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AREE INDUSTRIALI DISMESSE LA SITUAZIONE NELLE AREE METROPOLITANE ITALIANE G. SGORBATI*, N. DOTTI*, G. CAMPILONGO*, G. RICCHIUTI* S. PIETRA**, G. COLETTA** *(ARPA Lombardia) **(APAT - Servizio Interdipartimentale Emergenze Ambientali) Premessa Le aree industriali dismesse, conosciute nel gergo internazionale come “brownfields”, si tro- vano oggi ad avere un ruolo importante nello scenario urbano. La loro collocazione in ambiti non più marginali, luoghi di alto valore e di infrastrutture importanti, le rende prossimi un patri- monio di grande rilievo, capace di attrarre su di se investitori pronti a trasformare tali aree da luoghi fatiscenti a vere e proprie perle all’interno della città. Questi luoghi per essere riqualificati devono spesso essere bonificati a causa delle contami- nazioni ambientali apportate dalle precedenti attività. Ciò comporta costi molto elevati ed è proprio in relazione a questa discriminante che varia l’in- teresse degli investitori, che spenderanno denaro solamente qualora il riuso garantisca un’a- deguata valorizzazione delle aree. L’unione degli interessi privati con quelli pubblici può far si che il riuso di tali aree possa otti- mizzare e bilanciare il rapporto tra vantaggi economici, sociali ed ambientali. Il precedente rapporto approfondiva prevalentemente le questioni relative all’area metropoli- tana milanese, da tale analisi era emerso che in Lombardia è già attivo un controllo capillare sulle aree dismesse effettuato da ARPA per stabilire quali siano da sottoporre a procedimento ex D.M. 471/99. L’obiettivo del presente lavoro è dunque quello di ampliare l’analisi alle altre aree metropoli- tane italiane (tabella), precisando che laddove il reale confine dell’area metropolitana non fosse stato ancora individuato, la stessa è stata fatta coincidere col confine provinciale. Per poter ottenere, come nel caso milanese, dati sufficienti a realizzare indicatori è stata avvia- ta presso le sedi competenti una raccolta dati quanto più possibile simile alle indicazioni con- tenute nelle linee guida APAT per l’Anagrafe dei siti contaminati ex art. 17 comma 12 del D.lgs 22/97 e s.m. e i. ed ex art. 17 D.M. 471/99. (sito APAT) A questa è stata affiancata la richiesta di informazioni sull’eventuale riconversione prevista e sulle normative locali adottate per incentivare la bonifica. Le informazioni raccolte e le successive rielaborazioni devono essere visti come descrizione di un trend in atto e non in maniera assoluta, poiché molte Anagrafi/Censimenti sono state avvia- te, ma risultano incomplete e non rappresentano certamente la situazione reale. Completa il presente contributo l’individuazione delle norme di riferimento europee, nazionali, regionali, in materia di aree contaminate e quelle relative alla pianificazione ed alla program- mazione del successivo riuso. Vengono poi segnalati degli interventi di riuso ritenuti “buone pratiche”, avendo comportato un ulteriore valore aggiunto al miglioramento della qualità dell’ambiente, introducendo pratiche di alta qualità. Concludiamo quindi questa premessa rimandando al contributo pubblicato nel rapporto dello scorso anno (www .ar eemetr opolitane.apat.it ) sia per quanto riguarda l’inquadramento genera- le del tema sia per gli approfondimenti eseguiti sul territorio dell’area metropolitana milanese. 809

AREE INDUSTRIALI DISMESSE LA SITUAZIONE NELLE AREE

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Page 1: AREE INDUSTRIALI DISMESSE LA SITUAZIONE NELLE AREE

AREE INDUSTRIALI DISMESSE LA SITUAZIONE NELLE AREEMETROPOLITANE ITALIANE

G. SGORBATI*, N. DOTTI*, G. CAMPILONGO*, G. RICCHIUTI*S. PIETRA**, G. COLETTA***(ARPA Lombardia) **(APAT - Servizio Interdipartimentale Emergenze Ambientali)

Premessa

Le aree industriali dismesse, conosciute nel gergo internazionale come “brownfields”, si tro-vano oggi ad avere un ruolo importante nello scenario urbano. La loro collocazione in ambitinon più marginali, luoghi di alto valore e di infrastrutture importanti, le rende prossimi un patri-monio di grande rilievo, capace di attrarre su di se investitori pronti a trasformare tali aree daluoghi fatiscenti a vere e proprie perle all’interno della città.Questi luoghi per essere riqualificati devono spesso essere bonificati a causa delle contami-nazioni ambientali apportate dalle precedenti attività.Ciò comporta costi molto elevati ed è proprio in relazione a questa discriminante che varia l’in-teresse degli investitori, che spenderanno denaro solamente qualora il riuso garantisca un’a-deguata valorizzazione delle aree.L’unione degli interessi privati con quelli pubblici può far si che il riuso di tali aree possa otti-mizzare e bilanciare il rapporto tra vantaggi economici, sociali ed ambientali.Il precedente rapporto approfondiva prevalentemente le questioni relative all’area metropoli-tana milanese, da tale analisi era emerso che in Lombardia è già attivo un controllo capillaresulle aree dismesse effettuato da ARPA per stabilire quali siano da sottoporre a procedimentoex D.M. 471/99.L’obiettivo del presente lavoro è dunque quello di ampliare l’analisi alle altre aree metropoli-tane italiane (tabella), precisando che laddove il reale confine dell’area metropolitana nonfosse stato ancora individuato, la stessa è stata fatta coincidere col confine provinciale.Per poter ottenere, come nel caso milanese, dati sufficienti a realizzare indicatori è stata avvia-ta presso le sedi competenti una raccolta dati quanto più possibile simile alle indicazioni con-tenute nelle linee guida APAT per l’Anagrafe dei siti contaminati ex art. 17 comma 12 del D.lgs22/97 e s.m. e i. ed ex art. 17 D.M. 471/99. (sito APAT)A questa è stata affiancata la richiesta di informazioni sull’eventuale riconversione prevista esulle normative locali adottate per incentivare la bonifica.Le informazioni raccolte e le successive rielaborazioni devono essere visti come descrizione diun trend in atto e non in maniera assoluta, poiché molte Anagrafi/Censimenti sono state avvia-te, ma risultano incomplete e non rappresentano certamente la situazione reale.Completa il presente contributo l’individuazione delle norme di riferimento europee, nazionali,regionali, in materia di aree contaminate e quelle relative alla pianificazione ed alla program-mazione del successivo riuso.Vengono poi segnalati degli interventi di riuso ritenuti “buone pratiche”, avendo comportato unulteriore valore aggiunto al miglioramento della qualità dell’ambiente, introducendo pratichedi alta qualità.Concludiamo quindi questa premessa rimandando al contributo pubblicato nel rapporto delloscorso anno (www.areemetropolitane.apat.it) sia per quanto riguarda l’inquadramento genera-le del tema sia per gli approfondimenti eseguiti sul territorio dell’area metropolitana milanese.

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Page 2: AREE INDUSTRIALI DISMESSE LA SITUAZIONE NELLE AREE

Tab. 1 – Le aree metropolitane

segue

Areametropolitana Regione Comuni inclusi Atto d’individuazione

Torino Piemonte tutta la provincia =

Milano Lombardia tutta la provincia =

Venezia Veneto Venezia, Marcon, Mira, Spinea, Quartod’Altino LR 36/12.08.1993

Trieste Friuli tutta la provincia =

Genova Liguria

Genova, Arenzano, Avegno, Bargagli,Bogliasco, Busalla, Camogli, Campoligure,Campomorone, Casella, Ceranesi, Cogoleto,Davagna, Isola del Cantone, Masone, Mele,Mignanego, Pieve Ligure, Recco, RoncoScrivia, Rossiglione, Sant’Olcese, Savignone,Serra, Riccò, Sori, Tiglieto, Uscio, Crocefieschi,Montoggio, Torriglia, Fascia, Fontanigorda,Gorreto, Montebruno, Propata, Rondanina,Rovegno, Valbrevenna, Vobbia, Lumarzo

LR 12/22.07.1991 e LR 7/24.02.1997

Bologna Emilia Romagna tutta la provincia LR 33/12.04.1995

Firenze Toscana le province di Firenze, Prato e Pistoia DCR 130/29.03.2000

Roma Lazio tutta la provincia =

Napoli Campania tutta la provincia =

Bari Puglia tutta la provincia =

Catania Sicilia

Aci Bonaccorsi, Aci Castello, Aci Catena, AciSant’Antonio, Acireale, Belpasso,Camporotondo Etneo, Catania, Gravina diCatania, Mascalucia, Misterbianco, MottaSant’Anastasia, Nicolosi, Paternò, Pedara,Ragalna, SanGiovanni La Punta, San Gregoriodi Catania, San Pietro Clarenza, Sant’Agata LiBattiati, Santa Maria di Licodia, SantaVenerina, Trecastagni, Tremestieri Etneo,Valverde, Viagrande, Zafferana Etnea

LR 9/1986 e Decreto PresidenteRegione ../1995

Messina Sicilia

Alì, Alì Terme, Antillo, Barcellona, Pozzo diGotto, Casalvecchio Siculo, Castel Mola,Castroreale, Condrò, Fiumedinisi, Forza d’Agrò,Furci Siculo, Furnari, Gaggi, Gallodoro, GiardiniNaxos, Gualtieri Sicaminò, Itala, Leni,Letojanni, Limina, Lipari, Malfa, Mandanici,Merì, Messina, Milazzo, Monforte San Giorgio,Mongiuffi Melia, Nizza di Sicilia, Pace delMela, Pagliara, Roccafiorita, Roccalumera,Roccavaldina, Rometta, S. Marina di Salina,San Filippo del Mela, San Pier Niceto,Sant’Alessio Siculo, Santa Lucia del Mela,Santa Teresa di Riva, Saponara, Savoca,Scaletta Zanclea, Spadafora, Taormina, TermeVigliatore, Torregrotta, Valdina, Venetico,Villafranca Tirrena

LR 9/1986 e Decreto PresidenteRegione ../1995

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Page 3: AREE INDUSTRIALI DISMESSE LA SITUAZIONE NELLE AREE

Materiali e metodi

Per procedere alla raccolta dei dati e soprattutto per far sì che i differenti materiali ricevutiavessero le caratteristiche di confrontabilità, sono stati preparati due questionari piuttosto det-tagliati con l’obiettivo di rendere maggiormente agevole e precisa la compilazione.Tali questionari sono stati formulati fondendo in un unico blocco modelli precedentemente uti-lizzati dall’APAT: quello per l’indagine sui brownfields (“Studio finalizzato alla redazione dilinee guida per il recupero ambientale e la valorizzazione economica di siti definibili comebrownfields” APAT in collaborazione con ARPALombardia, CTN TES, Sviluppo Italia AreeProduttive S.p.A. e Università IUAV di Venezia) e le linee guida dell’Anagrafe dei siti contami-nati (Documento APAT pubblicato sul sito).Dopo aver scremato i numerosi campi ottenuti, si sono conservati esclusivamente quelli mag-giormente utili al nostro studio, anche al fine di ridurre il lavoro di raccolta degli enti destina-tari dei questionari.In aggiunta, o in alternativa a tale questionario, è stato prodotto un altro modello da compila-re ulteriormente semplificato, destinato a raccogliere dati già rielaborati in indicatori.Questi due questionari, proposti in formato excel hanno obiettivi differenti.Il primo è stato redatto per valutare la situazione dei siti contaminati nelle diverse aree metro-politane e per poter eventualmente creare delle carte tematiche di dettaglio o dei grafici diconfronto.Il secondo propone un’indagine di dettaglio sicuramente inferiore, ma ugualmente utile performulare importanti valutazioni relative alla situazione dei siti contaminati e/o dismessi, con-sentendo confronti di dati tra comuni, tra comuni e capoluoghi, ma anche tra differenti areemetropolitane, utilizzando lo strumento degli indicatori.Questi due questionari se compilati possono dunque consentire numerosi tipi di valutazioni dif-ferenti tra la realtà urbana e il suo rapporto, per altro molto complesso, con le aree dismessee i siti contaminati.Indirettamente il diverso grado di compilazione dei questionari consente di valutare lo stato diavanzamento dell’Anagrafe e quindi in generale dell’informazione su questa tematica.Scendendo nel dettaglio, il primo questionario è stato organizzato in quattro diversi gruppi diinformazioni, assegnati ognuno ad un foglio excel:– Individuazione dell’area o del sito– Localizzazione geografica– Iter di bonifica– Notizie sull’eventuale riutilizzo.Vengono nel primo gruppo richieste informazioni basilari, come il codice di identificazione delsito, l’indirizzo, i comuni interessati.Nel secondo vengono invece richieste le coordinate geo-grafiche per l’eventuale individuazione dei siti su mappe georeferenziate. Nel terzo vienerichiesta qualche informazione sulla storia dell’area: stato di attività, stato di bonifica, even-tuale normativa e destinazione successiva alla bonifica (sempre qualora questi steps fosserostati già determinati).

811

Areametropolitana Regione Comuni inclusi Atto d’individuazione

Palermo Sicilia

Altavilla Milicia, Altofonte, Bagheria,Balestrate, Belmonte Mezzagno, Bolognetta,Borgetto, Capaci, Carini, Casteldaccia, Cinisi,Ficarazzi, Giardinello, Isola delle Femmine,Misilmeri, Monreale, Montelepre, Palermo,Partinico, Santa Flavia, Termini Imerese,Terrasini, Torretta, Trabia, Trappeto, Ustica,Villabate

LR 9/1986 e Decreto PresidenteRegione ../1995

Cagliari Sardegna tutta la provincia =

Page 4: AREE INDUSTRIALI DISMESSE LA SITUAZIONE NELLE AREE

Infine, nell’ultimo gruppo si chiede, nel caso sia già stata eseguita la bonifica, di fornire qual-che dato sui progetti futuri previsti per quella determinata area.Per aiutare ulteriormente nella compilazione sono state inserite delle istruzioni e dove possi-bile, delle precompilazioni, al fine di facilitare il compito della raccolta, inserendo dati fornitida APAT.Il secondo questionario si compone di due fogli excel: il primo consente, qualora fosse giàdisponibile, di inserire il valore dell’indicatore richiesto.Il secondo consente di compilare lo schema con i dati raccolti, che permetteranno di otteneregli indicatori qualora questi non fossero già stati calcolati, eseguendo poche facili operazioni.Gli indicatori individuati come utili allo scopo del presente lavoro sono:– Nr. aree dismesse per sup. comunale– Rapporto tra superficie occupata dalle aree dismesse e sup. comunale– Nr. aree dismesse per tipologia di attività produttiva– Nr. aree dismesse per matrice ambientale contaminata– Nr. aree dismesse per fase della procedura di legge (DM 471/99)– Nr. aree dismesse per tipologia di bonifica– Nr. aree dismesse per tipologia di riuso– Percentuale aree bonificate sul totale delle aree dimesse– Percentuale aree dismesse contaminate sul totale aree dimesse– Percentuale di sup. contaminata rispetto sup. comunale– Nr. aree ind. dismesse nella città centrale dell’area metropolitana– Rapporto tra superficie occupata dalle aree ind. dismesse e superficie della città centrale

dell’area metropolitana– Rapporto tra superficie contaminata e superficie area metropolitana– Rapporto tra superficie contaminata e superficie della città centrale dell’area metropolitana.I questionari sono stati inviati a tutte le sedi ARPA competenti per le diverse aree metropoli-tane, alla Regione Liguria e alla Provincia di Torino.Congiuntamente, è stata inoltrata la richiesta di un file compatibile GIS, con un layer relativoai confini comunali delle aree, per successive elaborazioni cartografiche.

Riferimenti normativi

Nelle tabelle seguenti sono state elencate le norme comunitarie, nazionali e regionali, nonchélo stato attuale degli strumenti di pianificazione in materia di bonifiche. Per un maggiore appro-fondimento si rimanda alla versione completa del rapporto, in corso di pubblicazione sul sitointernet APAT.

Tab. 2 – Elenco norme comunitarie, nazionali, regionali e stato avanzamento piani regionali di bonifica

- INDIRIZZI COMUNITARI

VI Programma comunitario di azione ambientale (2001)

Verso una strategia tematica per la protezione del suolo (COM (2002) 179)

Direttiva 2004.35.CE sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale

- NORME NAZIONALI

Legge n.441/1987 “Disposizioni urgenti in materia di smaltimento dei rifiuti”

Decreto del Ministero dell’Ambiente del 16.05.1989 “Criteri e linee guida per l’elaborazione e la predisposizio-ne con modalità uniformi da parte di tutte le regioni e province autonome, dei piani di bonifica, nonché definizionedelle modalità per l’erogazione delle risorse finanziarie, di cui alla legge 29 ottobre 1987, n.441, di conversione deldecreto-legge 31 agosto 1987, n.361, come modificata dalla legge 9 novembre 1988, n.475, di conversione del decre-to-legge 9 settembre 1988, n.397 G.U. n.121 del 26/5/1989. ALLEGATO A

812 segue

Page 5: AREE INDUSTRIALI DISMESSE LA SITUAZIONE NELLE AREE

Decreto legislativo n. 22/1997 “Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosie 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggi” (articoli 17, 18, 19, 20, 21, 22, 30, 51-bis)

Decreto ministeriale n. 471/1999 “Regolamento recante criteri, procedure e modalità per la messa in sicurezza, labonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.22, e successive modificazioni e integrazioni”

Legge n. 426/1998 “Nuovi interventi in campo ambientale”

Legge n. 388/2000 (“Legge finanziaria 2001”) all’art. 114 “Programma straordinario di bonifica da concordare con leregioni”

Decreto ministeriale n. 468/2001 “Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale”

Legge n. 179/2002 “Disposizioni in materia ambientale,” art.18 – Attuazione degli interventi nelle aree da bonifica-re

Decreto Legislativo n. 36/2003 “Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti”

Legge n.308/2004 “Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in materiaambientale e misure di diretta applicazione”

Decreto n.127/2005 “Regolamento recante modifica dell’articolo 15 del decreto del Ministro dell’ambiente e dellatutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute, 25 ottobre 1999, n.471, in mate-ria di realizzazione di interventi di bonifica dei siti inquinati”

- NORME REGIONALI

Regione/Provincia Provvedimento normativo

Piemonte

L.R. n.42/2000 “Bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati. Approvazione del Pianoregionale di bonifica delle aree inquinate. Abrogazione della legge regionale 28 agosto 1995,n. 71”

L.R. n.24/2002 “Norme per la gestione dei rifiuti”

D.G.R. n.33 – 5320/2002 “ Procedure semplificate ex art.13 D.M. 471/1999”

D.G.R. n. 49 – 5392/2002 “Criteri e modalità per l’attuazione della pianificazione degli inter-venti di bonifica e ripristino ambientale ex art. 9 D.M. 471/1999”

D.G.R. n. 41- 10623/2003 “Criteri e le modalità di presentazione delle garanzie finanziarie”

D.G.R. n. 22 – 12378/2004 “ Istituzione dell’Anagrafe dei siti da bonificare”

D.G.R. n. 22 – 13436/2004 “ Criteri, modalità e termini per la presentazione dei progetti degliinterventi di messa in sicurezza d’emergenza, bonifica e ripristino ambientale per l’anno 2005da realizzarsi da parte dei Comuni e delle Province in sostituzione dei soggetti obbligati”

Lombardia

L.R. n.26/2003 “Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in mate-ria di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche” - Art.21“Bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”

Regolamento regionale n.1/2005 “Attuazione dell’articolo 21 della legge regionale 12dicembre 2003 n.26 relativamente alle procedure di esproprio delle aree da bonificare, alleprocedure ad evidenza pubblica e per la concessione di contributi a favore dei comuni per labonifica dei siti inquinati”D.G.R. n. VII/4219/2001 “Procedure semplificate per la realizzazione degli interventi di boni-fica e ripristino ambientale ai sensi dell’art. 13 del D.M. 471/1999”

813segue

Page 6: AREE INDUSTRIALI DISMESSE LA SITUAZIONE NELLE AREE

Veneto

L.R. n.3/2000 “Nuove norme in materia di gestione dei rifiuti”

D.G.R. n. 3560/1999 “Criteri e modalità di carattere operativo da seguire per l’adozione el’attuazione dei provvedimenti amministrativi di cui agli artt. 14 e 17 del d.lgs n. 22/1997 dicompetenza del Sindaco”

D.G.R. n. 10 /2002 Indirizzi operativi in ordine alla corretta applicazione dell’art. 13 del d.m.25.10.1999, n. 471, “Interventi di bonifica e ripristino ambientale che non richiedono auto-rizzazione”

D.G.R. n. 2922/2003 “Definizione delle linee guida per il campionamento e l’analisi dei cam-pioni dei siti inquinati. Protocollo operativo”

D.G.R. n. 4552/2004 “Emungimenti dalle falde inquinate per esigenze di messa in sicurezzadi emergenza (D.M. 471/1999, art. 2, lettera f). Modalità organizzative regionali concernentile relative comunicazioni”

D.G.R. n. 1126/2004 “Indirizzi e linee guida per la gestione dei materiali derivanti da opera-zioni di escavazione”

DG.R. n. 3962/2004 “Garanzie finanziarie per l’esecuzione di interventi di bonifica, ripristinoambientale e di messa in sicurezza permanente di siti inquinati, ai sensi del D.Lgs. n. 22/97e s. m. i.”

