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Ivan Sinopoli16/06/2011

Animazione di gruppo

Tecniche di animazione e ruolo dell’animatore all’interno di un gruppo

Campo Preanimatori Soverato – Istituto Salesiano

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ANIMAZIONE DI GRUPPOTecniche di animazione e ruolo dell’animatore all’interno di un gruppo

1. PREMESSANon è pensabile volgere lo sguardo ai più piccoli

senza compiere (ciascuno al proprio livello) una scelta radicale come quella racchiusa nella frase di don Bosco “Basta che siate giovani perché io vi ami assai”. Questa scelta è previa, unilaterale, parzialmente immotivata e controcorrente rispetto al comune sentire di tutte le generazioni di adulti.

Facciamo nostre le parole che il beato Giovanni Paolo II rivolge ai giovani: “tu sei un pensiero di Dio, un palpito del suo cuore!” Non è possibile approcciarsi ai giovani, ai più piccoli, senza rinunciare a priori a gettar loro in faccia le connaturali debolezze ed incoerenze. Riflettete un attimo e fatevi scorrere davanti agli occhi i volti dei ragazzi più “disgraziati” che avete accanto in oratorio: bene, nessuno di quelli è perso in partenza, nessuno di quelli è un bastardo perditempo in via definitiva! In ciascuno esiste il famoso “punto accessibile al bene”: ed il modo migliore per trovarlo è avere una radicale fiducia nel giovane e nel più piccolo!

Naturalmente l’approccio non può essere statico: ci rivolgiamo ai giovani, ai ragazzi di questa specifica società che hanno bisogni specifici qui ed ora! Nel seguito di queste pagine vedremo come non può più essere riproposto il modello “idraulico” della bottiglia e dell’imbuto: i ragazzi hanno bisogno di qualcuno che gli comunichi la fede, non che gliela trasmetta. Per quanto possa sembrare improba, questa impresa è possibile ma esige un cambio radicale del nostro essere: dobbiamo iniziare a contemplare di più il volto di Cristo, a fare maggiore esperienza di Lui solo così potremo comunicare la fede e scopriremo, quasi d’un tratto che saremo animatori non solo nei gruppi o all’oratorio: ma anche a scuola, nei campi di calcetto o al centro commerciale! E, come per incanto, i ragazzi inizieranno a guardarvi con occhi diversi.

2. IL GRUPPOPrima o poi ce la sentiamo rivolgere tutti questa domanda: “perché devo

venire all’incontro? Perché il gruppo formativo?”. La domanda è legittima e noi, pur sapendo differenziare i livelli, dobbiamo aver ben chiara la risposta. Negli

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Le percezioni non sono cose ma relazioni. Niente, incluso me stesso, esiste da sé: questa è un’illusione di parole. Io sono una relazione che muta sempre.

Hugh Prather

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ultimi anni si è rafforzata l’idea che il “gruppo primario”1, o piccolo gruppo, rappresenti un contesto psico-sociale ricco di stimoli e di possibilità di crescita. Il gruppo va quindi valorizzato come strumento flessibile (non solo incontri! Qualche pizza? Una gita?) rispetto ai diversi obiettivi che si possono avere. Il vantaggio del gruppo non risiede tanto nella possibilità di apprendere, quanto nella possibilità di apprendere essendo direttamente implicati emotivamente: non più un semplice processo di trasmissione di informazioni, quindi! L’aspetto interessante del gruppo non è tanto l’imparare qualcosa, ma il fatto che si tenta di cogliere il senso di comportamenti, atteggiamenti e relazioni cui di solito si da poca importanza. Tramite il gruppo ho la possibilità di capirmi meglio sia in rapporto a me stesso che agli altri…a patto di avere la pazienza e la costanza di non cercare risultati immediati ed “automatici”.

3. I GIOCHI DI APPRENDIMENTO IN GRUPPO

I giochi di interazione ed apprendimento di gruppo si caratterizzano per l’attivazione di processi che hanno come scopo, ad un primo livello, lo stimolo a prendere consapevolezza di dimensioni psichiche o relazionali e, ad un secondo livello, la facilitazione dell’acquisizione di nuovi modi di pensare, sentire e relazionarsi.

L’esplicitazione di quanto detto sin ora avviene facendo ampio uso della sperimentazione personale attiva (quella che noi chiamo “tecnica di animazione” o più semplicemente “tecnica”). E’ fondamentale che, all’interno di un incontro, ciascuno abbia la possibilità di mettersi a contatto col proprio vissuto e di sperimentare nuove vie da percorrere: la drammatizzazione, la riflessione personale, l’uso della corporeità sono tutti mezzi per giungere al fine già esplicitato.

Naturalmente la sperimentazione attiva è di poco valore se non è accompagnata da un momento di elaborazione: la fase di raccolta dei dati e di riflessione su di essi (sia personalmente che in gruppo) favorisce l’apprendimento e l’elaborazione dei contenuti trattati.

