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Settore Commissioni Legislative Unità Organizzativa Ambiente DISEGNO DI LEGGE N. 617 “Norme sulla protezione dalle esposizioni a radiazioni ionizzanti” QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO - Atti dello Stato - Atti della Regione Piemonte Ottobre 2004 SB/RR/MM 1

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Settore Commissioni LegislativeUnità Organizzativa Ambiente

DISEGNO DI LEGGE N. 617

“Norme sulla protezione dalle esposizioni a radiazioni ionizzanti”

QUADRO NORMATIVODI RIFERIMENTO

- Atti dello Stato- Atti della Regione Piemonte

Ottobre 2004SB/RR/MM

1

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INDICE

Atti dello Stato

Legge 7 agosto 1990, n. 241Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.(artt. 14 – 14 quater)

Decreto Legislativo 17 marzo 1995, n. 230. Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 92/3/Euratom e 96/29/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti.

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Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22. Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio.

54

Decreto Legislativo 30 luglio 1999, n. 300 Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59.

102

Atti della Regione

Legge regionale 13 aprile 1995, n. 60. (Testo coordinato) 104Legge regionale 26 aprile 2000, n. 44. Disposizioni normative per l'attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 'Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli Enti locali, in attuazione del Capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59' .(artt. 34 – 51)

112

Legge regionale 20 novembre 2002, n. 28. 117

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Legge 7 agosto 1990, n. 241Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.

Capo IV - Semplificazione dell'azione amministrativa

14. 1. Qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, l'amministrazione procedente indìce di regola una conferenza di servizi.

2. La conferenza di servizi è sempre indetta quando l'amministrazione procedente deve acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche e non li ottenga, entro quindici giorni dall'inizio del procedimento, avendoli formalmente richiesti.

3. La conferenza di servizi può essere convocata anche per l'esame contestuale di interessi coinvolti in più procedimenti amministrativi connessi, riguardanti medesimi attività o risultati. In tal caso, la conferenza è indetta dall'amministrazione o, previa informale intesa, da una delle amministrazioni che curano l'interesse pubblico prevalente. Per i lavori pubblici si continua ad applicare l'articolo 7 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni. L'indizione della conferenza può essere richiesta da qualsiasi altra amministrazione coinvolta.

4. Quando l'attività del privato sia subordinata ad atti di consenso, comunque denominati, di competenza di più amministrazioni pubbliche, la conferenza di servizi è convocata, anche su richiesta dell'interessato, dall'amministrazione competente per l'adozione del provvedimento finale (2/b).

5. In caso di affidamento di concessione di lavori pubblici la conferenza di servizi è convocata dal concedente entro quindici giorni fatto salvo quanto previsto dalle leggi regionali in materia di valutazione di impatto ambientale (VIA) (3).

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(2/b) Vedi, anche, l'art. 2, O.P.C.M. 12 marzo 2003, n. 3268.

(3) Articolo prima modificato dall'art. 2, L. 24 dicembre 1993, n. 537, dall'art. 3-bis, D.L. 12 maggio 1995, n. 163, dall'art. 17, L. 15 maggio 1997, n. 127, nel testo integrato dall'art. 2, L. 16 giugno 1998, n. 191 e poi così sostituito dall'art. 9, L. 24 novembre 2000, n. 340.

14-bis. 1. La conferenza di servizi può essere convocata per progetti di particolare complessità, su motivata e documentata richiesta dell'interessato, prima della presentazione di una istanza o di un progetto definitivi, al fine di verificare quali siano le condizioni per ottenere, alla loro presentazione, i necessari atti di consenso. In tale caso la conferenza si pronuncia entro trenta giorni dalla data della richiesta e i relativi costi sono a carico del richiedente.

2. Nelle procedure di realizzazione di opere pubbliche e di interesse pubblico, la conferenza di servizi si esprime sul progetto preliminare al fine di indicare quali siano le condizioni per ottenere, sul progetto definitivo, le intese, i pareri, le concessioni, le autorizzazioni, le licenze, i nulla osta e gli assensi, comunque denominati, richiesti dalla normativa vigente. In tale sede, le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute, si pronunciano, per quanto riguarda l'interesse da ciascuna tutelato, sulle soluzioni progettuali prescelte. Qualora non emergano, sulla base della documentazione disponibile, elementi comunque preclusivi della realizzazione del progetto, le suddette amministrazioni indicano, entro quarantacinque giorni, le condizioni e gli elementi necessari per ottenere, in sede di presentazione del progetto definitivo, gli atti di consenso.

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3. Nel caso in cui sia richiesta VIA, la conferenza di servizi si esprime entro trenta giorni dalla conclusione della fase preliminare di definizione dei contenuti dello studio d'impatto ambientale, secondo quanto previsto in materia di VIA. Ove tale conclusione non intervenga entro novanta giorni dalla richiesta di cui al comma 1, la conferenza di servizi si esprime comunque entro i successivi trenta giorni. Nell'àmbito di tale conferenza, l'autorità competente alla VIA si esprime sulle condizioni per la elaborazione del progetto e dello studio di impatto ambientale. In tale fase, che costituisce parte integrante della procedura di VIA, la suddetta autorità esamina le principali alternative, compresa l'alternativa zero, e, sulla base della documentazione disponibile, verifica l'esistenza di eventuali elementi di incompatibilità, anche con riferimento alla localizzazione prevista dal progetto e, qualora tali elementi non sussistano, indica nell'àmbito della conferenza di servizi le condizioni per ottenere, in sede di presentazione del progetto definitivo, i necessari atti di consenso.

4. Nei casi di cui ai commi 1, 2 e 3, la conferenza di servizi si esprime allo stato degli atti a sua disposizione e le indicazioni fornite in tale sede possono essere motivatamente modificate o integrate solo in presenza di significativi elementi emersi nelle fasi successive del procedimento, anche a seguito delle osservazioni dei privati sul progetto definitivo.

5. Nel caso di cui al comma 2, il responsabile unico del procedimento trasmette alle amministrazioni interessate il progetto definitivo, redatto sulla base delle condizioni indicate dalle stesse amministrazioni in sede di conferenza di servizi sul progetto preliminare, e convoca la conferenza tra il trentesimo e il sessantesimo giorno successivi alla trasmissione. In caso di affidamento mediante appalto concorso o concessione di lavori pubblici, l'amministrazione aggiudicatrice convoca la conferenza di servizi sulla base del solo progetto preliminare, secondo quanto previsto dalla legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni (4).

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(4) Articolo aggiunto dall'art. 17, L. 15 maggio 1997, n. 127, riportata al n. XC e poi così sostituito dall'art. 10, L. 24 novembre 2000, n. 340.

(giurisprudenza) 14-ter. 1. La conferenza di servizi assume le determinazioni relative all'organizzazione dei propri lavori a maggioranza dei presenti.

2. La convocazione della prima riunione della conferenza di servizi deve pervenire alle amministrazioni interessate, anche per via telematica o informatica, almeno dieci giorni prima della relativa data. Entro i successivi cinque giorni, le amministrazioni convocate possono richiedere, qualora impossibilitate a partecipare, l'effettuazione della riunione in una diversa data; in tale caso, l'amministrazione procedente concorda una nuova data, comunque entro i dieci giorni successivi alla prima.

3. Nella prima riunione della conferenza di servizi, o comunque in quella immediatamente successiva alla trasmissione dell'istanza o del progetto definitivo ai sensi dell'articolo 14-bis, le amministrazioni che vi partecipano determinano il termine per l'adozione della decisione conclusiva. I lavori della conferenza non possono superare i novanta giorni, salvo quanto previsto dal comma 4. Decorsi inutilmente tali termini, l'amministrazione procedente provvede ai sensi dei commi 2 e seguenti dell'articolo 14-quater.

4. Nei casi in cui sia richiesta la VIA, la conferenza di servizi si esprime dopo aver acquisito la valutazione medesima. Se la VIA non interviene nel termine previsto per l'adozione del relativo provvedimento, l'amministrazione competente si esprime in sede di conferenza di servizi, la quale si conclude nei trenta giorni successivi al termine predetto. Tuttavia, a richiesta della maggioranza dei soggetti partecipanti alla conferenza di servizi, il termine di trenta giorni di cui al precedente periodo è prorogato di altri trenta giorni nel caso che si appalesi la necessità di approfondimenti istruttori.

5. Nei procedimenti relativamente ai quali sia già intervenuta la decisione concernente la VIA le disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 14-quater, nonché quelle di cui agli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, si applicano alle sole amministrazioni preposte alla tutela della salute pubblica.

6. Ogni amministrazione convocata partecipa alla conferenza di servizi attraverso un unico rappresentante legittimato, dall'organo competente, ad esprimere in modo vincolante la volontà dell'amministrazione su tutte le decisioni di competenza della stessa.

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7. Si considera acquisito l'assenso dell'amministrazione il cui rappresentante non abbia espresso definitivamente la volontà dell'amministrazione rappresentata e non abbia notificato all'amministrazione procedente, entro il termine di trenta giorni dalla data di ricezione della determinazione di conclusione del procedimento, il proprio motivato dissenso, ovvero nello stesso termine non abbia impugnato la determinazione conclusiva della conferenza di servizi.

8. In sede di conferenza di servizi possono essere richiesti, per una sola volta, ai proponenti dell'istanza o ai progettisti chiarimenti o ulteriore documentazione. Se questi ultimi non sono forniti in detta sede, entro i successivi trenta giorni, si procede all'esame del provvedimento.

9. Il provvedimento finale conforme alla determinazione conclusiva favorevole della conferenza di servizi sostituisce, a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare, alla predetta conferenza.

10. Il provvedimento finale concernente opere sottoposte a VIA è pubblicato, a cura del proponente, unitamente all'estratto della predetta VIA, nella Gazzetta Ufficiale o nel Bollettino regionale in caso di VIA regionale e in un quotidiano a diffusione nazionale. Dalla data della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale decorrono i termini per eventuali impugnazioni in sede giurisdizionale da parte dei soggetti interessati (4/a).

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(4/a) Articolo aggiunto dall'art. 17, L. 15 maggio 1997, n. 127, riportata al n. XC e poi così sostituito dall'art. 11, L. 24 novembre 2000, n. 340.

14-quater. 1. Il dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni, regolarmente convocate alla conferenza di servizi, a pena di inammissibilità, deve essere manifestato nella conferenza di servizi, deve essere congruamente motivato, non può riferirsi a questioni connesse che non costituiscono oggetto della conferenza medesima e deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell'assenso.

2. Se una o più amministrazioni hanno espresso nell'àmbito della conferenza il proprio dissenso sulla proposta dell'amministrazione procedente, quest'ultima, entro i termini perentori indicati dall'articolo 14-ter, comma 3, assume comunque la determinazione di conclusione del procedimento sulla base della maggioranza delle posizioni espresse in sede di conferenza di servizi. La determinazione è immediatamente esecutiva.

3. Qualora il motivato dissenso sia espresso da un'amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico -territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute, la decisione è rimessa al Consiglio dei ministri, ove l'amministrazione dissenziente o quella procedente sia un'amministrazione statale, ovvero ai competenti organi collegiali esecutivi degli enti territoriali, nelle altre ipotesi. Il Consiglio dei ministri o gli organi collegiali esecutivi degli enti territoriali deliberano entro trenta giorni, salvo che il Presidente del Consiglio dei ministri o il presidente della giunta regionale o il presidente della provincia o il sindaco, valutata la complessità dell'istruttoria, decidano di prorogare tale termine per un ulteriore periodo non superiore a sessanta giorni (5).

4. Quando il dissenso è espresso da una regione, le determinazioni di competenza del Consiglio dei ministri previste al comma 3 sono adottate con l'intervento del presidente della giunta regionale interessata, al quale è inviata a tal fine la comunicazione di invito a partecipare alla riunione, per essere ascoltato, senza diritto di voto.

5. Nell'ipotesi in cui l'opera sia sottoposta a VIA e in caso di provvedimento negativo trova applicazione l'articolo 5, comma 2, lettera c-bis), della legge 23 agosto 1988, n. 400, introdotta dall'articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303 (5/a).

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(5) Vedi, anche, le linee guida di cui al Provv. 2 gennaio 2003.

(5/a) Articolo aggiunto dall'art. 17, L. 15 maggio 1997, n. 127, riportata al n. XC e poi così sostituito dall'art. 12, L. 24 novembre 2000, n. 340.