D.G.R. n. 3964/2004 “Adozione delle modalità e dei criteri per la rimozione di serbatoi inter-rati presso gli impianti stradali di carburanti, compresi quelli ad uso privato, di cui alla DGRn. 1562 in data 26 maggio 2004 – L.R. 23/03, D. Lgs. 22/97, D.M. 471/99”

D.G.R. n. 80/2005 “Nuovi indirizzi e linee guida per la gestione dei materiali derivanti daoperazioni escavazione”

D.P.C.M. del 12.02.1999 Accordo di programma per la chimica di Porto Marghera

Friuli Venezia Giulia

L.R. n. 30/1987 “Norme regionali relative allo smaltimento dei rifiuti e s.m.i.”

L.R. n.42/1991 “Norme in materia di recupero di aree degradate a seguito di attivita’ di smal-timento dei rifiuti o estrattive”

L.R. n.15/2004 “Riordinamento normativo dell’anno 2004 per i settori della protezione civile,ambiente, lavori pubblici, pianificazione territoriale, trasporti ed energia”

L.R. n. 1/2005 “Disposizioni per la formazione del bilancio pluriennale e annuale dellaRegione Autonoma Friuli Venezia Giulia (Legge finanziaria 2005)”

L.R. n. 8/2005 “Disposizioni in materia di personale regionale, di comparto unico del pubbli-co impiego regionale e di personale del Servizio sanitario regionale”

Liguria

L.R. n. 18/1999 “Adeguamento delle discipline e conferimento delle funzioni agli enti localiin materia di ambiente, difesa del suolo ed energia”

D.C.R. n. 380/1995 “Elaborazione e Integrazione Piano di Bonifica delle aree inquinate dellaRegione Liguria”

D.R. n. 3811/1997 “Limiti di accettabilità dei terreni contaminati e criteri per l’attuazionedella loro bonifica”

D.G.R. n.332/2000, “Programma 2000 degli interventi in materia ambientale a valere suicapitoli 2053, 2065 e 2066. Criteri e requisiti di ammissibilità, modalità di finanziamento”

D.D. Settore Politiche e Programmi Ambientali n°2494/2000 “Approvazione program-ma 2000 degli interventi in materia ambientale a valere sui capitoli 2065-2066. Bonifiche deisiti inquinati. Impegno di lire 1.121.683.281”

Emilia-RomagnaL.R. n.3/1999 “Riforma del sistema regionale e locale” Con questa legge la Regione ha dele-gato l’attività di pianificazione alle Province

L.R. n.22/2000 “Norme in materia di territorio, ambiente e infrastrutture – disposizioniattuative e modificative della L.R. 21 aprile 1999, n.3”

814 segue

Page 7: AREE INDUSTRIALI DISMESSE LA SITUAZIONE NELLE AREE

L.R. n. 7/2004 “Disposizioni in materia ambientale. Modifiche e integrazioni a leggi regionali” -Art. 11 “Funzioni amministrative in materia di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”

D.G.R. n. 1183/1996: Concentrazioni ammissibili stabilite in base alle destinazioni d’uso del suolo

D.G.R. n. 1120/1998: Aggiornamento dell’elenco dei siti inquinati contenuto nel Piano di bonifica

D.C.R. n. 1158/1998: Aggiornamento del Programma degli interventi contenuto nel Piano di boni-fica

D.G.R. n.1562/2003 “Approvazione delle modalità e dei criteri relativi di bonifica e ripristinoambientale di cui all’art.13 del DM 471/99 Approvazione della metodologia di analisi comparatadel rischio A.R.G.I.A.”

Toscana

L.R. n.29/1993 “Criteri di utilizzo delle aree inquinate”

L.R. n.85/1994 “Integrazione alla LR 12- 5- 1993, n. 29 recante criteri di utilizzo di aree inquinatesoggette a bonifica”L.R. n.35/1995 “Contributi per interventi urgenti a sostegno infrastrutture per lo smaltimento deirifiuti e di bonifica di siti inquinati e modifiche alle LLRR 60/ 88, 29/ 93 e 4/ 95”

L.R. n. 25/1998, “Norme per la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati”

L.R. n. 29/2002 Modifiche alla legge regionale 18 maggio 1998, n. 25 (Norme per la gestione deirifiuti e la bonifica dei siti inquinati) e successive modificazioni e modifiche alla legge regionale29 luglio 1996, n. 60 (Disposizioni per l`applicazione del tributo speciale per il deposito in disca-rica dei rifiuti solidi di cui all`art. 3 della L. 28 dicembre 1995, n. 549) e successive modificazioniD.P.G.R.T. n.32/R/2001 “Regolamento regionale di attuazione ai sensi della lettera e) comma 1dell’art.5 L.R. 25/1998 “Norme per la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati”, conte-nente norme tecniche e procedurali per l’esercizio delle funzioni amministrative e di controlloattribuite agli Enti Locali

D.P.G.R. n.14/2004 “Aggiornamento del regolamento di attuazione della Legge n.25/98”

LazioL.R.n. 27/1998 “Disciplina regionale della gestione dei rifiuti”

O.P.C.M. n. 3249/2002 Commissariamento per l’emergenza dello smaltimento dei rifiuti solidiurbani

Campania

L.R. n. 10/1993 “Norme e procedure per lo smaltimento dei rifiuti in Campania”

L.R. n.16/2004 “Norme sul governo del territorio”. La legge ha previsto, nell’ambito del Piano ter-ritoriale regionale, la localizzazione dei siti inquinati di interesse regionale ed i criteri per la boni-fica degli stessi

ex OPCM n. 2425/1995 e successive OOMM Ordinanze di commissariamento della Regioneper l’emergenza bonifiche e tutela delle acque

Puglia

L.R. n.17/2000 ”Conferimento di funzioni e compiti amministrativi in materia di tutela ambienta-le”D.G.R. n. 1087/2005 Realizzazione di Banca Dati Tossicologica del suolo e prodotti derivati edell’Anagrafe regionale siti inquinati.

Sicilia

OPCM n°2983/1999 e successive modifiche ed integrazioni. Ordinanza di commissariamento inmateria di rifiuti e bonifiche.Decreto assessoriale 21.10. 2003 Istituzione dell’Anagrafe dei siti inquinati della Regione sici-liana

SardegnaL.R. n.6/2004 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione(legge finanziaria 2004). Art.14, Istituzione di un fondo per l’anticipazione ai Comuni di finanzia-menti destinati alla bonifica

- STATO ATTUALE DEGLI STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE IN MATERIA DI BONIFICHE

Regione/Provincia Titolo Provvedimento normativo

PiemontePiano regionale di bonifica delle areeinquinate

Approvato con L.R. n.42/2000

815segue

Page 8: AREE INDUSTRIALI DISMESSE LA SITUAZIONE NELLE AREE

La pianificazione e la programmazione del riuso delle aree

Esistono strumenti che consentono di rendere trasparenti e quindi legittimi i rapporti di con-certazione tra enti pubblici e privati proprietari delle aree, ovvero possono essere il mezzo concui si formalizza il punto d’incontro tra aspettative del privato e interesse pubblico. Inoltre pos-sono snellire le procedure che consentono di modificare agevolmente il quadro pianificatorio

LombardiaPiano regionale stralcio di bonificadelle aree inquinate

Approvato con D.C.R. n. VII/958/2004

VenetoPiano Regionale per la bonifica dellearee inquinate

Approvato con D.G.R. del 25/01/2000 quale parte inte-grante del Piano regionale per la gestione dei rifiuti

VeneziaMaster Plan per la bonifica dei sitiinquinati di Porto Marghera

Approvato in Conferenza dei Servizi il 22/04/2004

Friuli Venezia GiuliaPiano stralcio di bonifica delle areeinquinate

Approvato con D.G.R. n.1976/1995

LiguriaSchema relativo al Piano regionale dibonifiche delle aree contaminate

Adottato con D.C.R. n.39/1999

Emilia-RomagnaPiano regionale per la bonifica dellearee inquinate

Approvato dalla Regione nel 1989. Il completamento el’aggiornamento del Piano è stato approvato dallaRegione nel 1995

Toscana

Piano regionale di gestione dei rifiuti –Terzo stralcio relativo alla bonificadelle aree inquinate, redatto ai sensidella L.R. n. 25/1998

Approvato con D.C.R.T. n. 384/1999

Firenze

Piano provinciale per la gestione deirifiuti – Terzo stralcio relativo allabonifica dei siti inquinati dellaProvincia di Firenze

Approvato con D.C.P. n.46/2004

Lazio

Piano delle bonifiche dei siti contami-nati

Approvato con D.C.R. n.112/2002. quale parte integran-te del Piano regionale per la gestione dei rifiuti

Piano degli interventi di emergenza perl’intero territorio del Lazio

Approvato con Decreto del Commissario delegaton.65/2003.

Programma integrato di interventi perlo sviluppo del litorale del Lazio appro-vato con D.C.R. n. 143 del 31/07/2003.Il programma prevede l’Azione I.2.1.“Risanamento e recupero degli ambitidegradati”.

Approvato con D.C.R. n.143/2003

Campania

Piano regionale di bonifica dei sitiinquinati della Campania - Primo stral-cio

Approvato con Ordinanza commissariale n.417/2002.

Piano regionale di bonifica delle areeinquinate

Approvato con Ordinanza Commissariale n.49/2005

PugliaPiano di gestione dei rifiuti e dellebonifiche delle aree inquinate

Approvato con Decreto del Commissario Delegato perl’Emergenza Rifiuti n.41/2001

Sicilia Piano di bonifica delle aree inquinate Approvato con Ordinanza Commissariale n.1166//2002

SardegnaPiano regionale per la bonifica dellearee inquinate ex art.22 D.Lgs.22/97

Approvato con D.G.R. n. 45/34/2003

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vigente, entro cui si andranno a collocare le scelte effettuate.Sono quindi strumenti che pur non garantendo la qualità degli interventi, che dipende dalledecisioni dei soggetti interessati, consentono di definire obiettivi, risorse e tempi necessari perattuarli, all’interno di un quadro di riferimento procedurale certo.Tra i più importanti citeremo i Programmi Integrati di Intervento (PII), i Programmi diRiqualificazione Urbana e Sviluppo Sostenibile del Territorio (PRUSST), gli Accordi diProgramma (AdP), le Società di Trasformazione Urbana (STU), i Patti Territoriali. Per ulterioriinformazioni relative a questi strumenti rinviamo alla versione completa del rapporto, in corsodi pubblicazione sul sito internet APAT.

Situazione attuale nelle aree metropolitane italiane

La richiesta di dati, formulata alle ARPA e agli Enti territorialmente competenti per le varie areemetropolitane, ha fatto emergere un quadro diversificato da regione a regione sullo statodell’Anagrafe dei siti contaminati. E’ risultato che un’unica Regione (Liguria) ha adottato in totola Linea guida ed il software predisposti e messi a disposizione da APAT (tramite il CTN TES).In questo caso l’Anagrafe risulta pressocchè completa e viene periodicamente aggiornata. Inaltri casi le Regioni, o le ARPA là dove delegate, hanno sviluppato strumenti informatici diver-si per poter inserire altri dati, spesso più propriamente di tipo gestionale e non solo di tipotematico. In questi casi si rileva però un ritardo nella implementazione dell’Anagrafe, dovutosia al tempo necessario per la realizzazione del database dell’Anagrafe stessa sia al temponecessario per il caricamento/trasferimento di dati da altri database esistenti o da altri Enti. Inmolte situazioni è stato infatti riferito che l’Anagrafe è ancora in corso di completamento/vali-dazione e quindi non è stata inviata risposta. In alcuni casi è stata rappresentata la difficoltàdi dedicare tempo e risorse a questo tema e spesso in situazioni di emergenza bonifiche (veda-si ARPA Veneto per i numerosi siti di Marghera). E’ risultato per quanto sopra ancora prematuro procedere alla elaborazione degli indicatori pro-posti, al momento sono stati archiviati ed elaborati i dati sino ad oggi pervenuti che vengonoqui di seguito commentati in modo più o meno diffuso a seconda della quantità e tipologiadelle informazioni ricevute.

Area metropolitana di TorinoLe informazioni di seguito riportate sono state fornite dalla Provincia di Torino, ServizioGestione Rifiuti e Bonifiche, in quanto presso la medesima sono risultati disponibili dati giàelaborati. I dati di dettaglio richiesti alla regione e all’ARPA saranno disponibili entro Dicembre2005.In Provincia di Torino sono stati individuati ad oggi all’incirca 300 siti inquinati, sottoposti alleprocedure di cui al D.M.471/99.L’origine della contaminazione appare connessa principalmente come numerosità ai punti ven-dita e ai depositi di idrocarburi (26%) e secondariamente ad attività industriali attive (20%) edismesse (16%). Chiaramente l’entità e la gravità del fenomeno sono strettamente legate alla tipologia di atti-vità che ha provocato l’inquinamento. Pertanto le aree a più estesa contaminazione sono daannoverarsi tra le aree industriali attive e dismesse. Il terreno risulta essere la matrice ambien-tale maggiormente coinvolta (137 casi) ma sono numerosi i casi in cui sono coinvolti ancheacque superficiali e acque sotterranee.Per quanto riguarda lo stato di avanzamento delle procedure amministrative, dai dati contenu-ti in anagrafe, il 18% dei siti risulta bonificato, il 17% è in corso di bonifica, il 3% risulta infase di certificazione finale e per il 62% l’istruttoria delle varie fasi progettuali risulta in corso.Si sottolinea che, per una parte considerevole (13%) dei siti già oggetto di bonifica, gli inter-venti si concludono alla fase della messa in sicurezza d’emergenza. Tali casi riguardano princi-palmente gli interventi effettuati nell’immediato o comunque a ridosso dell’evento di contami-

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nazione, solitamente accidentale, rappresentati principalmente da perdite da trasformatori,attività di trasporto di idrocarburi, sversamenti nell’ambito di attività industriali attive e puntivendita carburante, che sono risultate efficaci ai fini della bonifica della contaminazione, conraggiungimento degli obiettivi previsti dal D.M. 471/99, senza la necessità di sviluppare leulteriori fasi progettuali previste.Per gli altri siti interessati dalla procedura, con progetto preliminare o definitivo approvato(circa 70 siti ), gli interventi sono stati individuati sulla base delle seguenti tre opzioni di boni-fica:– Bonifica ai Valori Limite tabellari, in funzione della destinazione d’uso o ai valori di fondo

naturale (n. 43 siti)– Bonifica con Misure di Sicurezza (applicando una analisi di rischio) art. 5 (n. 24 siti)– Messa in Sicurezza Permanente (dei rifiuti che non possono essere rimossi) art. 6 (n. 16 siti).La bonifica con misure di sicurezza è stata applicata soprattutto in corrispondenza di siti indu-striali (n.9 siti) o di gestione di rifiuti (n. 5 siti) con principale coinvolgimento della matrice ter-reno ed interventi di bonifica mediante dig and dump. Nell’ambito dei siti interessati dallebonifiche con misure di sicurezza è da evidenziare la presenza di situazioni di inquinamentodelle acque sotterranee causate dalle discariche di rifiuti.Nell’83% dei casi le misure di sicurezza adottate sono state rappresentate dall’ isolamentodella matrice contaminata e secondariamente da attenuazione naturale della contaminazionee/o dal monitoraggio dell’evoluzione della contaminazione. Il riutilizzo di queste aree così boni-ficate è soprattutto di tipo residenziale (n.8 siti) e industriale (n. 6 siti). Per quanto riguarda i costi di intervento, su 34 siti di cui si hanno dati precisi, la media delcosto degli interventi di bonifica è di 1,9 M di euro.Dei circa 270 siti censiti in anagrafe, quelli industriali interessati da operazioni di riqualifica-zione risultano essere circa 57, molti dei quali localizzati all’interno del tessuto urbano dellacittà di Torino e dei comuni della prima cintura. Gli interventi di riqualificazione hanno interes-sato numerose aree dismesse di siti precedentemente caratterizzati da attività di gestione dei

818Fig. 1 – Siti contaminati inseriti nell’Anagrafe della Provincia di Torino

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rifiuti (n. 12 siti) ed aree produttive dismesse (n. 35 siti), la cui riqualificazione spazia tra l’in-dustriale, il residenziale, il parco pubblico ed il misto residenziale/commerciale.E’ da sottolineare che alcuni siti industriali dismessi sono stati bonificati nell’ambito della rea-lizzazione della linea ferroviaria ad Alta Capacità. Risultano ancora senza destinazione d’usodefinita circa 20 siti dismessi, per la maggior parte dei quali le scelte di bonifica hanno comun-que optato per obiettivi che prevedono un loro futuro utilizzo di tipo industriale/commerciale.

Area metropolitana di MilanoSi rimanda interamente al Rapporto 2004 pubblicato sul sito www.areemetropolitane.apat.itper gli approfondimenti già eseguiti sul territorio dell’area metropolitana milanese.

