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Anno 2 - Numero 8 Anno 2 - Numero 8 Ottobre 2005 Giustizia minorile e Cooperazione allo sviluppo di Giuseppe Deodato Come cambia il mondo delle adozioni internazionali di Stefania Prestigiacomo Quando l’infanzia resta muta di Marcella Lucidi L‘importante è non interrompere i processi educativi di Serenella Pesarin Bene il recupero, ma il minore resta responsabile di Sonia Viale Dalla parte del “punto di vista bambino” di Francesco Milanese Una risposta per tutti i reati, ma non per tutti i minori di Arrigo De Paoli Una legge più vicina alla gente? di Alessandra Mussolini Repressione, una strada a fondo cieco di Carlo Alfredo Moro PosteItaliane s.p.a. Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB TS

Anno 2 - Numero 8 Ottobre 2005 - Social News - Giornale di ... · Gelindo Castellarin Matteo Corrado Giuseppe Deodato Arrigo De Paoli Vanessa Donaggio Elisabetta Kolar Marcella Lucidi

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Anno 2 - Numero 8Anno 2 - Numero 8Ottobre 2005

Giustizia minorilee Cooperazione allo sviluppodi Giuseppe Deodato

Come cambia il mondodelle adozioniinternazionalidi Stefania Prestigiacomo

Quando l’infanziaresta mutadi Marcella Lucidi

L‘importante è noninterrompere i processi educatividi Serenella Pesarin

Bene il recupero,ma il minore restaresponsabiledi Sonia Viale

Dalla parte del“punto di vista bambino”di Francesco Milanese

Una risposta per tuttii reati, ma non per tutti i minoridi Arrigo De Paoli

Una legge più vicinaalla gente?di Alessandra Mussolini

Repressione, una stradaa fondo ciecodi Carlo Alfredo Moro

Poste Italiane s.p.a. Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB TS

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3 Delinquente o vittima?di Massimiliano Fanni Canelles

4 Quando l’infanzia resta mutadi Marcella Lucidi

5 Una risposta per tutti i reati,ma non per tutti i minoridi Arrigo De Paoli

7 Una legge più vicina allagente?di Alessandra Mussolini

9 Repressione, una strada afondo ciecodi Carlo Alfredo Moro

12 La giustizia riparativadi Elisabetta Kolar

13 Bene il recupero, ma il minoreresta responsabiledi Sonia Viale

14 Se il diritto è “debole”le vittime sono vita,bambini e famiglia di Antonello Vanni

15 Giustizia italiana, reati minorilie convenzione di New York

d di Matteo Corrado

16 Istituti giuridici per i minorenni

17 Devianza minorile, eziologiae patogenesidi Luana Rizzi

18 Dalla parte del “punto di vistabambino”di Francesco Milanese

19 La mediazione familiaree penale minorile:una risorsa per i minoridi Lucia Saporito

20 L’importante è non interrompe-re i processi educatividi Serenella Pesarin

22 I reati diminuiscono, marestano espressione del disagiodi Ivana Milic

23 Come cambia il mondo delleadozioni internazionali di Stefania Prestigiacomo

24 Portami con tedi Marina Galdo

26 Giustizia minorile eCooperazione allo Sviluppodi Giuseppe Deodato

28 Bambini, ma penalmenteresponsabilidi Denise Molica

29 Figli e genitori nellaseparazione e nel divorziodi Gelindo Castellarin

30 Muri di Pacedi Vanessa Donaggioe Concetta Macrì

"Alcuni di noi sono davvero strani: si appassionano per ciò che l'umanità abbandona quando ti impongono la moda più con-sumistica; piangono per la perdita di un libro anche se la televisione parla solo di calciomercato; accolgono nelle loro case idiseredati ma si oppongono al commercio della droga; combattono per i bambini senza infanzia e senza padri ma rifiutano laguerra e le armi di distruzione. Alcuni di noi sono davvero strani: lottano a fianco dei lavoratori sfruttati; combattono per il rico-noscimento dei senza terra, dei senza voce; difendono le donne oppresse, mutilate, violate; mettono in discussione tutto perraccogliere un fiore e rischiano la propria vita per donare un sorriso. E' proprio vero, siamo davvero strani: abbiamo scelto diurlare al mondo l'importanza del valore della vita".

Il direttore

SOCIAL NEWSAnno 2 - numero 8 - Ottobre 2005

Direttore responsabile:Massimiliano Fanni CanellesDirigente medico, internista, nefrologo.Giornalista, socio fondatore e membro del cdadell’associazione SPES e di @uxilia.

Direttore editoriale:Luciana Versi

Redazione:Claudio CettoloGrafica e impaginazionePaolo Buonsante Vignette e copertinaIvana Milic Social News on linePaola Pauletig Segreteria di RedazioneMarina CenniCorrezione ortografica

Collaboratori:Matteo CorradoMarina Galdo Martina SeleniAntonello Vanni

Con il contributo di:Magda BrienzaGelindo CastellarinMatteo CorradoGiuseppe DeodatoArrigo De PaoliVanessa DonaggioElisabetta KolarMarcella LucidiConcetta MacrìFrancesco MilaneseDenise MolicaCarlo Alfredo MoroAlessandra MussoliniSerenella PesarinStefania PrestigiacomoLuana RizziSonia Viale

Registrazione presso il Tribunale di Triesten. 1089 del 27 luglio 2004.Stampa Grafiche Manzanesi - Manzano (Ud)Proprietario della testata:Associazione di volontariato @uxilia onluswww.auxilia.fvg.it - [email protected]

www.socialnews.it - [email protected]

Anno 2 - Numero 8Anno 2 - Numero 8Ottobre 2005

Giustizia minorilee Cooperazione allo sviluppodi Giuseppe Deodato

Come cambia il mondodelle adozioniinternazionalidi Stefania Prestigiacomo

Quando l’infanziaresta mutadi Marcella Lucidi

L‘importante è noninterrompere i processi educatividi Serenella Pesarin

Bene il recupero,ma il minore restaresponsabiledi Sonia Viale

Dalla parte del“punto di vista bambino”di Francesco Milanese

Una risposta per tuttii reati, ma non per tutti i minoridi Arrigo De Paoli

Una legge più vicinaalla gente?di Alessandra Mussolini

Repressione, una stradaa fondo ciecodi Carlo Alfredo Moro

Poste Italiane s.p.a. Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB TS

Copertina diPaolo Maria Buonsante

Tutti i nostri collaboratori lavorano per la realizzazione della presente testata a titolo completamente gratuito. Social News non è responsabile di eventuali inesattezze e non si assume la responsabilità per il rinvenimento del giornale in luoghi non auto-rizzati. È consentita la riproduzione di testi ed immagini previa autorizzazione citandone la fonte. Informativa sulla legge che tutela la privacy: in conformità alle legge 675/96 sarà nostra cura inserire nell’archivio informatico della redazione i dati perso-nali forniti, garantendone la massima riservatezza e utilizzandoli unicamente per l’invio del giornale. Ai sensi dell’art. 13 della legge 675/96 i dati potranno essere cancellati dietro semplice richiesta da inviare alla redazione.

"L'articolo intitolato “Tre fenomeni, un unico nome: depressione postparto” e pubblicato sul numero scorso di Socialnews(Anno 2, n° 7, Agosto-Settembre 2005) nasce dall'articolo “Depressione postnatale: questa (s)conosciuta” della dotto-ressa Maria Beatrice Nava, Psicologa ed Esperta in Psicopedagogia Prenatale ANPEP, pubblicato sui numeri 9 e 10(Anno 5, Agosto e Settembre 2005) della Rivista online www.educare.it, sulla Newsletter di Settembre del sito www.far-masalute.it e sul forum "Gravidanza, genitori e neonati" di www.forumsalute.it. Si ringrazia l'autrice per la gentile auto-rizzazione all'utilizzo del materiale originale.

I grafici presenti all’interno del giornale sono stati realizzati a cura dell’Ufficio II del CapoDipartimento - Servizio Statistico: Maria Stefania Totaro, Giuseppe Fanelli, Emilia Iorio,Viviana Condrò

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Social News 10_2005

Delinquenteo vittima?Massimiliano Fanni Canelles

e regole della morale alle quali tutti noi ci riferiamovengono interiorizzate nell'infanzia e nell'adolescen-za grazie ai processi di socializzazione e di educa-

zione svolti dalle istituzioni e dalla famiglia. Il rispetto diqueste norme permette la salvaguardia dei valori umanie dei desideri corrispondenti all’aspettativa sociale, maanche sostiene l’ordine, i diritti e i doveri nel luogo e nelcontesto sociale e storico di riferimento. Gli atti ed icomportamenti che violano le norme di una collettivitàrientrano nella definizione sociologica di "devianza" e igruppi che se ne rendono responsabili vanno incontro asanzioni previste dal proprio sistema giudiziario.L’attuale fragilità dell’infanzia, ma soprattutto dell’ado-lescenza, favorita da una società opulenta e povera divalori che ha smarrito il senso dei legami familiari, favo-risce spesso comportamenti devianti se non addiritturafrancamente criminali. Dalla semplice inadempienzascolastica si passa all’uso di alcool e sostanze stupefa-centi per poi arrivare al furto, alla prostituzione e allospaccio di droga per poi diventare protagonisti di rapine,estorsioni, e omicidi. Viene quindi spontaneo domandar-si se “l’adolescente deviante” debba essere consideratoun delinquente comune, oppure un soggetto bisognosodi aiuto perché vittima del reato compiuto, ma soprattut-to è necessario stabilire se la nostra aspettativa istituzio-nale privilegi la difesa della società o l’interesse di unminore considerato vittima. Proprio per questo il model-lo “correzionale” caratterizzato dalla reclusione deiminorenni in istituti viene gradualmente sostituito dainterventi di prevenzione e risocializzazione come il per-dono giudiziale, il collocamento in comunità e la messaalla prova. Tuttavia è necessario interrogarsi sia sui limi-ti che questi provvedimenti incontrano quando si con-frontano con le norme sociali e con le difficoltà deglioperatori istituzionali coinvolti. Per far fronte alla neces-sità riconciliativa della devianza si propone allora di riva-lutare il ruolo dei mediatori penali e civili, di differenzia-re il regime di trattamento dei minorenni secondo età edi prevedere una diversa composizione e preparazionedei tribunali in modo da renderli più sensibili e con com-petenze specifiche rispetto al complesso universo di chiancora adulto non è diventato. E forse proprio la difficol-tà nel definire il limite fra maggiore e minore età rappre-senta il limite che la nostra società ha nell’affrontarequeste problematiche. Una società dove crescere è sem-pre più difficile, dove la ricerca dell’agio, del piacere,del potere, dell’onnipotenza impediscono a tutti noi didiventare adulti.

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L

Il Tribunale per i Minorenni (TM) è stato istituito con il Regiodecreto-legge n. 1404 nel 1934. Lo stesso decreto istituiscecentri di rieducazione. Con il passare degli anni da unapproccio correzionale alla devianza si è passato a una visio-ne più centrata sugli aspetti rieducativo-trattamentali.Istituito in ogni distretto di corte d’appello, il TM è compo-sto da un magistrato di corte d’appello, che lo presiede, daun magistrato di tribunale e da due cittadini, una donna e unuomo, scelti tra i cultori di biologia, psicologia, antropologiaculturale pedagogia e psichiatria, ai quali è conferito il titolodi giudice onorario. Presso ogni TM è istituito un ufficio auto-nomo del pubblico ministero e della polizia giudiziaria mino-rile. Il TM non è un giudice speciale, bensì un giudice spe-cializzato nell’ambito della giustizia ordinaria.Le competenze del TM sono di tre tipi:1. Competenza penale: tutti i procedimenti penali per i reaticommessi dai minori degli anni 18. La competenza del TM,per i reati commessi durante la minore età, cessa al compi-mento del venticinquesimo anno di età dell’autore di reato.2. Competenza civile: il TM interviene sostanzialmente conprovvedimenti a tutela del minore in situazioni di rischio per-sonale e/o familiare (affidamento per sostegno e controlloall’ente locale, provvedimenti di decadenza della potestàgenitoriale, allontanamento del minore e affido familiare ocollocamento in comunità, adozione nazionale o internazio-nale per minori in stato di abbandono, ecc.).3. Competenza amministrativa: interventi per i minori defini-ti dalla legge n. 1404/1934 “irregolari di condotta e caratte-re” (minori con comportamenti pregiudizievoli: fughe dacasa, forti conflittualità e altro).Il sistema penale minorile garantisce il doppio grado di giu-dizio di merito: l’art.5 del RDL n. 1404/1934 ha istituito laSezione di Corte d’appello per i minorenni, che ha funzionedi organo del riesame sulle decisioni emesse in primo gradodal Tribunale per i Minorenni. In seguito alla legge 354/1975, che ha realizzato nell’ordi-namento italiano il principio della “giurisdizionalizzazione”dell’esecuzione penale, sono state regolamentate le funzionidel magistrato di sorveglianza e si è istituito il Tribunale diSorveglianza. La medesima legge, all’art. 79, ha previsto che“le funzioni del Tribunale di Sorveglianza e del Magistrato diSorveglianza siano esercitate, riguardo ai minori, dal TM edal Giudice di Sorveglianza presso il tribunale medesimo”.

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4Social News 10_2005

uando ragioniamo di infanzia dob-biamo sempre ricordare di cam-biare le lenti per guardare la real-tà, perché la nostra esperienza, ilnostro rapporto con la vita, la

nostra idea del tempo sono diverse, enon possiamo prendere sul serio quel-l’età se non comprendiamo che il nostroapproccio è specifico di una vita adulta.Altrimenti resta una distanza e non cipuò essere scambio. Se pensiamo che sitratti solo di “dare la parola” all’infan-zia, l’infanzia resta muta. Perché l’in-fanzia non ha bisogno di legittimazione,è soggetto sociale quanto lo sono gliadulti e merita, quindi, parità, merita diessere ciò che è e che noi adulti nonsiamo più. Il nostro diritto prende sulserio l’infanzia? Per molto tempo lacultura giuridica ha considerato il bam-bino solo una speranza d’uomo, lo hacomunque ridotto ad abitante marginaledi una città pensata e costruita a misu-ra dei “grandi”. Le pagine più recentihanno, però, proposto uno sguardodiverso e hanno consegnato al diritto laquestione dei diritti dell’infanzia, dirittipropri, originali, impegnativi. Essiecheggiano una idea di uguaglianzache, riconoscendo a ciascuno il suo,impone il dovere di rimuovere quegliostacoli che impediscono ai bambini, airagazzi, di essere pienamente se stessi. I diritti dell’infanzia si possono concepi-re, promuovere, tutelare, solo cambian-do punto di vista: non è l’adulto ad attri-buirli ma il minorenne ad esprimerli.Diventa allora più corretto parlare di unagiustizia “dei” minorenni e non di unagiustizia “per” i minorenni. Nel 1988,quando si mise mano alla riforma delsistema processuale penale, si intuìl’importanza di concepire regole specifi-che che prendessero in carico il mino-renne deviante. Si ideò, così, un proces-so penale minorile, che fu scritto intutta fretta ma rispondeva alla esigenzadi un diritto “riservato” alle giovanigenerazioni. Compresi i guasti della sta-gione rieducativa, furono introdotte tec-niche di non attivazione del procedi-mento penale o di fuoriuscita positiva –l’affidamento in prova al servizio socia-le, il perdono giudiziale- con l’intento dilasciare al carcere una funzione residua-le, come nei fatti è accaduto. E’ positivo che non abbiano avuto segui-to i recenti tentativi di cambiare il pro-cesso penale minorile. Il disegno di

legge del Ministro Castelli proponeva unirrigidimento “esemplare” delle normeper aprire di più e prima le porte del car-cere ai minorenni. Sarebbe stato un inu-tile e dannoso arretramento del nostrosistema, una controriforma immiseritadall’idea che l’unica reazione al compor-tamento deviante sia la repressione eche basti, quindi, separare, dividere ilminore dalla società perché questadiventi più sicura. Altro è ragionare,oggi, sulla “giusta misura” della rispostapenale al reato del minorenne. Moltiragazzi stranieri arrivano in Tribunaleperché coinvolti dalle grandi organizza-zioni criminali che li utilizzano per atti-vità illecite. Cambia ed è più drammati-co il quadro dei delitti commessi daiminorenni, anche italiani, anche appar-tenenti ad ambienti della media borghe-sia. C’è molto da indagare sulla qualitàdei loro rapporti familiari, sociali, sulladimensione della violenza che essirespirano come dimensione “normale”.La questione è come dargli l’opportuni-tà di comprendere, tramite il processo ela pena, la gravità del fatto commesso ela portata della sofferenza inflitta allavittima, senza lasciare che il modellonegativo resti l’unico riferimento possi-bile. E’ indubbio che il nostro sistemapenale minorile è inadeguato a questoscopo. Al processo minorile non sonostati affiancati un diritto penale ed undiritto penitenziario “riservati” ai mino-renni. Come è possibile ragionare, oggi,dell’imputabilità degli infraquattordi-cenni quando il modello detentivo osanzionatorio è ancora quello pensatoper gli adulti?Ci sono alcune priorità sulle quali inter-venire se vogliamo risparmiare all’infan-zia la “solitudine dei diritti”.Disponiamo di atti e convenzioni inter-nazionali che sono una buona bussolaper orientarci. Penso alla Convenzionedi Strasburgo che ha proposto la que-stione della rappresentanza processualedei diritti dell’infanzia. E’ una questionecon la quale vale la pena confrontarci,perché sappiamo bene che i diritti,quando non sono agibili, possono resta-re lettera morta. Quando nel 2001 siriformò la legge sulle adozioni, si previ-de l’assistenza legale obbligatoria per ilminorenne coinvolto nel procedimentodi adottabilità. Serviva essere conse-guenti e ripensare immediatamente lenorme sul gratuito patrocinio, sulla dife-

sa d’ufficio e sul contraddittorio proces-suale. Sono, invece, passati quattro annie quella previsione è rimasta ancorasenza attuazione. Così accade che iltempo di un processo che serve a deci-dere per il bambino, a dichiararne l’ab-bandono e l’adottabilità, rimane untempo che non gli da voce. Ed intanto,il Governo dice che dobbiamo rendere le“adozioni più facili”, per rispondere alle“istanze di un numero sempre crescen-te di famiglie e di persone che manife-stano la propria disponibilità all’acco-glienza”! Se è vero che abbonda ilpaniere dei diritti, capiamo bene quantacura occorre prestare perché il diritto,più o meno distrattamente, non tradiscal’infanzia e torni a preferire il punto divista degli adulti. Resterebbe un dirittoproprietario, egoistico, come lo sonoancora quelle pagine del nostro codicepenale che considerano il maltrattamen-to o la sottrazione di un minorenne undelitto contro la morale familiare e noncontro la sua persona! A chi condividel’idea di una giustizia dell’infanzia spet-ta un grande compito: proseguire su unastrada che è ancora impegnativa e,insieme, difendere i diritti, renderliinderogabili, sovrani. Una recente ordi-nanza della Corte Costituzionale ci diceche “la sottrazione dei minori stranierialla garanzia della legge italiana viola idiritti umani”. C’è ancora molto da fareperché quei diritti, per molti bambini,non vengano violati.

Marcella Lucidisegretario commissione giustizia

Camera dei Deputati

Riduciamo la distanza tra adulti e bambini

Quando l’infanzia resta mutaI diritti dei minori si possono concepire, promuovere, tutelare, solo cambiando punto di vista:non è l’adulto ad attribuirli ma il minorenne ad esprimerli. Diventa allora più corretto parlare di una giustizia “dei” minorenni e non di una giustizia “per” i minorenni

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On. Marcella Lucidi

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5Social News 10_2005

istituto della messa alla prova(artt. 28 del D.P.R. 22.9.1988,n. 448, codice di procedurapenale minorile, e 27 del D.l.vo28.7.1989, n. 272, norme di

attuazione e di coordinamento) costitui-sce senza dubbio la variante di maggiorspessore che il rito speciale minorile –con l’indubbia articolazione delle risposteal fatto reato, che conoscono anche il per-dono e la valutazione di irrilevanza delfatto - ci propone, in piena coerenza conla filosofia globale dei diversi settori d’in-tervento. Esso appare infatti coerente aduna concezione che – nell’alternativa fral’approccio oggettivo al fatto criminoso equello soggettivo – privilegia senz’altroquest’ultimo, non considerando il reatonella sua algida tipicità, ma prestandoattenzione alle (mutevoli) varianti bio-psi-chiche che il soggetto minorenne puòpresentare. Lo spessore della misura èsottolineato da un dato fondamentale: lasospensione del procedimento con messaalla prova può darsi per qualsiasi tipo direato, anche per quelli che prevedonoedittalmente reclusioni lunghissime; ciò aconferma di una valutazione che nonriguarda tanto l’evento criminoso quantola personalità del minore, sì che anche adun omicidio può conseguire per questavia un esito estintivo (beninteso dopocongruo periodo e valutazione favorevole).Ciò ha destato talune perplessità: perchériservare un rimedio “pesante” ma altempo stesso completamente liberatorioper reati particolarmente gravi ed allar-manti e, parallelamente, utilizzare misuremaggiormente gravatorie (il perdono nonha immediata efficacia estintiva) pereventi di gravità a volte trascurabile?Si è risposto che a situazioni diversevanno riservate risposte differenti (sareb-be ingiusto il contrario, assicurando ilmedesimo trattamento a situazioni dise-guali). Se un ragazzo perfettamente inte-grato ha sbagliato una volta in manieradel tutto episodica, lo si potrà perdonare,non chiedergli di cambiare; se un ragazzodeviante abbia gravemente sbagliato gli sichiederà invece di cambiare, e si provve-derà a dargli sostegno a questo scopo,così consentendogli di poterlo fare. Se ciriesce alla fine di un percorso non brevené facile, va premiato. Se al minore cheha fatto ingresso nel circuito penale deve

essere assicurato un sostegno continuo,se l’attenzione costante va riservata alleofferte educative, se va pur sempre ricer-cato un faticoso equilibrio fra sanzione erecupero - la messa alla prova costituiscesenza dubbio lo strumento maggiormenteavanzato, inibendo il contatto stesso delminore con la realtà detentiva in vista diun definitivo azzeramento del reato edella conseguente sanzione.E’ opinione diffusa che il processo mino-rile costituisca già di per sé – indipenden-temente dal suo esito – una vicenda signi-ficativa nella vita del minorenne e dellasua famiglia, come occasione di riflessio-ne, di ripensamento, di ridefinizione dirapporti ed obiettivi della vita e – altempo stesso – di individuazione di risor-se educative. La stessa struttura del pro-cesso è del tutto coerente al disegno glo-bale: il procedimento deve assumere untaglio sartoriale, adeguato alla specificapersonalità ed alle concrete esigenze edu-cative del minorenne, che deve partecipa-re quanto più consapevolmente possibilealla vicenda giudiziaria che lo coinvolge.Ciò è assicurato dall’immediato coinvolgi-mento dei familiari e dei servizi, dallaparticolare assistenza, psicologica e tec-nica che deve essergli prestata, dal suodiritto alla spiegazione del contenuto edelle ragioni (anche etico- sociali: art. 1,comma c.p.p.m.) della decisione. In questo contesto la messa alla prova,per i suoi caratteri di originalità ed inno-vatività, assume una consistenza del tuttoparticolare, in una sorta di mélange dicomplessità, ambizione e raffinatezzafinalizzato ad uno scopo al tempo stessoaltamente pedagogico ed etico, nellamisura in cui non si limita al recuperoconsapevole del minorenne, ma coinvolgealtri vissuti (la vittima del reato, i familia-ri) con un respiro che supera i confinidella vicenda individuale per ricadere sulsociale. Ma proprio queste caratteristichene fanno un congegno di estrema delica-tezza, che l’esperienza insegna soggetto anumerose varianti locali e contingenziali;ne sono stati fatti usi diversi, a volte irra-zionali, a volte forzati, a volte velleitari.L’istituto si connota per i suoi caratteri didiscrezionalità (lo decide il giudice – col-legiale - dell’udienza preliminare o deldibattimento) allorché le capacità nonsiano in discussione, sulla base di un pro-

getto educativo adeguato alla personalitàed alla capacità del soggetto, nonché del-l’ambiente familiare di riferimento, inbase alle risorse presenti sul territorio.La legge in realtà tace in ordine alla col-pevolezza del ragazzo; ritengo che – siapure per implicito – la circostanza chesulla responsabilità non si abbiano dubbivada intesa come presupposto indefetti-bile, a scanso di conseguenze grottesche(impostare un percorso recuperatorio nel-l’incertezza che vi sia qualcosa da recu-perare ) e largamente ingiusto (porre inessere interventi invasivi nella sfera esi-stenziale di chi potrebbe essere assoltonel merito). Il minorenne è affidato ai ser-vizi minorili ministeriali anche in collabo-razione con quelli territoriali per attività diosservazione, trattamento e sostegno.Il respiro etico è assicurato all’espressaprevisione dell’ultima parte del secondocomma dell’art. 28 c.p.p.m.: il giudicepotrà impartire prescrizioni dirette allariparazione delle conseguenze del reatoed a promuovere la conciliazione con lapersona offesa. Il congegno va quindimanovrato con cautela e con estremaconsapevolezza. Non sottolinerei troppola necessità (quale presupposto priorita-rio) di una resipiscenza del tutto sincera;spesso il pentimento è soltanto superfi-ciale; a volte non può non esserlo; a voltepuò presumersi soltanto strumentaleall’ottenimento di un beneficio; a volte èsoltanto espresso ma non elaborato.Sta alla sensibilità dei giudici sapercogliere, al di là dello schermo, l’atteggia-mento psicologico veritiero; sta ad unasensibilità ancor più spiccata pronostica-re un’evoluzione che muova da un’adesio-ne soltanto formale di partenza ad unaforma partecipata e sincera da consegui-re proprio nel corso del processo di recu-pero. Per converso vanno evitati imposta-zioni buoniste, ottimismi privi di oggetti-vità, intenzionalità fideistiche: la progno-si deve essere fondata su dati obiettivi, suvalutazioni meditate, né il ricorso allamessa alla prova può costituire un’alter-nativa scontata ogni qual volta la gravitàdel fatto e delle conseguenze sanzionato-rie escludano ogni altra possibilità pre-miale o comunque favorevole al giovanereo. Deve ancora rilevarsi che l’iniziativadi recupero non è priva di costi: implicala disponibilità di risorse personali ed

