8
Anno 18 - N. 8 • Maggio 2018 Diffusione gratuita ad uso interno MENSILE DELLA COMUNITA’ CRISTIANA DI PONTECITRA Se davvero venisse Papa Francesco a Pontecitra, come scrive il nostro parroco nel suo articolo di questo mese, essi potrebbero essere i nostri “papaboys”. In realtà sono i bambini della nostra comunità che riceveranno quest’anno la Prima Comunione. Auguri dalla nostra comunità!

Anno 18 - N. 8 • Maggio 2018 Diffusione gratuita ad …...qual è Una tragedia americana di Theo-dore Dreiser. Ma c’è stato anche chi ha affrontato il decimo comandamento con

  • Upload
    others

  • View
    1

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: Anno 18 - N. 8 • Maggio 2018 Diffusione gratuita ad …...qual è Una tragedia americana di Theo-dore Dreiser. Ma c’è stato anche chi ha affrontato il decimo comandamento con

Anno 18 - N. 8 • Maggio 2018 Diffusione gratuita ad uso interno

MENSILE DELLA COMUNITA’ CRISTIANA DI PONTECITRA

Se davvero venisse Papa Francesco a Pontecitra, come scrive il nostro parroco nel suo articolo di questo mese, essi potrebbero essere i nostri “papaboys”. In realtà sono i bambini della nostra comunità che riceveranno quest’anno la

Prima Comunione.Auguri dalla nostra comunità!

Page 2: Anno 18 - N. 8 • Maggio 2018 Diffusione gratuita ad …...qual è Una tragedia americana di Theo-dore Dreiser. Ma c’è stato anche chi ha affrontato il decimo comandamento con

Avvisi Maggio 20182

Mensile della Comunità Cristiana di Pontecitra Parrocchia del Sacro Cuore

Anno 18 - N. 8 - Maggio 2018

Direttore responsabile: Don Pasquale Giannino

Redazione: Francesco Aliperti Bigliardo, Carmine Egizio, Francesco Panetta, Maria Carmela Romano, Salvatore Sapio, Mariateresa Vitelli.

Progetto grafico e impaginazione: Carmine Egizio

Questo giornale è online al sito: www.chiesadipontecitra.it

Del Papa• Perché i fedeli laici compiano la loro specifica missione mettendo la loro creatività al servizio delle sfide del mondo attuale.

dei Vescovi• Perché quanti si prendono cura dei poveri lo facciano con grande rispetto e autentico senso di giustizia.

Per il clero• Cuore di Gesù, i tuoi sacerdotisiano gioiosi annunciatori di buo-ne notizie ai poveri.

APOSTOLATO DELLA PREGHIERA

Compendio al Catechismo della Chiesa Cattolica158. Perché la Chiesa

è detta la sposa di Cristo?

Perché il Signore stesso si è definito come lo «Sposo» (Mc 2,19), che ha amato la Chiesa, unendola a sé con un’Alleanza eterna. Egli ha dato se stesso per lei, per purificarla con il suo sangue e «renderla santa» (Ef 5,26) e madre feconda di tutti i figli di Dio. Mentre il termine «corpo» evidenzia l’unità del «capo» con le membra, il termine «sposa» mette in risalto la distinzione dei due in relazione personale.

Page 3: Anno 18 - N. 8 • Maggio 2018 Diffusione gratuita ad …...qual è Una tragedia americana di Theo-dore Dreiser. Ma c’è stato anche chi ha affrontato il decimo comandamento con

3Maggio 2018 Editoriale

qualche adulto ad affibbiarglielo, quasi fosse un battesimo il cui neofita è ini-ziato a uno stile di vita dove l’ignoranza culturale la fa da padrona, e il modello “statt senza penzier”, solo all’apparen-za, costituirà il modus viventi. Chiederei a Papa Francesco di incontrarli, ma non per ammonirli, ma solo perché ponesse il suo sguardo di Papa degli ultimi, ver-so questa porzione di popolo. Li osser-vasse come ha guardato sicuramente i tanti “ninos” quando era in Argentina, i carcerati a cui ha lavato i piedi, quando ha incontrati i poveri delle favelas.

