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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA SAPIENZATRATTAMENTO CHIRURGICO DELL’ERNIA GASTRICA I ATALE Relatore: Dottorando: Prof. Giorgio Palazzini Gabriele La Gioia Matr:. 682270 ANNO ACCADEMICO 2012/2013

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA

“SAPIENZA”

TRATTAMENTO CHIRURGICO

DELL’ERNIA GASTRICA IATALE

RReellaattoorree:: DDoottttoorraannddoo::

PPrrooff.. GGiioorrggiioo PPaallaazzzziinnii GGaabbrriieellee LLaa GGiiooiiaa

MMaattrr::.. 668822227700

ANNO ACCADEMICO 2012/2013

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3

INDICE

CCaappiittoolloo II

3-a Anatomia del Giunto Esofago-Gastrico

3-b Fisiologia del giunto esofago-gastrico

CCaappiittoolloo IIII

Fisiopatologia dell’ernia Gastrica Iatale

CCaappiittoolloo IIIIII

Presentazione clinica

CCaappiittoolloo IIVV

Complicanze

CCaappiittoolloo VV

Diagnostica Clinico-Strumentale

Rx esofago-baritato

Manometria

pH-metria

EGDS

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CCaappiittoolloo VVII

Terapia Medica della Malattia dell’Ernia gastrica iatale

CCaappiittoolloo VVIIII

Terapia Endoscopica

CCaappiittoolloo VVIIIIII

Terapia chirurgica

Indicazioni al trattamento chirurgico

Cenni Storici e Tecniche Chirurgiche

Tecnica secondo Nissen-Rossetti

Tecnica secondo Dor e Toupet

CCaappiittoolloo IIXX

Complicanze della terapia chirurgica

CCaappiittoolloo XX

Casistica

CCaappiittoolloo XXII

Risultati

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CCaappiittoolloo XXIIII

Discussione e conclusioni

BBIIBBLLIIOOGGRRAAFFIIAA

IINNTTRROODDUUZZIIOONNEE

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CCAAPPIITTOOLLOO II

AANNAATTOOMMIIAA EE FFIISSIIOOLLOOGGIIAA

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ANATOMIA DEL GIUNTO ESOFAGO-GASTRICO

La giunzione esofago-gastrica risulta essere una zona anatomica di particolare

importanza per la patogenesi della Malattia da Reflusso GastroEsofageo.

Cardias e Giunzione Esofago-Gastrica: LINEA Z (quadro endoscopico

normale)

I confini anatomici e fisiologici tra esofago e stomaco non sono sovrapponibili,

in quanto il passaggio dalla mucosa squamo-cellulare a quella gastrica,

facilmente riconoscibile e individuabile nella Linea Z posta ad un centimetro

circa al di sopra del cardias, non coincide con quello funzionale posto nello

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Sfintere Esofageo Inferiore. In ogni caso, le diverse componenti anatomiche-

funzionali contribuiscono in modo unitario al regolare transito del cibo in senso

oro-distale, alla prevenzione del reflusso di materiale gastrico in esofago, a

permettere l’eruttazione e, quando necessario, il vomito.

L’esofago è un condotto muscolo- membranoso che si estende dal faringe allo

stomaco per una lunghezza di circa 24 cm, scorrendo nella loggia mediastinica

sino al diaframma. Esso si trova interposto nella sua parte terminale tra due

cavità, di sui una a pressione negativa (quella toracica), e l’altra positiva (quella

addominale). L’esofago giunge in addome insieme ai nervi vaghi attraversando

il diaframma in corrispondenza dello iato esofageo, il quale, il più delle volte, è

costituito da uno sdoppiamento del solo pilastro diaframmatico mediale destro,

le cui fibre partono dalla II, III e IV vertebra lombare, formando una sorta di

fionda. Questa zona è situata radiologicamente a livello della X-XI vertebra

toracica.

L’esofago si estende per altri 4-5 cm, per poi unirsi allo stomaco, un po’ al di

sotto del fondo gastrico, col quale viene a formare un angolo acuto, detto Angolo

di His. La giunzione esofago-gastrica, vista all’interno dello stomaco, viene ad

assumere un aspetto a becco di flauto, il cui margine superiore costituisce una

vera valvola mucosa, la Valvola di Von Gubaroff, la cui struttura è rinforzata

dalle fibre arciformi della muscolatura gastrica che si dispongono a collare

attorno alla regione cardiale (collare di Helvetius). L’angolo di His viene

costantemente mantenuto acuto dal gioco delle contrazioni del pilastro destro

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diaframmatico, detto anche Laccio di Allison, che circonda l’esofago terminale.

È, dunque, proprio in corrispondenza della giunzione esofago-gastrica, che esiste

un insieme di strutture anatomiche e funzionali costituenti la cosidetta barriera

anti-reflusso. La continenza è sicuramente legata all’esistenza dello Sfintere

Esofageo Inferiore (SEI). Le strutture che costituiscono le barriere anti-reflusso

sono:

Sfintere Esofageo Inferiore (SEI):

separa la pressione negativa intraesofagea, da quella positiva intragastrica. E’

anatomicamente costituito da fibre muscolari lisce del tratto terminale del corpo

esofageo che si continuano senza interruzione nella muscolatura dello stomaco.

Sebbene a questo livello non sia stata mai individuata una vera e propria

struttura anatomica sfinteriale, studi manometrci hanno evidenziato una zona ad

alta pressione, situata all’estremo distale dell’esofago.Ricerche evidenziano che

non esiste una pressione dello sfintere, ma un intero range ad alta pressione,

distribuito in senso radiale e in senso assiale e che riguarda una zona di

lunghezza di circa 3-4 cm situata nella parte terminale dell’esofago al di sopra

della giunzione Squamo-Colonnare.

Esofago Addominale:

L’esistenza di un esofago addominale sottomesso alle variazioni di pressioni

esistenti in addome è indispensabile; la mancanza di questo segmento esofageo

(mal posizione cardio-tuberositaria, ernia iatale da scivolamento), rappresenta un

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elemento anatomico che potrebbe determinare la genesi del Reflusso Gastro-

Esofageo.

La lunghezza di questo segmento è in media di 4-5 cm e comprende: una

porzione sovra diaframmatica con una terminazione un po’ dilatata a fuso

dell’esofago toracico, una porzione diaframmatica ristretta di 2 cm ed una

porzione sotto-diaframmatica addominale di 3 cm circa.

Angolo di His:

Il cardias, giunzione esofago-gastrica, è posto in un piano obliquo diretto verso il

basso e verso destra a formare un angolo di 30°-45° sul piano orizzontale; il

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margine destro dell’esofago prosegue con la piccola curva gastrica, mentre il

margine sinistro risulta addossato alla grande tuberosità, formando con essa un

angolo (l’angolo di His). L’ampiezza di tale angolo varia al variare del

riempimento gastrico: angolo acuto quando lo stomaco è pieno, angolo retto

quando lo stomaco è vuoto.

Questa incisura esterna solleva una piega mucosa all’interno dello stomaco, detta

Valvola di Von Gubaroff, frutto dell’addossamento delle mucose che tappezzano

esofago e stomaco. L’assenza o la scomparsa dell’angolo di His viene osservata

in occasione di mal posizioni cardio-tuberositarie e di ernie iatali da

scivolamento; essa può favorire la comparsa di un reflusso gastro-esofageo.

Bretella di Laimer

È un foglietto di fibre provenienti dallo stomaco che avvolgono l’esofago distale.

Contribuisce a mantenere acuto l’angolo di His.

Diaframma:

I pilastri del diaframma delimitano lo iato esofageo. Di forma ovalare (3x1.5

cm), con asse maggiore verso l’alto, anteriormente e verso sinistra; è mobile con

la respirazione. Nella formazione dello iato, la predominanza delle fibre

provenienti dal pilastro destro è pressoché la regola; esse, si dispongono intorno

all’esofago formando una sorta di laccio.

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I pilastri del diaframma rappresentano la muscolatura estrinseca dello iato; non

rappresentano un mezzo di ancoraggio dell’esofago, ma intervengono in

occasione di movimenti respiratori.

L’allontanamento dei pilastri permette la formazione di un’ernia iatale da

scivolamento.

Membrana freno-esofagea:

E’ una lamina elastico-connettivale, costituita dalla fusione della fascia

diaframmatica endo-toracica con quella endo-addominale, con qualche

fibrocellula muscolare a provenienza dal diaframma, si presenta con l’aspetto di

due tronchi di cono, uniti alle basi, uno superiore ed uno inferiore. Questa,

penetrando nella parete della porzione intraiatale esofagea fino alla tonaca

muscolare, costituisce un’altra importante struttura di fissazione del viscere e fa

si che l’esofago distale (gli ultimi 3 cm), sia in sede endoaddominale,

rappresentando uno dei meccanismi antireflusso.

Meso-esofago:

Il meso-esofago è un tessuto cellulo-fibroso denso che trova posto nello spazio

di divaricazione tra i due foglietti peritoneali che collegano il viscere alla parete

posteriore. Occupa tutta la larghezza dell’esofago e connette in tal modo le sue

facce posteriori e laterali all’aorta e ai pilastri del diaframma garantendo in tal

modo la permanenza del viscere in addome; la sua sezione o dissezione

permette, infatti, l’ascenzione intra-toracica dell’esofago. Il legamento gastro-

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frenico, altro elemento cellulo-fibroso denso, prolunga verso sinistra il meso-

esofago ed àncora la grande tuberosità gastrica al diaframma.

Muscolatura del corpo dell’esofago:

Le normali contrazioni della parete dell’esofago sono necessarie per il completo

e normale svuotamento del viscere. La parete muscolare dell’esofago comprende

uno strato di fibre superficiali longitudinali ed uno strato di fibre circolari

profonde. Queste fibre circolari circondano l’angolo di His, intrecciate con le

fibre oblique dello stomaco e scendono sui due versanti della piccola curva (

cravatta di Helvetius).

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FISIOLOGIA DEL GIUNTO ESOFAGO-GASTRICO

A livello della giunzione esofago-gastrica, una zona funzionalmente di grande

importanza è lo sfintere esofageo inferiore, costituito da fibre lisce e contratte

tonicamente volte a creare una zona ad alta pressione. Una serie di fattori

condiziona il tono dello sfintere, con il compito precipuo di consentirne il

rilasciamento, dopo l’inizio della deglutizione, e la contrazione post-deglutitoria

per prevenirne il reflusso.

Il nervo vago è principalmente coinvolto nel controllo riflesso della contrazione

o del rilasciamento del SEI. I neuroni pregangliari iniziano nel nucleo motore

dorsale del vago e arrivano al SEI. Tali neuroni colinergici sono eccitatori e

stimolano neuroni eccitatori (muscarinici), o inibitori (NANC), che controllano

il tono del SEI. Questi neuroni NANC rilasciano NO, che causa il rilasciamento

del SEI. I rilasciamenti possono essere anche transitori e indipendenti dalla

deglutizione e durano generalmente più a lungo dei rilasciamenti post-

deglutitori. I rilasciamenti transitori facilitano il passaggio retrogrado dell’aria

intragastrica e quindi l’eruttazione e sono causati soprattutto dalla distensione

del fondo gastrico.

La pressione del SEI è altresì influenzata da fattori diversi. Difatti essa aumenta

considerevolmente in risposta ad un pasto proteico, da vari ormoni (gastrina,

motilina, Sostanza P), da alcuni farmaci (metoclopramide, domperidone), mentre

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è diminuita da un pasto prettamente lipidico, dalla cioccolata, dall’alcol, da

ormoni (colecistochinina, glucagone, progesterone), da diversi farmaci

(diazepam, morfina, calcio antagonisti, nitrati).

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AUMENTO DIMINUZIONE

AGENTI

ORMONALI

Gastrina

Motilina

Sostanza P

Somatostatina

Secretina

Colecistochinina

Peptide

intestinale

vasoattvo

Progesterone

AGENTI

NERVOSI

Agonisti-alpha-

adrenergici

Antagonisti-beta-

adrenergici

Agonisti

colinergici

Agonisti-beta-

adrenergici

Antagonisti-

alpha-

adrenergici

Antagonisti

colinergici

CIBI Pasti proteici Grassi

Cioccolato

Etanolo

Menta piperita

ALTRI Istamina

Antiacidi

Metoclopramide

Caffè

Complesso

motorio migrante

Aumento

pressione

addominale

Ossido nitrico

Teofillina

Caffeina

Acido

Fumo

Gravidanza

Morfina

Dopamina

Calcio

antagonisti

Diazepam

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CCAAPPIITTOOLLOO IIII

FFIISSIIOOPPAATTOOLLOOGGIIAA DDEELLLLAA MMAALLAATTTTIIAA DDAA

RREEFFLLUUSSSSOO GGAASSTTRROOEESSOOFFAAGGEEOO

Grazie al monitoraggio ph-metrico computerizzato delle 24 o 36h, è chiaramente

dimostrato che ogni individuo presenta saltuari episodi di reflusso di materiale

gastrico in esofago, soprattutto in seguito ai pasti e in posizione clinostatica. Un

reflusso acido è considerato fisiologica quando il numero, nelle 24h, risulti

essere inferiore a 50 episodi, e il tempo totale di contatto del materiale refluito è

inferiore al 4.2 per cento del tempo di monitorizzazione e quando i reflussi di

durata superiore ai 5 minuti siano, sempre nelle 24 h, meno di 3.