Tutto ciò non può avvenire senza la presenza di un clima interpersonale positivo: i giochi di interazione possono stimolare il contatto con parti delicatissime dei ragazzi ed è bene essere sufficientemente certi di un clima opportuno: diversamente sarà il caso di spendere qualche incontri in più nella

1 Il gruppo primario si ha quando gli aderenti si  conoscono  e sono in stretto rapporto personale. Sarà pertanto piuttosto ristretto ma questo non può considerarsi un carattere distintivo  e necessario  ma solo una caratteristica diffusa. Esempi di gruppi primari sono un gruppo di amici  o una scolaresca ben affiatata.

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La duplicità dei livelli messi in moto dai giochi di relazione è di

importanza capitale nella gestione di un gruppo

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REGOLE CLIMA POSITIVO

SPERIMENTAZIONE ATTIVA

ELABORAZIONE

CONSAPEVOLEZZA

NUOVE ACQUISIZIONI CAMBIAMENTO

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creazione di questo clima. Fondamentale, in tal senso, è la presenza di un insieme di regole condivise da tutti e che vanno rese note prima dell’incontro (e all’inizio del cammino di gruppo). Riassumendo:

Le nuove acquisizioni possono avvenire, mediamente, a tre livelli: affettivo-emotivo, cognitivo, esistenziale.

- Il primo: favorisce processi relazionali cordiali e non mediati da barriere personali,

- Il secondo: consente di ampliare i confini della propria esperienza e delle proprie prospettive,

- Il terzo: è il livello più profondo, di cui i primi due sono presupposti, e riguarda le “scelte di fondo” della propria vita.

Naturalmente tutto ciò non è automatico ne magico: i giochi di interazione necessitano di preparazione, e tanta tanta pazienza!

4. APPRENDERE MEDIANTE I GIOCHI DI INTERAZIONEIl ruolo dell’animatore è fondamentale in tutte le parti dell’incontro: non

possiamo permetterci il lusso di “accenderci” solo quando il gruppo deve svolgere il suo compitino. Gli occhi devono sempre essere aperti! Sembrerà banale, ma sin dall’accoglienza dei ragazzi nella sala dobbiamo allenarci a capire come sta ciascuno di loro: parliamo con i ragazzi, e soprattutto ascoltiamo le risposte!

Nel dettaglio possiamo dire che il gioco di interazione è l’intervento di un animatore che struttura l’attività dei partecipanti secondo specifiche regole al fine di raggiungere un preciso obiettivo. Spesso questi giochi riproducono, in modo semplificato, situazioni di vita e di gruppo: così facendo

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aiutano ad isolare alcuni importanti elementi su cui riflettere senza presenze distraenti. Il concetto di interazione comprende sia comunicazione verso l’interno che verso l’esterno. Ricapitalando:

- Regole precise!- Simulazione della realtà- Garanzie di sicurezza (non deve derivare ansia)!- Spazio di gioco!

In questo schema assume importanza capitare il fattore energia e quello tempo: non esiste apprendimento senza stress e di questo l’animatore deve tener conto nella gestione di un incontro, evitando accuratamente che la curva di attenzione cali drasticamente.

Nei giochi di interazione sono mediamente individuabili quattro tappe:Tappa 1 – Analisi della situazione del gruppo

L’animatore deve analizzare la situazione e i bisogni per scoprire in che modo sostenere il gruppo nel suo processo di apprendimento, questa fase iniziale è di particolare importanza.

Tappa 2 – Introduzione del gioco di interazioneUna volta scelta la tecnica, questa va introdotta con estrema chiarezza, esprimendo un chiaro stile di conduzione del gioco e l’accentuazione della libera volontà dei partecipanti.

Tappa 3 – Fase di sperimentazioneLa fase più “passiva”, l’animatore facilita l’esecuzione dell’attività programmata secondo il rispetto delle regole e osserva i partecipanti.

Tappa 4 – Valutazione e approfondimentoAnche qui il compito è di stimolo, di guida alla riflessione, di incoraggiamento a comunicare le esperienze. E’ importante stimolare i collegamenti tra le situazioni vissute e la vita quotidiana.Concludiamo con alcuni vantaggi e svantaggi dei giochi di interazione:

Vantaggi

Motivano all’apprendimento

Favoriscono lo sviluppo della personalità

Aiutano ad affrontare problemi complessi

Aiutano a vedere globalmente la propria esistenza

Svantaggi

Mancato riferimento alla vita quotidiana

Scarsa padronanza della tecnica da parte dell’animatore

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Mancata attenzione alle quattro fasi di sopra