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Decreto Legislativo 17 marzo 1995, n. 230. Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 92/3/Euratom e 96/29/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione; Vista la legge 30 luglio 1990, n. 212, ed in particolare l'articolo 4, recante delega al Governo per l'attuazione delle direttive del Consiglio 80/836/EURATOM, 84/467/EURATOM e 84/466/EURATOM in materia di tutela dalle radiazioni ionizzanti per i lavoratori, la popolazione e le persone sottoposte ad esami e interventi medici; Vista la legge 19 febbraio 1992, n. 142, ed in particolare l'articolo 41, recante proroga del termine della delega legislativa contemplata dall'articolo 4 della citata legge n. 212 del 1990, nonché delega al Governo per l'attuazione della direttiva 89/618/EURATOM in materia di informazione della popolazione per i casi di emergenza radiologica; Vista la legge 22 febbraio 1994, n. 146, ed in particolare l'articolo 6, recante proroga del termine della delega legislativa contemplata dall'articolo 41 della citata legge n. 142 del 1992, nonché delega al Governo per l'attuazione delle direttive del Consiglio 90/641/EURATOM e 92/3/EURATOM, in materia, rispettivamente, di protezione operativa dei lavoratori esterni dai rischi di radiazioni ionizzanti e di sorveglianza e di controllo delle spedizioni transfrontaliere di residui radioattivi; Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione dell'11 gennaio 1995; Acquisiti i pareri delle competenti commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome; Sentiti l'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente (ENEA), l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL), l'Istituto superiore di sanità (ISS), il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) e l'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (ANPA); Sentito il Consiglio interministeriale di coordinamento e di consultazione per i problemi relativi alla sicurezza nucleare e alla protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori, di cui all'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1964, n. 185; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 16 marzo 1995; Sulla proposta del Ministro del bilancio e della programmazione economica, incaricato per il coordinamento delle politiche dell'Unione europea, del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, del Ministro dei lavori pubblici e dell'ambiente e del Ministro della sanità, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale, degli affari esteri, di grazia e giustizia e del tesoro; Emana il seguente decreto legislativo: Capo I - Campo di applicazione princìpi generali di protezione dalle radiazioni ionizzanti

1. Campo di applicazione. 1. Le disposizioni del presente decreto si applicano: a) alla costruzione, all'esercizio ed alla disattivazione degli impianti nucleari; b) a tutte le pratiche che implicano un rischio dovuto a radiazioni ionizzanti provenienti da una sorgente artificiale o da una sorgente naturale nei casi in cui i radionuclidi naturali siano o siano stati trattati per le loro proprietà radioattive fissili o fertili e cioè: 1) alla produzione, trattamento, manipolazione, detenzione, deposito, trasporto, importazione, esportazione, impiego, commercio, cessazione della detenzione, raccolta e smaltimento di materie radioattive; 2) al funzionamento di macchine radiogene; 3) alle lavorazioni minerarie secondo la specifica disciplina di cui al capo IV; b-bis) alle attività lavorative diverse dalle pratiche di cui ai punti 1, 2 e 3 che implicano la presenza di sorgenti naturali di radiazioni, secondo la specifica disciplina di cui al capo III-bis; b-ter) agli interventi in caso di emergenza radiologica o nucleare o in caso di esposizione prolungata dovuta agli effetti di un'emergenza oppure di una pratica o di un'attività lavorativa non più in atto, secondo la specifica disciplina di cui al capo X. 1-bis. Il presente decreto non si applica all'esposizione al radon nelle abitazioni o al fondo naturale di radiazioni, ossia non si applica né ai radionuclidi contenuti nell'organismo umano, né alla radiazione cosmica presente al livello del suolo, né all'esposizione in superficie ai radionuclidi presenti nella crosta terrestre non perturbata. Dal campo di applicazione sono escluse le operazioni di aratura, di scavo o di riempimento effettuate nel corso di attività agricole o di costruzione, fuori dei casi in cui dette operazioni siano svolte nell'àmbito di interventi per il recupero di suoli contaminati con materie radioattive. 2. Le condizioni per l'applicazione delle disposizioni del presente decreto definite nell'allegato I sono aggiornate, in relazione agli sviluppi della tecnica ed alle direttive e raccomandazioni dell'Unione europea, con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri dell'ambiente e della sanità, di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato, del lavoro e della previdenza sociale e per la funzione pubblica, sentita l'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (ANPA), l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza nel lavoro

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(ISPESL), l'Istituto superiore di sanità (ISS) e la Conferenza Stato Regioni. Con gli stessi decreti sono altresì individuate, in relazione agli sviluppi della tecnica ed alle direttive e raccomandazioni dell'Unione europea, specifiche modalità di applicazione per attività e situazioni particolari, tra le quali quelle che comportano esposizioni a sorgenti naturali di radiazioni. 2-bis. In attesa dell'emanazione dei decreti di cui al comma 2 le condizioni di applicazione sono quelle fissate negli allegati I e I-bis. 2-ter. Con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanare entro i termini di applicazione dell'articolo 10 -ter, commi 1 e 3, secondo la procedura di cui al comma 2, i valori dei livelli di azione di cui all'allegato I-bis, paragrafo 4, sono aggiornati in base alle indicazioni dell'Unione europea e agli sviluppi della tecnica.

2. Princìpi concernenti le pratiche. 1. Nuovi tipi o nuove categorie di pratiche che comportano un'esposizione alle radiazioni ionizzanti debbono essere giustificati, anteriormente alla loro prima adozione o approvazione, dai loro vantaggi economici, sociali o di altro tipo rispetto al detrimento sanitario che ne può derivare. 2. I tipi o le categorie di pratiche esistenti sono sottoposti a verifica per quanto concerne gli aspetti di giustificazione ogniqualvolta emergano nuove ed importanti prove della loro efficacia e delle loro conseguenze. 3. Qualsiasi pratica deve essere svolta in modo da mantenere l'esposizione al livello più basso ragionevolmente ottenibile, tenuto conto dei fattori economici e sociali. 4. La somma delle dosi derivanti da tutte le pratiche non deve superare i limiti di dose stabiliti per i lavoratori esposti, gli apprendisti, gli studenti e gli individui della popolazione. 5. Il principio di cui al comma 4 non si applica alle seguenti esposizioni: a) esposizione di pazienti nell'àmbito di un esame diagnostico o di una terapia che li concerne; b) esposizione di persone che coscientemente e volontariamente collaborano a titolo non professionale al sostegno e all'assistenza di pazienti sottoposti a terapia o a diagnosi medica; c) esposizione di volontari che prendono parte a programmi di ricerca medica o biomedica, essendo tale esposizione disciplinata da altro provvedimento legislativo; d) esposizioni disciplinate in modo particolare dal presente decreto e dai relativi provvedimenti applicativi. 6. In applicazione dei princìpi generali di cui ai commi 3 e 4, con i decreti di cui all'articolo 1, comma 2, sono esentate dalle disposizioni del presente decreto senza ulteriori motivazioni, le pratiche che soddisfino congiuntamente il principio di cui al comma 1, ed i seguenti criteri di base: a) i rischi radiologici causati agli individui dalla pratica devono essere sufficientemente ridotti da risultare trascurabili ai fini della regolamentazione; b) l'incidenza radiologica collettiva della pratica deve essere sufficientemente ridotta da risultare trascurabile ai fini della regolamentazione nella maggior parte delle circostanze; c) la pratica deve essere intrinsecamente senza rilevanza radiologica, senza probabilità apprezzabili che si verifichino situazioni che possono condurre all'inosservanza dei criteri definiti nelle lettere a) e b).

Capo II – Definizioni

3. Rinvio ad altre definizioni. 1. Per l'applicazione del presente decreto valgono, in quanto nello stesso o nei provvedimenti di applicazione non diversamente disposto, le definizioni contenute nell'articolo 1 della legge 31 dicembre 1962, n. 1860, comprese quelle relative alla responsabilità civile, nonché le definizioni contenute negli articoli seguenti, e quelle di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626. 4. Definizioni. 1. Ai fini dell'applicazione del presente decreto valgono le seguenti definizioni: a) acceleratore: apparecchio o impianto in cui sono accelerate particelle e che emette radiazioni ionizzanti con energia superiore a un mega electron volt (1 MeV); b) apprendista: persona che riceve in un'impresa un'istruzione e una formazione allo scopo di esercitare un mestiere specifico: c) attivazione: processo per effetto del quale un nuclide stabile si trasforma in radionuclide, a seguito di irradiazione con particelle o con raggi gamma ad alta energia del materiale in cui è contenuto; d) attività (A): quoziente di dN diviso per dt in cui dN è il numero atteso di transizioni nucleari spontanee di una determinata quantità di un radionuclide da uno stato particolare di energia in un momento determinato, nell'intervallo di tempo dt; e) autorità competente: quella indicata nelle specifiche disposizioni: f) becquerel (Bq): nome speciale dell'unità di attività (A); un becquerel equivale ad una transizione per secondo; 1 Bq 1 = 1s-1 I fattori di conversione da utilizzare quando l'attività è espressa in curie (Ci) sono i seguenti:

Ci = 3,7 10-10 Bq (esattamente)

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1 Bq = 2,7027 10-11 Ci; g) combustibile nucleare: le materie fissili impiegate o destinate ad essere impiegate in un impianto sono inclusi l'uranio in forma di metallo, di lega o di composto chimico (compreso l'uranio naturale), il plutonio in forma di metallo, di lega o di composto chimico ed ogni altra materia fissile che sarà qualificata come combustibile con decisione del Comitato direttivo dell'Agenzia per l'energia nucleare dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE); h) contaminazione radioattiva: contaminazione di una matrice, di una superficie, di un ambiente di vita o di lavoro o di un individuo, prodotta da sostanze radioattive. Nel caso particolare del corpo umano, la contaminazione radioattiva include tanto la contaminazione esterna quanto la contaminazione interna, per qualsiasi via essa si sia prodotta; i) datore di lavoro di impresa esterna: soggetto che, mediante lavoratori di categoria A, effettua prestazioni in una o più zone controllate di impianti, stabilimenti, laboratori, installazioni in genere, gestiti da terzi; non rientrano nella presente definizione i soggetti la cui attività sia la sola a determinare la costituzione di una o più zone controllate presso le installazioni dei terzi, ai quali soggetti si applicano le disposizioni generali del presente decreto; l) detrimento sanitario: stima del rischio di riduzione della durata e della qualità della vita che si verifica in una popolazione a seguito dell'esposizione a radiazioni ionizzanti. Essa include la riduzione derivante da effetti somatici, cancro e gravi disfunzioni genetiche; m) dose: grandezza radioprotezionistica ottenuta moltiplicando la dose assorbita (D) per fattori di modifica determinati a norma dell'articolo 96, al fine di qualificare il significato della dose assorbita stessa per gli scopi della radioprotezione; n) dose assorbita (D): energia assorbita per unità di massa e cioè il quoziente di dE diviso per dm, in cui dE è l'energia media ceduta dalle radiazioni ionizzanti alla materia in un elemento volumetrico e dm la massa di materia contenuta in tale elemento volumetrico; ai fini del presente decreto, la dose assorbita indica la dose media in un tessuto o in organo. L'unità di dose assorbita è il gray; o) dose efficace (E): somma delle dosi equivalenti nei diversi organi o tessuti, ponderate nel modo indicato nei provvedimenti di applicazione, l'unità di dose efficace è il sievert; p) dose efficace impegnata (E(t)): somma delle dosi equivalenti impegnate nei diversi organi o tessuti HT(t) risultanti dall'introduzione di uno o più radionuclidi, ciascuna moltiplicata per il fattore di ponderazione del tessuto WT la dose efficace impegnata E(t) è definita da:

