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Via Libero Leonardi, 41 – 00173 ROMA
Tel./Fax 067215571 – www.parrocchie.it/roma/moscati
"Ama la verità; mostrati qual sei, e senza infingimenti e senza paure e senza riguardi. E se la verità ti costa la persecuzione, e tu accettala; e se il tormento, e tu sopportalo. E se per la verità dovessi sacrificare te stesso e la tua vita, e tu sii forte nel sacrificio."
San Giuseppe Moscati
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CaritàCaritàCarità
oratorio di musica e danze oratorio di musica e danze
ispirato aispirato a
San Giuseppe MoscatiSan Giuseppe Moscati
1
Oratorio di musica e danze
ispirato a
San Giuseppe Moscati
16 Novembre 2008
memoria liturgica del nostro santo patrono
San Giuseppe Moscati
Parrocchia San Giuseppe Moscati - Roma
“Apostolo di Carità” sembrava l’icona più adatta per
tracciare la vita di Giuseppe Moscati nella instancabile
professione di medico, nella sua dedizione estrema,
nell’amore che si spinge fino all’estremo limite delle forze.
Moscati era un uomo per il quale non esistevano contrasti tra
scienza e fede; per lui la fede rappresentava la sorgente della
vita. In lui verità umana e verità divina provenivano da una
unica fonte: da Dio, Verità infinita. Ma soprattutto era un
uomo “normale” non un santo d’altri tempi così distante
dalle nostre vite.
Faceva il proprio dovere nei piccoli gesti quotidiani, un
medico che prescriveva sì il farmaco, ma guardando il malato
negli occhi nei quali vedeva il volto sofferente di Cristo.
Uomo buono e modesto, amico dei sofferenti, apostolo di
bontà.
Così Giuseppe Moscati è un modello vicino a tutti noi:
autentico discepolo del Signore nella vita di tutti i giorni fatta
di lavoro indefesso, preghiera costante, di gioie e di
sofferenze. Testimone di una carità fatta di piccole azioni
quotidiane, segni concreti dell’amore di un Dio che si fa
piccolo tra i piccoli e ultimo tra gli ultimi!
Danilo
3
Introduzione Apostolo di carità: Giuseppe Moscati
La carità è paziente, è benigna la carità;
non è invidiosa la carità, non si vanta,
non si gonfia, non manca di rispetto,
non cerca il suo interesse, non si adira,
non tiene conto del male ricevuto,
non gode dell'ingiustizia,
ma si compiace della verità.
Tutto copre, tutto crede, tutto spera,
tutto sopporta.
La carità non avrà mai fine. (1 Corinzi 13,4-8 )
4
VIENI SPIRITO D’AMORE
Vieni vieni Spirito d’amore
ad insegnar le cose di Dio
Vieni vieni Spirito di pace
a suggerir le cose che Lui ha detto a noi
Noi ti invochiamo Spirito di Cristo,
vieni Tu dentro di noi
cambia i nostri occhi,
fa che noi vediamo la bontà di Dio per noi.
Vieni o Spirito dai quattro venti
e soffia su chi non ha vita
vieni o Spirito e soffia su di noi
perché anche noi riviviamo.
Il 12 aprile 1927, ultima giornata del buon operaio Giuseppe
Moscati, assomiglia a tutte le altre, e a ricostruirla bastano po-
che, sobrie parole. Mattiniero per abitudine, il professore sta
già in piedi all’alba: prima di uscire, chiede a un pio opuscolo
di sant’Alfonso de’ Liguori uno spunto di meditazione, e lo
trova nella pagina che parla della nascosta essenza della vera
pace interiore: poi ecco la Santa Messa ascoltata e servita a San
Giacomo degli Spagnuoli, e, durante la Messa, la Comunione.
Poco più tardi l’ospedale: le ore migliori della giornata consa-
crate al dolore umano, presso il letto degli infermi; nella prima
parte del pomeriggio, - ma questa volta in casa sua – ancora
ammalati, ancora visite, e sembra che la fila dei pazienti, col
triste rosario dei loro mali, non debba mai finire.
5
Bruscamente il grande medico sente la vita sfuggirgli, e
l’ultimo visitatore non ha ancora varcata la soglia di casa, che
Giuseppe Moscati si accascia fulminato sulla poltrona; la mor-
te lo ha ghermito così rapida che gli stessi famigliari, sbigottiti,
hanno appena il tempo per raccogliere l’estremo respiro del
loro caro.
Questa sommariamente la cronaca dell’ultima giornata di Giu-
seppe Moscati; nessun particolare straordinario la contraddi-
stingue dalle altre, se non nel tragico momento che la spezza.
(da una lettera del 26 luglio 1919,
indirizzata al Senatore G. D'Andrea, Presidente degli Ospedali Riuniti di Napoli)
Da ragazzo guardavo con interesse all'Ospedale degli Incurabili, che mio
padre mi additava lontano dalla terrazza di casa, ispirandomi senti-
menti di pietà per il dolore senza nome, lenito in quelle mura. Un salu-
tare smarrimento mi prendeva e cominciavo a pensare alla caducità di
tutte le cose, e le illusioni passavano, come cadevano i fiori degli aranceti
che mi circondavano.
