Annalisa Gasparre - Passi di danza sulle note del Cultural Offence

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    Prima Edizione, Novembre 2011

    Copertina:Circoncisione (Circumcision), gennaio 1946

    Olio su tela, 142,3 x 168 cmCollezione Peggy Guggenheim, Venezia 76.2553 PG 145

    Jackson Pollock, by SIAE 2008

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    Da anni parliamo della comunicazione e di una societ costruita attorno allacomunicazione.In pochi vivono dentro la comunicazione.

    Vivere dentro la comunicazione significa pensare per connessioni, imparare daiproblemi, sviluppare e formalizzare il pensiero. Vivere nella comunicazione significaavere un progetto didascalico.

    Nel corso degli ultimi anni lo sviluppo dellinformatica e della telematica ha apertouna nuova dimensione alla comunicazione visiva e alla fruizione dei testi: quelladellinterazione cibernetica mediata da oggetti grafici.

    Tutto cambia: cambiano gli artifici visivi, la interazione relazionale; cambianoi tempi, gli spazi, i processi di significazione, la partecipazione, le sensazioni, leriflessioni; cambia la politica, leconomia, la progettazione, la programmazione, ilinguaggi; cambiano gli stimoli percettivi, in dispositivi semiotici, gli oggetti duso;cambia infine la scrittura in un lessico fatto prevalentemente di interfacce grafiche,

    iconiche, da quando cursori e pulsanti hanno sostituito penne e calamai popolandoormai il nostro spazio operativo di nuove funzioni Touch Screen. Ormai siamodefinitivamente nella comunicazione, dentro la florida e incessante dinamica dellaipermedialit.

    Ma non cambiamo noi. Cambiano molto pi lentamente le nostre capacit cognitivee culturali. Apprendiamo con le vecchie metodologie, le scuole e le universitcontinuano ad ignorare i processi di apprendimento nuovi della societ dellacomunicazione. Tra la vita scolastica istituzionale, pubblica e privata, e i processi diapprendimento della societ della comunicazione c un vuoto in cui crollano quasitutte le professioni.

    Il Glocal University Network ha la grande ambizione di coprire quel vuoto, dientrare nella comunicazione globale con una serie di strutture universitarie locali,organizzate in sintonia con la multimedialit della nuova didattica

    Liliana Montereale

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    Profilo Biografico

    Annalisa GasparreLaureata a pieni voti nel 2006allUniversit degli Studi di Pavia con una tesiin Criminologia dal titolo La vittima del reatonellordinamento giuridico italiano, poi pubblicata con iltitolo Dal vittimismo al protagonismo. Analisi di politicacriminale.E dottoressa abilitata al patrocinio a norma dellart. 1 dellalegge 24.07.1985 n. 406 dal 2008, iscritta al registro speciale

    dei praticanti dellOrdine degli Avvocati di Vigevano (PV).Collabora con alcuni studi legali nel distretto della CortedAppello di Milano, offrendo assistenza e consulenza legalein materia civile e penale.Scrive per alcune riviste giuridiche telematiche, tracui Penalecontemporaneo.it, Persona&Danno.it,Osservatoriosullalegalit.org, Infocds.it su argomentieterogenei, tra cui spiccano quelli inerenti il diritto e la

    procedura penale.Attualmente si sta occupando di un progetto editorialeconcernente i diritti dei soggetti incapaci di intendere e divolere.

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    Fatto e diritto

    1. La Corte dAppello di Venezia, con sentenza 12/10/2009, confermava la

    decisione 8/11/2007 del Tribunale di Padova, che, per quanto qui interessa, avevadichiarato K..S. , cittadina nigeriana, colpevole di concorso nel delitto di cui allart.348 cod. pen. e laveva condannata, previa concessione delle circostanze attenuantigeneriche, a pena ritenuta di giustizia e al risarcimento dei danni in favore dellacostituita parte civile.

    Laddebito specifico mosso allimputata di avere fatto sottoporre, la seradel (omissis) , il proprio figlio E.F.O. , nato (omissis) precedente, a intervento dicirconcisione da parte di soggetto non abilitato all esercizio della professione medica,

    con la conseguenza che il neonato, poche ore dopo lintervento subito, aveva avutouna imponente emorragia, che ne aveva imposto il ricovero durgenza in ospedaleper gli interventi terapeutici del caso.