E(t) = TwTHT(t) dove t indica il numero di anni per i quali è effettuata l'integrazione; l'unità di dose efficace impegnata è il sievert; q) dose impegnata: dose ricevuta da un organo o da un tessuto, in un determinato periodo di tempo, in seguito all'introduzione di uno o più radionuclidi; r) dose equivalente (HT) dose assorbita media in un tessuto o organo T, ponderata in base al tipo e alla qualità della radiazione nel modo indicato nei provvedimenti di applicazione; l'unità di dose equivalente è il sievert; s) dose equivalente impegnata: integrale rispetto al tempo dell'intensità di dose equivalente in un tessuto o organo T che sarà ricevuta da un individuo, in quel tessuto o organo T, a seguito dell'introduzione di uno o più radionuclidi; la dose equivalente impegnata è definita da:

per una singola introduzione di attività al tempo t0 dove t0 è il tempo in cui avviene l'introduzione, HT ( ) è l'intensità di

dose equivalente nell'organo o nel tessuto T al tempo ,t e il periodo di tempo, espresso in anni, su cui avviene l'integrazione; qualora t non sia indicato, si intende un periodo di 50 anni per gli adulti e un periodo fino all'età di 70 anni per i bambini; l'unità di dose equivalente impegnata è il sievert; t) emergenza: una situazione che richiede azioni urgenti per proteggere lavoratori, individui della popolazione ovvero l'intera popolazione o parte di essa; u) esperto qualificato: persona che possiede le cognizioni e l'addestramento necessari sia per effettuare misurazioni, esami, verifiche o valutazioni di carattere fisico, tecnico o radiotossicologico, sia per assicurare il corretto funzionamento dei dispositivi di protezione, sia per fornire tutte le altre indicazioni e formulare provvedimenti atti a garantire la sorveglianza fisica della protezione dei lavoratori e della popolazione. La sua qualificazione è riconosciuta secondo le procedure stabilite nel presente decreto; v) esposizione: qualsiasi esposizione di persone a radiazioni ionizzanti. Si distinguono: 1) l'esposizione esterna: esposizione prodotta da sorgenti situate all'esterno dell'organismo; 2) l'esposizione interna: esposizione prodotta da sorgenti introdotte nell'organismo; 3) l'esposizione totale: combinazione dell'esposizione esterna e dell'esposizione interna; z) esposizione accidentale: esposizione di singole persone a carattere fortuito e involontario. 2. Inoltre si intende per:

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a) esposizione d'emergenza: esposizione giustificata in condizioni particolari per soccorrere individui in pericolo, prevenire l'esposizione di un gran numero di persone o salvare un'installazione di valore e che può provocare il superamento di uno dei limiti di dose fissati per i lavoratori esposti; b) esposizione parziale: esposizione che colpisce soprattutto una parte dell'organismo o uno o più organi o tessuti, oppure esposizione del corpo intero considerata non omogenea; c) esposizione potenziale: esposizione che, pur non essendo certa, ha una probabilità di verificarsi prevedibile in anticipo; d) esposizione soggetta ad autorizzazione speciale: esposizione che comporta il superamento di uno dei limiti di dose annuale fissati per i lavoratori esposti, ammessa in via eccezionale solo nei casi indicati nel decreto di cui all'articolo 82; e) fondo naturale di radiazioni: insieme delle radiazioni ionizzanti provenienti da sorgenti naturali, sia terrestri che cosmiche, sempreché l'esposizione che ne risulta non sia accresciuta in modo significativo da attività umane; f) gestione dei rifiuti: insieme delle attività concernenti i rifiuti: raccolta, cernita, trattamento e condizionamento, deposito, trasporto, allontanamento e smaltimento nell'ambiente; g) gray (Gy): nome speciale dell'unità di dose assorbita 1 Gy = 1 J Kg-1 i fattori di conversione da utilizzare quando la dose assorbita è espressa in rad sono i seguenti: 1 rad = 10-2 Gy 1 Gy = 100 rad; h) gruppi di riferimento (gruppi critici) della popolazione: gruppi che comprendono persone la cui esposizione è ragionevolmente omogenea e rappresentativa di quella degli individui della popolazione maggiormente esposti, in relazione ad una determinata fonte di esposizione; i) incidente: evento imprevisto che provoca danni ad un'installazione o ne perturba il buon funzionamento e può comportare, per una o più persone, dosi superiori ai limiti; l) intervento: attività umana intesa a prevenire o diminuire l'esposizione degli individui alle radiazioni dalle sorgenti che non fanno parte di una pratica o che sono fuori controllo per effetto di un incidente, mediante azioni sulle sorgenti, sulle vie di esposizione e sugli individui stessi; m) introduzione: attività dei radionuclidi che penetrano nell'organismo provenienti dall'ambiente esterno; n) lavoratore esterno: lavoratore di categoria A che effettua prestazioni in una o più zone controllate di impianti, stabilimenti, laboratori, installazioni in genere gestiti da terzi in qualità sia di dipendente, anche con contratto a termine, di una impresa esterna sia di lavoratore autonomo, sia di apprendista o studente; o) lavoratori esposti: persone sottoposte, per l'attività che svolgono, a un'esposizione che può comportare dosi superiori ai pertinenti limiti fissati per le persone del pubblico. Sono lavoratori esposti di categoria A i lavoratori che, per il lavoro che svolgono, sono suscettibili di ricevere in un anno solare una dose superiore a uno dei pertinenti valori stabiliti con il decreto di cui all'articolo 82; gli altri lavoratori esposti sono classificati in categoria B; p) limiti di dose: limiti massimi fissati per le dosi derivanti dall'esposizione dei lavoratori, degli apprendisti, degli studenti e delle persone del pubblico alle radiazioni ionizzanti causate dalle attività disciplinate dal presente decreto. I limiti di dose si applicano alla somma delle dosi ricevute per esposizione esterna nel periodo considerato e delle dosi impegnate derivanti dall'introduzione di radionuclidi nello stesso periodo; q) livelli di allontanamento: valori, espressi in termini di concentrazioni di attività o di attività totale, in relazione ai quali possono essere esentati dalle prescrizioni di cui al presente decreto le sostanze radioattive o i materiali contenenti sostanze radioattive derivanti da pratiche soggette agli obblighi previsti dal decreto; r) livello di intervento: valore di dose oppure valore derivato, fissato al fine di predisporre interventi di radioprotezione; s) materia radioattiva: sostanza o insieme di sostanze radioattive contemporaneamente presenti. Sono fatte salve le particolari definizioni per le materie fissili speciali, le materie grezze, i minerali quali definiti dall'articolo 197 del trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica e cioè le materie fissili speciali, le materie grezze e i minerali nonché i combustibili nucleari; t) materie fissili speciali: il plutonio 239, l'uranio 233, l'uranio arricchito in uranio 235 o 233; qualsiasi prodotto contenente uno o più degli isotopi suddetti e le materie fissili che saranno definite dal Consiglio delle Comunità europee: il termine «materie fissili speciali» non si applica alle materie grezze; u) materie grezze: l'uranio contenente la mescolanza di isotopi che si trova in natura, l'uranio in cui il tenore di uranio 235 sia inferiore al normale, il torio, tutte le materie summenzionate sotto forma di metallo, di leghe, di composti chimici o di concentrati, qualsiasi altra materia contenente una o più delle materie summenzionate con tassi di concentrazione definiti dal Consiglio delle Comunità europee; v) matrice: qualsiasi sostanza o materiale che può essere contaminato da materie radioattive, sono ricompresi in tale definizione le matrici ambientali e gli alimenti; z) matrice ambientale: qualsiasi componente dell'ambiente ivi compresi aria, acqua e suolo. 3. Inoltre, si intende per: a) medico autorizzato: medico responsabile della sorveglianza medica dei lavoratori esposti, la cui qualificazione e specializzazione sono riconosciute secondo le procedure e le modalità stabilite nel presente decreto; b) minerale: qualsiasi minerale contenente, con tassi di concentrazione media definita dal Consiglio delle Comunità europee, sostanze che permettano di ottenere attraverso trattamenti chimici e fisici appropriati le materie grezze;

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c) persone del pubblico: individui della popolazione, esclusi i lavoratori, gli apprendisti e gli studenti esposti in ragione della loro attività e gli individui durante l'esposizione di cui all'articolo 2, comma 5, lettere a) e b); d) popolazione nel suo insieme: l'intera popolazione, ossia i lavoratori esposti, gli apprendisti, gli studenti e le persone del pubblico; e) pratica: attività umana che e suscettibile di aumentare l'esposizione degli individui alle radiazioni provenienti da una sorgente artificiale, o da una sorgente naturale di radiazioni, nel caso in cui radionuclidi naturali siano trattati per le loro proprietà radioattive, fissili o fertili, o da quelle sorgenti naturali di radiazioni che divengono soggette a disposizioni del presente decreto ai sensi del capo III-bis. Sono escluse le esposizioni dovute ad interventi di emergenza; f) radiazioni ionizzanti o radiazioni: trasferimento di energia in forma di particelle o onde elettromagnetiche con

lunghezza di onda non superiore a 100 nm o con frequenza non minore di 3 1015 Hz in grado di produrre ioni direttamente o indirettamente; g) riciclo: la cessione deliberata di materiali a soggetti al di fuori dell'esercizio di pratiche di cui ai capi IV, VI e VII, al fine del reimpiego dei materiali stessi attraverso lavorazioni; h) riutilizzazione: la cessione deliberata di materiali ai soggetti di cui alla lettera g) al fine del loro reimpiego diretto, senza lavorazioni; i) rifiuti radioattivi: qualsiasi materia radioattiva, ancorché contenuta in apparecchiature o dispositivi in genere, di cui non è previsto il riciclo o la riutilizzazione; l) servizio riconosciuto di dosimetria individuale: struttura riconosciuta idonea alle rilevazioni delle letture dei dispositivi di sorveglianza dosimetrica individuale, o alla misurazione della radioattività nel corpo umano o nei campioni biologici. L'idoneità a svolgere tali funzioni è riconosciuta secondo le procedure stabilite nel presente decreto; m) sievert (Sv): nome speciale dell'unità di dose equivalente o di dose efficace. Le dimensioni del sievert sono J kg-1 quando la dose equivalente o la dose efficace sono espresse in rem valgono le seguenti relazioni: 1 rem = 10-2 Sv 1 Sv = 100 rem; n) smaltimento: collocazione dei rifiuti, secondo modalità idonee, in un deposito, o in un determinato sito, senza intenzione di recuperarli; o) smaltimento nell'ambiente: immissione pianificata di rifiuti radioattivi nell'ambiente in condizioni controllate, entro limiti autorizzati o stabiliti dal presente decreto; p) sorgente artificiale: sorgente di radiazioni diversa dalla sorgente naturale di radiazioni; q) sorgente di radiazioni: apparecchio generatore di radiazioni ionizzanti (macchina radiogena) o materia radioattiva, ancorché contenuta in apparecchiature o dispositivi in genere, dei quali, ai fini della radioprotezione, non si può trascurare l'attività, o la concentrazione di radionuclidi o l'emissione di radiazioni; r) sorgente naturale di radiazioni: sorgente di radiazioni ionizzanti di origine naturale, sia terrestre che cosmica; s) sorgente non sigillata: qualsiasi sorgente che non corrisponde alle caratteristiche o ai requisiti della sorgente sigillata; t) sorgente sigillata: sorgente formata da materie radioattive solidamente incorporate in materie solide e di fatto inattive, o sigillate in un involucro inattivo che presenti una resistenza sufficiente per evitare, in condizioni normali di impiego, dispersione di materie radioattive superiore ai valori stabiliti dalle norme di buona tecnica applicabili; u) sorveglianza fisica: l'insieme dei dispositivi adottati, delle valutazioni, delle misure e degli esami effettuati, delle indicazioni fornite e dei provvedimenti formulati dall'esperto qualificato al fine di garantire la protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione; v) sorveglianza medica: l'insieme delle visite mediche, delle indagini specialistiche e di laboratorio, dei provvedimenti sanitari adottati dal medico, al fine di garantire la protezione sanitaria dei lavoratori esposti; z) sostanza radioattiva: ogni specie chimica contenente uno o più radionuclidi di cui, ai fini della radioprotezione, non si può trascurare l'attività o la concentrazione. 4. Inoltre, si intende per: a) uranio arricchito in uranio 235 o 233: l'uranio contenente sia l'uranio 235, sia l'uranio 233, sia questi due isotopi, in quantità tali che il rapporto tra la somma di questi due isotopi e l'isotopo 238 sia superiore al rapporto tra isotopo 235 e l'isotopo 238 nell'uranio naturale; b) vincolo: valore di grandezza radioprotezionistica, fissato per particolari condizioni ai sensi del presente decreto, ai fini dell'applicazione del principio di ottimizzazione; c) zona classificata: ambiente di lavoro sottoposto a regolamentazione per motivi di protezione contro le radiazioni ionizzanti. Le zone classificate possono essere zone controllate o zone sorvegliate. È zona controllata un ambiente di lavoro, sottoposto a regolamentazione per motivi di protezione dalle radiazioni ionizzanti, in cui si verifichino le condizioni stabilite con il decreto di cui all'articolo 82 ed in cui l'accesso è segnalato e regolamentato. È zona sorvegliata un ambiente di lavoro in cui può essere superato in un anno solare uno dei pertinenti limiti fissati per le persone del pubblico e che non è zona controllata.