Non consapevolezza del motivo per cui si usa la tecnica

5. COMPITO DELL’ANIMATORE NEL GRUPPO Il successo di un animatore di gruppo dipende in gran parte da una

preparazione adeguata. Essa include un'accurata diagnosi della propria persona e del suo ruolo, una diagnosi del gruppo, delle sue aspettative e disponibilità all'apprendimento, e una diagnosi dell'intera situazione di apprendimento. Per quanto riguarda il modo di procedere, l'animatore deve prendere in considerazione diverse alternative, poi deciderà quale procedimento offre l'aiuto più grande al gruppo concreto. In certe situazioni potrà poi modificare il suo metodo durante il lavoro. La sicurezza acquisita per mezzo di una buona preparazione conferisce all'animatore una certa facilità nel condurre il gruppo e gli dà la possibilità di presentare l'insieme delle sue proposte di lavoro in modo informale. In tal modo favorisce un clima che incoraggia a comunicare informazioni e sentimenti.Prima di stabilire come progetterà la situazione di apprendimento, quante informazioni teoriche darà, quali giochi d'interazione proporrà, ecc., l'animatore di gruppo deve porsi alcune domande fondamentali. Esse suonano molto generali, ma se non se le pone sarà facile che in seguito sorgano spesso frustrazioni per lui e per il gruppo, soprattutto nel caso in cui non si raggiungono gli obiettivi a cui si tende.

Chi sono io nei confronti di questo gruppo? Anzitutto va posta questa domanda che deve definire l'identità dell'animatore nei confronti del gruppo concreto. L'animatore deve domandarsi seriamente chi è in relazione al gruppo. Ha nel gruppo un ruolo legittimato? Quale? Come influenzerà la sua capacità di azione? Quali saranno gli interventi che potrà fare?

Chi c'è nel gruppo?E' inoltre importante sapere chi ci sarà nel gruppo.  Hanno già fatto parte di simili gruppi in precedenza, oppure questo è il loro primo gruppo di interazione? Come vivranno questa particolare situazione di apprendimento? Vengono volontariamente al gruppo o sono obbligati ad andarci? In quale misura i partecipanti si conoscono a vicenda e quali esperienze precedenti hanno gli uni degli altri? Quanto omogeneo o eterogeneo è il gruppo? Come reagiranno i

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partecipanti alla mia persona, al mio stile di animatore di gruppo e alla mia personalità?

Quali sono i miei obiettivi?Soprattutto nelle prime riunioni è importante che l'animatore si ponga obiettivi ben chiari. Se egli pensa solamente: «Vorrei aiutare i partecipanti»,  i suoi obiettivi non sono né chiari né sufficientemente elaborati. L'animatore di gruppo deve quindi chiedersi: «Quali sono precisamente i miei obiettivi riguardo a questo gruppo?».Di solito conviene formulare insieme con il gruppo gli obiettivi di apprendimento. All'inizio di una riunione l'animatore può comunicare in modo semplice e diretto i suoi obiettivi dicendo anche come li vuole raggiungere e in quanto tempo. Ciò dà ai partecipanti la possibilità di prendere posizione al riguardo proponendo anche delle modifiche.Questo non è però l'unico modo di procedere. L'animatore può anche chiedere ai partecipanti di esprimere le loro aspettative e i loro obiettivi, per decidere poi quanto lui possa e voglia collaborare con i partecipanti per raggiungerli.

Quale  «vocabolario» posso usare?Troppo spesso gli animatori di gruppo ritengono di usare parole o concetti che sono facilmente compresi dai partecipanti; la qual cosa non succede invece sempre.Più l'animatore si esprime in modo semplice, preciso e con esempi, e meglio è per il suo lavoro.

L’animatore, in un percorso formativo ben delineato, ha dei compiti precisi che deve sviluppare:

Promuovere la coesione del gruppoLa «coesione di gruppo» raramente si sviluppa da sé. Nella maggior parte dei casi l'animatore deve fare grandi sforzi per raggiungere con i partecipanti tale coesione.Questo vale anzitutto all'inizio del lavoro con un gruppo, quando non si sono ancora sviluppate solidarietà e fiducia reciproca. In questa situazione l'animatore deve impegnarsi affinché l'interazione fra i partecipanti diventi più intensa e più frequente. Un gruppo raggiunge la coesione desiderata solo a patto che i partecipanti si accorgano che nessun membro del gruppo riceve particolari favori. Questo vale anche per l'animatore. Anche lui deve poter essere considerato in un certo senso «uguale». Non deve parlare sempre né attrarre continuamente l'attenzione dei

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partecipanti su di sé, solo perché lui è l'animatore e ha quindi una certa responsabilità funzionale.L'animatore non deve essere «superattivo». D'altra parte non deve essere neanche troppo poco attivo. Perché si possa sviluppare la coesione del gruppo, i partecipanti devono cominciare a poco a poco a stimarsi reciprocamente, cosa che diventa molto difficile se l'animatore «osserva» le interazioni dei partecipanti da una posizione distaccata senza partecipare ad esse.