    Il Giudice distrettuale riteneva che lintervento di circoncisione andavaqualificato come atto medico, sia in ragione della materialit dellatto che,interferendo sullintegrit fisica, non pu prescindere dallattenta valutazione dellecondizioni del soggetto che lo subisce, sia in considerazione del fatto che richiede

    capacit tecniche e conoscenze di medicina tali da dovere essere riservato solo aisoggetti abilitati alla professione medica.

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    Sottolineava, inoltre, alla luce di quanto emerso dalla espletata istruttoria, chelimputata aveva deciso di sottoporre il figlio di poche settimane alla circoncisione

    per motivi culturali - religiosi, anche se tale pratica non costituiva un rito dellafede religiosa professata, bens una condotta in uso nella comunit di appartenenza(di fede cattolica), con leffetto che la scelta operata doveva essere apprezzata comeuna mera manifestazione della cultura assunta dallimputata e non era, quindi,invocabile la scriminante dellesercizio del diritto di professare liberamente lapropria fede religiosa. Lerrore-ignoranza dellimputata circa la natura di attomedico dellintervento di circoncisione, in quanto incidente sul precetto penale, eraprivo di rilevanza, ai sensi dellart. 5 cod. pen.. Precisava, infine, che la sofferenzaprovocata al neonato dallintervento e dalle successive complicazioni integrava il

    danno morale, al cui risarcimento limputata era tenuta.

    2. Ha proposto ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, limputata,deducendo:

    1) erronea applicazione della legge penale, con riferimento allart. 348 cod.pen., e vizio di motivazione circa lindividuazione della nozione di atto medico,nella quale non pu essere ricondotta la circoncisione rituale, non avendo la stessafinalit terapeutiche, non essendo finalizzata alla cura della salute psico-fisica del

    soggetto ed essendo caratterizzata, specie se eseguita su neonato, da una estremasemplicit;

    2) violazione dellart. 55 cod. pen. in relazione agli artt. 51 cod. pen., 19 e 30 Cost.,non essendosi considerato che era difettata in lei la consapevolezza di sottoporre ilproprio figlio ad un intervento di competenza medica, essendo incorsa, per eccessodi colpa, in errore circa i limiti entro cui le era consentita, in aderenza alla propriatradizione culturale, la pratica della circoncisione;

    3) violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza del nesso causale tra

    lipotizzato reato di cui allart. 348 cod. pen. e il danno morale lamentato dallaparte civile. 3. Il ricorso fondato e deve essere accolto. Vengono in rilievo, nel casoin esame, delicati aspetti giuridici connessi alla pratica, nella societ occidentalee, in particolare, nel nostro Paese, della circoncisione c.d. rituale e, quindi, nonterapeutica da parte di soggetti di diversa etnia, che, per tradizione culturale oreligiosa, sono ad essa favorevoli.

    La questione centrale attiene al profilo medico insito nella circoncisione eseguitaper motivi rituali. Questa solitamente percepita da un medico occidentale comeuna mutilazione genitale per il bambino e una palese violazione del fondamentale

    comandamento che deve ispirare l attivit del sanitario: primum non nocere.

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    In sostanza, si tratterebbe comunque di un atto medico, perch, pur in assenzadi finalit terapeutica, interferisce sullintegrit fisica della persona, presuppone unattento esame delle condizioni della medesima prima di essere eseguito, richiedelosservanza di determinate tecniche e di opportune precauzioni, impone ilmonitoraggio del decorso post-operatorio per prevenire eventuali complicazioni.

    Tale percezione, per, non , di per s, decisiva per la soluzione della questionesottoposta allattenzione di questa Corte, in quanto non tiene conto della complessaproblematica connessa alle ragioni e al forte carico simbolico che connotano lapratica della circoncisione rituale in determinati contesti.

    Non pu essere sottaciuto, infatti, il significato che tale pratica assume da partedi aderenti ad una determinata fede religiosa, che propria di due tra le religionimonoteiste, lebraismo e lislamismo.

