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1 AVVISO Il materiale che segue ` e uno schematico riassunto di una parte degli argomenti svolti durante il mio corso di Meccanica Razionale. Le formule, le definizioni ed i teoremi sono riportati in forma succinta e, spesso, incompleta. Nel tentativo di mantenere la brevit` a, il raccordo ”logico” tra i vari argomenti risulta, in qualche caso, lacunoso e, non di rado, impreciso. Questi appunti costituiscono, quindi, un semplice promemoria e, nella preparazione all’ esame, non possono e non devono in alcun modo sostituire il libro di testo e gli altri riferimenti bibliografici che sono stati consigliati all’ inizio del corso. Augusto Muracchini CINEMATICA DEL PUNTO E DEI SISTEMI Cinematica del punto Un generico vettore w si pu`o rappresentare in E 3 come combinazione lineare di tre vettori linear- mente indipendenti (c 1 , c 2 , c 3 : base ), di modulo unitario e tra loro mutuamente perpendicolari (versori ) w = x 1 c 1 + x 2 c 2 + x 3 c 3 I numeri reali x 1 , x 2 , x 3 rappresentano le componenti del vettore w lungo tre assi cartesiani ortogonali diretti come c 1 , c 2 , c 3 . La posizione di un generico punto P dello spazio ` e rappresentabile mediante il vettore OP (vettore posizione o raggio vettore ), a volte indicato anche con r(t), le cui componenti sono le coordinate cartesiane di P rispetto al sistema di riferimento cartesiano con origine in O e assi diretti come i versori c 1 , c 2 , c 3 . In Meccanica Razionale il corpo di cui si vuole studiare il moto pu`o essere modellizzato come: a) un punto, b) un sistema di punti, c) un corpo rigido. La descrizione del moto di corpi a prescindere dalle cause che tali moti determinano, costituisce quella parte della meccanica che si chiama cinematica. Se il corpo ` e un punto P il suo moto ` e conosciuto quando sia nota la sua posizione, in funzione del tempo t, rispetto ad un assegnato sistema di riferimento. Ci`o significa conoscere la funzione vettoriale OP = OP (t) (0.1) Assunto come riferimento un sistema di assi cartesiani ortogonali Ox 1 x 2 x 3 (di versori c 1 , c 2 , c 3 rispettivamente), la (0.1) equivale, in termini scalari, a conoscere le coordinate di P ad ogni istante x 1 = x 1 (t) x 2 = x 2 (t) = x i = x i (t) i =1,2,3. x 3 = x 3 (t) (0.2)

Appunti 2007 - Meccanica Razionale per l'ingegneria Muracchini

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Appunti di meccanica razionale in pdf per ingegneria. Corsi di ingegneria industriale. Professor A.Muracchini.

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  • 1AVVISO

    Il materiale che segue e` uno schematico riassunto di una parte degli argomentisvolti durante il mio corso di Meccanica Razionale.Le formule, le definizioni ed i teoremi sono riportati in forma succinta e, spesso,incompleta. Nel tentativo di mantenere la brevita`, il raccordo logico tra ivari argomenti risulta, in qualche caso, lacunoso e, non di rado, impreciso.Questi appunti costituiscono, quindi, un semplice promemoria e, nella preparazioneall esame, non possono e non devono in alcun modo sostituire il libro di testoe gli altri riferimenti bibliografici che sono stati consigliati all inizio del corso.

    Augusto Muracchini

    CINEMATICA DEL PUNTO E DEI SISTEMI

    Cinematica del punto

    Un generico vettore w si puo` rappresentare in E3 come combinazione lineare di tre vettori linear-mente indipendenti (c1, c2, c3: base), di modulo unitario e tra loro mutuamente perpendicolari(versori)

    w = x1c1 + x2c2 + x3c3I numeri reali x1, x2, x3 rappresentano le componenti del vettore w lungo tre assi cartesianiortogonali diretti come c1, c2, c3.La posizione di un generico punto P dello spazio e` rappresentabile mediante il vettore OP (vettoreposizione o raggio vettore), a volte indicato anche con r(t), le cui componenti sono le coordinatecartesiane di P rispetto al sistema di riferimento cartesiano con origine in O e assi diretti comei versori c1, c2 , c3.In Meccanica Razionale il corpo di cui si vuole studiare il moto puo` essere modellizzato come:

    a) un punto, b) un sistema di punti, c) un corpo rigido.

    La descrizione del moto di corpi a prescindere dalle cause che tali moti determinano, costituiscequella parte della meccanica che si chiama cinematica.Se il corpo e` un punto P il suo moto e` conosciuto quando sia nota la sua posizione, in funzionedel tempo t, rispetto ad un assegnato sistema di riferimento. Cio` significa conoscere la funzionevettoriale

    OP = OP (t) (0.1)

    Assunto come riferimento un sistema di assi cartesiani ortogonali Ox1x2x3 (di versori c1, c2,c3 rispettivamente), la (0.1) equivale, in termini scalari, a conoscere le coordinate di P ad ogniistante

    x1 = x1(t)x2 = x2(t) = xi = xi(t) i =1,2,3.x3 = x3(t)

    (0.2)

  • 2c

    c

    c

    x

    y

    z

    12

    3

    O*

    +

    ( x )1

    ( x )2

    ( x )3

    s(t)

    O

    P(t)

    r(t)

    Figura 0.1: La rappresentazione geometrica del moto di P.

    Le (0.2) rappresentano, geometricamente, le equazioni parametriche (il parametro e` il tempo t)della curva descritta da P e che si chiama traiettoria o orbita del moto.Il moto di P su puo` essere descritto, anziche` in termini della variabile temporale t, mediantelascissa curvilinea s che e` individuata fissando sulla curva una origine O e un verso positivodi percorrenza (vedi fig.(0.1)). In tal modo s rappresenta la lunghezza (in una certa unita` dimisura) dellarco di curva compreso tra O e il punto P. Mediante questo parametro la traiettoriadi P e` individuata (in modo puramente geometrico) mediante l equazione vettoriale

    OP = OP (s) (0.3)

    o, in termini scalarixi = xi(s) i = 1, 2, 3.

    La legge che regola il cambiamento di parametro da t ad s e` rappresentata da un legame funzionale(scalare) del tipo

    s = s(t) (0.4)

    che prende il nome di equazione (o legge) oraria del moto. Ponendo la (0.4) nella (0.3) si ottieneOP come funzione composta di t mediante s

    OP = OP (s(t))

    ritrovandosi, in tal modo, la (0.1).Mediante la (0.4) si definiscono le seguenti grandezze caratterizzanti il moto di P:a) velocita` scalare istantanea del punto P:

    v(t) =ds

    dt s

    ( = d

    dt

    )b) accelerazione scalare istantanea di P:

    a(t) = v(t) =d2s

    dt2 s.

    Ma, velocita` ed accelerazione non sono completamente note assegnandone il modulo: trattandosidi grandezze vettoriali esse sono caratterizzate anche da una direzione e da un verso. E`, pertanto,

  • 3opportuno definire la velocita` e laccelerazione vettoriale di P. Cio` si puo` fare a partire dallequazione vettoriale del moto (0.1) e si haa) velocita` vettoriale istantanea di P:

    v(t) =dP

    dt P (0.5)

    b) accelerazione vettoriale istantanea di P:

    a(t) =dvdt

    =d2P

    dt2 P (0.6)

    Ricordando che OP (t) = x1(t)c1+x2(t)c2+x3(t)c3, la (0.5) e la (0.6) si possono anche esprimerenella forma

    v(t) = x1(t)c1 + x2(t)c2 + x3(t)c3 = xi(t)ci (1 i 3)

    a(t) = x1(t)c1 + x2(t)c2 + x3(t)c3 = xi(t)ci (1 i 3)da cui risulta chiaro che le componenti del vettore velocita` v sono x1, x2, x3 e quelle del vettoreaccelerazione a le x1, x2, x3.Dalla

    OP = OP (s(t))

    e` possibile ottenere la seguente rappresentazione intrinseca di velocita` ed accelerazione

    v(t) =dP

    dt= s , a(t) =

    dvdt

    = s +s2

    n (0.7)

    ove = dP/ds si chiama versore tangente alla traiettoria in P e n = d2P/ds2 = (d/ds)( e` il raggio di curvatura della traiettoria nel punto P considerato) si chiama versore normaleprincipale.Insieme ai versori ed n e` opportuno introdurre un versore b (binormale) tale che b = n.In tale modo si ottiene una base ortonormale levogira legata punto per punto alle proprieta` dellacurva descritta da P. Tale terna prende il nome di triedro di Frenet o terna intrinseca (figura0.2).

    t

    n

    bP

    Figura 0.2: Il triedro di Frenet relativo al punto P di una curva sghemba.

  • 4x

    uh

    c

    c

    x1

    2

    1

    2

    P

    OP=u

    O

    (t)

    (t)

    Figura 0.3: Il moto di un punto P in coordinate polari.

