Archeologia medioevale a Trezzo sull'Adda

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  • 8/20/2019 Archeologia medioevale a Trezzo sull'Adda

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    CONTRIBUTI DI ARCHEOLOGIA 

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     archeologia medievale

     a trezzo sull’adda il sepolcreto longobardo e l’oratorio di san martino

    le chiese di santo stefano e san michele in sallianense

    a cura disilvia lusuardi siena e caterina giostra 

    VITA E PENSIERO

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    PRESENTAZIONI  IX 

    INTRODUZIONE  ‘Archeologia medievale a Trezzo sull’Adda’: primi risultati del progetto, Silvia Lusuardi Siena  XIII

    Trezzo e il suo territorio

    Inquadramento geomorfologico del territorio di Trezzo, Claudio Corno 3Da ‘* Treitio’ a ‘Trecio’. La gestione del territorio tra romanità e medioevo, Mariavittoria Antico Gallina 8Insediamento e proprietà della terra nell’alto medioevo a Trezzo sull’Adda, Marilena Casirani 27L’assetto insediativo di Trezzo sull’Adda: l’abitato e il castello, Simona Sironi 40

    La Cascina San Martino

    LE INDAGINI ARCHEOLOGICHE

    Lo scavo, Silvia Lusuardi Siena 73 Analisi delle strutture murarie, Serena Strafella 119

    LE PREESISTENZE ROMANE E TARDOANTICHE

    Le fasi di frequentazione di età romana, Furio Sacchi 131Le attività artigianali, Elisa Grassi 142I resti botanici dalla cisterna romana e da altre strutture, Elisabetta Castiglioni, Mauro Rottoli 144

    LE SEPOLTURE LONGOBARDE

    Catalogo delle tombe e dei corredi, Caterina Giostra 152Gli individui inumati: studio antropologico, Annalisa Conzato, Luisa Gambaro, Andrea G. Drusini 202

    L’analisi del DNA antico, David Caramelli 215 Analisi dei corredi e delle offerte, Caterina Giostra   218

    La tomba inviolata del giovane armato (t. 13) 218La tomba della fanciulla e le altre sepolture 235

    Le croci in lamina d’oro 246I vaghi di collana 255I pettini   274La ‘Blechkanne’, Margherita Bolla 288Il bacile di bronzo con piede traforato, Marina Castoldi 295

    I resti organici dalle sepolture (legni, tessuti e cuoi), Mauro Rottoli, Elisabetta Castiglioni 308Le analisi archeozoologiche: consumi alimentari e offerte funerarie, Silvia Di Martino 321I fili d’oro dalla tomba 12, Mauro Rottoli 327I fili aurei longobardi: la tessitura con le tavolette e la lavorazione del broccato, Caterina Giostra, Paola Anelli 335Perle vitree dalle necropoli longobarde in Italia. Natura dei materiali e tecniche di lavorazione, Marco Verità 355

    Le perle vitree: studio tipologico e analisi archeometrica a confronto, Caterina Giostra 379Il confronto con un sito bizantino: Cròpani (CZ), loc. Basilicata, Margherita Corrado 382

    I vaghi di collana in ambra e almandino, Diego Bernini, Franca Caucia, Alessandra Spingardi 385L’intervento di restauro dei materiali con osservazioni sulle tecniche metallurgiche, Vittoria Castoldi Formica 392

    INDICE

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    L’ORATORIO FUNERARIO DI SAN MARTINO

    Il capitello altomedievale reimpiegato nelle murature della sagrestia, Paola Piva 405La chiesa di S. Martino nella testimonianza degli Atti delle visite pastorali, Simona Sironi 410Chiese funerarie di fondazione privata in ambito rurale tra tarda antichità e alto medioevo:qualche spunto di riflessione, Elena Spalla 416

    I MANUFATTI

    Le monete, Claudia Perassi 446Le pareti sottili, Filippo Airoldi    450Le lucerne, Elisa Grassi 454Le terre sigillate norditaliche e galliche, Filippo Airoldi 456Il vasellame fine tardoantico. Importazioni mediterranee e produzioni norditaliche, Serena Massa 462Le anfore, Silvia Bocchio, Luca Villa 467La ceramica d’uso comune 472

    Cronotipologia e corpi ceramici, Mariagrazia Vitali, Elena Monti 472La ceramica d’uso comune, Mariagrazia Vitali 475La ceramica longobarda, Mariagrazia Vitali 497

    I vetri, Marina Uboldi 499

    La ceramica invetriata, Marco Sannazaro 507La pietra ollare, Marco Sannazaro 510Oggetti in metallo e in osso, Marco Vignola, Filippo Airoldi 516I prodotti laterizi, Marina Uboldi 520Gli intonaci dipinti, Angela Borzacconi 523

    Indagini scientifiche su campioni di malta, Roberto Bugini, Luisa Folli 536Le ceramiche rivestite tardo e post-medievali, Sergio Nepoti 541

    La chiesa di S. Stefano in Valverde

    La chiesa di S. Stefano in Valverde: lo scavo e le visite pastorali, Simona Sironi 553I materiali scultorei della chiesa medievale, Paola Piva 568

    Gli individui inumati: studio antropologico, Annalisa Conzato, Luisa Gambaro, Andrea G. Drusini 573

    Il ‘vicus Salianensis’ e le indagini presso la chiesa di S. Michele

    La localizzazione di Sallianense: dalle ricerche di archivio alle ricognizioni di superficie, Marilena Casirani 581Il toponimo ‘vicus Salianensis’, Riccardo Chellini, Giovanni Uggeri 588

    ‘In vico Salianense’: lo scavo presso la chiesa di S. Michele, Caterina Giostra 590L’ottavo di siliqua di Pertarito, Claudia Perassi 607La ceramica, Elena Monti 610I metalli, Marco Vignola 616Tegola con bollo ‘†SENOALD†’, Marina Uboldi 618

    Gli individui inumati: studio antropologico, Lanfredo Castelletti, Anny Mattucci, Valentina Monaldi, Adele Romeo 623Pratiche di seppellimento, Elena Dellù 629

    L’ARISTOCRAZIA LONGOBARDA NEL TERRITORIO DI TREZZO SULL’ADDA: ALCUNE CONSIDERAZIONI FINALI,Silvia Lusuardi Siena, Caterina Giostra    635

     Appendice documentaria 

    Il testamento di Liutefredo (998 gennaio 15, Pavia), trascrizione e traduzione di Marilena Casirani 647Trezzo nelle fonti documentarie (VIII-XV secolo), Simona Sironi 650Le visite pastorali delle chiese di San Martino, Santo Stefano e San Michele, trascrizione di Simona Sironi 662

    Bibliografia, a cura di Filippo Airoldi e Simona Sironi 673

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    I fili aurei longobardi: la tessitura con le tavolette

    e la lavorazione del broccato*Caterina Giostra, Paola Anelli 

    Nell’Edda poetica, nel secondo carme di Gudrún, sitrova un verso per il quale è stata proposta anche la seguente traduzione: «Fanciulle unne che tessono fa-sce d’oro con le tavolette [...]»1. La descrizione men-zionerebbe la tecnica utilizzata nell’alto medioevo perrealizzare bande variamente ornate da motivi policro-mi e che consentiva anche, grazie a una particolare la-vorazione, l’inserimento in trama di fili d’oro o d’ar-gento per la produzione di bordure di broccato: la tessitura con le tavolette2. Il presente lavoro si propo-ne di recuperare le principali nozioni tecniche sul me-todo di base e sulla sua applicazione nel broccato e di

    analizzare le più significative testimonianze scritte, ar-cheologiche e iconografiche in merito, al fine di risa-lire al processo di realizzazione delle bande in filid’oro trovate nelle tombe longobarde italiane e di ri-percorrerlo riproducendo alcune attestazioni3.

    La tecnica di base 

    Lo strumento di lavoro presenta una struttura moltosemplice (figg. 1 e 2)4. Due elementi sufficientementedistanziati fra di loro e in genere fissati a un supportoorizzontale servono a tendere i fili dell’ordito alle due

    * La parte sperimentale, condotta dalle due autrici, è stata possibile gra-zie alle competenze tecniche e alla consolidata esperienza di tessitura a mano di Paola Anelli; la ricerca storica e la stesura del testo si devono a Caterina Giostra. Le foto della sperimentazione sono di Marcello Gio-stra: a papà, che ci guardava lavorare curioso, ‘spipacchiando’ in silen-zio, è dedicato questo lavoro, che non ha potuto vedere finito.1 «Hunskar meyjar / paer’s hlada spjoldum / ok gøra gullfargt »: nella maggior parte delle edizioni critiche il termine spjoldum viene piùgenericamente messo in relazione con il telaio o con la tessitura; ciò,anche a causa del fatto che si ignora quale parola venisse usata innorreno per indicare le tavolette. Tuttavia, termini vicini per etimo-logia quali spjald, usato ancora di recente in Islanda per indicare la tessitura con le tavolette (spjaldvefnadur ), e spelte , che ricorre in poe-mi alto-tedeschi di XIII e XIV secolo associato alla lavorazione deifilati, sono stati interpretati come tavolette per la tessitura (fin dallostudio di K. Weinhold del 1899 Die Spelte und die Drihe, « Zeitschrift des Vereins für Volkskunde », 9). Questa è la lettura accolta per il passodell’Edda da esperti di storia e tecnica della tessitura con le tavolettequale, fra gli ultimi e più autorevoli, Peter Collingwood (COLLIN-GWOOD 1982, ultima edizione 2002 alla quale ci si è rifatti, p. 19,con disquisizione critica sul termine alla quale si rimanda). L’Edda poetica ci è pervenuta tramite un manoscritto del XIII secolo, il Co-dex Regius attualmente conservato a Reykjavík (n. 2365, 4°), ma è ilfrutto di una secolare rielaborazione da parte della tradizione orale esi ritiene che l’ultima stesura del secondo carme di Gudrún risalga alla metà del X secolo (Il canzoniere eddico 2004, p. XIII).2 In lingua tedesca essa viene chiamata Brettchenweberei , traduzione let-terale dell’islandese spjaldvefnadur , e in ambito anglosassone tablet wea-ving ; dal momento che le testimonianze moderne e contemporanee ve-dono spesso l’impiego del cartone per la realizzazione delle tavolette, in