Allora compreso tutto negli iniziati studi letterari, non sospettavo e non
sognavo che, un giorno, in quell'edificio bianco, alle cui vetrate si distin-
guevano a pena, come bianchi fantasmi, gli infermi ospitati, io avrei co-
perto il supremo grado clinico. Procurerò, con l'aiuto di Dio, con le mie
minime forze, di corrispondere alla fiducia in me riposta.
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PROTEGGIMI O DIO
Proteggimi o Dio in te mi rifugio
Sei tu il mio Signore in te la mia vita.
Signore non s’inorgoglisce il mio cuore
E non si leva con superbia il mio sguardo
Non vado in cerca di cose grandi
Superiori alle mie forze.
7
I Quadro Scienza e fede nel prof. Moscati
n Giuseppe Moscati si avvera quel fenomeno, abbastanza
raro purtroppo fra i cultori di scienze mediche, di una fusione
perfetta e cosciente del cristiano, dello scienziato e dell’uomo.
Nel riconoscimento che Dio è autore dell’ordine materiale e di
quello soprannaturale Moscati aveva trovato il mezzo per
giungere alle armonie di scienza e fede. Questa convinzione
era così profonda e radicata che nessun dubbio ne offuscava,
neppure leggermente l’evidenza solare. Giuseppe Moscati non
ha mai pensato che il bisturi o le formule della chimica biolo-
gica potessero apprestare obbiezioni contro il sacro deposito
della Rivelazione; ma neanche che il pensiero religioso potesse
minimamente diminuire lo slancio appassionato dell’uomo di
scienza giornalmente alle prese con gli oscuri segreti della na-
tura umana.
Chi potrebbe con sicurezza affermare, che pur senza questa
fede, il Moscati sarebbe divenuto ugualmente un grande me-
dico”.
Infatti, qui sta la meraviglia di questa vita così breve (morì a
47 anni) e pure così piena; una scienza che guadagnava allo
studioso una fama in ascesa sempre più vasta; una pietà che
suscitava ammirazione e venerazione in quanti lo avvicinava-
no; un’attività benefica di tale intensità che ancora non è spen-
ta l’eco del rimpianto e vive tuttora in moltissimi la ricono-
scenza.
I
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Scienza fede e carità è questo un trinomio di cui nessun ele-
mento può stare separato dagli altri, perché ne verrebbe disin-
tegrata così e rimpicciolita la figura di Moscati, essa non corri-
sponderebbe più alla realtà. E la realtà è di una grandezza che
oltrepassa di molto la comune misura fino a collocare l’uomo
fra i più rari modelli ai quali la generazione presente possa
guardare.
Da studente, da medico e da professore, Giuseppe Moscati non
si chiuse mai nell’angusto cerchio degli studi umani, ma seppe
elevarsi a considerazioni superiori e attuare un equilibrio che
gli permetteva di aprirsi al dolore, alle miserie umane, ai pove-
ri, ai valori dell’amicizia. Verità umana e verità divina prove-
nivano da un’unica fonte: da Dio verità infinita.
O DIO TU SEI IL MIO DIO
O Dio tu sei il mio Dio,
ti cerco dall’aurora
di te ha sete l’anima mia
a te anela la mia carne.
Così nel santuario ti ho cercato
per contemplare la tua Onnipotenza
poiché la tua grazia vale più della vita
le mie labbra canteranno la tua lode. R/.
Così ti loderò finché io viva,
nel tuo nome alzerò le mie mani.
A te si stringe l'anima mia
la tua forza mi sostiene nel cammino. R/.
9
(da una lettera al Dott. Consoli, allievo di Moscati, 22 luglio 1922)
In tutte le vostre opere, mirate al Cielo, e all'eternità della vita e dell'a-
nima, e vi orienterete allora molto diversamente da come vi suggerirebbe-
ro pure considerazioni umane, e la vostra attività sarà ispirata al bene.
Ricordatevi che vivere è missione, è dovere, è dolore! Ognuno di noi deve
avere il suo posto di combattimento. Non solo del corpo vi dovete occupa-
re, ma delle anime gementi, che ricorrono a voi. Quanti dolori voi lenire-
te più facilmente con il consiglio, e scendendo allo spirito, anziché con le
fredde prescrizioni da inviare al farmacista. Siate in gaudio, perché mol-
ta sarà la vostra mercede; ma dovrete dare esempio a chi vi circonda del-
la vostra elevazione a Dio.
Non la scienza, ma la carità ha trasformato il mondo, in alcuni periodi;
e solo pochissimi uomini son passati alla storia per la scienza; ma tutti
potranno rimanere imperituri, simbolo dell’eternità della vita, in cui la
morte non è che una tappa, una metamorfosi per un più alto ascenso, se
si dedicheranno al bene"
Giuseppe Moscati
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II Quadro Un grande medico, un grande maestro,
un grande padre!
ppena laureato ebbi non pochi ostacoli a penetrare negli am-
bienti ufficiali; dovetti fare un concorso per entrare nella 3° Clinica! E
perciò mi rivolsi alla via ospedaliera. Ho sostenuto tre concorsi pubblici
sanguinosissimi; fui promosso direttore di sala per disposizioni legittime
regolamentari anteriori assai allo stato di guerra e mi son trovato lancia-
to nell’insegnamento.