Al di sopra tali parametri, il reflusso diviene patologico, alterando la funzionalità

e l’integrità anatomica della giunzione gastro-esofagea da cui dipende il

mantenimento dell’equilibrio tra agenti lesivi e difensivi dell’epitelio esofageo.

La prima linea di difesa che controlla la quantità e la frequenza dei reflussi è

rappresentata dalla Barriera Anti-Reflusso.

La barriera primaria è rappresentata dallo sfintere esofageo inferiore (SEI), che

separa la pressione negativa intraesofagea, da quella positiva intragastrica.

Episodi di reflusso potenzialmente lesivi si verificano per diverse variabili:

- ogni qual volta che lo sfintere diviene incompetente ( pressione inferiore ai 5

mmHg );

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- per gli imprevedibili rilasciamenti di uno sfintere normotonico (pressione

superiore ai 10-12mmHg);

-per aumento della pressione intragastrica in pz con sfintere ipotonico (pressione

tra i 5-10 mmHg);

-per insufficiente adattamento del LES.

Barriere secondarie nella prevenzione del reflusso gastro-esofageo sono: la

membrana freno-esofagea, l’Angolo di His, l’esofago intra-addominale, le

rosette mucose, il meccanismo di chiusura per stiramento delle fibre elicoidali

dell’esofago poste tra la muscolatura longitudinale e quella circolare del pilastro

diaframmatico.

I fattori condizionanti la capacità erosiva del materiale refluito sono

rappresentati da:

Composizione del contenuto gastrico ( acido, pepsina, succo duodenale)

Tempo di svuotamento gastrico

E’ indubbio che un’alterazione dello svuotamento gastrico, per lo squilibrio della

pompa antro-pilorica, condizioni l’entità del reflusso, sia per un aumento della

pressione endo-gastrica, sia per un aumento del volume del materiale refluito.

L’entità della forza offensiva è determinata dalle caratteristiche del materiale

refluito. Il maggior agente lesivo per la mucosa esofagea è indubbiamente

rappresentato dall’associazione di acido cloridrico e di Sali biliari, più dannosi

dei singoli componenti.

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I meccanismi di difesa da parte dell’esofago sono rappresentati dalla:

-capacità di “clearing esofago-gastrica”

-resistenza epiteliale

La capacità di clearing esofageo rappresenta il principale meccanismo di difesa

sostenuto principalmente dalla sua funzione motoria. Infatti la presenza di

materiale refluito è in grado di iniziare un’onda peristaltica secondaria insorta

per stimolazione locale capace di rimuovere il materiale refluito, limitando il

tempo di contatto con la mucosa esofagea.

Altro fattore è rappresentato dalla secrezione salivare che, esercitando una

diluizione e neutralizzazione del materiale refluito, riporta a valori di pH

fisiologico il contenuto dell’esofago terminale. Poiché durante il sonno la

peristalsi e la salivazione sono meno efficaci, si spiega come proprio durante il

periodo notturno, il reflusso arrechi i danni maggiori all’epitelio esofageo. La

mancanza di anche uno dei meccanismi, causata da malattia ( ad ex:

sclerodermia, farmaci, anticolinergici, varici, neoplasie…), è in grado di

aggravare il reflusso.

L’altro meccanismo di difesa è rappresentato dalla resistenza epiteliale deputata

alla prevenzione e riduzione dei danni epiteliali conseguenti al contatto con gli

agenti lesivi contenuti nel materiale refluito. Essa esprime in modo unitario

l’azione di diversi fattori, quali la secrezione mucosa dell’esofago distale, le

membrane cellulari, le strutture giunzionali intercellulari, i processi di trasporto

ionico, il flusso ematico e lo stato acquoso quieto.

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Lo strato mucoso evita la diffusione intracellulare, e contribuisce alla

formazione dello strato acquoso quieto, il quale rappresenta una zona di bassa

turbolenza adiacente alle superfici cellulari ed in grado di intrappolare ioni

bicarbonati. Le barriere strutturali, rappresentate dalle membrane cellulari e dai

sistemi giunzionali, limitano la penetrazione( ionica o molecolare), e sono vitali

per il corretto funzionamento dei sistemi di trasporto. Di questi ultimi, due in

particolare proteggono l’epitelio dall’acidità: lo scambio Sodio-Idrogeno a

livello della membrana apicale, e lo scambio cloro-bicarbonato delle membrane

baso-laterali. Questi meccanismi contribuiscono al mantenimento del pH

intracellulare, espellendo dalla cellula gli ioni idrogeno ( scambio sodio-

idrogenioni ), o potenziando i sistemi tamponi intracellulari ( scambio cloro-

bicarbonato). Un adeguato flusso ematico è quindi importante a scopo protettivo,

in quanto fornisce ossigeno, nutrienti e tamponi ai tessuti e rimuove gli

idrogenioni e gli altri metaboliti potenzialmente lesivi.

Altro fattore patogenetico di particolare importanza è l’ernia iatale da

scivolamento, il cui ruolo nel determinismo della MRGE è piuttosto controverso.

Infatti, sebbene l’ernia iatale sia un reperto comune ( circa il 50% della

popolazione >50 anni), e la maggior parte dei pazienti con ernia iatale non abbia

MRGE, l’esofagite è spesso associata ad ernia, suggerendo un ruolo

patogenetico di quest’ultima nell’insorgenza dell’esofagite. Poco chiaro è il

meccanismo mediante cui l’ernia iatale determinerebbe la MRGE. Si ritiene che

l’ernia causi un’alterazione tra sfintere crurale e SEI, cui si assocerebbe un

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prolungamento del transito esofageo, con intrappolamento di parte del contenuto

esofageo all’interno dell’ernia e reflusso dello stesso in esofago durante i

rilasciamenti transitori del SEI.

L’ERNIA IATALE

La maggior parte delle ernie iatali dell’adulto è acquisita. Nel 1951 Allison ne

propose la loro classificazione in base alle caratteristiche anatomiche e

fisiopatologiche delle ernie da scivolamento (tipo I), caratterizzate dalla

migrazione prossimale della giunzione Esofago-Gastrica nel mediastino

posteriore, ed in ernie Paraesofagee o da rotazione (tipo II),caratterizzate dalla

dislocazione craniale del fondo gastrico a lato della Giunzione Esofago-Gastrica

normalmente posizionata.

I due tipi possono presentarsi anche in una forma combinata col risultato di un

ernia di tipo misto (tipo III), caratterizzata da una dislocazione craniale sia del

cardias che del fondo gastrico. In realtà più del 90% delle ernie cosiddette

“paraesofagee” sono di tipo misto.

Ernia Da Scivolamento

Questo tipo di ernia costituisce il 90-95% delle ernie iatali. La loro presenza è

spesso intermittente, sono in parte o del tutto riconducibili ed evocabili con i

cambiamenti di postura o all’aumentare della pressione endoaddominale.

Diversi Autori ritengono che possa esservi una meiopragia congentia dello iatus

e dei mezzi di fissazione freno-esofagei, che rimane per lo più inoperante,

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fintanto che altri cofattori quali l’obesità (aumento della pressione

endoaddominale), il rapido dimagrimento (rarefazione delle cellule del

mesoesofago), l’età senile (per la riduzione del tono e dell’elasticità

diaframmatica), deformazioni della colonna lombo dorsale (alterazione dei

pilastri diaframmatici e della trazione esercitata sul giunto, appiattimento della

cupola diaframmatica, con conseguente aumento della pressione

endoaddominale), non intervengano a ridurre la validità dei mezzi di

contenzione dello stomaco in addome.

Le strutture fasciali cardio-diaframmatiche dell’esofago e le riflessioni cardiali

del peritoneo risultano allungate mentre lo iatus appare allargato. Tali alterazioni

anatomiche sembrano legate da una parte ad una lassità congenita di questi

tessuti, dall’altra ad uno stiramento progressivo dei medesimi causato dalla

risalita del cardias in mediastino. Nella sua progressione il cardias dilata lo iatus

e induce un accorciamento dell’esofago, che risulta reversibile quando è legato

ad una retrazione delle fibre longitudinali muscolari ed elastiche dello stesso,

irreversibile quando si sovrappongono fenomeni infiammatori cronici ad

evoluzione sclerocicatriziale. Nella sua migrazione il cardias trascina anche il

peritoneo, che a questo livello è presente solo anteriormente e lateralmente allo

stomaco; formando così un sacco erniario che risulta incompleto, essendo situato

solo sul davanti e sui lati del viscere erniato.

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Ernia Paraesofagea

La maggioranza delle ernie paraesofagee sono il risultato finale di una ernia da

scivolamento.

Un’ ernia paraesofagea pura, piuttosto che un’ernia iatale da scivolamento, si

sviluppa quando è un difetto, almeno in parte congenito, dello iato esofageo,

anteriormente all’esofago stesso. Col tempo si ha una degenerazione strutturale

della membrana freno-esofagea con assottigliamento dello strato fasciale

superiore di essa (continuazione sovra-diaframmatica della fascia endotoracica ),

e perdita di elasticità dello strato fasciale inferiore ( continuazione sotto

diaframmatica della fascia trasversalis ).

Lo strato fasciale superiore è formato solo da connettivo lasso ed ha una minore

importanza. Lo strato fasciale inferiore è più spesso e robusto, e si divide esso

stesso in due foglietti, superiore ed inferiore, circa un centimetro prima di

fondersi intimamente con l’avventizia esofagea. L’inserzione del foglietto

inferiore dello strato inferiore protrude verso l’alto e può essere spesso

identificato nel corso di una toracotomia. Questi dati anatomici suggeriscono che

lo sviluppo di un’ernia paraesofagea sia un fenomeno ampiamente correlato

all’età, ed è secondario allo stiramento verso l’alto della membrana freno-

esofagea durante i movimenti cranio-caudali dell’esofago che si ripetono nel

corso della deglutizione e alla notevole spinta verso l’alto prodotta dalla

pressione intraddominale. L’unica differenza essenziale nella genesi di un’ernia

paraesofagea da un’ernia da scivolamento è il risparmio della fissazione

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posteriore del cardias alla fascia preaortica al legamento arcuato mediano.

Attraverso un deterioramento in più stadi di queste strutture chiave si costituisce

un difetto anteriore dello iato e si sviluppa un’ernia mista (tipo III). Le ernie

paraesofagee sono comunemente associate ad una rotazione di 180° dello

stomaco attorno al suo asse longitudinale che porta ad una modificazione

dell’orientamento della parete anteriore e posteriore del corpo gastrico.

Patogenesi della MRGE

a) Forma idiopatica

b) Forme secondarie:

Obesità

Malattie endocrino-metabolich (Diabete-Mellito; Ipotiroidismo)

Collagenopatie (Sclerodermia; LES)

Neuropatie Viscerali

Neuropatie Sistemiche

Malattie dell’Apparato Respiratorio (Asma)

Stati Ipersecretivi (Sindrome di Zollinger-Ellison)

Interventi chirurgici

Farmaci

Gravidanza

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CCAAPPIITTOOLLOO IIIIII

PPRREESSEENNTTAAZZIIOONNEE CCLLIINNIICCAA

La malattia da Reflusso Gastro-Esofageo si estrinseca clinicamente attraverso

sintomi e modalità di presentazione molto diversi tra loro; peraltro è possibile

anche un reflusso asintomatico, diagnosticato in genere a posteriori dopo il

brusco esordio di una esofagite complicata. Mentre alcuni sintomi, come la

pirosi ed il rigurgito, inducono paziente e medico a sospettare la presenza di un

reflusso, altri, come il dolore toracico o la tosse, sono indubbiamente più

generici, essendo attribuibili anche a numerose altre condizioni cliniche. Sorge

allora la necessità di quantificare il peso clinico che differenti sintomi, sia

singolarmente che in associazione tra loro, possono avere sia nell’approccio

diagnostico alla malattia da reflusso che nel riconoscimento di altre patologie.