5. 6.

7. Definizioni concernenti particolari impianti nucleari e documenti relativi.

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1. Per l'applicazione del presente decreto valgono le seguenti definizioni di particolari impianti nucleari, documenti e termini relativi: a) reattore nucleare: ogni apparato destinato ad usi pacifici progettato od usato per produrre una reazione nucleare a catena, capace di autosostenersi in condizioni normali, anche in assenza di sorgenti neutroniche; b) complesso nucleare sottocritico: ogni apparato progettato od usato per produrre una reazione nucleare a catena, incapace di autosostenersi in assenza di sorgenti di neutroni, in condizioni normali o accidentali; c) impianto nucleare di potenza: ogni impianto industriale, dotato di un reattore nucleare, avente per scopo la utilizzazione dell'energia o delle materie fissili prodotte a fini industriali; d) impianto nucleare di ricerca: ogni impianto dotato di un reattore nucleare in cui l'energia o le materie fissili prodotte non sono utilizzate a fini industriali; e) impianto nucleare per il trattamento di combustibili irradiati: ogni impianto progettato o usato per trattare materiali contenenti combustibili nucleari irradiati. Sono esclusi gli impianti costituiti essenzialmente da laboratori per studi e ricerche che contengono meno di 37 TBq (1000 curie) di prodotti di fissione e quelli a fini industriali che trattano materie che non presentano un'attività di prodotti di fissione superiore a 9,25 MBq (0,25 millicurie) per grammo di Uranio 235 ed una concentrazione di Plutonio inferiore a 10 -6 grammi per grammo di Uranio 235, i quali ultimi sono considerati aggregati agli impianti di cui alla lettera f); f) impianto per la preparazione e per la fabbricazione delle materie fissili speciali e dei combustibili nucleari: ogni impianto destinato a preparare o a fabbricare materie fissili speciali e combustibili nucleari; sono inclusi gli impianti di separazione isotopica. Sono esclusi gli impianti costituiti essenzialmente da laboratori per studi e ricerche che non contengono più di 350 grammi di uranio 235 o di 200 grammi di Plutonio o Uranio 233 o quantità totale equivalente; g) deposito di materie fissili speciali o di combustibili nucleari: qualsiasi locale che, senza far parte degli impianti di cui alle lettere precedenti, è destinato al deposito di materie fissili speciali o di combustibili nucleari al solo scopo dell'immagazzinamento in quantità totali superiori a 350 grammi di Uranio 235, oppure 200 grammi di Plutonio o Uranio 233 o quantità totale equivalente; h) rapporto preliminare, rapporto intermedio e rapporto finale di sicurezza: documenti o serie di documenti tecnici contenenti le informazioni necessarie per l'analisi e la valutazione della installazione e dell'esercizio di un reattore o impianto nucleare, dal punto di vista della sicurezza nucleare e della protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti, e contenenti inoltre una analisi ed una valutazione di tali pericoli. In particolare i documenti debbono contenere una trattazione degli argomenti seguenti; 1) ubicazione e sue caratteristiche fisiche, meteorologiche, demografiche, agronomiche ed ecologiche; 2) edifici ed eventuali strutture di contenimento; 3) descrizione tecnica dell'impianto nel suo insieme e nei suoi sistemi componenti ausiliari, inclusa la strumentazione nucleare e non nucleare, i sistemi di controllo e i dispositivi di protezione ed i sistemi di raccolta, allontanamento e smaltimento (trattamento e scarico) dei rifiuti radioattivi; 4) studio analitico di possibili incidenti derivanti da mal funzionamento di apparecchiature o da errori di operazione, e delle conseguenze previste, in relazione alla sicurezza nucleare e alla protezione sanitaria; 5) studio analitico delle conseguenze previste, in relazione alla protezione sanitaria, di scarichi radioattivi durante le fasi di normale esercizio e in caso di situazioni accidentali o di emergenza; 6) misure previste ai fini della prevenzione e protezione antincendio. Il rapporto è denominato preliminare se riferito al progetto di massima; finale, se riferito al progetto definitivo. Il rapporto intermedio precede il rapporto finale e contiene le informazioni, l'analisi e la valutazione di cui sopra è detto, con ipotesi cautelative rispetto a quelle del rapporto finale; i) regolamento di esercizio: documento che specifica l'organizzazione e le funzioni in condizioni normali ed eccezionali del personale addetto alla direzione, alla conduzione e alla manutenzione di un impianto nucleare, nonché alle sorveglianze fisica e medica della protezione, in tutte le fasi, comprese quelle di collaudo, avviamento, e disattivazione; l) manuale di operazione: l'insieme delle disposizioni e procedure operative relative alle varie fasi di esercizio normale e di manutenzione dell'impianto, nel suo insieme e nei suoi sistemi componenti, nonché le procedure da seguire in condizioni eccezionali; m) specifica tecnica di prova: documento che descrive le procedure e le modalità che debbono essere applicate per l'esecuzione della prova ed i risultati previsti. Ogni specifica tecnica di prova, oltre una breve descrizione della parte di impianto e del macchinario impiegato nella prova, deve indicare: 1) lo scopo della prova; 2) la procedura della prova; 3) l'elenco dei dati da raccogliere durante la prova; 4) gli eventuali valori minimi e massimi previsti delle variabili considerate durante la prova; n) prescrizione tecnica: l'insieme dei limiti e condizioni concernenti i dati e i parametri relativi alle caratteristiche e al funzionamento di un impianto nucleare nel suo complesso e nei singoli componenti, che hanno importanza per la sicurezza nucleare e per la protezione sanitaria; o) registro di esercizio: documento sul quale si annotano i particolari delle operazioni effettuate sull'impianto, i dati rilevati nel corso di tali operazioni, nonché ogni altro avvenimento di interesse per l'esercizio dell'impianto stesso;

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p) disattivazione: insieme delle azioni pianificate, tecniche e gestionali, da effettuare su un impianto nucleare a seguito del suo definitivo spegnimento o della cessazione definitiva dell'esercizio, nel rispetto dei requisiti di sicurezza e di protezione dei lavoratori, della popolazione e dell'ambiente, sino allo smantellamento finale o comunque al rilascio del sito esente da vincoli di natura radiologica. Capo III – Organi

8. Consiglio interministeriale di coordinamento e consultazione.1. È istituito presso il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato un Consiglio interministeriale di coordinamento e consultazione per i problemi relativi all'impiego pacifico dell'energia nucleare, composto dal direttore generale delle fonti di energia e delle industrie di base, con funzioni di presidente, e da nove membri designati rispettivamente in rappresentanza dei Ministeri dell'industria, del commercio e dell'artigianato, dell'interno, dell'ambiente, della difesa, del lavoro e previdenza sociale, della sanità, dei trasporti e della navigazione, della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per il coordinamento della protezione civile e dell'ANPA. 2. I rappresentanti dei ministeri debbono avere qualifica non inferiore a dirigente. 3. Le funzioni di segreteria del Consiglio sono esercitate da funzionari della direzione generale delle fonti di energia e delle industrie di base. 4. Il presidente, in caso di assenza o impedimento, può delegare l'esercizio delle funzioni al vice direttore generale delle fonti di energia e delle industrie di base del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato. 5. I membri del Consiglio ed i segretari sono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, per la durata di quattro anni. 6. Il Consiglio esprime parere sui progetti di disposizioni legislative e regolamentari in materia di impiego pacifico dell'energia nucleare, anche ai fini del coordinamento delle attività delle varie amministrazioni in tale materia, ivi comprese quelle connesse con l'applicazione del presente decreto. 7. Per l'esame di particolari problemi, il presidente può istituire gruppi di lavoro e può chiamare a far parte del Consiglio esperti designati da pubbliche amministrazioni. 8. Con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato sono determinate le modalità di funzionamento del Consiglio.

9. Commissione tecnica per la sicurezza nucleare e la protezione sanitaria. 1. È istituita presso l'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente una Commissione tecnica per la sicurezza nucleare e la protezione sanitaria dalle radiazioni ionizzanti composta da sedici esperti in questioni di sicurezza nucleare o di protezione sanitaria dalle radiazioni ionizzanti o di difesa contro gli incendi, di cui: a) dodici designati rispettivamente dai Ministeri dell'interno, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, dei lavori pubblici, del lavoro e della previdenza sociale, della sanità e dell'ambiente, in numero di due per ciascun ministero; b) due designati dall'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente (ENEA); c) due designati dall'ANPA. 2. Qualora gli impianti interessino il demanio marittimo ed i porti, alla Commissione sono aggregati due esperti designati rispettivamente dal Ministero dei trasporti e della navigazione e dal Ministero della difesa. Per le questioni che interessano una specifica regione o provincia autonoma, alla Commissione è altresì aggregato un esperto designato dalla regione o provincia autonoma stessa. 3. Per le questioni relative alla applicazione della presente legge la cui soluzione è connessa con altre di competenza dell'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza nel lavoro, dell'Istituto superiore di sanità, del Consiglio nazionale delle ricerche, del Ministero della difesa e della Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento per il coordinamento della protezione civile è chiamato a far parte della Commissione un esperto designato dalle rispettive amministrazioni. 4. La Commissione esprime i pareri previsti dalla presente legge ai fini del rilascio dei provvedimenti autorizzativi di cui al capo VII e della predisposizione dei piani di emergenza di cui al capo X. 5. La Commissione, quando richiesto, esprime pareri e presta collaborazione alle amministrazioni dello Stato sui problemi tecnici relativi alla sicurezza nucleare e alla protezione dei lavoratori e delle popolazioni contro i rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti. 6. I membri della Commissione ed i componenti della relativa segreteria sono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, durano in carica quattro anni e possono essere riconfermati. Il presidente, scelto tra i predetti membri, è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. 7. Il presidente invita, per speciali problemi, a partecipare ai lavori della Commissione, senza diritto di voto, altri esperti, italiani o stranieri, qualificati in particolari settori. 8. Per la validità delle riunioni della Commissione occorre la presenza di almeno dieci componenti. 9. Le spese relative al funzionamento della Commissione sono poste a carico dell'ANPA, ai sensi dell'articolo 1-bis, comma 5, della legge 21 gennaio 1994, n. 61. 10. Funzioni ispettive. 1. Oltre alle competenze delle singole amministrazioni previste dalle disposizioni in vigore, comprese quelle attribuite agli organi del Servizio sanitario nazionale, ed a quelle stabilite nei capi IV, VIII e IX, le funzioni ispettive per

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l'osservanza del presente decreto nonché, per quanto attiene alla sicurezza nucleare ed alla protezione sanitaria, della legge 31 dicembre 1962, n. 1860, sono attribuite all'ANPA, che le esercita a mezzo dei propri ispettori. 2. Gli ispettori di cui al comma 1 sono nominati con provvedimento del presidente dell'ANPA stessa. 3. Gli ispettori dell'ANPA hanno diritto all'accesso ovunque si svolgano le attività soggette alla loro vigilanza e possono procedere a tutti gli accertamenti che hanno rilevanza per la sicurezza nucleare e la protezione dei lavoratori, delle popolazioni e dell'ambiente. In particolare possono: a) richiedere dati ed informazioni al personale addetto; b) richiedere tutte le informazioni, accedere a tutta la documentazione, anche se di carattere riservato e segreto, limitatamente alla sicurezza nucleare ed alla radioprotezione; c) richiedere la dimostrazione di efficienza di macchine e apparecchiature; d) procedere agli accertamenti che si rendono necessari a loro giudizio ai fini di garantire l'osservanza delle norme tecniche e delle prescrizioni particolari formulate ai sensi del presente decreto. 4. Copia del verbale di ispezione deve essere rilasciata all'esercente o a chi lo rappresenta sul posto, i quali hanno diritto di fare inserire proprie dichiarazioni. L'ispettore fa menzione nello stesso verbale delle ragioni dell'eventuale assenza della sottoscrizione da parte dell'esercente o dal suo rappresentante. 5. Nell'esercizio delle loro funzioni gli ispettori dell'ANPA sono ufficiali di polizia giudiziaria. 6. L'ANPA informa gli organi di vigilanza competenti per territorio degli interventi effettuati. Capo III-bis - Esposizioni da attività lavorative con particolari sorgenti naturali di radiazioni.

