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ANESTESIA TRONCULARE DEL NERVO ALVEOLARE INFERIORE LETTERATURA, INDICAZIONI PRATICHE E ALTERNATIVE CLINICHE

ANESTESIA TRONCULARE DEL NERVO ALVEOLARE INFERIORE...re rare situazioni in cui le metodiche comuni non bastano. Nonostante la sua cruciale importanza, il blocco del NAI è associato

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ANESTESIA TRONCULARE DEL NERVO ALVEOLARE INFERIORE

LETTERATURA, INDICAZIONI PRATICHE E ALTERNATIVE CLINICHE

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Alcune procedure in odontoiatria hanno la neces-sità di avere come antecedente una profonda anestesia capace di essere tanto efficace quan-to minimamente invasiva. In questi casi non è suf-ficiente ricorrere ad un’anestesie plessica e biso-gna essere in grado di veicolare l’anestetico in distretti che consentano il raggiungimento di un blocco di tipo tronculare.

L’introduzione di questo concetto in odontoiatria va addebitata a Halsted e Hall che nel in 1884 documentarono la prima tecnica di iniezione a livello del forame mandibolare [1].

Oggi il blocco del nervo alveolare inferiore (IANB) è abitualmente adoperato nel caso di in-terventi che coinvolgono l’area posteriore della mandibola e gli elementi ad essa associati; l’ane-stesia comunemente denominata tronculare è uti-lizzata nel caso di estrazione di terzi molari in in-clusione ossea, o di elementi in arcata, ma an-che per interventi chirurgici a fini parodontali, de-vitalizzazioni di molari e premolari e talvolta an-che otturazioni. Nonostante il blocco del NAI sia

di frequente impiegato sono diversi i fallimenti e l’incompleto raggiungimento di uno stato di anal-gesia, con tassi di insuccesso che sono stati regi-strati da studi in letteratura tra il 15 ed il 20% [2-4]. E’ evidente che l'uso corretto delle tecniche di anestesia locale e la gestione del dolore sono indispensabili per un trattamento odontoiatrico di successo.

Lo scopo di questo testo è quello di analizzare e discutere alcuni punti fondamentali per raggiun-gere una corretta analgesia nel mascellare infe-riore, analizzandone alcune criticità e prospettan-done soluzioni e nuove tendenze alla luce della letteratura e del progresso permesso dalle tecno-logie:

- Principi biologici su cui si basa l’anestesia

- Anatomia del nervo alveolare inferiore ed eccezioni

- Principi biologici ed effetti attesi

- Tecniche per l’anestesia tronculare

- Tecnica diretta

- Tecnica indiretta

- Vazirani-Akinosi

- Gow-Gates

- Blocco del nervo alveolare nei bambini

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Introduzione

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- Effetti indesiderati e lesioni del NAI dovuti a blocco tronculare

- alternative: l’intraligamentale al posto della tronculare

Principi biologici su cui si basa l’anestesia

Alla base della buona riuscita di un’anestesia di qualsiasi tipo c’è la conoscenza delle variabilità anatomiche, dei principi attivi adoperati e dei cri-teri biologici secondo i quali questi agiscono.

La forma ionizzata della molecola di anestetico una volta iniettata si scinde per entrare attraver-so il doppio strato della membrana della cellula nervosa, questa molecola blocca il canale del so-dio, una proteina transmembrana, e così anche la conduzione dello stimolo nocicettivo viene arre-stata [5]. L’anestetico locale esplica la sua azio-ne maggiormente sui canali Na+ nella configura-zione aperta o inattiva e può agire tanto sulle fi-bre amieliniche che su quelle mieliniche dotate di guaina di Schwann [6]; la tipologia di fibra in-fluenza l’area che dovrà essere coperta dall’ane-stetico perché esso possa svolgere la sua azio-ne, dal momento nelle fibre amieliniche i canali del sodio si trovano molto più vicini tra loro e bloccare la conduzione sarà quindi più agevole per l’anestetico interessando anche solo una pic-cola porzione.

L’efficacia delle molecole anestetiche è influenza-ta da vari fattori, uno dei più importanti è il livello di pH. Se il pH è elevato, ci sarà una maggiore porzione non ionizzata liposolubile di anestetico e questo potrà esplicare la sua azione più celer-mente, la condizione di acidità del pH , caratteri-stica dei tessuti infiammati, condiziona invece in maniera negativa l’onset time [7]. Svolto il loro

compito gli anestetici locali vengono eliminati e la loro escrezione è influenzata da fattori quali:

• Età

• Funzione epatica

• Problemi cardiovascolari

• Funzionalità renale: influente nell’eliminazione dei metaboliti farmacologicamente attivi.

