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Semplice semplice ma italiano italiano ARCHITETTURA MODERNA IN UMBRIA Atti del convegno di studi Foligno, 16 maggio 2009 a cura di PAOLO BELARDI In copertina e in quarta: Rodi Palazzettti, Progetto di uno stadio per la città di Perugia; prospettiva dell’ingresso principale, 1935 (Perugia, Fondazione Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci”, fondo didattico architettura, n. inv. 1084) a cura di PAOLO BELARDI ARCHITETTURA MODERNA IN UMBRIA Paolo Belardi, ingegnere e professore associato, insegna Rilievo dell’architettura presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Perugia. Marco Mulazzani, architetto e professore associato, insegna Storia dell’architettura contemporanea presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Ferrara. È membro del comitato di redazione della rivista “Casabella”. Rinaldo Capomolla, ingegnere e professore associato, insegna Architettura tecnica presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Roma “Tor Vergata”. Rosalia Vittorini, architetto e professore associato, insegna Tecnologia degli elementi costruttivi presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Roma “Tor Vergata”. È presidente di Do.Co.Mo.Mo. Italia. Alessandro Bazzoffia, architetto, è esperto di restauro monumentale e Cultore della Materia presso la Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze. Maria Elena Lascaro, architetto, collabora all’attività didattica del corso di laurea in Ingegneria edile-Architettura presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Perugia. Antonio Mencarelli, già ricercatore universitario presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Perugia, è fondatore del “Museo della Scuola” di Castelnuovo di Assisi. Fabio Bianconi, ingegnere e ricercatore universitario, insegna Disegno dell’architettura presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Perugia. Simone Bori, ingegnere e dottore di ricerca, collabora all’attività di ricerca del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia. Alessia Bonci, architetto e dottore di ricerca, collabora all’attività di ricerca del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia. Giovanni Bosi, giornalista e tecnico comunale, addetto al patrimonio presso il Comune di Foligno. Valeria Menchetelli, ingegnere e dottore di ricerca, collabora all’attività di ricerca del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia. Marco Filippucci, ingegnere e dottorando di ricerca, collabora all’attività di ricerca del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia. Francesca Rogari, ingegnere, collabora all’attività di ricerca del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia. Matteo Bongarzone, ingegnere junior, è dipendente del Comune di Terni. Bianca Blasi, architetto e dottore di ricerca, collabora all’attività di ricerca del Dipartimento RADAAR dell’Università di Roma “La Sapienza”. Marco Armeni, ingegnere e dottorando di ricerca, collabora all’attività di ricerca del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia. Cecilia Scaletti, ingegnere, collabora all’attività didattica del corso di laurea in Ingegneria edile-Architettura presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Perugia. Luca Martini, ingegnere e dottorando di ricerca, collabora all’attività di ricerca del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia. Marco Palazzeschi, architetto, collabora all’attività didattica del corso di laurea in Ingegneria edile Architettura presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Perugia. ISBN 978-88-89274-20-0 Per la salvaguardia ambientale questo volume è stampato su carta certificata FSC Edizioni Orfini Numeister «Le vicende narrate in questo libro offrono ulteriori conferme dell’incapacità del fascismo di instaurare - nonostante gli strumenti su cui il potere esecutivo può contare - una piene omogeneità di comportamento tra gli organi operativi degli apparati dello Stato e delle nuove organizzazioni del regime. Infatti, a parte la presenza di figure note le cui esperienze hanno origine e svolgimento altrove, i protagonisti della stagione del “moderno” in Umbria sono precisamen- te gli ingegneri, i professori di disegno architettonico, gli insegnanti. I quali, formatisi a Torino, Milano, Roma, negli anni immediatamen- te precedenti il clima architettonico avanguardista e “squadrista” del quadriennio 1928-1931, tornano ad operare nei luoghi d’origine rico- prendo ruoli negli uffici tecnici delle amministrazioni locali, lavorando nell’attualissimo settore degli allestimenti per l’industria, come progetti- sti - impresari oppure semplicemente come liberi professionisti.» (dalla Prefazione di Marco Mulazzani)

ARCHITETTURA MODERNA IN UMBRIA - OICOS Riflessioni · 2018. 12. 18. · Storia dell’architettura contemporanea presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Ferrara

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Semplice semplice ma italiano italianoARCHITETTURA MODERNA IN UMBRIA

Atti del convegno di studiFoligno, 16 maggio 2009

a cura diPAOLO BELARDI

In copertina e in quarta:Rodi Palazzettti, Progetto di uno stadio per la città di Perugia; prospettiva dell’ingresso principale, 1935(Perugia, Fondazione Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci”, fondo didattico architettura, n. inv. 1084)

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Paolo Belardi, ingegnere e professore associato, insegna Rilievo dell’architettura presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Perugia. Marco Mulazzani, architetto e professore associato, insegna Storia dell’architettura contemporanea presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Ferrara. È membro del comitato di redazione della rivista “Casabella”. Rinaldo Capomolla, ingegnere e professore associato, insegna Architettura tecnica presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Roma “Tor Vergata”. Rosalia Vittorini, architetto e professore associato, insegna Tecnologia degli elementi costruttivi presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Roma “Tor Vergata”. È presidente di Do.Co.Mo.Mo. Italia.

Alessandro Bazzoffia, architetto, è esperto di restauro monumentale e Cultore della Materia presso la Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze. Maria Elena Lascaro, architetto, collabora all’attività didattica del corso di laurea in Ingegneria edile-Architettura presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Perugia. Antonio Mencarelli, già ricercatore universitario presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Perugia, è fondatore del “Museo della Scuola” di Castelnuovo di Assisi. Fabio Bianconi, ingegnere e ricercatore universitario, insegna Disegno dell’architettura presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Perugia. Simone Bori, ingegnere e dottore di ricerca, collabora all’attività di ricerca del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia. Alessia Bonci, architetto e dottore di ricerca, collabora all’attività di ricerca del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia. Giovanni Bosi, giornalista e tecnico comunale, addetto al patrimonio presso il Comune di Foligno. Valeria Menchetelli, ingegnere e dottore di ricerca, collabora all’attività di ricerca del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia. Marco Filippucci, ingegnere e dottorando di ricerca, collabora all’attività di ricerca del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia. Francesca Rogari, ingegnere, collabora all’attività di ricerca del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia. Matteo Bongarzone, ingegnere junior, è dipendente del Comune di Terni. Bianca Blasi, architetto e dottore di ricerca, collabora all’attività di ricerca del Dipartimento RADAAR dell’Università di Roma “La Sapienza”. Marco Armeni, ingegnere e dottorando di ricerca, collabora all’attività di ricerca del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia. Cecilia Scaletti, ingegnere, collabora all’attività didattica del corso di laurea in Ingegneria edile-Architettura presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Perugia. Luca Martini, ingegnere e dottorando di ricerca, collabora all’attività di ricerca del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia. Marco Palazzeschi, architetto, collabora all’attività didattica del corso di laurea in Ingegneria edile Architettura presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Perugia.

ISBN 978-88-89274-20-0

Per la salvaguardia ambientale questo volumeè stampato su carta certificata FSC

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er «Le vicende narrate in questo libro offrono ulteriori conferme dell’incapacità del fascismo di instaurare - nonostante gli strumenti su cui il potere esecutivo può contare - una piene omogeneità di comportamento tra gli organi operativi degli apparati dello Stato e delle nuove organizzazioni del regime. Infatti, a parte la presenza di figure note le cui esperienze hanno origine e svolgimento altrove, i protagonisti della stagione del “moderno” in Umbria sono precisamen-te gli ingegneri, i professori di disegno architettonico, gli insegnanti. I quali, formatisi a Torino, Milano, Roma, negli anni immediatamen-te precedenti il clima architettonico avanguardista e “squadrista” del quadriennio 1928-1931, tornano ad operare nei luoghi d’origine rico-prendo ruoli negli uffici tecnici delle amministrazioni locali, lavorando nell’attualissimo settore degli allestimenti per l’industria, come progetti-sti - impresari oppure semplicemente come liberi professionisti.»

(dalla Prefazione di Marco Mulazzani)

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E X L I B R I S

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Eventi

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a cura di PAOLO BELARDI

prefazioneMARCO MULAZZANI

Semplice semplice ma italiano italianoARCHITETTURA MODERNA IN UMBRIA

Atti del convegno di studiFoligno, 16 maggio 2009

Edizioni Orfini Numeister

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© Copyright 2011Associazione Orfini NumeisterVia Pignattara, 34 - 06034 FolignoTel. 0742 - 357541 Fax 0742 - 351156www.orfininumeister.it - [email protected]

Coordinamento editoriale: Rita Fanelli Marini - [email protected] redazionale e impaginato: Silvia Bosi - [email protected] e supervisione grafica: Luciano Beddini - [email protected]

Semplice semplice ma italiano italianoARCHITETTURA MODERNA IN UMBRIAAtti del convegno di studiFoligno, 16 maggio 2009

a cura di Paolo Belardiprefazione: Marco Mulazzanitesti di: Rinaldo Capomolla, Rosalia Vittorini, Paolo Belardi, Alessandro Bazzoffia, Maria Elena Lascaro, Antonio Mencarelli, Fabio Bianconi, Simone Bori, Alessia Bonci, Giovanni Bosi, Valeria Menchetelli, Marco Filippucci, Francesca Rogari, Matteo Bongarzone, Bianca Blasi, Marco Armeni, Cecilia Scaletti, Luca Martini, Marco Palazzeschi

coordinamento redazionale: Valeria Menchetelliediting della sezione “I progettisti umbri”: Sonia Merli

in copertina: Rodi Palazzetti, Progetto di uno stadio per la città di Perugia: prospettiva dell’ingresso principale, 1935, prospettiva, (china e ac-querello, 71.8x179.5 cm) (Perugia, Fondazione Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci” di Perugia, Fondo didattico architettura, n. inv. 1084)

referenze fotografiche: la concessione dell’utilizzo delle immagini della Fondazione Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci” di Perugia, èstata autorizzata con lettera 5 aprile 2011, n. prot. 938; la riproduzione delle altre immagini, è stata autorizzata direttamente dai possessori degliarchivi privati ai singoli autori; dove non specificata la provenienza, le immagini sono state fornite direttamente dagli autori

pubblicazione realizzata con il sostegno di:

finito di stampare nel mese di maggio 2011presso Dimensione Grafica - Spello (Pg) per conto delle Edizioni Orfini Numeister - Foligno (Pg)ISBN 978-88-89274-20-0

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Avere scelto Foligno come sede del Convegno di studi “Semplice semplice ma italiano italiano. Archi-tettura moderna in Umbria” esprime la volontà di volgere l’attenzione verso un patrimonio diffuso,ancora poco conosciuto e quindi poco apprezzato, ma non certo privo di valore e comunque espres-sione di un’apoca in cui, con piena consapevolezza, ci si apre alla modernità.Infatti Foligno – come Perugia Terni Spoleto Orvieto Bastia Umbra – testimonia in modo convincenteuna propria adesione alla modernità con ripetuti episodi che, attraverso l’indagine proposta inquesto convegno, rivela già una particolare consistenza aperta tuttavia a nuovi percorsi, sia per leprevedibili ulteriori acquisizioni, sia per l’approfondimento di ricerca e di studio.Quello tra le due guerre è ormai un momento storico abbastanza distante e quindi leggibile consufficiente distacco evitando oggi quelle incertezze di valutazione che nel recente passato ne avevanocondizionato un sereno profilo, facendo prevalere il giudizio politico su quello critico.Giunti al terzo millennio la nostra identità sarebbe vaga superficiale distaccata dal tessuto realese la conoscenza di certi segni e di sicure testimonianze non ci consentisse di essere e di sentircinello stesso momento eredi diversi.Tali testimonianze ci offrono un grande e vasto patrimonio di informazioni che costituiscono uneloquente testo di insegnamento.È un segmento della nostra storia che forse per la prima volta viene affrontato con metodo di studiosicuro, che potrà quindi sedimentarsi nella sua verità nella coscienza culturale della nostra terra.L’Associazione Orfini Numeister si affianca con totale disponibilità alle istituzioni pubbliche e privateche hanno sostenuto questo progetto culturale e, in assoluta sintonia con i propri fini statutari siimpegna, per la prima volta nella sua piccola storia, a stampare gli atti di questo convegno di studinella assoluta certezza di offrire un riferimento in questo ambito ad ogni futuro percorso di cono-scenza, di ricerca e di studio.

Rita Fanelli MariniAssociazione Orfini Numeister

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È un grande piacere e motivo di orgoglio avere ospitato a Foligno il Convegno “Semplice semplicema italiano italiano. Architettura moderna in Umbria”, organizzato dall’Università degli Studi di Pe-rugia - Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale, con il contributo della Fondazione Cassadi Risparmio di Foligno, poichè significa riconoscere il ruolo della nostra città in questo ambito.

L’interesse dell’Amministrazione Comunale all’iniziativa testimonia l’impegno a valorizzare e apromuovere, non solo le testimonianze storiche, architettoniche del secolo passato, ma anche lacontemporaneità nelle sue molteplici espressioni artistiche. Sono ormai numerosi gli interventi rea-lizzati che confermano l’interesse, l’attenzione e la volontà di voler testimoniare attraverso l’archi-tettura la contemporaneità: dalle chiese post-conciliari al Poligrafico Campi di Franco Antonelli,alla biblioteca comunale di Arrigo Rudi, al nuovo ospedale San Giovanni Battista di Romano delNord, alla chiesa di San Paolo Apostolo di Massimiliano Fuksas, all’Antiquarium di Colfiorito di Ro-berto De Rubertis, al Centro Italiano di Arte Contemporanea di Giancarlo Partenzi, realizzato nelcuore della città, proprio come punto focale della cultura della comunità folignate.Il convegno ha documentato l’architettura in Umbria nel Novecento tra le due guerre mondiali,contribuendo ad accrescere quel patrimonio di esperienze che sarebbe opportuno far conoscere adun più vasto pubblico anche attraverso il “Centro di Documentazione sull’architettura a Foligno e inUmbria: da Giuseppe Piermarini a Franco Antonelli”, che la città di Foligno sta cercando di realizzare.Stiamo infatti lavorando da tempo raccogliendo materiali, documentazioni, testimonianze, per illu-strare il lavoro effettuato nelle nostre città e i progetti di architetti e di tecnici che a vario titolo hannooperato alla costituzione del parimonio architettonico nel nostro territorio.Auspico che la collaborazione costante tra gli Enti Locali, l’Università per gli Studi di Perugia, gli OrdiniProfessionali e le Fondazioni bancarie, consenta la realizzazione di tale “Centro di Documentazione”.

Manlio MariniSindaco di Foligno (2005 - 2009)

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Semplice semplice ma italiano italiano. Architettura moderna in Umbria: un titolo davvero felice, incui l’ammiccamento culturale quasi scherzoso sintetizza e rappresenta perfettamente il senso diun convegno che raccoglie, conserva, ordina le esperienze “sul campo” di alcuni, significativi, pro-fessionisti umbri. Sono ingegneri e architetti che hanno fatto della semplicità la loro cifra progettualee di stile, anche personale: tra loro, molti hanno operato in Amministrazioni pubbliche, sostenen-done le scelte con lo spirito di servizio dei civil servants sempre leali ma sempre indipendenti.

I risultati presentati sono di valore attualissimo: risultati concreti, utili, che fanno parte della nostravita quotidiana – ma risultati che troppo spesso abbiamo guardato senza vederli. Oggi, questa ri-cerca del collega Paolo Belardi e dei suoi collaboratori ce li rivela, ne mette in luce le specificità einsieme rende visibile il filo culturale che li unisce, quello che ne fa una vera stagione dell’architet-tura umbra. Ci accompagna in una sorta di “restauro virtuale” che rinnova e valorizza una ric-chezza del territorio – e così facendo la tutela: perché rimuove l’alibi dell’ignoranza che ha prodotto,e coperto, troppe cancellazioni avventate perpetrate in nome di un’innovazione tutta e solo di fac-ciata, senza radici e senza futuro.

Università e territorio dunque, protagonisti dell’esperienza, come soggetti autonomi ma non estraneiche si confrontano senza sovrapporre i propri ruoli: e l’aver saputo sperimentare questo percorsovirtuoso di interazione è un altro merito importante della ricerca di Belardi. Lo è particolarmenteoggi, nel momento in cui diventa vitale per le Università riuscire a farsi percepire dai cittadini comevera risorsa, in grado non solo di far avanzare le frontiere della ricerca ma anche di organizzare,rendere fruibile, mettere a disposizione il sapere diffuso. Semplice semplice, appunto, e con l’obiettivodi diventare davvero italiano italiano!

Gaia GrossiUniversità degli Studi di Perugia

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È da molto tempo che coltivavo l’idea di valorizzare l’architettura costruita in Umbria tra le dueguerre. Sono infatti convinto dell’opportunità, oltre che dell’utilità, di restituire la dovuta impor-tanza a un capitolo della storia dell’architettura regionale che, seppure privo di capolavori assoluti(al di là dell’acuto della Casa G.I.L. realizzata a Narni su progetto di Agnoldomenico Pica), anno-vera comunque un lungo elenco di opere qualificate da un atteggiamento concreto e da un lin-guaggio discreto. Ma che è ancora poco conosciuto e poco indagato dal punto di vista storiografico.Basti pensare all’elenco dei borghi rurali e delle città fondate durante il ventennio pubblicato daAntonio Pennacchi nel suo fortunato saggio Fascio e martello. Viaggio per le città del Duce (laddoveil villaggio operaio di Nera Montoro, realizzato nel 1931 al servizio dello stabilimento elettrochimico,non è citato) e alle relazioni presentate a Roma in occasione del XXVI Congresso di Storia dell’Ar-chitettura (quando è risultato evidente che, nell’ambito della polarità dialettica tradizione/moder-nità, “l’altra modernità” in Umbria è rappresentata proprio dall’architettura moderna). Da qui le ragioni per cui, negli ultimi anni, ho promosso ricerche dedicate (setacciando sia gli ar-chivi pubblici sia, soprattutto, quelli privati) e ho orientato parte delle tesi di laurea di cui sonostato relatore verso la conoscenza critica delle architetture realizzate in Umbria tra le due guerre.Fino a costituire un vero e proprio catalogo di rilievi architettonici, che è stato presentato in occa-sione del convegno svoltosi a Foligno il 16 maggio 2009 e che, con questa pubblicazione, consegniamoidealmente all’attenzione della comunità scientifica. E della gente. Infatti, il primo obiettivo è proprio quello di suscitare interesse per un tipo di architettura nella cuivalutazione il giudizio politico ha condizionato il giudizio critico, offuscando il carattere innovativodelle scelte compositive: a cominciare dal riduzionismo figurativo, spesso e volentieri imputato allaconvenienza economica invece che alla congruenza culturale. Non a caso, nel titolare il convegno(e quindi il presente volume), sono stato a lungo indeciso sull’opportunità di citare lo slogan coniatonel 1936 da Gustavo Giovannoni per propagandare la formula del buon senso e del buon gusto:“semplice semplice ma italiano italiano”. Giovannoni non era certo un fautore dell’architettura mo-

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derna. Così come la maggior parte delle architetture che sono qui raccolte non sono né “semplicisemplici” né “italiane italiane”. Ma non ho voluto rinunciare all’incisività comunicativa di unoslogan che, marcando un preciso spartiacque epocale tra la nostalgia tradizionalista dei professoridell’accademia e la propensione moderna dei tecnici militanti, si presta egregiamente a divulgarela conoscenza di una componente certo non prevalente, eppure comunque apprezzabile, delle no-stre città. Anche per questo sono profondamente grato alla Regione Umbria e alla Fondazione Cassadi Risparmio di Foligno, che hanno avuto la sensibilità e il coraggio di dare credito a un progettoculturale certo insolito quanto forse eversivo per una regione afflitta da mimesi neomedievali e darigurgiti tardovernacolari. Ma ne è valsa la pena. Perché l’architettura moderna c’è. Anche in Umbria.

Paolo BelardiUniversità degli Studi di Perugia

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Abbreviazioni

ACS = Archivio Centrale dello Stato, RomaANMIG = Associazione Nazionale dei Mutilati e degli Invalidi di GuerraASOB = Archivio Scuola Operaia “G.O. Bufalini”, Città di Castello (Pg)ASPg, ACP = Archivio di Stato di Perugia, Archivio del Comune di PerugiaASUTCF = Archivio Storico dell’Ufficio Tecnico del Comune di Foligno, Foligno (Pg)ATER = Agenzia Territoriale per l’Edilizia ResidenzialeAUSA = Areonautica Umbra Società Anonima (Foligno)CLT = Circolo Lavoratori TerniDOCOMOMO = International commitee for DOcumentazion and COnservation of buildings, sites andneightbourhoods of the MOdern MOvement E42 = Eur 1942 = Esposizione Universale Roma 1942EOA = Ente Opere AssistenzialiGIL = Gioventù Italiana del LittorioIACP = Istituto Autonomo Case PopolariIFACP = Istituto Fascista Autonomo Case PopolariINFPS = Istituto Nazionale Fascista di Previdenza SocialeINPS = Istituto Nazionale di Previdenza SocialeIRI = Istituto per la Ricostruzione IndustrialeISEF = Istituto Superiore di Educazione FisicaISRIM = Istituto Superiore di Ricerca e Formazione sui Materiali Speciali per le tecnologie avanzate, TerniONB = Opera Nazionale BalillaOND = Opera Nazionale DopolavoroONL = Opera Nazionale del LavoroPNF = Partito Nazionale FascistaSAFFAT = Società degli Alti Forni Fonderie ed Acciaierie di TerniSASO = Sezione di Archivio di Stato di Orvieto

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INDICE

PrefazioneMarco Mulazzani

L’ARCHITETTURA MODERNA IN ITALIA

SOTTO LA SCURE DELL’AUTARCHIA. L’EDILIZIA NELL’ITALIA DEGLI ANNI TRENTA

Rinaldo Capomolla

DAL CENTRO ALLA PERIFERIA: COSTRUZIONE E DIFFUSIONE DI MODELLI ARCHITETTONICI

NEL VENTENNIO FASCISTA

Rosalia Vittorini

L’ARCHITETTURA MODERNA IN UMBRIA

L’ALTRA MODERNITÀ. L’ARCHITETTURA IN UMBRIA TRA LE DUE GUERRE

Paolo Belardi

I LUOGHI DELL’ISTRUZIONE, DELLO SVAGO E DELLO SPORT

Alessandro Bazzoffia, Maria Elena Lascaro, Antonio Mencarelli

I MATERIALI DELL’ARCHITETTURA MODERNA IN UMBRIA

Fabio Bianconi

LE CITTÀ UMBRE

PERUGIA. IL DISEGNO DELLA CITTÀ CHE NON È STATA

Simone Bori

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TERNI

Alessia Bonci

FOLIGNO

Giovanni Bosi

SPOLETO, ORVIETO, BASTIA UMBRA. LA CITTÀ STORICA, LA CITTÀ MILITARE, LA CITTÀ INDUSTRIALE

Valeria Menchetelli

I PROGETTISTI UMBRI

CATERINO TRAMPETTI (1888-1973)Marco Filippucci

GIUSEPPE GROSSI (1894-1969)Francesca Rogari

GIUSEPPE PREZIOSI (1895-1973)Matteo Bongarzone

DINO LILLI (1898- 1971)Bianca Blasi

ANTONINO BINDELLI (1899-1985)Marco Armeni

CARLO CUCCHIA (1901-1971)Cecilia Scaletti

DOMENICO PUCCI (1903-1980)Luca Martini

LUIGI CASTORI (1904-1988)Marco Palazzeschi

APPARATI

Bibliografia (a cura di Valeria Menchetelli)Indice dei nomi e dei luoghi (a cura di Silvia Bosi)

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Semplice semplice ma italiano italianoARCHITETTURA MODERNA IN UMBRIA

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«Architettura moderna significa anzituttoarchitettura fatta per uomini appartenentialla civiltà contemporanea» scriveva Giu-seppe Pagano nel febbraio 1935 sulle pa-gine di «Casabella»; «significa architetturamoralmente, socialmente, economica-mente, spiritualmente legata alle condi-zioni del nostro paese; significa costruireper rappresentare gli ideali del popolo,per soddisfarne i bisogni, per “servire” nelvero senso della parola». Richiamato piùvolte negli scritti di questo libro, il testo diPagano – Architettura nazionale – ètanto coerente nel ricordare gli ideali fon-dativi della modernità architettonicaquanto lucido nell’ammonire, proprio nelmomento in cui la nuova architettura sem-bra conoscere la massima diffusione nel-l’Italia fascista, circa i rischi di una suatrasformazione in un ennesimo, più facile“stile”: un «minestrone di imparaticci [...]

caduto nelle mani di tutti i costruttori [...]adottato come “architettura ’900”». Comesempre, le argomentazioni del direttoredi «Casabella» sono riconducibili alla po-sizione ideologica che ne guida ogni in-tervento e che mira a far convergere lamoralità della nuova architettura conquella del nuovo “Stato fascista”. Unacoincidenza il cui raggiungimento com-porta un’assunzione di responsabilità chePagano esige, prima ancora che dagli ar-chitetti, da chi detiene i poteri decisionali,al punto che – scrive – le ragioni dellemancanze e della “confusione” «vannocercate esternamente agli artefici: nellescuole di architettura, negli uffici tecnicidello Stato, delle province e dei municipi,nelle commissioni edilizie municipali[...]». Come è noto, la polemica di Paganopunta un bersaglio preciso: gli apparatidello Stato e delle amministrazioni locali

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PrefazioneMarco Mulazzani

Agnoldomenico Pica, Casa della GIL, Narni, 1937-1939

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e, conseguentemente, le figure professio-nali che operano sin da prima dell’av-vento del fascismo e dei nuovi “tecnici” –gli architetti – che il regime ha creato. «Ènecessario ricordare – si legge ancoranell’articolo – che non soltanto nellescuole di architettura si insegna que-st’arte, ma che tutti, o quasi, i Politecnicifabbricano ingegneri civili, cioè tecniciabilitati a costruire alla pari degli archi-tetti. Quale è l’architettura che si insegnain queste scuole? Perché questo perico-loso dualismo tra i Politecnici e le scuolesuperiori d’Architettura? Quali sono i pro-fessori e quale l’autorità del loro insegna-mento? Se agli ingegneri civili si cercassedi spiegare l’eroismo civile della modestia,la gioia della disciplina, la difficile perfe-zione della semplicità, il dovere dell’eco-nomia, la responsabilità urbanistica; seogni geometra sentisse tutto l’orgoglio delgregario che non deve costruire case gal-lonate ma case, semplicemente delle caseper l’umanità contemporanea, case one-ste e schiette; se i professori non si accon-tentassero di “lasciar fare” ma sentisseroalmeno il valore morale e le responsabilitàeconomiche del loro mestiere, non assi-steremmo al dilagar delle “trovate” [...]».Le vicende narrate in questo libro riflet-tono per più versi la contrapposizioneche Pagano evidenzia, offrendo ulterioriconferme dell’incapacità del fascismo diinstaurare – nonostante gli strumenti sucui il potere esecutivo può contare – unapiena omogeneità di comportamento tra

gli organi operativi degli apparati delloStato (e conseguentemente dei tecniciche, ai diversi livelli, ne garantiscono ilfunzionamento) e delle nuove organizza-zioni del regime. Infatti, a parte la pre-senza di figure note (dall’accademicoBazzani a Ridolfi e Fagiolo, Pica, Nervi) lecui esperienze hanno origine e svolgi-mento altrove, i protagonisti della – in-vero breve – stagione del “moderno” inUmbria sono precisamente gli ingegneri,i professori di disegno architettonico, gliinsegnanti cui Pagano si riferisce. I quali,formatisi a Torino, Milano, Roma, neglianni immediatamente precedenti il climaarchitettonico avanguardista e “squadri-sta” del quadriennio 1928-1931, tornanoad operare nei luoghi d’origine rico-prendo ruoli negli uffici tecnici delle am-ministrazioni locali (Caterino Trampetti,Giuseppe Grossi, Antonino Bindelli), la-vorando nell’attualissimo settore degli al-lestimenti per l’industria (GiuseppePreziosi), come progettisti-impresari(Dino Lilli) oppure semplicemente comeliberi professionisti. Se è impensabile farcompiere alla loro attività una torsionedal “semplice semplice” promulgato daGiovannoni alla “perfezione della sempli-cità” propugnata da Pagano, sarebbe tut-tavia sbagliato, oltre che ingeneroso,liquidarne sprezzantemente gli esiti come“minestrone di imparaticci”. E se ricor-rono, nel loro lavoro, a linguaggi nonsempre coerenti, è in generale altrettantovero che non è loro imputabile il facile ri-

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corso alle “trovate”. Viceversa vi sonoopere, anche tra loro assai diverse qualiad esempio il mercato di Grossi a Perugiae la sede della croce bianca di Trampettia Foligno, che ci sembrano concepitenello spirito auspicato da Pagano, ovveroper soddisfare i bisogni e per “servire”, adimostrare la piena consapevolezza deiloro autori circa le responsabilità dellefunzioni da essi ricoperte.

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L’ARCHITETTURA MODERNA IN ITALIA

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Molteplici sono stati i fattori sociali e di po-litica economica che in Italia, negli anniTrenta, hanno inciso sulle linee di sviluppodel settore edilizio (e quindi sulle specificitàe sui caratteri dell’architettura). Già nel1978 Lucio Villari evidenziava il “legame esi-stente tra l’invenzione architettonica e certimeccanismi e certe inclinazioni del sistemaproduttivo” e avvertiva sulla necessità diprendere in considerazione tale sistema pernon rischiare di interpretare in modo di-storto la vicenda architettonica di queglianni: come un dibattito tutto interno alladisciplina o come una semplice ‘questionedi stile’1. Tra i fattori economici decisivi vi èstata senz’altro l’autarchia, intesa dai diri-genti fascisti in modo sincretico come uninsieme razionale di indirizzi volti a otte-nere l’autosufficienza economica (valoriz-zando le risorse nazionali, modificando iprocessi di produzione, orientando i con-

sumi) e, contemporaneamente, come mitodel primato della nazione: un mito cheavrebbe richiesto l’operosa e convinta mo-bilitazione delle categorie produttive e deisingoli cittadini.

Il quadro economico nazionale

Sin dalla fine degli anni Venti il governosi era reso conto che bisognava limitare,anche se progressivamente, la dipen-denza dall’estero. Già nel 1926 il Mini-stero dei Lavori Pubblici aveva emanatouna circolare volta a ridurre l’impiego dimateriali importati, soprattutto legno eferro, e a promuovere l’uso del cementoarmato. Dagli economisti, come dagli in-gegneri, era avvertita l’esigenza di “attrez-zare le nostre industrie affinché non sianoa mano a mano messe fuori, come sta ora

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SOTTO LA SCURE DELL’AUTARCHIA.L’EDILIZIA NELL’ITALIA DEGLI ANNI TRENTARinaldo Capomolla

Roma, un cantiere autarchico: il cantiere dell’E 42, 1937-1942. Il Palazzo della Civiltà Italiana visto dal Museo della Scienza,febbraio 1940

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lentamente avvenendo, dall’invasionestraniera favorita dall’iniziativa tecnica,dalla preparazione commerciale, dai bassicosti”2. Accanto a politiche di riequilibriodella bilancia dei pagamenti veniva cosìavviata dall’esecutivo un’azione protezio-nista che segnava l’avvio di un processoche avrebbe portato al progressivo dissol-vimento di un’economia di stampo libe-rale e all’affermazione, dopo la lungaparentesi recessiva dei primi anni Trenta,di un dirigismo di Stato sempre più per-vasivo. Il regime, per una sua connaturatainclinazione a risolvere in modo estem-poraneo le situazioni di emergenza piut-

tosto che a individuare gli obiettivi e aperseguirli, sviluppava tuttavia gli inter-venti in modo disorganico. Così, da unlato, affrontava il problema della disoccu-pazione con una vasta politica di lavoripubblici, dall’altro perseguiva l’aumentodella produttività cercando di introdurrenuovi principi di organizzazione scientificadel lavoro. La grande industria, d’altrocanto, anziché procedere sulla strada diuna riorganizzazione aziendale costosa etutto sommato inutile, viste le protezionidi Stato di cui poteva usufruire, rispondevacomprimendo i salari e riducendo l’orariodi lavoro: aveva dalla sua un diffuso antia-

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Roma, il Palazzo della Civiltà Italiana in costruzione, aprile 1939

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mericanismo, affermatosi soprattutto dopola grande crisi, che prediligeva forme ibridedi razionalizzazione dei metodi di lavoro:una sorta di via italiana al taylorismo.Allo stesso modo il governo, mentre lavo-rava per la stabilizzazione monetaria – vedile politiche deflazionistiche della secondametà degli anni Venti con la rivalutazionedella lira a “quota 90”: 90 lire per una ster-lina –, nel 1934 svalutava la lira del 40% perallinearla col dollaro; mentre, soprattuttodopo le sanzioni, perseguiva l’equilibriodella bilancia dei pagamenti attraverso unminuzioso controllo delle importazioni ela stipula di accordi di ‘clearing’, faceva lie-vitare vertiginosamente la spesa pubblicafino a portarla, già nel 1935, al 30% circadel prodotto interno lordo. Tuttavia, pro-prio grazie agli interventi statali, tra il 1934e il 1939 la produzione industriale sarebbecresciuta al ritmo di quasi il 7% l’anno. Isettori più vivaci si dimostreranno il metal-lurgico, il meccanico e il cantieristico, afianco dei settori chimico ed elettrico: set-tori più direttamente coinvolti nelle produ -zioni belliche e di beni tradizionalmenteimportati. Ma, oltre alle spese per com-messe e per finanziamenti a fondo perdutoalle industrie, aumentavano anche le speseper lavori pubblici (strade, interventi infra-strutturali e di bonifica in Italia e nelle co-lonie) e le spese per mantenere unaburocrazia statale e parastatale e un cetopolitico che stavano crescendo a dismi-sura. Così, tra il 1931 e il 1941, il prodottointerno lordo aumentava del 30% circa: alla

sua formazione concorrevano soprattuttol’industria e il terzia rio, mentre si riducevapercentualmente il contributo del settoreagricolo, che pure impiegava quasi la metàdella popolazione attiva.

Sanzioni e autarchia

Un decisa accelerazione verso una più or-ganica politica di strutturazione del Paesein senso industriale si verificava all’indo-mani delle sanzioni economiche imposteall’Italia dalla Società delle Nazioni a se-guito dell’invasione dell’Etiopia. Il 18 no-vembre 1935 venivano abbandonati igenerici, e quasi sempre inefficaci, richiamiall’autosufficienza economica e si inaugu-rava l’autarchia, intesa, almeno all’inizio,come strada verso lo sviluppo industrialee la modernizzazione del Paese dopo l’in-versione di tendenza registratasi negli annidella grande crisi. In un momento di lievitazione della spesapubblica, avviarsi verso l’autarchia signifi-cava anche, più prosaicamente, evitare dimisurasi con le economie straniere. Per farfronte al deficit di bilancio, infatti, l’esecu-tivo veniva costretto a intaccare le riserveauree, a stampare carta moneta e a lanciareprestiti nazionali: provvedimenti, questi,che avrebbero portato inevitabilmente al-l’inflazione il cui costo sarebbe stato pagatoin gran parte dalle classi lavoratrici in ter-mini di perdita del potere d’acquisto deisalari e di compressione dei consumi, di

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aumento dei licenziamenti o di diminu-zione delle ore lavorate. Queste politicheinflazionistiche esponevano ancor più aldebito con l’estero, cosicché, per ridurrel’esposizione, invece di ritornare a unapolitica economica ‘virtuosa’, si scelse diaggirare il problema limitando gli scambi.Il deficit dei conti con l’estero e le disa-strose condizioni della finanza pubblica,al contrario, si sarebbero potuti risanarecon l’incremento delle esportazioni (sesolo fossero state disponibili risorse na-zionali da trasformare).Tuttavia, riprendendo una frase di Her-bert L. Matthews, “l’Italia era un paesetroppo povero per permettersi il lusso

dell’autarchia”. Questo Mussolini lo sa-peva molto bene, tanto che nel discorsoall’assemblea nazionale delle Corpora-zioni del 23 marzo 1936 aveva sostenutoche: “Nessuna nazione del mondo puòrealizzare sul proprio territorio l’idealedella autonomia economica nel senso as-soluto, cioè al cento per cento; e, seanche lo potesse, non sarebbe probabil-mente utile. Ma ogni nazione cerca di li-berarsi nella misura più larga possibiledalle servitù straniere”. Per Mussolini,quindi, l’autarchia non era semplicementeuna manovra per risolvere problemi di fi-nanza pubblica o l’annosa questione delladisoccupazione né un modo per operare

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Roma, il Palazzo della Civiltà Italiana in costruzione, novembre 1939

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la trasformazione tecnocratica dell’Italia inun Paese industriale – un Paese, cioè, chefosse in grado di concorrere sui mercatiinternazionali e di diminuire la propria di-pendenza dall’estero –, ma la via maestraper realizzare il sogno, funesto, di giocareun ruolo di primo piano sullo scacchiereinternazionale.Il “piano autarchico”, annunciato da Mus-solini lo stesso 23 marzo 1936, si rivelerànel suo insieme un flop soprattutto perla sua intrinseca velleitarietà oltreché perla riluttanza dei maggiori gruppi indu-striali a metterlo in atto. Quanto più le re-sistenze aumentavano, tanto più cresceval’apparato statale destinato a tenere le re-dini delle attività imprenditoriali. Ma l’ap-parato messo in piedi era composto dapiù centri decisionali, tra loro scoordinati,che mascheravano l’incompetenza tec-nica con procedure farraginose (bastaleggere le disposizioni della legge del 9gennaio 1939 sulla “preferenza dei pro-dotti nazionali” per rendersi contro dellamacchinosità e della sostanziale ineffica-cia degli strumenti di controllo). Conquesta “macchina composta dalla bu -rocra zia, dal partito fascista e dalle or -ganizza zioni sussidiarie del partito... [icapitalisti] devono fare i conti”3. Tuttavia,con azione pertinace, l’élite dell’econo-mia privata e l’oligarchia industriale riu-sciranno a compe netrarsi con i più altilivelli dell’apparato economico delloStato svilendone, nella sostanza, ognireale fun zione di indirizzo.

L’edilizia nel periodo autarchico

Le vicende del settore edilizio si inqua-drano in questo scenario, ma con unaparticolare specificità: la questione del-l’occupazione, sia nelle imprese di costru-zione che nelle industrie produttrici dimateriali e di componenti.Durante gli anni Trenta gli addetti delleindustrie edilizie si erano progressiva-mente ridotti a causa di processi diammo dernamento degli impianti cheavevano portato alla formazione di grossigruppi industriali, al fallimento delle in-dustrie più deboli e alla chiusura delle im-prese a struttura artigianale. È quanto,per esempio, era accaduto nel settore ce-mentiero: un settore che nella secondametà degli anni Venti era cresciuto in ca-pacità produttiva, mentre all’inizio delnuovo decennio, a causa della crisi, si eratrovato in serie difficoltà: il cemento ven-duto era circa la metà di quello che gli im-pianti erano in grado di produrre.Processi simili avevano interessato nonsolo gli altri settori rivolti specificamenteall’edilizia (leganti, laterizi, marmi), maanche quei settori che avevano quote dimercato più o meno significative incampo edilizio (ferro, metalli, vetro).Anche le maestranze dei cantieri avreb-bero rischiato una forte riduzione se sifossero verificate fusioni societarie nellastessa misura di quelle che erano avve-nute nel campo industriale e se i luoghidi lavoro fossero stati interessati da ana-

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loghi processi di modernizzazione o, peg-gio, di industrializzazione. Ma così non èstato, e questo per precisa volontà poli-tica: mentre l’industria dei prodotti edilizidoveva evolvere nel quadro dello sviluppodel Paese in senso industriale, i cantieriavrebbe dovuto assorbire l’eccedenza dimanodopera che si sarebbe inevitabil-mente creata con le ristrutturazioni indu-striali. Tuttavia la politica delle operepubbliche riuscirà solo ad arginare il feno-meno: negli anni Trenta la disoccupazionesi sarebbe mantenuta intorno a un mi-lione di unità (almeno così dicono le otti-mistiche stime ufficiali), non riuscendo aritornare ai livelli, molto bassi, che eranostati raggiunti prima della grande crisi.Non vi era quindi alcuna intenzione di in-centivare lo sviluppo di tecniche costrutti -ve che potessero comportare contrazionidi manodopera. D’altro canto l’incertezzadelle commesse, il basso livello di qualitàrichiesto all’edilizia corrente, lo stesso li-mitato repertorio di lavorazioni e di ma-teriali da costruzione presente neicapitolati delle opere pubbliche non indu-cevano certo a razionalizzare i cantieri. Néc’era la spinta verso lo sviluppo dellalavora zione meccanizzata poiché questaavrebbe avuto un costo di gran lunga su-periore a quello della lavorazione manua -le; oltretutto la forza lavoro, abbondante,poco qualificata e sindacalmente non ga-rantita, poteva essere facilmente sacrifi-cata al verificarsi di congiunture, comequella del 1936 che vedrà la riduzione dra-

stica dei finanziamenti per i lavori pubblicie un incremento delle spese per gli arma-menti, per mantenere l’apparato ammini-strativo e militare e per sovvenzionare leindustrie. Peraltro il divario tra i costi dellalavorazione meccanizzata rispetto aquella manuale, dopo le sanzioni, sarebbecresciuto ulteriormente sia perché lemacchine edili erano importate o, se co-struite in Italia, lo erano su licenza di ditteestere, sia per i costi e le difficoltà di ap-provvigionamento di pezzi di ricambio, dicarburanti e di lubrificanti.Con l’avvio dell’autarchia il settore edilizioverrà considerato, soprattutto dalle gerar-chie militari i cui rappresentanti si trova-vano in ogni organismo decisionale dipolitica economica e di gestione delle ri-sorse, un ‘vaso di espansione’ da depri-mere in tempo di guerra (sottraendoaddetti e risorse) e da dilatare in tempo dipace (per dare occupazione e per assor-bire il surplus di settori produttivi resi iper-trofici dalle esigenze belliche). L’attivitàedilizia doveva quindi continuare, pur sea regime ridotto, per non provocare graviripercussioni economiche e sociali – nonsi potevano “fermare le ferrovie per nonconsumare carbone”4 –, ma doveva uti-lizzare la minor quantità possibile dimerci importate, soprattutto di quelle cherivesti vano un’importanza strategica: car -buran ti, carbone, legname, ferro e prati-camente tutti i metalli. La questione delleimportazioni si presentava quanto mai de-licata perché la svalutazione della lira

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Roma, il cantiere dell’E 42, novembre 1939: carpentieri al lavoro

dell’ottobre 1936 non si era tradotta in unaumento delle esportazioni bensì, data lacongiuntura internazionale, solo in un in-cremento dei costi delle materie prime daimportare. Quindi occorreva privilegiarenon le materie destinate al consumo in-terno, ma quelle che, trasformate dall’in-dustria e riesportate, avrebbero potutocontribuire al riequilibrio della bilancia deipagamenti. Per non incidere sul commer-cio con l’estero occorreva perciò costruirecon materiali ‘nazionali’, spesso locali,escludendo quelli esportabili, ad esempioi marmi pregiati e l’alluminio.Posta la questione in questi termini, fu pre-sto chiaro che l’autarchia in edilizia non era

perseguibile oltre una certa misura poichétroppo gravi erano le deficienze di materieprime. Questa stessa conclusione si dimo-strava valida anche per la quasi totalità deglialtri settori produttivi, tanto che alla finedegli anni Trenta gli esperti si resero contoche l’appellativo ‘autarchico’ era fittizio eche spesso era stato usato per far passareiniziative discutibili promosse dalle indu-strie più per ottenere i finanziamenti statali,talvolta cospicui, che per l’aspettativa ditrovare valide innovazioni industriali. Peral-tro la portata dell’autarchia era comune-mente considerata in modo riduttivo:nonostante Mussolini avesse chiarito chel’autarchia sarebbe stata il ‘costume’ defi-

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nitivo della nazione, tutti in fondo pensa-vano che essa fosse una necessità transito-ria, un’emergenza che si sarebbe risoltacon la vittoria in guerra: lo dimostrano gliannunci, fatti nel momento in cui si con-cretizzava l’alleanza con il Terzo Reich, difine dell’autarchia o al più di una sua‘diluizio ne’ in un ambito territoriale cheavrebbe visto accomunate le potenzialitàeconomiche della Germania e dell’Italia.Anche se gli ingegneri civili (e gli architetti)si sentivano in prima fila nella battaglia perl’autarchia, l’edilizia, che, prima delle san-zioni, era stata un ambito entro cuiaffronta re i problemi creati dalla grandedepressione, adesso non era più un set-tore ‘strategico’. Per raggiungere il mas-

simo di autarchia il regime confidava solosul contributo attivo dell’ingegneria indu-striale e della chimica. Gli ingegneri civili(e gli architetti) dovevano stare nelle re-troguardie della battaglia autarchica; dove-vano solo occuparsi di trovare il modo persprecare la minore quantità possibile dellepoche risorse di cui il Paese disponeva.(Per la verità il regime, in un misto di de-magogia e di ingenuità, confidava anchenell’uomo della strada, convinto com’erache la gerarchia tra le potenze mondiali,determinata dalla ricchezza e quindi dalloro sviluppo scientifico e tecnologico, po-tesse essere scompaginata dall’intuizionee dalla fortissima volizione del singolo.)

Per un’edilizia ‘arcitaliana’

Gli studi per stabilire quale fosse la costru-zione a maggior grado di autarchia si con-centrarono ben presto sulla costruzione ascheletro portante di cemento armato e suquella in muratura portante – la costru-zione in acciaio era tagliata fuori, anche inragione dei costi elevati. Considerandocontemporaneamente i “fattori nazionali”– esborso verso l’estero e occupazione –,la struttura muraria di pietrame (nonquella di mattoni) con solai laterocemen-tizi o a putrelle risultava equivalente allastruttura di cemento armato con solai la-terocementizi e tamponature leggere.

Roma, lavori murari nella chiesa dei SS. Pietro e Paolo,novembre 1939

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Quest’ultima, anzi, sarebbe stata migliora-bile dimensionando le sezioni resistenti inmodo da non eccedere né col ferro né colcalcestruzzo. Al contrario le strutture de-bolmente armate o non armate, così tantopropagandate, erano da scartare perché in-sicure e, in ogni caso, meno autarchiche.Nonostante la sostanziale equivalenza deidue tipi di costruzione, le discussioni e lepolemiche tra i fautori di una o dell’altraopzione continuarono senza sosta. Esse,in realtà, erano l’esito dello scontro trasettori industriali per spartirsi la torta deilavo ri pubblici: alla fine i cementieri sa-rebbero riusciti ad accaparrarsi la fetta piùsostanziosa, ossia le opere infrastrutturali(lavori stradali, ferroviari, idraulici e ma-rittimi), lasciando agli industriali dei late-rizi e della pietra un discreto marginenell’ambito delle opere edili, complessi-vamente meno appetibili.C’era poi un altro aspetto da considerarecon attenzione: il costo dell’opera edili-zia. Purtroppo, come sosteneva Nervi, “lesoluzioni effettivamente più convenientisono quasi sempre quelle che adottano imateriali unitariamente meno autar-chici”5: oltre un certo grado di autarchia,la costruzione diventava eccessivamentecostosa, poco affidabile, difficile da realiz-zarsi e di scarsa qualità. Risultò evidenteche le restrizioni autarchiche non servi-vano a rendere i progettisti consapevolidi un modo di costruire più confacente

alla realtà italiana, ma erano, nei fatti, vin-coli posti per ostacolare l’attività edilizia.Così molti tecnici, preoccupati della sta-gnazione che poteva derivarne, comincia-rono ad avanzare riserve e obiezioni sullareale utilità per la nazione di prescrizionitroppo severe.Assodato che l’autarchia integrale non eraraggiungibile né auspicabile, rimaneva co-munque in piedi l’esigenza che l’esborsovalutario si traducesse quanto più possi-bile nella creazione di posti di lavoro.I due termini della questione – i “fattorinazionali” – emergono, infatti, sempre in-sieme nelle diverse raccomandazioni co-struttive che continuamente venivanorivolte ai progettisti. Emergono, significa-

Roma, il cantiere dell’E 42, novembre 1939: un escavatorein azione

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tivamente, anche nelle “Norme per laprogettazione, direzione, contabilità ecollaudazione dei lavori che si eseguonoper conto del PNF”6, che così recitano:“Le strutture portanti dovranno essere inmuratura di pietrame, di mattoni o in cal-cestruzzo cementizio, non armato, a se-conda della più economica utilizzazionedei materiali locali... Per i materiali do-vranno essere previsti sempre materialinazionali, quali pietra, mattoni, pomici,tufi ecc. ed il loro approvvigionamentodeve essere previsto in località vicine allecostruzioni per evitare trasporti che gra-vino in modo notevole sulla economiadelle opere... Le strutture portanti degliedifici dovranno essere predisposte inmodo da limitare l’impiego del ferro allostretto indispensabile, adottandolo per lesole armature dei solai misti in cementoarmato a pignatte di tipo alto... Le rin-ghiere delle scale e le balaustre, nonchéle recinzioni non dovranno essere inferro, ma in legname, pietra, marmo ovetro... Per i rivestimenti esterni do-vranno usarsi o i laterizi, o le pietre, o imarmi, secondo le disponibilità locali, te-nendo anche debito conto dei necessariconcetti economici... Gli infissi esterni do-vranno essere in legname duro e resi-stente alle intemperie (larice, castagno,cipresso, rovere o pino). Gli infissi internipotranno essere in abete, o a più strati dicompensati su armatura cellulare stretta”.Il modello costruttivo proposto dal capodei Servizi tecnici del PNF, estensore delle

norme, avrebbe dovuto comportare unconsumo minimo di combustibili e di altrematerie di importazione necessari per laproduzione dei materiali edili e degli ele-menti costruttivi, per la realizzazione degliedifici e per la loro gestione. Sotto accusaera soprattutto il ferro, nonostante cheanche l’autarchia dei combustibili, dei me-talli, del legno, del vetro ecc. fosse soloun’aspirazione impossibile da realizzare.Le stesse norme non mancavano poi disegnalare che “per i solai bisognerà tenerpresente gli studi recenti circa la sostitu-zione del ferro con le leghe leggere di al-luminio, le canne di bambù, le fibre diamianto ed infine gli stessi laterizi ecc.”;ma questo non era che un riconosci-mento di rito a ricerche i cui risultati sierano dimostrati sostanzialmente delu-denti e che, in ogni caso, non avrebberopotuto trovare alcuna applicazione pra-tica data la mancanza di norme tecnicheche ne regolamentassero l’uso.“Bisognerà che il progettista scelga, poi, iltipo più adatto di costruzione che possautilizzare al massimo le risorse locali ed imateriali esistenti nelle località dove sidovrà costruire; lo stesso dicasi per l’usodi sistemi costruttivi che richiedono l’im-piego di maestranze specializzate, ciò por-terebbe, a parte tutto, uno squilibrio nellamano d’opera locale, cosa che, per quantoè possibile, è da evitarsi”.Queste ultime indicazioni erano in sinto-nia con la volontà del regime di teneresotto controllo i flussi migratori interni7.