Se Papa Francesco venisse a Ponteci-tra, credo che finalmente molti che non sono mai venuti in questo Quartiere, an-che dal centro città, finalmente ci verreb-bero. Non temerebbero di parcheggiare la propria auto, accetterebbero la sfida di costruire il Vangelo a partire dagli ul-timi, così come fanno tanti che in questa porzione di città non scappano, ma ri-siedono, si affiancano, aiutano. È quello che fanno i veri cristiani, non solo quelli battezzati. Se Papa Francesco venisse a Pontecitra, sarebbe forse la volta buona che Pontecitra andasse dal Papa!

Non sono un “Papaboys”, e ne-anche “boys”! Ma ci pensate se il Papa venisse a Ponteci-

tra? Uaaa! Sarebbe una cosa grande! Certo! Come prima cosa Pontecitra sa-rebbe, forse, ripulita da tutte le erbacce che proliferano nelle aree verde pre-senti nel Quartiere. Le piante che abi-tualmente sono recise unicamente dal-le trombe d’aria, verrebbero finalmente potate. Le persone che guardano la vita dallo schermo di un televisore, o dal balcone di casa, come si fa quando pas-sa il Santo Patrono, scenderebbero fi-nalmente in strada per rincorrere dietro la papa mobile. A nessuno salterebbe in mente di mancare alla messa, anche chi, pur essendo “vicino”, la domenica la passa al centro commerciale. E se il Na-poli sfidasse la Juve, chiederemmo ov-viamente al Papa di non tirarla troppo per le lunghe e di allontanarsi appena possibile, al fine di non traumatizzarlo con qualche urla di troppo.

Di sicuro i primi posti li riserverei ai quei ragazzi del comparto che abitual-mente sostano nel piazzale di fronte alla chiesa parrocchiale, che sono nati a qui a Pontecitra, qui sono cresciuti, troppo in fretta e senza validi model-li; hanno frequentato il catechismo in parrocchia oggi però non desiderano legarsi a nessun gruppo, nessun ideale. Sembrano arrabbiati con tutti, anche con loro stessi. Fumano lo spinello, ma forse solo per sentirsi grandi e per non ricevere atti di bullismo da parte degli altri. Nessuno si può permettere di es-sere un bravo ragazzo, diventerebbe lo zimbello di tutti. Riempiono le loro giornate con l’effimero: chissà se anche alla papa mobile non farebbero arrivare qualche uova, tanto per scherzare, o se anche quel giorno si apostroferebbe-ro con i soprannomi che abitualmente utilizzano tra di loro per paragonarsi ai personaggi delle fiction televisive che parlano di camorra, malavita, delin-quenza minorile, droga. Chissà se quei nomignoli se li sono inventati, ognuno il suo, o gli è stato affidato da un loro coetaneo, o peggio ancora, è stato

E se il Papa venisse a Pontecitra?Riflessioni del nostro parroco

di Don Pasquale Giannino

Page 4: Anno 18 - N. 8 • Maggio 2018 Diffusione gratuita ad …...qual è Una tragedia americana di Theo-dore Dreiser. Ma c’è stato anche chi ha affrontato il decimo comandamento con

Dalla terra, simbolo ancestrale e pri-mitivo della proprietà e della sensazione di potere, all’immaginario più comune della ricchezza, ovvero a un’esistenza di lusso e di agi, con l’accompagnamento di tanto denaro e il contorno di bei palazzi, servitù, gioielli, abiti eleganti, vita di so-cietà. Se poi il tutto arriva senza fatica e senza sforzo attraverso un matrimonio d’interesse, ancora meglio e ancora più facile. E’ quel che si verifica nell’Ereditiera di William Wyler (con Olivia De Havilland e Montgomery Clift), tratto dal romanzo di Henry James Washington Square.

Una storia comune che si conclude con effetti ancora più devastanti in Un posto al sole di George Stevens (sempre interpretato da Montgomery Clift, che nel giro di due anni, dal 1949 al 1951, si calò in due personaggi molto simili), a sua volta ispirato a un famoso romanzo qual è Una tragedia americana di Theo-dore Dreiser. Ma c’è stato anche chi ha affrontato il decimo comandamento con spirito squisitamente satirico e surreale, come ha fatto il georgiano Otar Ioseliani in Caccia alle farfalle, film di produzione francese, racconto morale che condanna senza remissione ma con ironia l’avidità umana destinandola a consumarsi in una manciata di cenere.