Nella fase iniziale l'animatore di gruppo deve osservare con molta cura gli schemi d'interazione del gruppo per vedere se ci sono già sottogruppi o se si stanno costruendo. Alcuni giochi d'interazione si prestano bene per verificare questo punto. Si può provare anche il seguente: l'animatore chiede ai partecipanti di girare per due minuti in modo disordinato. Dopo di che dà l'istruzione che il gruppo si divida in quattro sottogruppi, non necessariamente tutti eguali come numero di persone. La composizione di questi quattro sottogruppi sarà il tema della fase di approfondimento che seguirà.Quanto più grande è il gruppo, tanto più grande è la probabilità che alcuni partecipanti si mettano insieme in gruppi più piccoli sulla spinta di valori, convinzioni e situazioni di vita comuni. Di solito i membri del sottogruppo tendono a ignorare i partecipanti degli altri sottogruppi o ad aggredirli, mentre invece tendono a sostenersi reciprocamente e a confermarsi a vicenda. Se l'animatore non si accorge di una tale suddivisione in sottogruppi, il gruppo facilmente si spezza e ne vengono fuori gruppetti che potranno fortemente ostacolarsi l'un l'altro nel lavoro. Per cui è importante che l'animatore promuova interazioni fra tutti i partecipanti, e anzitutto fra quelli che si evitano vicendevolmente.

Riassunto per temiAnche in gruppi che si occupano di argomenti fissati già in precedenza,

l'animatore dovrebbe riassumere ogni tanto risultati e opinioni dei partecipanti per dare una visione d'insieme di quanto è stato detto, e per tirare le somme e sviluppare aspetti ulteriori. In questo l'animatore non si limiterà a ripetere parola per parola quanto è stato detto, ma parlerà piuttosto anche delle sfumature emozionali con cui si sono trattati tali problemi, e se necessario chiarirà anche elementi importanti del processo di gruppo.E' importantissimo che i pensieri e i sentimenti principali dei diversi partecipanti siano sintetizzati in modo breve e puntuale. L'animatore svolgerà questo compito con cautela, dato che non può essere sicuro di aver inteso o interpretato bene quanto i partecipanti hanno espresso.Questi riassunti vanno fatti quindi con prudenza. L'animatore potrebbe dire, per esempio: «Se ho capito bene, mi sembra che vogliate dire che. . .?», ecc. Se

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l'animatore di gruppo fa questi riassunti soprattutto nella fase iniziale in modo molto cauto, non corre il grosso rischio di irritare i partecipanti e di distruggere la coesione del gruppo. Inoltre evita di presentarsi da animatore onnisciente. Mentre riassume, l'animatore deve tener presente ovviamente anche il fatto che ci sono diverse opinioni. E chiaro che esse vanno tutte rispettate e menzionate. E decisamente importante che l'animatore colga anche le opinioni della minoranza e che le tenga in considerazione. Tenendo conto delle diverse posizioni e opinioni, egli non solo favorisce l'ulteriore discussione, ma evita pure facili compromessi e incoraggia tutti ad affrontare le differenze in modo costruttivo. I riassunti dell'animatore danno inoltre ai partecipanti l'opportunità di verificare personalmente se hanno afferrato quanto è stato trattato nel gruppo. Coll'andare del tempo si arriverà al punto in cui gli stessi partecipanti faranno tali riassunti.

Promuovere l'interazione all'interno del gruppo Molto frequentemente l'interazione all'inizio della vita dei gruppi è limitata.

L'animatore deve prepararsi a tali situazioni. All'inizio i partecipanti si rivolgono spesso esclusivamente all'animatore perché egli viene percepito come «leader». I partecipanti lo interrogano, vogliono sentire il suo parere su tutto, è lui che deve risolvere i conflitti, che deve divertire i partecipanti, che deve provvedere affinché il gruppo abbia un compito, ecc. I partecipanti chiedono il suo intervento, si vogliono far proteggere e guidare da lui. In questa fase di «dipendenza» il gruppo attribuisce inconsciamente all'animatore funzioni che potrebbe svolgere lui stesso con le proprie forze. L'animatore terrà conto di questa «legge naturale» giocando, all'inizio del lavoro con un gruppo, un ruolo più attivo e maggiormente strutturante. Col passar del tempo diminuirà la sua attività e i suoi interventi, prendendo un po' di più il posto di osservatore.

La qualità dell'interazione all'interno del gruppo dipende poi anche dalla «disposizione fisica», vale a dire dal modo in cui le persone si mettono sedute. L'uso di tavoli limita quasi sempre l'interazione fra i partecipanti, e quelli rettangolari sono ancora peggio di quelli rotondi. Il motivo è che non tutti i partecipanti sedutisi intorno a un tavolo rettangolare si possono guardare in faccia vicendevolmente. Dato che usiamo innanzitutto due «canali» della comunicazione, e cioè la vista e l'udito, risulta più favorevole alla comunicazione quel modo di sistemare le sedie che permette l'uso di ambedue i «canali», cioè il cerchio. La soluzione ottimale è pertanto quella di sistemare le sedie a forma di un cerchio senza servirsi di un tavolo. In tal modo non si può usare dei mobili come di barriere di difesa psicologica, e in più si favorisce la mobilità dei partecipanti.