Anatomia del nervo alveolare inferiore ed !eccezioni

Il ramo mandibolare costituisce la terza branca del nervo trigemino, esso contiene sia fibre sensi-tive (la maggior parte), che motorie. Il nervo si divide in due rami, uno anteriore e uno posterio-re. Dal tronco anteriore emerge un nervo senso-riale, il nervo buccale e un certo numero di nervi motori, i nervi pterigoidei, i nervi temporali profon-di e il nervo masseterino. Tre branche invece emergono dal tronco posteriore: il nervo aurico-lo-temporale, unicamente sensitivo, il nervo lin-guale (unicamente sensoriali) e il nervo alveolare inferiore (sensoriale e motorio). Il nervo si esten-de profondamente al muscolo pterigoideo latera-le ed emerge da sotto questo muscolo dirigendo-si verso il foro di ingresso del canale mandibola-re. Poco prima di penetrare nel canale mandibo-lare rilascia il ramo miloioideo (motorio). All'inter-no del canale mandibolare il nervo alveolare infe-riore trasmette solamente stimoli di tipo sensoria-le ed emette i vari rami per gli alveoli. Proseguen-do il nervo rilascia il nervo mentale per la cute di quest’area, del labbro inferiore e di parte dei tes-suti gengivali a livello dei canini ed incisivi. L'ulti-mo tratto del nervo alveolare inferiore si dirige a formare il nervo incisivo.

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Variabilità anatomica del canale mandibolare e del nervo alveolare inferiore

Diverse conformazioni anatomiche del canale mandibolare sono un’evenienza la cui frequenza non è chiaramente stabilita dalla letteratura, infat-ti studi hanno trovato una percentuale di canale bifido molto variabile compresa tra 0,08 e 65%[8;9] sono riportate addirittura triforcazioni del canale alveolare con percentuali ulteriormen-te incerte. Identificare decorsi e conformazioni che differiscano dalla norma è fondamentale per non incorrere in complicanze, come il raggiungi-mento di un effetto dell’anestesia solo parziale. Attraverso l’ortopantomografia è possibile ricono-scere dei quadri che si allontano dalla norma, ma in alcuni casi l’analisi bidimensionale non è sufficiente. In interventi come l’estrazione dei ter-zi molari la CBCT può essere dirimente nella pia-nificazione dell’intervento e far luce su eventuali anomalie di decorso e formazione della compo-nente nervosa [10;11]. Uno studio del 2013 [12] si è posto l’obiettivo di classificare le bifidità del canale mandibolare e di valutare il rapporto del nervo con le radici dei terzi molari, nel caso tale anomalia fosse presente, attraverso l’utilizzo del-la cone beam. Per far questo si è partiti da uno studio “storico” di Langlais et all del 1985 [13] il quale analizzando 6000 OPT aveva stilato una classificazione dei canali bifidi in 4 gruppi e tro-vato un 1% di canali bifidi. Quello che è emerso valutando 75 cone beam di pazienti nei quali fos-se certa la presenza di canale bifido, è che tale conformazione nella maggior parte dei casi si tro-va monolateralmente e che tale canale ha stretto rapporto con gli apici dell’ottavo inferiore a livello del settore distale del mascellare inferiore.

Localizzazione del canale mandibolare

L'uso del blocco del nervo alveolare inferiore (NAI) può talvolta sfociare in insuccessi, ma la mancanza di anestesia può essere facilmente spiegata con un’inadeguata conoscenza dei me-todi per appurare la corretta ubicazione anatomi-ca dell’imbocco del canale mandibolare. La po-sizione del forame può infatti variare molto[14]. Il successo di questa procedura è legato alla depo-sizione di materiale anestetico molto vicino al ner-vo prima di entrare nel forame mandibolare. Alcu-ni autori hanno indicato anche come l'anestesia del NAI possa essere raggiunta anche mediante la deposizione di materiale anestetico nello spa-zio pterigo-mandibolare grazie ad una successi-va diffusione dell’anestetico locale, riducendo tra l’altro in questo modo anche il rischio di perfora-re i grandi vasi dell’area[15].

Molti studi hanno discusso la posizione del fora-me mandibolare [16-18] La sua posizione è stata studiata in relazione alle dimensioni del ramo an-teriori della mandibola, all'altezza del ramo e a cambiamenti di queste dimensioni con l’età, oltre che correlata alla posizione piano occlusale.