Non desiderare la roba d’altri. Nell’ultimo episodio del De-calogo Krzysztof Kieslowski

tira fuori le unghie di un humour nero mai mostrato così graffiante nei capi-toli precedenti. Due fratelli ereditano dal padre una collezione di francobolli e d’incanto soccombono alla medesima passione, restandone così intrigati che, pur non dovendo dividerla con altri, non esitano a farsi la guerra a vicenda.

Un’allegoria dell’avidità umana (il suo capostipite è Greed, il capolavoro di Erich von Stroheim realizzato fra il 1924 e il 1925) che nella storia del cine-ma vanta innumerevoli precedenti. Fra questi, un posto di tutto rispetto meri-ta Miracolo a Milano di Vittorio De Sica. Ispirato a un romanzo di Cesare Zavatti-ni (Totò il buono) il film racconta come la vita povera ma serena di un campo di barboni sia improvvisamente scossa quando si apprende che le sue misere baracche sono state costruite sopra un giacimento petrolifero del quale fino a quel momento si ignorava l’esistenza. Scacciati in malo modo dal brutale in-tervento delle forze dell’ordine, pronte a intervenire appena il proprietario del terreno si muove per mettere le mani su quel desolato terreno di periferia fino ad allora ignorato e trascurato, a cavallo di scope volanti i vagabondi si trasferiscono in un fiabesco paese li-bero da speculazioni economiche e da bramosie di possesso.

Un’eco zavattiniana di questo tipo si avverte anche in Milagro (“miracolo” in spagnolo) diretto da Robert Redford. Anche qui una speculazione edilizia e finanziaria che vorrebbe scacciare i pa-cifici contadini di un paesino del Nuovo Messico dai campi di fagioli che colti-vano da sempre per trasformare questi ultimi in lussuosi campi da golf.

L’interesse, il profitto, il guadagno al di sopra del lavoro, della fatica, della di-gnità e delle vita stessa spesa in luoghi diventati un tutt’uno con la propria esi-stenza. Il desiderio per la “roba d’altri” lascia il terreno della favola poetica e della parabola per farsi tragedia mo-

Decimo, non desiderare la roba altruidi Enzo Natta

Pubblichiamo un articolo tratto da Famiglia Cristiana del 12/05/2011

Tema pastorale Maggio 20184

derna in Jean de Florette e nel succes-sivo Manon delle sorgenti del francese Claude Berri (con un grande cast: Yves Montand, Gérard Depardieu, Daniel Au-teuil). Tratti da un romanzo del marsi-gliese Marcel Pagnol, i due film di que-sta megaproduzione mettono in scena il dramma della penuria d’acqua che fino alla metà del secolo scorso ha tra-vagliato la bella ma arida terra di Pro-venza dove il possesso di una sorgente era motivo di una catena di odii, faide, vendette a non finire.

Page 5: Anno 18 - N. 8 • Maggio 2018 Diffusione gratuita ad …...qual è Una tragedia americana di Theo-dore Dreiser. Ma c’è stato anche chi ha affrontato il decimo comandamento con

L’amministrazione comunale di Sognosondesto, dopo una seduta partecipata cui hanno assistito tutti i cittadini non impegnati nella raccolta dif-

ferenziata porta a porta e nella cura della cosa pubblica, ha deliberato con effetto immediato l’assoluto divieto di formulare giudizio comparativo tra le cose e le persone. A tale scopo è fatto da oggi divieto di anteporre al nome proprio di chiunque, il titolo acquisito nel corso dei propri studi. È stato stabilito infatti che le persone sono persone e a riguardo il nome ed il cognome di ciascuno, assolve appieno il compito di distinguere gli uni dagli altri.

Sono invece incoraggiate la formazione di cooperative, associazioni, cori ed assemblee pubbliche che si pongano come obiettivo, quello di stimolare la vita sociale di stam-po dichiaratamente non competitivo.

Ne consegue che gare sportive, classifiche o tutte le al-tre forme di confronto che abbiano come fine quello di stabilire un ordine di arrivo o di merito, debbano sempre essere sottoposte al giudizio dell’intera cittadinanza e comunque debbano essere il più possibile tenute in su-bordine, alla necessità di esprimere i propri talenti, a pre-scindere dai gradini di un podio e dai sogni di vanagloria individuale.