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L’attività edilizia doveva perciò adeguarsialle capacità costruttive delle maestranzelocali e ai materiali da costruzione dispo-nibili in loco. Ciò non poteva che portareall’arresto del progresso tecnico incampo edilizio, in netto contrasto conl’obiettivo dell’autarchia, che inveceavrebbe dovuto promuoverlo8.Il frangente autarchico, infine, diedemodo agli architetti più tradizionalisti econservatori di imporre un modello ar-chitettonico sorpassato, proposto capzio-samente come necessaria conseguenzadel modello costruttivo: così come nonsi dovevano importare materiali, non sidovevano importare mode architettoni-che: via i ‘nuovi’ materiali e l’architettura‘razionale’! spazio ai materiali nostri e al-l’architettura nostra! “L’architettura deivari edifici”, continuano le norme delPNF, “dovrà essere in armonia con le mo-derne tendenze architettoniche, madovrà avere sempre richiamo alla tradi-zione dell’arte italica... Dovrà evitarsi il ri-petersi delle monotone forme a serie,oramai sorpassate, dell’architettura No-vecento di qualche anno fa, e invece do-vranno studiarsi forme moderne ma conrichiami sinceri alle tradizioni locali e conadozione di motivi aderenti alle caratteri-stiche dei materiali da adoperare”.Il fatto che la scelta autarchica non signifi-casse arrestare il progresso tecnico né ri-gettare i raggiungimenti architettonici

degli anni precedenti era evidente agli ar-chitetti più accorti. Ponti, per esempio, af-fermava che “a troppi non è parso veroconcepire il sacrosanto indirizzo autar-chico come un pretesto a voluttuosi ritornia forme e procedimenti costruttivi del pas-sato. L’autarchia è invece una conquistacreativa che non è da pagare con l’inutile,pericoloso e, aggiungo, antiautarchicoprezzo di un regresso tecnico e concettivocon l’indulgere a vecchi modi che si vo-gliono gabellare per arcitaliani mentresono soltanto quelli dei tempi andati, usatiallora in tutti i paesi“9.Sia Ponti che Piacentini, Pagano, Terragni,Nervi e molti altri erano non solo pro-pensi a subordinare le ‘questioni artisti-

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Roma, il cantiere dell’E 42, novembre 1939: manovali al lavoro

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che’ ai vitali interessi economici della na-zione, ma vedevano in positivo l’autar-chia, quale ‘disciplina’ che avrebbeconsentito di pervenire a un’architetturapiù sincera e più concreta, abbando-nando definitivamente le involuzioniestetizzanti che taluni paventavano.Alla richiesta rivolta al Sindacato Nazio-nale Fascista Architetti di partecipare“all’esaltazione che il regime intende faredella tecnica in tutti i suoi rami, come diun poderoso strumento al servizio dellaPatria”, gli architetti risponderanno rico-noscendo – sono parole di Plinio Marconidalle colonne della rivista del sindacato –che “l’architettura possa e debba essere

notevolmente influenzata da quelle mo-dificazioni del contenuto [ossia dalle esi-genze tecniche] che sono funzionediretta di anche temporanee condizioniambientali [ossia degli indirizzi autar-chici]”10. A fronte della condiscendenzadegli architetti, Marconi non manca diavanzare critiche, neanche troppo velate,di segnalare errori e scarsa incisività dellaclasse dirigente nel perseguire gli obiet-tivi autarchici. Per esempio, riguardo allericerche sulla surrogazione delle materieprime non può fare a meno di “affermareesplicitamente che tali studi non proce-dono con la solerzia e precisione che sa-rebbero indispensabili; che sull’argo men to

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Roma, il cantiere dell’E 42, marzo 1940: il Palazzo della Civiltà Italiana e il Palazzo degli Uffici visti dal portico del Palazzodei Ricevimenti e Congressi

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circolano apprezzamenti superficiali”.Quando impietosamente Marconi – sia -mo negli anni della guerra – registra ilfatto che l’autarchia si era dimostrataun’esperienza condotta in modo malde-stro che aveva dissipato energie intellet-tuali ed economiche, non si può cheessere d’accordo con lui. Purtuttavia, no-nostante i limiti artificiosi imposti dal re-gime, occorre riconoscere che nelcantiere autarchico sono potute maturarecompetenze che, messe a frutto nel do-poguerra, avrebbero consentito, peresempio, il successo delle imprese ita-liane all’estero e che, tra le molteplici edeterogenee espressioni architettonichedella seconda metà del decennio, sonoemersi spunti di un linguaggio modernoitaliano dalle tonalità e dai caratteri affattodistinti da quello internazionale; un lin-guaggio che sarebbe riuscito a esprimeretutte le sue potenzialità solo nel periododella ricostruzione, proprio attraversol’opera di alcuni di coloro che negli anniTrenta erano stati ‘giovani architetti’.

Note

1 VILLARI 1978.2 MINNUCCI 1931.3 SALVEMINI 1974, p. 349.4 NUSINER 1936.5 NERVI 1940.6 Il testo dattiloscritto delle norme è conservatoin ACS, PNF, Fed. Prov., b. 143a.7 Sin dalla fine degli anni Venti erano state avviatepolitiche contro l’urbanesimo per arginare la pres-sione delle masse di sottoccupati sui centri urbanimaggiori. Tra il 1938 e il 1939 tali politiche sarannoinasprite, tanto che per spostarsi alla ricerca di la-voro occorreva l’autorizzazione del Commissariatoper le Migrazioni e la Colonizzazione interna.8 Negli anni della guerra le condizioni peggiore-ranno per la penuria dei combustibili e dei mate-riali edilizi più comuni, per la requisizione deimezzi di trasporto privati da parte delle Forze ar-mate e di sicurezza, per la carenza di manodoperaa causa della chiamata alle armi ecc.9 PONTI 1938.10 MARCONI 1940.

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Quella tra le due guerre rappresenta, perl’architettura italiana, una stagione di par-ticolare interesse e complessità. Gli archi-tetti italiani, soprattutto i più giovani (laprima scuola è istituita a Roma nel 1920),aderendo agli indirizzi del movimento mo-derno, relativamente alla semplificazioneformale ma anche all’adozione dei sistemicostruttivi più aggiornati, sviluppano unalinea di ricerca autonoma rispetto allecoeve esperienze internazionali e salda-mente legata alla cultura architettonica ecostruttiva nazionale. L’affermazione di un nuovo e modernolinguaggio trova un’eccezionale opportu-nità nell’attività edilizia del regime che,avendo individuato in quello edile un set-tore strategico, realizza, con la doppia fi-nalità di acquisire consenso e di darerisposta alla disoccupazione, un vastoprogramma di modernizzazione che in-

veste tutto il territorio nazionale. Il dibat-tito che si sviluppa sulle riviste di settore,ma anche sui quotidiani, è alimentato damostre, convegni e concorsi e ponespesso l’architettura in primo pianoanche sulla scena politica. Le profondetrasformazioni nel campo delle infrastrut-ture (strade, ferrovie, rete idroelettricaecc.), nell’assetto delle città storiche e nelsettore delle bonifiche con la fondazionedi nuovi centri urbani, rappresentano al-trettante occasioni offerte a professionistie imprese da una committenza pubblicamolto diversificata: i ministeri, gli enti lo-cali e, soprattutto, le nuove organizza-zioni assistenziali del regime.A quelli tradizionali – stazioni ferroviarie,centrali idroelettriche, palazzi del governo,scuole ecc. – si affiancano tipi edilizi – pa-lazzi postali, case del balilla, case del fascio,colonie, impianti sportivi – destinati alla

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DAL CENTRO ALLA PERIFERIA: COSTRUZIONE E DIFFUSIONE DI MODELLI ARCHITETTONICINEL VENTENNIO FASCISTARosalia Vittorini

Luigi Moretti, Casa delle armi, Roma, 1933-1936

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costruzione dello stato sociale, tipi edilizinuovi che non possono contare su reper-tori tipologici consolidati. Così accanto aopere che replicano modelli accademici,magari semplificando formalmente l’icono-grafia del tipico palazzo pubblico, sorgonoin tutto il paese edifici nuovi per linguaggioma anche per materiali e tecniche esecu-tive. Spesso, proprio nel progetto di edificiconsiderati di carattere utilitario e quindiliberi da vincoli di rappresentatività, vienesperimentata un’originale versione dellamonumentalità che rappresenta uno deitemi radicati e persistenti nella tradizionearchitettonica italiana.

In un vivace clima di ricerca e sperimen-tazione si definiscono alcuni dei caratteriche diverranno tipici delle opere italianemoderne in cui i temi della simmetria,dell’equilibrio e della composizione deivolumi sono svolti secondo nuovi e origi-nali percorsi. “Il moderno integrale –nota Marconi – è soprattutto evidentenegli organismi di tema e di tecnica asso-lutamente recenti: edifici industriali, stadie piscine coperte, padiglioni di esposi-zione di tipo speciale, hangars, aeroportiecc. (...) È questo il regno dell’inversionedelle normali sensibilità statiche ed este-tiche consuetudinarie. Il cemento armato

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Luigi Moretti, Casa del balilla a Trastevere, Roma, 1933-1936

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e il ferro sono esaltati dall’entusiasmodegli architetti moderni, i quali voglionospiritualmente permeare e possedere talimaterie per giungere col loro mezzo, adespressioni artistiche vitali e del tuttonuove (...). Le forme geometriche ele-mentari sono qui esaltate nei loro valoripuri, nella loro astrazione; dalla materia-lità assoluta si vuole passare all’assolutatrascendenza, e si arriva a quella sorta divisione magica della materia (...) al cuiservizio sono posti tutti i più perfetti esottili mezzi della tecnica contempora-nea: metalli, vetri, specchi, sostanze arti-ficiali variatissime”1

Singolare in questo panorama è l’attivitàedilizia dell’Opera Nazionale Balilla chedistribuisce sul territorio nazionale, nellegrandi città come nei medi e piccoli centriurbani, centinaia di edifici destinati allepratiche sportive e all’educazione dei gio-vani, edifici progettati da decine di archi-tetti, per lo più della nuova generazione,senza troppe pretese dal punto di vistaprofessionale, ma incoraggiati dal presi-dente dell’Opera, Renato Ricci, a pro-muovere un’immagine architettonicaoriginale e adeguata alla novità e alla mo-dernità dell’ente2. Si tratta di edifici cheintroducono una serie di temi nuovi,

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Enrico Del Debbio, Accademia di educazione fisica, Roma, 1928-1932

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anche dal punto di vista costruttivo, comela copertura di grandi spazi liberi per lepalestre, la costruzione di bacini per le pi-scine, la realizzazione di ampie chiusurevetrate, l’introduzione di complessi im-pianti tecnici. L’insieme delle case del balilla permetteuna lettura dell’evoluzione dell’architet-tura e della costruzione italiana in un de-cennio cruciale, dal 1928 al 1939. La fasedi avvio, caratterizzata dall’aggiornamen -to di modelli tradizionali, viene rapida-mente superata nel passaggio deltestimone da Enrico Del Debbio, inizial-mente alla guida dell’ufficio tecnicodell’Opera, a Luigi Moretti che per Riccirealizza alcune case (quelle di Roma, aTrastevere e al Foro Italico, di Piacenza edi Trecate), veri e propri modelli di unaconcezione radicalmente nuova dell’ar-chitettura, almeno in Italia. Il linguaggiomesso a punto da un folto gruppo di archi-tetti tra cui spiccano alcuni dei protagonistidel Novecento italiano – oltre a Moretti,Adalberto Libera, Mario Ridolfi, Mario Ce-reghini, Gaetano Minnucci, Francesco Man-sutti e Gino Miozzo, Mario Paniconi e GiulioPediconi ecc. – viene ‘trascritto’ dai profes-sionisti locali in edifici minori con esiti di-versi: in alcuni casi diventa occasione diulteriori, interessanti esperimenti, in altriproduce risultati di maniera. Ma normalmente, nel caso del progettodi edifici pubblici, il frequente riferimentoa opere esemplari che rivestono il ruolodi modelli genera una serie di manufatti

dalla fisionomia inconfondibile, arguta-mente colta da Pagano: “Si è creata del-l’architettura moderna una vesteesteriore fittizia e retorica: movimento dimasse, finestre orizzontali, tetto piano,terrazze frastagliate, intonaci sgargianti,novità impensate, pensiline, pareti incurva, scale ad elica e oblò e grandi fascilittori e aste per bandiere e portali im-mensi e torri, torri, torri. Questo mine-strone di imparaticci è caduto nelle manidi tutti i costruttori ed è stato adottatocome «architettura ’900 »”3.

Caratteri moderni

Parallelamente al dibattito sul nuovo lin-guaggio architettonico, che anima il con-fronto tra tradizionalisti e moderni, ilsettore delle costruzioni è investito diret-tamente dalle ricadute della politica eco-nomica del regime basata sull’autarchia. Imateriali a disposizione dei progettistisono quelli tradizionali, come le pietre, ilmarmo, i laterizi, ma anche nuovi prodottiindustriali di completamento e finitura.Materiali, questi ultimi, orgogliosamentereclamizzati come ‘italiani’ e frutto dellamodernizzazione dell’industria nazionale:il vetro4, in decine di applicazioni e tipi, dalvetrocemento alle lastre per rivestimentimurali, alle lastre ‘isolanti’ come il termo-lux; l’alluminio, sotto forma di leghe comel’anticorodal; il legno con tutti i suoi deri-vati; i rivestimenti innovativi come la lito-

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ceramica o, per i pavimenti, il linoleum, unprodotto vanto dell’industria chimica na-zionale, individuato come uno tra i mi-gliori “alleati nelle quotidiane battaglie perla modernità”5 e largamente usato per rea-lizzare, anche negli interni, piane e mo-derne superfici di colore omogeneo. Aquesti si aggiungono moltissimi nuovi ma-teriali come la masonite, l’eraclit o l’into-naco Terranova.Il sistema costruttivo moderno, il telaio incemento armato, è ormai la tecnica piùdiffusa e ordinaria, sostenuta anche dal pa-rallelo sviluppo della scienza delle costru-zioni. Ma l’ossatura, impiegata soprattutto

per ottenere grandi spazi liberi e ampieaperture, non mostra mai direttamente esemplicemente la sua valenza espressiva:viene spesso limitata a parti della costru-zione, abbinata alla muratura portante ocomunque inglobata in pareti murarie. In-fatti per gli architetti italiani, accademici omoderni, “la sincerità architettonica nonconsiste nell’andar con le costole in fuorio con lo scheletro in vista”6; così le solu-zioni strutturali progettate da esperti in-gegneri - a volte rilevanti e sperimentalicon portate, sbalzi e soluzioni ardite - ven-gono o accuratamente nascoste o relegatein parti marginali dell’edificio.

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Luigi Moretti, Casa delle armi, Roma, 1933-1936. La palestra

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L’evoluzione della ricerca è leggibile indue edifici romani, entrambi al Foro Ita-lico, prima opera pubblica del regime.Nell’Accademia di educazione fisica(1928-32) Enrico Del Debbio nasconde letravi-parete, utilizzate per sostenere lagrande aula-ponte, nello spessore di pa-reti intonacate e scandite con regolaritàda finestre e colonne, mentre il loro pro-filo inferiore è conformato, all’esterno, adarco ribassato; anche nella grande pale-stra le travi Vierendeel della coperturasono celate da un classicissimo cassetto-nato. Moretti, invece, nella vicina Casadelle armi (1933-36) usa il dispositivostrutturale delle due semivolte contrap-poste come elemento del progetto archi-

tettonico: lo nasconde abilmente al-l’esterno per evitare che interferisca conla pura geometria dei volumi, ma lo rivelaintenzionalmente all’interno dove è lostesso dispositivo che gli consente di di-segnare uno spazio sorprendentementeplasmato dalla luce7. Interessanti sperimentazioni nell’usodell’ossatura, che viene letteralmente pie-gata al disegno architettonico, si possonorilevare nella casa del balilla di CivitanovaMarche dove Libera affina, con il proget-tista delle strutture, le dimensioni e la sa-goma degli elementi strutturali o nellacasa di Macerata dove Ridolfi sperimentail piano libero e la finestratura a nastro. Le ampie aperture del telaio strutturalesono protette da vetrate piane, curve,d’angolo, composte con sottili profili nor-malizzati (ferrofinestra) e fornite di inno-vativi sistemi di movimentazione; sonovetrate spesso autonome, sovrapposte allastruttura, rese possibili dai progressi del-l’industria vetraria che produce lastre dinotevoli dimensioni. I nuovi e sempre piùampi serramenti formano pareti curve -come le due absidi della casa del balilla diComo, di Gianni Mantero, rispettivamentesfondo dell’avveniristico trampolino e am-bito della scala - o permettono nuovi rap-porti tra interno ed esterno: serramentia scorrimento verticale, come quelli chechiudono in serie le ampie campate dellapiscina di Costantino Costantini al Foro

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Gaetano Minnucci, Casa del balilla a Montesacro, Roma1934-1937. Il ballatoio della palestra

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Italico o della piccola piscina a L’Aquila diPaolo Vietti Violi; serramenti scorrevoliorizzontalmente, come la vetrata di 25,6x7,7 metri, costituita da trenta intelaiatureverticali tubolari sospese e scorrevoli suguide, completamente apribile e movi-mentata elettricamente, progettata da Ce-sare Valle per la piscina della casa delbalilla di Forlì.Il vetro assume poi aspetto e ruolo inediticon le spesse lastre temprate usate perparapetti e corrimano o con il vetroce-mento che diventa - sotto forma di diffu-sori super resistenti in sostituzione dellesemplici piastrelle prodotte inizialmentea livello artigianale - una cifra distintiva dimodernità. Come nelle modernissime so-lette dei loggiati sovrapposti della casa delbalilla di Milano di Cereghini, nei leggerie sottili diaframmi, pareti e velari, dellacasa del Fascio di Como di Giuseppe Ter-ragni, nelle pareti curve del palazzo po-stale di Ridolfi a Roma. A un uso moderno è invece piegato unmateriale tradizionale da sempre impie-gato per accentuare il tono monumentaledegli edifici pubblici: il marmo. Come al-ternativa alle razionali superfici intonacatela soluzione praticata dagli architetti ita-liani è il rivestimento lapideo integrale chepermette di ottenere, grazie alle caratteri-stiche delle pietre impiegate, facciate, sì“liscie semplici e pulite”8, ma uniche perle qualità materiche e cromatiche del ma-

teriale. Tradizionalmente limitato solo adalcune parti dell’edificio, come il basa-mento, i partiti decorativi o le cornici delleaperture, il rivestimento viene ora trattatocome paramento indipendente dall’ossa-tura portante e assume un ruolo assoluta-mente autonomo nella sua configurazionegeometrica. Il marmo acquista così unruolo di primo piano tra i materiali edilizia disposizione dei progettisti che lo spin-gono “al massimo delle sue doti e dellesue possibilità”9. Intrinsecamente evoca-tivo ed es pressivo, viene ‘riscoperto’ inquanto materiale nazionale per eccellenzanel periodo dell’autarchia e successiva-mente esaltato nella costruzione dellaRoma imperiale voluta dal regime.

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Mario Ridolfi, Casa del balilla, Macerata, 1934-1935

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Ancora i due edifici dell’Accademia e dellaCasa delle armi offrono una singolare oc-casione di confronto. Nel primo, elementidecorativi semplificati in marmo biancodi Carrara – timpani, liste marcapiano,cornici – spiccano sul rosso cupo dell’in-tonaco producendo un singolare effettometafisico. Ma costruttivamente ogni ele-mento è trattato come una membraturadel muro e in questo profondamente am-morsato. E quando sono liberi, come nelportico in curva della palestra, gli ele-menti marmorei – triliti composti da co-lonne monolitiche e architravi in forma dispessi lastroni curvi – configurano un or-dine architettonico che duplica l’ordine

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Mario Cereghini, Casa del dirigente per l’Opera NazionaleBalilla, Milano, 1933-1935. La loggia del secondo piano

strutturale dei telai. Nell’eccezionale rive-stimento integrale e monocromatico dellaCasa delle armi, invece, il materiale, comesi trattasse di intonaco, è letteralmentepiegato a seguire le precise geometriedelle figure architettoniche: tutti gli ele-menti – lastre sottili o curve, finti masselliper arrotondare angoli e spigoli – sonoapparecchiati modernamente a giunti al-lineati in una placcatura che, affrancata darichiami alla funzione statica, esalta la pu-rezza geometrica dei piani e dei volumi. In generale per le facciate sono preferiti,come raccomanda Libera, marmi cromati-camente uniformi, che offrono un altogrado di astrazione, per le facciate esterne,riservando le pietre marcatamente venateper connotare gli interni. Anche Terragnisceglie, per la Casa del fascio di Como, latinta uniforme del Botticino con lastre digrande dimensione e spessore variabile aseconda dei prospetti, montate a giunti in-visibili per eliminare le linee della trama.L’estensione del rivestimento a tutta la fac-ciata non si riduce a un semplice amplia-mento della superficie rivestita: implicauna nuova concezione del rivestimentostesso che richiede un progetto specifico.Da qui la stesura di complicati casellaridelle pietre per descrivere in dettaglio isingoli elementi poiché all’interno del di-segno del rivestimento, nel suo com-plesso, devono anche essere ‘assorbiti’ i

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dispositivi di carattere funzionale. La spe-rimentazione condotta nei cantieri costi-tuisce una forte spinta all’innovazione nelsettore marmifero che si traduce nel per-fezionamento delle tecniche di taglio e dilavorazione delle superfici, ma anche nellostudio e nel brevetto di sistemi di anco-raggio delle lastre. Lastre e masselli chevengono, per esempio, scanalati per ac-cogliere i necessari percorsi di allontana-mento dell’acqua come si vede neilastroni inclinati inseriti da Libera a scher-mare le grandi aperture delle scale, sianella scuola di Trento che nel palazzo po-stale romano, o nei ‘banchettoni’ dellaCasa del fascio di Como.I progettisti attingono a questo vasto re-pertorio di dispositivi costruttivi e mate-riali nuovi costruendo edifici ariosi,luminosi e ricchi di soluzioni cromaticheche le fotografie d’epoca in bianco e neronon ci restituiscono. Anche nelle opereminori i segni della modernità, a volte ce-lati, interamente o parzialmente, a volteesibiti in soluzioni e combinazioni ine-dite, vanno ricercati con attenzione e pos-sono essere individuati solo attraverso lalettura approfondita degli edifici.

Stili littori

Mentre gli architetti, in genere giovani, af-fermano, per una breve stagione, ma conopere esemplari, il carattere peculiare delmoderno italiano, la linea di continuità

con la tradizione trova, nello stile comenella costruzione, forme ed espressioninon ‘d’avanguardia’10 e risolute nel riven-dicare la propria origine diretta nell’anti-chità classica, in particolare romana. Infatti il tipo corrente dell’edificio pubbliconei centri urbani grandi e piccoli è basatosu una sintassi che deriva concettualmentealla costruzione muraria e di questa ripro-pone e evidenzia, in uno svolgimento ac-cademico dei motivi architettonici, tutti glielementi costitutivi. I temi della simmetria,della rigida gerarchia sul piano composi-tivo, della regolarità nei partiti di facciata,si traducono in un linguaggio monumen-tale e austero: gli elementi architettonici –seppure semplificati o alterati in dimen-sioni e proporzioni – permangono nell’im-paginato di facciata come legame diretto,quasi didascalico con le architetture mo-numentali e storiche. Pur utilizzando telaiin cemento armato, portate e sbalzi simantengono limitati e si evita accurata-mente di esibirne le potenzialità, le aper-ture conservano forma e dimensionecomuni, per i paramenti si preferisconomateriali tradizionali: in genere campi dimattoni o intonaco su cui emergono pa-raste, colonne, architravi.La Città universitaria di Roma (1932-35)rappresenta una sorta di manifesto, nellostile come nella costruzione, del cosid-detto ‘stile littorio’. Il cantiere si svolgesotto la salda regia di Marcello Piacentiniche, riservandosi di valutare in modoinappellabile gli aspetti architettonici, co-

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struttivi, tecnici e economici, ha l’obiettivoprogrammatico di mettere a punto unamodalità di progettazione e costruzioneche possa assumere un ruolo di riferi-mento negli sviluppi futuri dell’architet-tura italiana. Questa intenzione è evidentenella efficiente organizzazione del lavoro:un competente ufficio tecnico guida diret-tamente la progettazione esecutiva e ilcantiere predisponendo un campionariodi materiali edili di costruzione e di fini-tura che verrà poi trasferito alla Scuola diarchitettura. Le prescrizioni impartite al-l’eterogeneo gruppo di architetti - daquelle relative alla tipologia, all’organiz-zazione dei volumi, alle dimensioni e alla

geometria delle aperture, fino a quelle suimateriali – producono, salvo rare ecce-zioni per lo più giustificate da vincoli fun-zionali, un complesso di edifici omogenei,le cui facciate sono accomunate da super-fici di mattoni (che devono, nell’apparec-chiatura, richiamare l’architettura romanadi Ostia) e parti in travertino. Aderiscono al nuovo stile edifici pubblici– palazzi di giustizia, scuole, edifici per uf-fici – che, adeguati allo spirito conserva-tore e di retorica celebrazione del regime,assumono una fisionomia immediata-mente riconoscibile.Nella seconda metà degli anni trenta il vel-leitario piano autarchico per la nazione,

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Marcello Piacentini, Rettorato della Città Universitaria, Roma, 1932-1935

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promosso in risposta alle sanzioni imposteall’Italia dalla Società delle Nazioni comeritorsione all’invasione dell’Etiopia, si tra-duce, nel settore edilizio, nel rilancio deimateriali edilizi nazionali11. A una forte ri-duzione del cemento armato (per non sot-trarre il ferro all’industria bellica) siaccompagna un incisivo e forte rilancio delsettore del marmo la cui produzione, no-nostante gli incentivi, aveva subito unnuovo crollo a causa della chiusura deimercati esteri, attraverso una serie di prov-vedimenti, anche di ordine finanziario, afavore delle ditte che ne curano l’estra-zione e la commercializzazione12.Ma più che condizionare soluzioni tecni-che, l’autarchia finirà per condizionare re-toricamente le forme architettonicheprovocando quel “progressivo sfasamentotra estetica e tecnica per cui la formaprende il sopravvento sulla sostanza co-struttiva. Ne consegue uno sdoppiamentotra apparenza e struttura, tra architetturae costruzione”13. Archiviata la stagionedella sperimentazione, la nuova stagionearchitettonica trova espressione compiutanelle costruzioni dell’E42, il quartiere espo-sitivo che doveva rappresentare, attraversouno stile grandioso e imperiale, il primatodella civiltà architettonica e costruttiva ita-liana. Il marmo si carica qui di significatisimbolici, evocativi e celebrativi nel passag-gio dallo stile littorio a un classicismo sche-matico e solenne.Piacentini, che guida il Servizio Architet-tura dell’ente, gestisce l’intera operazione

richiedendo esplicitamente agli architettidi essere “disciplinatamente disposti acontribuire alla riuscita di un’opera col-lettiva più che a far vedere le proprie ten-denze”14, come già era avvenuto nel casodella Città universitaria. Di nuovo l’ufficiotecnico allestisce un vasto repertorio dimateriali da costruzione, ma soprattuttoraccoglie un ricchissimo campionario dimarmi: esso rappresenta “una rivoluzioneportentosa nella scelta, una moltiplica-zione delle possibilità, un risorgimentodella gloria del marmo, un gusto nuovoper la sua bellezza, i suoi colori, le sue ra-rità”; consultarlo, per gli architetti è comeandare a “frugare in cava”15.La sottile placcatura lapidea, così effica-cemente e abilmente sperimentata daTerragni, Moretti, Libera, si trasfigura inuna rigida e spessa corazza nell’edificio-simbolo dell’E42, il Palazzo della CiviltàItaliana (1937-40). Un muro composto dalastre e masselli di travertino apparec-chiati in modo complesso affianca l’ossa-tura in telai di cemento armato perdefinire la figura volumetrica connotatadalla reiterazione di un motivo elemen-tare, ‘romano’ e autarchico: l’arco. A que-sta sorta di arcaismo figurativo ecostruttivo aspira anche il progetto per lanuova stazione Termini. Nelle ali realiz-zate prima che la guerra interrompa ilcantiere, Angiolo Mazzoni, architetto fun-zionario del Ministero delle Comunica-zioni, sceglie una ibrida struttura mista -cemento armato e muratura portante di

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mattoni - e individua un modulo, compo-sitivo e costruttivo insieme, da reiterare:un arcone di dieci metri di luce sovrastatoda due archi più piccoli, nel cui spessoretrova origine, al piano superiore, un’in-terminabile galleria che replica il ‘passodi ronda’ delle vicine Mura Aureliane16,.Rivestite in lastre e masselli sagomati ditravertino della Val d’Orcia, le due lungheali dimostrano “come una struttura di ce-mento armato si trasforma in un finto ar-cone romano e antiautarchico”17.In questo nuovo clima permane, del tuttomarginale, una linea di ricerca nel segnodella continuità che eviti brusche virate

involutive ma anche astratte riproposi-zioni del lessico modernista; una linea chepuò essere rintracciata, ancora nel pano-rama delle case della GIL, nella casa diNarni di Agnoldomenico Pica (1937-39).Qui la tradizione mediterranea dello zoc-colo in pietra ad opera incerta e del muroportante di mattoni in vista convive con lamodernità delle parti in cemento armato:l’aerea passerella, l’azzurra pensilina di co-ronamento fortemente aggettante, il te-laio che smaterializza le due vetrate dellapalestra, gli oblò del basamento con gli in-fissi di ferro dipinti di rosso. Elementi cherichiamano direttamente quella ricerca ar-

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Agnoldomenico Pica, Casa della GIL, Narni, 1937-1939

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chitettonica fondata sui miti della moder-nità ormai superata, nei fatti, da un oppri-mente burocratismo che diverrà il trattodistintivo degli ultimi anni del regime.Il nuovo e indiscutibile modello di edifi-cio pubblico che, al contrario, si affermaè quello del retorico Ministero degli AffariEsteri (1938-59) ai margini del Foro Italicoprogettato da Del Debbio, Foschini eMorpurgo e nato come Palazzo del Litto-rio: soddisfacendo le “caratteristiche diromana monumentalità”, come richiestodal bando di concorso, si identifica come“italianissimo veramente ... nella ripeti-zione logica del motivo prescelto” e, so-prattutto, è in grado di rappresentare il“ritorno alle sacre leggi del passato”18 .

Note

1 MARCONI 1933. 2 CAPOMOLLA, MULAZZANI, VITTORINI 2008.3 PAGANO 1935a. 4 A metà degli anni Venti si avvia la produzionemeccanica tramite il tiraggio continuo del vetro,grazie alla Società Italiana Vetri e Cristalli (1924,ad opera di Giovanni Agnelli) che impiega le mac-chine Libbey-Owens in uso sin dal 1920 in Belgio. 5 TERRAGNI 1936. Dal 1930 gli enti pubblici statali eparastatali sono invitati da una circolare del Mini-stero dei Lavori Pubblici a intensificare l’applica-zione del linoleum. 6 PAGANO 1932. 7 CAPOMOLLA 2004-2005; MULAZZANI 2004-2005; VIT-TORINI 2004-2005. 8 MINNUCCI 1930. 9 TERRAGNI 1936. 10 Nella mostra che, alla Triennale del 1936, docu-

menta gli ultimi tre anni di realizzazioni architet-toniche, le opere sono raggruppate per “tendenzao sfumatura di tendenza”. Si apre con la Città uni-versitaria “fatto saliente nella storia architettonicaitaliana” e prosegue con i gruppi locali; il grupporomano e quello milanese sono seguiti da quelloromano d’avanguardia e milanese d’avanguardia.PICA 1936.11 Legge n. 189 del 9 gennaio 1939 ‘Nuove dispo-sizioni per la preferenza dei prodotti nazionali’.12 Il livello di produzione, dopo la caduta causatadalla crisi del 1929 (crollo delle esportazioni) restabasso nonostante gli incentivi: nel 1928 vengonoprodotte 583.000 tonnellate di marmo in blocchidi cui 190.000 esportate, nel 1936 le quote si ri-ducono a 291.000 e 63.000, nel 1938 salgono ap-pena a 332.000 e 94.000. Lo stesso Mussolini firmauna specifica circolare a favore dei marmi apuanisecondo la quale l’amministrazione statale e glienti pubblici sono obbligati ad impiegare nelleloro costruzioni marmi apuani in una percentuale“non inferiore al 10% dell’importo delle muraturedell’edificio”. Circolare n. 3038-3, Impiego obbli-gatorio dei marmi apuani in alcune costruzioniedilizie, 18 giugno 1938. ACS, E42, b. 372, f. 6272.VITTORINI 2005.13 PAGANO 1939. 14 Dalla lettera di Piacentini agli architetti dopol’inaugurazione. REGNI SENNATO 1985. 15 PONTI 1938. 16 CAPOMOLLA, VITTORINI 2004. 17 PAGANO 1940. 18 PIACENTINI 1937.

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L’ARCHITETTURA MODERNA IN UMBRIA

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La scarsa attenzione riservata dall’Umbriaalle avanguardie architettoniche del No-vecento è spesso liquidata sbrigativamen -te come espressione di un malinconicoconservatorismo aristocratico. In effetti èvero che, nella terra celebrata da Musso-lini come “meravigliosa”1, la modernizza-zione avviene senza modernità2: tantoche, in occasione dell’Esposizione Inter-nazionale di Roma del 1911, la comunica-zione del’immagine regionale è affidata aun improbabile ripristino figurativo del pa-lazzo pubblico di Perugia, fiaccato da “mal-celati intendimenti di restituzione storica”3e disegnato da Guglielmo Calderini (in-sieme a Dante Viviani) con la stessa licen-ziosità stilistica profusa nel coevo progettodi concorso per il padiglione centrale delsettore etnografico, laddove, per rimar-care la laicità della cultura politica italiana,saccheggia il repertorio ornamentale pro-

prio delle architetture chiesastiche (edi-cole angolari, statue allegoriche, lanternesommitali), ricombinandolo in formequantomeno insolite per l’architettura ci-vile4. Così come è vero che gli architettipiù affermati nell’Umbria d’inizio Nove-cento adottano liberamente codici neo-romanici piuttosto che neogotici oneorinascimentali, sfoggiando un’inguari - bile propensione eclettica, patrocinata alivello economico dalle smanie identita -rie della nuova borghesia postunitaria esostenuta a livello costruttivo dalla co-mune formazione accademica degli artistie degli artigiani5: basti pensare, nel casodi Perugia, alla fabbrica di terrecotte diRaffaele Angeletti e di Francesco Bisca-rini6 o, più ancora, al laboratorio vetrariodi Francesco Moretti e di Ludovico Ca-selli7. Ma è anche vero che le ragioni ditale vocazione nostalgica, più che al

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L’ALTRA MODERNITÀ. L’ARCHITETTURA IN UMBRIA TRA LE DUE GUERREPaolo Belardi

Benedetto Guardabassi, Progetto del palazzo delle terme: prospettiva, 1939, prova ex tempore, prospettiva, china e acquerello,78x58.6 cm (Perugia, Fondazione Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci” di Perugia, Fondo didattico architettura, inv. 1253)

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“clima di generalizzata asfissia culturale”8,sono imputabili allo schema ideologicoimposto dal regime fascista all’Umbria.Non a caso è proprio “attraverso il co-mune denominatore individuato nellostile medieval-littorio” che la storia regio-nale, seppure con sensibile ritardo, “trovauna saldatura con la storia nazionale”9.L’Umbria, d’altra parte, è una regione in-ventata10, sia come unità geografica checome unità culturale, a seguito di un pro-cesso politico-amministrativo inauguratoin età risorgimentale (quando è coniatoil motto “Umbria verde”), consolidato inetà post-unitaria (quando è lanciata la va-riante “Umbria terra di santi”) e ratificato

in età fascista11 (quando la comunicazioneè affidata a uno slogan che coniuga sera-ficità e bellicosità). Infatti, è l’élite d’intel-lettuali perugini raccolta intorno alla“Regia Deputazione di Storia Patria perl’Umbria”12 che, rispolverando le gestaleggendarie dei condottieri dell’età dimezzo, inventa l’ossimoro “terra di santie di guerrieri” e stabilisce una precisa ge-rarchia di funzioni ai cui vertici figuranotre città-simbolo13: Assisi, consacratacome “Bethlemme d’Italia”, che viene as-sunta come simbolo religioso; Perugia,celebrata come “Oxford d’Italia”, cheviene assunta come simbolo culturale;Terni, propagandata come “Manchester

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Guglielmo Calderini, Roma, Esposizione Etnografica, Salone per le feste, 1909-1910, sezione, inchiostro nero su carta da lucido,71x100.4 cm (Perugia, Fondazione Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci” di Perugia, Fondo Calderini, inv. 225)

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d’Italia”, che viene assunta come simboloproduttivo. D’altra parte, non senza evi-denti limiti di sommarietà, la costruzionefascista dell’identità regionale è fondatasu una trilaterazione geografica che tut-tavia risulta fortemente scalena, in quantoi pesi specifici attribuiti ai tre vertici sonooltremodo diversi. Addirittura, se si con-sidera la costruzione del paesaggio ur-bano, il triangolo si riduce a un lato, i cuiestremi sono occupati da una parte dal si-stema bipolare Perugia-Assisi (dove, perragioni ideologiche, si tende a restaurareo comunque a costruire in stile eclettico,punteggiando i centri storici con false am-bientazioni neomedievali) e dall’altra daTerni (dove, per ragioni economiche, sitende a costruire in stile razionalista, co-lonizzando le periferie con grandi com-plessi residenziali). Per tutte le altre città,infatti, il regime fascista stabilisce demiur-

gicamente una drastica distinzione tra“città principali” e “città secondarie”, limi-tandosi caso per caso a ricalcare uno deidue cliché. In tal senso, alcune città mi-nori (tra cui Bastia Umbra, Città di Ca-stello, Foligno e Umbertide) vengonoassociate a Terni, mentre altre città minori(tra cui Gubbio, Narni, Orvieto e Spoleto)vengono associate a Perugia e ad Assisi.Ma sempre e comunque è il territorio ex-traurbano ad accogliere le nuove costru-zioni, sia che si tratti di opere anonime(la casa della Gioventù Italiana del Littorioa Sant’Angelo di Celle14, la palazzina d’in-gresso dello stabilimento Sai-Ambrosini aPassignano sul Trasimeno15, il Circolo La-voratori Terni a Piediluco16) sia che sitratti di opere d’autore (la Scuola Elemen-tare Costanzo Ciano di Ernesto Caldarellia Gubbio17, la Casa della Gioventù ItalianaLittoria di Agnoldomenico Pica a Narni18,

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Assisi, Perugia, Terni, 1930, riproduzioni a stampa, 104x73 cm (Perugia, Archivio privato)

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la Caserma per Avieri di Roberto Marinoa Orvieto19). Peraltro sempre e comunquecon un atteggiamento gerarchizzanteche, nel 1931, è suggellato, a Perugia,dagli esiti del concorso per il piano rego-latore20 e, a Terni, dalla fondazione del vil-laggio operaio di Nera Montoro: unpiccolo borgo rurale promosso dalla “So-cietà Terni” e progettato dallo studio“Fossati e Ginatta” di Genova, che è co-stituito da 14 palazzine in forma di villetteper un totale di 41 abitazioni di vario ta-glio, dotate di orto e di ingresso auto-nomo nonché attrezzate con un nucleodi servizi comuni (bagni pubblici, farma-cia e spaccio per generi alimentari), due

edifici scolastici (uno dei quali riservatoal metodo Montessori), un cinema-teatro,un campo sportivo, una piscina con tram-polino (utilizzata dalla squadra nazionaletuffatori in occasione della preparazionealle Olimpiadi del 1936), un pallaio, unapista da ballo, un impianto per il tiro alpiattello e, successivamente, una piccolachiesa dedicata a San Giuseppe21.Ciò nonostante, l’Umbria non riesce amantenere il passo delle incalzanti provo-cazioni lanciate dai linguaggi d’avanguar-dia. Né, tantomeno, i rari progettistiaperti al rinnovamento linguistico dellamodernità (Caterino Trampetti22 a Foli-gno, Francesco Nucci23 a Marsciano, Giu-

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Sant’Angelo di Celle (Pg), Casa della Gioventù Italiana del Littorio, 1936 (Sant’Angelo di Celle, Archivio privato)

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seppe Preziosi24 a Terni, Carlo Cucchia25

a Perugia, Domenico Pucci26 a Umbertide,Luigi Castori27 a Città di Castello) riesconoa fare sistema tra loro, rimanendo reci-procamente isolati e perseguendo poeti-che ostinatamente individuali. Tanto cheparadossalmente, in Umbria, “l’altra mo-dernità” è rappresentata da un’architet-tura moderna la cui storia non è fatta ditendenze e di relazioni, ma è fatta di epi-sodi e di individualità. Il che vale perl’arte28 (da Enrico Cagianelli ad Aurelio DeFelice, da Aroldo Bellini a Carlo Frappi)quanto per l’architettura. Certo è che larappresentazione bifronte promossa dalfascismo ha un impatto socio-culturale

talmente forte da produrre un’inafferra-bile babele linguistica. Come avviene aTerni, dove il raffronto dell’opulenza or-namentale del palazzo del Governo di Ce-sare Bazzani29 con il riduzionismo iconicodel “Palazzo rosa” e del “Grattacielo”30ispira il pennello di Orneore Metelli,pronto a cogliere la straniante coesistenzadell’atmosfera metafisica del nuovo capo-luogo di provincia con l’atmosfera da stra-paese introdotta dalle ingenti masseoperaie inurbate dalla campagna. Maanche come avviene a Perugia, dove l’ag-gressività dinamica delle aeropitture diGerardo Dottori si contrappone alla al-l’impassibilità statica delle nature morte

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Francesco Nucci, Casa del Fascio di Marsciano (Pg), 1938-1939 (Marsciano, Archivio privato)

Ernesto Cardarelli, Edificio scolastico “Costanzo Ciano”, par-ticolare della facciata, Gubbio (Pg), 1940

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di Ugo Rambaldi. E dove il rigore manua-listico degli scarni casolari di RobertoMillet ti31 si trova a convivere con lo stori-cismo colto delle invenzioni scenogra -fiche di Antonino Bindelli32 oltre che conl’algido razionalismo degli edifici indu-striali di Dino Lilli33.Nondimeno è proprio in questa nicchiaculturale, erudita quanto variegata, cherisalta la preziosa opera svolta dall’anticaAccademia del Disegno di Perugia (che,seppure trasformata da tempo in Accade-mia di Belle Arti, continua a rappresen-tare l’unico polo regionale deputato allaformazione in materia di architettura34):prima come mediazione tra ufficialità na-zionale e identità locale, poi come volanodella modernità. Così come risalta il ruolo

carismatico di Ugo Tarchi35, che in Umbriatrova un fertile campo di applicazione perle proprie ricostruzioni scenografiche36.Sia come professionista sia come do-cente. Tarchi infatti, ereditando da Giu-seppe Odoni (e quindi, indirettamente,da Guglielmo Calderini37) la prestigiosacattedra di Architettura e Prospettiva(1909-21), manifesta da subito un animoschiettamente riformista quanto profon-damente antiquario, che si traduce dap-prima nell’accensione del corso direstauro e, quindi, nella consacrazionedel rilievo architettonico come presuppo-sto irrinunciabile dell’atto progettuale.Non a caso, in seguito alla gestione didat-tica di Tarchi, nei saggi finali proposti agliallievi della Scuola di Architettura38, le

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Agnoldomenico Pica, Casa della GIL di Narni, 1937, prospettiva, matita e carboncino, 37x61,5 cm(Milano, Archivio “Agnoldomenico Pica”)

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“copie dal vero” (Copia dal vero del cor-tile principale del Monastero di S. Pietro,Copia dal vero della facciata dellaChiesa di Monteluce, Copia dal vero delTempio di S. Ercolano ecc.) vengono sop-piantate dalle “misurazioni dal vero” (Mi-surazione dal vero di una metà delciborio di Monteluce, Misurazione dalvero del portico del Martelli del 600 re-centemente ricostruito nel cortile del-l’Accademia, Misurazione dal vero diparte del portichetto di Sassovivo ecc.),attestando un evidente riguardo per lascientificità dell’atto conoscitivo, che con-tribuisce “a preparare una vera genera-zione di soprintendenti ai Monumentiche, se avessero intrapreso quella car-riera, si sarebbero fatti onore”39. Coeren-

temente con quanto avviene nel restod’Italia40. I risultati conseguiti da Tarchisono straordinari e, oltre che dall’ingenteincremento del numero degli iscritti,sono comprovati dal grande successo ri-scosso nel 1920 dalla mostra antologicadella Scuola di Architettura41 (articolata indue sezioni: la prima dedicata alla com-posizione, in cui vengono esposti i pro-getti di edifici d’invenzione, e la secondadedicata al restauro, in cui vengono espo-sti i rilievi dei principali monumenti sto-rici di Perugia), da cui emerge che,mentre le Scuole di Scultura e Pittura co-minciano a dare segni “non dubbi di ane-mia e di languore”42, la Scuola diArchitettura assurge a forza trainantedell’Accademia. Ma, sia dal punto di vista

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Idalgo Palazzetti, Padiglione di caffè in una città di mare, 1935, prospettiva, china e acquerello, 53x92.5 cm(Perugia, Fondazione Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci” di Perugia, Fondo didattico architettura, inv. 1080)

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del metodo sia dal punto di vista delletecniche, i disegni degli studenti riman-gono saldamente ancorati al passato. La definitiva rottura dell’Accademia conla tradizione, infatti, è successiva al trasfe-rimento di Tarchi a Brera ed è assecon-data dal ruolo propulsivo assunto dalcapoluogo umbro sia in ambito artistico(nel 1920, l’attività futurista è segnatadalla pubblicazione della rivista Griffa!,diretta da Alberto Presenzini Mattoli, maqualificata dalla costituzione di redazioniesterne a Roma e a Milano oltre che dallaconsiderazione di Filippo Tommaso Ma-rinetti43) sia in ambito politico (nella nottetra il 27 e il 28 ottobre 1922, da piazza Ita-

lia, prende le mosse la “marcia su Roma”).I primi segnali di un atteggiamento rige-nerato, in cui l’esprit de géométrie tendea prevalere sull’esprit de finesse, trape-lano già con la direzione di Pietro Ange-lini44 (1922-37). Che peraltro, nella sualunga attività perugina, manifesta un at-teggiamento ambiguo: conservatorecome “architetto ufficiale della città” eprogressista come direttore dell’Accade-mia. Infatti, mentre concepisce in stile lafacciata della chiesa di San Francesco alPrato e la fontana di via Maestà delleVolte, è estensore di prove ex-tempore incui i temi ordinari tendono a soppiantarei temi aulici e in cui, per la prima volta, è

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Francesco Zanetti, Progetto di una cattedrale, 1933, prospettiva, china e acquerello, 24x33.7 cm (Perugia, Fondazione Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci” di Perugia, Fondo didattico architettura, inv. 1038)

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consentito sia l’uso dell’acquerello sucarta opaca sia l’uso della penna a chinasu carta lucida. D’altra parte, così comedai disegni eseguiti dagli studenti che fre-quentano le lezioni di Angelini “ci si ac-corge di non respirare più quell’aria così‘accademica’ e così ‘neoclassica’ che findalla sua nascita ha caratterizzato l’Ac ca -demia”45, le ricadute sul contesto territo-riale regionale non tardano a mani festarsie, anche grazie all’intensa attività propa-gandistica svolta dal regime (che “coinvol -ge i giovani nelle proprie manifestazioniartistiche, i Littoriali, invogliandoli conpremi e borse di studio a favore dei mi-gliori” 46), sono incarnate da un’armatura

di scuole rurali47 che, al di là dell’episodi-cità e nonostante il ridotto programma di-mensionale, contribuiscono oltremodo arinnovare il paesaggio urbano ed extraur-bano. Tuttavia è con la direzione di Man-fredi Franco48 (1938-44), reduce daimportanti esperienze professionali aNapo li49 nonché autore di sorprendentislanci visionari50, che si approda a unavera e propria svolta mo der na, enunciatadalla ricorrenza, nei 239 disegni eseguitidagli studenti, d’indizi razionalisti inequi-vocabili, traditi sia dal carattere insolita-mente quotidiano delle tracce proposte(Ideare uno stadio, Ideare un asilo nido,Ideare una stazione per il rifornimento

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Idalgo Palazzetti, Casa del Balilla in una città di provincia, 1937, prospettiva, china e acquerello, 60x68 cm(Perugia, Fondazione Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci” di Perugia, Fondo didattico architettura, inv. 1128)

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di benzina, Ideare una piscina natatoria,Ideare una casetta al mare ecc.) sia dal-l’esplicita richiesta di tecniche costruttiveautar chiche sia dalla considerazione ri ser -vata all’arredamento degli interni. Ma, so-prattutto, appa lesati dalla novità deicaratteri compositivi e rappresentativi deirelativi svolgimenti, in cui le spigolositàmassive soppiantano le rotondità porticatee la staticità delle prospettive a quadrofrontale cedono il passo alla dinamicitàdelle prospettive a quadro accidentale, senon addirittura all’atopicità delle assono-metrie cavaliere. Il che non tarda a solle-vare il disappunto del partito eclettico. Acominciare dal suo esponente più autore-vole, Ugo Tarchi, che condanna senza re-missione il riduzionismo ornamentaledelle architetture disegnate nelle proved’esame, liquidandole laconicamentecome “muraglie egiziane”, e biasima “lamiseria” es pressiva del linguaggio mo-derno, esortando il corpo docente a ripri-stinare lo studio degli ordini classici:“Altrimenti povera architettura nostra!”51.Purtroppo però, nonostante l’eco ener-gica che emerge dagli elaborati redattidagli studenti dell’Accademia tra il 1938e il 1939, la primavera umbra del mo-derno è improvvisa quanto fugace. Infatti,la ventata razionalista alimentata daFranco è vanificata da un’inaspettata di-sposizione del Ministero della Educa-zione Nazionale52 che, trasferendo lecompetenze didattiche in materia di ar-chitettura alle università e ai politecnici

(e l’Umbria, all’epoca, è priva di una fa-coltà dedicata), impone la soppressionedella Scuola di Architettura e soffoca sulnascere la creatività di un’intera genera-zione di progettisti aperti all’innovazione.Compromettendo definitivamente, quan -to forse irreversibilmente, il difficile rap-porto dell’Umbria con la modernità.