LL’’

I pro ed i contro di una chance affidata alla sensibilità dei giudici

Una risposta per tutti i reati,ma non per tutti i minoriLa messa alla prova del minore in vista dell’estinzione del reato:qualche istruzione per l’uso di un istituto innovativo da assumere con cautela

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organizzative di supporto di cui non tuttele realtà nazionali possono disporre.Questo spiega la variabilità del ricorsoall’istituto: nel nostro Distretto, la cuicompetenza territoriale coincide conquella della Regione (ove si registranoattualmente circa 1350 procedimentipenali pendenti a carico di persone mino-renni) risultano concluse 13 procedurenel 2004 e 7 nel 2005, mentre ne sonotuttora in corso 9. La difficoltà maggioresta comunque nella capacità del giudicedi ipotizzare un esito favorevole conriguardo a soggetti in piena evoluzione delcarattere ed in via di strutturazione dellapersonalità.I costi organizzativi ed emo-zionali dell’impegno non devono tuttaviacostituire fattore di deterrenza : allorché ilcammino si prospetti ragionevolmentepercorribile, esso va senz’altro seguito. Le prescrizioni – come si è accennato –vanno calibrate su misura, tenendo contodella specificità del ragazzo: va ricercatala concretezza dell’impegno (se studia,continui a studiare; se lavora, lo facciaancora, se non ha occupazione, la si trovi)con intervento sulla sua vita abituale,arricchita dai correttivi ritenuti utili,ferma la necessità che il ragazzo com-prenda ed accetti ciò che si progetta pere su di lui. Il progetto ( lo si afferma ormaitradizionalmente) dev’essere ragionevole,praticabile, comprensibile; le variantipossono essere numerosissime (se vi furo-no fatti di droga, locali ed ambienti arischio non vanno frequentati; se il reatofu contro il patrimonio, parte degli even-tuali proventi lavorativi saranno destinatiad una famiglia in difficoltà; se vi fu vio-lenza la corretta rappresentazione dellasopraffazione biologica potrà essere rag-giunta grazie ad attività di assistenza afavore di soggetti portatori di handicap; sevi fu rissa furibonda, appare utile l’impie-go con ambulanze per interventi su trau-matizzati e così via). Vanno a questopunto svolte alcune considerazioni dicarattere più strettamente giuridico. Leprescrizioni inserite nel progetto di messaalla prova si collocano nella categoria,ormai vasta, delle conseguenze giuridichedel reato e, in particolare, delle misure

alternative alla pena ; di quest’ultima nonne partecipano i caratteri ( in particolare,manca del tutto la tipicità pretesa per lasanzione criminale ), ma ne condividonoil carattere lato sensu pretensivo : l’ordi-namento chiede qualcosa a qualcuno, inrelazione a trasgressioni accertate checomportano reazioni (ancorchè non auto-matiche né del tutto predeterminate). Invia del tutto generale, si osserva che leprescrizioni inserite nel programma dellaprobation non possono ricondursi ad unasituazione soggettiva passiva di obbligo :esse costituiscono piuttosto un onere,secondo il tradizionale concetto di presta-zione comportamentale cui attenersi invista del conseguimento di un certo risul-tato. Diversamente da quanto avviene perle misure cautelari, la violazione compor-ta non già la soggezione a possibili ina-sprimenti ( come nell’ipotesi di cui all’art.20, comma 3 del del D.P.R. 22.9.1988,n.448), ma perdita della chance estintiva: il reato permarrà e ne seguirà l’ordinariopercorso giudiziale ( il cui impatto risulte-rà aggravato dal fallimento del tentativo).Si tratta quindi di una misura pretensiva,non reintegratoria, nè riparatorio-risarcito-ria, nè peraltro punitiva, in quanto nontende al ripristino dello status quo nècompensa sul piano patrimoniale glieffetti dell’illecito, nè ha funzioni mera-mente asseverative della dissuasione.Appare quindi evidente come la duttilitàe la flessibilità dei progetti d’intervento,sulla cui base si avvia e si svolge la messaalla prova, non ne consentono una ricon-duzione a modelli-standard : una tale pla-sticità permette inoltre di scongiurarestrappi traumatici rispetto alle ordinarieabitudini di vita del minore. Egli è tutta-via tenuto ad assoggettarsi ad una misurache si colloca pur sempre nell’ambitopenale, ma non subita passivamentebensì attivamente sperimentata, concomportamenti fattivi nell’osservanza diun impegno su cui il minore stesso haconsentito. Si tratta, conclusivamente, diun itinerario educativo, teso al recupero,alla responsabilizzazione, alla riabilitazio-ne, alla socializzazione. La rinuncia fina-le dello Stato alla pretesa punitiva è quin-

di intesa come pèndent al venir meno nelminorenne della disposizione al reato,attraverso un intervento ed un percorsoristrutturanti. Nell’ambito del progettovanno infatti distinte avanti tutto lemodalità lato sensu ambientali, ad essostrettamente funzionali, in cui si collocaad esempio l’inserimento comunitario (previsto soprattutto per i soggetti privi dirisorse familiari, così posti in grado diaccedere alla fruizione della misura altri-menti loro inibita). Fra le modalità di con-dotta esterna, accanto alle prescrizionicomportamentali astensive, si posizional’attività socialmente utile ( tale anche daconsentire contatti con ambienti espressi-vi di valori non consueti a quelli del mino-re) resa possibile da intese con risorse eservizi locali. L’opzione ergoterapica siaffianca quindi alle prescrizioni in positi-vo finalizzate all’acquisizione di gradid’istruzione o all’apprendimento di unmestiere. Il coinvolgimento psicologicolievita in una terza categoria di modalitàattuative del progetto, quelle dettate inspecifica funzione riparatoria e conciliati-va con le vittime del reato.Quest’ultime non andranno tuttavia forza-te: il permanere di un atteggiamento osti-le e rancoroso della vittima fa regredirequesta tranche del progetto ai confini conl’utopicità ed il velleitarismo: in tal casosarà comunque utile avviare quanto menoun percorso alternativo di comprensionedella sofferenza arrecata. Infine si regi-strano gli interventi con finalità introietti-va, a coinvolgimento assai elevato (e neoffre esemplificazione l’ormai famosamisura biblioterapica escogitata dalTribunale per i Minorenni dell’Aquila ( let-tura di quattro libri, di cui due prescelti,con relativi riassunti). Lo snodo finale siconnota per delicatezza ancora maggiore:il buon esito della prova va valutato conserenità ed attenzione dallo stesso colle-gio che ha disposto la sospensione delprocesso. La decisione si baserà avantitutto sulla verifica dell’osservanza (e delgrado di osservanza) di quanto prescritto,ma più che enfatizzare i risultati, dovràprivilegiarsi la profusione delle energie edell’impegno da parte del ragazzo in unavisione complessiva dell’intero percorso,senza drammatizzare qualche difficoltà ocaduta iniziale, talune inottemperanzedovendosi ritenere connaturali con il pro-cesso di crescita, in cui devono preventi-varsi momenti di defaillance. Per conver-so, anche in questa sede non ci si potràaffidare ad ingenuità valutative, ottimismiad ogni costo, buonismi scriteriati.

Arrigo De Paulimagistrato,

procuratore della Repubblicapresso il Tribunale per i Minorenni

di Trieste (1995-1999)e presidente di Tribunale

a Gorizia (1999- 2004)e a Trieste (dal 2004)

Da destra: Arrigo De Pauli, Marcella Lucidi, Giorgio Tonini, Massimiliano Fanni Canelles

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l fenomeno della devianza minorile è mutato profondamentenegli ultimi anni, tanto quantitativamente che qualitativamen-te. I recenti episodi di cruenta criminalità ad opera di soggettiminorenni, ed il notevole allarme sociale che ne consegue,

obbliga ad un urgente ripensamento dell’assetto ordinamentale dellagiustizia minorile.Le statistiche riferiscono che gli episodi di criminalità minorileaumentano sempre di più e non si deve dimenticare che i minorisono, soprattutto, dei figli e che, quando la violenza scoppia all’in-terno di un nucleo famigliare, diventa elemento e forza disgregatricedella società.

Cenni storici sulla giustizia minorile in Italia

Per valutare le recenti proposte governative tese a riformare la giusti-zia minorile occorre svolgere alcune considerazioni storiografiche. Ilcodice penale Rocco, del 1930, non prevede speciali fattispecie direato per i minorenni; quindi, per essi valgono le fattispecie del dirit-to penale comune. Detto codice introduce, però, una serie di normespecifiche per i minorenni: prevede la presunzione assoluta di nonimputabilità fino a 14 anni (art. 97 c.p.), mentre prima il limite eradi anni 10; per i minori di età compresa tra i 14 ed i 18 anni la capa-cità di intendere e di volere, che sottende alla imputabilità, deveessere accertata di volta in volta (art. 98 c.p.). Matura, poi, una sen-sibilità, prima culturale (Freud: l’universo infantile in ognuno di noi)e poi, politica (dottrina sociale della Chiesa: rispetto e dignità dellapersona), attraverso la quale si giunge a ritenere che la valutazionedel comportamento dei giovani autori di reato non puo’ essere quel-la riservata agli adulti. In Italia, già nel 1934, con Regio decreto,vengono istituiti e regolamentati i Tribunali per i minorenni; un inter-vento istituzionale adeguato ai tempi e, correttamente, finalizzato acontrollare i fenomeni di criminalità minorile, laddove iniziano ademergere in termini di devianza: per i minori “bisognevoli di corre-zione morale” era stabilita la misura rieducativa del riformatorio peri “corrigendi”. I Tribunali per i minorenni a cui, inizialmente, eranoattribuite solo funzioni penali, assumono, nel corso dei decenni,anche competenze civili ed amministrative (problematiche conflit-tuali del minore con i genitori; disadattamento del minore ed appli-cazione di misure “rieducative”).

Strutture e funzioni del Tribunale per i minorenni

Nell’attuale sistema, il Tribunale dei minorenni è composto da duemembri togati e da due onorari: i primi sono magistrati, mentre isecondi (necessariamente un uomo e una donna) sono scelti tra ibenemeriti in biologia, psichiatria, antropologia criminale, pedago-gia, psicologia e sociologia. Con il loro apporto il Tribunale per iminorenni aggiunge competenze extra-giuridiche, ritenute importan-ti per operare in situazioni complesse che coinvolgono soggetti debo-li e bisognosi di tutela. In merito delle attuali funzioni del Tribunaledei minorenni è opportuno fare una panoramica alla normativa diriferimento: Costituzione della Repubblica Italiana; L. 151/1975,riforma del diritto di famiglia; L. 898/1970, divorzio; L. 184/1983e 149/2001, affidamento famigliare ed adozione; oltre a due impor-tanti Convenzioni internazionali, quella sul diritto del fanciullo (ONU1989), poi tradotta nella Legge 176/1991 e quella dell’Aja del1993 sull’adozione internazionale dei minori. Gli artt. 330, 333,334 e 335 del codice civile, inoltre, indicano specificamente gliinterventi che può attivare il giudice nell’ipotesi di non corretto eser-cizio della potestà da parte dei genitori. Trattasi di un quadro legisla-tivo obiettivamente frammentato e per cui le competenze risultano

distribuite tra diversi organi giudiziari: il Tribunale ordinario, ilTribunale per i minorenni ed il Giudice Tutelare; con effetti spessodeleteri, soprattutto, nella sfera degli affidamenti dei minori a fami-glie diverse da quelle di origine. I servizi sociali, infine, dovrebberointervenire “in favore di minorenni soggetti a provvedimenti delleAutorità giudiziarie minorili nell’ambito della competenza ammini-strativa e civile” (D.P.R. 616/1977).Il sistema offre situazioni di grande incertezza, sia per l’esatta indi-viduazione dell’organo competente per la singola controversia e siaper le stridenti disuguaglianze processuali. Così per l’affidamento diun figlio di genitori sposati è competente a decidere il Tribunale ordi-nario mentre, nel caso di figlio di genitori non sposati, la competen-za spetta al Tribunale per i minorenni; innanzi al tribunale la causaprocede secondo il rito ordinario, invece, avanti al Tribunale per iminorenni (nonché avanti al Giudice Tutelare) è previsto, general-mente, il procedimento semplificato, cosiddetto camerale.

Contesto sanzionatorio dei minori

Quanto al sistema delle pene, il codice penale vigente prevede per iminori l’abbattimento della pena di un terzo, l’istituto della “libera-zione condizionale” (art. 176 c.p. – se c’è ravvedimento il minorepuò trascorrere il resto della pena in regime di libertà vigilata) ed il“perdono giudiziale” (art. 169 c.p. – lo Stato rinuncia alla condan-na, o al rinvio a giudizio, anche se c’è la responsabilità del minore);un ulteriore istituto, relativamente recente, che consente al minoredi evitare la sanzione afflittiva si denomina “messa in prova”. Talidisposizioni, si intersecano con il principio denominato “rieducativo”(perché nel minore il processo educativo non è ancora completo, main evoluzione come la sua personalità) e con il concetto della “mini-ma offensività” (protezione dei diritti del minore ed educazione dellostesso, da intendersi come prevenzione e difesa sociale).Constatiamo, dunque, che il sistema penale minorile improntato allarieducazione si configura come interesse-dovere dello Stato; a cui èsubordinata la pretesa punitiva, attesa anche la nota sentenza n. 49del 1973 della Corte Costituzionale. A corollario va ricordato il D.P.R.448 del 1988, che dettando la disciplina del processo penale mino-rile, afferma esplicitamente che detto processo penale “non deveinterrompere i processi educativi in atto”; predispone, pertanto,interventi atti a non intralciare lo svolgersi del processo educativo-evolutivo-relazionale (per esempio, sospensione del processo emessa alla prova, sentenza di non luogo a procedere per irrilevanzadel fatto, perdono giudiziale), in quanto una sua interruzione puòdestabilizzare una personalità in via di strutturazione.Concludendo, si può affermare che nel processo penale minorile, allostato, si va ben oltre la funzione rieducativa della pena prevista dal3° comma dell’art. 27 della Costituzione; in quanto lo scopo princi-pale di tale processo è costituito dalla protezione dei diritti del mino-re, dal fornire sollecitazioni per lo sviluppo della sua personalità edaffinché percepisca la società organizzata: in una parola, lo scopopreminente è l’educazione del minore in termini di prevenzione eprodromica ad una maggiore difesa sociale.

Progetto di riforma del Tribunale per i minorenni

Ad iniziativa del Guardasigilli Castelli sono stati avviati due progetti,successivamente riuniti, di riforma nel sistema della giustizia mino-rile. Quanto esposto sin qua facilita la comprensione dei contenutidella riforma in parola e, anzi, a tal fine, pare utile continuare l’espo-sizione estrapolando dall’intervento della relatrice del provvedimen-to di riforma della giustizia minorile alla Camera dei Deputati, il

Lineamenti sullo stato della giustizia minorile

Una legge più vicina alla gente?

II

La riforma Castelli della giurisdizione in materia minorile e, più in generale,in materia di tutela dei minori e della famiglia, prevede l’unificazione delle competenze e della giurisdizione stessa, corsi di formazione per magistrati e una regolamentazione diversa dei rapporti tra autorità giudiziaria e servizi sociali

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13.10.2003, On.Carolina Lussana. Ossia,l’obiettivo del progetto èquello di riformare l’attua-le sistema della giurisdi-zione in materia minorilee in materia di tutela deiminori e della famiglia“attraverso l’istituzione disezioni specializzate pres-so i tribunali ordinari, concompetenze omnicom-prensive nelle suddettematerie e con la conse-guente soppressione delTribunale per i minorenni.Inoltre, esso ha l’obiettivodi razionalizzare le proce-dure in materia di separa-zione e divorzio, sia tra-

mite modifiche volte ad una più rapida definizione dei procedimen-ti, sia attraverso l’omologazione dei riti in materia di separazione edivorzio”. In primo luogo, la riforma si propone l’unificazione dellecompetenze e della giurisdizione: “l’art. 1 del provvedimento inesame, infatti, dispone l’istituzione delle sezioni specializzate pres-so i Tribunali e le Corti di Appello alle quali sono attribuite, ai sensidell’art. 2, tutte le controversie di competenza dei Tribunali per iminorenni, soppressi dal comma 3 dell’art. 1, in materia civile,penale ed amministrativa, nonché quelle attualmente devolute allacompetenza del Giudice Tutelare e del Tribunale ordinario in mate-ria di rapporti di famiglia e di minori e quelle relative allo stato e allacapacità delle persone. Questo è il vero cuore della riforma: unifica-re tutte le competenze in materia di minori, attribuendo ad un’unicaistituzione giudiziaria specializzata le competenze relative ad unamateria così delicata…l’esigenza era quella di una forte razionalizza-zione degli interventi giurisdizionali e la definizione di un nuovo ruolodel giudice della famiglia che, partendo dai principi costituzionali,tenesse conto della necessità di interventi complessivi e non più par-cellizzati. Da qui l’idea di attribuire ad un unico organo giudiziario lacognizione su tutte le tematiche riguardanti la famiglia e i minori,visto che mantenere competenze giudiziarie per i minori separate daquelle per la famiglia significa, inevitabilmente, indebolire e ritarda-re le forme di possibile tutela con gravi costi sociali”. L’intento ulti-mo appare, cioè, quello di attuare completamente il principio per ilquale, in ambito di minori, la giurisdizione penale e quella civile nondevono essere separate “essendo indispensabile, nella celebrazionedel processo, una valutazione prioritaria dell’evoluzione della perso-na, rispetto alla quale assumono grandissima rilevanza le tematichefamigliari. Spesso, infatti, le stesse problematiche famigliari all’esa-me del Giudice civile presentano aspetti che sono oggetto di inter-vento da parte del Magistrato penale: si pensi a tutte le ipotesi diabusi e maltrattamenti in famiglia, o di inosservanza degli obblighidi assistenza famigliare. Si tratta di materie di processi che vengonoattualmente celebrati da un Giudice penale privo di ogni collegamen-to con il procedimento civile parallelo, oppure pendente, con la con-seguenza che la giurisdizione penale nella specifica materia vienespesso esercitata senza una sufficiente conoscenza del retroterra psi-cologico ed ambientale in cui il delitto è maturato e, quindi, non haalcuna possibilità di agire utilmente nel conflitto materiale”. Inoltre“il provvedimento reca un articolo che prevede espressamente, oltreall’iniziale formazione di base, la necessità di attivare un percorsopermanente di formazione, per cui è previsto che il ConsiglioSuperiore della Magistratura debba organizzare corsi annuali diaggiornamento per i Magistrati che andranno a comporre le istituen-de sezioni specializzate presso le Corti di Appello ed i Tribunali”.Ancora, diffusamente: “un altro punto fondamentale del provvedi-mento riguarda la composizione della sezione e, quindi, il ridimen-sionamento del ruolo dei Giudici Onorari…la sezione si comporrà dimagistrati specializzati nelle materie di competenza nonché di priva-ti cittadini aventi la qualifica di giudice onorario. Ebbene, nellamateria civile, la sezione specializzata deciderà in composizione

monocratica, in alcuni casi specifici e nelle materie che attualmen-te sono di competenza del giudice tutelare, o collegiale con tre magi-strati togati, a seconda delle materie devolute alla sua competenza.In materia penale, invece, la sezione giudica con tre magistrati di cuidue togati ed uno onorario. È importante ribadire – questo è stato unpunto di forte critica del disegno di legge governativo – che il prov-vedimento in esame salva le competenze dei giudici onorari e l’ap-porto che essi possono offrire al funzionamento della giustizia mino-rile sia nel settore civile, sia nel settore penale. Entrambi tali setto-ri, infatti, sono caratterizzati da un’elevata complessità tale da ren-dere opportuno un apporto specifico di carattere non giuridico.Tuttavia – e questa è stata la scelta del Governo che si richiama adun’espressa filosofia – non si può tacere l’uso improprio che nelcorso degli anni è stato fatto della componente onoraria soprattuttoper quanto riguarda la materia civile. Tale componente, prevista inorigine come esclusiva componente collegiale, man mano si è vistaattribuire sempre più competenze quali, ad esempio, l’importanteruolo dello svolgimento dell’attività istruttoria. Tali competenzeavrebbero dovuto rimanere prerogative esclusive della magistraturatogata e non è accettabile che si pretenda il mantenimento della col-locazione dalle discipline attuali della categoria in nome dell’indi-spensabilità di prestazioni che suoi membri non avrebbero mai dovu-to svolgere e delle quali, invece, adesso sembrerebbe dipendere ilfunzionamento stesso dei Tribunali dei minori. Oltre a questo fatto varicordato che le procedure di nomina e di conferma degli esperti nonsono mai state regolamentate per legge, ma sono sempre state sta-bilite tramite circolare del Consiglio Superiore della Magistratura. Glistessi giudici onorari vengono scelti secondo criteri particolaristici erestano in carica in base al gradimento che ricevono tra i magistrati.Tutti questi aspetti hanno contribuito a rendere il giudice onorario unelemento di ambiguità rispetto alla funzione giurisdizionale che hacome principio fondamentale la terzietà e l’indipendenza del giudi-ce. Sostenere, quindi, che la presenza dei giudici non togati sia lagaranzia della specializzazione è frutto di un equivoco giacché laspecializzazione deve essere dei giudici che l’avranno acquisita sulcampo per l’attività svolta in questi anni. Quindi, per il settore civile,il giudice onorario rimane ma non partecipa alla camera di consiglio.Svolge quelle funzioni che anche adesso, propriamente, dovrebberoessergli riservate, come delineare il profilo psicologico del minore esvolgere le audizioni. Per il settore penale, invece, data la rilevanzadella materia, visto che si dà anche particolare importanza al reinse-rimento del minore nella società, rimane in misura minoritaria.Perconcludere, la legge delega prevede anche una parte importante didiversa regolamentazione dei rapporti tra autorità giudiziaria e servizisociali. Tale ridefinizione dei compiti e della collocazione dei serviziesalta le peculiari mansioni istituzionali dei servizi stessi, ma tutelaanche maggiormente il cittadino da talune disfunzioni che innegabil-mente, non di rado, si verificano nell’ambito delle prestazioni attuali.Ad esempio, quando sulla base di una semplice segnalazione dei ser-vizi, magari su istanza di parte, si finisce per assumere un valore pro-batorio ai fini dell’adozione di gravissimi provvedimenti da parte delTribunale dei minorenni”.