SINTOMI TIPICI

PIROSI

E’ indubbiamente il sintomo più frequente in presenza di malattia da reflusso,

ma solo il 50% dei pazienti ne riferisce la presenza. Inoltre, è un sintomo

comune nella popolazione generale e pertanto la sua specificità è bassa. Viene

descritto come sensazione di bruciore, spesso dolorosa, a volte intollerabile, che

si irradia in genere in sede retro sternale propagandosi, dalla sua porzione

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xifoidea, verso l’alto, verso il giugulo; a volte raggiunge la gola e la bocca ed in

questi casi è frequente l’associazione con un rigurgito di materiale liquido,

acidulo o amarognolo. In genere si presenta in fase postprandiale, a volte

soltanto in seguito a pasti copiosi, verosimilmente per una eccessiva distensione

gastrica, ma più spesso dopo i pasti regolari. Può comparire anche in

conseguenza di movimenti che aumentino la pressione intra-addominale (colpi

di tosse, Manovra di Valsalva, flessione anteriore del busto).

RIGURGITO

Il termine rigurgito indica la percezione di flusso spontaneo o provocato del

contenuto gastrico all’esofago e all’orofaringe, che si produce in assenza dei

fenomeni muscolari estrinseci del vomito. Frequentemente compare in

clinostatismo e durante l’antiflessione del corpo. Non è di regola accompagnato

da nausea, conati, né contrazioni addominali.

SINTOMI ATIPICI

DISFAGIA

E’ un sintomo molto frequente fra i pazienti con malattia da reflusso e consiste

nella sensazione di un rallentamento o di un completo arresto del cibo durante il

transito verso lo stomaco. Alla sua genesi possono contribuire sia disordini

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funzionali che danni anatomici. Questi ultimi sono rappresentati da stenosi

peptiche, anelli della porzione inferiore dell’esofago e dai carcinomi.

ODINOFAGIA

In corso di malattia da reflusso il dolore alla deglutizione non è particolarmente

frequente; la sua comparsa deve essere però considerata con molta attenzione

dato che essa può essere dovuta ad una disfunzione motoria, ma anche ad una

complicanza severa, quale una neoplasia.

DOLORE TORACICO

Circa il 20-30% di pazienti con dolore anginoso più o meno tipico hanno una

coronarografia normale e per loro viene posta diagnosi di dolore toracico da

causa non precisata. In realtà si tratta verosimilmente di reflusso (causa più

frequente di dolore toracico nei soggetto con coronarografia negativa).

Bisogna,inoltre, tenere sempre presente che la malattia da reflusso può coesistere

con quella coronarica.

Altri sintomi minori, con i quali a volte esordisce il quadro clinico, sono la

scialorrea e la raucedine.

I soggetti con reflusso gastro esofageo hanno un elevato rischio di andare

incontro a manifestazioni cliniche coinvolgenti altri organi od apparati, con un

livello di gravità molto variabile, ma che in alcuni casi può essere tale da

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condurre all’exitus. Le manifestazioni più comuni sono: l’asma, la polmonite ab

ingestis, la laringite cronica, la raucedine, la tosse cronica.

SINTOMI EXTRA-ESOFAGEI

SERIOUS SLEEP DISTURBANCES

Pazienti con MRGE riferiscono risvegli frequenti durante il riposo notturno o

presentano difficoltà nell’addormentamento a causa della loro sintomatologia. I

sintomi peggiorano in decubito supino.Pazienti con MRGE riferiscono risvegli

frequenti durante il riposo notturno o presentano difficoltà

nell’addormentamento a causa della loro sintomatologia.

Sintomi dell’Apparato Respiratorio (Tosse cronica, Asma)

La patogenesi delle manifestazioni respiratorie è complessa. Due ipotesi sono

state chiamate in causa per spiegare l’insorgenza di sintomi respiratori nei

pazienti con MRGE:

a) Microaspirazione di contenuto gastrico che, refluito nel laringe, passa

all’interno dei bronchi dove causa un danno alle mucose per effetto dell’azione

lesiva dell’acido o degli enzimi;

b) Broncospasmo mediato da un riflesso neuronale attivato dall’esposizione

della mucosa esofagea all’acido.

Va anche tenuto presente che nel paziente asmatico, l’asma stessa, in virtù del

gioco delle variazioni delle pressioni endo-toraciche, endo-addominali e

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dell’attività diaframmatica, può per sé scatenare un episodio di reflusso che a sua

volta contribuisce al broncospasmo. Un origine prettamente esofagea dell’asma

va sospettata nel paziente con sintomatologia prettamente notturna.

La tosse cronica, definita come tosse persistente da oltre 8 settimane, è causata

da MRGE nel 20% dei casi. [ 25;26 ]

Criteri per associare la Tosse cronica alla MRGE:

a) Tosse cronica >8 settimane

b) Pz non sottoposto a terapia con ACE-Inibitori

c) Pz non fumatore nè esposto a antigeni ambientali irritativi

d) Rx torace negativa

e) Esclusione (in seguito di appropriati accertamenti diagnostici), di:

Asma Allergica, Bronchite Eosinofila, Rinite Allergica

Altre manifestazioni polmonari associate a MRGE (di riscontro

occosionale):

a) Fibrosi Polmonare Idiopatica

b) Bronchite Cronica

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c) Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO)

d) Polmonite ab ingestis

e) Ascesso Polmonare

f) Bronchiectasie

Sintomi Otorinolaringoiatrici ( Otalgia, Disfonia, Raucedine)

I sintomi orofaringei risultano essere più frequenti di quanto si ritenga

comunemente, tanto che circa il 25% dei pazienti con MRGE riferisce soltanto

questo tipo di sintomatologia. [26]

Manifestazioni laringee della MRGE

Laringite cronica

Ulcere e granulomi delle corde vocali

Bisogno frequente di “schiarirsi la voce”

Manifestazioni orofagingee della MRGE

Raucedine Scialorrea

Dolenzia Cervicale Globo Faringeo

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Lesioni Dentarie Otite Media

Odinodinia

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CCAAPPIITTOOLLOO IIVV

CCOOMMPPLLIICCAANNZZEE

Le complicanze che si possono osservare sono:

a) Stenosi peptiche: tipiche dei pazienti anziani, sono la complicanza più

frequente della MRGE con esofagite e rappresentano circa l’80% delle stenosi

esofagee benigne. La presenza di stenosi si correla abbastanza bene con la durata

dell’esofagite e la severità del reflusso acido-obiettivabile con la pH-metria. La

stenosi peptica si forma per la sostituzione del tessuto muscolare delle pareti

esofagee con tessuto fibroso non distendibile e il sintomo più comune che ne

deriva è la disfagia da ostacolo meccanico e funzionale dal passaggio del bolo;

b) Emorragia: in presenza di esofagite è frequente il riscontro di anemie

sideropeniche dovute allo stillicidio cronico di sangue che la condizione

patologica comporta. Emorragie massive che necessitano di trattamento

endoscopicoe/o chirurgico sono invece più rare, interessando circa il 2% dei

pazienti con esofagite. L’ipotesi patogenetica dell’emorragia in corso di

esofagite è quella dell’assottigliamento della tonaca mucosa indotto dal reflusso

acido con erosione del plesso vascolare contenuto nelle protuberanze papillari.

In presenza di un’ulcerazione, inoltre, possono essere compromessi vasi di

maggior calibro, con maggior probabilità di sanguinamento importante. E’

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comunque raro che le emorragie peptiche siano di maggior gravità dei

sanguinamenti gastroduodenali.

c) L’esofago di Barrett: è un disordine caratterizzato da una sostituzione

del normale epitelio squamoso pluristratificato dell’esofago distale con un

epitelio metaplastico di tipo colonnare. Questa metaplasia rappresenta una

condizione di rischio per lo sviluppo di displasia e conseguentemente di

adenocarcinoma dell’esofago distale e della giunzione esofago gastrica.

Si definisce Long-Barrett il segmento metaplastico la cui estensione, a partire

della Sfintere Esofageo Inferiore è >3 cm; in caso di estensione <3 cm, si parla

di Short-Barrett. Al di sotto del centimetro di estensione, si definisce Ultrashort-

Barrett o Barrett giunzionale.

La prevalenza dell’esofago di Barrett è stimata intorno al 3-7% in pazienti che si

sottopongono ad esame endoscopico a causa di frequenti sintomi da reflusso;

d) Adenocarcinoma esofageo e della giunzione esofago-gastrica:

numerosi studi in letteratura documentano che il reflusso gastro esofageo ne

rappresenta uno dei maggiori fattori di rischio. Il rischio neoplastico incrementa

in maniera direttamente proporzionale con la durata e la severità dei reflusso: la

possibilità di sviluppare canro sarebbe stimata circa 8 volte maggiore in soggetti

con storia clinica di reflusso superiore ai 5 anni e frequenza di pirosi e/o

rigurgito settimanale. Inoltre il reflusso, se associato ad ernia iatale, esofagite e/o

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ulcera esofagea e disfagia determina un ulteriore incremento del rischio da 2 a 4

volte.

Studi in vitro hanno investigato la patogenesi del danno diretto da reflusso acido.

In particolare è stato dimostrato che nel breve intervallo di tre minuti, dopo

un’esposizione acida intermittente, le cellule esofagee mostrano l’attivazione di

meccanismi proliferativi e anti-apoptotici; [27]

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CCAAPPIITTOOLLOO VV

DDIIAAGGNNOOSSTTIICCAA CCLLIINNIICCAA--SSTTRRUUMMEENNTTAALLEE DDEELL

RREEFFLLUUSSSSOO GGAASSTTRROO--EESSOOFFAAGGEEOO

Manometria esofagea

La manometria esofagea, introdotta da oltre un secolo ha consentito negli ultimi

30 anni, soprattutto dopo l’introduzione della pompa d’infusione a bassa

compliance, del sensore “a manicotto” per le aree sfinteriali e dei trasduttori

intraluminali con possibilità di registrazione per 24 ore, un considerevole

progresso delle cognizioni della fisiopatologia della motilità esofagea.

La Manometria Esofagea viene eseguita per studiare la fisiopatologia esofagea

attraverso la valutazione della pressione intraesofagea nei vari settori del suo

lume.

Tale esame pernette la valutazione dei quadri clinici di disfagia, di reflusso

gastro-esofageo (GERD/MRGE) o di altre patologie delle vie

gastroenterologiche superiori.

L'esame dura circa 30-40 minuti, e viene svolto solitamente in modalità

ambulatoriale. Non è possibile eseguire sedazione (ad es., con benzodiazepine),

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perché, oltre ad essere necessaria la collaborazione del paziente durante tutto

l'esame, l'effetto miorilassante della sedazione interferirebbe con la motilità

esofagea che è l'oggetto di studio.

Il paziente, a digiuno, riceve una blanda anestesia topica nelle coane nasali,

attraverso la quale viene inserito delicatamente un sottilissimo catetere, che

viene spinto in rinofaringe e quindi in orofaringe. A questo punto, il catetere

viene sospinto in esofago attraverso lo sfintere esofageo superiore (SES); il

passaggio, che nella maggior parte dei casi crea un certo fastidio (conati dovuti

ai riflessi ipofaringei), viene spesso facilitato attraverso la suzione di piccoli

sorsi d'acqua tramite una cannuccia. Una volta entrato il catetere in esofago, il

fastidio diminuisce notevolmente. Il catetere viene fatto scendere fino allo

sfintere esofageo inferiore (SEI), e poi ritratto leggermente fino a identificare il

punto di variazione della pressione intraesofagea (linea Z). A questo punto il

paziente viene fatto stendere su un lettino, ed inizia la valutazione. Attraverso le

rilevazioni del catetere, continuamente registrate da un computer, vengono

valutate le anomalie motorie e pressorie, la propagazione delle onde di peristalsi,

etc. La valutazione viene effettuata facendo eseguire al paziente una serie di

deglutizioni secche (a vuoto), o umide (piccoli sorsi d'acqua, assunti tramite una

cannuccia), che permettono lo studio dettagliato delle varie fasi della motilità di

tutti i settori esofagei. Al termine dell'esame il paziente viene fatto sedere ed il

catetere estratto delicatamente. A questo punto il paziente può riprendere la sua

normale attività lavorativa, senza alcun problema. Nelle ore seguenti può

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occasionalmente manifestarsi una leggera congestione nasale, o una leggerissima

algia faringea di breve durata.

INDICAZIONI:

Pazienti con disfagia, dopo aver escluso l'esistenza di patologia organica

e per formulare diagnosi di patologia motoria esofagea (acalasia, SED etc.).

Pazienti con dolore toracico, dopo aver escluso l'origine cardiopolmonare e

dopo aver effettuato indagini morfologiche esofago-gastriche (Rx, endoscopia).

Pazienti con malattie sistemiche (es. collagenopatie) in cui si voglia

stabilire l'esistenza di un interessamento esofageo (patologia multiorgano).

Pazienti con GERD, come completamento delle indagini in previsione

dell'intervento chirurgico antireflusso.