    Il moto di un punto P si dice piano quando la sua traiettoria giace su un piano.E` conveniente, in tale situazione, riferire il moto ad un sistema di coordinate polari (raggiovettore) e (anomalia) (vedi figura (0.3)) Si dimostra, allora, che la velocita` e laccelerazione diP si possono rappresentare cos`

    v(t) =dP

    dt= u+ h , a =

    dvdt

    = ( 2)u+ ( + 2)h

    Vincoli

    Definizione 0.1 Un sistema i cui punti possono assumere qualsiasi posizione si dice libero.

    Definizione 0.2 Un sistema di punti si dice vincolato se le posizioni e/o le velocita` dei puntisono legate da relazioni che ne limitano la variabilita`.

    Si chiama vincolo ogni dispositivo atto a limitare le posizioni e/o le velocita` dei punti del sistema.La presenza di vincoli in un sistema meccanico e` esprimibile, matematicamente, mediante unao piu` relazioni tra le coordinate e le velocita` dei punti. Tali relazioni si chiamano equazioni divincolo. Esiste una classificazione dei vincoli; un vincolo, infatti, puo` essere:

    esterno o interno; bilaterale o unilaterale; scleronomo o reonomo; olonomo o anolonomo.

    In particolare, un vincolo si dice olonomo (o di posizione) se la sua rappresentazione analiticae` esprimibile in forma finita (cioe` non contiene derivate) o e` riconducibile a tale forma. In casocontrario il vincolo e` anolonomo (o cinematico o di mobilita`).Un risultato di grande importanza che si stabilisce per un sistema olonomo (cioe` soggetto a solivincoli olonomi) consiste nel fatto che e` possibile individuarne, in ogni istante, la configurazionemediante un numero, n, di parametri tra loro indipendenti, q1(t), q2(t), ...qn(t) che sono chiamati

  • 5coordinate lagrangiane (o generalizzate). Il numero n di tali parametri costituisce il numero digradi di liberta` del sistema.Allora, gliN punti di un sistema olonomo possono essere identificati mediante le seguenti relazioni

    OPs = OPs(q1(t), q2(t), ..., qn(t); t) (s = 1, 2, ...,N ).

    e, conseguentemente, le velocita` dei singoli punti Ps si rappresentano nel modo seguente

    vs =dOPs(qj(t), t)

    dt=Psqj

    qj +Pst

    Si possono considerare vari tipi di spostamenti infinitesimi di un sistema olonomo.

    Definizione 0.3 (Spostamento possibile (o reale)) Uno spostamento reale e` uno sposta-mento infinitesimo che tiene conto dei vincoli e della loro eventuale (nel caso di vincoli reonomi)dipendenza dal tempo.

    Si hadP s =

    Psqj

    dqj +Pst

    dt

    Definizione 0.4 (Spostamento virtuale) Uno spostamento virtuale e` un qualsiasi sposta-mento infinitesimo che tiene conto dei vincoli ma non della loro eventuale dipendenza dal tempo.

    Si haP s =

    Psqj

    qj

    In ambito dinamico si usa, talvolta, il concetto di velocita` virtuale definita nel seguente modo(lapice distingue tale velocita` da quella reale)

    vs =Psqj

    qjt

    Cinematica dei corpi rigidi

    Definizione 0.5 (Corpo rigido) Si dice rigido un sistema S costituito di un insieme di puntitale che la distanza tra due qualsiasi di essi non possa variare nel tempo.

    Cioe`|PQ| = d = costante (P,Q S; t)

    Ad un corpo rigido si puo` sempre associare una terna (o riferimento) solidale.Lo studio del moto di un corpo rigido rispetto ad un osservatore (fisso) e`, in sostanza, riconducibilea studiare il moto di una terna

    (, y1y2y3) solidale col corpo rispetto ad una terna fissa(O, x1x2x3) collegata allosservatore a cui il moto del corpo rigido e` riferito.

    Lo studio cinematico del moto di un corpo rigido e`, in tal modo, ricondotto nelle sue lineeessenziali al ben noto problema geometrico consistente nello studio delle proprieta` connesse alletrasformazioni legate al passaggio da una terna di assi cartesiani ortogonali ad un altra.

  • 6

    x

    x

    c

    1

    3

    x2

    c

    c

    3

    21

    e

    ee

    1

    23

    yy

    y1

    3

    2

    O

    P

    Figura 0.4: Il punto P nei sistemi di riferimento fisso e solidale.

    Dalla identita` vettoriale (vedi fig. 0.4)

    OP = O+ P = O+ y1e1 + y2e2 + y3e3 = O+ ykek

    si ottiene che x1 = x1 + 11y1 + 12y2 + 13y3x2 = x2 + 21y1 + 22y2 + 23y3x3 = x3 + 31y1 + 32y2 + 33y3

    xi = xi + ikyk (0.8)

    Le (0.8) esprimono il legame tra le coordinate del punto P nei due sistemi

    e note che

    siano le coordinate (rispetto a) del punto e le nove quantita`

    ik = ci ek (0.9)

    che rappresentano il coseno dellangolo che lasse xi (di versore ci) della terna fissa

    forma conlasse yk (di versore ek) della terna solidale

    .Le nove quantita` ik sono chiamate (coseni direttori) e possono essere pensate come gli elementidi una matrice R nota come matrice di rotazione.Gli elementi ik non sono tra loro indipendenti ma sono legati dalle seguenti sei condizioni diortogonalita`

    ikjk = ij (i, j = 1, 2, 3) (0.10)

    ove ij e` il delta di Kronecker cos` definito

    ij = 0 (se i 6= j) , ij = 1 (se i = j)

    Una importante conseguenza delle (0.8) e` che per individuare la posizione di un corpo rigido,libero di muoversi nello spazio, rispetto ad un sistema fisso occorrono 6 parametri indipendenti:le 3 coordinate della origine del sistema solidale e 3 coseni direttori (i coseni direttori sononove ma sono tra loro legati dalle sei condizioni (0.10)). Nelle applicazioni, e` comodo utilizzareanziche` tre dei coseni direttori, 3 angoli tra loro indipendenti che si chiamano angoli di Eulero.

  • 7O= x

    x

    x

    1

    2

    2

    =3 3

    L

    L

    3

    x3

    x1

    x2

    3

    x3

    2

    1

    x1

    x2

    x

    x

    33

    11

    ANGOLI di EULERO:

    Mediante 3 opportune rotazioni definite da

    , si porta il sistema

    x x1 x

    1

    2 3a sovrapporsi al

    sistema 2 3

    ,

    i' ii'

    iii'

    1

    Figura 0.5: Gli angoli di Eulero.

    (fig. 0.5) La matrice F della trasformazione che permette di passare dalla base fissa Ox1x2x3a quella solidale 123 (i due sistemi hanno la stessa origine O corpo rigido con unpunto fisso) ha la seguente struttura

    F=

    cos cos cos sin sin cos sin + cos sin cos sin sin sin cos cos cos sin sin sin + cos cos cos sin cos

    sin sin sin cos cos

    Usando la matrice F possiamo, tra laltro, esprimere il vettore velocita` angolare di un corporigido rappresentandolo sulla base solidale (come richiesto nello studio della dinamica del corporigido), avendosi

    = pe1 + qe2 + re3

    ovep = cos+ sin sin , q = sin+ cos sin , r = + cos

    Il vettore velocita` angolare di un corpo rigido si rappresenta a partire dal seguente teorema:

    Teorema 0.1 Se e1, e2, e3 e` una terna ortonormale variabile col tempo, esiste ed e` unicoun vettore = (t) tale che

    deidt

    = ei (i = 1, 2, 3) (0.11)

    Le (0.11) prendono il nome di formule di Poisson.

  • 8Il vettore che figura nella (0.11) si chiama velocita` angolare del corpo rigido e, usando le (0.11)stesse, se ne puo` ottenere facilmente la rappresentazione esplicita

    =12

    (ei dei

    dt

    )La legge di distribuzione delle velocita`

    vP = v + P

    permette di determinare la velocita` di un generico punto del corpo rigido nota che sia la velocita`di un altro punto del corpo stesso (polo) ed il vettore velocita` angolare .Partendo da essa si possono ottenere alcuni importanti risultati relativi alla cinematica del corporigido: (a)

    dP = d+ dt Pche esprime lo spostamento elementare del generico punto P del corpo rigido; (b)

    d(P

    )...

    dt=d(P)

    ...

    dt+ ... (0.12)

    che si chiama teorema di derivazione relativa e che esplicita la legge di trasformazione delladerivata temporale di un generico vettore (indicato nella formula con i puntini) nel passare dauna terna ad un altra mobile rispetto alla prima. In particolare, se w e` un vettore solidalecon la terna , si ha immediatamente dalla (0.12)

    dwdt

    = w

    che fornisce, dunque, la derivata temporale (rispetto ad un sistema fisso) di un vettore solidalecon un corpo rigido; (c)

    aP = a + P + ( P ) (0.13)che rappresenta laccelerazione di un punto di un corpo rigido.