Conclusioni

Il punto saliente del progetto di riforma (approvato, con emendamen-ti, in Commissione Giustizia della camera, in sede referente in data08.10.2003) che, effettivamente, sembra idoneo ad avvicinare lagiustizia ai cittadini, riguarda la specializzazione, ovvero la creazionedi un giudice fortemente specializzato e la razionalizzazione territo-riale delle sedi. Ciò è positivo, però osserviamo che, per la visuale“sociale” che ci connota politicamente, l’intera materia minorile,sostanziale e processuale, meriterebbe una trattazione veramenteorganica ed omnicomprensiva: un “codice penale e proceduraleminorile”. Vale a dire un disegno normativo ambizioso che recuperi,in chiave attuale e moderna, la lungimirante idea del GuardasigilliOrlando del 1908 che aveva presentato, senza successo, un codicea tal proposito, di ben 205 articoli. Affinché la legge non sia solovicina alla gente, bensì possa assumere le caratteristiche di strumen-to realmente teso al sostegno delle esigenze nel quotidiano, senza lelacune tipiche di un sistema distante dai bisogni della società.

Alessandra Mussolinisegretario nazionale Azione Sociale

On. Alessandra Mussolini

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L’esperienza di questi ultimi anni insegna che, da quando la risposta alla devianza minorilenon è stata più solo la segregazione carceraria, le denunce nei confronti dei ragazzi maggiori di 14 anni sono diminuite: contro le 31.879 denunce dell’anno 1991, si è avutoun progressivo e costante decremento che ha portato le denunce, nel 1998, a 27.323. Di converso - e il dato è significativo - le denunce nei confronti dei minori stranieri,per cui l’unica risposta alla devianza è stata quella carceraria,esse sono state in aumento passando dalle 3.903 del 1991 alle 7.127 del 1998

No al carcere come strumento di recupero

Repressione, una strada a fondo cieco

l secolo che si è da poco conclu-so è stato caratterizzato da unaparticolare attenzione al soggettoin età evolutiva, ai suoi bisogni

fondamentali di vita, ai suoi diritti dipersonalità che dovevano essere nonsolo riconosciuti ma anche promossi econcretamente attuati.Le scienze umane hanno scandagliatoe svelato le reali e non mitiche carat-teristiche del soggetto in formazione;hanno rivelato le sue più profonde esi-genze di crescita umana; hannodenunciato le troppe onnipotenzedegli adulti che spesso minavano ilregolare processo di sviluppo; hannoindividuato le forti manipolazioni chefinivano con il condizionarne l’itinera-rio maturativo imponendo spesso sulvolto del bambino una maschera pre-disposta dall’adulto. E la comunità nel suo insieme ha per-cepito la necessità - non solo per lavita di tanti esseri umani ma ancheper uno sviluppo collettivo di civiltà -di assicurare a chi si affaccia alla vitacondizioni adeguate per un effettivosviluppo umano: sono nati così spon-tanei movimenti per la tutela e la pro-mozione dei diritti del minore, chehanno imposto leggi profondamenteinnovative – prima fra tutte la leggesull’adozione speciale che ha costitui-to una rivoluzione copernicana a favo-re del pianeta infanzia – e si è diffusauna nuova cultura della solidarietà neiconfronti di un soggetto troppo spes-so dimenticato o sfruttato Anche l’ordinamento giuridico – tradi-zionalmente assai atono nei confrontidel cittadino di età minore e dei suoibisogni - ha incominciato a sviluppa-re una attenzione ai diritti di persona-lità, e non solo a quelli patrimoniali orelativi all’integrità fisica, del cittadi-no di età minore. Ha così riconosciu-to che il soggetto in età evolutiva nonè solo un figlio di famiglia in proprie-tà dei genitori ma una autonoma per-sona le cui giuste aspettative e attitu-

dini devono essere rispettate; che eglinon può essere considerato come una“cosa “ che deve essere plasmata dal-l’adulto ma deve essere visto come unessere umano avente una sua autono-ma personalità, sia pure ancoraincompiuta, da potenziare e valorizza-re; ha guardato al minore e alla suadebolezza non come un potenzialepericolo per la società, e perciò daisolare e controllare a vista, ma comeuna autentica ricchezza da sviluppa-re, ha predisposto strutture perché idiritti non fossero solo declamati maanche concretamente goduti. La politica infine ha incominciato adoccuparsi e preoccuparsi del proble-ma delle nuove generazioni e dell’at-tuazione dei loro diritti. Superandouna inveterata strategia della disat-tenzione nei confronti dell’infanzia -fatta di interventi solo episodici per-ché legati alla emozione del momentoper l’esplosione di un qualche proble-ma che rendeva urgente fare qualchecosa; di interventi puramente tampo-ne perché cercavano di porre rimedioalle carenze più vistose senza preoc-cuparsi di aggredire le cause del disa-gio e di impostare una seria azione diprevenzione; di interventi settoriali equindi scoordinati e perciò scarsa-mente efficaci – il mondo politico, alivello nazionale come a livello locale,ha incominciato a cercare di imposta-re una strategia organica di interventinon solo nei confronti dei soggetti conproblemi ma anche nei confronti delminore cosiddetto normale che ha puresso un grande bisogno di sostegno,chiarimento e stimolo per seguire unregolare itinerario di sviluppo versouna sia pure relativa compiutezzaumana. Questa felice stagione – che dovevacontinuare e ulteriormente svilupparsinel nuovo millennio – sembra invecesi stia esaurendo.Mi sembra si debba registrare unsostanziale disimpegno nei confronti

dei temi legati alla fase evolutiva dellavita: ne è un inquietante sintomo, sulpiano culturale, la fine o la difficoltàdi alcune storiche riviste che hannocontribuito notevolmente a diffondereuna cultura dei diritti del cittadino dietà minore nonché la sostanziale stasiproduttiva del Centro nazionale ditutela dell’infanzia e della adolescen-za. E anche la politica sta facendo passiindietro: basti pensare l’assurda deci-sione di smembrare la tendenzialeunicità delle competenze ministerialirelative all’infanzia, logico presuppo-sto per una strategia adeguata, soloper rimpinguare la competenza rite-nuta deficitaria del Ministero dellePari opportunità; è assai preoccupan-te la sostanziale vacuità del nuovopiano governativo per l’infanzia che,per esempio, non dice una parola sulpur rilevantissimo ed essenziale temadi chi è chiamato ad attuare i dirittiviolati dell’infanzia e dell’adolescen-za. Ed è particolarmente inquietantela proposta avanzata dal MinistroGuardasigilli di sopprimere ilTribunale per minorenni: non solo, onon tanto perché, tornando indietro disettanta anni, si riduce drasticamentela tutela di una fascia particolarmen-te debole di persone sopprimendo ilnaturale organo giudiziario di promo-zione e tutela dei loro diritti – e cioèquell’organo che la CorteCostituzionale sin dalla sentenza n222 del 1983 ha dichiarato doveressere “annoverato tra quegli istitutidei quali la Repubblica deve favorirelo sviluppo ed il funzionamento, cosìadempiendo al precetto costituzionaleche la impegna alla protezione dellagioventù”. Quel che è ancor più allarmante è lacultura sottostante che la proposta diriforma rivela in quanto la “ filosofia“che la contraddistingue rischia ditravolgere non solo il tribunale perminorenni e gli organi di tutela del-

II

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l’infanzia e l’adolescenza ma dipesantemente inquinare le recenti, eancora non consolidate, conquiste diuna maggiore considerazione dell’in-fanzia e dei suoi bisogni e di unmigliore impegno collettivo per darerisposte esaustive alle domande di vitache le persone di minore età esprimo-no. La riforma – meglio la controrifor-ma – appare infatti funzionale non asviluppare e garantire maggiori dirittiai soggetti in formazione ma essen-zialmente a rassicurare gli adulti,quelli che contano, quelli che votano,quelli che possono assicurare consen-so politico: ancora una volta gli inte-ressi più forti non quelli più giusti ven-gono privilegiati e la cultura adulto-centrica si prende una netta rivincitasulla appena abbozzata cultura radica-ta su una attenzione all’infanzia e aisuoi bisogni. L’opinione pubblica inquesti ultimi anni - anche sulla basedel martellamento dei mezzi di comu-nicazione di massa che hanno enfatiz-zato e ingigantito alcuni episodi dicronaca, certo assai inquietanti, mada non generalizzare – ha finito con ilguardare all’infanzia e alla adolescen-za sulla base di stereotipi culturaliprofondamente falsi. Il tema dei dirit-ti del soggetto in formazione – chepossono e debbono essere difesi con-tro il genitore anche con una semplicetelefonata – ha messo in allarme geni-tori che, nella società complessa dioggi, non sanno in realtà come com-portarsi con i propri figli; la rappresen-tazione terroristica di una gioventùtutta violenta ha, sotto un diversoaspetto, preoccupato il mondo degliadulti che ha enfatizzato la criminali-tà minorile e addebitato troppo facil-mente il fenomeno ad un eccessivopaternalismo e pietismo dei giudici. Da ciò è nato da una parte un arrocca-mento difensivo dei genitori che temo-no un controllo da parte dei servizidella comunità e da parte del giudicee vogliono che il proprio diritto “ sul “e non “ per “ il bambino sia assolutoe insindacabile e dall’altro la richiestadi un ritorno ad una politica decisa-mente repressiva per garantire i “ben-pensanti “ dalla minaccia di una gio-ventù tutta “ bruciata “. Il disegno di legge del Governo caval-ca queste spinte irrazionali ed emotiveed imbocca decisamente scorciatoieapparentemente rassicuranti ma chein realtà non risolvono ed anzi aggra-vano il problema. E’ vero che l’opinione pubblica – al dilà della affermazioni retoriche - ha vis-suto con forti preoccupazioni il pro-gressivo riconoscimento che il minoreè soggetto di diritti e che quindi dove-va essere tutelato anche da tutte quel-

le onnipotenze familiari che possonodistruggerlo: non è facile accettarel’idea che la famiglia, se è spessissi-mo un nido di amore, si può non infre-quentemente rivelare anche un nido divipere. Lo spirito di solidale attenzionealle esigenza di crescita umana delragazzo - che aveva portato, sia purecon qualche contrasto, alla approva-zione negli anni sessanta della leggesull’adozione - si è nei successivi annifortemente appannato: è riemersa,prepotente, l’idea che “il figlio è mio eme lo gestisco io”; che i genitori solisanno che cosa è il bene del propriofiglio; che sono lividi e sadici aguzziniquegli assistenti sociali, psicologi egiudici che strappano bambini alleproprie amorose famiglie solo per ilgusto di far loro del male. La famigliadeve tornare così ad essere un “portofranco” entro cui tutte le violenze e lesopraffazioni devono essere ritenutelecite; il bambino deve vedere cosìridotti i diritti che sono suoi in quantopersona umana perché deve rientrarenel ruolo di mero “figlio di famiglia”;deve essere riesumata e difesa la figu-ra del “padre padrone”, a cui deveessere affiancata la non meno inquie-tante figura della “madre padrona” ,perché il modo di esercizio della pro-pria funzione genitoriale deve esseresostanzialmente insindacabile. Equanto più il rapporto genitori-figli,nel mondo di oggi, diviene insoddisfa-cente, ambiguo, sfuggente, sfilacciatotanto più il genitore - che sempre piùsi ritrae da un compito di guida e disostegno del figlio anche perché nonlo conosce e non sa dialogare con lui– si preoccupa che vi possa essere uncontrollo e un sindacato su un ogget-to, il figlio, che ritiene di sua esclusi-va proprietà. Il disegno di legge caval-ca anche questa diffusa preoccupazio-ne (assai sintomatica è apparsa l’ova-zione da stadio che ha accolta alCostanzo show l’affermazione delMinistro Castelli che i tribunali perminorenni sarebbero stati aboliti) rico-noscendo – contro la ConvenzioneONU sui diritti dei bambini - che gliinteressi degli adulti devono prevaleresu gli interessi dei bambini; che ildoveroso controllo sulle relazioni fami-liari, per assicurare che fondamentalidiritti della persona debole non sianoconculcati, deve essere abolito; che ilragazzo privo di autonomi diritti deverientrare nel potere assoluto della suafamiglia che ne può impunemente tra-scurare le esigenze essenziali o mani-polarne la personalità. Ma se i rappor-ti tra genitori e figli non diverrannomigliori e se, anziché sviluppare unamaggiore responsabilità genitoriale, siratificherà la tendenza presente ad un

ritorno autoritario e assolutistico sirealizzerà non più pace in famiglia masolo una strisciante ostilità e disimpe-gno reciproco. Egualmente è del tuttoillusorio ritenere che una maggioreforza repressiva diminuirà il disagiogiovanile che si esprime in comporta-menti penalmente rilevanti. Non èaffatto vero che la minaccia di unasempre maggiore pena carcerariacostituisca da una parte una remoraalla commissione di reati e dall’altraun valido strumento di recupero. Sulprimo versante è da osservare chebisogna essere psicologicamente adul-ti per orientare le proprie azioni nonsulla base delle sollecitazioni delmomento ma prevedendo con acutez-za e razionalità tutte le conseguenzeconnesse al proprio comportamento. Ilgiovane per sua natura è poco raziona-le, imprevidente, impulsivo, facilepreda della suggestione del momento,portato alla trasgressione, spinto dalsuo senso di onnipotenza ad esseresicuro che a lui non può venire nessu-na conseguenza negativa dalla azioneintrapresa. Ritenere che la meraminaccia di una sanzione penale -peraltro molto eventuale per la scarsaefficacia dell’azione investigativa e dicontrollo (amplissima è la gamma deireati di cui resta ignoto l’autore) -possa inibire ad un soggetto con fortiproblemi di adeguata socializzazionela commissione di reati è una perico-losa illusione. Né, sul secondo versan-te, appare condivisibile la tesi che ladetenzione carceraria, per la segrega-zione e la sofferenza della privazionedella libertà imposta, faccia rinsavireil reo e contribuisca alla sua riabilita-zione. Innanzi tutto perché è una vec-chia concezione quella che vede nellapena e nella sofferenza imposta l’uni-co strumento per riaffermare la giusti-zia, retribuire la colpa, assicurare larestaurazione dell’ordine sociale viola-to: la società è più garantita e riparatase, quanto meno nella maggioranzadei casi, il trattamento usato fuoridella segregazione carceraria compor-ta il recupero della personalità in for-mazione. Poi perché la segregazionein carcere consente alla criminalitàorganizzata di fare opera di proseliti-smo e comunque è nel carcere che sirealizzano forme di collegamentodelinquenziale che diverranno concre-tamente operative al momento dellariconquista della libertà. Infine perchéla carcerazione diviene spesso assaicontroproducente: innanzi tutto per-ché il deviante è spesso un soggetto indifficoltà e alla ricerca di una identitàed un ruolo e la sua segregazione conaltri egualmente etichettati può com-portare una spinta addizionale al delit-

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to, pensandosi il soggetto come delin-quente e organizzando il suo compor-tamento in conformità; poi perché lasegregazione del condannato dallasocietà non rimuove le cause chestanno all’origine del comportamentodeviante con la conseguenza che, apena espiata, il nuovo impatto con lavita sociale riprodurrà, spesso in modoaggravato, la situazione di conflittopreesistente. In realtà la prevenzioneed il recupero del ragazzo in gravi dif-ficoltà nel suo processo di socializza-zione si realizzano non tanto con laminaccia di una sanzione macostruendo strutture capaci di soste-nerlo, orientarlo e accompagnarlo nelsuo itinerario verso una reale integra-zione sociale e non con la segregazio-ne nel carcere ma attraverso tratta-menti in libertà che riqualifichino lasua esperienza di vita e lo strutturinocome persona autonoma e coscientedelle sue potenzialità ma anche dellesue responsabilità. La strada dellamera repressione è una strada cieca: oassicura soltanto che, per un breveperiodo, persone con difficoltà sianoeliminate dal consorzio sociale – mapoi ritorneranno con maggiore aggres-sività – o impone una continua “ esca-lation “ di interventi sempre più segre-ganti e di durata sempre più lunga.L’esperienza di questi ultimi anniinsegna che, da quando la rispostaalla devianza minorile non è stata piùsolo quella della segregazione carcera-ria, le denunce nei confronti dei mino-ri italiani maggiori di 14 anni sonosignificativamente diminuite: controle 31.879 denunce dell’anno 1991 siè avuto un progressivo e costantedecremento che ha portato le denun-ce, nel 1998, a 27.323. Di converso -e il dato è assai significativo - ledenunce nei confronti dei minori stra-nieri, nei cui confronti l’unica rispostaalla devianza è stata quella carceraria,sono state in costante aumento pas-sando dalle 3.903 del 1991 alle7.127 del 1998 con un netto raddop-pio. Certamente ha contribuito a que-sto decremento delle denunce nei

confronti degli ita-liani, e di conversoall’aumento delledenunce nei con-fronti degli stra-nieri, il fatto chela popolazione ita-liana è diminuitamentre quellastraniera èaumentata maquesto fatto nongiustifica appienoe da solo l’entitàdi questa anda-

mento a forbice. Ed è anche assaisignificativo che la percentuale deiminori che commettono delitti nelnostro paese sia di gran lunga inferio-re a quella di altri paesi europei cheadottano sistemi penali meno “ lassi-sti “, secondo la concezione comune,del nostro: nell’anno 1998 su 1000minori imputabili la percentuale diminori denunciati è stata del 43,5 inFrancia, dell’81,9 in Germania, del33,0 in Inghilterra e Galles e solo del9,7 in Italia. Il dato non può non esse-re messo in correlazione anche al datosulla percentuale di condanne irrogatea minori: su 100 minori denunciatinell’anno 1998 le condanne sonostate 21,3 in Francia, 16,3 inGermania, 62,9 in Inghilterra e Gallese 15,1 in Italia. 4. Inquietante è il disegno di legge delGoverno anche sotto altri aspetti. Chi ha un minimo di conoscenza delgiudizio minorile sa bene che esso nonpuò essere un giudizio meramentetecnico giuridico: il giudice minorile -al contrario del giudice dei patrimonio del giudice della sanzione penale atutela della collettività –non può limi-tarsi a valutare se un fatto rientra onon nello schema giuridico predispo-sto dal legislatore e trarne le conse-guenze, dichiarando o non la liceitàdell’atto e disponendo l’obbligo dieffettuare una prestazione dovuta o diriparare il danno arrecato o a subireuna pena. Egli ha il compito principa-le di recuperare e ricostruire relazionifamiliari insufficienti e di assicurareun adeguato sviluppo umano delragazzo: non è un fatto quello che èchiamato a giudicare ma è una situa-zione che deve essere interpretata evalutata; non è più il passato che deveessere analizzato ma è il futuro chedeve essere progettato e costruito; nonè solo una norma di legge che deveessere ricercata ed applicata ma è unpercorso di sviluppo che, nel rispettodella legge, si deve determinare esvolgere; non sono tanto legami darecidere e poteri da ridurre quantorelazioni da ricostruire.

Questo esige che il giudice sia un giu-dice veramente specializzato; che nelcollegio giudicante siano compresentisaperi diversi e non solo i saperi giuri-dici; che la decisione sia preceduta edaccompagnata e seguita da un lavorodei servizi della comunità gli unici checonoscono le potenzialità e le risorsedel territorio e che possono costante-mente seguire un caso che non sichiude mai con la decisione giudizia-le. Il disegno di legge del Governo rin-nega tutte e tre questi principi ridu-cendo quindi drasticamente la ade-guata tutela della personalità minorile. La specializzazione del giudice è soloproclamata ma in realtà esclusa quan-do si attribuisce la materia minorile asezioni dei tribunali ordinari in cuimassima sarà la mobilità dei giudicied in cui la trattazione anche, anziprevalentemente, di affari assai diver-si renderà di fatto impossibile sia unareale comprensione della complessitàdei problemi minorili sia quella capa-cità di ascoltare e dialogare che è indi-spensabile per il giudice che vogliaveramente ricostruire relazioni inter-personali. La compresenza di saperidiversi è decisamente negata quandosi esclude che nei collegi civili parte-cipino anche giudici esperti nellescienze umane ( e per la verità sembradel tutto illogico che un giudice nontogato sia previsto nel giudizio penalema non lo sia nel civile in cui ancor dipiù questa presenza è essenzialedovendosi valutare – per esplicito det-tato legislativo - l’ “interesse” delminore.) Anche l’apporto dei servizidella comunità viene fortemente sco-raggiato prevedendo in via principaleil ricorso da parte dell’organo giudi-cante ai servizi centralizzati delMinistero della Giustizia. La sconfor-tante conclusione è che attraversoquesta scellerata operazione politicadi restaurazione si torna indietro disettanta anni rinnegando la felice eproficua stagione del riconoscimentoche il minore è portatore di diritti edella indispensabilità che i diritti nonsiano solo proclamati ma anche real-mente goduti: ma se si negano i dirit-ti di chi si affaccia alla vita e non è incondizione di potersi difendere da solosi apre una inquietante stagione nonsolo per i cittadini di età minore maanche per tutti i deboli della nostravita sociale e per lo sviluppo civile del-l’intera nostra comunità.