    Quanto al primo, in particolare, che si richiama solo esemplificativamente, ilriferimento nella Bibbia alla circoncisione come patto di sangue, come alleanzatra Dio e il popolo ebraico ripetuto a partire dalla Genesi; la pratica di tale ritonellosservanza di rigide regole rappresenta, considerate le profonde radici dellacivilt ebraica in occidente, una forte sfida culturale sia per limponenza (sotto ilprofilo numerico) del fenomeno che per le tematiche in esso coinvolte.

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    Lintreccio tra circoncisione e identit ebraica reale e non pu essere ignorato,come non possono essere ignorati i limiti medici e legali che attengono al nucleopi profondo del nostro ordinamento, che appresta particolare tutela al rispettodei diritti individuali e alla salute psico-fisica di ogni membro appartenente allasociet.

    necessario, quindi, verificare se possibile conciliare - ed entro quali limiti- allo stato della legislazione vigente, tali opposte esigenze: da un lato, la volontdi determinate minoranze che vivono in Italia di rivendicare lappartenenza allapropria etnia e losservanza delle proprie tradizioni; dallaltro, il rispetto dellenostre regole.

    Legge, religione, tradizione culturale e medicina vengono a confronto.

    Una societ multietnica, che accetta pi o meno consapevolmente ilmulticulturalismo, non pu ignorare una certa dose di relativismo culturale, checonsenta di guardare ad altre civilt senza giudicarle secondo i propri parametri.Ne consegue che lapproccio alla delicata questione in esame, per le implicazioni dicarattere etico e giuridico che vengono in rilievo, deve essere guidato da una prudentee illuminata interpretazione delle norme di riferimento, senza sottovalutare lapeculiare posizione del soggetto coinvolto nellatto rituale incriminato.

    3.1. Osserva la Corte che sul tema della circoncisione rituale non esiste in Italiauna espressa normativa di legge, che specifichi il soggetto che pu praticarla e il

    luogo in cui pu essere praticata.Richiamando ancora lesempio di cui al punto che precede, la circoncisione

    rituale dellebraismo una cerimonia religiosa (brit milah: patto del taglio) concui si da il benvenuto ai neonati maschi nella comunit, effettuata, solitamente incasa o in altro luogo privato, dal mohel allottavo giorno dalla nascita del bambino;il padre del neonato, avendo lobbligo biblico di eseguire la circoncisione e nonavendo la formazione medica necessaria, affida tale compito al mohel, che di solito un medico o comunque una persona specializzata nella pratica della circoncisionee dei relativi rituali.

    La legge 8/3/1989 n. 101, dando attuazione allIntesa stipulata il 27/2/1987,contiene norme per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e lUnione delleComunit Ebraiche Italiane. Tale normativa contiene un implicito riconoscimentodella conformit della pratica circoncisoria ebraica ai principi dellordinamentogiuridico italiano, come si evince indirettamente dal combinato disposto degli artt.2, comma 1, e 25, in forza dei quali garantito il diritto di professare e praticareliberamente la religione ebraica in qualsiasi forma...e di esercitarne in privato o inpubblico il culto e i riti, con la precisazione che lattivit di religione e di culto si

    svolge liberamente in conformit dello Statuto dellebraismo italiano, senza alcuna

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    ingerenza da parte dello Stato, delle Regioni e degli altri Enti territoriali.

    La circoncisione rituale praticata dagli ebrei su neonato deve, pertanto, ritenersinon in contrasto con il nostro ordinamento e ha una preminente valenza religiosache sovrasta quella medica, con leffetto che giammai il mohel potrebbe incorrerenel reato di esercizio abusivo della professione medica e la sua condotta, che

    oggettivamente integra il reato di lesione personale, scriminata, se non determinauna apprezzabile lesione permanente e non mostra segni di negligenza, imprudenzao imperizia.

    La scelta fatta dal legislatore del 1989 con la legge innanzi richiamata , peraltro,in linea con diritti presidiati dalla Carta Costituzionale.

    Il riferimento allart. 19 Cost., che riconosce il diritto alla libert di religione,purch non vengano compiute pratiche contrarie al buon costume, ipotesi questa daescludere per la circoncisione, che non pu certo considerarsi una pratica contrariaai principi etici o alla morale sociale e non pregiudica la sfera dellintimit e della

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    decenza sessuale della persona.

