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APPENDICE A1
Le unità di misura del Sistema Internazionale (1)
Quantità fisica Simbolo della quantità
fisica Nome dell'unità
SI Simbolo dell'unità
SI
lunghezza l metro m
massa m chilogrammo kg
tempo t secondo s
corrente elettrica I, i ampere A
temperatura termodinamica
T kelvin K
quantità di sostanza n mole mol
intensità luminosa IV candela cd
- Il metro è definito come la distanza percorsa dalla luce nel vuoto in un intervallo di tempo pari a 1/299 792 458 di secondo (1983).
- Il chilogrammo è la massa di un particolare cilindro di altezza e diametro pari a 0,039 m di una lega di platino-iridio depositato presso l'Ufficio internazionale dei pesi e delle misure a Sèvres, in Francia. (1875)
- Il secondo è definito come la durata di 9 192 631 770 periodi della radiazione corrispondente alla transizione tra due livelli iperfini, da (F=4, MF=0) a (F=3, MF=0), dello stato fondamentale dell'atomo di cesio-133 (1967).
- L’ ampere è l'intensità di corrente elettrica che, se mantenuta in due conduttori lineari paralleli, di lunghezza infinita e sezione trasversale trascurabile, posti a un metro di distanza l'uno dall'altro nel vuoto, produce tra questi una forza pari a 2 • 10-7 newton per metro di lunghezza. (1946)
- Il kelvin è definito come 1/273,16 della temperatura termodinamica del punto triplo dell'acqua. (1862)
1 E’ opportuno ricordare che in seguito a determinazione del 1960 della Conferenza Generale dei Pesi e delle Misure di Parigi (Conférence Générale des Poids et Mesures, CGPM, periodica, l’ultima del 2014) dal 1971 in Italia e negli altri 50 stati membri e 22 associati (al momento gli USA istituzionalmente non partecipano, anche se di fatto usano sempre piùnSI), vige, con piccole modifiche [ intervenute in accordo con il Bureau International des Poids et Mesures, (BIPM) e il Comité International des Poids et Mesures, (CIPM)], il Sistema Internazionale (SI). Si invitano gli studiosi ed i professionisti a prestare metodica attenzione alle varianti in itinere pubblicate in rete (ad es. http://www.bipm.org/fr/worldwide-metrology/cgpm/ ; per il programma di lavoro BIPM 2016-19 vedasi http://www.bipm.org/fr/cgpm-2014/work-programme.html )
- La mole viene definita come la quantità di sostanza di un sistema che contiene un numero di entità elementari pari al numero di atomi presenti in 12 grammi di carbonio-12 (numero di Avogadro: 6,022 • 1023) . (1971)
- Una candela è pari all'intensità luminosa, in una data direzione, di una sorgente emettente una radiazione monocromatica di frequenza pari a 540 • 1012 hertz e di intensità radiante in quella direzione di 1/683 di watt per steradiante (1982).
Unità derivate
La maggior parte delle grandezze derivate sono ottenute attraverso moltiplicazioni o divisioni tra grandezze di base. Alcune di esse hanno nomi particolari. In questo modo, non solo si vede immediatamente la relazione che intercorre tra due grandezze, ma, con un controllo dimensionale, è facile verificare la possibile correttezza del proprio lavoro.
Quantità fisica Simbolo
Nome dell'unità SI Simbolo dell'unità SI
frequenza f, ν hertz Hz s−1
forza F newton N kg · m · s−2
pressione, sollecitazione p pascal Pa N · m−2
energia, lavoro E joule J N · m
potenza, flusso radiante P, W watt W J · s−1
carica elettrica q coulomb C A · s
tensione elettrica, potenziale v Volt V J · C−1
resistenza elettrica R Ohm Ω V · A−1
conduttanza elettrica G Siemens S A · V−1
capacità elettrica C Farad F C · V−1
induzione magnetica B Tesla T V · s · m−2
flusso magnetico Φ(B) weber Wb V · s
induttanza L henry H V · s · A−1
temperatura T kelvin °C K
angolo piano φ, θ radiante rad 1
angolo solido Ω steradiante sr 1
flusso luminoso lumen lm cd · sr
illuminamento lux lx cd · sr · m−2
rifrazione D diottria D m−1
attività di un radionuclide becquerel Bq s−1
dose assorbita gray Gy J · kg−1
dose equivalente sievert Sv J · kg−1
Prefissi
Le unità SI possono avere prefissi per rendere più comodamente utilizzabili grandi e piccole misurazioni. Si noti l'importanza di utilizzare correttamente i simboli maiuscoli e minuscoli per evitare ambiguità..
Prefisso Simbolo Nome Equivalente decimale 1024 yotta Y Quadrilione 1 000 000 000 000 000 000 000 000
1021 zetta Z Triliardo 1 000 000 000 000 000 000 000
1018 exa E Trilione 1 000 000 000 000 000 000
1015 peta P Biliardo 1 000 000 000 000 000
1012 tera T Bilione 1 000 000 000 000
109 giga G Miliardo 1 000 000 000
106 mega M Milione 1 000 000
103 kilo o chilo k Mille 1 000
102 etto h Cento 100
10 deca da Dieci 10
10−1 deci d Decimo 0,1
10−2 centi c Centesimo 0,01
10−3 milli m Millesimo 0,001
10−6 micro µ Milionesimo 0,000 001
10−9 nano n Miliardesimo 0,000 000 001
10−12 pico p Bilionesimo 0,000 000 000 001
10−15 femto f Biliardesimo 0,000 000 000 000 001
10−18 atto a Trilionesimo 0,000 000 000 000 000 001
10−21 zepto z Triliardesimo 0,000 000 000 000 000 000 001
10−24 yocto y Quadrilionesimo 0,000 000 000 000 000 000 000 001
Unità di misura usate con il SI
Le seguenti unità di misura non fanno parte del Sistema Internazionale, ma il loro uso viene tollerato, anche in ambienti ufficiali.
Nome Simbolo Equivalenza in termini di unità fondamentali SI
minuto min 1 min = 60 s
ora h 1 h = 60 min = 3 600 s
giorno d 1 d = 24 h = 86 400 s
grado ° 1° = (π/180) rad
minuto primo ′ 1′ = (1/60)° = (π/10 800) rad
secondo ″ 1″ = (1/60)′ = (π/648 000) rad
litro l, L 1 L = 1 dm3 = 10-3 m3
tonnellata t 1 t = 103 kg
neper Np 1 Np = 1
bel B 1 B = (1/2) ln 10 (Np)
Il neper e il bel esprimono il logaritmo in base e o in base 10 di una grandezza presa rispetto ad un riferimento. Il logaritmo in base 10 dà l’ordine di grandezza in più o in meno rispetto al riferimento ed è quindi usato in Ingegneria molto più spesso di quanto si pensi, spesso involontariamente: se ad esempio pensiamo ad un oggetto un milione di volte più grande di un altro, diciamo che tra i due ci sono 6 ordini di grandezza, cioè 6 bel. La misura logaritmica serve anche a meglio leggere fenomeni a scala fortemente non lineare ed il decibel (dB) serve appunto in molte discipline quali acustica, elettronica, chimica a valutare la crescita (guadagno) o l’attenuazione di una grandezza.
Unità non SI accettate perché più precise.
Nome Simbolo Equivalenza in termini di unità fondamentali SI
elettronvolt eV 1 eV = 1,602 177 33(49) · 10–19 J
unità di massa atomica u 1 u = 1,660 540 2(10) · 10–27 kg
unità astronomica ua 1 ua = 1,495 978 70(30) · 1011 m
Un elettronvolt (simbolo eV) è l'energia acquistata da un elettrone libero nel suo spostamento tra due punto a potenziale differente per un volt.Un elettronvolt è un quantitativo molto piccolo di energia: 1 eV = 1,602 176 46 × 10-19 J.
L’Unità Astronomica (U.A., o semplicemente UA) è un'unità di misura circa pari alla distanza media tra il pianeta Terra e il Sole
L'unità di massa atomica unificata (u) detta anche dalton (Da) è una unità di misura utilizzata solitamente per esprimere la massa di atomi (massa atomica) e molecole (massa molecolare). Essa è definita come la dodicesima parte della massa di un atomo di carbonio-12 (12C).
Altre unità non SI attualmente accettate in ambiti commerciali, legali, e nella navigazione.
Queste unità dovrebbero essere definite in relazione al SI in ogni documento in cui vengono usate. Il loro uso è scoraggiato.
Nome Simbolo Equivalenza in termini di unità fondamentali SI
miglio nautico nm 1 miglio nautico =1 852 m
nodo kn 1 nodo = 1 miglio nautico all'ora = (1 852/3 600) m/s
ara a 1 a = 1 dam2 = 102 m2
ettaro ha 1 ha = 1 hm2 = 104 m2
bar bar 1 bar = 0,1 MPa = 100 kPa = 1 000 hPa = 105 Pa
angstrom Å 1 Å = 0,1 nm = 10-10 m
barn b 1 b = 100 fm2 = 10-28 m2
1
Appendice A2
RICHIAMI SUGLI OPERATORI VETTORIALI La divergenza di un campo vettoriale A in un punto P è una quantità scalare e può essere definita (cfr. il teorema della divergenza) con un processo al limite a partire dal flusso ∆Φ del vettore attraverso una superficie chiusa racchiudente P, rapportato al volume ∆τ definito dalla superficie stessa e facendo implodere la superficie chiusa intorno al punto P. L’operatore di divergenza si indica con ( )⋅∇ o con div. Un campo a divergenza nulla è indivergente o solenoidale. Considerando il vettore r (raggio vettore in geometria sferica) si avrà
3
344limlim
3
2
00==
∆∆Φ
=⋅∇→∆→∆
r
rrrπ
πτ ττ
Il rotore di un campo vettoriale A in un punto P è un vettore che può essere definito (cfr. il teorema di Stokes) considerando una superficie elementare orientata ∆S (es. un cerchio) contenente il punto P ; il modulo del rotore è pari al massimo valore – al variare della giacitura della superficie – della circuitazione ∆C lungo l’orlo della superficie stessa, rapportata alla suddetta superficie; la direzione ed il verso del rotore sono definiti dalla normale alla superficie nella posizione in cui la circuitazione è massima. L’operatore di rotore si indica con ( )×∇ o con rot o curl. Un campo a rotore nullo è irrotazionale. Considerando il vettore r (raggio vettore in geometria sferica) si avrà
0lim0
=∆∆
=∇→∆ S
CxS
r
Un ulteriore operatore differenziale (spaziale) è il gradiente ( )∇ . Esso opera su un campo scalare f(P): il suo modulo è individuato dalla massima derivata direzionale condotta su ogni retta orientata passante per il punto P, la direzione ed il verso sono dettati dalla retta orientata per cui si ha la massima derivata. Le componenti (ad es. cartesiane) possono generare una forma differenziale esatta (la circuitazione del gradiente lungo una qualsiasi linea chiusa. Nel caso elettrostatico la funzione f(P) è il potenziale (elettrostatico) ed il suo gradiente è (a parte il segno) pari al campo (elettrostatico). Considerando il vettore r (raggio vettore in geometria sferica) si avrà
3
1rr
rr
r
r
−=∇
=∇
Considerato due campi scalari f(P) e ψ(P) valgono le relazioni ( )( )( ) ψψψ
ψψψψψψ
∇×−×∇=×∇∇⋅+⋅∇=⋅∇
∇+∇=∇
AAAAAAfff
Si riconosce che la divergenza del rotore è nulla e quindi anche il flusso del rotore attraverso una superficie chiusa è nullo. Il gradiente della divergenza è detto laplaciano (scalare) ( )2∇≡∇∇⋅ .
2
Si definisce anche il laplaciano di un campo vettoriale come
)(2 AAA ×∇×∇−⋅∇∇=∇ Un campo ovunque solenoidale è conservativo per il flusso e può essere descritto come il rotore di un altro campo vettoriale detto potenziale vettore (esempio il potenziale vettore magnetico) La circuitazione di un campo ovunque irrotazionale è sempre nulla; il campo si dice conservativo per il lavoro (es. campo elettrostatico). Ne consegue che il rotore di un gradiente è sempre nullo. Tali proprietà possono essere opportunamente valutate anche in domini limitati. Sono notevoli anche le seguenti relazioni:
( )( )( )( )( ) 0A
0AAA
BAABBAAAA
=×∇⋅∇=∇×∇
∇×−×∇=×∇×∇⋅−×∇⋅=×⋅∇
∇+⋅∇=⋅∇
ffff
fff
1
Appendice A3
LE EQUAZIONI DI MAXWELL IN FORMA LOCALE – EQUAZIONE DI LAPLACE-POISSON
A3.1 CONSIDERAZIONI GENERALI Laddove le grandezze (scalari e vettoriali) presenti nelle equazioni di Maxwell in forma integrale siano continue e derivabili, il campo elettromagnetico può essere descritto in tutti i punti dello spazio attraverso gli operatori differenziali spaziali e temporali divergenza e rotore (vedasi Appendice A2)
tBE∂∂
−=×∇ (A3.1)
0ερ
=⋅∇ E (A3.2)
0=⋅∇ B (A3.3)
∂∂
+=×∇tEJB 00 εµ (A3.4)
Per integrare queste equazioni nello spazio occorre conoscere le “condizioni al contorno” (nello spazio, all’infinito o al finito) e le “condizioni iniziali” (nel tempo).
Le equazioni di Maxwell in forma locale ci evidenziano le sorgenti del campo elettromagnetico, in termini di divergenza (“fontane o pozzi”) o in termine di rotore (“vortici”). Le sorgenti possono dipendere direttamente dai campi (“sorgenti interne”, in rosso) o meno (“sorgenti esterne”, in blu; in realtà, anche le sorgenti “esterne” possono essere “prodotte” dai campi.
t∂∂
−=×∇BE (A3.1’)
(2”) 0ερ
=⋅∇ E (A3.2’)
(3”) 0=⋅∇ B (A3.3’)
(4”)
∂∂
+=×∇tEJB 00 εµ (A3.4’)
Come si nota, le uniche sorgenti esterne previste nelle equazioni locali di Maxwell
sono le densità volumetriche di carica e le densità di corrente. Altri tipi di sorgenti (cariche puntiformi, lineari o superficiali, ovvero correnti laminari ecc.) determinano singolarità nelle relazioni differenziali; se ne può tener conto nelle relazioni integrali, che danno luogo a
2
condizioni di raccordo alla frontiera dei sottodomini all’interno dei quali i campi sono continui e derivabili (vedi oltre). Nel caso di moto stazionario di cariche in migrazione ( ad es. in un conduttore filiforme), non vi è variazione media della carica in moto in ogni volume; in ogni punto è costante la velocità v di migrazione (non considerando il moto di agitazione termica e il moto vario nell’intervallo tra due interazioni1. Si può quindi ritenere che sia nulla, in media, la risultante delle forze che agiscono sulla carica q in movimento, nel nostro caso la forza qE nel senso del moto ed una “forza d’attrito equivalente” –kv diretta in senso opposto alla prima. In un circuito semplice (ad esempio una regione di spazio di forma anulare), il campo velocità di migrazione delle cariche ha linee di flusso anulari e tutte orientate in senso orario o antiorario. Quindi la circuitazione del campo di velocità v e del campo di corrente J=ρv non può essere nulla, ossia il campo di corrente stazionaria non può essere conservativo. Poiché il moto di migrazione è non è vario e il campo equivalente d'attrito è sempre opposto al senso del moto, il campo di forze sulle cariche ed il relativo campo elettrico complessivo (che, si ricorda, è la forza applicata alla particella riferita alla carica della particella) non possono essere conservativi2. Il sistema di equazioni differenziali di Maxwell si presta a soluzioni analitiche dirette solo in alcuni casi (ad es. propagazione di onde piane). Dal punto di vista generale occorrerà considerare che le equazioni di Maxwell sono differenziali nello spazio e nel tempo e quindi occorrerà conoscere (vedi oltre) le condizioni al contorno del dominio di indagine (o le condizioni all’infinito, nel caso di domini illimitati) e le condizioni iniziali.
1 per il rame tale tempo è dell’ordine di 10-14 s 2 Poiché il campo elettrico derivante da una distribuzione di cariche elettriche è conservativo, ne discende che un moto stazionario di cariche non può essere generato da una distribuzione (fissa) di cariche. Occorrerà quindi considerare una sorgente di campo elettrico non di tipo elettrostatico, chiamato campo elettromotore. Il campo elettromotore è quindi un campo di forza specifica, di natura meccanica, chimica, elettrica …. ma non elettrostatica (trattandosi di campo non conservativo), che agisce sulle cariche tenendole separate in un mezzo conduttore e consentendo per esse un moto stazionario (o anche non stazionario). In un circuito semplice interessato da corrente stazionaria, ci deve essere almeno una parte (tratto generatore) in cui il campo elettromotore è diverso da zero; l'eventuale parte complementare, in cui il campo elettromotore è nullo, prende il nome di tratto utilizzatore. Nel tratto utilizzatore la forza specifica sulle cariche è quella derivante dalla distribuzione di cariche (causata a sua volta dal campo elettromotore) ed è quindi un campo a potenziale: nel tratto utilizzatore la tensione elettrica (integrale del campo elettrico) valutata tra due punti non dipende dalla curva di integrazione ma solo dagli estremi di integrazione (all'interno del tratto generatore, viceversa, la tensione dipende dalla curva scelta). Se quindi il campo elettromotore è diverso da zero solo in una parte del circuito semplice, di sezioni estreme A e B, la tensione VAB sarà indipendente dalla curva scelta solo a patto di non "entrare" nel tratto generatore. Le sezione A e B individuano quindi i confini tra un "bipolo generatore" - identificabile attraverso una caratteristica V-I valutata all'esterno del tratto generatore - ed un "bipolo utilizzatore" in cui non vi sono vincoli per la valutazione della tensione.
3
A3.2 POTENZIALI ELETTROMAGNETICI
Le equazioni di Maxwell permettono di identificare rapidamente potenziale vettore e potenziale scalare. Infatti abbiamo (A3.5) )(0 vettorepotenzialeilèAABB ×∇=⇒=⋅∇ 3 Quindi
(A3.6) Φ∇−∂∂
−=⇒Φ−∇=∂∂
+⇒=
∂∂
+×∇⇒∂×∇∂
−=∂∂
−=×∇tttttAEAEAEABE 0)(
dove Φ è il potenziale scalare elettromagnetico, riconducibile, in caso stazionario, al potenziale elettrostatico.
(A3.7) ∫ ⋅+Φ=Φ⇔Φ−∇=B
Aes dlBA tEE )()(
Il campo elettrico ammette un potenziale scalare solo nel caso stazionario (o quasi-stazionario), mentre il campo magnetico ammette sempre potenziale vettore. Sostituendo la (A3.6) nella (A3.2) si ha
(A3.8) 0
2
0 ερ
ερ
−=∂∂⋅∇+Φ∇⇒=
Φ∇−
∂∂
−⋅∇ttAA
Sostituendo nella (A3.4) dalla (A3.5) e dalla (A3.8)
(A3.9) JAA 02
2
00)( µµε =
∂∂
∇−∂∂
−−×∇×∇tV
t
Nelle (A3.8)-(A3.9) non compaiono più i campi E e B, ma i potenziali vettore e scalare, in funzione delle distribuzioni di carica e di densità di corrente. Per avere una espressione più “leggibile” della (A3.9), ricordiamo che il potenziale vettore A(P,t) è 4definito a meno del gradiente di una funzione scalare Ψo(P,t) e la sua divergenza è arbitraria. Indichiamo con A0(P,t) un potenziale vettore indivergente. Ne deduciamo che qualsiasi altro potenziale vettore A dovrà rispettare la condizione:
(A3.10) AAA ⋅−∇=Ψ∇⇒Ψ∇⋅∇+⋅∇==⋅∇ 02
00 0 (gauge di Coulomb)
3 Il potenziale vettore è un campo vettoriale di cui è non è in partenza assegnata la divergenza (si vedrà in seguito che potrà essere assegnata con opportune condizioni o gauges). Il potenziale vettore è sempre definito a meno del gradiente di una funzione scalare, in quanto il rotore di un gradiente è nullo. 4 Si ricorda che la proiezione sui tre assi cartesiani del laplaciano di un vettore dà luogo a tre laplaciani scalari nelle componenti cartesiane del vettore.
4
Nella (A3.9) avremo
(A3.11) ( )
JA
A 020
2
000 )( µµε =
∂Φ∂
∇−∂
Ψ∇−∂−−×∇×∇
tt
Ricordando la definizione di Laplaciano vettore
)(2 AAA ×∇×∇−⋅∇∇=∇
abbiamo dalla (A3.11)
(A3.12) JA
A 020
2
0020
2
0002 µµεµε =
∂Φ∂
−∂Ψ∂
∇−∂∂
+∇ttt
Ponendo
(A3.13) t∂Ψ∂
−Φ=Φ 00
si ottiene
(A3.14) JA
A 00
0020
2
0002 µµεµε =
∂Φ∂
∇−∂∂
+∇−tt
ed inoltre
(A3.15) 0
02
00
ερ
=Φ−∇=
Φ∇−
∂∂
−⋅∇=⋅∇t
AE
Con le posizioni (A3.10)-( A3.15) si è pervenuti ad una equazione di Poisson il cui termine noto è legato dalla sola distribuzione volumetrica delle cariche. In altri termini, la soluzione Φ0 corrisponde ad un caso “elettrostatico” noto costituito dalla soluzione “coulombiana” relative ad una distribuzione di carica racchiusa in un volume Δτ:
(A3.16) ∫∫∫∆
=Φτ
τρπε
dr
tQtPPQ
),(4
1),(0
0
Questo risultato ha una importanza solo simbolica, poiché il campo elettrico non discende da questo potenziale scalare, ma occorre anche affrontare la difficile soluzione della (A3.14).5 Nel caso stazionario le (A3.14)-( A3.15) diventano (A3.17) JA 00
2 µ=∇−
5 In luogo della gauge di Coulomb, potrebbe essere usata un’altra condizione (gauge di Lorentz) tra la divergenza del potenziale vettore ed la derivata locale potenziale scalare per ottenere, sia per il potenziale scalare che per il potenziale vettore, una struttura tipica della equazione delle onde.
5
(A3.18) 0
02
ερ
=Φ∇−
note come equazioni di Poisson. Nel prossimo paragrafo esamineremo alcuni casi fondamentali. Notiamo che, nel caso stazionario, le equazioni di Maxwell si disaccoppiano e spariscono le sorgenti “interne”.
In assenza di mezzi materiali, si introducono due campi vettoriali ausiliari:
- il vettore spostamento elettrico, formalmente legato al campo elettrico dalla relazione D=ε0 E; si riconosce immediatamente che il vettore spostamento è omogeneo con una densità superficiale di carica e corrisponde, nel caso del condensatore ordinario nel vuoto, alla densità di carica superficiale sull’elettrodo; il flusso dei tubi di D è pari alla carica intercettata sull’elettrodo;
- il vettore campo magnetico H=B/μ0; si riconosce immediatamente che tale vettore è omogeneo con una densità lineare di corrente e quindi la sua circuitazione definisce una intensità di corrente “concatenata libera” (di conduzione e/o di spostamento).
Consideriamo ora la presenza di mezzi materiali. Distinguiamo le sorgenti vincolate da quelli libere. I fenomeni di polarizzazione elettrica possono essere descritti attraverso il vettore polarizzazione P, inteso come momento risultante per unità di volume dei momenti dei dipoli elettrici intorno al punto in esame. Il vettore polarizzazione, anch’esso omogeneo con una densità superficiale di carica, è quindi legato alla deformazione della materia per effetto delle sorgenti libere. Il campo all’interno della materia risulterà pertanto pari a
(A3.19) 0ε
PDE −=
Nel caso dei mezzi lineari ( ) EEEDEP r 00 εεεχεχ ==+=⇒= dove si introduce la permettività del mezzo εr. Il contributo ai fenomeni di magnetizzazione della materia può essere considerato un contributo al campo d’induzione magnetico aggiuntivo a quello delle correnti libere e può essere descritto attraverso il momento magnetico per unità di volume dei dipoli magnetici intorno al punto in esame (vettore magnetizzazione M) (A3.20) )(0 MHB += µ
Nel caso dei mezzi lineari HHHB rr µµζµ 00 )( =+= dove si introduce la permeabilità relativa μr. Le equazioni ausiliarie di Maxwell diventano
6
(A3.21) ∫∫∫ ⋅
∂∂
+=⋅γ
γγ
εS
o dSt
dl nEJtH
(A3.22) Qd =Σ⋅∫∫Σ
nD
(A3.23) JH =×∇
(A3.24) ρ=⋅∇ D
Dalle equazioni di Maxwell integrali possono essere derivate le seguenti condizioni di raccordo alla frontiera di due domini di diverse caratteristiche elettriche o magnetiche
- le componenti tangenziali del campo elettrico E sono continue (salvo singolarità temporali di B);
- - le componenti normali del campo B sono continue; di conseguenza, le componenti
normali di H sono inversamente proporzionali alle permeabilità; - - le componenti normali di D differiscono per la densità superficiale di carica libera
eventualmente presente sulla superficie di discontinuità; di conseguenza, le componenti normali di E non sono continue e sono, in assenza di carica superficiale, inversamente proporzionali alla permettività.
7
§A3.3 PROBLEMA DI LAPLACE – POISSON
Se il campo elettrico E è irrotazionale in tutto lo spazio escluse le zone in cui sia presente un campo impresso di natura non elettrostatica, esso viene collegato ad un campo scalare detto potenziale elettrico V(P) [Φ(P)], dando origine al cosiddetto problema di Poisson, ovvero al problema di Laplace, se la sua divergenza è
identicamente nulla. Le equazioni corrispondenti prendono il nome rispettivamente di equazione di Poisson ed equazione di Laplace6.
Un problema di Poisson (o di Laplace) si dirà ben posto se sono verificate le condizioni perché la soluzione sia unica.
Si considerino due possibili soluzioni V’(P) e V”(P) due soluzioni all’equazione di Poisson e la funzione W(P)=V’(P)-V”(P), continua e derivabile; il laplaciano di W è nullo. Se si considera il dominio di indagine τΣ di contorno Σ ed campo vettoriale che si ottiene moltiplicando W(P) per il gradiente di W(P), il flusso attraverso Σ di tale campo, per il teorema della divergenza, sarà
ΣΣ
∇∫∫∫ ⋅∇=Σ∫∫ ⋅∇Σ
ττ d)WW(dnWW
da cui
ττττ Σ∫∫∫ ∇=Σ∫∫∫
∇+∇=Σ∫∫
Σ ΣΣdWdWWWd
dndWW 222
Risulta quindi evidente che se si vuole che i gradienti di V’ e V” siano gli stessi in tutto
il dominio , è sufficiente che sul contorno abbiano la stessa derivata normale (dW/dn=0) o lo stesso valore (W=0); in quest’ultimo caso, ovviamente avremo lo stesso valore del potenziale in tutto il dominio. L’assegnazione del valore sul contorno prende il nome di condizione di Dirichlet, l’assegnazione della derivata normale –lato interno per il problema interno, lato esterno per il problema esterno – prende il nome di condizione di Neumann.
6 Espressione del laplaciano in alcuni sistemi di coordinate
2
2
2
2
2
22
zyx ∂Φ∂
+∂Φ∂
+∂Φ∂
=Φ∇ (coordinate cartesiane)
2
2
2
2
22
22 11
zrrrr ∂Φ∂
+∂Φ∂
+∂Φ∂
+∂Φ∂
=Φ∇ϕ
(coordinate cilindriche)
∂Φ∂
+
∂Φ∂
⋅∂∂
+
∂Φ∂
∂∂
=Φ∇ 2
2
22
22 111
ϕθθθ
θθ sensen
senrrr
rr(coordinate sferiche)
)()(2 PfPV =∇ 0)(2 =∇ PV
8
Nel primo caso, è univocamente individuato il potenziale scalare, nel secondo caso è univocamente definito il campo elettrico, grandezza significativa dal punto di vista ingegneristico in quanto rappresenta la sollecitazione specifica sulle cariche e quindi definisce il moto delle particelle o il comportamento del mezzo materiale. La ricerca della soluzione prende il nome di problema di Dirichlet o problema di Neumann. Possono presentarsi anche problemi misti o raccordati, nel senso che le condizioni al contorno non sono tutte dello stesso tipo e/o sono collegabili ad analoghe condizioni in domini contigui.
Nei due casi, il problema è, per gli Ingegneri, ben posto, avendo interesse alla sollecitazione elettrica, cioè al gradiente.
Altri casi, in cui le condizioni al contorno sono di tipo diverso, andranno esaminati a parte. Se il dominio è illimitato, occorrerà introdurre le opportune condizioni all'infinito, anche in relazione alla presenza di cariche all’infinito (es. caso piano e cilindrico) .
Si può dimostrare che un problema di Poisson con condizioni alla Dirichlet può
essere ricondotto ad un problema di Laplace.
In via del tutto generale, le soluzioni si presentano ardue, perché il valore del laplaciano dipende dal campo incognito. Il problema si semplifica notevolmente nel caso di domini omogenei.
Infatti, se il materiale non è omogeneo [e/o se è presente una carica spaziale] occorre risolvere un problema di Poisson, con le stesse equazioni al contorno (quindi il problema continua ad essere ben posto).
Nel caso ad esempio del campo di corrente in mezzo disomogeneo avremo
η
ηηηη
11100 2 ∇⋅=∇⇒∇⋅−=⋅∇⇒=⋅∇⇒=⋅∇ EEEEJ V
L'equazione da risolvere corrisponde ad un problema di Poisson, analogamente al caso elettrostatico con una "carica libera equivalente" di densità volumetrica pari a
∇⋅⋅⋅−=
ηεηρ 1Eeql
In tal caso il valore del Laplaciano dipende dal campo (che è ovviamente non noto). Occorrerà procedere in genere per via numerica. A3.3.1 Soluzioni analitiche dell’equazione di Laplace
Si è osservato che la soluzione di una equazione di Poisson in dominio limitato con assegnate condizioni al contorno può essere ricondotta ad una equazione di Laplace con condizioni al contorno opportunamente modificate. In questo modo si può utilizzare il notevole studio analitico condotto sull’equazione di Laplace.
9
Una funzione V(P) che soddisfa l’equazione di Laplace viene detta armonica. Ad esempio la funzione V(x,y,z)=ax+by+cz è armonica. Le principali proprietà delle funzioni armoniche sono le seguenti
- il valore che una funzione armonica assume in un punto è pari alla media dei valori assunti su una sfera di raggio qualsiasi centrata nel punto (teorema della media) - una funzione armonica in un dominio non presenta massimi e minimi all’interno del dominio; essi quindi vanno cercati sulla frontiera;
- una funzione armonica definita all’interno [esterno] di una frontiera su cui sono assegnati i valori, è univocamente determinata al suo interno [esterno, se regolare all’infinito] (Dirichlet); è determinata univocamente a meno di una costante se si assegna sulla frontiera la derivata normale (Neumann).