Note

1 “L’Assalto” 1926.2 QUINTERIO, CANALI 2010, pp. 531-556; BELARDI

2003a; NERI 2000; DI NUCCI 1992.3 RACHELI 1980, p. 249.4 BOCO, KIRK, MURATORE 1995, pp. 134-135. 5 MANCINI, ZAPPIA 2006, pp. 283-287.6 BERIOLI 2002-2003. 7 GIUBBINI, SANTOLAMAZZA 2001.8 DI NUCCI 1992, p. 59.9 NERI 2000, p. 510.10 COVINO 1995. 11 DI NUCCI 1992, pp. 59-85.12 L’ordinamento interno della Regia Deputa-zione di Storia Patria per l’Umbria 1937. 13 DI NUCCI 1992, pp. 109-123. 14 TROVATI 2006-2007.15 TADDEI 2006-2007.16 LOMBARDINI 2007-2008, pp. 32-35.17 BINACCI 2006-2007.18 RALLI 2006-2007.19 CASSIANi 2008-2009.20 BUSTI 2001-2002; DI NUCCI 1992, pp. 222-236;GRISANTI, PRACCHI 1982, pp. 33-42; GROHMANN 1981,pp. 163-169; COMUNE DI PERUGIA 1933; MARCONi1932, p. 426; ROCCATELLI 1932.21 MARIANI 2007-2008; DE PERSIIS 2006-2007; NeraMontoro 2003.22 Sulla figura e sull’attività di Caterino Trampetti(Foligno 1888-1973) cfr. PROIETTI 2006-2007; SPOR-

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TOLETTI 2006-2007. Cfr. anche, in questo stesso vo-lume, il saggio di Marco Filippucci, pp. 137-141.23 Sulla figura e sull’attività di Francesco Nucci(Marsciano 1891-San Venanzo 1958) cfr. PIAZZOLI

2006-2007.24 Sulla figura e sull’attività di Giuseppe Preziosi(Terni 1895-Roma 1973) cfr. MAGGIOLINI 2008, pp.244-245. Cfr. anche, in questo stesso volume, ilsaggio di Matteo Bongarzone, pp. 149-153.25 Sulla figura e sull’attività di Carlo Cucchia (Pe-rugia 1901-71) cfr. CIACCASASSI 2007-2008; LUCI

2007-2008; MARCANTONI 2006-2007, pp. 40-45. Cfr.anche, in questo stesso volume, il saggio di CeciliaScaletti, pp. 169-173.26 Sulla figura e sull’attività di Domenico Pucci(Umbertide 1903-80) cfr. CONTI 2006-2007; SIGNO-RELLI 2006-2007. Cfr. anche, in questo stesso vo-lume, il saggio di Luca Martini, pp. 175-179.27 Sulla figura e sull’attività di Luigi Castori (Cittàdi Castello 1904-88) cfr. MONTAGNINI 2006-2007, pp.38-43. Cfr. anche, in questo stesso volume, il sag-gio di Marco Palazzeschi, pp. 181-185.28 TOSCANO 2004; PONTI, BOCO 2003; BOCO 2002.29 Sulla figura e sull’attività umbra di Cesare Bazzani(Roma 1873-1939) cfr. GIORGINI 1988; TOCCHI 1988.30 MORBIDONI 2006-2007131 Sulla figura e sull’attività di Roberto Milletti (Pe-rugia 1899-1976) cfr. TOPINI 2006-2007. Cfr. anche,in questo stesso volume, il saggio di Simone Bori,pp. 89-99. 32 Sulla figura e sull’attività di Antonino Bindelli(Perugia 1899-1985) cfr. PROVVIDENZA 2007-2008.Cfr. anche, in questo stesso volume, il saggio diMarco Armeni, pp. 163-167.33 Sulla figura e sull’attività di Dino Lilli (Perugia1898-1971) cfr. BIANCALANA 2008-2009; PITZURRA

1995, p. 213. Cfr. anche, in questo stesso volume,il saggio di Bianca Blasi, pp. 155-161.34 L’ Accademia del Disegno di Perugia è fondatanel 1573 da Orazio Alfani e Domenico Sozi, è rior-ganizzata nel 1791 da Baldassarre Orsini sul mo-dello dell’Accademia romana di San Luca ed ètrasformata nel 1820 da Tommaso Minardi in Ac-

cademia di Belle Arti. In proposito cfr. BOCO 1989;CECCHINI 1954.35 Sulla figura e sull’attività di Ugo Tarchi (Firenze1887-1978) cfr. BORI 2007-2008; CAUTI 1989b; ROS-SETTI 1983, pp. 17-25.36 BELARDI 2005.37 L’elenco dei professori della Scuola di Architet-tura è pubblicato in CAUTI 1989b, p. 61: Baldas-sarre Orsini (1790-1810), Pietro Canali (1810-14),Giovanni Monotti (1815-33), Giovanni Santini(1833-68), Guglielmo Calderini (1868-82), CesareDaddi (1883-84), Nazareno Biscarini (1884-98),Vincenzo Benvenuti (1898-1901), Ferdinando Gi-gliarelli (1901-02), Giuseppe Odoni (1902-09). 38 MURATORE, BOCO 1989, pp. 179-197.39 GURRIERI 1977, p. 6.40 BOFFITO 2008; MOZZONI, SANTINI 2000.41 TARCHI 1923.42 Archivio Storico dell’Accademia di Belle Arti“Pietro Vannucci” di Perugia, Atti del Consiglio,verbale del 26 dicembre 1926.43 DURANTI, PESOLA 2010.44 Sulla figura e sull’attività di Pietro Angelini (Ripi1892-Roma 1985) cfr. QUINTERIO, CANALI 2010, pp.548-550; CAUTI 1989b, p. 72; ANGELINI 1980.45 CAUTI 1989a, p. 48.46 Ibidem.47 MENCARELLI 2003. 48 Sulla figura e sull’attività di Manfredi Franco(Lecce 1833-Napoli 1968) cfr. GAMBARDELLA 1990;CAUTI 1989b, p. 73.49 MANGONE 2009; MANZO 2000, pp. 184-194; MAN-GONE 1999, p. 208; MANZO 1994-1995.50 BACULO GIUSTI 1999; BACULO GIUSTI 1991; BACULO

GIUSTI 1989; PICONE PETRUSA 1986, pp. 143-146.51 Le citazioni sono tratte da una lettera inviata il10 marzo 1943 da Ugo Tarchi a Cherubino Cala-brese, padre priore dell’Istituto Serafico per Cie-chi e Sordomuti di Assisi. Il testo integrale dellalettera è pubblicato in BELARDI 2003b. 52 ANGELETTI 2009, p. 29; BOCO 1989.

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Le scuole rurali (Antonio Mencarelli)

Il problema della difficile scolarizzazionedelle campagne, dagli anni posteriori al-l’unità d’Italia fino ancora a tutto il 1940,era causato dalla lontananza delle famigliedai luoghi dove l’insegnamento venivaimpartito, ossia nei centri abitati. Chi abi-tava nelle zone rurali il più delle volte eratagliato fuori dalla frequenza della scuola.Di edilizia scolastica vera e propria, poi,non è possibile parlare in Italia prima del1900 e la costruzione di aule gravava suibilanci economici dei comuni che non di-sponevano di mezzi sufficienti per inter-venire adeguatamente. Con la riforma di Giovanni Gentile del1923 si ebbe la separazione tra scuoleclassificate e scuole non classificate. Leprime, dipendenti dallo stato o dai co-

muni, potevano essere istituite solo se ilnumero degli alunni obbligati era supe-riore ai quaranta. Quelle che sorgevanonei centri urbani o nei maggiori centri ru-rali erano costituite, di norma, dal corsoinferiore e superiore, mentre quelle deicentri rurali minori avevano il solo corsoinferiore di durata triennale. Le scuole non classificate, invece, eranopiccole scuole per di più di campagna,che potevano essere aperte in presenzadi una popolazione scolastica compresatra i quindici e i quaranta alunni obbligati.I programmi didattici erano ridotti perchél’anno scolastico aveva 180 giorni di le-zione. Negli anni del primo dopoguerraquesto tipo di scuole erano state postesotto la gestione dell’Opera contro l’anal-fabetismo che si avvalse di un gruppo dibenemerite associazioni culturali createnei primi decenni del secolo per diffon-

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I LUOGHI DELL’ISTRUZIONE, DELLO SVAGO E DELLO SPORTAlessandro Bazzoffia, Maria Elena Lascaro, Antonio Mencarelli

Monteluco di Spoleto (Pg), ex “Colonia del Popolo” già “Sandro Mussolini”, 1921-1939, uscita delle bambine a passeggio

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dere l’educazione popolare. Nel 1926 ilgoverno allargò ancora di più l’azione e ilnumero di queste associazioni che diven-tarono gli enti delegati alla gestione dellescuole non classificate. In Umbria l’Ente scuole per i contadini,che gestiva la delega per conto dello stato,reggeva 241 scuole tra il 1924 e il 1929. Allafine del 1934 assommeranno a 316 conuna popolazione che da 5.041 iscritti del1927 era salita a 8.161. Con l’annesso ter-reno scolastico la piccola scuola costituivaun mondo adatto all’infanzia. Elementoprimario era il banco . Gli insegnanti, edu-cati dal direttore Alessandro Marcucci, simostravano contrari all’allineamento dei

banchi uno dietro all’altro, in due o tre file,tutti nello stesso senso. In questo modo lepersone e gli sguardi degli alunni eranotutti rivolti da un lato, quello della cattedrae quindi verso una posizione unica, sem-pre la stessa, che poneva il bambino in unaspecie di isolamento il quale, secondo latradizionale concezione della disciplina,avrebbe dovuto favorire l’ordine, il silenzio,l’attenzione. Le scuole dell’Ente, invece,adottarono sedili indipendenti, creandouna diversa disposizione di essi, non più afile uno dopo l’altro ma a cerchio o a tavo-lata, consentendo così una disposizionedegli alunni a gruppi. Ciò permetteva al-l’alunno di assumere la stessa posizione

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Bastia Umbra (Pg), Scuola elementare “Costanzo Ciano”, 1939; foto d’epoca dell’edificio scolastico inaugurato il 17 febbraio 1940

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che aveva in casa, cioè poteva guardare infaccia i suoi compagni e stabilire con lororapporti di simpatia, collaborazione, aiuto.La legge del 1926 che recava provvedi-menti per le scuole rurali non classificateprevedeva anche contributi per l’ediliziascolastica, ma non furono molti gli edificiscolastici che l’Ente realizzò nella regione.Essi però si distinguevano per una loroparticolare tipologia, possedevano unastruttura orizzontale, erano quasi tutti adun solo piano e nel tetto si innalzava unminuscolo campanile a vela con la cam-panella che suonava l’inizio e la fine dellelezioni. Gli insegnanti avevano l’abita-zione nello stesso edificio della scuola,

ma si trattava di una modesta sistema-zione in quanto avevano a disposizioneuna stanza e una cucina.Alla maggior parte degli enti le deleghevennero tolte a chiusura dell’anno scola-stico 1933-34. Nel 1936 alle scuole gestiteper delega fu attribuito il nome di scuolerurali e assegnato un particolare ordina-mento, con apposite direzioni didattichegovernative e relativo ispettorato. Durante tutto il ventennio la popolazionescolastica e la frequenza alle lezioni regi-strarono un notevole e costante incre-mento, che iniziò a manifestarsi intornoal 1925, quando giunse a scuola la nume-rosa generazione dell’immediato dopo-

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Passaggio di Bettona (Pg), in primo piano la Scuola elementare, 1937; sullo sfondo la Scuola materna “Rosa Maltoni Mussolini”, 1939

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guerra. Il regime si trovò alle prese con ilpressante problema edilizio e con quellodella istituzione di nuove scuole. Nel1932 la scuola elementare della provinciadi Perugia contava più di 60.000 bambinie oltre 1.600 insegnanti e tutta questamassa studentesca non trovava sistema-zione adeguata. Gli amministratori peru-gini dicevano di aver dotato di edificiscolastici i punti più carenti del territorio,ma nello stesso tempo alcune direzionidi zona protestavano perché in molte lo-calità del comune di Perugia le scuoleerano state ricavate da ex cappelle, da edi-fici sacri, disabitati, maleodoranti, a volteinvasi dalle acque, prive di servizi igienicie di riscaldamento. Nel 1934 gli abitantidi Ponte Felcino salutarono con gioial’inaugurazione del nuovo edificio el’anno precedente a Perugia era sorta lagrandiosa scuola del Littorio in via Bruna-monti a Porta Pesa. Sulle necessità edilizie della scuola ele-mentare il ministro Giuseppe Bottai pro-mosse nel 1937 una capillare indagine echiese ai comuni l’invio di una documen-tazione, anche fotografica, di tutti i localiscolastici. Il ministro affermava che il fa-scismo aveva fatto moltissimo per la “casadella scuola”, ma il testo unico della leggecomunale e provinciale del 1934 riconfer-mava tra le spese obbligatorie dei comuniquelle relative al reperimento, arreda-mento, manutenzione dei locali per lescuole elementari. Si trattava di un com-plesso di adempimenti non sostenibili dai

soli bilanci comunali e che aveva fatto as-sumere all’intervento statale una fun-zione indispensabile per garantire unadiffusione delle strutture scolastiche ade-guate alla crescita della scuola primaria.

Le colonie di vacanza(Maria Elena Lascaro)

L’esigenza di organizzare colonie di va-canza nasce nell’Ottocento, interessandoin forme diverse, tutta l’Europa, ma si svi-luppa compiutamente nella prima metàdel XX sec. e permane fino all’inizio deglianni ‘70. L’istituzione di colonie estive,nelle quali i bambini svolgevano attività lu-diche e fisiche all’aria aperta, rispondeprincipalmente a due finalità: sanitaria ededucativa. Sanitaria, in quanto si ritieneutile l’esposizione dei fanciulli all’azionebenefica di fattori climatici (in particolareil sole con la elioterapia) anche ai fini dellaprofilassi di malattie sociali quali tuberco-losi, tisi, rachitismo. Educativa, poiché sivaluta necessario che lo sviluppo fisico siaaccompagnato dalla crescita morale1.Fino all’inizio del Novecento, le coloniedi vacanza in Italia nascono prevalente-mente ad iniziativa di enti filantropici pri-vati per fini assistenziali, raggiungonoperò il loro massimo sviluppo nel venten-nio fascista, quando il regime convoglianei propri enti assistenziali – ONB,ONMI, EOA, GIL – tutte le varie espe-rienze esistenti e dà un vigoroso impulso

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al moltiplicarsi di quelle realtà: da 410 co-lonie con 80.000 bambini nel 1927 si salenel 1938 a 4.357 con 772.000 bambini.L’organizzazione di colonie per l’infanziainfatti svolge un ruolo di primaria impor-tanza nella politica assistenziale e demo-grafica del regime, volta alla tutela dellasalute fisica e alla formazione morale deigiovani secondo la dottrina fascista. Il PNFcontrolla capillarmente l’istituzione e lagestione delle colonie, emanando circo-lari che dettano criteri comuni di organiz-zazione delle attività e di progettazionedegli edifici – a partire dal 1938 vengonopubblicati veri e propri regolamenti2 – everificandone con ispezioni l’esattoadempimento. Illustri architetti (ad es.

Vaccaro per la Colonia Agip di Cesena-tico) sono chiamati a cimentarsi con iltema progettuale della colonia, chespesso ospita centinaia di bambini e sicompone di spazi con molteplici funzioni(dormitorio, refettorio, sale polivalenti,infermeria, servizi), organizzati secondodiversi schemi distributivi: i più diffusisono il “monoblocco”, il “villaggio”, la“torre”, la “pianta aperta”3. Le colonie co-stituiscono un panorama variegato, di-stinto principalmente in base allalocalizzazione – marine, montane, fluviali,lacuali – e alla tipologia di utilizzo ovverocolonie permanenti, istituti aperti tuttol’anno riservati a bambini predisposti allatubercolosi, colonie temporanee, colonie

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Monteluco di Spoleto (Pg), ex “Colonia del Popolo” già “Sandro Mussolini”, 1921-1939, foto d’epoca del prospetto verso valledel primo edificio realizzato. I padiglioni a monte sono stati costruiti tra il 1933 e il 1939

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di vacanza propriamente dette, in cui ibambini soggiornano nei mesi estivi, co-lonie elioterapiche ossia colonie diurnesituate presso le città in cui i bambini tra-scorrono le giornate estive, tornandoperò a dormire a casa.La distribuzione delle colonie estive inUmbria risulta abbastanza articolata sulterritorio se si tiene conto che già al 22luglio 1932 si potevano contare, oltre allaproprietà di una colonia marina a MisanoMare, tre colonie montane e tredici elio-terapiche nella provincia di Perugia, equattro montane e nove elioterapiche inquella di Terni4. Negli anni successivi sicostruiscono due colonie elioterapiche ri-spettivamente a Marsciano e Bastia, una

montana a Castelluccio di Norcia, una la-cuale a Piediluco5 e si ampliano diversecolonie esistenti, tra cui quelle di CastelRigone e Monteluco, mentre rimane allostadio di progetto la costruzione di unacolonia a Campello sul Clitunno. La colo-nia montana di Monteluco sorge a 800 ms.l.m. sul monte che sovrasta Spoleto edè probabilmente la più grande dell’Um-bria con i suoi cinque edifici dispostilungo un asse centrale che segue la pen-denza del terreno. Il primo impianto sideve all’Associazione di Pubblica Assi-stenza “Stella d’Italia” di Spoleto chefonda la colonia nel 1918 con tende e ba-racche che saranno sostituite nel 1921 –grazie al progetto donato gratuitamente

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Monteluco di Spoleto (Pg), ex “Colonia del Popolo” già “Sandro Mussolini”, 1921-1939, foto d’epoca del prospetto verso montecon le tende dove i bambini dormivano prima della costruzione dei dormitori in muratura

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dall’Ing. Erwin Thomann della SocietàLavori Pubblici di Milano – dal primo edi-ficio in muratura, il refettorio con due ca-ratteristiche torrette laterali, adibite adabitazione del personale; i bambini dor-mivano ancora nelle tende6. Nel 1932 ilComune acquista l’area e la strutturadall’Associazione e ne fa dono nel 1933alla Federazione Provinciale dei Fasci diCombattimento di Perugia che fa edifi-care, su progetto dell’Ufficio Tecnico delComune di Spoleto, tre padiglioni “duedei quali ad uso dormitorio della ca-pienza di cinquanta posti ciascuno e ilterzo per i servizi generali e igienici”7. Trail 1933 e il 1939 intervengono alcune mo-difiche per migliorare la funzionalità delcomplesso – ora denominato “ColoniaSandro Mussolini” – con l’aggiunta di unpiccolo padiglione infermeria, ma è nel1939 che, con la realizzazione di un dor-mitorio a due piani di fronte a quelli giàesistenti e l’ampliamento dell’infermeria,la struttura assume l’aspetto attuale. Lacolonia, trasferita alla GIL nel 1942, tornaal Comune di Spoleto nel dopoguerracon il nome di “Colonia del Popolo” e ri-mane attiva con la stessa funzione finoagli anni Settanta. Attualmente si trova instato di totale degrado, recentementeperò è stata oggetto di proposte proget-tuali di restauro, anche grazie all’inseri-mento nel Programma Lucus - Luogodell’anima, un progetto internazionaledi valorizzazione dei luoghi sacri, tra iquali proprio il Monteluco.

Le attività ginnico-sportive(Alessandro Bazzoffia)

L’ingresso della ginnastica nella scuola av-venne solo nel 1878, ma il suo insegna-mento rimase sulla carta ancora per anni.Bisognò attendere il 1886 perché entras-sero in vigore alcune disposizioni ministe-riali. Una normativa organica si ebbe solocon la Legge Daneo-Credaro (1911) inbase alla quale in ogni scuola pubblica, pri-maria o media, maschile o femminile, eraobbligatorio per gli alunni un corso di edu-cazione fisica propriamente detta: giuochiginnici, tiro a segno, canto corale e altriesercizi volti a rinvigorire il corpo e a for-mare il carattere. All’insegnamento del-l’educazione fisica venivano riservatemezz’ora giornaliera nelle scuole elemen-tari e tre ore settimanali in quelle medie.Le cose cambiarono quando il 15 marzo1923 il ministro Giovanni Gentile creòl’Ente Nazionale per l’Educazione Fisica estabilì che gli alunni di tutte le scuolemedie governative e pareggiate dovesserocompiere la propria educazione fisicapresso le società ginniche e sportive desi-gnate dall’ENEF. La collaborazione traENEF e società sportive non diede risultatiottimali (dall’ottobre del 1924 al giugno1927 l’Ente fu commissariato) ma in que-sto periodo si registrò l’avvio della costru-zione, in accordo con gli Enti Locali, dinumerose palestre. Il disinteresse delle au-torità scolastiche nei confronti dell’educa-zione fisica perdurava e il ministro Pietro

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Fedele nel novembre del 1926 inviò unacircolare ai provveditori nella quale minac-ciava di punire esemplarmente quei pre-sidi che, con la loro inerzia, dimostravanodi non avere ancora inteso che il Governodava grande importanza all’educazione fi-sica della gioventù studiosa. Questa fase ditentativi doveva però concludersi ben pre-sto, quando il Consiglio dei Ministri del 18settembre 1927 decretava il passaggiodell’ENEF all’ Opera Nazionale Balilla. Inun primo tempo, l’ONB doveva curarel’educazione fisica solo nelle scuole medie,ma già il 9 agosto 1929 all’Opera veniva as-segnato il compito di curare questa brancaanche nelle scuole elementari. Un succes-sivo passo fu quello dell’assorbimentonell’Opera Nazionale Balilla delle organiz-zazioni delle “piccole” e “giovani” italiane(14 novembre 1929). Con questi provve-

dimenti si ebbe l’inquadramento di tuttala gioventù italiana fino ai 17 anni in ununico Ente che, almeno nominalmente, fa-ceva capo al Ministero dell’Istruzione chedal 1929 prese il nome di Ministero del-l’Educazione Nazionale. Si trattò di un im-portante passo in avanti per far entrare losport a pieno diritto, attraverso la materiadell’Educazione Fisica, nel mondo dellascuola. Anche in molti comuni dell’Umbriasi assistette alla realizzazione di questopiano strategico basato sull’esercizio dellapratica ginnica annessa alla scuola. Cosìche nel 1934 gli amministratori del Co-mune di Bettona si mossero per risolvereil problema edilizio della scuola della fra-zione più popolosa di Passaggio. Nellostesso anno fu approvato un progetto perla costruzione dell’edificio scolastico perla scuola elementare e della relativa pale-

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Passaggio di Bettona (Pg), Palestra GIL, 1937, disegno di progetto del prospetto principale

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stra, i cui lavori si protrassero a lungo evennero ultimati alla fine del mese di ot-tobre del 1937 con l’inaugurazione che av-venne il 10 dicembre dello stesso anno.Grande fu la soddisfazione degli inse-gnanti e dei bambini perché finalmente sipoteva lasciare il vecchio edificio ricavatonell’antica chiesa della Madonna del Ponte,in uso da settantacinque anni e occupareuno stabile giudicato “magnifico”, con auleampie, il riscaldamento, gli spogliatoi eservizi igienici. Accanto alla scuola fu co-struita la palestra per le esercitazioni gin-niche dei giovani balilla, costituita da duecorpi di fabbrica congiunti di cui il piùgrande delle dimensioni di ml 20 per ml12 era destinato all’attività ginnica mentreil più piccolo alle cucine e agli spogliatoi.A completamento di questo, che si pre-sentava come un vero polo scolastico mo-derno e accogliente, fu edificato tra il1938 e il ‘39 il Giardino d’Infanzia. Prece-dentemente i bambini erano ospitati inuna modesta casa dove era loro riservataun’aula per l’insegnamento e la ricrea-zione, un piccolo refettorio e una ridottacucina, il tutto per una capacità di 15alunni. La nuova costruzione, che fu inti-tolata a Rosa Maltoni Mussolini, madredel Duce, maestra elementare, potevaospitare 25 bambini, aveva un ambienteprincipale di 42 mq per la ricreazione,un’aula scolastica di 20 mq, un refettorio,bagni e riscaldamento. La soddisfazione

degli amministratori bettonesi per questoloro impegno a favore della scuola fu co-ronata dalla visita che il Ministro dell’Edu-cazione Nazionale Giuseppe Bottai fece aPassaggio di Bettona il 17 febbraio 1940,in occasione della sua venuta in Umbria,dove presenziò ad alcune inaugurazionidi nuovi edifici come quello di Gubbio edi Bastia, visitando gli istituti scolastici diSpoleto, Foligno, Belfiore e Semonte.

Note

1 LASCARO 2006-2007.2 Vedi ACS, PNF, Gioventù Italiana del Littorio. Co-mando Generale 1938.3 Vedi LABÒ, PODESTÀ, 1941.4 ACS, PNF, Servizi Vari Serie I, Situazione politicadelle Province, b. 238, f. 323.5 ASP, Prefettura, Gabinetto, b. 123, f. 6.6 Vedi ASSOCIAZIONE DI PUBBLICA ASSISTENZA STELLAD’ITALIA 1925.7 ACS, PNF, Direttorio Nazionale.

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Attività ginnico-sportive alla spalliera, anni Quaranta

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L’Umbria, sia per la particolare configu-razione morfologica che per una sorta dichiusura agli impulsi esterni, ha spessoaccumulato ritardi nella ricerca dell’inno-vazione, ma il suo “partire dopo” comun-que gli ha consentito, anche in epocamoderna, di esprimere risultati partico-larmente significativi nell’ambito dellemutazioni sociali e più spiccatamentenell’industrializzazione. Nei primi annidel Novecento cominciò l’importantepercorso di transizione del paesaggioumbro da territorio statico, a valenza pre-valentemente agricola, a nodo di transitoe di riferimento produttivo. Nel passag-gio di secolo, infatti, con l’avvento dellamodernità si assistette alla nascita diquestioni fino ad allora pressoché sco-nosciute. L’industrializzazione, i nuoviinurbamenti per gli operai, le grandi in-frastrutture viarie, furono i temi che in-

trodussero nel territorio immutato da se-coli nuovi segni ed altrettanti significati.Fino ad allora l’antropizzazione del terri-torio umbro si fondava sul rapporto di-retto fra costruito e risorse del suolo,tanto da definire una stretta relazione fraorografia e apparato edilizio, delegandopoi alle piccole infrastrutture i collega-menti locali. L’atto di costruire, pertanto,era riconducibile al concetto di smontag-gio e di riassemblaggio di materia nelluogo stesso della fabbrica edilizia e la co-struzione pareva emergere dalla terrae su questa vi restava aggrappata cre-ando, con il tessuto esistente, una sortadi nuovo strato geologico1. Ne derivòun’immagine della città strettamente le-gata alla facies litoide locale, come adesempio il connubio inscindibile fra Assisie la pietra rosa o la relazione fra le loca-lità del Lago Trasimeno con la pietra are-

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I MATERIALI DELL’ARCHITETTURA MODERNA IN UMBRIAFabio Bianconi

Scheggia (Pg), Opera di presa per l’acquedotto di Perugia, 1927-1932

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naria o, ancora, Orvieto con il tufo, dovela natura e l’architettura si confondonoconnotando un paesaggio singolare2.In effetti l’Umbria ha sempre mostratouna consolidata e diffusa tradizione co-struttiva fatta di muratura, materia ruvidae pesante, conci di pietra compatta che siritrovano sia nell’importante edilizia pub-blica o religiosa, ma anche nel tessuto ur-bano minuto o nello spazio pubblico. Lacostruzione stessa dell’organismo edilizioper secoli è stata segnata da scelte tipolo-giche condizionate prevalentemente daforme semplici e da strutture continueche, seppur limitate nelle altezze e nelleluci, detenevano spessori e masse impor-tanti. Le stesse case unifamiliari, a due o

tre piani, disseminate nel territorio ri-chiedevano una struttura massiccia men-tre le eccezioni, come la copertura digrosse luci, erano delegate a strutturecomplesse ad arco o con cupole o sistemivoltati. Tale schema costruttivo si pro-trasse fino al primo conflitto mondialedenunciando come responsabili dellaconservazione del paesaggio rurale ed ur-bano, l’atavica staticità sociale e la margi-nale stabilità economica e politica.Con l’avvento della modernità venneromeno i presupposti che fino ad alloraavevano connotato l’ambiente storico ele mutate ragioni economiche e socialifecero emergere l’esigenza di adattare ilterritorio al manufatto stesso, tanto che

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Paesaggio umbro da una foto di cantiere per la costruzione dell’acquedotto di Perugia, 1927-1932

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si assistette in poco tempo alla perditadel ruolo dominante della natura sull’ar-tificio con l’introduzione di nuovi ed im-portanti segni. Solo in epoca moderna,infatti, l’Umbria scoprì la dimensionedella città cercando soluzioni per i nuoviinurbamenti (la costruzione dell’acque-dotto di Perugia completata nel 1932, leresidenze per gli operai di Perugia e Ternidegli anni Trenta), ma maggiormentescoprì di essere parte di un tutto (il nodoferroviario e le Grandi Officine Ripara-zioni di Foligno del 1911, l’aeroporto del1926). Una regione al centro della na-scente nazione italiana.Le opere civili si moltiplicarono e i mate-riali locali non furono più sufficienti ad

assolvere la domanda di “modernità”.Sarà il manufatto che, plasmando il terri-torio, introdurrà nuove forme e nuovamateria o, magari, la stessa trattata contecnologie più avanzate. S’innescheràpertanto un processo necessario per ri-spondere alla nascente industrializza-zione e alle grandi opere infrastrutturalicome gli acquedotti, i ponti e le vie di co-municazione nazionali i cui rilevati ferro-viari rappresenteranno con chiarezzal’azione modernizzatrice di adattamentodel paesaggio alla linea del ferro3.Il nuovo secolo, oltre alla ridefinizionedel rapporto fra natura e costruito, portòad una sorta di laicizzazione della di-smisura legata alla nuova dimensione

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Assisi (Pg), cava di materiali, 1932

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spaziale dell’oggetto architettonico. Legrandi vetrate delle fabbriche o delle sta-zioni, i grandi vuoti voltati si diffusero inaltrettanti vuoti da destinare a palestre,scuole, caserme, spazi di socializzazione,secondo almeno due ideali: la “retoricadella semplicità”4 e l’idea di un’architet-tura sociale da realizzare attraverso l’esal-tazione dei valori collettivi che, almenoin Umbria, si concretizzeranno con il pas-saggio da una società prevalentementeagricola ad una neo-industriale. Infatti ilvalore dei grandi spazi da destinare ad usicivili fu una presa di coscienza cheemerse solo dopo l’Unità d’Italia con l’ac-quisizione da parte dello Stato dei beni

degli ordini religiosi attraverso le leggisull’eversione dell’asse ecclesiastico5. Lanostra regione, data l’alta concentrazionedi beni di tale natura, ebbe a disposizioneuna moltitudine di spazi nei quali collo-care le nuove funzioni, limitandosi adadattare chiese e conventi ai bisogni mo-derni e scoprendo così che ben si presta-vano alle esigenze della nascenteindustria6. La ricerca formale e matericafu pertanto rinviata a dopo la PrimaGuerra Mondiale e si espresse con tuttala sua forza solo in epoca fascista. Intornoagli anni venti del Novecento, infatti, ven-nero a mancare le vecchie strutture dariadattare agli usi industriali, allora si co-

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Baschi (Tr), costruzione del ponte sul Tevere, anni Cinquanta

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minciò ad utilizzare tecniche moderneper creare ulteriori spazi e coprire grosseluci7, tanto da trasmettere all’architetturacivile il carattere numinoso proprio del-l’architettura religiosa.Per la prima volta si costruirono com-plessi edilizi in cemento armato, distin-guendo la struttura portante da quellaportata: scheletro e tamponatura. Fino adallora la filosofia costruttiva umbra si eraconcentrata sulla massa e sulla piccola di-mensione, tali concetti furono sovvertiticon nuova materia (acciaio, calcestruzzo,marmi, mattoni, litoceramiche; intonacibianchi, metalli, vetrocemento ecc), mail nuovo materiale per eccellenza di certo

fu il vuoto, il grande volume, lo spazio co-perto e l’ordine gigante8. Lo scheletroportante in cemento armato non solosvincolò gli spazi interni dal tradizionalerapporto con la muratura, ma contribuìa stabilire anche nuovi rapporti con lospazio esterno, smaterializzando le paretie limitando il ruolo espressivo della mu-ratura portante. La separazione tra strut-tura e tamponatura consentirà inoltre dialleggerire i carichi permanenti (gravantisulla struttura stessa) grazie all’adozionedella muratura “a cassa vuota” o delle pa-reti a strati costituite da materiali isolanti,portando conseguentemente ad una dra-stica riduzione dello spessore delle pa-

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Perugia, interno della fabbrica della Perugina, 1932

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reti. Vennero utilizzate tamponaturecomposte da materiali diversi (lastre dimarmo, pannelli in calcestruzzo, blocchiin cemento, tavolati di pomice, tavelle in-tonacate) alternati a camere d’aria e strut-ture a telaio per costruire campate liberee pareti trasparenti.Sulla ricerca della trasparenza e della luceFranco Purini9 sostiene che uno degliobiettivi principali della cultura ediliziamoderna, sembra essere “la cancella-zione dell’origine terrestre dei materialida costruzione” e questo desiderio diastrazione trovò la sua espressione mate-rica nel vetro. Sempre Purini a tale ri-guardo parla delle geometrie sempliciesaltate da materiali come il ferro, il ce-

mento, il vetro che rappresentarono l’in-gresso della produzione industriale nelcampo dell’edilizia10, tanto che nellenuove architetture si trovarono a convi-vere almeno due anime con durate di vitadiverse: da un lato i materiali che invec-chiano bene come i marmi e le pietre,dall’altro i materiali prodotti industrial-mente che mostreranno nel tempo laloro scarsa resistenza.A chiarire il rapporto fra materia, tecno-logia e architettura sarà nel 1935 Giu-seppe Pagano che dalle pagine dellarivista Domus11 contesterà l’idea diffusasecondo la quale la nuova architettura eranata solo grazie al progresso della tecnicadelle costruzioni. Un’affermazione che a

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Perugia, cantiere di ampliamento della fabbrica della Perugina, anni Quaranta

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suo parere riduceva ad invenzione tec-nica “le conquiste” del nuovo spazio, giu-stificando con la scienza un bisogno dellospirito. In effetti l’architettura moderna,pur non essendo un mero prodotto dellatecnica, di certo in quegli anni espresseun alto grado di consonanza con il livellotecnologico raggiunto. Pagano sosteneva,infatti, che anche senza ferro e cementoarmato la nuova architettura avrebbeperseguito gli stessi ideali. Un tema checi rimanda, come immagine, al bellissimoprogetto di Franco Simoncini (1930) peri magazzini della società Montecatini diBrindisi realizzati originariamente construttura lignea12, poi reinterpretati estandardizzati con un sistema ad arcate

iperboliche in cemento armato e desti-nati ad essere riprodotti in più località ita-liane come a Recanati o, in Umbria, adAssisi (1946-1948).Anche l’Umbria, scoprì in quegli anni igrandi spazi: la piscina dell’Accademiafemminile (1934) e le aviorimesse di Pier-luigi Nervi (1935) ad Orvieto, la piscinaolimpionica di Nera Montoro (1931), tro-vando una nuova estetica dettata da slan-cio, verticalità, snellezza e grandiosità,elementi propri dell’architettura monu-mentale che, in un decennio, si aprironoall’uso quotidiano, denunciando una de-cisa contraddizione formale, materica efigurativa con la tradizione.Comunque la forte matrice conservatrice

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Assisi (Pg), i magazzini della Montedison a Santa Maria degli Angeli, 1946 -1950

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della cultura costruttiva locale, consoli-data ormai da secoli, metabolizzò quantoc’era di nuovo e, almeno nell’edilizia co-mune, unì tradizione e innovazione,usando la tecnica edilizia del cemento ar-mato unito alla muratura. Una strutturamista che consentì nuove possibilità com-positive senza che le vecchie strutture inmuratura fossero soppiantate completa-mente, inverando la concezione tradizio-nale dell’edificio come “scatola muraria”.In tal senso si sviluppò una sorta di ibridotecnologico che riproponeva la tipologiaantica attraverso nuova materia struttu-rale come la Scuola Elementare di GualdoTadino (1930) realizzata in muratura mistaa calcestruzzo o gli edifici finto-medievalidi Assisi sempre di quell’epoca. La sceltadel modello tipologico fu pertanto dettata

per l’aspetto figurativo dalla tradizione eper quello tecnologico dalle ragioni fun-zionali, di economicità e di destinazioned’uso, rinunciando, magari, alla pietra afacciavista e coprendo con l’intonaco illaterizio forato come nei casi delle palaz-zine operaie di Perugia o di Terni13.In Italia la produzione dei materiali da co-struzione ricevette in quell’epoca un im-pulso senza pari: la masonite, la faesite,il linoleum, la lega di alluminio (antico-rodal), il vetro (vis), il vetrocemento, ilclinker. Anche l’Umbria si espresse nel-l’industrializzazione della fabbrica del la-terizio nella provincia di Perugia, mentrea Terni concentrò la produzione dell’ac-ciaio e a Narni l’industria chimica per laproduzione di linoleum14. Quasi in ogni comune umbro nacquero

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Perugia, lavori per la realizzazione della rete distributiva cittadina, 1932-1936

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impianti per la produzione di calcestruzzo.L’Umbria partì in ritardo rispetto al restodella nazione e si arrestò quasi subito acausa dell’introduzione nel 1937 delpiano autarchico15 che portò l’edilizia alimitare l’uso dell’acciaio nelle costru-zioni, vietando l’impiego di cemento ar-mato per le abitazioni private maconsentendo l’utilizzo di solai misti in la-tero-cemento come ad esempio nell’edi-ficio della Manifattura Tabacchi di Perugia(1936-1940). Con la guerra, nel 1939, ildivieto di costruire in calcestruzzo fuesteso a tutti gli edifici pubblici e privatianche superiori a cinque piani e a tuttele opere pubbliche. Nel 1940 fu vietatoogni tipo di costruzione ad eccezionedelle case popolari e rurali, una scelta se-gnata dallo stato di profonda crisi dell’Ita-lia e che ebbe come conseguenza ilritorno all’uso della tecnica e della mate-ria della tradizione.Dopo la Guerra seguì una lenta e difficileripresa. Il paesaggio umbro, comunque,già aveva intrapreso il suo importante pro-cesso di modificazione e molte dellenuove forme pensate in un clima di spe-ranza e di rinnovamento prenderanno ma-teria solo agli inizi degli anni Cinquanta.Un esempio si ritrova nelle pensiline in cal-cestruzzo delle molte stazioni ferroviarieitaliane fra le quali la stazione di Fonti-vegge a Perugia che, inverando un temaprettamente moderno ricco di rimandi allebellissime forme di Angiolo Mazzoni16,mise in atto un sistema semplice di pilastri

e travi estradossate, fatte di nuova materiacon sbalzi importanti, con rivestimenti inlastre di travertino, vuoti coperti e volumid’aria che, tuttora, interpretano con chia-rezza il passaggio di un’epoca.

Note

1 BIANCONI 1996.2 In proposito si rimanda a: PRINCIPI 1909; DE AN-GELIS D’OSSAT 1927; SPERANDIO 2004.3 “L’avvento della modernità introduce la ridu-zione dello spazio a tempo di percorrenza. In vistadi tale riduzione la misurazione, rettilinearizza-zione e bonifica si presentano come agenti dellastessa funzione, l’avvento di un’unica sintassi ter-ritoriale, quella della tabula rasa di cui la ferroviae le autostrade segnano il compimento”. FARINELLI2003, pp.70-71.4 CUPPELLONI 2002.5 Decreto del 15 ottobre 1860 del Regio Com -missa rio Generale per le Province dell’Umbria,Gioac chino Napoleone Pepoli, ASPg, ACP, Ammi-nistrativo 1860 - 1870, b.1. In proposito si rimandaa: VAQUERO PIÑEIRO 2009.6 GROHMANN 1985, pp. 140-142.7 VITTORINI 1999. 8 PURINI 1980, pp. 73-74.9 PURINI 2002, pp. 35-36.10 PAGANO 1935b.11 D’ANSELMO, PECORARO 1999.12 DI NUCCI 1992, pp. 128-139.13 BOSIA 1999.14 LIVI 1999.15 CUPPELLONI 1999.

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LE CITTÀ UMBRE

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La Perugia di oggi è caratterizzata daun’impronta urbanistica e figurativa moltodiversa da quella che avrebbe avuto se, neltempo, si fosse dato esito alle numeroseipotesi di espansione della città storica.La prima delle occasioni in cui si è pen-sata e disegnata organicamente una cittànuova, che si spingesse oltre le mura ur-biche, si presenta proprio durante il pe-riodo del ventennio fascista e, nellospecifico, in coincidenza con il Concorsoper il piano regolatore e di amplia-mento della città (bandito dal podestàGiovanni Buitoni il 1° maggio 1931) cuipartecipano otto gruppi, tre dei quali ri-sultano selezionati da un’eterogeneacommissione esaminatrice1. Dall’analisidegli elaborati grafici di concorso2 delgruppo vincitore3 si deduce che l’espan-sione della città è prevista sia a monte chea valle della linea ferroviaria, in direzione

ovest, con l’inserimento di un avveniri-stico quartiere di nuova fondazione, carat-terizzato da un asse viario monumentaleculminante nella torre di comando dell’ae-roporto, localizzato nell’area di Pian diMassiano. La rappresentazione schematicadelle viste assonometriche del quartiereevidenzia la volontà di un’espressione ar-chitettonica moderna, seppure mediatada richiami alla tradizione locale. Il se-condo gruppo4 ipotizza che l’espansionedella città avvenga in modo da colmare ivuoti tra il centro storico e la zona ferro-viaria di Fontivegge e prevede a valle dellastessa la distribuzione di un’area indu-striale che possa avvantaggiarsi del vicinomezzo di trasporto. Il terzo gruppo5 im-magina lo sviluppo della città esclusiva-mente a monte della ferrovia, ponendol’attenzione verso la parte ovest dellacittà. In questo caso è attribuito partico-

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PERUGIA. IL DISEGNO DELLA CITTÀ CHE NON È STATASimone Bori

Roberto Milletti, Borgo XX Giugno, Esposizione Fascista Lavoratori dell’Agricoltura ‘Impero Razza Autarchia’, 1936

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lare rilievo all’area dell’ex foro boario(all’epoca piazza d’Armi), situata neipressi del convento di Santa Giuliana,prevista trasformata in Parco della Vitto-ria, in cui vengono collocati i principaliedifici simbolo del potere politico. All’ar-chitetto Alfio Susini, componente delgruppo vincitore, è affidato l’incarico disintetizzare le istanze proposte dai tregruppi premiati6: nel 1933 viene conse-gnato il nuovo Piano Regolatore Gene-rale, illustrato attraverso tavole relativeagli interventi di demolizione e nuova co-struzione (rispettivamente in giallo e in

rosso) da attuare nel centro storico e ta-vole relative all’ampliamento della città.Lo sviluppo urbano prevede un’area in-dustriale a valle della ferrovia, un’area re-sidenziale a sud del centro storico, che siaddensa verso Fontivegge, e individuanelle aree di Elce a ovest e Monteluce anord-est i luoghi in cui impiantare i quar-tieri residenziali più intensivi. Il PRG del1933 non viene però attuato, anche per lamancanza del parere favorevole a livelloministeriale: il prefetto dell’epoca dàquindi mandato all’Amministrazione dipredisporre un nuovo Piano di amplia-

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Alfio Susini, Perugia, Piano Regolatore Generale, 1933

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mento della città di Perugia, che viene re-datto dal vice podestà Francesco Menca-relli, dagli ingegneri Sisto Mastrodicasa eGiuseppe Grossi e dal geometra CorradoStornelli. Il piano ottiene l’approvazionedel Consiglio comunale nel luglio del 1937,ma anche questo strumento di pianifica-zione urbanistica rimane non attuato; soloalcuni interventi di demolizione, peraltroprogrammati fin dal precedente piano,vengono portati a temine, come nel casodella spina medievale di piazza Grimana,abbattuta nel 1939 al fine di dare lustro allafacciata della Regia Università per Stranieri

con una sistemazione della piazza a verdepubblico7. A seguito della non attuazionedei propositi di piano, le ipotesi di trasfor-mazione urbana, seppure sporadiche edisor ganiche, tendono a concentrarsi pre-valentemente sull’area di Santa Giulia na,in cui una prima proposta, su progettodell’architetto Pietro Angelini, prevede unParco della Vittoria in stile tardo-accade-mico. L’area riveste però un ruolo così im-portante da assurgere a vero e propriolaboratorio sperimentale in cui, anche invirtù della favorevole orografia del ter-reno pressoché pianeggiante, si giunge a

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Alfio Susini, Perugia, Piano Regolatore Generale, 1933

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ipotizzare l’insediamento degli edifici delnuovo polo istituzionale cittadino. Infatti,non soltanto la sezione architettura dei Ser-vizi Tecnici del Partito Nazionale Fascistapropone un progetto di sistemazione ge-nerale a firma dell’ingegner Brunetto Pro-gnola8, ma anche gli uffici tecnici comunaliripensano l’area come nuova piazza del-l’Impero. In entrambi i casi, la documenta-zione iconografica testimonia la volontà diun’architettura in pieno stile di regime.L’atavica avversione perugina all’architet-tura contemporanea9, però, impedisce larealizzazione di una qualunque delle ipo-tesi proposte; in questo modo non ven-gono realizzati né l’austero palazzo diGiustizia dell’architetto Giuseppe Wit-tinch e dell’ingegnere Livio Pontecorvodi Roma, vincitori del relativo concorsod’idee10, né la solenne Casa del Balilla11,

progettata nel 1934 dall’architetto sici-liano Emanuele Mongiovì. Questo atteg-giamento, peraltro, non va imputato néalla ritrosia nei confronti di progettisti nonumbri, perché anche a progetti di profes-sionisti locali non viene dato seguito12, néalla dimensione degli interventi, perché,seppure di modesta entità, non viene rea-lizzato, su progetto dell’Ufficio TecnicoComunale, l’ingresso principale del cam -po sportivo cittadino13. E non è neanchela vicinanza con la città storica a inibire lenuove costruzioni visto che, allontanan-dosi dall’abitato interno alle mura, nonsono edificate alcune sedi di istituzioni tracui quella del gruppo rionale “Giacanelli”a Fontivegge, nonostante l’impegno pro-fuso dal geometra Alceste Signorini in oc-casione di ben quattro ipotesi progettuali,redatte tra il 1938 e il 193914.

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Giuseppe Wittinch, Livio Pontecorvo, Palazzo di Giustizia, 1934

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Tuttavia, in un’occasione unica quanto in-solita, si può descrivere una Perugia mo-derna che c’è stata ma che non c’è più.Nel 1936, infatti, viene allestita nel quar-tiere di Borgo XX Giugno una mostratemporanea, l’Esposizione Fascista Lavo-ratori dell’Agricoltura, intitolata ImperoRazza Autarchia. L’esposizione, distri-buita tra il giardino del Frontone e gli ortidella Facoltà di Agraria, per l’occasionemessi in comunicazione mediante appo-site passerelle lignee sospese sulla stradasottostante che conduce alla porta di SanCostanzo, descrive retoricamente, attra-verso padiglioni provvisori, uno spaccatosulla vita quotidiana nei borghi rurali,oltre che sulle caratteristiche insediativee sulle prestazioni tecnologiche di cuiquesti devono dotarsi nell’imminente fu-turo. Dal punto di vista architettonico sono

esposte negli stand, realizzati sia in mura-tura sia in legno sia in metallo, le soluzionitipologiche da adottare per la costruzionedei dopolavoro rurali. Particolare interesseè dedicato, infine, alle materie da costru-zione autarchiche: nello specifico, vienepropagandato il monolit, “materiale edili-zio leggero afono incombustibile”15 con ilquale, a titolo dimostrativo, viene per l’oc-casione rivestito il monumento ai cadutiantistante l’ingresso ai Giardini del Fron-tone. Promotore e artefice dell’iniziativa èl’agronomo Roberto Milletti16, figura di in-discusso prestigio del panorama locale del-l’epoca e attento sperimentatore dellenuove tendenze tipologico-formali dellecostruzioni rurali. Allo stesso Milletti, sullascia dell’Esposizione del 193617, viene affi-data, nel 1937, la progettazione della CasaLittoria18 con annesso dopolavoro rurale

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Emanuele Mongiovì, plastico della Casa del balilla, 1934

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nella frazione perugina di Pila. L’operaviene inaugurata il 21 aprile 1938 dopo 200giorni di lavoro gratuito offerto dalla po-polazione e un costo di circa 80.000 lire19.L’edificio, oggi destinato a teatro, palestrae sede di associazioni culturali, è caratte-rizzato da un impianto monopiano contorre littoria su due livelli. È intonacatoesternamente, mentre la torre è misuratada ricorsi iterati realizzati con un unicoelemento modulare in cotto, del tuttoanalogo a quello utilizzato, a Perugia, inun coevo edificio residenziale di via Pel-las. L’edificio può essere considerato unesempio di architettura in cui la moder-nità figurativa si coniuga con la tradizionecostruttiva: lo testimoniano sia i recentidisegni di rilievo architettonico20 sia i

commenti pubblicati sui quotidiani del-l’epoca in occasione dell’inaugurazione21.Le piante e i prospetti evidenziano la fu-sione dei caratteri compositivi modernicon quelli tipici dell’edilizia rurale umbra(il tetto a padiglione in coppi e tegolecoesiste con la copertura piana, la scalaesterna è utilizzata per raggiungere diret-tamente la copertura). Le sezioni, allostesso modo, fanno risaltare la semplicitàdelle soluzioni tecnologiche e realizza-tive, quali la muratura in pietra e le ca-priate lignee, adottate coerentementecon i dettami del periodo littorio22.Se si escludono alcune edificazioni neisettori residenziale, istituzionale e scola-stico23, localizzate sia in città sia nei centriperiferici, sono poche, dunque, le archi-

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Alceste Signorini, Fontivegge, sede rionale ‘Giacanelli’, 1938-1939

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tetture in stile razionalista che hannovisto la luce a Perugia; queste possono es-sere emblematicamente rappresentate,secondo una sintetica classificazione tipo-logica, dalla Casa della Madre e del Bam-bino24, realizzata alterando un branodell’abitato storico di via Pinturicchio, dalcinema con annessa sede INPS in largoCacciatori delle Alpi su progetto dell’ar-chitetto Dino Lilli, dai capannoni di am-pliamento industriale della Perugina aFontivegge e dal tabacchificio di via Cor-tonese. Pertanto, nonostante Perugia siastoricamente ricordata, a livello nazionale,come una tra le città simbolo del regimefascista25, l’architettura razionalista in cittànon ha saputo esprimere una pariteticarappresentatività; tuttavia, di questo pe-

riodo della storia dell’architettura localerimane lo spirito evocativo ed emozionalesuscitato dalle realistiche prospettive avolo d’uccello o dalle astratte assonome-trie26 cavaliere che hanno rappresentato eimmaginato una città futuribile (utopica,ma possibile) che, però, non è stata.