    Non superfluo, inoltre, il riferimento allart. 30 Cost., che riconosce il diritto-dovere dei genitori di educare i figli e ovviamente leducazione religiosa rientra intale parametro costituzionale.

    Quanto al delitto di lesione personale, astrattamente ipotizzabile, la causa digiustificazione a favore del mohel trova titolo nel consenso dellavente diritto (art.50 cod. pen.), prestato validamente ed efficacemente dai genitori del neonato, per ilcompimento di un atto che rientra tra quelli consentiti di disposizione del propriocorpo (art. 5 cod. civ.), in quanto non determina una menomazione irreversibilecon indebolimento permanente e non modifica sostanzialmente il modo desseredellindividuo sotto il profilo dellintegrit funzionale o sotto quello della capacitdi vita di relazione.

    3.2. Non pu omettersi di considerare, per, che il significato della circoncisionenon terapeutica spesso riconducibile a motivazioni che esulano da esigenzereligiose e identitarie e affondano le loro radici soltanto in tradizioni culturali edetniche, assolutamente estranee alla cultura occidentale e non sempre compatibili,sul piano operativo, con la nostra legislazione.

    Non pu essere ignorato, infatti, che in molti casi lesecuzione dellinterventocruento, a differenza di quanto accade nel mondo ebraico, affidata a persona nonqualificata, non dotata cio di adeguata e riconosciuta competenza, che vi procede in

    modo empirico e senza alcuna concreta garanzia circa la sua corretta effettuazione,lo scrupoloso rispetto delligiene e dellasepsi, la continuit dellassistenza anchedopo lintervento, con conseguente intuibile pericolo per la salute del bambino,alla quale invece il nostro ordinamento impone di dare maggior peso rispettoai contingenti fattori culturali ed etnici che ispirano, in certi contesti sociali, lapratica di cui si discute.

    Tanto riscontrabile nella vicenda che vede coinvolta la nigeriana K..S.

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    Costei, pacificamente di fede cattolica, decise di fare sottoporre il proprio figliodi appena un mese a circoncisione, adeguandosi ad una pratica in uso presso lacomunit di appartenenza e notoriamente estranea al rito della religione cattolica;

    in sostanza, la scelta operata dalla predetta va letta come espressione della culturadalla medesima interiorizzata nellambito della comunit di provenienza e nulla hada condividere con la circoncisione rituale di matrice religiosa praticata dagli ebrei,sicch non invocabile, nella specie, lesercizio del diritto di professare liberamentela propria fede religiosa.

    Limputata affid il compito di eseguire lintervento circoncisorio ad una nonmeglio identificata donna nigeriana, certamente priva, per ammissione implicitadella stessa imputata, di qualsiasi professionalit adeguata al caso, se vero che il

    bambino, subito dopo l intervento, evidenzi unemorragia cospicua e irrefrenabilecon necessit di ospedalizzazione e trattamento terapeutico complesso, persuperare la fase di criticit che aveva addirittura posto in pericolo la sua vita.

    Nella descritta situazione, non si pu prescindere dalla considerazione che ildiritto, necessariamente tributario della scienza medica, non pu sottovalutare ladelicatezza dellintervento di circoncisione, che, per quanto semplice, interferiscecomunque sulla integrit fisica della persona, comporta una manipolazione delcorpo umano potenzialmente rischiosa per la salute e oggettivamente, pur inassenza di preventive finalit terapeutiche, sostanzialmente un atto di natura

    medica (trattasi di vero e proprio intervento chirurgico), che non pu essere affidato

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    al libero esercizio di una qualsiasi persona, ma deve essere eseguito, di norma, daun medico, che soggetto professionalmente attrezzato per assolvere tale compito.

    N, nella situazione in esame, che attiene - come si precisato - alla circoncisionemotivata da tradizioni etniche, soccorre, a differenza di quanto previsto per il rito

    religioso ebraico, una qualche previsione legislativa del nostro ordinamento, chelegittimi una tale pratica, sganciata da ogni regola; nel caso specifico, quindi, nonpu che operare la riserva professionale, finalizzata a garantire la qualificazione ela specifica competenza della persona che deve procedere allintervento.