Così ho creduto che tutti i giovani meritevoli, avviatisi tra le speranze, i
sacrifici, le ansie delle loro famiglie, alla via della medicina nobilissima,
avessero il diritto a perfezionarsi, leggendo in un libro che non fu stam-
pato in caratteri neri su bianco, ma che ha per copertura i letti ospedalie-
ri e le sale di laboratorio, e per contenuto la dolorante carne degli uomini
e il materiale scientifico, libro che deve esser letto con infinito amore e
grande sacrificio per il prossimo. Ho pensato che fosse debito di coscienza
istruire giovani, aborrendo di tenere misterioso gelosamente il frutto della
propria esperienza ma rivelarlo a loro, affinché, dispersi poi per l’Italia,
portassero veramente un sollievo ai sofferenti per la gloria della nostra
Università e del nostro Paese.
E così ho formato come una comunità religiosa di frati: i miei amici,
lavoriamo insieme con emulazione, con idealizzazione, siamo tanti senti-
mentali. Iddio ci guida!
A
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ALTO E GLORIOSO DIO
Alto e glorioso Dio,
illumina il cuore mio.
Dammi fede retta, speranza certa,
carità perfetta.
Dammi umiltà profonda,
dammi senno e cognoscimento
che io possa sempre servire
con gioia i tuoi comandamenti.
Rapisca, ti prego, Signore,
l'ardente e dolce forza del tuo amore
la mente mia da tutte le cose
perché io muoia per amor tuo,
come tu moristi per amor dell'amor mio.
Nel 1897 all’età di 17 anni conseguita la licenza liceale d’onore,
a Giuseppe Moscati dovette presentarsi il problema, che trava-
glia la gran maggioranza dei giovani, quello della scelta di una
carriera. Ma è probabile che questo travaglio egli non l’abbia
sofferto, che già nel suo intimo la decisione di fare il medico
era presa, e da tempo. Solo il desiderio di lenire il dolore fisico,
lo smarrimento spirituale dei fratelli colpiti dall’atrocità dei
morbi, gli faceva scegliere la professione di medico. E’ che la
sua anima tutta ripiena e profumata di Gesù Cristo, già sentiva
che nulla lo avrebbe avvicinato tanto a Lui quanto vivere ac-
canto agli ammalati e per gli ammalati, che sono, come è scrit-
to in una sua meditazione “le figure di Gesù Cristo”.
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E così egli inizia la sua vita ospedaliera, senza peraltro abban-
donare quella universitaria, e nello stesso anno ottiene il posto
di assistente presso l’Istituto di chimica fisiologica della Uni-
versità e poco dopo vince i concorsi per capo di laboratorio nel-
la III Clinica medica, diretta da Gaetano Rummo, e per prepa-
ratore nel laboratorio dell’Ospedale Cotugno. Lavorando per
dodici ore al giorno, egli adempie con scienza e coscienza ai
molteplici uffici, ma a poco a poco, la sua attività si concentra
tra gli Incurabili e l’Università. E sono otto anni di indefesso
silenzioso lavoro in cui egli arricchisce la sua mente sui libri, la
sua esperienza nel laboratorio e al letto degli ammalati, conce-
dendo all’esercizio professionale il minimo necessario per sod-
disfare i bisogni materiali della sua austera e modestissima vi-
ta.
“Dal primo momento che l’incontrammo a Napoli, per le corsie
dell’Ospedale degli Incurabili o nelle aule accademiche, rima-
nemmo avvinti, perché si dimostrava per noi maestro e pa-
dre<il suo magistero, oltre e più che di scienza, fu di vita”.
Mai un rimprovero dalle sue labbra , neppure una esortazione,
ma la sua vita, tutta infiammata da spirito di carità, era per tut-
ti quelli che gli vivevano accanto, un continuo monito contro
gli egoismi, le ambizioni, le gelosie, e li induceva, anche contro
la propria volontà, ad essere più buoni, più umani, più caritate-
voli, più ossequenti alla legge di Cristo, più vicino a Dio. Il suo
perciò, oltre e più che un magistero di scienza, fu un magistero
di vita.
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III Quadro
Fedele discepolo di Cristo: umile e povero
iuseppe Moscati non era un uomo di sole parole, ben-
sì di fatti, e di tutti i giorni; fatti che andavano dall’oblio fre-
quentissimo della propria stanchezza fisica al più completo
disinteresse nei riguardi dei propri onorari ogni qualvolta chi
chiedeva i lumi del suo sapere era la miseria, l’indigenza, la
povertà. In quanti di questi casi il suo magnifico disprezzo del
denaro diventava vera e propria carità fiorita, pudore delicato
del dare senza offendere o umiliare, modestia che rapida si
sottrae, quasi la ferissero le espressioni della gratitudine com-
mossa e stupita!