Le esibizione pubbliche serviranno per celebrare i ta-lenti di ciascuno e non per esaltare i più dotati e conse-guentemente umiliare tutti gli altri. Ispirati dallo stesso

5Maggio 2018 Società

a raggiungere la vetta della piramide.Ma non abbiamo tempo per tutto

questo. Ci resta solo lo spazio necessario a ricordare a tutti quanti intendessero confrontarsi con questa indicazione, che gli stili di vita non sono affatto questioni per filosofi ed esegeti, ma materia viva per ogni singolo cittadino del mondo. Che è sempre tempo per discutere di co-mandamenti e che sarebbe sufficiente tenerli nella propria agenda quotidiana, per trasformare un mondo di bulimici affamati di successo e vanagloria, in un organismo vitale e sorprendente, in un insieme di talenti che hanno scelto di cantare in coro ovvero, nell’unica moda-lità capace di realizzare il sogno di felici-tà che è la vera missione di ogni cristiano su questa Terra.

Il processo educativo di ciascuno deve obbligatoriamente passare per il decimo comandamento. In-

segnare a non invidiare la roba d’altri è scienza delicata, che richiede applica-zione da parte di entrambe gli attori in gioco. Alunno e professore dovranno infatti concentrarsi sulla definizione di questa “roba”, sulla legittimità e possibi-lità dell’esistenza di una proprietà priva-ta ed infine stabilire i criteri di fruibilità esclusiva di un determinato oggetto, territorio o immobile che esso sia. In-somma questioni che prese singolar-mente, metterebbero in crisi esegeti, fi-losofi e giuristi di dichiarata fama. Tanto

più che spesso il verbo “invidiare” viene più genericamente tradotto con il ter-mine “desiderare”, per cui ancor più insi-dioso diviene il compito di quanti inten-dessero cimentarsi con le questioni che il rispetto del comandamento tendono a sollevare. Già perché il desiderio di possesso è iscritto a lettere di fuoco nel sistema educativo dei popoli occiden-tali. Il bisogno di somigliare al modello di emularne le gesta e la conseguente l’ascesa sociale, è motore infaticabile dell’intera macchina economica liberale. Quest’ultima basata proprio sull’idea del “self made man”, dell’uomo che viene dal nulla e spinto dal suo sogno di conquista dei beni e dal successivo consolidamen-to del patrimonio acquisito, si arrampi-ca tra le urla ammirate della folla, fino

Invidiare, desiderare, possederedi Francesco Aliperti Bigliardo

Riflessioni sul decimo comandamento

Ho fatto un sogno

principio si dichiarano per sempre abolite le pagelle, gli scrutini e le varie forme di classificazione degli individui, che tendono a marchiare in maniera indelebile ed evi-dentemente poco oggettiva le qualità di cui ciascuno è portatore.

Questo per i poteri conferiti dai cittadini allo scriven-te è stabilito dal momento in cui le palpebre resteranno chiuse fino a quello in cui la realtà incombente non avrà il sopravvento sull’ennesimo sogno o distopia che dir si voglia.

La deliberadi Francesco Aliperti Bigliardo

Page 6: Anno 18 - N. 8 • Maggio 2018 Diffusione gratuita ad …...qual è Una tragedia americana di Theo-dore Dreiser. Ma c’è stato anche chi ha affrontato il decimo comandamento con

avanti nella conoscenza. Egli viene qua-si rimproverato dal Signore, che sottoli-nea il contrasto tra la sua posizione di dottore e la sua ignoranza: Nicodemo non capisce quale è l’azione dello Spi-rito, ed è per questo che Gesù gli svela il mistero di una nuova nascita, che è la nuova conoscenza del Padre che Gesù porta nel mondo.

E Gesù istruisce Nicodemo attraverso la testimonianza di quello che ha visto e sentito presso il Padre.

La terza categoria, alla quale cia-scuno di noi appartiene secondo le circostanze, è quella delle persone che credono di sapere, quando invece non sanno, e quindi ignorano di ignorare. Questi sono i più ignoranti, e soprattut-to i discepoli più difficili a cui insegna-re: nel Vangelo questi sono i farisei, gli scribi, con i quali Gesù ingaggia a più ri-prese un incontro/scontro che ne met-te in evidenza tutta la incomprensione del senso vero della legge.

Di fronte a queste tre categorie di ignoranti, può essere utile chiedersi se esiste persino una “santa ignoranza”?