    francese si è imposta l’espressione tissage aux cartons, in America si parla di card weaving, in Italia e in Spagna rispettivamente di ‘tessitura a car-toni’ o ‘armatura a cartoni’ e armura de cartones ; tuttavia, in questa sede,trattando di fasi anteriori alla diffusione del cartone e di strumenti rea-lizzati in altri materiali, si è preferita la definizione ‘tessitura con le ta-volette’ (anche nella traduzione italiana del testo inglese di R  ÆDER K NUDSEN 2002 l’espressione è stata resa con ‘tessitura a tavolette’).3 In Italia, le analisi tecniche finora condotte sui resti di broccato au-reo di età longobarda hanno prodotto un inquadramento prevalen-temente descrittivo dei reperti e hanno puntato a decifrare il motivodecorativo originario sulla base delle impronte lasciate dall’orditosulla trama d’oro, oltre a ipotizzarne l’impiego nell’abbigliamento(FORMIGLI 1972 per Arezzo, colle di Pionta; M ASPERO 1987 per Tre-violo (BG); M ASPERO 1990 per Cividale, S. Stefano; R OTTOLI 2004per Mantova, Battistero; R OTTOLI supra , per Trezzo, S. Martino e al-tri siti). Risulta invece ancora irrisolta la questione del metodo di tes-situra, pur affrontata in C ASTELLETTI - M ASPERO - PONTIGGIA 1986(sul nucleo nobiliare di Trezzo sull’Adda, via delle Rocche), lavorosul quale si tornerà oltre. Inoltre, esistono analisi chimiche della lega dell’oro e osservazioni sul metodo di realizzazione delle laminette,aspetti – non strettamente pertinenti al presente contributo – suiquali si darà qualche cenno più avanti.4 Assai estesa è la letteratura, soprattutto di ambito anglosassone,scandinavo e tedesco e risalente alla fine del XIX secolo, su questa tec-nica di tessitura, anche con analisi delle testimonianze antiche e af-fondi etnografici. Tra i più poderosi e dettagliati contributi si segnala COLLINGWOOD 2002 (prima edizione 1982), con ampia bibliografia commentata, oltre al chiarissimo manuale di SNOW - SNOW 1975(versione originale 1973). Inoltre: BIRD 1974; JOLIET - JOLIET 1975;SUTTON - HOLTOM 1975; LENZ 1976; K  ATZ 1977; GEIJER 1979;

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    estremità; fra questi, una serie di placchette forate èl’espediente, peculiare della tecnica in analisi, che per-mette di dividere l’ordito in due livelli differenti –creando il ‘passo’ al filo di trama che vi passa in mezzo– e anche di cambiare, mediante la rotazione, la se-quenza dell’ordito in svariate combinazioni (funzioniche nei telai più complessi vengono svolte dai licci).

     Altri attrezzi necessari sono: la spoletta, intorno alla quale è avvolto il filo di trama e che serve a far passare

    questo nell’apertura dell’ordito; un battitore, per ser-rare la trama; a volte, un distanziatore – a pettine o a barra con sequenza di fori passanti – posto dietro alla fila di tavolette per separare i fili delle singole piastri-ne e agevolare la rotazione delle stesse negli spazi giu-sti (si vedano più avanti le rappresentazioni antichesu arazzo della tecnica di tessitura, figg. 7-9).Le tavolette, di materiale rigido, hanno forma geome-trica regolare: prevalentemente quadrate con quattrofori agli angoli, esse possono essere anche rettangolario quadrate con due fori lungo due lati opposti, oppu-

    re triangolari o esagonali con un foro a ogni angolo;gli spigoli arrotondati ne facilitano la rotazione. Inciascun foro viene infilato un filo d’ordito, nella stessa placchetta tutti nella stessa direzione: la sequenza continua delle tavolette nella posizione di un mazzodi carte determina la separazione dei fili passanti neifori superiori da quelli nei fori inferiori.

    Le tavolette possono ruotare: passando al lato suc-cessivo (nel caso di tavolette quadrate ruotando diun quarto di giro) cambia la combinazione dei filisuperiori e di quelli inferiori e si crea una diversa apertura dell’ordito5. L’operazione ritorce i fili della tavoletta su se stessi e forma una ‘corda’ (che con letavolette quadrate sarà di quattro capi); ne deriva una struttura del tessuto data dall’accostamento del-le corde tenute insieme dal filo di trama, che confe-

    risce al manufatto maggiore robustezza e resistenza,oltre che spessore (figg. 2-3). Un effetto rilevante ditale lavorazione è che essa rende visibili su entrambele facce della banda solo i fili dell’ordito, mentre la trama resta all’interno delle corde, coperta dalla tor-sione dei fili stessi, e fuoriesce solo ai due marginidel lavoro dove cambia direzione: si ha il cosiddetto‘effetto ordito’.La torsione dei fili d’ordito può avvenire nelle due di-rezioni, dando luogo a corde a S o a Z: ciò dipende da due fattori, ovvero la direzione con cui vengono infilati

    i fili nelle tavolette (nella fig. 2 alternando la direzionea ogni tavoletta) e il senso di rotazione delle tavolettestesse (in avanti o indietro). Se l’ordito viene infilato inun’unica direzione e le tavolette vengono ruotate insie-me, tutte le corde avranno lo stesso senso di torsione(fig. 3b)6; se per metà dell’ordito viene invertita una delle due componenti (inserimento dei fili o rotazione

    SCHLABOW 1981; H ANSEN 1990; STOLTE 1990a; CROCKETT 1991 e1994. A questi si rimanda per ulteriori approfondimenti tecnici, peri modelli dei decori più significativi e per le modalità di rifinitura.5 Durante la lavorazione ogni tavoletta quadrata conserte quattro di-verse combinazioni di fili con relative aperture dell’ordito.6 Qualora la rotazione delle tavolette avvenga sempre nello stesso

    senso, nel tratto di ordito retrostante le tavolette si produrrà una tor-sione inversa, ma continua (fig. 2) (mentre il cambiamento del sensodi rotazione scioglie i fili del tratto posteriore dalla torsione già pro-dotta): l’ordito si restringerà progressivamente e quindi almeno unperno di fissaggio dovrà essere mobile e avvicinabile, per mantenerecostante la tensione dei fili.

    Fig. 1. Telaio a tavolette utilizzato per la riproduzione di fasce con broccato.

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    Fig. 2. Rappresentazione schematica della tecnica di tessitura in analisi (rielaborata da COLLINGWOOD 2002).

    Fig. 3. a: la lavorazione; b: banda prodotta con la rotazione di tutte le tavolette nella stessa direzione; c: con rotazione differente nelle due metà;d: con direzioni alternate ogni due tavolette.

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    delle tavolette) si darà luogo a un andamento a spina di pesce unica (fig. 3c); inversioni più frequenti molti-plicano il motivo (fig. 3d), fino all’alternanza continua di singole tavolette con fili montati nei due sensi cheprodurrà la sequenza di una corda a S e una a Z (si ve-da più avanti la fig. 15, le porzioni scure).Ma le potenzialità del metodo di lavorazione vengonosfruttate al meglio utilizzando differenti colori nel-l’ordito: inserendo nelle tavolette più tonalità secon-do sequenze prestabilite, ognuna di esse comparirà nell’ordine superiore del ‘passo’ secondo ritmi studia-ti, in modo da comporre i motivi decorativi. Se conil procedere della tessitura un colore compare semprenella corda accanto si formerà una linea diagonale, seresta nella stessa posizione una verticale; una sequenza di fili d’ordito dello stesso colore ripetuta per vari giridi trama (detti ‘andamenti’) forma figure piene.La lavorazione più ‘ardita’ prevede l’impiego di unnumero elevato di tavolette e la realizzazione di moti-vi diversificati e complessi, magari per tessuti in partedouble face come la stola di S. Ulrico (si veda piùavanti la fig. 13) fatta con 134 tavolette: in questo ca-so esse vengono divise in gruppi, che sono separati edisposti lungo l’ordito a diverse altezze, così da facili-tare le differenti rotazioni e varianti di lavorazione7.Un abile impiego di sequenza cromatica dell’ordito, di-rezione di inserimento dei fili e senso di rotazione delletavolette – che può cambiare durante la lavorazione in-teressando le singole tavolette secondo le combinazioni

    più svariate – permette di comporre motivi anche mol-to sofisticati: una tecnica di tessitura geniale, dal mo-mento che si basa su uno strumento assai semplice, ma dalle enormi potenzialità data l’estrema versatilità. Essa risulta particolarmente interessante soprattutto inmancanza di telai più complessi; la circostanza è pro-pria dell’Europa altomedioevale, dal momento che nonsembrano diffusi i telai orizzontali con subbi (per arro-tolare ordito da un lato e tela dall’altro), licci e pedaliper complesse lavorazioni, ma solo tecniche e strumen-ti più semplici come quelli verticali, che pure potevano

    prevedere sistemi per complesse combinazioni dell’or-dito, ma prestabilite e meno numerose.Unico limite la larghezza del manufatto: questa di-pende non solo dallo spessore del filato, ma soprat-tutto dal numero delle tavolette impiegate (e quindi

    dei fili d’ordito), che, anche divise in gruppi, devonocomunque essere manipolate manualmente. È questa la ragione per cui il metodo è impiegato per la realiz-zazione di bande strette e lunghe (per cinture, stole li-turgiche, fasce di varia funzione e soprattutto bordu-re) o al massimo per teli di limitata larghezza. La di-stanza tra i due elementi portanti costituisce invece la lunghezza raggiungibile con la tessitura dell’intero or-dito. In realtà essa non ne limita lo sviluppo: è possi-bile infatti annodare intorno al perno finale un orditopiù lungo, che viene sciolto progressivamente durantela lavorazione, mentre la banda tessuta viene fatta scorrere e trattenuta a pressione tra le due bacchetteposte all’estremità opposta (fig. 1)8.Numerose sono le varianti di lavorazione note9. Nel ca-so di piastrine quadrate, la loro disposizione a rombo(fig. 4a) divide l’ordito non più in due ma in tre livelli(il filo nel foro del vertice superiore, i due lungo la dia-gonale mediana e quello del vertice inferiore) e crea non una ma due aperture sovrapposte per la trama: ciòpermette di realizzare un tessuto di spessore doppio, oanche due tessuti separati fra di loro e con differentedecoro sulle due facce – mediante la rotazione alternata in avanti e indietro – o due tessuti sovrapposti uniti so-lo lungo i due margini (tessitura tubolare).Le tavolette possono avere anche un diverso numerodi fori: larghezza e spessore del tessuto aumentanocon i fori, ovvero con i capi di ciascuna corda. Nel-l’arazzo di Reims Les perfections de la Vierge  (1530)