A3.3.2 Rappresentazione dei campi armonici I campi vettoriali vengono normalmente rappresentati dalle “linee di forza” tanto più ravvicinate quanto più intenso è il campo (convenzione di Faraday). Una linea di forza è una linea orientata ed ha la proprietà che per ogni punto in cui il campo non sia nullo o infinito passa una linea la cui tangente ha la stessa direzione e verso del campo e quindi del gradiente di potenziale. In un campo armonico, le superfici equipotenziali sono caratterizzate dal valore del potenziale e dal fatto che il campo (il gradiente) è ad esso ortogonale. I tubi di flusso sono porzioni di spazio caratterizzati dal fatto che in ogni punto della parete del tubo il campo è tangente e per ogni punto della parete passa una linea di flusso; se si considerano due sezioni trasversali del tubo di flusso con due riferimenti congruenti, il tubo può essere caratterizzato dal valore del flusso del campo attraverso una delle sezioni e si può costruire una funzione di flusso; le superfici equiflusso saranno caratterizzate dallo stesso valore della funzione di flusso. Superfici equipotenziali e superfici equiflusso sono in ogni punto ortogonali e quindi danno luogo ad un reticolo ortogonale. Date le proprietà di ortogonalità, le superfici dei due tipi possono essere scambiate. La rappresentazione grafica di un campo avviene mediante il disegno di superfici equidistanziate per intervallo di potenziale e di funzione di flusso.
10
A3.3.3 Metodi di risoluzione analitica dell’equazione di Laplace Con metodi analitici possiamo pervenire ad una grande varietà di soluzioni e dare lo spunto nella progettazione di componenti ed impianti; queste soluzioni possono però essere generalmente utilizzate per la verifica del campo in domini irregolari di interesse applicativo.
Tra i metodi analitici si rimarcano i seguenti:
1) risoluzione diretta (casi di simmetrie semplici) 2) metodo di separazione delle variabili 3) metodo della funzione di Green 4) metodo delle funzioni analitiche e trasformazioni conformi 5) metodo di composizione
A seguire la soluzione diretta dell’equazione di Laplace nei casi fondamentali (geometrie semplici) con un collegamento con applicazioni tecniche significative
Una significativa presentazione degli altri metodi analitici indicati, nonché dei metodi analogici, numerici e sperimentali è riportata nel cap. I degli Appunti del Corso di Modellistica Elettromagnetica dei Materiali sul sito www.elettrotecnica.unina.it .
A3.3.4 Geometria piana (mezzo omogeneo)
V1V2
h1
dVdn = 0
dVdn = 0
x0 d
h2
Fig.A3.3.4.1
Consideriamo due elettrodi piani paralleli indefiniti a distanza d (fig. A3.3.4.1) tra cui è interposto un mezzo omogeneo ed isotropo, privo di carica libera, caratterizzato dalla conducibilità 1/η [e/o dalla costante dielettrica ε].
11
In condizioni stazionarie sia V1 il potenziale dell'elettrodo 1 e V2 il potenziale dell'elettrodo 2. Potremmo pensare di collegare i due elettrodi ad un generatore di tensione ΔV=V1-V2 .
I campi non possono che dipendere da una sola coordinata (x) ed avere una componente non nulla solo lungo tale asse. Infatti, se il campo elettrico avesse una componente lungo un altro asse ortogonale, non potrebbe essere rispettata l'irrotazionalità del campo (basti pensare al calcolo della circuitazione lungo un rettangolo su un piano ortogonale all'elettrodo, con un lato appoggiato ad esso).
Se si limita lo studio dei campi ad un dominio "tagliato" da due coppie di piani paralleli ortogonali agli elettrodi ed ortogonali tra di loro a distanza h1 e h2 tra di loro, individuiamo che tale dominio è una porzione di tubo di flusso del campo elettrico e del campo di corrente [del campo di spostamento]. Da notare che il problema è ben posto, in quanto sugli elettrodi conosciamo il potenziale, sulle pareti laterali è nulla la componente normale del campo e quindi è nulla la derivata normale del potenziale (condizione di Neumann) dV
dn= 0.
In questo caso è immediato valutare la conduttanza [la capacità] equivalente tra
le sezioni degli elettrodi in tal modo individuate:
2112
22 )(00 kxkxVkE
dxdV
dxVdV x +=→=−=→=→=∇
∆
=∆
=⋅
⋅=
−==
−=−
=
==
∫
∫∫∆
dSC
dS
dx
dS
VVI
RG
Ed
)(V)d(Vk
V)(Vk
dS
x
εγ
0
21
1
12
1
00
x1E
nJ
con ∆S= h1 h2 . Tale espressione ricorda quella introdotta per il conduttore filiforme. Nel caso sia presente una distribuzione volumetrica di carica assegnata fra gli elettrodi (fig. A3.3.4.2), il Laplaciano è noto e l'equazione di Poisson può essere integrata direttamente. Nel caso ad esempio di alcuni tubi a scarica, possiamo immaginare una distribuzione uniforme di carica spaziale ρ in un gas a bassa pressione.
12
V V1 2
h1
dVdn = 0
dVdn = 0
x0 d
fig. A3.3.4.2
In tal caso, con le stesse condizioni al contorno prima assunte, abbiamo
∇ = − → = − → = − = − + → = − + +22
2 12
1 22V d V
dxdVdx
E x k V x x k x kxρε
ρε
ρε
ρε
( )
dove
( )
( )dxd
VVdxdVE
Vxd
VVxdxxV
dd
VVdxdVk
VdkdVdV
VVk
x
x
−+−
−=−=
+−
+−−=
+−
==
++−==
==
=
22
2)(
2
2)(
)0(
12
112
12
01
112
2
12
ερ
ερ
ερ
ερ
La distribuzione di potenziale nel caso di presenza di carica si modifica rispetto al caso geometrico (nel nostro caso lineare) per un termine parabolico che si annulla agli estremi dell'intervallo. Il massimo scostamento dalla soluzione "geometrica" (cioè dipendente dalla configurazione elettrodica in assenza di carica spaziale) si avrà quindi
al centro dove vale 8
2dVo
max ερ
=∆ . In presenza di carica spaziale, si potrà avere un
massimo o un minimo del potenziale all'interno dello spazio interelettrodico (V non è
armonica) 2
12dd
VV
xM +
−
=
ερ
se la densità di carica è sufficientemente elevata da determinare un campo di carica spaziale competitivo con quello geometrico , ossia se è verificata la condizione
13
212
12
22 d
VVddVV
−⋅⟩⇒⟨
−
ερ
ερ
In corrispondenza di xv il campo cambia senso. In relazione al segno dei potenziali e della densità di carica, in xM si avrà un anodo o un catodo virtuale; in tale zona il campo cambia verso determinando da un lato un “serbatoio di contenimento” della carica spaziale, dall’altro una zona di forte sollecitazione (N.B. nell’analisi che abbiamo fin qui condotto si è fatta l’ipotesi di carica spaziale “bloccata”; essa si può riferire sia al caso dei gas – considerando una distribuzione “stazionaria”- oppure alla carica “intrappolata” nei solidi). A3.3.5 Geometria sferica (mezzi omogenei)
Se consideriamo due elettrodi sferici concentrici (fig. A.3.3.5.1), a potenziali fissati (ad es. collegati ad un generatore ditensione ideale), con interposto un mezzo a resistività η, il campo elettrico (e quello di corrente ) non potrà che essere dipendente solo dalla coordinata radiale e a componente solo radiale (ogni altra componente determinerebbe una circuitazione non nulla del campo elettrico in una regione priva di campo impresso). Le linee di campo sono radiali, le superfici equipotenziali sfere concentriche.
r1
r2+
V2
V1
η
fig. A3.3.5.1
Si potrà definire una resistenza equivalente tra i due elettrodi
−==
Σ⋅
⋅
=−
=∫
∫∫
∫
Σ
2112
212
)(12
2112
114
4
)(
)(2
1
2
1
rrI
drr
I
dr
drr
IVVR
r
r
r
r
r
πηπ
ηη
nJ
tJ
14
per r2>>r1 , si ha
11 4 r
Rπη
=∞
In generale, per r generico
−==
Σ⋅
⋅
=−
=∫
∫∫
∫
Σ
rrI
drr
I
dr
drr
IrVVrR
r
r
r
r
rr
114
4
)(
)()()(
112
212
)(12
11
11
πηπ
ηη
nJ
tJ
Il potenziale all'aumentare di r varia quindi con legge iperbolica:
121
121111
4)( I
rrIRrVV r
−==−
πη
Il campo massimo si trova in prossimità dell'elettrodo interno
−
−==−==
21
21
212
1
121max 114)(
1
rrr
VVrI
drdVrEE
r πη
Il campo tende ad infinito (a tensione fissata) sia quando il raggio interno tende a zero, sia quando tende a zero la differenza δ=r2-r1 . In quest’ultimo caso la distribuzione di campo tende ad essere uniforme e pari a
δ21
21
21
21max 1112
VV
rrr
VVErr
−≅
−
−=
→
Il valore minimo del campo massimo (al variare del rapporto tra i raggi) come si può facilmente controllare, si ha per r2=2r1 . Il campo massimo vale in tal caso
1
21
1
212max 2
211
12 rVV
r
VVErr
−=
−
−=
=
Nelle migliori condizioni quindi, il campo elettrico sferico ha un valore massimo che è il doppio del campo uniforme a parità di distanza elettrodica (che, in questo caso, è pari a r1). In altri termini, le sollecitazioni sul materiale (anche dal punto di vista termico) sono sensibilmente non uniformi anche nel caso di configurazione elettrodica ottimale. A.3.3.6 Applicazioni: il dispersore di terra emisferico
I resistori sferici non sono in pratica utilizzati. Il campo emisferico si ottiene considerando un taglio equatoriale. Le condizioni al contorno del dominio emisferico sono le stesse del campo sferico (potenziali assegnati
15
agli elettrodi e derivata normale nulla sulla superficie del taglio; la distribuzione di campo e potenziale rimane inalterata). A parità di tensione applicata, la intensità di corrente I'12 è dimezzata rispetto alla corrente I12 del caso sferico:
−=
21
'12
112 rr
Rπη
TRr
R ==∞1
1 2πη
121
111
2)( I
rrrVV
−=−
πη
r1
r2
+
V2 η
V1I'
12
+
fig. A3.3.6.1 Per r2 tendente a valori infinitamente grandi (generatore "lontano"), si ha la configurazione del dispersore di terra emisferico (fig. A.3.3.6.1), in intimo contatto con il terreno, che può essere inserito in un Impianto di terra. In condizioni di perdita accidentale dell'isolamento tra un conduttore della linea di alimentazione di una apparecchiatura e la carcassa metallica dell'involucro della stessa, il collegamento linea - involucro - persona - terreno, richiudendosi sul generatore, può essere interessato da corrente. La tensione VAB applicata al corpo umano7 (fig. A.3.3.6.2) viene chiamata in questo caso tensione di contatto.
7La resistenza equivalente del corpo umano dipende dai punti di contatto, dallo stato del contatto - es. mani e piedi bagnati o isolati - e da condizioni soggettive (0,5- 3kΩ )
16
+ Linea di alimentazione
Utenza in contenitore metallico
cedimento dell'isolamento
A
BI'12
fig. A3.3.6.2
Per limitare drasticamente i valori della tensione di contatto (in modo che sia < 50V, tensione di sicurezza), si costruiscono gli impianti di terra collegando al dispersore tutte le masse metalliche esistenti nell'area interessata ed affidando ad interruttori automatici differenziali l’intervento in caso di guasto verso massa o di contatto accidentale (vedi Cap.VIII). Il collegamento ad un dispersore di terra viene indicato con il simbolo
In presenza dell’impianto di terra, la tensione di contatto è estremamente ridotta, in quanto il corpo umano si trova, in prima approssimazione, in "parallelo", rispetto al generatore, al "ramo" contenente il dispersore, che deve quindi costituire un ramo di resistenza equivalente molto minore della resistenza equivalente del corpo umano nelle peggiori condizioni; la intensità di corrente I", a patto di una buona progettazione e manutenzione dell'impianto di terra, può diventare trascurabile rispetto alla corrente di I' di guasto (per il cui valore deve essere opportunamente progettato l'intervento degli interruttori di protezione) (fig. A.3.3.6.3).
+ Linea di alimentazione
Utenza in contenitore metallico
cedimento dell'isolamento
A
B
I'12
T
I"
fig. A3.3.6.3
17
Per il dimensionamento del dispersore, occorre conoscere la massima corrente di guasto verso terra (dipendente dall'impianto e dagli organi di interruzione) I'12M; la resistenza di terra del dispersore deve essere quindi, cautelativamente,
'121
'1
502 M
T IrRR <== ∞ π
η
Il valore richiesto sarà tanto più facilmente realizzabile quanto più conduttivo è il terreno (η varia da 30-200 Ωm per i terreni argillosi ad oltre 1000 Ωm per i terreni rocciosi) e quanto minore è la corrente massima di guasto che determina l'intervento della protezione. Tuttavia, la presenza dei dispersori comporta una insidia: in prossimità degli stessi occorre controllare la tensione di passo, ossia la massima tensione che può stabilirsi tra due punti del corpo umano poggiati al suolo (tipicamente tra i due piedi di una persona che cammina nei dintorni del dispersore) (fig. A.3.3.6.4). Anche la tensione di passo deve essere inferiore a 50 V.
+V1
I'terra
+
r1 A B
fig. A3.3.6.4
La tensione di passo (indicando con p la distanza di un passo, tipicamente pari a 1m) vale
+
=
+
−=
+
−=+−pr
pIRpr
rIRIprr
prVV TT1
121
11212
1111 111
2)(
πη
ed è quindi opportuno, per sicurezza, spesso ritenerla pari alla tensione
'121 IRV T=∞
18
considerando che vi sono casi di "passi" più lunghi quali quelli dei grossi quadrupedi o comunque di appoggi a distanza maggiore del passo ordinario.(8) Se consideriamo r2>>r1, il primo elettrodo (sferico o emisferico) potrà essere visto come un dispersore puntiforme . Ovviamente il valore massimo del campo elettrico sarà determinato dalla dimensione reale dell’elettrodo più piccolo. A partire dal dispersore emisferico (o sferico) singolo, potranno essere considerati più dispersori “omonimi” (ossia con intensità di corrente dello stesso segno, considerando il riferimento di fig. A.3.3.6.4) o “eteronimi” (con intensità di corrente di segno opposto). Nel primo caso rientrano la maggior parte degli impianti di terra e di protezione dai fulmini per edifici civili ed industriali. Considerando in prima approssimazione il terreno come un mezzo “lineare” (ossia di conducibilità nota e costante), si potranno valutare nei diversi casi gli effetti di “prossimità” di più elettrodi di terra, applicando ai potenziali il principio di composizione. In fig. A.3.3.6.5 è riportato l’andamento qualitativo del potenziale nel caso di dispersori omonimi e in quello di dispersori eteronimi. Nel primo caso potrà essere meglio valutata la “resistenza equivalente di terra” ai fini del calcolo delle correnti di guasto “iniettate” nei dispersori a pettine (in parallelo), nel secondo caso si dovranno valutare gli incrementi sulle tensioni di passo – rispetto a quelle prima calcolate – determinate dagli elettrodi “in serie”.
fig. A3.3.6.5 Quanto finora presentato può essere applicato al dispersore emisferico collocato a sfioro nel terreno, oppure al dispersore sferico interrato a grandissima profondità, tale da dover ritenere impercettibile la deformazione del campo al suolo.
8 A titolo di esempio se la corrente di guasto ha una intensità I=100 A e la resistività del terreno è 100 Ωm (terreno roccioso), la resistenza di terra corrispondente ad un dispersore emisferico di 1 m di raggio vale 16 Ω, la tensione “totale” di terra V=RI vale 1600V e la tensione di passo nelle immediate vicinanze dell’elettrodo vale 711 V; in tal caso sarà necessario interdire l’accesso al dispersore, predisponendo intorno al dispersore una
recinzione a distanza minima d tale che sia V.d
.pd
pIRIprr
)pd(V)d(V T 5080
801600112 1212
11
≤
+=
+
=
+
−=+−πη
!m,d.d. 6248050160080
≥→+≤
⋅
→
I1
I2= -I1
x
V
I1 I2=I1 x
V
19
Nel caso di dispersore puntiforme interrato ad una profondità h, al fine di valutare il campo tangenziale al suolo e quindi le tensioni di passo, si può ricorrere al metodo delle immagini considerando che la condizione di Neumann è nulla al suolo (lato del terreno) per la presenza dell’aria (isolante) sovrastante. Basterà quindi considerare, per la simmetria, un dispersore omonimo virtuale ad altezza h. La distribuzione di potenziale al suolo potrà essere semplicemente valutata come
2202
4)(
xh
IxVV+
=−π
η
Potrà essere così valutata la “zona pericolosa” e la massima tensione di passo
( )( )
( )2
084022344
02234404
4
2222
2223
222
2
2222
hxxhxxxh
xhxxxhxV
xhxhxI
xV
±=⇒=−⇒=⋅⋅−+⇒
⇒=+⋅⋅−+⇒=∂∂
⇒++
=∂∂
πη
A partire dal dispersore sferico puntiforme, potranno essere individuati modelli di funzionamento di dispersori puntuali o lineari. Si può quindi rapidamente pervenire al modello di funzionamento del paletto di terra o "puntazza", il più diffuso tipo di dispersore [5, Cap.I,§7 ]. Un paletto di diametro d infisso per una profondità h può essere assimilato ad un semiellissoide di rotazione (fig. A3.3.6.6);
d
h
fig. A3.3.6.6
Infatti il campo dovuto ad una successione di dispersori puntiformi “elementari” (di “lunghezza” 2h, compresa la sorgente immagine) cui può essere (a meno di infinitesimi
di ordine superiore) essere attribuita una intensità di corrente h
dI2ξ .
20
Il contributo al potenziale in un punto generico P(x,y) dovuto al singolo elemento a distanza r dal punto vale (fig. A.3.3.6.7)
fig. A3.3.6.7
( )22842 ξ
ξπη
πηξ
−+⋅=⋅=
xy
dhI
rhdIdVP
per cui
( )
( )( )22
22
222
ln8
81
88
hxyhx
hxyhxhIV
yxsettsenh
hI
yx
yxd
hI
xy
dhIV
P
h
h
h
h
h
hP
−++−
++++=
−=
−+
−
=−+
==
−=
=
−=−∫∫
πη
ξπη
ξ
ξ
πη
ξ
ξπη
ξ
ξ
ξ
ξ
Le superfici equipotenziali (considerata la geometria assisimmetrica) sono ellissoidi di rotazione. Le superfici coniugate (ortogonali) rappresentano le superfici di flusso e sono iperboloidi di rotazione. I fuochi degli ellissoidi corrispondono agli estremi della sorgente lineare. Considerato un paletto metallico di diametro d, opportunamente sagomato all’estremità (fig. A.3.3.6.6) potremo considerarlo in prima approssimazione un ellissoide di rotazione, il cui potenziale (rispetto all’infinito) vale
hd
hIV
hdh
hdh
hIV hd
4ln4
2
2ln
8 0
22
22
0 πη
πη
≅→→
+
+−
+
+
= ∞<<∞
Considerando che il paletto reale (di lunghezza h) corrisponde alla metà della sorgente lineare, la resistenza di terra corrispondente all’uso del paletto si può calcolare come
x
x
y r
2h dξ
P
21
dh
hIV
RTpaletto4ln
22
0
πη
== ∞
Ad esempio per un terreno di resistività 100 Ωm, un paletto di 2m e di diametro 5 cm determinerà una resistenza di terra di circa 40 Ω. Altri tipi di dispersori usati nelle cabine elettriche o nei laboratori di prove elettriche sono a rete o a lastra interrata. Caso per caso si dovrà opportunamente progettare il dispersore o la rete di dispersori, considerando anche la natura del terreno e le condizioni di umidità prevedibili. Le norme indicano una verifica biennale dell’impianto di terra. A3.3.7 Geometria cilindrica (mezzi omogenei) – Cavo coassiale
Nel caso di simmetria cilindrica, potremo sviluppare considerazioni analoghe al
caso sferico. Se consideriamo due cilindri coassiali, a potenziali fissati (ad es. collegati ad un generatore di tensione ideale), con interposto un mezzo a resistività η, il campo elettrico (e quello di corrente ) non potrà che essere dipendente solo dalla coordinata assiale e a componente solo radiale (ogni altra componente determinerebbe una circuitazione non nulla del campo elettrico in una regione priva di campo impresso).
Si potrà definire una resistenza equivalente
1
2
12
12
)(12
2112 ln
22
)(
)(2
1
2
1
rr
lI
drrl
I
dr
drr
IVVR
r
r
r
r
r
πηπ
ηη==
Σ⋅
⋅
=−
=∫
∫∫
∫
Σ
nJ
tJ
Il potenziale all'aumentare di r varia con legge logaritmica, il campo con legge iperbolica:
1
2
2112
1121
ln2)(;ln
2)(
rrr
VVr
Ildr
dVrErrI
lrVV −
==−==−πη
πη
Il campo elettrico massimo si trova in prossimità dell'elettrodo interno
1
21
21
1
121max
ln2)(
1
rrr
VVrI
ldrdVrEE
r
−==−==
πη
Il valore minimo del campo massimo, come si può facilmente controllare, si ha per r1=r2/e. Il campo massimo vale
22
( )112
21
1
2
12
21
1
21max
12−
−−
=−
−−
=−
==
errVV
rrr
rrVV
rVVE
err
Nelle migliori condizioni quindi, il campo ha un valore massimo che è circa il 70% in più del campo uniforme a parità di distanza elettrodica. In altri termini, le sollecitazioni sul materiale (anche dal punto di vista termico), sono sensibilmente non uniformi anche nel caso di configurazione elettrodica ottimale. La resistenza di isolamento di un cavo coassiale per unità di lunghezza, per η=1013 Ωm, presenta i seguenti valori per unità di lunghezza al variare del rapporto dei raggi:
rr2
1 2 5 10 20 50 100
Rl [MΩ] 1100 2600 3700 4800 6200 7300
La misura di questi valori così elevati di resistenza richiede metodi di misura particolari, con megaohmmetri (alimentazione a 500-1000 V) o di metodi balistici (cioè determinando la costante di tempo di carica del cavo in esame). Per l'analogia che si è detta in precedenza potrà essere valutata la capacità del cavo
1
2
2
rrln
lClπε=
A3.3.8 Monospira Si consideri ad esempio una struttura tubolare tagliata lateralmente ed alimentata lato taglio (fig. A3.3.8.1). Si suppone che la struttura abbia resistività uniforme η, sia immersa in un mezzo isolante perfetto, e sia alimentata tramite due elettrodi conduttori perfetti ad assetto radiale, separati di un piccolo angolo Δα; il problema risulta ben posto.
23
r1
r2+ V2
V1
η
∆α
dV/dn=0
dV/dn=0
fig. A3.3.6.7
In questo caso le linee di campo saranno circolari. La resistenza equivalente agli elettrodi vale
( )
( )
( ) ( )
( )
1
221
21
2
0
12
2112
ln
2
2)(
2)(2
1
2
1
2
1
rrl
rdrlVV
VV
drlrE
rrE
drl
rd
IVVR r
r
r
r
r
r
απη
απηη
απϕ
ϕ
ϕ
ϕ
απ
ϕ ∆−=
∆−
−
−=
∆−=
⋅
⋅=
−=
∫∫∫
∫∆−
1J
1E
f
A3.3.9 Conduttore massiccio La conduttanza Γ di un conduttore massiccio omogeneo tra due basi equipotenziali A e B, può essere valutata considerando noto il campo di corrente in questo conduttore e suddividendo il conduttore stesso in “filetti” elementari di corrente di conduttanza (elementare) ed integrando lungo la linea media del campo di corrente
∫∫∫∫=
⋅=
⋅=
⋅==Γ B
A
A
AB
A A
AB
A
AAB
A
AB dldS
dSdS
dltJJ
dS
dltJ
dSJ
dltE
dIVdId
ηηη
La conduttanza di un conduttore massiccio sarà quindi
AS
B
A
A
dSdl
dSdS
A
∫∫
=Γ11
η
Appendice A4
APPROSSIMAZIONE QUASI STAZIONARIA In generale, la tensione fra due punti A e B è definita in funzione della linea prescelta per l’integrazione del campo. La differenza tra due tensioni valutate tra A e B lungo due linee diverse γ’ e γ” è pari alla circuitazione del campo elettrico lungo la linea chiusa γ unione di γ’ e di (-γ”), quindi all’opposto della variazione del flusso del campo magnetico concatenato con la linea γ, orientata congruentemente a γ’.
(A4.1) ∫∫∫ ⋅−=⋅=−γ
γγ
γγ
SABAB dSnB
dtddltEVV "'
Abbiamo definito il campo quasi-stazionario nel caso che tale differenza sia trascurabile per le applicazioni che interessano , es. sia inferiore al 5% rispetto al valore della tensione(1). Se ad esempio, spostando la linea di integrazione nello spazio di nostro interesse , si ha come casi estremi, VVVV ABAB 96100 "' == γγ ,possiamo dire che, per le tolleranze adottate, le due tensioni hanno differenza trascurabile e quindi si può considerare un solo valore della tensione (con l’approssimazione del 5%). Dalla (A4.1) ricaviamo anche le condizioni in cui la differenza tra le tensioni è trascurabile; facendo riferimento al regime sinusoidale; infatti, posto e considerato che
(A4.2)
( )
γγ
γγγ π
απ
SfBV
SfBtVtV
ftBtB
MAB
MABAB
BM
>>
≅−
+=
max
*
max
"' 2)()(
2sin)(
[dove γ* è una qualsiasi linea tra A e B “compresa” tra γ’ e γ” e Sγ è una superficie “ragionevole” definita da γ* e γ’ (o γ”)], la condizione di quasi stazionarietà si raggiunge sicuramente se è verificata almeno una di queste condizioni:
a) la variazione del campo magnetico (la frequenza, ovvero la massima frequenza ipotizzabile in una scomposizione temporale) è sufficientemente bassa;
b) il campo magnetico è sufficientemente modesto; c) la regione di interesse è sufficientemente ristretta.
Analogamente , se consideriamo le sezioni terminali SA ed SB di un tratto di materiale conduttore immerso in un isolante, in condizioni di corrente quasi-stazionaria avremo per ogni intervallo temporale una variazione “trascurabile” di carica nel volume di conduttore considerato, ossia una intensità di corrente di uguale valore (assoluto) attraverso le due sezioni terminali. Facendo ancora riferimento ad un caso di regime sinusoidale, si potrà dire dalla (A4.2)
1 Questa approssimazione viene denominata quasi-stazionaria elettrica.
(A3.3)
( )
( )
( )
Σ>>
Σ≅Σ⋅
++−×∇=
=Σ⋅=−
+=
∫∫
∫∫
Σ
Σ
M
MEM
BA
EM
fEI
fEdnftEfB
dnJtItI
ftEtE
max
00
max
00
maxmax
22
2sin2
)(
2sin)(
πεµπαππεµ
απ
La condizione di quasi stazionarietà si raggiunge sicuramente se è verificata almeno una di queste condizioni2:
d) la variazione del campo elettrico (la frequenza f, ovvero la massima frequenza ipotizzabile in una scomposizione temporale) è sufficientemente bassa;
e) il campo elettrico è sufficientemente modesto; f) la regione di interesse, di superficie laterale Σ, è sufficientemente piccola, ovvero le
due sezioni sono abbastanza ravvicinate. Le condizioni (A4.2) ed (A4.3) possono essere riscritte come:
Σ>>≅⋅=
>>≅⋅=
Σ∫
∫
Σ
M
M
B
AAB
fErBdltBI
SfBdEdltEVAB
*
0
*
0max
**
*
maxmax
*
2πµµγ
γ
γ
γ
da cui, introducendo la lunghezza d’onda λ associata al campo variabile, la “dimensione” Δ della regione per cui si possono ritenere valide le condizioni di quasi-stazionarietà risulta
λπλ
πµ
ππµµ
λλλ
γ
γγ
"2
;2
'1,;
*2*
0
*
2*
0
*
0max
**
**
krrEcrB
rfErBdltBI
kE
cBcfdSE
SfBd
M
M
MMABAB
<<⇒>>⇒
⇒≅ΣΣ>>≅⋅=
<<∆⇒∆
>>⇒=∆≅>>
ΣΣΣ
ΣΣ∫Σ
Si nota una condizione comune ai due casi: la regione di interesse deve essere piccola rispetto alla minima lunghezza d’onda associabile con i campi variabili. Ad esempio, alla frequenza f=50 Hz, la lunghezza d’onda è di (3 108/50) metri, ossia 6000 km: è ragionevole pensare che la condizione di quasi stazionarietà è rispettata se consideriamo l’intera rete di distribuzione dell’energia elettrica in Italia. Tuttavia le quantità k’ e k” sembrano giocare ruoli contrapposti.
2 In questo caso l’approssimazione viene denominata quasi-stazionaria magnetica.
Per un approccio più ingegneristico, inquadrabile nella Teoria Generale dei Modelli, al modello quasi-stazionario elettrico (QSE), quasi stazionario magnetico (QSM), quasi stazionario di corrente (QSC) – laddove le due relazioni siano contemporaneamente verificate in modo “abbastanza” soddisfacente, vedasi
L. DE MENNA: Elettrotecnica - ed. Pironti, Napoli 1998 dove si perviene in ultima analisi alla definizione “quasi-stazionaria” del condensatore (QSE), dell’induttore (QSM), del resistore (QSC).