Note

1 Della commissione giudicatrice facevano parte ildottor Ugo Ojetti, in qualità di Presidente, il pro-fessor Achille Bertini-Calosso, l’ingegner EdmondoDel Bufalo, l’architetto Vincenzo Fasolo, il professorFrancesco Guardabassi, l’architetto Marcello Pia-centini e il professor Roberto Papini, quest’ultimoin qualità di Relatore; cfr. COMUNE DI PERUGIA [1933].2 È da notare come tutte le proposte progettuali

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Brunetto Prognola, Casa littoria, anni Trenta

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siano tradotte graficamente sia alla scala territoriale,presentando il carattere strategico proprio della pia-nificazione urbanistica, sia alla scala architettonica,fornendo specifiche indicazioni stilistico-formali.3 Il gruppo, contraddistinto dal motto “PortaSole”, era costituito dagli architetti Alfio Susini eMarco Treves e dagli ingegneri Gaetano Minnucci,Dagoberto Ortensi e Scipione Tadolini.4 Il gruppo, contraddistinto dal motto “M.P.T.”, eracostituito dagli architetti Luigi Moretti, Mario Pa-niconi, Giulio Pediconi e Mosè Tufaroli-Luciano.5 Il gruppo, contraddistinto dal motto “10 PR”, eracostituito dagli architetti Pietro Angelini, Gino Can-cellotti, Luigi Lenzi, Luigi Piccinato e Alfredo Scal-

pelli e dagli ingegneri Eugenio Fuselli, Roberto La-vagnino, Giuseppe Nicolosi e Cesare Valle.6 Ai gruppi selezionati sono assegnati, come reci-tava l’articolo 6 del bando di concorso, i premi di50.000 lire al primo classificato, 20.000 lire al se-condo e 10.000 lire al terzo.7 In occasione di questo intervento viene demolita,tra le altre, anche l’abitazione natale del composi-tore perugino Francesco Morlacchi. Sulla trasfor-mazione urbanistica e architettonica dell’area dipiazza Grimana cfr. BELARDI, CONSOLINI 2008.8 Cfr. MANGIONE 2003, p. 341.9 Nonostante l’impegno profuso dalla Scuola diArchitettura dell’Accademia di Belle Arti Pietro

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Roberto Milletti, Borgo XX Giugno, Esposizione Fascista Lavoratori dell’Agricoltura ‘Impero Razza Autarchia’, 1936

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Vannucci di Perugia, nel periodo in cui la didatticaè gestita dagli architetti Pietro Angelini (1922-37)e Manfredi Franco (1939-44), che in questo pe-riodo attua una vera e propria “svolta moderna”.Su questi temi cfr. BELARDI, BOCO 2010, BELARDI

2010, BELARDI 2003a. Va sottolineato che, seppureparzialmente contraddetto dalle proposte proget-tuali, del resto non attuate, anche il bando di con-corso per il nuovo piano regolatore del 1931 eraispirato da canoni conservativi, come riportato neicriteri cui attenersi per la progettazione, e che, seda un lato si preoccupava di salvaguardare i mo-numenti storico-artistici così come le visuali pa-noramiche consolidate, dall’altro limitava alla

riorganizzazione e allo sviluppo della viabilitàl’unica possibilità di modernizzazione. È ancheper questo motivo che non vengono premiati igruppi che avevano proposto un’espressività di-chiaratamente moderna e un approccio poco at-tento alle preesistenze storico-paesaggistiche.10 In occasione di tale concorso il secondo premiofu assegnato all’architetto Pietro Angelini e il terzopremio all’architetto Giuseppe Amendola. Cfr.“Perusia”, 1935 e MU.SA. 1936.11 Cfr. LEONARDUZZI 1934, Il progetto della Casadel Balilla 1935 e CAPOMOLLA, MULAZZANI, VITTORINI

2008, p. 245.12 Si pensi, tra le altre, alle numerose ipotesi pro-

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Roberto Milletti, Borgo XX Giugno, Esposizione Fascista Lavoratori dell’Agricoltura ‘Impero Razza Autarchia’, 1936

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gettuali in stile razionalista proposte dall’architettoGiovan Battista Massini o dall’ingegner Carlo Cuc-chia o all’ipotesi del 1942 per il ridisegno generaledell’area di Santa Giuliana proposta dall’ingegnerSisto Mastrodicasa, dagli architetti Pietro Fringuellie Dino Lilli e dal geometra Alceste Signorini.13 Per ciò che riguarda le opere ipotizzate o rea-lizzate in questo periodo cfr. DI NUCCI 1992, IDEM

1993, Il progetto della Casa del Balilla 1935.14 Cfr. MANGIONE 2003, pp. 343-344.15 Queste le qualità del materiale secondo l’iscri-zione che lo pubblicizza durante l’Esposizione.16 Roberto Milletti nasce a Perugia il 6 novembre1899. Dopo la partecipazione alla prima guerramondiale, nel 1920, consegue presso il Regio Isti-tuto Tecnico dei geometri “Vittorio Emanuele II”di Perugia il diploma in agrimensura e, nel 1924,presso la Facoltà di Agraria la laurea in ScienzeAgrarie. Nel 1930 si iscrive, con il n. 56, all’Asso-ciazione Provinciale dei Tecnici Agricoli della Pro-vincia di Perugia (poi Ordine degli Agronomi) enel 1942, con il n. 167, all’Unione Fascista Profes-sionisti ed Artisti della Provincia di Perugia (poiCollegio dei geometri). Intraprende una lungacarriera da libero professionista, che abbracciatutti gli ambiti dell’agricoltura, dall’innovazione

nelle coltivazioni, in particolare per quanto ri-guarda le colture idroponiche, fino all’architetturarurale. Dopo le realizzazioni per residenze del pe-riodo che va dagli anni Venti agli anni Quaranta,risulta vincitore, negli anni cinquanta, del con-corso nazionale per uno studio tipologico sulla ri-colonizzazione della Maremma laziale e del Fucinoin occasione della relativa riforma fondiaria. Il suostudio di via Mazzini a Perugia è frequentato danumerosi collaboratori con diverse competenzeprofessionali (agronomi, ingegneri, architetti egeometri). Nel 1964 viene insignito dell’onorifi-cenza di Cavaliere del Lavoro. In virtù del consi-stente numero di pubblicazioni redatte sulleesperienze avute nel settore dell’edilizia rurale e,più in generale, per le competenze maturate nelcampo professionale, consegue, con D. M. del 15marzo 1965, la libera docenza in “Tecnica della bo-nifica (costruzioni e idraulica)”, presso la Facoltàdi Agraria di Perugia, confermata con D. M. del 1agosto 1970. Con nota ministeriale n. 6277 del 22novembre 1975 è esonerato, per sopraggiunti li-miti di età, dalla libera docenza. Muore il 10 giu-gno 1976 a Perugia, dove è sepolto nella cappelladi famiglia presso il cimitero monumentale. Per lastesura della nota biografica di Roberto Milletti si

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Roberto Milletti, Pila, Casa littoria e dopolavoro rurale, 1937 (TOPINI 2006-2007)

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ringraziano il figlio, professor Giorgio Milletti, ilCollegio dei Geometri della Provincia di Perugiae l’Ordine degli Agronomi della Provincia di Pe-rugia; cfr. inoltre “Parlamento Italiano” 1964, TO-PINI 2006-2007.17 Dello stesso anno sono anche le due palazzinecondominiali e la villa per la propria famiglia rea-lizzate in via Spirito Gualtieri a Perugia. Questerealizzazioni sono marcatamente espressive deicanoni compositivi dell’architettura razionalista esono caratterizzate matericamente dalla compre-senza di intonaco tinteggiato e mattone gialloposto sulla facciata secondo articolate giaciture.18 Cfr. TOPINI 2006-2007; BORI, MENCHETELLI 2010,pp. 330-331.19 Cfr. “Il Messaggero” 1938.20 Il rilievo architettonico della ex casa littoria diPila è stato affrontato nella tesi di laurea triennalein Ingegneria Civile di Enrica Topini; cfr. TOPINI

2006-2007.21 Viene infatti scritto che l’edificio “si presentanelle sue linee snelle e moderne riproducentil’arte del tempo”, cfr. “Il Messaggero” 1938 e “LaNazione” 1938.22 In occasione del rilievo condotto da Enrica To-pini, inoltre, a partire dai documenti di archivio,seppure in assenza di disegni originali, è stata de-sunta un’ipotesi ricostruttiva dell’edificio al mo-mento della sua costruzione, che ha messo inevidenza come la struttura originaria si discostiminimamente dalla configurazione attuale. Il con-fronto tra le assonometrie cavaliere dello stato at-tuale e dell’ipotesi ricostruttiva esalta la forzasimbolica di questo metodo di rappresentazione,largamente utilizzato dai protagonisti del Movi-mento Moderno, che all’astrattezza percettiva as-socia la concretezza dell’immediata misurabilità.23 In proposito cfr. in questo stesso volume i saggidi Marco Armeni, pp. 163-167, Bianca Blasi, pp.155-161, Francesca Rogari, pp. 143-147 e CeciliaScaletti, pp. 169-17324 Cfr. MADAU DIAZ 1935.

25 Dall’Hotel Brufani presso i Giardini Carducci,infatti, il 28 ottobre 1922 parte la cosiddetta “Mar-cia su Roma”: l’evento considerato il simbolodell’ascesa al potere del Partito Nazionale Fascistaguidato da Benito Mussolini.26 Sulla rappresentazione in assonometria propriadi questo periodo storico va ricordata l’opera di-segnata di Alberto Sartoris. Per l’architetto questometodo rappresentativo assurge ad autenticoscopo di vita, tanto da poter affermare: “[...] misono esercitato a vedere l’architettura in assono-metria. E ci sono riuscito [...] io rasento i muri evedo la città in assonometria”, cfr. MONTUORI 1982.

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In un discorso tenuto il 30 ottobre 1923alla stazione di Terni, Benito Mussolini ri-corda ai ternani quanto ami la loro cittàperché è una di quelle che lavorano e chehanno progredito al ritmo più veloce e,sottolineando la sua particolarità nel pae-saggio umbro, mette abilmente e cauta-mente Terni sullo stesso piano delle altrecittà storiche dell’Umbria: “altrove i pro-digi dell’arte e della religione, qui invecefervore di industrie e un pulsare di offi-cine”1. Così Terni, che all’esposizioneUmbra del 1899 è definita la “Cenerentoladei secoli decorsi”2, e che nella guidadella città curata da Luigi Lanzi e da Vir-gilio Alterocca, viene paragonata ad un di-stretto industriale inglese e definita laManchester d’Italia, con il fascismo si gua-dagna sul campo appellativi ben più con-grui e in particolare diviene “la città fucinadelle armi degli italiani”, “la città industre

dai magli sonanti e dalle acque scro-scianti”, ma soprattutto “la città dina-mica”, come sintetizza lo stesso Mussolininel discorso in precedenza citato, usandoun termine dalla grande forza simbolica,che allude al greco dynamikòs (potente)e al latino dynamis (forza), entrambi si-nonimi di energia3.In particolare l’alterità di Terni nel pano-rama umbro è legata in gran parte a trecircostanze: le faccende dell’industria,che già sul finire dell’Ottocento rivestonoun ruolo così importante da suggerire laseparazione della città antica dal mo-derno centro industriale, la nuova fisio-nomia istituzionale che la città assumedurante il fascismo e il ruolo egemonedella Società Terni in ogni settore dellavita civile4. L’elevamento di Terni a capo-luogo di provincia, nel 1927, ha comeprimo effetto il riordino di piazza Tacito.

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TERNIAlessia Bonci

“Grattacielo”, 1935-1936

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Ciò comporta la costruzione del palazzodella Provincia e l’installazione di una fon-tana in luogo del monumento ai caduti,due simboli, opposti nel linguaggio, di unacittà nuova e duplice, caratterizzata da “unvecchio nucleo” che custodisce “interes-santi monumenti e notevole valore am-bientale” e dal “moderno fervidissimosviluppo industriale”5. Il palazzo della Pro-vincia, allora del Governo (1930-1936),opera di Cesare Bazzani6, mostra uno deitemi ricorrenti dei monumenti classici ita-liani, l’ordine gigante, ingentilito dallamaestosa altana nell’angolo fra il vialedella Stazione e la stessa piazza. La fon-tana, esito di un concorso nazionale ban-

dito nel 1932, celebra l’acqua, l’elementoche ha consentito il primo sviluppo indu-striale della città, ed esalta l’acciaio che,come scrissero gli autori del progettoMario Ridolfi e Mario Fagiolo, “si staglianella notte come il simbolo e l’essenzastessa di Terni: industriale e dinamica”7.Le due anime della città, di fatto, non rie-scono a convivere a lungo senza grandistravolgimenti. In particolare, l’impiantodella grande industria ha effetti rovinosisulla struttura della città storica, caratte-rizzata da un tessuto urbano tutto com-preso all’interno della cinta murariamedievale, ora vittima del degrado favo-rito dal sovraffollamento e sformata dallo

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Cesare Bazzani, Palazzo del Governo, oggi della Provincia, 1930-1936

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sviluppo di un’edilizia spontanea e mi-nima nei borghi posti lungo il Nera. L’am-ministrazione comunale, che ha spesotutte le sue energie nel favorire lo svi-luppo industriale, costantemente influen-zata nelle sue scelte operative dalleesigenze di crescita del polo produttivo,in mancanza di un efficiente piano rego-latore e continuamente assillata da pro-blemi finanziari, non riesce a varare alcunvalido ed organico piano di intervento. Ilpaternalismo di fabbrica, che sul finire delXIX secolo porta alla realizzazione di nu-merosi villaggi operai nell’Italia settentrio-nale, non caratterizza ancora né la politicaaziendale della SAFFAT (Società degli Alti

Forni, Fonderie ed Acciaierie di Terni), lagrande industria polisettoriale che mutòspesso forma, denominazione e compo-sizione societaria, generalmente indicatacome Società Terni, né delle altre indu-strie più piccole. La crescita della città av-viene così, in modo caotico8.In realtà l’industria contribuisce in partee a modo suo alla risoluzione del pro-blema, realizzando alcuni edifici ad usoabitativo, al di fuori di un programma ge-nerale, destinandoli non solo agli operai,ma anche agli impiegati. In concreto laSocietà Terni realizza per gli operai, neipressi delle acciaierie, tra il 1884 e il 1886tre edifici. All’interno della città, invece,

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Palazzine di via Curio Dentato, 1930-1931

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per gli impiegati e in un solo caso ancheper alcuni operai specializzati, edifica ilcomplesso di Camporeale, di via Mazzinie di piazza Cavallotti. Di questo periodo,interessante dal punto di vista tipologicorisulta essere un edificio costruito dalla So-cietà Valnerina lungo viale Brin, semprenei pressi delle Acciaierie. L’edificio è unimponente blocco “a caserma” con unacorte interna sulla quale si affacciano ter-razze che servono un centinaio di apparta-menti e che ospita al piano terra sul frontestrada numerosi locali adibiti ad esercizicommerciali. Il cosiddetto “Palazzone”, cheper effetto di varie vicende societarie e diuna fusione diviene anch’esso nel 1922proprietà della Società Terni, è una costru-zione imponente per un totale di oltre

37mila metri cubi, che agli inizi del Nove-cento risulta abitato da circa 600 persone9.L’esigenza di collegare in modo razionalela città antica con le aree di espansioneindustriale e l’incapacità dell’amministra-zione di dare risoluzione al problema abi-tativo conduce nel 1932 a bandire unconcorso nazionale per un nuovo pianoregolatore (il precedente era del 1919).Fanno parte della commissione, presie-duta dal podestà Almo Pianetti, GustavoGiovannoni e Luigi Piccinato e le “basifondamentali di giudizio” delineate dallacommissione costituiscono quasi un’ideadi Piano sulla quale si confrontano le di-verse proposte, tra cui spicca la prescri-zione a “risanare al contempo i piùmalsani quartieri operando in essi un vi-gile ed attento diradamento edilizio ilquale consenta la conservazione del ca-rattere ambientale; dare migliore assettoai monumenti del passato dei quali Terni,contrariamente a quanto può sembraread un superficiale esame, è ricchissima”.Al concorso partecipano Mario Fagiolo,Giuseppe Frenguelli, Gaetano Minnucci,Mario Ridolfi e Alfio Susini, uniti nelmotto “San Salvatore”, classificatisi se-condi ex aequo con altri, la cui esperienzaverrà in certo qual modo recuperata neglianni Sessanta nel nuovo Piano Regolatoredella città di Ridolfi e Frankl. Il concorsoè vinto dal gruppo di architetti compostoda Saul Bravetti, Enrico Lattes, Alberto

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“Palazzo Rosa”, 1935-1936. Ricostruzione dell’ipotesi proget-tuale del prospetto principale e della pianta del piano tipo;rilievo del prospetto principale (MORBIDONI 2006-2007)

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Staderini, e dall’ingegner Pontani con ilmotto “613”. Il progetto vincitore èquindi trasformato in piano definitivo daStaderini, dopo la morte di Lattes, ed èapprovato il 3 agosto 193410.In epoca fascista, l’unico intervento diedilizia popolare varato dall’amministra-zione pubblica è il definitivo risanamentodi borgo Costa (quartiere Sant’Agnese),che prende il nome di quartiere Corri-doni. L’intervento curato dall’Istituto Au-tonomo Fascista per le Case Popolari erealizzato solo parzialmente non è cheuna goccia nel mare. L’intervento è infattiinterrotto nei primi anni Quaranta, la-sciando incompleto il primo isolato e del

tutto irrealizzato il secondo. Nel com-plesso la qualità dei singoli alloggi non ècerto delle migliori: pochi i vani a dispo-sizione delle famiglie e criticabile la dispo-sizione delle cucine all’interno dellecamere. La politica dell’amministrazionecomunale, infatti, è caratterizzata daun’attività di rinnovamento urbano voltaa privilegiare la creazione di spazi residen-ziali in grado di qualificare il tessuto cit-tadino, favorendo l’edilizia destinata aiceti medi a discapito di quella operaia edemolendo aree di insediamento operaioe quartieri popolari del centro storico,senza realizzarne di nuovi in grado di ac-cogliere le famiglie sfrattate. Ciò contri-

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“Palazzo Rosa”, 1935-1936

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buisce a mantenere drammaticamenteaperta la questione dell’abitazione ope-raia, la cui soluzione continua ad esseredemandata all’iniziativa privata e in parti-colare alla grande industria, ovvero allaSocietà Terni11.L’attività edilizia svolta dalla Società Terninel corso degli anni Trenta è il frutto diuna convenzione stipulata dalla stessacon il Comune di Terni nel 1927, in basealla quale in cambio delle risorse idrichedei fiumi Nera e Velino per scopi indu-striali, la società si impegnava, tra l’altro,a costruire 1500 vani da destinare ad abi-tazioni per operai ed impiegati12. Con lafirma della convenzione inizia, pertanto,la tutela della grande industria sulla cittàe la Società Terni diventa il centro propul-

sore e regolatore della vita cittadina, as-sorbendo la quasi totalità della forza la-voro operaia e affermandosi come fontepressoché esclusiva di reddito per la po-polazione. Nello specifico, riguardo allaquestione dell’abitazione operaia, ilnuovo atteggiamento della società trovagiustificazione in una esplicita volontà delregime, che chiede alle industrie di inter-venire in ambito sociale. Il modello delvillaggio operaio e degli edifici per solioperai si prestano infatti, insieme allestrutture assistenziali e a quelle del dopo-lavoro, a costruire in maniera efficace ilconsenso intorno al fascismo oltre che uncontrollo politico-economico diretto.Nello stesso tempo, i complessi apparatidi welfare aziendale varati dalle singoleindustrie, sono in grado di garantireanche il necessario accordo dei lavoratoricon le imprese.La convenzione determina l’inizio di unperiodo di studio e di progettazione digrande interesse. I progetti che la Societàvara molto spesso non sono firmati da unprogettista singolo ma dall’Ufficio Tecnicointerno, che cela al suo interno progettisticapaci e aggiornati formatisi per lo piùnelle facoltà di Ingegneria e Architetturadi Genova e Milano, sedi amministrativedella moderna società polisettoriale13. Laprima fase operativa prevede un’ulterioreinchiesta sui reali fabbisogni di Terni esulle effettive esigenze della classe operaia

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“Grattacielo”, 1935-1936. Ricostruzione dell’ipotesi proget-tuale del prospetto principale e della pianta del piano tipo;rilievo del prospetto principale (MORBIDONI 2006-2007)

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locale e prende in considerazione le di-verse soluzioni adottate al riguardo in Ita-lia. A tal proposito un tecnico della Societàè inviato a visitare i maggiori complessi re-sidenziali per operai ed impiegati delpaese, in modo da avere un quadro com-pleto di tutte le tipologie edilizie che si sa-rebbero potute adottare14. Gli studielaborati in questa fase propongonoun’interessante analisi dell’intero spaziourbano e una compiuta integrazione tragli insediamenti operai, il tessuto urbanoesistente e le adiacenti strutture indu-striali. Si prefigura, purtroppo solo grafi-

camente, il modello teorico della cosid-detta “fabbrica totale”, ovvero di una per-fetta assimilazione tra città e industria.Gran parte di questi progetti, di fatto, nonsarà mai realizzata: ad essi si preferisconointerventi di portata minore, tradizionalee soprattutto finanziariamente menoimpe gnativi. Del resto, tutta l’attività edili -zia della Società Terni è costantementecaratterizzata da un forte divario, siaquantitativo che qualitativo, tra la faseprogettuale e quella esecutiva.Le prime abitazioni, realizzate intorno al1930, completano l’intervento edilizio ini-

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Cinema-teatro Dopolavoro aziendale Società Terni

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ziato dalla Terni alla fine dell’Ottocento.In questo modo è terminato l’isolato diCamporeale e sono costruite due palaz-zine in via Curio Dentato. Le nuove abi-tazioni, destinate agli impiegati, sonopresto oggetto di richiesta soprattutto daparte degli operai, ma tali richieste ven-gono prontamente declinate in quantonon si ritiene opportuno far abitare nellostesso stabile impiegati ed operai. Perquesti ultimi inizia prontamente la pro-gettazione di due appositi caseggiati darealizzare lungo viale Brin. I due palazzi,disposti l’uno di fronte e l’altro di fiancoal Palazzone, sono costruiti contempora-neamente ed inaugurati il 21 aprile del

1936 alla presenza di tutte le autorità cit-tadine. In questo caso, a differenza diquanto accade per la maggior parte deiprogetti della Società, firmati dall’UfficioTecnico, i progetti sono firmati dall’inge-gnere Castelli. I due edifici, denominati“Grattacielo” e “Palazzo Rosa”, hanno lostesso piano planimetrico, gli stessi carat-teri architettonici, lo stesso rapporto conla strada, sulla quale si apre un unico in-gresso, e la stessa utilizzazione del lottoche nella parte retrostante è adibito a spa-zio condominiale. Sono diverse invece ledimensioni e i tipi edilizi adottati: 6 pianiin linea per un totale di 50 appartamentiper il Palazzo Rosa, 10 piani a ballatoio

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Enrico Del Debbio, Centro Interaziendale IRI per la formazione e l’addestramento professionale, 1961-1965

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per un totale di 70 appartamenti per ilGrattacielo15. Si tratta evidentemente didue esempi di architettura razionalista,soprattutto nell’organizzazione planime-trica, basata sulla integrazione di celluleabitative minime e standard. L’eccessivavastità dell’intervento contribuì però adabbassarne il livello qualitativo. In ognicaso i due edifici, con i loro 120 apparta-menti per un totale di 574 vani, andaronoad attenuare la gravità della questionedell’abitazione operaia a Terni, risolvendobuona parte dei disagi provenienti dalforte sovraffollamento. Gli stabili destinati ad ospitare la classedegli impiegati, come quelle di via CurioDentato o di Camporeale, e quelli desti-nati alla classe operaia, come il Grattacieloe il Palazzo Rosa, mostrano sul piano ar-chitettonico significative differenze, spec-chio di un preciso piano sociale varato dalregime fascista e volto a sottoporre ad unrigido controllo politico-economico di-retto tutta la classe operaia. In primoluogo le difformità si evidenziano riguardoalla posizione geografica, più vicina al cen-tro storico la sistemazione degli impiegatie dei dirigenti, marginale, vicino alle fab-briche, in periferia, quella degli operai. Perquanto concerne le finiture poi, le abita-zione degli impiegati risultano molto cu-rate nei dettagli sia della facciata esternasia delle finiture interne, mentre le casedegli operai appaiono più essenziali. Ledifferenze maggiori, nondimeno, si ap-prezzano confrontando le dimensioni

degli appartamenti e il rapporto vani/ap-partamento. In particolare si evidenziache la superficie a disposizione di uncomponente di una famiglia all’interno diun appartamento è mediamente supe-riore nei complessi edilizi per gli impie-gati, nonostante una famiglia operaiafosse in genere dotata di una prole piùnumerosa16. Complessivamente, l’inter-vento della Società Terni relativo alla con-venzione del 1927 porta alla realizzazionedi 219 appartamenti per un totale di 816vani, un numero inferiore a quello previ-sto inizialmente, ma concordato conl’Amministrazione Comunale in cambiodi una rapida realizzazione17.L’attività edilizia e urbanistica della Terninon è comunque circoscritta al settore re-sidenziale, né limitata ai termini della con-venzione con il Comune. In particolare allaSocietà si deve l’edificazione di scuole,chiese, asili e numerosissime strutture peril tempo libero, la realizzazione del villaggiooperaio di Nera Montoro, del villaggio “se-mirurale” Italo Balbo e la parziale trasfor-mazione in struttura abitativa del exstabilimento del carburo di Collestatte. Lapromozione di queste iniziative è intra-presa non solo prima della stipula dellaconvenzione, ma perfino prima della isti-tuzione in Italia del Dopolavoro18. Nel de-cennio successivo, quindi, per la Società ènaturale assumere la massima mussoli-niana secondo cui “i capitalisti intelligentinon si occupano soltanto di salari, maanche di case, scuole, ospedali, campi

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sportivi per i loro operai” in modo intera-mente funzionale alle esigenze produttivee di controllo della fabbrica e del regime.Tra le molte realizzazioni, parecchie dellequali ancora in uso, primeggia il camposportivo, costruito nel 1925 su un’area de-maniale tra il refettorio dell’acciaieria e lasponda del fiume Nera e utilizzato pertutte le manifestazioni sportive locali. No-nostante la sua costruzione sia annun-ciata come un regalo dell’azienda allacittà, il costo di 500.000 lire è in realtà in-teramente sostenuto con le trattenutesulle buste paga degli operai19.Certamente l’impulso dell’industria ad in-tervenire fattivamente sul tessuto vivodella società e della città non è circoscrittoal ventennio fascista. Al contrario permanenei decenni a seguire, sempre improntatoa un sincero spirito moderno oltre che ita-liano20 e, nonostante spesso si parli diTerni come di una città d’autore, ovverodella città di Mario Ridolfi, quasi come sele sue architetture identifichino la città ene costituiscano il linguaggio, Terni ètutt’al tro che un’opera individuale. È, piut-tosto, il frutto di una sinergia nata sul finiredel XIX secolo e che ancora perdura infor-mando di sé tanto l’urbanistica quanto l’ar-chitettura, la città e il suo territorio. Èl’esito di un rapporto non sempre equili-brato o democratico tra l’industria e i suoilavoratori. È la rappresentazione dell’ener-gia che da sempre la anima: l’energia del-l’acqua, del fuoco, degli esseri umani.

Note

1 Sull’immagine e il ruolo delle principali cittàumbre tra l’unità d’Italia e il Fascismo cfr. DI NUCCI

1992, pp. 109-123. 2 COVINO, GALLO 1989b, pp. 86-88.3 DI NUCCI 1992, pp. 72-734 DI NUCCI 1992, p. 116.5 La relazione della commissione Giudicatricedel Concorso Nazionale per il Progetto, in Pianoregolatore definitivo e di ampliamento, in “Terni.Rassegna mensile del Comune”, nn. 8-9-10, XII,1934, p. 39. Riportato in DI NUCCI 1992, p. 239.6 A Bazzani si deve, inoltre, buona parte del-l’odierna sistemazione urbanistica di Terni (1901-1939), con la Palazzina Alterocca (1901-1903), ilPalazzo Pontecorvi (1902-1916), Villa Fongoli(1903), la Regia Scuola Industriale (1915-1926), ilPalazzo delle Poste (1918-1936), la PalazzinaManni (1919-1923), la chiesa di sant’Antonio(1923-1935), Villa Bazzani (1928-1936), il Palazzodella Provincia (1930-1936), l’edificio dell’INFPS(1932-1934) e l’Albergo Beta (1935-1936), nonchéil complesso di Galleto (1927) nei pressi della ca-scata delle Marmore.7 In proposito cfr. La sistemazione di PiazzaTacito1937.8 CIUFFETTI 1994, p. 475.9 Luogo di vita e di cultura operaia. Seriamentedeteriorato, il Palazzone in tempi recenti è dive-nuto proprietà dell’Istituto Autonomo di Case Po-polari (IACP, oggi ATER). Attualmente fa partedella rete dei musei territoriali sulla storia indu-striale ed accoglie un centro di documentazionesugli insediamenti abitativi operai.10 La relazione della commissione Giudicatricedel Concorso Nazionale per il Progetto, in Pianoregolatore definitivo e di ampliamento, in “Terni.Rassegna mensile del Comune”, nn. 8-9-10, XII,1934, p. 39. Riportato in DI NUCCI 1992, p. 239; suiPiani Regolatore di Terni cfr. COPPA 1961, COPPA

1962, e DI NUCCI 1992, pp. 236-242.

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11 Sulla questione delle abitazioni popolari duranteil fascismo cfr. CIUFFETTI 1994, pp. 480-482; quantofatto dalla Società Terni in ambito edilizio negli anniTrenta è ben sintetizzato, tra gli altri, in DI NUCCI

1992, pp. 182-189 e in CIUFFETTI 1994, pp. 482-484.12 La società si impegnava inoltre a fornire l’ener-gia necessaria per i servizi pubblici di riscalda-mento, forza motrice e illuminazione, ad accollarsil’onere dell’impianto della distribuzione dell’ener-gia nel territorio comunale; a versare un canoneannuo pari a un milione di lire; al mantenimentoe allo sviluppo delle acciaierie; ad appoggiare ilprogetto di costruzione della tramvia Ferentillo -Santa Anatolia di Narco e a corrispondere lasomma di 50.000 lire all’ospedale fino a quando ilavori non fossero stati ultimati. In proposito cfr.DI NUCCI 1992, pp. 183-184. 13 Tra questi Giuseppe Preziosi, artista futuristamolto vicino a Gerardo Dottori, autore, tra l’altrodi quello che sarà per molti anni il marchio dellaSocietà, riproducente in chiave futurista la Ca-scata delle Marmore (fonte di energia elettrica)che precipita da una incudine per l’acciaio. Cfr inquesto stesso volume il saggio di Matteo Bongar-zone, pp. 149-153.14 Di tale viaggio fu incaricato l’ingegnere Magrini,che effettuò i sopralluoghi tra il dicembre del 1928e il gennaio del 1929. L’ingegnere si recò a Torino,dove visitò le case municipali, della FIAT, dellaSNIA Viscosa e il quartiere di Villarperosa fatto co-struire da Giovanni Agnelli; a Milano, dove visitòle abitazioni realizzate dalla Società della Acciaieriee Ferriere Lombarde; a Crespi d’Adda e a Monfal-cone, dove si trovavano le case del Cantiere Na-vale Triestino; infine a Segni Scalo (Roma), pervedere le case della Società Bombrini e Parodi.15 Cfr. MORBIDONI 2006-2007.16 Il rapporto medio vani/appartamento per gliimpiegati e i dirigenti della Terni è 4,14, mentrequello per gli operai è di 3,41. Cfr. MORBIDONI

2006-2007.17 CIUFFETTI 1994, p. 483.

18 La missione dell’Opera Nazionale del Lavoro,come precisava lo stato costitutivo del 1925, eraquella di promuovere il sano e proficuo impiegodelle ore libere dei lavoratori con istituzioni ediniziative dirette a sviluppare le capacità morali,intellettuali e fisiche nel clima spirituale della Ri-voluzione Fascista”.19 ANGELETTI 1994, p. 695.20 Spesso sono chiamati a d intervenire personaggieminenti del panorama architettonico italiano,come nel caso del padiglione espositivo per la So-cietà Terni, purtroppo mai realizzato, della cuiprogettazione è incaricato Adalberto Libera, edella realizzazione tra il 1961 e il 1965, per manodi Enrico del Debbio, di un grande e importantecomplesso in località Pentima Bassa, nato comeCentro interaziendale IRI per la formazione e l’ad-destramento professionale, che attualmenteospita la sede ternana della Facoltà di Ingegneriadell’Università degli Studi di Perugia, oltre che gliuffici e i laboratori dell’ISRIM (Istituto Superioredi Ricerca e Formazione sui Materiali Speciali pertecnologie avanzate).

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“La città di Foligno non à, né à mai aspi-rato ad avere importanti uffici pubblici,e neanche à mai vagheggiato grandi Isti-tuti scolastici, Accademie, Collegi-con-vitti, Pinacoteche, Musei e quant’altroforma l’orgoglio di altre città, che cosìmantengono alto il prestigio de’ lorograndi nomi storici. Noi non possediamoneanche vasti locali, lasciati inoperosida comunità religiose, da potersi offrirea chi volesse farne un qualche uso utile;non abitazioni vuote, che facciano desi-derare immigrazioni di gente nuova;non – fortunatamente! – braccia inerti,che si protendano per chiedere lavoro opane. Ma la città nostra à una tradi-zione d’industre operosità da conservaree sviluppare: à un fertile territorio e unaposizione topografica vantaggiosa dasfruttare...”: sbagliava ad esprimersi così,il 28 novembre 1907, nella relazione della

Giunta che accompagnava le proposteper i provvedimenti edilizi da attuarsi inFoligno, il sindaco Giovanni Antonio Pie-rani1 rivolgendosi al Consiglio comunalechiamato a votare provvedimenti sostan-ziali in materia. Un peccato veniale che -col senno di poi - potremmo comunqueritenere commesso in buona fede, per-ché specchio del tempo in cui l’ammini-stratore si trovava a vivere ed operare.L’inizio del Novecento trova infatti Foli-gno, come gran parte del Paese, a fare iconti con un patrimonio edilizio non ri-spondente più alle mutate esigenze so-ciali. Lo sviluppo industriale porta con séun aumento demografico e per una cittàancora ristretta nelle proprie mura stori-che, l’avvio di un nuovo opificio come le“Grandi Officine per le riparazioni dellelocomotive delle Ferrovie dello Stato”, aldi là di “essere seguito col più vivo inte-

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FOLIGNOGiovanni Bosi

Facciata secondaria del Palazzo Comunale su piazza Impero; si intuiscono i due grandi graffiti realizzati da Ugo Scaramuccinel 1938 sui temi de “La marcia su Roma” e “La riapparizione dell’impero romano”, coperti nel dopoguerra (Collezione G. Bosi)

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resse”, si traduce in una vera e propriaemergenza di gestione del territorio. Mala sensibilità verso il rispetto del patrimo-nio esistente, la valorizzazione delleemergenze storiche è un qualcosa ancoradi là da venire. Basti considerare chementre Pierani si esprime in quei termininella relazione destinata al Consiglio co-munale, la maestosità di palazzo Trincigiace ancora nascosta sotto trasforma-zioni e usi impropri. La prima metà del secolo, partita dalla ne-cessità contingente di risanare, adeguareed aumentare la capacità “ricettiva” del-l’abitato, scorre poi inquadrandosi nella

nuova ottica tipica del regime fascista:fare delle opere pubbliche la miglior pro-paganda. Occorre osservare che, dalpunto di vista stilistico, la strada imboc-cata a Foligno si presenta con due distintecorsie: da un lato la realizzazione del pa-lazzo delle Canoniche2, architettura dellaprima ora, inaugurato nel 1926 in nomedi nuovismo calibrato, che risente dellacorrente di pensiero che va per la mag-giore in quel momento, quando si discutesull’opportunità dei “falsi storici” e si at-tinge a piene mani dalle disposizioni dellaDirezione generale delle Antichità e BelleArti (ed in particolare la circolare del di-

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Il Duomo e il Palazzo delle Canoniche alla fine degli anni Venti (foto-cartolina di Rinaldo Laurentini. Collezione G. Bosi)

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rettore generale Fiorelli del 21 luglio 1882che avrà valore di legge fino al 1932) lad-dove si prescrive che “occorre che seanche si crede possibile, non si tenti difar meglio degli antichi, ma quando sideb ba assolutamente rifare si rifacciatal quale era, affinché il monumen toresti col suo vero carattere, a testimo-niare il lavoro delle varie epoche per lequali è passato”. Tutto ciò ancor meglioin Umbria, “provincia” caratterizzata dallastereotipata immagine di regione medie-vale, ma in realtà con centri ben diversinella tipologia come appunto Foligno, do-minata dai palazzi sei-settecenteschi,

spesso nati proprio dall’evoluzione edalla fusione di quel costruito medievaleereditato dalle nobili famiglie del tempo,spinte ad affermare la propria potenza ericchezza attraverso la maestosità delleloro nuove dimore. Da questo punto di vista, Foligno è dun-que un unicum nella regione. Quil’architet tura razionalista, che comunqueimpera, passa per un nome di tutto rilie -vo: Cesare Bazzani, al quale il 21 dicem-bre 1927 l’amministrazione podestarileaffida formalmente la redazione del pianoregolatore della città e del suburbio. È l’al-tra “corsia” che caratterizza la strada in-

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Cesare Bazzani, ipotesi di assetto urbanistico per Porta Romana, PRG, 1928 (Archivio Area Governo del Territorio, Comune di Foligno)

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trapresa da Foligno: non solo nuovismocalibrato, ma anche interventi tipici delregime. La Foligno pensata da Bazzaniavrebbe dovuto essere ben altra: l’archi-tetto nel 1929 realizza il progetto per ilnuovo Campo sportivo del Littorio e nel’35 quello per lo scalone di palazzo Trinci;altri progetti riguardano la “Sala Vittoria”al teatro “Piermarini”, la Cassa di Rispar-mio, l’allargamento del nuovo corso Vitto-rio Emanuele, la facciata della chiesa di SanFrancesco, la piazza Mussolini ed il nuovogiardino pubblico, il nuovo ingresso allacittà dalla via Flaminia, rilievi e restauri dicase medievali, il progetto dello scaloned’accesso ai Canapè, l’Albergo Littorio aPorta Romana, la sistemazione dell’area re-

lativa alla porta stessa, il prospetto ed il re-stauro del teatro “Piermarini”, il monu-mento della Vittoria a Porta Romana. Granparte di tutto questo resta sulla carta; quelche viene realizzato, assegna comunquealla città una caratterizzazione nuova chetuttora la contraddistingue: i propilei delCampo del Littorio che a Porta Romanafanno da cornice alla statua di NiccolòAlunno eretta nel 18723, sono l’esempioemblematico. Il resto non va più in là diuna pura esercitazione accademica e la tra-sformazione urbanistica – i cui indirizzicontinueranno in ogni caso ad influenzarel’azione di ricostruzione post-bellica di Fo-ligno negli anni Cinquanta – rimarrà so-stanzialmente inattuata.

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Cesare Bazzani, progetto per l’Albergo Littorio a Porta Romana, 1935 (Comune di Foligno, Archivio Area Governo del Territorio e Beni Culturali)

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Di certo, però, il piano del Bazzani, consventramenti e innovazioni nell’internodella città, con riassetto e la creazione digrandi arterie urbane e suburbane in rela-zione alle necessità del traffico, con la si-stemazione dei principali edifici pubbliciesistenti e di quelli che potranno in se-guito esser costruiti, con intento di salva-guardia – ma non sempre, come nel casodell’Oratorio del Gonfalone, che rischia diessere raso al suolo – di tutto ciò che è ca-ratteristico ed artisticamente interessante,costituisce il primo tentativo di ri-co-struire una città moderna ed efficiente.Non è un caso se il “piano regolatore”4 diBazzani finisce in mostra, insieme al pianostudiato per Rieti e ad alcuni suoi progetti

romani, alla prima Esposizione italiana del-l’abitazione e dei piani regolatori, che sitiene a Roma nel settembre del 1929.Un’occasione per “dimostrare agli stra-nieri convenuti al convegno da ogni partedel mondo, ciò che l’Italia fascista ha insette anni compiuto per porre le propriecittà all’altezza del ritmo della vita mo-derna” e a confrontare le posizioni di rap-presentanti di concezioni architettonicheormai contrapposte5. Dove la modernità fascista lascia la suaimpronta e dove quindi si rilevano gli ef-fetti della sua influenza attraverso formee canoni che le sono care, effettuandonella sostanza una rottura con i canoniprecedenti, sono – a parte il Campo Lit-

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Propilei di ingresso al Campo sportivo del Littorio, 1940 (cartolina edizione Silvestri, collezione G. Bosi)

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torio - la nuova sede della Pubblica assi-stenza “Croce Bianca” in viale Cesare Bat-tisti6, la nuova piazza Impero7 con larivisitazione della facciata secondaria delPalazzo comunale, la Casa del Mutilato incorso Cavour, il Cinema Teatro Impero, lafontana pensata per piazza Vittorio Ema-nuele e poi spostata al Parco dei Canapè8.Interessante da questo punto di vista èla sede della “Croce Bianca”, il cui pro-getto porta in calce la firma dell’ingegnerCaterino Trampetti, che ne è pure il di-rettore dei lavori. Nel 1938 il Comunedona alla Pubblica Assistenza un terrenoappena al di fuori delle Mura, tra viaOberdan e la via Flaminia (l’attuale vialeCesare Battisti) su cui viene costruita lanuova sede sociale. Con una particolaritàche farà diventare quella costruzioneuna testimonianza di architettura razio-nalista: in pianta ha la forma di un fasciolittorio. “Un ampio fabbricato moderno– descrive la relazione dell’avvocatoMioni – con locali per l’alloggio dell’au-

tista e per la sosta dei militi, con garagecapace di due autolettighe, magazzini perbarelle, lettighe a mano, materiale sani-tario, con servizio di guardia continuodiurno e notturno, per rispondere solle-citamente ed accorrere subito ad ogni ap-pello di soccorso”. La costruzione ètuttora visibile, seppure trasformata nellasua destinazione e reimpiegata come isti-tuto di credito. Non meno interessante èla Casa del Mutilato, all’angolo tra corsoCavour e via Piermarini. In questo caso siè nel cuore del centro storico, lungo lastrada considerata il “salotto buono” dellacittà, tanto che il nuovo edificio viene co-struito al posto di una vecchia costru-zione che non essendo di alcun interesseviene demolita. La costruzione parte soltanto dopo l’as-severazione tecnica da parte dell’inge-gner Caterino Trampetti. A maggio del1940 i lavori sono compiuti e la nuovaCasa del Mutilato può essere inaugurata:nella costruzione ha avuto un ruolo eco-

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Caterino Trampetti, progetto per la Sede della pubblica assi-stenza, “Croce Bianca”, prospetto (Comune di Foligno, ArchivioArea Governo del Territorio e Beni Culturali)

Caterino Trampetti, progetto per la Sede della pubblica assi-stenza, “Croce Bianca”, planimetria (Comune di Foligno, Archi-vio Area Governo del Territorio e Beni Culturali)

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nomico fondamentale il Monte dei Paschidi Siena grazie alla “generosa soluzioneescogitata dal direttore della locale suc-cursale (...) Giuseppe Trabalza” annota ilsettimanale “Gazzetta di Foligno”; non acaso al piano terra troveranno posto – eper molto decenni – gli uffici dell’istitutodi credito. La cerimonia avviene alla pre-senza dell’onorevole Delcroix: il progettoè di Giovanni Placidi con la collabora-zione dell’ingegner Caterino Trampetti edell’architetto Giorgio Sorbi, la costru-zione avviene ad opera della ditta FabioCicioni e Figli “mentre tutto ciò che è al-lestimento di falegnameria, impianto elet-trico, lavori in marmo ed in ferro battutosi deve parimenti all’encomiabile pas-sione ed al vero senso artistico dell’arti-gianato di Foligno”9. All’interno il saloneè decorato con un’allegoria della Vittoriaopera del pittore Ugo Scaramucci. L’edi-ficio è quello che tuttora si può vedere.E in un periodo in cui l’immagine è di fac-ciata, anche il Cinema trova il suo mo-mento d’esaltazione nelle forme oltre chenei contenuti di propaganda. A poca di-stanza dalla Casa del Mutilato nasce il Ci-nema Teatro Impero: la costruzione inizianel giugno 1935 e a tempo di recordviene ultimato, tanto che nel dicembre’36 la stampa può decantarlo: i 1.300 postia sedere diventano un fiore all’occhiello.“Ampie applicazioni di marmi, di lino-leum, di legni, briose decorazioni pittori-che del nostro concittadino professorCarlo Frappi rendono questo locale sicu-

ramente il più moderno ed il più grade-vole ritrovo della nostra Umbria”10. Il pro-prietario è il cavalier Pietro Clarici mentrela gestione è affidata alla ditta Ravagli. In-teressante si rileva l’elenco dei tecnici,delle imprese e degli artigiani che vihanno lavorato, a dimostrazione dellaqualità raggiunta sia dal punto di vistaprogettuale che della realizzazione vera epropria: “ingegnere-architetto, progetti-sta e direttore dei lavori professor PierinoSoli di Foligno; ditta assuntrice dei lavoriFratelli Giacinti di Foligno; falegnameriaBolli, Finauri, Moriconi , Lolli e Cucciarellidi Foligno; lavori in ferro ditta GiacominiOreste e Sem Vitali di Foligno; marmori-dea Bernardi di Foligno; elettricità dittaBernardo Alleori di Foligno; marmi Am-brogioni Tito di Foligno”11.Ma non solo nel cuore della città si co-struisce. Solo apparentemente defilatodal contesto, è il complesso di edificio aservizio dell’aeroporto di Foligno. Conuna lettera del 6 ottobre 1936, il prefettodi Perugia comunica al podestà di Foligno“che per conto Ministero Aeronauticasono in corso appalti per aggiudicazionelavori Aeroporto codesta città per am-montare cinque milioni quattrocentomila lire. Lavori saranno iniziati prima 28ottobre corrente”. Lo stanziamento va adaggiungersi alle altre spese già erogateper il campo d’aviazione; nel ’34 era statacostituita una scuola di pilotaggio e co-struito un hangar con stazione radio emagazzino; l’anno successivo viene fon-

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data la Scuola militare per allievi ufficialie sottufficiali piloti dell’Aeronautica Mili-tare, e si aggiungono altri due hangar; trail 1937 ed il 1938 si realizzano gli edificiper gli alloggi degli avieri con ben 320posti letto, la mensa, il Circolo ufficiali esottufficiali, la palazzina comando e un ul-teriore hangar per l’assemblaggio finaledei “Trimotori SM79”, costruiti nello sta-bilimento dell’Ausa di Foligno. L’impiantoè quello tipico dell’epoca e l’insieme siconfigura come una vera e propria pic-cola caserma, con i diversi corpi “ben al-lineati intorno agli ampi viali alberati,attrezzature sportive, campo da tennis,giochi per le bocce”12. Nel ’39 l’aeroportoviene intitolato alla medaglia d’oro alvalor militare sottotenente Giorgio Fran-ceschi. Di tutto questo, alla fine della se-conda guerra mondiale, non rimarràpraticamente nulla: ciò che non è statodistrutto dai bombardamenti alleati, èstato raso al suolo da almeno mille minefatte esplodere dai tedeschi in fuga.Del periodo storico in argomento, pos-sono ritenersi queste le testimonianze più

immediate del guizzo di modernitàespresse in Foligno nella pur difficilissimaera fascista. Era che finisce traumatica-mente con i bombardamenti anglo-ame-ricani che vedranno la città versare untributo altissimo in termini di vittime e didistruzione. Con l’avvio della ricostru-zione dopo il lungo periodo della dittaturafascista, si apre una fase critica della strut-tura politica, sociale ed economica, chemette la “cultura” architettonica locale difronte ad una situazione ben diversa daquella del primo dopoguerra, quando lasensazione di riprendere contatto con larealtà aveva dato vita ad interventi che purfacendo leva sulle forme popolari, avevapuntato in vero anche a garantire livelli diqualità ex novo. Basti pensare ai villini digusto Liberty di viale Mezzetti, viale CesareBattisti, viale Flavio Ottaviani. e viale Chia-vellati. Questi rappresentano un unicumnel panorama edilizio della città che an-cora oggi è un interessante caso di studio.Il nuovo quartiere fungerà da “cerniera”tra la stazione ferroviaria, la caserma “Vit-torio Emanuele II” ed il centro storico an-

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Aeroporto “Giorgio Franceschi”, 1939

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cora sostanzialmente racchiuso entro lemura. L’area era il luogo del foro boario,la cui mutazione urbanistica arriva nel1923 con la costituzione della Cooperativacase economiche, varata “sotto gli auspicidell’onorevole ingegner Romolo Raschiche, oltre ad esserne socio, assunse anchela direzione tecnica dei lavori, in unioneall’altro socio ingegner Felice Sabatini”.L’esame dei progetti tutti estremamenteinteressanti dal punto di vista del carat-tere e persino della scenografia dell’in-sieme, si rivela un autentico viaggio nelgusto dell’epoca13. Un ingegno cheporta anche il nome del professore mar-chigiano Eno Pelletti. È il 25 settembre192414 quando alla Com missione ediliziaarriva il progetto di lottizzazione messoa punto dalla Cooperativa, che vuol co-struire 16 villini indipendenti: “la plani-metria [...] è del tipo dei quartierigiardino [...], le costruzioni hanno ilcarattere dei villini”15. Il nuovo quar-tiere diventa una delle zone residenzialipiù ambite, carattere che ad un secolodi distanza ancora conserva; con i suoieleganti villini finisce con il rappresen-tare “un’isola a sé stante all’interno deltessuto urbano”15.

Note

1 Giovanni Antonio Pierani (1856-1932), sindacodi Foligno tra il 1907 ed il 1908.2 Il progetto da realizzare è dell’architetto Giorgio

Sorbi, anche se poi la stesura originaria viene rie-laborata dal professor Nicola Brunelli.3 Ne fu autore lo scultore folignate Ottaviano Ot-taviani (1839-1908); decorano il basamento duemedaglioni, con le effigi di Raffaello e di Perugino.L’inaugurazione avvenne l’8 settembre 1872, men-tre la consegna del monumento si tenne il succes-sivo 22 settembre. Per la storia del Risorgimentoitaliano 1904; CECCONELLI 2007. 4 “Un progetto di Piano regolatore generale che l’ar-chitetto romano Cesare Bazzani ha redatto nel 1928,ma tale strumento, in realtà, è rimasto – per disgra-zia, o per fortuna – una mera esercitazione accade-mica e non è stato reso mai operativo, in quantoinoltrato in forma incompleta al Genio Civile nel1929, non ha mai ottenuto alcuna approvazione for-male. L’unico strumento operativo esistente, neglianni Cinquanta, per il controllo delle costruzioni èil regolamento edilizio varato dal podestà Sorbi, il1° gennaio 1938, il quale risulterà, alla prova dei fatti,del tutto inadeguato per far fronte alla pressioneedilizia e al forte sviluppo urbano”. PIERMARINI 2007.5 GIORGINI 1988, p. 40.6 BOSI 2006, pp. 28-35.7 BOSI 1996-1997.8 A firmarne il progetto è il professor Nicola Bru-nelli, mentre il lavoro viene eseguito dagli scalpel-lini Stramaccia e C. di Foligno e dall’ornatistaEttore Federici di Pietrasanta con il controllo del-l’assistente tecnico comunale Guido Finauri.9 Gazzetta di Foligno 1940.10 Gazzetta di Foligno 1936.11 Gazzetta di Foligno 1936.12 CESARI 2009, p. 68.13 I progetti sono visibili grazie alla donazione dellafamiglia Sabatini nella Sezione di Archivio di Statodi Foligno e l’inventario è pubblicato in MARCONI,BENVENUTI, BIANCHI, BIANCHI 2008.14 GIORGINI 1989, p. 55.15 Dalla relazione tecnica dell’ingegner Romolo Raschi.15 BETTONI, MARINELLI 2001, p. 27; in generale siveda BARBANERA 1996-1997.

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Spoleto, Orvieto e Bastia Umbra attraver-sano tra le due guerre vicende differenti,che portano, dal punto di vista dell’evo-luzione della forma urbana, a risultati an-ch’essi differenti. Ciò dipende in primoluogo dalle scelte politiche attuate suscala regionale, che stabiliscono che perqueste città, come per il resto dei centriminori umbri, vengano ricalcati i clichéapplicati alle tre città-simbolo di Assisi, Pe-rugia e Terni1. Così, Spoleto e Orvietorientrano nella categoria delle città anti-che e Bastia Umbra viene idealmente as-sociata a Terni.A Spoleto si assiste all’inizio del ventennioalla rivendicazione di una identità pro-pria, dopo la perdita del ruolo di capitaledella regione, che si traduce in un climad’impronta separatista e in un orienta-mento dell’amministrazione verso Romae, di conseguenza, verso la nuova realtà

industriale rappresentata dalla vicinaTerni; a questo atteggiamento non corri-spondono però scelte pianificatorie auto-nome e Spoleto assume il ruolo di cittàantica, cui si aggiunge l’immagine di cen-tro religioso.Gli interventi di rinnovamento edilizio ef-fettuati dall’amministrazione fascista si li-mitano per lo più a un miglioramento “difacciata” dell’immagine urbana; le realiz-zazioni previste dal “piano di recuperodel patrimonio architettonico”2 riman-gono comunque circoscritte agli edifici,civili o religiosi, ritenuti maggiormenterappresentativi. D’altra parte il piano, es-sendo elaborato immediatamente a ri-dosso del secondo conflitto mondiale,rimane in gran parte inattuato e gli inter-venti si traducono nel mero ripristinodelle facciate. In ogni caso, le iniziative in-traprese a Spoleto appaiono per lo più fi-

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SPOLETO, ORVIETO, BASTIA UMBRA. LA CITTÀ STORICA, LA CITTÀ MILITARE, LA CITTÀ INDUSTRIALEValeria Menchetelli

Orvieto (Tr), complesso carcerario, 1936

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nalizzate a rendere la città accogliente invista dell’affluenza di visitatori richiamatidalla risorsa naturale rappresentata dalMonteluco, sia in quanto luogo della pre-dicazione francescana sia in quanto em-blema del comandamento mussolinianoche promuove l’amore per il bosco,“fonte di freschezza fisica e spirituale”,che diventerà a livello nazionale oggettodi una celebrazione dedicata. In tale ot-tica, vengono intraprese importanti opereal fine di trasformare la strada di Monte-luco in una “grande moderna arteria”3 evi è realizzata una colonia montana di im-ponenti dimensioni4. Inoltre, in città,nell’area circostante la chiesa e il con-vento di San Luca, viene abbattuta l’omo-

nima porta per realizzare nuovi accessi al-l’area sottostante i giardini, non a caso ri-battezzata “bosco littorio” dopo la messaa dimora di nuovi alberi5.Per ciò che riguarda invece le realizza-zioni in chiave moderna, possono essereindividuate alcune aree della città in cuisi concentrano interventi maggiormentesignificativi. In primo luogo va sottoli-neato che, tra i due conflitti mondiali, simanifesta una notevole espansione a ca-rattere prevalentemente residenzialenell’area della stazione ferroviaria e lungoil viale Regina Margherita. L’operazioneedilizia più rilevante, che di fatto produceperò una irreversibile lacerazione del tes-suto urbano, è in ogni caso individuabile

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Spoleto (Pg), Prospetto della Scuola Allievi Ufficiali di Complemento di Fanteria e Monumento a Vittorio Emanuele II(cartolina illustrata, 1935, Collezione Felici)

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nella costruzione della Scuola Allievi Uf-ficiali di Complemento, concepita e di-retta dal Genio Militare (in particolare“dal giovane ingegnere militare MaggioreCrivaro”6) e costituita da sei edifici, capacidi ospitare 800 allievi oltre ai relativi ser-vizi e distribuiti su un’area complessiva di4000 mq. Edificata a partire dal 1924 einaugurata il 28 ottobre 1928 alla pre-senza del generale Ugo Cavallero, Sotto-segretario di Stato alla Guerra7, la Scuolanon presenta caratteri linguistici propridel moderno; va anzi notato come, nellapropaganda a livello nazionale, l’edificionon sia considerato in grado di autorap-presentarsi, tanto che la sua immaginenecessita di essere affiancata e sostenuta

da elementi grafici improntati ai canonidel regime, che finiscono per sovrastarela forma architettonica se non, in casiestremi, per sostituirla integralmente conarchitetture d’invenzione. Nell’ambito deiservizi pubblici, oltre al nuovo acque-dotto, ultimato nel 1935, una delle mag-giori realizzazioni è rappresentatadall’ospedale civile, inaugurato nel 1938e ritenuto dalla stampa dell’epoca “pergrandiosità e modernità [...] uno deiprimi e dei più belli della regione”. L’arti-colazione estremamente razionale delcomplesso è suggellata in maniera emble-matica dall’ingresso in pietra, monumen-tale e carico di rimandi simbolici, comelasciano trasparire i disegni di rilievo8.