10-bis. Campo di applicazione. 1. Le disposizioni del presente capo si applicano alle attività lavorative nelle quali la presenza di sorgenti di radiazioni naturali conduce ad un significativo aumento dell'esposizione dei lavoratori o di persone del pubblico, che non può essere trascurato dal punto di vista della radioprotezione. Tali attività comprendono: a) attività lavorative durante le quali i lavoratori e, eventualmente, persone del pubblico sono esposti a prodotti di decadimento del radon o del toron o a radiazioni gamma o a ogni altra esposizione in particolari luoghi di lavoro quali tunnel, sottovie, catacombe, grotte e, comunque, in tutti i luoghi di lavoro sotterranei; b) attività lavorative durante le quali i lavoratori e, eventualmente, persone del pubblico sono esposti a prodotti di decadimento del radon o del toron, o a radiazioni gamma o a ogni altra esposizione in luoghi di lavoro diversi da quelli di cui alla lettera a) in zone ben individuate o con caratteristiche determinate; c) attività lavorative implicanti l'uso o lo stoccaggio di materiali abitualmente non considerati radioattivi, ma che contengono radionuclidi naturali e provocano un aumento significativo dell'esposizione dei lavoratori e, eventualmente, di persone del pubblico; d) attività lavorative che comportano la produzione di residui abitualmente non considerati radioattivi, ma che contengono radionuclidi naturali e provocano un aumento significativo dell'esposizione di persone del pubblico e, eventualmente, dei lavoratori. e) attività lavorative in stabilimenti termali o attività estrattive non disciplinate dal capo IV; f) attività lavorative su aerei per quanto riguarda il personale navigante. 2. Le attività lavorative di cui al comma 1 sono quelle cui siano addetti i lavoratori di cui al capo VIII.

10-ter. Obblighi dell'esercente. 1. Nei luoghi di lavoro nei quali si svolgono le attività lavorative di cui all'articolo 10 -bis, comma 1, lettera a), l'esercente, entro ventiquattro mesi dall'inizio dell'attività, procede alle misurazioni di cui all'allegato 1 -bis, secondo le linee guida emanate dalla Commissione di cui all'articolo 10-septies. 2. Nei luoghi di lavoro nei quali si svolgono le attività lavorative di cui all'articolo 10-bis, comma 1, lettera b), in zone o luoghi di lavoro con caratteristiche determinate individuati dalle regioni e province autonome, ai sensi dell'articolo 10-sexies, ad elevata probabilità di alte concentrazioni di attività di radon, l'esercente procede, entro ventiquattro mesi dall'individuazione o dall'inizio dell'attività, se posteriore, alle misurazioni di cui all'allegato I-bis secondo le linee guida emanate dalla Commissione di cui all'articolo 10-septies e a partire dai locali seminterrati o al piano terreno. 3. Nei luoghi di lavoro nei quali si svolgono le attività lavorative di cui all'articolo 10 -bis, comma 1, lettere c), d), limitatamente a quelle indicate nell'allegato I-bis, ed e), l'esercente, entro ventiquattro mesi dall'inizio della attività, effettua una valutazione preliminare sulla base di misurazioni effettuate secondo le indicazioni e le linee guida emanate dalla Commissione di cui all'articolo 10-septies. Nel caso in cui le esposizioni valutate non superino il livello di azione di cui all'allegato I-bis, l'esercente non è tenuto a nessun altro obbligo eccettuata la ripetizione delle valutazioni con cadenza triennale o nel caso di variazioni significative del ciclo produttivo. Nel caso in cui risulti superato il livello di azione, l'esercente è tenuto ad effettuare l'analisi dei processi lavorativi impiegati, ai fini della valutazione dell'esposizione alle radiazioni ionizzanti dei lavoratori, ed eventualmente di gruppi di riferimento della popolazione, sulla base della normativa vigente, delle norme di buona tecnica e, in particolare, degli orientamenti tecnici emanati in sede comunitaria. Nel caso in cui risulti superato l'80 per cento del livello di azione in un qualsiasi ambiente cui le valutazioni si riferiscano, l'esercente è tenuto a ripetere con cadenza annuale le valutazioni secondo le indicazioni e le linee guida emanate dalla Commissione di cui all'articolo 10-septies.

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4. Per le misurazioni previste dai commi 1 e 2, l'esercente si avvale di organismi riconosciuti ai sensi dell'articolo 107, comma 3, o, nelle more dei riconoscimenti, di organismi idoneamente attrezzati, che rilasciano una relazione tecnica contenente il risultato della misurazione. 5. Per gli adempimenti previsti dal comma 3, l'esercente si avvale dell'esperto qualificato. L'esperto qualificato comunica, con relazione scritta, all'esercente: il risultato delle valutazioni effettuate, i livelli di esposizione dei lavoratori, ed eventualmente dei gruppi di riferimento della popolazione, dovuti all'attività, le misure da adottare ai fini della sorveglianza delle esposizioni e le eventuali azioni correttive volte al controllo e, ove del caso, alla riduzione delle esposizioni medesime.

10-quater. Comunicazioni e relazioni tecniche. 1. In caso di superamento dei livelli di azione di cui all'articolo 10 -quinquies, gli esercenti che esercitano le attività di cui all'articolo 10-bis, comma 1, lettere a), b), c), d) ed e), inviano una comunicazione in cui viene indicato il tipo di attività lavorativa e la relazione di cui all'articolo 10-ter, commi 4 e 5, alle Agenzie regionali e delle province autonome competenti per territorio, agli organi del Servizio sanitario nazionale competenti per territorio e alla Direzione provinciale del lavoro. 2. La Direzione provinciale del lavoro trasmette i dati di cui al comma 1 al Ministero del lavoro e della previdenza sociale ai fini del loro inserimento in un archivio nazionale che il Ministero stesso organizza avvalendosi delle strutture esistenti e nei limiti delle ordinarie risorse di bilancio; detto Ministero a richiesta, fornisce tali dati alle autorità di vigilanza e ai ministeri interessati. 3. Le comunicazioni e le relazioni di cui al comma 1 sono inviate entro un mese dal rilascio della relazione.

10-quinquies. Livelli di azione. 1. Per i luoghi di lavoro di cui all'articolo 10-bis, comma 1, lettere a) e b), le grandezze misurate non devono superare il livello di azione fissato in allegato I-bis. 2. Nel caso in cui le grandezze di cui al comma 1 non superino il livello di azione ma siano superiori all'80 per cento del livello di azione, l'esercente assicura nuove misurazioni nel corso dell'anno successivo. 3. Nel caso di superamento del livello di azione di cui all'allegato I-bis, l'esercente, avvalendosi dell'esperto qualificato, pone in essere azioni di rimedio idonee a ridurre le grandezze misurate al di sotto del predetto livello, tenendo conto del principio di ottimizzazione, e procede nuovamente alla misurazione al fine di verificare l'efficacia delle suddette azioni. Le operazioni sono completate entro tre anni dal rilascio della relazione di cui all'articolo 10 -ter, comma 4, e sono effettuate con urgenza correlata al superamento del livello di azione. Ove, nonostante l'adozione di azioni di rimedio, le grandezze misurate risultino ancora superiori al livello prescritto, l'esercente adotta i provvedimenti previsti dal capo VIII, ad esclusione dell'articolo 61, commi 2 e 3, lettera g), dell'articolo 69 e dell'articolo 79, commi 2 e 3, fintanto che ulteriori azioni di rimedio non riducano le grandezze misurate al di sotto del predetto livello di azione, tenendo conto del principio di ottimizzazione. 4. Le registrazioni delle esposizioni di cui al comma 3 e le relative valutazioni di dose sono effettuate con le modalità indicate nell'allegato I-bis o nell'allegato IV, ove applicabile. Nel caso in cui il lavoratore sia esposto anche ad altre sorgenti di radiazioni ionizzanti di cui all'articolo 1, comma 1, le dosi dovute ai due diversi tipi di sorgenti sono registrate separatamente, fermi restando gli obblighi di cui agli articoli 72, 73 e 96. 5. L'esercente non è tenuto alle azioni di rimedio di cui al comma 3 se dimostra, avvalendosi dell'esperto qualificato, che nessun lavoratore è esposto ad una dose superiore a quella indicata nell'allegato I-bis; questa disposizione non si applica agli esercenti di asili-nido, di scuola materna o di scuola dell'obbligo. 6. Per i luoghi di lavoro di cui all'articolo 10-bis, comma l, lettere c), d) ed e), fermo restando l'applicazione dell'articolo 23, se dall'analisi di cui all'articolo 10-ter risulta che la dose ricevuta dai lavoratori o dai gruppi di riferimento della popolazione supera i rispettivi livelli di azione di cui all'allegato I-bis, l'esercente adotta, entro tre anni, misure volte a ridurre le dosi al di sotto di detti valori e, qualora, nonostante l'applicazione di tali misure, l'esposizione risulti ancora superiore ai livelli di azione, adotta le misure previste dal capo VIII e dal capo IX, sulla base dei presupposti previsti negli stessi capi. 7. Le registrazioni delle esposizioni di cui al comma 6 e le relative valutazioni di dose sono effettuate con le modalità indicate nell'allegato I-bis e nell'allegato IV, ove applicabile. 8. Nel caso in cui risulta che l'esposizione dei lavoratori o dei gruppi di riferimento della popolazione non supera i livelli di azione di cui all'allegato I-bis, l'esercente esegue un controllo radiometrico, qualora variazioni del processo lavorativo o le condizioni in cui esso si svolge possano far presumere una variazione significativa del quadro radiologico.

10-sexies. Individuazione delle aree ad elevata probabilità di alte concentrazioni di attività di radon. 1. Sulla base delle linee guida e dei criteri emanati dalla Commissione di cui all'articolo 10- septies, le regioni e le province autonome individuano le zone o luoghi di lavoro con caratteristiche determinate ad elevata-probabilità di alte concentrazioni di attività di radon, di cui all'articolo 10-ter, comma 2; a tal fine:

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a) qualora siano già disponibili dati e valutazioni tecnico-scientifiche, le regioni e le province autonome sottopongono alla Commissione i metodi ed i criteri utilizzati per un parere sulla congruenza rispetto a quelli definiti a livello nazionale; b) in alternativa, le regioni e le province autonome effettuano apposite campagne di indagine nei rispettivi territori. 2. La individuazione di cui al comma 1 è aggiornata ogni volta che il risultato di nuove indagini lo renda necessario. 3. L'elenco delle zone individuate ai sensi dei commi 1 e 2 è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.

10-septies. Sezione speciale della Commissione tecnica per le esposizioni a sorgenti naturali di radiazioni. 1. Nell'àmbito della Commissione tecnica di cui all'articolo 9 è istituita una sezione speciale per le esposizioni a sorgenti naturali di radiazioni con i seguenti compiti: a) elaborare linee-guida sulle metodologie e tecniche di misura più appropriate per le misurazioni di radon e toron in aria e sulle valutazioni delle relative esposizioni; b) elaborare criteri per l'individuazione di zone o luoghi di lavoro con caratteristiche determinate ad elevata probabilità di alte concentrazioni di attività di radon; c) elaborare criteri per l'individuazione, nelle attività lavorative di cui alle lettere c), d) ed e) dell'articolo 10-bis, delle situazioni in cui le esposizioni dei lavoratori, o di gruppi di riferimento della popolazione, siano presumibilmente più elevate e per le quali sia necessario effettuare le misurazioni per la valutazione preliminare di cui all'articolo 10-ter, comma 3, nonché linee guida sulle metodologie e tecniche di misura appropriate per effettuare le opportune valutazioni; d) formulare proposte di adeguamento della normativa vigente in materia; e) formulare proposte ai fini della adozione omogenea di misure correttive e di provvedimenti e volte ad assicurare un livello ottimale di radioprotezione nelle attività disciplinate dal presente capo; f) fornire indicazioni sui programmi dei corsi di istruzione e di aggiornamento per la misura del radon e del toron e per l'applicazione di azioni di rimedio; g) formulare indicazioni per la sorveglianza e per gli interventi di radioprotezione ai fini dell'adozione di eventuali provvedimenti per il personale navigante. 2. Per lo svolgimento dei compiti di cui al comma 1, la Commissione ha accesso e si avvale anche dei dati di cui all'articolo 10-quater, comma 1, nonché delle comunicazioni e delle relazioni di cui all'articolo 10-octies, comma 2, lettera c). La Commissione, entro un anno dal proprio insediamento, emana le linee guida ed i criteri di cui al comma 1, lettere a) e b), e, entro due anni, i criteri e le linee guida di cui al medesimo comma, lettera c). I criteri e le linee guida saranno pubblicate nella Gazzetta Ufficiale. 3. La Commissione di cui al comma 1 è composta da ventuno esperti in materia, di cui: a) uno designato dal Ministero della sanità; b) uno designato dal Ministero dell'ambiente; c) uno designato dal Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato; d) uno designato dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale; e) uno designato dal Ministero dei trasporti e della navigazione; f) uno designato dal Ministero delle politiche agricole e forestali; g) cinque designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, h) due designati dall'ANPA, i) due designati dall'ISPESL; j) due designati dall'Istituto superiore di sanità; l) uno designato dall'ENAC; m) uno designato dall'ENEA in quanto Istituto della metrologia primaria delle radiazioni ionizzanti; n) uno designato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della protezione civile; o) uno designato dal Ministero dell'interno Corpo nazionale dei vigili del fuoco. 4. Le spese relative al funzionamento della Sezione speciale di cui al comma 1 sono poste a carico dell'ANPA, ai sensi dell'articolo 1-bis, comma 5, della legge 21 gennaio 1994, n. 61, nei limiti delle risorse di bilancio disponibili.