1
Appendice A5 MODELLI DI CONDUZIONE NEI SOLIDI E NEI LIQUIDI
La conduzione elettrica nella materia (ossia il moto medio di portatori di carica, rispetto ad un riferimento di laboratorio, esprimibile in termini di densità di corrente o di intensità di corrente) è descrivibile in termini di: a) tipi di portatori di carica: b) proprietà chimico-fisiche del “materiale” (o dei materiali) sede del fenomeno di conduzione; c) caratteristiche spazio-temporali della sollecitazione “macroscopica” sui portatori di carica (consideriamo in questa sede principalmente la sollecitazione di tipo “elettrica”1). Per quanto riguarda i portatori, è tradizionale il riferimento agli elettroni, agli ioni, alle “lacune”. Occorre tuttavia associare a tale riferimento qualche riflessione di base. Ad esempio, per l’elettrone potremmo assumere uno dei seguenti modelli: 1) l’elettrone è considerabile come una sfera carica2 obbedente alle leggi della meccanica classica (modello di Drude o modello a “palla di biliardo”); 2) l’elettrone è un oggetto quantico libero, senza interazione con il mezzo in cui si muove, salvo alla sua frontiera (modello di Sommerfeld o modello dell’elettrone libero in un pozzo di potenziale); 3) l’elettrone è un oggetto quantico sottoposto all’azione del mezzo in cui si muove, che però ha solo un ruolo passivo (modello energetico a bande); 4) l’elettrone è un oggetto quantico sottoposto all’azione del mezzo in cui si muove con cui interagisce (modello di Bardeen, Cooper e Schrieffer). E’ palese che non esiste una separazione netta tra i diversi modelli; di essi si dà un breve cenno nel seguito, rinviando per un’approfondita analisi dei suddetti modelli alla amplia bibliografia in merito. Considerando per semplicità lo spazio (occupato da un mezzo qualsiasi omogeneo) tra due elettrodi piani e paralleli A e B a distanza L, sottoposti alla tensione VAB. Tale spazio è interessato da un campo elettrico di intensità E= VAB /L. Un elettrone viene quindi sottoposto all’accelerazione nella direzione del campo
)1(Emea ⋅=
1 Non trascurabili, tra gli altri, i casi di moto medio di portatori soggetti principalmente a fenomeni di trasporto meccanico (le correnti di convezione, legate ad esempio alle cariche statiche accumulate in dispositivi rotanti oppure ai moti vorticosi di aggregati carichi durante i temporali ). 2 massa a riposo me=9,109 10-31 kg; carica e=-1,602 10-19C
2
L’interazione con il mezzo materiale viene schematizzata con il termine “urto” (elastico o anelastico). Se consideriamo il tempo medio τ tra due urti successivi (tempo di volo), potremo valutare la velocità media di migrazione (velocità di drift) degli elettroni con una espressione del tipo3
)2(22
1 EEmeavD µττ =⋅==
ove µ rappresenta la mobilità degli elettroni. Per ottenere la velocità effettiva dell’elettrone occorrerebbe considerare la velocità u legata all’agitazione termica, di valore estremamente più elevato rispetto alla velocità di drift4; il libero cammino medio λ tra due urti successivi dipenderà praticamente solo dalla velocità di agitazione termica
ττλ ⋅≅⋅+≅ uD uv (3) Considerando un fascio collimato (equivalente) di elettroni di densità Ne caratterizzato da una velocità di drift vD, potremo considerare il rapporto la carica elettrica (riferita al tempo ∆t di osservazione) attraversante una sezione elementare ortogonale al fascio e l’area della sezione stessa; otteniamo in tal modo la densità di corrente elettrica e la cosiddetta “legge di Ohm alla grandezze specifiche”:
)4(22
22
EEum
eNE
meN
veNJe
e
e
eDe σ
λτ=
⋅===
dove σ è la conducibilità del mezzo in esame:
)5()( eNeeµσ = La conducibilità risulta quindi legata al prodotto di due fattori (mobilità e densità). Nel caso dei conduttori metallici prevale la densità, nel caso dei semiconduttori prevale la mobilità. Considerando la classica espressione dell’energia cinetica per l’elettrone
TkumW Bee 23
21 2 == (6)
(dove T è la temperatura assoluta e kB=1.28 10-23 J/K la costante di Boltzmann), si ricava il valore della velocità u e della conducibilità
e
B
mTku 3
= (7)
3 si considera la media tra la velocità finale (prima del nuovo “urto”) e la velocità iniziale subito dopo l’urto precedente (velocità che si suppone trascurabile rispetto a quella finale) 4in un conduttore di rame di un ordinario impianto elettrico industriale, la velocità di drift dell’elettrone è tipicamente di 5 10-3 m/s per un campo di 1 V/m, mentre la velocità di agitazione termina è dell’ordine dei chilometri al secondo.
3
mTkeN
B
e
32
2λσ = (8)5
In generale il moto degli elettroni in un mezzo può essere valutato considerando quest’ultimo come un fluido “viscoso”
)9(Eevdtdvm =
+ζ
Nel caso di “viscosità dominante” il termine dv/dt è trascurabile e ritroviamo la (2) con il parametro di viscosità ζ pari ad 1/τ. §A5.1 Conduttori metallici Il modello a palla di biliardo fu introdotto per i metalli da Drude (1902)6. Esso è un modello rozzo ma efficace per ritrovare alcune leggi fondamentali quali la legge di Ohm e la legge di Joule. In esso, si considerano due tipi di interazione: a) l’interazione elettrone-materia descritta da una “sezione d’urto” equivalente all’interazione di palle di biliardo di diversa dimensione; b) l’interazione elettrone- campo elettrico7 che determina il libero cammino medio, il tempo di volo dell’elettrone e gli scambi energetici. Nel modello dell’elettrone libero in una buca di potenziale, introdotto da Sommerfeld nel 1928, l’elettrone si muove in una regione a potenziale costante delimitata da frontiere che non permettono all’elettrone di allontanarsi (barriere di potenziale, dello spessore di qualche Å). Non è prevista l’interazione tra elettroni. Notevolmente complessa è d’altra parte l’analisi su base quantistica delle interazioni tra elettroni liberi e nuclei di un reticolo cristallino (es nel rame e nell’alluminio). Constatata la dipendenza della resistività dalla temperatura (vedi oltre) e considerata la scarsa incidenza sulla temperatura dello stato energetico degli elettroni, si ritiene determinante lo stato energetico (vibrazionale) dei nuclei del reticolo, cioè la loro “temperatura”; la probabilità di interazione con gli elettroni (e quindi il “tempo di volo” di un elettrone tra due successive interazioni) cresce con l’ampiezza delle vibrazioni e quindi con la temperatura del reticolo. Tale tesi può non trovare più riscontro a temperature molto basse, laddove impurità e imperfezioni del reticolo potranno giocare un ruolo importante ai fini della conduzione elettronica.
5 Se invece della velocità di migrazione media aritmetica avessimo considerato la velocità media statistica, il fattore ½ nella (8) sarebbe diventato 8/(3π). La (8) fornisce valori della resistività a temperatura ambiente ragionevolmente confrontabili con i dati sperimentali. 6 Si formulò l’ipotesi di un “gas perfetto” di elettroni (H.A. Lorentz,1909), con distribuzione di velocità di Maxwell-Boltzmann, che non trova che pochi riscontri nel modello classico: non si ritrova né nella ripartizione di energia né nella valutazione del tempo di volo. Occorre un approccio quantistico (Fermi,1926). 7 in realtà occorre considerare anche l’azione del campo magnetico B sulla “corrente” elettronica di densità J. Gli elettroni saranno deviati e si potrà rilevare un accumulo sulla frontiera; sui due lembi di una striscia interessata dal campo di corrente si viene a determinare un campo elettrico trasversale EH=RH(JxB) (effetto HALL, con RH costante di Hall, dipendente dal materiale)
4
In realtà la dislocazione dei nuclei del reticolo determina una distribuzione periodica del potenziale (che non potrà quindi avere un’unica “buca”); possono essere considerate, nel rispetto del principio di esclusione di Pauli, “bande” di energia degli elettroni utili per la conduzione (bande di conduzione), in cui la densità degli stati ammissibile è diversa da zero, intervallate da bande “proibite” (bande di valenza), in cui la densità degli stati ammissibili è zero. La posizione della energia di Fermi determina la proprietà di conduzione. A temperatura diversa dallo zero assoluto, l’ampiezza 4kT determina la probabilità di avere elettroni disponibili per la conduzione, anche se l’energia di Fermi ricade in una banda proibita. Quando alcuni elettroni delle bande di valenze “migrano” nella banda di conduzione, possono lasciare l’atomo creando una “lacuna”, cioè l’equivalente di una carica positiva pare a quella dell’elettrone. La lacuna può essere colmata da un elettrone di un atomo vicino; si ha quindi uno spostamento di lacuna e cioè un’equivalente moto di carica positiva.
§A5.2 SOLUZIONI ELETTROLITICHE Mentre nei metalli i fenomeni di conduzione non comportano modificazioni dello stato chimico, ciò avviene per le soluzioni elettrolitiche. Nel caso di presenza in un circuito di tratti costituiti soluzioni elettrolitiche siamo di fronte a meccanismi di conduzioni differenti: prevalentemente ionica nella soluzione, elettronica negli altri tratti. Le differenti mobilità delle specie influenzano il comportamento delle soluzioni in regime dinamico. I consistenti fenomeni di polarizzazione e le reazioni chimiche agli elettrodi influenzano anche il comportamento in regime stazionario. La conducibilità di un elettrolita è legata alla concentrazione ed alla mobilità degli ioni positivi e negativi:
−−++ += µµσ enen La conducibilità di un elettrolita va misurata a frequenza abbastanza elevata (1000 Hz) per poter trascurare l’influenza delle reazioni chimiche agli elettrodi (un resistore elettrolitico è generalmente rappresentabile con una resistenza in serie a due capacità di valore elevato, ad es 100 µF. All’interfaccia elettrodo-soluzione si ha quindi un trasferimento di carica, ossia una trasformazione chimico-fisica nel corso della quale le specie presenti nell’elettrolita accettano o cedono elettroni scambiati con il metallo. Per la conservazione della carica, sarà dunque da considerare il processo anodico ed il processo catodico. Ad esempio, in un processo di trasporto che veda impegnati ioni positivi sia di idrogeno che di rame, al catodo è più agevole la cattura degli ioni rame rispetto agli ioni idrogeno Gli elettroliti si distinguono in:
5
a) elettroliti forti (acidi forti e basi forti, sali in generale) (conducibilità dell’ordine di 10 S/m, sensibilmente proporzionale alla concentrazione di soluto). La deviazione dalla legge lineare è generalmente ascrivibile alle interazioni ioniche;
b) elettroliti deboli (acidi deboli e basi deboli), con conducibilità dell’ordine di 0,01 S/m, poco variabile con la concentrazione in quanto le molecole in soluzione sono dissociato solo in una frazione α del numero totale.
Spesso viene introdotta la conducibilità equivalente Λ, riferendo la conducibilità σ alla concentrazione c. Negli elettroliti forti, per concentrazioni non basse, Λ assume il valore limite Λo, corrispondenti alla mobilità limite delle specie ioniche, mentre per concentrazioni basse, il valore della conducibilità equivalente diminuisce per l’interazione (di attrazione) tra le specie di segno opposto. Per elettroliti deboli, le mobilità delle specie ioniche variano molto poco con la concentrazione, per il basso grado di dissociazione. Anzi la misura dell conducibilità permette di valutare anche il grado di dissociazione α=Λ/Λo (essendo Λo la conducibilità equivalente a diluizione infinita)
6
§A5.3 La conduzione elettrica nei semiconduttori I materiali semiconduttori (solfuro di piombo, silicio, selenio, germanio,…) hanno conducibilità notevolmente più bassa dei metalli. Trattasi in genere di materiali tetravalenti con legami di valenza stabili che diventano labili all’aumentare della temperatura, rendendo disponibili elettroni alla migrazione (conduzione tipo n). La lacuna lasciata dall’elettrone può quindi spostarsi ed è equivalente al moto di cariche positive (conduzione tipo p). La conducibilità intrinseca vale
nnpp enen µµσ += Aggiungendo ad un semiconduttore base (es. germanio) un elemento pentavalente (es. arsenico, fosforo, antimonio), si ha un eccesso di elettroni disponibili per la conduzione (portatori maggioritari), con un aumento di diversi ordini di grandezza della conducibilità (drogaggio e conduzione tipo n); le lacune (portatori minoritari ) hanno concentrazione molto più bassa. L’opposto accade in caso di drogaggio con atomi trivalenti (es. boro); in questo caso la conduzione di tipo p è prevalente (le lacune sono i portatori maggioritari). Le giunzioni di materiali con drogaggio p ed n presentano caratteristiche di conduzione fortemente asimmetriche e possono essere usate per la realizzazione di componenti raddrizzatori con eventuale possibilità di controllo.
7
§A5.4 Conduzione nei materiali per isolamenti Nelle strutture di isolamento (isolamenti solidi) si riscontrano i seguenti materiali: - isolanti “reali”, con caratteristiche di conduzione non desiderata, legata in genere ad
effetti termici, di campo o ad impurità; - conduttori deboli o semiconduttori, volutamente adoperati per modificare o controllare
la distribuzione della sollecitazione elettrica (esempio negli isolatori passanti o sulle terminazioni di cavo).
Gli isolanti presentano bande di valenze piene, separate marcatamente (∆W>>kT) da bande di conduzione.
I legami fondamentali sono i seguenti: - legame ionico, dovuto alla forte attrazione di ioni di segno opposto (es Na+ Cl- nel
cloruro di sodio; - legame covalente, quando gli atomi hanno gli orbitali interni completi e quattro o più
elettroni sull’orbitale esterno e possono condividere questi elettroni in coppia con altri atomi
La conduzione elettrica nei cristalli ionici può derivare dal movimento degli ioni nel reticolo (conduzione intrinseca, che diviene importante ad alta temperatura), o anche dalla presenza di impurità (conduzione estrinseca, che può essere significativa anche a bassa temperatura). In un cristallo ionico “perfetto” occorrerebbero campi dell’ordine di 1-100 MV/cm per avere spostamenti degli ioni. Negli isolanti reali, movimenti ionici possono avvenire anche con campi elettrici di intensità notevolmente inferiore: la presenza di imperfezioni nel reticolo può agevolare il movimento degli ioni.
8
§A5.5 Conduzione intrinseca negli isolanti cristallini e polimerici
Si interpreta quindi la conduzione ionica intrinseca come dovuta a difetti di reticolazione. I più noti difetti sono quelli di Frenkel (fig.7.1a) e di Schottky (fig.7.1b): nel primo caso si crea una occupazione interstiziale ed una lacuna, nel secondo caso- molto più frequente- si ha una migrazione ionica verso la superficie (simmetrica). Anche in questi casi il movimento degli ioni è interpretabile come movimento di lacune (di senso opposto alla migrazione degli ioni). Per ricavare un’espressione per la conducibilità intrinseca, consideriamo che la probabilità che uno ione o una lacuna migri è legata ad una “energia di attivazione” Wa sia del tipo
−⋅=
kTW
Ap aexp*
In presenza di un debole campo E la probabilità di uno scorrimento a (passo del reticolo) dello ione nella direzione del campo vale, in prima approssimazione
)/(** kTEeappt = la densità di corrente, la conducibilità e la mobilità possono essere ricavate di conseguenza
−⋅
⋅==
−⋅
⋅==
−⋅
⋅==
kTW
kTaeA
ne
kTW
kTaenA
EJ
kTW
kTaEenAeanpJ
a
a
at
exp
exp
exp
2
22
22*
σµ
σ
Se la migrazione di cariche è dovuta differenti meccanismi (anche diversi da quelli descritti), l’espressione della conducibilità tiene conto dei diversi contributi.
∑
−=
kTW
C ii expσ
9
La conducibilità può avere diversi andamenti in funzione della temperatura. Ad esempio, all’aumentare della temperatura, gli ioni d’impurità possono migrare più facilmente negli interstizi e quindi aumenta in misura più marcata la conducibilita. Viceversa può accadere che le impurità vadano a bloccare ad alta temperatura le lacune e quindi la conducibità aumenta di meno al crescere della temperatura.
§A5.6 Conduzione estrinseca (negli isolanti cristallini e polimerici) Tale tipo di conduzione può aver luogo per la presenza di ioni di impurità o di molecole facilmente ionizzabili. Si può valutare che il contributo di conducibilità “estrinseca” appare come
∆−⋅
≈
kTF
kTeandd exp
22
σ
dove nd è il numero di vacanze indotte dalla presenza di impurità. Alcuni tipi di cristalli presentano conducibilità molto maggiore di quella prevista, a causa della loro struttura complessa (es. strutture planari a diversa densità). Ad esempio nella β-allumina 322 11 OAlONa ⋅ v’è un eccesso di NaO; gli ioni sodio occupano i piani meno densamente disposti, mentre gli ioni O in quelli più addensati. Questa disposizione porta ad una conducibilità molto maggiore della soluzione di NaCl. Altri cristalli che mostrano queste proprietà sono compositi tipo RbAg4I5 e LixTiS2, utilizzati negli accumulatori (gli ioni Litio presentano una notevole mobilità). In molti di questi casi si manifestano evidentemente marcate anisotropie (la conducibilità non può essere rappresentata da uno scalare). Per esaltare la conduzione estrinseca sono da ricordare: a) l’impiego di sistemi multifase (vengono inclusi polveri conduttivi, grani, fibre,..); b) l’uso di droganti come per i semiconduttori (ad esempio il poliacetilene drogato con ioni clorato e iodo).
1
Appendice A6
Resistività dei materiali – Prove sui materiali §A.6.1 Resistività volumetrica Nel caso di un tratto A-B di conduttore filiforme omogeneo a sezione costante S di lunghezza lAB e a temperatura costante ed uniforme, si valuta che la resistenza R del tratto, è proporzionale alla lunghezza lAB ed inversamente proporzionale alla sezione S. Il coefficiente di proporzionalità costituisce la resistività (volumetrica) (si indica con la lettera greca η-eta- oppure ρ-rho- e si misura in ohm per metro [Ωm]); il suo inverso viene chiamato conducibilità (volumetrica) (si indica con la lettera greca γ-gamma- oppure σ-sigma- e si misura in siemens/metro[S/m]).La resistenza di un resistore può essere in generale vista come il prodotto di un termine “geometrico” e di un termine “fisico” ossia legato alle proprietà fisico-chimiche del materiale ed alle sue condizioni di impiego La resistività dei materiali può variare di numerosi ordini di grandezza, portando alla distinzione “convenzionale” (spesso impropria) tra materiali conduttori, semiconduttori ed isolanti.
Le caratteristiche di conduzione di un materiale omogeneo ed isotropo sono in genere sintetizzate nella relazione costitutiva tra campo elettrico E e densità di corrente J:
E = η J Il coefficiente η prende il nome di resistività elettrica, il suo inverso σ prende il nome di conducibilità elettrica.1 Tali coefficienti possono essere costanti al variare delle grandezze di campo: in tale caso si parlerà di materiali conduttori lineari. Ovviamente possono esserci, oltre al caso di comportamento non lineare, anche il caso di caratteristiche isteretiche in cui la conduzione dipende anche dalla storia subita dallo stesso materiale. Le dimensioni di tali coefficienti sono
η
γη
= = = ⋅ ⇒ ⋅
= = = ⇒−
EJ
V mA m
m ohm metro
m S m siemens metro
//
( )
/ / ( / )
2
11
Ω
Ω
Per i materiali metallici, la resistività è valutata in base a parametri congrui con applicazioni ordinarie, come le linee di alimentazione. Va fissata ad esempio una temperatura di riferimento θo (in genere 293 K ossia 20°C), in quanto la resistività varia con la temperatura θ del conduttore, il cui valore a regime è dipendente a sua volta sia dalla temperatura ambiente che dalla intensità di corrente che interessa il conduttore
1 Spesso vengono usati i simboli ρ e σ rispettivamente per la resistività e la conducibilità. E’ opportuno ricordare (ed evitare confusioni) che tali simboli vengono anche utilizzati per una distribuzione volumetrica e superficiale di carica.
2
(effetto Joule). Per i conduttori metallici la resistività aumenta linearmente con la temperatura in un ampio intervallo di valori della stessa (fig.1)
( ) ( ) ( )[ ]η θ η θ α θ θθ= + ⋅ −o oo1
η
θ
η(θ )ο
θ οθ 1
fig.1 Il coefficiente di temperatura α rappresenta quindi la variazione relativa di resistività per salto unitario di temperatura. Anche α dipende da θo. In tab.I vengono riportati i valori della resistività e del coefficiente di temperatura alla temperatura di 293 K per i materiali di più comune impiego. I valori sono riportati in modo da indicare anche la resistenza per unità di lunghezza di un conduttore rettilineo della sezione di 1 mm2: Il valore θ1 cui corrisponderebbe un valore nullo di resistività vale
θ θαθ
1 01
= −o
Per il rame θ1 assume il valore di circa 43K. A tale temperatura, in realtà, il rame presenta una resistività significativa: siamo oltre l'intervallo di linearità. A temperature molto basse, inferiori in genere a 10 K, possono manifestarsi, per alcuni metalli in particolari condizioni di funzionamento, fenomeni di superconduttività, in cui la resistività scende al valore "nullo", al disotto dei valori correntemente misurabili. Per alcuni materiali si manifesta anche un crollo dei valori resistività anche a temperature prossime alla liquefazione dell'azoto (77K). Tale fenomeno (superconduttività ad alta temperatura) è attualmente oggetto di intensi studi, in vista di interessanti applicazioni nel settore elettrotecnico. MATERIALI Resistività η-θo=293 K
[Ω mm2 /m ]≡[µΩ m]
coefficiente temperatura
α(θo)[ K-1]
Conducibilità σ -θo=293 K [MS/m]
Conduttori metallici
argento 0.016 3.8 10-3 ≈ 62 rame puro 0.017241 3.9 10-3 ≈ 58 rame industriale 0.0178 3.9 10-3 oro 0.024 3.4 10-3 piombo 0.022 3.9 10-3
3
alluminio puro 0.028264 3.7 10-3 ≈ 36 alluminio commerciale 0.03 3.7 10-3 tungsteno 0.055 4.5 10-3 Zinco 0.063 3.7 10-3 ≈ 16 ferro 0.1 4.5 10-3 ≈ 8 Leghe Ottone 0.07 1.5 10-3 ≈ 12 Manganina 0.45 1.5 10-5 Costantana 0.5 2 10-5 Nichel-Cromo 1.1 1 10-4 ≈ 0.9 Ferro-silicio per lamierini
0.3 4 10-3
Conduttori non metallici Elettrografite 10 -0.5 10-3 ≈ 0.1 Carbone (lampade ad arco)
70 -0.5 10-3 ≈ 0.02
Elettroliti Acqua di mare 3 105 Terreni umidi ≈106-107 (≡1-10Ωm) sabbiosi ≈108 (≡100Ωm) rocciosi >109 (≡1 kΩm) Semiconduttori germanio ≈107 (≡10Ωm) silicio ≈108 (≡100Ωm) Isolanti Acqua distillata ≈1010 (≡10 kΩm) Porcellana ≈1010 (≡10 kΩm) Vetro ≈1016 (≡10 GΩm)
§ A6.2 Resistività superficiale
La resistività superficiale viene definita per elementi di copertura di piccolo spessore (es. vernici) considerando il rapporto tra la resistività (ordinaria, di volume) e lo
spessore del provino; dalla relazione bl
blR sρ
δρ =
⋅= si ricava che la resistività
superficiale può essere letta come la resistenza di un resistore “a piastrella quadrata” di spessore δ. La resistività superficiale si misura quindi in [Ω] o meglio in [Ω]/ (ohm su quadratino). La misura di resistività superficiale può dare ad esempio direttamente la misura dello spessore del rivestimento (coating), conoscendo le
4
caratteristiche di volume del rivestimento. Ad esempio un “velo” di alluminio di 0.1 mm di spessore determina una resistività superficiale di circa 2,5 μΩ, un velo di grafite dello stesso spessore presenta una resistività superficiale di 1 mΩ. La conducibilità superficiale è il suo inverso [S]. Per componenti in materiale omogeneo di notevole spessore, ma con “velo” superficiale naturale ovvero formatosi per idrolisi od altro processo dovuto al contatto con altro materiale, si può procedere alla misura di resistenza tra due elettrodi a coltello di larghezza 1 cm, posti sulla superficie alla distanza di un centimetro. Dal confronto tra il valore di resistenza così trovato ed il valore calcolabile con la resistività di volume del materiale, si può avere una stima del crollo di resistività (media di volume) del “velo” superficiale. Si riporta il confronto, per materiali tipicamente considerati isolanti, tra la resistività di volume e la resistività superficiale (detta anche resistenza specifica di isolamento superficiale) Materiale Resistività di volume
[Ωm] Resistività superficiale [Ω/ ]
Vetro 1011-1014 106-1012 Porcellana 1012-1013 109-1012 Ebanite 1013-1016 109-1015 Mica 1011-1013 109-1012 Quarzo 1017 108-1012
5
§A6.3 Prove meccaniche e tecnologiche Prova a trazione In tali prove vengono determinati i limiti di elasticità, snervamento e rottura, in particolare il modulo di elasticità, l’allungamento a rottura e lo strozzamento. Il provino ha la forma standard indicata in fig.1
Si equiparano le prove a sezione diversa con quelle del provino di diametro
00 13.1 Ad = Il provino si classifica corto se 00 5dl = oppure lungo se 00 10dl = In fig.2 si riporta il risultato di una tipica prova di trazione. Sull’ascissa è riportato
l’allungamento percentuale 1000
% ll∆
=ε , sulle ordinate la tensione media di trazione
= 2
0 mmkp
AFσ
Ao
Ao
Ao
do
Lo
6
Il tratto A costituisce la zona di elasticità, il punto P il limite di proporzionalità; in tale regione la deformazione è proporzionale allo sforzo
σσαεY1
==
Y rappresenta il modulo di elasticità e corrisponderebbe alla tensione necessaria (in regime elastico) ad avere un raddoppio della lunghezza (ε=1). Il punto S rappresenta il limite di snervamento,oltre il quale si verifica un marcato allungamento del provino, anche con (piccola) riduzione della tensione. La zona tra P ed S è ancora di elasticità, ma non di proporzionalità, per cui si definiscono anche dei punti caratteristici; ad esempio σ0.2 rappresenta la tensione per cui si ha un allungamento “extra” del 2%, in assenza di snervamento Il punto B definisce il limite di stabilità; non può essere applicata al provino una tensione maggiore di σB; un qualsiasi allungamento porta inevitabilmente al collasso, che si verifica ad un allungamento δ (lunghezza relativa di rottura), con una corrispondente valore residuo della tensione; alla rottura si indica la sezione attraverso il coefficiente di strozzamento. I valori massimi della tensione in zona elastica vanno da 100 kp/mm2 per l’acciaio indurito in olio, a 20 kp/mm2 per la ghisa, a 15 kp/mm2 per il rame tenero, a 12 kp/mm2 per l’alluminio laminato a caldo. Gli allungament a raootura vanno da circa il 10% per l’acciaio al 50% per il rame tenero.
A
δ
P
E
1000
% ll∆
=ε
S B
= 2
0 mmkp
AFσ
7
La validità dei valori riportati dpendono dalla ripetività delle prove, dal controllo della temperatura (all’aumentare della temperatura mediamente diminuisce la tensione a rottura ed aumenta l’allungamento a rottura) e dal tempo di esecuzione della prova. Le prove di durezza consistono nel valutare la deformazione ottenute premendo con una forza F il provino con un altro corpo (sfera d’acciaio, metodo Brinnel; punta di diamante a cono, metodo Rockwell; punta di diamante sfacciata con angolo diedro, metodo Vickers). La prova del colpo di taglio consiste nell’applicare una forza in corrispondenza della sezione ridotta opportunamente ricavata in un provino. Le prove metallografiche consistono nell’esame macroscopiche e microscopiche di materiali soggetti ad attacchi corrosivi. Alcune prove non distruttive consentono l’esame di proprietà e difetti di materiali senza comprometterne l’integrità:
- esperienze ed osservazioni con raggi X ed raggi γ; - prove con ultrasuoni; - prove elettriche e magnetiche ( correnti parassite indotte e scariche parziali).
§A6.4 Classificazione dei materiali per siderurgia Materiali ferrosi : - ferro
- acciai legati (speciali proprietà, magneti permanenti, ferro dolce) -acciai non legati (per costruzioni, acciai compensati)
- ghise Materiali non ferrosi: - materiali d’uso: - materiali pesanti (rame, piombo, nichelio, zinco, stagno) - materiali leggeri (Alluminio, magnesio, titanio) - materiali nobili (mercurio, oro, argento, platino)
- arricchitori d’acciaio (manganese, wolframio, molibdeno, cobalto, cromo, vanadio);
-materiali per leghe (cadmio, antimonio, arsenico, berillio) Caratteristiche dei non metalli: buona conducibilità termica ed elettrica; buona resistenza alla corrosione, buona lavorabiltà; prezzo elevato (per estrazione e trasporto).
8
§A6.5Materiali per linee di alimentazione Requisiti elettrici: bassa resistività η, basso coefficiente di temperatura α, possibilità di isolamento del conduttore. Requisiti meccanici: elevata resistenza alla trazione, comportamento "elastico", resistenza alla torsione ed al piegamento, durezza (per i contatti), resilienza. Requisiti termici: conducibilità termica elevata, coefficiente di dilatazione termica bassa; alta temperatura di fusione, saldabilità Requisiti tecnologici: malleabilità, duttilità Requisiti chimici: assenza di reazioni con altri metalli, non corrodibilità I materiali più comunemente impiegati per linee aeree sono il rame e l'alluminio (e sue leghe). Il rapporto di impiego rame/alluminio si va attualmente abbassando. La produzione dell'alluminio si aggira intorno a 3 106 t/anno.
9
§A6.5.1 L'ALLUMINIO Grado di purezza Alluminio puro 99.99% da fonderia 99.95 % elettrolitico 99.5% Resistività η -θo=293 K
[Ω mm2 /m ]≡[µΩ m]
Conducibilità γ -θo=293 K [MS/m]
Alluminio ricotto 0.0278 36.0 Alluminio puro 0.028264 35.4 Le prestazioni meccaniche sono piuttosto modeste, inferiori anche a quelle del rame. Le caratteristiche chimiche sono abbastanza buone: si forma uno strato superficiale di ossido autoprotettivo isolante. In presenza di metalli nobili e di umidità si decompone. Caratteristiche tecnologiche dell’alluminio cristallo cubico a facce centrate densità 2700 kg/m3 punto di fusione 660 °C conducibilità termica 0.5 Cal/cm s K conducibilità elettrica 36 MS/m coeff di temperatura della resistività 0.0041
K -1
resistenza a trazione 2-4 kg/mm2 max allungamento % 30-35 % modulo di elasticità 7250 kg/mm2 L’alluminio - non si presta ad essere formato per fusione a causa della facilità ad assorbire ossigeno; - si presta ad essere lavorato in diversi modi sia a freddo che a caldo; si può ridurre a fili sottili o a fogli fino a 0.004 mm di spessore (armature per condensatori) La temperatura di riformazione è circa 500°C, quella di ricristallizazione circa 300°C. - La saldatura è notevolmente difficile a causa della presenza dell’ossido superficiale che fonde a temperature elevate.