Indicazioni pratiche per la ricerca del forame del canale mandibolare

In particolare sottolineiamo ciò che è emerso da uno studio del 2012 di Thangavelu et all. [16], i quali hanno analizzato 102 mandibole secche di

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93 soggetti con dentatura e 9 edentuli alla ricer-ca di reperi e misure che potessero aiutare i clini-ci nell’individuazione del punto corretto in cui eseguire l’iniezione per il blocco del NAI. Questo lavoro ha riscontrato una distanza media del frame di 19 mm dall’incisura coronoide del bordo anteriore del ramo. È stato trovato poi che la posi-zione del forame solitamente non è al centro del ramo, ma è spostato posteriormente di 2,75 mm. Superio-inferiormente invece l’imbocco del cana-le mandibolare è situato 5 mm inferiormente al punto che individua la metà dell’altezza del ra-mo. Un’altra indicazione importante viene dal pia-no occlusale, infatti è stato individuato che il fora-me si trova nella media spostato di alcuni millime-tri al di sotto del piano occlusale dei molari infe-riori.

Tecniche per l’anestesia tronculare: tecnica! diretta

La somministrazione di anestetici locali in prossi-mità del forame mandibolare provoca il blocco del nervo alveolare inferiore e spesso del nervo linguale che si trova nei paraggi, causando ane-stesia di:

- corpo della mandibola e della parte inferiore del ramo

- tutti i denti mandibolari

- il pavimento della bocca

- i due terzi anteriori della lingua

- gengiva sulla versante linguale della mandibola

- gengivale sulla superficie labiale della mandibola

- mucosa e cute del labbro e del mento inferiori

Molte tecniche per bloccare il nervo alveolare in-feriore sono state descritte in letteratura e ognu-na ha i propri vantaggi e svantaggi. Anche se ci sono alcune tecniche comunemente utilizzate in tutto il mondo, altre, seppur datate non sono pa-droneggiate dai più. Alcune tecniche non sono certamente di interesse del dentista generico nel-la quotidianità, ma è bene conoscerle per risolve-re rare situazioni in cui le metodiche comuni non bastano.

Nonostante la sua cruciale importanza, il blocco del NAI è associato ad un tasso di fallimento del 15-20%, si tratta di gran lunga dunque la tecnica anestesiologica in odontoiatria con le percentuali di insuccesso più alte [19].

A livello clinico le indicazioni date dalla letteratu-ra si possono semplificare al fine di ottenere un work-flow ripetibile. I più importanti punti di riferi-mento utilizzati sono l’incisura coronoide e il rafe pterigo-mandibolare. Malamed propone come sito di inserimento dell’ago, un punto che giace su una linea immaginaria tracciata tra questi due riferimenti. Presa questa distanza e divisa per 4, ci si sposta di un quarto dal rafe e ci si posiziona al di sopra del tavolato occlusale dei molari infe-riori con inclinazione che segue l’andamento dei premolari controlaterali. L’inclinazione dell’ago sul piano sagittale è di circa 45 gradi.

L'ago viene inserito delicatamente nella mucosa e vengono depositate alcune gocce di soluzione anestetica nella zona, la penetrazione prosegue fino a giungere in contatto con l’osso, momento nel quale il paziente potrà avvertire una pungen-te sintomatologia dolorosa[20]. E’ necessario che l’avvicinamento al periostio sia molto lento e

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delicato poiché nel contatto l’ago può anche dan-neggiarsi.

Per evitare che l’ago possa spezzarsi è consiglia-bile l’utilizzo di un lieve movimento rotatorio che permetta l’avanzamento con minor interferenza da parte dei tessuti(procedura consigliata anche per l’utilizzo del device The Wand). La profondità di penetrazione dell'ago varia di solito tra i 19 e i 25 mm; se l’ago è inserito per più di 25 mm que-sto può indicare che la sua collocazione è al mo-mento più posteriore rispetto a quanto necessa-rio, mentre se inserito meno di 19 mm probabil-mente ci si sarà posti in una localizzazione trop-po anteriore rispetto al nostro bersaglio[21].

Prima di iniettare va condotta l’aspirazione e, se negativa, si procederà all’iniezione in maniera molto lenta[22].

La criticità di una corretta aspirazione

Un rapido assorbimento dell’anestetico locale può produrre concentrazioni elevate del farmaco a livello sanguigno; tale rischio è dietro l’angolo quando si esegue un blocco tronculare[23.]. Sia il sistema nervoso centrale che il sistema cardio-

vascolare sono particolarmente sensibili ad ele-vate concentrazioni plasmatiche di anestetici lo-cali, inoltre, l'aggiunta di epinefrina ha un'ulterio-re influenza sulla funzione cardiovascolare [24-26].