    Vari tipi di moti rigidi

    I moti di un corpo rigido si possono classificare in base a certe caratteristiche del moto stesso. Idiversi tipi di moti rigidi che si possono presentare sono i seguenti:

    a) moto rigido traslatorio;

    b) moto rigido rotatorio;

    c) moto rigido rototraslatorio;

    d) moto rigido elicoidale.

  • 9Atto di moto di un sistema rigido

    In Meccanica Razionale e`, pero`, molto spesso utile considerare il moto di un corpo rigido, anziche`durante un intervallo di tempo I (vedi classificazione precedente), limitatamente ad un particolareistante t I. Piu` precisamente Definizione 0.6 Si dice atto di moto (o stato cinetico) di un corpo rigido, la distribuzionedelle velocita` dei suoi punti nello spazio di controllo e ad un dato istante.

    Gli atti di moto rigidi si possono classificare in maniera del tutto analoga ai moti rigidi, servendosidelle legge di distribuzione delle velocita`.

    Definizione 0.7 Un atto di moto si dice traslatorio quando, nellistante considerato t, tutti ipunti del corpo hanno la stessa velocita`:

    vP (t) = v(t)

    Definizione 0.8 Un atto di moto si dice rotatorio quando la legge di distribuzione dellevelocita` e`:

    vP (t) = (t) PIn tale caso (t) si dice velocita` angolare istantanea e il relativo asse di rotazione e` anchessoistantaneo.

    Definizione 0.9 Un atto di moto si dice rototraslatorio quando, allistante t, si ha:

    vP (t) = v(t) + (t) P

    Definizione 0.10 Un atto di moto si dice elicoidale quando, allistante t, si ha:

    vP (t) = (t)c3 + (t)c3 P

    In questo caso la velocita` di un punto P del corpo rigido risulta dalla composizione di un attodi moto traslatorio ((t)c3) con uno rotatorio ((t)c3 P ) avente velocita` angolare istantanea(t) parallela alla traslazione: ossia, esiste una retta (asse di Mozzi) i cui punti durante il motohanno velocita` parallela alla velocita` angolare .Riguardo agli atti moto di un sistema rigido, sussiste il seguente teorema fondamentale.

    Teorema 0.2 (di Mozzi) Ogni atto di moto rigido e` elicoidale.

    Cinematica dei moti relativi

    Il problema del moto relativo consiste nel determinare se esista e quale forma assuma il legametra il moto di un punto P in due diversi sistemi di riferimento (uno fisso o assoluto e laltromobile o relativo).Si dimostra che

    v(a) = v(r) + v() (0.14)

  • 10

    La velocita` v(r) rappresenta la velocita` relativa di P , cioe`, la velocita` rispetto al sistema mobile.La velocita`

    v() = v + Psi chiama velocita` di trascinamento di P , cioe` la velocita` che tale punto avrebbe, rispetto al-losservatore assoluto

    , se nellistante considerato fosse solidale (o rigidamente collegato) col

    sistema mobile .

    Vale, in definitiva, il seguente teorema:

    Teorema 0.3 (di composizione delle velocita`) La velocita` assoluta di un punto e` data,in ogni istante, dalla somma della velocita` relativa e di trascinamento.

    Per quanto riguarda laccelerazione di P , si dimostra che

    a(a) = a(r) + a() + a(c) (0.15)

    ovea(c) = 2 v(r)

    si dice accelerazione di Coriolis, mentre

    a() = a + P + ( P )si dice accelerazione di trascinamento ed ha la stessa forma dell accelerazione di un punto delcorpo rigido (si veda la (0.13)) e si puo` definire come laccelerazione che avrebbe P (rispetto a) se fosse rigidamente collegato con

    . La (0.15) costituisce il Teorema 0.4 (di Coriolis) Laccelerazione assoluta di un punto e` data in ogni istante,dalla somma dellaccelerazione relativa, di quella di trascinamento e di quella di Coriolis.

    Anche per la velocita` angolare di un corpo rigido vale un teorema formalmente analogo al teoremadi composizione delle velocita`

    Teorema 0.5 La velocita` angolare assoluta di un corpo rigido e` la somma vettoriale dellevelocita` angolari relative e di trascinamento

    (a) = (r) + ()

    Mutuo rotolamento di due curve rigide

    I risultati della cinematica relativa ci consentono di esaminare il moto di due curve rigide cherotolano luna sullaltra.Consideriamo due curve regolari in moto relativo luna rispetto allaltra (vedi fig. 0.6). Unadelle due curve, (sia essa C) e`, cioe`, supposta fissa mentre la seconda (C) si muove mantenendosempre il contatto con la prima almeno in un punto T.Nelle condizioni suddette il moto di C* su C si dice moto di rotolamento.Definiamo, poi, velocita` di strisciamento (v(s)T ) di C in T la velocita`, rispetto a C, di quel punto,appartenente a C*, che nellistante considerato si trova sovrapposto a T.Si ha che

    v(s)T = v(a)T v(r)T (0.16)

    ove v(a)T e` la velocita` assoluta di T e v(r)T la sua velocita` relativa.

  • 11

    x

    x

    x

    y

    y

    y

    1

    2

    31

    2

    3

    O

    C

    C

    *(mobile)

    (fissa)

    T

    T

    T

    1

    2

    Figura 0.6: Due curve regolari in moto relativo luna rispetto allaltra; il punto T percorre la curva C rispettoallosservatore fisso e la curva C* rispetto allosservatore mobile .

    Definizione 0.11 Se latto di moto di C* e` traslatorio ( = 0) si dice di puro strisciamento.

    Definizione 0.12 Il moto di C* su C si dice di puro rotolamento se la velocita` di strisciamentonel punto di contatto e` nulla.

    In tal caso v(s)T = 0 e, dalla (0.16)

    v(a)T = v(r)T (0.17)

    Rappresentando la velocita` assoluta e relativa in forma intrinseca (vedi (0.7)1),

    v(a)T = s(a) , v(r)T = s

    (r) s(a) = s(r)

    segue, integrando

    s(a)(t) s(a)o = s(r)(t) s(r)oche esprime il fatto che nel moto di puro rotolamento di una curva rigida mobile su una curvarigida fissa, il punto di contatto T percorre, sulle due curve, archi uguali in tempi uguali. Si notiche essa esprime anche una proprieta` importantissima del vincolo di puro rotolamento: si trattadi un vincolo olonomo.

    Moti rigidi piani

    Definizione 0.13 Un moto rigido e` piano se esiste un piano (pi) solidale con il corpo rigidoche si mantiene costantemente parallelo ed equidistante ad un piano (pi) fisso.

    Si dimostra il seguente

    Teorema 0.6 In un moto rigido piano lo studio del moto del corpo rigido e` riconducibile aquello di una figura piana (una sua sezione: ) il cui atto di moto e`

  • 12

    o traslatorio o rotatorio

    La rotazione avviene intorno ad un asse istantaneo (asse di Mozzi) ortogonale al piano pi.Si da`, allora, la seguente

    Definizione 0.14 Si chiama centro istantaneo di rotazione il punto di intersezione dellasseistantaneo di rotazione con il piano del moto.

    In ogni istante, agli effetti del calcolo delle velocita`, la sezione si comporta come se ruotasseintorno al centro istantaneo (se il centro istantaneo e` all infinito, la sezione trasla). Indicandocon C tale punto e con P un generico punto di potremo scrivere

    vP = CP

    Ossia, poiche P e` un punto generico, vale il

    Teorema 0.7 (di Chasles) Il vettore velocita` di ogni punto P della sezione e` ortogonalealla congiungente tale punto con il centro istantaneo di rotazione C.

    Nello studio dei moti rigidi piani, e` importante determinare la posizione del centro istantaneo dirotazione. Cio` si puo` fare usando sia un metodo geometrico che un metodo analitico.Il metodo geometrico consiste essenzialmente nella applicazione del teorema di Chasles. Infatti,se ad esempio, si conoscono i vettori (non paralleli) vP e vQ di due punti P e Q della sezione ,il centro C si trova allintersezione delle due normali condotte in P e Q ai vettori vP e vQ.Il metodo analitico consiste nella applicazione della condizione v(s)C = 0 a cui deve soddisfare ilcentro istantaneo C. Si ottengono, allora, le seguenti relazioni

    C = v2

    , OC = O+ v2

    (0.18)

    che permettono di determinare, rispettivamente, la posizione di C rispetto ad un osservatoresolidale con e rispetto ad un osservatore fisso.Le (0.18) mostrano chiaramente che il centro istantaneo di rotazione C cambia la sua posizione,nel corso del moto della sezione , sia rispetto allosservatore con origine in O (osservatore fisso)che rispetto allosservatore con origine in (osservatore solidale con ). Si da`, allora, la seguente

    Definizione 0.15 Il luogo dei punti occupati dal centro istantaneo rispetto allosservatore fissosi chiama base. Quello rispetto allosservatore solidale con si chiama rulletta. La base e larulletta nel loro insieme sono note come traiettorie polari.