Pazienti in cui è necessario posizionare un catetere intraesofageo (es. sonda

pH-metrica) che necessiti di una precisa allocazione rispetto alle aree sfinteriali.

CONTROINDICAZIONI

Assolute:

Stenosi od ostruzione della faringe o dell'esofago superiore.

Patologie cardiache in cui sia controindicata una stimolazione vagale.

Coagulopatie gravi e non controllate.

Non compliance del paziente.

Relative:

Tumori o ulcere dell'esofago.

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Grosse varici esofagee.

Grossi diverticoli esofagei o crico-faringei.

pH-METRIA ESOFAGEA DELLE 24 ORE

La pH-metria ambulatoriale, introdotta da quasi 30 anni per la diagnostica della

MRGE in analogia alla registrazione prolungata dell’ECG è risultata di grande

importanza soprattutto nell’individuare le forme con sintomi atipici e nel

verificare l’efficacia della terapia. Un incremento dell’accuratezza si è ottenuto

con l’utilizzo di più elettrodi (ad es., l’area sotto la curva e la correlazione con i

sintomi).

La MRGE ha sempre destato molto interesse fra i patologi e i fisiopatologi.

Usufruendo delle nozioni di base derivanti dagli studi fisiologici, Spencer

descrisse nel 1969 la tecnica di registrazione prolungata del pH esofageo. Nel

1974 Johnson e De Meester studiarono volontari sani registrando per 24 ore il

pH endoesofageo. Questi primi studi hanno introdotto il concetto fondamentale

di "reflusso fisiologico", cioè presente normalmente negli individui sani,

stabilendo il limite "soglia" alla diagnostica della MRGE. La pHmetria delle 24

ore ha quindi dato al Clinico lo strumento essenziale alla diagnosi della MRGE.

È universalmente accettato che il danno alla mucosa esofagea si realizza tutte le

volte che il pH esofageo scende a valori inferiori a 4.

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Il punteggio di De Meester è la metodica d'interpretazione dei dati pHmetrici

maggiormente utilizzata fino ad oggi. Questa si basa sulle sei classiche variabili

esofagee, e cioè:

la percentuale di tempo totale di reflusso a pH < 4 (T.T.R.).

il numero di reflussi sotto la soglia di pH 4.

la durata del reflusso più lungo.

il numero dei reflussi < 4 con durata superiore a cinque minuti.

la percentuale di tempo in posizione supina con pH < 4.

La percentuale di tempo in posizione eretta con pH < 4.

Il punteggio viene valutato con una formula che dipende dalle deviazioni

standard di ognuna di queste variabili per ogni valore normale (Johnson-

DeMeester); i valori di riferimento usati da De Meester sono stati ricavati da

persone adulte asintomatiche. Questo punteggio risulta superiore a 18 nei

pazienti con MRGE. Le maggiori obiezioni che vengono mosse allo score di De

Meester consistono nel fatto che questo punteggio manca di relazione con la

prognosi e con il grado di esofagite. Sono stati perciò ricercati dei parametri che

non esprimessero esclusivamente la durata del tempo di esposizione acida

dell'esofago, ma che ci informassero anche sul valore di pH raggiunto

nell'esofago: si sono cercati cioè, dei valori bidimensionali indice di durata e

profondità dell'insulto acido. Questi nuovi parametri sono rappresentati dal:

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integrale di pH;

integrale di H+

la percentuale dei reflussi brevi;

la pendenza media di rientro;

la permanenza percentuale in zone di pH.

Tra questi parametri l'integrale di pH < 4, il così detto A.U.C. (Area Sotto la

Curva) è quello più studiato in quanto sembra avere una correlazione diretta con

la presenza di esofagite nel senso che un elevato valore di A.U.C. si ritrova nei

pazienti reflussori con esofagite, al contrario i pazienti con un elevato T.T.R. non

sempre hanno un'elevata incidenza di esofagite. La percentuale dei reflussi brevi

e la pendenza di rientro sono dei parametri che ci danno delle indicazioni sulla

capacità di clearance dell'esofago, una percentuale di reflusso breve superiore al

60% è indice di una buona clearance.

LA DIAGNOSTICA PER IMMAGINI NELLO STUDIO

DELL’ESOFAGO

L’esofago è per lo più oggetto di studio radiologico “mirato” solo allorquando la

sintomatologia clinica del paziente (disfagia, bruciori, dolore retro sternale), induce

a rivolgergli primitivamente l’attenzione. Di norma, però, è oggetto di studio “di

passaggio” nel contesto di indagini volte a patologie gastriche o duodenali. Anche

in questo caso, comunque, è buona norma non sottovalutare quest’organo, nel

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quale la presenza di patologie più o meno gravi, possono, ad uno stadio iniziale,

non essere accompagnate da sintomi se non in fase avanzata.

Lo studio dell’esofago a fini morfologici può essere realizzato mediante Rx

Esofago con Bario.

RX ESOFAGOGRAMMA IN TRENDELENBURG

Nelle esofagiti medie e severe è ricco di segni indicativi. Difatti mostra:

Ridotta distensibilità dell’esofago;

Ispessimento delle pliche longitudinali (indicative di flogosi della mucosa, di

edema sottomucoso);

Scomparsa dell’aspetto liscio della superficie mucosa;

Aspetto granulare della mucosa, sollevata a mò di pomfo ( indicativo di edema,

flogosi);

Presenza di essudato infiammatorio che tende a rapprendersi in vere e proprie

pseudomembrane, talora di grandi dimensioni;

Erosioni ed ulcere piatte multiple, a chiazza o a strie serpiginose;

Ulcere vere e proprie (cratere ulceroso profondo), in cui il processo ulcerativo si

diffonde in maniera continua;

Reflusso del mezzo di contrasto, eseguendo l’esame in posizione Trendelenburg.

Modalità di esecuzione dell’esame:

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Il paziente, digiuno, eventualmente medicato con ipotonizzanti , inizialmente in

stazione eretta, viene invitato a ingerire, con l’aiuto di 5-10 ml di acqua, una

dose di polveri effervescenti. Il gas distende il lume esofageo. Si fanno quindi

ingerire rapidamente 50-100 ml di soluzione di solfato di Bario a elevata

concentrazione e bassa viscosità, sì da indurre un vernicia mento a strato sottile e

uniforme della mucosa esofagea. Si assumono quindi radiogrammi mirati nelle

proiezioni oblique (onde dissociare proiettivamente l’esofago dalla colonna

vertebrale e dal cuore).

Questo esame risulta essere fondamentale anche per lo studio funzionale della

giunzione esofago-gastrica. Difatti, eseguendo l’Rx in posizione Trendelenburg

possono mostrare il reflusso del mezzo di contrasto dallo stomaco all’esofago.

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L’ENDOSCOPIA DIGESTIVA

L’endoscopia digestiva è stata sperimentata per oltre 200 anni, ma solamente

l’introduzione, nella metà del ventesimo secolo, dei gastroscopi semirigidi ha

segnato l’inizio della moderna era endoscopica. Da allora enormi passi avanti

nella tecnologia endoscopica hanno portato a radicali cambiamenti nella

diagnosi e nel trattamento di molte patologie del tratto gastroenterico. Innovativi

strumenti endoscopici e nuove modalità di trattamento continuano ad ampliare il

campo di applicazione dell’endoscopia nella cura del paziente.

Gli endoscopi flessibili forniscono o un’immagine ottica (trasmessa attraverso

fasci di fibre ottiche), o un’immagine video-elettronica (prodotta da un congegno

miniaturizzato posto sulla punta dell’endoscopio). I controlli dell’operatore

permettono la deflessione dell’estremità dell’endoscopio; i fasci di fibre ottiche

portano la luce alla punta dell’endoscopio e i canali laterali di servizio

permettono il lavaggio, la suzione e l’introduzione di vari strumenti operativi.

Progressivi cambiamenti nel diametro e nella rigidità degli endoscopi hanno

migliorato la tolleranza dei pazienti all’endoscopia.

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EsofagoGastroDuodenoscopia (EGDS)

L’endoscopia con strumento flessibile ha largamente sostituito l’esofagoscopia

con tubo rigido, poiché essa fornisce una migliore visualizzazione, è meno lesiva

e permette un concomitante esame dello stomaco. Con

l’EsofagoGastroDuodenoscopia si fa passare l’endoscopio flessibile, attraverso

la bocca, nell’esofago, nello stomaco e nel bulbo duodenale. A livello gastrico,

eseguendo la manovra di retroversione è possibile ispezionare l’orifizio cardiale

che non è accessibile all’endoscopio rigido. Quest’ultimo è ancora utilizzato nei

seguenti casi:

rimozione di corpi estranei;

necessità di ottenere prelievi bioptici di grosse dimensioni quando non sia

possibile definire una diagnosi istologica sulla base di biopsie più minute e più

superficiali di quelle ottenute con la tecnica a fibre ottiche.

L’esofagogastroduodenoscopia deve essere proposta in tutti i pazienti che

presentino disfagia o altri sintomi specifici.

Essa fornisce utili informazioni nei casi di esofagite, indicandone la gravità o la

presenza di complicanze, e ne permette una classificazione in stadi, evenienza

possibile solo grazie alla visualizzazione diretta della mucosa esofagea (che solo

l’esame endoscopico è in grado di fornire). È inoltre di fondamentale importanza

nell’identificazione di neoplasie esofagee. Ma soprattutto, l’endoscopia permette

di eseguire biopsie, che sono strettamente necessarie nei seguenti casi:

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per dimostrare alterazioni istologiche caratteristiche o suggestive di esofagite

in pazienti sintomatici ed in cui l’aspetto macroscopico della mucosa sia solo

lievemente alterato o addirittura normale;

per differenziare l’origine peptica o neoplastica di una lesione sospetta, come

un’ulcera o una stenosi;

per diagnosticare con certezza una metaplasia di Barrett.

È importante sottolineare che il riconoscimento di quest’ultima condizione

imporrà di seguire nel tempo il paziente con controlli endoscopici ed istologici,

al fine di sorprendere precocemente un’eventuale trasformazione neoplastica o

alterazioni istologiche di significato francamente precanceroso come la

displasia.

L’endoscopia va sempre eseguita anche nei casi di disturbi motori

apparentemente solo funzionali per accertare che la discinesia non sia, come può

accadere, un epifenomeno di una neoplasia radiologicamente occulta. Essa è,

inoltre, di particolare utilità dopo interventi chirurgici, quando il reperto

radiologico è spesso di difficile interpretazione.

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CCAAPPIITTOOLLOO VVII

TTEERRAAPPIIAA

Gli scopi della terapia medica della MRGE sono i seguenti:

a) alleviare i sintomi;

b) favorire la cicatrizzazione delle lesioni esofagitiche;

c) prevenire le complicanze;

d) modificare la storia naturale della malattia.

Alleviare i sintomi risulta essere uno punti cardine nello scopo della terapia. Uno

studio recente condotto in una popolazione di 6215 pazienti ha dimostrato che la

Quality of Life in pazienti affetti da Malattia da Reflusso Gastro-Esofageo è

paragonabile a quella dei pazienti affetti da patologie debilitanti e croniche come

quelle cardiovascolari, Diabete Mellito o Malattia Ipertensiva.

Essa consiste, in primo luogo, in misure di ordine Igienico-dietetico (VEDI

DIETA E STILE DI VITA), e, successivamente, nell’adozione di una terapia

farmacologica mirante a ridurre il reflusso acido. (VEDI TERAPIA

FARMACOLOGICA).

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Dieta e Stile Di Vita

Innanzitutto è consigliabile raggiungere o mantenere un peso corporeo corretto

per ridurre i rischi di malattia da reflusso. È bene evitare di mangiare troppo

tardi alla sera o di fare spuntini durante la notte, perché questo può favorire il

fenomeno del reflusso di acido nelle ore notturne, quando si assume la posizione

sdraiata.

Sono da preferire gli alimenti poveri di grassi (pane, pasta, riso,

patate, verdure, frutta, carni magre, latte e yogurt scremati) mentre

vanno evitati i cibi che possono favorire il rilasciamento dello

sfintere esofageo inferiore (fritture, carni e formaggi grassi, panna,

salse e condimenti ricchi di burro) oltre a bevande alcoliche,

menta, aglio e cipolla.

È consigliabile limitare gli alimenti che possono irritare la mucosa dell'esofago:

agrumi e relativi succhi, pomodoro e succo di pomodoro, caffè, cioccolato, tè,

coca cola e bevande gassate in genere, menta piperita.

Meritano di essere ricordate alcune piccole regole igieniche, per esempio:

non sdraiarsi subito dopo il pasto ed evitare attività che comportano una

posizione prolungata di flessione in avanti (per esempio, il giardinaggio);

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non andare a dormire prima che siano trascorse almeno due-tre ore dal pasto;

sollevare il letto di 10-15 centimetri dalla parte in cui si appoggia la testa;

evitare gli indumenti troppo stretti in vita.