Pertanto, si deve eseguire una corretta aspirazio-ne prima dell'iniezione di un anestetico locale per determinare se l'ago si trovi all'interno di un vaso sanguigno. Se il sangue appare nella sirin-ga, la punta dell'ago è in posizione critica, vale a dire all’interno di un vaso e va ritratto lo stesso, riposizionato e tentata una nuova aspirazione. Bi-sogna ricordarsi poi che esistono dei motivi che possono condurre ad un’aspirazione negativa e per questo è necessario eseguire questa proce-dura su due piani per avere maggiori certezze sulla propria posizione.

L’aspirazione è un processo che viene condizio-nato anche dal device con il quale questa viene eseguita e per questa ragione è bene valutare anche questo aspetto nella scelta dello strumen-to con cui eseguire l’anestesia.

Uno studio del 2016 ha valutato che il controllo dei movimenti della mano è migliore e quindi il rischio di falsi negativi minore, quando si adope-rano un dispositivo che non necessiti di movi-menti della mano per aspirare, un dispositivo do-tato di controllo attraverso apposito pedale come The Wand in questo senso viene incontro alle esi-genze dei clinici e alla sicurezza dei pazienti [ 2 7 ] .

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Tecniche per l’anestesia tronculare: tecnica indiretta

La tecnica indiretta prevede che l’ago non sia in-clinato a 45 gradi rispetto al piano sagittale e che penetri nello spazio pterigo-mandibolare con siringa in posizione parallela rispetto alla direzio-ne dell’emiarcata mandibolare omolaterale.

Uno studio dello scorso si è proposto di confron-tare l’efficacia della tecnica diretta ed indiretta per anestesia del NAI.

Analizzando l’onset time in maniera sia soggetti-va che oggettiva sembra che la metodica diretta impieghi meno tempo a raggiungere un’efficacia clinica dal punto di vista dell’analgesia. Anche se si confronta la durata nel tempo dell’anestesia la tecnica diretta emerge come vincitrice del con-fronto questo verosimilmente è dovuto al fatto che il punto di inoculo cade più vicino al target rispetto alla tecnica indiretta. Non sembrano inve-ce esserci differenze significative dal punto di vi-sta dei tassi di aspirazioni positiva, che non sono mai avvenuti nello studio in questione, ma la cui percentuale in letteratura è stimata 10-15% [28].

In letteratura si concentrano molti lavori che inda-gano su quale possa essere la tecnica con i mag-giori tassi di successo quando si parla di blocco del NAI, ma non sembra poter emergere una tec-

nica “ideale” in grado di mettere al riparo da falli-menti, incompleta anestesia e/o complicanze.

A questo proposito è interessante l’analisi fatta dalla revisione del 2014 di Hesham Khalil che ri-percorre brevemente le principali modifiche pro-poste in tema di anestesia tronculare dell’alveola-re inferiore e ne analizza punti deboli e di forza.

Alcuni autori poi hanno “brevettato” tecniche che uniscono i principi della tecnica diretta ed indiret-ta; ad esempio nel 2013 è stata proposta una tec-nica nella quale l’ago veniva pre-curvato prima dell’iniezione. In questo caso la siringa veniva po-sizionata parallela all’emiarcata omolaterale, co-me nella tecnica indiretta, ma l’ago piegato rag-giungeva a circa 45 gradi il punto di inoculo co-me nella tecnica diretta [29].

Due metodiche che correttamente eseguite sem-brano innalzare i tassi di successo sono le tecni-che di Vazirani-Akinosi e Gow-Gates, spesso po-co conosciute e adoperate perché ritenute com-plesse, ma che talvolta consentono il trattamento di condizioni complesse o special needs.

Tecnica di Vazirani-Akinosi

La tecnica di Vazirani-Akinosi rappresenta  una peculiare metodica di  blocco nervoso in sede mandibolare, da realizzare a bocca chiusa. La tecnica si diffuse a partire dalla pubblicazione di Joseph Akinosi del 1977; una procedura simi-lare, tuttavia, era stata descritta da Vazirani nel 1960, ancora prima dell’introduzione della tecni-ca Gow-Gates. In accordo con Malamed, l’eponi-mo in uso attualmente rende dunque omaggio a entrambi gli Autori[30].

Il territorio di distribuzione dell’anestesia com-prende a) l’arcata dentale corrispondente, b) il

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corpo della mandibola e la parte inferiore del ra-mo, c) gengiva/mucosa e periostio vestibolari, anteriormente al forame mentoniero e d) il territo-rio di distribuzione del nervo linguale: 2/3 anterio-ri della lingua e pavimento della bocca, gengiva/mucosa e periostio linguali.