Carlo Alfredo Moropresidente del Centro Nazionale

per la tutela dell'infanzia già presidentedi sezione della Corte di Cassazione

e del Tribunale dei Minorenni di Roma

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l bisogno dell’uomo di dare ordi-ne alla propria esistenza ed allaconvivenza ha portato alla costru-zione di un sistema normativo e,

parallelamente, di un sistema di con-trollo e punizione. Così come il sistemanormativo si è evoluto nel corso deisecoli, anche il sistema punitivo haconosciuto importanti cambiamenti,che, nel loro complesso, si inscrivonoall’interno di un percorso di progressi-va umanizzazione delle pene. In particolare alla logica retributiva,che prevede di infliggere un male com-misurato al male commesso, è suben-trata una prospettiva di tipo rieducati-vo, che subordina le istanze afflittivead esigenze di recupero e di reinseri-mento sociale. Accanto a queste pro-spettive, tuttora presenti, si è fatto gra-dualmente strada un nuovo modello digiustizia, quello riparativo, che si pre-occupa degli effetti del reato, promuo-vendo percorsi di riparazione e riconci-liazione tra reo e vittima. Sottende aquesta prospettiva una visione relazio-nale del reato: non più mera violazionedell’ordine giuridico, il reato viene con-cepito come “un conflitto che provocala rottura di aspettative sociali simboli-camente condivise” (Ceretti, 2001) econtestualizzato all’interno di dinami-che relazionali che generalmente priva-no i soggetti coinvolti – autore e vittima– della loro dignità, della possibilità diessere riconosciuti come persone. Nata intorno agli anni ’50 nei Paesianglosassoni, la giustizia riparativagiunge più tardi nel contesto italiano e,nel primo periodo, rimane relegata alsistema minorile, tradizionalmente piùincline alle sperimentazioni.Probabilmente le ragioni di questoritardo sono da ricercare in un sistemagiuridico in cui l’obbligatorietà del-l’azione penale non permette, a diffe-renza di quanto accade in altri Paesieuropei, una definizione stragiudizialedelle cause ed in un modello culturalein cui l’orientamento al compromessopiuttosto che alla mediazione induce

ad intraprendere azioni risarcitorie amezzo della difesa anziché affidare alleparti la responsabilità di ricercare unasoluzione al conflitto che le oppone. Sviluppate, inizialmente (metà anni’90), negli interstizi procedurali, leesperienze di matrice riparativa trovanonelle attività socialmente utili e,soprattutto, nella mediazione tra vitti-ma ed autore del reato le loro espres-sioni concrete. Se le prime consentonouna ricomposizione della fratturasociale causata dal reato attraverso unapartecipazione attiva dell’autore allavita della comunità, è con la mediazio-ne tra vittima ed autore del reato che sisviluppa il percorso più profondo diriparazione. Nella definizione di Bonafè-Schmitt lamediazione è “un processo, il più dellevolte formale, attraverso il quale unaterza persona neutrale tenta, attraversol’organizzazione di scambi tra le parti,di permettere ad esse di confrontare iloro punti di vista e di cercare conl’aiuto del mediatore una soluzione alconflitto che li oppone”. Il dialogo chesi sviluppa in mediazione permette alleparti di attribuire nuovi significati aglieventi, di ricono-scersi reciprocamen-te e restituirsi“quote di identità”,negate dal fattoreato (Ceretti,2001). Nell’esperienza ita-liana il percorso dimediazione si svi-luppa a latere delprocedimento giudi-ziario ed è caratte-rizzato dalla volonta-rietà, che escludeconsensi strumentali(in termini di dimi-nuzione della pena odi maggiori opportu-nità risarcitorie), edalla confidenziali-tà, che garantisce la

riservatezza dei contenuti emersi nel-l’incontro di mediazione, anche rispet-to al procedimento penale. Anche senza volersi addentrare oltrenella realtà della mediazione si com-prende come il suo sviluppo sia condi-zionato dalla presenza di mediatoriadeguatamente formati e dalla diffu-sione di una sensibilità collettivarispetto alla filosofia della mediazioneSono intuibili, pertanto, i motivi percui, tanto a livello nazionale, quanto alivello locale, le attività socialmenteutili, di più agevole realizzazione,abbiano trovato maggior spazio rispettoalla mediazione. Tuttavia le iniziative disensibilizzazione su questa tematica,sviluppate in diverse aree della regio-ne, ed il percorso di formazione intra-preso da alcuni operatori inducono apensare alla possibilità di offrire allapopolazione regionale luoghi in cui,attraverso i percorsi di mediazione, siapossibile ri-attivare il dialogo e ri-costruire il legame sociale.

Elisabetta Kolar assistente sociale

Dalla punizione alla mediazione

La giustizia

riparativa

È un modello di ispirazione anglosassone che trova nelleattività socialmente utili e, soprattutto, nella mediazione tra vittima ed autore del reato le sue espressioni concrete. Se la ricomposizione della frattura sociale causata dal reatoavviene attraverso una partecipazione attiva dell’autore alla vita della comunità, è con la mediazione tra vittima ed autoredel reato che si sviluppa il percorso più profondo di riparazione

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l fenomeno della criminalità minorilenegli ultimi anni, nonostante i casieclatanti portati all’attenzione dai

mass media, non registra un aumentodal punto di vista quantitativo bensìqualitativo. La recrudescenza in talunicasi delle azioni criminali, non è,comunque, un aspetto da sottovalutareanche se spesso è da riconnettere amutamenti e tendenze in atto nellasocietà nel suo complesso, dove isola-mento, crisi della famiglia e dei valoritradizionali spesso ingenerano reazioniparticolarmente violente in soggetti informazione. La risposta di giustizia alladelinquenza minorile è stata, pertanto,in questi ultimi anni, una risposta cheha perseguito l’obiettivo di un giustoequilibrio tra l’esigenza di recuperare ilsoggetto deviante alla società e l’esigen-za di “stigmatizzare” il comportamentocriminale portandolo anche alle sueestreme conseguenze in termini di limi-tazione della libertà personale. Tutto ciò all’interno di un sistema, quel-lo dei servizi della giustizia minorile edell’organizzazione giudiziaria deiTribunali per i Minorenni, che ricono-scendo la specificità dell’intervento pro-cessuale e di esecuzione della pena neiconfronti del soggetto minore di età,

perseguono finalità di giustizia unita-mente all’esigenza di promuovere, findal primo ingresso nel circuito penaleminorile, percorsi di responsabilizzazio-ne. Tali percorsi precisano e chiarificanoilsignificato della condotta devianteposta in essere e le sue conseguenzesociali, nonché proseguono o avviano aprogrammi di educazione e formazione,quali interventi prioritari nei confronti disoggetti in età evolutiva .Al minore occorre attribuire la responsa-bilità delle sue azioni e delle conseguen-za delle medesime. Ma tale processodeve avvenire in via privilegiata attraver-so progetti di recupero del minore allasocietà, impegnandolo attivamente inattività di studio e lavoro anche all’inter-no delle mura carcerarie quando non cisono i presupposti per l’applicazione diistituti alternativi alla detenzione.L’attenzione si è rivolta, inoltre, anche arendere tale sistema sempre più ingrado di dare risposte adeguate ed effi-caci alle problematiche della devianzaminorile anche mediante il coinvolgi-mento degli enti locali. Tuttavia, non si può non sottolineare cheogni ipotesi di modifica in materia vieneaprioristicamente rifiutata sebbene siaelaborata sulla base dell’esperienza dichi quotidianamente si confronta con lecriticità di un meccanismo che risentedel sempre più rapido mutamento dellecondizioni sociali, tanto più rispetto adiciassette anni fa quando il processopenale minorile fu approvato. In particolare con il Disegno di leggepresentato dal Ministro della Giustizial’1 marzo 2002 n.2501, si è intesointervenire su alcune disposizioni nor-mative che si sono rivelate poco funzio-nali al meccanismo di trattamento erecupero del minore detenuto. Ad esem-pio ai sensi dell’art.24 del d.lvo 28luglio 1989 n.272, per i condannatiultradiciottenni e fino ai ventuno anni,per reati commessi da minorenni, oggiè prevista l’esecuzione della pena esclu-

sivamente negli istituti per minorenni.Questo ha creato numerose situazioni diincompatibilità di trattamento tra sog-getti minori di età e soggetti già maggio-renni, che presentano una maggiorestrutturazione nelle condotte devianti ecostituiscono spesso un modello imitati-vo per i minorenni, soprattutto nei casiin cui i giovani adulti abbiano già scon-tato un periodo di detenzione nelle car-ceri per adulti. A tal fine è stata propo-sta la possibilità per il giudice di valuta-re caso per caso, se proseguire l’esecu-zione negli istituti per adulti o in quelleper i minori, tenuto conto della persona-lità del soggetto e delle esigenze tratta-mentali. Per quanto riguarda la disciplina proces-suale, nel disegno di legge anzidetto,non è stata esente da critiche la propo-sta di modifica all’art.23 del DPR448/88, per sanare una mera “svista”del legislatore che, all’indomani dellemodifiche introdotte con la legge128/2001, ha di fatti reso inapplicabilela custodia cautelare nei confronti delminorenne autore di furto in abitazione,quando la medesima risulta applicabileper reati ben meno gravi. Tali correttivierano peraltro stati sollecitati sia dallaCorte costituzionale che dalla Corte diCassazione. L’adeguamento del sistemadegli interventi di giustizia previsti perfar fronte al fenomeno della criminalitàminorile richiede, pertanto, la possibili-tà di poter rivedere e riformulare la nor-mativa, laddove non più rispondentealle esigenze operative del trattamento,ovvero non più idonea a porre in essereazioni di contrasto e contenimento effi-caci alle esigenze sociali di recuperodella marginalità e della devianza mino-rile e ciò ripropone, per diversi aspetti,l’attualità del disegno di legge propostodal Ministro Castelli.

Sonia Vialevice capo dipartimento

per la Giustizia Minorile

La recrudescenza delle azioni criminali non è da sottovalutare, anche se spesso

è da riconnettere a mutamenti e tendenze in atto nella società nel suo complesso,

dove isolamento, crisi della famiglia e dei valori tradizionali possono ingenerare

reazioni violente nei soggetti in formazione

La risposta della giustizia alla delinquenza minorile

Bene il recupero, ma il minoreresta responsabile

IISonia Viale

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ome diceva Simone Weil «il radicamento è forse il bisognopiù importante e più misconosciuto dell’anima umana. Ètra i più difficili da definire. Mediante la sua partecipazio-ne reale, attiva e naturale all’esistenza di una collettivitàche conservi vivi certi tesori del passato e certi presenti-

menti del futuro, l’essere umano ha una radice […] A ogni esse-re umano occorrono radici multiple. Ha bisogno di ricevere quasitutta la sua vita morale, intellettuale, spirituale tramite gliambienti cui appartiene naturalmente» (cfr. S. Weil, La primaradice. Preludio a una dichiarazione dei doveri verso l’essereumano, Mondadori, 1996, Milano). Se la radice, il legame, lapartecipazione, il nutrimento sono le immagini efficaci con cuila filosofa francese descriveva i bisogni più importanti e vitalidell’essere umano, possiamo ben osservare che la nostra epocanon è stata in grado, né lo è tuttora, di garantire — soprattuttoai più indifesi, i bambini — la possibilità di nascere e crescereall’interno di un vero progetto d’amore, in cui la loro vita sia per-cepita e onorata come il vero e unico bene comune. Uno dei più gravi attacchi realizzati contro i bambini è stato con-dotto proprio a partire dal mondo del diritto che ha cessato diessere depositario del sapere riguardante la giustizia (in cui cioèdal diritto derivavano la politica e le scelte concrete) e si è asser-vito alla volontà della politica stessa (quella meno attenta aibisogni di cui parlava la Weil), diventandone cieco e sordo stru-mento. È così che nacquero le leggi contro la vita ed è così chevengono spesso oggi applicate le leggi riguardanti la famiglia, adesempio quelle riguardanti l’affidamento dei figli: frammentan-do, separando l’essere umano indifeso dalle fonti originarie delsuo nutrimento, rendendolo con ciò assolutamente privo di pro-tezione. Questa cosiddetta “cultura della separazione o scissio-ne” si è espressa con un linguaggio diverso (ma stessi contenu-ti) nelle varie dimensioni della vita umana: come cultura dellamorte (per usare un termine usato da Giovanni Paolo II) nell’am-bito delle leggi riguardanti la vita, come divorce culture (si vedal’omonimo saggio/scandalo della giornalista americana BarbaraDafoe Whitehead) per quanto riguarda la diffusione di massadella separazione e del divorzio a scapito di qualsiasi tentativodi mediazione tra marito e moglie, come cultura dell’altro comeoggetto di consumo-usaegetta-rifiuto da scartare se non mi servepiù (come hanno osservato i grandi sociologi, da Baudrillard aBauman, che tengono al monitor da anni la nostra società e latrasposizione nelle relazioni tra esseri umani del modello antro-pologico proposto dalla società dei consumi).Ma in questo scenario, che ha innumerevoli cause, quale è statoe qual è il ruolo complessivo del sistema giuridico che dovrebbeessere, per sua natura, a servizio dell’essere umano e dellacomunità? Come ha rilevato Giuseppe Dalla Torre, Rettore dellaLibera Università Maria SS. Assunta-Lumsa di Roma, dobbiamoregistrare una tendenza molto marcata: quella del contrarsi dellagiuridicità, del ritrarsi dell’intervento serio e motivato da rigoro-se scelte di campo, anche morali e pedagogiche, del legislatore.Questa istanza, solitamente indicata con il termine “dirittodebole”, consiste nello «intervento del legislatore avente un con-tenuto meramente regolamentare, che segni tempi, modi e pro-cedure, senza avere la pretesa di toccare i principi e, quindi, di

fare delle opzioni etiche» (cfr. il notevole studio di G. Dalla Torre,Le leggi contro la vita, in Pontificium Consilium Pro Familia-Pontificia Accademia Pro Vita, “Evangelium Vitae” e Diritto,Libreria Ed. Vaticana, Roma, 1997, pp. 99-119). Evidentemente, in tempi di relativismo etico, il diritto debole,che si tiene ben lontano dal riconoscimento di principi irrinun-ciabili riguardanti la persona umana, sembra essere il modomigliore trovato dal legislatore per lasciare ad ogni individuo lalibertà di fare e scegliere secondo il proprio credo personale eprivato. In questo atteggiamento però sembra rivivere quell’anti-co gesto del lavarsene le mani che tanto successo ha avuto nellanostra cultura da duemila anni, e al lavarsene le mani si aggiun-gono il chiudere gli occhi: davanti al legislatore nessun peso hal’ecatombe di bambini massacrati dai ferri o dai liquidi letali del-l’aborto (oltre 4 milioni dal 1978); nessuna rilevanza hanno ibambini, principali vittime di situazioni familiari che potrebberoessere ricomposte attraverso un adeguato ausilio di mediazionefamiliare; per non parlare dei figli privati dei loro padri nei casidi separazione/affido, nonostante ormai da decenni autorevolistudiosi americani e italiani abbiano evidenziato i gravi effettidovuti all’allontanamento dei figli dalla figura paterna. Ogni giorno però, chi lavora nel sociale, nel volontariato, e ancorpiù nella scuola soffre in silenzio di fronte al dramma causatodalle conseguenze delle leggi contro la vita: vengano i Signoriche combatterono per farle varare mezzo secolo fa, presentando-le come conquiste sociali e progresso: vengano e vedano il disa-stro causato dalle leggi che in modo diseducativo insegnano chela vita umana nascente può essere calpestata, o dalle leggi chehanno fatto a pezzi la famiglia, insegnando che un marito o unamoglie (un padre e una madre) possono essere mandati alladiscarica e sostituiti come si fa con un’automobile… ma a direla verità nessuno li ha mai visti questi Signori, tantomeno perparlare con un ragazzo che, interrogato sui motivi delle sue milleassenze, racconta di aver girato la provincia in cerca del padreche non vede da anni, o per incontrare la difficoltà di una madre,sola e umiliata, che è costretta, nonostante una grave malattia,a trovarsi un lavoro in più per acquistare i libri di scuola al figlio,al quale il comune locale ha negato qualsiasi aiuto, anche perquei pochi euro. Il dolore di un numero crescente di bambini edi adolescenti, soli, privati di quelle radici e di quel nutrimentoche garantiva lo sviluppo della loro vita morale, spirituale e intel-lettuale non è un enigma difficile da spiegare: loro hanno biso-gno di pochissimo: un padre e una madre, con il loro amore e laloro capacità di difenderli dalle disattenzioni della nostra socie-tà, di tutelarli dal cinismo invadente di scelte giuridiche che sene lavano le mani firmando il loro fiat a semplici applicazioniprocedurali meccaniche e di prassi quotidiana. Loro, i bambini, sacrificati per i valori penultimi, vengono almondo, ogni volta, di nuovo e di nuovo, per ricordarci quali sonoinvece i valori ultimi, e in questo sta già tutto il motivo per cuinoi (e il legislatore) dovremmo iniziare ad onorare la loro vita, ela loro famiglia.

Antonello Vanniscrittore e docente universitario di bioetica

Il ruolo del sistema giuridico

Se il diritto è “debole” le vittimesono vita, bambini e famigliaSolo il riferimento ai valori ultimi può essere la radice di una comunità che ricercabene comune e giustizia per aprirsi al futuro

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er fornire risposte adeguate ai reati commessi dai minori ènecessario che le legislazioni penali dimostrino maggior inte-resse nel promuovere il recupero del reo minore nel persegui-mento dell’interesse superiore del fanciullo che, non va

dimenticato, è sempre l’obiettivo principale da tener presente cosìcome sancito dall’art. 3 della Dichiarazione dei Diritti del Fanciullodel 1989. Infatti, il trattamento a cui deve venire sottoposto unminore deve essere tale “..da favorire il suo senso della dignità edel valore personale e che rafforzi il suo rispetto per i diritti del-l’uomo e delle libertà fondamentali e che tenga conto della sua etànonché della necessità di facilitare il reinserimento nella società edi fargli svolgere un ruolo costruttivo in seno a quest’ultima”. (art.40 Dichiarazione). In quest’ottica, a titolo d’esempio, è da sottoli-neare come la Dichiarazione preveda la possibilità di adottare prov-vedimenti senza far ricorso a procedure giudiziarie. Si deve infattiricordare che l’art. 27 della nostra Costituzione individua nella rie-ducazione del soggetto condannato l’unico obiettivo della sanzio-ne penale. Il diritto penale minorile italiano prevede imputabilitàdel minore, secondo il quale il minore di anni quattordici non èimputabile, qualunque sia il reato che abbia commesso, e che peril minore tra i quattordici ed i diciotto anni l’imputabilità vadaaccertata caso per caso. Queste norme attuano il testo dellaConvenzione che all’ art. 40, comma terzo lettera a, dispone chegli Stati “si sforzino…di stabilire un’età minima al di sotto dellaquale si presume che i fanciulli non abbiano la capacità di com-mettere reato”. Il reato commesso da soggetto non imputabile perdifetto assoluto d’età, ovvero poiché ritenuto in concreto incapacedi intendere e di volere, non resta comunque senza conseguenzeper il diritto penale; resta aperta la possibilità dell’applicazione diuna misura di sicurezza (in particolare libertà vigilata, permanen-za in casa, ricovero in comunità o riformatorio giudiziario) quandosi tratti di gravi reati e vi sia constatata pericolosità sociale del pro-sciolto per difetto di imputabilità. Nel caso, invece, in cui il mino-re sia ritenuto capace di intendere e di volere e quindi possarispondere penalmente del reato commesso, può beneficare di unaparticolare circostanza attenuante che consente ai giudici minorilidi irrogare pene in genere contenute per fatti che, se commessi daun maggiorenne, porterebbero a condanne pesanti. Se il giudiceaccerta che il minore è imputabile, prima di passare al giudiziovero e proprio deve verificare che non vi siano le condizione per lapronuncia dell’irrilevanza del fatto al fine di una rapida ed “indo-lore” uscita del minore dal processo penale per la rapidità deitempi della pronuncia. Il giudice ricorre, invece, alla sospensionedel processo dopo aver stabilito che il minore giudicabile è impu-

tabile e che il fatto per cui si procede non è irrilevante. A questopunto il giudice potrà verificare se sia possibile sospendere il pro-cesso per mettere il minore alla prova, sulla base di un program-ma redatto dal servizio sociale per minori. Queste attività necessi-tano della collaborazione della famiglia, del volontariato. Il perdo-no giudiziale è forse il più noto tra gli strumenti indulgenziali adisposizione del giudice minorile. È molto utilizzato poichè rispon-de a logiche indulgenziali anche se può talora indurre il minore aritenere che le sue azioni restino in ogni caso prive di sanzione, conil conseguente pericolo di recidiva. Sulla medesima linea di unapolitica criminale improntata a mitezza si muove la sospensionecondizionale della pena. Come per il perdono giudiziale, il giudicedeve presumere che il condannato si asterrà dal commettere ulte-riori reati, ma va detto che la misura viene concessa con una certalarghezza anche in assenza di precisi riscontri al riguardo. A diffe-renza del perdono, la sospensione della pena ha un effetto di stig-matizzazione ben maggiore, posto che viene iscritta sul certificatopenale del condannato e non viene automaticamente cancellata alcompimento del ventunesimo anno, e soprattutto può essere revo-cata. Infine, vi sono anche le sanzioni sostitutive delle pene deten-tive brevi come: la semidetenzione, con obbligo di trascorrere inistituto dieci ore al giorno, la libertà controllata che implica unaserie variabile di divieti ed obblighi per il condannato, e le sanzio-ni pecuniarie irrogate in luogo di quelle detentive. In ultimissimaanalisi bisogna far riferimento ad un’ ipotesi molto particolare main Italia ancora tutta da sperimentare e non molto diffusa. Si trat-ta dell’ipotesi di “mediation” che permette al giudice minorile diimpartire specifiche prescrizioni dirette “a riparare le conseguenzedel reato ed a promuovere la conciliazione del minorenne con lapersona offesa dal reato”. Il sistema penale e processuale minori-le italiano è un sistema elastico e finalizzato nelle sue linee gene-rali a dare risposte il più possibile extracarcerarie. Certamente visono varie sfide per il sistema penale minorile: quella più difficileè probabilmente rappresentata dalle fasce più marginali ed insta-bili della popolazione giovanile, in particolare dai ragazzi nomadi edagli stranieri irregolari, che vivono spesso in gravi condizioni dideprivazione materiale e morale e con rischi continui di coinvolgi-mento in attività criminali, quali furti in abitazione per i nomadi elo spaccio di stupefacenti per gli extra-comunitari. Le misure alter-native alla detenzione non sono in realtà applicabili a questi mino-ri, così come per loro non è ipotizzabile alcun progetto di messaalla prova, né un coinvolgimento dell’ambiente in cui vivono, dellafamiglia che non esiste o che può essere la vera mandante dei reatiche commettono, della scuola che non frequentano e del lavoro,inteso come occupazione stabile e regolare, che non hanno e chenon avranno mai. Bisogna allora osservare che certamente questosistema penale, fondato su un’ampia discrezionalità del giudice esulla mobilitazione di risorse che spesso non ci sono, rischia dicreare delle disparità di trattamento e che, se ciò di per sé non rap-presenta una violazione del principio di uguaglianza di fronte allalegge, certamente sollecita uno sforzo da parte di tutti i soggetticoinvolti per trovare soluzioni di progettualità praticabile, pena lacreazione di un vero e proprio doppio binario nel trattamento pena-le del minore.

Matteo Corradodirettore progetti istituto internazionale di studi sui diritti dell'uomo

La carta dei diritti del fanciullo e le ragioni del recupero

Giustizia italiana, reati minorilie convenzione di New YorkLa rieducazione del soggetto condannato maggiorenne o minorenne è l’unico obiettivodella sanzione e il diritto penale minorile italiano contiene importanti istitutiper seguire le norme internazionali

PP

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FORMULE DI PROSCIOGLIMENTOSi applicano quando il minorenne autore di reato non è “imputabile” oppure loStato non ha interesse a perseguirlo in quanto il suo comportamento non è signi-ficativo di una scelta strutturata in senso trasgressivo e il processo non può per-seguire finalità educative.

"Non luogo a procedere per non imputabilità" per i soggetti minori

di quattordici anni

Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva com-piuto i quattordici anni in quanto, al di sotto di tale età, un soggetto non puòessere considerato capace d'intendere e di volere. Quando vi è incertezza sullaminore età dell'imputato è previsto che il giudice possa disporre, anche d'ufficio,una perizia. Quando anche dopo la perizia permangano dubbi sulla minore età,questa è presunta ad ogni effetto. Nei confronti dei soggetti non imputabili chehanno posto in essere fatti previsti dalla legge come delitto e che risultino "peri-colosi", tenuto conto della gravità del fatto, il giudice può disporre una misura disicurezza (articoli 85 e 97 del codice penale; articoli 8 e 26 del D.P.R. 448 del22 settembre 1988)

"Non luogo a procedere per non imputabilita'" per incapacita' di intendere

e di volere (immaturità)

E' imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, aveva compiuto iquattordici anni, ma non ancora i diciotto anni, se aveva capacità d'intendere edi volere, ma la pena è diminuita.La "capacità di intendere e di volere" in un minorenne non è mai presunta ma

deve essere sempre dimostrata.

La valutazione concerne l'accertamento della capacità del minorenne, al momen-to della commissione del fatto, di rendersi conto del significato antisociale delreato compiuto e di valutarne le conseguenze. (art. 98 codice penale; art.11 delr.d.l. 20 luglio 1934, n.1404 e successive modifiche; art.9 del D.P.R. 448 del22 settembre 1988)

"Non luogo a procedere per irrilevanza del fatto"

E’ possibile quando esistono tre condizioni: il reato è tenue, il comportamento delminorenne è occasionale, l'ulteriore corso del procedimento pregiudicherebbe leesigenze educative del minorenne. Recentemente la Corte Costituzionale, con sen-tenza n.149 del 5 - 9/05/03 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art.27,comma 4, del D.P.R. 22/09/88, n.488, nella parte in cui prevede che la sentenzadi proscioglimento per irrilevanza del fatto possa essere pronunciata solo nell'udien-za preliminare, nel giudizio immediato e nel giudizio direttissimo (art. 27 del D.P.R.448 del 22/09/88; art. 26 del D.Lvo 272 del 28/07/89).