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Scuola Allievi Ufficiali di Complemento di Spoleto (cartolina illustrata, s.d., Collezione Felici)

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Alla stessa stregua di quanto accade aSpoleto, si manifesta a Orvieto, all’iniziodel regime fascista, una tendenza al sepa-ratismo, promossa dall’Associazione ProOrvieto che mira addirittura a raggiun-gere l’indipendenza della città dall’Um-bria; anche in questo caso, però, sulpiano pratico, alla città viene associato ilmodello di centro antico di cui vannoesaltate le origini storiche.L’evoluzione della città nel corso del ven-tennio è legata all’adozione nel 1931 delRegolamento edilizio e di ornato, che hacome primo effetto l’introduzione di un

tipo edilizio estraneo al tessuto storicoquale quello della casa isolata. Qualsiasiforma di espansione urbana risulta d’altraparte impossibile per “l’improvviso inseri-mento dei complessi militari [...] nella piùampia area inedificata sopra la rupe”9 ov-vero la cosiddetta “vigna grande” a nord-est della città. Il destino della città sottol’amministrazione fascista è in tutto e pertutto analogo a quello di Spoleto: vengonoallestiti piani di recupero complessivi, fina-lizzati a un miglioramento estetico di edificie spazi pubblici, ma nella pratica gli inter-venti presentano un carattere episodico e

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Orvieto (Tr), Accademia Femminile Fascista, veduta laterale, s.d. (SASO, Archivio Elisa Lombardi)

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frammentato, decisamente lontano dal-l’esito di una complessiva e organica pia-nificazione. Significativo è l’intervento diripristino del Palazzo del Popolo, nel 1939destinato a ospitare tra l’altro la palestradella GIL10. Inoltre, vengono realizzateespansioni residenziali, per lo più non re-golate, nelle aree a ridosso della Rocca al-bornoziana e dello scalo ferroviario oltreche intorno alla rupe. Dal punto di vistadei servizi pubblici, infine, viene realizzatoil nuovo acquedotto.Le vicende del moderno a Orvieto sem-brano comunque coincidere con quelle

attraversate dalle strutture militari, stori-camente localizzate in corrispondenza deicomplessi conventuali, spesso medianteuna riconversione che non altera la formaoriginaria, altre volte mediante una tra-sformazione sostanziale. È questo adesempio il caso delle carceri, inserite nel-l’ex convento di San Pietro dopo una com-plessiva e consistente ristrutturazionecompletata nel 1936. Le realizzazio ni piùsignificative sono però l’Accademia Fem-minile Fascista e la Caser ma per Avieri, checostituiscono una vera e propria città mi-litare di fondazione all’interno della città.

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Orvieto (Tr), rilievo architettonico dell’Edificio Truppa della Caserma per Avieri, prospetti (Catalini 2007-2008)

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L’Accademia Femminile Fascista dellaGIL, improntata al motto “una donna fa-scista per l’Italia fascista”11, è riconosciutaa livello nazionale, parallelamente all’Ac-cademia Maschile di Roma realizzata nel1928. L’istituto si colloca nell’ex conventodi San Domenico, dopo la “violenta”12 de-molizione della navata della chiesa adia-cente attuata per la realizzazione delnuovo edificio, con il probabile intento distabilire un dialogo tra storia e modernitàdel costruito. Progettata dagli ingegneriEzio Righi del Comune di Orvieto eAchille Pintonello dell’Opera NazionaleBalilla, l’Accademia è inaugurata nel 1932,ma i lavori di costruzione, iniziati nel1929, proseguono fino al 193513. Sop-pressa dal 1943, l’Accademia è successi-vamente ereditata dall’ISEF ed è oggisede del Centro Addestramento di Spe-cializzazione della Guardia di Finanza.Nell’area già citata della “vigna grande” silocalizza poi il progetto della Caserma perAvieri, ancora una volta opera di EzioRighi, cui viene affiancato l’architetto Ro-

berto Marino per gli aspetti artistici, ov-vero per la definizione dei caratteri archi-tettonici dell’insieme. Il complesso,realizzato tra il 1932 e il 1935, si articolain cinque corpi di fabbrica capaci di ospi-tare circa ottomila soldati14: la sua impo-nenza genera di fatto un fuori scala sia inrelazione alla cornice paesaggistica sia inrelazione al tessuto storico consolidato.Rispetto alla valenza mimetica suggeritadal trattamento materico dei disegni diprogetto, che sembra assimilare la Ca-serma alla tipologia conventuale, i disegnidi rilievo architettonico dell’EdificioTruppa15 consentono di restituire ap-pieno la geometria e i caratteri linguisticidella costruzione. Lo stesso avviene perla Palazzina Comando16, interamente rea-lizzata in blocchi di tufo, ma che nei dise-gni lascia emergere un estremo rigorecompositivo. Per completare il quadro co-noscitivo sul caso di Orvieto, occorre poiricordare il tema, ancora una volta legatoagli insediamenti militari, rappresentatodall’area aeroportuale, costituitasi tra il1935 e il 1940 e caratterizzata dall’impo-nente presenza delle aviorimesse proget-tate da Pier Luigi Nervi, oggi distrutte.Le vicende che caratterizzano le trasfor-mazioni di Spoleto e Orvieto durante ilfascismo non corrispondono a quanto av-viene a Bastia Umbra, piccolo ma impor-tantissimo abitato che svolge un ruolo dispicco nel panorama umbro e che, poi-

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Orvieto (Tr), veduta aerea della Caserma per Avieri, s.d.

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ché affiancato alla città di Terni nella geo-grafia politica regionale, assurge a sim-bolo produttivo.A Bastia Umbra17 si assiste nel ventennioall’esaltazione delle naturali vocazioni delterritorio e dell’identità di centro rurale,che determina il potenziamento, e tal-volta la nascita, di industrie e stabilimentiproduttivi. Nella maggior parte dei casi,si tratta di fabbriche che lavorano pro-dotti agricoli quali il grano, il pomodoroe il tabacco: lo stabilimento industriale

Spigadoro Petrini, derivante dall’espan-sione di un molino esistente in città findalla prima metà dell’Ottocento; il con-servificio Lolli, fondato nel 1924 e la cuiattività prosegue fino agli anni sessanta;lo Stabilimento Giontella, costruito a par-tire dal 1936 lungo via Roma, che ospitadal 1939 l’attività della “Cooperativa au-tonoma tabacchi”, fondata a Bastiola daFrancesco Giontella18 all’inizio degli anniventi. In altri casi, le industrie sono legateallo sfruttamento delle caratteristiche na-

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Bastia Umbra (Pg), la Cantina Sociale Cooperativa duranteuna visita degli alunni delle scuole elementari, 1932(Archivio Scuola elementare “Don Bosco”)Sant’Egidio (Pg), aeroporto “Adamo Giuglietti”, 1938, casermaper avieri (Archivio privato)

Bastia Umbra (Pg), Scuola elementare “Costanzo Ciano”,1939 (Archivio privato)

Bastia Umbra (Pg), Stabilimento Giontella, 1936, veduta d’in-sieme (Archivio privato)

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turali dei terreni, come avviene per la for-nace Galletti a Bastiola che, dal 1907, pro-duce laterizi. Infine, in alcune sporadicheoccasioni, sorgono industrie meccanichecome le Officine Meccaniche Franchi, at-tive dal 1915, inizialmente come subap-paltatrici della Società Terni e in seguitocome azienda autonoma19.Gli episodi attuati nel ventennio nonsono numerosi e a volte non lasciano si-gnificative testimonianze dal punto divista architettonico: è il caso della coloniaelioterapica, attiva dal 1932 e situatalungo le sponde del fiume Chiascio al

margine nord-est del quartiere di SantaLucia, prima espansione residenzialedella città. Edificio degno di nota è poi laCantina Sociale Cooperativa, costruita nel1932, in soli quattro mesi, lungo la ferro-via: opera pionieristica poiché prima intutta la regione, oggi non è più visibile.Su progetto degli ingegneri GiuseppeGrossi e Sisto Mastrodicasa, “i migliorinon solo in Umbria ma in Italia”20, vieneinoltre realizzata21 la scuola materna edelementare “Costanzo Ciano” (oggi “DonBosco”): la posa della prima pietra av-viene il 18 marzo 1838 e dal primo otto-

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Bastia Umbra (Pg), stabilimento Giontella, 1936 (Archivio privato)

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bre 1939 la scuola è attiva. Inaugurata so-lennemente il 17 febbraio 1940 alla pre-senza del Ministro dell’EducazioneNazionale Giuseppe Bottai22, la scuola, ilcui impianto planimetrico ricalca la“emme” mussoliniana, si sviluppa su duelivelli, di cui l’inferiore ospita le aule dellascuola materna, gli uffici della direzionee la palestra e il superiore ospita le auledella scuola elementare. Nel 1942, per vo-lere del podestà Francesco Giontella,viene realizzata una palestra scoperta an-nessa all’edificio, destinata alle esercita-zioni dei Figli della Lupa e dei Balilla.Sul fronte delle architetture “in stile”,vanno inoltre ricordati il fronte d’ingressoal conservificio Lolli (1924), ornato dasculture in calcestruzzo che riproduconograppoli di pomodori, il primo nucleodelle officine Franchi e la villa Franchi, lacui estrema linearità affianca la scuola Co-stanzo Ciano in via Roma. Il ruolo svoltoda Bastia Umbra durante il ventennio èinoltre ulteriormente rafforzato dalla rea-lizzazione, seppure al di fuori del territoriocomunale, del complesso aeroportuale“Adamo Giuglietti” a Sant’Egidio23, inau-gurato nel 1938; l’aeroporto, capace diospitare circa 3000 soldati all’interno diuna serie di imponenti edifici costruiti inperfetto stile littorio, è completamente di-strutto dai tedeschi in ritirata.Più che nel corso del regime, è però du-rante la ricostruzione post-bellica che l’im-magine della città vira verso i canoni dellanuova architettura; questo fenomeno di

tardivo allineamento si verifica sia relativa-mente alle aree industriali (lo StabilimentoGiontella, quasi completamente distruttodai bombardamenti, è riconfigurato in“stile razionalista”24 a partire dal 1946) sianel settore dell’istruzione (nelle frazionilimitrofe vengono costruite le scuole ele-mentari di Costano nel 1949, di Bastiolanel 1950 e di Ospedalicchio nel 1954) siaper quanto riguarda le opere pubbliche(nel 1949 viene realizzata una torre perl’approvvigionamento idrico) sia, infine, inrelazione alla funzione residenziale (allafine degli anni ’40 viene costruito un quar-tiere di case popolari). Inoltre, vengonorealizzati altri importanti interventi: neglianni 1949-1950 viene edificata la villaGiontella, progettata da Pietro Frenguellie arredata da Walter Steffenino (oggi HotelLe Muse); nel 1951 viene ristrutturata, suprogetto di Dino Lilli25, la palazzina FiumiAngeli (detta Casa della Contessina); a par-tire dal 1955 viene costruito, per volere diFrancesco Giontella, l’ospizio destinato adanziani e orfani (oggi scuola Ruggero Bon-ghi26), che completa l’insieme di edificiche gravitano attorno al tabacchificio; nel1962, su progetto di Antonino Bindelli27,sorge la chiesa di San Michele Arcangeloin luogo dei seicenteschi edifici affiancatidell’Oratorio della Buona Morte e dellaCappella di Sant’Antonio, demoliti a par-tire dal 1955; viene poi costruito il CinemaTeatro Esperia su progetto di RiccardoProsperi. Numerosi sono d’altra parte iprogetti che rimango no sulla carta28, tra

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cui il palazzo munici pale dotato di torrelittoria con arengario e la Casa delle OpereParrocchiali, ancora una volta progettatida Antonino Bindelli. In tale ambito sonoinfine da segnalare alcuni progetti discuole elaborati da Pietro Frenguelli, tracui una scuola elementare a Bastia Umbra,la scuola elementare e l’asilo infantile a Ba-stiola e la scuola elementare con annessoasilo a Ospedalicchio.Se nei casi di Spoleto e Orvieto la fisiono-mia urbana assunta nel corso del venten-nio deriva dalla rigida imposizione politicadi un preciso modello di riferimento, chefinisce per veicolarne rispettivamente l’im-magine di città storico-religiosa e quella dicittà storico-militare, per quanto riguardaBastia Umbra si assiste, tra le due guerre,

a una trasformazione che, puntando sul-l’esaltazione delle naturali vocazioni terri-toriali, riesce ad affermare l’importanza alivello regionale di una piccola città indu-striale. Dal punto di vista architettonico, neconsegue che a Spoleto e Orvieto il mo-derno si manifesta sempre attraverso lacontaminazione con i canoni tardo eclet-tici; a Bastia Umbra, invece, l’attitudineproduttiva è enfatizzata dal rigore dellanuova architettura, che riesce così a diffon-dersi. In un perfetto connubio fra tradi-zione e modernità.

Note

1 Cfr. in questo stesso volume il saggio di PaoloBelardi, pp. 55-652 DI NUCCI 1992, p. 167.3 Ivi, p. 215.4 Cfr. in questo stesso volume il saggio di Alessan-dro Bazzoffia, Maria Elena Lascaro, Antonio Men-carelli, pp. 67-75 5 GENTILI 1986, p. 18.6 Ivi, p. 110.7 Ivi, p. 112.8 Il rilievo architettonico dell’ingresso al com-plesso ospedaliero è stato eseguito da GabrieleRaneri e Achille Sberna nell’ambito del corso diRilievo dell’architettura, a.a. 2008-2009 (docente:prof. ing. P. Belardi; tutor: dott. ing. S. Bori, dott.ing. V. Menchetelli).9 SATOLLI 1979, p. 209.10 DI NUCCI 1992, p. 170.11 BONETTA 1996, p. 28.12 SATOLLI 1989, p. 1045.

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Sant’Egidio (Pg), aeroporto “Adamo Giuglietti”, 1938, monu-mento ai caduti

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13 FERRARA 1996, p. 57.14 All’epoca della costruzione la Caserma perAvieri può in altri termini ospitare “[...] un nu-mero di soldati pari a quello degli abitanti di tuttala città”: appare così evidente la frattura prodottasul naturale processo di espansione urbana; SA-TOLLI 1979, p. 209.15 Il rilievo è stato elaborato da Francesca Catalininell’ambito della tesi di laurea magistrale in Inge-gneria Civile: cfr. CATALINI 2007-2008.16 Il rilievo è stato eseguito da Erica Cassiani nel-l’ambito della tesi di laurea triennale in IngegneriaCivile: cfr. CASSIANI 2008-2009.17 Si ringraziano per la competenza e la disponi-bilità dimostrate nel corso delle ricerche l’ing.Giuseppe Latini e la dott.ssa Daniela Brunelli, pre-sidente della Pro Loco di Bastia Umbra.18 Francesco Giontella (1895-1969), appassionatopolitico e imprenditore illuminato, ricopre a Ba-stia Umbra la carica di podestà nel periodo 1935-1944 ed è sindaco della città dal 1952 al 1964. Peruna nota biografica completa cfr. BROZZI, GUALFETTI

1997; FRUGANTI 2005-2006.19 Oltre ai casi citati a Bastia Umbra, altre attivitàproduttive nascono e si sviluppano anche nel ter-ritorio limitrofo: ad esempio, nel comune di As-sisi, durante il ventennio sorgono il molinoCostanzi, attivo dal 1923 a Santa Maria degli An-geli, e l’industria meccanica Cicogna, attiva dal1928 a Petrignano d’Assisi. Cfr. MENCARELLI 1990.20 BROZZI, GUALFETTI 2005, p. 34; cfr. anche in que-sto stesso volume il saggio di Francesca Rogari,pp. 143-147.21 Il costo di realizzazione dell’edificio è “di888.700 lire, oltre alle 90.000 per l’impianto deltermosifone e di quello igienico. L’intervento, fi-nanziato con un mutuo di 704.000 lire concessodalla Cassa Depositi e Prestiti, era stato affidatoalla ditta Giovanni Garutti di Roma”; cfr. BROZZI,GUALFETTI 2005, pp. 34-35.22 Ivi, p. 30.23 La storia dell’aeroporto di Sant’Egidio è riper-

corsa in BROZZI 1989, pp. 223-241.24 MENCARELLI 1990, p. 44.25 La consultazione dei grafici originali è stata pos-sibile grazie all’ingegner Giuseppe Latini.26 Il rilievo architettonico dell’edificio è stato ese-guito da Matteo Fruganti nell’ambito della tesi dilaurea triennale in Ingegneria Civile; cfr. FRUGANTI

2005-2006.27 Cfr. in questo stesso volume il saggio di MarcoArmeni, pp. 163-167.28Gli edifici destinati a comporre il nuovo voltodella città sono presentati in rassegna in GURRIERI

1954, pp. 17-31.

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I PROGETTISTI UMBRI

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Caterino Trampetti nasce a Foligno nellostorico palazzo di famiglia di via Pierma-rini1 il 26 novembre 1888, nello stessoluogo in cui si spengerà il 26 luglio 1973.Ultimo di quattro fratelli2, è figlio di Cate-rina Sorbi, morta prematuramente dopola sua nascita, e di Eugenio Trampetti,inge gnere capo dell’Ufficio Tecnico Comu-nale3, illustre protagonista della realizza-zione dell’acquedotto cittadino4, nonchéPresidente della Cassa di Risparmio di Fo-ligno dal 1923 al 19255.Seguendo le orme del padre, Caterino siiscrive alla Facoltà di Ingegneria Civilepresso l’ateneo padovano conseguendola laurea il 2 agosto 1920 ed ereditandoda questa scuola la formazione di stampopolitecnico che poi si ritroverà nella suaproduzione professionale, segnata dalconnubio fra sapere e saper fare. Brillanteingegnere e spirito libero, non appena

laureato torna nella città natale per lavo-rare nell’Ufficio Tecnico Comunale, doverimarrà fino al 1945. Fra le sue opere, par-ticolarmente significativo è il recuperodel Palazzetto delle Canoniche6, intra-preso, quasi al suo esordio, nel 1926, se-condo un restauro inventivo7 similare alcoevo intervento sulla scalinata del Pa-lazzo Trinci del Bazzani8. L’affidamentodella direzione dei lavori fa emergere lospirito pratico del Trampetti, segnatodalla capacità di “leggere” e “riscrivere”l’organismo architettonico e dalla voca-zione di integrare progettazione architet-tonica e strutturale9. Elementi questi chesi manifestano dapprima nella ricca casi-stica di piccoli interventi10 volti a pro-porre soluzioni puntuali11, quindi nellaproduzione del dopoguerra, quando, le-gato in particolare alla famiglia Clarici12,esercita la libera professione e, infine, al

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CATERINO TRAMPETTI (1888-1973)Marco Filippucci

Foligno (Pg), Casa del Mutilato, 1937 (cartolina, collezione G. Bosi)

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termine della sua carriera, nel ritorno aquel restauro dei primordi che lo vedràimpegnato in occasione dei lavori com-piuti nell’Abbazia di Monte Oliveto13.A Foligno il Trampetti lascia due opereparticolari: la casa del Mutilato e l’ex-sededella Pubblica Assistenza “Croce Bianca”,entrambe analizzate attraverso il rilievocome casi studio emblematici del Mo-derno in Umbria14. Foligno, “rosa d’Ita-lia”15, come già mostra il piano regolatoredel Bazzani del 192716, trova nell’urbani-stica fascista un tentativo di rivitalizzazionedel suo impianto storico17 che non lesina

interventi di impavido sventramento18,volti a utilizzare anche l’architettura comestrumento evocativo e autocelebrativo19

di un’auspicata modernizzazione20. Pro-vata da un forte terremoto nel 1936 e do-tata del primo regolamento edilizionell’anno successivo, la città trova lungo ilsuo corso stori co21 lo spazio per la sededell’Associazione Nazionale dei Mutilati edegli Invalidi di Guerra22 (ANMIG) proget-tata dal Trampetti nel 193723. Il rilievo ef-fettuato porta a evidenziare l’autonomialinguistica dell’architettura e la contempo-ranea rilettura in chiave razionale della ri-

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Foligno (Pg), rilievo della Casa del Mutilato (SPORTOLETTI 2006-2007)

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gida estetica classica, che domina lo spaziostoricizzato in cui è inserita. Incurante deldominio locale delle mode liberty e neo-classicheggianti, il progetto iniziale subiràalcune modifiche al fine di rispondere allemutate esigenze pratiche. Trampetti riela-bora con la semantica della modernità isegni del contesto connotandoli di sem-plicità, mantenendo allineamenti e ritmiche non ignorano la centralità figurativadell’antico ospedale cinquecentesco, inuna mimesi reinterpretativa palesata nellelinee dell’attenta rappresentazione pro-spettica. Innovativo nell’idealizzare i trac-

ciati del contesto, con la vela a corona-mento dello schema razionale della fac-ciata, l’ornamento diventa “accento diespressione estetica e vibrata”24, le scul-ture plastiche si integrano nel ritmo tri-partito verticale, emergendo dalle facciateinsieme alle scritte che pertanto acqui-stano una similare centralità decorativa.Anche l’uso dei materiali è caratterizzatoda una ricerca di sincronia fra funzione edecorazione, in nome di quell’auspicata“sincera applicazione”25 e di quella “chia-rezza, onestà, rettitudine economica”26capaci, nel loro equilibrio, di dissimulare

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Foligno (Pg), rilievo della Casa della Pubblica Assistenza “Croce Bianca” (PROIETTI 2006-2007)

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la retorica nazionalista dei colori dellabandiera italiana da cui è composto.Anche l’ex-sede della Pubblica Assistenza“Croce Bianca”27del 1938 presenta un lin-guaggio moderno e innovativo, segnatoda curve studiate secondo i modelli delTerragni28, in un’astrazione del classici-smo29 che indirizza verso la ricerca morfo-logica dell’oggetto in sé30. La chiarezzaespressiva è legata al contesto umbro, chefa della semplicità non un limite ma unpregio. L’intonaco, a differenza dei costosimarmi utilizzati nelle città più grandi,esalta la ricerca dell’architettura sullenuove forme. Anche in questo caso il rap-porto con il luogo è determinante, ma,nonostante si potesse ipotizzare una mag-giore libertà per l’assenza di poli storici,ex-post si può notare come le due diversestrategie di adattamento abbiano risultatiantitetici: se il legame instaurato con isegni dell’ambiente storico porta oggi auna radicale ibridazione della Casa del Mu-tilato con il suo ambiente, l’ex-sede della“Croce Bianca” è dominata da un equili-

brio instabile, così che una piccola modi-fica, vale a dire l’eliminazione delle scrittelegata al cambio della funzione dell’edifi-cio, porta a pregiudicare il rapporto fra or-namento e funzione e il bilanciamentoformale dell’edificio stesso, determinan-done un evidente stato di dequalificazioneestetica. Così, con l’evoluzione del luogoche porta lo spazio a contornarsi di formepiù innovative capaci di rendere lo studiodi Trampetti meno futuristico dei suoi ori-ginari intenti, è bastato un recupero pocoattento alle relazioni per sconvolgernel’assetto. Una fatale conclusione che di-venta annotazione centrale per il rilievo eil restauro delle opere del Moderno, foca-lizzando la necessità di un’azione di rile-vamento intesa come pratica culturalepiuttosto che mera tecnica, capace di faremergere non solo i segni e i significatidella singola architettura, ma anche le re-lazioni, la storia, il tempo. La modernità,in tutta la sua semplicità.

Note

1 PAMBUFFETTI 1960, p. 2; BETTONI, NOBILI 1997, nota 90.2 Il primogenito Tullio, anch’egli ingegnere, si spe-cializza nei sistemi di trasporto ferroviari lavorandoprincipalmente in Libia; il secondogenito è Gino,laureato in Agraria a Portici e padre degli eredi dellafamiglia Trampetti, cui rivolgo un sentito ringrazia-mento per il contributo fornito alla ricerca; la terzaè Elena, unica donna della famiglia.

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Foligno, Sede della Pubblica Assistenza “Croce Bianca”

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3 GABURRI, LUCCHI 2001, p. 124, nota 111; ivi, p. 140.4 BETTONI 1995.5 BIANCHI 2008.6 DI NUCCI 1992, pp. 166-167; BETTONI, MARINELLI

2001, p. 35; BOSI 2009, pp. 57-72. 7 ANDALORO 2006.8 BENAZZI, MANCINI 2001, ad indicem.9 Una piccola “scoperta”: una volta individuato ilTrampetti in un’immagine contenuta nell’inventa-rio dell’archivio Sabatini pubblicato a cura di RenzoMarconi, si è comprovata la sua collaborazione alprogetto di costruzione del Deposito della SocietàItalo Americana per il Petrolio, grazie al ritrova-mento di appunti di calcolo strutturali con il tim-bro del Trampetti. Cfr. MARCONI, BENVENUTI, BIANCHI,BIANCHI (a cura di) 2008, pp. 232-233.10 ASUTCF, Risistemazione facciata in via Ca-vour, 9/07/32, n. 4206; ASUTCF, Intervento su sta-bile in via Garibaldi, 10/2/37, n. 1346.11 Fra questi si può citare il taglio dell’angolo delpalazzo di via Carducci del 1931. Cfr. BOSI 2009,pp. 70-71.12 Da segnalare il ruolo del Trampetti nei lavori com-missionati da tale famiglia per la ricostruzione delpalazzo antistante il Supercinema, il Politeama Cla-rici, la perizia per la miglioria dell’ex abbazia di SantaCroce a Sassovivo e gli interventi sul Palazzo Clarici.13 CAPRA 1967.14 I due casi studio sono stati indicati dal prof.Paolo Belardi, al quale si vuole attestare la piùsentita stima attribuendo il reale merito dellosviluppo di tali ricerche. Sotto la sua guida, e conla collaborazione degli ingegneri Simone Bori eValeria Menchetelli, presso la Facoltà di Ingegne-ria dell’Università degli Studi di Perugia, nell’a.a.2006-2007 sono state sviluppate le tesi di laureatriennale di Naike Proietti e Elisa Sportoletti, dueimpeccabili lavori sui quali è stata strutturataquesta sintesi. Cfr. PROIETTI 2006-2007; SPORTO-LETTI 2006-2007.15 DI NUCCI 1992, p. 73.16 Comune di Foligno, Piano Regolatore Generale,deliberato il 28 dicembre 1928, approvato il 29

aprile 1929. Cfr. anche DI NUCCI 1992, pp. 242-245.17 Da segnalare, ad esempio, l’importante lavorodi ripavimentazione del 1927 e l’ingiunzione ditinteggiatura delle facciate del 1930. Ivi, p. 167.18 Ivi, pp. 242-243.19 NICOLOSO 2008.20 PAGANO 1976.21 BOSI 2009, pp. 157-159; BETTONI, MARINELLI

2001, p. 30.22 BOSI 2009, p. 31.23 Bosi riferisce anche della collaborazione delTrampetti e dell’architetto Giorgio Sorbi con l’ar-chitetto Giovanni Placidi. Ivi, p. 158.24 PIACENTINI 1935, p. 8.25 Ibidem.26 PAGANO 1947, p. 21.27 BOSI 2006.28 ZEVI 1980.29 PORETTI 1999, p. 21.30 Il rilievo astratto manifesta proprio questa au-tonomia.

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Tra i progettisti umbri vissuti nella primametà del secolo scorso, la figura dell’in-gegnere Giuseppe Grossi, perugino diadozione, emerge per il generoso contri-buto dato alla struttura e all’immagine at-tuale della città di Perugia attraverso glistilemi del Movimento Moderno, mitigatidal carattere a volte locale a volte monu-mentale delle sue opere.Giuseppe Grossi nasce a Esperia, in pro-vincia di Frosinone, nel 1894. Frequentail liceo classico e prosegue gli studipresso la Facoltà di Ingegneria dell’Uni-versità di Roma. A seguito degli sconvolgi -menti causati dallo scoppio della GrandeGuerra, entra nell’Accademia Militare diModena, dove viene nominato Tenentedell’Arma di Fanteria e dove riprende glistudi conseguendo la laurea in IngegneriaCivile nel 1920. L’anno seguente, il Mini-stero per le Terre Liberate lo destina alla

ricostruzione post-bellica delle città diPontebba (Ud) e Conegliano Veneto(Tv)1, esperienza che costituisce il suoprimo incarico professionale. Il legamecon Perugia ha invece inizio nel 1923,quando, dopo pubblico concorso, as-sume il ruolo di aiuto capo ingegnere delComune. La grande competenza dimo-strata fa sì che solo sei anni dopo, nelpieno del regime fascista, sia designatoingegnere capo dell’Ufficio Tecnico delComune, carica che manterrà per più diun quarto di secolo. La sua attività profes-sionale, esclusivamente svolta al serviziodell’istituzione comunale, si concentranella realizzazione di infrastrutture eopere di grande valore sociale ed econo-mico. Tuttavia, anche dopo il 1954, annoin cui termina il suo incarico, Grossi con-tinua a dare un significativo contributotecnico e culturale sia come membro

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GIUSEPPE GROSSI (1894-1969)Francesca Rogari

Perugia, Mercato coperto, 1932, veduta del prospetto

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della Commissione Edilizia sia come ac-cademico d’onore presso l’Accademia diBelle Arti Pietro Vannucci, dove insegnaScienza delle Costruzioni. Numerose sono state le sue partecipazionia progetti legati allo sviluppo urbano diPerugia, come la collaborazione con SistoMastrodicasa alla stesura del Piano di Am-pliamento della Città di Perugia e lo studiodel Piano Regolatore del 1954 insieme aBruno Zevi, Mario Coppa e FrancescoZannetti. Tra i progetti meno noti si segna-lano invece la riapertura nel 1932 della sot-terranea via Bagliona, in collaborazionecon Pietro Angelini, e l’attuale galleriaKennedy, originariamente utilizzata con

funzione di rifugio antiaereo durante la se-conda guerra mondiale e poi divenuta unadelle principali arterie di collegamento di-retto della città. Due grandi interventi,questi ultimi, i cui risvolti sono ancoraoggi pienamente leggibili.Notevole fu inoltre il suo contributo allaprogettazione dell’acquedotto di Villa Sci r -ca 2, opera idraulica dello studio Severi e Si-roni realizzata nel 1932 per dare rispostaall’aumento demografico della città. Il trac-ciato della rete di adduzione percorre 45km, distanza che separa il serbatoio di presadella sorgente di Villa Scirca, posta nel co-mune di Sigillo, e il serbatoio terminale diPorta Sant’Angelo a Perugia. Le opere d’arte

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Perugia, Mercato coperto, interno, 1932

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che si trovano lungo il tracciato della con-dotta hanno carattere monumentale e sonofacilmente riconoscibili per l’uso omoge-neo dei materiali, per l’imponenza dei vo-lumi e l’essenzialità dei decori. La sua opera architettonica più significa-tiva e simbolica è però, senza dubbio, ilMercato Coperto, la cui ubicazione nel-l’area dell’Orto Brufani, a ridosso del Pa-lazzo di Giustizia, fu scelta dal podestàdell’epoca Giovanni Buitoni, il quale, inuna lettera indirizzata allo stesso Grossi,dichiara che “su questa opera i peruginiavevano discusso, combattuto e, bisognadirlo a onor del vero, nulla concluso perquasi sette secoli!” 3. Il progetto, a firma

dell’ingegnere capo del Comune, è ap-provato nel 1931, e si segnala per l’uti-lizzo di uno stile che tende a raccordarsiarchitettonicamente con il quattrocente-sco Palazzo di Giustizia, secondo un’este-tica medievaleggiante. L’edificio vieneinaugurato nel 1932, con tempi di realiz-zazione brevissimi, come auspicato dal re-gime. Nella fase dell’esecuzione, nonpriva di difficoltà di carattere tecnico, sirintraccia un intenso scambio epistolaretra Giuseppe Grossi e il luminare dellascienza delle costruzioni Arturo Da-nusso4, collaudatore dell’opera e proget-tista, insieme a Pier Luigi Nervi, delgrattacielo Pirelli e della torre Velasca5. Il

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Perugia, schizzo prospettico della Scuola elementare “Enzo Valentini”, 1931 (ASPg, ACP)

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monumentale mercato, costruito su trelivelli, è disegnato secondo una rigorosasimmetria in pianta e in alzato. Il pro-spetto principale, con tre distinti ordinidi aperture, racchiuse da quattro archi gi-ganti contigui, impostati su sei contraf-forti, rimanda, con geometrie appiattite,alla grandiosità del Colosseo, e sostieneuna terrazza che apre la città a una visualeinedita della valle umbra. I materiali im-piegati nell’opera sono il cemento armatoe l’acciaio negli elementi strutturali, men-tre il mattone faccia a vista serve a realiz-zare il rivestimento dell’intera fabbrica.L’edilizia scolastica, fortemente incentivatadalle politiche social-nazionali6 sia in am-bito rurale che cittadino, è un altro deitemi progettuali sviluppati nel corso dellasua lunga attività di ingegnere capo. Suaè, ad esempio, la progettazione di impor-tanti edifici realizzati in aree di espansionedemografica, tra cui si segnalano le scuoleelementari Enzo Valentini (1931) e PrimoCiabatti (1933)7, rispettivamente ubicatenel quartiere di Elce e in quello di Monte-luce e ancora la scuola elementare di

Ponte Felcino (1933), la scuola media Gio-vanni Pascoli in piazza Morlacchi, poste-riore di un paio di decenni (1953) e, fuoridal territorio comunale, la scuola elemen-tare “Costanzo Ciano” di Bastia Umbra(1939)8, realizzata in collaborazione conSisto Mastrodicasa. L’imponente com-plesso della scuola elementare Primo Cia-batti, capace con i suoi 5000 mq disuperficie di ospitare ottocento bambiniin un ambiente luminoso e razionale, èdenominato in origine “Scuola del Litto-rio”. L’edificio, che si sviluppa prevalen-temente in orizzontale presenta lafacciata principale austera, in perfetto“stile littorio”, e la mancanza di ornamentidi ogni tipo è un forte richiamo all’ordinee alla funzionalità propri dell’architetturarazionalista. A mettere in evidenza le le-sene, i marcapiani, nonché il loggiatoposto su via Brunamonti, è la sola bicro-mia delle facciate. Poche sono le varia-zioni apportate nel tempo all’edificio, chemantiene inalterate le sue caratteristicheformali e funzionali.Non esente da mutazioni rispetto a quelloche era il progetto originale è, invece, lascuola elementare Enzo Valentini, pen-sata inizialmente come un edificio sim-metrico dallo sviluppo verticale, la cuidistribuzione interna, nettamente divisatra spazi serventi e spazi serviti, è ester-namente leggibile nei tre volumi che locostituiscono: di cui quello centrale, che

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Perugia, Scuola elementare “Primo Ciabatti”, 1933 (Archivio Grossi)

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contiene il corpo scale che collega i trepiani su cui si sviluppa l’edificio, ha la fun-zione di distribuire orizzontalmente i duevolumi laterali destinati esclusivamentead aule. La variante più evidente a questoschema è eseguita dallo stesso Grossiche, preso atto dell’insufficiente numerodi aule create, sacrifica le aperture sul latoovest dell’edificio, realizzando un signifi-cativo ampliamento, che, pur rompendol’equilibrio dei volumi, non muta la ripar-tizione funzionale (vestibolo, aula inse-gnanti, aule, refettorio e servizi), néquella distributiva, necessariamente ri-spondenti alle rigide norme igienico-sa-nitarie del periodo.Quelle descritte sono tracce architettoni-che, pianificatorie e infrastrutturali deli-neate nell’arco di una vita, che terminanel 1969, al nascere della primavera stu-dentesca, e sottolineano in modo inequi-vocabile un forte legame con la cittàd’adozione e un fedele attaccamento alruolo istituzionale, che ben rappresen-tano la cultura del dovere e del rigorepropria dell’epoca durante la quale Giu-

seppe Grossi dà prova della propria capa-cità professionale.

Note

1 Si ringraziano le professoresse Gaia e SilviaGrossi per aver consentito la consultazione del-l’archivio privato della famiglia Grossi e per la tra-smissione orale di importanti riferimenti utilizzatinella presente ricerca.2 TOMMASONI 2004.3 Archivio privato della famiglia Grossi.4 Consulente in merito alle strutture di cementoarmato del Mercato Coperto (Comune di Perugia,Archivio Palazzo Bianchi, Sez. Fabbricati, b. 55).Sull’argomento cfr. BONCI, FILIPPUCCI, MENCHETELLI,MERLI 2009, p. 32, nota 95.5 IORI 2007, pp. 1504-1505.6 PARPAGLIOLO 1934.7 I due edifici sono stati analizzati in BARBARELLI

2007-2008; GIANNONI 2007-2008.8 Cfr. in questo stesso volume il saggio di ValeriaMenchetelli, pp.123-133.

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Perugia, Scuola elementare “Primo Ciabatti” (GIANNONI 2006-2007)

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Giuseppe Preziosi nasce il 9 ottobre del1895 a Terni, città in cui il padre Gervasio,nativo di Spello, si trasferisce e dove la-vora come infermiere capo dell’ospedale.Nel 1912 giunge a Perugia per iscriversiall’Accademia di Belle Arti e si diplomanel 1917. Durante il suo percorso di studiha la possibilità di frequentare i corsi te-nuti dagli esponenti più illustri dell’epocasia nel campo del disegno e della scul-tura, come Ferdinando Gigliarelli (1848-1932) e Giuseppe Frenguelli (1856-1940),sia nel campo del recupero edilizio e delrestauro come nel caso di Ugo Tarchi(1887-1978)1. Torna a esporre a Perugianel 1920 in occasione della Prima Esposi-zione Umbra d’Arte Moderna, promossae organizzata dal neonato periodicod’arte “Griffa!”2, di cui il pittore GerardoDottori3, esponente di punta del Futuri-smo umbro, era il “gerente responsabile”

e lo scrittore orvietano Alberto PresenziniMattoli il redattore4. L’esposizione umbraha come fine dichiarato dai suoi organiz-zatori quello di valutare il panorama arti-stico giovanile del tempo, che tuttaviarisulta essere di gusto fortemente tradi-zionale, come le opere presentate dallostesso Preziosi, mentre tra gli altri il soloDottori si esprime già con un linguaggiofuturista. È in questa occasione che av-viene la conoscenza tra i due artisti e dasubito Dottori apprezza le qualità e le po-tenzialità del pittore ternano incoraggian-dolo a proseguire nel suo percorso,benché ancora lontano dalle posizioni fu-turiste. Dal 1924 al 1938 si dedica all’in-segnamento in vari istituti scolastici, doveè cultore delle materie di Disegno pla-stico e di Arte applicata all’industria. Faparte inoltre della Commissione Ediliziadel Comune di Terni. Nel 1925 sposa Na-

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GIUSEPPE PREZIOSI (1895-1973)Matteo Bongarzone

Sanremo (Im), padiglione per la IV Biennale di Floricoltura, 1938 (Collezione A. Pesola)

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talina Laureti che sarà sua fonte d’ispira-zione in numerosi ritratti5.Negli anni trenta, Preziosi è uno degli arti-sti più affermati e apprezzati del panoramaternano e proprio nella sua città partecipaa diverse mostre collettive con artisti localicome i pittori Ugo Castellani, IlarioCiaurro, Guido Mirimao, Aristodemo Zin-garini e gli scultori Dario Zamponi eGuglie lmo Colasanti. Successivamente par-tecipa alle prime Mostre Sindacali organiz - zate in Umbria, alle quali va senza dubbioil merito di aver dato un rilevante impulsoall’attività artistica locale e di essere stateun importante mezzo di pubblicità permolti giovani emergenti.Nel 1933, in contrasto con le teorie pitto-

riche degli artisti ternani, sperimentanuovi linguaggi e forme figurative avvici-nandosi alle posizioni futuriste. Proprio inquegli anni, infatti, nasce in città un pic-colo gruppo futurista per merito di ungeometra dell’Ufficio Tecnico del Co-mune, Arnaldo Marini e ben presto Pre-ziosi diventa un membro di spicco delmovimento futurista ternano intratte-nendo rapporti sempre più stretti con Ge-rardo Dottori, di cui diviene portavoce inambito locale. Sempre nel 1933 esponealla Prima Mostra Intersindacale di Fi-renze, dove presenta la sua prima operafuturista di ambientazione sacra dal titoloLa fuga in Egitto. Le scelte di Preziosisono incoraggiate dalla conferenza che

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Mazzelvetta di Terni, plastica murale nell’ingresso della Colonia “IX Maggio”, 1937 (Archivio fotografico Thyssenkrupp Terni)

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l’esponente del movimento futurista na-zionale Marinetti tiene a Terni sul tema“Aviazione fascista e aeropittura futurista”riscuotendo un rilevante successo dipubbli co e di critica. Successivamenteespone, su invito del gruppo futuristamantovano, due sue opere – La difesa eAssisi – alla Mostra Nazionale di Arte Fu-turista svoltasi a Mantova. Quindi parte-cipa di diritto, ancora una volta con Ladifesa, alla grande Mostra Futurista allaGalleria Pesaro di Milano in onore di Um-berto Boccioni e il suo nome comparepure alla Prima Mostra Nazionale di ArteFuturista organizzata a Roma dalla rivista“Futurismo” alla presenza di Marinetti.Se Preziosi per un verso consolida il ricorso

alla tecnica dell’areopittura, soprattuttonella rappresentazione di paesaggi comene Il lago di Piediluco e La punta dell’Eco,contemporaneamente scopre nuove fontid’ispirazione affrontando temi che si richia-mano fortemente alla sua città natale.Grande importanza assumono infatti le ac-ciaierie con i dipinti La ghisa, La colata eLa pressa, in perfetto accordo con le posi-zioni del movimento futurista che esalta-vano il mito dell’industria e della macchinae in evidente contrasto e polemica con queitemi tradizionali ritenuti ormai superati,quali il paesaggio, la natura morta e il nudo.Nel 1934 partecipa alla Mostra “Aeropitturafuturista italiana” ad Amburgo e Berlino.Nella primavera dello stesso anno prende

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Papigno (Tr), facciata della sede del Dopolavoro Aziendale, 1936 (Archivio fotografico Thyssenkrupp Terni)

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parte anche alla XIX edizione della Bien-nale internazionale d’Arte di Venezia, doveespone la sua opera Paesaggio umbrodall’alto. Nel 1936 torna alla Biennale, do -ve porta diversi dipinti, di cui tre a sogget -to “industriale”, uno che è l’interpretazionein chiave aeropittorica di un paesaggio e unaltro ancora d’arte sacra. Nel 1936 è inoltrepresente alla V Mostra Sindacale svoltasi aTerni, ma dal 1937 le partecipazioni alle mo-stre collettive subiscono una forte ridu-zione, dal momento che Preziosi inizia alavorare stabilmente nell’Ufficio Tecnicodella Società Terni. Nel 1944, con la mortedi Marinetti, il movimento futurista siesaurisce e, in concomitanza con il con-temporaneo sconvolgimento del pano-rama politico-militare nazionale, il suo

percorso futurista si interrompe6. Negliultimi anni della sua carriera pittorica, in-fatti, abbandona definitivamente i precettidel futurismo, indirizzando la propriaproduzione verso temi e linguaggi tradi-zionali senza un’idea prefissata e sfug-gendo quindi a qualsiasi catalogazione7.Preziosi, tuttavia, non si limita alla produ-zione pittorica, ma si dedica anche allaproget tazione architettonica e alla deco-razione plastica. Dalla metà degli annitrenta collabora con l’Opera NazionaleDopolavoro8 e con la Società delle Accia-ierie di Terni, per conto della quale inqualità di “consulente artistico decora-tivo” realizza allestimenti pubblicitari e si-stemazioni architettoniche in numerosemostre in Italia e all’estero. Un primo in-tervento architettonico dell’artista ter-nano è quello per la chiesa del SacroCuore di Gesù, costruita nel 1933 a Col-lestatte, per iniziativa del Dopolavoro. Nel1935 cura gli allestimenti per le mostre diBologna e Bruxelles, per i quali fa ricorsoall’utilizzo del fotomontaggio e della gra-fica. Sempre nel 1935 collabora con la So-cietà degli Stabilimenti ElettrochimiciOfficine di Papigno e l’incarico di realiz-zare per la Mostra Mercato dei Vini Tipicid’Italia di Siena alcuni stand pubblicitariche dovevano reclamizzare la calciociana-mide si concretizza nella raffigurazione dicontadini nell’atto di spargere il fertiliz-zante chimico prodotto dagli stabilimenti,

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Collestatte (Tr), Chiesa del Sacro Cuore di Gesù, 1933(Archivio fotografico Thyssenkrupp Terni)

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che erano i maggiori produttori a livellonazionale. Del 1936 è la realizzazione, suprogetto di Preziosi, del DopolavoroAziendale di Papigno e del Teatro-Dopo-lavoro a Collestatte.Negli anni successivi viene chiamato a de-corare i locali della Colonia “IX Maggio”, co-struita con il contributo della Società“Terni” in località Collesanto (odierna Maz-zelvetta) nei pressi del lago di Piediluco inonore della proclamazione dell’Impero. Inparticolare, la sala d’ingresso viene deco-rata con bassorilievi che rappresentano unfascio di bandiere sovrastato da un’aquilain volo verso l’Europa meridionale, doverisalta l’Italia, e da Roma si diramano tregrosse frecce bianche verso tre diverse città(Tripoli, Addis Abeba, e Rodi). Riceve inol-tre l’incarico per la progettazione architet-tonica del padiglione per la mostra di Sienanel 1937 e di quello per la IV Biennale dellaFloricoltura, che si tiene a San Remo l’annodopo, entrambi di gusto decisamente ra-zionalista. Tra il 1938 ed il 1939 si segnalanoinoltre numerosi progetti architettonici cheriguardano il Bocciodromo delle Acciaierie,l’Ufficio paga degli operai, i giardini e l’in-gresso refettori degli Stabilimenti Siderur-gici a Terni, nonché “studi e prove” perl’ampliamento del villaggio Nera Montoroe uno studio per case popolari per le mi-niere di Spoleto. Dello stesso periodo sonoanche i progetti architettonici per la chiesadel villaggio operaio a Collestatte, per il ri-trovo danzante e per il teatro del Dopola-voro aziendale di Papigno. �Di Preziosi,

infine, quello che sarà per molti anni il mar-chio della “Società Terni per l’industria el’elettricità”, nel quale si riproduce in chiaveaeropittorica la Cascata delle Marmore,vista come fonte di energia e schematizzatasinteticamente in dodici linee. Grande fu ilsuccesso riscosso dal marchio, usato finoagli anni settanta e oggi di nuovo utilizzato9.Nel 1939 è nominato Accademico di me-rito all’Accademia di Belle Arti di Perugia.Nel 1952 si trasferisce a Roma, dove col-labora con l’Ufficio pubblicità della So-cietà Terni. Muore a Roma nel 1973.

Note

1 PONTI 1985; BOCO 1989; BORI 2007-2008; PESOLA

2001b, pp. 10-11.2 I dodici numeri sono ora consultabili nell’edizioneanastatica pubblicata a cura di Massimo Duranti eAntonella Pesola con il titolo Griffa! una rivista fu-turista del 1920. Cfr. DURANTI, PESOLA 2010, in cuicompare anche una scheda biografica dedicata aPreziosi a cura di Antonella Pesola (p. 103).3 DURANTI 2006.4 CIALFI 2009, pp. 129-130; CIALFI 2010.5 PESOLA 2001b, pp. 13-14.6 Ivi, p. 18-37.7 Ivi, p. 41. Sull’attività pittorica di Preziosi si vedaanche PESOLA 2001a, pp. 24-29.8 Una delle più popolari istituzioni fasciste, che, di-stinguendosi da altre organizzazioni di massa, svi-luppò una serie di iniziative volte a promuoverel’elevazione intellettuale, morale e fisica del popoloattraverso lo sport, l’escursionismo, il turismo e l’edu-cazione artistica, che in questo modo viene inclusafra le attività ricreative. Cfr. ANGELETTI 1994, p. 685.9 PESOLA 2001b, pp. 83-92.