L’indicazione principale, già anticipata, è il  tri-sma: un caso classico è lo stato di contrazione della muscolatura masticatoria che impedice l’ef-fettuazione di un’anestesia alveolare inferiore effi-cace, ad esempio di caso di pulpite o ascesso a carico di un molare inferiore. Si tratta di una meto-dica che può essere anche proposta in casi me-no estremi di paziente con  limitata escursiore mandibolare.

La tecnica presenta anche alcuni vantaggi prati-ci, come ad esempio il tasso di aspirazione infe-riore (<10%) a quello della comune anestesia del nervo alveolare.

Tecnica per l’esecuzione del blocco del nevo al-veolare inferiore secondo Vazirani-Akinosi

Malamed  raccomanda l’impiego di un ago lun-go, 25 o 27 G. L’area di inserzione corrisponde ai tessuti molli che rivestono il bordo mediale del-la branca montante mandibolare, all’altezza della linea mucogengivale prossima al terzo molare superiore. Il punto guarda quindi in maniera parti-colarmente ravvicinata alla tuberosità del mascel-lare e risulta craniale rispetto al sito della tecnica convenzionale e caudale rispetto a quello della Gow-Gates. Qui i nervi alveolare inferiore, lingua-le e miloideo decorrono portandosi verso il bas-so.

Il paziente viene posto supino o semiseduto e l’operatore va a palpare  l’incisura coronoidea, poi divarica i tessuti molli della guancia e del ve-

stibolo superiore. L’asse di inserimento della sirin-ga è parallelo al piano occlusale e lo spostamen-to avviene in direzione posteriore e lievemente laterale, accorgimento quest’ultimo volto ad asse-condare la svasatura del ramo mandibolare. In passato era stato proposto di piegare l’ago verso il lato mediale del ramo mandibolare: la metodi-ca consigliata oggi è quella originale, con l’ago in asse con il corpo del dispositivo usato per ese-guire l’iniezione. I tessuti molli vengono circa per  25 mm, senza contatto con osso, e la punta del-l’ago viene a trovarsi al centro dello spazio pteri-go-mandibolare. Il dover condurre la seconda fase della procedura “alla cieca” è percepito da alcuni Autori lo svantaggio principale della meto-dica. L’onset dell’effetto anestetico sulla polpa dentaria si osserva nel giro di 5 minuti circa.

Tecnica di Gow-Gates

L’eponimo rimanda alla figura dell’odontoiatra George A. E. Gow-Gates, che nel 1973 decise di condividere la tecnica peranestesia del nervo al-veolare inferiore da lui impiegata con piena sod-disfazione per un trentennio. L’Autore riferiva in-fatti dati di successo del 99%. Pur non volendo competere con i risultati riportatati dal suo creato-re, diversi clinici accolsero con favore la novità: con tassi di insuccesso che si aggirano attorno al 20%, infatti, la classica metodica di anestesia del nervo alveolare inferiore può rappresentare una fase clinica fra le più frustranti sia per il pro-fessionista che per il paziente.

Bisogna sottolineare che la  tecnica di Gow-Ga-tes non si pone esattamente come un’alternativa alla metodica comune. Si tratta infatti di un bloc-co del nervo mandibolare, interessa cioè l’intera terza branca del V paio di nervi cranici e, ovvia-mente, tutte le sue diramazioni a valle: oltre

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a l  n e r v o a l v e o l a r e i n f e r i o r e , i  n e r v i linguale, miloioideo, mentale, incisivo, auricolo-temporale e vestibolare.

Una volta applicato con efficacia, dunque, non sarà necessaria alcuna adiuvante per qualsiasi intervento a carico dell’arcata mandibolare. In questo senso, vale a dire per quanto concerne le indicazioni d’uso, non vi sono reali differenze tra la tecnica Gow-Gates e il blocco del nervo alveo-lare. Discorso analogo per le controindicazioni: la più importante interessa quei pazienti con diffi-coltà nell’apertura della bocca. Alcuni Autori ri-portano piuttosto problematiche riguardanti l’ope-ratore che, nel caso abbia buona confidenza con la tecnica tradizionale, potrebbe trovarsi in diffi-coltà nell’approcciarsi alla curva di apprendimen-to della nuova.

Se da una parte si osserva un tasso di successo maggiore, un ulteriore vantaggio è rappresentato dalla percentuale di aspirazioni positive, pari al 2% circa, perciò molto inferiore al 10-15% della tecnica convenzionale.