10-octies. Attività di volo. 1. Le attività lavorative di cui all'articolo 10-bis, comma 1, lettera f), che possono comportare per il personale navigante significative esposizioni alle radiazioni ionizzanti sono individuate nell'allegato I-bis. 2. Nelle attività individuate ai sensi del comma 1, il datore di lavoro provvede a: a) programmare opportunamente i turni di lavoro, e ridurre l'esposizione dei lavoratori maggiormente esposti; b) fornire al personale pilota istruzioni sulle modalità di comportamento in caso di aumentata attività solare, al fine di ridurre, per quanto ragionevolmente ottenibile, la dose ai lavoratori; dette istruzioni sono informate agli orientamenti internazionali in materia; c) trasmettere al Ministero della sanità le comunicazioni in cui è indicato il tipo di attività lavorativa e la relazione di cui all'articolo 10-ter, il Ministero, a richiesta, fornisce tali dati alle autorità di vigilanza e ai ministeri interessati. 3. Alle attività di cui al comma 1 si applicano le disposizioni del capo VIII, ad eccezione di quelle di cui all'articolo 61, comma 3, lettere a) e g), all'articolo 62, all'articolo 63, all'articolo 79, comma 1, lettera b), numeri 1) e 2), e lettera c), e

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commi 2, 3, 4 e 7, all'articolo 80, comma 1, lettera a), e lettere d) ed e), limitatamente alla sorveglianza fisica della popolazione, nonché all'articolo 81, comma 1, lettera a). La sorveglianza medica dei lavoratori di cui al comma 1, che non siano suscettibili di superare i 6 mSv/anno di dose efficace, è assicurata, con periodicità almeno annuale, con le modalità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 novembre 1988, n. 566, al decreto 15 settembre 1995, del Ministro dei trasporti e della navigazione, pubblicato nel supplemento ordinario n. 128 alla Gazzetta Ufficiale n. 256 del 2 novembre 1995, ed alla legge 30 maggio 1995, n. 204, con oneri a carico del datore di lavoro. 4. Nei casi di cui al comma 1, la valutazione delle dosi viene effettuata secondo le modalità indicate nell'allegato I-bis.

10-novies. Disposizioni particolari per taluni tipi di prodotti. 1. In applicazione dei princìpi generali di cui agli articoli 2 e 115-bis, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della sanità, di concerto con i Ministri dell'ambiente, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, dell'interno e del lavoro e della previdenza sociale, sentita l'ANPA, e sulla base delle eventuali segnalazioni della sezione speciale della commissione tecnica di cui all'articolo 10-septies, nonché degli organismi della pubblica amministrazione interessati all'applicazione del presente capo, possono essere disposte particolari limitazioni, o la soggezione ai divieti di cui all'articolo 98, comma 1, per le attività volte a mettere in circolazione, produrre, importare, impiegare, manipolare o comunque detenere, quando tali attività sono svolte a fini commerciali, tipi di prodotti o singoli prodotti che contengano materie radioattive naturali derivanti dalle attività di cui all'articolo 10-bis, comma 1, lettere c) e d).

Capo IV - Lavorazioni minerarie.

11. Campo di applicazione. 1. Le disposizioni del presente capo si applicano alle lavorazioni minerarie che si effettuano nell'area oggetto del permesso di prospezione, di ricerca o della concessione di coltivazione e che espongono al rischio di radiazioni, quando sussistono le condizioni indicate nell'allegato I. Le modalità per verificare la sussistenza di tali condizioni sono stabilite con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della sanità e dell'ambiente, sentita l'ANPA. 2. La vigilanza per la tutela dai rischi derivanti da radiazioni ionizzanti dei lavoratori addetti alle attività di cui al comma 1 è affidata al Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, che la esercita a mezzo dell'ingegnere capo dell'ufficio periferico competente per territorio, avvalendosi, nell'ambito delle loro competenze, degli organi del servizio sanitario nazionale competente per territorio, nonché dell'ANPA. 3. Ove ricorrano le condizioni di applicabilità di cui al comma 1, il decreto di concessione mineraria previsto dal regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, e successive modifiche ed integrazioni, è emanato sentita l'ANPA per gli aspetti di protezione dei lavoratori e della popolazione dal rischio di radiazioni ionizzanti. 4. Il decreto di concessione mineraria tiene luogo degli obblighi di cui ai capi V, VI e VII del presente decreto, attinenti alle attività di cui al comma 1. 5. Per quanto non disciplinato dal presente capo si applicano le disposizioni del capo VIII, estendendo all'ingegnere capo dell'ufficio periferico competente per territorio la trasmissione della documentazione concernente la sorveglianza fisica e medica cui sono tenuti, ai sensi del predetto capo VIII, i datori di lavoro nei confronti degli organi di vigilanza. 12. Competenze e mezzi - Ricorso avverso il giudizio di idoneità medica. 1. Il datore di lavoro deve assicurare la sorveglianza fisica per mezzo di esperti qualificati a norma dell'articolo 77. 2. Il datore di lavoro è tenuto a fornire i mezzi ed assicurare le condizioni necessarie all'esperto qualificato per lo svolgimento dei propri compiti. 3. L'entità dei mezzi impiegati deve essere adeguata all'importanza degli impianti e la loro scelta di tipo e qualità effettuata in funzione dell'entità dei rischi connessi alle lavorazioni che espongono alle radiazioni ionizzanti. 4. Avverso il giudizio di cui agli articoli 84 e 85 in materia di idoneità medica all'esposizione alle radiazioni ionizzanti ammesso ricorso, entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio stesso, all'ingegnere capo dell'ufficio periferico competente per territorio, che provvede su parere conforme dei sanitari di cui all'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile 1959, n. 128, così come modificato dall'articolo 11 della legge 30 luglio 1990, n. 221. 5. Decorsi i trenta giorni dalla data di ricevimento del ricorso senza che l'ingegnere capo abbia provveduto, il ricorso si intende respinto. 13. Segnalazione di superamento dei limiti di dose. 1. Quando i risultati della valutazione della dose relativa ad ogni singolo lavoratore superano i limiti di dose, il direttore deve darne immediata notizia all'ingegnere capo per i provvedimenti di sua competenza. 14. Decontaminazione e sorveglianza medica eccezionale.

1. Nel caso in cui il medico addetto alla sorveglianza medica decida l'allontanamento del lavoratore dal posto di lavoro il direttore della miniera deve darne notizia all'ingegnere capo competente per territorio. 15. Limiti di dose.

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1. Quando si riscontrano valori di grandezze derivate superiori ai limiti pertinenti fissati con i provvedimenti di cui all'articolo 96, il direttore della miniera adotta le misure necessarie per riportare tali valori entro i predetti limiti. In caso di impossibilità, il direttore ne dà immediato avviso all'ingegnere capo che adotta i provvedimenti di competenza. 16. Acque di miniera. 1. Il direttore della miniera deve curare che non sia impiegata per la perforazione ad umido, per la irrorazione del minerale e per qualsiasi altra operazione che favorisca la diffusione delle materie radioattive contenute nelle acque stesse, acqua di miniera che presenti concentrazioni superiori ai valori fissati con il decreto di cui all'articolo 96. 2. Dette acque di miniera devono essere convogliate all'esterno per la via più breve ed in condotta chiusa e scaricate nel rispetto delle disposizioni di cui al capo IX del presente decreto. 17. Obblighi particolari del direttore della miniera. 1. Il direttore della miniera è tenuto ad adottare le misure atte a ridurre, per quanto possibile, il rischio di esposizioni interne. In particolare, ove l'entità del rischio lo richieda, deve provvedere che: a) la perforazione sia eseguita ad umido; b) i lavoratori non consumino i pasti o fumino nel sotterraneo; c) i lavoratori abbiano a disposizione e, ove necessario, utilizzino guanti, maschere o indumenti contro il rischio di contaminazione; d) gli indumenti di lavoro siano sottoposti ad adeguati processi di lavatura e bonifica; e) sul luogo della miniera siano predisposti locali adeguatamente attrezzati ove, al termine del turno di lavoro, i lavoratori possano lavarsi e cambiarsi d'abito.

Capo V - Regime giuridico per importazione, produzione, commercio, trasporto e detenzione.

18. Importazione e produzione a fini commerciali di materie radioattive.1. L'attività di importazione a fini commerciali di materie radioattive, di prodotti, apparecchiature e dispositivi in genere, contenenti dette materie, è soggetta a notifica preventiva da effettuare almeno sessanta giorni prima dell'inizio dell'attività stessa. 2. La produzione a fini commerciali delle sorgenti di radiazioni di cui al comma 1 soggetta a notifica preventiva da effettuare almeno sessanta giorni prima dell'inizio dell'attività stessa. 3. Ai fini delle presenti disposizioni, è da intendersi ricompresa nella produzione qualsiasi manipolazione, o frazionamento, o diluizione o altra operazione, effettuata sulle materie radioattive o sul dispositivo che le contenga, che siano tali da comportare l'immissione sul mercato di un prodotto, contenente la materia predetta, diverso da quello originario. 4. La notifica di cui ai commi 1 e 2 deve essere effettuata nei confronti del Ministero dell'ambiente, del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, del Ministero della sanità, del Ministero dell'interno e dell'ANPA. 5. Con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentiti gli altri Ministri di cui al comma 4, le altre amministrazioni eventualmente interessate e l'ANPA, sono stabilite le modalità della notifica nonché le condizioni per l'eventuale esenzione da tale obbligo, nell'osservanza delle disposizioni di cui all'articolo 2. 6. Per l'esercizio delle attività di commercio restano ferme le disposizioni di cui all'articolo 4 della legge 31 dicembre 1962, n. 1860. 18-bis. Beni di consumo. 1. L'aggiunta intenzionale, sia direttamente che mediante attivazione, di materie radioattive nella produzione e manifattura di beni di consumo, nonché l'importazione o l'esportazione di tali beni, è soggetta ad autorizzazione del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, d'intesa con i Ministeri della sanità, dell'ambiente, dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale, sentita l'ANPA. 2. Con il decreto di cui all'articolo 18, comma 5, sono determinate le disposizioni procedurali per il rilascio, la modifica e la revoca dell'autorizzazione di cui al comma 1. 3. Copia dei provvedimenti relativi al rilascio, alla modifica ed alla revoca dell'autorizzazione è inviata dall'amministrazione che emette il provvedimento alle altre amministrazioni, agli organismi tecnici consultati nel procedimento e all'ANPA. 4. Il provvedimento di autorizzazione può esonerare, in tutto o in parte, il consumatore finale dagli obblighi previsti dal presente decreto.

19. Obbligo di informativa. 1. Chiunque importa o produce, a fini commerciali, o comunque commercia materie radioattive, prodotti e apparecchiature in genere contenenti dette materie, deve provvedere a che ogni sorgente immessa in commercio sia accompagnata da una informativa scritta sulle precauzioni tecniche da adottare per prevenire eventuali esposizioni indebite, nonché sulle modalità di smaltimento o comunque di cessazione della detenzione. 2. Con il decreto di cui all'articolo 18 sono stabilite le modalità di attuazione dell'obbligo di informativa, nonché le eventuali esenzioni nell'osservanza delle disposizioni di cui all'articolo 2. 20. Registro delle operazioni commerciali e riepilogo delle operazioni effettuate.