Risolvere conflitti

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In tutti i gruppi esiste un certo potenziale di conflitti. I motivi di tali conflitti sono molteplici: frustrazione perché esigenze individuali non sono state appagate, obiettivi opposti da parte dei diversi partecipanti, rivalità inespressa, arrabbiature non manifestate, delusione riguardo al modo con cui l'animatore svolge il suo compito, ricerca di orientamenti definiti, e paura di una nuova e più difficile situazione.In alcuni gruppi conflitti inespressi possono condurre al punto in cui degenera del tutto la comunicazione del gruppo e si scatena una guerra a colpi di spillo.

Promuovere la tolleranzaTalvolta c'è nei gruppi troppo poca disponibilità a lasciar lavorare i

partecipanti secondo il loro «ritmo» personale, e si cerca di rompere con forza i meccanismi di difesa o di isolare i partecipanti che non agiscono subito secondo le norme del gruppo. L'animatore richiamerà allora l'attenzione su questo comportamento e interverrà a favore dei partecipanti «compressi». Se invece un membro del gruppo è talmente fuori fase nel suo modo di comportarsi da non riconoscere non solo la sua opposizione agli obiettivi comuni di apprendimento, ma da essere anche terrorizzato da ciò che capita nel gruppo e da sentirsene minacciato, allora l'ulteriore partecipazione di costui può essere di gran peso sia per lui stesso che per l'animatore e per l'intero gruppo. In questa situazione l'animatore deve chiedersi se possa rischiare di continuare a far partecipare questo membro manifestamente disturbato. Non è certo facile chiedere a un membro di lasciare il gruppo. Tuttavia ci sono dei casi in cui l'animatore deve prendere una tale decisione radicale. Egli deve però agire con grande tatto.

Tener conto delle resistenze personaliL'animatore di un gruppo d'interazione deve avere sufficiente comprensione

per le diverse sensibilità e la necessità dei meccanismi di difesa. Essi vanno rispettati. Tempo e pazienza da parte dei membri del gruppo e da parte dell'animatore sono presupposti importanti per lo sviluppo della personalità. E crudele e oltremodo improduttivo aggredire un singolo partecipante o rimproverarlo per togliergli i suoi abituali meccanismi di difesa. Se l'animatore attacca un membro del gruppo perché rifiuta di adattarsi ai suoi ritmi temporali e di realizzare i cambiamenti da lui immaginati, questo animatore agisce in modo sciocco e irresponsabile.

L'animatore di gruppo deve far sì che le diverse situazioni di apprendimento corrispondano ai seguenti principi dell'apprendimento psicosociale:

• L'apprendimento si verifica quando il soggetto si impegna a livello emozionale.

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• Colui che apprende deve quindi essere attivo, e cioè deve entrare in relazione con gli altri membri del gruppo • Egli deve approfondire a livello cognitivo le sue proprie osservazioni, raccogliere dati sulle conseguenze del modo di comportarsi proprio e altrui, e saper valutare queste osservazioni secondo i principi fondamentali dell'apprendimento sociale e individuale.• Compito dell'animatore è di favorire nel gruppo un clima che stimoli un approfondimento basato sull'esperienza, clima caratterizzato dalla disponibilità e dall'apertura a sperimentare nuovi modi di comportamento.• Non si può fare a meno di esperienze concrete «qui-ora» se si vuole conoscere se stessi e studiare il processo di gruppo. • Ciascun partecipante deve trovare uno sfondo e un punto di riferimento psicologico che gli permettano di trasferire le esperienze di apprendimento dall'ambito del gruppo alla sua vita quotidiana, per compiere lì ulteriori esperimenti.

Esistono, infine, compiti specifici che riguardano i partecipanti al gruppo:

AscoltareUno dei compiti più importanti dell'animatore è di ascoltare con grande

attenzione tutto ciò che dicono i partecipanti. Allora egli cercherà di entrare nella prospettiva esperienziale di colui che parla, per poter capire bene i suoi processi mentali ed emotivi. L'animatore si mette, per così dire, gli occhiali dell'altro per cercare di vedere le cose nello stesso modo. Si tratta dell'empatia: assumere un angolo di visuale che non è il nostro.Ciò richiede la disponibilità ad abbandonare di tanto in tanto il proprio punto di vista, a dimenticare le proprie idee per entrare totalmente nel mondo dell'altro.Questo modo di ascoltare presuppone da parte dell'animatore il desiderio di comprendere veramente bene chi sia l'altro e cosa voglia esprimere. L'animatore deve avere l'intenzione di stare accanto all'altro, rispettando i suoi pensieri, sentimenti e opinioni. Quando ascolta, non penserà: «Però dovresti vedere tutte queste cose da un altro punto di vista»; ma dirà invece dentro di sé: «Voglio proprio sforzarmi di vedere le cose così come le vedi tu». Dato che non possiamo mai essere completamente sicuri di aver capito bene ciò che ha detto l'altro, è importante controllare la precisione di ciò che abbiamo afferrato. Una buona possibilità per limitare fraintendimenti e per evitare che sia alterato quello che dice l'altro, consiste nel ripetere con le proprie parole ciò che l'altro ha detto, per vedere poi se abbiamo capito bene o meno. Un buon animatore cercherà quindi abbastanza spesso di ripetere con le proprie parole le affermazioni emozionali o intellettuali dei partecipanti per essere sicuro di aver capito bene.