Perdono giudiziale

Il giudice, tenuto conto della gravità del reato e della "capacità a delinquere" delminorenne, può astenersi dal pronunciare il rinvio a giudizio o, qualora si proce-da al giudizio, può astenersi dal pronunciare condanna, quando si presume cheil minorenne si asterrà dal commettere ulteriori reati. Tale istituto giuridico puòessere concesso una sola volta in relazione alla quantità di pena detentiva epecuniaria da irrogare; la prima non deve essere superiore a due anni, la secon-da non deve essere superiore a 3 milioni di lire). (artt. 133 e 169 del codicepenale; art. 32 del D.P.R. 448 del 22 settembre 1988).

Sospensione del processo e messa alla prova

Il giudice può disporre la sospensione del processo e la messa alla prova quan-do ritiene di dover valutare la personalità del minorenne all'esito della prova stes-sa. Il processo è sospeso per un periodo non superiore a 3 anni quando si pro-cede per reati per i quali è prevista la pena dell'ergastolo o della reclusione noninferiore nel massimo a 12 anni. Negli altri casi per un periodo non superiore ad1 anno. Con l'ordinanza di sospensione il giudice affida il minorenne ai Serviziminorili dell'Amministrazione della Giustizia per interventi di osservazione, trat-tamento e sostegno anche in collaborazione con i Servizi degli enti locali. Inoltre,il giudice può impartire prescrizioni dirette a riparare le conseguenze del reato ea promuovere la conciliazione del minorenne con la persona offesa dal reato.Decorso il periodo di sospensione, il giudice, tenuto conto del comportamentodel minorenne e dell'evoluzione della sua personalità, se ritiene che la provaabbia dato esito positivo, dichiara estinto il reato. Articoli 28 e 29 del D.P.R. 448del 22/09/88; art. 27 del D.Lvo 272 del 28/07/89).

La mediazione penale

La mediazione è un percorso relazionale tra due o più persone per la risoluzionedi conflitti che si caratterizzano per la natura sociale, culturale, penale. In que-st'ultimo campo il conflitto si configura come reato.

MISURE CAUTELARI NON DETENTIVE Sono misure limitative della libertà personale diverse dalla custodia cautelareche il giudice può applicare nel corso del procedimento al minorenne imputabi-le: prescrizioni, permanenza in casa, collocamento in comunità. Quando è dispo-sta una misura cautelare il minorenne è affidato ai Servizi della Giustizia Minorileaffinché svolgano interventi di sostegno e controllo in collaborazione con i Servizi

di assistenza dell'ente locale. La misura deve essere proporzionata all'entità delfatto e alla sanzione che si ritiene possa essere irrogata. (art. 19 del D.P.R. 448del 22 settembre 1988; art. 275 codice procedura penale)

Prescrizioni

Il giudice può impartire al minorenne specifiche prescrizioni inerenti attività distudio o di lavoro o altre attività utili per la sua educazione al fine di non inter-rompere i processi educativi in atto; tali obblighi hanno efficacia per due mesi esono rinnovabili una sola volta, per esigenze probatorie. Nel caso di gravi e ripe-tute violazioni delle prescrizioni, il giudice può disporre la misura della perma-nenza in casa. (art. 20 del D.P.R. 448 del 22 settembre 1988)

Permanenza in casa

Con il provvedimento che dispone la permanenza in casa il giudice prescrive alsoggetto minorenne di permanere presso l'abitazione familiare. Contestualmentepuò disporre limiti e divieti alla facoltà del minorenne di comunicare con perso-ne diverse da quelle che con lui coabitano o che lo assistono. Nel caso di gravie ripetute violazioni degli obblighi a lui imposti o nel caso di allontanamentoingiustificato dalla abitazione, il giudice può disporre la misura del collocamen-to in comunità. (art. 21 del D.P.R. 448 del 22/09/88)

Collocamento in comunità

Con il provvedimento che dispone il collocamento in comunità il giudice ordinache il minorenne sia affidato ad una comunità pubblica o autorizzata.Il responsabile della comunità collabora con i Servizi della Giustizia Minorile edell'Ente Locale. Nel caso di gravi e ripetute violazioni delle prescrizioni imposteo di allontanamento ingiustificato dalla comunità, il giudice può imporre la misu-ra della custodia cautelare (art. 22 del D.P.R. 448 del 22 settembre 1988; art.10 D.Lvo 272 del 28 luglio 1989)

MISURE DI SICUREZZA Sono applicabili ai minorenni non imputabili ai sensi degli art. 97 e 98 c.p. (pernon aver compiuto gli anni 14 o per "incapacità di intendere e di volere", cosid-detta immaturità) autori di reato e ai minorenni condannati. La richiesta del pubblico ministero di applicare una misura di sicurezza, accoltao respinta dal giudice, va sempre inviata al Tribunale per i Minorenni.Il Tribunale per i Minorenni procede al giudizio sulla pericolosità sociale e deci-de con sentenza sentiti il minorenne, l'esercente la potestà dei genitori, l'even-tuale affidatario e i Servizi minorili della Giustizia e dell'Ente Locale.Quando è disposta una misura di sicurezza il minorenne è affidato ai Servizi dellaGiustizia Minorile e dell'Ente Locale affinché svolgano interventi di sostegno econtrollo al fine di avviare un processo di responsabilizzazione dello stesso. Lamisura di sicurezza si esegue anche nei confronti di coloro che nel corso dell'ese-cuzione abbiano compiuto il diciottesimo ma non il ventunesimo anno di età aisensi dell'art. 24 del D.P.R. 272/89.(Articoli 36, 37, 38, 39, 40 del D.P.R. 448 del 22 settembre 1988)

Libertà vigilata

Si applica nei confronti di minorenni non imputabili autori di reato ed è esegui-ta nelle forme previste dagli artt.20 e 21 del D.P.R. 448/88: "Prescrizioni" e"Permanenza in casa". L'Autorità di pubblica sicurezza vigila sull'applicazionedella libertà vigilata che non può avere durata inferiore ad un anno.E' previsto che il giudice possa prescrivere attività di studio o di lavoro o altreattività utili per l'educazione del minorenne al fine di non interrompere i proces-si educativi in atto. (Artt. 20 e 21 del D.P.R. 448 del 22 settembre 1988)

Riformatorio giudiziario

Si applica nei confronti di minorenni non imputabili autori di reato ed è esegui-ta nelle forme previste dall'art.22 del D.P.R. 448/88: "Collocamento in comuni-tà". E' previsto che il giudice possa prescrivere attività di studio o di lavoro o altreattività utili per l'educazione del minorenne al fine di non interrompere i proces-si educativi in atto. (Art.22 del D.P.R. 448 del 22/09/1988)

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Istituti giuridici per i minorenni

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In questa sede quello che mi sono pro-posta di comunicare è una breve espo-sizione dell’analisi dei dati che ho rac-colto dalla Letteratura ScientificaInternazionale.Vorrei inoltre chiarire che il concetto dacui sono partita, quello di “devianzaminorile”, è inteso in senso lato, inclu-dendo forme di comportamento cheviolano qualunque norma. Per cui hopreso in esame tutti i comportamentiantisociali, non solo quelli identificaticome tali dal sistema della giustiziaminorile, ma anche il Disturbo dellaCondotta e il Disturbo OppositivoProvocatorio (DSM IV), che spesso rap-presentano le prime manifestazionidella delinquenza giovanile.

RIFLESSIONI

Il tema della devianza minorile è untema che ha interessato e continua adinteressare tutti, ed a volte, purtroppo,anche direttamente. Leggere sui quoti-diani crimini raccapriccianti compiutida minori, insieme ad altro genere dicomportamenti devianti sembra stiadiventando una realtà quotidiana. Il sistema giustizia ha mostrato parti-colare interesse verso i soggetti in etàevolutiva, orientando l’attenzione versoil valore educativo che la pena puòassumere, acquisendo il concetto diresponsabilizzazione come regola baseda cui partire, o meglio obiettivo versocui procedere.Personalmente, però, ritengo che ciòche ancora manchi, nonostante gliinnegabili progressi compiuti nel corsodegli anni, è un’adeguata analisi dellecause e dei meccanismi di insorgenza:comprendere ciò che spinge un adole-scente ad andare oltre un “naturale”desiderio di violazione della norma,che lo porta spesso a doversi confron-tare con il sistema di giustizia, dovreb-be superare la semplice e comodaricerca di cause uniche. Una moltepli-cità di fattori possono essere coinvoltinell’insorgenza di un comportamentodeviante, fattori che a loro volta posso-no assumere una valenza diversa per

ognuno dei soggetti interessati dal pro-blema.

RISULTATI

Ho preso in considerazione la letteratu-ra scientifica internazionale passata epresente, analizzando singolarmenteognuno dei fattori coinvolti, cercandodi ottenere una visione multifattorialedel “fenomeno”. Oggetto di studiosono stati: il contesto familiare, glieffetti genetici, le differenze di genere,i deficit neuropsicologici, le rispostepsicofisiologiche, le caratteristichegenitoriali.Rispetto all’eziologia della devianzaminorile ho analizzato gli studi condot-ti sull’incidenza della classe socialesul comportamento antisociale negliadolescenti. Uno studio condotto su uncampione di ricerca composto da ado-lescenti adottati prima dei tre anni dietà, che consente di separare fattorigenetici e ambiente prenatale dallecondizioni di educazione post-natale,ha mostrano chiaramente che gli effet-ti ambientali spiegano alcuni ma nontutti i comportamenti antisociali. Studicondotti sui gemelli hanno mostratoche gli effetti genetici sono “importan-ti” nel comportamento antisocialemanifesto; questi risultati concordanocon le differenze di genere (il compor-tamento antisociale si presenta più fre-quentemente nei maschiche nelle femmine) riscon-trate in studi statisticicondotti in tutti i paesi.Dall’analisi della patoge-nesi sono emersi deficitneuropsicologici e partico-lari risposte psicofisiologi-che quale contributo allosviluppo del comporta-mento antisociale. Sonostati riscontrati deficit nel-l’area delle funzioni ese-cutive quali: le capacità disintesi, pianificazione, ini-bizione di risposte appro-priate, flessibilità menta-le, sintassi, attenzione e

concentrazione. Questi risultati concor-dano con la frequente comorbidità dicomportamento antisociale e Disturboda Deficit dell’Attenzione/Iperattività.La ricerca psicofisiologica ha fornitoimportanti dati che dimostrano chebassi livelli di arousal e di orientamen-to riscontati in adolescenti possonoessere correlati con la probabilità disviluppare in futuro delinquenza. Lestesse caratteristiche psicofisiologichesono state riportate in adulti con perso-nalità antisociale.Rispetto alle caratteristiche genitoriali,frequente è soffermare l’attenzionesugli aspetti psicopatologici dei genito-ri, trascurando l’analisi dei tratti nor-mali di personalità. La personalità deigenitori può essere legata ai comporta-menti problematici dei figli sia attra-verso processi diretti come il modella-mento del comportamento o la trasmis-sione genetica, sia indirettamenteinfluenzando lo stile parentale e l’inte-razione genitore-figlio, preparando adesempio l’iperattività del bambino alrischio di sviluppare comportamentiantisociali.

Luana Rizzispecialista in psicologia giuridica,

psicopatologia e psicodiagnostica forense

Il parere dello specialista

Devianza minorile,eziologia e patogenesiComportamenti aberranti che violano le norme sociali e della giustiziache possono anche rappresentare disturbi psicologici

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nche in questa legislatura, comegià nella precedente, il percorsolegislativo che avrebbe dovuto con-durre all’istituzione del Garantenazionale per l’infanzia si è arena-

to ed oramai pare certo che non ci saran-no i tempi per giungere alla sua approva-zione. Nonostante ciò il grado di matura-zione del lavoro di riflessione condotta inambienti scientifici legati alla culturadei diritti dei minori, sulla proposizionedi una legge nazionale per l’istituzione diun Garante per l’infanzia nazionale ègiunto ad un livello piuttosto alto e larga-mente condiviso. Vi sono raccomandazioni europee, indi-cazioni del Comitato internazionale per idiritti dell’infanzia, documenti e mozionidi enti, istituzioni,associazioni nonchéprese di posizione di autorevoli persona-lità che caldeggiano la realizzazione ditale figura che potrebbe concorrere, enon già essere d’ostacolo, ad una riformadella giustizia minorile.Purtroppo si nota che il dibattito tra leforze politiche in parlamento sulla figuradel Garante prende quota proprio mentrepiù alto è il confronto sul futuro deiTribunali per i minorenni. A volte questapolemica si orienta sull’accentuazionedell’esigenza di riformare la legislazionecarente o gli aspetti di procedura, altrevolte si concentra sulle competenze delTribunale per i minorenni. Anche se fon-damentale, la questione della giustiziaminorile, che si è cristallizzata in unduro scontro politico e parlamentare,non esaurisce il problema della riformadel sistema della tutela dei diritti dei

minori a cui necessariamente si connet-te la figura del Garante. Esso infattipotrebbe rappresentare quella integra-zione tra la tutela giurisdizionale e quel-la non giurisdizionale che si deve realiz-zare al più presto anche nel nostropaese. Oramai infatti mentre stanno crescendole regioni che si dotano di figure digaranzia, manca una legislazione nazio-nale che assicuri la risoluzione di alcuniproblemi delicati e cruciali in ordineall’effettività dell’attività di tale sistemadi tutela. Solo una posizione “datata”può oggi ritenere che la tutela dei dirittidei minori passi in via esclusiva dallagiustizia minorile, per cui riformandoquella si dovrebbero risolvere tutti i pro-blemi che ne derivano. Non sono que-stioni che concernono la giustizia mino-rile i problemi dell’esercizio dei dirittidei minori di fronte alla salute, la scuo-la, il lavoro, la televisione, cioè momentiordinari della vita in cui si giocano peròrilevanti aspetti dei diritti all’educazione,alla libertà di espressione, alla parteci-pazione ai processi decisionali, e viadicendo. Rimane carente il tema dellarappresentazione dei minori nel processoquando questi sia vittima dell’adulto manon ci si trovi nei percorsi della giustiziaminorile, bensì di quella adulta. Percomune esperienza e semplice constata-zione, il nostro processo penale è moltogarantista nei confronti dell’imputato,ma non altrettanto verso la vittima delreato stesso e troppe volte il minore nonè presente in un procedimento in cui eglisia vittima di gravi reati da parte dei suoigenitori, se non nel ruolo di testimone, edunque con una responsabilità enorme,ma scarsissimi vantaggi. Nessuno diquesti temi è risolto dall’esito del dibat-tito sulla chiusura o meno del Tribunaleper i minorenni. Sarebbero invece questii temi centrali su cui riflettere in ordinealle funzioni da attribuirsi alle figure digaranzia realizzate come istituzioni ditutela non-giurisdizionale dei minori adiversi livelli (Nazionale,Regionale) inte-grati tra loro.Alcune essenziali caratteristiche comu-ni. Innanzitutto, trattandosi di una magi-stratura di persuasione, è necessarioporre grande attenzione alla modalità diselezione di coloro che saranno chiama-ti a svolgere tale incarico nonché alla

necessità di garantire all’Ufficio la mas-sima indipendenza ed autonomia, privi-legiandone la collocazione nell’alveo isti-tuzionale delle assemblee elettive; éinfatti nella costante relazione con illegislatore che esso può svolgere unafunzione essenziale di rappresentazionedegli interessi dei minori, in modo dapoter pervasivamente introdurre il“punto di vista bambino”nel processolegislativo attuato dai Consigli Regionalie dal Parlamento. Come già consideratosopra, oggi il problema della tutela deiminori necessariamente deve passareattraverso una riforma delle modalità concui viene rappresentato nei procedimen-ti amministrativi e giudiziari che loriguardano; per questo è fondamentaleriformare il sistema della tutela e dellacuratela a partire dal fatto di attribuire algarante il compito di formazione e diaggiornamento e consulenza verso i tuto-ri e curatori volontari.È altrettanto generalmente condiviso cheil garante dovrebbe svolgere un compitodi raccordo tra gli organi dell’Autoritàgiudiziaria e la Pubblica amministrazio-ne in ordine a segnalazioni, azioni di pro-tezione e vigilanza sui minori all’esternodella famiglia o comunque che vivono insituazioni di disagio, nonché in quellesituazioni in cui vi sia una scarsa inte-grazione tra i diversi servizi con compitidi cura e assistenza sugli adulti di riferi-mento. Infine ma non di minor valore, proprioper le considerazioni fin qui espresse, alGarante per l’infanzia spetta il compitodi sviluppare una costante promozionedi iniziative culturali, formative ed infor-mative sui diritti dei minori tese a farconoscere ed utilizzare la Convenzioneinternazionale e quella Europea sui dirit-ti dell’infanzia. Senza una nuova culturadiffusa e capillare infatti anche l’azionedel migliore magistrato rimane steril-mente confinata ad un segmento e scar-samente incisiva sull’intero contesto divita del bambino. Un contesto che siarticola di tanti ambienti: la famiglia lascuola la società e deve poter trovare inciascuno di essi un continuum di tutela.

Francesco Milanesetutore pubblico dei minori

del Friuli Venezia Giulia

Il Garante nazionale per l’infanzia

Dalla parte del“punto di

vista bambino”

Vi sono raccomandazioni europee, indicazioni delComitato internazionale per i diritti dell’infanzia,documenti e mozioni di enti, istituzioni, associazioni e prese di posizione di autorevoli personalità che caldeggiano la realizzazione di tale figura, che potrebbeconcorrere ad una riforma della giustizia minorile

AAFrancesco Milanese

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a considerazione che la normagiuridica non è una monade,estranea al contesto sociale e allecondizioni soggettive delle parti,

ma estremamente connessa ad esse, seè valida per tutti i campi del diritto, èpur vero, però che ve ne sono alcuniquali ad es.il diritto penale, il diritto difamiglia in cui lo è maggiormente.Ne costituiscono un esempio eclatante,le contese tra coniugi, dai contenutisurreali, le quali spesso celano non giàuna lesione del diritto soggettivo e,come tale azionabile e tutelabile giudi-ziarmente, ma rappresentano, invece,la punta di una situazione conflittualein cui ad essere lesa è la propria affet-tività. Quando un coniuge è abbando-nato il cambio improvviso del ruologenitoriale e coniugale, le frustrazioniper aspettative disattese e incompren-sioni, l’orgoglio le difficoltà di mettersiin discussione rendono verosimilecome unico traguardo quella di: vince-re la causa. Ma la logica antagonista,suitas dei procedimenti giudiziari nonaiuta ad elaborare quella sofferenzapsicologica per cui si chiede giustizia,e che necessita in primis della ripresadel dialogo. La mediazione trae origine,infatti,dalla consapevolezza dell’impor-tanza di rincominciare ad ascoltarsi, inun contesto neutro, dinanzi ad un terzoimparziale, che aiuti i coniugi a risolve-re il conflitto, insegnando a scindere ilruolo genitoriale da quello coniugale,senza imporre alcunchè. E’ evidente quindi perchè per moltiautori rappresenta una “giustizia com-positiva” che da contezza soprattutto aquel “preminente interesse del mino-re”, spesso annientato a mero flatusvocis nelle diatribe giudiziarie.Nostante, sia nata intorno agli anni 70nei Paesi di origine Anglosassone, solonell’ultimo decennio ha incominciato adiffondersi in Italia, in cui è ancora

avvolta da un alone di mistero, nonessendo perfettamente conosciuta epercio’ spesso confusa con la consu-lenza legale, terapia di coppia o arbi-trato, da cui si differenzia nettamente.Ben presente,invece, nello scenarionormativo internazionale, che già conla risoluzione n. 616/98 adottata dalConsiglio d’Europa ne ha affermatol’importanza di aumentarne l’utilizzo inconsiderazione del bisogno di garanti-re”la tutela dell’interesse superiore delfanciullo soprattutto in relazione aldiritto di visita in costanza di separa-zione e divorzio, ribadendo quanto giàprevisto nell’art.13 della ConvenzioneEuropea sull’esercizio dei Diritti deiBambini, che la include tra le misureatte a risolvere le dispute dei minori.Nel nostro ordinamento in cui ci sonoframmentari riferimenti normativi adessa,la mediazione è stata ufficializza-ta dai Tribunali, in quanto connessa aquel tentativo obbligatorio di concilia-zione ex art. 708 c.p.c., all’art. 155c.c. in base al quale il giudice “nel-l’emanare i provvedimenti relativiall’affidamento dei figli e al loro contri-buto economico deve tener conto degliaccordi delle parti”, il che legittimaogni valida iniziativa volta a salvaguar-dare i minori.Il riconoscimento in capo al minore didiritti soggettivi, dell’importanza di sal-vaguardare il suo sviluppo psicologico,sono la ratio a cui s’ispirano le decisio-ni giudiziarie in sede civile, e penale.Quando parliamo di minori, infatti,l’immginario collettivo colorandoli dirosa va alla fragilità e bisogno di tuteladi bambini contesi nell’affidamento,abbandonati o abusati. Ma accanto a queste situazioni, esisteun altro tipo di fragilità in cui i minorihanno ancora più bisogno di tutela,oscuriti dal peso del degrado socialee/o psicologico in cui vivono e spesso

sono troppo velocemente etichettati adautori di reato. Per tale consapevolezzail legislatore ha strutturato il processopenale minorile con proprie specificitàbasandolo sia sulla specializzazionedei giudici e volto alla funzione delrecupero del minore deviante.L’adolescenza, infatti, che già di per séè la fase più critica della vita, in cuil’identificazione del sé è resa ancorapiù difficile da contesti familiari diffi-cili, spesso si macchia di un reato, fret-tolosamente definito gioco dai massmedia, ma che spesso è invece sinto-mo di una devianza rispetto alla qualel’approccio non puo’ essere circoscrittoal solo minore, riguardando spessotutto il contesto familiare ed il rappor-to con la vittima. Una elaborazione di quanto commessoin un percorso di mediazione con la vit-tima è fondamentale per attuare quelprocesso educativo a cui il recuperodeve tendere. Diverse, sono le esperienze, ormai esi-stenti in Italia che hanno portatoall’istituzione di Uffici per laMediazione Penale, tra cui per es.quel-lo di Bari. Fondamento legislativo è ilDPR 448/88 che prevede un’ampiaapplicazione di misure riconciliative eriparative nell’applicare la sospensionedel processo e messa alla prova.Attuale, pertanto è più che mai, è ilmessaggio di Coogler “la mediazioneha tramutato la mia rabbia in cio’ cheio considero una forza per riuscire adandare verso un mondo più umano percoloro che decideranno di seguire lemie impronte”.