    (Centre des monuments nationaux, Palais du Tau,Reims) (si veda più avanti la fig. 9) la Madonna tes-se con tavolette esagonali a sei fori. Anche placchet-te di tal fatta possono essere posizionate in due modi(fig. 4d): con un vertice in alto, creando una sola apertura per la trama con tre fili sopra e tre sotto, op-pure appoggiate su un lato piano, dando luogo a dueaperture sovrapposte fra tre coppie di fili; il cambia-mento della posizione in questo caso avverrà con una rotazione di un sesto di giro.Con tavolette triangolari a tre fori si riducono le pos-

    sibilità di comporre differenti motivi; azionate con unterzo di giro, esse creano una sola apertura semprecon due fili sopra e uno sotto (o viceversa); in questocaso il tessuto presenterà strutture differenti sulle duefacce. Alternando invece le tavolette l’una con vertice

    7 Immagini chiare sono state riprese durante la riproduzione speri-mentale proprio della stola di S. Ulrico (STOLTE 1990b, figg. 11 e14). Un altro espediente per controllare la corretta fase di rotazionedelle tavolette è quello di numerarne i fori seguendo un ordine co-stante; anche contrassegnare le tavolette stesse può aiutare a mante-nerle nella giusta sequenza e soprattutto a individuare più veloce-mente quelle da utilizzare in maniera differente.

    8 Il meccanismo sembra documentato anche nel telaio di Oseberg (Norvegia) (fig. 6).9 Non inserire uno o due fili d’ordito in ciascuna tavoletta determina nel tessuto punti privi del filo longitudinale e che lasciano scoperta la trama; è inoltre possibile aggiungere o eliminare progressivamente al-cuni fili dell’ordito per variare la larghezza della banda; la prosecuzionelaterale del filo di trama crea delle frange lungo i bordi; e altro ancora.

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    in alto e l’altra in basso (fig. 4b) oppure ruotando diun sesto di giro, il foro singolo si troverà una volta nellivello superiore dell’apertura e una volta in quello in-feriore, contemporaneamente o a giri alterni. Utensilicon due soli fori possono essere manipolati con rota-zioni di mezzo giro, oppure con un quarto di giro al-ternando una tavoletta con fori in posizione verticalea un’altra con fori orizzontali (fig. 4c). È altresì possi-bile combinare tavolette a due fori con altre a quattro

    fori. Infine, due fili opportunamente combinati inpiastre con 4 fori permettono di riprodurre le arma-ture classiche: tela, saia, satin.

    La tessitura con le tavolette: le testimonianze antiche 

    Questo metodo di tessitura ha una lunga tradizionein estese aree geografiche e numerose culture, dalGiappone, Cina e resto dell’Asia fino all’Africa nord-sahariana e all’Europa fino all’Islanda.

    In passato le tavolette erano fatte di legno, oppure dicorno, osso o avorio, di cuoio o, raramente, di metal-lo. Esse non superavano in genere i cm 5 di altezza,diversamente da quelle recenti che misurano tra i cm7 e i cm 10: le ridotte dimensioni producevanoun’apertura dell’ordito più ridotta, ma agevolavano la rotazione incontrando una minore resistenza dei fili.Probabilmente le più antiche attestazioni attualmentenote sono costituite da due tavolette in avorio qua-drate con un foro a ciascun angolo trovate nel cavo difondazione del tempio persiano di Chouchinak e duein ceramica, una triangolare e una quadrata con fori,da Susa (Persia), del secondo millennio a.C.10 In Eu-ropa, in una tomba di El Cigarralejo, in Spagna (400-375 a.C.) vi erano alcune tavolette quadrate in legnodi faggio di cm 3 di lato con larghi fori agli angoli 11;due tavolette rettangolari in legno forate agli angoli(cm 4,8 x 5,6) vengono da un carro funebre di Dejb-

     jerg Bog, nella Danimarca dell’età del Ferro (fig.5,1)12. Gli esemplari citati hanno le superfici lisce.Per l’età romana i ritrovamenti risultano prevalentinelle provincie settentrionali, di sostrato celtico e ger-manico: le tavolette sono sia triangolari che quadrate

    (fig. 5,2-3), per lo più in osso, con fori angolari e di-mensioni comprese fra i cm 3,2 e i cm 5,613; su una delle due facce compare spesso un decoro geometricodato da incisioni lineari o circolari14. A proposito del-la diffusione dei rinvenimenti a quest’epoca nelle re-gioni centrosettentrionali dell’Europa, appare interes-sate la testimonianza di Plinio (Naturalis Historia,VIII, 196), che scrive: «Plurimis vero liciis texere, quae 

     polymita appellant, Alexandria instituit, scutulis divi-dere Gallia » («Alessandria invero introdusse la tessitu-ra con moltissimi licci, che chiamano  polymita, la 

    Gallia la divisione [dell’ordito, l’apertura del passo]mediante scudetti»)15. La fonte sembra richiamare perl’età classica due tradizioni artigianali differenti, anche

    10 La datazione non è stata precisata (COLLINGWOOD 2002, p. 23).11 HUNDT 1968.12 COLLINGWOOD 2002, p. 24, tavv. 1-2.13 In W ILD 1970, pp. 73, 141-142, la lista dei ritrovamenti annovera 28 siti quasi esclusivamente inglesi e tedeschi; da uno di questi, Ca-erleon, in Gran Bretagna, proviene un esemplare in bronzo.14 A titolo esemplificativo si vedano anche le tavolette da Planig, Triere Mainz (BEHRENS 1925, p. 46, nn. 3-8). Una delle tavolette triangolaridi Trier (BEHRENS 1925, n. 8) presenta i tre fori allungati verso il cen-tro: la circostanza è dovuta all’uso, ovvero alla pressione esercitata du-

    rante la rotazione dai fili d’ordito in tensione infilati nei fori. Un casosingolare è dato da due reperti in osso da Alchester, Oxfordshire: essiinfatti recano sei fori disposti su due file lungo due lati del quadrato,ma i due centrali, dai margini meno consunti e di diametro lievementemaggiore, sono gli unici a non rispettare i motivi ornamentali incisi esembrano un adattamento per poter tessere non solo con quattro, ma anche con due fili per tavoletta (COLLINGWOOD 2002, p. 26, tav. 1).15 Sul passo e in particolare sulla connessione fra il termine scutulum(diminutivo di scutum, lo scudo rettangolare romano) e le tavoletteper la tessitura di bande si veda W ILD 1964, p. 263.

    Fig. 4. Diverse forme delle tavolette e alcuni loro possibili utilizzi.

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    Fig. 5. Tavolette provenienti da siti archeologici. 1: Dejbjerg Bog, Danimarca (età del Ferro); 2: Wroxeter, Gran Bretagna (II d.C. secolo); 3: Alchester, Gran Bretagna (età romana); 4: Mannheim, Germania (VI-VII secolo); 5-6: Bruchsal; Bischofsburg; Sülchen; Wehringen, Germania (VI-VII secolo); 7: Starom Meste, Rep. Ceca (IX secolo) (da COLLINGWOOD 2002; Die Franken 1996; B ANCK -BURGESS 1997); 8: Noli (VIII-IX secolo) (DE V INGO 2007).

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    se non necessariamente esclusive: l’una, più diffusa nel Mediterraneo, che padroneggiava i più complessitelai con i licci; l’altra, di origine preromana e persi-stente soprattutto nel sostrato autoctono delle provin-cie settentrionali, legata alle ampie potenzialità delpur semplice telaio con le tavolette. In Egitto solo piùtardi, nel periodo copto, il metodo con scutula è te-stimoniato dal ritrovamento ad Antinoe di 25 tavo-lette quadrate (cm 4 x 4) in legno di sicomoro conquattro fori angolari e superficie liscia 16.Presso le popolazioni barbariche la persistenza delmetodo di tessitura delle bande è provata dal reiteratoritrovamento di tavolette in siti soprattutto franchi(come Mannheim, Baden-Württemberg, fig. 5,4)17 ealamanni (come Bruchsal, Bischofsburg, Sülchenpresso Rottenburg, fig. 5,6, Wehringen, fig. 5,5, inGermania meridionale)18, ma anche anglosassoni:una tavoletta in bronzo quadrata (cm 2,5 x 2,5) da una tomba femminile di Berinsfield (Oxfordshire)(IV secolo), una in osso decorato da incisioni da una tomba femminile di Kingston (Kent), un’altra dal sitodi West Stow 19. Nell’esteso villaggio alamanno di