La rinomanza, la fama, la celebrità che Egli aveva voluto tene-
re lontane da sé, come passioni terrene, lo raggiungono nella
sua umiltà. La sua vita diviene assillante: dopo tre o quattr’ore
all’ospedale subito a casa, dove è atteso da una lunga teoria di
infermi. Riceve tutti: dai religiosi non prende alcun compenso;
gli altri versano quello che credono o possono in una scatola
posta sul tavolo, scatola che egli neppure guarda, ed è la sorel-
la che la sera ne raccoglie il contenuto.
E infine, le visite agli infermi che non avendo potuto per le lo-
ro condizioni fisiche consultarlo a casa o all’ospedale, hanno
invocato, a mezzo di lettere o dei parenti, il suo intervento.
La preferenza è sempre per i più poveri.
G
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E così, libero da ogni ambizione terrena, egli dedica tutto se
stesso, mente e cuore, ai suoi infermi e all’educazione dei gio-
vani medici. L’ospedale diventa la sua casa, il suo amore, il su-
o sacrario. Benché dotato di un intuito clinico veramente ecce-
zionale, non trascura i sussidi del laboratorio, e la sua non co-
mune preparazione chimica e batteriologica gli consente di uti-
lizzare i più fini metodi d’indagine per lo studio degli amma-
lati. Se l’ospedale divenne la sua casa, il suo amore, il suo sa-
crario, la sua casa diviene meta di un interrotto pellegrinaggio
di ammalati di tutte le classi sociali e non solo di Napoli, ma di
tutto il mezzogiorno d’Italia, che ricorrono a lui con la supre-
ma speranza di salvezza, e spesso ricevono non solo quella del
corpo, ma anche quella delle loro anime.
.
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Fratelli, se c’è qualche consolazione in Cristo,
se c’è qualche conforto, frutto della carità,
se c’è qualche comunione di spirito,
se ci sono sentimenti di amore e di compassione,
rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire
e con la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi.
Non fate nulla per rivalità o vanagloria,
ma ciascuno di voi, con tutta umiltà,
consideri gli altri superiori a se stesso.
Ciascuno non cerchi l’interesse proprio,
ma anche quello degli altri.
Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù:
egli, pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
(dalla lettera ai Filippesi 2, 1-11)
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UMILIÒ SE STESSO
Umiliò se stesso, come servo apparve,
obbediente fino alla morte per noi,
fino alla morte di croce.
Per questo Dio l’ha esaltato,
e gli ha dato un nome più grande di ogni nome.
Umiliò se stesso, come servo apparve,
obbediente fino alla morte per noi,
fino alla morte di croce.
(Biglietto scritto da Giuseppe Moscati il 17 ottobre 1922)
«Ama la verità; mostrati qual sei, e senza infingimenti e senza paure e senza
riguardi. E se la verità ti costa la persecuzione, e tu accettala; e se il tormen-
to, e tu sopportalo. E se per la verità dovessi sacrificare te stesso e la tua vita,
e tu sii forte nel sacrificio.»
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IV Quadro
Nel malato c’è Cristo
(Scritto datato 5 giugno 1922 raccolto da Nina Moscati, sorella del Santo)
io Gesù amore! Il vostro amore mi rende sublime; il vostro
amore mi santifica, mi volge non verso una sola creatura, ma a tutte le
creature, all'infinita bellezza di tutti gli esseri, creati a vostra immagine
e somiglianza.
Era sempre l’idea del sacerdozio del bene che lo animava: in
ogni palpito del cuore, in ogni luce del pensiero, in ogni attivi-
tà di Giuseppe Moscati vi è semplicemente, unicamente il divi-
no modello, Nostro Signore Gesù Cristo, amato per sé stesso,
ma visto ed amato quasi riflesso e presente nel dolore ineffabi-
le delle creature umane.
Nessuna forza ideale più efficace di questa per trasformare in
Carità scienza, lavoro, fatiche umane. La scienza, appassiona-
tamente amata non per sé stessa, ma per Dio; Dio in ogni cosa
come suprema aspirazione da realizzare in sé stesso e negli al-
tri attraverso la pratica delle virtù e l’apostolato stesso della
professione medica: questi sono i fondamenti della vita di Giu-
seppe Moscati, non ci si stupisce perciò di rivedere, in un bre-
ve scritto personale del Moscati, questa fondamentale profes-
sione di fede: “gli ammalati sono la figura di Cristo”.
M
18
E tantomeno ci si meraviglia se nella sala anatomica dove il
maestro chiede all’autopsia la conferma di una diagnosi, la sua
fede innalza di fronte alla brutale realtà della morte
l’immagine pietosa di Colui che la vinse..