    Le due curve ora definite hanno in comune, per definizione, ad ogni istante il centro istantaneodi rotazione e possiedono un importante proprieta` espressa dal seguente

    Teorema 0.8 La rulletta rotola senza strisciare sulla base.Vale anche il viceversa di questo teorema. Cioe`

    Teorema 0.9 Se due curve rotolano senza strisciare luna sullaltra allora tali curve sonobase e rulletta.

  • 13

    x

    y

    Cx

    y

    C

    C

    C

    C

    Figura 0.7: Come ottenere le equazioni parametriche di base e rulletta.

    Proiettando la (0.18)1 sugli assi dellosservatore mobile e la (0.18)2 sugli assi Oxy dellosser-vatore fisso (fig.0.7) si possono ottenere le equazioni della rulletta e della base, rispettivamente.Si ha, (in termini del parametro rappresentato in figura 0.7)

    xC = x dyd

    yC = y +dxd

    Base

    C =dxd

    sin dyd

    cos

    C =dxd

    cos +dyd

    sin

    Rulletta

    VETTORI APPLICATI

    Vettore applicato

    Definizione 0.16 Si chiama vettore applicato la coppia (A,v) costituita da un vettore v e dalsuo punto di applicazione A.

    Definizione 0.17 Si chiama momento polare di (A,v) rispetto ad un punto Q (polo di riduzione)il vettore (vedi fig. 0.8):

    MQdef= QA v

    In modulo|MQ| = |v| |QA| sin = |v| d

    ove d = |QA| sin e` detto braccio del vettore v rispetto al polo Q.Il momento di un vettore assegnato varia al variare del polo e/o al variare del punto di applicazionedel vettore. Tuttavia sussiste il seguente risultato

  • 14

    MQ

    Q

    A

    v

    d

    pi

    Figura 0.8: Il momento polare di un vettore applicato. MQ e` ortogonale al piano passante per Q e che contiene v.

    Teorema 0.10 Il momento di un vettore applicato non cambia se si fa scorrere il polo lungouna retta parallela alla retta di applicazione del vettore, oppure se si fa scorrere il vettore lungola propria retta dazione.

    Definizione 0.18 Si dice momento assiale del vettore applicato (A,v), rispetto ad una rettaorientata r di versore u, lo scalare:

    Mrdef= QA v u =MQ u (Q r)

    Sussiste, anche in questo caso, una importante proprieta`: il momento assiale Mr non dipendedalla scelta del punto Q sullasse.Si noti che il momento assiale Mr e` nullo o quando il vettore v e` nullo oppure se il vettoreapplicato e u sono paralleli oppure incidenti.

    Sistemi di vettori applicati

    Sono sistemi (che indichiamo con) costituiti da un numero finito di vettori applicati: {(As,vs); s = 1, 2, ..., n}

    Definizione 0.19 Si dice risultante del sistema il vettore:R =

    ns=1

    vs (0.19)

    Definizione 0.20 Si dice momento risultante rispetto ad un polo Q il vettore:

    MQ =ns=1

    QAs vs

  • 15

    A

    Q

    v

    v

    d

    Figura 0.9: Una coppia di vettori.

    Definizione 0.21 Si dice momento assiale risultante rispetto ad una retta orientata r diversore u, lo scalare:

    Mr =ns=1

    QAs vs u (Q r)

    Il momento risultante MQ di un sistema di vettori applicati varia, al variare del polo Q, in baseal seguente teorema

    Teorema 0.11 (Legge di distribuzione del momento) Dato un sistema di vettoriapplicati il momento risultante MQ varia, al variare del polo, secondo la legge

    MQ =MQ +QQ R

    dove R e` il risultante di

    ed MQ ,MQ i momenti risultanti calcolati rispetto ai poli Q e Q.

    Si ha poi il seguente

    Teorema 0.12 Il momento risultante di un sistema di vettori applicati non dipende dal poloQ se e soltanto se il risultante R del sistema risulta nullo (R = 0).

    E`, questo, il caso della coppia:

    Definizione 0.22 Si dice coppia un sistema di due vettori applicati a risultante nullo.Il fatto che il risultante sia, per definizione, nullo ci assicura che i due vettori sono tra loroparalleli di verso opposto e di eguale modulo (vedi fig. 0.9).Il momento della coppia e` indipendente dalla scelta del polo (percheR = 0) e puo` essere calcolato,ad esempio, scegliendo come polo il punto di applicazione di uno dei due vettori della coppia. Siottiene cos` (vedi fig. 0.9)

    M = QA vossia, in modulo, |M| = |v| d ove il braccio d = |QA| sin e` uguale alla distanza fra le due rettedi azione dei vettori della coppia.Si puo` allora dire che: una coppia di vettori (non nulli) ha momento nullo se e solo se il suobraccio e` nullo.In tale caso i due vettori sono uguali e contrari e sulla stessa retta dazione (fig. 0.10). Per unacoppia di braccio nullo si ha R = 0, M = 0.

  • 16

    A

    B

    C D

    v

    v

    w w

    Figura 0.10: Coppie di braccio nullo

    Invariante scalare

    Definizione 0.23 Si dice invariante scalare (o trinomio invariante) di un sistema di vettoriapplicati la quantita` scalare:

    Jdef= MQ R

    ove MQ e R sono, rispettivamente, il momento risultante e il risultante del sistema.

    La denominazione di invariante deriva dal fatto che:

    Teorema 0.13 Linvariante scalare J non dipende dalla scelta del polo Q.

    Asse centrale di un sistema di vettori applicati

    Sia dato un sistema

    di vettori applicati il cui risultante sia R. Sia inoltre, M0 il momentorisultante di

    rispetto ad un punto generico O dello spazio.

    Si puo` dimostrare che esiste un luogo geometrico di punti A dello spazio che, assunti come poli diriduzione, rendono il momento risultante di un sistema di vettori applicati parallelo al risultanteR. Tale luogo e` una retta che si chiama asse centrale del sistema di vettori applicati. Tale rettaha anche altre proprieta` che si possono dimostrare e che riassumiamo nel seguente enunciato

    lasse centrale e` la retta costituita dai punti dello spazio, che presi come poli di riduzione, rendono ilmomento risultante di un sistema di vettori applicati parallelo al risultante e di minimo modulo. Taleretta e` parallela al risultante.

    Lasse centrale ha la seguente equazione vettoriale

    OA =1R2R MO + R

    ove e` un parametro reale.

    Sistemi di vettori applicati equivalenti

    Definizione 0.24 Due sistemi di vettori applicati e si dicono equivalenti se hanno lostesso risultante e lo stesso momento risultante rispetto ad un dato polo O.

  • 17

    Detti, cioe`, R edM0 il vettore risultante ed il momento risultante, rispetto ad un generico puntoO del sistema

    e R, M0 quelli del sistema

    si ha, nel caso di equivalenzaR = R M0 =M0

    Definizione 0.25 Un sistema di vettori applicati si dice equivalente a zero (o equilibrato onullo) se ha risultante e momento risultante nulli (esempio: una coppia di braccio nullo).

    Dato un sistema di vettori applicati si chiamano operazioni elementari le seguenti:

    - laggiunta o la soppressione di una o piu` coppie di braccio nullo;

    - la sostituzione di piu` vettori applicati in uno stesso punto con il loro risultante applicatonello stesso punto o, viceversa, la decomposizione di un vettore applicato in un punto inpiu` vettori applicati nello stesso punto e il cui risultante sia uguale al vettore di partenza(composizione e decomposizione);

    - Il trasporto di un vettore lungo la propria retta dazione.

    Si verifica che:eseguendo successivamente su un sistema assegnato quante e quali si vogliano operazionielementari, si ottiene sempre un sistema equivalente al dato e, viceversa, se due sistemi sonoequivalenti si puo` sempre, da uno di essi ottenere laltro eseguendo solo operazioni elementari.E`, per questo, che due sistemi equivalenti si dicono anche riducibili luno allaltro.Esistono due importanti teoremi che stabiliscono lequivalenza di un generico sistema di vettoriapplicati con un sistema piu` semplice:

    Teorema 0.14 Quando linvariante scalare J di un sistema di vettori applicati e` uguale azero allora tale sistema e` equivalente ad un solo vettore, applicato ad un punto dellasse centrale,(quando R 6= 0) o ad una sola coppia (quando R = 0) (o e` equilibrato quando si annullano siail risultante che il momento);

    Teorema 0.15 Quando J 6= 0 ogni sistema di vettori applicati e` equivalente ad un vettore(applicato in un punto dellasse centrale) e ad una coppia.

    Nella tabella di fig. 0.11 sono riassunti i vari casi di riducibilita` di un sistema di vettori applicati,illustrati dai due teoremi appena enunciati.

    Sistemi di vettori piani

    Definizione 0.26 Un sistema di vettori applicati e` detto piano se tutte le rette di applicazionedei vettori appartengono ad uno stesso piano.

    Teorema 0.16 Ogni sistema di vettori piano ha invariante scalare nullo.