Un filosofo tedesco, vissuto tra me-dioevo e rinascimento, il cardinale Ni-colò Cusano, parla di una “dotta igno-ranza” che ha un suo valore, perché procede dalla coscienza dei limiti dello spirito umano. Chi vuole intravedere Dio deve aver coscienza di ciò , avere un atteggiamento di umiltà che consi-ste proprio nel riconoscere che Dio è un mistero inaccessibile, impenetrabile e se una visione di Dio è possibile, può essere solo “attraverso una visione in-tuitiva”, come quando si scorge per un istante la luce del sole. La dotta igno-ranza procede quindi dall’esperienza dei limiti dello spirito umano.

In sintesi: l’uomo è incapace di co-noscere la verità assoluta, ed è saggio riconoscere questa incapacità ma que-sto non deve essere un alibi che ci im-pedisce di progredire nella conoscenza delle cose di Dio. È principalmente un monito che deve impedirci di montare in superbia, di pensare che con le no-stre sole forze possiamo comprendere davvero il mistero insondabile della di-vinità.

Questo secondo appuntamen-to dedicato alle opere di mi-sericordia spirituale, ci porta

ad approfondire la seconda opera: “Inse-gnare agli ignoranti”.

Il titolo (che sembra avere una dose di provocazione) si riallaccia in qualche modo, al tema affrontato in precedenza poiché (come afferma il cardinal Biffi) “A differenza delle opere di misericordia cor-porale, dove (di solito, se non sempre) chi dà da mangiare non è affamato e chi pa-tisce la fame non è in condizioni di dar da mangiare, qui il benefattore e il beneficia-rio non sono adeguatamente distinti. Anzi è buona regola non distinguerli affatto: di queste “opere” siamo tutti destinatari. E’ bene quindi che ciascuno di noi si conside-ri al tempo stesso “istruttore” e “ignorante”, saggio consigliere e dubbioso, paladino della giustizia e peccatore e così via”.

La prima questione da chiarire riguar-da il significato della parola “ignorante” che, nella lingua corrente, ha assunto significato negativo, dispregiativo, dal quale dobbiamo liberarci. Infatti, se ri-partiamo dalla etimologia, ignorante è “colui che ignora”, ma non vuol dire af-fatto non avere cultura o istruzione o, addirittura, essere una persona maledu-cata, come invece viene inteso più fre-quentemente al giorno d’oggi.

Nel nostro caso, ci riferiamo ad un aspetto che riguarda i contenuti della nostra fede (il significato del vivere, il destino che ci aspetta al termine della nostra vita), quelli di cui ciascuno di noi dovrebbe preoccuparsi, mentre siamo presi a cercare le risposte su tutto fuor-ché sul significato che vogliamo dare alla nostra vita e la salvezza alla quale aspiriamo.

Quante volte ci è capitato di essere coinvolti in discussioni che riguardano i contenuti della fede (al lavoro, in fa-miglia, forse anche in parrocchia) senza essere stati in grado di dare una risposta soddisfacente e convincente?

Perciò occorre porre al centro della azione pastorale il problema della igno-

ranza dei credenti circa le verità di fede, perché La fede ha bisogno di conoscen-za, di approfondimento, altrimenti si isterilisce. C’è bisogno di una fede matu-ra, capace di affrontare le difficoltà men-tre una scarsa conoscenza è il terreno migliore per la superstizione e l’errore.

Da evidenziare che questa necessi-tà è sempre esistita e la Sacra Scrittura ha ampiamente parlato di questo tema; nell’Antico e nel Nuovo testamento tro-viamo innumerevoli occasioni in cui vengono presentate situazioni di istru-zione; fra queste, troviamo negli Atti degli Apostoli (cap. 8) l’episodio del bat-tesimo di un eunuco etiope da parte di Filippo. L’etiope stava leggendo un pas-so del profeta Isaia e alla domanda di Fi-lippo “Capisci quello che stai leggendo?” risponde “E come potrei capire, se nessu-no mi guida?”. Troviamo qui l’indicazione che nel percorso di approfondimento della fede è necessario un insegnamen-to, una trasmissione in cui il più esperto guida ed istruisce il meno esperto.

Cercheremo quindi di comprendere chi sono gli ignoranti, in una prospetti-va di fede e di capire che è dovere per ogni cristiano fare tutto quanto è possi-bile per essere capace di diventare “in-segnante”; ovvero (come dice la prima lettera di Pietro) significa essere «pronti sempre a rispondere a chiunque vi do-mandi ragione della speranza che è in voi» (1Pt 3,15).