E quanto la scienza non può dare perché limitata, lo da copio-
samente la carità, la parola consolatrice, il sorriso, l’incorag-
giamento, il conforto, troppo sinceri e comunicativi su quelle
labbra perché il cuore di chi ne è l’oggetto non si senta tutto
risollevato verso più sereni o più rassegnati pensieri. E allora
più che mai la volontà di bene diventa per il maestro un vero e
proprio apostolato laico, non meno, anzi spesso più efficace di
quello del sacerdote per l’insolita autorità della persona e il
caldo accento della parola: mentre il medico studia tutti i mez-
zi per strappare, se possibile, una preda alla morte, il cristiano
si preoccupa di salvare un’anima, valore infinitamente più
prezioso del corpo che si spegne e si dissolve.
C’è un pensiero che non solo giustifica, ma rende doverosa
quest’ansia perenne di bene oltre gli stessi confini corporei, e il
maestro lo esprime scrivendo ad un collega queste parole lu-
minose: “Beati noi medici, tanto spesso incapaci ad allontanare
una malattia, beati noi se ci ricordiamo che, oltre i corpi, abbia-
mo di fronte delle anime immortali, divine, per le quali ci urge
il precetto evangelico di amarle come noi stessi: lì è la soddi-
sfazione e non nel sentirsi proclamare risanatori di un male
fisico (quando per lo più la coscienza ci ammonisce che il male
guarì da sé)”.
E più sotto rammenta giustamente i sublimi detti di San Paolo:
“potete muovere le montagne, ma, se non avete la fiamma del-
la carità, voi valete niente”.
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LA CARITÀ
La carità è paziente, la carità è benigna.
Non è invidiosa non si vanta
Non manca di rispetto, non cerca il suo interesse.
Non si adira, non tiene conto del male ricevuto,
non gode dell'ingiustizia ma si compiace della verità.
Tutto copre tutto crede, tutto spera tutto sopporta
la carità non avrà mai fine.
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DOVE LA CARITÀ È VERA
RIT. Dove la carità è vera e sincera, là c’è Dio.
dove la carità perdona e tutto sopporta.
dove la carità benigna comprende e non si vanta,
tutto crede ed ama e tutto spera la vera carità.
Ci ha riuniti in uno l’amore di Cristo:
esultiamo e rallegriamoci in lui,
temiamo ed amiamo il Dio vivente
ed amiamoci tra noi con cuore sincero. R/.
Quando tutti insieme noi ci raduniamo
vigiliamo che non sian divisi i nostri cuori,
non più liti, non più dissidi e contese maligne,
ma sia sempre in mezzo a noi Cristo Signore. R/.
Noi vedremo insieme con tutti i beati
nella gloria il tuo volto, Gesù Cristo Dio,
gioia immensa, gioia vera noi vivremo
per l’eternità infinita dei secoli. Amen. R/.
21
V Quadro
Solo l’Amore resta Mettete in pratica la fortezza.
Ognuno di noi deve avere il suo posto di combattimento.
Iddio ci ha dato tutto
e ci chiederà conto di come abbiamo speso i suoi doni.
Non la scienza, ma la carità ha trasformato il mondo.
Sarete beati se ricordate che oltre i corpi avete di fronte
delle anime immortali, divine, che dovete amare come voi stessi.
Lavorate con fede ed entusiasmo, sordi alle lodi e alle critiche.
La vita è un attimo: onori, trionfi ricchezza e scienza cadono;
ogni incanto della vita passa: resta solo l'eterno amore,
la causa di ogni opera buona.
Amore che sopravvive a noi perché l'amore è Dio.
Ama soprattutto la verità: mostrati quale sei,
senza finzioni, senza paure, senza riguardi.
E se la verità ti costa persecuzioni, accettala;
e se ti costa tormento, sopportalo;
e se per la verità dovrai sacrificare te stesso
e la tua vita sii forte nel sacrificio.
San Giuseppe Moscati
(frasi tratte dalla Fiction: “Giuseppe Moscati: l’Amore che guarisce - 2007”)
22
CHI CI SEPARERÀ
Chi ci separerà dal suo amore,
la tribolazione, forse la spada?
Né morte o vita ci separerà
dall'amore in Cristo Signore.
Chi ci separerà dalla sua pace,
la persecuzione, forse il dolore?
Nessun potere ci separerà
da Colui che è morto per noi.
Chi ci separerà dalla sua gioia,
chi potrà strapparci il suo perdono?
Nessuno al mondo ci allontanerà
dalla vita in Cristo Signore.
Da una lettera al Notaio De Magistris, a cui era morta la giovane figlia.
7 marzo 1924
ellezza, ogni incanto della vita passa... Resta solo eterno l'amore, causa di
ogni opera buona, che sopravvive a noi, che è speranza e religione, perché l'amore è
Dio.
B
23
VI Quadro
25.X.1987 - San Giuseppe Moscati: un laico autenticamente cristiano
INNO A SAN GIUSEPPE MOSCATI
R/. Venite a me,
voi tutti che siete affaticati e oppressi
ed io vi ristorerò, io vi ristorerò.
Ama la verità, mostrati quale sei
senza finzioni, senza paure, senza riguardi.
E se la verità costasse persecuzione, il tormento, la tua vita, accettalo, sopportalo. R/.