  • 18

    Polo di riduzione qualsiasi Polo di riduzione sull'asse centrale

    vettore applicato + coppia v.a. + coppia di momento minimo

    vettore applicato + coppia vettore applicato

    coppia non esiste l'asse centrale

    coppia di braccio nullo non esiste l'asse centrale

    (sistema equilibrato)

    a) R 0 , J 0

    b) R 0 , J 0=

    c) R 0 , M 0

    d) R 0 , M 0

    Figura 0.11: Vari casi di riducibilita` di un sistema di vettori applicati.

    Una notevole conseguenza di questo teorema e` costituita dal fatto che essendo J = 0, un sistemapiano e` equivalente ad un solo vettore applicato in un punto dellasse centrale quando R 6= 0(pur di scegliere il polo Q appartenente allasse centrale) o ad una sola coppia quando R = 0.

    Sistemi di vettori paralleli

    Definizione 0.27 Chiamiamo sistema di vettori applicati paralleli, un sistema in cui tuttele rette di azione dei vettori sono parallele.

    Teorema 0.17 Un sistema di vettori paralleli ha invariante scalare J = 0.Essendo J = 0 un sistema di vettori paralleli e` equivalente, quindi, ad un solo vettore applicatoin un punto dellasse centrale se R 6= 0 oppure ad una sola coppia quando R = 0.Per un sistema di vettori paralleli si introduce un concetto molto importante: il concetto dicentro.Esso e` un punto, C, che appartiene allasse centrale ed e` individuato tramite la

    OC =1R

    ns=1

    vsOAs

    conn

    s=1 vs = R (modulo del risultante del sistema di vettori (As,vs)). In componenti

    xC =1R

    ns=1

    vsxs; yC =1R

    ns=1

    vsys; zC =1R

    ns=1

    vszs

    essendo OC = (xC , yC , zC), OAs = (xs, ys, zs).Tale punto, per la sua proprieta` di appartenere allasse centrale e di non mutare qualunque sia ladirezione comune dei vettori, e` il punto piu` conveniente per ridurre il sistema di vettori paralleliad un vettore applicato (C,R).

  • 19

    BARICENTRI

    Massa di un corpo

    Lamassa e` un ente fisico legato alla quantita` di materia associata ad un corpo e che, nellambitodella Meccanica classica, risulta indipendente dallo stato di moto del corpo stesso e da ogni suapossibile deformazione. E` uno scalare sempre positivo e possiede la proprieta` di additivita` nelsenso che la massa di un corpo e` uguale alla somma delle masse delle sue parti.Chiamiamo, allora, punto materiale un punto dotato di massa e sistema particellare o sistemadi punti materiali un insieme di n punti materiali: ({ Ps, ms }; s = 1, 2, ..., n).Se il corpo e` un continuo, si suppone di poter introdurre una funzione detta densita` di massacos` definita

    (P ) = lim0

    m

    =dm

    d(0.20)

    supposto che il limite esista (m e rappresentano, rispettivamente, la massa e la misura diun elemento del corpo). Dalla (0.20) segue

    dm = (P )d m =(P )d

    Se e` costante (corpo omogeneo) si ha

    m = d = = m

    ove rappresenta la misura (volume, area o lunghezza) del dominio di integrazione, cioe` delcorpo in esame.

    Baricentro di un sistema particellare

    Dato un sistema di n punti materiali ({Ps, ms}; s = 1, 2, ..., n) si da` la seguente Definizione 0.28 Si dice baricentro (o centro di massa) di un sistema di punti materiali ilpunto G cos` definito:

    OGdef=

    1M

    ns=1

    msOPs (0.21)

    ove il punto O e` arbitrario (ma possiamo pensarlo come lorigine di un sistema di riferimento)ed M =

    ns=1ms.

    Le coordinate del baricentro G rispetto agli assi di un sistema cartesiano ortogonale Oxyz sonoquindi

    xG =1M

    ns=1

    msxs, yG =1M

    ns=1

    msys, zG =1M

    ns=1

    mszs

    ove si e` indicato con OG (xG, yG, zG), OPs (xs, ys, zs) le coordinate del baricentro e deipunti del sistema.A partire dalla definizione di centro di un sistema di vettori applicati, si puo` dimostrare che

  • 20

    Teorema 0.18 Il baricentro di un sistema di punti materiali (Ps,ms) coincide con il centrodi un sistema di vettori paralleli e concordi di modulo proporzionale alle masse dei punti diapplicazione.

    Nel caso di un continuo la (0.21) assume la forma

    OG =1M

    OPdm =

    1M

    (P )OPd =

    xG =1M

    (P )xd

    yG =1M

    (P )yd

    zG =1M

    (P )zd

    e, se il corpo e` omogeneo ( =M/),

    OG =1

    OPd

    o, in componenti

    xG =1

    xd , yG =

    1

    yd , zG =

    1

    zd.

    Cioe`: quando il corpo e` omogeneo la posizione del baricentro non dipende dalla funzione densita` ma solo dalla geometria (attraverso ) del sistema materiale.Ci sono alcuni teoremi di ubicazione del baricentro che servono a localizzare il baricentro (oalcune sue coordinate) senza dover ricorrere al calcolo integrale.

    Teorema 0.19 Quando le masse di un sistema sono distribuite lungo un segmento di rettao su un piano, il baricentro appartiene a quel segmento di retta o a quel piano.

    Teorema 0.20 Se un sistema di punti materiali e` non esterno ad una superficie convessa (oad una curva convessa) il baricentro si trova non esternamente alla superficie (o curva) convessa.

    Teorema 0.21 (proprieta` distributiva del baricentro) Se un sistema e` suddivisibile inpiu` sottosistemi, allora il baricentro del sistema complessivo si ottiene calcolando il baricentrodelle singole parti (Si veda la fig.0.12).

    Definizione 0.29 Si chiama piano di simmetria di massa per un sistema materiale, un pianodi simmetria per il sistema geometrico corrispondente e tale che i punti simmetrici rispetto a talepiano hanno uguale massa.

    Teorema 0.22 Se un sistema materiale e` dotato di un piano di simmetria di massa, allorail baricentro appartiene a tale piano (fig.0.13).

  • 21

    S

    S

    S=S + S

    1

    2

    1 2

    G

    G

    G

    1

    2

    (m )

    (m )

    1

    2

    m OG + m OG1 1 22m + m

    1 2

    OG=

    O

    Figura 0.12: Illustrazione del teorema 0.21.

    xy

    z

    O

    z

    z

    d

    d

    G

    Figura 0.13: Corpo con un piano di simmetria di massa e ubicazione del baricentro.

  • 22

    MOMENTI DI INERZIA

    Momento dinerzia

    Definizione 0.30 Si chiama momento di inerzia di un punto materiale P di massa m, rispettoad un asse a, la grandezza scalare non negativa:

    I = mr2

    ove r e` la distanza del punto dallasse. Per un sistema particellare di n punti materiali si ha

    I =ns=1

    msr2s (0.22)

    che esprime la proprieta` di additivita` dei momenti dinerzia. Se il corpo e` un continuo di misura si ha

    I =r2dm =

    (P )r2(P )d

    essendo r e (densita`) funzioni delle coordinate del punto variabile P del corpo nel quale e`centrato lelemento d.Il momento dinerzia dipende dalla retta rispetto alla quale viene calcolato. Esistono alcuniteoremi che permettono di semplificare le procedure di calcolo dei momenti dinerzia. Il primo ditali teoremi permette di collegare fra loro i valori dei momenti dinerzia relativi a rette fra loroparallele nota lubicazione del baricentro del sistema.

    Teorema 0.23 (di Huygens-Steiner) Il momento dinerzia I di un corpo rispetto ad unasse e` uguale al momento dinerzia IG rispetto ad un asse baricentrale parallelo ad , sommatoalla massa M del corpo moltiplicata per la distanza al quadrato (d2) fra i due assi

    I = IG +Md2

    Il secondo teorema permette di collegare fra loro i momenti dinerzia relativi a rette uscenti tutteda uno stesso punto (o, in altri termini, permette di studiare come varia il momento d inerziadi un corpo al variare della direzione di un asse).Consideriamo un generico asse l passante per un punto O e sia u il versore di tale asse (vedi fig.0.14). Esprimendo la distanza rs fra un generico punto Ps del sistema e lasse

    rs = |OPs u|e sostituendola in (0.22), si ottiene (OPs (xs, ys, zs) e le componenti del versore u sono i cosenidirettori , , , dellasse l rispetto alla terna di riferimento Oxyz)

    I = A2 +B2 + C2 2A 2B 2C (0.23)avendo posto

    A =n

    s=1ms(y2s + z

    2s ), B =

    ns=1ms(x

    2s + z

    2s ), C =

    ns=1ms(x

    2s + y

    2s)

    A=n

    s=1msyszs, B=n

    s=1msxszs, C=n

    s=1msxsys

    (0.24)

  • 23

    Ps

    s

    ss

    r

    x y z( s )

    u

    x

    y

    z

    O

    l

    c

    c c1 2

    3

    Figura 0.14: Il sistema di riferimento nel problema degli assi concorrenti.