Dal punto di vista operativo, Malamed raccoman-da l’utilizzo di un ago 25 G lungo. Il paziente, su-pino a collo iperesteso (eventualmente semisupi-no), viene invitato a mantenere il massimo grado di apertura.

Si distinguono sia reperi extraorali che  intraorali. Da una parte, il limite inferiore del trago (incisura triangolare) e l’angolo della bocca. Dall’altra, la cuspide mesiopalatale del secondo molare su-periore  indica a quale altezza inserire l’ago. Vie-ne penetrata la mucosa dell’aspetto mesiale del ramo mandibolare, distalmente allo stesso secon-do molare superiore. Orientativamente, ci si trova in prossimità al collo del condilo, appena sotto all’inserzione del muscolo pterigoideo esterno.

La tecnica prevede l’inserimento lungo 25 mm circa, fino al contatto con l’osso: dopo aver ritrat-to l’ago di 1-2 mm, viene effettuata la prova di aspirazione. Se negativa, viene lentamente iniet-tata la soluzione anestetica[30].

Blocco del nervo alveolare nei bambini

Nei bambini, la gestione della paura e dei com-portamenti che ne conseguono è fondamentale per il successo delle procedure odontoiatriche. Avere un bambino il più possibile rilassato e cal-mo durante la somministrazione di un’anestesia locale è essenziale per il successo del terapia.

Il blocco del NAI talvolta è la tecnica di aneste-sia locale scelta quando si trattano molari deci-dui.

La profondità dell'anestesia è il vantaggio princi-pale di questa tecnica, ma la compliance richie-sta è elevata e non sempre è possibile evitare che il bambino percepisca dolore al momento dell’iniezione. In questo senso è interessante no-tare che uno studio in adolescenti ha confrontato la percezione di dolore durante anestesia troncu-lare eseguita con siringa convenzionale o con si-stema di anestesia computerizzata The Wand [31]. E’ emerso che l’utilizzo del dispositivo The Wand provoca come risultato una riduzione del

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dolore percepito durante l’esecuzione del blocco del NAI, una premessa indispensabile per ottene-re la collaborazione specialmente nel paziente pedodontico.

Infatti per il blocco alveolare inferiore, il bambino è chiamato ad aprire la bocca il più possibile e l'ago viene inserito in profondità nei tessuti, una situazione che potrebbe provocargli disagio e fargli perdere fiducia nelle cure prestategli prima ancora di iniziarle.

Inoltre la procedura può essere complicata dalla posizione del forame che varia con l’età, aggiun-gendo un’ulteriore incognita ad una tecnica già afflitta da un buon tasso di insuccessi.

La procedura segue le stesse manovre descritte per l’adulto.

Talvolta per non traumatizzare il bambino, oltre che per raggiungere migliori risultati in maniera minimamente invasiva, si può ricorrere ad una semplice infiltrazione plessica per terapie a cari-co dei molari decidui. Alcuni studi hanno valuta-to l'efficacia dell'infiltrazione mandibolare come possibile alternativa al blocco mandibolare per il trattamento dei molari primari e non sono state riscontrate differenze significative tra infiltrazione plessica e blocco del NAI [32:33].

Un altro tipo di anestesia pare essere ancor più gradito ai piccoli pazienti, si tratta dell’anestesia intraligamentare PDL. Uno studio basato su 80 bambini ha avuto come scopo quello di valutare l'efficacia dell’iniezione PDL nell’analgesia in ca-so di pulpotomie.

Questo articolo, realizzato con protocollo rando-mizzato in doppio cieco, ha coinvolto soggetti tra 3 e 7 anni che avessero bisogno di una pulpoto-

mia in molari decidui mandibolari in due quadran-ti. I denti di questi bambini sono stati anestetizza-ti con tecnica intraligamentare da un lato della mandibola e blocco del nervo alveolare dall'altro. I segni di disagio, tra cui la tensione del corpo e il movimento degli occhi, le lamentele e il pianto sono stati registrati e valutati. I risultati hanno mo-strato che il tasso di analgesia tra le due tecni-che è comparabile in queste situazioni e che per-tanto l’anestesia intraligamentare è da conside-rarsi una valida alternativa al blocco del nervo alveolare inferiore in questo tipo di procedu-re[34].

