Approfondimenti - Sintassi

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Approfondimenti di linguistica Mod. A ( sintassi & mutamento linguistico in prospettiva diacronica)

SINTASSI La sintassi studia l'organizzazione strutturale della frase, ovvero come le parole si combinano tra loro in unit superiori (terminologia utilizzata da Casadei). La parola l'elemento minimo che entra nello studio della sintassi, l'unit di livello inferiore. Il sintagma l'unit operativa della sintassi, l'anello di congiunzione intermedio tra parola e frase. La frase l'unit di livello superiore. La sintassi sia un aspetto della lingua che un settore d'analisi della linguistica. La prima attestazione del termine sintassi risale al trattatello del letterato alessandrino Apollonio Discolo (II sec d.C.) con, sistemare, ordinare, collocare. La sintassi collega il materiale grezzo il significante, l'aspetto fonetico al mondo esterno, al significato. FRASE Qualunque messaggio prodotto in base a relazioni sintattiche tra elementi che lo costituiscono. In inglese sentence. E' una nozione che si riferisce a un oggetto assolutamente astratto. PROPOSIZIONE Qualunque frase assoggettabile a giudizio di verit; la proposizione implica un punto di vista logico-semantico, in base al quale possiamo dire se vera o falsa. In inglese proposition si usa solo dal punto di vista logico, mentre clause si usa dal punto di vista sintatticostrutturale. La traduzione italiana di clause frase semplice o frase nucleare o clausola (definizione di R. Simoni), ovvero una frase non articolata, che non contiene al suo interno altre frasi. ENUNCIATO Qualunque frase con un suo proprio contesto di enunciazione, contesto che non entra nell'ambito di studi della sintassi pura. L'enunciato non implica che ci sia combinazione di elementi al suo interno; per esempio Mmmm... costituisce enunciato. un concetto importante per la linguistica pragmatica. La sintassi, cos come la morfologia, una componente AUTONOMA , che non necessita di essere studiata in relazione con l'esterno. cos secondo Berruto e la maggior parte dei linguisti, che seguono la prospettiva formale, secondo la quale i pezzi della frase si combinano in maniera autonoma, e non necessario fare appello a elementi esterni alla struttura frase per studiare tale combinazione. Per la prospettiva funzionale, al contrario, nella formulazione della frase intervengono anche fattori esterni (cognitivi, psicologici,

ecc.). L'approccio formale degli ultimi 30 anni si concretizza nella linguistica generativa; la maggior parte dei manuali di sintassi di stampo generativista, come quello della Donati (generativista moderata comunque basata su Chomsky), o quello di Nunzio La Fauci, pi provocatorio. Lessico e combinazione del lessico (sintassi) sono i costituenti essenziali del sistema linguistico, nonch i due elementi fondamentali della nostra competenza linguistica (l'insieme di conoscenze innate su come usare la lingua). Se per il lessico l'interfaccia tra lingua e mondo esterno (o sistema cognitivo che dir si voglia), la sintassi una componente autonoma ed interna SOLO al sistema lingua, avulsa dal mondo esterno. La sintassi genera modelli astratti. Il seguente il modello universale per qualunque struttura frasale:

L'albero superiore posto tra parentesi dal momento che non sempre operativo; quello inferiore, al contrario, il modello universale per rappresentare una frase nucleare dichiarativa affermativa (Mario legge un libro). Il nodo COMP sta per complementatore: solitamente riempito da congiunzioni, ma anche da avverbi interrogativi o dislocazioni a sinistra. I SINTAGMI sono i costituenti della frase; vengono individuati come tali se sono spostabili secondo il test di costituenza: nella frase Mario legge un libro, |legge un libro| sintagma verbale perch la sua posizione pu essere cambiata, mentre, per esempio, se cambiassimo la posizione a |legge un | otterremmo una frase agramatticale: *legge un Mario libro, da cui deriva che |legge un | non costituisce sintagma. Sintagma in inglese si dice phrase (mentre frase, abbiamo visto, in inglese sentence). Occhio dunque a questi falsi amici: SN=NP (sintagma nominale = noun phrase), SV=VP (sintagma verbale = verb phrase). Un altro nodo che possiamo trovare DET, riempito dalla categoria lessicale dei determinanti, ovvero ARTICOLI e AGGETTIVI e PRONOMI DIMOSTRATIVI, che

indicano il grado di definitezza del nome che accompagnano: Quel libro

Tra articoli e aggettivi/pronomi dimostrativi c' unione distribuzionale, ovvero non possono coesistere nello stesso sintagma: *Il quel libro . Ne deriva che parole che hanno distribuzione uguale nei diagrammi ad albero, appartengono alla stessa categoria lessicale (dunque articoli e aggettivi/pronomi dimostrativi appartengono alla categoria lessicale DET). Per la linguistica generativa degli ultimi 15 anni, i determinanti hanno acquisito talmente importanza al punto da ricoprire la posizione TESTA nelle ramificazioni; Il gatto pu dunque essere rappresentato in due modi diversi, a seconda che lo si veda come SDet o SN (la prima interpretazione quella della linguistica generativa, la seconda quella della linguistica tradizionale):

SDet SDet SN Det

SN N

Det

N

Con categorie lessicali intendiamo quelle che la grammatica classica chiama parti del discorso (sono nove, sei imprescindibili e tre pi dubbie, interiezioni, congiunzioni e pronomi). Nel nodo POSS troviamo invece la categoria dei POSSESSIVI (non contemplata dall'inglese, per esempio; in francese, invece, anche i possessivi rientrano nella categoria DET). I QUANTIFICATORI sono invece, tipicamente, aggettivi e pronomi indefiniti (tutti, alcuni, nessuno).

La sintassi pu essere intesa come la teoria dei sintagmi. Un sintagma sempre costruito attorno a una categoria lessicale che, oltre a conferirgli il suo nome peculiare , funziona da TESTA del sintagma, conferendogli le sue caratteristiche sintattiche specifiche (un sintagma nominale si chiama cos perch ruota attorno a un nome e si comporta sintatticamente come tale). La TESTA viene tradizionalmente definita come quella parte del sintagma che non pu essere eliminata, pena la caduta dell'intero sintagma. Tuttavia, tale definizione nel caso dei SINTAGMI PREPOSIZIONALI non regge: nell'esempio successivo non vero che, eliminata la testa, cada tutto il sintagma: Con il libro Prep Det SPrep SN N

In certe lingue alcuni tipi di testa non possono costituire sintagmi da sole, hanno sempre bisogno di completamente. In italiano succede, appunto, con le preposizioni: *Ho viaggiato con. Teoria x-barra Per rappresentare la struttura generale astratta dei sintagmi, la grammatica generativa ricorre alla teoria x-barra, che prende il suo nome dalle barre (oggi sostituite dagli apici) indicanti il grado di complessit interna dei vari sintagmi: N, N, N; N, NI, NII. Ecco la struttura generale valida per qualunque sintagma; come si vede, totalmente assimilabile alla struttura generale valida per la frase:

XII XII Spec X XI Compl aggiunti

Dove X pu essere sostituito da qualunque categoria lessicale che sia testa di sintagma. Attenzione: l'elemento Compl diverso da COMP. Il nodo aggiunti occupato da tutte quelle informazioni che modificano l'intero sintagma. Per esempio, nel sintagma nominale Un ragazzo alto con gli occhiali, |con gli occhiali| un aggiunto. Gli aggiunti sono ricorsivi: la ricorsivit prevede che lo stesso procedimento abbia applicazione ciclica. Gli indicatori sintagmatici di cui abbiamo parlato finora sono esclusivamente DI SUPERFICIE, ovvero rappresentano la frase nella sua struttura finita, cos come si presenta quando viene prodotta, senza contemplare i meccanismi profondi che hanno portato alla realizzazione della stessa. PRINCIPIO DI FRATELLANZA Vige tra elementi dipendenti dallo stesso nodo, si attua orizzontalmente. Nell'esempio sottostante Y e Z sono costituenti fratelli giacch si trovano nella stessa diramazione dipendente dal nodo X: X Y Z

PRINCIPIO DI DOMINAZIONE Si attua verticalmente, un nodo domina direttamente (quando la diramazione parte direttamente da esso) o indirettamente gli elementi sottostanti. LESSICALIZZAZIONE Gruppi di pi parole si comportano come se fossero una parola unica. Ad esempio Fare parte un sintagma verbale inscindibile, dal momento che l'espressione fare parte si comporta come se fosse un verbo idiomatico. Dette anche unit polirematiche o polilessicali. CONFIGURAZIONE SINTAGMATICA E' la posizione reciproca e di ordine gerarchico tra gli elementi della frase. Volgarmente, le configurazioni sintagmatiche sono gli alberi. Ne esistono di due diversi tipi: le configurazioni sintagmatiche di superficie (quelle che stiamo esaminando), e quelle di profondit o di struttura profonda o di struttura soggiacente. Questi alberi simulano il meccanismo di generazione, ovvero le competenze linguistiche che entrano in gioco nel processo di rappresentazione del prodotto finale frase.

Configurazione sintagmatica completa della frase 3.II fotocopia 1

Annotazioni: l'unico caso in cui ammessa una ramificazione ternaria in presenza di proposizione coordinate, poich non dipendono gerarchicamente le une dalle altre, bens sono sintatticamente sullo stesso livello; il simbolo indica che l'elemento che solitamente riempie quel nodo non presente nella frase, ma va comunque espresso con ZERO poich si fa riferimento allo schema universale astratto. In questo caso il nodo COMP indicato con , ma spesso nelle frase infinitive COMP riempito dalla preposizione di; il simbolo indica che si tralascia di rappresentare la struttura interna di quel sintagma; talvolta anche un nodo SN pu essere riempito da , soprattutto quando si riferisce a subordinate in cui il soggetto non espresso. In questi casi, il soggetto si ricava o dal contesto o da regole a noi note, come il principio di conservazione del soggetto: le subordinate che non recano soggetto espresso, lo ereditano dalla proposizione dominante; quando due aggettivi sono coordinati (sincronica e diacronica), non costituiscono un sintagma aggettivale, bens vengono rappresentati con una triforcazione: Agg & Agg. La GRAMMATICA MINIMALISTA tende a spiegare tutto ricorrendo sempre alle stesse teorie: la teoria x-barra, la tecnica MOVE (sposta), la tecnica MERGE (salda). L'ordine reciproco di TESTA e COMPLEMENTO uno dei parametri della sintassi. Con parametro si intende un elemento che ammette almeno due differenti modalit di realizzazione. In certe lingue la TESTA precede sempre il COMPL, mentre in altre -come il turco o il giapponese tutti i modificatori del nome stanno sempre alla sua sinistra, dunque il COMPL precede la TEST e, negli indicatori sintagmatici, si avr una biforcazione con TESTA a destra e COMPL a sinistra. L'italiano realizza invece entrambe le opzioni contemplate dal parametro.