Lucia Saporitoavvocato, specializzata in criminologia

e legislazione minorilepresidente onlus Idealmente (per un aiuto

nel disagio psichico familiare)

Le norme di tutela per i minori nel nostro Paese

La mediazione familiare e penale minorile: una risorsa per i minori“Ho imparato attraverso la più amara esperienza questa lezione suprema: conservare lamia rabbia e, come il calore conservato si trasforma in energia, allo stesso modo la nostrarabbia puo’ essere trasformata in una forza che riuscirà a muovere il mondo”. Mahatma Ghandi

LL

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el variegato universo di stranieripresenti nelle strutture penaliminorili, autentici crocevia di pro-blematicità esistenziali, le cate-

gorie di minore straniero che s’incon-trano sono molto diverse: se nei servizidi accoglienza le utenze straniere cam-biano, a seconda del paese di prove-nienza e dello status della migrazione,il substrato motivazionale che genera ilcomportamento delinquenziale, sebbe-ne si colori di varie sfaccettature, vaspesso inquadrato nella commissionedi quelli che si possono chiamare“reati di sopravvivenza” sia in sensomeramente economico, sia soprattuttoin chiave identitaria.Il carcere, così come le strutture pena-li minorili in genere, non possono rap-presentare la “discarica” dei problemisociali, sebbene, in virtù della deten-zione paradossalmente si attivano, perquesti minori, le prime significativeesperienze di supporto sociale. Quelloche difficilmente si trova in un conte-sto societario divenuto multietnico,nella giustizia minorile, invece, si stacominciando a profilare, in modo con-vinto ed efficace, sotto il profilo norma-tivo e socio-educativo. Qui si cominciainfatti a considerare la fattibilità dialcuni progetti educativi individualizza-

ti, per via della nuova filosofia norma-tiva introdotta dal DPR 448/88 esoprattutto dal successivo DL 272/89,con cui il nuovo processo penale mino-rile focalizza l’obiettivo “di non inter-rompere i processi educativi in atto”,laddove questi ultimi ci siano. Dal concetto retributivo della pena, ilmale va ricompensato solo con altret-tanto male ovvero il colpevole deveessere punito solo col carcere, si passa,così, al concetto trattamentale e direinserimento del reo. Ma per consenti-re tale risultato pedagogico, le azioni egli interventi posti in essere nei con-fronti dei minorenni sottoposti a prov-vedimenti dell’Autorità GiudiziariaMinorile, devono organizzarsi attraver-so una progettualità di tipo dinamico-reticolare che sta comportando lasinergia tra il Dipartimento dellaGiustizia Minorile e le altre realtà isti-tuzionali e socio-economiche esistentisull’intero territorio nazionale. Se dunque è possibile una nuova atten-zione verso i processi educativi o ilcoinvolgimento in progetti di inseri-mento socio-lavorativo, nella giustiziaminorile va posto come maggior nodoproblematico quello della diversità cul-turale. La diversità culturale di originedeve infatti essere occasione per riflet-tere, considerando che, allo statoattuale, i progetti di rieducazionelasciano completamente insoluti i biso-gni formativi degli stranieri sul pianoidentitario. La detenzione in istitutipenali rappresenta il mantenimentodello status quo, un modo cioè perrimandare o non affrontare nel modogiusto la questione dei giovani stranie-ri, i nuovi reietti della società multiet-nica, quasi non fossero soggetti didiritto e perciò inesistenti o invisibili. Il binomio detenzione-rieducazione,tuttavia, appare a molti ormai comeinscindibile, anche se corre l’obbligodella “sicurezza sociale” che comportainevitabilmente una maggiore attenzio-ne verso la prima esigenza (detenzione)a discapito della seconda (rieducazio-

ne). Il trattamento educativo, che vaposto in termini di mediazione e dicontinua comunicazione, può raggiun-ger determinati risultati solo attraversol’introiezione di modelli concettualizza-ti, fondati su saperi vissuti e investiga-ti. In altri termini, l’attenzione versoqueste nuove utenze straniere deverientrare nel quadro generale di quellasfida della diversità culturale che statrasformando le nostre società e che,nello specifico del problema di cui cioccupiamo, non può comportare tratta-menti di scarto, di indifferenza verso ladiversità, di negligenza verso minoricompletamente a rischio sia allorchétrattenuti, sia allorché, scontata lapena, tornano in libertà col rischio del-l’espulsione, qualora non riescano aintegrarsi nel tessuto socio-produttivo. La carcerazione, al di là delle istanzefinalizzate alla “riparazione” del reatocommesso, genera alcuni vissuti parti-colari, innanzitutto in relazione a sestessi. I sentimenti, espressi e non,giocano un ruolo estremamente delica-to e nella fattispecie la solitudine e lanostalgia di casa, l’assenza delle perso-ne care, aumentano lo status di preca-rietà, il rischio di perdita di senso, disperanza, di fiducia: talvolta si assistealla rinuncia del proprio habitus etnicoa vantaggio di un’adesione totale eincondizionata alla cultura assimilantedell’altro.In relazione al gruppo, invece, si puòaffermare che non c’è luogo più metic-cio di un istituto penale minorile o diuna comunità ministeriale. La cella, lastanza, i luoghi di coabitazione e diconvivenza diventano, in questo senso,degli autentici laboratori interculturali,in cui necessariamente i minori devonointeragire a partire dalle tantissimeforme di etnicizzazione, a volte manife-stalmente esasperate, a volte inade-guate. Insomma i ragazzi reclusi devo-no fare i conti con una convivenzacoatta che li obbliga o alla conoscenzao alla rigidità. Ecco allora che l’opera-tore, in quanto agente di cambiamen-

La giustizia minorile multietnica

L’importante è non interromperei processi educativiLa detenzione in istituti penali rappresenta il mantenimento dello status quo, un modo cioè perrimandare o non affrontare nel modo giusto la questione dei giovani stranieri, i nuovi reiettidella società multietnica, quasi non fossero soggetti di diritto e perciò inesistenti o invisibili

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NNSerenella Pesarin

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to, accompagnatore del processo dimaturazione, deve tentare di avviareprocessi di comprensione empatica e,da qui, tentare di favorire incontri for-mali e colloquiali, tra minori, su tema-tiche e pratiche che riescano intanto astemperare gli eccessi stressanti dellachiusura, dell’incomprensione, dellacontinua conflittualità. La mediazione è importantissima con iminori stranieri, anche se per moltiversi occorre relazionarsi con essi esat-tamente come si fa con qualunquealtro adolescente, pensando insieme“cose” da adolescenti, proponendopercorsi riabilitativi senza moralismi,promuovendo e divulgando progetti diqualità, quali potrebbero essere gli affi-di familiari o la formazione di tutorispecializzati in materia minorile, perso-ne di riferimento valide che faccianoda ponte per l’integrazione. Mediare,dunque, per aiutare a reinserirsi in unapossibile realtà sociale con progettieducativi che vadano oltre le strutturepenitenziarie: qui occorre il confronto

diretto fra tutte le istituzioni titolate altrattamento dei minori stranieri al finedi esplicitarne disparità operative eavviare un confronto che faciliti l’inte-grazione. L’alternativa che, altrimenti,si presenta per il futuro multiculturalenon ammette sconti o deroghe: o siinveste in dialogo, fiducia, comprensio-ne e collaborazione o prenderannosempre più piede, nel nostro paese, ildisagio, l’esclusione, la marginalità, ilconflitto. Ciò che realmente si può fare per que-sti giovani utenti, la cui situazione èaggravata da un determinismo etniciz-zato, deve avviarsi a partire dall’am-missione del disagio che lo straniero, ildiverso, il “colorato” avverte. Gli sfon-di educativi sono necessari per disin-nescare quelle false attribuzioni cheimpediscono di decentrarsi, emotiva-mente e cognitivamente, da tutto ciòche in quell’etnia scorgiamo: e ciò ènecessario se l’altro appare realmenteper quello che è, piuttosto che rappre-sentazione angosciante di tutte lepaure provenienti dalle sfide contem-poranee. La sfida del terzo millennionon la si potrà controbilanciare se nonsi investe sul capitale umano, sullerisorse conoscitive, e se il territoriorimane indifferente sull’effettiva inte-grazione multiculturale. Quando i confini geo-politici erano bendefiniti, le barriere culturali e linguisti-che tenevano fuori gli stranieri da unapatria monoculturale e monolinguisti-ca, e l’autoctonia costituiva la sola

legge del paese che con la diversitànon aveva nessuna forma di frequenta-zione, se non in termini di ospitalità,oppure di esportazione migratoria versoaltri paesi europei o d’oltreocerano piùricchi di noi.L’esperienza di lavoro educativo con glistranieri, nella giustizia minorile mul-tietnica, radica nell’esperienza umanae professionale il fascino entusiasman-te e provocatorio dell’alterità, a pre-scindere dal colore della pelle o dallaricchezza del portafoglio o dalla regio-ne di appartenenza o dalla fede profes-sata o dal reato commesso. Il contattocon la diversità può diventare alloraaffascinante e stimolante se si percepi-sce che la devianza minorile è unadiversità tutta da scoprire e da capire,una diversità che pone molti più inter-rogativi rispetto agli interrogativi teoricidi una semplice educazione alla diver-sità, così come proposta nelle scuole,nelle agenzie educative, nei luoghi didibattito sul multiculturalismo, sullafacile o difficile integrazione, in socie-tà che trasformano costantemente l’in-sieme dei significati di cui ogni indivi-duo ha bisogno per attribuire un sensoalla propria vita e che di certo non puòtrovare restando ancorato all’idea obso-leta delle società di una volta.

Serenella Pesarindirettore Dipartimento Giustizia Minorile,

direzione generale per gli interventi di giustizia minorile e l’attuazione

dei provvedimenti giudiziari

Il coinvolgimento e lo sfruttamento dei minori stranieri nelle mafie

Abstract dell’intervento di Serenella Pesarin, direttore generale del Dipartimento GiustiziaMinorile al convegno: “Lo sfruttamento dei minori: tratta e turismo sessuale. Ruolo e interventi della cooperazione italiana ed internazionale.”

L’incremento complessivo dei flussi immigratori nel nostro paese investe tutte le istituzioni e la Giustizia Minorile, depu-tata alla tutela ed alla protezione giuridica dei minori che transitano nel circuito penale, entra quotidianamente in con-tatto con minorenni stranieri coinvolti in attività illecite, spesso in condizioni di forte disagio e facilmente oggetto di reclu-tamento e sfruttamento da parte della criminalità organizzata. Il presente intervento sarà orientato ad approfondire, da un lato, la tipologia prevalente del minore straniero che accedealle strutture della Giustizia Minorile, (nazionalità, tipo di reato, entità del fenomeno), analizzando il progetto “migrato-rio” che lo connota e, molto spesso, lo conduce all’incontro con il circuito della criminalità organizzata; dall’altro lato ver-ranno esaminate le risposte del Dipartimento Giustizia Minorile e dei Servizi del territorio, con i relativi nodi critici, lelinee d’indirizzo e le modalità di presa in carico dei minorenni stranieri, l’attivazione di “progetti educativi” individualiz-zati e di reti territoriali che sostengano tali percorsi, le opportunità significative per l’inclusione sociale, le concrete pos-sibilità offerte dalla normativa in ambito di prevenzione e intervento trattamentale. In particolare verrà descritta l’attività di promozione e realizzazione di reti territoriali, da parte della Giustizia minorile,con gli Enti locali e territoriali, con il Servizio Sociale Internazionale, con il Comitato Minori Stranieri, con il privato socia-le e con tutti gli altri organismi di settore, al fine di convergere, anche dopo l’uscita dal circuito penale, ad una presa incarico collettiva dei minori stranieri tragicamente arruolati dalla criminalità organizzata e fatti oggetto di sfruttamento enuove forme di schiavitù.

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Il fenomeno migratorio

Il flusso migratorio interessa general-mente la popolazione giovane e tra que-sta anche i minorenni. Si tratta, per lopiù, di minori "provenienti dalle areemeno sviluppate del pianeta, …che cer-cano, attraverso il lavoro all’estero, diconquistare condizioni di vita accettabi-li per sé e per la propria famiglia". Inparticolare, all’epoca della rilevazione,la Regione F.V.G. era interessata damigrazioni provenienti dall’area balcani-ca, la Romania, il Bangladesh. Nellamaggioranza dei casi erano minori stra-nieri non accompagnati, che, non aven-do presentato domanda di asilo, si tro-vavano per qualsiasi causa nel territoriodello Stato italiano privi di assistenza edi rappresentanza da parte dei genitorio di altri adulti per loro legalmenteresponsabili in base alle leggi vigentinell’ordinamento italiano. Il dato gene-rale sulle migrazioni può consentire dicomprendere meglio la realtà dei mino-ri stranieri. Se, inizialmente, la regioneera interessata soprattutto da un feno-meno di transito, in seguito – e, in par-ticolare, dopo l’esplosione del conflittonella ex Jugoslavia - il territorio regiona-le è stato caratterizzato da una presen-za, numericamente sempre più signifi-cativa, di stranieri. Gli stranieri, insedia-tisi dapprima nei contesti urbani e suc-cessivamente nelle aree più produttivedelle regione, rappresentavano una per-centuale piuttosto rilevante della popo-lazione residente, 3.4% del totale regio-

nale. Lo sviluppo del fenomenoha interessato progressivamenteanche un numero sempre mag-giore di minori, entrati irregolar-mente nel territorio dello Stato eprivi di figure adulte di riferi-mento. La complessità e proble-maticità di queste situazioni e laconsapevolezza degli obblighiderivati dalla normativa interna-zionale e nazionale rispetto allegaranzie dei diritti fondamentalihanno fatto sì che si sviluppasse-ro in diverse aree territoriali pro-

getti di intervento specifici. Se, all’epo-ca della rilevazione, la devianza minori-le regionale costituiva un fenomeno dicontenuto allarme sociale, analogodiscorso si poteva fare anche per quan-to concerne i minori stranieri. Ladevianza minorile straniera, infatti, rap-presentava circa il 30% della devianzaminorile e, spesso, era connessa ad epi-sodi che si potrebbero definire intrinse-ci alla condizione di irregolarità (es.mancata esibizione di documenti).

I reati commessi dai minori

e gli esiti processuali

A conferma di una devianza minorileche non si esprime con toni di partico-lare gravità la ricerca evidenzia una pre-minenza di reati contro il patrimonio,cui fanno seguito gli episodi di aggressi-vità e, come si è già detto, per quantoconcerne gli stranieri, la mancata esibi-zione dei documenti d’identificazione.L’analisi delle decisioni assunte in sededi udienza preliminare – analisi dallaquale sono esclusi i procedimenti archi-viati e quelli per i quali il giudice mono-cratico ha applicato l’art. 27 DPR448/88 (irrilevanza del fatto) – mette inluce un orientamento del giudice mino-rile a favorire l’uscita del minore dal cir-cuito penale attraverso l’applicazione dibenefici specifici previsti dall’ordina-mento in favore dei minori (perdono giu-diziale, sentenza di non luogo a proce-dere per irrilevanza del fatto, estinzionedel reato per esito positivo della prova).

Questo orientamento non sembra cono-scere diversificazioni significative inordine alla nazionalità dei minori a testi-monianza non già dell’imparzialità,intrinseca alla figura del giudice, ma diun territorio che ha saputo costruire edoffrire ai minori stranieri concreteopportunità di crescita e, quindi, rende-re possibile l’applicazione dei beneficiprevisti dall’ordinamento.

Il reato più frequente è il furto

Secondo un’opinione personale, sup-portata dai risultati della ricerca, il reatopuò essere interpretato come unamodalità di espressione di un disagioconnesso a un particolare momentodella fase adolescenziale, senza, perquesto, tradursi in uno stile di vita con-notato da comportamenti marginali. Ireati contro il patrimonio, in particolareil furto, e, in misura minore, le manife-stazioni di aggressività costituiscono gliilleciti più frequenti, in particolare tra iminori italiani. Questi possono ancheessere considerati come comportamentiassunti durante il percorso di crescitanell’adolescenza, stadio in cui l’adole-scente “forma la propria identità”.Inoltre la mancata esibizione del docu-mento all’ufficiale o agente di pubblicasicurezza: può essere ricondotto a uncerto tipo di migrazione, (in particolarequella dei minori stranieri non accom-pagnati, ma anche di coloro che, in fugadal proprio Paese, non possono disporredi documenti per l'espatrio) questoevoca allarme sociale e porta, nei casiconsiderati, a pronunce di condannacon concessione del perdono giudizialeo della sospensione condizionale dellapena, nonostante la sanzione massimaprevista per questo tipo di reati sia infe-riore ad altre fattispecie che, magari, insede processuale, ottengono pronuncepiù favorevoli.

Ivana Milicsegretaria dell’ordine regionale degli

assistenti sociali del Friuli Venezia Giuliapresidente @uxilia onlus

Migrazione e illeciti minorili

I reati diminuiscono, ma restanoespressione del disagio La presenza straniera è numericamente inferiore a quella di altre regioni, ma il

Friuli-V.G. si colloca ai primi posti a livello nazionale per quanto riguarda l’incidenza

di stranieri sul totale della popolazione residente. Il flusso migratorio investe anche gli

adolescenti. Questa fascia di popolazione è cresciuta in misura esponenziale a partire

dagli anni ’90 e nella maggioranza dei casi si tratta di minorenni non accompagnati

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o scorso 18 marzo, il Consiglio deiMinistri ha approvato il disegno dilegge sulle adozioni internazionali

che, intervenendo su una normativarecente, del 1998, ha posto fine al regi-me del “fai da te” e inquadrato questoistituto in un sistema di regole certe egaranzie in primo luogo per i minori, maanche per le coppie. Abbiamo deciso diintervenire in materia per rendere piùfacile e veloce l’adozione, grazie ad unamaggiore trasparenza dell’iter burocrati-co. Questo perché anche se il sistemadelle adozioni internazionali ha dimo-strato di funzionare correttamente, e laprova sono i dati degli ingressi dei mino-ri adottati in Italia che in soli due anni,dal 2002 al 2004, sono passati da2200 a 3400, abbiamo constatato chepresentava dei punti di criticità relativi atempi e procedure. Sono stati gli stessiaspiranti genitori a sottoporci il proble-ma, nel corso di questi anni siamo statibersagliati di lettere e telefonate chedenunciavano la lentezza del procedi-mento, soprattutto nella fase degli inter-rogatori da parte di psicologi e assistentisociali. Partiamo dal presupposto cheabbiamo davanti due persone il cuiunico desiderio è quello di diventaregenitori, due persone che, fino a provacontraria sono idonee ad allevare unbambino e che oggi per il solo fatto di

aver scelto la via dell’adozione vengonosottoposte ad interminabili interrogatori,a volte anche troppo invasivi, da parte diassistenti sociali che pretendono di deci-dere se sono adatti ad amare ed educareun figlio. La nuova normativa intervieneproprio sulla procedura di dichiarazionedi idoneità della coppia per la quale oggisono previsti più di sei mesi, che dinorma diventano oltre un anno. Con lemodifiche che abbiamo approntato, l’itersi svolge interamente presso il Tribunaleper i Minorenni, senza coinvolgere più iservizi sociali territoriali e si concludeentro due mesi dalla presentazione delladomanda. È la coppia stessa a presenta-re i documenti che la riguardano alTribunale che li valuta avvalendosi deipropri esperti e solo se il giudice lo ritie-ne necessario vengono avviati dei collo-qui con gli aspiranti genitori. Ai servizisociali spetta invece il compito di inter-venire dopo l’arrivo del bambino, che èanche il momento più delicato. Questemodifiche hanno attirato molte critiche,qualcuno ha detto che in questo modo sicorre il rischio di facilitare l’adozione daparte di coppie che con il vecchio proce-dimento sarebbero state giudicate nonidonee. A queste critiche rispondo moltosemplicemente con i fatti. Con il sistemaattuale l’idoneità viene negata solo al3% delle coppie che quasi sempre ricor-re in appello e la ottiene ugualmente. Èquesto un procedimento in grado di indi-viduare coppie non idonee all’adozione?Quello che abbiamo proposto noi è chele indagini sulla coppia vengano fattedagli stessi giudici nel caso le ritenganonecessarie. La normativa prevede poi unulteriore abbreviamento dei tempi nellafase che passa dalla concessione del-l’idoneità alle coppie al conferimentodell’incarico ad uno degli enti autorizza-ti presso la Commissione AdozioniInternazionali. Oggi le coppie hanno unanno di tempo per conferire l’incarico,questo arco di tempo è stato ridotto aquattro mesi. Sono state inoltre predi-sposte una serie di norme di semplifica-zione, evitando duplicazioni di compe-tenze fra la Commissione AdozioniInternazionali e il Tribunale per i

Minorenni nella fase dell’ingresso delbambino straniero nel nostro paese. Peruna maggiore trasparenza abbiamocominciato a mettere ordine anche nelsettore degli Enti: attraverso una reteinformatica la Commissione AdozioniInternazionali è attualmente in grado dicontrollare lo stato di ogni pratica insospeso. E non è tutto. Nella finanziariadello scorso anno è stato istituito unfondo di dieci milioni di euro per rimbor-sare parte delle spese sostenute daigenitori adottivi che, nel corso del 2004,hanno accolto un bambino stranieronella propria famiglia. Nella Finanziariadi quest’anno la misura è andata a regi-me ed è stata autorizzata la spesa didieci milioni di euro l’anno, per i prossi-mi tre anni, a favore del Fondo per ilsostegno alle adozioni internazionali.L’obiettivo del Governo è quello di rende-re le adozioni internazionali una possibi-lità concreta per tutte le coppie a pre-scindere dal reddito e la disciplina adot-tata per l’erogazione di questi fondi simuove proprio in tale direzione. L’entitàdei rimborsi è stata calcolata sulla basedei costi medi delle adozioni all’estero,per i genitori adottivi che abbiano unreddito complessivo inferiore ai 29 milaeuro saranno rimborsate tutte le spesenon deducibili (il 50%) fino ad un mas-simo di 5000 euro; per le coppie chehanno un reddito che va dai 29 mila ai70 mila euro il rimborso sarà pari al30% delle spese non deducibili fino adun limite di 3000 euro. Le coppie chehanno un reddito complessivo superiorea 70 mila euro non avranno invece dirit-to ai rimborsi. Questa misura si somma,peraltro, alla deducibilità del 50% dellespese già in vigore e si inquadra in unapolitica generale di contenimento deicosti che è stata avviata nei mesi scorsi,con la fissazione dei massimali per cia-scun paese che sono consultabili sul sitointernet del ministero per le pari oppor-tunità e della commissione adozioniinternazionali.

Stefania Prestigiacomoministro delle pari opportunità

Il nuovo disegno di legge sulle adozioni internazionali

Anche se il sistema attuale ha dimostrato di funzionare correttamente, e la prova sonoi dati degli ingressi dei minori adottati in Italia che in soli due anni, dal 2002 al 2004,sono passati da 2200 a 3400, abbiamo constatato che presentava dei punti di criticità relativi a tempi e procedure. Abbiamo pertanto deciso di intervenire in materia per renderepiù facile e veloce l’adozione, grazie ad una maggiore trasparenza dell’iter burocratico

Come cambia il mondodelle adozioni internazionali

LLOn. Stefania Prestigiacomo

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el 1998 è entrata in vigore lalegge di ratifica dellaConvenzione dell’Aja (n. 476 del31 dicembre 1998) volta a ridefi-

nire ed innovare il sistema dell’adozio-ne internazionale.Agli stati ratificanti è stato attribuito ilcompito di “prevedere misure atte agarantire che le adozioni si faccianonell’interesse superiore del bambino enel rispetto dei suoi diritti fondamenta-li”.L’applicazione dei principi delineati dallegislatore prevede l’interazione nelcorso della procedura di più soggettiistituzionali:

• il Tribunale per i minorenni, cheverifica l’idoneità dei genitori adot-tivi ed emette il relativo decreto,• i servizi sociali, con compiti diacquisizione delle informazionirelative agli aspiranti genitori adot-tivi da trasmettere al Tribunale, diinformazione alle coppie e di forma-zione delle stesse al loro futurocompito di genitori adottivi,• un’apposita commissione istituitapresso la Presidenza del Consigliodei Ministri, cui compete la sorve-glianza sugli enti autorizzatiall’espletamento delle pratiche diadozione internazionale, • gli enti autorizzati, che informanogli aspiranti genitori in merito alleprocedure, svolgono le pratiche diadozione in base agli accordi vigen-ti con le istituzioni estere preposte,identificano e propongono il minoreattestandone le caratteristiche diadottabilità, informano la commis-sione ed il Tribunale, certificano gliatti, mantengono i rapporti con leistituzioni del paese di provenienzadel minore, ecc.

