metodologia), all’insegnamento di italiano e storia nell’Istituto “G.Fortunato” di Angri. Nello stesso anno, ritorna nella sua Salerno, in via Posidonia. Oramai ha perso tutti gli amici di un tempo. Intensifica il suo interesse per il teatro, entra in rapporto con alcune compagnie salernitane e conosce Gaetano Stella e Matteo Salsano della compagnia di Luca De Filippo. Con questi ultimi, ripropone “La moglie dell’oste” che viene rappresentata nel 2006, al teatro dei **Barbuti++, nel Centro storico. Il successo dell’opera lo spinge a scrivere altre tre commedie, ispirate al Novellino del Masuccio: Le brache di San Griffone , “Un vescovo una monaca ed una badessa” e “Lo papa a Roma”. Oramai l’insegnamento non lo interessa più e dà le dimissioni, nel settembre del 2005, chiudendo innanzi tempo il suo impegno con la scuola, per dedicarsi completamente al Teatro. Fonda, con il patrocinio del Comune e della Provincia di Salerno, la rivista virtuale di lettere ed arti “ Andropos in the world” e inizia il ciclo de’ “I Signori della guerra”, ovvero “La Saga dei Longobardi”, un insieme di cinque drammi storici, sulla Salerno longobarda e normanna, che completa il 29 gennaio del 2011. Dopo la pubblicazione delle raccolte di racconti “Il gusto della vita” (ed. Palladio) e di “Ciomma” (edito dalla Antitesi Editrice, in Roma), va in scena, a Pagani, il primo dei drammi storici “L’Adelchi”, replicato il 25 febbraio 2011 al Diana di Nocera Inf., con il patrocinio della Provincia di Salerno (Dentro Salerno, 25 febbr. 2011). Fin dagli inizi del suo percorso artistico, Pastore, pur avendo acquisito una formazione classica (Euripide ed i lirici greci, Aristofane e la commedia antica, Fedro, Esopo, per la favolistica ed i classici latini), si trova ad essere rivolto verso il presente del nostro tempo. La sua narrativa si può ritenere, in alcune sfumature, neorealista e non mancano testimonianze forti, sulle difficoltà di una Italia degli anni della ricostruzione. Così, nel teatro, nel mentre che delinea il dramma di antiche dominazioni, passa alla commedia di denuncia ed alla farsa, ricollegandosi alla commedia dell’arte.
PIU FORTE DELLA MORTE
Trattasi di un dramma storico in due
tempi, sul martirio di S. Felice e Santa
Costanza, avvenuto al tempo di Nerone,
nel Locus Puritatis del territorio di Nuce-
ria Costantia L‟opera sarà rappresentato a
Pagani il 20 settembre 2011, per la ricorrenza liturgica dei
due santi. Per la rappresentazione, si prevede la parte-
cipazione in massa dei Paganesi e la presenza delle autorità
religiose della Diocesi.
(Dalla Redazione di Pagani)
Andropos in the world
DELLO STESSO AUTORE
Prosa e poesia:
• VOGLIA D‟AMARE – Salerno 1974
• L‟IRA DEL SUD (romanzo) edizioni Palladio – 1977.
• LA SIGNORA DELLA MORTE (radiodramma) Palladio Editrice – Salerno 1978
• SETTE STORIE PER PIERINO, Ediz. Verso il 2000 , Sa 1978
• MAMMA LUCIA ed altre novelle, Sa 1979
• Il VANGELO DI MATTEO (estetica morale, con presentazione di Domenico Rea) De
Luca editore – Amalfi 1979
• SAN MARZANO nella pianura campana (storiografia), Edizioni Palladio, Sa 1983
• FABELLAE– antologia di drammatizzazione per la scuola primaria‚ Paes, 1988
• LA SIGNORA DELLA MORTE (Mutter der toten) radiodramma Ed. Palladio, Sa 88; (La
Nuova Frontiera del 30/7/81)
• OMBRE DI CAPELVENERE; 1989
• SORRISI D‟AMORE 1994
• ALL‟OMBRA DEL CERVATI (poesia) Napoli 1995
• IL GUSTO DELLA VITA, Ed. Palladio, Sa 2006
• AMORE E MITO – EDIZ. E-BOOK - PENNE PAZZE. 2006
• CIOMMA, Ed.Antitesi, Roma 2008
• Il NAZARENO, A.I.T.W. Sa, 2009
• I TEMPLARI, A.I.T.W. Sa,2010-05-05
• LE TUE LABBRA - A.I.T.W. 2010
• Il GUSTO DELLA VITA II EDIZIONE AMPLIATA E RIVEDUTA d.p.p.
• LA ZIZZEIDE Salerno 2011
Commedie:
• LA MOGLIE DELL‟OSTE – 1974
• TERRA AMARA - 1979
• UN GIORNO COME UN ALTRO - 1998
• LO PAPA A ROMA - 2003
• LUISA CAMMARANO - 2004
• UNA STRANA FAMIGLIA - 2005
• IL MENACHER – 2005
• UNO STRANO AM ORE – 2001
• O VESCOVO, LA MONACA E L‟ABBADESSA
• LE BRACHE DI SAN GRIFFONE
Drammi storici:
• GAITA, la moglie del Guiscardo - 2007
• I TEMPLARI - 2008
• ARECHI II - 2008
• IL NAZARENO – 2009
• LA BATTAGLIA DELLA CARNALE
• GUAIMARIO IV
• ROBERT D‟HAUTEVILLE LA GUICHARD
• PIU‟ FORTE DELLA MORTE 2011
Farse:
• UNA FAMIGLIA IN ANALISI - 2006
• UN CASO DI NECESSITA‟ - 2008
• PEPPE TRACCHIA - 2008
• CONCETTA QUAGLIARULO – 2009 (una contaminatio sullo sbarco di Salerno)
• VÁSE ARRUBBÁTE – 2010
BERNARDAS GLORIOSAS
Cancello ed Arnone
News
di Tilde Maisto http://www.cancelloedarnonenews.com/
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