Proprio il Vangelo, ci aiuta a com-prendere e in qualche modo a classifi-care tre categorie di ignoranti.

La prima categoria è formata da quelli che non sanno di non sapere ed il cui esempio più eclatante è l’apostolo Simon Pietro, un carattere vivace, im-pulsivo, un uomo pronto a riconoscere l’identità divina di Gesù ed il momento dopo sbaglia completamente, non ri-uscendo ad accettare l’annuncio della passione e morte del Signore.

Nella seconda categoria vi sono colo-ro che sanno di non sapere, sono alla ri-cerca e si interrogano, come Nicodemo, saggio ebreo e dottore della legge, che conosceva perfettamente le Scritture e le insegnava, però il suo sapere non aveva estinto il suo desiderio di andare

Liturgia Maggio 2018 6

di Mariateresa Vitelli

Insegnare agli ignoranti (1a parte)Le sette opere di misericordia spirituale

Page 7: Anno 18 - N. 8 • Maggio 2018 Diffusione gratuita ad …...qual è Una tragedia americana di Theo-dore Dreiser. Ma c’è stato anche chi ha affrontato il decimo comandamento con

commissione che decise per quei nomi ci sia stato qualcuno sospeso dal non poterne farne a meno e un pizzico d’iro-nia. Sì, perché questi nomi sono quelli di quattro ragazzi tra gli undici e i dicias-sette anni che nel 1945 combatterono e morirono per la liberazione della loro città dal nazifascismo durante le quattro giornate di Napoli, l’unica città del sud Italia che si presentò alla forze alleate già libera, perché ebbe la forza di auto-convocarsi intorno ad una idea. Le loro vite, brevissime, si schiantarono contro il nemico proprio come le strade di cui portano il nome. Mario, Pasquale, Filip-po e Gennarino non ci hanno lasciato spazi espositivi da utilizzare per imbo-scarsi dopo aver marinato la scuola, ma nonostante il loro fugace passaggio su questa terra ci hanno regalato qualcosa di enormemente più grande: la libertà. Grazie guagliù.

7 Maggio 2018 Rubriche

Anche se con qualche giorno di ritardo voglio raccontarvi una storia sul 25 aprile.

Se prendete la tangenziale di Napoli in direzione Pozzuoli, una delle ultime uscite è Fuorigrotta. Dopo il casello te-nete la sinistra e poi giù verso il sema-foro, poi infilatevi nel tunnel. Quando rivedrete la luce vi troverete in piazzale Vincenzo Tecchio (nella foto). Per coloro che non ci fossero mai stati dico che è enorme, che la complicità degli alberi e dello stadio San Paolo contribuiscono a non farci rendere conto di quanto sia grande e sconfinata, come se lo stesso piazzale si vergognasse della sua am-piezza e utilizzasse verde e cemento per mascherarsi. Da quello spazio troppo grande per uno sguardo solo partono tante strade dedicate a uomini storici. Si va da un presidente a stelle e strisce come JFK a imperatori romani come Augusto o Giulio Cesare. Il piazzale è delimitato in basso dalla stazione della metropolitana di Campi Flegrei.

Guardando la stazione, la strada a destra è intitolata a un altro imperatore: siamo in via Diocleziano, quella che ci porterà alla nostra meta, anzi, alle no-stre mete. Ma prima di lasciare il piaz-zale poniamoci una domanda: chi era Vincenzo Tecchio? Un uomo politico, un fascista napoletano. Uno che obbediva agli ordini di Hitler e Mussolini. Lì vici-no c’è la Mostra d’Oltremare, un enorme spazio espositivo che i napoletani cono-scono molto bene. E’ a questo uomo che si deve la sua edificazione. Ora possia-mo andare.