Terapia medica

Caratteristiche dei farmaci maggiormente utilizzati:

Antagonisti dei recettori H2 dell’istamina

Gli antagonisti dei recettori H2 bloccano in maniera competitiva il recettore

istaminico localizzato sulla cellula parietale( alla cui attivazione segue l’aumento

delle concentrazioni intracellulari dell’AMP-ciclico che porta all’attivazione

finale della Pompa Protonica), riducendo la secrezione acida basale. L’effetto è

maggiore sulla secrezione acida notturna, minore sulla secrezione stimolata dal

pasto o dall’attivazione vagale. Gli antagonisti dei recetto istaminici H2

maggiormente utilizzati nella pratica clinica per la terapia della MRGE, sono la

Cimetidina, Famotidina, Nizatidina, Ranitidina. [7]

Inibitori di Pompa Protonica (PPI)

Gli inibitori di Pompa Protonica disponibili per l’uso clinico comprendono

Omeprazolo, Lansoprazolo, Pantoprazolo, Rabeprazolo ed Esomeprazolo.

Raggiunta la mucosa gastrica attraverso la circolazione sistemica, questi farmaci

si accumulano all’interno dei canalicoli secretori delle cellule parietali dove, a

causa dell’ambiente fortemente acido, subiscono una conversione in un

composto (la sulfenamide), in grado di legare e di conseguenza bloccare la

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pompa protonica. A questa azione fa seguito un’inibizione marcata della

secrezione acida gastrica.

Sucralfato

Il sucralfato è un polissaccaride solfato costituito da saccarosio octasolfato

complessato con Idrissido di Alluminio. Nell’ambiente acido del lume gastrico,

l’alluminio si dissocia ed il saccarosio polimerizza dando luogo alla formazione

di un gel viscoso che si deposita sul cratere ulceroso e per mezzo di forze

elettrostatiche si lega al materiale necrotico della mucosa lesa per oltre 6 ore

dalla somministrazione. Il farmaco, quindi, forma una barriera che protegge la

mucosa dall’azione aggressiva dell’HCl e dall’azione proteolitica della pepsina.

MRGE lieve

Linee guida sottolineano l’opportunità di un primo step terapeutico rappresentato

dalle modificazioni della abitudini alimentari e dello stile di vita che, sebbene

non supportati da evidenze sulla loro reale efficacia, vengono sempre

raccomandate lungo tutto il percorso terapeutico della MRGE.

L’uso di antiacidi/arginati o antagonisti dei recettori H2 dell’istamina (anti-H2-

R) sta oggi perdendo significato anche nelle forme lievi, data la disponibilità di

farmaci più efficaci (IPP) e, almeno per quanto riguarda la realtà italiana, anche

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a costo ridotto. Diversi studi, difatti, hanno evidenziato un netto miglioramento

della sintomatologia.

MRGE severa o sintomi di allarme

Pazienti con esofagite (ERD). Gli IPP sono i farmaci di prima scelta. Una

review sistematica di 11 RCT sul trattamento empirico dimostra che, sebbene la

terapia con IPP e con anti-H2-R a breve termine (1-12 settimane) sia efficace nel

controllo dei sintomi tipici, gli IPP si sono dimostrati superiori agli anti-H2-R . Il

tasso di guarigione a 4 settimane è superiore per omeprazolo 20 mg/die e 40

mg/die , rispetto a ranitidina 300 mg/die e ranitidina 600 mg/die. Esomeprazolo

40 mg die favorisce la guarigione a 4 settimane in maniera maggiore di

omeprazolo 20 mg die. Nessuna differenza per quanto riguarda il beneficio

clinico tra gli altri IPP.

Pazienti con endoscopia negativa (NERD)

IPP e anti-H2-R hanno efficacia sovrapponibile. Poiché un breve ciclo di terapia

con IPP ad alte dosi riduce i sintomi ed ha valore diagnostico, gli IPP sono

raccomandati come farmaci di prima scelta. In pazienti non responsivi agli IPP è

necessario approfondimento diagnostico con pH-metria delle 24 ore. Se

negativa, devono essere prese in considerazione diagnosi diverse dalla MRGE (a

parte i casi con reflusso acido minimo o con reflusso alcalino),quali la pirosi

funzionale o le anomalie motorie.

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Terapia di mantenimento:

Circa il 90% dei pazienti con esofagite e il 44-75% dei pazienti con endoscopia

negativa presenterà una recidiva dei sintomi entro 6 mesi dalla sospensione della

terapia.Non vi sono dati solidi sull'efficacia delle modalità di terapia step-up

(IPP in mantenimento dopo terapia iniziale con anti-H2-R), step-down

(mantenimento con anti-H2-R dopo terapia iniziale con IPP) e step-in

(mantenimento della stessa categoria di farmaco alla dose efficace nella terapia

iniziale). Gli IPP sono i farmaci di prima scelta. Essi riducono il tasso di recidiva

dei sintomi e di esofagite rispetto agli anti-H2-R. Tra gli IPP, l’omeprazolo è il

farmaco maggiormente studiato. Omeprazolo sia alla dose di 20 md/die che di

10 mg/die è più efficace di ranitidina 150 mg bid a 12 mesi. Per quanto riguarda

gli altri IPP, non vi è differenza tra lansoprazolo a dose strandard (30 mg/die) e

omeprazolo 20 mg/die ne fra rabeprazolo (10 o 20 mg/die) e omeprazolo 20

mg/die a 12 mesi, mentre lansoprazolo a bassa dose (15 mg/die) si è dimostrato

meno efficace di lansoprazolo 30 mg/die, omeprazolo 20 mg/die ed

esomeprazolo 20 mg/die nel mantenimento della guarigione a 12 mesi.

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Modalità di controllo lungo termine dei sintomi

Vi sono diverse modalità che si possono ricondurre sostanzialmente a due

diversi approcci:

il trattamento giornaliero continuativo. Può essere protratto per periodi

variabili, in qualche caso per tutta la vita, adeguandolo di volta in volta alle

necessità del singolo paziente. Tale strategia è raccomandata nei pazienti con

esofagite severa (grado C e D) dove vi è anche un buon rapporto costo-efficacia.

trattamento “on demand”: il farmaco viene utilizzato ripetitivamente solo in

occasione della comparsa dei sintomi e per tutta la durata dello stesso, poi

sospeso. E’ una modalità consigliata nella MRGE lieve-moderata e nella NERD.

In alcune linee guida compaiono altre 2 modalità: il “trattamento intermittente”

(condotto per 2-4 settimane e successivamente ripreso alla ricomparsa dei

sintomi per la stessa durata e alla stessa dose che aveva indotto la precedente

remissione) che ha però minor efficacia clinica dei

precedenti.

il trattamento nel solo week-end (“week-end therapy”), che non ha

presupposti fisiopatologici e quindi va evitato.

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MRGE complicata

Anche in pazienti con MRGE complicata gli IPP sono i farmaci di prima scelta.

In pazienti con esofagite di grado ≥ 2, stenosi esofagea benigna e almeno 1

episodio di disfagia/settimana, omeprazolo 20 mg/die è superiore agli anti-H2-R

(ranitidina e famotidina) nel tasso di guarigione dell'esofagite (100% vs 53%),

nel tasso di riduzione della disfagia (94% vs 40%) e per la minor necessità di

dilatazioni esofagee (41% vs 73%).

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CCAAPPIITTOOLLOO VVIIII

EENNDDOOSSCCOOPPIICC FFUULLLL--TTHHIICCKKNNEESS PPLLIICCAATTIIOONN

Il trattamento endoscopico della MRGE è di recente introduzione ed ancora in

fase sperimentale. Esso consiste nella creazione di una plica trans murale a circa

1 cm della giunzione gastro-esofagea ( endoscopic full-thickness plication ), al

fine di ristabilire la competenza del cardias gastrico. Lo studio di Pleskow e

collaboratori [21] condotto su 64 pazienti, ha mostrato una buona riuscita

dell’intervento nel breve periodo (eliminazione della terapia medica

rappresentata da PPI dopo un periodo di 6 mesi dall’esecuzione dell’intervento),

con un miglioramento della QoL. Ma studi dimostranti la sua efficacia nel lungo

periodo non ci sono ancora noti, considerando che si tratta di una terapia

decisamente recente ed ancora per uso sperimentale.

STRUMENTI:

L’Endoscopic Plication System (EPS), è uno strumento riutilizzabile che viene

utilizzato per far passare due aghi attraverso i tessuti, nel punto desiderato, con

lo scopo di creare una plicatura. Lo strumento contiene due canali, uno per

l’inserzione del Retrattore dei tessuti, l’altro per il passaggio dell’endoscopio.

ENDOSCOPIC TISSUE RETRACTOR: L’Endoscopic Tissue Retractor

è un sistema in grado di fissare la parete gastrica ad 1cm distalmente alla

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Giunzione Esofago-Gastrica con lo scopo di creare una plicatura tra sierosa-

sierosa.

Il device è riutilizzabile, mentre l’impianto di sutura può essere utilizzato una

singola volta. Per la seguente procedura vengono utilizzati un retrattore dei

tessuti ed un Overtube standard.

PROCEDURA

Dapprima si introduce un Endoscopio per esaminare l’esofago distale e lo

stomaco. Si fa passare un filo-guida metallico attraverso l’endoscopio nel piloro.

In seguito, si rimuove l’endoscopio e si introducono, grazie al filo metallico, un

Dilatatore (54 F), ed un Overtube (60 F). Si rimuovono il dilatatore e il filo-

guida metallico, e l’EPS e l’endoscopio vengono introdotti nello stomaco.

L’overtube viene retratto in modo tale da posizionarlo prossimalmente alla

giunzione esofago-gastrica, e lo stomaco viene dilatato con aria. L’endoscopio

viene fatto avanzare e retro flettere, in modo tale da visualizzare e posizionare

correttamente lo strumento. L’EPS viene fatto retro flettere ad 1 cm di

distalmente rispetto alla giunzione esofago-gastrica, ed il retrattore tissutale

viene fatto avanzare profondamente nella parete gastrica.

In seguito, si retrae la parete gastrica nel braccio dell’EPS, con la quale viene

chiusa e suturata per fissare la full-thickness plication.

Il retrattore tissutale viene disimpegnato, così come l’impianto di sutura. L’EPS

e l’endoscopio vengono tolti, così come l’overtube.

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Immagini per via endoscopica sono state ottenute durante l’intera procedura.

TRATTAMENTO POST-INTERVENTO: Ai pazienti viene somministrato anti-

dolorifico (Acetaminofene), al bisogno per il trattamento del dolore. Per 7 giorni

i pazienti continuano ad assumere PPI, la cui somministrazione verrà poi

interrotta.[22]

CRITERI DI INCLUSIONE AL TRATTAMENTO ENDOSCOPICO:

Ernia Iatale <2 cm;

Esofagite di I-II grado;

Assenza di esofago di Barrett;

QoL ridotta per la MRGE;

Sintomatologia di pirosi e rigurgito di durata >6 mesi;

pH-metria delle 24h dimostrante un reflusso patologico (definito

come pH<4 nelle 24 h);

Manometria esofagea dimostrante una peristalsi esofagea adeguata

(definita come una contrazione media del corpo esofageo >35 mmHg)

e Pressione a riposo del LES di 5 mmHg;

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CCAAPPIITTOOLLOO VVIIIIII

TTEERRAAPPIIAA CCHHIIRRUURRGGIICCAA

INDICAZIONI AL TRATTAMENTO CHIRURGICO

La MRGE è una patologia estremamente diffusa nella popolazione occidentale.Il

trattamento medico, tuttavia, è capace di risolvere la sintomatologia nella gran

parte dei casi. Una minoranza della popolazione dei pazienti affetti da MRGE,

invece, lamenta, nonostante un trattamento medico appropriato e continuo, un

perpetuarsi della sintomatologia, oltre alla comparsa di temibili complicanze. Da

qui, l’importanza di un trattamento alternativo, efficace e tendenzialmente

risolutivo.

INDICAZIONI ASSOLUTE AL TRATTAMENTO CHIRURGICO:

Esofagite di IV grado;

Stenosi peptica esofagea;

Esofago di Barrett complicato (ulcera, stenosi);

Esogagite di III grado senza miglioramento con terapia medica;

Ulcera giunzionale senza miglioramento con terapia medica.

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INDICAZIONI RELATIVE AL TRATTAMENTO CHIRURGICO:

Esofagite di II grado senza miglioramento con terapia medica;

MRGE con complicazioni broncopolmonari e laringiti che;

MRGE associata ad Ernia Iatale e Volvolo paraesofageo;

MRGE giovanile persistente e resistente ai farmaci;

MRGE senza esofagite ma fortemente sintomatica.