Area metropolitana di VeneziaI dati a nostra disposizione provengono dal database del Sit ambientale della Provincia diVenezia.I siti contaminati sono prevalentemente concentrati nell’area costiera tra Mestre e Marghera;sono poche le aree inquinate presenti negli altri comuni facenti parte dell’area metropolitanadi Venezia.Le attività che hanno rilasciato contaminanti sono quasi tutte legate al settore petrolchimico:si tratta infatti, di raffinerie, depositi di stoccaggio o aree di trasformazione.Altri siti sono stati contaminati da aziende per la produzione energetica, da discariche o da altritipi di attività industriale.La superficie contaminata è molto vasta ed essendo tutti gli stabilimenti adiacenti tra loro, ildanno ambientale complessivo fa di quest’area un’unica grande emergenza ambientale.La contaminazione naturalmente, non colpisce solo il suolo, ma anche tutta la parte di lagunae mare a più stretto contatto con la zona Mestre – Marghera.Sono poche inoltre, le aree in cui si sta già effettuando la bonifica o dove questa è già avve-nuta; la maggior parte infatti, deve essere ancora analizzata o bonificata. Nel resto dell’area, al di fuori dunque dell’asse Mestre – Marghera la situazione sembramigliore, ma confrontando i dati veneti con quelli già analizzati delle altre province, si può facil-mente supporre che il database sia ancora in fase di completamento; mancano all’appelloinfatti, luoghi plurisegnalati nelle altre province, quali ad esempio i punti vendita di carburan-te, che al solito rappresentano il più nutrito gruppo di attività contaminanti.

Area metropolitana di GenovaI dati qui di seguito commentati, sono stati forniti dalla Regione Liguria, la quale ha adottatocome data base quello predisposto da APAT e inserito una notevole quantità di dati, costi-tuendo così l’Anagrafe dei siti contaminati, ad uso esclusivo di Provincia e Regione. L’insiemedi dati è consultabile sia per codice di sito contaminato, sia per nome dei titolari delle aree.Nell’area metropolitana di Genova sono stati individuati circa cento siti contaminati, estrattidal totale delle aree dimesse e non; è da sottolineare la presenza di uno dei siti di interessenazionale, quello dell’area di Cogoleto-Arenzano.Causa della contaminazione è quasi sempre la produzione o la vendita sulle aree di prodottichimico - petroliferi, o quantomeno lo sversamento sui terreni di sostanze inquinanti.Il numero di aziende impiegate nella raffinazione di prodotti petroliferi è notevole e rappre-senta la totalità di quelle che si dividono il mercato italiano di oli e carburanti.Solamente una piccola percentuale dei siti contaminati è legata ad altri fattori.Il suolo ed i corpi idrici risultano essere le matrici maggiormente colpite.Nell’ambito del comune di Genova si trova il numero più alto di siti contaminati, anche esoprattutto per le notevoli dimensioni del suo territorio rispetto a quelli dell’intorno.I siti ricadono tutti all’interno dei singoli comuni, eccezion fatta per il sito nazionale che ricadesu due comuni confinanti.

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Tranne che in alcuni casi di minor importanza, le aree contaminate all’interno dei siti superanospesso i 1000 mq giungendo spesso a coprire aree di decine o centinaia di mq.Le attività svolte nei siti inseriti nell’Anagrafe sono equamente divise nel settore commercia-le ed in quello industriale; la metà di questi, risultano ancora attivi, essendo per lo più stazio-ni di servizio cittadine o autostradali.A farsi carico degli interventi di bonifica, qualora questi si fossero resi necessari, sono quasisempre i privati, proprietari dell’area.Nella quasi totalità dei casi è stata effettuata la messa in sicurezza di emergenza, ma solo nel70% circa delle aree si è proceduto ad opere di bonifica con misure di sicurezza o con messain sicurezza permanente.Tra le tipologie di bonifica messe in atto troviamo prevalentemente:– bioventilazione– pump & treat– biopile– barriere per il contenimento statico– escavazione e sconfinamento in discaricaIn pochi casi la bonifica non si è resa necessaria dopo la messa in sicurezza di emergenza.Le aree bonificate sono state poi quasi tutte ridestinate a fini industriali e commerciali; pochesono invece state ridestinate a scopo residenziale o a verde pubblico.Per le questioni riguardanti il sito di interesse nazionale rimandiamo all’apposito capitolo.

Area metropolitana di BolognaIn Regione Emilia Romagna è in corso di completamento l’Anagrafe dei siti contaminati. Nonè per ora possibile avere pertanto una raccolta esaustiva dei dati relativi all’area metropolita-na nella sua interezza.Le informazioni qui di seguito commentate sono state fornite dalla Sezione Provinciale diBologna dell’Arpa dell’Emilia Romagna e si riferiscono ad un area di territorio più piccola per

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Fig. 2 - I siti contaminati nell’area metropolitana di Genova

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dimensioni rispetto a quella che si era stabilito a priori, corrispondente tuttavia all’area mor-fologicamente riconosciuta come omogenea, ovvero comprendente i territori di quei comuniche formano la prima cerchia dell’hinterland bolognese.I comuni compresi all’interno di quest’area sono, oltre a Bologna, Anzola, Calderara di Reno,Castel Maggiore, Granarolo, Castenaso, S. Lazzaro di Savena, Ozzano, Pianoro, Sasso Marconi,Casalecchio di Reno e Zola Predona.I dati relativi a questo territorio sono aggiornati al settembre 2005.I siti individuati in tale area sono quasi cento, quasi tutti localizzati all’interno del territorio delcomune di Bologna.

Le attività svolte, o che si svolgevano in queste aree sono legate in pari percentuale al setto-re produttivo od a quello commerciale, nell’ambito soprattutto della vendita e dello stoccaggiodi prodotti di derivazione petrolifera (carburanti, etc…).Per quasi tutti i siti presenti nell’elenco si è giunti nell’iter di bonifica almeno al piano di carat-terizzazione, ma in una percentuale molto elevata del totale l’iter si è pressoché concluso. Letecniche maggiormente utilizzate per la bonifica delle aree sono state:– escavazione e confinamento a discarica– bioventilazione– pump & treatPer quanto riguarda la questione del riutilizzo delle aree dismesse dopo la bonifica, l’Arpadell’Emilia Romagna fornirà ulteriori dettagli utili per la prossima edizione del rapporto.

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Fig. 3 – I siti contaminati nell’area metropolitana di Bologna

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Area metropolitana di FirenzeI dati relativi all’area metropolitana di Firenze – Prato – Pistoia provengono dall’Arpat.L’Anagrafe toscana si presenta come abbastanza completa e comprende per questo territoriooltre quattrocento siti contaminati, distribuiti principalmente nella Provincia di Firenze.La maggior parte di questi siti è, come spesso accaduto anche nelle altre aree, strettamentelegata alle attività petrolifere; in particolar modo alla vendita ed allo stoccaggio.La porzione rimanente di siti si suddivide tra differenti ex realtà industriali, dagli oleifici, alleconcerie, alle industrie meccaniche. Sono segnalate anche alcune cave.Di tutti questi siti contaminati, solamente una piccola porzione ospita ancora delle attività,infatti, per il resto si tratta sempre di aree parzialmente o completamente dimesse.Le matrici ambientali contaminate sono, ove segnalate, quasi sempre il suolo e le acque sot-terranee.In quasi tutti i siti, laddove ritenuto necessario, l’iter di bonifica è già stato avviato; in molticasi è già concluso con la certificazione di avvenuta bonifica, negli altri si è già in attesa del-l’approvazione del progetto di bonifica o quantomeno si è alla fase del piano di caratterizza-zione.

Tra le tecniche di bonifica maggiormente utilizzate citiamo:– biorisanamento– asportazione di terreno– pump & treat– SVE– Barriere idraulichePer quanto concerne il riuso, le aree dimesse bonificate, sono per la maggior parte ridestinatead ospitare attività commerciali, verde pubblico o come accade spesso quartieri residenziali.

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Fig. 4 – I siti contaminati nell’area metropolitana Fi-Po-Pt

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Area metropolitana di RomaL’Anagrafe regionale dei siti inquinati del Lazio è attualmente in fase di aggiornamento, per cuinel paragrafo si è fatto riferimento ai dati, rilevati dall’Arpa, contenuti nel “Rapporto sullo statodell’ambiente del Lazio, 2004” ed alle loro successive modifiche effettuate, peraltro, con crite-ri diversificati. Nell’Anagrafe, contenuta nel Piano Regionale delle Bonifiche dei siti contaminati, integrato nelPiano Regionale di Gestione dei Rifiuti della Regione Lazio sono riportati 109 siti da bonifica-re, di cui 51 appartenenti alla Provincia di Roma. Essi non sono distinti per tipologia e stato del-l’attività per cui non è possibile identificare le aree industriali dismesse.Nel Piano delle bonifiche sono riportate le “linee guida per la bonifica delle aree industrialidismesse” (cap.5, par.5.8 punto 5.8.1), ma manca una descrizione delle aree esistenti. Esaminando i dati disponibili alla scala comunale, relativi a 122 siti contaminati e potenzial-mente contaminati ricadenti nell’area metropolitana di Roma, rilevati dall’Arpa nel 2004, sievince che il 44,3% dei siti è concentrato nel comune di Roma dove, peraltro, è localizzato ilmaggior numero delle tipologie più diffuse nell’area: i punti vendita di carburante e le discari-che Le aree industriali (depositi di oli minerali, officine del gas, stabilimenti industriali in gene-re) risultano circa il 21% del totale, localizzate nei comuni di Civitavecchia, Fiumicino, Pomezia,Colleferro, Guidonia, Ladispoli, Mentana, Roma, Tivoli. Le aree industriali dismesse, con stato di contaminazione accertato, sono soltanto 4: 2 nell’a-rea metropolitana (comuni di Monterotondo e Civitavecchia) e due entro la città di Roma. Sitratta di tre impianti energetici (due ex Officine del Gas, a Civitavecchia e a Roma, un ex depo-sito di oli minerali a Roma) e di un’industria edilizia (polo industriale polivalente diMonterotondo). Le diverse forme di contaminazione sono dovute a idrocarburi, metalli, IPA. Perquanto riguarda la bonifica, nei siti localizzati entro la città di Roma sono stati realizzati inter-venti di messa in sicurezza di emergenza consistenti in capping superficiale (ex Officina delGas) e rimozione dei terreni contaminati (ex deposito di oli minerali). Per il sito dell’ex Officinadel Gas di Roma è stato presentato, ma non ancora approvato, il piano di caratterizzazione; peril sito dell’ex Officina del Gas di Civitavecchia è stato approvato il piano di caratterizzazione;per il sito ex industriale di Monterotondo è stato approvato il progetto di bonifica definitivo;per l’ex deposito di oli minerali a Roma la bonifica è stata recentemente conclusa. Come detto, i dati appena citati sono stati forniti dall’Arpa e si riferiscono ai siti per i quali èstata attivata una procedura di bonifica. In realtà, il numero di aree industriali dismesse pre-senti sul territorio metropolitano è sicuramente più elevato, ma manca un censimento che nerilevi l’effettiva consistenza. Attualmente, infatti, gli studi disponibili aventi per oggetto le areedismesse, non solo industriali, sono studi settoriali relativi all’archeologia industriale e all’a-nalisi del tessuto produttivo, effettuata ai fini della redazione del nuovo PRG. Da tale studi sievince comunque la presenza, nella capitale, di aree industriali dismesse generalmente dimodesta dimensione ed elevata diffusione territoriale.

Area metropolitana di NapoliL’Arpac sta ancora completando la compilazione dell’Anagrafe, risultano pertanto ad oggidisponibili le informazioni relative a cinquanta aree dimesse di cui si sospetta lo stato di con-taminazione.Informazioni complete sono state fornite per i tre siti di interesse nazionale presenti nella zonadi Napoli.Per alcune altre aree sono disponibili informazioni riguardanti le matrici contaminate, lo statodell’iter della bonifica, qualora questa si fosse resa necessaria e le previsioni per il riuso.

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Area metropolitana di BariIl censimento in atto sulla provincia di Bari ad opera dell’ARPA Puglia risulta per ora quasi com-pletamente limitato ai siti di discarica .Infatti la raccolta dei dati per la redazione dell’Anagrafe dei siti contaminati ha avuto inizio amaggio 2005 ed è ancora oggi in fase sperimentale.Si è iniziato a compilare il database con i progetti di caratterizzazione e bonifica, disponibilipresso gli uffici Arpa, finanziati con fondi regionali o statali; si tratta principalmente di disca-riche di proprietà comunale autorizzate in situazioni di emergenza ai sensi dell’art. 12 del DPR915/82.Mancano in anagrafe tutti i dati sui siti di proprietà privata e le aree ricadenti nei Siti diInteresse Nazionale (Fibronit).E’ da sottolineare che anche i confini dell’area metropolitana sono ancora da definire a livelloformale; alla individuazione dell’area metropolitana di Bari, di cui alla legge nazionale 142/90non ha infatti fatto seguito un atto formale regionale, che provvedesse a perimetrare l’area ead indicare i comuni limitrofi compresi in tale territorio.

Aree metropolitane di Trieste, Catania, Messina, Palermo, CagliariPer queste aree metropolitane non sono pervenuti dati in tempo utile per la stesura di questorapporto e non è stato possibile recuperare dati già elaborati da altra fonte di informazione.

Siti di interesse nazionale

Le aree che presentano situazioni di particolare criticità ambientale possono essere dichiarate“siti di interesse nazionale”. Per questi siti l’attuazione delle procedure di bonifica è assegnataal Ministero dell’Ambiente che, per tale compito, si avvale delle ARPA, dell’APAT e di altri entidi livello nazionale, in concertazione con gli Enti locali competenti caso per caso. I siti attual-mente dichiarati di interesse nazionale sono in tutto 50, di cui 15 individuati con L. 426/1998,3 con L.388/2000, 23 con D.M. Ambiente 468/2001, 9 con L.179/2002. Il perimetro del sito dasottoporre a indagini e, in caso di inquinamento, ad attività di messa in sicurezza e di bonifica,è individuato con apposito decreto. I siti di interesse nazionale, ricadenti nelle 14 aree metropolitane, sono descritti nella versio-

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Fig. 5 – Sito di Bagnoli – Coroglio (NA)

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ne completa del presente rapporto mediante schede dettagliate riportanti lo stato di avanza-mento delle procedure amministrative inerenti agli interventi di bonifica.Nell’annuario dei dati ambientali pubblicato dall’Apat, edizione 2004 e’ riportato sintetica-mente lo stato di avanzamento degli interventi di bonifica attuati nei siti di interesse naziona-le (tabella 13.7 pag.847). Dai dati relativi ai siti in oggetto si evince che la maggior parte risul-ta ancora in fase di caratterizzazione e che soltanto per tre sono in corso attività di bonifica peroltre il 50% della superficie perimetrata. I dati relativi a Porto Marghera e Litorale DomizioFlegreo non sono risultati disponibili.

Le buone pratiche

Come accennato in premessa, essendo lo scopo del presente rapporto il monitoraggio dellaqualità dell’ambiente nelle aree metropolitane italiane, volevamo segnalare, come buone pra-tiche, casi di riuso di aree industriali dismesse, significativi dal punto di vista ambientale.Riteniamo significativi quegl’interventi che, oltre a garantire la bonifica dell’area, comportanoun valore aggiunto in termini di risparmio di risorse non rinnovabili, di utilizzo di materiali nondannosi per l’uomo e l’ambiente e di salvaguardia della biodiversità.Alcuni progetti infatti prevedono interventi di realizzazione di parchi urbani, di sistemi di coge-nerazione per teleriscaldamento, teleraffrescamento, l’adozione di sistemi per il risparmioenergetico e la riduzione dell’inquinamento.Purtroppo le informazioni reperite, prevalentemente dai siti internet, non ci hanno consentitodi effettuare nessun tipo approfondimento in merito, essendo scarsamente esplicative dellesuddette scelte.Quindi, senza entrare nel merito dei contenuti dei vari piani e progetti esaminati, riportiamoquanto ritrovato, sperando di poter effettuare valutazioni qualitative nella prossima edizionedel rapporto.Va in ogni caso precisato che non è nostra intenzione attribuire giudizi di valore ai vari inter-venti di riuso, ma semplicemente rilanciare, all’attenzione di tutti, proposte e soluzioni a cuipoter fare riferimento in casi analoghi di riuso di aree industriali dismesse.

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Tab. 3 – Stato di avanzamento della bonifica

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Area metropolitana di Torino

L’area denominata Spina Centrale 3Tra gli obiettivi che il comune di Torino sta portando avanti in vista dei Giochi Olimpici 2006,c’è la riqualificazione di quattro grandi aree urbane, da integrare con il resto del tessuto citta-dino.Questo progetto, che prende il nome di Spina Centrale (1,2,3 e 4), si sviluppa sull’asse ferro-viario (destinato a diventare passante ferroviario) che attraversa e taglia in due la città e rien-tra all’interno di un programma di riqualificazione urbana, fatto partire in seguito all’entrata invigore del PRG del 1995.Le aree in cui si realizzerà quanto progettato erano tutte in precedenza occupate, almeno inparte, da strutture produttive in stato di dismissione che vengono oggi riutilizzate per dotare lacittà di nuove centralità e di strutture atte a modernizzarla.Dei quattro i progetti in cui si articola l’intervento, vogliamo citare quello denominato Spina 3,in quanto di particolare valore sia urbanistico che ambientale.Il progetto Spina 3 è il più esteso per dimensioni, si sviluppa infatti sulle aree che un tempoospitavano le attività di Fiat, Michelin, CimiMontubi e Officine Savigliano (in parte ancora atti-va).Questa zona è fiancheggiata ad est dal passante ferroviario ed è attraversata sull’asse ovest– est dalla Dora Riparia.

L’obiettivo principale di questa porzione del progetto Spina Centrale è la creazione di un gran-de parco pubblico ai lati del fiume, teso a dare al nuovo quartiere e alla città una adeguataarea verde, progettata secondo criteri che hanno caratterizzato interventi analoghi in diversemetropoli europee; inoltre il progetto prevede la riqualificazione della viabilità locale, riser-vando spazi appropriati al trasporto pubblico. Su segnalazione della Soprintendenza ai beniambientali e architettonici saranno inoltre ristrutturati e riutilizzati numerosi edifici dismessi,testimoni del passato industriale dell’area, tra i più importanti citiamo le Officine Savigliano,risalenti ai primi anni del Novecento; alcuni edifici industriali di notevole interesse architetto-nico ed ambientale degli anni ‘30 del Novecento; un edificio residenziale del dopoguerra, operadell’Arch. Mario Passanti e una torre evaporativa particolarmente significativa.

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Fig. 6 – Il progetto della Spina 3

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Il contesto nel quale si inserisce il progetto è estremamente eterogeneo, comprendendo unavarietà di stili e di strutture industriali e residenziali, che ripercorrono l’intera storia delNovecento torinese, grandi infrastrutture della viabilità veicolare e ferroviaria e, non ultima, lapresenza che diverrà predominante del fiume Dora. Vincolo rilevante è costituito dalla presen-za dei capannoni dell’Environment Park.Alcune strutture verranno riutilizzate per inserire nuove attività produttive ad alta tecnologiaed altre legate al settore terziario.Una porzione di Spina 3 sarà altresì dedicata alle necessità organizzative dei XX GiochiOlimpici invernali del 2006: qui sarà infatti ospitata una buona percentuale dei giornalisti e deiloro collaboratori, che seguiranno la manifestazione sportiva.Per i fini del presente lavoro è da porre in evidenza la previsione della creazione di un’area aparco di notevoli dimensioni e il recupero e la valorizzazione del tratto di Dora Riparia interes-sato.