La carità è paziente, è benigna la carità
non si vanta, non è invidiosa, non si adira.
Non manca di rispetto, si compiace della verità tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. R/.
O San Giuseppe Moscati, medico e scienziato insigne,
dei tuoi pazienti, curavi il corpo, e lo Spirito.
Guarda a noi che t'invochiamo, conforta il dolore di chi soffre, guida sicura, testimonianza, apostolo di carità.
Sia Gloria al Padre al Figlio Signore,
al Santo Spirito, come era in principio ora e sempre
nei secoli eterni. Amen.
24
(dalla deposizione della Sig.na Emma Picchillo)
miamo il Signore senza misura, vale a dire senza misura nel dolore e senza misura nell'amore... Riponiamo tutto il nostro affetto, non solo nelle cose che Dio vuole, ma nella volontà dello stesso Dio che le determina.»
La Chiesa pone dinanzi ai vostri occhi la figura di un Uomo, che
elevato alla gloria degli altari in questa solenne canonizzazio-
ne, dice a tutti i laici nella Chiesa:
“Considerate . . . la vostra vocazione!” (1 Cor 1, 26).
L’uomo che da oggi invocheremo come santo della Chiesa uni-
versale, si presenta a noi come un’attuazione concreta dell’ide-
ale del cristiano laico.
Giuseppe Moscati, medico primario ospedaliero, insigne ricer-
catore, docente universitario di fisiologia umana e di chimica
fisiologica, visse i suoi molteplici compiti con tutto l’impegno e
la serietà che l’esercizio di queste delicate professioni laicali ri-
chiede. Egli si pone come esempio anche per chi non condivi-
de la sua fede.
A
RITO DI CANONIZZAZIONE
DI GIUSEPPE MOSCATI
Piazza San Pietro - Domenica, 25 ottobre 1987
25
Da questo punto di vista il Moscati costituisce un esempio non
soltanto da ammirare, ma da imitare, soprattutto da parte de-
gli operatori sanitari: medici, infermieri e infermiere, volontari,
e quanti, direttamente a indirettamente, sono impegnati
nell’assistenza agli infermi e nel vastissimo mondo della sanità
e della salute. Tuttavia fu proprio questa fede a conferire al su-
o impegno dimensioni e qualità nuove, quelle tipiche del laico
autenticamente cristiano. Grazie ad esse gli aspetti professiona-
li, nella sua vita, si integravano armoniosamente fra loro, si so-
stenevano l’un l’altro, per essere vissuti come una risposta a
una vocazione, e quindi come una collaborazione al piano cre-
atore e redentivo di Dio.
Per indole e vocazione il Moscati fu innanzitutto e soprattutto
il medico che cura: il rispondere alle necessità degli uomini e alle
loro sofferenze, fu per lui un bisogno imperioso e imprescindi-
bile. Il dolore di chi è malato giungeva a lui come il grido di un
fratello a cui un altro fratello, il medico, doveva accorrere con
l’ardore dell’amore. Il movente della sua attività come medico
non fu dunque il solo dovere professionale, ma la consapevo-
lezza di essere stato posto da Dio nel mondo per operare se-
condo i suoi piani, per apportare quindi, con amore, il sollievo
che la scienza medica offre nel lenire il dolore e ridare la salu-
te.
Memore delle parole del Signore: “Ero malato e mi avete visi-
tato” (Mt 25, 36), il Moscati vedeva Cristo stesso nel malato,
che, nella sua debolezza, nella sua miseria, nella sua fragilità e
insicurezza, a lui si rivolgeva invocando aiuto; vedeva chi gli
stava innanzi come una persona, un essere in cui c’era un cor-
po bisognoso di cura, ma anche un essere in cui albergava uno
spirito pur esso bisognoso di aiuto e di conforto.
26
Infatti - sono ancora parole sue - “il medico si trova tanto spes-
so al cospetto di anime che stanno lì lì per capitolare e far ritor-
no ai principi ereditari degli avi, stanno lì ansiose di trovare un
conforto, assillate dal dolore. Beato quel medico che sa com-
prendere il mistero di questi cuori e infiammarli di nuovo. Be-
ati noi medici, tanto spesso incapaci ad allontanare una malat-
tia, beati noi se ci ricordiamo che oltre i corpi abbiamo di fron-
te delle anime immortali, per le quali urge il precetto evangeli-
co di amarle come noi stessi”. Per questo, il calore umano con
cui il Moscati visitava premurosamente i malati, specie i più
poveri e abbandonati, avvicinandoli in ospedale e nelle loro
stesse abitazioni, era tale che la gente lo cercava; il suo tratto
era ricco di quella bontà rispettosa e delicata, che Gesù Cristo
diffondeva intorno a sé quando andava per le strade della Pa-
lestina facendo del bene e sanando tutti (cf. At 10, 38). Fu quin-
di anticipatore e protagonista di quella umanizzazione della
medicina, avvertita oggi come condizione necessaria per una
rinnovata attenzione e assistenza a chi soffre.