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§A6.5.2 LEGHE DI ALLUMINIO L'alluminio viene anche formato con i seguenti elementi (si riduce sempre la conducibilità γ ai valori appresso indicati in percentuale rispetta alla conducibilità del rame campione) Aldrey Al+(Si,Mg) γ=87%; σ=30-35 kg/ mm2 Anticorodal (anticorrosiva)
Al+Si(1%)+Mg(0.6%)+Mn(0.3%)
Svantaggi dell'alluminio: 1) solidità meccanica più bassa 2) collegamenti più difficili 3) più alta propensione alla corrosione 4) a parità di resistenza, diametro maggiore In tab 2 è riportato il confronto tra le caratteristiche di conduttori di pari resistenza e diversa natura
Tab.2 Rame Alluminio Aldrey Zinco Ferro Sezione 100 160 180 340 800 diametro 100 127 135 184 284 peso 100 50 55 265 700
11
§A6.5.3 IL RAME Il reticolo del rame è cubico a facce centrate. Dimensione del nucleo 0,01 pm, distanza tra i nuclei 300 pm Le prestazioni meccaniche sono piuttosto modeste rispetto a quelle dell’acciaio; il limite di
snervamento si attesta intorno ai valori di σ= 22÷24 kg/mm2; il carico di rottura non
supera comunque i 38 kg/ mm2. Tali valori decrescono con la temperatura. Le caratteristiche chimiche sono abbastanza buone: si forma uno strato superficiale di ossido autoprotettivo o di carbonato Cu2(OH) 2C03 autoprotettivo. Caratteristiche tecnologiche del rame. Le caratteristiche meccaniche dipendono dal tipo di lavorazione subito dal materiale. cristallo cubico a facce centrate densità 8890 kg/m3 punto di fusione 1083 °C conducibilità termica 0.0934 Cal/cm s K conducibilità elettrica 58 MS/m coeff di temperatura della resistività 0.00428
K -1
resistenza a trazione 6 kg/mm2 max allungamento % 45 % modulo di elasticità 12750 kg/mm2 Il rame - non si presta ad essere formato per fusione, in quanto ad alta viscosità; - è altamente duttile e quindi si presta ad essere lavorato per stampaggio sia a freddo che a caldo; per lavorazioni a freddo si possono avere variazioni della sezione del 90%. - la saldatura con piombo e stagno è ottima; non è saldabile con l’alluminio. Va ricordato l’impiego del rame, oltre che nelle condutture elettriche (in ragione dell’alto valore della conducibilità, della resistenza alle intemperie ed alla corrosione), nelle apparecchiature chimiche (per le caratteristiche di stabilità chimica e di formabilità) e nella galvanotecnica (in ragione della posizione nella scala di elettronegatività) . Il rame ad alta purezza può essere ottenuto in presenza di ossigeno (rame elettrolitico 99.9% - rame raffinato 99.5%) o in assenza di ossigeno (elettrolitico 99.92%, raffinato 99.75%). La presenza di ossigeno permette maggiore lavorabilità a caldo; dalle impurezze si formano ossidi insolubili e non viene pregiudicata la conducibilità e la plasticità. La presenza di ossigeno, tuttavia, durante la lavorazione a caldo in presenza di idrogeno, può portare a formazione di vapor d’acqua ad elevata pressione con conseguente infragilimento del metallo.
12
Le norme CEI riportano i valori della resistività del rame a seconda del grado di purezza Grado di purezza (grado% :IACS) (int.anneal. cupper sample)
Resistività η - θo=293 K
[Ω mm2 /m ]≡[µΩ m]
Conducibilità γ - θo=293 K [MS/m]
103.5 (valore limite teorico) 0.0166 60.0 100 (rame tecnico, ricotto, campione internazionale)
0.017241 58.0
98 0.01759 56.8 97 (rame crudo) 0.01787 56.0 “tipo 50” 0.0195 51.3 “tipo 60” 0.0210 47.6 Per le condutture ordinarie si adopera il rame crudo; il rame ricotto si impiega solo per accessori (es. giunzioni). §A6.5.4 LEGHE DI RAME Il rame viene anche formato con i seguenti elementi (si riduce sempre la conducibilità γ ai valori appresso indicati in percentuale rispetto alla conducibilità del rame campione) Zinco (Zn) (ottoni) Stagno (Sn) (bronzo fosforoso) Zn + Sn Al/P/Mn/Be (bronzi speciali) Ni/Zn Sn/Mg/Zn/Cd/Te/Zr A seconda del contenuto dei suddetti elementi distinguiamo: - rame bassolegato (elementi presenti in misura inferiore all’1%): a) rame all’argento: può lavorare a temperature elevate; impieghi: lamelle per collettori. b) rame al cadmio-stagno: elevata resistenza all’usura ad arco; impieghi: lamelle per collettori. - rame a titolo elevato (elementi presenti nella misura tra l’1% e il 5%): a) Cu+Si(3%)+Mn(0.7-1.5%) : elevata resistenza meccanica, elevata resistenza alla corrosione, elevata resistività.
b) Cu+Be(1.6-2.1%) : elevato carico di rottura (140 kg/ mm2); γ=24%;
c) Cu+Ni(1-4.5%)+Si : elevato carico di rottura (65 kg/ mm2) - leghe di rame (elementi presenti in misura superiore al 5%):
13
- Ottone [Cu+Zn(10-35%)]: σ= 37÷67 kg/mm2 ; γ=44-27%;
- Bronzi fosforosi [Cu+Sn(2-10%)] σ= 39÷90 kg/mm2 ; γ=48-11%; una certa quantità viene aggiunta per eliminare l’ossigeno presente. - Cupronichel (Cu+Ni+Zn)+Mn(10-25%)
- Cu+Mn(12%)+Ni(4%) per resistori di precisione. §A6.5.5 IL PIOMBO Grado di purezza Piombo puro 99.985% da fonderia 99.9 % da rifusione 99.85% Caratteristiche tecnologiche cristallo cubico a facce centrate densità 11330 kg/m3 punto di fusione 327 °C conducibilità termica 0.084 Cal/cm s K conducibilità elettrica 48 MS/m coeff di temperatura della resistività 0.0042
K -1
resistenza a trazione 1÷2 kg/mm2 max allungamento % 30 % modulo di elasticità 1750 kg/mm2 Impieghi: placche accumulatori mantello per cavi (per le proprietà di resistenza alla corrosione)
14
§A6.5.6 IL MERCURIO Mercurio puro (si ottiene per distillazione sotto vuoto) amalgama Metallo nobile (resistente alla corrosione) Elevata tensione superficiale Proprietà catalitiche Caratteristiche tecnologiche densità 13550 kg/m3 punto di fusione -38.9 °C punto di ebollizione 357 °C conducibilità termica 0.025 Cal/cm s K conducibilità elettrica 10 MS/m coeff di temperatura della resistività 0.009
K -1
Impieghi: contatti
15
§A6.5.7 MATERIALI PER RESISTORI Per ottenere valori di resistività relativamente elevati con materiali metallici o comunque ad elevate prestazioni, si devono considerare significative impurità e/o deformazioni del reticolo cristallino. Possiamo distinguere due casi: a) mescola di più cristalli di atomi diversi; b) cristalli formati con atomi diversi (leghe). Nel caso a), detta η1 la resistività del metallo base e η2 la resistività del metallo “intruso” di concentrazione cz, la resistività “equivalente” può essere scritta come:
( ) ( )η η η η η ηeq z z zc c c= − + = + −1 2 1 2 11 Come si nota, la resistività è proporzionale alla concentrazione di impurità. Nel caso b), si hanno notevoli variazioni dei valori di resistività. Nel caso di leghe a due componenti, i più alti valori di resistività si hanno per proporzioni quasi uguali delle due componenti. Tuttavia occorre tener conto dei legami intermetallici che modificano la struttura del reticolo. Per le leghe risulta verificata la seguente regola di MATTHIESEN: η α η αmetallo metallo lega lega= ossia risulta costante, al variare della concentrazione, il prodotto della resistività per il coefficiente di temperatura, per cui le leghe presentano resistività assai meno sensibile alla temperatura rispetto al metallo puro.
16
§A6.5.8 Conduttori non metallici: il carbonio
Il Carbonio si trova in due forme. La forma cristallina include il diamante e la grafite, la forma amorfa include il carbon-black e il coke.
La maggior parte del carbonio per applicazioni elettriche è ottenuto da una miscela di carbone in polvere o grafite e leganti (pece o resine) che vengono mescolati, estrusi e quindi cotti a 900°C rimuovendo l’aria e i residui volatili. Il prodotto può essere convertito in elettrografite in forni in assenza di ossigeno, a temperature superiori a 2200°C.
La resistività del carbonio ha un coefficiente di temperatura negativo (la grafite ha un comportamento più complesso).
Il Carbonio ha molte applicazioni nei contatti striscianti: a) deve consentire una connessione strisciante valida (dal punto di vista elettrico e
della durata); b) deve consentire gli opportuni fenomeni di conduzione tra le superfici in contatto; c) per impedire formazione di scariche, il contatto deve presentare una significativa
resistenza.2 Il carbonio è anche usato nelle lampade ad arco. Gli elettrodi di carbonio contengono diversi sali metallici (calcio, cobalto,…) per variare il colore della luce dell’arco (dall’ultravioletto all’infrarosso). Per le più recenti applicazioni del carbonio in nanotubi, si rinvia agli appunti del Corso di Modellistica Elettromagnetica dei materiali.
2 Si ricorda che la resistenza di contatto varia notevolmente con la pressione fra le parti
17
1
Appendice A7
CENNI SULLE SORGENTI DEL CAMPO ELETTROMAGNETICO DI NATURA NON ELETTROMAGNETICA: I GENERATORI DI TENSIONE STAZIONARIA A7.1 Generalità
I generatori di tensione stazionaria si possono suddividere in: a) generatori primari b) generatori secondari. c) sistemi con raddrizzatori (convertitori a.c./d.c. )
I generatori primari e secondari vengono detti rispettivamente pile ed accumulatori (o pile reversibili). Il principio di funzionamento si basa sulla creazione di un campo elettromotore in catene di conduttori di prima classe (elettrodi di materiali solidi diversi) e conduttori di seconda classe (elettroliti). I simboli corrispondenti sono riportati in fig.1 a), b).
I sistemi di raddrizzamento prevedono l'uso di elementi non lineari (diodi, diodi controllati o tiristori), per ottenere una tensione praticamente costante a partire da una tensione sinusoidale (fig.1,c). Essi sono largamente impiegati in ambito industriale (Elettronica di potenza ) e in buona parte delle utilizzazioni domestiche per cui sia prevista la regolazione delle prestazioni. Non saranno trattati in questa nota.
+
E
a) b) c)
a.c. d.c.
fig.1
I generatori primari principali sono: - la pila Leclanchè, comunemente impiegate in commercio, f.e.m. di circa 1,5 V, elettrodi di zinco e grafite, impiegante una gelatina di cloruro d'ammonio (NH4CL) come elettrolita e il biossido di manganese (MnO2) come depolarizzante; - la pila Daniell (1836), elettrodi in rame e zinco, soluzioni di solfato di rame e solfatp di zinco separate da setto poroso, f.e.m. pari a circa 1,09 V - la pila Weston (1893, pila campione 1.0186 V, elettrolita CdSO4). I generatori secondari più diffusi in commercio sono: - accumulatori al piombo-acido
2
- accumulatori al ferro-nichel - accumulatori al nichel-cadmio Altri tipi di accumulatori a prestazioni molto più elevate sono stati sviluppati per usi spaziali, ma il loro costo resta proibitivo- In fig.1.2 è rappresentata la cella elementare con gli elettrodi, l'elettrolita, i morsetti
+ -
PbO2
Pb
soluz. acquosa di acido solforico fig.1.2
La f.e.m. E (uguale alla tensione a vuoto teorica ai morsetti) varia con la temperatura e la densità dell'elettrolita (per le celle al piombo-acido di circa 100μV/K e di 100 mV per ogni 10% di variazione della densità relativa). Ai morsetti la tensione a vuoto sarà in genere pari a E-Ep, dove la forza controelettromotrice Ep è originata in fase di scarica da rivestimenti isolanti (PbSO4) formati sugli elettrodi, dalla diminuzione di concentrazioni ioniche, dalla formazione di gas liberi (H2). La f.c.e.m. dipende anche dalla intensità di corrente erogata e può essere limitata (nei generatori primari) con particolari pre-trattamenti superficiali degli elettrodi. Negli accumulatori i fenomeni di polarizzazione e depolarizzazione sono connessi in modo essenziale alle fasi di scarica e ricarica. Gli accumulatori sono oggetto di normativa del CEI 21-3 fasc 1258 (1989)
§A7.2 Accumulatori al piombo-acido Gli elementi dell'accumulatore al piombo acido sono: a) piastre, di spessore variabile da 1.25 mm a 20 mm circa, di piombo spugnoso (elettrodo negativo) o di ossido di piombo (elettrodo positivo); esse sono del tipo: - formate (Plantè) : la piastra originaria è di piombo puro, che poi viene attaccata chimicamente per formare uno strato superficiale sottile di biossido di piombo - impastate (Faure): su una griglia di sostegno (lega di piombo con il 4-12% di antimonio) viene assestata una pasta di polvere di piombo con acido solforico diluito (piastra positiva); un altro tipo di pasta viene usata per la piastra negativa; per il funzionamento effettivo, le due piastre vengono immerse in una soluzione di acido solforico e sottoposte a passaggio di corrente: in tal modo si avrà la piastra all'ossido di piombo (+) e piombo spugnoso(-). Ogni elemento (coppia di piastre) genera una f.e.m. di circa 2 V.
3
b) sbarre di connessione e morsetti (fig.3), realizzate in genere in lega di piombo ed antimonio
+-
fig.3
c) separatori, inseriti tra le piastre positive e negative adiacenti per evitare cortocircuiti d) elettrolita: soluzione acquosa di acido solforico, densità 1.2-1.3 e) contenitori in vetro, in plastica, in ebanite Il modello di funzionamento elettro-chimico di accumulatori al piombo non è definitivamente assestato; le diverse interpretazioni risalgono al secolo scorso e non si sono avute negli ultimi decenni significativi progressi in materia. Si può tuttavia ritenere che agli elettrodi avvengano globalmente le seguenti reazioni:
−−−
−−−+
+ ← →
+
+ ← →
+++
ePbSOSOPb
OHPbSOeSOHPbO
carica
scaricacarica
scarica
2
224
44
2442
catodo
anodo
Caratterizzazione elettrica di un accumulatore Fase di carica:
+
r
accumulatorecaricabatteria
V
I
fig.4
La tensione ai morsetti vale V= E + r I e varia tra 2.1 V (accumulatore scarico) e 2.8 V (accumulatore carico), come si ricava dalla caratteristica di carica a corrente costante (fig.5)
4
fig.5 Carica di un accumulatore
Fase di scarica:
+
r
accumulatore
V
I
ER
fig.4
Con i riferimenti di fig.4, la tensione ai morsetti vale V= E - r I e varia tra 1.7 V (accumulatore scarico) e 2.0 V (accumulatore carico), come si ricava dalla caratteristica di scarica a corrente costante (fig.5)
fig.6 Scarica di un accumulatore
Occorre precisare che l'accumulatore può danneggiarsi irreparabilmente se la tensione scende al disotto di circa 1.7 V per elemento- Per correnti più elevate, la scarica avviene in tempi decisamente più brevi. Si definisce capacità di un accumulatore la quantità di carica elettrica (normalmente espressa in Ah) che un accumulatore è in grado di erogare prima di portarsi al livello minimo di tensione; la capacità nominale viene riferita ad una scarica ad un determinato valore di corrente di scarica costante (es. 1 A). La capacità diminuisce sensibilmente con il valore della corrente di scarica (fig.7)
5
fig.7 Capacità di un accumulatore in funzione della corrente di scarica
La tensione nominale di batteria dipende dal numero di elementi collegati in
serie. Così per 3,6,12,24 elementi avremo le comuni batterie da 6,12,24,48 V. Date le vicende singole subite dai diversi componenti, che determinano valori di f.e.m. leggermente diverse tra i vari elementi, non è opportuno collegare in parallelo gli accumulatori.
La resistenza interna di un accumulatore va definita con una certa cautela. Per una prima valutazione, si possono indicare valori di 0,1 μΩ per accumulatori nuovi di piccole dimensioni e valori di 0,0001 μΩ per accumulatori di grandi dimensioni. Il rendimento di un accumulatore viene definito: in quantità di elettricità:
ηes
c
s
t
c
tqq
i dt
i dt
s
c= = = −
∫
∫0
0
0 90 0 95, ,
in energia:
ηws
c
s s
t
c c
t
ww
v i dt
v i dt
s
c= = = −
∫
∫0
0
0 75 0 80, ,
Classificazione degli accumulatori: a) Stazionari : 900-9000 Ah b) Trazione pesante : 100 - 500 Ah c) trazione leggera : 50-800 Ah d) sommergibili: fino a 12000 Ah Manutenzione degli accumulatori al piombo: a) la vita dell'accumulatore dipende dalla purezza dell'elettrolita; occorre quindi evitare che venga a contatto con impurità: b) la densità dell'elettrolita deve essere mantenuta tra 1.2 e 1.3
6
c) occorre evitare temperature troppo elevate (>45°C) o troppo basse (anche se possono essere adoperati additivi per abbassare la temperatura di solidificazione) d) evitare, durante la carica, che l'accumulatore "bolla" a lungo (ossia liberi idrogeno, tra l'altro pericoloso) e) evitare intense correnti di carica e scarica f) mantenere puliti morsetti e contenitore.
1
APPENDICE A8 - MAGNETISMO
Richiami di magnetostatica
§A8.1 - Azione tra conduttori interessati da corrente. Introduzione “sperimentale” di B
Consideriamo, nel vuoto, due conduttori rettilinei indefiniti (fig.A8.1.1) o di grande lunghezza L, tra di loro paralleli ed a distanza d ed ambedue interessati da corrente elettrica della stessa intensità I; tra di essi si esercita una forza (detta ponderomotrice) che, per unità di lunghezza, vale in modulo
⋅== −
mN
dI
Lf
27102F (A.8.1.1)
se lo stesso valore di I è valutato in due riferimenti antiparalleli o “discordi”, come in fig.A8.1.1, la forza è di repulsione, se “concordi”, di attrazione.
La (A.8.1-1) viene utilizzata per la definizione dell’unità di misura dell’intensità della corrente elettrica [A].
In generale, la forza ponderomotrice dF agente su elemento tds di un conduttore interessato da corrente di intensità I nello stesso riferimento t, può essere letta come
BtF ×= dsId (A.8.1.2)
dove B è il campo (di induzione) magnetico, che quindi viene ricondotto all’azione (elementare) di una corrente “elementare” (anche su scala microscopica fisica), ortogonale sia al conduttore che alla forza; se consideriamo ancora la configurazione fig.A8.1.1, vista su un piano ortogonale al foglio, lungo una circonferenza centrata sul primo conduttore, sulla quale si immagina disposto il secondo conduttore parallelo, B sarà sempre tangente e di pari modulo (fig.A8.1.2). Poiché un conduttore rettilineo interessato da corrente non è soggetto, per simmetria, a forze a causa del campo proprio, si deduce, integrando la (A.8.1.2) su un tratto unitario del secondo conduttore e confrontando la forza risultante con la (A.8.1.1),
[ ]TmA
NdI
≡
⋅= −7102B (A8.1.3)
dove si è evidenziata l’unità tecnica tesla [T] a partire dalle unità fondamentali.
2
d
I I
F F
I
B(P)
B(Q)
P
Q
Fig. A8.1.1 Fig.A8.1.2
Con riferimento alla circonferenza di fig. A8.1.2, di raggio r=d, si otterrà che
Savart)Biotdi(legger
IBIIr
IrrBds −⋅=→⋅=⋅⋅==⋅ −−−∫ πππππ
2104104110222 77
27tB
Ids 0µ=⋅∫ tB
Si definisce quindi la costante
=
=
≡
⋅= −
mH
mAWb
mATm
ATm //104
27
0 πµ ;
si può introdurre l’ intensità di campo magnetico H
JHtBtH =×∇⇒=⋅=⋅ ∫∫ Idsds0µ
(1)
Per definire univocamente i campi occorre fissare la divergenza. La posizione 0=⋅∇ B consente di introdurre un potenziale vettore A tale che BA =×∇ .
Dalla (A8.1-2) si può ricavare la forza specifica (per unità di volume)
BJF×=
τdd
(A.8.1.4)
1 Nel caso non stazionario i campi magnetici dipenderanno anche dalle densità di corrente di spostamento.
3
Conoscendo la distribuzione delle correnti nello spazio, si può risolvere l’equazione di Poisson al potenziale vettore nello spazio vuoto (o omogeneo) ed ottenere
QPQ
Q
QPQ
QQPQ
QQPPQ
QPQ
QPQ
PQ
Q
dr
P
dr
drr
P
dr
Pdr
P
τπ
τπ
τπ
τπµ
τπµ
τ
ττ
ττ
∫∫∫
∫∫∫∫∫∫
∫∫∫∫∫∫
×=
∇×−=
∇×−
×∇=
×∇=×∇=⇒=
3
0
0
41)(
14111
41)(
411)(
4)(
PQrJH
JJJH
JAH
JA
Nel caso di circuito filiforme, interessato da corrente di intensità I, si ricava
QPQ
Q dsr
IP ∫
×= 34
)( PQrtH
π (A.8.1.5)
4
Q’
I
Q
P(x,0)
dH’
dsQ
a
rPQ
α
dH
O
§A8.2 LA SPIRA CIRCOLARE
Dalla (A.8.1.5) si può calcolare ad esempio il campo sull’asse di una spira in aria.
Fig.3
Fig. A8.2.1
( )322
2
20
20
3 22
4sin2
44)(
ax
aIdra
raId
raIds
rIP
PQPQ
ππ
QPQ
Q+
==⋅=
×= ∫∫∫ α
παα
ππPQr
tH
avendo considerato coppie di elementi circuitali diametralmente opposti, il campo risultante è diretto lungo l’asse della spira (fig.A8.2.1)
Al centro della spira si ha aIH
2)0( = . Per una spira di raggio 1 cm, interessata da intensità
di corrente di 1 A, l’intensità di campo magnetico al centro della spira vale 50 A/m e l’induzione magnetica circa 60 µT.
5
§A8.3 SOLENOIDE CORTO E LUNGO
Con le stesse considerazioni può essere calcolato il campo sull’asse di un solenoide “corto” di raggio a (fig.A8.3.1)
22 22 rsenaNIdx
rsenaNIdxdH αα
=
=
Considerato che r=a/senα, che x=a/tgα, dx=-(a/sen2α) dα, si ha
∫
−=⇒
−=
⋅−=
2
1222 2
3
2
ε
ε
ααααααα dsenNIHdsenNI
asena
senNIaddH
( )21 coscos22
)(2
1
εεααεπ
ε
+=
−= ∫
−
NIdsenNIPH
Se il solenoide è lungo il campo diventa uniforme e si ha
nINIPH ==
)(
dove n è il numero di spire per unità di lunghezza.
Indicando con S la sezione del solenoide, il flusso concatenato con una spira vale
( ) nIaNI µπµ ==Φ 21 4
S
Il flusso concatenato con l’intero solenoide vale
( ) ( )InaINNN µπµ
222
1 4 ==Φ=Φ
ed il coefficiente di autoinduzione del solenoide lungo vale (2)
2 Cfr al cap III le limitazioni di tale definizione e calcolo del coefficiente di autoinduzione
dx
l
a
P(x,0)
dα
ε1 ε2
r
α
0 x
6
SnSNI
L N µµ
22
1==
Φ=
Se ad esempio la lunghezza del solenoide in aria con N=300 spire è 30 cm, il diametro 5 cm, si ha L=738 μH.
Dalla (A8.1.2) è possibile ricavare la sollecitazione meccanica su un solenoide lungo. Considerando che il campo all’interno è uniforme e all’esterno è nullo, si può considerare che nella zona del conduttore vi sia un campo intermedio. Quindi
aNI
F
dsNI
d
dsId
spira πµ
µ
02
02
2
=
=
×=
F
BtF
La forza su ogni elemento della spira è diretta verso l’esterno; le spire per unità di lunghezza sono N/L; quindi la forza esercitata sugli avvolgimenti del solenoide, per unità di lunghezza vale
aNIF
πµ
2
20
2
=
con una pressione
20
22
02
20
2
2
20
2
21
22121 HIn
NIaaNI
SF
p µµµ
ππµ
===⋅
==
pari cioè all’energia magnetica per unità di volume (interno).
7
δ
l
a
0 x
§A8.4 SOLENOIDE LUNGO NON FILIFORME
Si consideri un solenoide di lunghezza l costituito da N spire massicce di spessore δ (oppure un gruppo equivalente di avvolgimenti stratificati in parallelo) (fig.A8.4.1)
Fig.A8.4.1
Il campo magnetico è costante all’interno del solenoide eè linearmente decrescente dal bordo interno al bordo esterno dell’avvolgimento. Pertanto,
δδ
+≤≤−
=
≤≤=
araral
NIH
arl
NIH
"
0'
Il coefficiente di autoinduzione può essere calcolato valutando l’energia magnetica associata al sistema (3)
3 Tale definizione e calcolo è da ritenersi valido ed accurato
8
( ) ( )
( ) ( )
( ) ( )[ ] ( ) ( )[ ] ( )[ ]
( )( ) ( ) ( ) ( )( ) ( ) ( )[ ][ ]
( )[ ]δδπµ
δδδδδδδδδπµ
δδ
δδδδ
δδπµ
δδδ
δδπµ
πδδπµππµ
δδδ
ττ
++=
=+++++++++−+++=
=
−++−+
+−−+
++=
=
+
+−
++=
=
−+
+=
+=+=
∫∫∫
∫∫+++
aal
N
aaaaaaaaaaal
N
aaaaaaaaal
N
drrdrrardraal
N
rdrral
Nl
aNrdrHIl
aNLLL
a
a
a
a
a
a
466
2382666
21
34
242
22"1"'
22
0
2222222
0
442
332
222
22
2
0
32
222
22
2
0
"
2222
0"
222
22
0
9
§A8.5 COEFFICIENTE DI MUTUA TRA SOLENOIDI SPESSI
Fig.A8.5.1
In fig.A8.5.1 sono rappresentati due solenoidi corti coassiali di spessore non trascurabile.
Poiché risulta M12=M21, conviene valutare il flusso prodotto dal solenoide esterno (2), concatenato con il solenoide interno (1). Esso viene valutato considerando pesando i flussi concatenati con gusci elementari di spessore dr.
( ) ( ) ( )
( ) 33
)(1
112
12
121031
31
11
210
2
11
210222
112
1021
1122
211
1
1
1
1
1
eeeqeq
e
e
R
Re
R
Re
R
Re
RRRRRR
lNN
MRR
RRlNN
drrRRl
NNdrr
lIN
RRIN
drrRRII
Meee
++==→→
−−
=
=−
=−
=Φ−
=Φ
= ∫∫∫
πµπµ
πµπ
µ
Ai fini del calcolo del coefficiente di mutua induzione, il solenoide “spesso” si comporta quindi come un solenoide sottile di opportuno raggio. Ad esempio se il raggio minimo dell’avvolgimento interno è 4 cm e quello massimo è 10 cm, il “raggio equivalente” dell’avvolgimento interno è di 7,2 cm.
x
R1e
l
dr
R1
0
10
§A8.6 SPIRE DI HELMHOLTZ
Si considerino due spire piane parallele in asse, a distanza 2b, interessate da intensità di corrente I1= I2 (riferimenti congrui). Il campo magnetico risultante sull’asse z è dato dalla somma vettoriale dei campi prodotti dalle singole spire: Il modulo del campo vale:
( )( ) ( )( )322
22
322
21
22)(
abx
aI
abx
aIzH+−
+++
=
Al centro tra le due spire (z=0) il campo vale
( ) ( )( ) ( )322
2
1322
22
322
21
22)0(
ab
aIab
aI
ab
aIH+
=+−
++
=
Come si può notare nella fig.A8.6.1, per bassi valori del rapporto raggio/distanza delle spire, ossia spire piccole e distanti, il campo è fortemente disuniforme; avvicinandosi le spire, il campo sull’interasse tende a diventare sempre più uniforme.
Fig.A8.6.1
Dalla fig.A8.6.2 si può notare che per a/2b=1 (raggio delle spire pari alla loro distanza) il campo non varia più del 5% nello spazio tra i due centri spira.
11
Fig.A8.6.2
si può verificare agevolmente che il campo, per z=0, ha derivata prima e seconda verso z pari a zero, quindi nell’intorno del punto z=0 lo sviluppo in serie (per la simmetria mancano i termini dispari) vale
( )( )( ) ....
424
562525344
2.....
!41)0()( 4
23
22
5322
24
04
4
+
+−
+=++=
=
zbaaI
ab
aIzdz
HdHzHz
Ponendo a=b/2=1, si ottiene
( )44
23
255625
2534445
0)0()( zz
HHzH
≅
≅
−
a distanza di 10 cm l’errore su un campo uniforme è dello 0,25%
12
§A8.7 LINEA BIFILARE
Fig.A8.7.1
Si consideri un tratto di lunghezza unitaria di una linea costituita da due conduttori paralleli a distanza d, a sezione circolare di raggio R, interessati da una intensità di corrente I e quindi da una densità di corrente
2RI
π=J
diretta come in fig.
Il potenziale vettore A può essere valutato come
QPQ
Q dr
P τπµ
τ∫∫∫=
JA
4)( 0
dy’
J’
R
dy”
J”
R
d
r’
r”
P(x1) 0 x
13
Poiché tutti gli elementi di corrente sono diretti secondo un solo asse (y), anche il potenziale vettore sarà diretto lungo l’asse y
∫∞+
∞−∫∞+
∞−
+−+
+−−
++
+=
=
∫∞+
∞−∫∞+
∞−
+−+
−
++
=
=
∫∞+
∞−∫∞+
∞−−=
∫∞+
∞−∫∞+
∞−−=
=
∫∫∫+∫∫∫=+=
2
1
1
2
1
10
2
12
2
12
0
0
2
1
2
2
1
24
2
"
2
'4
""
''
4'"
''
40
"""'
'40
)(")(')(
dx
y
dx
yd
dx
y
dx
ydI
dxy
dy
dxy
dyI
rdy
rdyI
rdy
rdyI
dr
dr
PAPAPy
π
µ
π
µ
π
µ
π
µ
ττ
ττπ
µJJ'A
Ponendo 11 2
',
2xd
ydx
y
−=
+= ττ , si ha
14
+
−⋅==
++
++⋅
=
++
++⋅=
++
++⋅=
=
++−
++=
∫∞+
∞−∫∞+
∞− +−
+=
∞+
∞+
∞+
∞+∞+
1
10
02
20
0
2
20
0
2
2
0
0
2
0
2022
0
2
224111
1112
4
111
1112
41
12
4
12124114
xd
xd
lnI'
lnI
'lnI
''lnI
''lnlnI'
'ddI)P(
'
'
y
πµ
τ
τττ
πµ
τ
τττ
πµ
ττ
ττ
πµ
ττττπ
µττ
ττ
πµA
In definitiva
1
10
22ln
2)(
xdxdI
Py +
−=
π
µA
sull’asse centrale è x1=0, quindi il potenziale vettore si annulla.
Dalla circuitazione del potenziale vettore magnetico lungo una linea γ è possibile valutare il flusso concatenato con tale linea, ossia il flusso attraverso una qualsiasi superficie orlata da tale linea. Si consideri ad esempio (Fig.A8.7.2) una linea rettangolare che si appoggia alle due linee
(
−±= Rdx
21 ) per un tratto di lunghezza l. Si ottiene
Fig.A8.7.2
d
x
γ
I
I
15
RRdl
IRd
RR
RdlI
dsP −=
−−
−
=⋅=Φ ∫ ln22
2ln2
22ln2
)( 00
πµ
πµ
γγ tA
Se ne ricava il valore dell’induttanza “interna” della linea bifilare per unità di lunghezza
RRd
lIL −
=Φ
= ln' 0
πµγ
Nel caso di linea sottile (R<<d) si ha
rdL ln' 0
πµ
≅ [H/m]
ad es. per R=2mm, d=30 cm l’induttanza per kilometro di linea (induttanza di servizio) vale L’=2.0 mH/km.