Area metropolitana di Milano

L’area della Nuova Fiera di MilanoL’area occupata dalla ex raffineria dell’AGIP Petroli ha una superficie di circa 1300 ettari ed èubicata a nord ovest del Comune di Milano, nel territorio dei comuni di Pero e Rho. Il progettodi riqualificazione è riassumibile nei seguenti dati:• Costo in euro 550.000.000 euro• Superficie totale area fondiaria 2.000.000 mq• Superficie lorda di pavimento 530.000 mq• Lunghezza asse centrale 1,3 Km• 8 Padiglioni, 80 sale congressi, 20 ristoranti, 25 bar, 4.500 posti auto per espositori, 20.000

posti auto per visitatori.Per quanto riguarda l’accessibilità, l’area sarà interessata dalla realizzazione di una stazioneferroviaria dell’Alta velocità, dal prolungamento della Metropolitana Milanese, da una nuovauscita dell’Autostrada A4 TO – MI ed in generale dalla riorganizzazione della viabilità. La crea-zione di un nuovo ingresso urbano a nord-ovest della città e del percorso pedonale lungo l’as-se interno al polo fieristico innescherà un nuovo allargamento dell’area di influenza della città. L’area è dotata di una rete per il teleriscaldamento, il cui calore viene fornito dal vicino termo-valorizzatore di AMSA spa.

L’area del quartiere storico della Fiera di MilanoCon il trasferimento dell’attività fieristica principale al nuovo polo di Pero-Rho, l’area della vec-chia Fiera rappresenta un caso di dismissione non da attività industriale ma da attività di ser-vizio.Il progetto prevede la realizzione di edifici di varie tipologie, che dovranno contenere funzioniterziarie, residenziali e commerciali.All’interno dell’area verranno inoltre realizzati il Museo e il Centro per il Design, recuperato unedificio della vecchia Fiera per allocare attività sociali, dedicate in particolare a bambini edanziani e una vasta area a parco.Il parco, ubicato all’interno dell’area destinata alla edificazione, si articola in un’area centraledi tipo naturalistico con parte di biotopo forestato, una parte aperta alla grande fruizione, unpiccolo giardino aggiunto di serra, giardini attrezzati anche più ridotti posizionati su soletta,filari e verde stradale di una certa importanza, verde decorativo vicino all’idea di giardino aper-to, verde residenziale attrezzato.Nella porzione di area destinata al verde naturalistico il progetto prevevde di ricreare unambiente il più naturale possibile, favorendo una diversità sia vegetale che animale, creandoun habitat per molte specie della piccola fauna selvatica, a comiunciare dagli insetti da cuidipendono gli uccelli insettivori.

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Nelle altre aree verdi il criterio di scelta delle specie risponde maggiormente a criteri esteticiornamentali e cerca di introdurre elementi di interesse lungo l’intero arco dell’anno.

L’area Pirelli BicoccaLungo Viale Sarca che corre parallelamente alla Nuova Valassina e rappresenta uno dei vialicittadini più importanti di connessione con i comuni posti a nord di Milano, erano storicamen-te localizzate alcune delle aree industriali di maggior rilievo, quali la Pirelli, l’Ansaldo, la BredaFucine e l’Ilva Brollo ed alcune aree di dimensioni inferiori, generalmente collegate alle attivi-tà industriali già citate.Presso l’area Pirelli sono da annoverarsi la realizzazione della Nuova sede dell’UniversitàStatale, del Teatro degli Arcimboldi, della Collina dei Ciliegi, quest’ultima realizzata in corri-spondenza di un’area di messa in sicurezza permanente dei terreni contaminati provenientidalle altre aree circostanti, di aree residenziali, commerciali e di servizi, di sedi di enti statali(INPDAP), di istituti bancari e di ricerca (Istituto Neurologico Besta), di una centrale termica(teleriscaldamento), nonché della sede mondiale (uffici amministrativi e laboratori di ricerca)della Pirelli S.p.A., anche mediante la ristrutturazione della vecchia torre evaporativa. In un’a-rea di ridotte dimensioni rispetto all’intero progetto è stata mantenuta anche la produzionedella Pirelli Cavi S.p.A.In corrispondenza dell’area Ansaldo è già stata realizzata, in una subarea già bonificata, unamultisala cinematografica ed è prevista la realizzazione della Città delle Culture (funzionimuseali e culturali).

L’area Garibaldi RepubblicaAll’interno del Piano integrato di intervento Garibaldi Repubblica, spicca un progetto di inte-resse ambientale, quello dei giardini di Porta Nuova, ossia la “Biblioteca degli Alberi”.Si tratta di un parco urbano che sorgerà in un area oggi fortemente degradata, che un tempoospitava strutture dello scalo ferroviari di P.ta Garibaldi e gli edifici industriali della FernetBranca.Il progetto “Biblioteca degli Alberi” sarà il cuore del nuovo polo Garibaldi Repubblica, a metàtra le nuove sedi di Comune e Regione (Polo Istituzionale) e la “Città della Moda”.Sarà ponte di collegamento tra le diverse attività che si affacciano sull’area, che saranno uniteda una serie di percorsi, che attraverseranno alberi, prati, strutture di servizio pubblico, dandouna molteplice esperienza visiva, conoscitiva e didattica.Questo parco sarà vasto circa 100.000 metri quadri e prenderà il nome di “Biblioteca degliAlberi”, proprio per la notevole molteplicità di specie. Proporrà una modo diverso di conosce-re piante, fiori, erbe, con informazioni diffuse lungo i percorsi o in strutture aperte al pubblicocome il “Museo dei fiori e degli insetti”.Le aree delimitate dai percorsi creeranno spazi irregolari, ognuno dei quali conterrà specievegetali differenti, gruppi di alberi in circolo si sovrapporranno a queste.Alcuni spazi saranno occupati da bacini d’acqua, o pavimentati per dare spazio ad altre attivi-tà pubbliche. Ci saranno spazi espositivi, padiglioni per la proiezione di film e video, ristoranti,caffè e librerie.

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L’area industriale Montedison e Redaelli (Milano Santa Giulia)Nato per recuperare la porzione di territorio a sud est di Milano, occupata fino agli anni ’70 daMontedison e Acciaierie Radaelli, quello di Milano Santa Giulia è un progetto nato all’internodel PII Montecity – Rogoredo, che prevede la creazione non di un nuovo quartiere, bensì di unanuova centralità urbana.Posto in un’area strategica ad un chilometro da Linate e nei pressi di uno snodo infrastruttu-rale, ove convergono ferrovia, autostrada, tangenziali, strade statali e persino la metropolita-na, il progetto si sviluppa morfologicamente lungo un importante asse orizzontale che ospite-rà un vastissimo parco urbano.Il parco sarà, provenendo da sud, la vera e propria porta della città, con una superficie com-plessiva di circa 333.000 metri quadrati e suddividerà le aree da edificare.Il parco inoltre, si estenderà, penetrando nelle aree urbanizzate, integrandosi nei progetti cheprevedono ulteriori aree di verde pubblico al loro interno.Le zone edificate conterranno aree residenziali, commerciali, strutture pubbliche, alberghiere,sportive e religiose.

L’area industriale Alfa Romeo/Portello (Sede WJC)Nato per creare un polo di eccellenza in rappresentanza della tradizione orafa lombarda, il WJCdovrebbe riuscire a soddisfare sia le richieste di spazio e visibilità per i suoi occupanti, sia lenecessità ambientali.In questa struttura verticale troveranno infatti spazio la scuola di oreficeria, i laboratori di ricer-ca e le associazioni per lo sviluppo delle piccole e medie imprese del settore.Ma come già detto, l’obiettivo è quello di affiancare all’eccellenza funzionale ed alla qualitàarchitettonica, la compatibilità ambientale.La struttura sarà infatti di design moderno, con volumi diversi che si alternano, spazi aperti edaltri chiusi, giochi d’acqua.

La struttura esterna soddisferà i più esigenti caratteri del risparmio energetico con un sistemadi controllo elettronico dell’irraggiamento.

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Fig. 7 – Una vista di come sarà la “Biblioteca degli alberi”

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Grande attenzione è stata rivolta alla progettazione degli impianti termici e di climatizzazione,solitamente ulteriori fonti di sprechi.E’ stato sviluppato e diffuso su tutta la struttura per sfruttare le fonti energetiche naturali pas-sive, come il sole e le acque di falda.L’area sarà inoltre inserita in un parco verde di discrete dimensioni.

L’area Sesto S. GiovanniTra gli interventi previsti di rilievo è da annoverare quello relativo all’area ex Breda Siderurgicada parte della CimiMontubi. L’area di 300.000 mq è stata oggetto di un Accordo di Programmaapprovato nel febbraio 1997 ai sensi della legge regionale n. 30/94, che prevedeva sia laristrutturazione di parte dei fabbricati sia nuove edificazioni per l’insediamento di piccole emedie imprese, di attività commerciali di dettaglio e di attività di servizio. Il progetto ha avutoanche un contributo di 18 miliardi di lire provenienti da fondi comunitari. L’intervento di riqualificazione comprende la realizzazione di importanti infrastrutture, quali ilParco urbano della Torretta e la Strada del Parco, un asse viario di attraversamento veloce del-l’area che la collega sia a Viale Sarca verso Milano che verso il centro di Sesto. I lavori risul-tano ormai in fase di ultimazione. La ristrutturazione dell’edificio precedentemente adibito amensa e di quelli limitrofi hanno consentito la crezione del Bureau Innovation Center (BIC),ovvero di un incubatore di attività industriali ed artigianali leggere che necessitano di spazi didimensioni limitate e flessibili e di una serie di servizi centralizzati e sottoposti a gestione uni-taria (segreteria, fotocopie, custodia, manutenzione). All’interno del Programma di riqualifi-cazione urbana e di sviluppo sostenibile, predisposto dal Comune di Sesto, è prevista la crea-zione di un Parco archeologico industriale, ossia di un museo dell’Industria e del Lavoro, nel-l’ambito del quale verranno recuperati manufatti esistenti con la funzione di testimonianza delpassato industriale e come contenitori di nuove attività.

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Fig. 8 – Il progetto del WJC

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Area metropolitana di Venezia

Al fine di invertire il processo di degrado dei suoi patrimoni naturali e culturali esistenti sulbordo lagunare, nel 1990 il Comune di Venezia ha indetto un concorso per istituire una vastaarea verde tra Venezia e Mestre nell’area San Giuliano.L’area interessata, subiva ormai da anni un lento ed inesorabile deperimento causato dalla pre-senza della vicina area di Porto Marghera, di una città come Mestre in continua espansione edi numerose aree utilizzate come discarica di rifiuti.Da ciò nasce dunque l’obiettivo del ripristino naturale della zona e della bonifica delle areecontaminate.Il parco, che dovrà sorgere tra la porzione lagunare e quella sulla terra ferma del Comune diVenezia, dovrà soddisfare i seguenti obiettivi:

• Progettare una organizzazione del Parco che comprenda una vasta gamma di attività ricrea-tive e un insieme, altrettanto diversificato, di strutture per attività culturali ed economiche,interconnesse da una adeguata rete di percorsi pedonali inserita nel sistema del verde, concontenimento del traffico veicolare in aree per parcheggi.

• Eliminare gli ostacoli fisici, visivi e psicologici che si frappongono tra i centri di Venezia eMestre

• Definire il progetto, data la sua ampiezza e complessità, in fasi successive d’intervento, com-patibilmente con le possibilità finanziarie municipali.

• Elaborare una strategia economico-finanziaria adeguata alla complessità delle operazioninecessarie a rendere il piano del Parco realizzabile.

L’area di progetto del Parco San Giuliano comprende una vasta zona di circa 70 ettari tra PortoMarghera, la città di Mestre e Campalto dove coesistono, industrie, aree agricole, edifici sto-rici, aree naturali, discariche, rotte viarie e rotte marittime.Le analisi dello stato di fatto hanno evidenziato la presenza d’una serie di problemi e di poten-zialità che condizionano lo sviluppo del progetto.Per quanto concerne i problemi, essi riguardano:

• il riscontro di ampie zone di terreno inquinato; • il sistema viario, per l’impatto negativo che produce nei confronti del Parco, costituendo una

barriera di notevole peso alla sua integrità funzionale, spaziale e ambientale; • il degrado ambientale, dovuto alla sottoutilizzazione e/o abbandono dell’area. Ne conse-

guono i problemi di inquinamento e il degrado della maggior parte degli edifici presenti,compresi quelli di interesse storico;

• le condizioni di deterioramento in cui si trovano i canali, per la mancata manutenzione deglialvei e delle sponde;

• la presenza di numerose attività economiche, particolarmente lungo i canali e nelle zoneperiferiche a contatto con la città, che condizionano fortemente le possibilità realizzative delParco, sia sul piano funzionale che per l’aspetto paesaggistico -ambientale.

Le potenzialità dell’area San Giuliano invece consistono:

• nei suoi valori storico-ambientali, stratificatisi durante la formazione e l’utilizzo storico del-l’area e in rapporto alla sua particolare collocazione tra terra e laguna;

• nella presenza di numerosi canali che solcano l’area arricchendola di connotazioni ambien-tali e paesaggistiche e offrendo interessanti possibilità di organizzazione delle attività delParco;

• nell’ampia estensione della proprietà pubblica dei terreni costituenti il Parco, zona Pili esclu-sa, che permette d’impostare realisticamente, oggi, un progetto di parco cittadino su un’a-rea di 70 ettari, altrimenti improponibile;

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• nelle connessioni che l’area di San Giuliano consente: con il centro di Mestre, conl’Università, e con i futuri riassetti della prima zona industriale, attraverso la zona Pili; con larete dei percorsi e delle attrezzature nautiche della laguna e dei suoi canali; con gli altri par-chi e attrezzature sportivo-ricreative e culturali presenti particolarmente nell’area urbananord-est; con il nuovo tracciato della tangenziale che sarà di supporto al ruolo metropolita-no e regionale del Parco;

• nelle possibilità di sviluppo programmato, dimensionale ed economico, derivanti dalla suaubicazione territoriale e configurazione morfologica, che ammettono scelte e interventi dipiano generali così come realizzazioni per fasi e comparti.

Sotto il profilo vegetazionale, l’area di San Giuliano presenta, nell’insieme, caratteristiche cherenderanno delicata l’opera di riqualificazione e complessa la programmazione dell’intervento.Sono state rilevate le seguenti esigenze e condizionamenti:

• la necessità di bonifica dei suoli in oltre metà delle aree del Parco per renderli idonei a rece-pire impianti arborei;

• carenze e disfunzioni delle dinamiche evolutive, lentezza di crescita arbustiva e ancor piùarborea, presenti in gran parte del territorio in esame;

• la presenza di acque salmastre che riducono le specie possibili per l’inserimento; • scarse e limitate a poche specie le essenze erbacee, arbustive e arboree spontanee.

Tuttavia sono stati anche riscontrati alcuni habitat di valore:

• la vegetazione erbacea delle barene e l’acquitrino dulcicolo, di pregio naturalistico; • i graminati costieri e la vegetazione igrofila della penisola di San Giuliano, importanti per la

loro azione di barriera di contenimento della salinità.

Problemi e potenzialità dell’area sono chiaramente complessi e perciò richiedono una pro-grammazione oculata e flessibile e una progettazione sensibile alle uniche e delicate qualitàdell’ambiente lagunare e alle vocazioni del territorio veneziano.Il parco si sta sviluppando, lotto per lotto, poco per volta, vista la vastità dell’area che è com-pletamente da ridisegnare.Per gli obiettivi di questa indagine, questo testo si soffermerà in particolare sulla cosiddettaarea Pili, maggiormente affine con le tematiche trattate, in quanto fortemente caratterizzatadalla presenza di industrie fortemente inquinanti e si analizzerà dunque la sua possibile meta-morfosi.Ipotesi di modificazioni d’uso in quest’area sono pensabili solo a lunghissimo termine e stret-tamente legate al destino delle attività industriali qui attestate e quindi a scelte complesse,che travalicano la pianificazione locale.L’area Pili rappresenta la parte più meridionale del territorio interessato dal progetto, fa infat-ti parte della penisola a sud del ponte translagunare.In essa si collocano industrie petrolchimiche e altri insediamenti ad esse connesse, due ampibacini per lo scarico dei prodotti dalle navi cisterna, ampie zone di parcheggio, e un residuo diarea barenicola oltremodo degradata.Tutta l’area è caratterizzata dall’intreccio di strutture e condotte degli impianti di raffineria e dicompressione dei gas e dai depositi di stoccaggio.A lungo termine, il Piano prevede il risanamento di tutta l’area barenicola e lo sviluppo, a suddello svincolo vicino al Canale Brentella, di un polo di attività che definisce uno degli ingressiprincipali del Parco e che, data la sua strategica posizione, deve anche svolgere due importantifunzioni.La prima, simbolica, di porta per l’eccesso della laguna e l’altra di catalizzatore nel processo dirinnovo della zona industriale.

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Le destinazioni d’uso programmate per questo polo includono il terminal intermodale dei ser-vizi di trasporto di livello metropolitano, un parco divertimenti permanente, un acquario concentro di ricerca, una darsena per barche a motore con relativi servizi nautici e, eventualmen-te, una stazione della linea metropolitana e una fermata vaporetto.Tra queste proposte, l’acquario è l’elemento visivo predominante, concepito come simboloarchitettonico di nuovi interessi culturali, economici e di ricerca scientifica sui problemi del-l’ambiente lagunare di cui Venezia deve essere centro propulsore e su cui costruire una nuovaidea della città.A lungo termine, il parco includerà una rete di strade e percorsi pedonali; una serie di ported’ingresso e un sistema di luoghi di aggregazione e di spazi aperti ristrutturati.L’area diventerà un luogo di incontro accessibile, fruibile, ambientalmente sicuro e ricco divegetazione. Sarà una cerniera di verde tra le contrapposte realtà urbane di Mestre e Venezia.