Nel costante rapporto con Dio, il Moscati trovava la luce per
meglio comprendere e diagnosticare le malattie e il calore per
poter essere vicino a coloro che, soffrendo, attendevano dal
medico chi li servisse con partecipazione sincera. Da questo
profondo e costante riferimento a Dio, egli traeva la forza che
lo sosteneva e che gli permetteva di vivere con integra onestà e
assoluta rettitudine nel proprio delicato e complesso ambiente,
senza addivenire ad alcuna forma di compromesso. Egli era il
maestro, il primario di ospedale che non ambiva a posizioni: se
queste gli venivano attribuite, era perché i suoi meriti non po-
tevano essere negati, e quando le occupò, seppe esercitarle con
assoluta dirittura e per il bene degli altri.
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Uomo integro e cristiano coerente, non esitava a denunziare
gli abusi, adoperandosi per demolire prassi e sistemi che an-
davano a danno della vera professionalità e della scienza, a
danno degli infermi come pure degli studenti ai quali sentiva
di dover trasmettere il meglio delle proprie cognizioni. Gli
studenti sono i medici del domani. Conscio di ciò, il Moscati
pensava alla qualità dei futuri medici, prendendo anche pub-
blicamente posizione affinché non venisse in alcun modo
mortificata la loro preparazione e formazione. Preparazione e
formazione che seppe incarnare con l’esempio. Anche la
morte lo colse, mentre stava visitando una inferma.
Veramente, ogni aspetto della vita di questo laico medico ci
appare animato da quella nota che è la più tipica del cristia-
nesimo: l’amore, che Cristo ha lasciato ai suoi seguaci come il
suo “comandamento”. Di questa sua personale esperienza
del valore centrale del cristianesimo egli ha lasciato numero-
se tracce nei suoi scritti. Sono parole che a noi, oggi, suonano
quasi come un testamento: “Non la scienza, ma la carità ha
trasformato il mondo, egli osservava; solo pochissimi uomini
sono passati alla storia per la scienza; ma tutti potranno ri-
manere imperituri, simbolo dell’eternità della vita, in cui la
morte non è che una tappa, una metamorfosi per un più alto
ascenso, se si dedicheranno al bene”.
Come non avvertire in queste parole quasi un’eco della pagi-
na evangelica, che abbiamo oggi ascoltato? “Mi avete dato da
mangiare, mi avete dato da bere . . . mi avete ospitato . . . mi ave-
te vestito . . . mi avete visitato . . .”.
Quando? Come?
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Auguro a tutti, amati fratelli e sorelle - qui convenuti in Piazza
San Pietro o sparsi nelle varie parti del mondo - auguro a tutti
che al termine della vostra vita possiate ripetere queste doman-
de . . . e ricevere la stessa risposta di Cristo!
Allora “la tua luce sorgerà come l’aurora (dice il profeta) . . . e
la gloria del Signore ti seguirà . . .” (Is 58, 8).
La carità “non avrà mai fine . . .
la più grande è la carità” (1 Cor 13, 8.13).
Amen!
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Cantiamo al Signore,
stupenda è la sua vittoria.
Signore è il suo nome.
Voglio cantare in onore del Signore
perché ha trionfato, alleluia.
Ha gettato in mare cavallo e cavaliere.
Mia forza e mio canto è il Signore,
il mio Salvatore è il Dio di mio padre
ed io lo voglio esaltare. R/.
Dio è prode in guerra, si chiama Signore.
Travolse nel mare gli eserciti,
i carri d'Egitto sommerse nel Mar Rosso,
abissi profondi li coprono.
La tua destra, Signore, si è innalzata,
la tua potenza è terribile. R/.
Si accumularon le acque al tuo soffio
s'alzarono l'onde come un argine.
Si raggelaron gli abissi in fondo al mare.
Chi è come te, o Signore ?
Guidasti con forza il popolo redento
e lo conducesti verso Sion. R/.
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Jessika Liotti
Gloria Meraglia
Tecla Ricciardi
Elena Tacca
Per aver “creato” e le coreografie e
aver danzato con gioia,
passione ed entusiasmo.
Enrico Bonvecchi
Alessandra Ferraro
Mirco Pontesilli
Il coro insieme ai solisti:
Eleonora Defant
Giorgia Pisapia
Alessandro Fiorenza
Per aver dato “voce e cuore”
alla preghiera
Per aver fatto “vibrare”
le corde del cuore
Per l’accompagnamento musicale
indispensabile e soprattutto per
la profonda passione
Paolo Bianchini
Cesare Guariniello
Per aver contribuito a “colorare”
questo incontro con le luci i suoni e le
immagini
Sabrina Bertelli
Per aver scritto con me questo
Oratorio e soprattutto “sopportato”
le mie ansie e la mia “poca” pazienza!
Marco Frisina
Per la sua musica senza la quale
questo oratorio non sarebbe
stato certamente lo stesso
tutti quelli che hanno creduto in questo progetto e con pazienza, dedizione, impegno hanno speso il loro tempo con gioia
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L’ORATORIO
L'oratorio è una composizione musicale d'ispirazione religiosa, ma non
liturgica, con trama compiuta, presentata in forma narrativa ma senza rap-
presentazione scenica; viene fatto derivare dalla Lauda cinquecentesca. Più
ancora che in quella, qui la musica ha lo stesso carattere e il medesimo stile
di quelle che saranno, da lì a poco, le opere teatrali puramente intese.