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La disponibilità ad ascoltare con attenzione da parte dell'animatore facilita la disponibilità dei membri del gruppo al cambiamento.

Per molti partecipanti è in un primo momento abbastanza inusuale se l'animatore risponde a una affermazione dicendo semplicemente: «Tu dici quindi che questa cosa è così e così.. .», appunto perché aspettano che l'animatore confermi o neghi quanto è stato detto. Ma presto impareranno che l'ascolto al fine di comprendere non include l'acconsentire al contenuto dell'affermazione.

Bloccare appelli di cambiamentoIl nemico più grosso di qualsiasi cambiamento è la costrizione. Se qualcuno

viene costretto a soffocare la propria aggressività, potrà forse evitare che essa si manifesti apertamente, spesso però reagirà comunque in modo aggressivo, anche se lui stesso non se ne accorge, manifestando tale aggressività attraverso la struttura delle sue azioni. Se invece uno si accorge che ha a volte impulsi aggressivi e accetta l'esistenza di tali impulsi, troverà mezzi e vie per vivere la sua aggressività in un modo che non danneggia gli altri.

Non è possibile creare subito nel gruppo un clima che sia assolutamente privo di appelli al cambiamento. L'animatore può però favorire nel gruppo un'atmosfera in cui i partecipanti si accettano a vicenda, evitando lui stesso ogni tipo di costrizione che tende a «cambiare» i partecipanti, e avvertendoli che certe reazioni spaventano gli altri.

Elenchiamo alcune classi di appelli al cambiamento mediante i quali si cerca di «manovrare» gli altri. Caratteristico è ogni volta il fatto che il modo in cui gli appelli al cambiamento vengono espressi, fanno vedere all'altro che qualcuno lo vuole dominare, giudicare, gli vuole dare consigli o ha intenzione di criticarlo. Non è trattato quindi come una persona adulta che gode degli stessi diritti degli altri, ma piuttosto come un bambino cui si deve spiegare come una cosa va fatta.

•ValutazioneA questa classe appartengono affermazioni che condannano, che sono moralistiche o che giudicano.Alcuni esempi: «Ma tu sbagli sempre... Hai torto... Che stupidaggine... Impieghi troppo tempo... Che ridicolo che sei...». Ovviamente fanno parte di questo gruppo anche segnali di critica non espressi con parole, ad esempio: sorridere di qualcuno, deriderlo, arricciare il naso, ecc. Tutte queste reazioni mostrano l'intenzione di far pressione su qualcuno, perché si comporti diversamente.

Quanto si verifica un simile tentativo di «controllo», molti reagiscono tirandosi indietro, e investono così le loro energie in meccanismi di difesa e non invece in contributi a realizzare il compito del gruppo.

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• Dare ordiniFanno parte di questa classe le affermazioni mediante le quali si danno ordini o comandi, si avanzano delle pretese, si pongono degli ostacoli agli altri: «Devi fare questo... Calmati... Non essere triste... Devi stare attento...». Vi appartengono pure affermazioni con cui si esprime un obbligo o si ammonisce: «Dovresti essere più sicuro... Sarebbe meglio se tu cambiassi... Questo un'altra volta non lo dovresti fare...».Tali affermazioni non accettano l'altro così come è, anzi pretendono un cambiamento da parte sua. Gli si ordina di pensare, sentire e comportarsi diversamente. Consapevolmente o meno, si è costretti facilmente a pensare: «Devo cambiare... Farei un piacere all'altro se cambiassi».Quando ci si imbatte in affermazioni del genere, I'animatore dovrebbe richiamare che non ci sono modi di comportarsi giusti o sbagliati, e che il cambiamento di uno è possibile solo quando rappresenta un suo sviluppo interiore.

• Aiutare e consolare

Molti non sopportano che uno sia triste o che magari si metta a piangere; iniziano subito a consolarlo, e offrono troppo presto aiuto e conforto: «Non essere così triste... Ma non è poi tanto grave... Su, non te la prendere troppo...». Non vedono che sentimenti, e quindi anche sentimenti di tristezza, di solito vanno vissuti fino in fondo perché l'interessato possa poi passare ad altri sentimenti. Quasi sempre tali consolatori aiutano, più che altro, se stessi, perché così non devono poi provare loro stessi sentimenti tristi. E inoltre con tali prestazioni di aiuto il consolatore può dimenticare i propri guai, dato che ha tanta forza da poter aiutare un «debole».