INDICATORI SINTAGMATICI DI PROFONDITA' Gli indicatori sintagmatici di profondit simulano il processo di generazione del prodottofrase, ovvero formalizzano le conoscenze inconsapevoli che il parlante sfrutta quando emette una frase. Detto in altre parole, rappresentano graficamente il processo di attualizzazione, temporalizzazione o concretizzazione della frase: ovvero, come si costruisce praticamente l'idea, per esempio, che Mario legge un libro. In Italia, l'anno di nascita della grammatica generativa il 1965, quando viene pubblicata la prima importante opera di Chomsky, Le strutture della sintassi (titolo tradotto erroneamente, la trasposizione letterale sarebbe stata Strutture sintattiche). Dobbiamo ricordare che, soprattutto agli albori, la grammatica generativa metteva a punto modelli teorici che avevano come punto di riferimento la lingua inglese, in cui i fenomeni studiati dalla grammatica generativa risultano talvolta molto pi intuitivi. SINTAGMA FLESSIONALE

E' il sintagma in cui il verbo assume le specificazioni morfologiche di tempo e di persona. Oltre a Sfless, chiamato anche ST, sintagma del tempo. In una frase come Mario ha letto un libro, ha si situa sotto il nodo Fless, poich l'ausiliare marca il verbo temporalmente; il participio letto occupa invece la posizione ty, perch veicola il semplice contenuto semantico del verbo, ma non aggiunge nessuna caratteristica morfologica. Una frase con presenza di avverbio, come Mario legge sempre un libro, avr il seguente indicatore sintagmatico di profondit:

Prendiamo in considerazione le seguenti frasi: Mario legge sempre libri e Mario ha sempre letto libri. Dal punto di vista superficiale, la seconda frase pi complessa da rappresentare, ma dal punto di vista profondo si configura con una struttura pi semplice, poich vi avviene un movimento di spostamento (move) in meno. Rappresentiamo l'indicatore sintagmatico di profondit della prima frase: Mario legge sempre libri

Le operazioni move effettuate sono due: legg- (o leggere) - indicato con X - che sotto il nodo V genera il mero contenuto semantico (indicato, appunto, dalla sua radice o dalla forma infinitiva) viene spostato sotto il nodo Fless, dove acquisisce i suoi tratti morfologici: legg-e; parimenti Mario indicato con Y dal nodo SN viene spostato a (Spec) SN. Vediamo ora la rappresentazione della seconda frase: Mario ha sempre letto libri

Questa volta, solo Mario a esser stato spostato. PRINCIPIO DI CONSERVAZIONE DI STRUTTURA Nelle operazioni move gli elementi spostati e ricollocati in una nuova posizione, mantengono sempre la stessa struttura. Nb. Fino agli anni '90 si parlava di grammatica non solo generativa, bens generativatrasformazionale. IL SINTAGMA DEL DETERMINANTE Abbiamo gi detto che il determinante pu essere analizzato come TESTA di sintagma; effettivamente i determinanti condividono molte delle propriet tipiche delle teste funzionali. Le teste possono essere lessicali (nome e verbo in SN e SV), oppure funzionali (Fless in Sfless). Le teste funzionali e i determinanti godono delle seguenti caratteristiche: sono membri di una classe chiusa: i determinanti li possiamo contare tutti, mentre nomi e verbi appartengono a una classe aperta; possono rappresentare, soli, un intero sintagma: Voglio quel libro quel libro SDet; il tipo di significato di queste teste grammaticale e non lessicale-denotativo. Considerare il determinante come testa particolarmente utile per alleggerire strutture derivanti da frasi tipo Tutti i tuoi libri (per realizzarne l'indicatore sintagmatico, seguire l'albero di cui al punto 6). Nelle rappresentazioni ad albero dunque bene utilizzare sempre il modello in cui Det non pi semplice Spec di SN, bens diventa testa di un sintagma all'interno del quale SN incorporato. FORMA GENERALE DELLA STRUTTURA DI UNA FRASE NEL MODELLO MINIMALISTA

La zona COMP generata dal nodo SCOMP viene soprannominata anche periferia sinistra della frase. Nella terminologia inglese SCOMP (dalla Donati chiamato semplicemente SC) si esprime con CP (complementizer phrase); SFless con IP (inflectional phrase); SV con VP

(verb phrase). ZONA A SV il luogo dove viene realizzata l'ideazione semantica, lessicaledenotativa. ZONA B SFless il cuore della sintassi, dove viene realizzata la morfosintassi che conferisce alla frase una sua struttura peculiare. ZONA C SCOMP la zona dove viene realizzato tutto ci che rilevante per la formulazione pragmatica della frase.

STRUTTURE ARGOMENTALI (secondo la linguistica generativa) o SCHEMI VALENZIALI (secondo una prospettiva strutturalista europea). Il termine valenza coniato dalla chimica fu introdotto per la prima volta da Luciene Tesniere : ogni volta che produciamo un messaggio, il nucleo di ci che vogliamo esprimere un predicato, e gli elementi che lo completano sono le valenze. Tesniere chiama le valenze anche attanti. I generativisti prediligono la denominazione attanti o argomenti. Esistono alcuni verbo zerovalenti: i verbi meteorologici (albeggia, piove) e polirematici (fa caldo, fa freddo). Anche nelle lingue che esprimono obbligatoriamente il pronome, i verbo meteorologici rimangono monovalenti: it is raining il pleut es regnet Tal pronomi sono vuoti o espletivi: non stanno a indicare nessun attante, semplicemente riempiono la posizione strutturale del soggetto. Anche la posizione soggetto un parametro: ci sono famiglie di lingue in cui la posizione soggetta sempre riempita (inglese, francese, tedesco), e altre lingue a soggetto nullo in cui il riempimento della posizione soggetto facoltativo (italiano, spagnolo). Tutti i verbi transitivi sono almeno bivalenti; alcuni ditransitivi, come dare, sono trivalenti. Esistono verbi con pi di tre valenze? Tesniere ammette verbi tetravalenti solo quando rappresentano la trasformazione causativa di verbi trivalenti: Gianni fa dare a Luigi un libro a Maria. Secondo i generativisti sono tetravalenti anche i verbi di spostamento: trasferire, spostare, tradurre. Molti verbi hanno diversi schemi valenziali. Vendere pu essere visto come verbo a tre valenze (qualcuno vende qualcosa a qualcun altro) oppure a quattro valenze, se anche il prezzo viene considerato un argomento (qualcuno vende qualcosa a qualcun altro a un certo prezzo). Altri verbi hanno diversi schemi valenziali a seconda del significato cui vengono usati: Gli Inglese attaccano l'Argentina (2 valenze) Maria attacca il manifesto al muro (3 muro valenze) La Juventus attacca (2 valenze, di cui una omessa).

A volte le valenze possono essere omesse, ma lo schema valenziale non cambia: nell'ultimo esempio, analizziamo attaccare come verbo bivalente, dal momento che implica un attaccante e un attaccato, anche se in questo caso l'ultimo non espresso. Per individuare tutte le valenze di un verbo, dobbiamo riflettere sul suo uso prototipico: andare, per esempio, implica tradizionalmente un soggetto e un punto di destinazione, da cui deduciamo sia un verbo bivalente. Nelle frasi sono presenti, oltre agli argomenti, anche elementi circostanziali: Gianni va da Torino a Roma Gianni (soggetto) valenza, Roma (destinazione) valenza, ma Torino (punto di origine) un circostante. Pu capitare che i circostanti siano espressi e le valenze no: Gianni va in bicicletta bicicletta un circostante, mentre la seconda valenza (la destinazione) questa volta omessa. Anche parlare ha svariati schemi valenziali: Ho parlato a lungo (una valenza, a lungo esprime la modalit ed un aggiunto); Ti parlo (due valenze. In questo caso la valenza-soggetto NON omessa, in quanto si ricava dalla desinenza -o del verbo. In una frase nominale come Parlo invece omessa la valenza del destinatario) Io parlo il tedesco (due valenze: in questo caso parlare significa conoscere, dunque anche l'elemento conosciuto diventa valenza) Ieri parlavo a Fabio di sintassi (tre valenze: l'argomento di cui si parla una valenza, mentre il dato temporale un aggiunto). Vediamo ora i diversi schemi valenziali di cadere: Sono caduta e mi sono fatta male (una valenza) Sono caduta dal tram (due valenze) Marco caduto dalla padella alla brace (tre valenze) Nelle strutture ad albero le valenze non ricoprono solo la posizione di Sintagma Nominale, ma anche quelle di Sintagma Preposizionale (Ho parlato a Marco), di Frase (Ho detto a Marco che sarei tornato tardi), di Sintagma Avverbiale (Gianni si comporta bene) di Sintagma Aggettivale (Divento intelligente). La grammatica generativista parla di argomenti esterni e interni, mentre la grammatica di valenza (o di dipendenza) preferisce utilizzare prime valenze e seconde valenze. ARGOMENTI ESTERNI PRIME VALENZE il soggetto, che realizza la prima valenza di un verbo (tutti i verbi, eccetto i meteorologici, realizzano almeno la valenza soggetto) e, occupando la posizione sinistra della testa (posizione Spec), esterno alla proiezione della testa. ARGOMENTI INTERNI SECONDE VALENZE i vari complementi che completano il predicato e che, stando a destra della testa (posizione COMP), rimangono interni alla proiezione della testa.

Gli argomenti interni sono c-comandati dal nodo verbo; gli argomenti esterni non sono ccomandati dal nodo verbale.

RELAZIONE DI C-COMANDO Nella seguente rappresentazione y c-comanda tutti i costituenti che sono dominati direttamente o indirettamente dal primo nodo ramificante superiore (x). Ovvero: y ccomanda z, m ed n.

La relazione di c-comando va ad aggiungersi a quella di dominio, che si verifica in presenza anche di un solo ramo e pu essere diretta o indiretta, e a quella di fratellanza (sorellanza in inglese) tra due costituenti dominati dallo stesso nodo. TIPI SINTATTICI DI VERBI Verbi transitivi: quei verbi la cui seconda valenza costituita da complemento oggetto, che pu essere considerato tale se suscettibile di trasformarsi in soggetto nella passivizzazione della frase. All'interno del gruppo dei transitivi distinguiamo i verbi ditransitivi: verbi trivalenti o tetravalenti in cui la terza valenza realizzata da un complemento di termine (complemento oggetto indiretto). Verbi intransitivi: quei verbi monovalenti o bivalenti in cui per la seconda valenza non

un complemento oggetto. Si dividono in inergativi e inaccusativi (secondo una terminologia degli anni '70): i primi selezionano l'ausiliare avere, i secondi l'ausiliare essere.