    Assume, pertanto, concretezza, almeno in astratto, il precetto di cui allart. 348cod. pen., la cui violazione contestata allimputata in termini di concorso.

    Si in presenza, sotto il profilo della materialit, di un reato, per cos dire,culturalmente orientato, quello che gli americani definiscono cultural offence.

    Nel reato culturalmente orientato non viene in rilievo il conflitto internodellagente, vale a dire lavvertito disvalore della sua azione rispetto alle regoledella sua formazione culturale, bens il conflitto esterno, che si realizza quandola persona, avendo recepito nella sua formazione le norme della cultura e dellatradizione di un determinato gruppo etnico, migra in unaltra realt territoriale,dove quelle norme non sono presenti. Il reato commesso in condizione di conflittoesterno espressione della fedelt dellagente alle norme di condotta del propriogruppo, ai valori che ha interiorizzato sin dai primi anni della propria vita.

    Ci posto, devesi escludere, tuttavia, alla luce di quanto emerge dalle duesentenze di merito, la sussistenza dellelemento soggettivo del reato contestatoallimputata.

    Il reato di cui allart. 348 cod. pen. punito a titolo di dolo, consistente nellacoscienza e volont di concorrere nel compimento di un atto di abusivo eserciziodella professione medica. La citata norma una norma penale in bianco, integratada altre norme che disciplinano la professione protetta e che penetrano nellastruttura della prima, formando con questa un tuttuno.

    Si tratta di cogliere, alla luce delle circostanze di fatto accertate dai giudicidi merito, il processo di formazione della volont dellimputata, i suoi eventualicondizionamenti, la consapevolezza o meno in lei, nel decidere di fare circoncidereil proprio bambino, di sottoporre lo stesso ad un intervento di chirurgia minore,che, secondo la nostra legislazione, normalmente di competenza medica.

    Tale aspetto non adeguatamente approfondito dalla sentenza impugnata, chesi limita ad affermare lirrilevanza delleventuale errore/ignoranza incidente sulprecetto penale; e tale deve ritenersi, secondo la stessa sentenza, lerrore/ignoranza

    che riguarda la natura di atto medico dellintervento di circoncisione.

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    La sentenza in verifica, in sostanza, omette di valutare la posizione dellimputata allaluce dellart. 5 cod. pen., nel nuovo testo risultante a seguito della sentenza additivan. 364/1988 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato costituzionalmenteillegittima detta norma nella parte in cui esclude dallinescusabilit dellignoranza

    della legge penale lignoranza inevitabile.La rilevanza dellignorantia legis scusabile implica che il giudizio di rimproverabilitdel soggetto agente deve necessariamente estendersi alla valutazione del processoformativo della sua volont, per stabilire se il medesimo soggetto, al momentodellazione posta in essere, si sia o no reso conto dellilliceit della sua condotta edel valore tutelato dalla norma violata.

    Tale principio opera anche con riferimento alla norma extrapenale che va adincorporarsi nella fattispecie penale, in quanto la prima diventa anchessa penale

    ai fini della disciplina dellignorantia legis, con leffetto che lerrore - se scusabile -deve essere apprezzato come fattore di esclusione della colpevolezza, e ci proprioin forza del disposto dellart. 5 cod. pen., nel testo risultante dallintervento delGiudice delle leggi, ed a superamento della previsione di cui allart. 47, commaterzo, cod. pen., che attiene pi propriamente allerrore sulla norma extrapenalepriva di funzione integratrice di quella penale.

    Lindividuazione dei parametri di valutazione del principio della scusabilitdellignorantia legis inevitabile, in difetto di una specifica indicazione del richiamato

    art. 5 cod. pen., non pu che essere rimessa allinterprete, che deve fare leva,tenendo presenti le indicazioni fornite dalla Corte Costituzionale, su considerazionisistematiche e funzionali pi generali. Il criterio di detta individuazione, per essereaffidabile, non pu che emergere dal raffronto tra dati oggettivi, che possono averedeterminato nellagente lignorantia legis circa lilliceit del suo comportamento,e dati soggettivi attinenti alle conoscenze e alle capacit dellagente, che avrebberopotuto consentire al medesimo di non incorrere dellerror iuris.

    certamente dato oggettivo incontestabile il difettoso raccordo che si determinatra una persona di etnia africana, che, migrata in Italia, non risultata essere ancora

    integrata nel relativo tessuto sociale, e lordinamento giuridico del nostro Paese;non pu tale situazione risolversi semplicisticamente a danno della prima, che, inquanto portatrice di un bagaglio culturale estraneo alla civilt occidentale, vienea trovarsi in una oggettiva condizione di difficolt nel recepire, con immediatezza,

    valori e divieti a lei ignoti.