Dare sostegno e protezioneA volte qualcuno del gruppo ha veramente bisogno del sostegno

dell'animatore, sostegno che può essere molto importante se si tratta di uno che non è ancora molto accettato, oppure di un nuovo membro del gruppo che non si sente ancora a suo agio, o se l'atteggiamento del gruppo nei confronti di qualcuno è particolarmente critico o addirittura nemico.

Integrare coloro che stanno zittiL'animatore deve far sì che tutti possano partecipare nella stessa misura alla

vita del gruppo, per cui richiamerà l'attenzione dei membri molto dominanti al fatto che così tolgono ad altri la possibilità di partecipare. Ma di solito è meglio se l'animatore dà ai «silenziosi» la possibilità di parlare fra di loro sulla loro

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situazione.

Porre domandeUno dei compiti essenziali dell'animatore è quello di aiutare ogni partecipante

a diventare maggiormente consapevole di che cosa fa, che cosa evita, quali sentimenti prova, quali sono i suoi fini. Sono assolutamente vietate le domande «perché», dal momento che sollecitano troppo facilmente speculazioni psicologiche e disperdono inutilmente energia intellettuale. Cattivi animatori pongono domande che non chiedono la fatica di riflettere e di prendere una propria personale posizione, o fanno domande nel momento sbagliato, per esempio introducendo argomenti che al momento non hanno nessuna importanza per il gruppo .

Espressione di affetto e tenerezzaMolti – in modo particolare i maschietti! – hanno grossa difficoltà a esprimere

i loro sentimenti di affetto e tenerezza. In tal modo si privano della possibilità di esprimere e mettere in atto una componente essenziale della loro personalità. Nello stesso tempo intimidiscono altre persone che vorrebbero mostrare loro apertamente affetto e amore. Intorno a loro si crea a volte un freddo clima di mania del lavoro e falsa praticità.Come animatore maschio, spero di poter incoraggiare i partecipanti a esprimere apertamente i loro sentimenti, anche i più teneri. Se io sono anche dolce nei confronti degli altri e faccio capire che anche a me fa piacere ricevere gesti affettuosi, allora posso aiutare gli altri perché esprimano anche loro più spontaneamente i sentimenti di tenerezza che provano. Tra questi è compresa anche l'espressione fisica di affetto e tenerezza, per esempio l'abbraccio, il gioire con un partecipante, o il prendere a braccetto uno che si sente momentaneamente solo e il mettersi seduto accanto a lui. Il contatto fisico dell'animatore con i partecipanti sia un aspetto importante del suo comportamento all'interno del gruppo. Ciò presuppone però che l'animatore sia sicuro dei suoi sentimenti e che non usi il contatto fisico per nascondere la propria insicurezza.Non va affatto bene se l'animatore gira nel gruppo abbracciando indifferentemente tutti. Se l'animatore vuole esprimere il suo affetto a un partecipante (maschio) e però sa che costui probabilmente resterebbe turbato davanti a un gesto di affetto, allora può andar bene una specie di “lotta” o qualcosa di simile. Anche così infatti può realizzarsi un contatto fisico, solo che questo avviene in modo che spaventa di meno.

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6. DINAMICHE DI GRUPPOAll’interno di un gruppo, o fra sottogruppi, si stabiliscono legami soggetti a un

cambiamento che derivano da una interferenza fra le condizioni individuali, caratteristiche di ciascun partecipante, e quelle gruppali, dovute alle interazioni sociali e alle percezioni interpersonali. La dinamica di gruppo si propone quindi di analizzare l’andamento delle relazioni gruppali; la sua struttura e il suo fluire. Esistono una serie di caratteri comuni che sono ritrovabili all’interno di ogni gruppo.1. Senso di radicamento o appartenenza. Si tratta del sentimento connesso al sentirsi appartenente a un gruppo; condividere questo regime di appartenenza con gli altri, sentirsi bene accettato e nello stesso tempo accettare l’altro proprio in virtù di un radicamento comune. L’appartenenza dipende da alcuni fattori principali come l’identificazione e cioè la scoperta di una comune base ideologica che sta a monte dei comportamenti e dei "credo" dei membri. Questa base ideologica può essere legata a vere e proprie filosofie di vita, credenze religiose, idee politiche.2. L’interdipendenza. L’appartenere a un gruppo determina una interdipendenza fra elementi soggettivi ed elementi intersoggettivi, elementi cioè che appartengono alla intimità di ogni individuo ed altri appresi invece a contatto con il gruppo. Le motivazioni, i comportamenti, gli atteggiamenti e le modalità relazionali assumono connotazioni tali da rendere interdipendente in senso dinamico il rapporto individuo-gruppo. Possiamo sostenere che la personalità sia in parte costruita sulla base di questa trama relazionale e gruppale. Ogni soggetto appare perciò - da un simile punto di vista - inserito in diversi contesti gruppali, come la famiglia, la scuola, altre comunità, che finiscono con il concorrere a formare la personalità e a orientarla in direzioni condivise a vari livelli.3. Coesione di gruppo. Il gruppo si fonda solitamente su una certa dose di coesione. La coesione rappresenta il grado di solidarietà che è presente fra gli appartenenti al gruppo. Occorre infatti condividere le regole per poter far parte di una entità gruppale. La coesione tuttavia non sembra semplicemente collegata a fattori di natura razionale 4. Definizione di una leaderschip. La definizione di una leaderschip all’interno di un gruppo dipende dal grado di differenziazione di ruoli che ha prodotto una organizzazione in senso gerarchico. Il leader di un gruppo deve possedere alcuni requisiti riconosciuti dagli appartenenti al gruppo: una abilità tecnica speciale relativa agli interessi particolari dell’aggregazione; un buon livello di gradevolezza affettiva.