Inoltre va ricordato che nei bambini un’anestesia che perdura molto dopo l’intervento può condur-re a lesioni da morsicatio. Anestetici locali a lun-go effetto e blocco nervo alveolare inferiore nei bambini possono causare perdita di sensibilità in una vasta area. Sia nel mascellare superiore che inferiore è consigliabile l’utilizzo di molecole il cui effetto non perduri a lungo dopo la fine dell’inter-vento[35].

Effetti indesiderati e complicanze: lesioni del NAI dopo blocco tronculare

Le lesioni del nervo alveolare inferiore causate da blocchi anestetici di tipo tronculare hanno un’incidenza che una revisione sull’argomento attesta a 1: 26.762 [36]. Tuttavia, la vera inciden-za è difficile da misurare senza grandi indagini di popolazione. Può dunque essere che nel corso di tutta la propria carriera professionale non ac-cada di incorrere in questa problematica, ma sic-come i comuni device per l’anestesia non con-sentono alcun metodo per prevenire tale lesione, è necessario conoscere il rischio e soppesare la possibilità di utilizzare un altro tipo di approccio quando possibile.

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Anche se l'esatto meccanismo che provoca dan-no al nervo non è ancora chiarito, ci sono tre prin-cipali cause alle quali può essere addebitata la lesione del NAI durante anestesia[37]:

- Trauma da ago: una piccolo fetta dei nostri pazienti avverte una scossa elettrica duran-te l'inserimento dell'ago dovuto a contatto diretto con il nervo. Diversi studi hanno dimostrato che la grande maggioranza di questi contatti non pro-voca danni evidenti, tuttavia, è possibile che l'ago traumatizzi il nervo [38]

- Ematoma: in questo caso l’ipotesi è che l'ago possa penetrare un piccolo vaso san-guigno e provocare un ematoma. L'emorragia comporterebbe sulle fibre nervose una pressio-ne, la cui entità determinerebbe la gravità del danno.

- Tossicità della molecola anestetica: in ultima analisi la lesione del nervosa durante tron-culare potrebbe essere correlata specifiche prin-cipi attivi o a determinate concentrazioni degli anestetici locali[39]. Proprio quest’ultimo aspetto è stato approfondito e uno studio di Perez-Castro et all. ha evidenziato che concentrazioni maggio-ri di principio attivo aumentano il tasso di citotos-sicità della molecola [40]. Epidemiologicamente, diversi rapporti hanno evidenziato l'aumentata incidenza di lesioni nervose persistenti legate ai blocchi NAI con l'introduzione di anestetici locali ad alta concentrazione in particolare quando ve-niva usata l’articaina[41].

Tutte queste considerazioni valgono anche per il nervo linguale il cui trauma dovuto ad iniezione per blocco tronculare è più frequente del NAI stesso.

Gestione della lesione del NAI

Queste lesioni sono associate a parestesia e in alcuni casi ad un dolore di tipo neuropatico persi-stente e invalidante. Il problema con queste le-sioni è che il nervo rimane pressoché intatto al-l’aspetto macroscopico e l'intervento chirurgico non è appropriato in quanto non si può identifica-re la regione lesa, pertanto nella maggior parte dei casi l’approccio consiste nel dare terapie far-macologiche per il controllo del dolore e in un monitoraggio frequente per controllare remissioni spontanee. L’81% delle lesioni guarisce nell’arco di 2 settimane, mentre quando la sintomatologia perdura oltre le 8 settimane il rischio di una com-promissione permanete è elevato[36].

I trattamenti farmacologici più adoperati sono benzodiazepine e antidepressivi triciclici i quali possono essere presidi efficaci nel trattamento della disestesia. Tuttavia, i pazienti che presenta-no ipoestesia o persistente sintomatologia doloro-sa saranno indirizzati ad interventi di micro-chirur-gia. Anche se questa particolare complicanza è evenienza rara, è importante esserne a cono-scenza, avvalersi con cautela di anestetici ad al-ta concentrazione (per i quali diversi articoli se-gnalano aumentata tossicistà) e riconoscere la

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necessità di un rinvio precoce a uno specialista in caso di lesione per una gestione ottimale.

Alternative all’utilizzo della tronculare: l’ane-stesia intraligamentare nell’adulto e nel bambi-no

Sono presenti in letteratura diversi studi che valu-tano l’efficacia dell’anestesia intraligamentare adoperata per anestetizzare elementi dell’arcata inferiore per i quali solitamente si ricorre all’ane-stesia tronculare, da ultimo ci piace sottolineare un lavoro eseguito dal gruppo della community d i S t y l e I t a l i a n o (http://www.styleitaliano.org/the-wand-sta-in-the-treatment-of-mandibular-teeth-a-multicentric-study ) .