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La figura dell’architetto Dino Lilli (Perugia,25 agosto 1898 - 30 maggio 1971) si carat-terizza innanzitutto sotto il profilo umanoper il grande equilibrio, accompagnato dauna naturale modestia e riservatezza oltreche da una forte attenzione per i dettagli.Caratteristiche, queste, che si riflettonoanche nelle sue opere, realizzate nel corsodi una lunga carriera professionale svoltaprincipalmente nell’area di Perugia e se-gnata da un’intensa attività nel campodell’architettura civile e industriale.I tratti salienti della sua biografia proven-gono dalle memorie dei suoi discendenti1.Sappiamo così che Dino Lilli nasce a Pe-rugia il 25 agosto 1898 da Anna Belladon -na e Alessandro Lilli, piccolo imprenditoreedile. Dopo gli studi superiori, si formaall’Accademia di Belle Arti di Perugia, doveè allievo dell’architetto professor Ugo Tar-chi2, con il quale instaura un rapporto di

amicizia che durerà tutta la vita. Si diplomae ottiene il titolo di professore di disegno,appellativo col quale molti continuaronoa chiamarlo; è inoltre uno degli ultimi di-plomati delle Accademie a ottenere ancheil titolo di architetto. Nel 1923, infatti, conl’istituzione delle Facoltà di Architettura,i professori di disegno architettonico for-mati in seno alle Accademie non sono piùlegalmente autorizzati all’esercizio dellaprofessione; tuttavia, per coloro i qualipotevano vantare una solida carriera pro-fessionale è previsto l’inserimento nel-l’albo degli architetti laureati3 e Dino Lilline ha fatto parte a pieno titolo.Di piccola statura, viene esentato dallachiamata alle armi durante la GrandeGuerra. Dopo la rotta di Caporetto (24 ot-tobre 1917), però, quando le sorti delconflitto sembravano ormai volgere versouna disfatta completa, viene reclutato in-

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DINO LILLI (1898- 1971)Bianca Blasi

Perugia, Palazzo Lilli, veduta dell’angolo su via Fiume

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sieme a tutti quelli precedentemente eso-nerati per la stessa ragione. Arruolato nel-l’Esercito, conclude la ferma in Aviazione,con il grado di caporalmaggiore otte-nendo una menzione onorevole. Nel1924 sposa Luciana de’ Lorenzi, di nobilefamiglia tuderte e dalla loro unione na-scono due figli, Liliana e Vittorio (prema-turamente scomparso nel 1951). Il 25ottobre 1932 è insignito dell’onorificenzadi Cavaliere nell’Ordine della Coronad’Italia; durante la Repubblica è Com-mendatore e Grande Ufficiale. Dal 1951al 1966 riveste il ruolo di Presidente dellaAssociazione degli Industriali di Perugia(Confindustria) e le sue posizioni, seppur

di matrice conservatrice, sono di uomoliberale in economia.Inizia la carriera professionale affiancandoil padre Alessandro all’interno dell’im-presa edile di famiglia. È architetto proget-tista e direttore dei lavori nei suoi cantierie, alla scomparsa del padre, gestisce la“Alessandro Lilli & figli” in società con ilfratello Edoardo, con il quale continueràa collaborare per tutta la vita. Sebbene l’ar-chivio dei documenti e dei disegni siaanda to quasi totalmente perduto, è co-munque possibile ricostruire un profilodelle opere più significative.La sua produzione attraversa il periodo cheva dagli anni venti agli anni sessanta del

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Perugia, Cinema Lilli, schizzo di progetto, 1940 (Archivio privato famiglia Lilli)

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Novecento e subisce gli influssi dellenuove correnti architettoniche: da unaprima produzione tipicamente liberty (Pa-lazzo Lilli, Palazzo Lippi-Alessandri) ancorainfluenzata dagli insegnamenti accademici,approda, infatti, a un elegante razionalismo(Cinema Teatro Lilli) fino a giungere a unasorta di neomodernismo che si riscontranell’ultima produzione (Palazzo-AlbergoSangallo). L’architettura “funzionale” dellecostruzioni industriali che progetta mostrainoltre una certa attenzione nei riguardidell’architettura moderna.Con l’intento di economizzare – da inten-dersi nel senso più alto del termine, oggiparleremmo di atteggiamento sostenibile

– egli fa uso di materiali locali, utilizzandoprincipalmente mattoni (per opifici e re-sidenze), pietra di Assisi (per le chiese) etravertino (per gli edifici pubblici). Nellesue architetture il cemento armato non èmai lasciato a vista.A quindici anni di distanza l’uno dall’altrorealizza a Perugia, nella zona di piazza Ga-ribaldi a quel tempo ancora non del tuttourbanizzata, tre dei suoi più conosciutiedifici: il Palazzo Lilli, il cinema Lilli e il Pa-lazzo-Albergo Sangallo4.Il Palazzo Lilli, edificato nel 1927, rifletteancora gli influssi accademici e il gustodell’epoca. Si tratta di una costruzioneelegante di cinque piani, ad angolo tra via

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Perugia, Cinema Lilli, il foyer ottagonale d’ingresso (Archivio privato famiglia Lilli)

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Cacciatori delle Alpi e via Fiume, compo-sta da un corpo di fabbrica compatto se-gnato da un attacco a terra decorato conbugnato a ricorsi orizzontali e delimitatonella parte terminale da un ricco e spor-gente cornicione. Un torrino centrale nesegna l’angolo evidenziandolo, mentre lefinestre classicamente quadrangolarisono tutte incorniciate da frontoni curvie triangolari. Il fronte è scandito da le-sene, le aperture ad arco dell’ultimopiano sono tuttora fornite delle vetrateartistiche e le variazioni nella forma dellefinestre, dei balconcini e delle decora-zioni applicate movimentano la facciata.Il retro dell’edificio è invece costituito dadue piani in più rispetto al fronte, a causadel dislivello del terreno, ed è trattato in

maniera completamente diversa: si pre-senta infatti con una facciata spoglia, fattaeccezione per il marcapiano e la cornicea bugnato delle finestre del piano nobile.Degli stessi anni e dello stesso stile delpalazzo Lilli è il Palazzo Ex-Combattentiin via Cacciatori delle Alpi.Il Cinema Teatro Lilli, realizzato nei primianni quaranta, appare completamente di-verso per forma e stile rispetto all’adia-cente Palazzo Lilli, come risulta dallasemplicità dei volumi: un grande paralle-lepipedo poggiato sul terreno cui il pro-gettista accosta, sull’estremo più corto, ilcorpo di ingresso. Il prospetto è intera-mente rivestito di travertino e l’ingressoè segnato da una grande apertura in vetromattoni che dona luce al retrostante foyer

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Perugia, Palazzo-Albergo Sangallo, prospetto est, disegno a china su lucido (1957) (Archivio privato famiglia Lilli)

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ottagonale. Il prospetto del piano terra èscandito dalle aperture dei locali destinatial commercio e ai magazzini, mentre lasala teatro è situata al primo piano. Ilfoyer è a doppia altezza ed è collegato vi-sivamente al piano superiore tramiteun’apertura circolare protetta da un’inte-ressante balaustra in legno. Il cinema, daanni in disuso, è in uno stato di degradoe, a memoria degli antichi splendori, ri-mangono soltanto numerose fotografiedegli interni5. La sala teatrale è compostada una platea e da una galleria; sul soffittodella sala di proiezione un’apertura circo-lare consentiva la trasformazione in ci-nema all’aperto. Accanto al Cinema Teatro,Lilli progetta e successivamente realizzal’adiacente edificio-albergo, divenuto poisede dell’INPS e ora destinato a uffici.Il Palazzo-Albergo Sangallo è tra le ultimeopere da lui firmate: si tratta di un edificioa ponte dall’aspetto rigido e privo di de-corazioni. Unica eccezione è costituitadall’uso di piastrelle in ceramica verdeutilizzate per segnare il parapetto delleampissime aperture della zona destinataad albergo.Ha inoltre progettato e realizzato nume-rosi edifici industriali nella provincia pe-rugina, tra i quali ricordiamo il MolinoCappelletti a Ponte Rio di Todi, lo stabili-mento Petrini a Bastia Umbra e la sededegli Uffici delle Fornaci Briziarelli a Mar-sciano. Di quest’ultimo edificio, risalente

al 1936, l’archivio privato della famigliaBriziarelli conserva i disegni di progetto,dai quali risulta che nella prima stesuradel progetto Lilli aveva previsto un so-vrappasso, mai realizzato per mancanzadi autorizzazioni, che dalla palazzina con-duceva al giardino privato della famiglia,situato dall’altra parte della strada. Degnodi nota è il fatto che la palazzina in traver-tino e mattoni mantiene tuttora l’aspettoe la funzione originari.Tra la sua vasta produzione sono da an-noverare anche alcune chiese donate allacomunità, tra cui citiamo la chiesa parroc-chiale di San Biagio e Savino in piazzaLeone XIII a Perugia, edificio dai volumipuri con pianta a croce latina e rivesti-mento in pietra di Assisi, nonché la chiesaparrocchiale di Case Bruciate.Agli interventi più noti in città vanno ag-giunti l’ampliamento del Palazzo GallengaStuart, sede dell’Università per Stranieri, ela rimodellazione della sala del Consiglio edel salone del pubblico nel Palazzo Lippi-Alessandri, sede della Cassa di Risparmiodi Perugia (oggi Unicredit), realiz zati en-

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Perugia, Palazzo-Albergo Sangallo, prospetto nord, disegnoa china su lucido, 1957 (Archivio privato famiglia Lilli)

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trambi negli anni Trenta del secolo scorso.Tra gli edifici civili progettati per una com-mittenza privata sono degni di menzionei due eleganti palazzi residenziali di testatadel corso Cavour a Perugia, in angolo convia XIV Settembre6. L’attacco a terra(piano terra e piano nobile), destinato alcommercio e ad abitazioni di rappresen-tanza, è interamente rivestito con lastre ditravertino, mentre nei quattro piani supe-riori, che attualmente accolgono abita-zioni ed uffici, il rivestimento è in mattonifacciavista e le ampie finestre rettangolarisono incorniciate da travertino, segno diun completo assorbimento dello stile ra-zionalista. Nel 1961 progetta, in collabo-razione con gli architetti Giovan BattistaMassini e Giorgio Sorbi, la palazzina INA-Casa di viale Martiri della Libertà da rea-lizzarsi a Città di Castello.

Una ricerca presso l’Archivio di Stato diPerugia ha infine permesso di rintracciarei documenti e i disegni di progetto di al-cune delle opere di Dino Lilli realizzatenegli anni compresi tra il 1920 e il 1940:si tratta in particolare della documenta-zione sottoposta alla Sovrintendenza deiBeni Archeologici per la richiesta di auto-rizzazione a costruire in area vincolata. Inquella sede sono conservati, oltre ai giàcitati progetti del Palazzo Lilli, del CinemaLilli e del palazzo-Albergo Sangallo, il pro-getto per la realizzazione di un edificiodestinato a civile abitazione da realizzarsiin via del Borghetto di Prepo7 a Perugia el’intero carteggio riguardante la propostaper la sistemazione dell’ex piazza d’Armidi Perugia da destinarsi a Campo Poli-sportivo. La proposta di Lilli, documen-tata attraverso planimetrie, alzati e viste

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Perugia, Casa Briziarelli, disegno di progetto. Prospettiva della palazzina-uffici, 1935 (Archivio FBM Fornaci Briziarelli Marsciano)

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prospettiche di grande impatto, preve-deva la costruzione di uno Stadio, di dueedifici collegati da una scala monumen-tale e di un giardino. Gli edifici risultanomuniti di porticato ad archi sovrastato dadue piani decorati da ampie finestre in-corniciate e dovevano essere destinatialle attività motorie al coperto e agli spo-gliatoi degli atleti. Il progetto, sebbeneavesse ottenuto nel 1938 l’approvazioneministeriale per la delicatezza con cui sisarebbe inserito nel tessuto edilizio senzaostruire le visuali verso la città storica,non venne mai realizzato8.

Note

1 Un ringraziamento particolare va alla signora Li-liana Lilli, figlia dell’architetto Dino Lilli, che hacontribuito con il suo caloroso aiuto a meglio de-lineare la figura umana e professionale del padre.Per la ricostruzione di date e opere e per la gentilecollaborazione fornita nella fase della ricerca con-dotta nell’archivio di famiglia si ringrazia il nipotedott. Vittorio Gubbiotti.2 Ugo Tarchi (Firenze 1887-1978), uno dei più va-lenti e attivi architetti del Novecento. Apprezzatostudioso e storico dell’arte, noto nel perugino so-prattutto per il suo intervento come architettodella cripta della basilica di San Francesco ad As-sisi. Tra il 1910 e il 1921 lavora all’Accademia diBelle Arti di Perugia, dove insegna disegno archi-tettonico; realizza importanti opere di recuperoe ristrutturazione architettonica in Umbria e nel-l’Italia centrale. La sua carriera accademica fulunga e apprezzata: fu infatti chiamato a Bologna,Brera e Roma, fino al 1957, anno in cui si ritira dal-l’insegnamento per raggiunti limiti di età. L’Archi-vio di Stato di Perugia conserva una grande

quantità di disegni, progetti e fotografie relativi arestauri di monumenti ed edifici effettuati a Peru-gia, Assisi, Foligno e Spoleto. Cfr. BORI 2007-2008.3 Legge 24 giugno 1923, n. 1395 (GU n. 157 del05/07/1923) Tutela del titolo e dell’esercizio pro-fessionale degli ingegneri e degli architetti, “art.10. entro il 31 dicembre 1926 coloro che, posse-dendo la licenza di professore di disegno archi-tettonico conseguita da un’accademia o istitutodi belle arti nel regno, abbiano esercitato lodevol-mente per cinque anni la professione di archi-tetto, potranno essere inscritti nell’albo comearchitetti. il giudizio sul lodevole esercizio è datodalla commissione”.4 Nella relazione tecnica al progetto del Cinema-Varietà, Albergo e Pensione possiamo leggere: “Dallato urbanistico ed edilizio la costruzione inquadr-erà il Largo cacciatori delle Alpi su cui prospetta,tagliando l’attuale brutta veduta delle greppate, ca-pannoni e casupole che sono assolutamente in-compatibili con il carattere di centro cittadino chela zona va assumendo. (...) Data la vastità del piaz-zale sarà possibile rivedere al disopra del fabbricatola mole della chiesa di S. Domenico”.5 Foto di Carlo Bianconi, studio IRISCOLOR 2002.6 Sul portone di ingresso un’iscrizione recita:“PROGETTO E COSTRUZIONE DI DINO EEDOARDO LILLI - 1950”.7 ASPg, Cassetta 126 “BAAS PERUGIA, Via Pellas eVia XX Settembre”, Fasc. 12.8 Le polemiche e i dibattiti furono numerosi e du-rarono molti anni; il quotidiano “Il Tempo” del 27luglio 1961 titola: “Un centro sportivo di prim’or-dine dovrà essere realizzato al Santa Giuliana. Se-condo il noto costruttore Edoardo Lilli (fratellodi Dino Lilli n.d.r.) il campo sportivo deve esserecompletato delle opere necessarie per la pienafunzionalità e deve respingersi ogni idea di muti-lazione o di distruzione”.

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“Vorrei subito chiarire che considero l’ar-chitettura un’astrazione e considerol’opera di architettura la sola capace di ri-spondere ai bisogni dell’uomo. Sono uncostruttore, sono più uomo di cantiereche uomo di teoria, e forse per questomotivo, sono convinto che solo l’operacostruita può appagare le attese della so-cietà”1. Nelle parole di Mario Botta è facilericonoscere i tratti della figura di Anto-nino Bindelli, un “tecnico prestato all’ar-chitettura” con la consapevolezza diprogettare e costruire per la propria co-munità senza dover necessariamente cer-care le luci della ribalta.Antonino nasce a Pieve di Campo (Peru-gia) il 23 luglio 1899. La sua formazione ini-zia frequentando le scuole di avviamentoprofessionale, concluse le quali si iscriveall’Accademia di Belle Arti di Perugia, oveconsegue la licenza dei Corsi Speciali di Ar-

chitettura con il massimo dei voti, come ri-portato nell’attestato. Finito il percorso distudi, inizia la sua carriera professionalecon una breve esperienza a Roma al fiancodell’architetto Ugo Tarchi2, che lo vuolecon lui dopo averne apprezzato le capacitàprogettuali. Tale esperienza si conclude dilì a poco per una precisa volontà di tornarenella sua terra natìa, terra per cui Bindellimette a punto e realizza numerosi pro-getti, in particolar modo edifici dedicati alculto e di interesse pubblico.Inizia quindi un percorso professionaleda un lato lavorando nello studio tecnicodell’ingegner Edoardo Vignaroli, dall’al-tro riprendendo l’insegnamento della di-sciplina del Disegno Architettonico negliistituti medi, attività che aveva dovuto ab-bandonare nel periodo del suo sog-giorno romano.La sua iscrizione effettiva all’Albo Profes-

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ANTONINO BINDELLI (1899-1985)Marco Armeni

Bastia Umbra (Pg), Chiesa di San Michele Arcangelo, 1962

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sionale degli Insegnanti medi risale al1927 ed è in questo stesso periodo cheinizia a dedicarsi alla progettazione, so-prattutto di piccole cappelle funerarie, ti-pologia che gli viene spesso richiesta nelcorso della sua attività professionale.Sono un esempio da ricordare i progettiper le cappelle delle famiglie Briziarelli eMignini, opere in cui Bindelli dimostra disaper declinare, nella prima, un caratteredecisamente moderno, nella seconda, icanoni formali dell’eclettismo riconduci-bili all’esperienza acquisita durante la col-laborazione con Tarchi.Nel 1935 viene assunto in servizio straor-dinario presso l’Ufficio Tecnico del Co-mune di Perugia, occupando il ruolo digeometra che in quel periodo era sco-perto. Scelta quest’ultima che all’appa-renza può sembrare riduttiva, viste le

esperienze e le capacità di Bindelli3, mache ben si comprende se si tiene contoche la rinuncia a incarichi di più alto li-vello risulta essere un elemento ricor-rente nel corso della sua lunga carriera.La permanenza nell’Ufficio Tecnico di-viene effettiva l’anno successivo, quando,superato il concorso per applicato dise-gnatore, entra in pianta stabile nel nuovoruolo, pur continuando a svolgere con-temporaneamente la funzione di geome-tra. È l’inizio di una carriera che lo vedràricoprire diversi incarichi: nel 1940, in-fatti, viene nominato aiutante tecnico diII classe; nel 1947 diviene addetto alla ma-nutenzione ordinaria e straordinaria deifabbricati comunali, dei cimiteri di città edi campagna, giardini e alberature, di unaparte delle strade comunali e degli abitatirurali; successivamente riceve la nomina

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Ponte San Giovanni (Pg), Casa del fascio, vista prospettica del progetto originario, 1936 (Archivio Bindelli Perugia)

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a capo della Sezione Edilizia, il ruolo piùprestigioso che ricoprirà all’interno degliuffici comunali.È durante la sua permanenza nell’am-biente istituzionale che progetta nume-rose opere, soprattutto di interessepubblico, tra cui si possono ricordare si-curamente gli asili di Borghetto di Prepoe Borgo XX Giugno, la sistemazione dellapiazza a Fontivegge, l’orientatore panora-mico di viale Indipendenza, il progetto peril Palazzo di Giustizia di via Pellini, la risi-stemazione di piazza d’Armi, del poligonodi tiro in Borgo XX Giugno e infine la Casadel Fascio di Ponte San Giovanni. Degnadi nota è l’evoluzione stilistica verso ilModer no, evidentemente anche per l’in-fluenza delle indicazioni e delle prescri-zioni che circolavano nel periodo delventennio fascista riguardo alla progetta-

zione di opere di carattere pubblico e rap-presentativo. Nei progetti riguardantigrandi aree è inoltre forte la monumenta-lità, accentuata dalla simmetria sia del co-struito che delle sistemazioni esterne.Nei singoli edifici, il disegno si esprime at-traverso l’articolazione degli spazi, cosìcome richiesto dalla tipologia progettata,di cui spesso si rimarcano i volumi con unadifferente colorazione degli intonaci o conla scelta di un diverso materiale di finitura.In particolare, nella Casa del Fascio (1936)4di Ponte San Giovanni è possibile osser-vare come Bindelli si trovi a dover mante-nere quanto richiesto per la tipologia5

destinata alle zone rurali. Ne conseguonodifferenze di altezza a rimarcare l’impor-tanza dei volumi e delle loro destinazionie lo svettare della torre littoria, ulterior-mente enfatizzata dall’utilizzo dei mattoni

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Perugia, viale Indipendenza; orientatore panoramico, fine anni Quaranta

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faccia a vista, sulla via6, pur con un rigoree una pulizia tali da non squilibrare i pesidell’edificio. Cosa che non si riscontra neisuccessivi progetti di completamento,ampliamento e ristrutturazione propostidal geometra Alceste Signorini, tanto chenei carteggi con i Servizi Tecnici del Par-tito Nazionale Fascista7 viene espressa-mente consigliato di mantenere l’altezzadella torre littoria così come realizzata daBindelli per non farla eccedere rispetto alresto della costruzione. Nel dopoguerra,

Bindelli prosegue e conclude la sua car-riera continuando a ricoprire la funzionedi capo della Sezione Edilizia, dopo averrifiutato la nomina a Dirigente della Ripar-tizione Tecnica del Comune di Perugia.Nel 1950 viene insignito del titolo di Ac-cademico di Merito Residente dell’Acca-demia di Belle Arti di Perugia.Sono di questo periodo gli ultimi progettiriguardanti tre chiese parrocchiali: SanFelicissimo a Ponte Felcino (1951), SanMichele Arcangelo a Bastia Umbra (1962)

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Ponte San Giovanni (Pg), Chiesa di San Bartolomeo; vista prospettica del progetto originario, 1965 (Archivio Bindelli Perugia)

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e San Bartolomeo a Ponte San Giovanni(1965), in cui è evidente il connubio traun rigore moderno e la tradizione dellechiese umbre, riscontrabile nella formadelle facciate e nella tipologia delle aper-ture, realizzate però con una linearità euna monumentalità che molto devono alrazionalismo. Dalle prospettive da lui di-segnate emerge come le dimensioni im-maginate per questi edifici li portino aessere fuori scala rispetto al contesto,tanto che nella realizzazione appaionofortemente ridimensionate, specie se siprendono in considerazione i volumidelle torri campanarie.È curioso notare come nei progetti legatiai suoi luoghi natii si sia creata una sortadi competizione progettuale con la fami-glia Signorini: infatti, come già era avve-nuto in precedenza per la Casa del Fascio,anche la chiesa di Ponte San Giovanni èstata completata nel 1991 con il campa-nile progettato da Bruno Signorini.In conclusione, si può sicuramente affer-mare che la lunga attività di Bindelli ha la-sciato traccia non soltanto nel territoriodella sua Perugia, ma anche nel suo rap-porto con i perugini. È infatti emblematicocome, a seguito dei lavori di restauro ese-guiti per conto del Comune all’interno delTeatro Morlacchi, sia stato spesso ricordatoproprio come “l’architetto del teatro”, nellacui platea ebbe riservata una poltrona finoal 1985, anno della sua morte.

Note

1 BOTTA 1996, p. 5.2 BORI 2007-2008.3 Fin dal 1929 risulta iscritto all’Albo degli Archi-tetti della Provincia di Perugia.4 La Casa del Fascio di Ponte San Giovanni è stataanalizzata in PROVVIDENZA 2007-2008.5 Nella classificazione di Mangione può essere col-locata nel sottogruppo 1-b. Cfr. MANGIONE 2003.6Al tempo denominata via Littoria, oggi via Manzoni.7 Archivio Bindelli, Perugia, Lettera del 27 settem-bre 1941 inviata a Signorini dal Capo Ufficio Ar-chitettura in seguito a un sopralluogo.

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Perugia, cimitero monumentale, Cappella Briziarelli, 1927(Archivio Bindelli Perugia)

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“La fisionomia di un paese non è data daquelle opere di eccezione ma da quellealtre tantissime che la critica storica clas-sifica come architettura minore, cioèarte non aulica, meno vincolata da intentiinterpretativi, maggiormente sottopostaalle limitazioni economiche ed alla mode-stia di chi non vuole e non deve eccederein vanità”1. E la fisionomia della PerugiaModerna si deve anche all’attività di Cuc-chia, che comincia a progettare dopo la IEsposizione di Architettura Razionale aRoma, quando “i disegni di Sant’Elia vive-vano solo nelle aspirazioni dei neofuturi-sti, mentre chi costruiva restava nei limitidi un modesto aggiornamento delle pra-tiche professionali”2 .Perugino di nascita, Carlo Cucchia3(1901-1971) inizia la sua formazione professio-nale conseguendo il diploma al RegioIstituto Tecnico di Perugia nel 1918. Dopo

un anno di studi a Roma presso la Facoltàdi Scienze Fisiche e Matematiche, si tra-sferisce a Torino, dove nel 1924 si laureain Ingegneria Industriale Elettrotecnica alPolitecnico con la progettazione di unacentrale idroelettrica.Solo due anni dopo apre uno studio di in-gegneria nel palazzo di famiglia nel centrostorico di Perugia. Inizialmente si occupadi progettare opere che gli consentonodi mettere a frutto le competenze acqui-site durante il suo percorso formativo (si-stemazioni di argini, acquedotti, centraliidroelettriche), per poi dedicarsi alla pro-gettazione edilizia, come testimoniano imolti edifici residenziali realizzati nellacittà e le numerose partecipazioni a im-portanti concorsi.Nel 1933, insieme al suo gruppo di lavoroelabora un’ipotesi progettuale per ilnuovo Palazzo di Giustizia di Perugia4 e

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CARLO CUCCHIA (1901-1971)Cecilia Scaletti

Perugia, Ospedale Santa Maria della Misericordia, la cappella “Salus Infirmorum”in una foto degli anni Quaranta

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nel 1937 uno studio sulla depressioneDancala e sul canale che la collega al MarRosso 5. Dopo aver realizzato in Albaniaimportanti infrastrutture per conto delGenio Militare, al termine della guerrarientra in Italia e riveste alcune caricheistituzionali nel capoluogo umbro: oltrea ricoprire la carica di consigliere dell’Or-dine degli Ingegneri di Perugia (1945-1951) e quella di consigliere comunale(1952-1956)6, viene nominato membrodelle Commissioni Tecniche.Le prime opere residenziali progettate daCucchia sono realizzate nel quartiere po-polare di Borghetto di Prepo, tra il 1930e il 1935 per l’Istituto Autonomo Case Po-polari di Perugia7. Si tratta di un com-

plesso di cinque palazzine connotate daun impianto ancora legato alla tradizionedel secolo precedente.Dopo aver realizzato tra il 1934 e il 1936 al-cuni villini ancora dalle forme vagamenteliberty, tra il 1936 e il 1938 progetta ecostrui sce autonomamente interessanticondomini, che segnano una svolta stilisticanella sua carriera. Nei nuovi edifici, infatti,il disegno si esprime attraverso l’eliminazio -ne degli apparati decorativi, la semplifica-zione delle forme e la chiara demarcazionedei volumi puri attraverso il contrasto tradiversi materiali di finitura, per lo più di pro-venienza locale e a basso costo.La palazzina in via Pompeo Pellini vieneconcepita con forme lineari e molte aper-

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Ipotesi progettuale per il nuovo Palazzo di Giustizia di Perugia, 1933

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ture. Mentre in via Fratelli Pellas il nuovoedificio residenziale, realizzato nellostesso anno, presenta, oltre ad ampieaperture, tetti piani e parapetti lineari, si-mili a quelli delle navi da crociera. A taleproposito non si può non citare il fabbri-cato su piazzale Bellucci, di fronte alla sta-zione di Sant’Anna, edificio assai discussonel quale, oltre agli elementi già citati, sipuò osservare la presenza di un corpo se-micilindrico. Elemento quest’ultimo chesi ritrova peraltro nella palazzina destinataalla Sede del Comando Militare in via Pel-las, ideata anch’essa nel 1938, e ancoranell’oratorio della chiesa di Santa Teresadel Bambin Gesù – progettata e mai rea-lizzata per il quartiere di Borghetto di

Prepo – nella quale si introducono anchealtri elementi che tendono a rompere conla tradizione come ampie vetrate e fine-stre a nastro e oblò.Nel 1936, Cucchia realizza per la famigliaBonucci il Teatrino Ricreatorio8 di PonteFelcino (Pg). Piccolo emblema di una ti-mida architettura razionalista, attual-mente il teatro si presenta in stato diabbandono nonostante i lavori di recu-pero di cui è stato oggetto nel 1997, chehanno apportato all’assetto originaledella struttura modifiche osservabili dalconfronto tra la ricostruzione dei disegnioriginali e la restituzione dello stato at-tuale. Planimetricamente il rilievo pre-senta una maggiorazione dimensionale di

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Perugia, palazzo residenziale in piazzale Bellucci

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circa 40 centimetri in ogni direzione. Lafacciata tripartita riporta una finestra, nonprevista da Cucchia, che rafforza la simme-tria del prospetto principale, e una tettoiasopra l’ingresso, nata curvilinea ma realiz-zata rettificata. La composizione del fabbri-cato mette in evidenza la semplicità delleforme e allo stesso tempo la monumenta-lità dell’opera, enfatizzata dall’utilizzo, conrigore ed equilibro, dei mattoni a vista.Conseguito nel 1934 il I° premio al Con-corso Nazionale per la progettazione delNuovo Policlinico di Perugia9, deve atten-dere fino al 1936 per dare avvio all’am-pliamento dell’Ospedale Santa Mariadella Misericordia, che prevede l’annes-sione al complesso esistente di nuovi pa-

diglioni, pensati con uno stile sobrio efunzionale, volto a sottolineare la desti-nazione stessa dell’opera. Una certa sem-plicità architettonica si può riscontrare,ad esempio, nel padiglione destinato al-l’Isolamento delle Malattie Infettive, apianta semicircolare, con due corpi semi-cilindrici all’estremità e caratterizzato daprospetti razionalmente lineari. La stessalinearità funzionale si nota nei padiglioni“I” e “H”, ai quali viene aggiunta, sebbenenon richiesta nel bando, la Cappella per iMalati. Quest’ultima, a base circolare esormontata da una cupola, riprende daipadiglioni laterali quella semplicità delleforme che caratterizza l’intero complessoospedaliero. Sobrietà che si riscontra

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Perugia, Ospedale Santa Maria della Misericordia, padiglioni ’I’ e ‘H’ in una foto degli anni Quaranta

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anche all’interno della cappella negli ar-redi disegnati dallo stesso Cucchia. Nono-stante i padiglioni “I” e “H” abbiano subitodiverse modifiche10, sia nei prospetti sianelle piante, si osserva ancora la razionalitàarchitettonica legata alla funzionalità delsistema, evidenziata dalla chiarezza dellefacciate e dalla regolarità delle aperture.Oggi il complesso ospedaliero di Monte-luce è oggetto di un complesso interventodi riqualificazione che prevede la demoli-zione dei padiglioni. È stato tuttavia ipo-tizzato di conservare la Cappella per iMalati integrandola, a memoria figurativadel preesistente impianto, nella nuova si-stemazione, mantenendo così in loco gliaffreschi di Gerardo Dottori11 e garan-tendo nel contempo il ricordo del contri-buto architettonico dato da Cucchia allasua città natale. Contributo che non si puòdi certo definire modesto per Perugia,“l’Atene dell’Umbria”, che, per il modellofascista imposto, deve rimanere una realtàfortemente legata alla tradizione umbra.

Note

1 PAGANO 2008, p. 32.2 SAGGIO 1984, p. 38.3 Si ringraziano la famiglia Cucchia per aver messoa disposizione l’archivio privato dell’ingegnere ela Soprintendenza Archivistica per l’Umbria peraver consentito la consultazione del materiale do-cumentario recentemente oggetto di un elencodi consistenza a cura della dottoressa GiovannaBacoccoli e della dottoressa Simona Cambiotti,funzionarie della suddetta Soprintendenza.4 “Il giornale d’Italia”, 1933.5 BETTI, CALDERONI, CUCCHIA, GIULIANI 1937.6 Eletto nelle liste del Movimento Sociale Italiano.Cfr. ALBERATI 2004, p. 61.7 Oggi ATER di Perugia. Materiale reperito nell’ar-chivio dell’Istituto.8 L’opera è stata analizzata in LUCI 2007-2008.9 L’opera è stata analizzata in MARCANTONI 2006-2007.10 Negli anni quaranta furono aggiunti corridoipensili e negli anni settanta furono realizzati an-nessi laterali.11 DURANTI 2006, p. 650.

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Ponte Felcino (Pg), Teatrino Ricreatorio Bonucci, 1936(MARCANTONI 2006-2007)

Ponte Felcino (Pg), Teatrino Ricreatorio Bonucci, 1936(MARCANTONI 2006-2007)

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“[...] ciò che rende tipica l’attività degli[...] italiani è la versatilità, giacché, danoi, quasi tutti gli artisti dirigono glistudi [...] su tutto il campo che è proprioal loro dominio: l’arredamento, l’indu-strial design, la costruzione, l’urbani-stica. Questo modo di concepire lanostra professione non ha solo un signi-ficato pratico, ma è la completa espres-sione [...] di una visione unitaria eduniversale, la quale radica, anche inquesto senso, l’opera dei contemporaneialle più profonde stratificazioni dellanostra tradizione”1.Quest’analisi di Ernesto Nathan Rogersdel 1955 sui principi dell’architettura inItalia fornisce una chiave di lettura dellamodernità di Domenico Pucci2, caratte-rizzata dalla molteplicità di interessi in uncontesto di tradizione e di rapporto coni maestri: una poliedricità che si esprime

attraverso iniziative imprenditoriali, ricer-che e progetti, che spaziano dall’architet-tura alla meccanica, dallo studio deimateriali alla didattica.Domenico Pucci nasce il 28 aprile 1903 aUmbertide, e, dopo aver frequentato laScuola Tecnica Pareggiata, si iscrive a In-gegneria Industriale Meccanica pressol’Istituto Tecnico Superiore di Milano, at-tuale Politecnico, dove si laurea nel 1928.Lo studente umbro vive in prima personail clima fortemente innovativo che coin-volge le discipline dell’architettura e del-l’ingegneria3: proprio in quegli anni,infatti, figure come Piero Portaluppi e Ar-turo Danusso4 introducono i principi delMovimento Moderno5 nell’ambiente acca-demico milanese. Ritornato in Umbria su-bito dopo aver conseguito la laurea, acausa della morte dei genitori, opera nellaprovincia con quell’intraprendenza e quel-

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DOMENICO PUCCI (1903-1980)Luca Martini

Umbertide (Pg), Villa Rometti, particolare della scala elicoidale

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l’interesse per l’innovazione sviluppati du-rante il soggiorno di studio nel capoluogolombardo: la prima opera a cui è legato ilnome di Pucci6 è il Lido Tevere del 1927,stabilimento balneare con cabine, bar epista da ballo, una delle prime struttureper l’intrattenimento di Umbertide.Nel 1933 diventa socio della CeramicheRometti e, di pari passo, fino al 1940 pro-getta una serie di ville unifamiliari, cheverranno analizzate nella seconda partedi questo testo. Dal 1945 acquista due re-sidenze estive per la famiglia a Torrette diFano sulla riviera Adriatica, che ristrutturainteramente, accompagnando spesso allaprogettazione la realizzazione in primapersona, grazie all’utilizzo di materiali di

seconda mano e di diversa provenienza,secondo una vera e propria estetica delDo-It-Yourself7.L’attività per cui l’ingegnere è più cono-sciuto è sicuramente quella svolta all’in-terno della Ceramiche Pucci8, società sortanel 1947 che raggiunge standard di qualitàelevati e una diffusione internazionale.Meno note sono invece le ricerche effet-tuate nell’ambito dell’impiantistica perabitazioni e della componentistica per au-tovetture, che hanno come esito più ori-ginale la realizzazione di un prototipo divettura utilitaria, la PUCCI, acroni mo perPiccola Utilitaria Carina ConfortevoleIdeale. Fino al 19739 insegna Disegno Tec-nico presso gli Istituti Tecnici Industriali

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Umbertide (Pg), Villa Pasqui, 1934 (Archivio privato famiglia Pucci, Umbertide)

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Don Bosco e Alessandro Volta di Perugia.La poliedrica figura di Domenico Pucci,progettista dal cucchiaio alla città, acquistacaratteri decisamente moderni special-mente se si considera la serie di ville uni-familiari10 progettate e realizzate tra il 1933e il 1940: Villa Igi (1933), Villa Pini (1935),Villa Balducci (1936) e Villa Rometti(1940) a Umbertide, Villa Pasqui (1934)11a Mercatale presso Cortona. Le ville a Um-bertide sono situate all’interno dell’areadi espansione radiale verso est degli anniventi e trenta del Novecento. Sono carat-terizzate dall’utilizzo nella struttura por-tante in laterizio di nervature in cementoarmato12, di cui l’ingegnere intende sfrut-tare le capacità antisismiche in un’area sto-

ricamente colpita da terremoti. A causadell’impossibilità, per le conoscenze tec-niche del periodo, di prevedere il degradodei manufatti realizzati con questa nuovatecnologia, alcuni villini hanno col temposubito trasformazioni profonde, e nonsempre è stato possibile ricostruire la loroconfigurazione originaria: si nota perònegli interventi di manutenzione un’atten-zione che manifesta l’implicita qualità delprogetto di Pucci.Il rilievo delle sue opere fa emergere trattitipici del progetto moderno: la composi-zione per addizione e sottrazione di vo-lumi puri, il tetto piano praticabile, leampie finestrature e le finiture a intonaco,insieme all’utilizzo di innovazioni nel

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Umbertide (Pg), Villa Rometti, 1940 Piero Portaluppi,Milano, Casa Corbellini-Wassermann,1934-1936 (Archivio Fondazione Piero Portaluppi Milano)

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campo della produzione industriale al finedi ottenere un maggior comfort abita-tivo13. Ciò che più evidenziano gli elaboratigrafici, esito delle operazioni di rilievo, èla scala ad andamento elicoidale in ce-mento armato, vero e proprio elementoscultoreo che rimanda a una delle operepiù note di uno dei maestri di Pucci, casaWassermann di Piero Portaluppi del 1934-1936. La scala media tra spazio chiuso eaperto, mettendo direttamente in comu-nicazione con le coperture praticabili ipiani inferiori nel caso di villa Igi e villaPini, oppure gli ampi balconi ai piani su-periori a Villa Pasqui e a villa Rometti.Appare evidente come il modo di com-porre moderno di Pucci derivi dagli studi

e, più in generale, dalle esperienze effet-tuate nell’ambiente milanese; resta co-munque il fatto che un numero maggioredi figure di pari livello avrebbe contribuitoa uno sviluppo differente della realtàumbra: nell’utilizzo dei materiali, nellescelte compositive e nelle innovazioni tec-nologiche di Domenico Pucci convivonomodernizzazione e modernità14.

Note

1 ROGERS 1955, p. 9.2 Sulla figura di Domenico Pucci (Umbertide,1903-1980) cfr. CONTI 2005-2006; SIGNORELLI 2005-2006; CAPUTO, MASCELLONI 2006. Per la realizzazionedella presente ricerca si ringraziano il professor

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Umbertide (Pg), Villa Rometti; rilievo, ipotesi ricostruttive e viste assonometriche dal modello tridimensionale (CONTI 2005-2006)

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Paolo Belardi, il signor Massimo Beacci, la signoraMaria Annunziata Caporali, l’ingegnere MarcoCecchetti, il signor Francesco Cencini, l’ingegnerAlessandro Conti, l’architetto Giovanni MicheleMacellari, la signora Silvia Polidori, la signoraBianca Maria Pucci, l’architetto Maurizio Pucci,l’ingegnere Riccardo Signorelli e soprattutto ladottoressa Angelica Pucci e la professoressa Ed-vige Pucci per la disponibilità mostrata oltre cheper le preziose informazioni e per il materialemesso a disposizione.3 Fino al 1933 sono raccolte in un’unica facoltà at-tivata presso l’Istituto lombardo.4 Sulle figure di Piero Portaluppi e Arturo Danussosi rimanda rispettivamente a MOLINARI 2003 e IORI

2008. Si ringrazia la Fondazione Piero Portaluppiper la collaborazione e per il materiale fornito.5 Negli anni fra il 1927 e il 1929 si laureano a Mi-lano tutti gli esponenti che faranno parte delGruppo 7 e dei BBPR. A riguardo, e più in gene-rale sull’architettura moderna in Italia, fra gli altricfr. ZEVI 1973; D’AMATO 1987; DORFLES 1989;POLANO, MULAZZANI 2005.6 Insieme all’ingegner Adolfo Ghisalberti.7 Cfr. BELARDI 2008a.8 Cfr. PUCCI 2006.9 L’attività di insegnamento ha inizio nel 1963.10 Collabora all’ideazione di questi interventil’amico Aspromonte Rometti, anch’egli attivo nel

campo della manifattura di ceramiche oltre checultore d’architettura a seguito di un periodo tra-scorso in Costa Azzurra insieme al fratello impre-sario edile: una delle ville realizzate è proprio perla famiglia Rometti.11 Questa produzione è stata analizzata in due tesidi laurea in Ingegneria Civile, nell’ambito del set-tore disciplinare ICAR/17 - Disegno, che hannoavuto per oggetto specifico Villa Pini e Villa Ro-metti. Cfr. SIGNORELLI 2005-2006; CONTI 2005-2006.12 Di fatto realizzando una struttura mista.13 Tutte le case avevano impianti termici di riscal-damento e a Villa Rometti si ha pure testimo-nianza della presenza fin dalla realizzazione diserrande elettriche, sulla scorta della Casa Elet-trica presentata da Figini e Pollini alla IV Triennaledi arti decorative dell’Istituto Superiore pel le In-dustrie Artistiche a Monza nel 1930.14 Cfr. DI NUCCI 1992, p. 260.

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Umbertide (Pg), Villa Pini; rilievo, ipotesi ricostruttiva e vistaprospettica dal modello tridimensionale (SIGNORELLI 2005-2006)

Umbertide (Pg), Villa Pini; rilievo, ipotesi ricostruttiva e pro-spetto (SIGNORELLI 2005-2006)

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Luigi Castori nasce a Città di Castello il 28settembre 1904. Terminati gli studi supe-riori, si iscrive al Politecnico di Milano,dove si laurea nel 1927 in Ingegneria In-dustriale Meccanica all’età di 22 anni edè così riconosciuto e premiato come In-gegnere più giovane d’Italia. Dopo un pe-riodo di lavoro a Genova, occupato nellaprogettazione di edifici industriali, rientraa Città di Castello, dove nel 1929 assumel’incarico di direttore della Scuola Ope-raia “G.O. Bufalini”1 che mantiene perben quarant’anni. Oltre all’impegno nellascuola ricopre vari incarichi a livello citta-dino, tra cui quello di consigliere dellaFattoria Autonoma Tabacchi e di consi-gliere e vicepresidente della Cassa di Ri-sparmio; nel 1935 e nel 1940 vienenominato vice-podestà.Il primo progetto di cui abbiamo notizia,risalente probabilmente al periodo uni-

versitario, è conservato nell’archivio di fa-miglia2. Si tratta di due tavole a carbon-cino per il “Concorso per un monumentoai Caduti nella Rocca di Monterchi” e, piùprecisamente, di un prospetto e di unaprospettiva. Pur nell’essenzialità dei dise-gni, che s’inseriscono nel contesto ripro-ducendo il profilo caratteristico dellaporta di accesso alla Rocca, possiamo rin-tracciare due elementi compositivi chesaranno poi molto importanti nell’attivitàprogettuale di Castori: la torre quale asseverticale della composizione e il muroscandito dalla sequenza di finestre (inquesto caso en longeur) quale contrap-punto orizzontale.I progetti che Castori elabora come liberoprofessionista sono legati principalmentea due tipologie: l’edificio industriale(silos, essiccatoi) e l’edificio scolastico.Fra gli edifici industriali vanno annoverati

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LUIGI CASTORI (1904-1988)Marco Palazzeschi

Città di Castello (Pg), Scuola Operaia “G.O. Bufalini”, 1948. Particolare dell’ingresso

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la sede del Consorzio Agrario a Città diCastello, del 1937, e gli “Essiccatoi Tabac-chi Tropicali” in capo alla Fattoria Auto-noma Tabacchi di Città di Castello e SanGiustino, entrambi risalenti alla metàdegli anni cinquanta. Il silos del 1937 con-siste in un ampio magazzino dotato ditutte le attrezzature necessarie per il trat-tamento del grano, compreso il mulino,interamente progettate da Castori. Neltrattamento dei volumi esterni e delle ag-gettivazioni notiamo ancora, a differenzadegli edifici industriali post-bellici, unacerta esigenza di rappresentatività, so-prattutto nel fronte rivolto verso la cittàantica, con il corpo di testa trattato come

“torre littoria”, la cui verticalità vieneequilibrata dalla sottile pensilina forte-mente aggettante. L’impianto a triplice“navata” dell’interno è così concluso conun volume asimmetrico di grande moder-nità, che sposta l’attenzione dall’asse cen-trale dell’edificio al vero ingresso, postoall’inizio del lato lungo dell’edificio.Alla tipologia scolastica appartengono in-vece il progetto di concorso del 1935 perla nuova sede del Liceo Classico e quellodel 1939 per la Scuola Professionale e Tec-nica per l’Agricoltura. Il primo rimase sucarta per mancanza di fondi, ma è forse lapiù chiara espressione del modo di pro-gettare che Castori sentiva proprio, legato

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Prospettiva di concorso per la sistemazione della Rocca di Monterchi in ricordo ai caduti (Archivio privato Margherita Castori)

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alle tendenze del Razionalismo italiano edeuropeo, in particolare tedesco. Probabil-mente ispirato dalle esperienze di GiòPonti e Giuseppe Pagano (figure certa-mente molto presenti nella fase milanesedella sua formazione) e dalla costruzionedelle città di fondazione di Littoria, Sabau-dia e Guidonia, il progetto, dettagliato intutte le sue parti, propone una corteaperta con il corpo d’ingresso posto inuno degli angoli, curvo e leggermenteavanzato rispetto alle ali laterali. Anche inquesto caso Castori contrappone all’oriz-zontalità delle ali, segnate da finestre a na-stro concentrate verso l’angolo d’ingresso,una verticalità data stavolta non dall’al-tezza ma dalla partitura delle aperture edall’avanzamento dell’atrio stesso.Questo studio sfocia poi nel progetto, inquesto caso realizzato, della Scuola Pro-fessionale e Tecnica per l’Agricoltura, chepresenta come peculiarità un corpo scalasemicircolare con ampie vetrate, posto adaggettivare il prospetto posteriore. Taleparticolarità è ricorrente nei progetti diCastori, il quale riteneva che un corpo ci-lindrico con ampie vetrate potesse dareabbondante luce e allo stesso tempo ospi-tare la scala di accesso ai piani rendendoelegante e arioso lo spazio. Tra l’altro, daidisegni conservati nell’archivio di famigliasi evince come all’inizio si pensasse a unadisposizione lungo l’asse storico della viaTiberina, con l’ala di maggior spessore achiudere verso la campagna; poi, per de-cisione del Provveditorato, l’edificio deve

essere disposto lungo la circonvallazionedelle mura ed è allora che Castori compieuna semplice operazione molto significa-tiva: ribalta l’edificio sul proprio asse tra-sversale e pone l’ala di chiusura sempreall’estremità del lotto. Così facendo di-chiara l’indipendenza della disposizionedi pianta dal contesto immediato, riba-dendo anche in questo caso – come nelprogetto del Liceo – un interesse predo-minante per le questioni della distribu-zione, della tipologia e dell’equilibrio dellemasse, più che per la contestualizzazione.Nel medesimo periodo si inseriscono iprogetti per la nuova sede della ScuolaOperaia Bufalini, che si protrarranno pertutto il periodo bellico a partire dal 1941,con varianti e sospensioni dei lavori impo-ste dalle difficili condizioni dettate dallaguerra e dall’autarchia. Il primo progettorisale al 1941, quando il Comune decidefinalmente, dopo molte pressioni da partedella dirigenza della Scuola, di donare unterreno nelle vicinanze del complessoconventuale di San Francesco, lungo la viaSan Bartolomeo che costeggia il parco diPalazzo Vitelli a Sant’Egidio. Nel 1943,dopo alcune varianti studiate in sezioneche modificano l’attacco a terra e il livellod’ingresso dell’edificio, il progetto sievolve verso la soluzione definitiva, conun corpo a due piani di larghezza uni-forme e con accesso al piano inferiore,senza cioè lo scalone esterno come inizial-mente previsto. La tipologia costruttivaproposta è del tutto tradizionale, proba-

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bilmente una scelta obbligata dalle normeautarchiche del regime.La distribuzione è molto semplice: dal-l’atrio d’ingresso si accede allo scalone atre rampe che porta al piano superiore eal corridoio centrale di distribuzione ilquale, oltre ad aule e servizi, disimpegnaanche il corpo dei laboratori. Questi ul-timi sono previsti come due ambientiunici allungati verso l’interno del lotto,contigui e dunque senza corte internacome inizialmente previsto nel progettodel 1941, coperti da volte centinate e rea-lizzabili, come poi avvenne, anche intempi diversi (secondo una modalità bennota a Castori grazie all’esperienza matu-rata negli edifici industriali).L’ingresso è nobilitato da un portale rive-stito di bugne di pietra liscia disposte apiattabanda sugli architravi. La strutturatripartita e il materiale utilizzato suggeri-scono reminiscenze classiciste, mentre la

pensilina superiore in aggetto a strutturanervata in cemento armato dichiara la pre-disposizione del progettista per gli stilemidel Movimento Moderno (forse limitata inquesto edificio dal contesto, dalla Sovrin-tendenza e dalle ristrettezze materiali do-vute alla guerra). Una scelta che segna inmaniera inequivocabile la contempora-neità dell’edificio, altrimenti difficilmenterintracciabile in un progetto del tutto tra-dizionale sia per tecniche costruttive cheper distribuzione interna3.Le aperture sui fronti dichiarano ancorauna volta gli orientamenti progettuali diCastori: pur non potendo prevederle “a na-stro”, probabilmente per limitazioni co-struttive, egli raggruppa le finestre inquattro gruppi da tre intervallati da parastesporgenti. Tale proposito è molto più espli-cito nel prospetto disegnato piuttosto chenell’edificio realizzato, dove forse il rivesti-mento in travertino e l’aggetto delle para-

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Città di Castello (Pg), prospetto di concorso per la nuova sede del Liceo Classico, 1935 (Archivio privato Margherita Castori)

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ste scandiscono le finestre in maniera mag-giormente evidente. Inoltre, sotto la pen-silina di collegamento, in corrispondenzadei servizi e degli spogliatoi interni, le aper-ture, che assumono la forma di sottili feri-toie, acquistano un ritmo molto serrato,legato al passo delle nervature della pen-silina sovrastante, che accompagna la dis-simmetria del prospetto, nonché losguardo, verso il corpo dei laboratori. Ef-fetto peraltro del tutto perduto con il re-cente abbattimento di questi ultimi, decisoper far posto a un altro Istituto.Cifra dell’intero progetto resta la letteradel Presidente dell’Opera Pia al Prefettoin data 26 ottobre 1948. In essa è rac-chiuso tutto il senso dell’impresa di rea-lizzare in condizioni difficili un edificioadeguato per un’importante istituzionecittadina: “[...] mi pregio accludere duefoto della sede che, nella sua semplicità,se pur realizzata con limitazione di mezzi,è riuscita decorosa e adatta con laboratoried edificio centrale che coprono un’areadi 1600 metri quadri [...]”4.

Note

1 L’ente viene istituito in attuazione alle disposi-zioni testamentarie di Giovanni Ottavio Bufalinidel 1893, con le quali il marchese stabiliva di de-volvere il proprio patrimonio all’istituzione di unascuola per l’avviamento professionale di quantiavessero voluto esercitare le arti e i mestieri neicomuni di Città di Castello e San Giustino. Cfr.L’edificio 1942; La Scuola operaia 1968; SQUA-

DRONI 1990, pp. 141-142; TACCHINI 1997.2 Si ringraziano per lo svolgimento della presentericerca la famiglia Castori e in particolare la signoraMargherita Castori per aver messo a disposizionel’archivio di famiglia, il dottor Marco Menichetti, Di-rettore della Scuola Operaia “G.O. Bufalini”, il per-sonale della Scuola e in particolare il signor CorradoRossi, il professor Alvaro Tacchini, l’ingegner Gio-vanni Cangi, e l’allievo ingegnere Chiara Montagniniper il rilievo della Scuola Operaia. 3 A dimostrazione della bontà della scelta proget-tuale di staccarsi dal contesto con una pensilinachiaramente “moderna” resta la prescrizione dellacompetente Sovrintendenza di proseguirla (ren-dendo così il prospetto asimmetrico) verso ilcorpo dei laboratori. Un’indicazione che apparecuriosamente contrastante (ma forse in manieraintelligente, giudicandola hic et nunc) con quelladi contestualizzare maggiormente l’edificio, datala vicinanza con il complesso di Palazzo Vitelli aSant’Egidio e con la chiesa di San Francesco, in-serendo riquadrature in travertino alle finestre erivestendo il portale d’ingresso con la stessa pie-tra. La prescrizione di cui sopra è allegata ai do-cumenti di progetto facenti parte dell’Archiviodella Scuola, il cui materiale, a oggi non inventa-riato, è conservato presso la sede principale dellaScuola Operaia “G.O.Bufalini”, situata a Città diCastello in via San Bartolomeo. Altro elemento dicontestualizzazione meritevole di menzione è co-stituito dai sottili colonnini in pietra serena inseritiin facciata e sul fronte sud. Si tratta molto proba-bilmente di materiale di recupero proveniente dalcomplesso di San Francesco che delinea un’inte-ressante operazione di anastilosi, soprattutto allaluce delle tendenze dell’architettura post-bellica.4 ASOB.