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1. Chiunque importa o produce a fini commerciali, o comunque esercita commercio di materie radioattive, è tenuto a registrare tutti gli atti di commercio relativi alle stesse, con l'indicazione dei contraenti. 2. Il riepilogo degli atti di commercio effettuati deve essere comunicato all'ANPA. 3. Ai fini delle presenti disposizioni, per atto di commercio si intende qualsiasi cessione, ancorché gratuita, operata nell'ambito dell'attività commerciale. 4. Con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita l'ANPA, sono indicate le modalità di registrazione, nonché le modalità ed i termini per l'invio del riepilogo, particolari disposizioni possono essere formulate per le materie di cui all'articolo 23. 5. [La registrazione di cui al comma 1, ove contenga anche le informazioni richieste per quella prevista all'articolo 22, comma 3, è sostitutiva di quest'ultima. A tale fine, con il decreto di cui al comma 4, sono indicate le modalità di registrazione per questi casi]. 21. Trasporto di materie radioattive. 1. Per il trasporto delle materie di cui all'articolo 5 della legge 31 dicembre 1962, n. 1860, e successive modifiche e integrazioni, effettuato in nome proprio e per conto altrui, oppure in nome e per conto proprio, ancorché avvalendosi di mezzi altrui dei quali si abbia la piena responsabilità e disponibilità, restano ferme le disposizioni ivi contenute. Nelle autorizzazioni previste da dette disposizioni, rilasciate sentiti l'ANPA e il Ministero dell'interno, possono essere stabilite particolari prescrizioni definite dall'ANPA. 2. Con decreti del Ministro dei trasporti e della navigazione, sentita l'ANPA, sono emanate le norme regolamentari per i diversi modi di trasporto, anche in attuazione delle direttive e raccomandazioni dell'Unione europea e degli accordi internazionali in materia di trasporto di merci pericolose. 3. I soggetti che effettuano il trasporto di cui al comma 1 sono tenuti ad inviare all'ANPA un riepilogo dei trasporti effettuati con l'indicazione delle materie trasportate. Con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita l'ANPA, sono stabiliti i criteri applicativi di tale disposizione, le modalità, i termini di compilazione e di invio del riepilogo suddetto, nonché gli eventuali esoneri.

22. Comunicazione preventiva di pratiche. 1. Ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 3 della legge 31 dicembre 1962, n. 1860, e successive modificazioni e fuori dei casi per i quali la predetta legge o il presente decreto prevedono specifici provvedimenti autorizzativi, chiunque intenda intraprendere una pratica, comportante detenzione di sorgenti di radiazioni ionizzanti, deve darne comunicazione, trenta giorni prima dell'inizio della detenzione, al Comando provinciale dei vigili del fuoco, agli organi del Servizio sanitario nazionale, e, ove di loro competenza, all'Ispettorato provinciale del lavoro, al Comandante di porto e all'Ufficio di sanità marittima, nonché alle agenzie regionali e delle province autonome di cui all'articolo 03 del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, indicando i mezzi di protezione posti in atto. L'ANPA può accedere ai dati concernenti la comunicazione preventiva di pratiche, inviati alle agenzie predette. 2. Sono escluse dall'obbligo di comunicazione di cui al comma 1 le pratiche in cui le sorgenti di radiazioni soddisfino una delle condizioni di cui alle lettere seguenti: a) le quantità di materie radioattive non superino in totale le soglie di esenzione determinate ai sensi del comma 5; b) la concentrazione di attività di materie radioattive per unità di massa non superi le soglie determinate ai sensi del comma 5; c) gli apparecchi contenenti materie radioattive anche al di sopra delle quantità o delle concentrazioni di cui alle lettere a) o b), purché soddisfino tutte le seguenti condizioni: 1) siano di tipo riconosciuto ai sensi dell'articolo 26; 2) siano costruiti in forma di sorgenti sigillate; 3) in condizioni di funzionamento normale, non comportino, ad una distanza di 0,1 m da un qualsiasi punto della superficie accessibile dell'apparecchio, un'intensità di dose superiore a 1 µSv h-1; 4) le condizioni di eventuale smaltimento siano state specificate nel provvedimento di riconoscimento di cui all'articolo 26; d) gli apparecchi elettrici, diversi da quelli di cui alla lettera e), che soddisfino tutte le seguenti condizioni: 1) siano di tipo riconosciuto ai sensi dell'articolo 26; 2) in condizioni di funzionamento normale, non comportino, ad una distanza di 0,1 m da un qualsiasi punto della superficie accessibile dell'apparecchio un'intensità di dose superiore a 1 µSv h-1; e) l'impiego di qualunque tipo di tubo catodico destinato a fornire immagini visive, o di altri apparecchi elettrici che funzionano con una differenza di potenziale non superiore a 30 kV, purché ciò, in condizioni di funzionamento normale, non comporti, ad una distanza di 0,1 m da un qualsiasi punto della superficie accessibile dell'apparecchio, un'intensità di dose superiore a 1 µSv h-1; f) materiali contaminati da materie radioattive risultanti da smaltimenti autorizzati che siano stati dichiarati non soggetti a ulteriori controlli dalle autorità competenti ad autorizzare lo smaltimento. 3. I detentori delle sorgenti oggetto delle pratiche di cui al comma 1 e di quelle per cui la legge 31 dicembre 1962, n. 1860, o il presente decreto prevedono specifici provvedimenti autorizzativi devono provvedere alla registrazione delle sorgenti detenute, con le indicazioni della presa in carico e dello scarico delle stesse.

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4. Con uno o più decreti del Ministro della sanità, di concerto con i Ministri dell'ambiente, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, del lavoro e della previdenza sociale e dell'interno, sentita l'ANPA, sono stabiliti i modi, le condizioni e le quantità ai fini della registrazione delle materie radioattive, i modi e le caratteristiche ai fini della registrazione delle macchine radiogene. 5. Con il decreto di cui all'articolo 18, comma 5, sono determinate le quantità e le concentrazioni di attività di materie radioattive di cui al comma 2, lettere a) e b), e le modalità di notifica delle pratiche di cui al comma 1.

23. Detenzione di materie fissili speciali, materie grezze, minerali e combustibili nucleari. 1. I detentori di materie fissili speciali, di materie grezze, di minerali e di combustibili nucleari debbono farne denuncia, ai sensi dell'articolo 3 della legge 31 dicembre 1962, n. 1860, e, inoltre, tenerne la contabilità nei modi e per le quantità che sono stabiliti con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita l'ANPA. 24. Comunicazione preventiva di cessazione di pratica. 1. Chiunque intenda cessare una pratica soggetta alle disposizioni di cui all'articolo 22 deve darne comunicazione, almeno trenta giorni prima della prevista cessazione, alle amministrazioni competenti a ricevere la comunicazione di cui allo stesso articolo 22. 2. Con il decreto di cui all'articolo 22, comma 5, sono fissate le condizioni e le modalità per la comunicazione di cui al comma 1.

25. Smarrimento, perdita, ritrovamento di materie radioattive. 1. Il detentore, nell'ipotesi di smarrimento o di perdita, per qualsiasi causa, di materie radioattive, comunque confezionate, e di apparecchi contenenti dette materie, deve darne immediatamente comunicazione agli organi del Servizio sanitario nazionale e al Comando provinciale dei vigili del fuoco competenti per territorio, alla più vicina autorità di pubblica sicurezza, al Comandante di porto e all'Ufficio di sanità marittima, ove di loro competenza, e all'ANPA. 2. Il ritrovamento delle materie e degli apparecchi di cui al comma 1 da parte di chi ha effettuato la comunicazione deve essere immediatamente comunicato alla più vicina autorità di pubblica sicurezza. 3. Il ritrovamento di materie o di apparecchi recanti indicazioni o contrassegni che rendono chiaramente desumibile la presenza di radioattività deve essere comunicato immediatamente alla più vicina autorità di pubblica sicurezza. 26. Sorgenti di tipo riconosciuto. 1. A particolari sorgenti o tipi di sorgenti di radiazioni, in relazione alle loro caratteristiche ed all'entità dei rischi, può essere conferita la qualifica di sorgenti di tipo riconosciuto. 2. Con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con i Ministri dell'interno, della sanità, del lavoro e della previdenza sociale e dell'ambiente, sentiti l'ANPA, l'ISPESL e l'ISS, vengono stabiliti i criteri e le modalità per il conferimento della qualifica di cui al comma 1, nonché eventuali esenzioni, in relazione all'entità del rischio, dagli obblighi di denuncia, di autorizzazione o di sorveglianza fisica di cui al presente decreto. 3. Il decreto di cui al comma 2 deve tenere conto della normativa comunitaria concernente il principio di mutuo riconoscimento.

Capo VI - Regime autorizzativo per le installazioni e particolari disposizioni per i rifiuti radioattivi

27. Nulla osta all'impiego di sorgenti di radiazioni. 1. Gli impianti, stabilimenti, istituti, reparti, gabinetti medici, laboratori, adibiti ad attività comportanti, a qualsiasi titolo, la detenzione, l'utilizzazione, la manipolazione di materie radioattive, prodotti, apparecchiature in genere contenenti dette materie, il trattamento, il deposito e l'eventuale smaltimento nell'ambiente di rifiuti nonché l'utilizzazione di apparecchi generatori di radiazioni ionizzanti, debbono essere muniti di nulla osta preventivo secondo quanto stabilito nel presente capo. Le attività di cui al presente comma sono tutte di seguito indicate come impiego di sorgenti di radiazioni ionizzanti. 1-bis. Le pratiche svolte dallo stesso soggetto mediante sorgenti di radiazioni mobili, impiegate in più siti, luoghi o località non determinabili a priori presso soggetti differenti da quello che svolge la pratica sono assoggettate al nulla osta di cui al presente articolo in relazione alle caratteristiche di sicurezza delle sorgenti ed alle modalità di impiego, ai sensi di quanto previsto nei provvedimenti applicativi. 2. L'impiego delle sorgenti di radiazioni di cui al comma 1 è classificato in due categorie, A e B. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con il Ministro dell'ambiente, dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale, della sanità, sentita l'ANPA, sono stabiliti le condizioni per la classificazione nelle predette categorie in relazione ai rischi per i lavoratori e per la popolazione connessi con tali attività, i relativi criteri di radioprotezione, le norme procedurali per il rilascio, la modifica e la revoca del nulla osta, le condizioni per l'esenzione dallo stesso, nonché gli organismi tecnici di consultazione formati in modo che siano rappresentate tutte le competenze tecniche necessarie. 2-bis. Il nulla osta di cui al comma 1 è, in particolare, richiesto per: a) l'aggiunta intenzionale sia direttamente che mediante attivazione di materie radioattive nella produzione e manifattura di prodotti medicinali o di beni di consumo;

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b) l'impiego di acceleratori, di apparati a raggi X o di materie radioattive per radiografia industriale, per trattamento di prodotti, per ricerca; c) la somministrazione intenzionale di materie radioattive, a fini di diagnosi, terapia o ricerca medica o veterinaria, a persone e, per i riflessi concernenti la radioprotezione di persone, ad animali; d) l'impiego di acceleratori, di apparati a raggi X o di materie radioattive per esposizione di persone a fini di terapia medica. 3. Le disposizioni del presente capo non si applicano alle pratiche disciplinate al capo IV ed al capo VII ed alle attività lavorative comportanti l'esposizione alle sorgenti naturali di radiazioni di cui al capo III-bis, con esclusione dei casi in cui l'assoggettamento a dette disposizioni sia espressamente stabilito ai sensi del capo III -bis e relativi provvedimenti di attuazione. 4. Restano ferme, per quanto applicabili, le disposizioni di cui all'articolo 13 della legge 31 dicembre 1962, n. 1860, e successive modifiche e integrazioni. 4-bis. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle pratiche di cui all'articolo 33 ed all'impiego di microscopi elettronici. 4-ter. Il nulla osta all'impiego di categoria A tiene luogo del nulla osta all'impiego di categoria B. 4-quater. Nel nulla osta di cui al comma 1 sono stabilite particolari prescrizioni per quanto attiene ai valori massimi dell'esposizione dei gruppi di riferimento della popolazione interessati alla pratica e, qualora necessario, per gli aspetti connessi alla costruzione, per le prove e per l'esercizio, nonché per l'eventuale disattivazione delle installazioni.