    Quanto allaspetto soggettivo, non possono essere ignorati, anche alla luce dellatestimonianza del sacerdote D.J.B. , il basso grado di cultura dellimputata eil forte condizionamento derivatole dal mancato avvertimento di un conflitto

    interno, circostanze queste che sfumano molto il dovere di diligenza dellimputatafinalizzato alla conoscenza degli ambiti di liceit consentiti nel diverso contesto

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    territoriale in cui era venuta a trovarsi.

    Sussistono pertanto, nel caso concreto, gli estremi dellerrar iuris scusabilee la conferma indiretta di ci si coglie nel comportamento post - delictumdellimputata, che, resasi conto che il figlio necessitava di assistenza medica, nonesit a ricoverarlo in ospedale e a riferire ai sanitari, senza alcuna reticenza e conmolta naturalezza, quanto era accaduto. 4. Le argomentazioni sin qui svolte, chehanno carattere assorbente rispetto a ogni altra doglianza articolata in ricorso,impongono lannullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perch il fattonon costituisce reato.

    P.Q.M.

    Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perch il fatto non costituisce reato.

    Si torna a parlare di reati culturalmente orientati per direche non costituisce concorso nel reato di esercizio abusivo diprofessione medica la condotta della madre che fa sottoporre ilproprio figlio neonato ad intervento di circoncisione da parte

    di soggetto non abilitato alla professione medica, se manca laconsapevolezza dellilliceit

    Nota a sentenza Cass. pen. Sez. VI, 24 novembre 2011 n. 43646

    La sentenza che si commenta interviene sulla pronuncia dei giudici di merito(Tribunale di Padova e Corte dAppello di Venezia) che avevano condannatouna donna nigeriana per concorso nel delitto ex art. 348 c.p., perch favoriva lasottoposizione del proprio figlio neonato a un intervento di circoncisione, effettuatoda un soggetto non abilitato alla professione medica.

    I giudici di merito avevano correttamente sottolineato la natura di atto medico,seppure semplice, dellintervento di circoncisione, sia in ragione della materialitdellatto che interferisce sullintegrit fisica, sia perch lintervento presupponecapacit tecniche e cognizioni mediche che devono essere riservate a professionisti.

    La Corte di legittimit condivide tale premessa, rimarcando che la circoncisioneper motivi rituali che prescinde da qualsiasi finalit terapeutica interviene pur

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    sempre sullintegrit fisica della persona, integrit che pu essere violata soloda un medico (e in presenza di determinati presupposti: consenso, diritto allasalute, ecc.).

    Ragionando in termini di concorso nel delitto di esercizio abusivo di unaprofessione, nel caso in esame la Corte non manca di evidenziare la necessitdi verificare lelemento soggettivo rappresentato dalla coscienza e volont diconcorrere nellatto di esercizio abusivo. Tale accertamento deve essere compiutoconsiderando che la norma incriminatrice norma penale in bianco, da integrarecon le norme che disciplinano la professione protetta. Ne consegue che, lipotesi diignoranza scusabile della legge penale deve essere esplorata anche in riferimentoallignoranza scusabile delle norme integrative che, nel caso che ci occupa, riservanolintervento di circoncisione (rectius: lintervento medico) ad un soggetto abilitato.