Per composizione si può calcolare la distribuzione del campo risultante, in particolare lungo x (Fig.A8.7.3)
Fig.A8.7.3
Il campo lungo x mantiene lo stesso senso nell’intervallo (-d/2+R,d/2-R) e vale
−=
++
−=
22
42
2
1
2
12
)(xd
dI
xdxdIxH
ππ
Il campo ha un minimo al centro ed è massimo in prossimità della linea (dove è leggermente aumentato rispetto al caso del conduttore singolo)
d
x
I
I
H
Hmin
16
dRRI
dRR
IRdR
dIRdHH
dIHH
<<
→−
=−
=
−=
==
πππ
π
2)1(
12)(22
2)0(
max
min
All’interno del conduttore occorre considerare la somma del contributo dello stesso (lineare con la distanza dal proprio asse) e dell’altro conduttore (iperbolico)
+
+−=
++
−=
+−∈
Rxd
RxdI
xdR
xdIxH
RdRdx
2
42
2
122
)(2
2
2,
2 ππ
che si annulla per 2
412 d
Rdx += ossia poco oltre l’asse del conduttore (assi magnetici della
linea bifilare). Volendo calcolare l’induttanza della linea bifilare, considerando anche la distribuzione di campo magnetico anche all’interno dei conduttori, occorrerebbe suddividere il conduttore in tanti “filetti” elementari di corrente dI e valutare il flusso del campo magnetico concatenato il singolo filetto elementare identificato con il loro asse; si considera quindi la media pesata (sulle correnti elementari) dei flussi così ottenuti
∫∑∑
Φ→∆
∆Φ=
Φ=
Ii
i
iii
dIII
I
IIL 2
11
Risulta in genere più agevole, conoscendo la distribuzione del campo magnetico (nel caso del vuoto o di mezzo lineare), valutare il coefficiente di autoinduzione L attraverso l’energia magnetica
∫∫ ==→==ττ
τµτµ dHII
WLdHLIW m
m2
2222 12
21
21
Nel nostro caso, in prima approssimazione, per linee bifilari non sottili,
+=+=
=+=
+=
=+≅
+=
∫∫
∫∫∫∫∫
41ln
4ln
ln22
2ln
2ln1
000
34
002
2200
22
00222
rdll
rdl
dR
lrdl
dlR
IIr
dl
dHIr
dldHdH
IL
R
o
R
o
conduttoreconduttoriaria
πµ
πµ
πµ
ρρπµ
πµ
ρπρπρµ
πµ
τµ
πµ
τµτµ
Se ne deduce una espressione (di largo impiego tecnico) per l’induttanza per unità di lunghezza di una linea bifilare (es. per un cavo costituito da due conduttori paralleli nella
stessa guaina) :
+=
41ln' 0
rdL
πµ
17
A
r0 r2
r1
B
§A8.8 AVVOLGIMENTO TOROIDALE
Consideriamo un avvolgimento di N spire “compatte e serrate” distribuite uniformemente su un supporto (anche ideale) a forma di anello (toro).
Applicando il teorema della circuitazione si verifica subito che il campo ha struttura circolare ed è nullo all’esterno dell’avvolgimento, mentre all’interno vale
rNIrH
rrr π2)(
21=
<<
se il toro è sottile, possiamo considerare il campo praticamente uniforme all’interno e pari al campo sull’asse
002)(
21
NIr
NIrHrrr
=≅<< π
Il flusso concatenato con le N spire vale
0
2
00
2
0 22 rSNL
rSIN
N πµ
πµ ∆
≅→∆⋅
≅Φ
18
r0 r2
r1
B A
Volendo valutare il flusso concatenato con l’intero avvolgimento e l’induttanza vista dai morsetti A-B (comunque molto vicini tra di loro ed al toro), occorre tener conto anche della spira “grande” costituita dall’elica toroidale
( )12
00
0
2
0 2ln
2''
rrr
rSNLLLABNtoro −+
∆=+=→Φ+Φ=Φ µ
πµ =
per evitare questa correzione, non sempre trascurabile, occorrerebbe “compensare” la spira “grande” con una “controspira” come in figura. In tal caso la configurazione di campo risulta molto più complessa.
Se in un avvolgimento toroidale si volesse tener conto della variazione del campo con il raggio, il coefficiente di autoinduzione potrebbe essere calcolato nel modo seguente:
1
22
0001 ln22
2
1rrbNdr
rbNI
INHdS
IN
INL
r
rS πµ
πµµ
===Φ
= ∫∫∆
b
19
§A8.9 ALCUNE CONSIDERAZIONI ENERGETICHE IN ACCOPPIAMENTO MAGNETICO Si consideri una spira interessata da corrente di intensità i1(t) erogata da un generatore di tensione indipendente e1(t), supposto puntiforme o comunque “localizzato”. In generale nella spira nasce una forza elettromotrice indotta; considerata la “resistenza” equivalente della spira, si potrà scrivere
1111111
11
111
iRdsS
idsSS
dtdeds ∫∫∫ =
∆=⋅
∆∆
=−=⋅γγγ
ηηϕ tJtE
Moltiplicando per i1(t) per un intervallo elementare di osservazione dt si potrà mettere in evidenza l’energia erogata dal generatore “concentrato” nell’intervallo di tempo elementare
112111 ϕdidtiRdte +=
Anche se si considerano altre spire similari si potranno considerare bilanci analoghi e pervenire ad una formulazione del tipo
*
2
dWdWdW
didtiRdte
Jg
kkk
kkk
kk
+=
+= ∑∑∑ ϕ
dove l’energia dei generatori è bilanciata dalla dissipazione per effetto Joule nei conduttori e dalla variazione di “energia magnetica”. Il campo B è solenoidale, ed anche la sua variazione temporale dB* è solenoidale, per cui si potrebbero individuare linee chiuse γ* di dB (la circuitazione di H lungo queste linee deve dar luogo alla corrente concatenata) e suddividere lo spazio in tubi di flusso di dB. Ad ognuno di questi tubi di flusso elementare di sezione ΔS* si potrebbe associare un valore
∫∆
⋅=*
***S
dSdd nBϕ
e costruire l’integrale
**
ττ
ddBH ⋅∫∆
esteso al volume definito dal tubo di flusso elementare dφ* di dB. Procedendo lungo γ* il flusso si mantiene costante e si avrà
( ) ∑∫∫∫ =⋅=⋅=⋅∆∆ k
kkinddltHddldSddd *****
ϕϕτττ
BHBH
dove si sono messi in evidenza gli eventuali concatenamenti multipli nk.
20
Per un processo finito che porta alla formazione di un campo B in tutto lo spazio, potremo valutare l’energia magnetica per unità di volume
BH dwB
m ⋅= ∫0
Nel caso di mezzi lineari (identificati da una permeabilità magnetica μ costante, l’energia magnetica specifica è pari a
22
0 21
21
21 BHdw
B
m µµ ==⋅=⋅= ∫ BHBH
Nel caso di due spire, l’energia magnetica associata (in tutto lo spazio) vale
( ) 2211 21
21
21 ϕϕτ
τ
iidWm +=⋅= ∫ HB
Nel caso di mezzi lineari
( ) ( )
21222
211
12222112211
21
21
21
21
21
21
iMiiLiL
MiiLiMiiLiiiW im
++=
=+++=+= ϕϕ
Per il suo significato energetico, tale forma quadratica deve essere non negativa; ciò implica che il coefficiente di accoppiamento
21LLMk =
deve essere in valore assoluto non maggiore di 1. La condizione k2=1 (k=1 se M>0, k=-1 se M<0) vien detta di accoppiamento magnetico perfetto: in queste condizioni l’energia magnetica è un quadrato perfetto
2
22
11
21222
211 222
121
+=++= iLkiLiMiiLiLWm
in tal caso, per infinite coppie di valori delle intensità di corrente non nulle
21
−= 2
1
21 i
LLki
l’energia magnetica totale risulta nulla, ossia il campo magnetico è nullo in tutto lo spazio; tale condizione può essere praticamente realizzati con due solenoidi lunghi e sottili, separati da un sottile strato di isolante.
22
§A8.10 – Dimensionamento di magneti permanenti Si consideri un anello di materiale duro magnetizzato tramite un avvolgimento esterno interessato da una intensità I sufficientemente elevata. Spegnendo il generatore(I=0 e H=0), il materiale presenta una induzione residua Br (fig.A8.10.1)
Fig.A8.10.1 – Nucleo magnetizzato Pur con valori non elevati, il valore corrente della permeabilità differenziale del ferro è ancora di molto superiore a quella dell’aria, quindi il nucleo può essere ragionevolmente considerato un tubo di flusso. Si rimuova una piccola “fetta” di ferro, creando in tal modo un traferro (fig.A8.10.2) ed ancora si consideri sostanzialmente identificato dal nucleo il tubo di flusso. Fig. A8.10.2
r0 r2
r1
I=0 H
ferro
Br
B
H
ferro
Br
B
r0 r2
r1
B
23
Valgono le relazioni L’intersezione della caratteristica del ferro con la caratteristica del traferro sopra indicata in funzione dell’induzione e del campo magnetico nel ferro determina il punto di lavoro (fig.A8.10.2) In realtà, per la loro durezza e fragilità, i materiali per magneti permanenti vengono prodotti in geometrie più semplici, ad esempio barrette, integrando il tubo di flusso con sagome opportune di ferro dolce (che presentano valori di H molto minori a parità di B). Si può far riferimento tipicamente alla fig.A8.10.3. Per tale configurazione valgono ancora le relazioni
)(
0
00
00 traferrodelticacaratterisl
lHHB
BBacciaall'interfl
lHHlHlH
dldldldldldl
traferro
fefetraferrofe
traferrofe
fe
traferrotraferromfemtraferrotraferromfefem
traferroduroferrotraferrodolceferroduroferro
µµ
γ
=≅→
≅
−=→=+
=⋅+⋅≅⋅+⋅+⋅→=⋅ ∫∫∫∫∫∫ tHtHtHtHtHtH
)traferrodelticacaratteris(l
lHHB
BBacciaall'interfl
lHHlHlH
dldldl
traferro
fefetraferrofe
traferrofe
fe
traferrotraferromfemtraferrotraferromfefem
traferroduroferro
00
0
00
µµ
γ
=≅→
≅
−=→=+
=⋅+⋅→=⋅ ∫∫∫ tHtHtH
24
Quindi si può identificare il punto di lavoro come precedentemente descritto.
Fig. A8.10.3
Si possono ottimizzare prestazioni e costi di un magnete permanente con le considerazioni che seguono. In generale occorrerà avere in uno spazio d’aria una determinata induzione ( od anche densità di energia magnetica). Per minimizzare il volume del magnete basterà considerare il valore per cui il prodotto BH è massimo nel ferro (fig. A8.10.4).
Occorrerà quindi considerare materiali ad alto valore di BH (vedi tab.A8.10.I). La sezione del traferro determinerà sostanzialmente la sezione del ferro e quindi il valore della lunghezza del magnete duro e del suo punto di lavoro.
N S
Magnete duro
Magnete dolce
Traferro
B
H
max
2
→⋅
⋅⋅=⇒≅⋅⋅
≅
=
fefe
traferro
fefefeotraferrotraferro
o
traferrofefefe
traferrotraferrofefe
traferrotraferrofefe
HB
HBBB
HB
SBSB
lHlH
ττ
µτµ
τ
25
Fig.A8.10.4
TAB. A8.10.I
Materiali BHmax [kJ/m3] Br [ T] Hc [A/m] •Acciai martensitici (1880)
3.2
•Acciai al tungsteno (1890)
•Acciai al Cr – Co •Polveri con Mn –Bi •Con titanio (TICONAL per altoparlanti)
•Magneti ceramici (ossidi di ferro + carbonato di bario,…)
•Leghe con Al-Ni-Co (1950) (Br=1.3 T; Hc=5,6 A/m; BHmax >80kJ/m3)
80 1,3 5,6
•Leghe con terre rare (samario-cobalto, neodimio-ferro-boro) (Br>1.4 T; Hc>100 kA/m; BHmax >400 kJ/m3)
400 1,4 1.0 105
H
ferro
traferro BHmax
B
BH
Appendice A9
Condensatori
A9.1 – Rendimento di carica di un condensatore
Consideriamo l’elementare processo di carica di un condensatore inizialmente scarico collegato all’istante t=0 ad un generatore di tensione stazionario tramite un resistore di resistenza R (fig. A9.1).
fig.A9.1 La tensione sul condensatore vAB(t) è legata alla carica QA [=-QB] presente sull’armatura A del condensatore dalla relazione QA(t)=C vAB (t). Il processo di accumulo della carica sulle armature del condensatore si arresta a regime, nella condizione vAB(t)=E; esso è rappresentato nella fig.A9.2. La carica a regime vale Q∞=CE.
fig.A9.2 Nell’intero processo di carica il generatore eroga l’energia W=E Q∞ ; il processo in un intervallo elementare di tempo dt implica l’accumulo di carica dQA=i dt, l’energia associata vABdQ e l’energia dissipata vrdQA=Ri2dt. Dalla fig.A9.2 si vede chiaramente che nel processo di carica a tensione costante l’energia dissipata nel resistore è la metà di quella erogata dal generatore; il processo di carica in questo caso ha un rendimento del 50%.
vAB +
R
C
i
e(t)=E vR A
B
t=0
vAB
QA
E
Q∞ 0
dQ
vAB
vc
Tale rendimento potrebbe essere migliorato con una alimentazione “crescente” (fig.A9.3) ossia aumentando progressivamente (ad esempio a scatti) il valore della tensione del generatore da 0 ad E. I tempi di carica si allungano notevolmente.
fig.A9.3 A.10.2 Risposta di un circuito RC Se un circuito RC è sollecitato da una tensione di durata Δτ (fig.A9.4) molto piccola rispetto alla costante di tempo RC, la tensione sul condensatore, nulla fino all’istante τ, all’istante t1= τ+Δτ varrà
( ) ( ) ( ) ττττ τττ
τ
∆≅∆≅=−
−∆+
∫ RCee
RCedti
Ctv RC
t
c
111
fig.A17.4 Se la e(t) ha un andamento generico, può essere scomposta in infiniti elementi come quelli della fig.A9.4, di durata infinitesima dτ; sommando tutti i contributi alla tensione sul condensatore fino ad un istante generico t si avrà, al limite,
( ) ( )∫−
−≅
tRCt
c deeRC
tv0
1 τττ
Tale espressione si presta ad una interpretazione grafica (fig.A17.5)
vAB
QA
E
Q∞ 0
dQ
vAB
vc
energia dissipata in R
energia accumulata in C
vC +
R
C
i
e vR
vg
t t1 τ
∆τ
e(τ)
e
e(τ)
τ
1 b c
t
fig.A17.5 La funzione e(τ) va moltiplicato per l’esponenziale b (funzione di τ a partire da t verso sinistra cioè per τ<t). Si ottiene la curva c. A parte il fattore di scala RC, l’area sottesa a questa curva è pari alla tensione sul condensatore. Per t<<RC, la curva c coincide praticamente con la e(τ); la tensione sul condensatore risulta quindi l’integrale della tensione di ingresso, purchè la si moltiplichi (ad esempio mediante un amplificatore) per RC. In sostanza la rete RC è una rete integratice tanto più “valida” quanto più grande è la costante di tempo rispetto all’intervallo di integrazione.
APPENDICE X Corso di Laurea in Ingegneria Meccanica
ELETTROTECNICA (prof. Lupò) (1)
Il LABORATORIO ALTE TENSIONI (o Sala Alte Tensioni) del Dipartimento di Ingegneria Elettrica (dal 2014 confluito nel DIETI) dell’Università di Napoli Federico II è una struttura speciale di grandi dimensioni (base 32 m x 16 m, altezza 18 m) esistente nel plesso di via Claudio. Esso è paragonabile ad un palazzo di quattro piani,vuoto all’interno e senza aperture. Le pareti interne ed il soffitto sono completamente rivestite di schermo elettromagnetico ed acustico. Il pavimento è costituito da una rete a maglie e strisce di rame rivestite di conglomerato cementizio conduttivo, in modo da potersi considerare equipotenziale in ogni condizione di funzionamento; tale piano equipotenziale, di riferimento per prove e misure, è collegato a dispersori di terra di grande profondità (la resistenza di terra equivalente (2) è inferiore al decimo di ohm). La schermatura è necessaria non solo per motivi di sicurezza ma anche per evitare di trasmettere o ricevere disturbi elettromagnetici. Tale laboratorio dispone principalmente
a) di un gruppo autonomo SIEMENS (generatore sincrono rotante alloggiato in cunicolo sottostante - trasformatore bistadio visibile in fig.1, schema semplificato in fig. 1b ) ossia un generatore di tensione sinusoidale costituito da un alternatore (autonomo) sincrono monofase a frequenza variabile tra 16 e 150 Hz e da un trasformatore speciale (a due stadi in cascata) in grado di erogare tensioni sinusoidali fino a 1,35 MV (valori efficaci, un morsetto collegato al piano equipotenziale del pavimento) e intensità di corrente fino a 1 A (valore efficace, per un’ora) e quindi potenza nominale 1350 kVA; tale apparecchiatura, costruita dalla Siemens negli anni ’60 (3), è unica in Italia ed in Germania ha un fratello maggiore (a tre stadi, circa 2 MV) all’Università di Monaco di Baviera (4); per la misura della
1 Gli esperimenti qui descritti sono state realizzati nella visita guidata (in più gruppi) del 5 e 12 novembre 2009 2 È la resistenza equivalente vista da un bipolo (generatore) di cui un morsetto è collegato al piano equipotenziale ed un altro ad un punto indefinitamente lontano. Il suo valore deve essere sufficientemente basso in modo che l’eventuale tensione che si ritrova accidentalmente applicata al corpo umano o meglio, nel nostro caso, ad uno strumento di misura, sia inferiore ad un valore di sicurezza (per il corpo umano, si considera una soglia di 50V). Essa dipende dalla configurazione del dispersore e dalla natura del terreno. Essa può essere di massima calcolata con modelli di sorgente concentrata o distribuita Nel caso specifico, trattandosi di intensità di corrente rapidamente variabili, occorrerebbe parlare di impedenza di terra. 3 Va ricordato che in tale periodo si prevedevano e furono realizzate nel mondo stazioni sperimentali a tensioni ultra-alte (UHV) con valori nominali fino a 1200 kVrms. A Suvereto (GR) fu sviluppato il Progetto pilota 1050 kV dell’ENEL. Tali programmi furono poi tutti sospesi negli anni ’80 per motivi economici e politici. Tuttavia nel 2010 è iniziato uno sforzo congiunto Cina-India per la realizzazione di linee (17.000 km!) a 1200 kVrms in regime sinusoidale a 50 Hz ed a 800 kV in regime stazionario 4 Le apparecchiature più importanti per la generazione di elevate tensioni sinusoidali in Italia sono presenti presso il CESI (Centro Elettrotecnico Sperimentale Italiano) a Milano, ma in questo caso i trasformatori sono direttamente collegati ad un “nodo di potenza” della rete ENEL a 380kV- 50 Hz.
tensione in uscita viene usato l’apposito divisore capacitivo, con tensione di uscita fino a 100 V, leggibili all’interno della cabina di controllo;
b) un generatore di tensione aperiodico (“impulsivo”) della PASSONI&VILLA anch’esso risalente agli anni ’60 (fig.2), costituito da 12 stadi capacitivi (resistenza di carico 20kΩ, schema moltiplicatore RC di Marx (1923)) caricabili in parallelo fino ad una tensione di ±200 kV (regime stazionario); con cambio improvviso di configurazione (ottenuto tramite l’innesco di opportuni scaricatori) tali stadi si dispongono “in serie” consentendo l’erogazione di una tensione aperiodica teoricamente pari a 12 volte la tensione di carica del singolo stadio (quindi fino a ±2400 kV); in realtà la forma d’onda sarà dipendente dal carico e di valore massimo inferiore del 10-20% rispetto al suddetto valore; per molti casi è possibile fissare la forma d’onda collegando il generatore ad un carico capacitivo noto e di valore relativamente elevato (condensatore zavorra, capacità 500-1000-1500 pF, visibile in fig.2) rispetto alle capacità degli oggetti in prova; la misura della tensione si attua attraverso un partitore di tensione resistivo, compensato con condensatori per tenere conto dei parametri parassiti, inevitabili date le dimensioni del partitore (circa 6 m di altezza); l’ energia massima di carica è di 35 kJ: tale generatore è in grado di erogare, tra l’altro, “impulsi atmosferici” (standard lightning pulses, con tempi di salita di 1,2 μs e tempi all’emivalore di 50 μs) e “impulsi di manovra” (standard switching surges, 250 μs -2500 μs) corrispondenti a bruschi transitori legati a manovre negli impianti (5). Il generatore ad impulso dispone di un alimentatore di tensione stazionaria (c.d. “continua”) fino a ±200 kV, 50 mA.
c) banco di scarica di condensatori da 4 nF, 10 kV, in grado di erogare correnti di intensità fino a 300 kA per 5-6 ms; si possono in tal modo ad esempio creare campi magnetici transitori in aria di elevato valore (ad esempio per studio su “lenti magnetiche”).
Il Laboratorio è dotato di una cabina a gabbia di Faraday interna(cabina di controllo) in cui sono alloggiati, per la sicurezza degli operatori e degli strumenti di misura e registrazione, i pulpiti di comando dei due generatori maggiori, che non possono essere messi in funzione se non sono verificate le condizioni di sicurezza previste. Un digitalizzatore Tektronik fino a quattro canali a 2 GSa/s permette l’acquisizione digitale e la successiva elaborazione in ambiente Windows o dedicato (in fig.3 è rappresentato lo standard lightning pulse in assenza di scarica).
5 Il livello di tensione da applicare agli oggetti in prova viene fissato da Norme specifiche o, in mancanza, definito dal Committente. Il livello di tensione di prova a impulsi atmosferici è stato determinato caso per caso su base statistica a valle di sperimentazioni sul campo; il livello di tensione di prova a impulsi di manovra è ricavato anche sulla base di simulazione numerica ed è orientativamente pari al triplo della tensione di esercizio: ad esempio, per un componente interfasico della linea dorsale di trasmissione dell’energia elettrica italiana a 380 kV(tensione concatenata), occorre prevedere una sollecitazione impulsiva di manovra con valore di picco di circa 1200 kV.
I generatori sono equipaggiati con spinterometri a sfere per la misura diretta del valore di picco della tensione generata e di opportuni divisori di tensione per il rilievo delle forme d’onda(fig.1-2).
fig.1 - Trasformatore bistadio SIEMENS e divisore di tensione capacitivo e spinterometro a sfere
Fig.1b – Schema semplificato del Gruppo Siemens
Vu
M G
T2
T1
Vi
Vi
V2
VC
fig.2 – Generatore ad impulso, spinterometro a sfere e divisore di tensione ohmico-capacitivo (sullo sfondo); in alto: schema
semplificato (R: raddrizzatore;M: circuito moltiplicatore ad innesco comandato; S: spinterometro a sfere; OP: oggetto in prova; PR: partitore resistivo compensato; DT: digitalizzatore Tektronix)
Nel Laboratorio vengono provati anche dispositivi di notevole dimensione e peso (la fig.4 è stata presa in corso di prova su trasformatore trifase per alta tensione da 55 t). Il laboratorio Alte Tensioni dispone anche di un trasformatore monofase da 100kVA per prove a 50 Hz fino a 100 kV (tensione regolabile tramite autotrasformatore compagno collegato alla rete ENEL), nonché di un sistema di misura integrato HAEFELY per il rilievo di scariche parziali (diagnostica non distruttiva su materiali e componenti con
Vac=220 V
R GM
S
DT
OP PR
Vdc= 0-200 kV
software di analisi e classificazione difetti) e la misura con ponte di Schering del fattore di perdita di componenti per Alta Tensione.
fig.3 Forma d’onda dell’impulso standard fig. 4 – Prova su trasformatore AT
BREVE DESCRIZIONE DELL’ESPERIMENTO DIDATTICO ( 5 e 12 novembre 2009)
Gli Allievi presenti hanno assistito ad una prova in alta tensione con uso del generatore ad impulso. In tal caso è stato configurato il circuito di fig.2 in cui l’oggetto in prova è costituito dal “parallelo” di una ordinaria catena di isolatori in vetro del tipo componibile “cappa e perno”, equipaggiata alle estremità con un elettrodo ad anello (lato inferiore, in esercizio collegata alla linea di alimentazione) ed un elettrodo a punta rivolta verso il pavimento, con interposta una canalina in plastica completamente isolata contenente acqua in modica quantità. 1°) -Fissata una congrua distanza (circa 15 cm) tra le sfere dello spinterometro, i condensatori sono stati caricati a 30 kV; innescando il collegamento serie dei condensatori è stata quindi applicata una tensione di circa 300 kV sullo spinterometro (6). Tale tensione è insufficiente per provocare una scarica tra le sfere dello spinterometro oppure tra gli elettrodi della catena. E’ quindi rilevabile una forma d’onda “piena” della tensione applicata, ossia una forma a doppio esponenziale con tempi di salita di circa un microsecondo e tempo all’emivalore di circa cinquanta microsecondi (come in fig.3). 2°)- La tensione di carica dei condensatori è stata poi elevata a circa 42 kV, corrispondente ad una tensione “impulsiva” di circa 420 kV. E’ stata osservata una scarica tra le due sfere dello spinterometro, in linea con la considerazione che la tensione di scarica prevista dagli abachi delle Norme tra le sfere alla distanza di 15 cm è 390 kV (±3%). Si rileva la forma 6 Tale determinazione presuppone una complessa “taratura” del generatore, che, dato il tempo limitato della visita degli Allievi, è stata effettuata precedentemente.
d’onda di fig. 5,“troncata” in corrispondenza dell’istante del collasso; la successiva evoluzione pseudo-sinusoidale è caratteristica del circuito di “scarica disruptiva”, schematizzabile, in prima approssimazione con un circuito RLC , con basso valore del parametro resistivo associabile al canale di scarica.
fig.5 – Registrazione di una scarica sullo spinterometro a sfere
3°) – La distanza tra le sfere dello spinterometro è stata portata a oltre 30 cm e la tensione di carica dei condensatori è stata elevata a circa 70 kV; è stata quindi provocata per innesco comandato l’applicazione di una tensione “impulsiva” di circa 700 kV, che ha determinato una scarica in aria tra l’elettrodo a punta ed il pavimento, “guidata” in maniera più o meno vistosa dalla canalina orizzontale (fig.6). Per ragioni di tempo non è stato possibile far avvenire la scarica sulla catena (rimuovendo l’elettrodo a punta); tuttavia sembra utile riportare delle foto – ottenute in un esperimento effettuata in data precedente – di scarica tra gli elettrodi di una catena di isolatori più corta (fig.7) o, in un successivo esperimento, sulla superficie della catena stessa (fig.8). Le registrazioni effettuati in tutti questi casi (esempio in fig.9) mostrano una variazione temporale della tensione solo a prima vista ripetitiva; in realtà essa è differente caso per caso e comunque diversa da quella presentata in fig. 5; è cioè possibile associare ad ogni fenomeno di scarica (completamente in aria, in parte superficiale, all’interno del materiale,…) un diverso andamento della tensione misurato, creando quindi anche un “pacchetto ricognitivo” del fenomeno di “breakdown” avvenuto.
fig.6 – scarica punta-canalina- terra – tensione applicata 680 kV di picco.
fig.7 – Scarica in aria tra gli elettrodi della catena fig. 8 – Scarica superficiale (flashover)
fig. 9 – Tipico andamento temporale della tensione misurata in caso di scarica sulla catena
APPENDICE XI – ESERCIZI - PROVE D’ESAME 1
XI.1 Prova infracorso del 7/1/2003 (corso di Introduzione ai Circuiti) Fig.1 ESERCIZIO N.1
Si consideri la rete di fig.1, in regime sinusoidale, alimentata dal generatore ideale di tensione e(t) = EM sin ωt . (EM=100 V; ω=100 rad/s ; R=3Ω; L=0,1 H ; C=1 mF)
1a) Si valuti la potenza complessa erogata dal generatore.
( )
( )
−=⇒−=
−−
+
−−
=
−
−
+
−+
−
=
−
−=⇒−
=
−−
+=
−
−
+
==
+=+
==
2sin30)(
230
10310310
103103
2100
310sin109)(
2103
103)10(310
2100
;5001502103
2100*
πω
ω
ωω
ω
ω
ω
ω
ωω
ttvj
jjj
jj
CjR
CjR
Lj
CjR
CjR
E
V
arctgttij
jjj
CjR
CjR
Lj
EZEI
jjIEP
cc
Le
L
VArWLe
1 Con (*) si indicano esercizi assegnati ad allievi del CdL in Ingegneria Informatica o Elettrica, non rientranti nel programma ufficiale del Corso di Elettrotecnica per Meccanici
+ e(t)
+ e(t)
+ + R v
L v 2
2’ 1’
1 R L
C
R L
C
L L i
L C i L R i C v
+
-
-
-
1b) Si verifichi la conservazione della potenza complessa nella rete (facoltativo)
( ) ( ) 50015032
303210
302
10910)0(0022
222 jjjjRICVjLIjPPPP RcLRcLe +=⋅
⋅+⋅
−⋅=++−++=++= ωω
1c)Si valuti il rifasamento a cos ϕ =1 del carico visto dal generatore di tensione (facoltativo) Per rifasare a cosϕ=1 occorre inserire in parallelo al generatore un condensatore di
capacità C* cha assorba una potenza reattiva pari a –500 Var e quindi di valore ( )
FE
QQC CL 3
22 10
2100100
500* −=
⋅−
−=
−−−
=ω
ESERCIZIO N.2 Si consideri la rete di fig.1, alimentata dal generatore ideale di tensione e(t)=EMsinωt, in
regime sinusoidale fino all’istante t=0; a partire da tale istante, la tensione del generatore segue la legge
e(t) = EM cos ωt. (EM=100 V; ω=100 rad/s ; R=3Ω; L=0,1 H ; C=1 mF) Si determinino 2a) i valori iL(0+),vc(0+),ic(0+),vL(0+);
( ) ( ) ( )
( ) ( )
( )
( ) ( ) VvEvev
AiAR
vi
Vvv
AIarctgii
cMcL
cc
R
cc
LLL
130)30(10000)0()0(
0)0(100
)0(
302
sin3000
102Im310sin10900
=−−=+−=+−+=+
=+⇒−=+
=+
−=
−=−=+
−==
−=−=+
π
2b) l’intensità della corrente iR(t) per t>0.