     Wehringen (Baviera) in particolare, varie Grubenhäu-sern erano adibite alla tessitura con telai verticali – te-stimoniati dai tagli nel piano d’uso e dai pesi ancora in posto – e con strumenti a tavolette, oltre che alla filatura: verosimilmente si trattava di un insediamen-to a vocazione artigianale (vi si lavorava anche il fer-ro), in un’area dal clima favorevole alla coltivazione

    del lino20. La diffusione del metodo di tessitura inesame nell’Italia altomedievale è provata da qualchetavoletta in osso rinvenuta in contesti quali il villag-gio altomedievale di Noli, in Liguria (fase di VIII-IX secolo) (fig. 5,8)21, oltre che – come si vedrà – da restidi tessuto trovati in tombe longobarde.Una testimonianza di eccezionale rilievo, data la con-servazione dell’intero telaio, è tornata alla luce con ilcorredo della tomba attribuita alla regina Asa nella nave funeraria di Oseberg, in Norvegia (metà IX se-colo ca.). Per la vita nell’Aldilà, infatti, la nobile de-

    funta fu dotata anche di un telaio con ordito monta-to e in fase di tessitura (fig. 6a): una banda di linocon complessi motivi in trama a rilievo (broccato)era ancora trattenuta da un lato dalle due bacchette

    che consentono di far scorrere il lavoro eseguito etessuta dall’altro con l’impiego di 52 tavolette di le-gno quadrate a spigoli arrotondati trovate ancora al-

    lineate (fig. 6b); il lungo ordito era arrotolato all’altra estremità del telaio22. In una tomba femminile diLund, in Svezia, invece, si trovava una tavoletta conquattro fori in osso recante un’iscrizione runica piut-tosto enigmatica: se il contesto è stato ricondotto al1200 ca., i caratteri delle rune hanno suggerito una datazione più vicina al 1000; la possibile traduzione«Sigrardh, [figlio] di Ingmar lo possiede. [Esso] puòvincere il mio dolore» ha fatto supporre che durantel’uso prolungato dell’oggetto vi sia stata anche una funzione apotropaica 23. Infine, due tavolette quadra-

    te di cm 3,5 di lato trovate nel laboratorio di un ar-tigiano dell’osso di IX secolo a Starom Meste (Rep.Ceca) presentano la particolarità di un foro centraledi diametro maggiore rispetto ai buchi agli angoli

    16 COLLINGWOOD 2002, tav. 4.17 Die Franken 1996, p. 1036, Kat. X.1.17.18 B ANCK -BURGESS 1997, fig. 421; Grubenhaus und Brettchenweber 2005, pp. 47-49.19 COLLINGWOOD 2002, p. 24; W EST 1985, fig. 227.20 Grubenhaus und Brettchenweber 2005, pp. 47-49.21 DE V INGO 2007, fig. C, lastrina presentata in termini generici,ma identificabile come tavoletta da tessitura.

    22 GRIEG 1928; VAN SCHELTEMA 1929; INGSTAD 1982 e 1988. Il ri-trovamento comprendeva anche alcune bande e bordure finite, tes-sute con il metodo delle tavolette.23 BQT 1948. Da sepolture altomedievali di Anduln, presso Klaipe-da, in Lituania, provengono numerosi frammenti di bordure di tes-suti realizzate con le tavolette e molte tavolette in bronzo rettangolariin miniatura (cm 1,1 x 2,7 ca.), insieme a un ago e una spada da te-laio (GÖTZE 1908).

    Fig. 6. a: telaio montato dalla nave funeraria vichinga di Oseberg,Norvegia (metà IX secolo ca.); b: alcune delle tavolette lignee dellostesso (foto: Museum of Cultural History, University of Oslo).

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    (fig. 5,7)24: questo poteva servire a inserire all’internodelle ‘corde’ – formate dalla torsione dei quattro filid’ordito con la rotazione delle tavolette – un’anima di maggiore spessore che irrobustiva il tessuto; oppu-re, vi passava un filo per legare le tavolette quandonon erano in uso25.Oltre ai reperti relativi ad antichi telai26, utili testimo-nianze storiche sul procedimento e sugli strumenti del-la tessitura con le tavolette sono offerte da alcune scenedi lavoro raffigurate in manoscritti del XV secolo earazzi del XVI. I Libri delle Ore conservati presso la Bo-dleian Library di Oxford (ms Douce 144, fol. 19) el’Osterreichische Nationalbibliothek di Vienna (ms1855, fol. 25) (figg. 7-8), rispettivamente del 1407 edel 1420-30, vedono la Vergine Maria ritratta nell’attodi tessere proprio con telai del nostro tipo27. In entram-bi i casi, i supporti verticali, ai quali è annodato l’orditoalle due estremità, sono fissati a una base a terra (e nonda tavolo) e raggiungono l’altezza della tessitrice sedu-ta; in un caso la superano e sono raccordati in alto da un ulteriore elemento trasversale. La lunghezza dell’or-dito, fissato senza possibilità di slittare, è considerevole,così la tessitrice è seduta a lato di esso. Una spessa bac-chetta con fori passanti allarga e separa i fili dell’ordito,presumibilmente delle singole tavolette, facilitando la rotazione di queste28; l’operazione è chiaramente ripro-dotta nel manoscritto austriaco, dove le due mani della Madonna sono disposte ai lati della banda e girano il

    ‘mazzo’ di tavolette. In entrambi i casi, l’attrezzo perbattere la trama sembra a forma di piccola spada.Nell’arazzo Les perfections de la Vierge , del 1530, con-servato al Centre des monuments nationaux, Palaisdu Tau di Reims (fig. 9), l’attività scelta per nobilitareil lavoro domestico di Maria è ancora la tessitura conle tavolette29. La lavorazione si svolge fra due alte co-lonne: l’ordito è avvolto attorno a una di esse e sem-bra più lungo, quindi destinato a scorrere, mentrel’inizio del lavoro è annodato a un meccanismo na-scosto dall’altra colonna e apparentemente autonomorispetto a essa. La fascia tessuta mostra un raffinatoquanto sofisticato decoro vegetale, che ha richiesto unordito di più colori gestito mediante l’impiego di ta-volette esagonali a sei fori, per altrettanti fili ciascuna;questi, poi, restano separati passando nel distanziato-re a bacchetta, con un numero di fori uguale a quellodelle tavolette30. Il battitore sembra essere di legno epresenta le estremità molto arrotondate.Ma, naturalmente, gli indicatori privilegiati della dif-fusione della tecnica di lavorazione, nonché delle mo-dalità d’impiego e della destinazione d’uso, rimango-no i resti di tessuto che si sono conservati. Le attesta-zioni più antiche mostrano un uso di questo tipo ditessitura non solo per eseguire bande separate, ma an-che per le bordure all’inizio, alla fine e ai due latidella stoffa realizzata con telai verticali con orditomantenuto teso dai pesi. La bordura di inizio poteva 

    24 STANKOVA 1967; COLLINGWOOD 2002, p. 25, tav. 6.25 Un foro centrale quadrato può servire a infilare un’asticella cheblocca nella corretta posizione le tavolette durante la pausa, oppurepuò aiutare a girare il ‘mazzo’ (COLLINGWOOD 2002, pp. 27 e 59).26 Oltre a quelli menzionati, alcuni oggetti metallici da scavi tedeschisono stati interpretati come battitori per telai a tavolette (HUNDT1974). I battitori in genere dovevano essere a forma di coltello o dipiccola spada e potevano essere in legno o in metallo; quelli analiz-zati nel contributo tedesco presentano un incavo rettangolare al cen-tro della lama, della larghezza approssimativa di una banda tessuta con le tavolette e quindi è stato ritenuto che si trattasse del punto dibattitura. Tuttavia, l’ipotetica attribuzione funzionale dei reperti re-sta al momento indimostrabile. Più in generale, sono state espresseperplessità sull’identificazione funzionale delle ‘spade da telaio’ inferro presenti in tombe femminili longobarde, alamanne, anglosas-soni e turingie; da ultimo, lo stimolante lavoro di Vasco La Salvia (L A S ALVIA 2008) ne ha evidenziato alcune incongruenze, per le qua-li peraltro non si escludono possibili spiegazioni. In particolare, l’esi-stenza di reperti di dimensioni variabili (anche inferiori a quelle ‘ca-noniche’) potrebbe dipendere da più tipi di telaio (non solo quelliverticali con i pesi in fondo, come dimostra lo stesso telaio con le ta-volette), per la lavorazione di teli o bande di diversa larghezza; inol-tre, la deposizione degli strumenti anche in qualche sepoltura ma-schile – comunque sporadica – potrebbe costituire un lascito affetti-vo di una donna, come a volte sembra succedere per le fusaiole. An-che lo sforzo richiesto dai battitori in ferro usati con telai verticalimuovendo il braccio verso l’alto potrebbe essere ridotto consideran-do altri possibili tipi di strumentazione, con ordito orizzontale; so-prattutto, il ferro poteva assicurare una battuta più efficace del legno

    per compattare le fibre tessili più robuste, soprattutto di natura ve-getale. Piuttosto, proprio l’interessante analisi metallografica all’ori-gine del contributo del La Salvia ha rivelato una struttura partico-larmente complessa del manufatto, con ferro dolce nel nucleo cen-trale e taglienti laterali damaschinati (il contrario delle normali spadedamaschinate): ciò rende improbabile l’interpretazione proposta inalternativa, ovvero che si tratti di materiale grezzo tesaurizzato (una sorta di lingotto) e deposto per ostentare ricchezza, non facilmentereimpiegabile in forme differenti. La particolare lavorazione, checonferisce non al nucleo, bensì alle lame maggior durezza ed elasti-cità, potrebbe rispondere proprio all’attività della continua battuta del tagliente contro la trama e alla necessità di mantenere integro ilfilo, che altrimenti, entrando e uscendo dal passo dell’ordito, avreb-be potuto stuccare qualche filo rimasto impigliato in eventuali irre-golarità del profilo consunto. Tuttavia, solo una migliore conoscen-za, non solo metallografica, ma dei tipi di telaio utilizzati all’epoca edella resistenza offerta dalle fibre tessili più robuste potrà offrire nuo-vi e più certi elementi di valutazione in merito.27 W  YSS 1973.28 Possibili distanziatori a forma di barrette con sequenza di fori sonostati visti in alcuni reperti in osso da Verucchio, t. 102/1972 Lippi(età del Ferro) (R  ÆDER K NUDSEN 2002, p. 229, fig. 103, al centrodella fila superiore).29 Sul legame fra le virtù femminili e lavori quali la filatura e la tessi-tura fra età romana e altomedioevo si vedano i cenni in GIOSTRA 2007a, p. 74 e nota 79.30 Complessivamente le tavolette sembrano essere dieci, un numeroforse limitato rispetto alla larghezza della banda e soprattutto alla complessità del disegno.