Gli schemi valenziali ci permettono anche di classificare le proposizioni subordinate, che negli indicatori sintagmatici sono sempre accompagnate a sinistra dal nodo COMP (che, di, etc). Le frasi completive o argomentali (subordinate soggettive, oggettive e interrogative indirette: Ti dico che devi partire domani) riempiono le posizioni degli attanti, le subordinate avverbiali riempiono invece le posizioni degli aggiunti o circostanziali. Inoltre, poich anche i nomi hanno una schema valenziale, le frasi relative fungono da valenze dei nomi che le reggono. Bisogna precisare che, secondo alcuni linguisti, tutti i nomi posseggono schema valenziale, mentre secondo altri (la maggior parte), esclusivamente i nomi deverbali che derivano da verbi: per esempio distruzione un nome bivalente, che implica colui che distrugge e ci che distrutto. Se anche per gli aggettivi si pu parlare di schemi valenziali, Berrutto non accetta l'attribuzione di valenze alle preposizioni. In conclusione, possiamo dire che tutte le volte che presente una componente predicativa, si pu applicare lo schema valenziale. RUOLI SEMANTICI I ruoli semantici riempiono di contenuto di significato pertinente tutti gli schemi valenziali (attanti e aggiunt). Sono chiamati anche RUOLI TEMATICI (dai generativisti), -ROLES (pron. theta deriva dall'inglese theme, il cui fonema iniziale ha lo stesso suono della greca), FUNZIONI SEMANTICHE (sebbene sia questa una definizione fuorviante, giacch i ruoli semantici sono funzioni che agiscono a livello di sintassi), RUOLI ARGOMENTALI (secondo la prospettiva teorica generativista per la quale i ruoli semantici riempiono solo le posizioni di attanti, cosa non vera), CASI PROFONDI. Nel processo di assemblaggio di una frase, possiamo riconoscere tre differenti momenti: il momento dell'idea che vogliamo esprimere (per esempio, esprimere il concetto di scappare), il momento delle valenze (in cui intendiamo scappare come verbo bivalente, necessitante di un soggetto che scappa e da un luogo/cosa dalla quale si fugge), infine il momento delle funzioni semantiche (riempiamo di significato, diamo un volto al soggetto scappante e alla cosa da cui si scappa). I ruoli semantici sono gli anelli di congiungimento tra lo schema valenziale e la struttura sintattica della frase. I ruoli semantici su cui i linguisti sono unanimemente d'accordo sono dieci. Da alcuni di questi dieci ruoli si possono poi ricavare alcune sottocategorie, a volte discutibili. Ci sono quattro postulati fondamentali a proposito dei ruoli semantici: tutti gli elementi realizzati in superficie nella frase svolgono un ruolo semantico ciascun sintagma della frase deve avere uno e un solo ruolo semantico uno stesso ruolo semantico non pu essere realizzato due volte, da due elementi diversi, nella stessa frase i ruoli semantici sono indifferenti alla distinzione tra valenze e aggiunti (su questo punto la Donati non concorda).

Analizziamo i dieci fondamentali ruoli semantici: 1) AGENTE il ruolo semantico fondamentale, tende a essere la prima valenza (ma non sempre vero), il cosiddetto soggetto dell'analisi logica. L'agente l'entit che istigatrice attiva dell'azione espressa dal verbo, in altre parole l'entit che, con intenzione volitiva, fa accadere qualcosa. L'agente sempre animato. il ruolo semantico che d inizio ed esegue attivamente l'azione o processo espressi dal predicato. 2) STRUMENTO o STRUMENTALE nei confronti del verbo ha lo stesso rapporto dell'agente, ma inanimato. Dunque in Matteo chiude la porta, Matteo agente poich vi intenzionalit nel gesto, mentre in Il vento chiude la porta, il vento strumento. 3) PAZIENTE. Ci sono varie definizione di paziente. Alcuni linguisti lo definiscono semplicemente come l'entit coinvolta passivamente nell'azione: Luisa mangia una mela, mela paziente. Altri autori chiamano il paziente TEMA, e lo definiscono sempre come entit coinvolta nell'azione. Altri ancora, infine, distinguono tra PAZIENTE e TEMA: il paziente l'entit che subisce l'azione, mentre il tema l'entit coinvolta nell'azione. Per cui: Luisa mangia una mela paziente; Luisa studia la grammatica tema. Solitamente il paziente occupa il posto del complemento oggetto. 4) BENEFICIARIO o BENEFATTIVO (introdotto negli anni '80): l'entit a cui vantaggio va ci che succede. In una frase come Il ritratto della zia, zia pu ricoprire tre differenti ruoli semantici, a seconda di come la interpretiamo: se il ritratto posseduto dalla zia, la zia il beneficiario, se stato fatto dalla zia, la zia agente, infine se rappresenta la zia, la zia paziente. 5) SPERIMENTATORE o ESPERIENTE: l'entit che sperimenta uno stato fisico o psicologico. Ricopre la funzione sintattica di soggetto, dunque in una stessa frase troveremo o un agente, o un esperiente. il soggetto di quei predicati verbali che esprimono stati fisico-psicologici non voluti intenzionalmente. Per esempio: Lucia ama i gelati, Maria ha mal di denti. 6) DESTINAZIONE: l'entit verso la quale diretta l'azione espressa dal predicato. Generalmente, inanimata. 7) LOCATIVO: l'entit (anche temporale), il luogo o lo spazio in cui sono situati l'azione, lo stato o il processo. Mi sono laureato nel 1987:nel 1987 locativo oppure, secondo altri, ruolo semantico di TEMPO. 8) PROVENIENZA: l'entit che indica il punto di partenza da cui si mette in moto l'azione espressa dal verbo. Vengo da Roma, Ho prelevato soldi dal conto. 9) MISURA: l'entit che esprime una misura, una dimensione, una quantit. Gianni pesa un quintale: se interpretiamo questa frase come Il peso fisico di Gianni sono 100 chili, allora Gianni non agente (non c' intenzione volitiva), n esperiente (Gianni non sta provando l'esperienza di pesare un quintale l'uso di questa perifrasi una prova per capire se un soggetto esperiente o meno), pesare verbo intransitivo inaccusativo e un quintale misura. Se invece intendiamo la frase come Gianni compie l'azione di pesare su una bilancia un quintale, allora Gianni agente e quintale paziente. 10)COMITATIVO: l'entit che accompagna e compartecipa all'azione, sensazione, processo compiuti o provati dall'agente. Dunque: se non c' agente, non pu esserci

comitativo. Maria passeggia con Gianni: sebbene Gianni sembri co-agente, ci entrerebbe in conflitto con la regola secondo cui un ruolo semantico pu essere ricoperto da un solo elemento all'interno della frase; dunque da interpretare come comitativo. Alcuni autori propongono anche una sottocategorizzazione del ruolo di STRUMENTO, distinguendo tra strumento, causa e stimolo. Secondo questa interpretazione, lo strumento l'entit che causa o provoca un evento e pu essere solo un oggetto concreto, la CAUSA l'entit alla base di una situazione, lo STIMOLO l'entit che interviene a stabilire un certo ,comportamento. In una frase come Non sono uscito per la pioggia, pioggia pu dunque essere interpretato come strumento (facendo riferimento alla macro-categoria), oppure come causa. La preoccupazione mi ha indotto a telefonarti: preoccupazione strumento o stimolo. Altri ruoli semantici di cui si parla sono TEMPO (che rientra nella categoria di LOCATIVO), DURATA e POSSESSIONE. L'interpretazione semantico-concettuale avviene proprio in termini di ruoli semantici, non a livello di funzioni sintattiche (soggetto, complementi, etc). In Maria mangia la mela e la mela mangiata da Maria le funzioni sintattiche cambiano (Maria da soggetto diventa complemento d'agente, la mela da complemento oggetto diventa soggetto), ma i ruoli semantici si mantengono inalterati, perch le due frasi presuppongono la stessa scena. I ruoli semantici collegano le propriet ontologiche dei partecipanti coinvolti nella frase con la struttura sintattica astratta. Nella frase Gianni d un libro a Maria, Maria che riempie la terza valenza del verbo dare pu essere interpretata con due diversi ruoli semantici: beneficiario o destinazione. Se pensiamo per alla frase X d una pedata a Y, y sicuramente non beneficiario: dunque la selezione di uno o dell'altro ruolo semantico non dipende tanto dal predicato, quanto dalla scena che la frase visualizza. La soluzione migliore intendere dare un calcio come unit polirematica a due valenze, ovvero un predicato unico complesso, che implica un'azione diversa dal dare una sedia. Eppure, secondo questo ragionamento, anche Dare un bacio dovrebbe essere inteso come verbo polirematico bivalente, per allo stesso tempo l'azione del dare un bacio, non implica forse un beneficiario? La questione discutibile. Esaminiamo altre frasi: Maria trema per il freddo Maria esperiente, freddo strumento o causa. Piove essendo un verbo zerovalente, non ci sono ruoli semantici. Oggi piove oggi locativo o tempo. Piovono soldi soldi paziente. In altre lingue il verbo Piovere pu invece implicare ruoli semantici. In cinese, per esempio, Xia yu le, sta piovendo, esprime l'idea della pioggia (yu) che sta cadendo (xia, cadere) in questo momento (le, ora): la pioggia dunque paziente, o addirittura agente se le attribuiamo una certa volont di intervento.

FUNZIONI SINTATTICHE Le funzioni sintattiche (soggetto, predicato, complementi) sono la realizzazione dei ruoli semantici nella struttura frasale. Se i complementi dipendono sempre strutturalmente da un certo costituente, soggetto e predicato verbale sono invece completamente autonomi. infatti sbagliato dire che il soggetto regge il predicato, poich il soggetto controlla il predicato, fornendone le specificazioni dei tratti morfologici. Infatti il controllo dell'accordo con il verbo l'unica prova inconfutabile per individuare il soggetto, cio l'elemento che sempre in accordo morfologico con il predicato. Il complemento oggetto invece la funzione sintattica retta da verbi transitivi. Nell'articolo del 1977 The case for case, Fillmore chiama i ruoli semantici casi (l'abbiamo visto prima). Questa definizione deriva dal fatto che i casi in lingue come il latino e il tedesco - sono marche di funzioni sintattiche, dal momento che esprimono i vari complementi; dal momento che i complementi sono la realizzazione dei ruoli semantici nella frase, sembra dunque che siano gli stessi ruoli semantici a far scattare la marca morfologica, ruolo ricoperto storicamente, appunto, dai casi. In realt tale definizione non fa che creare confusione. Se certi ruoli semantici possono essere realizzati da una sola funzione sintattica (per esempio il beneficiario viene espresso sempre da un complemento di termine), alcune funzioni sintattiche possono essere la proiezione di pu ruoli semantici: il soggetto la realizzazione di un agente o di un esperiente. I ruoli semantici possono essere realizzati da funzioni sintattiche diverse a seconda delle lingue. In latino, in una frase come Patris me miseretur (Ho compassione del padre), patris , paziente, realizzato in genitivo, mentre me esperiente in accusativo. In Pudet dicere me (Mi vergogno di dire), l'esperiente me di nuovo accusativo, mentre il ruolo di strumento, causa o stimolo (in questo caso stimolo molto pertinente) realizzato da un verbo, dicere. Quando interpretiamo una frase, procediamo attraverso quattro fasi: 1) l'analisi dello schema valenziale, 2) il riempimento dello schema valenziale con i ruoli semantici, 3) la configurazione sintagmatica (teoria della sintassi x-barra che governa le strutture ad albero), 4) la teoria delle funzioni sintattiche, ovvero in che rapporti reciproci sono gli elementi che costituiscono gli alberi. CONCLUSIONI GENERALI Le strutture di cui abbiamo parlato finora sono UNIVERSALI, e dunque presenti in tutte le lingue del mondo. Questa affermazione potrebbe sembrare facilmente confutabile: non vero, ad esempio, che i verbi intransitivi selezionano gli ausiliari essere e avere in tutte le lingue, dunque la distinzione tra verbi inergativi e inaccusativi non sembrerebbe universale. In realt, le definizioni generali di tali verbi sono le seguenti: verbi inergativi verbi il cui soggetto un elemento con le propriet tipiche del ruolo semantico di agente: Gianni ha camminato. Erg- infatti il suffisso greco che indica l'azione; verbi inaccusativi verbi il cui soggetto un elemento con propriet solitamente attribuite