NOTA: si consiglia di utilizzare idoneamente i risultati dell’esercizio n.1 Il circuito è del 2°ordine; le radici dell’equazione caratteristica sono quelle del circuito RLC parallelo (vedasi la fig.1 con e(t)=0, in evoluzione libera)
( ) sss
LCCRRC
03,0;300
13/100
3008,01
61000
1068
1061
103636
1036100
1061
101
10361
10611
41
21
211
23
443463222,1
==⇒−−
=±−=⋅
±⋅
−=
=⋅
−⋅
±⋅
−=−⋅
±⋅
−=−±−=
−−−
−−−−−−
ττ
λ
Si avrà pertanto
−++=++=++=
2cos10
)()()( 212121
212121πωλλλλλλ tekek
Rtv
ekektiekekti ttcpttrp
ttR
essendo il termine particolare sinusoidale e ricavabile dal precedente regime considerando che la funzione che esprime la tensione del generatore è di tipo coseno. Le costanti si precisano dalle condizioni iniziali:
AkAk
senkkiRCdt
dvRdt
di
kki
ccR
R
155
02
10)0(11
102
cos10)0(
21
221100
21
−==
=
−⋅⋅−+=+==
−=
−++=+
++
πωλλ
π
------------------------------------------------------------------------------------------ ESERCIZIO N.3 (*) Si consideri la rete di fig.1, a riposo, alimentata dal generatore ideale di tensione impulsivo e(t)=δ(t).
3a) Si valuti la risposta impulsiva iR(t)= h(t).
La tensione del generatore nell’istante di applicazione dell’impulso è bilanciata dalla tensione sull’induttore, in quanto la tensione sul condensatore può avere al più un salto limitato. Ne consegue che il condensatore non si carica e che l’induttore si carichi al valore
( ) ( ) ( ) AL
dttL
dtvL
ii LLL 10111000
0
0
0===+−=+ ∫∫
+
−
+
−δ
L’intensità della corrente nel resistore ha la stessa “forma” trovata precedentemente, ma tende a zero per t→∞. Il suo valore allo 0+ è nullo perché la tensione (sul condensatore) è nulla; la sua derivata allo zero più, per quanto visto prima, è collegata al valore della corrente nel condensatore allo 0+, che coincide con l’intensità di corrente nell’induttore:
( )( )
sAkk
sAkkLRC
iRC
iRCdt
dvRdt
dikki
ekektith
LccR
R
ttR
/225
/3
1000011)0(1)0(1100)(
21
221100
21
2121
=−=
=+=⋅=+=+==
+==++==
++
δδ
δδ
δδ
λδ
λδ
λλ
0 0.02 0.04 0.06 0.08 0.1 0.12 0.14 0.16 0.18 0.2-9
-8
-7
-6
-5
-4
-3
-2
-1
0
tempo [s]
inte
nsità
di c
orre
nte
iR[A
]
3b) Si valuti l’energia complessivamente dissipata dal resistore R (facoltativo)
Considerato che la corrente nel resistore non è impulsiva, l’energia dissipata dal resistore è uguale all’energia inizialmente immagazinata nell’induttore, essendo nulla quella immagazinata nel condensatore allo 0+ :
( ) JLL
LLidtRidtRiw LRRR 52
1121)0(
21, 2
2
0
22 =⋅
=⋅=+===+∞∞− ∫ ∫+∞
∞−
+∞
+
NOTA: si consiglia di utilizzare idoneamente i risultati dell’esercizio n.2
XI.2 Prova scritta del 14/1/2003 (corso di Introduzione ai Circuiti) Fig.1 ESERCIZIO N.1
Si consideri la rete di fig.1, in regime sinusoidale, alimentata dal generatore di tensione e(t) = EM sin ωt . (EM=340 V; ω=1000 rad/s ; R1=R2=400Ω; R3=200Ω; L=0,1H ; C=5 µF)
1) Si valuti la potenza complessa assorbita dal bipolo a destra dei morsetti A-B.
( )( )( )( )
( )( )( )
( )( ) ( )
( )
( ) ( )( ) ( )
( ) ( )( ) ( )( ) ( ) ( ) VVvarctgtsenVtsenVtv
AIiarctgtsenItsenIti
VArIX
QVArIXQWIR
P
jjjjjIVP
jj
jjIXXjRV
jIjXV
jjjj
jXXjRR
RII
jj
jj
ZEI
jj
jj
XXjRRXXjRR
RZ
CXLXjeEE
CCCCc
LLLLL
LCC
LLL
LR
VArWLAB
AB
LCLAB
LcC
CLL
e
CL
CLe
CLj
M
80Im0;41720arg
1,0Im)0(;41
1017arg
172
10017200
2;5,8
210017100
2;17
210017200
2
5,81721085
104
4285
2
ˆ
;42170
41
1017100200
;4120)(
;10
44
11017
100600400
46
4017
;46
4017
46
800340
64800
100600)100200(400400
2001051000
11;1001,01000;0340
2223
3
32
21
1
32
321
60
3
==−−−+⋅=+=
==−
+=+=
−=⋅−
=−
==⋅
===⋅
==
−=−⋅=−
⋅−−
==
−−
=−
−=−+=
−⋅−=−−=
+=
−=
−⋅
−−
⋅=−++
=
−−
⋅=−−
⋅==
−−
=−−
+=−++−+⋅
+=
Ω=⋅⋅
==Ω=⋅==+== −
πωω
ωω
ωω
+ e(t)
+ e(t)
L 1 i L L i
L R
1
R
2
L R
3
C
A
B
L
+ v -
c
ESERCIZIO N.2 Si consideri la rete di fig.1, alimentata dal generatore ideale di tensione e(t)=EMsinωt, in
regime sinusoidale fino all’istante t=0; a partire da tale istante, la tensione del generatore segue la legge e(t) = EM (costante).
(EM=340 V; ω=1000 rad/s ; R1=R2=400Ω; R3=200Ω; L=0,1H ; C=5 µF) Si determinino 2a) i valori iL(0+),vc(0+),i1(0+ ); 2b) l’intensità della corrente i1(t) per t>0.
NOTA: si consiglia di utilizzare idoneamente i risultati dell’esercizio n.2 “Foto” allo 0+ ( ) ( )( ) ( )
( )
( )
( ) ( ) ( )
( ) sA
vRRR
RRiRRRe
LRRR
RRR
Lv
RRRi
RRei
A
RRRi
RRei
VvvAii
cLL
L
L
cc
LL
/10502105804001,02
3401,02
1
0001)0(
)0()0(0
4019
800380
211,0
800340
)0()0(0
8000;1,000
321
21
21
2
21
2
21
2
21
2'
21
''1
21
2
211
=⋅=
+⋅−+
⋅=
=
++
+
++−
+⋅+
⋅⋅+
=+
⋅+=
=+
⋅++++
=+
==⋅+=
=+
⋅++++
=+
=−=+=−=+
Il circuito è riconducibile ad un RLC serie con
.40021
213 Ω=
++=
RRRRRR
Le radici dell’equazione caratteristica sono
( )2210002100020001051,0
140000002000142 62
2
2,1 ±=±−=⋅⋅
−±−=−±−= −LCLR
LRλ
La soluzione è del tipo ( ) )(1211
21 tiekekti ptt ++= λλ
Essendo stazionario il regime finale, anche l’integrale particolare è una costante
( )21
21121
RREekekti Mtt
+++= λλ
Ne segue
L i (0+) + e(t) + e(t)
1 i (0+)
L R
1
R
2
L R
3
C
A
B L
+ v
c
+ V -
L
( )
AiAkAk
sAkkdtdi
ARR
Ekki
t
o
MA
425,0298,0;325.0
/1150
1,00
1
21
22111
21211
=
−=−=
=+=
=+
++=+
∞→
+
λλ
0 0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.01-0.2
-0.1
0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
tempo [s]
inte
nsità
di c
orre
nte
i1[A
]
ESERCIZIO N.3 (*)
Si consideri la rete di fig.1, a riposo, alimentata dal generatore ideale di tensione impulsivo e(t)=δ(t).
3a) Si valuti la risposta impulsiva i1(t)= h(t). NOTA: si consiglia di utilizzare idoneamente i risultati dell’esercizio n.2
L’impulso “vede” la serie R1-R2 (la corrente in R3 non può essere impulsiva perché in serie ad un induttore). Quindi all’induttore è “applicata” una parte dell’impulso del generatore; l’induttore si carica istantaneamente, mentre il condensatore rimane inizialmente scarico
( ) ( )
( ) ( )( )
( )
( )[ ] ( ) ( )
( )
AkAk
sA
vRiRR
RRiLRR
R
RRR
Lv
RRR
ikkdtdi
ARR
Rikki
ekekthti
Vvv
AL
dttRR
RL
dtvL
i
cLL
LL
o
L
ttcc
LL
25,1;25,1
/1000040051,02
1
0001
)0()0(
5,2)0(0
)(
000
;5211110
21
321
21
21
2
21
2
21
2'2211
1
21
2211
211
0
0 21
20
0
21
==
−=⋅−⋅
=
=
+−+−
++−
⋅⋅+
=
=+
⋅+
=+
⋅+=+=
=+
⋅+=+=+
+==
=−=+
==+
⋅≅=+
+
+
−
+
−∫∫
λλ
δ
λλ
0 0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.010
0.5
1
1.5
2
2.5
tempo [s]
inte
nsità
di c
orre
nte
i1[A
]
XI.3 Prova scritta del 4/2/2003 (corso di Introduzione ai Circuiti)
Fig.1 ESERCIZIO N.1
Si consideri la rete di fig.1, in regime sinusoidale, alimentata dai generatori di tensione e1(t) = E √2 sin ωt, e2(t) = E √2 cos ωt . (E=1 V; ω=100 rad/s ; R=2Ω; L=20 mH ; C=10 mF)
1) Si valuti la potenza complessa erogata da ciascuno dei generatori. La potenza erogata dai due generatori vale
222111ˆ;ˆ IEPIEP ==
Le intensità di corrente possono essere valutate applicando il teorema di scomposizione; introducendo le impedenze viste dai due generatori agenti singolarmente, avremo:
( ) Aijj
jjjjIII
jjjIEP
jj
jj
jjXR
jXZE
ZEI
jjjIEP
jj
jj
jj
jj
XXjjX
ZE
ZEI
jjXXj
CLRZ
jj
jjjXRjXRjXZ
CXLX
LL
L
L
ee
cL
L
ee
cLe
L
Lce
cL
243)0(
43
43
123
43
121 4
341
43ˆ
43
222
11
22
21
23
1211ˆ
121
11
)12(2
2211
)(
2222)(
/01
224
11;2
21
222
1
1
2
22
111
2
2
1
11
2
1
−=−⇒−=−
−=−−
+−−
=+=
−−=+−
==
−−=
+−
−=
+−=
+=++
==−−
=−
−=−−
−=−
−=
−=+=−
+=
+=+
+−=+⋅
+−=
Ω==Ω==
ω
ω
+
L 1 i
+ e(t)
c
L
R
C
+ v -
e (t) 1
+
e (t)
2
L i
+
_
v L
L 2 i
WRIPVAIXQVAIXQ
jIRVj
IjXV
VvjIjXV
RCCLLL
RR
LLL
ccC
25.145;5.2
25;25.2
49231
32
23)0(
231
22
21
2
1
===−=−=−====
−−==
−==
−=−⇒−−
=−=
ESERCIZIO N.2
Si consideri la rete di fig.1, per t<0 in regime sinusoidale [alimentata dai generatori di
tensione e1(t) = E √2 sin ωt, e2(t) = E √2 cos ωt ; (E=1 V; ω=100 rad/s ; R=2Ω; L=20 mH ; C=10 mF)]. Per t>0, sia e1(t) =E ed e2(t) =0.
2) Valutare la tensione vL(t) per t>0 NOTA: si consiglia di utilizzare idoneamente i risultati dell’esercizio n.1
Dai risultati dell’esercizio precedente abbiamo
( ) ( ))()()(
243)0()0(;
2300tvtvtv
AiiVvv
LpLomL
LLcc
+=
−=−=+−=−=+
L’integrale particolare è nullo (trattandosi di regime finale di tipo stazionario); le radici della equazione algebrica caratteristica (trattandosi di circuito RLC parallelo) sono
7252550006252514
12
1222,1 j
LCCRRC±−=−±−=−±−=λ
e quindi l’espressione della tensione sull’induttore vale
( )
[ ]
Vk
sVC
Rvee
iC
iiC
idt
dvdtdekk
dtdv
Vvekvtsenektektv
cL
LcL
cL
ttL
+=
=
+−+−+−+
−
=+−+
−=+
−=−=+−=
=+=+−+==++=
+++
−−
721
23
/25
)0()0()0()0(
)0()0()0(072525
225
231)0()0()0(
)725(725cos)(
2
12
21
00
121
0
11
252
251
ESERCIZIO N.3 (*)
Si consideri la rete di fig.1, a riposo per t<0, alimentata dal generatore ideale di tensione impulsivo e1(t) =δ(t); [e2(t) =0].
3a) si valuti la tensione sul condensatore e l’intensità della corrente dell’induttore allo 0+ . 3b) (facoltativo) Si valuti la risposta impulsiva i1(t)= h(t). La tensione sul condensatore e la intensità di corrente per l’induttore sono grandezze limitate (salvo
i due casi patologici che qui non ricorrono). Si ha quindi che la tensione del generatore risulta “applicata” al
resistore ed all’induttore. La corrente del resistore è impulsiva (e quindi anche la corrente nel condensatore è impulsiva, deteminandone l’immediata carica); l’impulso di tensione carica istantaneamente l’induttore
AL
dttL
dtvL
i
VRC
dtRt
Cdti
Cv
LL
c
501)(11)0(
501)(11)0(
0
0
0
0
0
0
0
01
====+
====+
∫∫
∫∫+
−
+
−
+
−
+
−
δ
δ
Per quanto detto la corrente erogata dal generatore è impulsiva; per t>0 avremo l’evoluzione libera della rete a partire dallo stato di carica appena calcolato. Le frequenze naturali (radici dell’equazione caratteristica) sono le stesse dell’esercizio precedente, per cui avremo
( ) ( ) )725(725cos1)( 252
2511 tsenectect
Rti tt −− ++= δ ;
ad impulso “esaurito” avremo quindi
725
7252525
0100255050)0()0(
)0()0(172525
25)0(
)0()0()0()0(
2
1
1
0021
0
1
211
=⋅
=
=⋅+⋅−=+
++−
=
=+
++
=+=+−=
=+
++=+−+==+
+++
c
RCi
Lv
RCi
Lv
dtdv
Rdtdicc
dtdi
AR
viiici
c
LcL
cLL
XI.4 Prova scritta del 18/2/2003 Fig.1 ESERCIZIO N.1
Si consideri la rete di fig.1, in regime sinusoidale, alimentata dai generatori di tensione e(t) =
EM sin ωt e di corrente i(t) = IM cos ωt . (EM =20 V; IM =2 A; ω=100 rad/s ; R=20Ω; L=100 mH ; C=1/3 mF)
1) Si valuti la potenza complessa erogata da ciascuno dei generatori. La potenza erogata dai due generatori vale
2
ˆ;
21 IVP
IEP L
ie ==
Le intensità di corrente possono essere valutate applicando il teorema di scomposizione; introducendo le impedenze viste dai due generatori agenti singolarmente, avremo:
( )
( )( )
( )
WRIP
VArIXQ
VArIX
Q
VvjjjIjXV
jjjIVP
jjIEP
jIIjXV
AijIII
jjj
jjjjXR
jXIZEI
jj
jjj
jXjXRjXRjX
ZjjXjXRZ
CXLX
R
LLL
cc
ccc
VArWL
VArWe
LL
LL
c
L
e
cL
cLi
cLe
cL
2022021
2
50101021
2
302
30)0(3030130
30102103021
2
ˆ
1010)1(102
ˆ1030)(
3)0(31)(
12020
402020102
202020
2223
2020)3020(10
2020
301;10
21
2
21
1
2
1
1
1
1
=⋅==
=⋅==
−=−=
−=−−=+⋅−=−=
+=−+−==
−=−==
+−=+=
=−+=+=
+=−
=−⋅
−−
=−⋅
−=
−−
=−−
=−+−
=−=−+=
Ω==Ω==
ωω
+ + e(t)
c
L R
C
+ v -
e (t) i (t)
L i
+
_
v L
ESERCIZIO N.2 Si consideri la rete di fig.1, per t<0 in regime sinusoidale [alimentata dai generatori di
tensione e(t) = EM sin ωt e di corrente i(t) = IM cos ωt ;EM =20 V; ω=100 rad/s ; R=20Ω; L=100 mH ; C=1/3 mF].
Per t>0, sia e(t) = EM ; i(t) = IM.
2) Valutare la tensione vL(t) per t>0. NOTA: si consiglia di utilizzare idoneamente i risultati dell’esercizio n.1
Dai risultati dell’esercizio precedente abbiamo ( ) ( )
)()()(3)0()0(;3000
tvtvtvAiiVvv
LpLomL
LLcc
+==−=+−=−=+
L’integrale particolare è nullo (trattandosi di regime finale di tipo stazionario); le radici della equazione algebrica caratteristica (trattandosi di circuito RLC parallelo) sono
( )21100122
2
2,1 jLCL
RL
R±−=−
±−=λ
e quindi l’espressione della tensione sull’induttore vale
( )( ) ( )( )
( )( )
Vk
sVvLR
Cii
vLR
Ci
dtdi
dtdiR
dtdv
dtdekk
dtdv
V
iiRveRivekv
tsenektektv
LL
LLcL
LccL
ttL
26021001500030100
/900030200103
123)0()0(0
)0()0(02100100
30)23(2003020
)0(0)0()0(0)0()0()0(
)11100(11100cos)(
2
3
1
0000
121
0
1111
1002
1001
−=−⋅
=
−=⋅−−
−=+−+−+
−=
=+−+
−=
−−−=+−=
=−−+=
=+−+−+−+=+−+−+==+
+=
+++++
−−
ESERCIZIO N.3 (*)
Si consideri la rete di fig.1, a riposo per t<0, alimentata dal generatore ideale di tensione impulsivo e(t) =Φ δ(t); [i(t) =0]. ([Φ=5 Vs ; R=20Ω; L=100 mH ; C=1/3 mF)
3a) si valuti la tensione sul condensatore e l’intensità della corrente dell’induttore allo 0+ . 3b) (facoltativo) Si valuti la risposta impulsiva i1(t)= h(t). La tensione sul condensatore e la corrente dell’induttore (e quindi le tensione sul resistore) sono
grandezze limitate. Si ha quindi che l’impulso di tensione del generatore risulta “applicato” all’induttore. L’impulso di tensione carica istantaneamente l’induttore
AL
dttL
dtvL
tii
VdtiC
v
LL
c
50)(11)()0(
01)0(
0
0
0
01
0
01
=Φ
=Φ===+
==+
∫∫
∫+
−
+
−
+
−
δ
Per t>0 avremo l’evoluzione libera della rete a partire dallo stato di carica appena calcolato. Le frequenze naturali (radici dell’equazione caratteristica) sono le stesse dell’esercizio precedente, per cui avremo
( ) )2100(2100cos)( 1002
10011 tsenectecti tt −− += ;
Ac
sALRi
Lvve
Lvcc
dtdi
Aici
LRc
L
L
22521001000050100
/10000)0(00)0()0()0(
)0(2100100
50)0()0(
2
210
1
11
−=−⋅
=
−=+−−
=+−+−+
=
=+
=+−=
=+==+
+
XI.5 Prova scritta del 16/6/2003 (corso di Fondamenti di circuiti) Fig.1 ESERCIZIO N.1
Si consideri la rete di fig.1, in regime sinusoidale, alimentata dai generatori ideali e(t) = E √2 sin ωt, i(t) = I√2 cos ωt . (E=20 V;I=2 A; ω=100 rad/s ; R=2Ω; L=20 mH; C=10 mF)
1) Si valuti la tensione vL(t) col metodo del generatore equivalente di tensione 2) Si valuti la potenza complessa erogata dal generatore ideale di corrente 3) Si proceda alla verifica della conservazione della potenza complessa 4) È possibile sostituire all’induttore un generatore di tensione ideale? SOLUZIONE
C
c
L
R
+ v - +
e (t)
L i
+
_
v L i(t)
+
Ē
v L
+
_ Vo
+ Zeq
XL
c R
+ v -
+
_
V
o Ī
X
XI j E j
I VZ jX
Z R jXR jX
jj
V I Z E jXR jX
j jj
jj
jj
I jj j j
jj
V jX I jj
v t t
I V
C
L
Lo
eq L
eqc
c
eqc
c
L
L L L
L
= =
= =
= = +
=+
=−−
=−−
= ⋅ +−−
=−−
+−−
=−−
=−
− + −=
−+
= =++
= + −
− =
−
−
1100 10
1
20 100 10 22 10 0
22
2 22
102
4 102
4 102 2 2
2 51
10 41
2 29 25 4
2
3
0
1
** *;
;
( )
( )
( )
( ) sen( arctg( ) )
Ω
Ω
ω π
L
c
R L
jXj
j
I I I I jj
−=− +
+
= − + − =+
4 101
311
Applicando il teorema di Norton
I IZ
Z jXI E
RZ
Z jXj
jj
jj
j
jj
P V I jj
j j
P EI jP RI WQ X I VArQ X I VArP P j P j Q Q
L cceq
eq L
eq
eq L
I L
E R
R R
L L L
C c
I E R L c
=+
= ++
= +
−−
−−
+=
−+
= =++
− = − −
= = −
= =
= =
= − = −
+ = − = + +
( )( ) ( )( )
( )
( )
2 5
222
22
2 51
10 41
2 6 14
15 159
2958
9 29
2
2
12
E’ sempre possibile (non ricadendo casi patologici) sostituire all’induttore un generatore di valore E VL* =
Per sostituire ad un generatore un’impedenza occorre che il rapporto
ZVIsost
g
g
= −
(se sul generatore si è assunta la convenzione del generatore) sia a parte reale positiva. (N.B. : ciò implica la presenza di almeno un altro generatore nella rete).
XI.6 Seconda prova infracorso 13/01/2004 (corso di Introduzione ai Circuiti)
Fig.1 ESERCIZIO N.1
Si consideri la rete di Fig.1, in regime sinusoidale per t<0 , alimentata dal generatore ideale di tensione e(t) = EM sin ωt ; il generatore di corrente è spento.
(EM=10 V; ω=100 rad/s ; R1=R2=10Ω; L=50 mH ; C=2/3 mF) Per t>0, il generatore di tensione è spento [e(t)=0] ed il generatore di corrente si attiva ad un
valore costante [i(t)=Io; Io=1A] Si valuti l’intensità di corrente i1(t) nell’intervallo (-∞,+∞). Per t<0 :
( )
( )
+=
−=−⇒−=−+=−=
=−⇒+=−+
=−++
=
Ω=⋅⋅
==Ω== −
21sin
55)(
6)0(63)15)(2(51
51)0()2(
51
1020010
15100102
31;5
1
1
121
1
3
arctgtti
VvjjjjXIV
Aijjj
XXjRREI
CXLX
ccc
CL
CL
ω
ωω
ESERCIZIO N.2 A
Si consideri la rete di fig.1, a riposo per t<0, alimentata dal generatore ideale di tensione impulsivo e(t)=Φδ(t); Φ=1 Vs [i(t)=0]. Si valuti la risposta impulsiva i1(t)= h(t) ------------------------------------------------------------------------------------------ ESERCIZIO N.3 A (integrazione alla prima prova intracorso)
Si consideri la rete di fig.1, in regime sinusoidale, alimentata dal generatore ideale di
tensione e(t) = EM sin ωt e dal generatore di corrente sinusoidale i(t) = IM cos ωt (EM=10 V; IM=1 A; ω=100 rad/s ; R1=R2=10Ω; L=50 mH ; C=2/3 mF);
L
R1
L
R2 L C L 1 i
L i
e +
a) Si valuti la potenza complessa erogata dal generatore di corrente. b) Si verifichi la conservazione della potenza complessa nella rete
XI.7 Prova scritta del 10/01/2006 ESERCIZIO N.1 A Fig.1 Si consideri la rete di fig. 1 in regime sinusoidale per t<0; sia R=10 Ω, L=200 mH, C=1 mF, ω=100 rad/s, e(t)=EM sen ωt [EM=10 V], i(t)=IM cos ωt [IM=2 A]. Per t>0 sia e(t)= EM [costante] ed i(t)=0. Determinare la tensione sull’induttore vL(t) per t∈(-∞,+∞). Per t<0 possiamo applicare il metodo simbolico. Risulta più opportuno applicare il teorema di Norton per il calcolo della corrente nel condensatore. Avremo
+ R e i C
L vL
iR iL
ic
[ ] [ ] [ ]
AIiarctgtsentijj
jjXVI
VVvVV
arctgtsentv
jj
jj
j
jj
jj
jj
jj
j
jjXZjXZ
IV
jj
jXRjXR
Z
CXLX
jIREIjIE
LLLL
LL
LcLC
L
Leq
LeqccL
c
ceq
cL
cc
54)Im()0()
34()(
54
53
201216
12)Im()0(;
)43(20)(
;121621
20212
111
20
2120
110
201
10
21
;1
10)(
;1010
11;20
;21;2;10
1
−==−⇒−
+=⇒−=+
==
==−⇒=
+=
+=+−
+=−
−
−+=
+−
−
⋅−
−
+=+
⋅=
−−
=−−
=
Ω===Ω==
+=+===
−
ω
ω
ωω
Per t>0 la soluzione può essere valutata come
)()( 2121 tvekektv Lp
ttL ++= λλ (*)
Poiché la sollecitazione è costante, l’integrale particolare è nullo
0)( ==dtdiLtv L
Lp
Inoltre, trattandosi di un circuito RLC “parallelo”, avremo
( ) βαλ jjLCRCRC
±=±−=−
±−= 1501
21
21 2
2,1
La (*) potrà essere riscritta come
( )
( )
( )
°≡≅=≅⇒=
==+=+
=+−=⋅
+−
=
=−
−−−
=−
−+−+
=+−+
=+
==+=
=−==++=
−−
++
234,083;2,3412
32cos600cos20cos
/6008002001054
101210
)0()0()0()0()0()0()0()0(cos
12)0()0()(
32
00
arctgVAAsen
AAsenA
sV
Ci
RCvE
Ci
RCve
Cii
Ci
dtdv
senAdt
dvVvAsenv
tsenAetv
LcMLcLRccL
cL
tL
γγ
γγβαγβγα
γβγα
γγβα
ccI vL eqZ L
-0.1 -0.08 -0.06 -0.04 -0.02 0 0.02 0.04 0.06 0.08 0.1-20
-15
-10
-5
0
5
10
15
20
tempo [s]
tens
ione
indu
ttore
[V]
ESERCIZIO N.2 A (*)
Si consideri la rete di fig.2, a riposo per t<0. Valutare la risposta iL(t) all’impulso di tensione e(t)=Φ δ(t) [Φ=2 Vs; R=10 Ω, L=200 mH, C=1 mF]
Fig.2
Non rilevandosi casi patologici, le grandezze di stato possono al più subire una discontinuità limitata a causa dell’impulso. Nello zero – istante di applicazione dell’impulso – il condensatore può essere quindi considerato un “quasi-cortocircuito” e l’induttore un “quasi-aperto”. Saranno impulsive le correnti nel resistore e nel condensatore.
L’impulso della corrente ic vale
∫+
−
Φ==+⇒
Φ=
0
0
1)0()()(RC
dtiC
vtR
ti ccoc δ
L’induttore rimane scarico, in quanto la tensione sullo stesso è pari a quella sul condensatore e quindi limitata.
La soluzione potrà essere valutata come tt
L ekekti 2121)( λλ +=
Inoltre, trattandosi di un circuito RLC “parallelo”, avremo
( ) βαλ jjLCRCRC
±=±−=−
±−= 1501
21
21 2
2,1
La (*) potrà essere riscritta come
+ R e C
L
iL
+ R e C
vC
iC
0 0.01 0.02 0.03 0.04 0.05 0.06 0.07 0.08 0.09 0.1-20
0
20
40
60
80
100
tempo [s]
tens
ione
con
dens
ator
e [A
]
( )
( )( )
( )
°≡≅=≅⇒=
=−=+=+
−=⋅
−=Φ
−=−==+=
=⋅
=Φ
==+
+=
−++
−
5903.135;116100
60cos20000cos100cos
/20000101002cos
10010202)0(
)(
6200
3
arctgVAAsen
AAsenA
sVRCRC
vCi
senAdt
dv
VRC
Asenv
tsenAetv
ccc
c
tc
γγ
γγβαγβγα
γβγα
γ
γβα
ESERCIZIO N.1 B
Fig.1 Si consideri la rete di fig. 1 in regime sinusoidale per t<0; sia R=1 Ω, L=4 mH, C=2 mF, ω=500 rad/s, e(t)=EM sen ωt [EM=10 V], i(t)=IM cos ωt [IM=20 A]2. Per t>0 sia e(t)= 0 ed i(t)= IM [costante]. Determinare l’intensità della corrente ic(t) nel condensatore per t∈(-∞,+∞). Per t<0 possiamo applicare il metodo simbolico. Risulta più opportuno applicare il teorema di Norton per il calcolo della corrente nel condensatore. Avremo
2 In realtà sul testo distribuito in aula era indicato IM=2A . Ciò comporta
[ ] [ ]
AIijjjXV
I
VVvarctgtsentvjIjXV
arctgtsenti
jj
jjj
jj
jj
jI
jIREIjI
LLL
CL
CccccC
c
c
cc
4,4)Im()0(4,42,14,28,8
4,2)Im()0()1,13,0(1.9)(;4,28,8
)3,01,1(1.9)(
8,84,22
2210
212
212
210
210;2
−==−⇒−−=−==
−==−⇒−
+=⇒−=−=
+=
+=+
+=−
+
++=
+=+==
ω
ω
+ R e i L
ic
[ ] [ ]
AIiarctgtsentijj
jjXV
I
VVvarctgtsentvjIjXV
arctgtsenti
jjjj
jjj
jj
jj
jI
jXZZ
II
jj
jXRjXRZ
CXLXjI
REIjIE
LLLL
CL
CccccC
c
c
ceq
eqccc
L
Leq
cLcc
8)Im()0()34(10)(86
21216
12)Im()0()43(20)(;1216
)3
4(20)(
1612)43(4)21(520
222010
212
212
2010
;)(
;21
2)(
1105002
11;2;2010;20;10
2
3
−==−⇒−
+=⇒−=+
==
==−⇒+=⇒+=−=
−+=
+−=+−=+=+
+=−
+
++=
−+=
+=
+=
Ω=⋅⋅
==Ω==+=+=== −
ω
ω
ω
ωω
Per t>0 la soluzione potrà essere valutata come
)()( 2121 tiekekti cp
ttc ++= λλ (*)
Poiché la sollecitazione è costante, l’integrale particolare è nullo
0)( ==dt
dvCti c
cp
Inoltre, trattandosi di un circuito RLC “parallelo”, avremo
βαλ jjjLCRCRC
±=±−=
±−=−
±−= )1(250
44110001
21
21 2
2,1
La (*) potrà essere riscritta come
ccI eqZ
( )
( )
( )
°≡≅−
=≅⇒=
−=−=+=+
−=⋅
−⋅
−=
+−+−=+−−=−+=+=
=−−−=−−−
−=−−+
−+=+−+++==+
+=
−−+
+++++++
1503,228
16;2.3216
28cos11000cos16cos
/11000)12(104116
10210
)0(1)0(1)0(11cos
16)8(1220)0()0(
)0()0(
)0()0()0()0()0(
)(
330
0000000
arctgAAAsen
AAsenA
sAdtdi
vL
iRCdt
divLdt
dvRdt
didtdi
dtdi
dtdisenA
dtdi
AiR
vIi
Rv
iiiiAseni
tsenAeti
c
ccLcLRc
Lc
MLc
LRc
tc
γγ
γγβαγβγα
γβγα
γ
γβα
-0.02 -0.01 0 0.01 0.02 0.03 0.04-20
-15
-10
-5
0
5
10
15
20
tempo [s]
corre
nte
cond
ensa
tore
[A]
ESERCIZIO N.2 B (*)
Si consideri la rete di fig.2, a riposo per t<0. Valutare la risposta vc(t) all’impulso di tensione e(t)=Φ δ(t) [Φ=2 Vs; R=1 Ω, L=4 mH, C=2 mF]
Fig.2
Non rilevandosi casi patologici, le grandezze di stato possono al più subire una discontinuità limitata a causa dell’impulso. Nello zero – istante di applicazione dell’impulso – il condensatore può essere quindi considerato un “quasi-cortocircuito” e l’induttore un “quasi-aperto”. Saranno impulsive le correnti nel resistore e nel condensatore.