Area metropolitana di Napoli

Di grande interesse è sicuramente l’area di Bagnoli (3.300.000 m2), ubicata ad ovest della cittàe occupata nel passato dalle acciaierie ILVA (1.750.000 m2) e da altre attività minori (Eternit,Montedison, ecc).La specifica variante al Piano Regolatore Generale, vigente dal 28 aprile 1998, prevede chel’attuazione degli interventi sia regolata da un successivo Piano Urbanistico Esecutivo (PUE),che la Giunta comunale ha proposto al Consiglio per l’approvazione nel dicembre 2000 e nelnovembre 2001.Il PUE, in maniera particolareggiata, specifica le scelte della Variante, ne definisce la precisacollocazione territoriale e quantitativa, ne esplicita i contenuti economici. Conferma e qualifi-ca in modo preciso, l’obiettivo che il comune di Napoli si è posto nella riconversione dell’ex sitoindustriale di Bagnoli, di creare cioè un insediamento a bassa intensità abitativa,con un’altaqualità ambientale nel quale trovino posto funzioni anche altamente rappresentative, per il rin-novamento di Napoli.Il PUE si propone di ripristinare le straordinarie condizioni ambientali che furono cancellate conla costruzione della grande fabbrica, ma al tempo stesso (a differenza della Variante), intendeconservare la memoria del recente passato produttivo, anche per il significato che esso ha

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Fig. 9 – Come dovrebbe apparire il parco tra alcuni anni

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avuto nella formazione di una cultura del lavoro per tutta la città di Napoli. Il PUE propone quin-di di realizzare un grande sistema di attrezzature per il tempo libero, per lo sport, la cultura edil godimento della natura.Il 6 novembre 2003 il PUE è stato approvato accogliendo alcune proposte di modifica presen-tate ed approvate nel corso del dibattito del Consiglio Comunale di Napoli.Infine il 16 maggio 2005 il Consiglio Comunale ha definitivamente approvato il PianoUrbanistico Attuativo relativo all’ambito di Cordoglio - Bagnoli.Intanto, l’amministrazione comunale ha acquisito le aree oggetto del piano di bonifica dell’exzona industriale di Bagnoli-Coroglio, attuando le previsioni dell’art. 114 comma 19 della leggen° 388/2000.Nel 2002 viene costituita da Comune di Napoli, Regione Campania, Provincia di Napoli CittàMetropolitana, una società di trasformazione urbana 1 (STU), strumento ordinario d’inter-vento a cui compete l’attuazione degli interventi previsti dal PRG, a partire dalla acquisizionedelle aree.Tra le molteplici destinazioni previste, questi sono i principali interventi d’interesse ambienta-le:PARCO DELLO SPORT, di circa 42 ettari, si estenderà dalla collina di Posillipo al litorale e pre-vede al proprio interno attrezzature e campi sportivi all’aperto, un campeggio, un arboretomediterraneo di 5 ettari, da realizzare in collaborazione con l’Orto Botanico, che diventerà illuogo di conservazione di tutte le specie arboree del bacino del Mediterraneo. Il Parco avràun’estensione di 34 ettari: per la sua realizzazione si ipotizza una spesa di 16 milioni e 420milaeuro, che prevede anche la messa in sicurezza del costone. Anche in questo caso non si trattadi un concorso di progettazione, ma della scelta del progettista al quale affidare il lavoro: dopola pubblicazione del bando, i concorrenti avranno circa 2 mesi per presentare i loro curriculum,il vincitore avrà da un massimo di 5 mesi a un minimo di 3 mesi per la redazione del progettodefinitivo.INFRASTRUTTURE tra le varie infrastrutture necessarie è prevista la realizzazione di impiantidi teleriscaldamento e telecondizionamento. PARCO URBANO, nell’ambito del quale vi saranno aree a verde, dove nascerà il più granderoseto d’Europa, aree attrezzate con panchine e piccoli laghetti artificiali, un’area per spetta-coli ed eventi all’aperto per 15mila spettatori, oltre a un percorso storico culturale che si sno-derà attraverso un vero e proprio museo a cielo aperto tra i siti di archeologia industriale diBagnoli. Il Parco avrà un’estensione di 124 ettari, per realizzarlo saranno necessari presumibil-mente 61 milioni e mezzo di euro.TURTLE POINT Il turtle Point è un Centro dedicato esclusivamente alla riabilitazione di tartaru-ghe marine ferite o danneggiate. Esso è temporaneamente ubicato in un padiglione dell’areadella Bagnolifutura, in attesa di essere trasferito nella sede definitiva, l’impianto di tratta-mento delle acque – TNA.

CONCLUSIONI

Con questo contributo si è voluto fornire un quadro della situazione riferita alle quattordici areemetropolitane italiane da cui emerge una situazione estremamente diversificata dell’Anagrafedei siti contaminati. Infatti una sola regione, la Liguria, ha adottato in toto la linea guida ed il

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1 Le STU sono state introdotte dall’art. 17, comma 59, della legge n. 127/97 (la cosiddetta “Bassanini-bis”) e riproposte nel DLgs n. 267/00, art.120. Si tratta di strumenti d’intervento a disposizione degli entilocali per intervenire nelle aree urbane consolidate, in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti. Allacostituzione delle STU, oltre alle Città Metropolitane ed ai Comuni, possono partecipare anche leProvince e le Regioni, nonché privati scelti tramite procedura di evidenza pubblica.

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software predisposti e messi a disposizione da APAT. In questo caso l’Anagrafe risulta pres-socchè completa e viene periodicamente aggiornata. In altri casi le Regioni, o le ARPA là dovedelegate, hanno sviluppato strumenti informatici diversi per poter inserire altri dati, spesso piùpropriamente di tipo gestionale e non solo di tipo tematico. In questi casi si rileva però un ritar-do nella implementazione dell’Anagrafe, dovuto sia al tempo necessario per la realizzazionedel database dell’Anagrafe sia al tempo necessario per il caricamento/trasferimento di dati daaltri database esistenti o da altri Enti. In molte situazioni è stato infatti riferito che l’Anagrafeè ancora in corso di completamento/validazione e quindi non è stata inviata risposta. In un altricasi è stata rappresentata la difficoltà di dedicare tempo e risorse alla nostra richiesta di infor-mazioni.Pertanto, di fronte ad una disponibiltà di dati ancora così pesantemente incompleta, ci è sem-brato prematuro procedere alla implementazione degli indicatori individuati per monitorare ilfenomeno a livello delle 14 aree metropolitane italiane.I dati pervenuti sono stati comunque commentati in modo più o meno diffuso a seconda dellaquantità e tipologia delle informazioni ricevute.Per quanto riguarda l’individuazione delle norme di riferimento è stata effettuata una ricogni-zione, per quanto possibile, completa del quadro normativo oggi vigente.Con il presente contributo si volevano inoltre segnalare casi di buone pratiche di riuso di areeindustriali dismesse, significativi dal punto di vista ambientale, con l’intenzione di voler rilan-ciare, all’attenzione di tutti, proposte e soluzioni a cui poter fare riferimento in casi analoghi.Questi casi sono stati da noi considerati significativi in quanto riguardanti interventi che, oltrea garantire la bonifica dell’area, hanno comportato un valore aggiunto in termini di risparmiodi risorse non rinnovabili, di utilizzo di materiali non dannosi per l’uomo e l’ambiente e di sal-vaguardia della biodiversità.Infatti, in alcuni progetti di riuso sono stati previsti interventi di realizzazione di parchi urbani,di sistemi di cogenerazione per teleriscaldamento, teleraffrescamento, l’adozione di sistemiper il risparmio energetico e la riduzione dell’inquinamento.Purtroppo le informazioni reperite, prevalentemente dai siti internet, non ci hanno consentitodi effettuare nessun tipo approfondimento in merito a queste scelte, in quanto scarsamenteillustrate.Quindi, pur senza entrare nel merito di quanto dichiarato nei vari piani e progetti esaminati, liabbiamo riportati, correndo anche il rischio di non segnalare casi analoghi di cui non siamovenuti a conoscenza.Si auspica di poter completare per il futuro rapporto il lavoro avviato.

BIBLIOGRAFIA

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e contributi n. 7 – giugno 2003.“Programmi di riqualificazione urbana”, INU edizioni – 1999“Aree dismesse e città – Esperienze di metodo, effetti di qualità” - edizioni AUDIS -. FrancoAngeli 2003“Programmi di riqualificazione urbana – Azioni di programmazione integrata nelle città italia-ne” – Vol. I – Ministero dei Lavori Pubblici - INU edizioni – 1999

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“Processi di trasformazione urbana e aree industriali dismesse: esperienze in atto in Italia” edi-zioni AUDIS - 2001

Siti internet

www.areemetropolitane.apat.ithttp://www.bagnolifutura.it/http://www.ambiente.provincia.venezia.itSiti Internet delle Regioni Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli V.G., Liguria, Toscana, EmiliaRomagna, Lazio, Campania, Puglia, Sicilia, Sardegna.Siti internet dei Comuni di Torino, Napoli, Venezia

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GLI EFFETTI DELL’INQUINAMENTOATMOSFERICO SUI BENI DI INTERESSESTORICO-ARTISTICO ESPOSTI ALL’APERTO

P. BONANNI*, C. CACACE**, A. GIOVAGNOLI**, R. GADDI***(APAT - Dipartimento Stato dell’Ambiente e Metrologia ambientale, Servizio InquinamentoAtmosferico e Ambiente Urano) **(ICR)

1. INQUADRAMENTO DEL PROBLEMA

In Italia è custodita la maggior parte dell’intero patrimonio storico–artistico mondiale. Sono stati censiti sul territorio nazionale oltre 60.000 beni culturali (Carta del Rischio, ICR1996).In questi ultimi decenni, il patrimonio storico -artistico ha, in generale, subito un degrado mag-giore rispetto a quello cui si è assistito in passato, tanto da indurre a ritenere l’inquinamentoatmosferico una delle più importanti concause di tale processo. Il degrado di un’opera d’arte inizia subito dopo la sua realizzazione e la velocità con cui proce-de dipende da fattori sia naturali che antropogenici [1].Questo processo è progressivo e irreversibile anche se i tempi e le modalità di impatto diffe-riscono sia in funzione del tipo di materiale che dell’agente fisico-chimico coinvolto. La veloci-tà di alcune reazioni coinvolte nel degrado dei monumenti viene incrementata della presenzadi numerosi composti con azione di catalizzatori, come metalli pesanti e particelle carboniose1.Queste ultime sono la causa sia dell’accelerazione del processo di formazione e distacco dellecroste nere sulla superficie dei monumenti lapidei che del danno estetico (annerimento) dellasuperficie lapidea.Lo studio del fenomeno è reso complesso per le difficoltà nel separare gli effetti dei vari agen-ti di degrado poiché nessun fattore agisce singolarmente. L’effetto di ognuno viene influenza-to dalla presenza concomitante degli altri; quindi l’esposizione ad un fattore può rendere ilmateriale maggiormente suscettibile alla successiva azione degli altri. L’effetto osservato èquindi il frutto di una sinergia di più fattori.

Le principali cause di degrado a cui sono generalmente soggetti i materiali, possono avere duedifferenti origini: quella naturale (come il gelo, la cristallizzazione salina, il microclima e glisbalzi termici) e quella antropica rappresentata principalmente dall’inquinamento atmosferico.L’inquinamento atmosferico esplica la sua attività degradativa modificando le proprietà chimi-che, fisiche e biologiche dell’aria ed inducendo alterazioni più o meno gravi agli esseri viventied ai manufatti esposti alla sua azione.L’impatto dell’inquinamento atmosferico sui materiali inerti quali i monumenti è ingente edirreversibile, a causa della mancanza di sistemi di autodifesa e smaltimento dei tossici, chesono invece presenti negli esseri viventi. La legislazione italiana riguardante le problematiche relative all’inquinamento atmosferico èattualmente mirata alla sola tutela della salute umana e degli ecosistemi naturali e non toccaminimamente la salvaguardia del patrimonio storico-artistico; sola eccezione sono le opere

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1 Le particelle carboniose sono delle particelle sferiche di dimensione variabile da meno di 1 a 10 μm,spesso con presenza di zolfo, vanadio e nichel, prodotte in maggioranza dai processi di combustione deicombustibili fossili. Esse sono presenti in concentrazioni elevate nelle aree urbane ed hanno la caratte-ristica di depositarsi su monumenti e materiali, formando su di essi una pellicola scura.

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d’arte esposte all’interno dei musei per le quali con il decreto Legislativo n.112 del 1998 siaffronta, con art. 50, il problema della qualità dell’aria all’interno e le implicazioni dell’am-biente esterno sulle opere conservate.

1.1 Inquinanti pericolosi per i monumenti e loro provenienza

Tra le sostanze inquinanti, quelle considerate maggiormente aggressive sono [2]:➢ l’anidride carbonica (CO2); l’anidride carbonica è un componente naturale dell’atmosfe-

ra e non è generalmente considerato un inquinante. In questi ultimi anni la concentrazionedi CO2 è andata costantemente aumentando a causa dell’intensificarsi dei processi di com-bustione di combustibili fossili, adottati nel riscaldamento domestico e nei processi indu-striali. I manufatti lapidei di tipo calcareo o le arenarie a cemento calcareo sono sensibilialla presenza di acqua leggermente acidulata a causa della CO2, che provoca effetti di dis-soluzione della matrice costitutiva.

➢ I composti dello zolfo (SOx); lo zolfo è un elemento relativamente abbondante e che haun ruolo importante nei cicli biogeochimici.Nell’atmosfera è presente principalmente come anidride solforosa (SO2), acido solfidrico(H2S) e solfati (SO4

=) presenti negli aerosol.Le principali sorgenti antropogeniche dello zolfo sono i processi di combustione che riguar-dano i combustibili solidi e liquidi fossili (carbone e petrolio) ed i processi di fusione diminerali non ferrosi. In tutti questi processi lo zolfo, contenuto come impurezza o come sol-furi, viene ossidato a biossido di zolfo (SO2). La presenza del biossido di zolfo nell’atmosfe-ra è la causa principale dei processi di solfatazione (formazione di gesso = solfato di calciobiidrato facilmente dilavabile dalle piogge), che interessano principalmente le superfici deimateriali lapidei e bronzei e che portano alla degradazione ed alla parziale perdita delmateriale superficiale dell’opera.

➢ Ossidi di azoto (NOx); con il termine di ossidi di azoto si intendono tutti i composti tra l’a-zoto e l’ossigeno nei vari stati di ossidazione; questi si formano in tutti i processi di com-bustione ad alte temperature. In generale gli ossidi di azoto si ossidano nell’atmosfera adacido nitrico (HNO3) che esplica la sua azione corrosiva depositandosi sulle superfici deimateriali.

➢ Il particolato atmosferico (in particolare le particelle carboniose prodotte dalla combu-stione di combustibili fossili) può depositarsi e quindi danneggiare manufatti lapidei, bron-zi, quadri ed affreschi. Possono rientrare in questa definizione anche gocce d’acqua di solu-zioni o sospensioni acquose, mescole di particelle fini solide o liquide in sospensione nel-l’aria, originate dalla dispersione in atmosfera di materie solide o liquide (ad esempio tem-porali di polvere o spray marino) oppure dalla condensazione di gas (ad esempio nelle emis-sioni industriali).E’ possibile trovare nell’atmosfera particelle carboniose di dimensioni variabili (da inferio-re al μm fino a 5-10 μm); queste sono per lo più dovute alle emissioni da impianti per ilriscaldamento domestico ad olio combustibile. Questo tipo di particelle di dimensionevariabile sono state spesso ritrovate quali componenti delle croste nere che ricoprono imonumenti.La deposizione di particolato sulle superfici delle opere di interesse storico -artistico noncostituisce un semplice fenomeno di assorbimento sulla superficie, in quanto le polveri ven-gono spesso cementate in un processo fisico-chimico che include la deposizione di un velod’acqua e reazioni chimiche fra il materiale e gli acidi contenuti in questa soluzione corro-siva, divenendo così parte integrante del materiale; tali reazioni oltre che avvenire in super-ficie possono anche interessare strati più profondi del materiale.

Le sostanze che sono in grado di deteriorare un’opera quindi possono provenire ed essereemesse da fonti diverse, in particolare:

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➢ processi di combustione in ambito industriale e domestico che generano inquinanti aeri-formi quali anidride carbonica, biossido di zolfo, particelle carboniose

➢ traffico veicolare (produzione di ossidi di carbonio, azoto e zolfo, particolato, polveri pro-venienti dall’usura di manti stradali, di pneumatici ed idrocarburi incombusti)

➢ lavorazione dei manufatti in processi industriali e combustioni dei rifiuti che immettononell’atmosfera vapori di solventi organici, anidride solforica, acido cloridrico, ossidi diazoto, idrocarburi incombusti e particolato.

1.2 Azione ed effetti degli inquinanti sul materiale lapideo

Un manufatto a differenza di un sistema biologico, che spesso è in grado di modificare l’habi-tat in suo favore o magari di spostarsi, non è dotato di meccanismi di smaltimento o di elimi-nazione delle sostanze inquinanti con le quali viene a contatto. Per tale ragione in un manu-fatto si assiste in breve tempo all’accumulo di tali sostanze.Le alterazioni osservate dovute ai fattori ambientali (primo fra tutti la presenza di inquinanti)che contribuiscono al deterioramento del monumento possono essere suddivise nelle seguen-ti classi:- l’erosione cioè la perdita di materiale lapideo che viene così pian piano “consumato”- l’annerimento (o per meglio dire sporcamento) determinato dal deposito delle particelle car-

boniose sulla superficie del monumento.- lo stress fisico- la contaminazione biologica

a) ErosioneL’azione dei fattori ambientali quali pioggia, vento, sole ecc, unitamente agli inquinanti pre-senti nell’atmosfera sono i responsabili della perdita e dell’allontanamento di materiale lapi-deo dalla superficie del monumento; questo fenomeno viene definito come erosione.Attraverso l’applicazione della formula di Lipfert 2 (Lipfert, 1989) [3], è stato possibile quan-tificare la perdita di materiale nell’unità di tempo (mm/anno).Attraverso tale formula si è potuto valutare l’influenza dei singoli fattori sulla perdita di mate-riale, nel caso specifico in studio, pietra calcarea.L’indice di erosione (I erosione), che si può in questo modo determinare, viene così a dipenderedalla somma di tre differenti effetti:

• effetto del dilavamento (potere solubilizzante della pioggia) • effetto dell’inquinamento (per inquinanti acidi presenti nelle precipitazioni)• effetto costa (per aerosol marino)

b) AnnerimentoLe particelle carboniose prodotte durante i processi di combustione, depositandosi sulla super-ficie del manufatto, sono responsabili dello sporcamento del materiale lapideo osservato inspecial modo nelle aree urbane.

839

2

con:Pm= perdita di materiale nell’unità di tempo (μm/anno)R = quantità di pioggia (mm/anno)H+ = disponibilità di ioni idrogeno (nmol./cm3)Vds = velocità di deposizione di biossido di zolfo (cm/s)SO2= concentrazione del biossido di zolfo in aria (μg/m3)Vdn = velocità di deposizione di acido nitrico (cm/s)(HNO3) = concentrazione di acido nitrico in aria (μg/m3)

Pm = 18,8+0,016H+R+0,18[VdS(SO2)+VdN(HNO3)]

Page 32: AREE INDUSTRIALI DISMESSE LA SITUAZIONE NELLE AREE

Per la misura dell’annerimento è stato messo a punto un indicatore che tiene conto ed espri-me proprio l’effetto della deposizione del particellato sospeso sul materiale.L’indice di annerimento risulta genericamente funzione della concentrazione del particella-to totale sospeso e della sua velocità di deposizione.

Iannerimento = f ( PST Vel. Dep.)

c) Stress fisicoAnche i fattori associati alla porosità e alla struttura dei materiali, sono in grado di influiresulle interazioni fra il materiale e l’ambiente circostante.Per tale motivo è stato anche introdotto il cosiddetto stress fisico, valutato attraverso alcuniparametri quali:

1. “tempo di inumidimento” valutabile come periodo annuo in cui l’umidità relativa è superio-re all’80%

2. la frequenza di oscillazione della temperatura ambiente attorno a 0°C 3. gelività del materiale3

d) Contaminazione biologica Ai tre parametri considerati, si affianca inoltre un nuovo indicatore che tiene conto dell’effet-to degli agenti “biologici” sul monumento: l’indice di contaminazione biologica.Attraverso questo indicatore è possibile infatti conoscere il grado di colonizzazione, ad esem-pio ad opera di organismi quali funghi, licheni e muschi, del materiale che costituisce il monu-mento o opera d’arte. Tali organismi contraggono stretti rapporti con il substrato, e la loro azio-ne biodeteriogena viene esplicata tramite due meccanismi: il primo di tipo puramente mecca-nico, dovuto alla penetrazione di apparati di sostegno specializzati con i quali essi si fissano alsubstrato (rizine, rizoidi, ecc.), il secondo meccanismo è invece di natura chimica-corrosiva edè attribuibile alle sostanze acide rilasciate nell’ambiente. Tali composti sono infatti in grado disciogliere o comunque rendere solubile il materiale lapideo che viene poi dilavato con facilitàdalla pioggia.Per conoscere il grado di colonizzazione del materiale da parte dei microrganismi si preleva uncampione superficiale di sedimento e si dosa la quantità di ATP (adenosina-tri-fosfato) sullasuperficie del monumento. Questa molecola rappresenta la fonte primaria di energia metabo-lica nei sistemi biologici e risulta quindi proporzionale alla quantità di organismi, microrgani-smi e quant’altro possa colonizzare la superficie di un manufatto.