    La sentenza di merito stata censurata perch ometteva di valutare la posizionedellimputata ai sensi dellart. 5 c.p. come risultante dalla sentenza costituzionalen. 364/88 riguardo alla scusabilit o meno dellignoranza della stessa rispetto(anche) alle norme extrapenali incorporate nel precetto penale. Sul punto, adavviso dei giudici di legittimit, alcun rimprovero pu essere mosso allimputata,atteso che dal raffronto tra dati oggettivi, che possono aver determinato nellagentelignorantia legis circa lilliceit del suo comportamento (favorire lattivit diun soggetto non abilitato alla professione medica) e dati soggettivi attinenti alleconoscenze e alle capacit dellagente, che avrebbero potuto consentire al medesimo di

    non incorre nellerror iuris, emerge in modo incontestabile il difettoso raccordoche si determinato in un soggetto (limputata) non ancora integrato nel tessutosociale e ordinamentale del paese in cui migrata.

    Il vulnus oggettivo e soggettivo che caratterizzava latteggiamento mentaledellimputata, come sopra evidenziato, non determina per alcun automatismonellaccertamento della scusabilit dellignorantia legis, ma contribuisce a meglioindagare se il bagaglio culturale generava, in concreto, una oggettiva condizione didifficoltnel recepire immediatamente valori e divieti ignoti, diversi e, a volte,opposti a quelli della cultura di origine. In altre parole, se manca la percezione diun conflitto interno, a sfumare il dovere di diligenza: ne segue che pi difficilesar sostenere un giudizio di rimproverabilit allagente, giudizio che costituisceil fulcro dellaccertamento della sussistenza dellelemento dolo nel concorso aldelitto di esercizio abusivo di una professione.

    Pi in generale, manca il conflitto interno nei c.d.reati culturalmente orientati(cultural offence), in cui lagente non avverte il disvalore della propria azione rispettoalla propria formazione culturale. Il reato esiste quale prodotto del conflittoesterno che viene a determinarsi tra il fatto dellagente e le norme incriminatrici di

    un paese diverso da quello della cultura di appartenenza.

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    La dottrina pi attenta, sullonda dei movimenti migratori degli ultimianni e delle problematiche conseguenti allintegrazione e alle cultureimportate dia migranti, ha da tempo rivolto attenzione ai reati culturali,offrendo riflessioni e ricostruzioni fatte proprie dalla giurisprudenza.

    Con arresti giurisprudenziali risalenti, la Cassazione ha chiarito come la circostanza

    che si muova alla contestazione di reati culturali (o culturalmente orientati) nonesime il giudice dal suo compito naturale che quello di rendere giustizia secondo lenorme positive vigenti. E nellassolvere tale compito, i giudici non possono escluderede plano la sussistenza dellelemento soggettivo del reato, n scriminare i fatti toutcourt, invocando convinzioni religiose e retaggi culturali propri dellimputato. Ifattori culturali, infatti, non potrebbero essere invocati in caso di violazione dibeni personalissimi e indisponibili, quali quelli tutelati dalla Carta costituzionale.

    Lorientamento consolidato sembra essere quello che stato definito

    costituzionale-culturale che inquadra il sistema penale comefrutto di norme di cultura ampiamente condivise dalla coscienza

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    sociale e, come tali, non compromettibili e non comprimibili da usi e costumiche si caratterizzano per essere offensivi di beni giuridici costituzionalmenteprotetti, di talch il diritto penale non potrebbe astenersi dal punirli (a pena disacrificare il principio di uguaglianza). Alla stregua di queste premesse, si puaffermare che non consentito fare appello all ignoranza scusabile della legge averritenuto innocui, non riprovevoli o utili, i comportamenti posti in essere; al pi,tali convinzioni potrebbero offrire elementi idonei ad una personalizzazione dellacondanna exart. 133 c.p.

    Una differente posizione in linea con una concezione di conoscibilitdel precetto basata su criteri soggettivi puri quella che tiene conto dellecaratteristiche personali dellagente, soprattutto ove si tratti di delitti di puracreazione legislativa, come sembra essere quello dellesercizio abusivo diprofessione, il cui concorso nel reato stato contestato alla mamma nigeriana. In

    tale fattispecie, la Corte di legittimit ha ritenuto insussistente il concorso nel reatodi esercizio abusivo della professione medica, in punto elemento soggettivo, perchscusabile era lignoranza della legge penale e della legge extrapenale integrativa .Alcun rimprovero secondo la Corte poteva essere rivolto alla donna.

  • 8/3/2019 Annalisa Gasparre - Passi di danza sulle note del Cultural Offence.

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