L’impulso della corrente ic vale
∫+
−
Φ==+⇒
Φ=
0
0
1)0()()(RC
dtiC
vtR
ti ccoc δ
L’induttore rimane scarico, in quanto la tensione sullo stesso è pari a quella sul condensatore e quindi limitata.
La soluzione potrà essere valutata come tt
c ekektv 2121)( λλ +=
Inoltre, trattandosi di un circuito RLC “parallelo”, avremo
+ R e C
L vC
+ R e C
vC
iC
βαλ jjjLCRCRC
±=±−=
±−=−
±−= )1(250
44110001
21
21 2
2,1
La (*) potrà essere riscritta come
0 0.005 0.01 0.015 0.02 0.025 0.03 0.035 0.04-500
0
500
1000
tempo [s]
tens
ione
con
dens
ator
e [V
]
( )
( )( )
( )
°≡≅−
=≅⇒=
−=−=+=+
−=⋅
−=Φ
−=−==+=
=⋅
=Φ
==+
+=
−++
−
15265,219
10;21471000
1900cos500000cos100cos
/5000001042cos
01001022)0(
)(
6200
3
arctgAAsen
AAsenA
sVRCRC
vCi
senAdt
dv
VRC
Asenv
tsenAetv
ccc
c
tc
γγ
γγβαγβγα
γβγα
γ
γβα
XI.8 Prova scritta del 23/01/2006 (corso di Introduzione ai Circuiti) Fig.1 Si consideri la rete di fig. 1 in regime sinusoidale per t<0; sia R1= R2=40 Ω, L=200 mH, ω=100 rad/s, e(t)=EM sen ωt [EM=40 V], i(t)=IM cos ωt [IM=2 A]. Per t>0 sia e(t)= EM [costante] ed i(t)=- IM [costante]. Determinare la tensione sull’induttore vL(t) per t∈(-∞,+∞). Per t<0 possiamo applicare il metodo simbolico. Risulta più opportuno applicare il teorema di Norton per il calcolo della corrente nel condensatore. Avremo
[ ] [ ]
AIiarctgtsentijj
jjXV
I
arctgtsentv
ejj
jjjjj
jXZjXZ
IV
RRRR
ZLX
jIREIjIE
LLLL
LL
L
arctgj
Leq
LeqccL
eqL
cc
21)Im()0()
31(
210)(
21
23
203010
)24
(1010)(
;101030101
20212020202021
;20;20
;21;2;40
)24
(
21
21
1
==−⇒+=⇒+=+−
==
++=
=+−=+
+=+⋅
+=+
⋅=
Ω=+
=Ω==
+=+===
+
ω
πω
ω
π
Per t>0 la soluzione può essere valutata come
)()( 1 tvketv Lpt
L += λ (*)
Poiché la sollecitazione è costante, l’integrale particolare è nullo
0)( ==dtdiLtv L
Lp
Inoltre, trattandosi di un circuito RL, avremo
msHzL
Req 1011002,0
202
=−=−=−=−=λ
τλ
Il valore allo 0+ della tensione può essere calcolato facendo ricorso alla fotografia allo 0+
ccI vL eqZ L
+ R1
e i L vL
i1 iL
i2
R2
-0.1 -0.08 -0.06 -0.04 -0.02 0 0.02 0.04 0.06 0.08 0.1-40
-30
-20
-10
0
10
20
30
40
tempo [s]
tens
ione
indu
ttore
[V]
( ) V
RRR
iiRR
eRiRk
ketv
L
tL
30221
21
2140)0()0()0()0(
)(
21
1
21222 −=
−−+=
+
+−++++
=+=
= λ
+ R e i
i1 i2
R
i
ESERCIZIO N.2 A (*)
Si consideri la rete di fig.2, a riposo per t<0. Valutare la risposta iL(t) all’impulso di tensione e(t)=Φ δ(t) [Φ=5 Vs; R1=5 Ω, R2=5 Ω, L=100 mH, C=8 mF]
Fig.2
Non rilevandosi casi patologici, le grandezze di stato possono al più subire una discontinuità limitata a causa dell’impulso. Nello zero – istante di applicazione dell’impulso – il condensatore può essere quindi considerato un “quasi-cortocircuito” e l’induttore un “quasi-aperto”. Saranno impulsive le correnti nel resistore e nel condensatore.
L’impulso della corrente ic vale
∫+
−
Φ==+⇒
Φ=
0
0 11
1)0()()(CR
dtiC
vtR
ti ccoc δ
L’induttore rimane scarico, in quanto la tensione sullo stesso è pari a quella sul condensatore e quindi limitata.
La soluzione potrà essere valutata come tt
L ekekti 2121)( λλ +=
Inoltre, trattandosi di un circuito RLC “parallelo”, avremo
( ) βαλ jjLCCRCRRR
RRRpp
p ±=±−=−
±−=Ω=
+= 1251
21
21;4,2
2
2,121
21
La (*) potrà essere riscritta come
iC
+ R1 e C vC
+ R1
e C L
iL
R2
0 0.02 0.04 0.06 0.08 0.1 0.12 0.14 0.16 0.18 0.2-100
-50
0
50
100
150
200
250
tempo [s]
tens
ione
con
dens
ator
e [V
]
( )
( ) ( )( )
°≡=−
=≅⇒=
−=−=+=+
−=⋅
−=Φ
−=−==+=
=⋅⋅
=Φ
==+
+=
−++
−
1354
31
1;2250250
250cos12500cos250cos
/1250010400
5cos
2501085,2
5)0(
)(
6200
3
πγγ
γγβαγβγα
γβγα
γ
γβα
arctgVAAsen
AAsenA
sVCRCR
vCi
senAdt
dv
VCR
Asenv
tsenAetv
pp
ccc
pc
tc
ESERCIZIO N.1 B
Fig.1 Si consideri la rete di fig. 1 in regime sinusoidale per t<0; sia R1=1 Ω, R2=2 Ω, C=2 mF, ω=500 rad/s, e(t)=EM sen ωt [EM=10 V], i(t)=IM cos ωt [IM=10 A]. Per t>0 sia e(t)= EM ed i(t)= -IM [costante]. Determinare l’intensità della corrente ic(t) nel condensatore per t∈(-∞,+∞). Per t<0 possiamo applicare il metodo simbolico. Risulta più opportuno applicare il teorema di Norton per il calcolo della corrente nel condensatore. Avremo
[ ] [ ]
VVvarctgtsentv
jeIjXV
arctgtsenti
ejj
jj
jI
jXZZ
II
RRRRRZ
CXjI
REIjIE
Ccc
arctgj
ccC
c
arctgj
c
ceq
eqccc
peq
ccc
1320)Im()0()
23
4(
13220)(
;13
2010013
220
)23
4(
13220)(
13220
1310020
3221010
32
32
1010
;)(
;32
1105002
11;1010;10;10
23
4
23
4
21
21
31
==−⇒+−=
⇒=+
==−=
++=
=+−
=−
+=−
+=
−+=
Ω=+
==
Ω=⋅⋅
==+=+===
+−
+
−
πω
πω
ω
π
π
ccI
eqZ
+ R1
e i
ic
R2
Per t>0 la soluzione potrà essere valutata come
)()( 11 tiekti cp
tc += λ (*)
Poiché la sollecitazione è costante, l’integrale particolare è nullo
0)( ==dt
dvCti c
cp
Inoltre, trattandosi di un circuito RLC “parallelo”, avremo
( )
A
Rv
RvE
Iiiiik
HzCR
ccMMc
p
1330
131020
13220
1132010
10)0()0(
)0()0(0()0(
750102
32
11
21211
3
−=−−
=
=⋅
−−
+−=+
−+−
+−=+−+++=+=
−=⋅
−=−=−
λ
-10 -5 0 5
x 10-3
-8
-6
-4
-2
0
2
4
6
8
tempo [s]
corre
nte
cond
ensa
tore
[A]
ESERCIZIO N.2 B (*)
Si consideri la rete di fig.2, a riposo per t<0. Valutare la risposta vc(t) all’impulso di corrente i(t)=Q δ(t) [Q=2 C; R1=0,4 Ω, R2=0,6 Ω, L=4 mH, C=2 mF]
Fig.2
Non rilevandosi casi patologici, le grandezze di stato possono al più subire una discontinuità limitata a causa dell’impulso. Nello zero – istante di applicazione dell’impulso – il condensatore può essere quindi considerato un “quasi-cortocircuito” e l’induttore un “quasi-aperto”. Saranno impulsive le correnti nei resistori e nel condensatore (NB: rispetto all’impulso, i due resistori sono da considerarsi in parallelo).
L’impulso della corrente ic vale
( ) VCRR
QRdtiC
vtRR
QRti ccoc 8001)0()()(0
0 21
2
21
2 =+
==+⇒+
= ∫+
−
δ
L’induttore rimane scarico, in quanto la tensione sullo stesso è pari a quella sul condensatore e quindi limitata.
La soluzione potrà essere valutata come tt
c ekektv 2121)( λλ +=
Inoltre, trattandosi di un circuito RLC “parallelo” (nell’evoluzione libera, i due resistori sono in serie R=R1+R2=1Ω), avremo
βαλ jjjLCRCRC
±=±−=
±−=−
±−= )1(250
44110001
21
21 2
2,1
La (*) potrà essere riscritta come
+ R1 i C
vC
iC
R2
+ R1
i C L
R2
0 0.005 0.01 0.015 0.02 0.025-200
0
200
400
600
800
1000
tempo [s]
tens
ione
con
dens
ator
e [V
]
( )
( )( )
( )
°≡=−
==⇒=
−=−=+=+
−=+
−=+
−==+=
==++=
++
13543
11;2800800
800cos400000cos800cos
/400000)0(
cos
080)0()(
2221
2
00
πγγ
γγβαγβγα
γβγα
γγβα
arctgAAsen
AAsenA
sVCRR
QRRC
vCi
senAdt
dvVAsenv
tsenAetv
ccc
c
tc
XI.9 Prova scritta del 6/02/2006 (corso di Elettrotecnica Sc Ing. Dei Materiali) ESERCIZIO N.1 A (bozza) Fig.1 Si consideri la rete di fig. 1 in regime sinusoidale; sia R1= R2=50 Ω, L=100 mH, ω=500 rad/s, C=80μF; e(t)=EM sen ωt [EM=40 V]. Determinare
a) la tensione sull’induttore vL(t) per t∈(-∞,+∞) b) la potenza reattiva Qe erogata dal generatore c) a parità di potenza media erogata dal generatore, come si potrebbe procedere perché risulti Qe=0
(rifasamento)? Possiamo applicare il metodo simbolico. Avremo
+ R1
e C L
R2
vL
ie
( )
( ) ( )
( ) ( ) WPPVAjjj
jj
jjE
RZEEIEPIEQ
jRZ
EI
arctgtsentv
jej
j
jRZ
ZEV
jjjR
CjLj
ZC
XLXE
e
M
LCReeeeMMe
LCRe
L
arctgj
LCR
LCRL
LCRcL
6,9548)Re(;2,3
5163Im
516
5)2(1Im16
21Im
50800
501001
2ImImImImsin
21
3254
;)21(58)(
;816582
14050
1501
50
40
150
501
2550
11
1;251;50;40
*
**2*
1
*
1
)21(
1
2
2
2
2
2
2
===−=−=−=
−+
⋅=
=
++
⋅=
++
=
+====
+=+
=
−=
−==+
=+
+
+=
+=
+=
++−=
++−=Ω==Ω===
−
ϕ
ω
ωω
ωω
Poiché risulta Qe<0, possiamo inserire un induttore (rifasamento generale). Se lo si inserisce in parallelo al generatore, il valore dell’induttanza dovrà essere tale che
HQ
ELQL
EQe
Me
ML 5,0
5165002
160022
22
=⋅⋅
=⋅
=⇒−=⋅
=ωω
Osservazione: Potremmo in alternativa operare sul parallelo LC (rifasamento locale); ricordiamo che la condizione Qe=0 corrisponde alla “risonanza” alla pulsazione assegnata. Dev’essere quindi
FCsaràmHLfissatoL
mHLsaràFCCfissato
sCL
µ
µ
ω
4010100
104,100
501080104,80
][104250000
11
3
6**
6
6**
262
**
=⋅⋅
===−
=⋅⋅
===−
⋅===
−
−
−
−
−
La condizione suddetta potrà essere ottenuta o disponendo un altro induttore da 100mH in parallelo ad L oppure disponendo un condensatore da 80 μF in serie a C. L’induttore di rifasamento è di induttanza molto inferiore al caso precedente. (N.B. Vi sono infinite altre possibilità inserendo contemporaneamente un induttore in parallelo ad L ed un condensatore in serie a C). Inoltre, con la soluzione “locale” avremmo una potenza media erogata dal generatore pari a
WRR
EP M 81002
402/ 2
21
2
=⋅
=+
=
inferiore al caso precedente. Di qui la convenienza (a maggior ragione se la “resistenza equivalente R1” del generatore non è trascurabile rispetto ad R2) di operare un rifasamento locale. Questo accade ad esempio nel caso di utenze, nell’ambito di uno stesso impianto, molto lontane dal punto di fornitura.
XI.10 Prova scritta del 20/02/2006 (corso di Introduzione ai Circuiti) ESERCIZIO N.1 A * Fig.1 La rete di fig. 1 è in regime sinusoidale per t<0; sia R1=20 Ω, R2=30 Ω, ω=500 rad/s, C=(1/6) mF; e(t)=EM sen ωt [EM=100 V], io(t)=IM cos ωt [IM=5 A]. Determinare (sempre per t<0)
a) l’intensità di corrente ic(t), b) la potenza complessa erogata dal generatore ideale di corrente.
Per t<0 possiamo applicare il metodo simbolico. Avremo
( )
( ) ( )
VArjIV
PvalecorrentedigeneratoredalerogataPcomplessapotenzaLa
vtsentvjIjXV
ttijjj
jj
jXZZ
II
jIREI
RRRRRZ
Nortonditeoremailapplicando
jj
jj
jXRjXR
ZC
XE
t
ccccc
cceq
eqccc
ccpeq
c
cRCc
1502
~:
0)0(60)(060
cos551
55
125
605
60
55
;55;5
60
2560
1230)12(30;12
1061500
11;100
0
0
0121
21
3
−==
=⇒=⇒+=−=
=⇒=−+
=−
+=−
=
+=+=Ω=+
==
−−
=−−
=−−
=Ω=⋅⋅
===
<
−
ω
ω
ω
R1
e C R2 io
ic
+
ESERCIZIO N.2 A
Partendo dai dati e dai risultati dell’esercizio precedente, si consideri che, per t>0, i generatori hanno le seguenti caratteristiche:
e(t)=EM sen (ωt-π/2) [EM=100 V], io(t)=IM sen ωt [IM=5 A]. Determinare: a) l’intensità di corrente ic(t) per t>0, b) considerate raggiunte le nuove condizioni di regime, la potenza complessa erogata dal
generatore ideale di corrente Per t->∞ possiamo applicare il metodo simbolico. Avremo
( ) ( )
VAr150j2I~V
P:valecorrentedigeneratoredalerogataPcomplessapotenzaLa
)2
(60)(60
551
55
12560
560
55
;55;560
;1210
61500
11;5;100
0
0121
21
30
−==
−=⇒−=−=
=⇒=−−
=−
−=−
=
−=+=Ω=+
=
Ω=⋅⋅
===−=
∞→
−
πω
ω
ω
tsentvjIjXV
tsentijj
jj
jXZZ
II
jIREI
RRRRZ
Nortonditeoremailapplicando
CXIjE
t
cccc
cceq
eqccc
cceq
c
(La potenza complessa non poteva cambiare, dato che i generatori sono variati in fase nello stesso modo) Per t>0 la soluzione può essere valutata come
AR
vi
Rve
iik
HzCR
tiketi
cccpc
pcp
tc
520100)0(
)0()0()0(
)0()0(
50010
6112
11;)()(
20
1
3
1
−=−
=+
−+++−+
=+−+=
−=⋅⋅
−=−=+=−
λλ
ESERCIZIO N.3 A
Si consideri la rete di fig. 1, a riposo per t<0; i generatori abbiano le seguenti caratteristiche:
e(t)=φ δ(t) [φ = 0,02 Vs], io(t)=Q δ(t) [Q=0,5 mC]. Determinare l’intensità di corrente ic(t) per ogni t. L’intensità di corrente nel condensatore è impulsiva nell’origine
AR
vtik
ekti
VC
QRv
ttQR
tAti
p
cc
CRt
tc
c
c
p
43
129)0(
)(
)(
910
61
105,1)0(
)(105,1)()()(
0
0
3
31
3
10
−=−=+
−==
=
=⋅
⋅=
+Φ
=+
⋅=
+
Φ==
+
−
>
−
−
− δδδ
ESERCIZIO N.1 B * Fig.1 La rete di fig. 1 è in regime sinusoidale per t<0; sia R1=20 Ω, R2=30 Ω, L=0.1 H, ω=300 rad/s; e(t)=EM sen ωt [EM=100 V], io(t)=IM cos ωt [IM=5 A]. Determinare (sempre per t<0)
c) la tensione vL(t), d) la potenza complessa assorbita dal generatore ideale di corrente.
ESERCIZIO N.2 B
Partendo dai dati e dai risultati dell’esercizio precedente, si consideri che, per t>0, i generatori hanno le seguenti caratteristiche:
e(t)=EM sen ( ωt-π/2) [EM=100 V], io(t)=IM sen ωt [IM=5 A]. Determinare:
a) la tensione vL(t), per t>0, b) considerate raggiunte le nuove condizioni di regime, la potenza complessa assorbita dal generatore ideale di
corrente
ESERCIZIO N.3 B (*)
Si consideri la rete di fig. 1, a riposo per t<0; i generatori abbiano le seguenti caratteristiche:
e(t)=φ δ(t) [φ = 20 mVs], io(t)=Q δ(t) [Q=0,5 mC]. Determinare la tensione vL(t) per ogni t.
R1
e L R2 io
VL
+
XI.11 Prova scritta del 9/01/2007 (corso di Introduzione ai Circuiti) ESERCIZIO N.1 A Fig.1 Si consideri la rete di fig. 1 in regime stazionario (E=60 V; Ig=3 A; R=4 Ω). Si determini la potenza erogata dal generatore di corrente utilizzando il teorema del generatore equivalente. Considerando ad esempio il bipolo equivalente di Norton della rete a monte del generatore di corrente, si nota che l’intensità di corrente di cc vale E/R e la resistenza equivalente vale Req=R/2, per cui la tensione in uscita (conv del generatore) vale
WIVP
VIRERIIRV
ggI
ggcceqg
g90
30)34
60(2)(2
)(
==
=+⋅=+=+=
Ig
R
R
R
R
R
E
+ E +
ESERCIZIO N.2 A
Si consideri la rete di di fig.2 in regime sinusoidale
[e(t)=EM sen ωt (EM=100 V); i(t)=IM cos ωt (IM=1 A); R=100 Ω; XC=1/ωC=100 Ω; XL=ωL=100 Ω ]
Fig.2 Si valuti la potenza complessa erogata singolarmente dai due generatori.
Il parallelo LC è in risonanza, quindi equivalente ad un circuito aperto. Il generatore di tensione quindi “assorbe” una corrente di intensità i(t). Avremo quindi
[ ]
505022
~
2
~)(2
~50
2)(100
2)~(
2
+−=+=+
==
=−−
=−
=
jRIIEIIREIVP
jjIEP
MMMMMMMiMi
MMe
ESERCIZIO N.3 A (*)
La tensione del generatore nella rete di fig.3, a riposo per t<0, è impulsivo e vale e(t)=Φδ(t). [ Φ=5 Vs ; R1=R2=2 Ω ; C=1 mF ; ; L1=L2=2 mH]
Determinare: a) l’intensità di corrente iL(0+); b) la risposta iL(t)=h(t) (facoltativo).
Fig.3
+
R
C e i
R2
+ C e
L2
iL
L
L1
R1
a) La tensione sul condensatore rimane limitata, quindi l’intensità di corrente nell’induttore (sottoposto alla stessa tensione) resta nulla. (N.B. L’altro induttore si carica) b) per t>0, risulta evidente trattarsi di un circuito RLC parallelo, con R corrispondente al parallelo di R1 ed R2 ed L corrispondente al parallelo dei due induttori . Avremo quindi
( ) ( )
22116
1
0
0 1
0
0000
21
21
33323322,1
105)(11
0)0()(
23
21
101
10101
210
110211
21
21
21
λλδ
λ
λλ
kkLCR
dttRLC
dtiLCL
vLv
dtdi
kkiekekti
jLCRCRC
ccL
tt
+=⋅=Φ
=Φ
====
+==++=
±−=−±
⋅−=−±−=
∫∫+
−
+
−+++
−−−−−
ESERCIZIO N.1 B Fig.1 Si consideri la rete di fig. 1 in regime stazionario (E=30 V; Ig=4 A; I0=10 A; R=10 Ω). Si determini la potenza assorbita dal generatore di corrente Io utilizzando il teorema del generatore equivalente. Considerando ad esempio il bipolo equivalente di Norton della rete a monte del generatore di corrente, si calcolano i contributi dei generatori all’intensità di correntedi cortocircuito Icc e la resistenza equivalente Req:
WIVP
VIIRV
RR
RR
RR
R
AI
RR
E
I
I
cceqo
eq
gcc
600
60)103(760)(
760
76
27
3
22
3
22
3
322
1530
222
00
0
0−==
−=−=−=
Ω===+
⋅=
=+=++
=
Ig
R R
R
R
R
E
+
Io
ESERCIZIO N.2 B
Si consideri la rete di di fig.2 in regime sinusoidale
[e(t)=EM sen ωt (EM=100 V); i(t)=IM cos ωt (IM=1 A); R=100 Ω; XC=1/ωC=100 Ω; XL=ωL=100 Ω ]
Fig.2
Si valutino le potenze reattive assorbite dai singoli bipoli e si verifichi la conservazione. Il parallelo LC è in risonanza, quindi equivalente ad un circuito aperto. Il generatore di tensione quindi “assorbe” una corrente di intensità i(t). Avremo quindi
[ ]
VArX
VQ
VArX
VQ
VArjjIIREIVQ
VArjIEQ
L
iML
c
iMc
MMMMiMi
MMe
100100
100002
100100
100002
502
))(100100(Im2
)~)((Im2
)~(Im
502
)(100Im2
~Im
2
2
===
−=−=−=
=
−+
=
−+=
−=
−=
−
=
=
+
R
C e i L
ESERCIZIO N.3 B (*)
La rete di fig.3 è a riposo per t<0 ed alimentata da un generatore impulsivo i(t)=Qδ(t).
[ Q=2 mC ; R1=1 Ω; R2=2 Ω ; C=1 mF ; L=2 mH ].
Determinare: a) il valore dell’impulso nello zero dell’intensità di corrente ic(t); b) (facoltativo) la risposta ic(t)=h(t) all’impulso
Fig.3
a) L’impulso di corrente si ripartisce nel “parallelo” tra le due resistenze (dovendosi considerare
limitate e quindi trascurabili sia l’intensità di corrente nell’induttore che la tensione sul
condensatore). Abbiamo quindi, in un intorno infinitesimo dello zero, )(21
2 tQRR
Rioc δ
+= .
b) il condensatore si carica perché interessato dalla suddetta corrente impulsiva alla tensione
CQ
RRRvc
21
2)0(+
=+ , l’induttore si carica perché sottoposto ad una tensione impulsiva
LQ
RRRRdtt
RRQRR
LiL
21
210
0 21
21 )(1)0(+
=+
=+ ∫+
−
δ .
Quindi, a partire da questa condizione, si deve valutare l’evoluzione libera
22110
21
21
)0()( 21
kkdtdi
kkiekekti
c
c
ttc
λλ
λλ
+=
+=++=
per valutare i valori iniziali della ic e della sua derivata si possono considerare due schemi resistivi “associati”: il primo è corrispondente alla foto allo 0+ dello schema di fig.3 (istante in cui il genereratore impulsivo eroga intensità di corrente nulla, al condensatore possiamo sostituire un generatore di tensione col valore noto sopra calcolato, all’induttore un generatore di corrente di intensità pari a quella sopra calcolata); il secondo riflette al sistema fondamentale derivato e quindi corrisponde a quello che si ottiene considerando ancora allo 0+ lo schema precedente, in cui tutte le grandezze sono sostituite dalle loro derivate. Per valutare le frequenze naturali λ1 e λ2 si potrà far riferimento al circuito resistivo associato ottenuto sostituendo (per ogni istante) al condensatore un generatore di tensione ed all’induttore un generatore di corrente. La corrente nel condensatore e la tensione sull’induttore (proporzionali, rispettivamente, alla derivata della tensione sul condensatore e della corrente nell’induttore) potranno quindi essere calcolati in funzione di questi generatori fittizi e condurre alla formulazione di un problema algebrico ad autovalori.
C
i R2 L
ic
R1
vc
XI.12 Prova scritta del 23/01/2007 (corso di Introduzione ai Circuiti) ESERCIZIO N.1 A Fig.1 Si consideri la rete di fig. 1 in regime stazionario (E=60 V; Ig=4 A; R=6 Ω). Si determini la potenza erogata dal generatore di corrente utilizzando il teorema del generatore equivalente. Considerando ad esempio il bipolo equivalente di Norton della rete a monte del generatore di corrente, si nota che l’intensità di corrente di cc vale
Ig
R
R
R
R
R
E
+ E
+
R
Req
R R
R
R
R
R
Icc
R R
R
R
R
E
+ E
+
R
WIVP
VIRERIIRV
RRR
RR
RR
RR
RRR
RRRRR
ARE
RE
RE
RR
RRR
ERE
RR
REI
ggI
ggcceqg
eq
ecc
g16
4)45
12(25)
56(
125)(
5,2125
75
75
*25
)25(
**
12561
31
53
33
23 2
==
=+−⋅=+−=+−=
Ω==+
=+
+=
+=
=−=
−⋅−=−
−
+=−
−=
Ig Req
Icc Vg
ESERCIZIO N.2 A
Si consideri la rete di di fig.2 in regime sinusoidale
[e(t)=EM sen ωt (EM=100 V); i(t)=IM cos ωt (IM=1 A); R=100 Ω; XC=1/ωC=100 Ω; XL=ωL=100 Ω ]
Fig.2 Si valuti la potenza complessa erogata singolarmente dai due generatori.
[ ]
( )
VArIX
Q
VArX
VQ
WRIP
jjjIVP
jIE
P
jjjjjjXXjR
jXRjXI
XXjRjXEV
jjjXXjR
jXIXXjR
EI
ecc
L
iL
eR
iMi
eMe
CL
cL
cL
Li
CL
L
cLe
2002
250200
500002
2002/
100502
)(2001002
~0100
22100
2)~(
100100100100100
)100100(100100100100
)()(
)(
02100100
100100
)()(
2
2
2
−=−
=
===
==
+=−+−
==
+===
+−=−+=−
+
=
−+
−+
−+=
+=−=
−+
−+−+
=
+
R C
e i L
ie
vi
ESERCIZIO N.3 A
La tensione del generatore nella rete di fig.3, a riposo per t<0, è impulsivo e vale e(t)=Φδ(t). [ Φ=5 Vs ; R1=R2=2 Ω ; C=1 mF ; ; L1=L2=2 mH]
Determinare: c) l’intensità di corrente iL(0+); d) la risposta iL(t)=h(t) (facoltativo).
Fig.3
a) La tensione sul condensatore rimane limitata, quindi l’intensità di corrente nell’induttore (sottoposto alla stessa tensione) resta nulla. (N.B. L’altro induttore si carica) b) per t>0, risulta evidente trattarsi di un circuito RLC parallelo, con R corrispondente al parallelo di R1 ed R2 ed L corrispondente al parallelo dei due induttori . Avremo quindi
( ) ( )
22116
1
0
0 1
0
0000
21
21
33323322,1
105)(11
0)0()(
23
21
101
10101
2101
10211
21
21
21
λλδ
λ
λλ
kkLCR
dttRLC
dtiLCL
vLv
dtdi
kkiekekti
jLCRCRC
ccL
tt
+=⋅=Φ
=Φ
====
+==++=
±−=−±
⋅−=−±−=
∫∫+
−
+
−+++
−−−−−
R2
+
C e L2
iL
L1
R1
ESERCIZIO N.1 B Fig.1 Si consideri la rete di fig. 1 in regime stazionario (E=30 V; Ig=4 A; I0=10 A; R=10 Ω). Si determini la potenza assorbita dal generatore di corrente Io utilizzando il teorema del generatore equivalente. Considerando ad esempio il bipolo equivalente di Norton della rete a monte del generatore di corrente, si calcolano i contributi dei generatori all’intensità di correntedi cortocircuito Icc e la resistenza equivalente Req:
WIVP
VIIRV
RR
RR
RR
R
AI
RR
E
I
I
cceqo
eq
gcc
600
60)103(760)(
760
76
27
3
22
3
22
3
322
1530
222
00
0
0−==
−=−=−=
Ω===+
⋅=
=+=++
=
Ig
R R
R
R
R
E
+
Io
ESERCIZIO N.2 B
Si consideri la rete di di fig.2 in regime sinusoidale
[e(t)=EM sen ωt (EM=100 V); i(t)=IM cos ωt (IM=1 A); R=100 Ω; XC=1/ωC=100 Ω; XL=ωL=100 Ω ]
Fig.2
Si valutino le potenze reattive assorbite dai singoli bipoli e si verifichi la conservazione. Il parallelo LC è in risonanza, quindi equivalente ad un circuito aperto. Il generatore di tensione quindi “assorbe” una corrente di intensità i(t). Avremo quindi
[ ]
VArX
VQ
VArX
VQ
VArjjIIREIVQ
VArjIEQ
L
iML
c
iMc
MMMMiMi
MMe
100100
100002
100100
100002
502
))(100100(Im2
)~)((Im2
)~(Im
502
)(100Im2
~Im
2
2
===
−=−=−=
=
−+
=
−+=
−=
−=
−
=
=
+
R
C e i L
XI.11 Prova scritta del 23/01/2007 (corso di Introduzione ai Circuiti) ESERCIZIO N.3 B
La rete di fig.3 è a riposo per t<0 ed alimentata da un generatore impulsivo i(t)=Qδ(t).