Pur non trattandosi di un articolo ancora pubbli-cato in letteratura scientifica, l’analisi da loro ese-guita su elementi mandibolari mostra chiaramen-te l’utilità di poter usufruire di una metodica di anestesia single tooth e l’efficacia della stessa attraverso il sistema di computerizzato The Wand.

La tecnica intraligamentare è impiegata da molti anni principalmente come mezzo per ottenere un'anestesia completa di un dente dove l’aneste-sia plessica o tronculare hanno fallito nel raggiun-gere una completa analgesia. Questo chiaramen-te lascia intuire come tale procedura fosse riser-

vata a quei casi che già in partenza stessero af-frontando difficoltà nella gestione del dolore.

La tecnica prevedeva in passato che l’ago pene-trasse all’interno del solco gengivale con apertu-ra dell’ago rivolta verso la radice del dente in po-sizione mesiale o distale. L’avanzamento nel pa-rodonto previsto era lento fino ad incontrare una resistenza, dopodiché l’anestetico veniva inietta-to con forte pressione e questo solitamente pro-voca sintomatologia dolorosa al paziente; le quantità di anestetico consigliate sono sempre state molto basse (0,2 ml per radice), l’ago da utilizzare corto e la velocità di iniezione prescritta ridotta. Concettualmente dunque questo tipo di anestesia si è sempre posto l’obiettivo di coinvol-gere il solo elemento dentario coinvolto dalla pre-stazione, senza dare sensazioni di torpore al lab-bro e ai tessuti limitrofi e riducendo l’esigenza di blocchi di tipo tronculare nel trattamento anche dei molari mascellari.

Uno studio storico di Malamed et all. del 1982 di-mostrò l’efficacia di questo approccio osservan-do come nel protocollo utilizzato fosse stato rag-giunto un tasso di successo elevato, con bassa incidenza di reazioni avverse e durata dell'ane-

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stesia pulpare adeguata per terminare le terapie preventivate[42].

Certo è che da quel momento la letteratura ha indagato sulla metodica ed è cominciata la cor-sa alla realizzazione di uno strumento che fosse in grado di massimizzare gli effetti positivi di que-sto approccio, ridurre il disconfort durante l’inie-zione e semplificare tanto la procedura da ren-derla applicabile nella maggior parte dei tratta-menti. Per venire incontro a queste esigenze è nato il dispositivo di anestesia computerizzata The Wand. In questo caso le procedure per ese-guire l’anestesia intraligamentare sono simili a quelle sopra descritte e consigliate anche da Ma-lamed nel suo testo[43] dedicato alla tecnica di iniezione anestetica PDL, ma l’affidabilità della terapia viene aumentata grazie a diversi migliora-menti.

La tecnica di tipo intraligamentare eseguita con device The Wand viene definita single tooth ane-steshia (STA). La STA costituisce una particolare forma o, meglio, uno sviluppo dell’anestesia intra-

ligamentosa (PDL), con la quale condivide per-tanto i presupposti biologici. Concettualmente essa prevede un’azione concentrata a livello di un singolo elemento dentale ed il controllo attra-verso l’utilizzo di una sistematica computerizzato (detta anche CCLAD).

L’introduzione della  STA  rappresenta un’arma di notevole importanza nella pratica quotidiana. Essa pone infatti rimedio alle due problematiche principali dell’anestesia intraligamentosa, ovvero il difficile controllo manuale della pressione e la mancanza di reperi e riferimenti. Il sistema preve-de infatti un controllo costante della pressione (dynamic pressure-sensing, DPS).

Ciò garantisce una riduzione del dolore durante la somministrazione, non solo nel raffronto con la classica anestesia PDL, ma rispetto all’aneste-sia convenzionale. Inoltre, è lo stesso dispositivo a indirizzare l’operatore verso il punto in cui l’ane-stetico serve che venga effettivamente liberato per raggiungere l’effetto; questo permette dun-que anche di ridurre le quantità di anestetico lo-cale utilizzato per singola procedura e ridurre i rischi, fortunatamente rari, ad esso associati.

Da ultimo la cosa forse più importante: l’aneste-sia STA non rappresenta l’ultima freccia all’arco del clinico quando tutte le altre anestesie hanno fallito, ma può garantire nella maggior parte dei casi una completa analgesia senza utilizzo di al-tre procedure.

Per questo motivi l’anestesia STA può essere con-siderata la prima e sola anestesia adoperata in tutti i trattamenti per i quali essa è indicata, an-che terapie a carico di elementi mascellari deci-dui e permanenti per i quali storicamente si ricor-re all’anestesia tronculare.

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