    La (0.23) si mantiene valida nel caso di un sistema continuo pur di pensare A,B, ecc. espresse,anziche` dalle (0.24), dalle

    A = (y

    2 + z2)d, B = (x

    2 + z2)d, C = (x

    2 + y2)d

    A= yzd, B

    = xzd, C

    = xyd

    Le quantita` A,B,C coincidono con i momenti dinerzia del sistema rispetto agli assi x, y, z. Lequantita` A, B, C , sono chiamati momenti di deviazione.

    Matrice dinerzia

    Le quantita` A,B,C, A, B, C possono essere pensate come gli elementi di una matrice chiamatamatrice dinerzia

    =

    A C BC B AB A C

    che ha due importantissime proprieta`:

    a) e` simmetrica; b) e` definita positiva

    Queste due condizioni hanno delle notevoli conseguenze dal punto di vista algebrico-geometrico.Il fatto che la matrice sia simmetrica implica che

    essa e` sicuramente diagonalizzabile e possiede autovalori reali e una base ortonormale di autovettori.

    Definizione 0.31 Si dice asse principale dinerzia relativo alla matrice dinerzia una rettache ha la direzione di un autovettore di .

    Se si riferisce la matrice dinerzia ad un sistema cartesiano i cui assi sono principali dinerzia(cioe`, sono gli autovettori della matrice), essa assume forma diagonale (A = B = C = 0) e imomenti A,B,C relativi agli assi cartesiani prendono il nome di momenti principali dinerzia.La condizione b) implica che la quadrica che puo` essere associata alla matrice risulta essereun ellissoide (ellissoide dinerzia).

  • 24

    Ellissoide dinerzia

    E` noto dalla geometria che ad ogni matrice simmetrica puo` essere associata una quadrica. Quandola matrice e` definita positiva (come nel caso della matrice dinerzia ) la quadrica, il cui centrocoincida con lorigine degli assi ai quali si riferisce la matrice, e` un ellissoide. Si dimostra cheesso ha equazione

    Ax2 +By2 + Cz2 2Ayz 2Bxz 2C xy = 1 (0.25)e, nel caso in cui gli assi cartesiani siano gli assi dellellissoide (assi principali dinerzia), taleequazione assume la forma canonica

    Ax2 +By2 + Cz2 = 1

    In relazione al concetto di ellissoide dinerzia si danno le seguenti definizioni:

    Definizione 0.32 Si dice ellissoide centrale d inerzia lellissoide dinerzia il cui centrocoincide con il baricentro del corpo.

    Definizione 0.33 Un corpo si dice a struttura giroscopica rispetto ad un punto O quandoil suo ellissoide dinerzia di centro O e` rotondo (cioe` due qualsiasi delle grandezze a, b, c sonouguali).

    Definizione 0.34 Un corpo si dice giroscopio se ha struttura giroscopica rispetto al suobaricentro.

    Ricerca degli assi principali dinerzia

    La conoscenza degli assi principali dinerzia consente di rappresentare la matrice dinerzia medi-ante tre soli elementi non nulli anziche` i sei che si hanno rispetto ad assi cartesiani qualunque.Risulta quindi importante determinare gli assi principali dinerzia di un corpo. La ricerca degliassi principali dinerzia si puo` sempre effettuare calcolando gli autovettori della matrice (cosa,peraltro, non sempre agevole), tuttavia quando il corpo possiede particolari simmetrie gli assiprincipali dinerzia si possono trovare applicando alcuni teoremi.

    Teorema 0.24 Ogni asse normale ad un piano di simmetria di massa e` principale dinerzia.

    Teorema 0.25 Se un corpo ha due piani di simmetria di massa tra loro ortogonali, alloragli assi principali rispetto ad ogni punto O della retta r dintersezione dei due piani, sono datida r e dalle rette passanti per O appartenenti ai due piani ed ortogonali ad r (vedi, ad esempio,la fig. 0.15).

    Teorema 0.26 Se un corpo ha una retta r di simmetria di massa, allora tutti gli assi per-pendicolari ad r sono principali dinerzia e quindi anche r sara` principale dinerzia (vedi, adesempio, la fig. 0.16). .

  • 25

    O

    r

    z

    Figura 0.15: Illustrazione del teorema 0.25. Il cilindro (omogeneo) e` a sezione ellittica ed ha, quindi, due piani disimmetria di massa: tutti i sistemi rappresentati sono principali dinerzia.

    O

    r

    Figura 0.16: Illustrazione del teorema 0.26. Lasse del cono (omogeneo) e` di simmetria di massa: esso ed altri duequalsiasi perpendicolari tra loro e perpendicolari ad r costituiscono un sistema dassi principali.

    Teorema 0.27 Quando un corpo e` una figura piana ogni retta normale al piano della figurae` un asse principale dinerzia.

    FORZA, LAVORO, POTENZIALE

    Il concetto di forza

    Definiamo per il momento (poi preciseremo meglio il concetto nellambito dei principi delladinamica), una forza come il vettore che caratterizza linsieme delle influenze che un puntomateriale o un elemento di materia esercita su un altro punto o elemento in modo da alterarnelo stato di quiete o di moto.Osservazioni sperimentali, combinate con la sensazione di sforzo muscolare, portano ad attribuirealla forza una direzione, un verso, una intensita` ed un punto di applicazione. In altri termini,una forza e` schematizzabile con un vettore applicato (A,F).

  • 26

    Una forza puo` essere costante o dipendere da qualche variabile come, ad esempio il tempo, lecoordinate del punto di applicazione, la sua velocita` ecc...Indicando con F la forza agente su un punto materiale avremo, nella sua caratterizzazione piu`generale

    F = F(P,v, t) F = F(x, y, z, x, y, z, t)ove x, y, z sono le coordinate del punto P , x, y, z le componenti della sua velocita`, t e` il tempo.In particolare

    Definizione 0.35 Una forza si dice posizionale se dipende solo dal suo punto di applicazione:F = F(P ) = F(x, y, z).

    Dai concetti di forza, di massa e dalle caratteristiche cinematiche del moto, si possono dedurreconcetti meccanici derivati. In particolare ha interesse il concetto di lavoro.

    Lavoro elementare e lavoro totale

    Il lavoro elementare e` una forma differenziale lineare ottenuta facendo il prodotto scalare dellaforza per uno spostamento infinitesimo del suo punto di applicazione (cioe` da P (t) a P (t + dt)compiuto da P nel tempo infinitesimo dt)

    dL = F dP = Fxdx+ Fydy + Fzdz

    ove dP (dx, dy, dz) rappresenta lo spostamento infinitesimo del punto di applicazione dellaforza F (Fx, Fy, Fz).A volte e` utile rappresentare il lavoro in termini di velocita` del punto di applicazione P . Si ha,in tale caso

    dL = F dP F vdt = (Fxx+ Fyy + Fz z)dtIl lavoro totale (lavoro lungo un cammino finito) fatto dalla F durante il moto di P nellintervallodi tempo da t0 a t1 lungo larco di traiettoria e` dato da

    L =F dP =

    t1t0

    F vdt =Fxdx+ Fydy + Fzdz =

    t1t0

    (Fxx+ Fyy + Fz z)dt

    Introducendo la potenza sviluppata dalla forza F e definita da

    W (t) = F v

    si puo` esprimere il lavoro totale nella forma

    L = t1t0

    F vdt L = t1t0

    W (t)dt (0.26)

    Tenendo conto che se s = s(t), (con t0 t t1), rappresenta la legge oraria con la quale il puntoP percorre la traiettoria e che

    v =dP

    dss = ts

  • 27

    dalla (0.26) si ottiene

    L = t1t0

    F sdt. (F = F t) (0.27)

    La (0.27) e quindi la (0.26) rappresentano, nel caso piu` generale, il lavoro totale di una forzalungo un cammino finito e potremo dire che:tale lavoro dipende dalla traiettoria (attraverso il versore t) e dalla legge oraria con cui si muoveil punto di applicazione P .

    Forze posizionali

    Quando la forza e` posizionale (cioe` F = F(P )) lintegrale che fornisce il lavoro totale:

    L =F dP

    puo` essere ricondotto ad un integrale nella sola variabile s senza coinvolgere il tempo che ora nonfigura piu` nella forza. In tal caso si ottiene

    L =F dP =

    s1s0

    F tds = s1s0

    Fds (0.28)

    ove ds e` la variabile dintegrazione e F dipende solo dalla posizione di P sulla traiettoria. La(0.28) si puo` interpretare dicendo che: il lavoro finito di una forza posizionale dipende solo dallatraiettoria percorsa da P e non dalla sua legge oraria.

    Forze conservative

    Una importantissima classe di forze posizionali sono le forze conservative.Per queste forze si verifica la circostanza notevolissima che per il calcolo del lavoro non si richiedenemmeno piu` la conoscenza della traiettoria del punto di applicazione della forza ma basta chene siano assegnati gli estremi P0 e P1.

    Definizione 0.36 Una forza si dice conservativa quando la forma differenziale del suo lavoroe` un differenziale esatto.