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Apparati

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Abbreviazioni

ACS = Archivio Centrale dello Stato, RomaANMIG = Associazione Nazionale dei Mutilati e degli Invalidi di GuerraASOB = Archivio Scuola Operaia “G.O. Bufalini”, Città di Castello (Pg)ASPg, ACP = Archivio di Stato di Perugia, Archivio del Comune di PerugiaASUTCF = Archivio Storico dell’Ufficio Tecnico del Comune di Foligno, Foligno (Pg)ATER = Agenzia Territoriale per l’Edilizia ResidenzialeAUSA = Areonautica Umbra Società Anonima (Foligno)CLT = Circolo Lavoratori TerniDOCOMOMO = International commitee for DOcumentazion and COnservation of buildings, sites andneightbourhoods of the MOdern MOvementE42 = Eur 1942 = Esposizione Universale Roma 1942EOA = Ente Opere AssistenzialiGIL = Gioventù Italiana del LittorioIACP = Istituto Autonomo Case PopolariIFACP = Istituto Fascista Autonomo Case PopolariINFPS = Istituto Nazionale Fascista di Previdenza SocialeINPS = Istituto Nazionale di Previdenza SocialeIRI = Istituto per la Ricostruzione IndustrialeISEF = Istituto Superiore di Educazione FisicaISRIM = Istituto Superiore di Ricerca e Formazione sui Materiali Speciali per le tecnologie avanzate, TerniONB = Opera Nazionale BalillaOND = Opera Nazionale DopolavoroONL = Opera Nazionale del LavoroPNF = Partito Nazionale FascistaSAFFAT = Società degli Alti Forni Fonderie ed Acciaierie di TerniSASO = Sezione di Archivio di Stato di Orvieto

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Fonti d’archivio, fotografiche e manoscritti

ACS, E42, b. 372, f. 6272ACS, PNF, Direttorio NazionaleACS, PNF, Fed. Prov., b. 143aACS, PNF, Servizi Vari, Serie I, Situazione politica delleProvince, b. 238, f. 323Archivio “Agnoldomenico Pica”, MilanoArchivio ATER, PerugiaArchivio FBM Fornaci Briziarelli Marsciano SpA, Mar-sciano (Pg)Archivio Fondazione Piero Portaluppi, MilanoArchivio fotografico Giuseppe Tacchini conservatonello studio F. Ballini, Città di Castello (Pg)Archivio fotografico ThyssenKrupp Acciai Speciali TerniArchivio privato Antonella Pesola, PerugiaArchivio privato Bindelli, PerugiaArchivio privato della famiglia Grossi, PerugiaArchivio privato famiglia Domenico Pucci, Umbertide (Pg)Archivio privato famiglia Lilli, PerugiaArchivio privato Margherita Castori, Città di Castello (Pg)Archivio Scuola elementare “Don Bosco”, Bastia Umbra (Pg)ASPg, Cassetta 126 “BAAS PERUGIA, Via Pellas e Via XXSettempre”, Fasc. 12ASPg, Prefettura, Gabinetto, b. 123, f. 6

ASPg, ACP, Amministrativo 1860-70, b. 1ASOB, Città d Castello (Pg)ASUTCF, Intervento su stabile in via Garibaldi,10/2/37, n. 1346ASUTCF, Risistemazione facciata in via Cavour,9/07/32, n. 4206Collezione G. BosiCollezione FeliciComune di Foligno, Archivio Area Governo del Territorioe Beni CulturaliComune di Perugia, Archivio Palazzo Bianchi, Sez. Fab-bricati, b. 55Fondazione Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci”di Perugia, Archivio Storico, Atti del Consiglio, verbaledel 26 dicembre 1926Fondazione Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci”di Perugia, Fondo didattico architettura, nn. inv. 1038,1080, 1084, 1128, 1253, Fondazione Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci”di Perugia, Fondo Calderini, n. inv. 225Fondo “Dott. ing. Carlo Cucchia studio di ingegneria diPerugia”, PerugiaSASO, Archivio Elisa Lombardi (1932-1982)

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Bibliografiaa cura di Valeria Menchetelli

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Testi a stampa

1904Per la storia del Risorgimento italiano 1904= Per lastoria del Risorgimento italiano. Memorie e docu-menti di Foligno, 1904

1909 PRINCIPI 1909 = P. Principi, Materiali da costruzionedell’Umbria, in “Giornale di Geologia Pratica”, anno VI,fasc. V, Perugia 1909, pp. 139-199

1920AERRE 1920 = Aerre, Milizia umbra, in “L’Assalto”, 29gennaio 1935, p. 2DOTTORI 1920 = G. Dottori, Note d’architettura.Adesso tocca all’artista, in “Griffa!”, 10, 1920, p. [1]

1923TARCHI 1923 = U. Tarchi, Studi e progetti della scuoladi architettura perugina, Milano 1923

1925ASSOCIAZIONE DI PUBBLICA ASSISTENZA «STELLA D’ITALIA» 1925= Associazione di Pubblica Assistenza «Stella d’Italia»Spoleto, Sei anni di lotta antitubercolare (1918-23) Di-spensario e colonia montana, Spoleto 1925, pp. 5-11

1926“L’Assalto” 1926 = Gli echi, i commenti e gli episodi dellavisita del Duce, in “L’Assalto”, 7-8 ottobre 1926, p. I

1927DE ANGELIS D’OSSAT 1927 = G. De Angelis D’Ossat, Imateriali da costruzione dell’Umbria, in “Bollettinodell’Industria Mineraria”, 9-10, 1927, pp. 16-18“L’Assalto” 1927 = L’edilizia cittadina: costruzioni etrasformazioni in un opuscolo del “Perugino”, in“L’Assalto”, 26-27 settembre 1927, p. 3

1929“Perusia” 1929 = Sei anni di attività edilizia del Comune:opere-lavori-progetti, in “Perusia”, 1, 1929, pp. 16-20Perusinus 1929 = Perusinus, Fervore di opere e dipropositi, in “Perusia”, 7 (ottobre), 1929, pp. 337-339

1930MINNUCCI 1930 = G. Minnucci, Intonachi e rivesti-menti, in “Architettura e Arti Decorative”, ottobre 1930

1931MADAU DIAZ 1931 = N. Madau Diaz, Il nuovo mercato,in “Perusia”, 3 (maggio), 1931, pp. 99-101MINNUCCI 1931 = G. Minnucci, Per un Centro Nazio-nale di Studi di Tecnologia Edilizia, in “L’Ingegnere”,aprile 1931“Perusia” 1931 = Le opere pubbliche inaugurate ilXXVIII ottobre, in “Perusia”, 5 (ottobre), 1931, p. 157

1932MARCONI 1932 = P. Marconi, Concorso per il Piano Re-golatore di Perugia, in “L’Architettura”, X, 1932, pp.423-444PAGANO 1932= G. Pagano, La tecnica ed i materiali del-l’edilizia moderna, in “Edilizia moderna”, 5, 1932, p. 35ROCCATELLI 1932 = C. Roccatelli, I risultati del concorsoper il piano regolatore di Perugia, in “L’ingegnere”, 8,1932, pp. 555-564

1933COMUNE DI PERUGIA [1933] = Comune di Perugia, Con-corso per il progetto di piano regolatore e di amplia-mento della città di Perugia, Perugia [1933]“Il giornale d’Italia” 1933 = Note di vita perugina. Inattesa del nuovo bando di concorso per il Palazzo diGiustizia, in “Il giornale d’Italia”, Cronache dell’Umbria,24 febbraio 1933, a. XIIMARCONI 1933 = P. Marconi, Architettura italiana at-tuale, in “Architettura”, 1933, fasc. speciale dedicatoalla V Triennale di Milano“Perusia” 1933 = Le opere dell’anno XI, in “Perusia”, Rac-colta degli scritti pubblicati nell’anno 1933, pp. 100-103

1934LEONARDUZZI 1934 = M. Leonarduzzi, Case del Balilla,in “Rassegna di Architettura”, 8-9, 1934, pp. 319-361PARPAGLIOLO 1934 = L. Parpagliolo, La casa dellascuola, in “Le vie d’Italia”, rivista mensile del TouringClub Italiano 9 (1934), pp. 641-656PERSICO 1934 = E. Persico, Punto ed a capo per l’ar-chitettura, in “Domus”, 83, novembre 1934

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1935Il progetto della Casa del Balilla 1935 = Il progettodella Casa del Balilla dell’arch. Mongiovì, in “Perusia”,1 (gennaio), 1935, p. 17MADAU DIAZ 1935 = N. Madau Diaz, La Casa dellaMadre e del Bambino, in “Perusia”, 1 (gennaio), 1935,pp. 18-21PAGANO 1935a = G. Pagano, Architettura nazionale, in“Casabella”, 85, 1935, pp. 2-7PAGANO 1935b = G. Pagano, Struttura e architettura,in G.C Argan et alii, Dopo Sant’Elia, Milano 1935, pp.37-119“Perusia” 1935 = “Perusia”, 3 (maggio), 1935, p. 27.PIACENTINI 1935 = M. Piacentini, Metodi e caratteristi-che, in “Architettura: la Città Universitaria di Roma”, XIV(1935), fascicolo speciale, pp. 2-8, ora consultabileanche on line in http://w3.uniroma1.it/bibarch/fondi/fp/scritti/mp_16.html.

1936“Gazzetta di Foligno” 1936 = Il nuovo Cinema TeatroImpero in “Gazzetta di Foligno”, 31 dicembre 1936.MU. SA. 1936 = S. Muratore, Il Concorso per il Pa-lazzo di Giustizia di Perugia, in “Architettura”, 3,1936, pp. 127-133NUSINER 1936 = G. Nusiner, Edilizia e sanzioni, in“L’Industria Italiana del Cemento”, 2, 1936, p. 37PICA 1936= A. Pica, Introduzione, in A. Pica, a cura di,Nuova architettura italiana, Milano 1936TERRAGNI 1936 = G. Terragni, Documentario dellaCasa del Fascio di Como, in “Quadrante”, 35, 1936, nu-mero monografico

1937BETTI, CALDERONI, CUCCHIA, GIULIANI 1937 = N. Betti, A.Calderoni, C. Cucchia, M. Giuliani, Il Porto dell’Impero.Studio sull’allagamento della depressione Dancala,Perugia 1937“Il Messaggero” 1937 = Per i bimbi del popolo. La co-lonia lacuale, in “Il Messaggero”, Roma, 3 ottobre 1937L’ordinamento interno della Regia Deputazione diStoria Patria per l’Umbria 1937 = L’ordinamento in-terno della Regia Deputazione di Storia Patria perl’Umbria, in “Bollettino della Regia Deputazione di Sto-ria Patria per l’Umbria”, vol. XXXIV, 1937, pp. 128-129La sistemazione di Piazza Tacito 1937 = La sistema-zione di Piazza Tacito, in “Urbanistica”, 1, 1937, p. 56

PIACENTINI 1937 = M. Piacentini, Il progetto definitivodella Casa Littoria a Roma. Arch. Enrico Del Debbio,Arnaldo Foschini, Vittorio Morpurgo, in “Architettura”,12, 1937, pp. 699-713

1938“Il Messaggero” 1938 = Case Littorie costruite in pro-vincia di Perugia con l’opera gratuita delle popola-zioni, in “Il Messaggero”, 24 aprile 1938, p. 6“La Nazione” 1938 = L’inaugurazione della Casa Lit-toria e Dopolavoro rurale di Pila, in “La Nazione”, 23aprile 1938PARTITO NAZIONALE FASCISTA: GIOVENTÙ ITALIANA DEL LITTO-RIO: COMANDO GENERALE 1938 = Partito Nazionale Fasci-sta: Gioventù Italiana del Littorio: Comando Generale,Regolamento delle colonie estive, Roma 1938PONTI 1938 = G. Ponti, Per l’autarchia. Idee di Gio.Ponti sulla politica dell’architettura, in “Il Giornaled’Italia”, 19 luglio 1938, p. 3

1939PAGANO 1939= G. Pagano, Architettura e costruzione,in “Casabella Costruzioni”, 134, 1939, pp. 34-35

1940“Architettura” 1940 = Casa G.I.L. a Narni, in “Archi-tettura”, aprile 1940, pp. 95-103“Gazzetta di Foligno” 1940 = La trionfale accoglienzadi Foligno all’on. Del Croix, in “Gazzetta di Foligno”,11 maggio 1940MARCONI 1940= P. Marconi, L’architettura e la tecnica,in “Architettura”, 5, 1940, pp. 213-14NERVI 1940= P.L. Nervi, Per la massima autarchia edi-lizia, in “Casabella Costruzioni”, 147, 1940, p. 3PAGANO 1940 = G. Pagano, Una solenne paternale, in“Casabella Costruzioni”, 149, 1940, pp. 2-3

1941LABÒ, PODESTÀ 1941 = M. Labò, A. Podestà, Colonie ma-rine, montane, elioterapiche, in “Casabella Costru-zioni”, n. 167-168, 1941, pp. 1-5

1942L’edificio 1942 = L’edificio e il programma dellaScuola Operaia Bufalini, Città di Castello 1942

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1947BARGELLINI, FREYRIE 1947 = P. Bargellini, R. Freyrie, Na-scita e vita dell’architettura moderna, Firenze 1947.PAGANO 1947 = G. Pagano, Sconfitte e vittorie dell’ar-chitettura moderna, conferenza tenuta al Centro perle arti di Milano, dicembre 1940, in F. Albini, G. Palanti,A. Castelli, a cura di, Giuseppe Pagano Pogatschnig. Ar-chitetture e scritti, Milano 1947, pp. 18-22

1953VERONESI 1953 = G. Veronesi, Difficoltà politiche del-l’architettura in Italia (1920-1940), Milano 1953ZEVI 1953 = B. Zevi, Storia dell’Architettura Moderna,Torino 1953

1954CECCHINI 1954 = G. Cecchini, L’Accademia di Belle Artidi Perugia, Firenze 1954DORFLES 1954 = G. Dorfles, L’architettura moderna,Milano 1954GURRIERI 1954 = O. Gurrieri, Bastia Umbra nel passatonel presente e nell’avvenire, Perugia 1954

1955KIDDER SMITH 1955 = G.E. Kidder Smith, L’Italia co-struisce: sua architettura moderna e sua architetturaindigena, Milano 1955ROGERS 1955 = E.N. Rogers, Tradizione dell’architet-tura moderna italiana, in G.E. Kidder Smith, L’Italiacostruisce. Sua architettura moderna e sua ereditàindigena, Milano 1955

1958ASTENGO 1958 = G. Astengo, La rovina recente di As-sisi, in “Urbanistica”, 24-25, 1958, pp. 52-60Istituto autonomo per le case popolari della provinciadi Perugia 1908-1958 [1958] = Istituto autonomo perle case popolari della provincia di Perugia 1908-1958,Perugia [1958]

1960PAMBUFFETTI 1960 = P. Pambuffetti, Palazzo Trampetti,in “Gazzetta di Foligno”, 24 settembre 1960, n. 39

1961COPPA 1961 = M. Coppa, Il piano regolatore di Terni,in “Urbanistica”, 34, 1961, pp. 69-76

“Il Tempo” 1961 = “Il Tempo”, 27 luglio 1961

1962COPPA 1962 = M. Coppa, Il piano regolatore di Terni:parte seconda, in “Urbanistica”, 35, 1962, pp. 59-72

1964“Parlamento Italiano” 1964 = Roberto Milletti, in “Parla-mento Italiano”, anno XII, ottobre-dicembre 1964, pp. 49-50

1966SCURATI MANZONI 1966 = P. Scurati Manzoni, Il Razio-nalismo, Milano 1966

1967CAPRA 1967 = R.M. Capra, Monte Oliveto Maggiore, Ge-nova 1967

1968FANELLI 1968 = G. Fanelli, L’architettura moderna inItalia 1900-1940, Firenze 1968La Scuola operaia 1968 = La Scuola operaia G.O. Bufa-lini nel LX della sua fondazione, Città di Castello 1968

1971CRESTI 1971 = C. Cresti, Appunti storici e critici sul-l’architettura italiana dal 1900 ad oggi, Firenze 1971

1972DE SETA 1972 = C. De Seta, La cultura architettonicain Italia tra le due guerre, Roma-Bari 1972PATETTA 1972 = L. Patetta, L’architettura in Italia 1919-1943. Le polemiche, Milano 1972

1973CENNAMO 1973 = M. Cennamo, a cura di, Materiali perl’analisi dell’architettura moderna. La Prima Esposi-zione Italiana di Architettura Razionale, Napoli 1973ZEVI 1973 = B. Zevi, Spazi dell’architettura moderna,Torino 1973

1974SALVEMINI 1974= G. Salvemini, Sotto la scure del fasci-smo (1936), ora in G. Salvemini, Scritti sul fascismo, acura di R. Vivarelli, III, Milano 1974

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1976CENNAMO 1976 = M. Cennamo, a cura di, Materiali perl’analisi dell’architettura moderna. La 2a Mostra delMIAR e la polemica del 1931, Napoli 1976DANESI, PATETTA 1976 = S. Danesi, L. Patetta, a cura di,Il Razionalismo e l’architettura in Italia durante ilFascismo, Milano 1976PAGANO 1976 = G. Pagano, Architettura e città duranteil Fascismo, a cura di C. De Seta, Bari 1976

1977GURRIERI 1977 = O. Gurrieri, Mostra dei disegni deimonumenti perugini ed umbri dall’era etrusca al se-colo XVIII dell’architetto Ugo Tarchi, Perugia 1977

1978VILLARI 1978 = L. Villari, I nuovi materiali edilizi e la“grande crisi”, in «Casabella», 440/441, 1978, pp. 21-24

1979SATOLLI 1979 = A. Satolli, Orvieto: da città a centro sto-rico. Sommario di storia urbana dal 1800 a oggi, inF. Berarducci, Architettura e città minori. Cinquepunti per la progettazione, Roma 1979, pp. 205-222

1980ANGELINI 1980 = P. Angelini, Studi, progetti e restauri,Perugia 1980PURINI 1980 = F. Purini, L’architettura didattica, Reg-gio Calabria 1980RACHELI 1980 = A.M. Racheli, Le sistemazioni urbani-stiche di Roma per l’Esposizione Internazionale del1911, in G. Piantoni, a cura di, Roma 1911, Roma 1980,pp. 229-264ZEVI 1980 = B. Zevi, a cura di, Giuseppe Terragni, Bo-logna 1980

1981DE SETA 1981 = C. De Seta, L’architettura del nove-cento, Torino 1981GROHMANN 1981= A. Grohmann, Perugia, Perugia 1981

1982GRISANTI, PRACCHI 1982 = E. Grisanti, A. Pracchi, AlfioSusini. L’attività urbanistica nella “stagione dei con-corsi” 1928-1940, Milano 1982MONTUORI 1982= M. Montuori, a cura di, Progetti e as-

sonometrie di Alberto Sartoris, Roma 1982

1983CESARINI 1983 = D. Cesarini, Giuseppe Piermarini, ar-chitetto neoclassico. Saggio bibliografico, Foligno 1983GALLO 1983 = G. Gallo, Ill.mo Signor Direttore...Grande industria e società a Terni fra Otto e Nove-cento, Foligno 1983ROSSETTI 1983 = F. Rossetti, Ugo Tarchi architetto dellacripta di S. Francesco d’Assisi, Siena 1983

1984MANTERO 1984 = E. Mantero, a cura di, Il Razionalismoitaliano, Bologna 1984SAGGIO 1984 = A. Saggio, L’Opera di Giuseppe Paganotra Politica e Architettura, Bari 1984

1985BATTONI 1985 = P. Battoni, a cura di, Foligno, la cittàvera e quella possibile. Progetti e realizzazioni tra il1840 e il 1940, Catalogo della mostra (Foligno, Chiesadel Suffragio, 9-24 novembre 1985), Spello 1985GROHMANN1985 = A. Grohmann, Perugia, Roma-Bari 1985PONTI 1985 = A.C. Ponti, a cura di, Attraverso lo spec-chio. Autoritratto in Umbria nell’Ottocento e nel No-vecento, Catalogo della mostra (Corciano, Chiesa di SanFrancesco, 3-18 agosto 1985), Perugia 1985REGNI SENNATO 1985= M. Regni Sennato, La costruzionedella città universitaria 1932-35, in E. Guidoni, M. RegniSennato, a cura di, La “Sapienza” nella Città Universi-taria, Catalogo della mostra (Roma, Università degliStudi di Roma “La Sapienza”, Palazzo del Rettorato, 28giugno - 15 novembre 1985), Roma 1985, pp. 43-47

1985-1986CUTINI 1985-1986 = B. Cutini, Perugia 1923-1933: un de-cennio di trasformazioni urbane. Notizie su opere pub-bliche, servizi pubblici e sviluppo della città, tesi dilaurea, Università degli Studi di Perugia, a.a. 1985-1986

1986CRESTI 1986 = C. Cresti, Architettura e Fascismo, Fi-renze 1986.DURANTI 1986a= M. Duranti, Un “luogo” del Futurismo:l’Umbria, in A.C. Ponti, M. Duranti, a cura di, Futurismo inUmbria. Arte Storia Documenti, Perugia 1986, pp. 17-27DURANTI 1986b= M. Duranti, Appunti per una ricerca

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sul Futurismo in Umbria, in A.C. Toni, a cura di, I luo-ghi del Futurismo (1909-1944), Atti del Convegno na-zionale di studio (Macerata, 30-31 ottobre 1982), Roma1986, pp. 137-152GENTILI 1986 = L. Gentili, Spoleto formato cartolina.Album di storia urbana 1890-1940, Spoleto 1986PENTASUGLIA 1986 = P. Pentasuglia, Schede monografi-che sulla città e sul territorio, in M.R. Porcaro, P. Pen-tasuglia, Tessuto urbano, equilibri territoriali eindustria a Terni nella seconda metà dell’Ottocento,Terni 1986, pp. 79, 80, 111PICONE PETRUSA 1986 = M. Picone Petrusa, a cura di, Inmargine: artisti napoletani tra tradizione e opposi-zione 1909-1923, Milano 1986Terni 1986= Terni Storia e Progetto. Immagini rifles-sioni e prospettive negli ultimi cento anni, Milano 1986

1987BATTONI, MORETTI 1987 = P. Battoni, A. Moretti, Foligno:progetti e realizzazioni tra il 1840 e il 1940, in “Bol-lettino storico della città di Foligno”, XII, 1987D’AMATO 1987 = G. D’Amato, L’architettura del pro-torazionalismo, Roma 1987DE SETA 1987 = C. De Seta, Architetti italiani del No-vecento, Bari 1987MUNTONI 1987 = A. Muntoni, Lo studio Paniconi-Pedi-coni 1930-1984, Roma 1987, pp. 27-30

1988IRACE 1988 = F. Irace, Gio Ponti. La casa all’italiana,Milano 1988GIORGINI 1988 = M. Giorgini, Con l’arte, per l’arte: in-gegnere Cesare Bazzani, architetto, in M. Giorgini, V.Tocchi, a cura di, Cesare Bazzani. Un accademicod’Italia, Perugia 1988, pp. 15-82GIORGINI, TOCCHI 1988= M. Giorgini, V. Tocchi, a cura di,Cesare Bazzani. Un accademico d’Italia, Perugia 1988TACCHINI 1988 = A. Tacchini, Città di Castello, 1860-1960: la città e la sua gente, Città di Castello 1988TOCCHI 1988 = V. Tocchi, La poetica e l’opera di Ce-sare Bazzani, in M. Giorgini, V. Tocchi, a cura di, Ce-sare Bazzani. Un accademico d’Italia, Perugia 1988,pp. 83-121

1989BACULO GIUSTI 1989 = A. Baculo Giusti, a cura di, Utopierisplendenti tra Napoli e Caserta, Napoli 1989

BOCO 1989 = F. Boco, Quando la Storia entra in Ac-cademia, in G. Muratore, F. Boco, a cura di, Scuola earchitettura. L’evoluzione del disegno architettonicodal 1790 al 1940 nelle Raccolte dell’Accademia diBelle Arti di Perugia, Perugia 1989, pp. 15-24BROZZI 1989 = E. Brozzi, Ospedalicchio. Le pietre - Lagente, Perugia 1989CAUTI 1989a = A. Cauti, L’insegnamento dell’architet-tura all’Accademia di Perugia, in G. Muratore, F.Boco, a cura di, Scuola e architettura. L’evoluzione deldisegno architettonico dal 1790 al 1940 nelle Raccoltedell’Accademia di Belle Arti di Perugia, Perugia 1989,pp. 45-48CAUTI 1989b = A. Cauti, I professori della Scuola di Ar-chitettura e Prospettiva: note biografiche, in G. Mura-tore, F. Boco, a cura di, Scuola e architettura.L’evoluzione del disegno architettonico dal 1790 al1940 nelle Raccolte dell’Accademia di Belle Arti di Pe-rugia, Perugia 1989, pp. 61-73CIUCCI 1989 = G. Ciucci, Gli architetti e il fascismo. Ar-chitettura e città 1922-1944, Torino 1989COVINO, GALLO 1989a = R. Covino, G. Gallo, a cura di,Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità ad oggi. L’Um-bria, Torino 1989COVINO, GALLO 1989b= R. Covino, G. Gallo, Le contrad-dizioni di un modello, in R. Covino, G. Gallo, a curadi, Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità ad oggi. L’Um-bria, Torino 1989, pp. 73-133DORFLES 1989 = G. Dorfles, L’architettura moderna,Milano 1989GIORGINI 1988 = M. Giorgini, Ferrovie, Officine e cre-scita urbana, in P.M. Buttaro, R. Covino, a cura di, Lacittà di Foligno e gli insediamenti ferroviari, Perugia1989, pp. 47-55GRECO 1989 = A. Greco, Case per la Gioventù/Unanuova architettura per una nuova tipologia, in “Pa-rametro”, 172, 1989, pp. 14-25GROHMANN 1989 = A. Grohmann, Assisi, Roma-Bari 1989MURATORE, BOCO 1989 = G. Muratore, F. Boco, a curadi, Scuola e architettura. L’evoluzione del disegno ar-chitettonico dal 1790 al 1940 nelle Raccolte dell’Acca-demia di Belle Arti di Perugia, Perugia 1989SANTUCCIO 1989 = S. Santuccio, L’architettura della “Casaper la Gioventù”, in “Parametro”, 172, 1989, pp. 26-36SATOLLI 1989 = A. Satolli, Dai conventi alle caserme:gli insediamenti militari ad Orvieto dopo l’Unità:1860-1940, Perugia 1989

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1990BANHAM 1990 = R. Banham, L’Atlantide di cemento.Edifici industriali americani e architettura modernaeuropea, 1900-1925, Roma-Bari 1990CIUFFETTI 1990 = A. Ciuffetti, Sviluppo industriale e ten-tativi di pianificazione del tessuto urbano: il caso diTerni 1900-1920, in “Storia Urbana”, 51, 1990, pp. 99-116GAMBARDELLA 1990 = C. Gambardella, La metropoli dis-solta. Manfredi Franco tra storia e utopia (1910-1938),in “ArQ”, 3, 1990, pp. 127-129MENCARELLI 1990 = A. Mencarelli, Dov’era la fabbrica.Resti e presenze industriali in Valle Umbra Nord, Ba-stia Umbra 1990SQUADRONI 1990 = M. Squadroni, a cura di, Le istituzionipubbliche di assistenza e beneficenza dell’Umbria. Pro-fili storici e censimento degli archivi, Roma 1990 (Pub-blicazioni degli Archivi di Stato. Strumenti, CVIII)TACCHINI 1990 = A. Tacchini, Città di Castello, 1921-1944:dal fascismo alla liberazione, Città di Castello 1990

1991BACULO GIUSTI 1991 = A. Baculo Giusti, Gli stili del dise-gno: teorie ed esempi sul tema della iconografia, in Il di-segno: dallo schizzo al computer, Napoli 1991, pp. 31-34BOVINI, COVINO, GIORGINI 1991 = G. Bovini, R: Covino,M. Giorgini, a cura di, Assetti urbano-territoriali e ar-cheologia industriale. I monumenti dell’industria elet-trochimica nella valle del Nera, in G. Bovini, R.Covino, M. Giorgini, a cura di, Archeologia industrialee territorio a Terni. Siri, Collestatte, Papigno, Perugia1991, pp. 13-20

1992DI NUCCI 1992 = L. Di Nucci, Fascismo e spazio ur-bano. Le città storiche dell’Umbria, Bologna 1992VETTURINI 1992 = E. Vetturini, Una gente in cammino(Evoluzione popolare a Bastia dall’Isola Romana alprimo Novecento), Bastia Umbra 1992TACCHINI A., L’alta valle del Tevere in cartolina, Cittàdi Castello 1992

1993DI NUCCI 1993 = L. Di Nucci, Il mito della “Oxford fa-scista”. Immagine e realtà di Perugia tra le due guerre,in E. Antinoro, P. Ceccarelli, L. Di Nucci, R. Rossi, a curadi, Mezzo secolo di urbanistica. Storia e società dellaPerugia contemporanea, Perugia 1993, pp. 37-57

DURANTI 1993 = M. Duranti, Vita artistica. Il Futurismo,in Storia illustrata delle città dell’Umbria. Perugia, 3voll., Milano 1993, III, pp. 977-992 (“Il tempo e la città”)MINCIOTTI TSOUKAS 1993 = C. Minciotti Tsoukas, Alle so-glie del nuovo secolo. La modernizzazione, in R. Rossi,a cura di, Storia illustrata delle città dell’Umbria. Pe-rugia, Milano 1993, pp. 753-768

1994ANGELETTI 1994 = M. Angeletti, Il Dopolavoro, in M.Giorgini, a cura di, Storia illustrata delle città dell’Um-bria. Terni, Milano 1994, pp. 685-698 (“Il tempo e lacittà”)CIUFFETTI 1994 = A. Ciuffetti, L’edilizia operaia, in M.Giorgini, a cura di, Storia illustrata delle città dell’Um-bria. Terni, Milano 1994, tomo secondo, pp. 475-486.GIORGINI 1994 = M. Giorgini, a cura di, Storia illustratadelle città dell’Umbria. Terni, Milano 1994

1994-1995MANZO 1994-1995 = E. Manzo, Napoli e il Regime. Lacittà storica tra trasformazione e conservazione, tesidi dottorato di ricerca in Storia e Critica dei Beni Archi-tettonici e Ambientali, VII ciclo, Politecnico di Torino,a.a. 1994-1995 (tutor: V. Comoli Mandracci)

1995BETTONI 1995 = F. Bettoni, Reti idropotabili nella cittàe nel territorio di Foligno. Appunti storici, in Fonti efontane, Foligno 1995BOCO, KIRK, MURATORE 1995 = F. Boco, T. Kirk, G. Mu-ratore, Guglielmo Calderini dai disegni dell’Accade-mia di Belle Arti di Perugia. Un architetto nell’Italiain costruzione, Perugia 1995COVINO 1995 = R. Covino, L’invenzione di una re-gione. L’Umbria dall’Ottocento a oggi, Perugia 1995.PESOLA 1995 = A. Pesola, Molteplicità d’interessi di unfuturista ternano: Giuseppe Preziosi, in “Indagini”, 3(1995), pp. 53-62PITZURRA 1995 = M. Pitzurra, Architettura e Ornato Ur-bano Liberty a Perugia, Perugia 1995

1996Il rilievo del Moderno 1996 = Il rilievo del Moderno:caratteri di riconoscibilità della forma urbana, Pa-lermo 1996BIANCONI 1996 = F. Bianconi,Da ogni luogo da nessun

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luogo, in A. Soletti, P. Belardi, a cura di, Architetturecontemporanee in Umbria. Nuove tendenze, Perugia1996, pp. 191-204BONETTA 1996 = G. Bonetta, “L’uomo è tanto più fortequanto più sana e robusta è la donna”. Cultura ededucazione fisica della donna, in L. Motti, M. RossiCaponeri, a cura di, Accademiste a Orvieto: donne ededucazione fisica nell’italia fascista 1932-1943, Peru-gia 1996, pp. 9-38BOTTA 1996 = M. Botta, Etica del costruire, Roma 1996.CAPOBIANCO 1996 = M. Capobianco, Le ceneri dell’im-pegno, in E. Carreri, a cura di, Architettura italiana1920-1939, Napoli 1996, pp. 97-144DANESI, PATETTA 1996 = S. Danesi, L. Patetta, a cura di,Il Razionalismo e l’architettura in Italia durante ilFascismo, Milano 1996FERRARA 1996 = P. Ferrara, Corpo e politica: storia diun’Accademia al femminile (1919-45), in L. Motti, M.Rossi Caponeri, a cura di, Accademiste a Orvieto:donne ed educazione fisica nell’italia fascista 1932-1943, Perugia 1996, pp. 39-74MELOGRANI 1996 = C. Melograni, Il periodo eroicodell’architettura italiana contemporanea, in E. Car-reri, a cura di, Architettura italiana 1920-1939, Napoli1996, pp. 65-96MOTTI, ROSSI CAPONERI 1996 = L. Motti, M. Rossi Caponeri,a cura di, Accademiste a Orvieto. Donne ed educazionefisica nell’Italia fascista 1932-1943, Perugia 1996TENTORI 1996 = F. Tentori, Architettura italiana deglianni Venti, in E. Carreri, a cura di, Architettura italiana1920-1939, Napoli 1996, pp. 15-40

1996-1997BARBANERA 1996-1997= T. Barbanera, I villini della Sta-zione e di via Chiavellati: esempi di architettura eclet-tica nella Foligno degli anni Venti, tesi di laurea,Facoltà di Lettere e Filosofia, Università degli Studi diPerugia, a.a. 1996-1997 (relatore: prof. C. Zappia)BOSI 1996-1997 = G. Bosi, Storia di un vuoto nel cuoredella città, in “Bollettino storico della città di Foligno”,voll. XX-XXI, Foligno 1996-1997

1997BENEVOLO 1997 = L. Benevolo, Storia dell’architetturamoderna, Roma-Bari 1997BETTONI, NOBILI 1997 = F. Bettoni, P. Nobili, ResidenzeFolignati fra Sette e Ottocento, in Residenze Folignati,

Foligno 1997BROZZI, GUALFETTI 1997= E. Brozzi, P. Gualfetti, UmbertoFifi e Francesco Giontella. Due protagonisti della rico-struzione a Bastia / 1944-1964, Bastia Umbra 1997TACCHINI 1997 = A. Tacchini, La Scuola Operaia “G.O.Bufalini”, Città di Castello 1997

1998PORTOGHESI 1998 = P. Portoghesi, a cura di, GiuseppePiermarini. I disegni di Foligno. Il volto piermari-niano della Scala, Catalogo della mostra (Foligno,aprile 1998), Milano 1998

1999BACULO GIUSTI 1999 = A. Baculo Giusti, ManfrediFranco. “Urbanesimo Razionale” (1930?), in C. DeSeta, a cura di, L’architettura a Napoli tra le dueguerre, Napoli 1999, pp. 214-215BOSIA 1999 = D. Bosia,Materiali di superficie nell’ar-chitettura degli anni Trenta: il Linoleum, in M. Ca-sciato, S. Mornati, S. Poretti, a cura di, ArchitetturaModerna in Italia. Documentazione e conservazione,Atti del primo convegno nazionale DOCOMOMO Italia(Roma, 21-23 gennaio 1998), Roma 1999, pp. 189-196CASCIATO, MORNATI, PORETTI 1999 = M. Casciato, S. Mor-nati, S. Poretti, a cura di, Architettura Moderna in Ita-lia. Documentazione e conservazione, Atti del primoconvegno nazionale DOCOMOMO Italia (Roma, 21-23gennaio 1998), Roma 1999CUPPELLONI 1999 = L. Cuppelloni, Le stazioni ferrovia-rie di Angiolo Mazzoni: documentazione, conserva-zione e modernizzazione, in M. Casciato, S. Mornati,S. Poretti, a cura di, Architettura Moderna in Italia.Documentazione e conservazione, Atti del primo con-vegno nazionale DOCOMOMO Italia (Roma, 21-23 gen-naio 1998), Roma 1999, pp. 269-276D’ANSELMO, PECORARO 1999 = M. D’Anselmo, I. Peco-raro, Il ruolo della cultura finalizzata alla conserva-zione dell’architettura moderna, in M. Casciato, S.Mornati, S. Poretti, a cura di, Architettura Moderna inItalia. Documentazione e conservazione, Atti delprimo convegno nazionale DOCOMOMO Italia (Roma,21-23 gennaio 1998), Roma 1999, pp. 435-440LIVI 1999 = T. Livi, Il cemento armato negli anni del-l’autarchia in Italia, in M. Casciato, S. Mornati, S. Po-retti, a cura di, Architettura Moderna in Italia.Documentazione e conservazione, Atti del primo con-

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vegno nazionale DOCOMOMO Italia (Roma, 21-23 gen-naio 1998), Roma 1999, pp. 165-170MANGONE 1999 = F. Mangone, Manfredi Franco. Pro-getto per la sistemazione di Monte Echia (1928), in C.De Seta, a cura di, L’architettura a Napoli tra le dueguerre, Napoli 1999OTTAVIANI 1999 = D. Ottaviani, Il Novecento a Terni.Cronistoria dal 1927 al 1935, Terni 1999PORETTI 1999 = S. Poretti, Il modo di costruire: un filodi continuità nell’architettura del Novecento, in M.Casciato, S. Mornati, S. Poretti, a cura di, ArchitetturaModerna in Italia. Documentazione e conservazione,Atti del primo convegno nazionale DOCOMOMO Italia,(Roma, 21-23 gennaio 1998), Roma 1999, pp. 121-128.VITTORINI 1999 = R. Vittorini, Piscine: soluzioni co-struttive e tecniche nuove per un moderno tipo edili-zio, in M. Casciato, S. Mornati, S. Poretti, a cura di,Architettura Moderna in Italia. Documentazione econservazione, Atti del primo convegno nazionale DO-COMOMO Italia (Roma, 21-23 gennaio 1998), Roma1999, pp. 257-268

2000DURANTI 2000 = M. Duranti, a cura di, Gerardo Dottorie i futuristi umbri. Leandra Angelucci Cominazzini,Alessandro Bruschetti, Giuseppe Preziosi, Catalogodella mostra (Bologna, Galleria Arte e Arte, 28 ottobre- 30 novembre 2000), Bologna 2000MANZO 2000 = E. Manzo, Napoli e il Regime. La città sto-rica tra trasformazione e conservazione, Aversa 2000MOZZONI, SANTINI 2000 = L. Mozzoni, S. Santini, a curadi, Tradizioni e regionalismi. Aspetti dell’Eclettismo inItalia, Napoli 2000NERI 2000 = M.L. Neri, Identità nazionale e tradizionilocali. Caratteri dell’eclettismo in Umbria tra XIX eXX secolo, in L. Mozzoni, S. Santini, a cura di, Tradizionie regionalismi. Aspetti dell’Eclettismo in Italia, Napoli2000, pp. 485-536TACCHINI 2000 = A. Tacchini, Artigianato e industriaa Città di Castello tra Ottocento e Novecento, Città diCastello 2000

2001ALICI 2001 = A. Alici, a cura di, Le nuove provincie del fa-scismo. Architetture per le città capoluogo, Pescara 2001BENAZZI, MANCINI 2001 = G. Benazzi, F.F. Mancini, a curadi, Il palazzo Trinci di Foligno, Perugia 2001

BETTONI, MARINELLI 2001 = F. Bettoni, B. Marinelli, Foli-gno. Itinerari dentro e fuori le mura, Foligno 2001GABURRI, LUCCHI 2001 = M. Gaburri, O. Lucchi, Lo sto-rico palazzo Trinci: la difficile ricerca di una identità,in G. Benazzi, F.F. Mancini, a cura di, Il palazzo Trincidi Foligno, Perugia 2001GIUBBINI, SANTOLAMAZZA 2001 = G. Giubbini, R. Santo-lamazza, a cura di, La carta, il fuoco, il vetro. Lo Stu-dio-laboratorio Moretti-Caselli di Perugia attraversoi documenti, i disegni e le vetrate artistiche, Città diCastello 2001PESOLA 2001a = A. Pesola, Giuseppe Preziosi, in Vocidalla città dinamica. Futurismo a Terni negli annitrenta, Terni 2001, pp. 24-33PESOLA 2001b = A. Pesola, a cura di, Giuseppe Preziosiattraverso il Futurismo, Catalogo della mostra (Terni, SalaCamera di Commercio, 10-30 maggio 2001), Terni 2001

2001-2002BUSTI 2001-2002 = M. Busti, Il primo Piano regolatoredi Perugia (1931-1936). Influssi e condizionamentieconomici e sociali, tesi di laurea in Scienze Politiche,Università degli Studi di Perugia, a.a. 2001-2002

2002BARDELLI, FILIPPI, GARDA 2002 = P.G. Bardelli, E. Filippi,E. Garda, a cura di, Curare il moderno - I modi dellatecnologia, Venezia 2002, pp. 177-178BOCO 2002 = F. Boco, 1900-1922. Arte e artisti in Umbria,in A.C. Ponti, a cura di, Terra di Maestri. Artisti Umbri delNovecento 1900-1922, Perugia 2002, pp. 15-24CIUCCI 2002 = G. Ciucci, Gli architetti e il fascismo. Ar-chitettura e città 1922-1944, Torino 2002CUPPELLONI 2002 = L. Cuppelloni, L’Istituto di Fisica diGiuseppe Pagano: la retorica della semplicità, in F.Dal Falco, Stili del Razionalismo. Anatomia di quat-tordici opere di architettura, Roma 2002, pp. 91-100DAL FALCO 2002 = F. Dal Falco, a cura di, Stili del Ra-zionalismo. Anatomia di quattordici opere di archi-tettura, Roma 2002PONTI 2002 = A.C. Ponti, a cura di, Terra di Maestri.Artisti Umbri del Novecento 1900-1922, Perugia 2002PURINI 2002 = F. Purini, Il Razionalismo e l’architetturafra le due guerre, in F. Dal Falco, Stili del Razionalismo.Anatomia di quattordici opere di architettura, Roma2002, pp. 35-41

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2002-2003BERIOLI 2002-2003 = A. Berioli, Terracotta decorativatra ideazione e restauro: Raffaele Angeletti e France-sco Biscarini in Perugia, tesi di laurea in Conserva-zione dei Beni Culturali, Università degli Studi di Siena,a.a. 2002-2003

2003BAZZOFFIA, BOTTINI, MENCARELLI, ROCCHI 2003 = A. Baz-zoffia, M. Bottini, A. Mencarelli, G. C. de Y. Rocchi, Igiovani e i luoghi dell’istruzione dello svago e dellosport nella cultura degli anni trenta in Italia, Città diCastello 2003, p. 62BELARDI 2003a = P. Belardi, L’Architettura 1923-1945, inA.C. Ponti, F. Boco, a cura di, Terra di Maestri. Artisti Umbridel Novecento II 1923-1945, Perugia 2003, pp. 38-46BELARDI 2003b = P. Belardi, “Povera architettura no-stra!”. Sulle sperimentazioni antiquarie in Umbria diUgo Tarchi (1887-1978), in “L’Ingegnere Umbro”, 47,2003, pp. 19-21BETTONI, STURM 2003 = F. Bettoni, S. Sturm, Foligno ba-rocca: i Palazzi dei nobili e dei mercanti, in M. Bevi-lacqua, M.L. Madonna, a cura di, Atlante tematico delBarocco in Italia. Residenze nobiliari. Stato Pontificioe Granducato di Toscana, Roma 2003FARINELLI 2003 = F. Farinelli, Geografia. Introduzioneai modelli del mondo, Torino 2003MANGIONE 2003 = F. Mangione, Le Case del Fascio inItalia e nelle terre d’Oltremare, Roma 2003MENCARELLI 2003 = A. Mencarelli, La scuola rurale inUmbria nel periodo del ventennio, in A. Bazzoffia, M.Bottini, A. Mencarelli, I giovani e i luoghi dell’istru-zione dello svago e dello sport nella cultura degli anniTrenta in Italia, Città di Castello 2003, pp. 13-21MOLINARI 2003 = L. Molinari, Fondazione Piero Porta-luppi (a cura di), Piero Portaluppi. Linea errante nel-l’architettura del Novecento, Milano 2003Nera Montoro 2003 = Nera Montoro: Percorso sto-rico-fotografico dal 1915 al 1945, Narni 2003PONTI, BOCO 2003= A.C. Ponti, F. Boco, a cura di, Terradi Maestri. Artisti Umbri del Novecento 1923-1945, Pe-rugia 2003

2004ALBERATI 2004 = A. Alberati, Il governo democratico aPerugia. Tutti gli amministratori del Comune dal 1946al 2003, Perugia 2004

BELARDI 2004 = P. Belardi, L’architettura 1946-1959, inA.C. Ponti, F. Boco, a cura di, Terra di Maestri. Artistiumbri del Novecento 1946-1959, Città di Castello 2004,pp. 49-54CAPOMOLLA, VITTORINI 2004= R. Capomolla, R. Vittorini,Tra retorica e funzionalismo: le facciate della sta-zione Termini di Roma (1939-1950), in “L’Industriadelle Costruzioni”, 377, 2004, pp. 90-96MENCARELLI 2004 = A. Mencarelli, Storia della parroc-chia di Costano, Bastia Umbra 2004SPERANDIO 2004 = B. Sperandio, Delle pietre dell’Um-bria da costruzione e ornamentali, Perugia 2004TACCHINI 2004 = A. Tacchini, Il fascismo a Città di Ca-stello, Città di Castello 2004TOMMASONI 2004 = S. Tommasoni, La sorgente Scircae l’acquedotto del Comune di Perugia, Perugia 2004.TOSCANO 2004 = B. Toscano, La vicenda artistica, inL’Italia. Umbria, Roma 2004

2004-2005CAPOMOLLA 2004-2005 = R. Capomolla, Strutture na-scoste, in “Casabella”, 728-729, 2004/2005, pp. 12-19.MULAZZANI 2004-2005 = M. Mulazzani, Roma. Il ForoMussolini, in “Casabella”, 728-729, 2004/2005, pp. 6-11.VITTORINI 2004-2005= R. Vittorini, L’arte di costruire inmarmo, in “Casabella”, 728-729, 2004/2005, pp. 20-26

2005BROZZI, GUALFETTI 2005 = E. Brozzi, P. Gualfetti, Um-berto Fifi. Il valore della coerenza, Bastia Umbra 2005BELARDI 2005 = P. Belardi, Lo storicismo inventivo diUgo Tarchi nel progetto di ripristino della Rocca diSpoleto, in G.C. Leoncilli Massi, B.M. Broccolo, a curadi, Rocca Alborziana di Spoleto. Studi e riflessioni sulrestauro, Spoleto 2005, pp. 167-171LEONCILLI MASSI, BROCCOLO 2005 = G.C. Leoncilli Massi,B.M. Broccolo, a cura di, Rocca Alborziana di Spoleto.Studi e riflessioni sul restauro, Spoleto 2005POLANO, MULAZZANI 2005 = S. Polano, M. Mulazzani, Guidaall’architettura italiana del Novecento, Milano 2005VETTURINI 2005 = E. Vetturini, Bastia Umbra. Profilostorico-artistico, Bastia Umbra [2005]VITTORINI 2005 = R. Vittorini, Gli architetti e il marmo:esperienze romane tra gli anni venti e trenta del no-vecento, in G. Mochi, a cura di, Teoria e pratica del co-struire: saperi, strumenti, modelli, Atti del seminariointernazionale (Ravenna, 27-29 ottobre 2005), 4 voll,

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Ravenna 2005, vol. II, pp. 915-924

2005-2006BUSTI 2005-2006 = M. Busti, Fuori e dentro il progetto.“Geometrie” e “culture” di tre città medie in età fascista,tesi di dottorato di ricerca in Scienze storiche dal me-dioevo all’età contemporanea, XIX ciclo, Università degliStudi di Perugia, a.a. 2005-2006 (tutor: A. Grohmann)CONTI 2005-2006 = A. Conti, Villa Rometti a Umber-tide: rilievo architettonico e ipotesi ricostruttive, tesidi laurea triennale in Ingegneria Civile, Università degliStudi di Perugia, a.a. 2005-2006 (relatore: prof. ing. P. Be-lardi; correlatori: dott. ing. S. Bori, dott. ing. V. Menche-telli).FRUGANTI 2005-2006 = M. Fruganti, Rilievo architettonicodella scuola “Ruggero Bonghi” in viale Giontella a BastiaUmbra, tesi di laurea triennale in Ingegneria Civile, Uni-versità degli Studi di Perugia, a.a. 2005-2006 (relatore: prof.ing. P. Belardi; correlatore: dott. ing. S. Bori)MONTAGNINI 2005-2006 = C. Montagnini, Rilievo architet-tonico e ipotesi ricostruttive del Collegio della G.I.L. e delCampo del Littorio a Città di Castello (PG), tesi di laureatriennale in Ingegneria Civile, Università degli Studi di Pe-rugia, a.a. 2006-2007 (relatore: prof. ing. P. Belardi; corre-latori: dott. ing. S. Bori, dott. ing. V. Menchetelli)SIGNORELLI 2005-2006 = R. Signorelli, Villa dei Pini aUmbertide: rilievo architettonico e ipotesi ricostrut-tiva, tesi di laurea triennale in Ingegneria Civile, Uni-versità degli Studi di Perugia, a.a. 2005-2006 (relatore:prof. ing. P. Belardi; correlatori: dott. ing. S. Bori, dott.ing. V. Menchetelli)

2006ANDALORO 2006 = M. Andaloro, a cura di, La teoria delrestauro nel Novecento da Riegl a Brandi, Atti del con-vegno internazionale di studi (Viterbo, 12-15 novembre2003), Firenze 2006BOSI 2006 = G. Bosi, Pubblica assistenza “Crocebianca”, 1906-2006. Cronaca di un secolo memora-bile, Foligno 2006CAPUTO, MASCELLONI 2006 = M. Caputo, E. Mascelloni,Le Ceramiche Pucci, Milano 2006DURANTI 2006 = M. Duranti, a cura di, Gerardo Dottori.Catalogo generale ragionato, 2 voll., Perugia 2006MANCINI, ZAPPIA 2006 = F.F. Mancini, C. Zappia, a cura di,Arte in Umbria nell’Ottocento, Cinisello Balsamo 2006PORTOGHESI, MANGIONE, SOFFITTA 2006 = P. Portoghesi,

F. Mangione, A. Soffitta, L’Architettura delle Case delFascio, Firenze 2006PUCCI 2006 = A. Pucci, Le ceramiche Pucci. La storia,in M. Caputo, E. Mascelloni, Le Ceramiche Pucci, Mi-lano 2006, pp. 146-157

2006-2007BINACCI 2006-2007 = S. Binacci, Rilievo architettonicodell’edificio scolastico di via Perugina a Gubbio, tesi dilaurea triennale in Ingegneria Civile, Università degli Studidi Perugia, a.a. 2006-2007 (relatore: prof. ing. P. Belardi;correlatori: dott. ing. S. Bori, dott. ing. V. Menchetelli)CONTI 2006-2007 = A. Conti, Villa Rometti a Umber-tide: rilievo architettonico e ipotesi ricostruttive, tesidi laurea triennale in Ingegneria Civile, Università degliStudi di Perugia, a.a. 2006-2007 (relatore: prof. ing. P.Belardi; correlatori: dott. ing. S. Bori, dott. ing. V. Men-chetelli)DE PERSIIS 2006-2007 = M. De Persiis, Ricostruzione di-gitale dell’evoluzione storica dell’area di Nera Mon-toro a Terni, tesi di laurea triennale in Grafica eProgettazione Multimediale, Università degli Studi diRoma “La Sapienza”, a.a. 2006-2007LASCARO 2006-2007 = M.E. Lascaro, L’ex Colonia delPopolo a Monteluco di Spoleto: da luogo di vacanzae assistenza climatica per l’infanzia a centro terapicoe turistico, tesi di laurea in Architettura, Università degliStudi di Firenze, a.a. 2006-2007MARCANTONI 2006-2007 = A. Marcantoni, Rilievo archi-tettonico dei Padiglioni I ed H e della Cappella “SalusInfirmorum” dell’Ospedale Santa Maria della Miseri-cordia di Monteluce a Perugia, tesi di laurea triennalein Ingegneria Civile, Università degli Studi di Perugia,a.a. 2006-2007 (relatore: prof. ing. P. Belardi; correlatori:dott. ing. S. Bori, dott. ing. V. Menchetelli)MONTAGNINI 2006-2007 = C. Montagnini, Rilievo archi-tettonico e ipotesi ricostruttive del Collegio della G.I.L.e del Campo del Littorio a Città di Castello, tesi di lau-rea triennale in Ingegneria Civile, Università degli Studidi Perugia, a.a. 2006-2007 (relatore: prof. ing. P. Belardi;correlatori: dott. ing. S. Bori, dott. ing. V. Menchetelli)MORBIDONI 2006-2007 = E. Morbidoni, Rilievo archi-tettonico del “Grattacielo” e del “Palazzo Rosa” aTerni, tesi di laurea triennale in Ingegneria Civile, Uni-versità degli Studi di Perugia, a.a. 2006-2007 (relatore:prof. ing. P. Belardi; correlatori: dott. ing. S. Bori, dott.ing. V. Menchetelli)