CENNI STORICI E TECNICHE CHIRURGICHE

La MRGE divenne per la prima volta di interesse chirurgico nel 1951 quando

Allison capì che era necessario che la giunzione esofago-gastrica fosse in

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addome perché facesse la sua corretta funzione evitando il reflusso delle

secrezioni gastriche in esofago. Veniva compreso che la correzione dell’ernia

iatale in presenza di MRGE doveva, con un solo intervento, riuscire a correggere

le tre componenti fondamentali:

Ridurre lo stomaco, il cardias e l’esofago in addome;

Restaurare l’angolo di His per impedire il reflusso peptico;

Restringere lo iato per prevenire le recidive.

Le vie che permettevano di accedere alla regione dello iato erano due: quella

toracica e quella addominale; la toracica fu la prima ad imporsi, ma quella che

trova ancor oggi larghi consensi, è quella addominale, concretizzata quando

Nissen, nel 1956 propose la fundoplicatio totale a 360°.[ 12]

Questa tecnica chirurgica prevede quale accesso all’addome, un’incisione

mediana xifo-sottombellicale. Si seziona il legamento triangolare sinistro del

fegato e si espone il peritoneo che riveste la giunzione esofago-gastrica, il quale

viene inciso insieme ai residui della membrana freno-esofagea. Con l’aiuto del

dito indice, l’esofago viene completamento isolato insieme ai nervi vaghi e viene

passata in questo spazio una fettuccia. Si mettono 2-3 punti in seta nel pilastro

destro del diaframma, includendo il peritoneo che in parte lo riveste; questi fili

devono essere annodati senza alcuna tensione in modo da avvicinare soltanto i

margini dello iato e non lacerare le fibre muscolari estremamente fragili. Si

prepara la grande curvatura gastrica sezionando i primi 2-3 vasi brevi. Dopo aver

fatto progredire una sonda esofagea, il fondo gastrico viene fatto passare dietro

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l’esofago e viene realizzata la plastica ancorando il fondo dello stomaco da

ambedue i lati e l’esofago al centro.

Nel 1966 Rossetti, allievo di Nissen, proponeva una modifica della

Fundoplicatio del suo Maestro.

Questa tecnica differisce da quella di Nissen in quanto non prevede la

Iatoplastica e la sezione dei vasi brevi, inoltre per la realizzazione della

fundoplicatio la parete gastrica è fissata con 3 o 4 punti siero-muscolari senza

trafiggere l’esofago.

Alla tecnica di Nissen seguirono diverse varianti oltre a quella di Rossetti.

La gastropessia posteriore di Hill che, come nella Nissen, adotta la stessa via di

accesso, realizza il distacco del legamento triangolare sinistro del fegato,

l’isolamento dell’esofago e la sezione dei primi 2-3 vasi brevi. E’ a questo punto

che si sutura posteriormente lo iato senza stringere troppo e si esegue la

gastropessia posteriore con 3 o 4 staccati in seta che includono i due margini

peritoneali della piccola curva ed il legamento arcuato mediano.

Simile nella fase iniziale della Nissen è la tecnica proposta da Lortat-Jacob che

dopo la riduzione dell’ernia e la iato plastica, effettua la ricostruzione

dell’angolo di His con 3-4 punti di seta fra il margine sinistro dell’esofago e del

bordo destro del fondo gastrico e la gastropessia ponendo 3-4 punti fra l’apice

del fondo gastrico e cupola diaframmatica.

Queste tecniche si rivelarono efficaci per il controllo del reflusso ma non furono

scevre di effetti collaterali: il più importante è la “gas bloat syndrome” che

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consiste nella impossibilità di eruttare l’aria deglutita sino ad arrivare

all’impossibilità di vomitare, con la necessità in alcuni casi di dover posizionare

un sondino naso-gastrico d’urgenza.

Nascono così altre tecniche, agli inizi degli anni ’60. Dor e Toupet (1962 e

1963), [14]misero a punto una emifundoplicatio rispettivamente anteriore e

posteriore con la quale tale inconveniente fu evitato. (VEDI TECNICA

SECONDO DOR E TOUPET).

Negli Stati Uniti riscuote ancora larghi consensi la Protesi di Angelchik per la

sua semplicità di posizionamento; questa tecnica consiste in una dissezione

minima dell’esofago addominale, attorno al quale viene passata la protesi,

rappresentata da un anello in silicone di 2 cm di spessore; il suo posizionamento

viene garantito da due lacci in Dacron che, annodati sulla faccia anteriore

dell’esofago, garantiscono la chiusura della protesi ed il suo mantenimento

attorno all’esofago; è buona norma chiudere i pilastri diaframmatici per

scongiurare la migrazione dell’anello in mediastino. Questa metodica, in Europa,

non ha riscontrato consensi.

Ma la prima plastica antireflusso per via laparoscopica è stata eseguita nel 1991

grazie a Bernard Dallemagne.

L’esecuzione per via laparoscopica della plastica anti-reflusso secondo la

tecnica di Nissen riscosse immediatamente ampi consensi grazie all’accuratezza

con la quale l’anatomia della regione iatale può essere individuata e affrontata.

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Rapidamente sono state prese in esame le diverse fundoplicatio e sono state

proposte nuove tecniche o varianti:

la variante di Rossetti, anch’essa fundoplicatio completa;

le emifundoplicatio secondo Toupet e Dor, tecniche salite alla ribalta per la

facilità di esecuzione.

TECNICA SECONDO NISSEN-ROSSETTI

Preparazione del paziente

Il paziente viene operato dopo un digiuno di 12 ore, avendo praticato un clistere

evacuativo la sera dell’intervento. Nei giorni precedenti l’intervento, viene

praticato un regime alimentare senza particolari restrizioni.[3]

Strumentario chirurgico

Ottica;

Ago di Verres;

5 trocars (3 da 5 mm e 2 da 10 mm);

Pinza da presa tipo Babcock;

Aspiratore/Irrigatore;

Due pinza da presa fenestrate tipo Johann da 5 mm;

Dissettore a radiofrequenza/ultrasuoni;

Portaghi;

Retrattore esofageo;

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Fili di sutura in materiale non riassorbibile intrecciato ad annodamento

extracorporeo.

Posizione del paziente in sala operatoria

Il paziente in anestesia generale e ventilato attraverso un tubo oro tracheale, viene

posto in posizione litotomica modificata come nella colecistectomia secondo la tecnica

francese. Il tavolo operatorio viene inclinato a circa 20° in anti-Trendelenburg. Il

chirurgo si pone tra le gambe divaricate del paziente, l’aiuto alla sua destra e

l’assistente addetto all’ottica alla sua sinistra. Infine, la strumentista si pone alla destra

dell’operatore, ai piedi del paziente.La colonna laparoscopica ( monitor, fonte

luminosa, telecamera, insufflatore), è posizionata alla destra del paziente, all’altezza

della testa. La colonna endoscopica è collocata, invece, alla sua SINISTRA.

Tecnica chirurgica fundoplicatio secondo Nissen-Rossetti per via

laparoscopica

La tecnica chirurgica comprende dei tempi operatori ben standardizzati, che in sintesi,

possono essere riassunti come di seguito:

Il paziente è posto sul tavolo operatorio supino e con gli arti inferiori divaricati di 60°.

L’arto superiore sinistro viene esteso lateralmente in modo da offrire all’anestesista un

facile accesso venoso.

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Indotto lo pneumoperitoneo a 12 mmHg mediante ago di Verèss in sede

ombelicale, si procede al posizionamento di cinque Trocars: due con calibro di

10-12 mm ed i restanti tre, con calibro di 5 mm.

In un paziente normotipo, il primo trocars viene posizionato sulla linea Xifo-

ombelicale al limite fra il terzo inferiore e il terzo medio della stessa. Attraverso

questo trocars da 10-12mm transiterà durante tutto l’intervento, l’ottica

laparoscopica. Il secondo trocars, del calibro di 5 mm, viene posizionato in sede

Sotto-Xifoidea, alcuni cm a destra della linea mediana; questo trocar darà

passaggio ad uno strumento di divaricazione, retto o a curvatura variabile che,

affidato all’assistente, permetterà, grazie anche alla leva esercitata sul legamento

falciforme, di sollevare il fegato sinistro, manovra indispensabile per garantire

l’accesso visivo ed operativo alla regione dello iato esofageo.

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Il terzo trocar, da 5 mm, viene posto in sede sottocostale sinistra, sulla linea

emiclaveare: questa via sarà utilizzata prevalentemente dall’aiuto per gestire il

sistema di lavaggio – aspirazione e soprattutto per effettuare un’azione modulata

di trazione sulla parete del corpo gastrico. Il quarto trocar, da 5 mm, viene posto

in fianco destro allo stesso livello dell’ottica.

L’ultimo trocar, da 10-12 mm, viene posizionato in fianco sinistro, alcuni

centimetri sopra la linea ombelicale trasversa. Gli ultimi due trocars

rappresentano i veri e propri accessi operativi gestiti bi manualmente dal

chirurgo nel corso dell’intervento.

La prima fase dell’intervento prevede l’apertura del piccolo omento con

l’eventuale ausilio della coagulazione bipolare (durante tale manovra bisogna

porre particolare attenzione alla eventuale presenza di una arteria epatica sinistra

accessoria), così da visualizzare il pilastro diaframmatico destro; si procede poi

alla liberazione dello iato fino ad esporre il versante mediale del pilastro sinistro;

la dissezione si completa, infine, liberando l’angolo di His.

Successivamente, si passa alla liberazione dell’esofago; durante tale tempo il

nervo vago posteriore deve essere visualizzato e lasciato cadere su un piano

posteriore rispetto alla dissezione. Queste manovre espongono al rischio di

aprire accidentalmente la pleura mediastinica; evenienza questa che deve essere

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prontamente riconosciuta dall’anestesista e rapidamente trattata con il

posizionamento di un trocar in torace per drenare il pneumotorace.

Isolato completamente l’esofago, si procede al “test” di passaggio della valva

gastrica sotto l’esofago terminale: la sua retrazione spontanea impone il “tempo”

sui vasi brevi. La sezione dei vasi brevi contenuti nel legamento gastro-splenico

viene eseguita di principio con la pinza bipolare. Questa manovra, nella

fundoplicatio secondo Nissen, garantisce una trazione non eccessiva sul fondo

gastrico, così da evitare la rotazione in senso orario dell’asse longitudinale

dell’esofago con conseguenti ripercussioni sulla funzionalità della giunzione

esofago-gastrica.

Verificata la fattibilità di una Floppy-fundoplicatio, si confeziona una iato-

plastica posteriore mediante uno o due punti di sutura ad annodamento extra-

corporeo. La cravatta gastrica, dell’altezza di tre centimetri, viene confezionata

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anch’essa a punti staccati, con annodamento extra-corporeo, calibrata su sonda

esofagea da 40 f. Il filo utilizzato è in polipropilene con ago curvo. Il primo

punto aggancia l’estremità superiore sinistra del fondo gastrico, l’estremità

superiore del versante destro del fondo gastrico e, infine, il pilastro destro del

diaframma. Il secondo punto interesserà il fondo gastrico a sinistra ed il fondo

gastrico a destra. In modo del tutto analogo si procederà col terzo punto. Questa

tecnica non richiede la trasfissione dell’esofago; un eventuale quarto punto

interesserà il fondo ed il corpo gastrico (Variante di Rossetti).

L’intervento termina dopo un’attenta verifica dell’emostasi. Nessun drenaggio

viene lasciato solitamente nel cavo addominale.

FUNDOPLICATIO PARZIALE: PLASTICA SECONDO DOR E

TOUPET

Quando la motilità esofagea è scarsa (peristalsi < 60% o ampiezza esofagea

distale <30 mmHg ), si dovrebbe eseguire una fundoplicatio parziale per

prevenire l’ostruzione da bolo in esofago.

La dissezione iniziale è la stessa.

Se si preferisce eseguire una plastica anteriore ( tipo Dor ), non vi è necessità di

sezionare le connessioni esofagee posteriori. La plastica sec. Dor sono state

create con il fondo posto sopra la faccia anteriore esofagea e sono ancorate allo

iato ed all’esofago come nella plastica a 360° sec. Nissen-Rossetti. L’esperienza

con questo tipo di plastica anti-reflusso è limitata nei pazienti con MRGE, in

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quanto le principali indicazioni a questo tipo di intervento risiedono

principalmente nei pazienti affetti da Acalasia.