    Nel nostro caso la forma differenziale

    dL = Fxdx+ Fydy + Fzdz

    risulta essere esatta se esiste una funzione regolare U = U(x, y, z) (potenziale) tale che

    dL = dU

    ossiaFxdx+ Fydy + Fzdz =

    U

    xdx+

    U

    ydy +

    U

    zdz

    da cui segue lidentificazione, poiche dx, dy, dz sono arbitrari

    Fx =U

    x, Fy =

    U

    y, Fz =

    U

    z(0.29)

  • 28

    Forze conservative

    Forze

    posizionali

    Figura 0.17: Se una forza e` conservativa e` sicuramente posizionale ma non e` vero il viceversa...

    Poiche U = U(x, y, z), si vede da queste che se una forza e` conservativa le sue componentiessendo le derivate parziali di una funzione di x, y, z possono essere funzioni solo delle coordinatedel punto di applicazione della forza. Una forza conservativa e` quindi senzaltro posizionale manon vale necessariamente il viceversa in quanto possono esistere forze posizionali che non sonoconservative dato che il loro lavoro non e` un differenziale esatto (cioe` le loro componenti nonsoddisfano la (0.29)).

    Osservazione - Poiche il potenziale e` definito mediante una condizione di tipo differenziale, esso risulta definito semprea meno di una costante additiva arbitraria. Pertanto, per individuare univocamente il valore del potenziale in un punto,

    bisogna assegnare il valore di tale costante e cio` si fa attribuendo arbitrariamente il valore zero al potenziale in un certo

    punto dello spazio.

    Ricordando la definizione di gradiente di una funzione scalare (x, y, z):

    =(

    xi+

    yj+

    zk) =

    x

    i+yj+

    zk

    si osserva subito che le (0.29) si possono compendiare nella unica uguaglianza vettoriale

    F =U

    Sussiste, per le forze conservative il seguente fondamentale risultato: il lavoro di una forzaconservativa quando il suo punto di applicazione P si sposta da P0 a P1 seguendo un qualunquecammino , non dipende dal cammino percorso ma solo dalle posizioni iniziale e finale di P .Infatti, dalla

    dL = Fxdx+ Fydy + Fzdz =U

    xdx+

    U

    ydy +

    U

    zdz

    segue (poiche x = x(s), y = y(s), z = z(s) dx = dxdsds, dy = dydsds, dz = dzdsds)

    L = s1s0

    (U

    x

    dx

    ds+U

    y

    dy

    ds+U

    z

    dz

    ds

    )ds =

    s1s0

    U

    sds (0.30)

    ove s0 ed s1 sono le ascisse curvilinee di P0 e P1 sulla curva . Da (0.30) si ricava

    L = U(s1) U(s0) = U(P1) U(P0)

  • 29

    In particolare, dal fatto che U e` per ipotesi una funzione ad un solo valore segue che, se siprendono P0 e P1 coincidenti (curva chiusa), si ha U(P1) = U(P0 e quindi

    L = 0

    Cioe`: il lavoro di una forza conservativa e` nullo per ogni cammino chiuso.

    Lavoro di un sistema di forze

    Nel caso di un sistema discreto di N forze applicate in N punti Ps si definisce lavoro elementaredel sistema di forze la somma dei lavori elementari compiuti dalle singole forze. Si ha, cioe`, conovvio significato dei simboli

    dL =Ns=1

    Fs dPs

    Particolarmente importanti nelle applicazioni sono le rappresentazioni del lavoro elementare nelcaso di forze agenti:

    su un corpo rigido su un sistema olonomo

    Lavoro di forze agenti su un corpo rigido

    Siano date N forze applicate ad N punti di un corpo rigido. Poiche il corpo in esame e` suppostorigido gli spostamenti dei suoi punti non sono arbitrari ma, come sappiamo (vedi cinematicarigida) sono soggetti alla legge di distribuzione (poniamo d = dt)

    dPs = d+ d PsAllora, sostituendo tale espressione in dL, si ottiene senza difficolta` che

    dL = R d+M d

    ove R =N

    s=1Fs e` il vettore risultante delle forze applicate,M =N

    s=1PsFs e` il momentorisultante delle forze applicate.Si puo` interpretare il risultato ottenuto dicendo che: il lavoro di un sistema di forze applicate adun corpo rigido dipende solo dal risultante e dal momento risultante delle forze.

    Lavoro di forze agenti su un sistema olonomo

    Tenendo conto della seguente espressione per gli spostamenti dei punti di un sistema olonomo (cilimitiamo a considerare il caso del lavoro virtuale L relativo agli spostamenti Ps perche questoe` il caso che si incontra piu` frequentemente nella teoria)

    Ps =Psqh

    qh

  • 30

    si ottiene

    L =Ns=1

    Fs Ps =Ns=1

    Fs Psqh

    qh = Qhqh

    avendo definito le seguenti quantita` note come forze generalizzate di Lagrange o componentilagrangiane di una forza:

    Qh =Ns=1

    Fs Psqh

    (h = 1, 2, ...n)

    Nel caso di un sistema olonomo conservativo si ha che

    U = U(qh)

    e per un qualunque spostamento virtuale

    U =U

    qhqh

    Pertanto laL = U

    implica, poiche L = Qhqh,

    Qh =U

    qh(h = 1, 2, ..., n) (0.31)

    Questo risultato costituisce un legame di fondamentale importanza tra le forze di Lagrange ed ilpotenziale nel caso di forze conservative. In termini espliciti la (0.31) si scrive

    Q1 =U

    q1, Q2 =

    U

    q2, ... , Qn =

    U

    qn

    I PRINCIPI DELLA DINAMICA

    I principi della dinamica

    Scopo della dinamica e` quello di studiare il movimento dei corpi sulla base delle relazioni cheintercorrono tra le cause del moto ed il moto stesso. Tre principi stanno alla base di questostudio. Vogliamo rilevare che tali principi sono stati formulati da Newton nel caso particolaredi un punto materiale e a tale caso, per ora, ci riferiamo. Nel seguito, generalizzeremo i principial caso dei sistemi di punti (anche rigidi) ottenendo, in tal modo, quelle che sono note comeequazioni cardinali della dinamica.

    I0 principio della dinamica (o principio dinerzia):Un punto materiale non soggetto a forze e` in quiete o si muove di moto rettilineo ed uniforme.

  • 31

    P P

    P

    F

    F

    F

    F = -F

    F = - F

    1

    1

    1

    1

    1

    1 1

    1

    1F

    F

    F

    2

    22

    2

    2

    2 2

    3

    33

    3

    3

    3 3ecc.

    Figura 0.18: Illustrazione del terzo principio della dinamica nel caso di un sistema costituito da tre punti.

    II0 principio della dinamica:Un punto materiale soggetto ad una forza (F) acquista una accelerazione parallela e concorde allaforza stessa e di modulo proporzionale a quello della forza:

    ma = F (o q = F; con q = mv : quantita` di moto) (0.32)

    III0 principio della dinamica:

    Dato un sistema di punti materiali interagenti tra loro, le forze che tali punti si scambiano a due adue (forze interne) sono uguali in modulo, di verso opposto ed hanno la stessa retta dazione checoincide con la retta congiungente i due punti. Costituiscono, cioe`, un sistema di coppie di braccionullo.

    Il principio in questione si puo` enunciare anche affermando che

    Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.

    Osservazione - Proiettando la (0.32) su un sistema Oxyz di assi cartesiani ortogonali si trova8

    0)

    Ossia: q e` stabile nel senso di Liapounov se e` possibile trovare dei dati iniziali q(0) e q(0) taliche il moto q(t), q(t) resti in un intorno qualsivoglia di q con velocita` piccola (< ). Questadefinizione e`, purtroppo, una definizione dinamica di stabilita` nel senso che richiede, per poterlaapplicare, di conoscere, a priori, la funzione q(t) cioe` il moto del sistema.Per potere superare questo ostacolo e` possibile dare una definizione alternativa di stabilita` chefa` leva su alcune riflessioni basate sul concetto di lavoro e che conduce, infine, alla seguente:

    Definizione 0.39 (statica di equilibrio) una configurazione di equilibrio q si dice stabilese il lavoro (effettivo) compiuto dalle forze attive per portare il sistema da q a q e` semprenegativo.

  • 50

    U(q) V(q)

    q

    q

    q

    q

    *

    *

    Massimo del potenziale : STABILITA' Minimo dell'energia potenziale: STABILITA'

    Figura 0.25: Stabilita` nel massimo di U e nel minimo di V .