[ Q=2 mC ; R1=1 Ω; R2=2 Ω ; C=1 mF ; L=2 mH ].
Determinare: a) il valore dell’impulso nello zero dell’intensità di corrente ic(t); c) (facoltativo) la risposta ic(t)=h(t) all’impulso
Fig.3
c) L’impulso di corrente si ripartisce nel “parallelo” tra le due resistenze (dovendosi considerare limitate e quindi trascurabili sia l’intensità di corrente nell’induttore che la tensione sul condensatore). Abbiamo quindi, in un intorno infinitesimo dello
zero, )(21
2 tQRR
Rioc δ
+= .
d) il condensatore si carica perché interessato dalla suddetta corrente impulsiva alla tensione CQ
RRRvc
21
2)0(+
=+ ,
l’induttore si carica perché sottoposto ad una tensione impulsiva LQ
RRRRdtt
RRQRR
LiL
21
210
0 21
21 )(1)0(+
=+
=+ ∫+
−
δ .
Quindi, a partire da questa condizione, si deve valutare l’evoluzione libera
22110
21
21
)0()( 21
kkdtdi
kkiekekti
c
c
ttc
λλ
λλ
+=
+=++=
per valutare i valori iniziali della ic e della sua derivata si possono considerare due schemi resistivi “associati”: il primo è corrispondente alla foto allo 0+ dello schema di fig.3 (istante in cui il genereratore impulsivo eroga intensità di corrente nulla, al condensatore possiamo sostituire un generatore di tensione col valore noto sopra calcolato, all’induttore un generatore di corrente di intensità pari a quella sopra calcolata); il secondo riflette al sistema fondamentale derivato e quindi corrisponde a quello che si ottiene considerando ancora allo 0+ lo schema precedente, in cui tutte le grandezze sono sostituite dalle loro derivate.
C
i R2 L
ic
R1
vc
Per valutare le frequenze naturali λ1 e λ2 si potrà far riferimento al circuito resistivo associato ottenuto sostituendo (per ogni istante) al condensatore un generatore di tensione ed all’induttore un generatore di corrente. La corrente nel condensatore e la tensione sull’induttore (proporzionali, rispettivamente, alla derivata della tensione sul condensatore e della corrente nell’induttore) potranno quindi essere calcolati in funzione di questi generatori fittizi e condurre alla formulazione di un problema algebrico ad autovalori.
XI.13 Prova scritta del 6/02/2007 (corso di Introduzione ai Circuiti) ESERCIZIO N.1 A Fig.1 Si consideri la rete di fig. 1 in regime stazionario (E=50 V; Ig=8 A; R=5 Ω). Si determini l’intensità di corrente IAB utilizzando il teorema del generatore equivalente. Considerando il bipolo equivalente di Thévénin della rete a monte dei morsetti AB, si nota che l’intensità di corrente IAB vale VABo/Req. Essendo
AR
VI
VERIERR
RERIERR
RVVVV
RRRRR
eq
ABoAB
ggDACDACABo
eq
2
20)22
(22
0
10222
−==
−=−−+=
+−−++
+=++=
Ω==++=
ESERCIZIO N.2 A
Si consideri la rete di di fig.2 in regime sinusoidale
[e(t)=EM sen ωt (EM=100 V); i(t)=IM sen (ωt+π/4) (IM=1,41 A); R=100 Ω; XC=1/ωC=100 Ω; XL=ωL=200 Ω ]
Fig.2
+ R C
e i L
ie
B
Re
VABo
+
A
IA
Ig R R
R
R
E
+
R
E
+
IA
B
A
C D
Si valuti la potenza complessa erogata dal generatore ideale di tensione e la potenza
istantanea assorbita dal resistore.
[ ]
+−=
+=−
==
+=
+=
+=
+++
+=
−+
−+
−+=
22cos
22)(
252541100
2)~(
21
1100100100
100100100)1(
100100100
)()(
)(
22 πωtRIRItp
jjIEP
jj
jj
jj
jjjXXjR
XXjIXXjR
EI
MeMeR
eMe
CL
CL
cLe
ESERCIZIO N.3 A
La tensione del generatore nella rete di fig.3, a riposo per t<0, è impulsivo e vale e(t)=Φδ(t). [ Φ=5 Vs ; R1=R2=2 Ω ; C=1 mF ; ; L1= 1 mH]
Determinare la risposta iL(t)=h(t) nell’intervallo di tempo (-∞,+∞).
Fig.3
La tensione sul condensatore subisce, nell’intorno dello zero, un salto limitato dovuto alla corrente
impulsiva nel condensatore VCR
dttRC
vdttiC
v ccc 25001025)(1)0()(1)0( 3
1
0
0 1
0
0
=⋅
=Φ
=Φ
=−+=+ −
+
−
+
−∫∫ δ ,
quindi l’intensità di corrente nell’induttore (sottoposto alla stessa tensione) resta nulla. Per t>0, risulta evidente trattarsi di un circuito RLC parallelo, con R corrispondente al parallelo di R1 ed R2 . Avremo quindi
R2
+
C e L1
iL
R1
iC
vC
( ) ( )
22116
1
0
0 1
0
0000
21
21
33323322,1
105,2)(11
0)0()(
23
21
101
10101
1021
10211
21
21
21
λλδ
λ
λλ
kkLCR
dttRLC
dtiLCL
vLv
dtdi
kkiekekti
jLCRCRC
ccLL
L
ttL
+=⋅=Φ
=Φ
====
+==++=
±−=−
⋅±
⋅−=−±−=
∫∫+
−
+
−+++
−−−−−
ESERCIZIO N.1 B Fig.1 Si consideri la rete di fig. 1 in regime stazionario (E=60 V; I0=5 A; R=1 Ω). Si determini la tensione VAB utilizzando il teorema del generatore equivalente. Consideriamo il bipolo equivalente di Thévénin della rete a monte dei morsetti AB Essendo
VRIVV
VERRER
RR
ERRR
R
RR
RRR
ERRR
R
RR
RRR
EV
RRRRRR
eqABoAB
ABo
eq
5
1067
31272
73
75
22
3
25
25252
3
25
2525
3322
0 −=−=
==
⋅=
⋅+
=+
⋅
+
⋅+
++
⋅
+
⋅+
=
Ω==+++=
ESERCIZIO N.2 B
R
+ E
R R
R
R
E
+
Io
R
B
A
B
Re
VAB
A
Io
Si consideri la rete di di fig.2 in regime sinusoidale
[e(t)=EM sen ωt (EM=100 V); e*(t)=EM sen (ωt-π/2); R=200 Ω; XC=1/ωC=200 Ω; XL=ωL=100 Ω ]
Fig.2
Si valuti la potenza complessa erogata dal generatore di tensione e*; si valuti la potenza istantanea assorbita dall’induttore L. L’intensità di corrente erogata dal generatore e* vale
( )( )
( )( )
( )
−=
−=
+−=−−⋅−
==
+==⇒+−
=+
−=+
−=
=−+
+−+
−=
−
−−
−+
+
−−
+=
−=
=
22cos25
22cos
2)(
25254
)1(1002
)~(
)43sin(
22
21
11
200200200
)(
100100
2*
**
*
***
*
*
πωπω
πω
ttIXtp
jjjIEP
ttijjj
XXjRXXjXE
XXjRXXjXRE
jXjXjX
jXjXXXR
E
jXRjXRjX
EI
jEE
MeLL
eMe
e
cLLc
c
cLLc
c
cL
c
cL
Lc
c
cL
e
ESERCIZIO N.3 B
La rete di fig.3 è a riposo per t<0 ed alimentata da un generatore impulsivo i(t)=Qδ(t).
[ Q=2 mC ; R1=2 Ω; C=1 mF ; L=2 mH ].
Determinare la risposta ic(t)=h(t) all’impulso nell’intervallo di tempo (-∞,+∞).
Fig.3
C i
L
ic
R1
vc
+ R
C e e*
L
+
La risposta richiesta vale, in generale, ( )
>+⋅
<=
0)(
00
2121 tperekek
zerodelloattornotAtper
titt
cλλ
δ
Non potendo essere l’induttore interessato da correnti impulsive (non sarebbe bilanciabile la tensione impulsiva del secondo ordine ai suoi capi), si riconosce immediatamente che A=Q. La tensione sul condensatore subisce, nell’intorno dello zero, un salto limitato dovuto alla corrente impulsiva nel condensatore VdttQ
Cvdtti
Cv ccc 2
10102)(1)0()(1)0( 3
30
0
0
0
=⋅
==−+=+ −
−+
−
+
−∫∫ δ , quindi l’intensità di
corrente nell’induttore [sottoposto nell’intorno dello zero alla tensione impulsiva )(1 tQRvL δ≅ ]
subisce un salto pari a ALQRdttQR
Lidttv
Li LLL 2
1021022)(1)0()(1)0( 3
31
0
01
0
0
=⋅⋅⋅
===−+=+ −
−+
−
+
−∫∫ δ .
Per t>0, risulta evidente trattarsi di un circuito RLC serie . Avremo quindi
( )
2121
12
2211][1000
21
210
333233
2
2,1
2;22
242)0()0(
2)0()0(
21
21
101
101021
1021
102221
2221
kkk
kkiRvLv
dtdi
dtdi
kkii
ekeki
jLCL
RL
R
sAcc
LLc
Lc
tttc
−−=−−
=
+=−=−=+++==−=
+=−=+−=+
+=
±−=
⋅−
⋅±
⋅⋅−=−
±−=
+++
>
−−−−−
λλλ
λλ
λ
λλ
XI.14 Prova scritta del 4/07/2007 (corso di Introduzione ai Circuiti) ESERCIZIO N.1 A Fig.1 Si consideri la rete di fig. 1, in regime stazionario (E=E*=50 V; Ig=8 A;R=5 Ω). Si determini
a) la potenza assorbita dal generatore E* utilizzando il teorema del generatore equivalente; b) per quali valori di E* (lasciando immutati i valori di E, R, Ig) tale potenza risulta nulla.
Considerando il bipolo equivalente di Thévénin della rete a monte dei morsetti AB, si nota che l’intensità di corrente IAB vale (VABo-E*)/Req. Essendo
Ig
R R
R
R
E
+
R
E*
+
B
A
Req
VABo
+
A
IAB
E* +
B
+
B
A
Ig
R R
R
R
E
R
+ VABo -
C
D
AR
EVI
VRIERIERR
RVVVV
RRRRR
eq
ABoAB
ggDBCDACABo
eq
5,4*
52025)2
(22
0
10222
−=−
=
=−=−+=
−++
+=++=
Ω==++=
la potenza assorbita da E* vale WIEP ABE 5,22** −==
Al variare di E*, tale potenza risulta nulla se E*=0 oppure se E*=VABo=5V, essendo in tal caso IAB=0. ESERCIZIO N.2 A
Si consideri la rete di di fig.2, in regime sinusoidale per t<0 [e(t)=EM sen ωt (EM=100 V); i(t)=IM sen (ωt+π/2) (IM=1 A); R=100 Ω; XC=1/ωC=100 Ω; XL=ωL=200 Ω ; ω=100 rad/s ].
Fig.2
Per t>0 il generatore di tensione è spento, l’intensità di corrente erogata dal generatore di corrente è costante: i(t)=IM .
Determinare ie(t) nell’intervallo di tempo (-∞,+∞).
L’intensità di corrente i(t) per t<0 si può determinare con il metodo simbolico
+ R
C
e
i L
ie
- vc
+
iL
- vc
+
( ) )4
3sin(223
)1(23
100100200100
)()(
)(
100)(
2
πω
π
+=⇒
+−=+−−
=
−+
+−+
−=
==→
=→
tti
jjXXjR
jXIXXjR
EI
jeIti
Ete
e
cL
L
cLe
j
Da tali espressioni si ottiene anche che
( ) ( )
2)0(21)1(
150)4
sin(21500)4
sin(2150
=−→+−=−−=−=
==−⇒+=⇒−=
LeL
cccc
ijjjIII
VvttvIjXV ππω
Per t>0, la grandezza in esame evolve secondo una legge del tipo
( ) )(2121 tiekekti p
tte ++= λλ
Essendo il forzamento stazionario, il termine particolare è costante; tale costante è nulla, trattandosi di intensità di corrente interessante un condensatore. Le radici della omogenea caratteristica sono quelle di un circuito RLC serie (come si può notare spegnendo i generatori). Quindi
( )t
LCLR
LRt
LCLR
LR
e ekekti
−+−
−−−
+=1
422
142
1
2
2
2
2
Dall'equazione al nodo, scritta allo 0+, si ottengono le condizioni iniziali ( ) ( ) ( )
( ) ( ) ( ) ( ) ( )L
RivL
viikki
iikki
ecLLe
Le
)0(00000'0
000
'2211
'
21
+++−=
+−=+−+=+=+
+−+=+=+
λλ
Nel nostro caso
12
12
2
2
2
42
2
1
72525
7252541008
410025
1021
4100
4100
−
−−
+−=
−−=⋅
−−−=⋅
−−−=
sj
sj
λ
λ
In questo caso la soluzione si presenta oscillatoria smorzata; possono essere trovate due
costanti A e Φ nella forma
( )
Φ+=
−t
LCAeti
tL
R
e1sin2
(cognome)....................... (nome)..................... …./………………………. ( ultima matricola posseduta)
ESERCIZIO N.1 B Fig.1 Si consideri la rete di fig. 1 in regime stazionario (E=70 V; I0=5 A; R=7 Ω).
a) Si determini l’intensità di corrente IAB utilizzando il teorema del generatore equivalente. b) Si valuti se, fissati come sopra E ed R, esistono valori di I0 per cui IAB risulta nulla.
Considerando il bipolo equivalente di Thévénin della rete a monte dei morsetti AB, si nota che l’intensità di corrente IAB vale VABo/Req. Essendo
R R
R
R
R
E
+ Io
R B
A
IAB
IAB
Re
VABo
+
A
B
R R
R
R
R
E
+ Io
R B
A
- VABo +
C
E
D
AR
VI
VEIRR
RR
RRR
RR
ERIRRVRIVVV
RRR
RRRRRRRR
eq
ABoAB
ooDEoCBACABo
eqeq
25,31245
45103573
37
34
34
3
3
127
12
27
25
//)22
(
===
=+=
+=
+⋅
⋅
+=+=+=
Ω==+
=⇒⊕
⊕⇒
Al variare di E*, tale intensità di corrente risulta nulla se VABo=0, quindi Io=-E/49=-10/7 A.
ESERCIZIO N.2 B
Si consideri la rete di di fig.2, in regime sinusoidale per t<0.
[e(t)=EM sen ωt (EM=100 V); e*(t)=E*M sen (ωt-π/2) ; (E*M=50V) ; R=200 Ω; XC=1/ωC=200 Ω; XL=ωL=100 Ω ; ω=100 rad/s]
Per t>0 il generatore e* si spegne ed e(t) diventa costante e pari a EM(=100 V)
Fig.2
Determinare i*(t) nell’intervallo di tempo (-∞,+∞).
L’intensità di corrente i*(t) per t<0 si può determinare con il metodo simbolico
+
R
C e e*
L
+ i*(t)
( ) ( )
( )
( ) Aitti
ejj
jjjj
jjj
XXjRXXjXjXEjXRE
jXjXXX
R
E
jXRRjX
jX
EI
jeEte
Ete
j
cLcL
cLc
cL
Lc
c
cL
j
41)0(*)
43sin(
42*
221
221
22)1(
)100(200100200)100(10020020050
)(
5050)(*
100)(
43
***
2*
−=−⇒−=⇒
=−−
=−
+−−=
−⋅+⋅−⋅−−⋅−
=
=−+
−−−=
−+
−
−−
+=
−==→
=→
−
−
πω
π
Da tali espressioni si ottiene anche che
( ) ( ) Vvttvjjjjj
jjIjXEV ccLc 250)4
3sin(2252525)1(25501
5050* * −=−⇒−=⇒−−=++−=−
+−=−=πω
Per t>0, la grandezza in esame evolve secondo una legge del tipo
( ) )(* 2121 tiekekti p
tt ++= λλ
Essendo il forzamento stazionario, il termine particolare è costante; tale costante è pari a EM/R. Le radici della omogenea caratteristica sono quelle di un circuito RLC parallelo (come si può notare spegnendo i generatori). Quindi
( )R
Eekekti Mt
LCCRRCt
LCCRRC ++=
−+−
−−−
14
12
1
2
14
12
1
1
2222
*
Dalla continuità di i*(t) e dall'equazione alla maglia di destra, scritta allo 0+, si ottengono le due condizioni iniziali
( ) ( )
( ) ( ) ( ) sAL
veL
vkki
AiR
Ekki
cL
M
/250)0(*00
410*0*
2211*'
21
=+−+
=+
=+=+
−=−=++=+
λλ
XI.15 Prova scritta del 12/09/2007 (corso di Introduzione ai Circuiti) ESERCIZIO N.1 A Fig.1 Si consideri la rete di fig. 1 in regime stazionario (E=E*=50 V; Ig=8 A;R=RAB=5 Ω). Si determini la potenza assorbita dal resistore RAB utilizzando il teorema del generatore equivalente. Considerando il bipolo equivalente di Thévénin della rete a monte dei morsetti AB, si nota che l’intensità di corrente IAB vale VABo/(Req+RAB). Essendo
WIRP
ARV
I
VIR
RI
ERR
RERR
RVVVV
RRRRR
ABAB
eqeq
ABoAB
gABAB
gIgEEABo
eq
40
2
20)2
(2
*
10222
2
*
==
==
==⋅
+
+−+
+=++=
Ω==++=
ESERCIZIO N.2 A
Ig R R
R
R
E
+
RAB
E*
+
B
A
R
B
Req
VABo
+
A IAB
RAB
Si consideri la rete di di fig.2, in regime sinusoidale.
[e(t)=EM sen ωt (EM=100 V); i(t)=IM sen (ωt+π/4) (IM=2 A); R=100 Ω; XC=1/ωC=200 Ω; XL=ωL=100 Ω ; ω=100 rad/s ]
Fig.2
Determinare vc(t) nell’intervallo di tempo (-∞,+∞).
( ) ( )πω −=−=−=
+=−−
=−
−+
−=
−+
−+
−+=
tsentvjIjXV
jjj
jj
jXXjRjXI
XXjREI
c
cc
CL
L
cLe
200200
01100100100100
100100100
100100100
)()(
)(
+
R
C
e
i L vc
ic
ESERCIZIO N.1 B Fig.1 Si consideri la rete di fig. 1 in regime stazionario (E=50 V; I0=5 A; R=2 Ω). Si determini la tensione VAB utilizzando il teorema del generatore equivalente. Considerando il bipolo equivalente di Norton della rete a monte dei morsetti AB, si nota chela tensione tra A e B vale VAB=Icc Req. Essendo
VRIV
AIEIRRR
EI
R
RRR
R
eqccAb
ggcc
eq
135
1553
32
929
5211
1
==
=+=+
+=
Ω==++
=
R
R
R
R
R
E
+ Io
R
B
A
B
Req
Icc
A
ESERCIZIO N.2 B
Si consideri la rete di di fig.2 in regime sinusoidale.
[e(t)=EM sen ωt (EM=100 V); e*(t)=EM sen (ωt-π/2); R=200 Ω; XC=1/ωC=200 Ω; XL=ωL=100 Ω ; ω=100 rad/s]. Fig.2
Determinare i*(t) nell’intervallo di tempo (-∞,+∞).
( ) )812sin(
13200
8200100
3426200400200300
23200
2100
23
1002100
21
*
2
112*
11121
121
*111
1
1111
100100
*
arctgarctgttvj
j
jjjj
jj
jj
jj
RXj
XX
E
XXXXjR
E
Xj
RjX
E
XXXXj
RR
E
jXRjXR
jX
E
jXjXRjXjXR
R
EV
jEE
c
L
c
L
cL
Lc
cL
cL
Lc
cc
cc
L
ccL
ccL
c
−−=⇒+−
=
=−++
−−+=
+−
+−
=+
−+
−=
+++
−−
=
=+
+
++
−−
=
−
−
++
−+
−+
+=
−=
=
ω
+
R
C e e*
L
+ i*(t)
R
XI.16 Prova scritta del 9/01/2008 (corso di Introduzione ai Circuiti) ESERCIZIO N.1 A Fig.1 Si consideri la rete di fig. 1 in regime stazionario (E=10 V; I1=2 A; I2=4 A; R=2 Ω).
a) Si determini la potenza erogata dal generatore ideale E (si consiglia l’impiego del generatore equivalente). b) (facoltativo) Si verifichi la conservazione delle potenze
La potenza erogata dal generatore E vale EE EIP = . Per ricavare quest’ultima intensità di corrente si può far riferimento al teorema di Norton
eq
eqcc
eqE RR
RI
RREI
++
+=
ove ( )( ) Ω==
+++
=34
32 R
RRRRRRReq
AIIRR
RIIIcc 521
212 −=−−=+
−−=
Quindi
( )A
RRIRE
RRR
IRR
EIeq
cceq
eq
eqcc
eqE 1
102030
342
53410
=−
=+
−+=
+
+=
++
+=
WEIP EE 10== Si ricava inoltre
( ) WIVPWIVPVRIV
AIIIIIAIIIIAR
VI
VRIEV
ABIACIRaAC
RcbERaRcERbAB
Rc
EAB
32;12632
31214414
8210
21
212
21====⇒=−−=−=
−=−−=+−−−=⇒=−+=−+=⇒==
=−=−=
La potenza erogata dai generatori complessivamente vale 54W
Req
Icc R
IE
R
R
I2 R
I1 R
E
+
A
B
IE
IRa
IRb
IRc C
La potenza dissipata nei resistori vale
( ) ( ) ( ) ( )[ ] WIIIIRP RcRbRaER 5441312 22222222 =+−+−+=+++= ESERCIZIO 2A
Si consideri la rete di di fig.2, in regime sinusoidale per t<0:
[e(t)=EM cos ωt (EM=10 V); i(t)=IM sen ωt (IM=1 A); R=10 Ω; XC=1/ωC=10 Ω; XL=ωL=20 Ω; ω=100 rad/s]. Per t>0 il generatore di corrente eroga una intensità di corrente pari a i(t)=IM, il generatore di tensione eroga una tensione pari a e(t)=-EM. Calcolare la tensione vc(t) sul condensatore nell’intervallo (-∞,+∞)
Fig.2 Per t<0 adoperiamo il metodo simbolico
[ ]
( ) ( )[ ] ( )[ ]
( )[ ] [ ]
( )
( )( )[ ] ( )[ ]
Aii
jjj
jjXXjR
jXRIEXXjR
jXRI
XXjREI
Vvvarctgttv
jjejj
jjj
jjjj
XXjRjXRIEjX
jXXXjR
jXRIXXjR
jXEV
jjIIVjjEE
LL
cL
c
cL
c
cLL
ccc
arctgj
cL
Lcc
cL
L
cL
cc
MM
51)0()0(
52
21
1020101010
)(22)(2
6)0()0()21
43(sin40
625
30105210
21010
21010
102020101010
)(22)(2
010;10
)21
43(
−=+=−⇒
−=
+=
+−+
=−+
−+=
−+−
+−+
=
=+=−⇒
−+=⇒
+−=+−
==++−
=++
=+
+−−=
=−++−−
=−−−+
++
−+−
=
+=+===
−
πω
π
per t>0 si avrà ( ) )(21
21 tvekektv cptt
c ++= λλ
dove
( ) ( )
( )
( ) ( ) sVC
iiC
ikkv
VkkvVERItv
jLCL
RLR
Lcc
c
MMcp
/1200001,0
151
)0()0(00
6)20(0
201010)()(
155055122
2211'
21
22
2,1
−=−−
=+−+
=+
=+=+
=−++=+
−=−−=−+−=
−=−±−=−
±−=
λλ
λ
+
R
L
e i R
+ vc -
XI.17 Prova scritta del 20/02/2008 (corso di Introduzione ai Circuiti) ESERCIZIO N.1 A Fig.1 Si consideri la rete di fig. 1 in regime stazionario (E=20 V; I1=1 A; RE=R2=R4=6Ω; R1=R3=2Ω).
c) Si determini la potenza erogatata dal generatore di corrente I1 (si consiglia l’impiego del generatore equivalente o il metodo dei potenziali nodali).
d) (facoltativo) verificare che la potenza erogata dai generatori sia complessivamente pari alla potenza dissipata nei resistori.
a) La potenza erogata dal generatore di corrente vale P=VAB I1 – -impiego del teorema di Norton:
( )
( )( )( )
WPVVAI
RRRRR
RRRREI
R
RRRRRRRRRR
R
RRRRRRIIRV
ABcc
Ecc
eq
E
Eeq
Eeq
cceqAB
932
9321
35
34
35
3660
323
566
2032
3
21
61
61
16
20//
//////
34
222)22(2
)]////([)]////([
)]////(//[
423
42
432
4231
4231
4231
1
=−=
+===
++=
+
+++
=
++=
Ω=+++
=
=+++⋅
=
+=
+=
b) le grandezze nei vari rami valgono
( )
=⇒−=⇒−=−=−=+=
=⇒−=
−=−=
=⇒==
2233
31133
111
243248
81496
813922
932
81392
914
91612
81/10249/16/
RABBDABAD
RR
RABR
PIIRVVVV
WPIIRI
WPRVI
A
R3
RE
E
+
I1 R4 R2
B
R1
Req
Icc
A
B
I1
C
D
ESERCIZIO N.2 A
Si consideri la rete di di fig.2, in regime sinusoidale per t<0:
[e(t)=EM sen ωt (EM=100 V); i(t)=IM sen (ωt+π/4) (IM=2 A); R=100 Ω; XC=1/ωC=100 Ω; XL1=ωL1=200 Ω; ω=100 rad/s]. Per t>0 il generatore di tensione diventa costante e pari a e(t)=EM , il generatore di corrente eroga invece una intensità di corrente sinusoidale pari a i(t)=IM cos (ωt+π/4) . Calcolare la tensione vL(t) sull’induttore nell’intervallo (-∞,+∞)
Fig.2
+
R
L
e i
C
+ vL -
(cognome)....................... (nome)..................... …../………………………. (.matricola)
ESERCIZIO N.1 B Fig.1 Si consideri la rete di fig. 1 in regime stazionario (E=10 V; I1=5 A; R=1 Ω).
e) Si determini la potenza erogata dal generatore di corrente I1 (si consiglia l’impiego del generatore equivalente o il metodo delle correnti di maglia).
f) (facoltativo) verificare il principio di conservazione delle potenze erogate. ESERCIZIO N.2 B
Si consideri la rete di di fig.2, in regime sinusoidale per t<0.
[e(t)=EM sen ωt (EM=100 V); i(t)=IM cos ωt ;( IM =1 A); R=100 Ω; XC=1/ωC=200 Ω; XL=ωL=100 Ω ; ω=100 rad/s ]. Fig.2
Per t>0 il generatore di tensione è costante e pari a e(t)=EM , il generatore di corrente eroga una corrente di intensità pari a i(t)=IM sen ωt . Calcolare l’intensità di corrente iC(t) nel condensatore nell’intervallo (-∞,+∞)
R
+ R
C
e
i
L
iC
E
R1
R2
RE
+
I1
R3
XVI.1 – Autotest del 15/10/2009 Copia personale dell’ALLIEVO…………………………………...……………matricola……………. ESERCIZIO N.1 Considerati i riferimenti per tensioni e correnti in fig.1, si completi il sistema fondamentale sottostante, inserendo nelle parentesi il coefficiente opportuno (+1,-1,0). 1) ( )Ie+ ( )Ic+ ( )Id =0 2) ( )Ib+ ( )If+ ( )Id=0 3) ( )If+( )Ic+ ( )Ia=0 1231) ( )Vd+( )Vf+( )Vc=0 1341) ( )Vc+( )Va+( )Ve=0 2342) ( )Vf+( )Va+( )Vb=0 d) Vd=( )RdId f) Vf=( )RfIf a) Ia=( )Ja c) Vc=( )Ec+( )RcIc e) Ve=( )ReIe b) Ib=( )Jb ESERCIZIO N.2 Costrure la caratteristica grafica V-I del bipolo disegnato in fig.2 a) a partire dalle caratteristiche dei singoli bipoli b) applicando il teorema di Thévénin c) applicando il teorema di Norton ESERCIZIO N.3 Considerato lo schema di fig.3 valutare quanto segue: - la potenza assobita da Ru =4Ω ponendo J1 =1 A ed E3=2V. - se sie possibile individuare un insieme di valori di J1 ed E3 in modo che la potenza assorbita da Ru sia nulla.
XVI.19 – Autotest del 30 ottobre 2009
ESERCIZIO N.1 – Metodo simbolico
Impostata la corrispondenza
( ) yxMMj
MM jAAsenAjAeAAtsenAta +=+==⇔+= αααω α cos)(
determinare i valori complessi (in forma polare ed in forma cartesiana) corrispondenti alle grandezze sinusoidali appresso indicate:
.....................................................2
350)(
.....................................................2
cos50)(
.....................................................23
50)(
.....................................................2
2100)(
.....................................................2
50)(
=⇔
+=
=⇔
+=
=⇔
++=
=⇔
−=
=⇔
+=
Atsenta
Atta
Atsenta
Atsenta
Atsenta
πω
πω
ππω
πω
πω
e le grandezze sinusoidali corrispondenti ai valori complessi (fasori)
....................................................)(22
3
....................................................)(22
3
....................................................)(3
....................................................)(2....................................................)(22
....................................................)(22....................................................)(22
=⇔+−−
=
=⇔−−
=
=⇔−=
=⇔−=
=⇔+−=
=⇔−−=
=⇔−=
taj
jA
tajjA
tajA
tajAtajA
tajAtajA
ESERCIZIO n.2 –Teorema del generatore equivalente (metodo simbolico)
Data la rete
mFCHLR
sradAItsenIti
sradAItsenIti
sradVEtsenEte
MM
MM
MM
10;01,0;2
/100;4
3;1)()(
/100;4
;1)()(
/100;4
;10)()(
1
22222
11111
==Ω=
===+=
===+=
=−==+=
ωπααω
ωπααω
ωπααω
-) determinare il bipolo di Thévénin e quello di Norton equivalente ai morsetti A-B; -) determinare la potenza istantanea e media assorbita dal resistore Ru=5Ω dopo averlo inserito a valle dei morsetti A-B
j2
R1
e1
+
j1
A
B
C
L
Ru