2. Il Sistema Informativo Territoriale della “Carta Del Rischio” (Sit Cdr)

Negli anni 1995-1996, il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali promuove la Carta delRischio del Patrimonio Culturale Italiano [4], [5], [6] che costituisce un’iniziativa finalizzata afornire ai responsabili della tutela sul territorio e all’amministrazione centrale, strumenti disupporto all’attività scientifica e amministrativa. Questa è un sistema informativo basato su una struttura logica e fisica che permette di acqui-sire dati, analizzarli e studiare metodologie per gestire le informazioni riferite al territorio e laloro evoluzione legandole alle cause dei fenomeni che le producono, permettendo inoltre laproduzione di una cartografia uniforme, coerente ed immediatamente utilizzabile.

Il SIT è quindi lo strumento fisico che, attraverso la schedatura conservativa dei beni culturali,permette di soddisfare una esigenza fondamentale per la conservazione del Patrimonio

8403 Tendenza dei materiali a disgregarsi a causa del gelo.

Page 33: AREE INDUSTRIALI DISMESSE LA SITUAZIONE NELLE AREE

Culturale: determinare lo stato di conservazione dei beni in rapporto alle caratteristiche del ter-ritorio cui i beni appartengono.In tal senso la Carta del Rischio è il prodotto dinamico del Sistema Informativo Territoriale edi processi del sistema permettono di calcolare l’intensità del rischio di perdita cui è soggettoogni bene monumentale e storico artistico appartenente al patrimonio culturale italiano e diconoscerne la distribuzione sul territorio attraverso rappresentazioni cartografiche tematicheaggiornabili.Questo strumento raccoglie l’esperienza e l’approccio metodologico sviluppato da GiovanniUrbani nel 1975, con il Piano Pilota per la Conservazione programmata dei Beni Culturali inUmbria, il primo esperimento di valutazione globale dei fattori di degrado esteso a un interoterritorio, la cui validità si confermò drammaticamente in occasione dei terremoti del Friuli(1976), e dell’Irpinia (1980). Allo stesso tempo recepisce l’indirizzo scientifico e metodologicodelineato dalla “Teoria del Restauro” di Cesare Brandi, ponendo in concreto le condizioninecessarie e sufficienti per realizzare anche il “restauro preventivo” attraverso la manutenzio-ne sistematica e la conservazione programmata.Nella banca dati della carta del rischio dell’ICR ad oggi sono schedati 62756 beni suddivisi perregione (fig.1 e tab.1).

841

Fig. 1: Distribuzione Regionale in percentuale dei beni culturali presenti in banca dati del SistemaInformativo Territoriale della Carta del Rischio dell’I.C.R.

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Tab.1: Distribuzione Regionale dei beni culturali presenti in banca dati del Sistema Informativo Territorialedella Carta del Rischio dell’I.C.R.

In riferimento alle 14 aree urbane considerate (territorio comunale) la quantità di beni sche-dati è di 9459 così suddivisi (fig. 2 e tab. 2):

REGIONE TOT BENI

PIEMONTE 4152

VAL D’AOSTA 352

LOMBARDIA 7316

TRENTINO ALTO ADIGE 1769

VENETO 5030

FRIULI VENEZIA GIULIA 1319

LIGURIA 5703

EMILIA ROMAGNA 4095

TOSCANA 4184

UMBRIA 4459

MARCHE 3539

LAZIO 5759

ABRUZZO 1583

MOLISE 465

CAMPANIA 3265

PUGLIA 1587

BASILICATA 897

CALABRIA 1522

SICILIA 3791

SARDEGNA 1969

TOTALE 62756

842

Page 35: AREE INDUSTRIALI DISMESSE LA SITUAZIONE NELLE AREE

Tab. 2: Distribuzione comunale dei beni culturale nelle aree comunali di interesse della presente relazio-ne

COMUNE TOT BENI

TORINO 310

MILANO 928

VENEZIA 1181

TRIESTE 147

GENOVA 1509

BOLOGNA 463

FIRENZE 861

ROMA 2482

NAPOLI 631

BARI 122

CATANIA 173

MESSINA 132

CAGLIARI 147

PALERMO 373

TOTALE 9459

843

Fig. 2: Distribuzione comunale percentuale dei beni culturali nelle aree comunale di interesse della pre-sente relazione

Page 36: AREE INDUSTRIALI DISMESSE LA SITUAZIONE NELLE AREE

Suddivisi secondo le seguenti tipologie (fig 3 e tab.3):

844

Fig. 3: Suddivisione delle tipologie fondamentali dei beni culturali nelle aree comunali di interesse nellapresente relazione.

Page 37: AREE INDUSTRIALI DISMESSE LA SITUAZIONE NELLE AREE

Tab. 3: Suddivisione delle tipologie fondamentali dei beni culturali nelle aree comunali di interesse nellapresente relazione.

COMUNE TIPOLOGIA TOT BENI

TO MUSEI 5

TO ARCHEO 4

TO ARCHIT. 301

MI MUSEI 2

MI ARCHEO 49

MI ARCHIT. 877

VEN ARCHEO 1

VEN ARCHIT. 1180

TS MUSEI 1

TS ARCHEO 11

TS ARCHIT. 135

GE ARCHEO 5

GE ARCHIT. 1504

BO MUSEI 2

BO ARCHEO 5

BO ARCHIT. 456

FI MUSEI 1

FI ARCHEO 1

FI ARCHIT. 859

RM MUSEI 7

RM ARCHEO 534

RM ARCHIT. 1941

NA ARCHEO 38

NA ARCHIT. 593

BA MUSEI 2

BA ARCHEO 1

BA ARCHIT. 119

CT ARCHEO 22

CT ARCHIT. 151

ME ARCHEO 1

ME ARCHIT. 131

CA MUSEI 1

CA ARCHEO 11

CA ARCHIT. 135

PA MUSEI 1

PA ARCHEO 8

PA ARCHIT. 364

845

Page 38: AREE INDUSTRIALI DISMESSE LA SITUAZIONE NELLE AREE

Il GIS di gestione del sistema informativo territoriale (SIT) della carta del rischio permette dipoter rappresentare in modo cartografico i tematismi di interesse, ad esempio sovrapponendoalle carte territoriali dei comuni presenti nella precedente tabella, la consistenza dei beni(fig.4).

Il sistema permette di ricercare comuni di interesse e sovrapporvi la distribuzione dei beni, lafig. 5 rappresenta il comune di Torino e la distribuzione georiferita dei beni.

La possibilità di sovrapporre strati informativi differenti permette di sfruttare tutte le possibi-lità che prodotti di GIS offrono per poter estrarre informazioni che legano fra loro fonti infor-mative diverse.

846

Fig. 4: Tematismo sulla consistenza dei beni georiferiti nei comuni di interesse della presente relazione.

Page 39: AREE INDUSTRIALI DISMESSE LA SITUAZIONE NELLE AREE

Ad esempio nel comune di Napoli (fig. 6), è stato costruita una zona di rispetto di 100 metri adestra e a sinistra della strada selezionata ed è stato possibile estrarre i beni architettonici cheinsistono lungo la zona definita (fig. 7).

847

Fig. 5: Estrazione del comune di Torino e sovrapposizione dei beni culturali di appartenenza.

Fig.6: Estrazione del comune di Napoli e sovrapposizione dei beni culturali di appartenenza.

Page 40: AREE INDUSTRIALI DISMESSE LA SITUAZIONE NELLE AREE

Alla stessa maniera è possibile, di conseguenza, recuperare le schede di vulnerabilità che per-mettono di quantificare attraverso la relazione con la pericolosità territoriale il Rischio indivi-duale dei Beni Architettonici selezionati.

3. BUONE PRATICHE DI CONSERVAZIONE

La sinergia dei fattori considerati (sia fisici che chimici) determina quindi un degrado dell’ope-ra d’arte, obbligando ad ingenti spese per le conseguenti necessarie opere di restauro e di puli-tura. Non va inoltre dimenticata la grande perdita culturale difficilmente stimabile in terminimonetari legata al valore intrinseco artistico del manufatto che risulta spesso alterato in modopesante ed irreversibile. Le opere di restauro e consolidamento non rivestono poi carattererisolutivo o definitivo e spesso devono essere ripetute a distanza di brevi periodi di tempo rap-presentando comunque un intervento che in qualche modo interagisce con il manufatto.Ecco allora che possono essere individuati degli obiettivi chiave da conseguire nella protezio-ne e conservazione delle opere d’arte:

• rallentamento del degrado e conseguente diminuzione della perdita di materiale originale

• migliore godibilità del monumento, cioè restituzione e conservazione del contenuto estetico del monumento.

Un percorso applicabile è quello della programmazione dei tempi di manutenzione per ladefinizione ottimale dei costi di intervento ed il miglioramento dello stato di conservazione delbene.E’ stato calcolato che, mediamente, un intervento di restauro di superfici architettoniche costi

848

Fig.7: Estrazione dei beni culturali che rientrano entro 100 metri a destra e a sinistra nella costruzione diuna ‘Buffer Zona’ di ricerca intorno ad una strada di interesse.

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da 500 a 750 € al mq. A questo costo, relativo solo alla superficie, devono essere aggiuntiquelli relativi all’applicazione delle norme della Legge Quadro in materia ai Lavori Pubblici (n.109) che prevede:• oneri di sicurezza (ammontano mediamente al 3% del costo totale)• oneri per la progettazione (1,8- 1,9% del costo totale, qualora sia gestita dagli organi di tute-

la, assai di più se la progettazione è gestita all’esterno) • costi di allestimento delle opere provvisionali.Pertanto si può considerare che il costo per il restauro raggiunga mediamente 1000-1500 € permq di superficie.A titolo di esempio a Roma, di norma, gli interventi di restauro delle superfici, vengono ese-guiti con cadenza di 25-30 anni, corrispondenti agli anni giubilari. Questo è stato riscontratoattraverso analisi e stratigrafie che hanno messo in luce le successive sovrapposizioni di into-naci. Questo tipo di approccio comporta che in un breve arco di tempo vengano effettuati moltiinterventi di restauro, con conseguente diminuzione della qualità e un relativo aumento deglioneri.Un obiettivo potrebbe essere quindi quello di giungere ad una ottimizzazione dei costi direstauro individuando, per area geografica, gli ottimali tempi di pulitura in funzione del tipo dimateriale da trattare.Sebbene apparentemente il costo finale nel tempo appaia identico, esiste un beneficio nonquantizzabile economicamente, ma sommabile al beneficio totale quale il miglioramento neltempo dello stato di conservazione dell’opera e quindi un rallentamento del degrado.

BIBLIOGRAFIA

[1] L .LAZZARINI, M. LAURENZI TABASSO – Il Restauro della Pietra - CEDAM, Padova, 1986.[2] G. G. AMOROSO – Il Restauro della pietra nell’architettura monumentale - FLACCOVIO,pag.126.[3] W. T. LIPFERT, Atmospheric damage to calcareous stones: Comparison and reconciliation ofrecent experimental findings, Atmos. Environ., 23 (1989), pp. 415–429.[4] Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali - Istituto Centrale per il Restauro, Carta delRischio del Patrimonio Culturale, vol. 1, a cura di A.T.I. MARIS, Bonifica, Roma 1996.[5] G. ACCARDO, E. GIANI , A. GIOVAGNOLI, The risk map of Italian Cultural Heritage, Journalof architectural conservation, n° 2 july 2003, pp 41-57.[6] G. ACCARDO, A. ALTIERI, C. CACACE, E. GIANI, A. GIOVAGNOLI, Risk map: a project to aiddecision-making in the protection, preservation and conservation of Italian Cultural Heritage,Conservation science 2002, pp 44-49

849

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UTILIZZO DI TECNOLOGIE “NO-DIG” PER LA RIDUZIONE DELL’ IMPATTOAMBIENTALE IN AMBITO URBANO DURANTEINTERVENTI DI CONTROLLO,MANUTENZIONE E SOSTITUZIONE DEI SERVIZI INTERRATI

E. CARUSO*, F. GERI**, G. PINO**, S. VENGA***(APAT - Servizio Interdipartimento per l’Indirizzo, il Coordinamento e il Controllo delle Attività Ispettive)**(APAT - Dipartimento Nucleare, Rischio Tecnologico e Industriale, Servizio Rischio Tecnologico)

1. PREMESSE

Recentemente è stata posta grande attenzione alla protezione dell’ambiente urbano e allasostenibilità della vita di ogni giorno, in conseguenza dei continui sconvolgimenti delle stradecittadine con particolare riguardo ai centri storici, interessati dalla stesa di sottoservizi e deipiù disparati tipi di canalizzazione, pur indispensabili, da parte di vari enti gestori.E’ nell’esperienza comune il disagio provocato da interventi sulla sede stradale che interferi-scono con il delicato “equilibrio” della mobilità, con ripercussioni non trascurabili sulla qualitàdella vita dei cittadini e dell’ambiente urbano.Per l’installazione dei sottoservizi, da anni è emersa l’esigenza di un cunicolo dedicato (il cosid-detto “cunicolo intelligente”), dove alloggiare la maggior parte delle canalizzazioni, e consen-tire una agevole ispezione e manutenzione delle stesse, senza alcuna interferenza con le atti-vità di superficie (traffico, interruzioni, scavi, ecc.).Il cunicolo rappresenta la soluzione ottimale ogni qualvolta si tratti di nuovi insediamenti oquando si debba procedere ad un radicale rifacimento delle strutture viarie.Le problematiche che ne frenano la diffusione sono di due tipi:• economico: elevato costo iniziale• tecnico: difficoltà nelle intersezioni (soprattutto fognarie, con quote di scorrimento obbliga-

te) e la non compatibilità (per motivi di sicurezza) con alcuni servizi quali il gas.La realizzazione del cunicolo, inoltre, non è sempre praticabile: mentre dovrebbe rappresenta-re quasi un obbligo per i nuovi insediamenti, diventa invece problematica quando si è in pre-senza di vecchie infrastrutture stradali e in particolare di “strade storiche”.Le difficoltà connesse alla realizzazione del cunicolo dei servizi e la sensibilizzazione verso letematiche riguardanti la protezione dell’ambiente urbano, hanno focalizzato l’interesse su tec-nologie innovative di derivazione americana, che si sono sviluppate parallelamente alle tecni-che tradizionali e che da queste differiscono per il limitato utilizzo di scavi a cielo aperto.Queste tecnologie vengono sinteticamente indicate con il termine “NO-DIG” o “TRENCHLESS”(letteralmente “senza scavo”) e sebbene siano nate per l’esigenza di attraversamenti di ferro-vie e canali, oggi possono essere di aiuto nel mitigare gli impatti dovuti alle inevitabili fasi diposa dei sotto-servizi nelle aree urbane: attraverso una attenta progettazione, basata sull’a-nalisi preventiva delle interferenze dell’intervento con le canalizzazioni preesistenti e con l’am-biente circostante, consentono la corretta installazione dei sottoservizi, garantendo, nel con-tempo, un giusto rapporto tra lavori e ambiente cittadino e il rispetto dei tempi di esecuzione.

2. DESCRIZIONE DELLE TECNOLOGIE NO-DIG

Sostanzialmente rispetto alle tecniche tradizionali che richiedono lo scavo di tutto il tracciato

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della condotta da installare o riparare, la tecnologia NO-DIG richiede solo lo scavo di due poz-zetti in corrispondenza dell’inizio e della fine del tracciato su cui si deve intervenire.Le tecniche, pur differenziandosi notevolmente tra di loro per impiego, strumentazione adotta-ta e metodi, presentano tuttavia delle caratteristiche comuni che consentono di raggrupparlenelle seguenti macro-categorie:• Tecniche non invasive per la ricerca e la mappatura dei servizi esistenti• Tecniche per nuove installazioni• Tecniche per riabilitazione di canalizzazioni esistenti

2.1 Tecniche non invasive per la ricerca e la mappatura dei servizi esistenti

A monte di ogni realizzazione NO-DIG deve essere condotta un’ accurata campagna conosciti-va sulle possibili interferenze con i servizi già esistenti e sullo stato della canalizzazione even-tualmente da riabilitare. Tali tecnologie, applicate anche a supporto di tecniche tradizionali (scavi aperti, ecc.), per laloro caratteristica di non invasività e per la stretta connessione e dipendenza con le tecnolo-gie NO-DIG propriamente dette, pur non essendo in realtà tecnologie di scavo/posa in opera,ma indagini conoscitive impiegate nella fase preliminare dell’intervento vero e proprio, vengo-no da sempre incluse nella famiglia delle tecnologie NO-DIG.In base ai risultati di tali indagini preliminari, unitamente a quelle geologico-geotecniche tra-dizionali sui terreni interessati, è possibile effettuare le scelte progettuali relative alla tecno-logia più adatta alla tipologia di intervento.

La localizzazione e mappatura dei servizi interrati preesistenti (incluse canalizzazioni da riabi-litare), propedeutica all’ impiego di ogni tecnologia NO-DIG potrà essere condotta con: a. Telecamereb. Radarc. Cercatubi e Cercaperdite

a. TelecamereVengono impiegate per la verifica dello stato reale delle condotte esistenti, indispensabile allasuccessiva applicazione delle tecniche NO-DIG di riabilitazione. Le telecamere sono montatesu un apposito carrello filo-guidato (robot) dotato di potenti luci per l’illuminazione dell’internodella condotta e della strumentazione necessaria a registrare la distanza dal punto di ingressoe la pendenza di posa della canalizzazione esistente. L’apparecchiatura può essere antidefla-grante per evitare pericoli di esplosioni quando si opera in una condotta per la distribuzione digas ed è dotata di collegamento con monitor esterno che consente all’operatore di regolarnele manovre.

Fig.1: Telecamera filoguidata Fig.2: Particolare della corrosione in untubo in acciaio

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I risultati dell’ispezione sono registrati su supporto video e/o magnetico, così da poter agevol-mente diffondere l’analisi effettuata.Il loro impiego consente la constatazione dello stato di conservazione (nonché la bontà dellegiunzioni e la correttezza della posa) di condotte idriche, condotte fognarie, pozzi trivellati peracqua, e permette di individuare eventuali allacci abusivi, perdite in atto.

b. GeoRadarViene impiegato prima di procedere all’istallazione di nuovi servizi con tecnologie NO-DIG alfine di riconoscere la presenza di altre canalizzazioni e il loro sviluppo nel sottosuolo.L’apparecchiatura è costituita da un emettitore di segnali a radiofrequenza dotato di una o piùantenne montato su un carrello che viene fatto scorrere sull’area da indagare. Il georadar sfrut-ta le proprietà elettromagnetiche dei corpi presenti nel sottosuolo che, investiti dal segnaleemesso dall’antenna trasmittente, rispondono con un segnale variabile in funzione del mate-riale di cui sono costituiti. I dati raccolti vengono interpretati ed elaborati attraverso opportunisoftware che restituiscono una mappa dei servizi presenti nel sottosuolo.