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    Fig. 9. Arazzo Les perfections de la Vierge , del 1530, conservato al Centre des monuments nationaux, Palais du Tau, Reims (Musée des Beaux  Arts, Reims) (particolare).

    Figg. 7-8. I Libri delle Ore conservati presso la Bodleian Library di Oxford (del 1407) (ms Douce 144, fol. 19) (foto: Bodleian Library, Oxford)e l’Österreichische Nationalbibliothek di Vienna (del 1420-30) (ms 1855, fol. 25) (foto: Österreichische Nationalbibliothek, Wien) (particolari).

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    essere tessuta per prima, lasciando che la trama for-masse su un lato lunghe frange, che avrebbero costi-tuito l’ordito della stoffa (fig. 11)31; questo, alla finedel lavoro avrebbe fornito la trama per la bordura sulmargine opposto (fig. 12a). I due bordi laterali pote-vano essere tessuti contestualmente alla stoffa (fig.12b), inserendo negli ultimi fili d’ordito del telaioverticale le tavolette (fig. 10); il filo di trama veniva usato in maniera continua anche per la fascia a tavo-lette, oppure alla fine del lavoro, utilizzando le frangeche, giunte al margine esterno della bordura, rientra-vano nel passo successivo e venivano tagliate32.Fra le testimonianze più antiche di questa ricercata rifinitura vi sono due mantelli della t. 89, detta ‘principesca’, di Verucchio, in Emilia Romagna, difine VIII-inizio VII secolo a.C., che videro l’impie-go di tavolette quadrate33; bordure con motivi dieccellente qualità erano anche nella coeva sepoltura 

    31 COLLINGWOOD 2002, pp. 274-277; R  ÆDER  K NUDSEN 2002,fig. 101.32 In questo caso è stato proposto l’uso di vari piccoli pesi per tende-re i fili di ciascuna tavoletta (R  ÆDER K NUDSEN 2002, pp. 228-229,fig. 104); utile il distanziatore per tenerli separati.33 R  ÆDER K NUDSEN 2002, con ricostruzione sperimentale del metodo.

    Fig. 10. Ricostruzione della tessitura a tavolette del bordo della stoffa montata su telaio verticale (da R  ÆDER K NUDSEN 2002).

    Fig. 11. Bordura iniziale a tavolette con trame lunghe per l’ordito delresto della stoffa (da R  ÆDER K NUDSEN 2002).

    Fig. 12. Disegni di bordure nale (a) e laterale (b) tessute contestual-

    mente, da siti anglosassoni del Kent (VII secolo) (da C ROWFOOT1958 e 1967).

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    di Caolino di Asso di Furbara, nel Lazio, fatte contavolette triangolari e quindi con struttura diversa sui due lati34. Per l’età hallstattiana i ritrovamentisono piuttosto frequenti soprattutto in Francia eGermania occidentale, meno in Austria, Cecoslo-vacchia, Ungheria, Svizzera ed ex Iugoslavia 35. Pur-troppo manca un repertorio completo per l’Europa meridionale36.Per i primi cinque secoli della nostra era i resti di tessu-to noti provengono da Norvegia, Danimarca, Finlan-dia, Germania settentrionale e Polonia, spesso favoritinella conservazione da contesti di ambiente paludoso.Bordure di stoffe, ma anche strisce separate, in generein lana con motivi anche double face in giallo, rosso emarrone, vedono l’impiego di tavolette per lo più qua-drate in numero assai variabile (da 6 a 178) con filid’ordito in genere ritorti alternativamente a S e a Z37.Il dato interessante ai fini del nostro discorso è che sia le bande che le bordure solidali con la stoffa in nord-Europa sono attestate anche nel VI e VII secolo (fig.12)38. Anche dall’Italia longobarda sono noti resti ditessuto a tavolette, come quello – in fibra assai fine –rinvenuto nella t. 77 di Romans d’Isonzo, sul retro diuna fibula a staffa 39.Ma a quest’epoca risalgono anche i minuti fili d’orolamellari di trama che dovevano impreziosire le vestinelle più ricche tombe barbariche continentali e insu-lari. Purtroppo, in genere le fibre dell’ordito non si so-no conservate: di esse restano solo le impronte lasciate

    sulla trama metallica e questo impedisce di controllarese i fili fossero ritorti su se stessi, prova indiscutibiledell’esecuzione con l’uso delle tavolette. Tuttavia, neirari casi in cui si è parzialmente conservato anche ilsupporto organico, esso conferma l’uso del telaio a ta-

    volette: nella ricchissima sepoltura anglosassone di Ta-plow, in Buckinghamshire, le 49 corde d’ordito in fi-nissima lana erano attorcigliate; il lavoro, eseguito conplacchette a quattro fori, vede il decoro in trama di filid’oro a rilievo sulla superficie anteriore40.Dall’importante centro commerciale vichingo di Bir-ka, in Svezia (IX-X secolo), provengono 60 bande tes-sute con le tavolette, prevalentemente in seta (spessorossa e/o blu) e broccato in oro e argento41. Altri ce-leberrimi e raffinatissimi manufatti sono della stessa epoca: il cingulum del vescovo di Augsburg Witgarius(ascrivibile agli anni 860-876), in seta rossa e filid’oro double face , con l’oro di sfondo sul fronte e neimotivi sul retro, due aquile e un’iscrizione con il no-me della donatrice, la regina Hemma (fig. 14)42; lebande della veste di s. Cuthbert, trovate nella sua tomba nella cattedrale di Durham e databili fra il 905e il 916, in seta rossa e broccato d’oro43; la stola di s.Ulrico, sepolto ad Augsburg (+ 973), con complessi efitti motivi geometrici e la mano di Dio circondata dalle lettere DEXTERA DEI, in seta bianca e rossa efili d’oro (fig. 13)44. In Italia una banda tessuta con letavolette e con motivi a rilievo di IX secolo è nota an-che da Ravenna 45.Naturalmente, il ritrovamento di tavolette, abbastan-za frequente almeno Oltralpe, prova una diffusionedella tecnica di tessitura anche in centri rurali minori(e forse in ambito domestico), ma non necessaria-mente della lavorazione del broccato aureo negli stes-

    si: esso non prevedeva particolari difficoltà tecniche,ma richiedeva materiali più preziosi e meno reperi-bili, ovvero le sottili laminette in metallo prezioso e ifilati assai fini, fra i quali poteva essere impiegata an-che la seta 46.

    34 R  ÆDER K NUDSEN 2002, pp. 232-233.35 BENDER  JØRGENSEN 1991, p. 123.36 Nella t. 264 del sepolcreto del Kerameikos di Atene (447-438a.C.) un tessuto di lino aveva un bordo di inizio a tavolette (HUNDT1969, p. 132); un analogo ritrovamento in una tomba spagnola diEl Cigarralejo (inizi IV secolo a.C.), che conteneva anche alcune ta-volette (HUNDT 1968).37 COLLINGWOOD 2002, pp. 13-16. Tra le testimonianze più straor-dinarie, vi è un bordo d’inizio di tre corde (tre tavolette) con lunghifili da un lato (l’ordito per il telaio verticale a pesi) ancora intera-mente conservato e trovato nelle paludi di Tegle, in Norvegia (III-V secolo), oltre a tessuti finiti con bordura dello stesso tipo (COLLIN-GWOOD 2002, pp. 14 e 274, tav. 215).38 CROWFOOT 1958 (Finglesham, Kent); CROWFOOT 1968 (Co-ombe, Kent); D ANNHEI MER  1987, p. 90, fig. 62 (Weilenbach,Germania); D ANNH EIME R  1988, pp. 35-36 (Aschheim e Mün-chen-Giesing, Germania); BENDER  JØRGENSEN 1991 (Europa set-tentrionale); COLLINGWOOD 2002 (Europa settentrionale), pp.16-17. Per il periodo copto anche dall’Egitto (Qua el-Kebir) pro-viene una fascia tessuta con le tavolette con motivi centrali rossisu fondo verde e margini di corse blu, rosse e gialle (COLLINGWO-OD 2002, p. 17).

    39 S. Piercy Evans in Longobardi a Romans d’Isonzo 1989, p. 134.40 CROWFOOT - CHADWICK H AWKES 1967.41 GEIJER 1938, 1980 e 1983. Sui tessuti di epoca vichinga gli studisono piuttosto numerosi; si ricordano: H AND 1950 (analisi detta-gliata di tessuti danesi, con ampia sintesi in inglese); INGSTAD 1988(per i reperti norvegesi); PRITCHARD 1988 (bande e tessuti in seta da Dublino); H ANSEN 1990, con riproduzione sperimentale di alcunebande double face e con broccato.42 SCHRAMM - MÜTHERICH 1962. Nel manufatto si contano 90 cor-de in 3,5 cm di larghezza, ritorte alternativamente a S e a Z; misura cm 138 di lunghezza; i tratti trapezoidali terminali sono stati realiz-zati separatamente. Dalla cattedrale della città viene anche una se-conda cintura tessuta a tavolette con iscrizione, in seta rossa al cen-tro, gialla e ancora rossa ai lati (fine IX secolo) (COLLINGWOOD2002, p. 18, tavv. 77-78).43 CROWFOOT 1956.44 STOLTE H. 1990b, con riproduzione sperimentale; il tessuto, largocm 6,5, ha richiesto 134 tavolette. Per le bande anche in broccatod’oro da Winchester (IX-XIV secc.): CROWFOOT 1990.45 W EBSTER - B ACKHOUSE 1991, p. 136.46 Sulla lavorazione specializzata delle laminette auree si veda infra,nota 52.

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    Dopo il 1000 le testimonianze si infittiscono e la tec-nica del broccato si affina; nella Sicilia del XII secoloin particolare, la tessitura con le tavolette raggiungerà livelli virtuosistici47.