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5. La socializzazione. La socializzazione costituisce un aspetto della realtà microsociologica, che la dinamica di gruppo concorre ad approfondire fino a coglierne gli aspetti più profondi, legati ai fini che essa si prefigge. In tale ambito il sociogramma può costituire una base abbastanza sicura di dati relativi alla struttura di un gruppo per potere poi intervenire al suo interno mediante la scelta di metodologie appropriate dal punto di vista dinamico.

7. DIGESTIVORiassumendo, senza avere la pretesa di essere definitivi…Una tecnica di animazione va presa per quello che è: un aiuto a svolgere un progetto educativo e di formazione; una tecnica non sostituirà mai l'assenza del suo contenuto, di obiettivo. Un'attività ludica, nella sua realizzazione, nel suo svolgimento, permette ad un gruppo di conoscersi, mette in luce i comportamenti e le capacità degli uni e degli altri, adulti e giovani, consente a tutti di sentirsi inseriti e favorisce la coesione del gruppo. Perciò è importante tener conto delle indicazioni che precedono la spiegazione di un tecnica: età, numero, tipo di incontro, luogo, periodo dell'anno. Queste pagine non offrono necessariamente idee su un argomento, un tema; espongono piuttosto una o più maniere di affrontarli e questi modi di proporre un tema o una situazione sono tecniche che l'animatore deve conoscere. Sono gli attrezzi della cassetta di strumenti per il gruppo degli animatori e uno strumento, qualunque sia, è utile solo quando lo si sa usare e quando l'esperienza degli uni arricchisce quella degli altri. ciò è possibile con un lavoro di preparazione, talvolta di sperimentazione, insieme.

Vi sono fondamentalmente tre diversi tipi di materiali: le tecniche di presentazione per conoscersi e lavorare insieme; le tecniche di chiarificazione del tema, del problema o delle aspettative in un incontro di gruppo; le tecniche per la verifica degli incontri e del lavoro svolto.- Molti dicono di non vedere nei vari incontri di gruppo la necessità di

presentazioni tra gli intervenuti; tutt'al più, un semplice giro di nomi. "Noi conosciamo gli altri a mano a mano", dicono. Ma spesso i partecipanti agli incontri e attività non si conoscono, vedono dell'altro soltanto un aspetto. Ciò limita seriamente la loro efficacia nel lavoro di gruppo.

- Le chiarificazioni sono esercizi per migliorare la qualità della comunicazione all'interno dei gruppi. Possono fornire l'opportunità ai timidi e ai meno dinamici

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Ora, quando avrai finito di leggere questo libro, vi legherai una pietra e lo getterai in mezzo all’Eufrate

Ger 51,63

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di partecipare più del solito, e permettono a tutti di capire ciò che viene proposto e discusso.

- Le verifiche fanno parte dell'apprendimento. Valutando sistematicamente i risultati di ciò che si fa, si può imparare come migliorare. La maggior parte delle persone verifica inconsciamente gli effetti di ciò che fa e di ciò che continuamente le succede intorno, ma quando sono implicati i gruppi, bisogna esplicitare e confrontare le diverse esperienze e valutazioni per trarne suggerimenti per eventuali miglioramenti. Le tecniche qui suggerite possono aiutare in questo processo che comprende la condivisione delle analisi individuali, l'assunzione da parte di tutti dei dati emersi, il proporre correttivi efficaci. Gli esercizi non forniscono risposte magiche, ma possono facilitare la conoscenza reciproca e rendere più piacevole ed efficiente il lavoro di gruppo.

BIBLIOGRAFIA

M. Jelfs Tecniche di animazione per la coesione nel gruppoK. Vopel Manuale per animatori di gruppoD. Sigalini Animatore: dalla parte delle ragioni della vita

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