Fig. 5: Apparecchiatura Georadar per lamappatura dei sottoservizi

Fig. 6: Radargramma fornito dall’apparecchiatura georadar

Fig.3: Comprensorio irriguo del Tufano- videoi-spezione: interno pozzo irriguo DN 500 - vista fil-tro a ponte a- 83.7 m (con saldatura longitudina-le filtro e testa-testa delle canne) - 83.7 m (consaldatura longitudinale filtro e testa-testa dellecanne)

Fig.4: Comprensorio irriguo del Tufano- videoi-spezione: interno pozzo irriguo DN 500 - vista fil-tro a ponte a - 132 m (con asole di fermo colon-na)

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Questa metodologia d’indagine è stata utilizzata ad esempio a Roma nei pressi del CircoMassimo, con l’obiettivo di individuare l’eventuale presenza di sottoservizi: tramite l’apparec-chiatura georadar è stato possibile acquisire dati fino a 2,5 m di profondità dal piano di cam-pagna rivelando la presenza di due sistemi di anomalie con andamento parallelo al marciapie-de riconducibili a tubazioni.

c. Cercatubi e CercaperditeSono tecnologie impiegate, nei rilievi di superficie, per la localizzazione delle tubazioni metal-liche interrate o linee elettriche (che possono generare campi magnetici). Con l’amplificazionedei suoni generate dalla variazione di velocità, possono essere utilizzate anche per la ricercadi perdite nelle reti acqua o, con sensori di proprietà fisico-chimiche per rilevazioni perditenelle reti gas

Fig. 7: Mappa dei sottoservizi 3D ottenuta dall’elaborazione del radargramma

Fig .8: Circo Massimo(GeA): Planimetria interfe-renze

Fig. 9: Circo Massimo(GeA): Assonometria interferen-ze

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2.2 Tecniche per nuove installazioni

• PERFORAZIONE GUIDATA (HDD HORIZONTAL DIRECTIONAL DRILLING)La tecnica prevede la creazione di un foro pilota mediante l’introduzione, da un pozzo diingresso, di una colonna di aste con un utensile di perforazione posto in testa, che vengonoguidate alla quota e nella direzione voluta. La testa raggiunge un pozzetto di arrivo ove vienecollegata ad un alesatore rotante (che serve ad allargare il foro pilota fino al diametro volu-to per la condotta) e alla condotta in PEAD (Polietilene ad Alta Densità). Dal pozzo di ingres-so viene quindi ritirata e smontata l’intera colonna, che trascina con sé la condotta da instal-lare.La perforazione può essere effettuata:➢ “a secco”: in questo caso l’utensile di perforazione è costituito da un martello che avan-

zando comprime il terreno lungo le pareti del foro. Viene comunque utilizzata una misce-la lubrificante a base di acqua per raffreddare l’utensile.

➢ “a umido”: si differenzia dal precedente unicamente perché l’avanzamento è coadiuvatoda un vero e proprio getto fluido costituito da acqua e bentonite.

Campi di applicazione: installazione di nuove canalizzazioni in PEAD sino a 400 mm di dia-metro, per qualsiasi utilizzo (gas, acqua, fognature, energia elettrica, comunicazioni, ecc.).

• MICROTUNNELING – SPINGITUBO - SCUDOLa tecnica del microtunneling viene adottata per l’installazione di condotte in grès o in cal-cestruzzo di diametro sino al 1400 mm mediante perforazione orizzontale realizzata da unatesta d’avanzamento a ruota fresante. Anche in questo caso la perforazione per l’alloggia-mento della condotta inizia dal pozzo di partenza dove vengono calate e alloggiate tutte leattrezzature (strumentazione di controllo, gli allacci per l’immissione delle miscele di acquae bentonite, ecc..) necessarie per lo scavo del tunnel e la successiva spinta dei vari tratti di

Fig. 10: Esecuzione della posa in opera della condotta con la tecnologia HDD (Horizontal DirectionalDrilling). (a) esecuzione del foro pilota; (b) recupero della colonna di perforazione con passaggio della con-dotta

(a)

(b)

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tubo. L’avanzamento della macchina di scavo e delle tubazioni viene effettuato tramite 2 o 4martinetti idraulici (jacks) montati su un telaio meccanico e interconnessi fra loro per averela stessa spinta da parte di ciascuno. Lo scavo procederà fino al pozzo di arrivo dal quale ver-ranno recuperati la macchina di perforazione e gli eventuali tubi di acciaio usati come pro-tezione provvisoria. Dal pozzo di spinta si possono fare più perforazioni riposizionando l’uni-tà di spinta sia in senso orizzontale (ruotandola) che in senso verticale (alzandola o abbas-sandola).Tutto l’impianto di spinta occupa una superficie di ca. 20mq (gli ingombri stradali sono cosìridotti da non richiedere alcuna interruzione del traffico veicolare).La scelta della forma dei pozzetti di partenza e di arrivo viene fatta in funzione del luogo dilavoro, del metodo di scavo prescelto, della lunghezza dei tubi, della profondità a cui si devescavare la galleria, della natura geologica e idrogeologica del terreno. La protezione delle pareti dei pozzetti può essere fatta con piastre in acciaio, applicate sututta la circonferenza, o con palancole con profilo profondo, con elementi in calcestruzzoarmato prefabbricati e fissati nel suolo o con getti in opera di calcestruzzo armato.Simile al microtunneling è lo spingitubo (anche nella variante scudo) che si differenzia perl’assenza della fresa come utensile di scavo.Viene adottata per dimensioni anche maggiorio per l’infissione di manufatti realizzati a pié d’opera (scatolari, ecc.).

Campo di applicazione: condotte idriche, fognarie soprattutto per il superamento di contro-pendenze topografiche. La condotta installata è solitamente in calcestruzzo o grès.

• MOLE (SILURO)Sono attrezzature di modeste dimensioni e per limitati attraversamenti costituiti da un uten-sile di scavo a percussione, dotato di sistema di avanzamento guidato, e consentono la posaper traino di tubi in ferro e materie plastiche.

Fig. 11: Microtunnelling: si evidenziano il pozzo di spinta in cui sono alloggiati i martinetti idraulici, latesta di scavo della microgalleria e l’inserimento della condotta.

Fig. 12: Siluro - attraversamento stradale

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Campo di applicazione: installazione di condotte in pressione e cavidotti di piccolo diame-tro in PEAD e acciaio.Lo schema riportato chiarisce la distinzione e gli impieghi di tali tecnologie:

2.3 Tecniche per riabilitazione di canalizzazioni esistenti

Questa tipologia di tecniche NO-DIG è quella che comporta i maggiori vantaggi in termini diimpatto sull’ ambiente urbano in quanto limita ancora di più gli scavi e dunque il materiale dirisulta. Inoltre con queste tecniche le vecchie condotte o i loro materiali costituenti rimangono“in situ” senza essere rimosse, confinati nell’antico scavo senza perciò la necessità di essereconferite in discarica, con evidente vantaggio quando si è in presenza di condotte in materialispeciali (cemento-amianto) che costituiscono parte del patrimonio delle reti di acquedotti ita-liane e la stramaggioranza di quelle irrigue. Da ultimo utilizzando le vecchie canalizzazioni nonsi incrementa “il disordine” del sottosuolo, dovuto al moltiplicarsi dei servizi interrati.Si differenziano a seconda della tipologia di intervento, che può essere puntuale (localizzato inpiccole aree della tubazione preesistente – Cured in Place) oppure esteso ad intere tratte dellacondotta (in questo caso la vecchia condotta può essere conservata integra o meno). Lo sche-ma riportato chiarisce la distinzione e gli impieghi di tali tecnologie:

Fig. 13: Schema Logico per le Tecnologie di posa in opera

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a. Riparazione delle condotteSono tecnologie impiegate generalmente per riparazioni localizzate e vengono realizzate rive-stendo le stesse con resine o calze termoindurenti. Si distinguono in:• CURED IN PLACE PIPE (Lett. Riparato sul posto)

Questa tecnologia prevede l’utilizzo di guaine in fibra poliestere, fibra di vetro oppure a com-posizione tessile o mista, confezionate in diverse dimensioni, idonee a ricostruire dall’inter-no un tratto di condotta danneggiato.Tutti i tipi di guaina sono accoppiati, su di un lato, ad un film in materiale plastico(Poliuretano-Polietilene - PVC) che funge da contenimento della resina e andrà a costituire ilpiano di scorrimento dei liquidi trasportati dalla condotta.La parete in feltro o tessile della guaina viene impregnata con resina termoindurente di tipoidoneo a sostenere l’aggressione chimica dei fluidi che andranno a trasportare. Ad impre-gnazione avvenuta, la guaina (liner) viene introdotta nella condotta da risanare utilizzandouno speciale procedimento chiamato “inversione”: l’estremità aperta della guaina viene fis-sata ad un apposito “anello di inversione” posizionato su un ponteggio di altezza adeguatacosì da creare un battente d’acqua che fa avanzare il liner nella tubazione (3-6 metri).Successivamente l’acqua viene riscaldata e fatta circolare all’interno in modo da attivare,con l’innalzamento della temperatura, la polimerizzazione rapida della resina.A consolidamento terminato, la guaina indurita viene sezionata in corrispondenza dei poz-zetti di ispezione intermedi e dei terminali. I punti di contatto tra guaina (liner) e condottaesistente vengono sigillati mediante l’applicazione a mano di appositi stucchi chimici legan-ti.

• PIPE COATING (Lett. Rivestimento dei tubi)Questa tecnologia prevede l’utilizzo di resine epossidiche spruzzate direttamente dall’inter-no della tubazione rivestendola. Sono utilizzate principalmente nei casi in cui è necessarioporre attenzione alle caratteristiche chimico-fisiche dei fluidi trasportati.

Fig. 14: Schema Logico per le Tecnologie di Riabilitazione

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b. Infilaggio di nuove condotte a diametro inferioreSono le tecnologie più semplici e consistono nel semplice alloggiamento entro il tubo esisten-te di una nuova condotta (che può essere di qualsiasi materiale). Naturalmente tale operazio-ne comporta una riduzione di diametro della nuova condotta (per consentirne l’infilaggio)lasciando una corona circolare di vuoto tra la vecchia e la nuova tubazione.• SLIP-LINING (Lett. Rivestimento Infilato)

Tale sistema consiste nell’inserzione, usualmente previa ispezione televisiva e pulizia dellacondotta da rinnovare, di un tubo in polietilene di diametro esterno inferiore al diametrointerno della condotta esistente. I tubi possono essere disponibili in rotoli, e in questo casol’inserzione avviene senza soluzione di continuità, oppure in tratti di condotta PE (Polietilene)che vengono saldati fra loro per fusione in fase di inserimento. L’inserzione avviene permezzo del traino di un argano motorizzato nel primo caso o di una macchina spingitubo nel-l’altro.Con tale sistema possono essere rinnovati in un’unica soluzione tratti di tubazione da 100 aoltre 300 metri, con diametri da 20 mm a oltre 1000 mm per condotte idriche e fino a 630mm per condotte gas. La conseguente riduzione di sezione viene in parte compensata dairidotti coefficienti di scabrezza.

c. Infilaggio di nuove condotte con diametro esterno pari all’interno dell’esistenteSono simili allo slip lining ma riducono al minimo lo spazio residuo tra la vecchia e la nuovatubazione e si basano sulla proprietà delle tubazioni in Polietilene di conservare “memoria”della forma originaria. Con il termine close fit lining possiamo indicare tecniche di riparazioneche utilizzano lo stesso principio di funzionamento: un tubo di diametro esterno inferiore al dia-metro interno della condotta viene predeformato per facilitare l’inserimento nel tratto da risa-nare. In seguito viene ripristinata la sua sezione originaria (per espansione o meccanicamente)facendolo aderire alle pareti della condotta. Si differenziano per la procedura di deformazione.• SWAGE-LINING

Nello Swage-lining la deformazione è di tipo radiale e viene effettuata contestualmenteall’inserimento del tubo per mezzo di rulli. Una volta entrato nella condotta il tubo si espan-de ritornando alle forma originale.

• FOLDED-LININGNel caso del Folded-lining il tubo è piegato su se stesso e successivamente al suo inseri-mento nella condotta esistente viene riportato alla sezione originale meccanicamente conun’ogiva che viene fatta passare al suo interno o per espansione insufflando vapore.

d. Installazione di nuove condotte a diametro maggiore con distruzione delle condotte esistenteSono tecnologie che consentono l’inserimento di condotte con diametro fino al 30% maggioredell’esistente. La condotta originaria viene distrutta da un utensile che trascina dietro di se lanuova da installare. Il materiale di cui è costituita la condotta da sostituire determina la scelta della tecnica da uti-lizzare.

Fig.15: Deformazione radiale del tubo attraversol’impiego di rulli nel caso di Swage-lining.

Fig.16: Deformazione a ‘C’ nel caso Folded-lining

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• PIPE-BURSTING (Lett. Distruzione Dei Tubi) Tecnica idonea alla sostituzione di vecchie condotte costituite da materiali fragili (ghisa gri-gia, PVC, cemento, cemento-amianto, grès, ecc.). La tecnologia denominata “Pipe-Bursting” consiste nell’introduzione, all’interno del tubopreesistente, di una ogiva in acciaio dotata di congegno di taglio oleodinamico che conte-stualmente al suo avanzamento distrugge la vecchia condotta e installa la nuova.L’integrità del tubo in PE è garantita dall’azione di un alesatore ad ogiva che segue il con-gegno di frantumazione e che compatta e comprime nel terreno circostante i frammenti pro-dotti.Data l’assenza di vibrazioni impresse non occorre individuare in precedenza, se non condiscreta approssimazione, la posizione dei sottoservizi paralleli o intersecanti.

• PIPE SPLITTINGRispetto alla tecnica precedete cambia il congegno di taglio, che è dotato di lame adatte atagliare i materiali duttili (acciaio, PVC, etc.) di cui sono costituite le condotte da sostituire.

3. POSSIBILI APPLICAZIONI E CONFRONTO CON TECNICHE TRADIZIONALI

Le tecnologie possono essere utilizzate nella maggior parte dei casi, ma ci sono delle situazio-ni in cui sono particolarmente indicate:• Attraversamenti (stradali, ferroviari,di corsi d’acqua, ecc.)• Centri storici• Fiancheggiamenti di strade urbane a traffico elevato o sezione modesta• Risamento dei servizi interrati• Riabilitazione senza asportazioni delle vecchie canalizzazioniInfatti in tutte queste situazioni è necessario operare cercando di ridurre il disagio dei cittadi-ni dovuto alla cantierizzazione, che ha un impatto negativo sia dal punto di vista sociale(aumento del traffico, intralcio delle attività commerciali, ecc) sia sull’ambiente (emissioni diinquinanti, produzione di polveri,ecc.).Anche se è pressochè impossibile condurre un confronto assoluto ed oggettivo (qualsiasi risul-tato ottenuto deve far riferimento alle specifiche condizioni del lavoro e delle tecniche NO-DIGadottate), le valutazioni economiche tra tecniche NO-DIG e tradizionali dovrebbero tener contodei fattori descritti.A titolo indicativo si riporta di seguito una tabella che evidenzia i punti a vantaggio o a sfavo-re dell’una e dell’altra.

Fig. 17: Nel Pipe-Bursting l’avanzamento della testa di taglio frantuma la condotta esistente e conte-stualmente la sostituisce con la nuova.

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Tabella 1: Vantaggi e svantaggi del no-dig

I fattori sopra elencati concorrono al costo globale dell’intervento, che può essere così gene-ralizzato:

CTOT = ΣCcostr + ΣCsoc

Ccostr costi di costruzione (costi diretti)Impianto di cantiereScavoTrasporto a rifiutoSmaltimento rifiuti specialiRipristinoFornitura della tubazioneInstallazione tubazioneProveCosti per la sicurezzaCosti per l’interruzione di altri serviziCosti per la rottura di altri serviziDurata dei lavori

Csoc costi sociali (costi indiretti)Costi dovuti al tempo di percorrenzaCosti ambientali inquinamento da polveri e gasCosti dovuti a incidenti

I costi di costruzione sono quelli sostenuti per la realizzazione dell’opera; sono facilmentequantificabili e dipendono sostanzialmente dal tracciato e dal tipo di tecnica impiegata. Il raf-fronto di tali costi tra tecniche tradizionali (scavo aperto) e tecniche NO-DIG è pure agevol-mente fattibile. Si parte, infatti, dal computo metrico dei lavori a cui si applicano i prezzi uni-

TRADIZIONALE NO-DIG

1 Impianto di cantiere E K

2 Scavo KKK AAA

3 Trasporto a rifiuto KKK AAA

4 Smaltimento rifiuti speciali K A

5 Ripristino KKK AAA

6 Fornitura della tubazione E K

7 Installazione tubazione E KKK

8 Prove E E

9 Durata dei lavori E AA

10 Costi per la sicurezza E AA

11 Costi per l’interruzione di altri servizi E A

12 Costi per la rottura di altri servizi K A

13 Costi dovuti al tempo di percorrenza KKK A

14 Costi ambientali inquinamento da polveri e gas KKK A

15 Costi dovuti a incidenti e malattie KK A

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tari delle singole lavorazioni. Per esempio nel caso di un lavoro da eseguire nel Lazio, verran-no adottati i prezzi unitari del Prezziario Regionale vigente (Del. G.R. 8/3/2002 n.267) per gliarticoli comuni, mentre per le lavorazioni più propriamente NO-DIG si potrà far ricorso alPrezziario IATT (Ed. maggio 2004 – E.Caruso e altri).I costi sociali sono costi non legati direttamente all’esecuzione delle opere, ma sono quellisostenuti dalla collettività e scaturiscono dall’impatto negativo dell’intervento sull’ambiente esulle attività antropiche. Dipendono da numerose variabili legate alla tecnica utilizzata, il tipodi intervento e il luogo in cui viene eseguito, sono pertanto di difficile determinazione e dun-que quasi mai contabilizzati.In particolare si possono distinguere:• i costi dovuti al tempo di percorrenza (maggiori nel caso di tecniche tradizionali), che risul-

tano somma del maggior impiego di carburante e delle perdite di tempo degli utenti abitua-li della strada.

• i costi ambientali per inquinamento da polveri ed emissioni di inquinanti è legato all’incre-mento dei costi sociali sostenuti per malattie e per eventuali interventi di monitoraggio ebonifica.

• i costi ambientali per l’incremento di incidenti provocati dall’innalzamento del grado dirischio legato alla maggior durata dei lavori e dal maggior impatto delle tecniche con scavoaperto.

Telecom Italia ha condotto una valutazione fra tecniche tradizionali e NO-DIG (directional dril-ling, minitrincea e microtrincea), tentando in particolare di monetizzare i costi sociali dovuti altempo di percorrenza per un intervento di fiancheggiamento di una strada urbana.

La modellizzazione dell’impatto è stata effettuata attraverso i passi che si è scelto di descri-vere, seppur brevemente, allo scopo di evidenziare alcune delle difficoltà che si incontranonella quantificazione del danno socio-ambientale, tra cui la stretta correlazione con le caratte-ristiche intrinseche di ciascun intervento.