al paziente o complemento oggetto: Gianni arrivato. Dunque la distinzione tra inergativi e inaccusativi presente universalmente, e si rif a categorie (agente, paziente, soggetto, ecc.) parimenti presenti in tutte le lingue. PRECISAZIONI AL LIBRO DELLA DONATI I tratti-phi e l'accordo (pag. 44). In italiano il verbo tradizionalmente accordato solo al soggetto. Ultimamente, per, si sta diffondendo molto soprattutto nella produzione orale l'uso del clitico ne come ripresa di un complemento anteposto: Di questo riparliamone domani. In questo caso ne smette di essere pronome per diventare vero e proprio morfema del verbo: un morfema di accordo che riprende la seconda valenza del verbo parlare. Studiando la diffusione di questo fenomeno, alcuni linguisti parlano di una possibile futura coniugazione oggettiva dell'italiano sempre pi diffusa, nella quale a essere in accordo col verbo non sarebbe pi soltanto il soggetto. Altro esempio di coniugazione oggettiva la formula univerbale centrare, che dagli anni '90 in poi ha sostituito c'entrare, in cui ci veniva ancora percepito come clitico. Movimento WH. Prende il nome dalle domande generiche inglesi, che cominciano tutte con wh- (who, what, when, where, which); in italiano chiamato anche movimento-kappa, dove la k viene intesa come fonema iniziale delle domande chi, cosa, quando. Il movimento si riferisce a fenomeni di risalita: Hai fatto qualcosa? - Che cosa hai fatto?, dove qualcosa risalito in posizione iniziale. Puglielli, Frascarelli, L'analisi linguistica. Dai dati alla teoria, Caissa Italia, Cesena-Roma 2008.

IL MUTAMENTO LINGUISTICO Introduzione Dalla lingua come prodotto della mente, passiamo ora alla lingua come prodotto della storia: mentre la linguistica teorica studia la lingua come sistema astratto, la linguistica storica indaga le cause per cui la lingua ha assunto una determinata forma. La lingua come un organismo mantenuto in vita da diverse generazioni di parlanti: la linguistica storica studia la lingua in prospettiva diacronica, concentrandosi sul mutamento linguistico che avviene lungo l'asse del tempo. La linguistica storia infatti chiamata anche linguistica diacronica, da , attraverso il tempo. Il mutamento linguistico detto anche cambiamento linguistico o language change. Lo studio della linguistica storica ci aiuter anche a sfatare il luogo comune dell'italiano come lingua molto conservativa. Il brano 2 della fotocopia VI un passo in volgare fiorentino letterario tratto dal Novellino. Nonostante il testo sia altamente comprensibile, notiamo che ci sono alcune forme che ai nostri occhi paiono inconsuete: Il maggiore amonimento che le dava si era che non si posasse in San Giorgio, per che v'avea femine ladre:

in amonimento ancora forte la sua derivazione da monre si era un pseudoriflessivo si posasse significa si fermasse, viene dal latino tardo pausare, di cui pausa deverbale per ha qui valore causale e non avversativo v'avea (da avervi) un esempio del verbo avere utilizzato con il significato di esserci il sostantivo femine (da tradurre qui con donne) interessante perch, nel passaggio dal latino all'italiano, ha subito una restrizione semantica: mentre in latino femina designava gli essere umani di sesso femminile in senso generale, in italiano si usa solo in riferimento all'essere umano biologico; al contrario il termine domina ha goduto di ampliamento del significato: da padrona di casa a donna, essere umano in generale. Femmina e donna sono due esempi di mutamento semantico ad oggi ormai compiuti ladre ha qui un valore aggettivale che noi non usiamo pi.

Una mattina passava la detta fante con uno paniere di cavoli:

fante da tradurre con serva detta serve a rafforzare anaforicamente l'articolo la, da tradurre con quella servetta uno paniere: uno l'allomorfo generale dell'articolo indeterminativo

Bito chiam la fante, et ella venne a lui incontanente; e molte femine l'aveano chiamata prima, non vi volle ire:

ella ci introduce il problema dei pronomi personali soggetto di terza persona, per i quali il mutamento linguistico ancora in atto. Pi precisamente, attualmente ci

troviamo nella fase finale di un processo di mutamento linguistico che ha visto i pronomi complemento lui e lei sostituirsi alle forme pronominali soggetto egli ed ella anche nel parlato formale, tanto da farle diventare forme marcate (deviate rispetto allo standard). Egli ed ella resistono solo nell'ambito scritto pi formale a lui ripropone la preposizione latina indicante moto a luogo, ma accompagnata da una forma gi italiana, lui incontanente significa subito non vi volle ire: in italiano antico l'avversativa non veniva introdotta da congiunzioni, ma oggi noi diremmo ma non ci volle andare. Ire un arcaismo lessicale.

Il brano 1 invece un esempio di latinum circa romanzum (latino gi vicino al romanzo); tratto dalla Parodia della Lex Salica, opera dell'VIII secolo che motteggia il primo importante codice di leggi franche la Lex Salica , redatto da Clodoveo nel 516. I Sali erano una trib franca. Vediamo la traduzione: Se qualche uomo, in casa o fuori, avr detenuto una bottiglia piena e non ne avr versata neanche una goccia nella coppa degli dei o degli altri se qualcuno avr avuto la presunzione di fare ci, si rompa interamente quella coppa, rompano la testa a quel coppiere e all'amministratore delle bevande gli si tolga l'amministrazione. In questo brano possiamo osservare come i perni fondamentali del latino siano completamente collassati a livello morfologico: i paradigmi delle coniugazioni verbali (potuerint riferito a un soggetto singolare, homo), l'utilizzo delle preposizioni, i casi (plena botilia sarebbe accusativo, ma la -m finale gi caduta) hanno subito una vera e propria catastrofe (da gi e volgere, letteralmente capovolgere). Eppure, a livello sintattico, l'ordine SOV (soggetto oggetto verbo) del latino ancora mantenuto. Analizziamo qualche forma interessante:

negutta < nec guttam, nemmeno una goccia: quest'espressione ha avuto fortuna al punto che, ancora oggi, in alcuni dialetti lombardi e bergamaschi si usa la forma negt che significa niente ipsa cuppa frangantla, si rompa quella coppa, esempio di dislocazione a sinistra lo cabo: interessante vedere come compaia gi una categoria morfologica completamente nuova, quella dell'articolo illo scanciono: anche in questo caso illo da intendere come articolo e non come aggettivo dimostrativo, dal momento che di questo amministratore delle bevande non si mai parlato prima. In poche parole, illo non ha un valore anaforico, bens di determinazione. Nel passaggio dal dimostrativo latino ILLO all'articolo determinativo italiano, si parla di indebolimento semantico: per esprimere la categoria morfologica dell'articolo, l'italiano si avvalso di forme gi esistenti in latino, privandole per di parte del loro valore: gli articoli, infatti, mantengono la funzione di determinazione propria anche dei dimostrativi, ma perdono quella di deissi e di anafora. Attualmente osserviamo un ulteriore fenomeno di indebolimento semantico che riguarda i dimostrativi distali, a volte totalmente privati dei loro valori di anaforicit e deissi: in Domani parleremo di quei fenomeni importanti per la sintassi, quei funge da articolo, dal momento che non ha nessun valore aggettivale di anaforicit o deissi (al massimo potremmo dire che cataforico, anticipando un'eventuale frase successiva). Si potrebbe dunque ipotizzare un nuovo ciclo di

indebolimento semantico che porterebbe gli aggettivi dimostrativi a essere usati come nuovi articoli. Ipsa cuppa frangantla tota adillo botiliario frangant lo cabo at illo scanciono tollant lispotionis: questa frase estremamente interessante poich ci offre tre diversi passaggi dello stesso mutamento linguistico, un bell'esempio di variazione linguistica in sincronia. Il mutamento in questione , ancora una volta, il passaggio da aggettivi ad articoli: ipsa cuppa e adillo botiliario rappresentano la fase 1, possedendo ancora sia la forma che il valore di aggettivi dimostrativi: si riferiscono a elementi gi citati nel testo, dunque hanno funzione anaforica; illo scanciono, come abbiamo detto, pur mantenendo ancora forma di aggettivo, ha gi valore di articolo (fase 2); lo cabo, infine, ci proietta direttamente nella fase 3, avendo ormai forma e valore di articolo. Plena botilia: per quanto riguarda la caduta finale della -m in accusativo, il fenomeno era gi abbondantemente diffuso nel latino parlato fin dai tempi di Augusto. Cadendo la -m, si annulla la distinzione dal nominativo e si crea un'unica forma generale pi semplice. Lispotionis < illius potionis < illas potiones: scritto come se fosse un genitivo, ma in realt dovrebbe essere un accusativo della terza declinazione. Lis- funge da articolo, una forma di ipercorrettismo dell'aggettivo dimostrativo ille, illa, illud.

Al punto 3 ci chiediamo come mai porto si dice cos. L'antecedente diretto di porto portu, dove la -m finale gi caduta, dal momento che a sua volta viene da portum (la forma in accusativo sempre quella di riferimento, perch da qui che poi cadr la -m), accusativo di prtus. Dunque:PORTO

< PORTU < PRTUM < PRTUS

In latino prtus collegato a prta, ingresso generale, di cui derivato asuffissale con restringimento e specializzazione di significato: ingresso delle navi. A sua volta prta viene dall'indoeuropeo perts passaggio, in cui si ritrova la base indoeuropea per- che denota il passare attraverso, da cui il greco (con apofonia e > o) stretto, passaggio o il tedesco furt guado. La base indoeuropea per- lo stadio finale nella ricostruzione linguistica della parola porto, poich non si pi procedere oltre il livello di una grande famiglia linguistica come l'indoeuropeo (i linguisti sono in disaccordo circa il numero delle grandi famiglie linguistiche, tra le 14 e le 19). Grazie alla linguistica comparativa, possiamo per studiare i vari sviluppi che la base per- ha avuto nei toponimi di diverse lingue: Bosforo (prestito turco), Frankfurt, Oxford...Il tedesco furt e l'inglese ford ci ricordano poi il fenomeno della prima rotazione consonantica: in questo caso l'occlusiva p della base per- si trasformata nella fricativa f. La rotazione consonantica un fenomeno, articolato in tre fasi, che contraddistingue il passaggio dall'indoeuropeo alle lingue germaniche: PRIMA ROTAZIONE CONSONANTICA: le occlusive sorde del ramo indoeuropeo,

diventano fricative nel ramo germanico: p,b > f, k < g (vedi prima). SECONDA ROTAZIONE CONSONANTICA: le occlusive sonore diventano occlusive sorde: indoeuropeo deken > inglese ten. TERZA ROTAZIONE CONSONANTICA: le occlusive sonore aspirate (bh/dh) diventano occlusive sonore: bher (bh- la base per portare) d origine a fero in latino, ma a bairan nelle lingue germaniche.