    L’ornato a rilievo in trama: il broccato

    La caratteristica più evidente della tessitura con le ta-volette, come si è detto, è che le corde ritorte che essa produce – e che nascondono al loro interno i fili ditrama a esse trasversali – creano un ‘effetto ordito’

    (fig. 3)48. Viceversa, il broccato (che sia in lamined’oro o d’argento o in filati colorati) è costituito da motivi a rilievo dati dai fili di trama (fig. 14b): al disopra di un tessuto che ha già la sua trama e che è la 

    parte essenziale della struttura, il broccato aggiunge –contestualmente alla tessitura – un secondo filo ditrama, con funzione puramente decorativa. Essocompie lunghi passaggi scavalcando l’ordito, conclusidai punti di ancoraggio: sono i fili d’ordito che emer-gono isolati, trattenendo la preziosa trama e dise-gnando i profili del decoro (fig. 15).

    47 COLLINGWOOD 2002, p. 256, tav. 205.48 Per limitate porzioni, la lavorazione può prevedere che la trama nonattraversi il passo, ma scavalchi l’ordito, affiorando in superficie e dan-do luogo a motivi in trama (COLLINGWOOD 2002, pp. 236-239). Tut-

    tavia, il mancato passaggio tra i fili di ordito lascia questo slegato, ren-dendo il tessuto meno solido; senz’altro il procedimento non si presta a eseguire bande interamente decorate da lunghi e costanti passaggi af-fioranti a larghezza piena, come nel caso del broccato barbarico.

    Fig. 13. Stola di S. Ulrico, Augsburg (860-876) (da COLLINGWOOD 2002).

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    Il broccato è realizzabile anche con il telaio a tavolet-te49. L’operazione peculiare è la seguente: dopo il pas-saggio del filo di trama ‘strutturale’ nel passo norma-le, si crea un secondo passo al di sopra del primo, se-

    lezionando accuratamente i fili da sollevare (fig. 16):la trama di broccato, quindi, verrà infilata al di sopra di entrambi i livelli della normale apertura e al di sot-to dei soli fili di ancoraggio (gli unici che rimarrannovisibili sul broccato). La rotazione di tutte le tavolettepermetterà di battere le trame e di proseguire la tessi-tura nel passo successivo.I punti di ancoraggio possono essere dati da uno o da due fili d’ordito (della stessa tavoletta) (fig. 15a-b). La 

    loro selezione può avvenire mediante l’uso di un ba-stoncino, oppure, più comodamente, sollevando lerelative tavolette. Per estrapolare dal livello superioredell’ordito i fili di legatura singoli basterà ruotare le

    tavolette quadrate prescelte di un ottavo di giro, di-sponendole in posizione romboidale con il verticecon il filo designato in alto (fig. 16a); se si è sceltol’ancoraggio a due fili, un più marcato sollevamentodelle tavolette selezionate porterà in evidenza la cop-pia di fili dei fori superiori (fig. 16b).Nel caso che la laminetta metallica del broccato passisotto a un ancoraggio di due fili, il contrasto croma-tico con l’oro è più evidente e il motivo decorativo è

    49 La tecnica del broccato, spiegata di seguito, non è esclusiva della tessitura con le tavolette: essa si trova anche su tessuti a fili d’orditointrecciati e non ritorti. Tuttavia, come vedremo, questo è il metodo

    di maggior interesse in relazione alle bande con broccato in lamina d’oro delle popolazioni germaniche.

    Fig. 14. Cintura di Witgarius (+973), Augsburg. a: fronte; b: dettaglio del retro (da COLLINGWOOD 2002).

    a b

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    più nettamente disegnato dai punti d’ordito (fig.15b); questi lasciano un’impronta più marcata, unica testimonianza del motivo decorativo qualora le fibresi siano decomposte. Viceversa, se la legatura è di unsolo filo (fig. 15a), il punto è meno voluminoso, neldecoro risaltano maggiormente i passaggi della trama e le piegature sulla lamina sono più leggere; inoltre,dal momento che, in genere, i fili nelle tavolette ve-nivano inseriti alternativamente a S e a Z, nei trattidiagonali i fili di ancoraggio risulteranno inclinati neidue sensi alternati.Nei resti di bande con lamine d’oro anglosassoni odei popoli germanici continentali, come nelle piùtarde fasce con broccato vichinghe di Birka, solita-mente i punti di ancoraggio sono di due fili, cosìcome nella cintura di s. Cuthbert (X secolo), dovele fasce d’oro sono avvolte a un’anima di seta 50. Nelmanufatto di Witgarius (IX secolo), invece, la la-mina d’oro è trattenuta da un singolo filo di seta in ogni punto, che alterna la sua direzione essendole corde ritorte a S e a Z, come mostra il tessutosottostante visibile negli spazi a risparmio (fig.14b); un solo filo di seta è previsto anche nella sto-la di s. Ulrico, nonché nelle bande di Mammen, inDanimarca (X secolo), tessute con due soli fili pertavoletta.Il motivo decorativo può essere composto da trattidiagonali, ovvero da punti di legatura che scalanoprogressivamente, agevolmente selezionati muoven-

    do di volta in volta la tavoletta accanto (fig. 17a); so-prattutto nel caso che vengano composti rombi oelementi a spina di pesce, di solito il numero delle ta-volette è dispari per avere un centro e due campi spe-culari. È questa la modalità compositiva dominantenel materiale barbarico. Sequenze verticali sono in-vece prodotte utilizzando le stesse tavolette per piùandamenti (fig. 17c). Scegliendo punti a distanza re-golare disposti su due linee alternate si ha il motivo‘a mattoni’, particolarmente diffuso nei secoli XIII-

     XIV (fig. 17b). Infine, più punti di ancoraggio con-

    secutivi producono linee più marcate o figure piene,a risparmio tra i fili d’oro. Se un motivo modularepoteva essere eseguito mnemonicamente, per disegnipiù variati il costante controllo di schemi doveva age-volare il lavoro.Varie sono anche le modalità con cui la trama del broc-cato cambia direzione fra un andamento e l’altro. Essa può infatti girare come la trama di base (fig. 18a), in-serita tra i fili dell’ultima corda che si ritorcono di unquarto di giro fra un passaggio e l’altro risultando due

    50 COLLINGWOOD 2002, p. 240.

    Fig. 15. Riproduzione del broccato a uno (a) e due li (b) nei puntidi ancoraggio.

    Fig. 16. Modalità di sollevamento dell’ordito per i punti di ancorag-gio a uno (a) o due li (b), al di sopra del passo per la trama effettiva.

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    sopra e due sotto il filo di broccato, che sporge lateral-mente; oppure la trama di broccato può intrecciarsicon quella di base e da essa essere trattenuta, lasciandol’ultima corda a cornice del decoro (fig. 18b); infine,può girare intorno all’ultima corda (o alle ultime due,fig. 18c) avvolgendola e riemergendo per riprendere ildecoro in superficie. L’ultimo procedimento genererà un’unica piegatura nella curvatura della striscia metal-lica, i precedenti una piegatura doppia.Nelle più consuete lavorazioni del broccato, il retro

    della banda mostra solo il tessuto di base e non la tra-ma di broccato, se non ai margini (fig. 21,1d). Tutta-via, un più sofisticato procedimento permette di rea-lizzare decori e iscrizioni in positivo sul fronte e in ne-gativo sul retro, dove la superficie coperta dalla lami-netta metallica funge da sfondo (si veda, per esempio,la cintura di Witgarius, fig. 14)51.

    Il broccato aureo longobardo: osservazioni e ripro-duzione 

    Nelle più ricche tombe con corredo di età longobar-da compaiono con una certa frequenza resti del broc-cato d’oro che ornava le vesti (fig. 19a). Le caratteri-stiche tecniche sono piuttosto omogenee: si tratta difili di trama del tipo ‘piatto a sezione rettangolare’,

    51 Dalla superficie superiore, il filo di broccato passa a quella inferioree viceversa, mentre le tavolette quadrate dei punti di ancoraggio ruo-tate di 1/8 di giro e posizionate a rombo (fig. 4a) portano in evidenza due fili d’ordito ai due opposti vertici, l’uno al di sopra e l’altro al disotto della banda, utili a seconda del lato sul quale si trova il broccatoda trattenere. I motivi possono mostrare più colori oltre all’oro. Altripiù complessi metodi per lavorare in double face permettono di rea-lizzare, soprattutto nel basso medioevo, degli autentici capolavori.

    Fig. 18. Possibili modalità con cui la trama del broccato può cambiareandamento (dis. da COLLINGWOOD 2002).

    Fig. 17. Elementi decorativi base. a: diagonali; b: motivo ‘a mattoni’;c: segmenti verticali paralleli (da COLLINGWOOD 2002).

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    Fig. 19. Resti di broccato da Mombello Monferrato, t. 10. a: foto didue lacerti (da Longobardi in Monferrato 2007); b: disegno ricostrut-tivo del motivo; c-d: riproduzione con uno e con due li d’ordito neipunti di ancoraggio.