In tal modo viene seguito l’iter checonsente l’ingresso nel nostro Paesedel minore ed il suo conseguente acco-glimento nella nuova famiglia.Il 6 aprile 2005, Stefania

Prestigiacomo, Ministro per le pariopportunità, ha comunicato allaPresidenza del Consiglio il disegno dilegge “Modifiche ed integrazioni alladisciplina in materia di adozione edaffidamento internazionali” (Ddl n.3373).Ad un’analisi statistica rilevata succes-sivamente all’entrata nella fase opera-tiva del sistema – sancita dalla pubbli-cazione sulla G.U. n. 255 del 31 otto-bre 2000, ove è stato pubblicato l’albodegli enti autorizzati a seguire le proce-dure – sono stati registrati dati signifi-cativi circa l’incremento progressivo ecostante delle sentenze di adozione dibambini stranieri (2.225 nel 2002,2.759 nel 2003, 3.398 nel 2004 –fonte: Ministero per le pari opportuni-tà). Possiamo riassumere con dueobiettivi definiti le proposte di modifi-ca mosse dal Ministro nel disegno dilegge: la semplificazione della proce-dura ed una sua maggiore trasparenzaa favore di coloro che ne usufruiscono.Ne abbiamo parlato con MagdaBrienza, Presidente del Tribunale per iminorenni di RomaDottoressa Brienza, gli aspetti presi inesame dal disegno di legge interessanoprincipalmente, ma non solo, le attivi-tà svolte dal Tribunale per i minorennisecondo la procedura vigente.Attualmente nel nostro Paese la proce-dura per l’accertamento dell’idoneitàdegli aspiranti genitori adottivi vienesottoposta sia al vagliodell’autorità ammini-strativa sia a quellodell’autorità giudizia-ria, evidenziandosecondo il Ministeroper le P.A. una caren-za tra le due autoritàdi criteri valutatividelle idoneità chesiano uniformi, oltreche una eccessivacomplessità e durata

dell’intero iter. Si propone un’alternati-va più celere tramite un’istruttoria pervia documentale, che abbatterebbecosì da dieci mesi a trenta giornil’emissione del decreto stesso.Il ddl si propone di sveltire le procedu-re attraverso l’eliminazione del prezio-so e fondamentale contributo dei servi-zi sociali. I dieci mesi, che secondo ilddl verrebbero ridotti a 30 giorni, nonsono affatto tempo perso, bensì decisi-vo per consentire al Tribunale di acqui-sire tutte le informazioni necessarieper emanare il decreto di idoneità e leinformazioni derivano principalmentedal lavoro svolto dall'equipe psicologi-ca dei servizi sociali.

24Social News 10_2005

NN

Aspetti giuridici ed emotivi dell’adozione internazionale

“Portami con te”Secondo Magda Brienza, Presidente del Tribunale per i minorenni di Roma, semplificarele procedure eliminando la fase di accertamento condotta dai servizi sociali è inaccettabile.Per accorciare i tempi, anzi, bisognerebbe potenziare questi servizi, che sono in genere validi e professionalmente attrezzati ma attualmente in numero carente rispetto alle necessità

Magda Brienza al convegno d'inizio della campagnasulla prevenzione dell'abbandono dei neonati

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25Social News 10_2005

La proposta di una autorelazione docu-mentale, sottoposta al Tribunale senzauna valutazione approfondita dei servi-zi sociali, implicherebbe un ulterioreapprofondimento da parte delTribunale stesso che invece di velociz-zare i tempi li rallenterebbe ulterior-mente. Secondo la modalità dell’autorelazio-ne, la condizione personale, familiare ela capacità di gestire la genitorialitàsarebbero valutate dagli stessi soggettirichiedenti, i quali finirebbero peravvalersi di uno specialista, ed unaindagine psicologica separata dall’inte-ro procedimento sarebbe oltretuttoonerosa per gli aspiranti genitori.Semplificare, eliminando la fase diaccertamento condotta dai servizisociali, è inaccettabile.Quale potrebbe essere una via pergarantire una maggior velocità senzacompromettere la delicata fase diaccertamento?Il vero problema da affrontare peraccorciare i tempi è il potenziamentodei servizi sociali, che sono in generevalidi e professionalmente attrezzatima attualmente in numero carenterispetto alle necessità.Il disegno di legge suggerisce di estra-polare la fase di sostegno alle coppiead un momento successivo al decretodi idoneità. Inoltre quelle che si riten-gono essere lungaggini burocraticherischiano di esasperare gli aspetti emo-tivi di chi è coinvolto.Sono d’accordo sulla necessità di offri-re adeguato sostegno alle coppie nellafase successiva all’adozione. Per quan-to riguarda invece le “lungaggini” riba-disco che non si tratta di mera burocra-zia, bensì di avviare il progetto adottivo

ad una maturazione consa-pevole, in quanto la genito-rialità adottiva è più difficiledi quella naturale, pena ilfallimento con danni irrepa-rabili al minore ed alle cop-pie. Secondo l’attuale lette-ratura, se non venisserosostenute preventivamentele coppie rischierebbero discoppiare, gli adulti rischie-rebbero di uscire distruttida un’esperienza così gran-de se non venissero messinelle condizioni di gestirlaal meglio dal punto di vistapratico ed emotivo. E vale la pena ricordare chenel caso di un fallimento, al

minore già traumatizzato da esperienzenegative si aggiungerebbe un ulterioretrauma, un secondo rifiuto, l’abbando-no; la procedura deve sempre essereorientata all'interesse superiore delbambino per non entrare in contraddi-zione con la convenzione internaziona-le e le proposte avanzate dal Min. perle PP entrano in contrasto con questoassunto, facendo sembrare preminentel'interesse dell'adulto.Alla luce degli aspetti evidenziati,come si configurano oggi le adozioniinternazionali?Oggi sempre più coppie fanno richiestadi adozione di minori stranieri edanche all’estero diminuisce il numerodi minori adottabili in tenera età.Questi infatti vengono sempre piùspesso adottati da connazionali.Questo aiuta il minore, che ha già sof-ferto il distacco dalla famiglia di origi-ne, a non sentirsi ulteriormente sradi-cato anche dalle proprie abitudini lin-guistiche e culturali, ma fa sì chel’adozione internazionale richieda unamaggiore capacità di accoglienza daparte delle coppie, riguardando minorigrandicelli, portatori spesso di un vis-suto di sofferenza.Vi sono alcuni aspetti contraddittoridelle adozioni internazionali cosiddetteparticolari, previste nel disegno dilegge che ci teneva a sottolineare...Infatti. Nel passaggio da affido ad ado-zione internazionale, cosiddetta ado-zione mirata, è previsto che il Tribunaleper i minorenni verifichi la sussistenzadelle di cui al comma 1 (ipotesi di cuiall’art. 44 comma 1, lettere a, b, c;adozione c.d. mite o aperta, accoglien-za per almeno due anni nell’ambito diprogrammi di solidarietà ed accoglien-

za temporanea) e compia “gli altriaccertamenti di cui all’art. 57”, dispo-nendo cioè quelle approfondite indagi-ni tramite i servizi sociali, che vengonodrasticamente eliminati nel normaleprocedimento di adozione internazio-nale legittimante.Anche nell'affido temporaneo interna-zionale vi è contraddizione: l'affidotemporaneo di minore all'estero rendeimpraticabile il mantenimento del con-tatto del minore con la famiglia di ori-gine, dalla quale temporaneamenteviene allontanato. La mancata gestione dei rapporti traaffidatari e genitori naturali da un latomette i primi al riparo da situazioni dif-ficili, ma purtroppo contribuisce ad ali-mentare in coloro che si propongonocome affidatari false speranze di ado-zione, il che rende molto rischioso l’af-fidamento per il minore, che non potràcontare sull’aiuto degli affidatari almomento in cui dovrà rientrare nellasua famiglia.Anche qui si tende a salvaguardarel'adulto e non il minore che si trovaallontanato dagli affetti, dal propriopaese e dalle proprie abitudini cultura-li e linguistiche, non sempre traendoneun beneficio.

Marina Galdosocio fondatore e membro consiglio direttivo

SPES (solidarietà per l'educazione allo sviluppo)

Con la legge n. 476/1998, che hamodificato la legge sull’adozione 4maggio 1983 n. 184, le competenzedei tribunali per i minorenni in mate-ria di adozione internazionale si sonosensibilmente ridotte perchè i compi-ti di controllo sono stati trasferiti allaCommissione. Il loro ruolo resta,comunque, ancora molto rilevante.La Commissione per le adozioni inter-nazionali è un organismo che ha sedepresso la Presidenza del Consiglio deiMinistri, essa garantisce che le ado-zioni di bambini stranieri avvenganonel rispetto dei principi stabiliti dallaConvenzione de L’Aja del 29 maggio1993 sulla tutela dei minori e la coo-perazione in materia di adozioneinternazionale. La Commissione, isti-tuita a tutela dei minori stranieri edelle aspiranti famiglie adottive, rap-presenta l’Autorità Centrale Italianaper l’applicazione della Convenzionede L’Aja.

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26Social News 10_2005

a tutela e la promozione deidiritti dei bambini e degli adole-scenti costituiscono un fonda-mentale pilastro del sistema

internazionale dei diritti umani eparte integrante della politica esteraitaliana per la cooperazione allo svi-luppo. Ispirato ai principi contenutinella Convenzione delle NazioniUnite sui Diritti del Fanciullo del1989 e nei due Protocolli Facoltatividel 2002, l’obiettivo principale del-l’azione italiana è quello di contribui-re all’innalzamento del livello di pro-tezione dei diritti dei bambini suscala mondiale. A livello internazionale disponiamooggi, in materia di diritti del fanciul-lo, di una normativa universalmentecondivisa, ma ciò nonostante milionidi bambine e bambini in tante partidel mondo continuano a subiresoprusi e violenze: un lungo elencoche comprende: povertà, discrimina-zioni, malnutrizione, malattie, anal-fabetismo, sfruttamento nelle formepiù intollerabili, traffico di organi. E’evidente la troppo grande distanzaesistente tra i diritti garantiti sullacarta e i diritti negati nella realtà. Viè bisogno quindi di mettere in attoprogetti e iniziative concrete, utiliz-zando al meglio le risorse disponibili.Dobbiamo, inoltre, impegnarci sem-pre di più nel continuare a sensibiliz-zare in profondità l’opinione pubblicacon ogni mezzo a nostra disposizione,per diffondere la consapevolezza chel’infanzia violata significa un’umani-tà senza futuro.

Minori in conflitto con la legge

e giustizia minorile

La Dichiarazione dei Diritti delFanciullo afferma che “il fanciullo, a

causa della sua immaturità fisica eintellettuale, ha bisogno di una parti-colare protezione e di cure specialicompresa un’adeguata protezionegiuridica” La successiva Risoluzionedel 29 novembre 1985 (nota comeRegole di Pechino in materia di giu-stizia minorile) afferma che questadeve essere vista come “parte inte-grante del processo di sviluppo nazio-nale in ciascun Paese”. Alla luce diciò la Cooperazione Italiana conside-ra che rientri nel proprio ambito diazione fornire appoggio alla realizza-zione o al miglioramento di sistemi digiustizia minorile in Paesi che nesono privi o carenti ed è oggi impe-gnata nella tutela e nella promozionedei diritti dei minori “in conflitto conla legge” attraverso l’attuazione diinterventi volti soprattutto ad affron-tare le cause che sono all’originedella devianza. La complessità e la gravità dei pro-blemi che affliggonoi minori in conflittocon la legge permotivi diversi o chein altro modo li vedo-no coinvolti nei mec-canismi del “sistemadella giustizia”,rende necessarioimpostare gli inter-venti su due pianiinterrelati. Da unaparte, appare eviden-te l’urgenza di sanarele situazioni didetenzione illegale edi detenzione insieme agli adulti, iritardi nel rinvio a giudizio e le altregravi irregolarità – ove tali situazionisi verificano - attivando o ri-attivandoil sistema di amministrazione dellagiustizia minorile. D’altra parte, l’isti-

tuzione o il ripristino di un sistema diamministrazione di giustizia minorileappare come una misura parziale e discarso impatto senza una parallelaazione volta a promuovere e tutelare idiritti dell’infanzia e dell’adolescenzaa livello comunitario e soprattuttosenza iniziative sul territorio in gradodi rafforzare il ruolo sociale dellafamiglia, le risorse umane e le rela-zioni comunitarie per la prevenzione,la protezione e la riabilitazione deiminori in conflitto con la legge.

Il programma della Cooperazione

Italiana in Angola

L’Angola è un Paese su cui grava ilpeso di una guerra durata quasi untrentennio. Per capire l’importanzadel programma della CooperazioneItaliana per la realizzazione della giu-stizia minorile si deve considerareche i bambini in Angola sono cresciu-

ti durante il conflitto.La guerra ha profonda-mente alterato i mec-canismi di funziona-mento dei nuclei fami-liari e delle comunità,la struttura sociale hasubito una radicale tra-sformazione risentendodella perdita di valori edi tradizioni sui qualisi basava e che garan-tiva una forte solidarie-tà sociale assicurando,in particolare, la prote-zione dei minori. Il

ruolo istituzionale del sistema socia-le tradizionale – basato su leggi infor-mali e sul giudizio degli anziani dellacomunità – nella salvaguardia deidiritti dei minori è stato così compro-messo. Il progetto che la

Un caso concreto: il progetto per la realizzazione del tribunale dei minori in Angola

Giustizia minorilee Cooperazione

allo Sviluppo

L’iniziativa italiana si basa su una strategia volta al ripristino del sistema giudiziario esistente nel Paese: il meccanismo di riconciliazione comunitaria. Il programmaha quindi sviluppato due componenti: la prima, riguardantel’amministrazione della giustizia minorile, la creazionedel tribunale e la verifica della sua operatività; la secondarelativa allo sviluppo e alla lotta alla povertà attraversoprevenzione e protezione dei diritti dei minori, agendosoprattutto attraverso le famiglie e le comunità

LL

A livello internazionaledisponiamo in materiadi diritti del fanciullo,

di una normativauniversalmente condivisa,ma ciò nonostante milionidi bambini in tante partidel mondo continuano asubire soprusi e violenze

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27Social News 10_2005

Cooperazione Italiana sta realizzandoassieme all’UNICRI si basa su unastrategia volta al ripristino, almenoparziale, del sistema giudiziario anti-camente esistente in quel Paese: ilmeccanismo di riconciliazione comu-nitaria. Il programma ha quindi svi-luppato due componenti: la prima,nell’area giuridico-istituzionale,riguardante l’amministrazione dellagiustizia minorile, la creazione deltribunale e la verifica della sua ope-ratività; la seconda, in ambito socia-le, relativa allo sviluppo e alla lottaalla povertà attraverso prevenzione eprotezione dei dirittidei minori, agendosoprattutto attraversole famiglie e le comu-nità. . In ragione dellesue specifiche compe-tenze la prima compo-nente viene realizzatad i r e t t a m e n t edall’UNICRI, mentreper la seconda compo-nente sono state coin-volte due ONG italianeattive in Angola: ilCIES e il VIS. All’avviodel programma, ilsistema giudiziario minorile angolanoaveva cessato di operare da oltredieci anni, nel frattempo i minorivenivano sottoposti a processo dai tri-

bunali per gli adul-ti senza che venis-sero adottate pro-cedure e misurespecifiche per iminori di età.Sebbene in Angolai bambini non sianolegalmente respon-sabili fino al sedi-cesimo anno di età,i minori eranodestinati a prigionio stazioni di polizianelle stesse celledegli adulti e soload alcuni era con-cesso il diritto diapparire di fronte aun tribunale. Vaanche detto che leprigioni versano

generalmente a tut-t’oggi in condizioni

estremamente precarie: in generalemancano cibo e medicinali e nonsono previste attività didattiche oricreative che favoriscano l’indispen-sabile reinserimento sociale. Il 28ottobre 2002, il Governo angolanoapprovava un regolamento di leggeper la protezione dei minori checostituiva la cornice giuridica che hapermesso, a giugno 2003, l’inaugura-zione del primo tribunale minorile delPaese. Da allora, molte centinaia dibambini e adolescenti si sono potutiavvalere dei loro diritti e hanno rice-

vuto assistenzanei centri di ria-bilitazione ereinserimento. Ilsostanza, ilTribunale per iMinori è statoconcepito comestrumento colle-gato al tessutosociale. I giudicinell’emettere lasentenza fannoora ricorso a ele-menti quali ilprofilo psicologi-

co e le condizioni di vita dei giovaniimputati. Delle diverse centinaia diminori in conflitto con la legge chesono stati seguiti dal Tribunale, la

maggior parte rientra in una fascia dietà compresa tra i 10 e i 14 anni.Parallelamente all’istituzione delTribunale è stato inoltre creato unCentro d’Osservazione dove i minorisono ospitati prima del processo o inattesa che il giudice si pronunci. Iminori ospitati nel Centro, per nonpiù di venti giorni, ricevono assisten-za psicologica e sono coinvolti in atti-vità culturali e sportive. La formazio-ne giuridica e sociale rappresenta unelemento fondamentale per assisterei minori in conflitto con la legge efavorire il loro reinserimento. Graziealla valida esperienza e capacitàdell’UNICRI, il programma ha garan-tito la formazione di giudici e magi-strati; sono stati organizzati seminarie corsi di formazione per personaleamministrativo, assistenti sociali epsicologi. Il programma ha anchepermesso la creazione di meccanismidi reintegrazione dei minori, favoren-do il ritorno alle famiglie d’origine ol’inserimento nelle strutture e nelleassociazioni tramite processi di for-mazione professionale. Sono statipromossi comitati per una maggioreconoscenza dei diritti dei minori eattività di formazione per gli operato-ri che si dedicano all’educazione epreparazione professionale. I quattroCentri Sociali (tre gestiti dal CIES euno dal VIS) sono stati creati nellezone più povere di Luanda e ricevonogiornalmente una media di 30 mino-ri. I quattro centri diriabilitazione/reinserimento hannoregistrato circa 30.000 casi di bam-bini bisognosi di assistenza. Il futuro dell’Angola dipende in largamisura dalla possibilità che i bambi-ni, la maggioranza della popolazione,possano essere sostenuti e incorag-giati nel difficile processo di ritornoalla normalità. Interventi mirati daparte della comunità internazionalepossono contribuire enormemente aristabilire le condizioni più favorevolialla difesa dei diritti umani e allo svi-luppo sociale.

Giuseppe Deodatoministro plenipotenziario

direttore generale cooperazione allo sviluppodel Ministero Affari Esteri

Il ministro Giuseppe Deodato

Giugno 2003:inaugurazione del primo

tribunale minorile del Paese.Da allora, molte centinaiadi bambini e adolescentisi sono potuti avvaleredei loro diritti e hanno

ricevuto assistenzanei centri di riabilitazione

e reinserimento

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28Social News 10_2005

onosciuta come Ceylon fino al1972, lo Sri Lanka è un’isola tro-picale di 65.610 kmq e quasi 20milioni di abitanti, situata

nell’Oceano Indiano, a 29 km dallacosta sudorientale dell’India. Colonia britannica fino al 1948, il suosistema legale è costituito da un insie-me abbastanza complesso di dirittoconsuetudinario inglese, diritto roma-no-olandese, legge mussulmana ecustomary law. Il primo codice penaledel Paese viene redatto nel 1883 e sibasa sulla corrispondente legislazioneindiana, con un sistema di giustiziaprobatorio (adversarial system). Ilgrado più elevato è rivestito dal procu-ratore generale, mentre il procuratoredistrettuale è colui che amministra lagiustizia all’interno di una circoscrizio-ne. Comunque, la maggior parte deiprocedimenti penali relativi a reatiminori sono istruiti presso tribunaliinferiori, (Magistrates’ Courts) presie-duti anche da un ufficiale di polizia.Non esiste in Sri Lanka un tribunaleper i minori, dunque i minorenni inconflitto con la legge vengono giudica-ti con gli stessi criteri e nelle stessestrutture in cui si giudicano reati com-messi dagli adulti. La legge relativa alloro trattamento è contenuta nell’”Attosui Bambini e i Giovani”, redatto nel1939, che comprende anche punizionicorporali: a oggi, non ci sono statiemendamenti. Purtroppo, sebbene lalegislazione del Paese definisca mino-renne la persona sotto i 18 anni, cisono età legali minime, come per ilmatrimonio, il lavoro minorile e clauso-le del codice penale per gli abusi ses-suali sui minori, che sono troppo basseo discriminatorie. Ad esempio, l’etàminima per la responsabilità penale èfissata a 8 anni. Questo diminuisce glistandard di protezione per i bambini eli espone maggiormente a trattamentiingiusti o degradanti. Un minore rite-nuto responsabile di un reato è sogget-

to a detenzione preventiva inistituti, chiamati RemandHome, quattro in tutto ilPaese, indipendentementedall’età e dal reato, presunto oreale, commesso. Per altro,non esistono metodi di riabili-tazione e rieducazione alter-nativi che non siano la deten-zione in una Remand Home.Nel Paese, come capita anchealtrove, si fa sovente confusio-ne tra minori in conflitto conla legge e minori che necessi-tano di cure e protezione.Nelle stesse Remand Homes,quindi, vengono portati, qualepresunta misura cautelativa,bambini vittime di abusi, ses-suali o di altro tipo, orfani, bambini distrada, disabili che non hanno com-messo alcun reato. All’interno di que-ste strutture, assolutamente fatiscenti,con scarse misure igieniche, guardati avista da operatori senza alcuna qualifi-ca, non esiste separazione tra bambinie adolescenti, o tra bambini vittime diabusi sessuali e ragazzi che hannocommesso gravi reati. Questo fa sì chei bambini siano spesso sottoposti asoprusi e violenze. Non essendo previ-sta la figura di un avvocato difensore odi un tutore, i minori non hanno nep-pure accesso all’assistenza legale e leviolenze, nella maggioranza dei casi,non sono denunciate o restano impuni-te. Molte altre vengono commesse pro-prio da agenti di polizia all’internodelle stesse stazioni, come hannodocumentato, tra il 1994 e il 2003, laAsian Human Right Commission e laOMCT (World Organisation AgainstTorture). Diversi enti sono preposti allasalvaguardia dei diritti dei bambini: adesempio, il Dipartimento per la“Probation” (agenzia sociale), il“National Monitoring Committee(NMC)” e il “National Child ProtectionAuthority (NCPA)” e i loro rispettivi

comitati di monitoraggio e protezione alivello provinciale e distrettuale. Il pro-blema che incontrano, però, oltre lamancanza di risorse, è di una chiaradefinizione dei loro ruoli e, soprattutto,di un efficace coordinamento tra diloro. È urgente, invece, che lo SriLanka, come firmatario dellaConvenzione sui diritti dell’infanzia, ilcui articolo 40 è molto chiaro sul trat-tamento da riservare al minore in con-flitto con la legge e sulla tutela dei suoidiritti, prenda tutte le misure necessa-rie alla sua implementazione. In parti-colare, bisogna garantire l’accessoall’assistenza legale, la formazione diprofessionisti che lavorano con i bam-bini, la separazione dei bambini inconflitto con la legge dagli adulti intutti gli stadi del processo legale. Ènecessario, inoltre, lavorare affinché siistituisca un sistema di tribunali deiminori in tutto il Paese e, contempora-neamente, si sviluppino metodi di ria-bilitazione alternativi alla detenzione.