Via Diocleziano ha una caratteristica. Per un cospicuo numero di metri tiene a sinistra, visibile, il passo con i binari della metropolitana prima che la strada ferrata si nasconda dietro ai palazzi di Cavalleggeri, mentre a destra, come se avesse deciso di tenere un profilo basso, spunta ogni tanto tra i palazzi un’altra ferrovia, la Cumana. Su questo lato di via Diocleziano partono stradine brevi, vicoli ciechi che vanno a infrangersi tut-ti sul muro della rete della Cumana. Più che strade sono delle traverse, lo spazio

La toponomastica del 25 apriledi Carmine Egizio

Sottostante - Dove i nostri occhi non arrivano

minimo imposto dai piani regolatori dell’epoca tra un palazzo e l’altro, lun-ghe tra i 50, gli 80 e i 100 metri costrette da automobili su automobili a sembrare ancora più piccole e insignificanti. Sono illusioni di strade che forse i residenti non danno nemmeno come indirizzo perché basta dire “abito in Via Dioclezia-no vicino alla banca o al bar così e così” che li trovano lo stesso. Tanto chi ti trova se dici di abitare in via Mario Menichini, Pasquale Formisano, Filippo Illuminato o Gennaro, anzi, Gennarino Capuozzi se non aggiungi “è una traversa di via Dio-cleziano“.

Ma chi sono poi questi Menichini, Formisano, Illuminato o Capuozzo e cosa avranno fatto per meritarsi una strada, anzi, una traversa? Forse niente. Forse. Forse all’ufficio toponomastica erano a solo corto di nomi. Però a me piace pensare che all’interno di quella

Page 8: Anno 18 - N. 8 • Maggio 2018 Diffusione gratuita ad …...qual è Una tragedia americana di Theo-dore Dreiser. Ma c’è stato anche chi ha affrontato il decimo comandamento con

riuscendo a dare il “peggio” di noi stessi. “...Tu non accontentarti di restare in su-

perfici ma scava nel profondo oltre la radice e le apparenze Amami per quel che sono ve-ramente...”

Un messaggio che dovremmo far tesoro noi tutti, ovvero non fermarci alle apparen-ze ma andare oltre la superficialità facendo quel passo verso il nostro prossimo facen-do prevalere l’accoglienza e non l’invidia e ricordandoci che...

...« Non desiderare la casa del tuo prossi-mo, né il suo campo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna delle cose che sono del tuo prossimo » (Dt 5,21).

Rubriche Maggio 20188

Che bella gentedi Francesco Panetta

Il decimo comandamento completa al meglio il nono nel quale si richia-mava il desiderio smodato della

tentazione del corpo, della fisicità , lo stesso proibisce l’avidità e il desiderio di appropriarsi senza misura dei beni terre-ni; vieta la cupidigia sregolata, generata dalla smodata brama delle ricchezze e del potere in esse insito. Proibisce anche il desiderio di commettere un’ingiustizia, con la quale si danneggerebbe il prossi-mo nei suoi beni temporali.

Il decimo comandamento fa divieto di bandire dal proprio cuore l’invidia verso il prossimo, un sentimento che purtroppo macchia in maniera indelebile le relazio-ni, un sentimento che Simone Cristicchi cantautore italiano con la collaborazione della cantautrice Momo riversa nel brano “Che bella gente”.

“...Che bella gente capisce tutto, sa il motivo ma non il trucco Scruta dietro persiane vecchie ormai Ti fa sempre gran domande Poi ti intaglia come un diaman-te Aspetta che tu crolli per poter dire agli altri «L’avevo detto io» ...”

Un brano che incentra la sua intolle-ranza alle così dette “malelingue”, gli invi-diosi, i pettegoli, i quali tutto sanno, tutto conoscono, ma che in fondo di quel che sanno è solo sparlare bene se così si può dire del proprio prossimo, nascondendo-si dietro quelle persiane, scrutano e con la loro superficialità emettono sentenze.

“…Che bella gente capisce tutto Sa il motivo ma non il trucco Ha pistole con pro-iettili di malignità Bisognerebbe caricarle a salve E far di gomma tutti quei pugnali Che

Corso Umberto I, 303Tel. 081.885.19.50Marigliano (NA)

[email protected]

di Luigi Terracciano

se ti giri per un solo istante Te li ritrovi con-ficcati alle spalle...”

Cristicchi, rimarca ancora una volta le conseguenze dell’invidia, descrivendola metaforicamente come una pistola cari-ca di proiettili di malignità, proiettili che spesso non facciamo sconti a scagliare verso chi supponiamo meriti la nostra gratuita “sentenza”.

Quante le volte che siamo incappati in commenti o affermazioni spiacevoli, per una nostra errata supposizione ai danni del nostro prossimo, addossandogli la colpa di avere un cappotto di quel tipo di marca piuttosto che di un’altra, o vedere un altro che va in giro con quel tipo di autovettura,

Visto, letto, ascoltato