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    di larghezza costante e spessore dell’ordine di pochicentesimi di millimetro, che spesso conservano anco-ra gli andamenti con le relative ‘piegature di ritorno’e le impressioni lasciate dalle fibre tessili dell’ordito.Lo sfondo aureo continuo della bordura era dato dal-l’accurato accostamento delle sottili strisce, sempreposte di piatto e mai ritorte. Le analisi chimiche ef-fettuate su fili di Trezzo sull’Adda, via delle Rocche,

     Arezzo, t. 57, e Nocera Umbra hanno rivelato co-stantemente un altissimo titolo di fino dell’oro – in-torno al 99% e fino a un massimo del 99,98% (Trez-zo sull’Adda, t. 2) – che rendeva il metallo partico-larmente duttile a comportamento plastico52. Si trat-ta di testimonianze in tutto simili ai numerosi ana-loghi ritrovamenti di ambito germanico transalpino,sia continentale che insulare.Secondo alcuni autori i tessuti impreziositi da filatimetallici avrebbero origine orientale e sarebbero statiimportati in Europa dai Romani soprattutto nel corsodel V secolo53; anche in relazione alle attestazioni lon-gobarde è stato rimarcato come il broccato d’oro fosseun prodotto di lusso fabbricato a Costantinopoli eforse a Roma (per esempio nell’ergasterion della Cryp-ta Balbi ), per poi essere commercializzato anche pres-so i gruppi alloctoni54. Tuttavia, prima dell’arrivo deiLongobardi nella penisola i riscontri sono di tipo dif-ferente: i fili, infatti, sono avvolti a spirale intorno a un’anima tessile, oggi scomparsa 55, e mai del tipopiatto (e si prestavano anche a essere impiegati nel ri-

    camo o in un più fitto inserimento nel tessuto cometrama principale56). Più convincente appare allora l’ipotesi che dalla fine del V secolo le popolazioni bar-

    bariche producessero broccati parallelamente al Me-dio Oriente, adottando modelli decorativi e metodipropri, quali l’impiego di nastri non ritorti57.Circa la tecnica di lavorazione del broccato aureo lon-gobardo, dato per acquisito che il filo metallico non

    veniva inserito a tessitura ultimata, ma contestual-mente e che la trama aurea era supportata da una tra-ma di base in filato58, la mancanza a tutt’oggi di resti

    52 A LESSANDRINI - BUGINI 1986; FORMIGLI 1972; DEVOTO 1997, p.276. I nastrini erano ottenuti ritagliando – con l’ausilio di una guida per l’utensile di taglio fissata alla distanza voluta – una foglia d’oropreparata mediante un lungo processo di martellatura, brunitura ericottura (o mediante laminatoi: M ASPERO 1990, p. 175). Circa l’esi-stenza di orafi specializzati nella realizzazione di fili d’oro si ricorda che in un documento pavese del 915 viene citato un aurifilarius (SCHIAPPARELLI 1903, I, n. 99, p. 261).53 Per esempio CROWFOOT - CHADWICK H AWKES 1967, pp. 53-57,dove non si distinguono i fili piatti da quelli avvolti a spirale.54 Il futuro dei Longobardi 2000, pp. 46-47 (scheda L. Paroli).55 Esempi di età tardoantica sono noti da Roma e Milano e ancheda siti minori come Garlate (M ASPERO 2002, pp. 219-220, con bi-bliografia precedente); per i secoli I-IV d.C. l’analisi tecnica di 12manufatti provenienti da Albenga, Roma e territori limitrofi eOplontis ha appurato che le lamine d’oro, battute e tagliate a strisce,nella totalità dei casi sono state ritorte con movimento elicoidale me-diante l’operazione della filatura, probabilmente intorno a un’anima di lino o seta, come documentato per manufatti di epoche successive(BEDINI - R  APINESI - FERRO 2004, p. 81). In età longobarda il tipo èattestato a Rivoli (TO), corso Primo Levi, t. 41, e a Rutigliano (BA),t. 4 (COMBA 2004, p. 167, fig. 141). Inoltre, per quest’epoca è notoun altro filo aureo: nella celeberrima tomba di Gisulfo a Cividale delFriuli si trovavano sottilissimi tubicini d’oro, forse analoghi a quelli

    analizzati dalla t. 52 di Arezzo, colle del Pionta, per i quali è statoipotizzato un procedimento di doratura di un filo tessile in un amal-gama di oro e mercurio (FORMIGLI 1972); forse anche la polvered’oro che si trovava nelle ‘arche’ di S. Giovanni a Cividale insieme a fili aurei derivava da resti analoghi.56 Fili avvolti intorno a un’anima impiegati nel ricamo su tessutigià finiti (M ACCARI 1975) eccezionalmente sono presenti anchenelle bordure con motivi a rosette della t. 49 di Saint-Dénis (la ‘tomba di Arnegundi’, inizio VII secolo) (FLEURY  - FRANCE-L A -NORD 1979, p. 64). L’uso estensivo di fili d’oro ritorti in tessitura è attestato, per esempio, dal nastro per capelli della t. 20 di Alba,via Rossini (I secolo d.C.), interamente in fili aurei in trama e inordito (R  ATTO 2009).57 L’opinione è già di B ARKER 1980, accolta e integrata da M ASPERO2002, p. 220. In questo senso appaiono suggestivi i passi già men-zionati e tratti da Plinio e dall’Edda, che non collegano la tessitura a tavolette ai Romani, bensì ad altri popoli di sostrato o nomadi (cfr.supra ): anche questa differenziazione tecnologica (che, soprattuttonell’alto medioevo, può aver avuto contorni ben più sfumati) po-trebbe andare nella direzione di una diversa tradizione nella lavora-zione del broccato, propria dei popoli barbarici e significativamentediffusa con caratteri omogenei nell’alto medioevo nell’Europa cen-trale e settentrionale.58 C ASTELLETTI - M ASPERO - PONTIGGIA 1986, p. 271.

    Fig. 20. Riproduzione con tessuto di base di tipo tela e non con telaioa tavolette (a li d’ordito serrati).

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    dell’ordito nei reperti italiani ci impedisce di appuraredirettamente quale fosse il tipo di supporto tessile,ovvero se la banda avesse ordito intrecciato oppure ri-torto (e quindi eseguito con le tavolette).Tecnicamente, è possibile realizzare una striscia conbroccato – che, come si è detto, non è una lavorazioneesclusiva della tessitura con le tavolette – su semplicetela (fig. 20); l’ipotesi è stata avanzata nel lavoro sui re-sti di Trezzo sull’Adda, via delle Rocche59. Tuttavia, la sperimentazione ha confermato una minore solidità,compattezza e robustezza della struttura, che è menospessa e viene ad avere un solo filo in corrispondenza di ciascuna impressione lasciata sulla lamina – che pu-re poteva essere più spesso – al posto dei quattro capidella corda ritorta dalle tavolette (due sopra e due sottoil nastro aureo di trama). Inoltre, è stata rimarcata la profondità e la larghezza dell’impronta prodotta dal-l’ordito nel punto di legatura e si è cercato di spiegarela circostanza proponendo l’uso di fibre vegetali menomorbide di quelle di origine animale che non avrebbe-ro lasciato una traccia così evidente60; tuttavia, la solu-zione potrebbe essere data proprio dai due fili ritortinell’incavo consentiti dal metodo con le tavolette. In-fine, anche il fatto che nei resti meglio conservati comequelli dal Battistero di Mantova (fig. 21,3a) la superfi-cie del broccato sia convessa lascia pensare a una banda di base più rigida e spessa. Ma soprattutto, il fatto chenei broccati ancora con tracce di ordito del nord-Eu-ropa (assai simili a quelli longobardi) si sia potuto ap-

    purare con certezza l’uso del telaio con le tavolette, chenella nave di Oseberg aveva ancora montata una banda in corso di lavorazione, e che il metodo sia attestatoanche presso i Longobardi (per esempio a Romansd’Isonzo) appaiono argomenti assai forti per ritenere la tecnica in oggetto come quella adottata anche per ilbroccato italiano.Quanto poi all’eventualità che non si trattasse di ban-de cucite, ma di una lavorazione limitata a una ristret-ta fascia di un telo più esteso61, si è visto come tecni-camente ciò sia fattibile: è ampiamente documentata 

    anche nel VII secolo la consuetudine di realizzare a ta-volette bordure sia iniziali e finali che laterali conte-

    stualmente al tessuto lavorato su telaio verticale (fig.12). Tuttavia, la finezza e la delicatezza della banda esoprattutto la sua preziosità che non poteva prevederesprechi, ma solo un uso su misura, suggeriscono comepiù probabile una lavorazione a parte62.Non essendosi mai conservato l’ordito, inoltre, pureignoriamo la natura del filato impiegato. Sulla basedei confronti esso poteva essere di lana, lino o ancheseta, dal IX secolo utilizzata in maniera pressoché ge-neralizzata nel broccato impreziosito da nastrini au-rei. Un’annotazione importante, comunque, è la se-guente: se si ammette l’adozione del telaio con le ta-volette, ne deriva che a ogni impronta lasciata sulla trama d’oro non doveva corrispondere un unico filod’ordito, bensì (al di sotto) una corda di quattro capi,considerando che le tavolette quadrate a quest’epoca dovevano essere le più diffuse, sicuramente usate invari manufatti nordeuropei. Quindi il numero dei filial centimetro diventa il quadruplo, con la conseguen-za che il filato, di qualunque natura fosse, doveva es-sere particolarmente sottile, più di quanto normal-mente si constati per i resti tessili di età longobarda 63.Gli obiettivi della sperimentazione che si espone di se-guito sono stati di provare il metodo di realizzazione edi rendere nel contempo i decori completi di ordito,ormai scomparso; non ci si è invece ripromessi di ri-produrre l’effetto complessivo dei manufatti, cheavrebbe richiesto l’impiego di materiale affine all’ori-ginale e che, nelle dimensioni assai minute, avrebbe

    reso meno chiara la dimostrazione dei dettagli tecnici.Il telaio utilizzato (fig. 1) è del tipo da tavolo; il filatoscuro è stato prima di lana più spessa, poi di cotone piùsottile, mentre un materiale sintetico piuttosto piattoha sostituito la lamina d’oro. La proporzione tenden-zialmente fedele del motivo rispetto alle improntesull’originale ci hanno assicurato che il rapporto fra imateriali di trama e di ordito era corretto. Riteniamoinoltre che la spoletta possa essere stata usata per il fila-to di base, ma non per la trama metallica, perché si sa-rebbero prodotte delle piegature; nella fascia ben con-

    servata di Mantova è stato constatato che la laminetta d’oro misurava forse cm 50 ca.64 e questa lunghezza era 

    59 C ASTELLETTI - M ASPERO - PONTIGGIA 1986, pp. 270-271 e figg.55-58; nel testo si parla dell’utilizzo del sistema ‘a tavolette’, ma solo per cambiare il passo nelle due posizioni base, senza conside-rare il normale uso delle tavolette, che implica la torsione dei filid’ordito.60 C ASTELLETTI - M ASPERO - PONTIGGIA 1986, p. 270; M ASPERO1990, p. 175, dove si afferma che l’area della sezione di un incavosarebbe sufficiente per il passaggio di tre fili delle dimensioni della profondità dell’incavo stesso.61 C ASTELLETTI - M ASPERO - PONTIGGIA 1986, fig. 58, ma con basedi tela anche per la fascia.