C' poi una scuola di pensiero che non d'accordo con la teoria della rotazione consonantica: secondo la teoria delle glottidali, infatti, le lingue germaniche sarebbero lingue conservative, e sarebbero dunque state quelle degli altri rami a differenziarsi molto dalla matrice indoeuropea. Ritornando all'indoeuropeo perts, questo a sua volta collegato a parat, presente in alcuni testi in avestico, una lingua indoeuropea indoiranica (era la lingua dello zoroastrismo) parlata nella zona nordorientale della Persia (attuale Iran). Anche in occitano port passo si usa per designare i valichi montani, proprio come lo spagnolo portillo. Vediamo dunque come il valore di punto di passaggio della radice per- sia stata mantenuto, nelle varie lingue, nel corso dei millenni. Si parla a questo proposito di forte conservativit semantica. Ma possiamo fare ancora numerosi esempi:FIORDO

< FHRDE < FJORR

Fiordo viene dal tedesco fhrde, che a sua volta viene dal germanico fjorr, in cui si ricontra la stessa radice di porto con apofonia e prima rotazione consonantica. La stessa radice ha dato esito all'inglese firth estuario, stretto e al greco passare, con apofonia in ei. In tutti questi casi, il valore semantico di passaggio si mantenuto saldo. Vediamo ora un altro caso, che risulta ingannevole: pertugio, che in dialetto piemontese si dice [per'tyz] o [par'tyz], viene dal participio passato latino pertusum, da pertndere traforare, letteralmente fare un buco battendo (tundere = battere). Dunque l'etimologia di pertugio non ha nulla a che vedere con quella di porto, la somiglianza solo apparente. Grazie a questo esempio, inoltre, vediamo come lo studio dei dialetti sia parimenti importante per la linguistica storica: il concetto di dialetto stato introdotto in Italia nel '500 per indicare le lingue che si differenziavano dalla variet codificata a lingua - ci avvenne con la codificazione cinquecentesca del Bembo. Al punto 4 possiamo osservare la diffusione di un etimo latino (bnum) in sette lingue indoeuropee cinque lingue standard (italiano, francese, spagnolo, rumeno e fiorentino) e due dialetti (piemontese e veneto). In dialetti piemontese [bu] ha sviluppato anche il significato di essere capace di. Cerchiamo ora di capire cos' successo nel mutamento da civitatem a citt:

innanzitutto, la palatalizzazione dell'occlusiva [k] in [t], con conseguente avanzamento del luogo di articolazione (da velare a palatale). Davanti alle vocali anteriori (i, e), le occlusive velari tendono ad avanzare per diventare pi simili alle vocali che precedono: si parla di assimilazione. ['kivi'tatem] > ['tivi'tatem] sincope (caduta) della i della seconda sillaba, in quanto vocale pretonica e dunque debole. Civitatem parola parossitona con accento primario sulla terza sillaba e secondario sulla prima: la seconda sillaba si ritrova a essere debole, dunque nella pronuncia tende a cadere. ['tivi'tatem] > ['tiv'tatem] assimilazione regressiva della v in t: si parla di assimilazione regressiva quando la prima delle due consonanti adiacenti prende le caratteristiche della seconda. Questo fenomeno tipico dei dialetti settentrionali. ['tiv'tatem] > ['tit'tatem] sonorizzazione dell'occlusiva sorda intervocalica, per cui la ultima t diventa d. La

sonorizzazione un altro fenomeno di assimilazione alle vocali vicine, la cui principale caratteristica appunto la sonorit. [ 'tit'tatem] > [ 'tit'tade] lenizione consonantica intervocalica: la consonante d della sillaba finale cade, e la vocale finale e si fonde per assimilazione con la a precedente. Questo fenomeno pu anche essere spiegato riduttivamente come semplice sincope della sillaba finale. [ 'tit'tade] > [ tit'ta]

Se esaminiamo invece la forma dialettale piemontese per citt, [si'ta], vediamo che il luogo di articolazione dell'originaria [k] di civitatem ulteriormente avanzato, lasciando il posto a una fricativa alveolare [s]. Inoltre, si riscontra la degeminazione consonantica (una sola t), tipica dei dialetti settentrionali. In generale, col passaggio dal latino all'italiano, citt ha subito un allargamento (o estensione) semantico, abbandonando il mero significato di cittadinanza latino e abbracciando le sfumature pi varie (citt intesa come cittadinanza, luogo geografico, etc). Da cosa deriva mangiare? Si tratta di un prestito dal francese:MANGIARE

< MANGER (francese) < MANGIER (francese antico) < MANDUCARE (LATINO)

Analizziamo ora il futuro, la forma manger: essa deriva dalla perifrasi latina manducare habeo, letteralmente: devo masticare. L'elemento lessicale habeo qui con il valore deontico di dovere - diventa con il passaggio all'italiano il morfema flessionale -. Quest'ultimo un esempio di grammaticalizzazione, quando materiale lessicale si trasforma, in fasi successive, in materiale grammaticale. Concludiamo con un ultimo esempio. Parola viene da parabola, e significa letteralmente cosa detta: ha dunque subito un allargamento semantico. Nelle fasi di mutamento bisogna segnalare l'indebolimento consonantico, con caduta della b (paraola), e l'innalzamento della o che diventa semivocale posteriore (paraula); infine, il dittongo au si chiude e d come esito parola. Lo stesso fenomeno di chiusura del dittongo si riscontra in cosa, che deriva da causa. L'etimo causa molto interessante poich ha dato origine a due diverse forme, che costituiscono una coppia allotropica: causa e cosa. Nei casi in cui due parole provengano dallo stesso etimo latino, siamo certi che quella con la radice pi simile al latino la pi recente: cosa ha subito un mutamento nel parlato con il passaggio latino-volgare, mentre causa stata reintrodotta posteriormente in ambito scritto, nei trattati filosofici. Natura e svolgimento del mutamento linguistico Il mutamento il pi importante tra i fenomeni che avvengono in una lingua; pu essere paragonato a molti fenomeni del mondo naturale: a un fiume o a una colata lavica, addirittura Keller lo paragona a una coda autostradale, dove elementi eterogenei procedono con movimenti a singhiozzo. Tuttavia la metafora pi adatta sembra quella del ghiacciaio: proprio come un ghiacciaio, la lingua sembra immobile, eppure ogni giorno cambia e si muove sempre progressivamente; ingloba elementi presi dall'esterno; talvolta subisce movimenti subitanei e di grossa entit; contiene materiali antichissimi e altri molto recenti; perde molte delle sue componenti; infine, ha un nucleo molto resistente e margini pi fragili. Due saggi importantissimi per lo studio del mutamento sono quello di Keller, Sprachwandel (On language change. The invisible hand in language, dove si utilizza la

metafora della mano invisibile responsabile dei fenomeni di mutamento, 1990) e quello di Coseriu, Sincornia, diacronia e storia. Il problema del cambio linguistico (1957). Dove nasce il mutamento linguistico? Secondo Coseriu nasce nell'interazione verbale, dunque si configura come passaggio di conoscenze tra interlocutori. La dinamica del mutamento si articola in quattro fasi: I) introduzione di una forma nuova, che si scosta dai modelli preesistenti, nella produzione linguistica di un parlante; II) tale forma si diffonde, diventa abituale nel comportamento linguistico di quel parlante, pur persistendo ancora quella vecchia (innovazione); III) altri parlanti interlocutori acquisiscono l'innovazione e la riproducono come propria, alternandola alla vecchia forma (adozione); IV) il mutamento si conclude quando la nuova forma ha definitivamente soppiantato quella vecchia (sostituzione). Dunque il mutamento nasce dal comportamento linguistico di un singolo individuo, e pu morire subito oppure essere adottato con successo da altri parlanti. Come avviene il mutamento linguistico nel tempo? Innanzitutto, graduale con alcuni periodi di accelerazione o rallentamento: per esempio, nel periodo di formazione delle lingue romanze, tra '100 e '700, si riscontrata una parentesi temporale di grande accelerazione, dopodich dal '700 in poi il mutamento si rallentato. Potrebbe sembrare che il mutamento sia particolarmente velocizzato nei momenti di crisi culturali, ma questa una visione che rischia di essere romanzo-centrica. Le varie componenti della lingua sono poi suscettibili di velocit diverse: il lessico muta e si sviluppa soprattutto in concomitanza a periodi di sviluppo e cambiamento culturale. Il lessico rimane comunque il settore della lingua che cambia con pi rapidit, seguito dalla fonetica e infine dalla morfologia e sintassi (essendo il nucleo duro del sistema, mutano con pi difficolt). In secondo luogo, il mutamento agisce nella lunga diacronia ed molto pi lento dei mutamenti socio-culturali e di quelli del costume e della moda. I costumi linguistici (ad esempio salutare con ciao ciao), sono modifiche superficiali della lingua e non coincidono col mutamento. Che direzione ha il mutamento linguistico? Si potrebbe dire che non segue nessuna direzione, oppure che si dirige verso alcun punto, pur non avendo una meta specifica. Il mutamento segue una deriva (o drift, concetto di Sapir) determinata dalle caratteristiche intrinseche a quella data lingua: secondo Sapir, ogni lingua segue una corrente che essa stessa crea, dunque in ogni tipo linguistico ci sono tendenze che sospingono verso una direzione piuttosto che un'altra. Keller immagina invece il sistema-lingua come retto da una mano invisibile che la guida verso una certa direzione. In ogni caso, il mutamento non teleologico. Il concetto di tipo linguistico molto simile a quello ottocentesco di genio della lingua: a seconda dell'armonia tipologica intrinseca a ogni lingua, potremmo prevedere la direzione del suo mutamento. Le spinte all'economia linguistica e alla facilit di processazione di una data lingua, intervengono spesso nel mutamento, ma non tutti i cambiamenti linguistici possono essere ricondotti alla ragione dell'economia., Qual il motore del mutamento linguistico? Innanzitutto, vi sono alcuni fattori linguistici: la deriva e le tendenze di sviluppo specifiche di ogni lingua (fattori linguistici endogeni, strettamente interni alla lingua, sistematici), l'abbandono o la semplificazione di certe strutture in vista dell'economia e della facilit di processazione (fattori linguistici esogeni, ovvero legati agli utenti pi che al sistema-lingua, funzionali). Dal momento che il sistemalingua ha pi possibilit di quelle che realizza in un dato momento, si creano tendenze a

sviluppare le possibilit ancora non realizzate. Ci sono poi fattori di contatto con altre lingue, che possono anche interagire con la deriva. Infine, il mutamento subisce il riflesso diretto o indiretto di numerosi fattori extra-linguistici: catastrofi, guerre, migrazioni, evoluzione nelle scienze, ecc (i mutamenti che per primi si riscontrano in questi casi sono i neologismi, mutamenti nel lessico). Naturalmente, tutte le cause finora elencate possono interagire tra loro. I mutamenti possono essere microscopici e riguardare un solo settore della lingua (p.e. l'introduzione di neologismi), oppure macroscopici, essendo la somma di pi mutamenti microscopici (p.e. nascita di una nuova lingua). Come si diffonde il mutamento? A) NEL TEMPO. Abbiamo gi accennato al fatto che il mutamento nasce nel comportamento dei parlanti: un atto linguistico diventa comportamento linguistico individuale, poi interpersonale, infine modifica il sistema (vedi schema delle fasi, fotocopia VIII). Il processo pu fermarsi in una qualsiasi di queste fasi e non concludere il mutamento. Secondo Coseriu, la fase dell'innovazione (da non confondere con quella finale del mutamento), pu avvenire per varie ragioni: semplice alterazione del modello tradizionale, selezione di una tra le diverse varianti proposte dalla lingua, creazione sistematica, prestito da un'altra lingua oppure per economia funzionale (ridurre le opposizioni, semplificare). E' possibile individuare il punto esatto in cui comincia il mutamento? Il mutamento comincia a notarsi non prima della fase 2, e si fa evidente soprattutto nelle fasi finali. Vediamo ora la rappresentazione di tre diverse modalit di mutamento nel tempo: diffusione continua e regolare (dalla fase 1 alla 4); diffusione arenatasi alle fasi 2 o 3, con conseguente compresenza di vecchia e nuova forma; diffusione che retrocede alla fase iniziale, fallimento del mutamento:

B) NELLO SPAZIO. E' la modalit di diffusione pi studiata dalla linguistica storica. Per anni il modello indiscusso di diffusione nello spazio stata la teoria delle onde, elaborata dall'indoeuropeista tedesco Schmidt nel 1872: l'innovazione si propagherebbe nello spazio come un'onda, con cerchi concentrici verso tutte le direzioni, e sempre con la stessa velocit (esattamente ci che succede alla onde provocate dal lancio di un sasso in uno stagno). Nella teoria delle onde interviene anche il concetto di isoglossa, ovvero la linea che marca i confini dei punti entro cui esiste un certo fenomeno linguistico. L'isoglossa corrisponde

astrattamente al limite raggiunto dall'onda pi esterna:

Prendiamo per esempio il passaggio dal fonema latino lungo [u] a [y] in certi dialetti settentrionali: l'isoglossa dell'innovazione [y] copre Piemonte, Lombardia, Liguria e la parte occidentale dell'Emilia Romagna. Sono proprio le isoglosse a permetterci di capire il limite della teoria delle onde: le isoglosse non potrebbero mai corrispondere alle circonferenze perfette prodotte dalle onde, in quanto sono sempre linee frastagliate. Siccome il tipo di mutamento proposto dalle teorie delle onde decisamente troppo regolare, preferibile parlare di propagazione a catena: il mutamento si diffonde attraverso diversi raggi, ciascuno dei quali rappresenta una catena che pu fermarsi all'improvviso:

Sia la propagazione per onde che quella a catena, tuttavia, prevedono continuit nel mutamento: eppure talvolta i mutamenti si diffondono a pelle di leopardo, nel senso che sono presenti in diverse zone in maniera discontinua:

In questo caso l'innovazione linguistica si spiega con il fenomeno della propagazione per paracadutismo, come se il mutamento piombasse in alcune zone e in altre no. un tipo di diffusione strettamente collegato ai centri di prestigio: a Biella, per esempio, si trovano molti tratti dialettali tipici della citt di Torino (centro di prestigio), che per non sono presenti nella zona tra Torino e Biella: ginocchio a Biella si dice [i'nu], proprio come a Torino, ma ma nel canavese si dice ['znu] o ['zno]. Questo un tipico esempio per il quale non si pu parlare n di diffusione a onde (altrimenti il tratto dialettale prestigioso torinese dovrebbe essere presente anche in tutta la zona tra il capoluogo e Biella), n di quella a catena (perch dovrebbe esserci almeno una direzione un ramo autostradale, una direzione geografica precisa in cui si riscontra l'innovazione torinese): si parla dunque di innovazione che ha viaggiato per paracadutismo. C)NELLA COMUNITA' SOCIALE. In questo caso il mutamento segue i percorsi della rete sociale (social network), ovvero l'insieme delle persone con cui un ego di riferimento si ritrova a interagire linguisticamente. L. Milroy e J. Milroy hanno approfondito il concetto

di social network stabilendo che l'innovazione nasce ai margini della rete sociale, perch sono i margini i primi a essere esposti al contatto con altre reti e dunque a comportamenti linguistici inusuali per la rete di partenza. Il social network ha una configurazione a cipolla, con alcuni strati interni pi spessi e altri pi sottili. Nella comunit sociale il mutamento pu essere from below o from above: con queste due espressioni, inizialmente Labov si riferiva al livello dello stato di coscienza: l'innovazione pu avvenire sotto lo stato di coscienza (dunque inconsapevolmente), oppure sopra (dunque consciamente). Successivamente, per, questa distinzione stata applicata ai ceti sociali: l'innovazione pu avvenire dall'alto (dalla borghesia), oppure dal basso (dai parlanti non istruiti). In generale, comunque, le innovazioni nascono sempre dal basso: sia dal punto di vista della consapevolezza ( generalmente avviene in maniera inconscia), sia dal punto di vista sociale, giacch i ceti bassi sono sempre pi innovativi, essendo spesso i mutamenti nient'altro che errori prodotti da parlanti che ignorano lo standard. Soprattutto i fatti fonetico-morfologico vengono innovati dalle classi pi basse, mentre chiaro che le innovazioni lessicali provengono dall'alto: dai giornalisti, dai personaggi dei media, ecc. All'interno della rete sociale, il mutamento avviene quando una variante si diffonde in un sottogruppo; affinch l'innovazione proceda, questa deve diventare il simbolo (generalmente a livello inconscio) dell'identit del sottogruppo: se la variante assume questo valore, allora riuscir a imporsi. In quest'ottica il parlare visto come act of identity, in cui intervengono valori di simbologia sociale che determinano i meccanismi di mutamento (Labov). I concetti fin qui espressi sono chiaramente sociolinguistici. Nello studio della sociolinguistica importante anche l'idea di accomodamento (o accomodazione), ovvero il processo generale che spiega perch, quando interagiamo con un interlocutore, il nostro modo di parlare dipenda in parte dall'interlocutore stesso. Ogni volta che interagiamo linguisticamente con qualcuno, infatti, adottiamo il nostro comportamento linguistico al contesto comunicativo, e teniamo sempre presente sia il modo di parlare del nostro interlocutore, sia l'immagine che l'interlocutore ha del nostro modo di parlare. L'interlocutore pu influire su di noi per avvicinamento o per distanziamento. Nel primo caso siamo noi ad assumere aspetti linguistici tipici del nostro interlocutore, cercando di avvicinarci al suo modo di parlare: quel che accade nel baby talk, quando parliamo con anziani oppure con stranieri, utilizzando un italiano molto semplificato chiamato foreign talk o xenoletto. Questo tipo di accomodamento chiamato anche per convergenza. Quando invece l'interlocutore agisce su di noi per distanziamento, si parla di accomodamento per divergenza: in questo caso ci allontaniamo dal modo di parlare dell'interlocutore per rimarcare la nostra autonomia linguistica. Prevale dunque la tendenza all'identit personale, mentre nell'accomodamento per avvicinamento prevale la tendenza alla condivisione. Saussure a questo proposito parla di esprit du clocher (= spirito di campanile)particolaristico, che mira a sottolineare la nostra identit, ed esprit d'intercours (= spirito d'interazione) che tende a fare gruppo con gli altri parlanti. Un'ultima annotazione importante in termini di sociolinguistica la ricaviamo, ancora una volta, da Labov: il tempo virtuale in sincronia riflette il tempo reale lungo l'asse del tempo. Infatti l'andamento di una variante osservato in classi d'et diverse, rispecchia anche l'andamento di quella variante nel tempo, in prospettiva diacronica. Per esempio: le persone sopra i 60 anni usano solo una forma A, le persone tra i 40 e i 60 usano sia A che B con predominio di A. le persone tra i 20 e i 40 usano sia A che B con predominio di B, le

persone sotto i 20 anni usano solo B: da questa considerazione ricaviamo anche l'andamento della forma A negli ultimi decenni e prevediamo che in futuro verr soppiantata dalla forma B. D)NELLA LINGUA. All'interno del sistema, dobbiamo distinguere tra mutamento fonetico (e parti del mutamento morfologico) e mutamento semantico e sintattico. Il mutamento fonetico-morfologico viaggia da una parola all'altra per lexical diffusion. Per esempio il fonema latino [k] compare per la prima volta in una parola come [], e da quella prima parola si propaga ad altre: graficamente, si rappresenta con una curva ad andamento sigmoidale:

All'inizio il mutamento lento e raggiunge poche altre parole che hanno lo stesso contesto di applicazione, poi si diffonde sempre pi rapidamente. Se la curva arriva a toccare l'asse delle x, vuol dire che tutte le parole di quella lingua con quel contesto alimentante, sono state toccate dal mutamento. Tuttavia molto raro che la curva tocchi l'asse: rimangono sempre in vita alcune eccezioni non sfiorate dal mutamento, per esempio le parole colte. Vediamo come agisce la diffusione lessicale con un esempio di lenizione consonantica, la sonorizzazione, nel passaggio dal latino all'italiano, delle occlusive sorde intervocaliche (o meglio intersonoranti): patrem diventato ['padre] poich la [t] si trovava tra [a] e [r], ovvero due elementi con tratto +sonorante (ad avercelo sono tutte le vocali, la /r/ e le liquide). Eppure non tutti i settori del lessico sono stati toccati da questa innovazione: patrigno e patriarca hanno mantenuto la [t]: ci dimostra che il mutamento fonomorfologico viaggia di parola in parola e non investe tutte le parole in cui si dia la condizione di un occlusiva sorda intersonorante (solitamente a non essere toccate dal mutamento sono le parole meno quotidiane, meno utilizzate). Il mutamento semantico e sintattico, invece, si propaga a seconda della produttivit delle strutture interessate: siccome una struttura sintattica non un modello numerabile, impossibile conteggiare una ad una le strutture in cui avviene il mutamento, bisogna basarsi invece sul suo grado di produttivit e fruibilit. Fattori e cause del mutamento linguistico Bisogna fare una considerazione preliminare: nelle scienze umane il termine causa ha un significato diverso da quello che assume nelle scienze esatte. In linguistica, per esempio, non esiste un processo causa-effetto rigoroso: data una certa condizione, possiamo ipotizzare che probabilmente avverr un mutamento linguistico, ma non possiamo comunque esserne certi. La linguistica, comunque, non entra nel novero delle scienze molli (quelle umane), n di quelle dure (le scienze esatte), rimanendo a met strada tra le due. Abbiamo gi accennato alle cause del mutamento linguistico, e abbiamo distinto tra fattori linguistici endogeni ed esogeni. Cerchiamo di capire meglio come possano esistere fenomeni esclusivamente interni alla lingua, che non dipendano in minima parte dalla fruibilit del sistema.