Denise Molicaesperta referente per il settore minori presso

l’ufficio della cooperazione italianain Sri Lanka

Giustizia minorile, il caso Sri Lanka

Bambini, ma penalmente responsabiliLe età legali minime sono troppo basse e discriminatorie. Questo diminuisce gli standard diprotezione per i più piccoli e li espone a trattamenti ingiusti o degradanti. Un minore ritenuto responsabile di un reato è soggetto a detenzione preventiva in istituti,chiamati Remand Home, indipendentemente dall’età e dal reato, presunto o reale che sia. E non esistono programmi di recupero

CC

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Social News 10_2005

Il parere dello psicologo

Figli e genitori nellaseparazione e nel divorzio

n reportage apparso sul Corrieredella Sera del 26 ottobre ripro-pone con forza la questione cen-trale dei figli nello scenario della

separazione e del divorzio dei genito-ri. In sostanza, ci si chiede ancora:qual è veramente il loro bene nelladecisione separativa? La diffusa convinzione che sarebbepreferibile per i figli un divorzio dolcedei genitori, di contro alla invivibilitàdi una forzata convivenza quotidiana,connotata da conflitti e rivendicazionirancorose, è messa in discussionedalla ricercatrice americana ElizabethMarquardt che, sulla base di 1500interviste di figli di divorziati, sostienel’opportunità di garantire ai figli unafamiglia comunque unita, a tutti icosti, vista la devastazione che ildivorzio comporta, in ogni caso, nel-l’evoluzione futura delle loro persona-lità.Lo psicologo che opera nel campodelle mediazioni famigliari e delleC.T.U. promosse dal giudice nelleseparazioni giudiziarie intravede,nelle affermazioni della Marquardt,una verità inconfutabile: quando siascoltano i bambini e si illumina illoro desiderio, implicito od esplicitosu quale sia, per loro, il loro esclusivo

interesse nella questione, non si puònon confermare che i figli voglionotenere papà e mamma, uniti per sem-pre. Il divorzio per i figli è sempreamaro! Non esiste un divorzio dolce.Ora, nel nostro tempo della postmo-dernità, nel tempo del primato dellasoggettività, della individualità e deivalori della persona una abolizionedel divorzio nell’esclusivo interessedei minori, sarebbe del tutto impen-sabile, anacronistica ed anche inutile.Infatti, di fronte alla scomparsa del-l’affectio coniugalis ed alla invivibili-tà di una vita di coppia arida edimpregnata di odio, il passo dellaseparazione rappresenta una assun-zione di responsabilità nei confrontidella autenticità della propria vitaaffettiva, in sintonia con un’eticadella post-modernità che conJacques Lacan possiamo nominareetica del desiderio soggettivo.Il conflitto tra il sacrificio dell’unioneconiugale per il bene del soggetto edil sacrificio del desiderio soggettivoper il bene dei figli, o se usiamo leistanze freudiane, il conflitto tra lerichieste di un Super Io normativo-genitoriale e le esigenze di un Esorientato alla soddisfazione affettivo-pulsionale, rimane una dimensione

strutturale della condizionemoderna con la quale ciascu-no deve fare i propri conti e leproprie scelte, ben sapendoche sia l’adesione obbligata aivoleri del Super Io, sia la rin-corsa al godimento assoluto,comportano necessariamenteil prezzo di una sofferenzasintomatica.Che fare allora se i figli nonvogliono la separazione deigenitori ed i genitori non tolle-rano più la reciproca convi-venza quotidiana? Una risposta minima possibi-le potrebbe consistere nella

predisposizione di un percorso di pre-parazione alla separazione, in spazioneutro mediativo, che coinvolga tuttigli attori in gioco, genitori e figli, inun processo maturativo finalizzato dauna parte alla elaborazione del luttoseparativo per i figli e dall’altra allacostruzione degli Accordi di bigenito-rialità per i due genitori.In questa direzione, la proposta dilegge (Paniz Ddl 66C) «Nuove normein materia di separazione dei genitorie affidamento condiviso dei figli»,approvata dalla Camera il 7 Luglio eche ora passa all’esame del Senato,offre importanti spazi di innovazionee di future buone pratiche applicati-ve. Per i figli minori, un percorso dipreparazione psicologica alla separa-zione dei genitori potrebbe contribui-re a realizzare sino in fondo il “dirittodi mantenere un rapporto equilibratoe continuativo con ciascuno di essi, diricevere cura, educazione e istruzioneda entrambi e di conservare rapportisignificativi con gli ascendenti e con iparenti di ciascun ramo genitoriale”,prevenendo i danni delle triangolazio-ni velenose degli adulti, riducendo isensi di colpa e liberandoli dai con-flitti di lealtà fonti di disagio e didisarmonizzazione evolutiva. Per gliadulti, un parallelo percorso di prepa-razione psicologica alla separazionepotrebbe essere l’occasione per lapredisposizione condivisa degliAccordi di Bigenitorialità, da presen-tare consensualmente al giudice incaso di separazione consensualeovvero per costruire ex novo gli accor-di di separazione non ancora realizza-ti per la conflittualità troppo elevatatra i due coniugi.

Gelindo Castellarinpsicologo psicoterapeuta,

docente universitario università di Udine,psicologo forense Tribunale di Udine

UU

Che fare se i figli non vogliono la separazione dei genitori ed i genitori non tollerano più

la reciproca convivenza? Una risposta potrebbe consistere nella predisposizione di un

percorso di preparazione alla separazione, in spazio neutro mediativo, che coinvolga

genitori e figli in un processo maturativo, finalizzato da una parte alla elaborazione del

lutto per i figli e dall’altra alla costruzione degli accordi di bigenitorialità per i genitori

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30Social News 10_2005

Premessa

Il nostro progetto trae spunto e motivazione da diverse esperien-ze, fatte dai promotori, in contesti apparentemente diversi(Centro di Prima Accoglienza della Giustizia Minorile, IstitutoPenale Minorile, Unità di Strada, Centri d’Ascolto Scuole MedieInferiori), ma confluenti nelle caratteristiche dell’utenza: adole-scenti a rischio o che già abbiano fatto ingresso nel circuitopenale.In particolare, l’esperienza che più ha sollecitato il nostro lavoroè stata la partecipazione (in un contesto di volontariato) alla rea-lizzazione di un “evento” all’interno dell’Istituto Penale di Casaldel Marmo. In quell’occasione è risaltato in maniera evidentecome alcuni contenuti (il valore della pace come rispetto deidiritti umani e della dignità della vita, poter essere protagonistiattivi del cambiamento), veicolati dalla mostra, siano diventatipiù accessibili e accettati nel momento in cui il dj ha spontanea-mente proposto ai ragazzi/e di “rapparli”, cioè di far vivere, diret-tamente dalla loro voce e dal loro corpo, nuovi modi di pensare,positivi e pacifici, diventandone, almeno per alcuni minuti, pro-motori. La partecipazione è stata sorprendente.

Obiettivo del progetto

L’obiettivo del nostro lavoro è proporre ai ragazzi uno spazio incui diventi possibile prendere contatto con una modalità pacifi-ca di comunicazione. Più concretamente, all’interno di un labo-ratorio creativo (per la specificità dell’attività svolta) è possibileproporre e sperimentare anche nuovi modelli di relazione, creati-vi anch’essi, che favoriscono il fiorire di valori, quali il rispetto,la dignità umana, l’uguaglianza, la solidarietà, la preziosità el’unicità di ciascun individuo, la valorizzazione di sé e dell’altro.Sostanzialmente il “valore” intrinseco nell’esistenza stessa. Sitratta di passare dal messaggio “Per valere devo essere il piùduro, sottomettere gli altri e schiacciarli: la mia felicità è a sca-pito della tua” al messaggio “Se ti sostengo e ti rispetto arricchi-sco la mia esistenza di forza e valore, perché la tua felicità con-tribuisce dalla mia”.E’ solo attraverso l’incontro e l’interazione tra le parti, il contattocon le emozioni, che sempre accompagnano l'atto creativo, cheè possibile veicolare in modo più veloce taluni messaggi (conte-nuto) e modelli (relazione). E’ grazie alla focalizzazione e all’in-tegrazione dei vari livelli dell’esperienza (immaginativo, cogniti-vo, corporeo, emotivo e sensoriale), che i ragazzi potranno speri-mentare una comunicazione reale, di comprensione, un “model-lo comunicativo” e relazionale alternativo a quello aggressivo-vio-lento, un nuovo modello più funzionale allo sviluppo della perso-nalità e alla “felicità”. Col termine “felicità” si fa qui riferimen-to alla capacità di “produrre valore” (vedi modello teorico diseguito esplicitato), in termini di positività, di sviluppo dellecapacità personali per sé e per gli altri, autovalorizzazione deisoggetti, sviluppo delle capacità creative. Al centro c’è l’indivi-duo, il quale non deve apprendere qualcosa (informazioni, con-tenuti) ma deve apprendere a creare; non deve, quindi, essereriempito, ma deve essere sollecitato, in un processo dinamico nel

quale il ragazzo deve rendersi attore protagonista per potere spe-rimentare la gioia della creazione. I laboratori si articolano a par-tire dall’esperienza personale e dalla sperimentazione delle capa-cità creative e relazionali, fornendo ai ragazzi un ambiente adhoc. La produzione di un lavoro, che comporta lo sviluppo dinuove competenze, consente al soggetto di “mettere in figura”delle risorse alle quali prima non aveva accesso. Si propone aipartecipanti di attuare un processo inverso a quello logico, cioèdi non partire dalle proprie capacità per fissare obiettivi o tra-guardi, ma di partire da questi per sviluppare nuove competen-ze. Ciò consente non solo di arricchire le competenze individua-li, ma di guardare alle proprie potenziali risorse con più fiducia.Self efficacy (auto efficacia) e empowerment (potenziamentopersonale) sono un patrimonio personale di base, un modo diessere, competenze, una volta risvegliate, trasferibili ed usufrui-bili in altri momenti e contesti della vita. Il loro sviluppo rappre-senta il vero obiettivo del laboratorio.

Modelli di riferimento

Il modello sistemico-relazionale e il modello pedagogico diMakiguchi rappresentano la cornice teorica, psicologica-filosofi-ca di riferimento, da cui attinge e si sviluppa questo progetto. Ilmodello sistemico-relazionale guarda gli individui e i fenomenicome sistemi, spostando l’attenzione sul “tutto” piuttosto chesulle singole “parti” pur non tralasciando di considerare gliattori interagenti nelle loro specificità individuali. Il modello rela-zionale si fonda sui presupposti dell’epistemologia della com-plessità, implica un approccio olistico e non molecolare alla per-sona, consentendo di guardare i fenomeni nella loro complessitàe muovendo dal principio dell’interazione circolare e sistemicatra i diversi fattori e subfattori. In tal senso, il comportamento delsoggetto viene visto all’interno dei sistemi nei quali è inserito,alla rete di relazioni che ha instaurato con il proprio sistema diappartenenza ed alle proprie modalità di reazione. E’ qui che l’in-contro con il proprio mondo relazionale diviene fondamentaletassello d’analisi.

Il modello pedagogico di Makiguchi

Il pedagogista Tsunesaburo Makiguchi (1871-1944), vissuto inun periodo di grande rinnovamento della società giapponese,contemporaneo ed affine a Dewey, morì in carcere, dove fu rin-chiuso per la sua opposizione al militarismo del governo.La sua “rivoluzione” pedagogica fu quella di definire lo scopodell’educazione non a partire dalle esigenze della società, maosservando la natura e le necessità degli esseri umani, comeorganismi sistemici interrelati. Per T. Makiguchi la felicità è unafinalità propria della vita dell’essere umano, un’orbita verso laquale l’esistenza, con le particolari circostanze e caratteristichedi ognuno, tende naturalmente; prova ne è il contrario, cioè l’in-felicità, espressa in vari modi fisici e spirituali, quando questocompimento esistenziale è frustrato o non raggiunto.Un progetto educativo deve quindi contenere non solo un fine abreve raggio, ma deve risultare un mezzo, un’occasione noncasuale, ma “provocata” per esplorare modi per costruire felici-tà, partendo dagli elementi vitali più vicini, ma non per questonoti alla persona, come la relazione con gli altri, la mutevolezzadelle emozioni, la possibilità di trasformare situazioni critiche insituazioni creative ecc. Una sorta di “alfabetizzazione” sullanatura dei processi di relazione con se stessi e con gli altri.Le intuizioni del pedagogista Makiguchi sono prese come puntodi riferimento per allestire occasioni pratiche di relazioni multi-ple e di scopo comune tra ragazzi/e, sotto la guida di un espertoche funge da modello e con l’interazione di un tutor che intervie-ne con varie modulazioni a seconda delle esigenze del vissuto,con lo scopo di facilitare la presa di coscienza delle varie espe-rienze e la trasformazione utile al fine da raggiungere.

I LABORATORI - La cultura hip hopQuesta è una cultura non è solo suono. Questa è una cultura non è solo moda.Questa è una cultura, questa è storia vera, questa è per chi c'era e per chinon c'era.» HippityHop (Per Spider-7 R.I.P.) – FlyCat

L'Hip-Hop è nato più o meno nel 1970, tutti i media lo avevanogiudicato solo una moda passeggera, oggi, l'Hip-Hop esiste eaggrega tanti giovani in maniera trasversale sia per l’età che per

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l’estrazione sociale. Tutto è nato negli U.S.A miscela di Black-music, soul, funk e R&B (Rhythm and Blues);l'Hip-Hop in poco tempo si è letteralmente espanso in tutto ilmondo, diventando un vero e proprio stile di vita, una culturametropolitana variegata e complessa che comprende l'amore perla musica ritmata dal d.j.(attraverso lo scratch, il cut e il rap),per gli sports "da strada", quali lo skate boarding, per l'artemetropolitana del graffitismo, per la break dance. Così l’hip hop,anche in Italia, ha affascinato i ragazzi e le ragazze coinvolgen-doli in primis nel look (pantaloni over size, felpe, scarponi indi-struttibili, cappelli), rendendoli visibili, diventando per loro unmodo di essere e di comunicare alternativo a quello convenzio-nale, nel quale riconoscersi e ritrovarsi. Una possibilità di dar“voce” e “corpo” al loro desiderio di comunicare, creare, lascia-re una traccia, vivere gli spazi di una metropoli troppo spessoaliena e depersonalizzante.Parola chiave dell’ Hip Hop è "free style", ovvero l'arte dell'im-provvisazione, non come mancanza totale di regole, ma comeinterpretazione soggettiva ed originale delle regole stesse.Tutto ha avuto inizio dal breaking, ovvero, doveva esserci qual-cuno che facesse basi per poter far ballare il breaker, cioè, coluiche balla e fa evoluzioni spettacolari, è da questa necessità ènato il Dj. Spesso questa figura si è trasformata in “rapper” checanta, o meglio “rappa”, mettendo in rima quello che vede equello che sente, la maggior parte dei testi tratta temi reali e vis-suti. Free-style è quindi, la capacità di improvvisare, durantebasi casuali fatte solitamente solo con la bocca: vere e propriecanzoni in rima riguardanti le situazioni o i pensieri che si stan-no vivendo nel qui ed ora. Altro personaggio tipico è il Writer,colui che dipinge o “teggha” (firma col suo nome "d'arte" qual-siasi tipo di superficie) solitamente con tecniche di Aerosol-artsu muri, tetti, garage... insomma tutte le superfici “rivitalizzabi-li”.Negli anni ’80 la break dance fu inserita nel programma delBlack Power Movement (associazione nera molto famosa negliUSA) per cercare di risolvere i problemi di violenza tra le banderivali della gente di colore. La supremazia su un territorio, così,non venne più determinata da cruenti scontri tra bande, ma dasfide di break (a cui in seguito si aggiunsero rap, graffiti e ska-teboard, diventando delle vere e proprie olimpiadi metropolita-ne), in cui la squadra che mostrava maggiori abilità tecniche emigliori acrobazie vinceva sull’altra.Riteniamo che queste attività e il messaggio contenuto in essesiano degli strumenti adeguati per educare alla pace, trasforma-re cioè la rabbia in espressione grafica, i vissuti in colore, lasfida in empowerment.

I graffiti o “Teg”

Da sempre i disegni sui muri sono stati strumenti comunicativiusati per narrare la storia delle civiltà. Il disegno su spazi pub-blici e privati assume per gli attori-autori una valenza affettiva ecognitiva altamente significativa e specifica. La rappresentazio-ne grafica, il graffito, soprattutto, non possono essere intesicome mere attività ludiche fini a se stesse, ma una vera e pro-pria modalità alternativa di comunicazione (così come ogni tipodi arte), attraverso la quale il soggetto può manifestarsi con ilproprio modo di essere, i propri vissuti e bisogni, la propria crea-tività. Tale processo consente la trasformazione dell’ambiente dicontesto, promuovendo un cambiamento concreto e immediata-mente visibile che, a sua volta, potrà diventare l’input, lo stimo-lo, per nuovi, altri, cambiamenti. Il laboratorio prevede che i par-tecipanti, sulla base di una serie di indicazioni che gli espertiforniranno loro, si dedichino alla “decorazione” delle pareti cheverranno messe a loro disposizione (possibilmente all’internodegli spazi da loro quotidianamente frequentati), o di altresuperfici scelte ad hoc.

Break dance e Rap

L’utilizzo della danza e del canto permettono di comunicare ipropri contenuti emotivi attraverso l’espressione corporea, moda-lità di comunicazione più accessibile per ragazzi che non pos-seggono strumenti culturali affinati.I laboratori prevedono che i partecipanti imparino i passi base

della break dance e “rappino” giocando con la voce e il corpo,sperimentandosi nella creazione di versi e strofe, sulla base delfilo conduttore del progetto che è l’educazione alla pace.Durante l’intero percorso i ragazzi vengono seguiti da più figureprofessionali: alcune con compiti tecnici (esperti, insegnanti dibreak dance e funk, rapper), altre (psicologi e/o tutor) addestra-te alla gestione creativa e pacifica del conflitto, con il compitodi mediare tra le varie esigenze e personalità che emergeranno einteragiranno durante i lavori.I contenuti dei graffiti e degli altri lavori saranno stimolati sullabase del filo conduttore del progetto che è l’educazione allapace. Ciò viene attuato secondo il modello metodologico esplici-tato nell’elaborato. Il progetto è rivolto ai ragazzi e alle ragazzeristretti nell’Istituto Penale di Casal del Marmo di Roma, pressoi locali messi a disposizione dalla struttura.I laboratori si articolano lungo un periodo di sei mesi (ca), sud-divisi in incontri settimanali di tre ore.

Conclusioni

Il primo progetto “Muri di pace” si è svolto nell’arco di un perio-do di 6 mesi ed è stato realizzato in parte con un contributo dellaRegione Lazio ex legge 22/99 e in parte con risorse dell’associa-zione Elios onlus (vedi www.associazionelios.it).Il progetto ha previsto tre laboratori: rap e murales, rivolti airagazzi, e danza hip hop, rivolto alle ragazze (separati su richie-sta dell’Istituto).I laboratori hanno avuto cadenza settimanale ed hanno vistocoinvolti un alto numero di minori (con notevole turn over acausa della breve permanenza degli stessi presso l’IPM). Perquanto riguarda i due laboratori maschili hanno partecipato circa45 ragazzi e quello femminile circa 25 ragazze.Gli operatori erano due (a volte tre) per ogni laboratorio, una psi-cologa e un esperto della materia, con, ovvie, differenti funzio-ni.A conclusione del progetto sono stati prodotti vari graffiti sulmuro di cinta dell’IPM (di cui le foto qui riprodotte) e testi di rap(di cui uno in coda) realizzati dai ragazzi stessi, un filmato conuna coreografia danzata dal gruppo di ragazze.Nonostante la difficoltà di lavorare con gruppi sempre diversi diminori, i lavori fatti e i risultati ottenuti da un punto di vista rela-zionale, sono stati molto buoni.Alla fine del periodo di lavoro abbiamo inoltre realizzato unafesta-concerto-rap, molto gradita ai ragazzi, che hanno potuto,se lo desideravano, esibirsi.Per quanto riguarda l’obiettivo principale del progetto, cioèl’educazione alla pace, attraverso la conversione dell’atto aggres-sivo in atto creativo, abbiamo avuto modo più volte di interagirecon i partecipanti in situazioni fortemente aggressive e di gesti-re, insieme a loro, in modo nuovo e creativo la rabbia o il con-flitto. Il nostro stesso comportamento con loro (modeling) è statoimprontato su questo obiettivo.Tra i risultati raggiunti, che non erano tra i nostri obiettivi espli-citi, ma decisamente auspicabili, possiamo considerare, di asso-luto rilievo, l’ottima collaborazione creata con gli educatori e idirigenti della struttura, che ci ha consentito di lavorare, condi-videndo informazioni e strategie educative. Questa sinergia haprodotto il miglior risultato possibile. Anche nel rapporto col per-sonale penitenziario ci sono stati episodi significativi, sia di col-laborazione sia di confronto sulle modalità relazionali, anchequi, ponendo in figura il rispetto della persona e la possibilità dievitare escalation di aggressività.

Donaggio Vanessapresidente associazione Elios Onlus, psicologa, esperta in teoria e

tecniche delle dinamiche di gruppo

Macrì Concettavicepresidente associazione Elios Onlus, psicoterapeuta, specialista

in criminologia clinica e psichiatria forense, collaboratrice del prof. C. Serra, università “La Sapienza” di Roma.

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quando è difficile stare “Insieme”…di Aida Dizdari

Responsabile Progetto International School for Training, Expertise & Research

Articolo 9 della "Convenzione dei diritti dell'infanzia" - 1989, New York3. Gli Stati parti rispettano il diritto del fanciullo separato da entrambi i genitori o da uno di essi di intrattenere regolarmente rapporti

personali e contatti diretti con entrambi i genitori, a meno che ciò non sia contrario all'interesse preminente del fanciullo.

“Insieme” è nato nell’2004 come risposta al bisogno dei Servizi Sociali dell’Ambito dell’Alto Isontino (Friuli Venezia Giulia) di avere unospazio apposito per garantire il diritto di visita e relazione dei bambini. L’equipe di International School for Training, Expertise and Research(ISTER) ha presentato allora una proposta progettuale in collaborazione con i Servizi Sociali e l’ Azienda per i Servizi Sanitari n°2 Isontina(U.O.E.E.P.H. e Consultorio Familiare). La proposta era per gran parte un esperimento ma fu accolta e finanziata.Il progetto “Insieme” crea i presupposti per la creazione di un servizio per l’esercizio del diritto di visita e di relazione, secondo i princi-pi enunciati dall’art. 9 della “Convenzione dei diritti dell’infanzia”, che si prefigge come finalità principale quella di sostenere la salvaguar-dia della relazione tra il bambino e i suoi genitori in vicende di profonde crisi famigliari quali la separazione, il divorzio conflittuale, l’af-fido o altro. Il protagonista e il principale destinatario è dunque il bambino, con il suo diritto e il suo bisogno di intrattenere rapporti conentrambi i genitori. In concreto il progetto consiste nell’ allestimento di uno spazio che funga da luogo terzo, una estrapolazione dalla real-tà, un luogo neutro e piacevole dove allienandosi dalle vicissitudini e complicazioni del quotidiano problematico, il figlio e il genitore lon-tano, anche con l’assistenza di un operatore qualificato, inizino a costruire/ricostruire un rapporto sano. Un luogo che non appartiene anessuno, ma che può e intende diventare il punto di ripristino di un rapporto o semplicemente il luogo dove ricominciare. Quest’anno aseguire i casi sarà un operatore supportato da un’equipe di professionisti del campo che elaborerà le prassi per ogni singolo caso offrendosoluzioni flessibili e individuali. Il progetto si prefigge di fungere anche da mezzo per approfondire le tematiche e la metodologia relativealla relazione genitori figli, nell’ambito di affidi eterofamiliari nati da situazioni particolarmente gravi e disturbate, e per questo protratte alungo nel tempo. ,L’accesso al servizio “Insieme” avviene su Indicazione della Magistratura Minorile o per ordinanza/indicazione delTribunale ordinario della procedura di separazione o divorzio. Per tutte le situazioni in trattamento, lo spazio “Insieme” opera e opereràin stretta collaborazione con i Servizi Sociali dei comuni dell’Ambito dell’Alto Isontino. Per situazioni di genitori in condizione di gravepatologia o devianza, la collaborazione, se necessario, si estenderà ai servizi dell'Azienda Sanitaria n2 Isontina.La prassi comprende colloqui preliminari con i genitori (o adulti di riferimento) effettuati insieme e separatamente con l’obiettivo di rac-cogliere elementi della storia familiare, soprattutto in relazione al bambino. Con l'adulto affidatario l'attenzione dell'operatore sarà quelladi comprendere quali siano le resistenze e obiezioni che prevengono la stabilizzazione del rapporto con l’altro genitore.Con il genitore lontano invece, si analizzerà la distanza temporale ed emotiva dal figlio. L’intendimento sarà quello di porre le basi e quin-di creare le condizioni per un effettivo riavvicinamento. Un importante passo costituiranno i colloqui con il bambino che lo avvicineranno all’operatore e all’ambiente. Saranno infine le esperien-ze e i sentimenti dell’ultimo a costituire gli elementi di base per la definizione dell’azione.

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