Se si esegue una Plastica Posteriore secondo Toupet, l’intera dissezione esofagea

è sovrapponibile a quella descritta per la plastica a 360°, con eguale

riavvicinamento diaframmatico. La ricostruzione della Fundoplicatio posteriore

è iniziata passando il fondo posteriormente all’esofago da sinistra a destra. La

fundoplicatio è stata creata ancorando il fondo posteriormente ai pilastri ed

all’esofago. Le suture più prossimali della plastica includono tutte e tre le

strutture, fondo, pilastri ed esofago. La plastica è ancorata posteriormente ai

pilastri con due o tre suture. Il fondo è suturato all’esofago lungo gli spazi

antero-laterali, creando una plastica di 225°/250°.[3;10;14]

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CCAAPPIITTOOLLOO IIXX

CCOOMMPPLLIICCAANNZZEE DDEELLLLAA TTEECCNNIICCAA CCHHIIRRUURRGGIICCAA

NNIISSSSEENN--RROOSSSSEETTTTII

La plastica antireflusso secondo Nissen per via laparoscopica è una metodica che

sta prendendo larga diffusione per la sicurezza della procedura in termini di

morbilità e mortalità. Le complicanze che possono insorgere in seguito a tale

procedura sono:

Erniazione trans diaframmatica (wrap migration): evenienza particolarmente

rara (la letteratura ne riporta un’incidenza tra il 7-20%). Si manifesta con dolore

retrosternale acuto. La strategia utilizzata da diversi centri per ridurre l’incidenza

della Wrap Migration consiste nella saturazione routinaria dello iato (in

particolare, riparazione della porzione posteriore crurale), una buona analgesia

post-operatoria e terapia anti-emetica; può comparire sia nel post-operatorio

precoce, che dopo diversi mesi dall’intervento.

Wrap Ischemia con perforazione: complicanza rara, riscontrata in letteratura

soprattutto in soggetti anziani con arteriopatia, o in seguito ad assunzioni

importanti di alcool dopo poche settimane dall’intervento. Diagnosticabile

attraverso Rx-Diretta Addome in urgenza e TC-scan, che mostrerà la Wrap

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migration e la perforazione gastrica. L’intervento, in emergenza, consiste in

gastrectomia parziale.

Perforazioni del tratto GastroEnterico: La perforazione dell’esofago e dello

stomaco costituisce una grave complicanza di questo tipo di chirurgia con

un’incidenza, per la chirurgia Laparoscopica (2,1%) 2 volte superiore a quella

della tecnica chirurgica tradizionale “open”(1,1%), ed una mortalità del 26%. Le

cause possono essere ascrivibili a:

1- Perforazione dell’esofago durante la sua mobilizzazione;

2- Perforazione dello stomaco per eccessiva trazione del viscere o per uso di

un inappropriato strumento da presa;

3- Passaggio del dilatatore intraesofageo o del SNG.

Il trattamento sarà determinato dall’entità della lesione e dal suo riconoscimento

più o meno precoce.

Disfagia post-operatoria: rara la disfagia post-operatoria assoluta.

Ricorrenza del Rigurgito

Ricorrenza del Bruciore: evenienza non rara, specie se considerata a lungo

termine, ma con diminuzione della sintomatologia se paragonata alla situazione

pre-operatoria ed un miglioramento della QoL del paziente.

Bloating syndrome: sensazione di ripienezza post-prandiale con distensione

addominale. L’incidenza è del 20-30%, ma in meno del 4% dei casi residua dopo

2 mesi dall’intervento. Evenienza molto più frequente quando si utilizza la

tecnica “open”, rispetto alla via laparoscopica.

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Pneumotorace: evenienza rara, causata da un veloce assorbimento della

CO2, introdotta per creare il pneumoperitoneo, da parte della cavità pleurica.

Enfisema chirurgico e pneumomediastino: complicanza abbastanza comune,

difficilmente riconoscibile per la di segni e sintomi patognomonici. E’,

all’esordio, solitamente palpabile nell’area sopra-clavicolare di sinistra; in

seguito può divenire bilaterale ed estendersi al collo.

Embolia polmonare: L’incidenza è stimabile intorno all’ 1,8% con un

aumento di quest’ultima nella procedura per via laparoscopica rispetto alla

tecnica “open”. Le cause alla quale è ascrivibile sono: Pneumoperitoneo, la

posizione intra-operatoria Anti-Trendelemburg, l’attivazione del sistema della

coagulazione. E’ opportuno effettuare una adeguata prevenzione primaria,

mediante terapia anticoagulante pre- e post-operatoria, compressione pneumatica

intermittente e bendaggio compressivo graduato, soprattutto nei soggetti affetti

da Trombosi Venosa Profonda (TVP).

Nausea e vomito post-operatorio: trattabile con anti-emetici e, nei casi più

gravi, con Sondino-Naso-Gastrico.

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CCAAPPIITTOOLLOO XX

CCAASSIISSTTIICCAA

Questo studio retrospettivo prende in considerazione 122 pazienti affetti da Malattia

da Reflusso Gastro Esofageo ricoverati presso il UOS di Chirurgia Laparoscopica,

diretta dal Prof. Giorgio Palazzini, del Policlinico Umberto I° “La Sapienza.

Università di Roma”, nel periodo compreso tra il gennaio 1998 ed il dicembre 2008.

Di questi, 29 sono stati sottoposti a terapia medica e 93 sono stati sottoposti ad

intervento chirurgico di Plastica Anti-Reflusso per via laparoscopica.

PAZIENTI SOTTOPOSTI A TERAPIA MEDICA

I 29 pazienti erano 14 uomini, età media 58 anni (range: 25-85), e 15 donne, età

media 60 anni (range: 25-72). I pazienti venivano inviati alla nostra struttura dal

DEA di 2° livello del Policlinico Umberto I°

I pazienti sono stati valutati mediante EGDS e RX-transito esofageo.

La valutazione endoscopica ha messo in evidenenza:

In 11 pazienti (41%): Ernia Iatale in assenza di Esofagite;

In 10 pazienti ( 34%) : Esofagite di I° grado;

In 6 pazienti ( 21 %) : Esofagite di II° ;

In 1 paziente ( 3%) : Esofagite di IV° grado;

In 1 paziente: quadro endoscopico del tutto normale.

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I criteri utilizzati per candidare i pazienti alla sola terapia farmacologica sono

stati:

Sintomatologia di recente insorgenza;

Assenza di complicanze;

Esofagite di I°-II° grado all’EGDS;

Ernia Iatale di grado lieve;

Buona risposta alla terapia medica.

I pazienti sono stati trattati con Inibitori di Pompa Protonica (PPI), H2-

Antagonisti, farmaci a base di Acido Alginico con dosaggi e modalità di

somministrazione valutate per ogni singolo paziente.

PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRATTAMENTO CHIRUGICO

I 93 pazienti sottoposti a trattamento chirurgico erano 49 uomini, età media 52 anni

(range: 38-58), e 44 donne, età media 60 anni (range: 40-77).

I pazienti sottoposti a trattamento chirurgico sono stati valutati pre-operatoriamente

mediante:

Rx transito esofageo;

EGDS;

Manometria Esofagea;

pH-metria esofagea delle 24 h;

La valutazione endoscopica pre-operatoria ha messo in evidenza:

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In 62 pazienti (66%) : esofagite di I° grado

In 15 pazienti (16%) : Esofagite di I° grado associata ad ernia iatale.

In 8 pazienti (9%) : assenza di esofagite, ma presenza di una voluminosa

ernia sovra diaframmatica;

In 8 pazienti (9%) : assenza di esofagite, ma presenza di un’ernia

paraesofagea strozzata.

I criteri utilizzati per candidare i pazienti alla plastica anti-reflusso sono stati:

sintomatologia persistente o ricorrente dopo un anno di terapia

farmacologica;

comparsa di complicanze;

pH-metria delle 24h significativa per malattia da Reflusso;

manometria significativa per una alterazione a carico dello sfintere esofageo

inferiore.

Secondo la classificazione ASA, 24 pazienti (26%) appartenevano alla Classe ASA

II, mentre 69 pazienti (74%) appartenevano alla Classe ASA III.

Nella scelta del tipo di plastica anti reflusso da utilizzare, è stato importante

valutare la motilità esofagea.

I pazienti con motilità esofagea nella norma sono stati sottoposti a fundoplicatio

completa. In presenza di alterata o assente motilità esofagea, invece, si è

proceduto a emifundoplicatio.

L’intervento di prima scelta è stato una fundoplicatio completa.

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La fundoplicatio secondo Nissen è stata realizzata per via laparoscopica in 84

pazienti (90%), 41 di sesso femminile, 43 di sesso maschile mentre, in 9 casi

(10%), si è effettuata una emifundoplicatio secondo Dor.

Il confezionamento della fundoplicatio senza la preventiva sezione dei vasi brevi

è sempre eseguibile, ma deve essere preceduto dal “test” di passaggio del fondo

gastrico sotto l’esofago terminale: la retrazione rapida e spontanea della valva

deve imporre il “tempo” dei vasi brevi e, di conseguenza, la realizzazione della

procedura di Nissen invece della variante Rossetti.

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CCAAPPIITTOOLLOO XXII -- RRIISSUULLTTAATTII

PZ SOTTOPOSTI A TERAPIA MEDICA

Dei pazienti sottoposti a terapia medica nessun paziente ha avuto effetti

collaterali legati all’assunzione dei farmaci somministrati.

Dopo circa 3 settimane:

25 pazienti ( 86%), riferivano la scomparsa della sintomatologia, dei quali,15

(52%), col solo uso dei PPI e 10 (34%), previa associazione ai PPI di Acido

Alginico.

In 4 pazienti (14%), si è assistito a miglioramento della sintomatologia senza

la scomparsa di quest’ultima.

Per il miglioramento del quadro clinico, tali pazienti non sono stati sottoposti a

terapia chirurgica.

Un primo follow-up, eseguito un anno dopo, evidenziava:

In 2 pazienti ( 7%): totale scomparsa della sintomatologia e

interruzione di ogni terapia farmacologica per il trattamento della

MRGE;

In 8 pazienti (28%): scomparsa della sintomatologia ma prosecuzione

della terapia medica dovuta alla concomitante assunzione di farmci

gastro-lesivi (cardioaspirina, cortisonici), per altre patologie;

5 pazienti ( 17%), riferivano assunzione della terapia medica

saltuariamente alla ricomparsa della sintomatologia;

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7 pazienti (24%) : non hanno interrotto la terapia medica in quanto la

sua sospensione causava la ricomparsa della sintomatologia;

2 pazienti ( 7%): riferivano assunzione quotidiana della terapia ma

senza alcun miglioramento clinico;

5 pazienti (17%) : persi al follow-up.

Ad un follow-up di 10 anni, i risultati rimangono sostanzialmente immutati, eccezione

fatta per una paziente che, visto il peggioramento del quadro clinico, ha scelto

l’alternativa chirurgica.

PAZIENTI SOTTOPOSTI A TERAPIA CHIRURGICA

In tutti i pazienti candidati all’intervento chirurgico è stato possibile eseguire una

plastica antireflusso per via laparoscopica.

Il tempo operatorio medio è stato di 120 minuti (range 70-250).

Non si è assistito a mortalità peri- o intra-operatoria.

Una paziente sottoposta a Fundoplicatio secondo Nissen ha presentato in X

giornata post-operatoria, embolia polmonare, trattata con Eparina, con modalità

di somministrazione e dosaggi conformi alle linee guida per il trattamento

dell’embolia polmonare.

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Il protocollo post-operatorio ha previsto l’esecuzione in prima giornata di un

controllo radiologico del transito esofago-gastrico per valutare la posizione e la

funzionalità della valva anti reflusso e l’assenza di stenosi significative. In

presenza di esame normale è stato possibile rimuovere il sondino naso-gastrico,

sospendere la terapia infusionale e riprendere l’alimentazione.

I pazienti sono stati dimessi tra la quinta e l’ottava giornata post-operatoria.

Un mese dopo l’intervento chirurgico, i pazienti sono stati sottoposti ad un

primo controllo clinico che ha evidenziato Disfagia in 24 pazienti (26%).

Tre mesi dopo l’intervento chirurgico, una paziente ha avuto la ricomparsa dei

sintomi da MRGE, ed un Rx Esofagogramma ha notato una recidiva dell’ernia.

Per tale motivo, è stata sottoposta nuovamente a intervento.

Sei mesi dopo l’intervento chirurgico, 17 pazienti (18%), riferivano saltuari

episodi di disfagia per i cibi solidi. Tale disturbo, tuttavia, non era di frequenza

tale da compromettere la QoL dei pazienti.

A 12 mesi di distanza dall’intervento, il follow-up mostrava:

In 32 pazienti (34%) : scomparsa totale della sintomatologia;

In 7 pazienti (8%) : ricomparsa della sintomatologia caratterizzata da

pirosi, rigurgito e saltuari episodi di disfagia. In questi pazienti, alla

ricomparsa del quadro clinico, la terapia basata su PPI è stata in grado di

controllare totalmente la sintomatologia.