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PIAZZOLI 2006-2007 = L. Piazzoli, Rilievo architettonicoe ipotesi ricostruttive dell’ex Casa del Fascio a Mar-sciano, tesi di laurea triennale in Ingegneria Civile, Uni-versità degli Studi di Perugia, a.a. 2006-2007 (relatore:prof. ing. P. Belardi; correlatori: dott. ing. S. Bori, dott.ing. V. Menchetelli)PROIETTI 2006-2007 = N. Proietti, La casa della Pub-blica Assistenza “Croce Bianca” a Foligno (PG). Ri-lievo architettonico e ipotesi ricostruttiva, tesi di laureatriennale in Ingegneria Civile, Università degli Studi diPerugia, a.a. 2006-2007 (relatore: prof. ing. P. Belardi;correlatori: dott. ing. S. Bori, dott. ing. V. Menchetelli)RALLI 2006-2007 = S. Ralli, Rilievo architettonico del-l’ex Casa della G.I.L. a Narni, tesi di laurea triennalein Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio, Universitàdegli Studi di Perugia, a.a. 2006-2007 (relatore: prof.ing. P. Belardi; correlatori: dott. ing. S. Bori, dott. ing.V. Menchetelli)SGUEGLIA 2006-2007 = A. Sgueglia, Cesare Bazzani: l’ar-chitettura della tradizione nella ricostruzione di Mes-sina, tesi di dottorato di ricerca in Storia dell’Architetturae della Città, XX ciclo, Università degli Studi di Napoli “Fe-derico II”, a.a. 2006-2007 (tutor: B. Gravagnuolo)SIGNORELLI 2006-2007 = R. Signorelli, Villa dei Pini aUmbertide: rilievo architettonico e ipotesi ricostrut-tive, tesi di laurea triennale in Ingegneria Civile, Uni-versità degli Studi di Perugia, a.a. 2006-2007 (relatore:prof. ing. P. Belardi; correlatori: dott. ing. S. Bori, dott.ing. V. Menchetelli)SPORTOLETTI 2006-2007 = E. Sportoletti, La Casa delMutilato a Foligno (PG). Rilievo architettonico e ipo-tesi ricostruttiva, tesi di laurea triennale in IngegneriaCivile, Università degli Studi di Perugia, a.a. 2006-2007(relatore: prof. ing. P. Belardi; correlatori: dott. ing. S.Bori, dott. ing. V. Menchetelli)TADDEI 2006-2007 = F. Taddei, Rilievo architettonicodell’ingresso a capo delle officine ex stabilimento SAI(Società Aeronautica Italiana) situato a Passignanosul Trasimeno (PG), tesi di laurea triennale in Ingegne-ria Civile, Università degli Studi di Perugia, a.a. 2006-2007 (relatore: prof. ing. P. Belardi; correlatori: dott.ing. S. Bori, dott. ing. V. Menchetelli)TOPINI 2006-2007 = E. Topini, Rilievo architettonicodell’ex Casa Littoria di Pila, tesi di laurea triennale inIngegneria Civile, Università degli Studi di Perugia, a.a.2006-2007 (relatore: prof. ing. P. Belardi; correlatori:dott. ing. S. Bori, dott. ing. V. Menchetelli)

TROVATI 2006-2007 = G. Trovati, Rilievo dell’ex G.I.L. diSant’Angelo di Celle, tesi di laurea triennale in Ingegne-ria Civile, Università degli Studi di Perugia, a.a. 2006-2007 (relatore: prof. ing. P. Belardi; correlatori: dott.ing. S. Bori, dott. ing. V. Menchetelli)

2007BELARDI 2007 = P. Belardi, L’Architettura 1923-1945, in“Fuaié”, 03, 2007, pp. 23-34BERIOLI 2007 = A. Berioli, La Fornace Angeletti-Bisca-rini nella formazione di Angelo Biscarini, in AngeloBiscarini e la Fornace di via del Laberinto: bozzettidalla Collezione Venanti, Perugia 2007, pp. 27-36CECCONELLI 2007 = E. Cecconelli, La statua di Nicolòdi Liberatore a Foligno, in Cassa di Risparmio di Foli-gno (1857-2007), Foligno 2007 (Calendari artistici dellaCassa di Risparmio di Foligno, n. 30)CIMOLI, IRACE 2007 = A.C. Cimoli, F. Irace, La divinaproporzione. Triennale 1951, Milano 2007IORI 2007 = T. Iori, L’ingegneria del “miracolo ita-liano”, in T. Iori, S. Poretti, a cura di, Ingegneria ita-liana, numero monografico di “Rassegna diArchitettura e Urbanistica”, 121-122, gennaio-agosto2007, pp. 33-59PIERMARINI 2007 = L. Piermarini, Dalla città degli anniCinquanta alla città odierna attraverso la lettura dimezzo secolo di strumenti urbanistici, in M. Sensi, acura di, La città la banca e le sue filiali (1957-2007),Foligno 2007, pp. 45-56

2007-2008BARBARELLI 2007-2008 = E. Barbarelli, Rilievo architet-tonico della Scuola Elementare Enzo Valentini di Giu-seppe Grossi a Perugia, tesi di laurea triennale inIngegneria Civile, Università degli Studi di Perugia, a.a.2007-2008 (relatore: prof. ing. P. Belardi; correlatore:dott. ing. S. Bori)BORI 2007-2008 = S. Bori, ‘Architettura fatta ad arte’. Ri-lievo delle opere di Ugo Tarchi in Umbria, Tesi di dotto-rato di ricerca in Ingegneria Civile, XXI ciclo, Universitàdegli Studi di Perugia, a.a. 2007-2008 (coordinatore: prof.ing. C. Tamagnini, relatore: prof. ing. P. Belardi)CATALINI 2007-2008 = F. Catalini, Progetto di recuperodella ex Caserma Piave a Orvieto (TR), tesi di laureamagistrale in Ingegneria Civile, Università degli Studidi Perugia, a.a. 2007-2008 (relatore: prof. arch. P. Ver-ducci; correlatore: dott. ing. L. Cesaretti)

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CIACCASASSI 2007-2008 = P. Ciaccasassi, Rilievo archi-tettonico del Teatro Lucio Bonucci di Colombella (PG),tesi di laurea triennale in Ingegneria Civile, Universitàdegli Studi di Perugia, a.a. 2007-2008 (relatore: prof.ing. P. Belardi; correlatore: dott. ing. S. Bori)GIANNONI 2007-2008 = S. Giannoni, Rilievo architetto-nico della Scuola Elementare Primo Ciabatti di Giu-seppe Grossi a Perugia, tesi di laurea triennale inIngegneria Civile, Università degli Studi di Perugia, a.a.2007-2008 (relatore: prof. ing. P. Belardi; correlatore:dott. ing. S. Bori)LOMBARDINI 2007-2008 = P. Lombardini, Waterfront Pie-diluco. Riconfigurazione dell’area sportiva del Cir-colo Lavoratori Terni, tesi di laurea specialistica inIngegneria Civile, Università degli Studi di Perugia, a.a.2007-2008 (relatore: prof. ing. P. Belardi; correlatori:dott. ing. S. Bori, dott. ing. V. Menchetelli)LUCI 2007-2008 = T. Luci, Rilievo architettonico del“Teatro Ricreatorio Bonucci” di Ponte Felcino (PG),tesi di laurea triennale in Ingegneria Civile, Universitàdegli Studi di Perugia, a.a. 2007-2008 (relatore: prof.ing. P. Belardi; correlatori: dott. ing. S. Bori, dott. ing.V. Menchetelli)MARIANI 2007-2008 = E. Mariani, Rilievo architettonicodella Chiesa di San Giuseppe nel villaggio operaio diNera Montoro, tesi di laurea triennale in Ingegneria Ci-vile, Università degli Studi di Perugia, a.a. 2007-2008 (re-latore: prof. ing. P. Belardi; correlatori: dott. ing. S. Bori,dott. ing. V. Menchetelli)PROVVIDENZA 2007-2008 = G. Provvidenza, Rilievo ar-chitettonico e ipotesi ricostruttiva dell’ex Casa del Fa-scio di Ponte San Giovanni a Perugia, tesi di laureatriennale in Ingegneria Civile, Università degli Studi diPerugia, a.a. 2007-2008 (relatore: prof. ing. P. Belardi;correlatore: dott. ing. S. Bori)

2008BELARDI 2008a= P. Belardi, Do-It-Yourself. Quando ildisegno è sottinteso, Melfi 2008BELARDI 2008b = P. Belardi, a cura di, Il Palazzo Gal-lenga Stuart di Perugia, Perugia 2008BELARDI, CONSOLINI 2008 = P. Belardi, S. Consolini,L’area di piazza Grimana fra Otto e Novecento. Dacrocevia obbligato a vuoto irrisolto, in P. Belardi, acura di, Il palazzo Gallenga Stuart di Perugia, Perugia2008, pp. 39-64BIANCHI 2008 = M.P. Bianchi, Eugenio Trampetti, in

Cassa di Risparmio di Foligno, 1858-2008: nascita esviluppo dell’Istituto bancario. L’impegno degli uo-mini, Foligno 2008BOFFITO 2008 = M. Boffito, La didattica del disegno diarchitettura tra Otto e Novecento, in S. D’Agostino, a curadi, Storia dell’Ingegneria, vol. I, Napoli 2008, pp. 867-874CAPOMOLLA, MULAZZANI, VITTORINI 2008= R. Capomolla,M. Mulazzani, R. Vittorini, Case del Balilla. Architetturae fascismo, Milano 2008D’AGOSTINO 2008 = S. D’Agostino, a cura di, Storiadell’ingegneria, Atti del 2° convegno nazionale (Napoli,7-9 aprile 2008), 2 voll., Napoli 2008, IIIORI 2008 = T. Iori, Il boom dell’ingegneria italiana:il ruolo di Gustavo Colonnetti e Arturo Danusso, in S.D’Agostino, a cura di, Storia dell’ingegneria, Atti del2° convegno nazionale (Napoli, 7-9 aprile 2008), 2 voll.,Napoli 2008, II, pp. 1501-1510MAGGIOLINI 2008 = P. Maggiolini, Arte e Società a Ternidal 1800 a oggi, Arrone 2008MARCONI, BENVENUTI, BIANCHI, BIANCHI 2008 = R. Mar-coni, M.R. Benvenuti, M.P. Bianchi, V. Bianchi, a curadi, Un ingegnere a Foligno. L’Archivio Felice Sabatini(1891-1984). Inventario, Foligno 2008MELOGRANI 2008 = C. Melograni, Architettura italianasotto il Fascismo. L’orgoglio della modestia contro laretorica monumentale 1926-1943, Torino 2008NICOLOSO 2008 = P. Nicoloso, Mussolini architetto.Propaganda e paesaggio urbano nell’Italia fascista,Torino 2008PAGANO 2008 = G. Pagano, Architettura e città duranteil fascismo, a cura di C. De Seta, Milano 2008PENNACCHI 2008 = A. Pennacchi, Fascio e martello.Viaggio per le città del duce, Roma-Bari 2008

2008-2009BIANCALANA 2008-2009 = L. Biancalana, CCCCASA, tesidi laurea in Architettura, Università degli Studi di Fi-renze, a.a. 2008-2009 (relatore: M. Scalzo)CASSIANI 2008-2009 = E. Cassiani, Rilievo architettonicodella Palazzina Comando della Caserma Piave a Or-vieto (TR), tesi di laurea triennale in Ingegneria Civile,Università degli Studi di Perugia, a.a. 2008-2009 (rela-tore: prof. ing. P. Belardi; correlatori: dott. ing. S. Bori,dott. ing. V. Menchetelli)

2009ANGELETTI 2009 = V. Angeletti, a cura di, L’archivio

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dell’Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci” di Pe-rugia. Inventario, Città di Castello 2009BONCI, FILIPPUCCI, MENCHETELLI, MERLI 2009 = A. Bonci,M. Filippucci, V. Menchetelli, S. Merli, Piazza del So-pramuro, oggi piazza Matteotti. Trasformazione ar-chitettonica e urbanistica, in P. Belardi, a cura di,Camminare nella storia. Nuovi spazi pedonali per laPerugia del terzo millennio, Perugia 2009, pp. 25-39BOSI 2009 = G. Bosi, Foligno, una stagione. La cittàtra Otto e Novecento, Foligno 2009CESARI 2009 = L. Cesari, Una fabbrica, una storia.A.U.S.A. Aeronautica Umbra Società Anonima, Foli-gno 2009CIALFI 2009 = D. Cialfi, Giuseppe Preziosi, in D. Cialfi,A. Pesola, a cura di, Umbria futurista, 1912-1944. Per-sonalità, gruppi, scritti creativi, riviste, carteggi, e te-stimonianze dell’avanguardia storica italiana.Architettura: concorsi, progetti e realizzazioni, Cata-logo delle mostre (Terni, 20 febbraio - 30 aprile 2009),Terni 2009, pp. 129-130MANCINI 2009 = F.F. Mancini, a cura di, Il Palazzo dellaProvincia di Perugia, Perugia 2009MANGONE 2009 = F. Mangone, Chiaja, Monte Echia eSanta Lucia. La Napoli in un secolo di progetti urba-nistici 1860-1958, Napoli 2009MICALIZZI 2009 = P. Micalizzi, Gubbio storia dell’archi-tettura e della città, Gubbio 2009VAQUERO PIÑEIRO 2009 = M. Vaquero Piñeiro, I beni ur-bani dell’asse ecclesiastico a Perugia, immobili e nuoviproprietari, in “Città e storia”, IV, 2009, pp. 89-110

2010ARMENI 2010 = M. Armeni, Tracce dell’attività di An-tonino Bindelli anche nel suo rapporto con i Perugini,in “Umbriasettegiorni”, 19, 2010, p. 34BELARDI 2010 = P. Belardi, “Povera architettura no-stra!”. La ventata razionalista dell’Accademia del Di-segno di Perugia, in “Ikhnos”, 2010, pp. 119-128BELARDI, BOCO 2010 = P. Belardi, F. Boco, Il disegnodella nuova architettura. La svolta moderna dell’Ac-cademia di Belle Arti di Perugia, in M. Docci, M.G.Turco, a cura di, L’architettura dell’”altra” modernità,Atti del XXVI Congresso di Storia dell’Architettura(Roma, 11-13 aprile 2007) Roma 2010, pp. 312-317BORI, MENCHETELLI 2010 = S. Bori, V. Menchetelli, Laperiferia del Moderno. Episodi diffusi in Umbria, inM. Docci, M.G. Turco, a cura di, L’architettura

dell’”altra” modernità, Atti del XXVI Congresso di Sto-ria dell’Architettura (Roma, 11-13 aprile 2007) Roma2010, pp. 326-333BUSTI 2010 = M. Busti, Il governo della città durante ilventennio fascista. Arezzo, Perugia e Siena tra progettoe amministrazione, Perugia 2010CIALFI 2010 = D. Cialfi, Alberto Presenzini Mattoli, inM. Duranti, A. Pesola, a cura di, Griffa! una rivista fu-turista del 1920, Roma 2010, p. 103DOCCI, TURCO 2010 = M. Docci, M.G. Turco, a cura di,L’architettura dell’”altra” modernità, Atti del XXVICongresso di Storia dell’Architettura (Roma, 11-13aprile 2007) Roma 2010DURANTI, PESOLA 2010 = M. Duranti, A. Pesola, a curadi, Griffa! una rivista futurista del 1920, Roma 2010MARTINI 2010 = L. Martini, Domenico Pucci: “dal cuc-chiaio alla città” figura di progettista decisamente at-tuale, in “Umbriasettegiorni”, 23, 2010, p. 38QUINTERIO, CANALI 2010 = F. Quinterio, F. Canali, Per-corsi d’architettura in Umbria, Foligno 2010

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Accademia del Disegno, poi Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci”, Perugia, 60, 65, 144, 149, 153, 155, 161,166, 202Accademia del Disegno, poi Accademia di Belle Arti, Scuola di Architettura, Perugia, 60, 163Accademia di Brera, 62, 161Accademia di San Luca, 65Accademia Militare di Modena, 143Addis Abeba, 153Agnelli, Giovanni, 51, 111Albania, 170Alberati, Armando, 173Alfani, Orazio, 65Alleori, Bernardo, 119Alterocca, Virgilio, 101Ambrogioni, Tito, 119Amburgo, 151Andaloro, Maria, 141Angeletti, Marinella,. 111, 153Angeletti, Raffaele, 55Angeletti, Vincenzo, 65Angelini, Pietro, 62, 63, 65, 91, 96, 97, 144ANMIG, 138 Armeni, Marco, 65, 99, 133, 163Assemblea Nazionale delle Corporazioni, 28Assisi, 56, 57, 57, 77, 79, 83, 84, 123, 157, 159, 161

Cripta della basilica di San Francesco, 161Istituto Serafico per Ciechi e Sordomuti, 65Petrignano di Assisi, Industria meccanica Cicogna, 133

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Indice dei nomi e dei luoghia cura di Silvia Bosi

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Santa Maria degli Angeli, magazzini Soc. Montecatini, 83, 83Molino Costanzi, 133

Associazione degli Industriali di Perugia (Confindustria), 156Associazione dei Tecnici Agricoli della Provincia di Perugia, poi Ordine degli Agronomi, 98, 99Associazione di Pubblica Assistenza “Stella d’Italia”, Spoleto, 72Associazione Pro Orvieto, 126AUSA, 120

Bacoccoli, Giovanna, 173Baculo Giusti, Adriana, 65Barbarelli, Elisa, 147Bastia Umbra (Pg), 57, 68, 123, 128, 129, 131, 132, 133

Bastiola, fornace Galletti, 130 Cooperativa autonoma tabacchi, 129Scuola elementare e asilo infantile, 131, 132

Cantina sociale cooperativa, 129, 130Cappella di Sant’Antonio, 131Casa delle Opere Parrocchiali, 132Chiesa di San Michele Arcangelo, 163, 166Cinema Teatro Esperia, 131Colonia elioterapica di Santa Lucia, 130Conservificio Lolli, 129, 131Costano, Scuola elementare, 131Officine Meccaniche Franchi, 130, 131Oratorio della Buona Morte, 131Ospedalicchio, Scuola elementare, 132Palazzina Fiumi Angeli, detta Casa della Contessina, 131Palazzo Municipale, 132Pro Loco, 133Scuola Materna ed Elementare “Costanzo Ciano”, 68, 129, 146Scuola “Ruggero Bonghi”, già Ospizio anziani e orfani, 131Stabilimento Giontella, 129, 130, 131Stabilimento Spigadoro Petrini, 159Tabacchificio, 131Torre di approvvigionamento idrico, 131Via Roma, 129, 131Villa Franchi, 131Villa Giontella (oggi Hotel Le Muse), 131

Bazzani, Cesare, 20, 59, 65, 102, 102, 110, 115, 115, 116, 117, 121, 137, 138Bazzoffia, Alessandro, 67, 73, 132BBPR, 179Beacci, Massimo, 179Belardi, Paolo, 55, 64, 65, 96, 97, 132, 141, 179Belladonna, Anna, 155Bellini, Aroldo, 59Benazzi, Giordana, 141Benvenuti, Maria Rosaria, 121, 141

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Benvenuti, Vincenzo, 65Berioli, Anita, 64Berlino, 151Bernardi, ditta, Foligno, 119Bertini Calosso, Achille, 95Betti, Nicola, 173Bettona (Pg),

Passaggio, Chiesa della Madonna del Ponte, 75Scuola elementare “Rosa Maltoni Mussolini”, 69, 75 Palestra ex GIL, 74

Bettoni, Fabio, 121, 140, 141Biancalana, Laura, 65Bianchi, Maria Paola, 121, 141Bianchi Vitaliano, 121, 141Bianconi, Carlo, 161Bianconi, Fabio, 77, 65Biennale della Floricoltura di San Remo (IVa), 149, 153Biennale delle arti decorative dell’ISIA, Monza (IVa), 179Biennale internazionale d’Arte di Venezia (XIXa), 152Biennale internazionale d’Arte di Venezia (XXa), 152Binacci, Simone, 64Bindelli, Antonino, 20, 60, 65, 131, 132, 163, 164, 165, 166, 167Biscarini, Francesco, 55Biscarini, Nazareno, 65Blasi, Bianca, 65, 99, 155Boccioni, Umberto, 151Boco, Fedora, 64, 65, 97, 153Boffito, Maura, 65Bolli, Finauri, Moriconi, Lolli e Cucciarelli, ditte, Foligno, 119Bologna, 152, 161Bonci, Alessia, 101, 147Bonetta, Gaetano, 133Bongarzone, Matteo, 65, 111, 149Bonucci, famiglia, 171, 173Bori, Simone, 65, 69, 99, 132, 141, 153, 161, 167 Bosi, Giovanni, 113, 113, 114, 117, 121, 137, 141Bosia, Daniela, 85Botta, Mario, 163, 167Bottai, Giuseppe, 70, 75, 131Bravetti, Saul, 104Brindisi, Magazzini Società Montecatini, 83Briziarelli, famiglia, 159Brozzi, Enrico, 133Brunelli, Daniela, 133Brunelli, Nicola, 121Bruxelles, 152

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Bufalini, Giovanni Ottavio, 181, 181, 185Buitoni, Giovanni, 89, 145Busti, Monica, 64

Cagianelli, Enrico, 59Calabrese, Cherubino, 65Caldarelli, Ernesto, 57Calderini, Guglielmo, 55, 56, 65, 60Calderoni, Antonio, 173Cambiotti, Simona, 173Campello sul Clitunno (Pg), Colonia, 72Canali, Ferruccio, 64, 65Canali, Pietro, 65Cancellotti, Gino, 96Cangi, Giovanni, 165Capomolla, Rinaldo, 25, 51, 97Caporali, Maria Annunziata, 179Caporetto, 155Capra, Ramiro Maria, 141Caputo, Marinella, 178Casabella, 19Caselli, Ludovico, 55Cassa di Risparmio di Città di Castello, 181Cassa di Risparmio di Foligno, 116, 137Cassa di Risparmio di Perugia, 159Cassiani, Enrica, 64, 133Castellani, Ugo, 150Castelluccio di Norcia (Pg), Colonia montana, 72Castori, famiglia, 185Castori, Luigi, 59, 65, 181, 182, 183, 184Castori, Margherita, 185Catalini, Francesca, 127, 133Cauti, Antonella, 65Cavallero, Ugo, 125, Cecchetti, Marco, 179Cecchini, Giovanni, 65Cecconelli, Emanuela, 121Cencini, Francesco, 179Ceramiche Pucci, 176Ceramiche Rometti, 176Cereghini, Mario, 42, 45, 46Cesari, Lanfranco, 121Cesenatico (Fc), Colonia Agip “Sandro Mussolini”, 71Ciaccasassi, Paolo, 65Cialfi, Domenico, 153Ciaurro, Ilario, 150Cicioni Fabio e Figli, ditta, Foligno, 119

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Città di Castello (Pg), 57, 59, 65, 181 Consorzio Agrario, 182Convento di San Francesco, 183, 185Fattoria Autonoma Tabacchi, 181, 182Essiccatori Tabacchi ColonialiNuova Sede Liceo Classico, 182, 183, 184Palazzina INA-Casa, 160Palazzo Vitelli, 183, 185Scuola Operaia “G.O. Bufalini”, 181, 181, 183, 185Scuola Professionale e Tecnica per l’Agricoltura, 182, 183 Via Tiberina, 183

Ciuffetti, Augusto, 110, 111Civitanova Marche (Ap), Casa del balilla, 44Clarici, famiglia, 137Clarici, Pietro, 119Colasanti, Guglielmo, 150Collegio dei Geometri della Provincia di Perugia, 99Commissariato per le Migrazioni e la Colonizzazione Interna, 37Como, Casa del Balilla, 44 Casa del Fascio, 45, 46, 47Comune di Bettona, 74Comune di Foligno, 141

Ufficio Tecnico, 137Comune di Orvieto, 128Comune di Perugia,

Commissione Edilizia, 144Ripartizione Tecnica, 166 Ufficio Tecnico, 92, 143, 164

Comune di Spoleto, 73Ufficio tecnico, 73

Comune di Terni,Commissione Edilizia, 149 Ufficio Tecnico, 106, 108, 150

Conegliano Veneto (Tv), 143Conti, Alessandro, 65Coopertiva Case Economiche, Foligno, 121Coppa, Mario, 110, 144Costa Azzurra, 179Costantini, Costantino, 44Covino, Renato, 64, 110Credaro, Luigi, 73Crespi d’Adda (Bg), Case Cantiere Navale Triestino, 111Crivaro, Oreste, 125Cucchia, Carlo, 59, 65, 98, 169, 170, 171, 172, 173, 173Cucchia, famiglia, 173Cuppelloni, Luciano, 85

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D’Amato, Claudio, 179D’Anselmo, Marcello, 85Daddi, Cesare, 65Daneo, Edoardo, 73Danusso, Arturo, 145, 175, 179De Angelis D’Ossat, Gioacchino, 85De Felice, Aurelio, 59de’ Lorenzi, Luciana, 156De Persiis, Mauro, 64Del Bufalo, Edmondo, 95Del Debbio, Enrico, 41, 42, 44, 51, 108, 111Delcroix, Carlo, 119Depressione Dancala o della Dancalia, 170Deruta (Pg),

Sant’Angelo di Celle, Casa della GIL, 57, 58Di Nucci, Loreto, 64, 85, 98, 110, 111, 132, 133, 141, 179 Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti, 114Domus, 82Dottori, Gerardo, 59, 111, 149, 150, 173Duranti, Massimo, 65, 153, 173

ENEF, 73EOA, 70Esperia (Fr), 143Esposizione di Architettura Razionale di Roma (Ia), 169Esposizione Fascista Lavoratori dell’Agricoltura ‘Impero Razza Autarchia’ di Perugia, 89, 93, 96, 97 Esposizione Internazionale di Roma 1911, 55Esposizione Italiana dell’Abitazione e dei Piani Regolatori di Roma (Ia), 117Esposizione Umbra d’Arte Moderna (Ia), 149Etiopia, 27, 49EUR, (E42), 1942, 49

Servizio Architettura, 49

Fagiolo, Mario, 20, 102, 104Farinelli, Franco, 85Fasolo, Vincenzo, 95Fedele, Pietro, 74Federazione Provinciale dei Fasci di Combattimento di Perugia, 73Federici, Ettore, 121Ferrara, Patrizia, 133Figini, Luigi, 179Filippucci, Marco, 65, 137, 147Finauri, Guido, 121Fiorelli, Giuseppe, 115Firenze, 65, 161Foligno (Pg), 21, 57, 58, 65, 75, 113, 114, 115, 116, 119, 120, 137, 137, 138, 138, 139, 140, 161

Abbazia di Santa Croce di Sassovivo, 141

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Accesso ai Canapè, 116Aeronautica Umbra Società Anonima (AUSA), 120Aeroporto “Giorgio Franceschi”, 119, 120, 120Albergo Littorio a Porta Romana, 116, 116Campo sportivo del littorio, 116, 117

Propilei, 117Casa del Mutilato, 118, 119, 137, 138, 138, 140Caserma Vittorio Emanuele II, 120Cinema Teatro Impero, 118, 119Corso Cavour, 118Corso Vittorio Emanuele, 116Deposito della Società Italo Americana per il Petrolio, 141Duomo, 114 Foro Boario, 121Giardino pubblico, 116Monumento alla Vittoria a Porta Romana, 116Officine Grandi Riparazioni, 79, 113Oratorio del Gonfalone, 117Palazzo Clarici, 141Palazzo comunale, facciata secondaria, 113, 118Palazzo della Cassa di Risparmio, 116Palazzo delle Canoniche, 114, 114Palazzo Trinci, 114Piazza Impero, oggi piazza Matteotti, 113, 118Piazza Mussolini, 116Piazza Vittorio Emanuele II, oggi piazza della Repubblica, 118

Fontana, 118Porta Romana, 115, 116, 116Scalone palazzo Trinci, 116, 137Scalone di accesso ai Canapè, 116Scuola militare per allievi ufficiali e sottufficiali piloti dell’Aeronautica Militare, 120Sede pubblica assistenza “Croce Bianca”, 118, 138, 139, 140Stabilimento AUSA, 120Statua di Nicolò Alunno, 116Supercinema Politeama Clarici, 141Teatro Piermarini, Sala Vittoria, 116Via Flaminia, 116, 118Via Giuseppe Garibaldi, 141Via Giuseppe Piermarini, 118Via Guglielmo Oberdan, 118Viale Alfiero Mezzetti, 120Viale Cesare Battisti, 118, 120Viale Chiavellati, 120Viale Flavio Ottaviani, 120

Fondazione Pietro Portaluppi, Milano, 179Forlì, Casa del balilla, 45Foschini, Arnaldo, 51

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Franco, Manfredi, 63, 64, 65, 97Frankl, Wolfgang, 107Frappi, Carlo, 59, 119Frenguelli, Giuseppe, 104, 149Frenguelli, Pietro, 131, 132Fruganti, Matteo, 133Fucino, 98Fuselli, Eugenio, 96Futurismo, 151

Gaburri, Marta, 141Galleria Pesaro, Milano, 151Gallo, Giampaolo, 110Gambardella, Cherubino, 65Garutti Giovanni, 133Gazzetta di Foligno, 119, 121Genio Militare, 125, 170Genova, 181Gentile, Giovanni, 67, 73Gentili, Lamberto, 132Germania, 32Ghisalberti, Adolfo, 179Giacinti, fratelli, ditta, Foligno, 119Giacomini Oreste e Sem Vitali, ditta, Foligno, 119Giannoni, Silvia, 147Gigliarelli, Ferdinando, 65, 149GIL, 57, 60, 58, 75, 127, 128Giontella, Francesco, 129, 131, 133Giorgini, Mario, 65, 121Giovannoni, Gustavo, 20, 104Giubbini, Giovanna, 64Giuliani, Mario, 173Griffa!, 62, 149, 153Grisanti, Ezio, 64Grohmann, Alberto, 64, 85Grossi, famiglia, 147Grossi, Gaia, 147Grossi, Giuseppe, 20, 21, 91, 130, 143, 145, 147Grossi, Silvia, 147Gruppo 7, 179Gualdo Tadino (Pg), Scuola elementare, 84Gualfetti, Paola, 133Guardabassi, Benedetto, 55Guardabassi, Francesco, 95Gubbio (Pg), 57

Semonte, Scuola elementare “Costanzo Ciano”, 59, 75Gubbiotti, Vittorio, 161

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Guidonia (Rm), 183Gurrieri, Ottorino, 65, 133

IFACP, 105Il Giornale d’Italia, 173Il Messaggero, 99Il Tempo, 161Iori, Tullia, 147, 179ISEF, 128IACP, oggi ATER, 110, 170ISRIM, Terni, 111Italia, 19, passim

Kirk, Terry Rossi, 64

L’Aquila, Piscina, 45L’Assalto, 64La Nazione, 99Labò, Mario, 75Lago Trasimeno, 77Lanzi, Luigi, 101Lascaro, Maria Elena, 67, 70, 75, 132Latini, Giuseppe, 133Lattes, Enrico, 104, 105Laureti, Natalina, 150Lavagnino, Roberto, 96Lenzi, Luigi, 96Libera, Adalberto, 42, 44, 46, 47, 49, 111Libia, 140Lilli, Alessandro, 155, 156Lilli, Dino, 155, 159, 160, 161Lilli, Edoardo, 161Lilli, Liliana, 156, 161Lilli, Vittorio, 156Littoria (Latina), 183Littoriali, 63Livi, Tecla, 85Lombardini, Paolo, 64Lucchi, Olga, 141Luci, Tommaso, 65

Macellari, Giovanni Michele, 179Macerata, Casa del balilla, 44, 45Madau Diaz, Nino, 99Maggiolini, Paolo, 65Magione (Pg),

Castel Rigone, Colonia, 72

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Mancini, Francesco Federico, 64, 141Mangione, Flavio, 96, 98, 167Mangone, Fabio, 65Mansutti, Francesco, 42Mantero, Gianni, 44Mantova, 151Manzo, Elena, 65Mar Rosso, 170Marcantoni, Alessandro, 65, 173Marconi, Plinio, 36, 37, 37, 40, 51, 64Marconi, Renzo, 121, 141Marcucci, Alessandro, 68Maremma laziale, 98Mariani, Emanuele, 64Marinelli, Bruno, 121, 141Marinetti, Filippo Tommaso, 62, 151, 152Marini, Arnaldo, 150Marino, Roberto, 58, 128Marsciano (Pg), 58, 65

Casa del fascio, 59Colonia elioterapica, 72Fornaci Briziarelli, 159

Martini, Luca, 65, 175Mascelloni, Enrico, 178Massini, Giovan Battista, 98, 160Mastrodicasa, Sisto, 91, 98, 130, 144, 146Matthews, Herbert L., 28Mazzoni, Angiolo, 49, 85Mencarelli, Antonio, 65, 67, 132, 133Mencarelli, Francesco, 91Menchetelli, Valeria, 99, 123, 132, 141, 147 Menichetti, Marco, 185Merli, Sonia, 147Metelli, Orneore, 59Milano, 20, 62, 106, 111, 179

Abitazioni Società Acciaierie e Ferriere Lombarde, 111Casa del balilla, 45, 46Casa Corbellini-Wassermann, 177, 178Grattacielo Pirelli, 145Istituto Tecnico Superiore, oggi Politecnico, 175, 181Torre Velasca, 145

Milletti, Giorgio, 98Milletti, Roberto, 65, 89, 93, 96, 97, 98 Minardi, Tommaso, 65Ministero dei Lavori Pubblici, 25, 51Ministero degli Affari Esteri, 51Ministero dell’Aeronautica, 119

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Ministero dell’Istruzione, dal 1929 Ministero dell’Educazione Nazionale, 64, 74Ministero delle Comunicazioni, 49Ministero per le terre liberate, 143Minnucci, Gaetano, 37, 39, 42, 51, 96, 104Miozzo, Gino, 42, Mirimao, Guido, 150Misano Adriatico (Rn), Colonia marina, 72Molinari, Luca, 179Monfalcone (Go), Case Cantiere Navale Triestino, 111Mongiovì, Emanuele, 92, 93Monotti, Giovanni, 65Montagnini, Chiara, 65, 185Monte dei Paschi di Siena, 119Montuori, Marina, 99Morbidoni, Emanuele, 65, 104, 106, 111Moretti, Francesco, 55Moretti, Luigi, 96, 40, 42, 43, 44, 44, 49Morlacchi, Francesco, 96Morpurgo, Vittorio Ballio, 51Mostra “Aeropittura futurista italiana”, Amburgo, 151Mostra “Aeropittura futurista italiana”, Berlino, 151Mostra Antologica della Scuola di Architettura, Perugia, 61Mostra “Aviazione fascista e aeropittura futurista”, Terni, 151Mostra Futurista, Galleria Pesaro, Milano, 151Mostra Intersindacale, Firenze (Ia), 150Mostra Mercato dei Vini Tipici d’Italia, Siena, 152, 153Mostra Nazionale di Arte Futurista, Mantova, 151Mostra Nazionale di Arte Futurista, Roma (Ia), 151Mostra Sindacale di Terni (Va), 152Mozzoni, Gugliemo, 65Mozzoni, Loretta, 65Mulazzani, Giovanni, 19, 51, 97, 179Muratore, Giorgio, 64, 65Mussolini, Benito, 28, 29, 31, 51, 55, 99, 101

Narni (Tr), 57, 84Casa del balilla, 19, 50, 50, 57, 60

Nera, fiume, 103Neri, Maria Luisa, 64Nervi, Pier Luigi, 20, 33, 35, 37, 83, 128, 145, Nicolosi, Giuseppe, 96Nicoloso, Paolo, 141Nobili, Paola, 140Nucci, Francesco, 58, 59, 65Nusiner, Giuseppe, 37

Odoni, Giuseppe, 60, 65

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Olimpiadi (1936), 58ONB, 41, 46, 74, 128OND, 152ONL, 111Opera contro l’analfabetismo, 67Ordine degli Agronomi della Provincia di Perugia, 99Ordine degli Ingegneri di Perugia, 170Orsini, Baldassarre, 65Ortensi, Dagoberto, 96Orvieto (Tr), 57, 58, 78, 83, 123, 123, 126, 126, 127, 127, 128, 128, 132

Accademia Femminile Fascista della GIL, ex convento di San Domenico, oggi Centro di Addestramento di Specializzazione della Guardia di Finanza, 83, 126, 127, 128Acquedotto, 127Carcere, ex convento di San Pietro, 127Caserma per Avieri, 127, 128 Edificio truppa, 128 Palazzina comando, 128Palazzo del Popolo, 127Palestra GIL, 127Rocca Albornoz, 127“Vigna grande”, 128

Ottaviani, Ottaviano, 121

Pagano, Giuseppe, 19, 20, 21, 35, 42, 51, 82, 83, 85, 141, 173, 183Palazzeschi, Marco, 65, 181Pambuffetti, Pietro, 140Paniconi, Mario, 42, 96Papini, Roberto, 95Parlamento Italiano, 99Parpagliolo, Luigi, 147PNF, 29, 34, 35, 37Passignano sul Trasimeno (Pg), Palazzina stabilimento Sai-Ambrosini, 57Pediconi, Giulio, 42, 96Pelletti, Eno, 121Pepoli, Gioacchino Napoleone, 85Perugia, 21, 55, 56, 57, 58, 59, 61, 65, 70, 84, 89, 90, 91, 93, 94, 95, 98, 123, 143, 144, 146, 149, 155, 167, 169, 173

Acquedotto, 77, 78, 79Borghetto di Prepo, 170 Asilo, 165 Oratorio della Chiesa di Santa Teresa del Bambin Gesù, 171Borgo XX Giugno, 89, 93, 96, 97 Asilo, 165 Poligono di tiro, 165Casa Briziarelli, 160Casa del Balilla, 92, 93Chiesa dei Santi Biagio e Savino, 159Chiesa di San Domenico, 161

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Chiesa di San Francesco al Prato , 62Chiesa di Sant’Ercolano, 61Chiesa parrocchiale di Case Bruciate, 159Cimitero monumentale, Cappella Briziarelli, 164, 167 Cappella Mignini, 164Cinema teatro Lilli, 156, 157, 157, 158, 159, 160, 161Colonie montane ed elioterapiche, 72Corso Cavour, 160Edificio in via Fratelli Pellas, 171 Elce, Scuola elementare “Enzo Valentini”, 146Fontivegge, 89, 90 Capannoni industriali Perugina, 95 Piazza, 165 Sede rionale “Giacanelli”, 92, 94 Stazione, 85Galleria Kennedy, 144Giardini Carducci, 99Giardini del Frontone, 93 Hotel Brufani, 99Largo Cacciatori delle Alpi, 161 Cinema e Sede INPS, 95 Manifattura Tabacchi, 85 Mercato coperto, 143, 144, 145, 147Monastero di San Pietro (cortile), 61Monteluce, 90 Scuola elementare “Primo Ciabatti”, 146, 146, 147 Ospedale Santa Maria della Misericordia, 169, 173, 172 Cappella “Salus Infirmorum”, 169, 172 Padiglione di isolamento delle malattie infettive, 172 Padiglioni “I” e “H”, 172, 172Orti della Facoltà di Agraria, 93 Orto Brufani, 145Palazzo- Albergo Sangallo, 157, 158, 159, 159, 160Palazzo di Giustizia, 92, 92, 145, 165, 169, 170Palazzo ex- Combattenti, 158Palazzo Gallenga Stuart, (sede Regia Università, oggi Università per Stranieri), 91, 159Palazzo Lilli, 155, 157, 158, 160Palazzo Lippi-Alessandri, (sede Cassa di Risparmio di Perugia, oggi Unicredit), 157, 159Parco della Vittoria, 90, 91Pian di Massiano, 89Piazza d’Armi, ex foro Boario (area Santa Giuliana), 90Piazza dell’Impero, 92Piazza Garibaldi, 157Piazza Grimana, 91, 96Piazza Morlacchi, Scuola media “Giovanni Pascoli”, 146Piazzale Bellucci, 171, 171

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Pieve di Campo, 163Pila, Casa Littoria con dopolavoro rurale, 93, 98, 99Ponte Felcino, 70 Chiesa di San Felicissimo, 166 Scuola elementare, 146 Teatrino ricreatorio, 171, 173Ponte San Giovanni, Casa del Fascio, 164, 165, 167 Chiesa di San Bartolomeo, 166, 167 Via Littoria, oggi Via Manzoni, 167 Porta Pesa, Via Brunamonti, scuola del Littorio, 70, 146 Porta Sant’Angelo, serbatoio acquedotto 144Regio Istituto Tecnico di Perugia, 169Sant’Egidio, Aeroporto “Adamo Giuglietti”, 129, 131, 132, 133Stazione di Sant’Anna, 171Teatro Morlacchi, 167Via Bagliona, 144Via del Borghetto di Prepo, 160Via Fiume , 158Via Fratelli Pellas, 161 Edificio residenziale. 94 Sede del Comando Militare, 171 Via Maestà delle Volte, fontana, 62Via Mazzini, 98Via Pinturicchio, Casa della Madre e del Bambino, 95Via Pompeo Pellini, 165, 170Via Spirito Gualtieri, Palazzine residenziali, 98 Villa Milletti, 98Via XIV Settembre, 160Via XX Settembre, 161Viale Indipendenza, orientatore panoramico, 165, 165

Perusia, 97Pesola, Antonella, 65, 149, 153, Piacentini, Marcello, 35, 47, 48, 49, 51, 95, 141Piacenza, Casa del balilla, 42Pianetti, Almo, 104Piazzoli, Laura, 65Pica, Agnoldomenico, 19, 20, 50, 50, 51, 57, 60Piccinato, Luigi, 96, 104Picone Petrusa, Mariantonietta, 65Pierani, Giovanni Antonio, 113, 114, 121Piermarini, Luciano, 121Pintonello, Achille, 128Placidi, Giovanni, 119, 141Podestà, Attilio, 75

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Polano, Sergio, 179Polidori, Silvia, 179Politecnico di Milano, 181Politecnico di Torino, 169Pollini, Gino, 179Pontebba (Ud), 143Pontecorvo, Livio, 92, 92Ponti, Giò, 35, 37, 51, 183Ponti, Antonio Carlo, 65, 153Poretti, Sergio, 141Portaluppi, Piero, 175, 177, 178, 179Portici (Na), 140Pracchi, Attilio, 64Presenzini Mattoli, Alberto, 62, 149Preziosi, Gervasio, 149Preziosi, Giuseppe, 20, 59, 65, 111, 149, 150, 151, 152, 153, 153Principi, Paolo, 85Prognola, Brunetto, 92, 95Proietti, Naike, 65, 139, 141Prosperi, Riccardo, 132Provvidenza, Giulio, 65, 157PUCCI, (Piccola Utilitaria Carina Confortevole Ideale), 176Pucci, Angelica, 179Pucci, Bianca Maria, 179Pucci, Domenico, 59, 65, 175, 176, 177, 178, 178Pucci, Edvige, 179Pucci, Maurizio, 179Purini, Franco, 82, 85

Quinterio, Francesco, 64, 65

Racheli, Alberto Maria, 64Ralli, Stefano, 64Rambaldi, Ugo, 60Raneri, Gabriele, 132Raschi, Romolo, 121Ravagli, ditta, 119Recanati (Mc), Magazzini Società Montecatini, 83Regia Deputazione di Storia Patria per l’Umbria, 56Regni Sennato, Marina, 51Ricci, Renato, 41, 42Ridolfi, Mario, 20, 42, 44, 45, 45, 102, 104, 110 Rieti, 117Righi, Enzo, 128Rocca di Monterchi (Ar), 181, 182Roccatelli, Carlo, 64Rodi, 153

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Rogari, Francesca, 99, 133, 143Rogers, Ernesto Nathan, 175, 178Roma, 20, 39, 42, 45, 62, 65, 92, 117, 123, 153, 161, 163, 169

Casa delle Armi, 43, 44, 44, 46Città universitaria, 47, 48, 49, 51Colosseo, 146Eur (E42), 25, 31, 33, 35, 36, 49

Chiesa dei SS. Pietro e Paolo, 32Palazzo degli Uffici, 36Palazzo dei Ricevimenti e Congressi, 36Palazzo della Civiltà Italiana, 25, 26, 28, 36, 49

Foro Italico, Accademia di Educazione Fisica, 41, 44Piscina, 44

Montesacro, Casa del balilla, 39Mura aureliane, 50Palazzo delle poste, 45, 47Stazione Termini, 49Trastevere, Casa del balilla, 40

Rometti, Aspromonte, 179Rometti, famiglia, 179Rossetti, Felice, 65Rossi, Corrado, 185

Sabatini, famiglia, 121Sabatini, Felice, 121Sabaudia (Lt), 183Saggio, Antonino, 173Salvemini, Gaetano, 37San Giustino (Pg), 185

Fattoria Autonoma Tabacchi, 182Sant’Elia, Antonio, 169Santini, Giovanni, 65Santini, Stefano, 65Santolamazza, Rossella, 64Sanzio, Raffaello, 121Sartoris, Alberto, 99Satolli, Alberto, 133Sberna, Achille, 132Scaletti, Cecilia, 65, 99, 169Scalpelli, Alfredo, 96Scaramucci, Ugo, 113, 119Segni Scalo (Roma), Case Società Bombrini e Parodi, 111Servizi Tecnici del Partito Nazionale Fascista, 92, 166Sigillo (Pg), Acquedotto di Villa Scirca, 144Siena, loc. Chiusure, Abbazia di Monte Oliveto Maggiore, 138Signorelli, Riccardo, 65, 178, 179

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Signorini, Alceste, 92, 94, 98, 166, 167, 167Signorini, Bruno, 167Signorini, famiglia, 167Simoncini, Franco, 83Sindacato Nazionale Fascista Architetti, 36Società delle Nazioni, 27, 49Società Italiana Vetri e Cristalli, 51Società Lavori Pubblici, Milano, 73Società Valnerina, Terni, 104Soli, Pierino, 119Soprintendenza Archivistica per Umbria, Perugia, 173Soprintendenza per i Beni Archeologici, Perugia, 160Sorbi, Giorgio, 119, 121, 141, 160Sorbi, Caterina, 137Sozi, Domenico, 65Spello (Pg), 149Sperandio, Bernardino, 85Spoleto (Pg), 57, 72, 123, 126, 128, 132, 161, 75

Acquedotto, 125Chiesa e convento di San Luca, 124Monteluco, “Colonia del popolo”, già “Sandro Mussolini”, 67, 71, 72, 73Ospedale Civile, 125Scuola Allievi Ufficiali di Complemento, 124, 125Viale Regina Margherita, 124

Sportoletti, Elisa, 65, 138, 141Squadroni, Mario, 185Staderini, Alberto, 105Steffenino, Walter, 131Stornelli, Corrado, 91Stramaccia e Co, ditta, Foligno, 121Studio Fossati e Ginatta, Genova, 58Studio Severi e Sironi, Milano, 144Susini, Alfio, 90, 90, 91, 96, 104

Tacchini, Alvaro, 185Taddei, Francesca, 64, 200Tadolini, Scipione, 96Tarchi, Ugo, 60, 61, 62, 64, 65, 149, 155, 161, 163, 164, Terni, 56, 57, 57, 58, 59, 65, 79, 84, 101, 102, 104, 106, 109, 110, 123, 129, 149

Albergo Beta, 110Borgo Costa, (quartiere Sant’Agnese), poi quartiere Corridoni, 105Campo sportivo, 110Camporeale, 104, 108, 109Cascata delle Marmore, 110, 111, 153 Chiesa di Sant’Antonio, 110Collesanto (odierna Mazzelvetta),

Colonia “IX Maggio”, 150, 153

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Collestatte, Chiesa del Sacro Cuore di Gesù, 152, 152Stabilimento del carburo, 109 Teatro-Dopolavoro aziendale della Terni, 153Villaggio operaio, 153

Colonie montane ed elioterapiche, 72Edificio INFPS, 110Galleto, Complesso presso la cascata delle Marmore, 110Grattacielo, 59, 101, 106, 108, 109Nera Montoro, Piscina olimpionica, 83 Villaggio operaio, 58, 153 Chiesa di San Giuseppe, 58Palazzina Alterocca, 110 Palazzina Manni, 110Palazzine di via Curio Dentato, 103, 108, 109Palazzo della Provincia, già del Governo, 59 Palazzo delle Poste, 110 Palazzo Pontecorvi, 110Palazzo Rosa, 59, 108, 109Palazzone, 104, 108, 110Papigno, Teatro-Dopolavoro aziendale, 151, 153Pentima Bassa, Centro Interaziendale IRI per la formazione e l’addestramento professionale, 111Piazza Cavallotti, 104 Piazza Tacito, 101, 102 Piediluco,

CLT, Circolo Lavoratori della “Terni”, 57Colonia lacuale, 72

Regia Scuola Industriale, 110Società Terni per l’industria e l’elettricità, 153

Ufficio Tecnico, 106Ufficio pubblicità, 153

Società degli Alti Forni Fonderie ed Acciaierie di Terni (SAFFAT), 103Società degli Stabilimenti Elettrochimici Officine di Papigno, 152Società Terni, 153, 101, 102, 103, 106, 107, 107, 108, 109, 111, 130

Dopolavoro Aziendale, Cinema-Teatro, 107Ufficio Tecnico, 108, 152

Stazione, 101Via Mazzini, 104 Viale Brin, 104 , 108Villa Bazzani, 110Villa Fongoli, 110Villaggio “semirurale” Italo Balbo, oggi Villaggio Matteotti I, 109

Terragni, Giuseppe, 35, 45, 46, 49, 51, 140Thomann, Erwin, 73Tocchi, Valter, 65Todi, Ponte Rio, Molino Cappelletti, 159

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Tommasoni, Silvana, 147Topini, Enrica, 65, 98, 99Torino, 20, 169

Case SNIA Viscosa, 111Quartiere FIAT, Villarperosa, 111

Torrette di Fano (Pu, 176)Toscano, Bruno, 65Trabalza, Giuseppe, 119Trampetti, Caterino, 20, 21, 58, 65, 118, 118, 119, 137, 138, 139, 140, 141Trampetti, Elena, 140Trampetti, Eugenio, 137, 138Trampetti, famiglia, 140Trampetti, Gino, 140Trampetti, Tullio, 140Tramvia Ferentillo (Tr) - Santa Anatolia di Narco (Pg), 111Trecate (No), Casa del balilla, 42Trento, Scuola Elementare “Raffaello Sanzio”, 47Treves, Marco, 96Triennale di Milano (Va), 51Tripoli, 153Trovati, Giacomo, 64Tufaroli Luciano, Mosè (Mario), 96

Umbertide (Pg), 57, 59, 65, 175, 176, 178Lido Tevere, 176Villa Balducci, 177Villa Igi, 177, 178Villa Pasqui, 176, 177, 178Villa Pini, 179, 177, 178, 179 Villa Rometti, 175, 177, 177, 178, 178

Umbria, 20, passimUmbria, Ente scuole, 68Unione Fascista Professionisti ed Artisti della Provincia di Perugia, poi Collegio dei Geometri, 98Università degli Studi di Padova, Facoltà di Ingegneria Civile, 137Università degli Studi di Perugia, Facoltà di Ingegneria, 111, passimUniversità degli Studi di Roma, Facoltà di Ingegneria, 143Università degli Studi di Roma, Facoltà di Scienze Fisiche e Matematiche, 169Università di Genova, Facoltà di Ingegneria e Architettura, 106Università di Milano, Facoltà di Ingegneria e Architettura, 106Università di Perugia, Facoltà di Agraria, 98

Vaccaro, Giuseppe, 71Valle, Cesare, 45, 96Vannucci, Pietro detto il Perugino, 121Vaquero Piñeiro, Manuel, 85Velino, fiume, 106Vietti Violi, Paolo, 45

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Vignaroli, Edoardo, 163Villari, Lucio, 25, 37Vittorini, Rosalia, 39, 51, 85, 97Viviani, Dante, 55

Zamponi, Dario, 150Zannetti, Francesco, 144Zappia, Caterina, 64Zevi, Bruno, 141, 144, 179Zingarini, Aristodemo, 150

Wittinch, Giuseppe, 92, 92

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Si ringraziano per il contributo dato all’organizzazione del convegno

Comune di Foligno

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L’Associazione Orfini Numeister ringraziatutti i soci effettivi nell’anno 2010 - 2011

che con il loro contributo hanno reso possibilela pubblicazione di questo volume