Etimologia
L'oratorio prende il nome dal luogo in cui al suo sorgere, intorno al 1600, si
riunivano i fedeli in preghiera o per compiere esercizi spirituali. Inizial-
mente, negli oratori le vicende venivano 'raccontate' da un 'poeta' o da una
'musa'; poi fu introdotta la figura di un 'historicus' (lo storico) ed infine si
giunse all'intervento di solisti per rappresentare i diversi personaggi biblici.
La composizione aveva il suo culmine con un sermone eseguito dal coro.
Storia
All'oratorio in latino (Giacomo Carissimi ne fu uno dei massimi esponenti)
seguì presto una produzione in volgare che si diffuse oltre che a Roma -
luogo di origine di questo genere musicale - anche a Firenze, Bologna e Ve-
nezia; uno dei suoi compositori più affermati fu in questo senso
(Alessandro Stradella).
Nel XVIII secolo con l'avvento sulla scena musicale di Georg Friedrich
Händel, l'oratorio - sebbene sempre privo di azione scenica e con la natura-
le tematica religiosa di fondo - si andò sempre più avvicinando agli stilemi
di quello che sarà il moderno Melodramma. Il compositore sassone rappre-
sentò i suoi primi oratori - 'Deborah' ed 'Athalia' - nel 1733; successivamen-
te ne scrisse quattordici nell'arco di tredici anni, dal 1739 al 1752, fra cui i
suoi capolavori (il Messiah, rappresentato a Dublino nel 1742, "Saul",
"Israel in Egypt").
Un altro grande compositore autore di famosi oratori (fra cui il celeberrimo
Christmas Oratory, cioè Oratorio di Natale) è stato Johann Sebastian Bach.
In tempi più recenti, Lorenzo Perosi riprese e reinterpretò la tradizione de-
gli oratori italiani, legando la sua foma soprattutto a questo genere musica-
le, oltre che ai mottetti.
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Date fondamentali della vita e della santità di
S. GIUSEPPE MOSCATI
25 luglio 1880 Nato a Benevento da Francesco e Rosa De Luca
31 luglio 1880 Battesimo nel palazzo Andreotti - Leo (Parrocchia di S. Marco)
1884 Trasferimento della famiglia a Napoli, in via S. Teresa al Museo, 83
8 dicembre 1888 1a Comunione nella chiesa delle Ancelle del S. Cuore in Napoli
1894 Licenza ginnasiale
1897 Licenza liceale e iscrizione alla Facoltà di Medicina
3 marzo 1900 Cresima impartita da Mons. Pasquale De Siena
1903 Laurea in medicina e chirurgia; Vincita del concorso per aiuto straordinario agli Ospedali Riuniti
aprile 1906 Eruzione del Vesuvio e salvataggio dei ricoverati di Torre del Greco
1911 Assistenza ai colerosi di Napoli Aiuto ordinario negli Ospedali Riuniti Socio aggregato alla R. Accademia medico chirurgica Libera docenza in chimica fisiologica
1911-1923 Insegnamento all’Ospedale degli Incurabili
1915-1918 Direttore del reparto militare Libera docenza per titoli in chimica fisiologica
1919 Primario della III sala dell’Ospedale degli Incurabili
1922 Libera docenza per titoli in clinica medica generale
12 aprile 1927 Morte
14 aprile 1927 Funerali e sepoltura nel cimitero di Poggioreale
16 nov. 1930 Traslazione nella chiesa del Gesù Nuovo dei resti mortali sul lato destro dell’altare di S. Francesco Saverio, dove ancora si conserva la lapide
6 luglio 1931 Inizio del processo sulla fama di santità
6 marzo 1949 Introduzione della causa di beatificazione
3 ottobre 1975 Decreto sull’approvazione dei miracoli
16 nov. 1975 Beatificazione in Piazza S. Pietro
16 nov. 1977 Traslazione all’altare della Visitazione dei resti mortali, racchiusi in un’urna di bronzo. Opera del Prof. Amedeo Garufi.
28 aprile 1987 Approvazione del miracolo: il sif. Giuseppe Montefusco guarito da leucemia acuta non linfoide
25 ottobre 1987 Canonizzazione in Piazza San Pietro dinanzi a una folla di oltre centomila persone.
Via Libero Leonardi, 41 – 00173 ROMA
Tel./Fax 067215571 – www.parrocchie.it/roma/moscati
"Ama la verità; mostrati qual sei, e senza infingimenti e senza paure e senza riguardi. E se la verità ti costa la persecuzione, e tu accettala; e se il tormento, e tu sopportalo. E se per la verità dovessi sacrificare te stesso e la tua vita, e tu sii forte nel sacrificio."
San Giuseppe Moscati
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San Giuseppe MoscatiSan Giuseppe Moscati