    62 Le bande vichinghe con ordito conservato sono state lavorate a parte.63 Nei casi di broccato considerati si arriva a 60 fili al centimetro dimedia. Nei tessuti di età longobarda dell’Italia settentrionale finora analizzati il numero dei fili al centimetro raramente supera i 25; unnumero comparabile è stato invece riscontrato in uno dei due tessutiriconosciuti sul retro della fibbia decorata in cloisonné da Tortona, dietà teodoriciana, per il quale è stato ipotizzato l’impiego della seta (R OTTOLI - R ETTORE 2007).64 R OTTOLI 2004, p. 131 (in realtà la giunzione con un altro filo èstata vista solo su un lato e quindi non è chiaro se la lunghezza èoriginaria).

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    Fig. 21. Broccato del tipo ‘ad altezza costante’. 1: Trezzo sull’Adda, via delle Rocche, t. 2 (a: disegno del reperto e b: ricostruzione del motivoda C ASTELLETTI - M ASPERO - PONTIGGIA 1986; c-d: riproduzione del nastro, fronte e retro); 2: Trezzo sull’Adda, loc. San Martino, t. 12 (a: di-segno del reperto; b: riproduzione); 3: Mantova, Battistero, t. us 1266 (a: foto del retro da R OTTOLI 2004; b: riproduzione del reperto).

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    gestibile anche senza spoletta. Dove è stata documen-tata, la giunzione delle porzioni di trama aurea avve-niva tramite una ripiegatura schiacciata 65.Sono stati considerati i motivi provenienti dalle se-guenti sepolture: Trezzo, via delle Rocche, tt. 2, 4 e 5(due motivi); Trezzo, C.na S. Martino, t. 12 (il decoro‘alto’ meglio conservato); Mantova, Battistero, t. us1266; Mombello Monferrato, t. 10 (figg. 19, 21-22)66.Tutti i decori, come di consueto in ambito barbarico,sono stati composti con punti disposti in sequenzediagonali. I disegni più praticati combinano linee a zig-zag o disposte a rombo; solo nella fascia piemon-tese si alternano greche e file di riccioli. Le sequenzepiù elementari sono state eseguite mnemonicamente;per riprodurre il più complesso ornato di Mombelloè stato necessario seguire costantemente lo schema per selezionare di volta in volta le tavolette da solle-vare. Inoltre, è stato utile contrassegnare quelle in po-sizione significativa rispetto al motivo da realizzare (ilcentro nel caso dei rombi; i punti di inizio per più li-nee parallele a zig-zag, e così via), per riconoscere piùagevolmente quelle accanto nei giri successivi.Si è sperimentato sia il metodo con un solo filo di an-coraggio che con due su quasi tutti i motivi considera-ti, ma per lo più il secondo è risultato il più efficace(fig. 19c-d). D’altra parte, i resti del broccato di Man-tova (fig. 21,3a), fra i meglio conservati, mostrano im-pronte dell’ordito mai minimamente inclinate ad asse-condare la torsione alternata dei fili singoli, bensì drit-

    te, oltre che ampie e profonde, a conferma che in ge-nere i punti di ancoraggio dovevano essere a due fili.Una peculiarità di rilievo del campione di testimonian-ze considerato è che esso presenta non solo la canonica lavorazione ad ‘altezza costante’ (figg. 19 e 21), ma an-che quella ad ‘altezza variabile’ (fig. 22). Nel primo ca-so gli andamenti del filo d’oro hanno tutti la stessa lun-ghezza e coprono l’intera superficie della banda; i dise-gni vengono composti in negativo dai punti di anco-raggio per l’intera larghezza del tessuto. Nel secondo,invece, la trama di broccato occupa solo una porzione

    della fascia e la sua lunghezza segue il profilo del moti-vo, rientrando per l’andamento successivo alla fine diesso, senza raggiungere il margine del lavoro; i punti diancoraggio sono all’interno del disegno.Consideriamo innanzitutto i decori più tipici e diffu-si, quelli ‘ad altezza costante’. La riproduzione con il

    telaio a tavolette ha provato la fattibilità e la praticità del metodo; nell’effetto finale, la compattezza dellosfondo d’oro, parzialmente ostacolata dal passaggiodei fili trasversali dell’ordito nei punti di ancoraggio,soprattutto se dato da fili doppi, è comunque sostan-zialmente garantita da una battitura mirata delle tra-me. Il retro appare liscio, a eccezione delle piegaturelaterali dei rientri del filo dorato (fig. 21,1d).Circa i margini del lavoro, ovvero circa i metodi dicambiamento di direzione della trama fra un anda-mento e l’altro, per i broccati ad altezza costante èstato escluso che la laminetta ruotasse intorno all’ul-tima corda di ordito (fig. 18c), dal momento che iresti disponibili mostrano la doppia piegatura incorrispondenza del cambio di direzione (figg. 19a e21), prodotta invece dagli altri due metodi esposti(figg. 18a-b). Inoltre, il primo metodo (fig. 18a),che prevede che la trama d’oro passi sotto l’ultima corda ed è inevitabilmente meno preciso, è ipotizza-bile solo nei casi in cui i fili pervenuti mostrino una impronta in posizione terminale (quella dell’ultima corda appunto) su tutti gli andamenti, circostanza non riscontrabile nei casi qui considerati. Il secondo(fig. 18b), invece, dove il broccato è trattenuto dalla trama in filato senza passare sotto la corda termina-le, è il più rispondente alle evidenze in analisi; essodoveva prevedere due corde in più – una per lato –rispetto a quelle computabili sulla base del numerodelle impronte; queste, forse, erano funzionali alla 

    cucitura 67.I lavori ad altezza variabile, invece, sono ben più rarinel panorama dei ritrovamenti europei. I segmenticonservati presentano la doppia piegatura marginale,come nel caso di uno dei decori della t. 5 di Trezzosull’Adda (fig. 22,2); piegatura singola, se alternanotratti della trama a rilievo a tratti passanti (lasciandozone a risparmio), come nei disegni della t. 4 di Trez-zo (fig. 22,1); o addirittura possono essere eseguititramite un passaggio continuo sopra-sotto, avvolgen-do il nastro aureo attorno a gruppi di fili delle corde

    (fig. 22,3)68.La superficie più limitata e discontinua di questi mo-tivi ad altezza variabile non richiede necessariamenteuna struttura del supporto tessile robusta e compatta;tuttavia anche in questi casi, pur non potendosi esclu-dere una realizzazione su tela, la sperimentazione ha 

    65 R OTTOLI 2004, p. 129.66 Bibliografia alla nota 3; per Mombello Monferrato, Longobardi in Monferrato 2007, fig. 20; e GIOSTRA  2007b, pp. 103-104, fig. 60.67 Anche nel caso del broccato della t. 2 di Trezzo sull’Adda, dovedue bande analoghe erano state accostate a formare un motivo spe-culare, la distanza fra le due può forse essere spiegata ipotizzando imargini di entrambe le fasce.

    68 In questo caso è difficile dire, in mancanza dell’ordito, se il filod’oro passava solo sotto il livello superiore dell’apertura e quindinon si vedeva sul retro, oppure, più probabilmente, sotto a tuttol’ordito risultando evidente anche dietro (fig. 22,3d). Tale carat-teristica richiama fortemente un’altra tecnica di tessitura, moltoantica e diffusa sia in Oriente che in Europa settentrionale: ilsoumak.

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    provato la maggiore praticità di esecuzione mediantele tavolette, soprattutto per selezionare i fili d’ordito da sollevare, che dovevano essere comunque assai sottili.

    Conclusioni 

    Le bordure in broccato d’oro delle quali si rinvengo-no i resti nelle tombe longobarde dovevano essereprodotte mediante telai a tavolette, quindi con stru-menti piuttosto elementari – seppure assai versatili –e poco ingombranti, e tramite una lavorazione nontroppo complessa, almeno per motivi poco articolaticome quelli documentati mediamente nelle tombeitaliane. Semmai, è l’impiego di materiali sofisticati(la sottilissima striscia aurea e i filati molto fini) cheinduce a ipotizzare centri specializzati anche nella rea-lizzazione dei preziosi fili o comunque in laboratori

    che potevano disporne. Questi potevano trovarsi al-l’interno del Regnum, senza implicare necessariamen-te importazioni dai territori ancora sotto il controllobizantino, dai quali pure provenivano raffinati benidi pregio: l’area di maggiore diffusione della tessitura a tavolette tra antichità e alto medioevo, infatti, e so-prattutto l’impiego del nastro piatto e non ritorto la-sciano intravedere la possibilità di una consuetudineartigianale tipica delle popolazioni germaniche, purnell’ambito della più estesa pratica di decorare gli abi-ti con fili o laminette in metallo prezioso, comune a numerose culture ed espressa mediante svariate solu-zioni tecniche e stilistiche.Nel corso dell’alto medioevo la tecnica sembra trovarediscreta diffusione (o riemergere) anche nel bacinodel Mediterraneo e raggiungerà il floruit in ambiti co-me la Sicilia del XII secolo.

    Fig. 22. Broccato del tipo ‘ad altezza variabile’. 1: Trezzo sull’Adda, via delle Rocche, t. 4; 2: Trezzo sull’Adda, via delle Rocche, t. 5 (I); 3: Trezzosull’Adda, via delle Rocche, t. 5 (II) (per ciascuno: a: disegno del reperto; b: ricostruzione del motivo; c-d: riproduzione del nastro, fronte eretro) (dis. dei reperti e ricostruttivi da C ASTELLETTI - M ASPERO - PONTIGGIA 1986).

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