Se partiamo dal postulato che l'avvenire del mutamento dipende dall'uso della lingua, il parlante che, assumendo l'innovazione, rende pi funzionale ed ergonomico il sistema lingua: secondo questa affermazione, sembrerebbe che non ci siano fattori interni al sistema a indurre il mutamento. Eppure, per alcuni tipi di mutamento, il postulato appena enunciato non vale: essi avvengono perch si confrontano con le strutture universali intrinseche a ogni lingua. Un mutamento di questo tipo che potremmo definire neutro, nel senso di non indotto dalla funzionalit - il ciclo di Yespersen: in molte lingue indoeuropee soprattutto quelle romanze vi tendenza forte a passare dalla negazione preverbale alla negazione postverbale attraverso una fase intermedia: FASE 1 Negazione + Verbo FASE 2 Negazione + Verbo + Negazione FASE 3 Verbo + Negazione Nei dialetti piemontesi, ad esempio, fino al XIV era attestata solo la fase 1 con particella negativa preverbale (no/nen/ne): lur ne son (pron. ['lurne'sun], loro non sono; a partire dal XV secolo comincia la fase intermedia: n'ero pa vaire (ne e pa sono particelle negative), non erano tanti; dalla fine del XVII secolo attestata solo la fase 3: iero (['ieru]) nen vaire o iero pa vaire. Questo ciclo, che si riscontra anche nelle lingue germaniche, potrebbe addirittura ripetersi nell'italiano, se pensiamo a espressioni con doppia negazione come Io non lo faccio mica: attualmente la particella mica ancora avvertita come rafforzativa, ma non si pu escludere che nel futuro lo standard diventi Io lo faccio mica, tipologia peraltro gi ampiamente utilizzata nell'italiano sub-standard regionale e popolare. In francese, invece, lo standard attesta ora la fase 2, ma ci sono gi fortissimi ingressi della fase 3 nel parlato. Ecco dunque come tre lingue da sempre in contatto italiano francese e piemontese- si stanzino ora su tre fasi diverse del ciclo: rispettivamente fase 1, fase 2 e fase 3. In un mutamento come il ciclo di Yespersen, molto difficile rintracciare l'intervento del parlante: un'innovazione che dipende dalla mera struttura. Certi mutamenti, poi, non solo non sembrano avere nulla a che fare con l'uso, ma sono addirittura disfunzionali: ne esempio, nel passaggio dal latino all'italiano, l'aumento del numero dei fonemi consonantici, con l'introduzione dei suoni palatali. Si tratta evidentemente di un mutamento endogeno disfunzionale per l'utente, che si ritrova a dover articolare pi fonemi, per giunta pi complessi, eppure l'aumento fonematico marca un netto miglioramento sull'asse sintagmatico, perch permette di distinguere pi parole (rivedere asse paradigmatico/asse sintagmatico). Un altro fenomeno simile la perdita delle desinenze casuali: eppure, a un peggioramento sull'asse sintagmatico (la lingua ha dovuto introdurre nuovo materiale con cui distinguere i casi, le preposizioni), corrisponde un miglioramento su quello paradigmatico. Inoltre, in italiano si mantenuta la necessit di marcare l'accordo tra verbo e complementi, e si introdotta una nuova categoria: i pronomi clitici (per cui da illum/illo latino non derivano solo egli e lui, ma anche il clitico lo). Questi mutamenti rispondo anche a una necessit di ottimizzazione della grammatica, rendendo il sistema pi equilibrato. Secondo la teoria dell'ottimalit (prospettiva della grammatica generativa), a volte il mutamento pone un equilibrio tra settori della grammatica che originariamente non erano in equilibrio tra di loro. Tale discorso era gi stato fatto in chiave strutturalista da Martinet nel saggio Economia dei mutamenti fonetici, dove si illustrano mutamento neutri o disfunzionali utili all'economia del sistema-lingua. Il discorso ci porta alla secolare distinzione tra formalismo e strutturalismo: per il

formalismo, la lingua possiede una sua struttura astratta assolutamente indipendente dall'utente, mentre il funzionalismo vede le strutture della lingua come determinate dalle esigenze dell'utente: in poche parole, com' fatta la lingua dipende da ci a cui essa serve. Il formalismo studia dunque il sistema-lingua e prende in esame sono aspetti biologici, il funzionalismo studia gli usi della lingua e deve dunque esaminare aspetti sociali e culturali. Seppur spesso in disaccordo tra loro, le due correnti sono sinergiche. A questo proposito Chomsky e la grammatica generativa distinguono tra i-language ed e-language: l'internal language, la lingua come forma mentale, la competenza; mentre l'external language, la lingua come forma pragmatica l'esecuzione. Per quanto riguarda le cause linguistiche endogene, forti incentivi al mutamento sono la facilit di articolazione ( ci che avviene, per esempio, nei fenomeni di assimilazione) a l'agio di processazione (p.e. preferire la coordinazione alla subordinazione). I fattori di contatto sono invece sia interni che esterni, o meglio: sono il modo in cui agiscono fattori esterni. Passiamo infine ai fattori esclusivamente extralinguistici: i fattori ambientali, storici e naturali (guerre, migrazioni, terremoti: le cosiddette macrocause) si distinguono dagli altri perch producono effetti nei rapporti tra pi lingue, ma non influiscono sulle strutture interne della lingua. Sulle macrocause, vedi articolo di Alberto Mioni in Linguistica storica e sociolinguistica. Al contrario l'evoluzione nelle scienze, nelle tecniche, nei costumi, hanno un evidente influenza diretta sulle strutture della lingua, andando a modificarne il lessico. Un fattore esterno al mutamento linguistico il prestigio, il quale una somma di due elementi: il fatto che una forma linguistica sia veicolo di avanzamento sociale (dunque, p.e., il dialetto non ha prestigio) e l'apprezzabilit della formula. Si parla poi di over o cover prestige: il prestigio palese quello delle forme standard, ma anche alcune forme substandard possono possedere prestigio non-palese. Esaminando ancora un attimo lo schema dei fattori del mutamento, possiamo trarre qualche conclusione: i fattori della prima colonna sono fattori iuxta propria principia (definizione di Seassure), strettamente interni alla lingua, secondo l'approccio formalista ; i fattori della seconda colonna sono restrizioni extra-linguistiche imposte dalla menta umana: sono fattori fisiologici e psicolinguistici; i fattori della quarta colonna si riferiscono all'uso linguistico nel contesto sociale; i fattori della terza colonna sono il punto di sutura tra tra 1/2 colonna e 4colonna. Pensiamo alle mixed languages (lingue miste), che derivano dal contatto tra pi lingue: esse adottano parte delle strutture da una lingua e parte da un'altra: il michef, parlato dalla popolazione nomade discendente dai francesi sul confine tra Canada e Usa, ha adottato la struttura del sintagma nominale dal francese e quella del sintagma verbale dal cree (lingua indiana).La media lengua, invece, parlata tra Ecuador e Per, fa derivare la sua morfosintassi dal Quechua lingua tipicamente agglutinante e il lessico dallo spagnolo. Abbiamo gi detto che l'evoluzione nelle scienze e nelle tecniche, producendo nuovi referenti, ha un effetto diretto sul lessico della lingua. Vediamo ora in che modo questi nuovi referenti possono essere lessicalizzati: come si fa a creare parole nuove? Si possono adottare forestierismi attraverso prestiti, calchi e pseudoanglismi (parole come Autogrill o Scotch non esistono in inglese, oppure non hanno lo stesso referente). Il forestierismo pu essere

utilizzato per una questione di prestigio usare l'inglese, oggi, fa acquisire immediatamente pi tecnicit -, oppure perch il nuovo referente un prodotto importato dall'estero, oppure ancora per similitudine del referente con un prodotto analogo ideato in un altro contesto linguistico. In alternative si possono costruire parole composte, riutilizzando parole semplici gi esistenti; lo svantaggio, in questo caso, che le parole composte sono lunghe. Sicuramente il processo pi produttivo la morfologia derivazionale, che utilizza radici lessicali e suffissi gi esistenti per creare parole nuove, che non hanno lo svantaggio di essere lunghe come le composte. I procedimenti di suffissazione, di solito, vanno poi incontro a svariati fenomeni di lessicalizzazione, per cui il significato originario del suffisso non viene praticamente pi avvertito dal parlante (p.e. Piumone lo possiamo ancora avvertire, eventualmente, come opposto di piumino, ma l'idea di piuma originaria ormai inavvertita). Un altro procedimento quello di risemantizzare parole gi esistenti, com' avvenuto per esempio con curva che, dall'ambito stradale, stata trasferito all'ambito calcistico. In questo caso si parla di neologismi semantici, particolarmente proliferi in ambito scientifico: all'inizio dei suoi studi, Galileo indicava le sue scoperte con parole gi esistenti, conferendo loro un altro significato. Infine, possibile creare parole totalmente nuove, utilizzare sigle (Aids, Ufo, Laser) oppure parole macedonia (blanding), lemmi costruiti con pezzi di parole gi esistenti: smog, per esempio, cuce insieme sm- da smoke e -og da fog; si badi per che n sm-, n -og sono morfemi: sono semplici pezzi di parole. Averci e il ciclo di avere Ci domandiamo ora da dove venga l'uso del ci locativo con il verbo avere in espressioni come C'ho fame, C'ho due gatti. Gi negli anni '50, lo studioso americano Robert Hall Junior si era accorto della diffusione che stava assumendo tale formula in italiano, al punto da iperinterpretare il fenomeno e parlare di un verbo ciavere. L'uso del locativo con avere attestato sicuramente a partire dal '600: Paolo D'Achille avrebbe trovato alcuni esempi addirittura risalenti al '400, che per non vengono accettati all'unanimit. Questo tratto substandard tipico del romanesco, ormai pantopicamente diffuso in tutta Italia, soprattutto nell'italiano parlato-colloquiale. Sebbene talvolta l'uso di ci venga ancora avvertito come enfatico e rafforzativo, possiamo dire che generalmente pi diffusa la versione di avere accompagnato dal locativo che avere semplice. Nel 1985, nel suo celebre saggio sull'italiano dell'uso medio, Sabatini citava quest'uso di avere come uno dei tratti peculiari di tale registro linguistico, chiamando la particella che accompagna il verbo ci attualizzante. Tuttavia, utilizzare avere con o senza ci, indifferente oppure in certi casi la presenza o meno della particella pu far assumere alla frase significati denotativi differenti? Prendiamo in considerazione la seguente coppia minima: Quella lettera, importante che tu l'abbia firmata (tipica frase con tema sospeso) Quella lettera, importante che tu ce l'abbia firmata Vediamo subito che il significato della seconda frase completamente diverso da quello della prima, dal momento che vuol dire quella lettera, importante che tu la possegga firmata (non prendiamo ora in considerazione il fatto che questa frase ha un'ulteriore interpretazione, ovvero quella lettera, importante che tu l'abbia firmata a noi, dal momento che in questi caso il ce sarebbe una particella pronominale personale). Nell'esempio citato, la presenza del clitico disambigua il senso del verbo avere: nella prima