In 15 pazienti (16%): completa remissione della sintomatologia, eccezione

fatta per saltuari (1-2/anno) episodi di disfagia per cibi solidi;

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In 39 pazienti (42%): completa remissione della sintomatologia, ma

recidiva dell’ernia iatale di grado lieve, mostrata attraverso un controllo

endoscopico eseguito di routine. Per la totale negatività del quadro clinico,

non sono stati previsti provvedimenti terapeutici.

Ad un follow-up di 10 anni, i risultati si sono dimostrati sostanzialmente

sovrapponibili, eccezione fatta per 8 pazienti (9%), che assumono saltuariamente

PPI (circa 2 volte all’anno), in seguito a episodi di epigastralgia di grado lieve.

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CCAAPPIITTOOLLOO XXIIII

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

L’affermazione ed il successo della chirurgia mini-invasiva sono

indiscutibilmente legate all’esecuzione della colecistectomia laparoscopica, al

suo rapido diffondersi ed al suo altrettanto rapido imporsi come tecnica

operatoria di prima scelta nel trattamento chirurgico della colelitiasi.

La rilevanza e lo spessore di questa novità chirurgica ne hanno incoraggiato, via

via, l’applicazione a nuove tipologie di intervento.

Tra essi, un posto di primo piano è certamente occupato dalla ricostruzione

anatomica della giunzione esofago-gastrica, che si propone quale atto risolutivo

della malattia da reflusso gastro esofageo.

A tale proposito stiamo assistendo ad un fenomeno alquanto importante ed

interessante, una vera e propria inversione di tendenza circa le indicazioni

terapeutiche della MRGE. Com’è noto, infatti, la sintesi di farmaci capaci di

contrastare l’acidità gastrica e quindi, in definitiva, di dominare la componente

patologica del reflusso , aveva ridotto drasticamente l’approccio chirurgico per

la cura di questa malattia. L’intervento, tra l’altro, realizzato per via open aveva

dato sì soddisfazioni, ma anche delusioni in termini di recidiva.

Oggi, tuttavia, la cura chirurgica, eseguita elettivamente tramite accesso video

laparoscopico, si sta paradossalmente riaffermando, considerando tra gli indubbi

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vantaggi, la peculiare visione ingrandita e dettagliata offerta dall’accesso

laparoscopico di una regione, quale quella dello iato, così angusta e profonda.

Infatti, diversamente da quanto si è abituati a vedere, o meglio, a non vedere con

la tecnica tradizionale, per via mini-invasiva ogni repere e dettaglio anatomico

risulta meglio visualizzabile e pertanto ogni gesto chirurgico può essere

accurato, preciso e sicuro.

Queste considerazioni possono portare a rilevare che l’intervento di iato plastica

abbinato alla fundoplicatio si sposa felicemente con la tecnica laparoscopica e

deve essere considerato senza dubbio tra i più idonei all’approccio mini-

invasivo. Ciò è confermato anche da trial randomizzati che mostrano, ad una

distanza di 5 anni, uguale incidenza di recidive e/o ricomparsa della

sintomatologia in seguito a intervento di plastica anti-reflusso, sia essa eseguita

per via laparoscopica che con metodica tradizionale.[ 30 ] Se a tutto ciò

aggiungiamo l’approvazione da parte del paziente, si comprende perché la

metodica si stia diffondendo prepotentemente, restituendo al chirurgo il

trattamento di una patologia per la quale era stata decretata l’obbligatorietà,

tranne in casi sporadici, del trattamento farmacologico.

Nella nostra personale esperienza, abbiamo potuto constatare che, anche in

regime d’urgenza, l’approccio laparoscopico risulti essere sempre altamente

valido, soprattutto se eseguito in mani esperte. [18]

E’ però importante a questo punto, anche in previsione di una più diffusa

applicazione della metodica, pervenire alla definizione di protocolli diagnostici,

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di indicazione all’intervento e di atti operativi codificati e, soprattutto, delineare

un giusto confine tra, l’ormai consolidata e estremamente diffusa terapia medica,

la recente terapia endoscopica e la terapia chirurgica.

La terapia medica viene comunemente indicata nei casi di:

Sintomatologia di recente insorgenza;

Assenza di complicanze;

Esofagite di I°-II° grado all’EGDS;

Ernia Iatale di grado lieve;

Secondo la nostra esperienza, è sempre lecito non consigliare un trattamento

chirurgico a quei pazienti che presentano queste caratteristiche e che,

soprattutto, alla sospensione della terapia medica non vedono un ripresentarsi

della sintomatologia. Basandoci sui nostri risultati e sulla più recente letteratura

[ 31;32;33;34 ], è opportuno non ritenere appropriato l’approccio

farmacologico ad oltranza quando i pazienti non rispondono alla terapia

medica, né in termini di miglioramento della QoL, né in termini di regressione

del quadro anatomo-patologico endoscopico. In questa categoria di pazienti

sarà opportuno consigliare un’alternativa terapeutica, tra cui l’intervento di

fundoplicatio, la quale si propone di curare definitivamente la MRGE,

ristabilendo una adeguata competenza della Barriera anti-Reflusso. Questo

risulta possibile, a livello anatomico, anche grazie alla riduzione e riparazione

dell’ernia iatale. Da qui la superiorità della terapia chirurgica rispetto a quella

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medica, la quale si propone di ridurre l’acidità del succo gastrico

evidentemente non sufficiente in talune categorie di pazienti con MRGE.

Negli ultimi anni è comparsa una alternativa sia alla terapia medica che alla

terapia chirurgica, ovvero l’approccio per via endoscopica. Tale tecnica viene

indicata nei non-responders alla terapia medica. Le indicazioni, secondo la

recente letteratura[21;22 ], sono:

Ernia Iatale <2 cm;

Esofagite di I-II grado;

Assenza di esofago di Barrett;

QoL ridotta per la MRGE;

Sintomatologia di pirosi e rigurgito di durata >6 mesi;

pH-metria delle 24h dimostrante un reflusso patologico (definito come

pH<4 nelle 24 h);

Manometria esofagea dimostrante una peristalsi esofagea adeguata

(definita come una contrazione media del corpo esofageo >35 mmHg) e

Pressione a riposo del LES di 5 mmHg.

In realtà si tratta di una metodica ancora in via di studio, soprattutto se si

prendono in considerazione i risultati nel lungo periodo. Tale metodica è

caratterizzata, infatti, da un alto numero di recidive. Potrebbe, quindi, essere

indicata a scopo palliativo, vale a dire in quei casi che non rispondono alla

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terapia medica, nei quali non è, per co-morbidità, indicato l’approccio

chirurgico.

In base alla nostra esperienza e alla letteratura internazionale, l’atto chirurgico è

indicato in caso di:

Mancata compliance alla terapia medica (intesa sia come scarsa QoL del

paziente che come eccessiva dipendenza dai farmaci [33;34;35;36; ] );

Esofagite di IV grado;

Stenosi peptica esofagea;

Esofago di Barrett complicato (ulcera, stenosi);

Esogagite di III grado senza miglioramento con terapia medica;

Ulcera giunzionale senza miglioramento con terapia medica.

Al contrario di quanto ritenuto in passato, l’obesità e l’età avanzata non sono

più da considerarsi fattori controindicanti l’intervento chirurgico, secondo

un’opinione condivisa, oltre che dal seguente studio, anche dalla letteratura

più recente [ 40 ].

L’indicazione al trattamento chirurgico è ancor più corretta se il paziente non

solo è affetto da MRGE, ma anche portatore di ernia iatale.

E’ bene citare, per conferma un importante trial clinico randomizzato [ 32 ],

condotto in 21 ospedali del Regno Unito, il quale ha dimostrato la superiorità del

trattamento chirurgico, ad un anno, in termini di miglioramento della QoL,

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rispetto alla terapia medica, indipendentemente dalla tecnica chirurgica utilizzata

(fundoplicatio a 360° o emifundoplicatio), o dal tipo di trattamento

farmacologico somministrato (scelte effettuate in base all’esperienza del medico

o del chirurgo).

Delineati i casi in cui la terapia chirurgica risulti una indubbia indicazione,

restano ancora da chiarire le più idonee strategie terapeutiche nei casi limite,

cioè, in quella categoria di pazienti, responders solo ad una terapia medica

intensiva ma che vedono il ripresentarsi della loro sintomatologia al cessare di

quest’ultima. Questi pazienti difficilmente giungono precocemente al tavolo

operatorio. Solo il peggioramento da un punto di vista anatomo-patologico

dell’esofago convince di necessità al trattamento chirurgico; tuttavia, così

facendo, l’atto operatorio può risultare tecnicamente più complesso (ad esempio:

per la comparsa di periviscerite), ed il raggiungimento degli ottimi risultati post-

chirurgici potrebbe, allora, risultare compromesso.

Delineate sinteticamente le precedenti indicazioni ed entrando in merito ad un

discorso di tecnica chirugica, la scelta deve cadere su una fundoplicatio di 360°,

mediante ausilio dell’endoscopia intra-operatoria allo scopo di assicurare una

adeguata valva antireflusso. Ciò, oltre ad assicurare una migliore protezione

dell’esofago dal reflusso gastro-esofageo, riduce nettamente i disturbi disfagici,

assai frequenti nel primo post-operatorio. Tale complicanza risulta, nella nostra

casistica, in netta diminuzione se confrontata a studi presenti in letteratura.

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Nei casi in cui il reflusso si associ ad un ritardato svuotamento gastrico, si

preferisce eseguire un intervento chirurgico che deve preferire il

confezionamento di una emifundoplicatio.

La tecnica di emifundoplicatio deve essere scelta obbligata anche per tutti quei

pazienti che presentano un difficoltoso transito esofageo e questo per evitare una

grave disfagia dovuta alla incapacità propulsiva del viscere. In questi ultimi

pazienti la manometria esofagea si rende assolutamente indispensabile.

Per quanto riguarda le voluminose ernie iatali, spesso associate al reflusso, esse

indubbiamente possono essere trattate per via laparoscopica, ma la capacità degli

operatori deve essere elevata e particolare attenzione deve essere posta

nell’evitare una accidentale, ma possibile, apertura delle pleure mediastiniche;

La presenza di un vero brachiesofago può essere invece la vera ed unica

controindicazione all’approccio laparoscopico.

La nostra esperienza ha dimostrato che è sempre lecito consigliare il trattamento

chirurgico in quei pazienti che presentano una MRGE complicata o refrattaria

alla terapia farmacologica. Non bisogna dimenticare i casi in cui esiste una bassa

compliance, da parte del paziente, ad una intensiva terapia medica. Anche in

questa categoria di pazienti, soprattutto si giovani, è sempre lecito consigliare

l’esecuzione di una Plastica Antireflusso.

L’intervento di Fundoplicatio secondo Nissen per Via video laparoscopica,

costituisce allo stato attuale, il trattamento di scelta. Presenta, difatti, i seguenti

vantaggi:

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Mini invasività;

Riduzione delle complicanze post-operatorie (soprattutto quando si associ

l’uso dell’endoscopio o di altra sonda esofagea da 40/60F per la

calibratura dell’esofago);

Minore degenza ospedaliera;

Riduzione dei costi;

Maggiore compliance da parte dei pazienti.

Determinante il successo operatorio, sarà uno scrupoloso work-up pre-

operatorio, basato, oltre ad una valutazione clinica accurata per delineare

eventuali rischi operatori, per selezionare la tecnica operatoria più idonea ( la

scelta di una fundoplicatio a 360° rispetto ad una Emifundoplicatio secondo

Dor o Toupet).[ 42;43]

Difatti, paragonando i nostri dati alla più recente letteratura, l’esecuzione di

un’accurato work-up pre-operatorio, volto ad una selezione appropriata del

paziente, ha portato dei risultati favorevoli in termini di riduzione delle

complicanze post-operatorie e successo dell’intervento. Abbiamo, infatti,

assistito ad una riduzione importante della Disfagia Post-operatoria (riferita

dal 18% dei pazienti a 6 mesi dall’intervento), la quale si è andata nettamente

a ridurre nei mesi successivi, ricomparendo solo saltuariamente. Anche

questi saltuari episodi sono scomparsi in seguito a semplici accortezze di

ordine dietetico-comportamentali.

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Paragonando i nostri dati alla più recente letteratura, abbiamo assistito ad

una netta diminuzione nella ricorrenza della sintomatologia, con necessità, da

parte del solo 8% dei pazienti, di assumere quotidianamente PPI per la

ricorrenza di rigurgito e/o di pirosi (versus 32-39 % presente in letteratura[

15;16]).

Riteniamo che questi successi siano da ricondurre anche ad una acquisita

esperienza da parte dell’èquipe chirurgica sia nell’esecuzione della tecnica,

che nella selezione accurata del paziente a cui consigliare l’intervento di

plastica anti-reflusso.

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