Il calcolo del costo del maggior tempo di percorrenza:Passo 1 Calcolo della “portata” della strada considerata, che è funzione della sua ubicazionenell’ambiente cittadino (centro, semicentro e periferia). E’ stato considerato un valore medioper portata giornaliera, ed espresso in veicoli/ora, che viene preso come riferimento per le ela-borazioni successive.Passo 2 La portata media giornaliera è stata quindi confrontata con la portata ridotta che siha in presenza di un ostacolo sulla carreggiata, costituito appunto dal cantiere. Quando la por-tata ridotta è minore della portata media si ha la congestione del traffico con formazione di

Fig. 18: Visualizzazione grafica dell’impegno della carreggiata da parte di uno scavo tradizionale, micro-trench e minitrincea, perforazione orizzontale guidata

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code; questo è il caso di interesse per il calcolo del costo del maggior tempo di percorrenza.Passo 3 Sulla base della stima del numero di veicoli presenti in coda, del valore della portataridotta (variabile in funzione della tecnologia di scavo considerata), è stata effettuata una valu-tazione del tempo di attesa in coda per ogni veicolo e del tempo di attraversamento del can-tiere. Sommando tempo di attesa e di attraversamento si ottiene il tempo totale perso da unsingolo veicolo a causa del cantiere.Il tempo perso da ciascun veicolo per il numero totale di veicoli che transitano sulla strada intutto il periodo interessato dal cantiere fornisce il tempo totale (Tt) che viene perso dai citta-dini a causa dell’intervento. All’unità di tempo è stato attribuito un valore monetario ottenuto su ragionamenti statisticibasati su dati ISTAT e relativi al guadagno orario medio dell’utente;tale valore è stato fissatoin 0,045 €/min.Il costo complessivo Cmpt da attribuire al cantiere per la perdita di tempo è quindi ottenuto dalprodotto:

Cmpt = 0,045 Tt

Costo del maggior consumo di carburante Per ciò che concerne i dati di costo per durata uni-taria di funzionamento, si è considerata una potenza media del motore pari a 50kW, un consu-mo medio specifico di 50 g/kWh e un costo indicativo del carburante pari a 0,00145 €/g (cor-rispondenti a circa 1,084 €/litro). Sommando i due elementi di costo (legati al maggior tempodi percorrenza e al maggior consumo di carburante), si ottiene il costo globale generato dal-l’incremento del traffico viario a causa della presenza del cantiere.Costo di impatto ambientale Il costo di impatto ambientale quantifica gli effetti negativi dovu-ti a fenomeni di inquinamento delle risorse quali acqua, aria, suolo e consumo di risorse nonrinnovabili mediante l’utilizzo di un’analisi LCA. Si ricorda che in tale analisi non si considera-no gli impatti di tipo visivo o acustico ma solo quelli di consumo di risorse e di produzione diemissioni legati ai processi e ai prodotti utilizzati.

I risultati dello studio Telecom sono sintetizzati nella tabella seguente che riporta il risparmio inpercentuale delle tecniche no dig rapportate al costo di un intervento con scavo a cielo aperto:

Tabella 2. Risparmio percentuale degli interventi no-dig rispetto ad interventi tradizionale

Tipologia di costo Tipo di intervento

Perforazioneorizzontale guidata

Microtrench Minitrincea

Installazione - 29 -78 -64

Costo legato all’incre-mento del traffico

-74 -91 -74

Impatto ambientale -75 -90 -74

Risparmio percentuale -69 -90 -73

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4. ESEMPI D’IMPIEGO

Di seguito vengono riportati alcuni interventi in città italiane in cui sono state applicate consuccesso le tecnologie fino ad ora descritte, nonchè un esempio a livello internazionale inte-ressante per il contesto paesaggistico in cui è stato eseguito.

4.1 Roma: lavori di posa in opera di cavi protetti all’impatto (Acea Distribuzione)

Nell’ambito del piano regolatore generale delle reti a media tensione della città di Roma, AceaDistribuzione, società del gruppo Acea, nel settembre del 2004 ha affrontato la realizzazionedei lavori di rifacimento di tratti della rete del quartiere Prati-Mazzini. (Fig. 19) Il quartiere interessato dai lavori di posa dei cavi è un cantiere storico ad alta densità abitati-va e nodo nevralgico del traffico di scorrimento sulla direttrice nord-centro all’interno del rac-cordo anulare.L’area ha subito un processo di sovrapposizione e stratificazione delle infrastrutture di rete ela sua recente vocazione a sede di uffici e studi professionali ha reso ancor più affollato il siste-ma dei sottoservizi.Il committente ha deciso pertanto di utilizzare per la posa dei cavi una tecnologia trenchless abasso impatto sul territorio, che consentisse una rapida e sicura esecuzione dei lavori.La tecnica Horizontal Directional Drilling (HDD) utilizzata consiste nell’eseguire una perfora-zione principale di piccolo diametro (110 mm) che viene guidata cominciando da un foro-poz-zetto verso un obiettivo identico che può essere situato a più di un centinaio di metri di distan-za. I fori di partenza e di arrivo sono poco profondi (da 1.20 a 1.50 mt) e di ingombro ridotto (da1.50 a 2.50 mt). La testa di perforazione è dotata di una sonda radio in essa installata che per-mette di localizzare la sua posizione sotto la superficie durante l’avanzamento.Il tracciato dell’infrastruttura si è articolato attraverso via Flaminia, viale Mazzini, piazzaMazzini, via Sabotino,via Dardanelli ,piazzale Clodio e la lunghezza del cavo posato è stata di6000 m.

4.2 Castelnuovo del Garda: Condotta fognaria in gres posati con la tecnica delmicrotunnelling (Azienda Gardesana Servizi)

Nel Comune di Castelnuovo del Garda è stata installata una condotta fognaria in grès di 1500m di lunghezza e di diametro nominale pari a 400 mm, opera che presentava grandi difficoltàdi realizzazione attraverso le tecniche tradizionali a causa delle profondità (comprese dai -3 ai–9 metri) richieste per:• eliminare alcuni impianti di sollevamento che si sarebbero resi necessari per servire nuove

aree di urbanizzazione,

Fig. 19: Area interessata dall’intervento: via Flaminia,viale Mazzini, piazza Mazzini, via Sabotino,viaDardanelli ,piazzale Clodio

Fig. 20: Uno dei pozzetti di partenza e relativoingombro del cantiere

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• sottopassare un torrente (Rio Bisavola) e la linea ferroviaria Milano-Venezia,• costeggiare per un lungo tratto la Strada Statale 11, molto trafficata.

Si è quindi reso necessario un intervento di posa in opera mediante tecnica di microtunnelling:le tubazioni, in gres verniciate internamente ed esternamente, sono state inserite tra i duepozzi all’interno di una microgalleria.Questa tecnica ha permesso di:– superare con successo il variegato orizzonte geologico del terreno in loco caratterizzato dabruschi passaggi da argilla e/o sabbia a strati di ghiaia molto consolidati, grossi ciottoli e tro-vanti di dimensioni anche superiori al diametro della fresa;– ottenere ottimi risultati di precisione a livello di quote e pendenze costanti di posa (errori dipochi millimetri di quota di arrivo su tratte di 100 m).Inoltre i limitati ingombri di cantiere e il loro posizionamento sulle banchine delle sedi strada-li hanno consentito di:– lasciare indisturbata la viabilità in entrambi i sensi di marcia sulla SS 11, che non è statainterrotta neanche nei mesi di maggior traffico dovuti all’affluenza turistica estiva;– operare in condizioni ottimali di sicurezza, sia all’interno del cantiere che esternamente;– evitare onerosi spostamenti di sottoservizi per il posizionamento dei pozzi, la cui posizione èstata definita puntualmente dopo accurate indagini e saggi in loco.

4.3 Anagni: riabilitazione recupero e completamento rete irrigua del Tufano(Consorzio di Bonifica a Sud di Anagni)

Gli interventi di slip-lining, attivati dal Consorzio sin dal 2001, stanno consentendo la riabilita-zione di una rete irrigua a servizio di un comprensorio di bonifica di 1880 ha tra i Comuni diAnagni e Ferentino, che era fuori servizio da oltre 25 anni a causa dell’ammaloramento deigiunti delle originarie tubazioni in cemento amianto.

Fig. 21: Pozzo di spinta dell’intervento di microtunneling presso il Comune di Castelnuovo del Garda

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A monte dell’attività di esecuzione dell’intervento NO-DIG è stata condotta una indagine tele-visiva che, pur evidenziando anomalie di posa, ha comunque rassicurato sulla buona condizio-ne generale delle tubazioni, con la sola eccezione delle giunzioni.

La tecnologia adottata, per considerazione tecniche ed economiche, è quella dello slip-lining,consistente nell’introduzione, nelle condotte principali e adduttrici di cemento amianto, di unacondotta in PEAD a diametro immediatamente inferiore. I diametri delle tubazioni “ospitanti”vanno dal 600 al 350 mm.La riduzione della sezione idrica conseguente all’adozione di tale tecnica è stata compensatadalla scabrezza delle tubazioni in PEAD e dall’introduzione di nuove tecniche irrigue a bassoconsumo (goccia, ecc.).Di contro si evidenzia il grande beneficio nell’adozione di tecniche NO-DIG in luogo degli scavi

Fig. 22: Planimetria del Comprensorio irriguo del Tufano

Fig. 23: Comprensorio irriguo del Tufano: internotubazione esistente in cemento amianto - cattivaposa con controtendenza

Fig 24: Comprensorio irriguo del Tufano: internotubazione esistente in cemento amianto - giuntosimplex con grande distacco

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aperti, per aver consentito di evitare il pro-blema del conferimento a discarica di rifiutispeciali contenenti amianto (tubazioni esi-stenti Fibronit, Sacelit, Eternit) adottando difatto un confinamento di tali materiali.

4.4 Risanamento di condutture per l’acqua potabile (Saarlouis)

Il caso studio in questione riguarda il risanamento di una conduttura in ghisa di diametro nomi-nale di 400 mm e di lunghezza pari a 750 m, in soli 9 giorni lavorativi, nella cittadina tedescadi Saarlouis.Il territorio interessato dall’intervento fa parte di una riserva naturale protetta; la necessità disalvaguardare il più possibile l’ambiente e di ridurre al minimo la durata dei cantieri ha deter-minato l’adozione di una tecnologia di split lining. Tale tecnologia assicurava anche il vantag-gio economico derivante dal risparmio di circa il 35% rispetto ai procedimenti tradizionali conscavi a cielo aperto, che, peraltro, erano improponibili data la particolarità del territorio in cuisi doveva operare.Nel caso specifico, sono stati sostituiti fino a 280 m di condotta in un’unica fase di lavori, divi-dendo l’intera opera in 4 fasi. Il cantiere è stato allestito in sole 6 ore e, grazie alla velocità di

avanzamento dei tiranti di 4 m alminuto, l’intervento è stato com-pletato in soli 9 giorni lavorativi. Il progetto in questione ha sicu-ramente colto l’obiettivo di nondeturpare il patrimonio ambien-tale della zona e si è potuto regi-strare, in aggiunta, la soddisfa-zione di chi ha commissionato ilavori nonché il consenso dei cit-tadini non molestati dalla pre-senza di cantieri rumorosi edingombranti.

Fig. 25: Il raccordo con le esistenti tubazioni è ese-guita con giunti speciali “a tre pezzi” o con “bout”provvisti di flange scorrevoli.

Fig. 26: Dettaglio dell’intervento di slip-lining

Fig. 27: Risultato dell’operazione di taglio

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5. RIFERIMENTI LEGISLATIVI

La recente legislazione ha iniziato a porre grande attenzione al tema ambiente, ad evitare ognipossibile spreco, al riuso, al riutilizzo. Viene data grande enfasi al “mantenere” : ecco la socie-tà del fare, del consumo ha lasciato il posto alla cultura del mantenere, del riutilizzare, delriabilitare. La Merloni ter, e il relativo Regolamento pongono proprio l’accento su tali temi,dando priorità a quegli interventi che prevedono il ripristino e il riutilizzo di infrastrutture.Attualmente siamo in presenza dei seguenti strumenti legislativi, che – sia pure in manieraindiretta - coinvolgono il settore delle tecnologie NO-DIG:

A. L. 5 gennaio 1994, n. 36 (Legge Galli)Al Capo I - Principi generali punto 5. Risparmio idrico “…Il risparmio della risorsa idrica è con-seguito, in particolare, mediante la progressiva estensione delle seguenti misure: a) risana-mento e graduale ripristino delle reti esistenti che evidenziano rilevanti perdite”.

B. D.Lgs. 152/99All’Art. 25 risparmio idrico viene dato risalto a “…migliorare la manutenzione delle reti diadduzione e di distribuzione di acque a qualsiasi uso destinate al fine di ridurre le perdite”.

C. Direttiva Presidenza Consiglio Ministri del 03/03/1999

All’Art. 1 comma 3 “Le disposizioni stesse sono dirette, altresì, …ad evitare, o comunque ridur-re per quanto possibile al minimo, lo smantellamento delle sedi stradali, le operazioni di scavo,lo smaltimento del materiale di risulta fino alle località di discarica ed il successivo ripristinodella sede stradale.” All’Art. 5 comma 4 prevede – in caso sussistano dubbi sulla effettiva localizzazione degliimpianti tecnologici – che venga valutata la possibilità di interventi con “sistemi tecnici inno-vativi”, senza effrazione della superficie (“Relativamente ai servizi interrati, qualora sussista-no dubbi sulla effettiva localizzazione degli impianti tecnologici, deve essere valutata, di voltain volta, la possibilità di impiego di sistemi tecnici innovativi che consentano interventi nel sot-tosuolo senza l’effrazione della superficie, sia per la conoscenza di quanto sottostante (indagi-ne geognostica), sia per la posa di cavi (perforazione orizzontale controllata)”.

D. Merloni terAll’art. 14 (Programmazione dei lavori pubblici) comma 3 prevede che “il programma triennaledeve prevedere un ordine di priorità tra le categorie di lavori, nonché un ulteriore ordine di prio-rità all’interno di ogni categoria. In ogni categoria sono comunque prioritari i lavori di manu-tenzione, di recupero del patrimonio esistente, di completamento dei lavori già iniziati, nonchégli interventi per i quali ricorra la possibilità di finanziamento con capitale privato maggiorita-rio”.

E. RegolamentoAll’art. 2 (Definizioni)• al comma 1b elenca tra le tipologie delle opere o dei lavori, ai fini della programmazione e

progettazione: la costruzione, la demolizione, il recupero, la ristrutturazione, il restauro, lamanutenzione, il completamento e le attività ad essi assimilabili;

• al comma 1h) elenca opere e impianti di speciale complessità, o di particolare rilevanza sottoil profilo tecnologico, o complessi o ad elevata componente tecnologica, oppure di partico-lare complessità, secondo le definizioni rispettivamente contenute nell’articolo 17, commi 4e 13, nell’articolo 20, comma 4, e nell’articolo 28, comma 7 della Legge: le opere e gliimpianti caratterizzati dalla presenza in modo rilevante di almeno due dei seguenti elemen-ti:

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1) utilizzo di materiali e componenti innovativi;2) processi produttivi innovativi o di alta precisione dimensionale e qualitativa ;3) esecuzione in luoghi che presentano difficoltà logistica o particolari problematiche geotec-

niche, idrauliche, geologiche e ambientali;4) complessità di funzionamento d’uso o necessità di elevate prestazioni per quanto riguarda

la loro funzionalità; 5) esecuzione in ambienti aggressivi;6) necessità di prevedere dotazioni impiantistiche non usuali.

All’Art. 15 (Disposizioni preliminari)• al comma 1 recita: “La progettazione è informata, tra l’altro, a principi di minimizzazione del-

l’impegno di risorse materiali non rinnovabili e di massimo riutilizzo delle risorse naturaliimpegnate dall’intervento e di massima manutenibilità, durabilità dei materiali e dei com-ponenti, sostituibilità degli elementi, compatibilità dei materiali ed agevole controllabilitàdelle prestazioni dell’intervento nel tempo”;

• al comma 7a,b,c recita: “Gli elaborati progettuali prevedono misure atte ad evitare effettinegativi sull’ambiente, sul paesaggio e sul patrimonio storico, artistico ed archeologico inrelazione all’attività di cantiere ed a tal fine comprendono:a) uno studio della viabilità di accesso ai cantieri, ed eventualmente la progettazione di quel-

la provvisoria, in modo che siano contenuti l’interferenza con il traffico locale ed il peri-colo per le persone e l’ambiente;

b) l’indicazione degli accorgimenti atti ad evitare inquinamenti del suolo, acustici, idrici edatmosferici;

c) la localizzazione delle cave eventualmente necessarie e la valutazione sia del tipo e quan-tità di materiali da prelevare, sia delle esigenze di eventuale ripristino ambientale finale”;

• al comma 8 recita: “I progetti sono redatti considerando anche il contesto in cui l’interventosi inserisce in modo che esso non pregiudichi l’accessibilità, l’utilizzo e la manutenzionedelle opere, degli impianti e dei servizi esistenti”;

• al comma 9 recita: “I progetti devono essere redatti secondo criteri diretti a salvaguardarenella fase di costruzione e in quella di esercizio gli utenti e la popolazione delle zone inte-ressate dai fattori di rischio per la sicurezza e la salute degli operai”.

6. CONCLUSIONI

Le tecnologie NO-DIG, soprattutto se applicate in ambito urbano, costituiscono una validaalternativa alle tecniche tradizionali per risolvere il problema del giusto equilibrio tra la neces-sità della realizzazione di servizi interrati e il rispetto dell’ambiente.Il confronto economico con le tecniche tradizionali deve essere fatto di volta in volta, calatosulle singole situazioni puntuali, tenendo anche conto dei costi indiretti, che comunque rica-dono sulla società e a cui l’Amministrazione dovrebbe porre la giusta attenzione.In molte situazioni e contesti realizzativi quali attraversamenti stradali, ferroviari,di corsi d’ac-qua, ecc. centri storici, fiancheggiamenti di strade urbane a traffico elevato o sezione mode-sta, risanamento dei servizi interrati, riabilitazione senza asportazioni delle vecchie canalizza-zioni, risultano nettamente vantaggiose, soprattutto se si è nella impossibilità tecnico-econo-mica di dotarsi di un cunicolo intelligente.Un campo di applicazione molto interessante è rappresentato dal ripristino delle condotte incemento amianto, largamente usate in Italia (migliaia di Km) per l’irrigazione (cfr. case history)e talvolta anche per l’adduzione e distribuzione di acqua potabile: soprattutto in presenza diacque aggressive, le fibre di amianto, costituenti le tubazioni, potrebbero andare in sospen-sione ed essere inalate con l’irrigazione o ingerite con la distribuzione idropotabile.L’attuale legislazione, pur muovendosi nella stessa direzione delle tecnologie innovative (riuso,

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recupero, ripristino, mantenimento, minor impatto, ecc.) non è ancora sufficientemente incisi-va da permettere la loro affermazione. Però la quantificazione dei danni ambientali, soprattut-to da parte delle Amministrazioni, avrà sempre più peso nella valutazione e scelta delle alter-native progettuali, ed è auspicabile che il divario economico tra tecniche tradizionali e NO-DIGdiminuirà fino a rendere più vantaggiose queste ultime.

7. BIBLIOGRAFIA

“Trenchless Technologies in Italia: Esperienze nella posa, manutenzione e sostituzione dei ser-vizi a rete” - IATT 2005“Progettare Trenchless” - IATT 2001“Prezzario per l’applicazione delle principali tecnologie no-dig” - IATT 2004“Riabilitazione recupero e completamento rete irrigua del Tufano” - Consorzio di Bonifica a suddi Anagni 2001-2005

Siti Web www.iatt.itwww.istt.com

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