frase, avere semplicemente ausiliare, mentre nella seconda utilizzato con il significato di possedere. Qual la grafia corretta per scrivere il ci attualizzante + avere? Quella pi diffusa sicuramente c'hai fame?, con l'apostrofo; tuttavia una grafia incoerente, dal momento che si dovrebbe leggere ['kaj'fame]. Rimane comunque la forma pi diffusa perch permette di fondere anche graficamente il clitico con il verbo, esattamente come viene percepito dal parlante. La grafia corretta sarebbe ci hai fame?, o meglio: la grafia pi corretta in assoluto, che terrebbe conto sia di un'esatta pronunciazione che di rendere graficamente l'idea di fusione, sarebbe cihai fame?, ma in questo modo si rimanderebbe a un verbo inesistente, quello gi ipotizzato da Hall, il verbo ciavere. Berruto consiglia dunque di attenersi alla seconda opzione, ci hai. Abbiamo visto che oggi, in italiano, abbiamo due diversi verbi avere: l'ausiliare (Gianni ha mangiato) e quello con significato di possedere (Gianni ha un gatto); questa seconda forma, a sua volta, pu inglobare o meno la particella ci. Vediamo dunque come si sviluppato il verbo avere nel passaggio dal latino all'italiano. In latino, in principio, il verbo habeo avere il valore pieno di tenere in mano, trattenere, detenere; successivamente si verific un indebolimento del significato forte di habere, che cominci a essere utilizzato in sostituzione di sum + dativo, che esprimeva il possesso temporaneo (mentre sum + genitivo si usava per il possesso inerente, la propriet). In questo modo habeo diventa, proprio come sum, un verbo relazionale. Avere ed essere sono, in tutte le lingue, verbi simili, dal momento che entrambi esprimono una relazione tra due elementi: x y esprime una relazione equativa, mentre x ha y esprime una relazione di tipo pi astratto. Nel momento in cui habeo sostituisce sum nelle frasi indicanti possessione temporanea, a cambiare lo schema argomentale: in una frase come Johannes librum habet, infatti, Johannes beneficiario quasi agente, mentre in Liber est Johanni, Johanni assomiglia molto di pi a un paziente. Habeo diventa poi verbo totalmente relazionale quando comincia ad apparire in espressioni quali Quattuor et triginta tum habebat annos: qui habeo completamente desemantizzato, dal momento che gli anni non sono oggetti concreti, che si possono detenere. Una frase come questa, che va interparata nel senso di allora si trovava nel trentaquattresimo anno d'et, segna il passaggio definitivo dal significato pieno di habeo (detenere), a quello vuoto, di semplice ausiliare. Ritorniamo all'italiano. Dal momento che, come gi abbiamo detto, gli eredi di habeo in italiano sono due diversi verbi avere, la fissazione del clititco ci un modo per differenziare queste due forme, per dare ad avere valore di possesso e distinguerlo dall'ausiliare. In quest'uso, il locativo ci ovviamente del tutto desemantizzato: non veicola pi alcuna informazione relativa a qualche luogo. Tuttavia, in moltissime lingue (soprattutto amerindiane), per esprimere l'idea di possessione si utilizza il locativo: dunque per dire x ha y, si utilizzer la forma x in y. A differenza dell'italiano, lo spagnolo distingue nettamente le due forme di avere ereditate dal latino: l'ausiliare si esprime con haber, mentre l'idea di possessione veicolata da tener. Al contrario, il portoghese e il dialetto veneto sono ritornati a un'unica forma originaria sia per l'ausiliare che per il verbo dal significato pieno, senza alcuna distinzione: in veneto mi g'ho , possiedo, detengo / mi gh'o fato, ho fatto. Concludendo: il valore originario del ci attualizzante era differenziare il verbo pieno

dall'ausiliare, ricorrendo a un locativo esprimente possesso ormai assolutamente privato della sua sfumatura locativa. Nascita del passato prossimo Come esemplificazione per la nascita dei tempi composti, esaminiamo in che modo si originato il passato prossimo. Dobbiamo distinguere tre fasi: FASE 1> [[habeo][epistulam scriptam]] > posseggo una lettera scritta > habeo nel significato di possedere + participio passato con valore aspettuale. FASE 2 > [[habeo scriptam][epistulam]] > avendo scritto questa lettera, ce l'ho > il costrutto precedente stato rianalizzato in costituenti diversi, in concomitanza col passaggio da SOV a SVO. Il valore di habeo indebolito, mentre il participio passato risalito in posizione iniziale ha valore aspettuale ancora pi forte. FASE 3 > [[habeo scriptum] epistulam] > ho scritto la lettera > qui habeo totalmente grammaticalizzato: da elemento lessicale pieno, ha assunto valore di morfema grammaticale, e ha solo pi valore temporale. Il valore aspettuale scompare completamente; inoltre, notiamo la perdita delle desinenza casuali. La grammaticalizzazione Seguendo le quattro fasi della trafila della grammaticalizzazione riportate sulla fotocopia, vediamo che non tutti gli elementi che subiscono questo processo attraversano per forza le quattro fasi. Habeo, per esempio, da verbo pieno diventa ausiliare nei tempi composti, attraversando le fasi 1-3. Habeo nella formazione del futuro romanzo parte invece dalla fase 2, poich era parola piena tipica di contesti con valore deontico futurale (laudare habeo, devo lodare), e arriva fino alla fase 4. Mente in origine era una parola piena: l'ablativo di mens, mentis con valore modale/strumentale: attraverso la grammaticalizzazione, diventato semplice affisso che interviene nella formazione degli avverbi (fasi 1-4). Ricordiamo che i morfemi o affissi possono essere flessionali o derivazionali: mentre questi ultimi sono produttivi, poich intervengono nella formazione di parole, per i morfemi flessionali la questione della produttivit non si pone. Seguendo questa trafila, in che fase possiamo situare il nuovo elemento lessicale univerbato centrare che, come abbiamo visto, sta soppiantando c'entrare? Lo stadio iniziale di questo uso attestato in frasi come In questo affare non voglio entrarci, dove il clitico mantiene ancora il suo valore locativo. Il punto di partenza dunque la fase 3, in quanto il clitico s una parola vuota (o meglio un morfema grammaticale, tant' vero che non pu mai recare accento), ma legata a un contesto: ci sempre legato al verbo, prima o dopo. Riassumendo, pur essendo una parola vuota, un morfema gi autonomo. E' interessante vedere poi come il fenomeno non entri nella fase 4, o meglio la superi: il primo fonema di centrare, infatti, diventato puro materiale fonico, non analizzabile come elemento riconoscibile per il valore che porta: persa la funzione di clitico locativo, non possiamo nemmeno dire di avvertirlo come un affisso (prefisso, in questo caso). Possiamo dire che la c della forma univerbata centrare uscita dalla grammatica. Questi fenomeni di riciclaggio del materiale grammaticale vengono chiamati anche lessicalizzazioni (vedi dopo).

Un fenomeno analogo riscontrato in espressioni utilizzate da parlanti non nativi quali celo tre bambini, dove vengono catturati e fusi assieme i due clitici dell'espressione ce l'ho. Mentre lo conserva ancora il valore di clitico complemento oggetto, ci di nuovo totalmente vuoto. Hopper e Traugott (1993), in un classico della linguistica storica, hanno parlato di ciclo della grammaticalizzazione (cline) con termini lievemente diversi: i due studiosi identificano la fase 1 con le parole di contenuto, la fase 2 con le parole grammaticali, la fase 3 con i clitici e la fase 4 con gli affissi flessionali. Appare subito chiaro come una classificazione di questo genere presenti dei limiti: l'affisso mente, per esempio, che derivazionale e non flessionale, dove si collocherebbe? Solamente il 5% dei linguisti sostiene che sia un affisso flessionale, per cui il problema rimane aperto. La grammaticalizzazione unidirezionale, oppure il percorso pu anche essere fatto a ritroso, partendo dalla fase 4 e terminando alla fase 1? Haspelmath sostiene che la grammaticalizzazione sia possibile solo in direzione 1-4. E' molto difficile trovare in italiano esempi convincenti di una grammaticalizzazione a ritroso, o meglio di degrammaticalizzazione: alcuni studiosi citano la parola anta in espressioni come Ho ormai passato gli anta, dove anta diverrebbe parola piena degrammaticalizzata o lessicalizzata. Tuttavia, la classificazione di anta a livello grammaticale ambigua, dal momento che si tratta di un morfema unico (come il cosiddetto berry-morph in inglese), cio compare sempre solo accompagnato da un altro morfema: non un morfema derivazionale a pieno titolo in quanto compare solo nella categoria dei numerali come quaranta, cinquanta,ecc. L'esempio di anta dunque altamente discutibile, cos come lo l'idea che il suffisso ior di seniore(m) perda le sue caratteristiche grammaticali e diventi un pezzo di parola in signore o seigneur (francese). Al di l della difficolt di rintracciare ior nella forma francese, pensare che si sia verificata una degrammaticalizzazione del suffisso comparativo di maggioranza -ior- eccessivo: in seniore(m) non vi un autentico suffisso flessionale comparativo, poich l'idea di comparativo di maggioranza ha pi a che fare con la semantica l'importanza della senilit come requisito d'accesso al senato che con la grammatica. Un esempio molto pi pertinente lo traiamo dal gaelico irlandese, dove il pronome personale autonomo muid (noi) deriva dalla desinenza verbale di prima persona plurale -mid. Con degrammaticalizzazione intendiamo dunque il processo per cui un elemento perde le sue caratteristiche di elemento della grammatica. Alcuni parlano anche di lessicalizzazione, intenendo che un elemento della grammatica diventa un elemento del lessico: Berruto per non concorda con quest'interpretazione, dal momento che con lessicalizzazione si intende, in maniera pi pertinente, il processo per cui si forma una parola nuova riutilizzando elementi gi presenti nella lingua. La grammaticalizzazione avviene per rianalisi; secondo la definizione di Laugacher (1977), la rianalisi il cambiamento nella struttura di un'espressione che non comporta alcuna modificazione della forma superficiale (se non dovuta a processi indipendenti). Un esempio topico di rianalisi il gi citato habeo che, diventando elemento grammaticale nella formazione del passato prossimo, viene rianalizzato e associato a un nuovo costituente (vedi prima: il participio scriptam risale per deriva tipologica-drift e da SN passa a SV). Il fatto che habeo si trasformi in ho un fenomeno puramente fonetico-grafico, indipendente dalla

rianalisi. Avviene invece anche una rianalisi del valore semantico di habeo, che da verbo piene con significato di detenere diventa morfema grammaticale. Anche il gi citato anta, per passare da morfema costitutivo di numerali a numerale autonomo collettivo, ha subito un processo di rianalisi, ma non di grammaticalizzazione. Anche la parola inglese teens pu essere interpretata come una rianalisi da componente dei numerali (fourteen, seventeen) a parola piena, oppure, pi limpidamente, come semplice abbreviazione da teen-agers (del tipo cine < cinema). Ci sono invece casi in cui non avviene rianalisi, ma grammaticalizzazione s: tuttavia era, nell'italiano del '400, avverbio di tempo col significato di sempre, mentre nell'italiano moderno diventata una congiunzione avversativa: si tratta, pi precisamente, di un mutamento semantico, che non implica rianalisi. Questi esempi ci hanno dimostrato che grammaticalizzazione e rianalisi non sono coestensivi. Il mutamento lessicale/semantico Prendiamo ora in considerazione un esempio di mutamento lessicale nell'ambito dell'avifauna. Partiamo dall'iperonimo (=nome di categoria) latino avis, uccello, e vediamo come questo si trasformato nelle varie lingue: il francese oiseau e l'italiano uccello derivano entrambi dal diminutivo di avis, avicellu(m) (in francese antico era oiseal): c' stato dunque un mutamento sia fonetico che morfologico. Nelle lingue iberoromanze si distingue invece ancora la radice av- (che in italiano rimane solo nei termini dotti: avifauna): sia in spagnolo che in portoghese uccello si dice ave. Il mutamento ha dunque riguardato esclusivamente l'asp