    In formulaL(a)(q q) < 0 , q I(q, ) (0.68)

    essendo I un opportuno intorno di q di raggio .La (0.68) risulta di immediata valutazione nel caso in cui le forze agenti sul sistema sianoconservative. Infatti, in tale caso

    L(a)(q q) = U(q) U(q) < 0 (q)Questultima ci informa che nel caso conservativo, il potenziale ha un massimo relativo in q.Quindi, (si ricordi che V = U): Teorema 0.33 Le configurazioni di equilibrio stabile di un sistema conservativo corrispon-dono ai massimi (minimi) del potenziale U (energia potenziale V ). Le restanti configurazionisono di equilibrio instabile (vedi fig. 0.25)

    EQUAZIONI DI LAGRANGE

    Nella ricerca delle configurazioni di equilibrio di un sistema meccanico abbiamo ottenuto il prin-cipio dei lavori virtuali, che ci permette di risolvere i problemi della statica conoscendo soltantole forze attive agenti senza coinvolgere le reazioni vincolari, in generale, incognite. E` evidente chee` di estremo interesse ottenere anche nel caso dinamico una formulazione equivalente al principiodei lavori virtuali della statica; in particolare, sarebbe molto utile potere disporre di equazioni delmoto in forma scalare e che, a differenza delle equazioni cardinali della dinamica, non contenganole reazioni vincolari.

    Osservazione - Il principio delle reazioni vincolari che ci ha permesso di definire in ambito statico la particolare classe dei

    vincoli ideali, viene comunemente ammesso come valido anche in ambito dinamico e, cio`, in base al fatto che lesperienza

  • 51

    mostra che esso viene rispettato anche in regime dinamico da quei vincoli che lo soddisfano in regime di equilibrio. Pertanto,

    assumiamo la validita` del principio delle reazioni vincolari anche in ambito dinamico.

    Consideriamo, allora, il IIo principio della dinamica per un sistema di punti (s = 1, 2, ..., N)

    msas = Fs +s (s = 1, 2, ..., N)

    ossias = (Fs msas)

    Da questa si perviene, moltiplicandone scalarmente ambo i membri per Ps, sommando sullindices e tenendo conto del principio delle reazioni vincolari, a

    Ns=1

    (Fs msas) Ps 0 Ps (0.69)

    l= valendo nel caso che tutti gli spostamenti virtuali siano reversibili. La (0.69) e` nota comedisuguaglianza variazionale della dinamica o, quando vale il segno di uguaglianza, come equazionesimbolica della dinamica.Per potere utilizzare la (0.69) ed ottenere le equazioni di Lagrange bisogna fare tre ipotesiconcernenti la struttura del sistema meccanico:

    vincoli ideali; vincoli bilaterali; sistema olonomo.

    Poiche` il sistema e` olonomo, possiamo identificare i suoi punti mediante le relazioni

    OPs = OPs(q1, q2, ..., qn; t) = Ps = Psqh

    qh (h = 1, 2, ..., n)

    Introducendo lespressione di Ps nella equazione simbolica della dinamica avremo

    Ns=1

    Fs Psqh

    qh Ns=1

    msas Psqh

    qh = 0 qh (0.70)

    Introducendo le quantita` (binomi lagrangiani):

    h =Ns=1

    msas Psqh

    e ricordando che

    Qhdef=

    Ns=1

    Fs Psqh

    la (0.70) si puo` scrivere(Qh h)qh = 0 qh

  • 52

    che implica, grazie allarbitrarieta` degli spostamenti virtuali qh e al fatto che sia Qh che h nondipendono da essi

    Qh h = 0 = Qh = h =

    Q1 = 1

    Q2 = 2

    ...

    Qn = n

    (0.71)

    che rappresentano n equazioni differenziali del secondo ordine nelle n funzioni incognite qh(t).Integrandole (ammesso che cio` sia possibile...) si ottengono tali funzioni e, cioe`, il moto delsistema olonomo.Si dimostra che sussiste il seguente legame tra i binomi lagrangiani h e lenergia cinetica T delsistema olonomo

    h =d

    dt

    T

    qh Tqh

    Valendosi di tale identita`, le equazioni (0.71) si possono riscrivere cos`

    d

    dt

    T

    qh Tqh

    = Qh (h = 1, 2, ..., n) (0.72)

    Le (0.72) si chiamano equazioni di Lagrange.

    Equazioni di Lagrange nel caso di forze conservative

    Nel caso particolarmente importante in cui la sollecitazione attiva sia posizionale e conservativa,sappiamo che Qh = U/qh. In tal caso, le (0.72) diventano

    d

    dt

    T

    qh Tqh

    =U

    qh(0.73)

    che, ponendoL = T + U , (o L = T V ) ,

    si possono riscrivere nella forma

    d

    dt

    Lqh

    Lqh

    = 0 (h = 1, 2, ..., n) (0.74)

    La funzione L(qh, qh; t) e` la funzione lagrangiana del sistema.Integrali primi del moto in ambito lagrangiano

    Quando il moto di un sistema meccanico e` governato da una lagrangiana L e` possibile dare ladefinizione di coordinata ciclica (o ignorabile).

    Definizione 0.40 Una coordinata lagrangiana qh si dice coordinata ciclica (o ignorabile) senon compare esplicitamente nella funzione lagrangiana.

  • 53

    In tale caso L risulta indipendente da qh e si haLqh

    = 0

    Di conseguenza lequazione di Lagrange corrispondente alla variabile qh diviene

    d

    dt

    Lqh

    = 0 (0.75)

    e quindi:Lqh

    = costante (0.76)

    che rappresenta un integrale primo del moto. In meccanica analitica la quantita` L/qh si chiamamomento coniugato (o associato) alla coordinata qh e si indica con ph:

    phdef=

    Lqh

    La (0.75) si puo` quindi riscrivered

    dtph = 0

    e la (0.76)ph = costante

    Vale, cos`, il seguente:

    Teorema 0.34 Il momento coniugato ad una variabile ciclica si conserva.E` anche possibile avere, in ambito lagrangiano, lintegrale primo della energia meccanica totale.Infatti vale il seguente:

    Teorema 0.35 In un sistema meccanico soggetto a vincoli indipendenti dal tempo e sollecita-to da sole forze conservative, si conserva l energia meccanica totale.

    Piccole oscillazioni

    Il formalismo lagrangiano ci permette di studiare, nella forma piu` appropriata, limportanteproblema dei piccoli moti di un sistema conservativo nell intorno di una sua posizione di equi-librio stabile. Tale studio si effettua linearizzando le equazioni differenziali del moto del sistemanell intorno della suddetta configurazione; le equazioni cos` approssimate si possono integrareanaliticamente fornendoci, in tal modo, tutte le informazioni che cerchiamo. Per potere applicarela metodologia che ora illustreremo, il sistema meccanico deve essere:

    olonomo; soggetto a vincoli fissi; sottoposto a forze conservative.

  • 54

    La linearizzazione delle equazioni differenziali del moto del sistema si effettua approssimando lafunzione potenziale U e lenergia cinetica T del sistema in un intorno della configurazione stabileq. A tal fine, si sviluppano in serie di Taylor tali funzioni troncando lo sviluppo al secondoordine.Lo sviluppo della funzione potenziale U = U(ql) (l = 1, 2, ..., n; numero di gradi di liberta` delsistema) ha la forma

    U(ql) = U(ql ) +{U

    qh(ql )

    }(qh qh) +

    12

    {2U

    qhqk(ql )

    }(qh qh)(qk qk) + ... (0.77)

    I termini2U

    qhqk(ql )

    rappresentano gli elementi della matrice hessiana H valutati nella posizione q. Inoltre, poiche`q e` una posizione di equilibrio, in essa si annulla la derivata della funzione potenziale U

    U

    qh(ql ) = 0

    e, quindi, lo sviluppo (0.77) si riduce a

    U(ql) U(ql ) =12{Hhk} (qh qh)(qk qk)

    E` comodo, infine, introdurre le seguenti coordinate relative alla configurazione di equilibriostabile

    zh = qh qh (zh = qh , zh = qh)In tal modo il potenziale approssimato U (che indicheremo dora innanzi con U) puo` essere, indefinitiva, scritto (U(ql ) e` una costante trascurabile)

    U =12Hhkzhzk

    ove Hhk rappresenta la matrice hessiana calcolata nella posizione di equilibrio stabile q.

    Per approssimare lenergia cinetica T del sistema, lo sviluppo in serie deve essere arrestato allordine zero perche`, dato che i vincoli a cui e` soggetto il sistema sono supposti fissi, lenergia cinet-ica e` una forma quadratica omogenea nelle q. Pertanto, lo sviluppo si presenta semplicementecos`:

    ahk(ql) = ahk(ql ) ahkche e` la matrice della energia cinetica calcolata nel punto di equilibrio stabile. Ne segue:

    T =12ahkzhzk

    La funzione lagrangiana approssimata a forma quadratica (L) e`, dunque, infine

    L = T + U =12ahkzhzk +

    12Hhkzhzk

  • 55

    A partire da tale funzione possiamo ottenere le seguenti equazioni di Lagrange del moto linearizzate

    d

    dt

    (Lzj

    ) Lzj

    = 0 (j = 1, 2, ..., n) (0.78)

    Non e` difficile verificare cheLzj

    = ajkzk ,Lzj

    = Hjkzk

    e, in tal modo, le (0.78) diventano

    ajkzk Hjkzk = 0 azHz = 0

    Si tratta di un sistema di n equazioni differenziali lineari del secondo ordine, omogenee e a coeffi-cienti costanti che descrivono le piccole oscillazioni del sistema nellintorno di una configurazionedi equilibrio stabile.