28. Impiego di categoria A. 1. L'impiego di categoria A è soggetto a nulla osta preventivo da parte del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato di concerto con i Ministeri dell'ambiente, dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale, della sanità, sentite l'ANPA e le regioni territorialmente competenti, in relazione all'ubicazione delle installazioni, all'idoneità dei locali, delle strutture di radioprotezione, delle modalità di esercizio, delle attrezzature e della qualificazione del personale addetto, alle conseguenze di eventuali incidenti nonché delle modalità dell'eventuale allontanamento o smaltimento nell'ambiente dei rifiuti radioattivi. Copia del nulla osta è inviata dal Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato ai ministeri concertanti, al presidente della regione o provincia autonoma interessata, al sindaco, al prefetto, al comando provinciale dei vigili del fuoco competenti per territorio e all'ANPA. 2. Nel nulla osta possono essere stabilite particolari prescrizioni per gli aspetti connessi alla costruzione, per le prove e per l'esercizio, nonché per l'eventuale disattivazione degli impianti.

29. Impiego di categoria B. 1. L'impiego di categoria B è soggetto a nulla osta preventivo in relazione all'idoneità dell'ubicazione dei locali, dei mezzi di radioprotezione, delle modalità di esercizio, delle attrezzature e della qualificazione del personale addetto, alle conseguenze di eventuali incidenti nonché delle modalità dell'eventuale allontanamento o smaltimento nell'ambiente di rifiuti radioattivi. 2. Con leggi delle regioni e delle province autonome, da emanarsi entro centottanta giorni dall'entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 27, sono stabilite le autorità competenti per il rilascio del nulla osta di cui al comma 1, per le attività comportanti esposizioni a scopo medico, nonché le modalità per il rilascio medesimo, e sono individuati o costituiti gli organismi tecnici da consultare ai fini del rilascio di detto nulla osta; in tali organismi debbono essere rappresentate le competenze necessarie, inclusa quella del Comando provinciale dei vigili del fuoco. Negli altri casi il nulla osta è rilasciato dal prefetto, sentiti i competenti organismi tecnici, tra i quali il Comando provinciale dei vigili del fuoco. Copia del nulla osta viene inviata all'ANPA. 3. Nel nulla osta, rilasciato sulla base della documentazione tecnica presentata, possono essere stabilite particolari prescrizioni, per le prove e per l'esercizio. 30. Particolari disposizioni per l'allontanamento dei rifiuti. 1. L'allontanamento di materiali destinati ad essere smaltiti, riciclati o riutilizzati in installazioni, ambienti o, comunque, nell'àmbito di attività a cui non si applichino le norme del presente decreto, se non è disciplinato dai rispettivi provvedimenti autorizzativi, è comunque soggetto ad autorizzazione quando detti rifiuti o materiali contengano radionuclidi con tempi di dimezzamento fisico maggiore o uguale a settantacinque giorni o in concentrazione superiore ai valori determinati ai sensi dell'articolo 1. I livelli di allontanamento stabiliti negli atti autorizzatori debbono soddisfare ai criteri fissati con il decreto di cui all'articolo 1, comma 2, che terrà conto anche degli orientamenti tecnici forniti in sede comunitaria. 2. Con leggi delle regioni e delle province autonome sono stabilite le autorità competenti per il rilascio dell'autorizzazione nonché le modalità per il rilascio medesimo, che dovranno prevedere la consultazione degli organismi tecnici territorialmente competenti. 3. Nell'autorizzazione possono essere stabilite particolari prescrizioni, anche in relazione ad altre caratteristiche di pericolosità dei rifiuti, diverse da quelle di natura radiologica. Copia dell'autorizzazione è inviata ai Ministeri di cui al comma 1 e all'ANPA.

31. Attività di raccolta di rifiuti radioattivi per conto di terzi.

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1. L'attività di raccolta, anche con mezzi altrui, di rifiuti radioattivi, provenienti da terzi, allo scopo di conferire i medesimi ad installazioni di trattamento o di deposito oppure di procedere allo smaltimento di essi nell'ambiente ai sensi dell'articolo 30, è soggetta ad autorizzazione del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita l'ANPA. 2. Con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita l'ANPA, sono determinate le disposizioni procedurali per il rilascio dell'autorizzazione di cui al comma 1, nonché eventuali esenzioni da essa. 32. Spedizioni, importazioni ed esportazioni di rifiuti radioattivi. 1. Le spedizioni di rifiuti radioattivi provenienti da Stati membri dell'Unione europea o ad essi destinate, le importazioni e le esportazioni dei rifiuti medesimi da e verso altri Stati, nonché il loro transito sul territorio italiano debbono essere preventivamente autorizzati. 2. L'autorizzazione di cui al comma 1 è rilasciata da: a) l'autorità preposta al rilascio del nulla osta di cui all'articolo 29 o dell'autorizzazione di cui all'articolo 30, sentiti i competenti organismi tecnici, nei casi di spedizioni, di importazioni o di esportazioni da effettuare nell'ambito delle attività soggette ai provvedimenti autorizzativi di cui agli stessi articoli 29 e 30 o nell'ambito di attività esenti da detti provvedimenti; b) il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita l'ANPA, nei casi di spedizioni, di importazioni o di esportazioni da effettuare nell'ambito degli altri provvedimenti autorizzativi di cui al presente decreto, nonché nei casi di transito sul territorio italiano. 3. Nei casi di spedizione verso Stati membri dell'Unione europea e nei casi di importazione o di esportazione da o verso altri Stati, l'autorizzazione è soggetta all'approvazione da parte delle autorità competenti degli Stati membri destinatari della spedizione o interessati dal transito sul loro territorio. L'approvazione è richiesta dall'autorità di cui al comma 2, competente al rilascio dell'autorizzazione, e si intende concessa in caso di mancata risposta entro due mesi dal ricevimento della richiesta stessa, salvo che lo Stato membro interessato non richieda una proroga, sino ad un mese, di tale termine o non abbia comunicato alla Commissione europea la propria mancata accettazione di tale procedura di approvazione automatica, ai sensi dell'articolo 17 della direttiva 92/3/EURATOM. 4. Con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con i Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale, della sanità e dell'ambiente, sentita l'ANPA, sono determinati i criteri, le modalità, nonché le disposizioni procedurali per il rilascio dell'autorizzazione di cui al presente articolo. Tale decreto può stabilire particolari esenzioni dagli obblighi e particolari divieti per l'importazione e l'esportazione di rifiuti, anche in relazione ai paesi di origine o di destinazione. 33. Nulla osta per installazioni di deposito o di smaltimento di rifiuti radioattivi. 1. Ferme restando le disposizioni vigenti in materia di dichiarazione di compatibilità ambientale, la costruzione, o comunque la costituzione, e l'esercizio delle installazioni per il deposito o lo smaltimento nell'ambiente, nonché di quelle per il trattamento e successivo deposito o smaltimento nell'ambiente, di rifiuti radioattivi provenienti da altre installazioni, anche proprie, sono soggetti a nulla osta preventivo del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con i Ministeri dell'ambiente, dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentite la regione o la provincia autonoma interessata e l'ANPA. 2. Con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, d'intesa con i Ministri dell'ambiente e della sanità e di concerto con i Ministri dell'interno e del lavoro e della previdenza sociale, sentita l'ANPA, sono stabiliti i livelli di radioattività o di concentrazione ed i tipi di rifiuti per cui si applicano le disposizioni del presente articolo, nonché le disposizioni procedurali per il rilascio del nulla osta, in relazione alle diverse tipologie di installazione. Nel decreto può essere prevista, in relazione a tali tipologie, la possibilità di articolare in fasi distinte, compresa quella di chiusura, il rilascio del nulla osta nonché di stabilire particolari prescrizioni per ogni fase, ivi incluse le prove e l'esercizio. 34. Obblighi di registrazione. 1. Gli esercenti le attività disciplinate negli articoli 31 e 33 devono registrare i tipi, le quantità di radioattività, le concentrazioni, le caratteristiche fisico-chimiche dei rifiuti radioattivi, nonché tutti i dati idonei ad identificare i rifiuti medesimi ed i soggetti da cui provengono. 2. I soggetti di cui al comma 1 sono tenuti ad inviare all'ANPA e alle regioni o province autonome territorialmente competenti un riepilogo delle quantità dei rifiuti raccolti e di quelli depositati, con l'indicazione degli altri dati di cui al predetto comma 1. 3. Con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita l'ANPA, sono stabilite le modalità di registrazione ed i termini della relativa conservazione, nonché le modalità ed i termini per l'invio del riepilogo. 35. Sospensione e revoca dei provvedimenti autorizzativi. 1. Fatti salvi i provvedimenti cautelari ed urgenti a tutela della salute pubblica, dei lavoratori o dell'ambiente, le amministrazioni titolari del potere di emanare i provvedimenti autorizzativi di cui al presente capo, quando siano riscontrate violazioni gravi o reiterate delle disposizioni del presente decreto o delle prescrizioni autorizzatorie, possono disporre la sospensione dell'attività per un periodo di tempo non superiore a sei mesi ovvero, nei casi di particolare gravità, possono disporre la revoca del provvedimento autorizzativo.

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2. Ai fini della sospensione o della revoca di cui al comma precedente, le amministrazioni incaricate della vigilanza comunicano alle amministrazioni titolari del potere autorizzativo le violazioni gravi o ripetute risultanti dalla vigilanza stessa. 3. Le amministrazioni di cui al comma 1, prima di disporre i provvedimenti di sospensione o di revoca, contestano all'esercente le violazioni rilevate e gli assegnano un termine di sessanta giorni per produrre le proprie giustificazioni. 4. In ordine all'adozione dei predetti provvedimenti di sospensione o di revoca, per quanto attiene alla fondatezza delle giustificazioni prodotte, deve essere acquisito il parere degli organi tecnici intervenuti in fase di emanazione dei provvedimenti autorizzativi. 5. I provvedimenti di sospensione o di revoca non possono essere adottati decorsi sei mesi dalla presentazione delle giustificazioni da parte dell'esercente.

Capo VII – Impianti

36. Documentazione di sicurezza nucleare e di protezione sanitaria. 1. Il richiedente l'autorizzazione di cui all'articolo 6 e seguenti della legge 31 dicembre 1962, n. 1860, per gli impianti di cui all'articolo 7 lettere a), c), d), e), f), ai fini dell'accertamento delle condizioni di sicurezza nucleare e di protezione sanitaria, deve trasmettere, oltre che al Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, all'ANPA i seguenti documenti: a) progetto di massima dell'impianto corredato dalla pianta topografica, dai piani esplicativi, dai disegni e descrizioni dell'impianto e da uno studio preliminare di smaltimento dei rifiuti radioattivi; b) rapporto preliminare di sicurezza, con l'indicazione delle previste misure di sicurezza e protezione. 2. L'autorizzazione di cui all'articolo 6 della legge 31 dicembre 1962 n. 1860, è rilasciata previo l'espletamento della procedura di cui al presente capo. 37. Impianti non soggetti ad autorizzazione ai sensi dell'articolo 6 della legge 31 dicembre 1962, n. 1860. 1. Gli impianti nucleari comunque destinati alla produzione di energia elettrica compresi anche quelli non soggetti all'autorizzazione di cui all'articolo 6 e seguenti della legge 31 dicembre 1962, n. 1860, possono essere costruiti solo a seguito del nulla osta alla costruzione, sotto il profilo della sicurezza nucleare e della protezione sanitaria. 2. Il nulla osta è rilasciato dal Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita l'ANPA, su domanda dell'interessato, corredata dei documenti di cui al precedente articolo, secondo la procedura prevista dal presente capo. 3. Le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano anche agli impianti di qualsiasi tipo costruiti ed esercitati da amministrazioni dello Stato. 38. Istruttoria tecnica. 1. Sulle istanze di cui ai precedenti articoli 36 e 37 l'ANPA effettua un'istruttoria tecnica e redige una relazione tecnica sul progetto di massima, nella quale deve essere espresso l'avviso sulla ubicazione dell'impianto, sulle caratteristiche di esso risultanti dal progetto di massima, e debbono essere indicati inoltre tutti gli elementi atti a consentire una valutazione preliminare complessiva sulle caratteristiche di sicurezza nucleare e di protezione sanitaria dell'impianto e sul suo esercizio. 2. L'ANPA, oltre alla documentazione rimessagli ai sensi degli articoli 36 e 37 può richiedere agli interessati ogni ulteriore documentazione che ritiene necessaria alla istruttoria. 3. La relazione tecnica elaborata dall'ANPA deve contenere un esame critico del rapporto preliminare di sicurezza e dello studio preliminare di smaltimento dei rifiuti radioattivi. 39. Consultazione con le Amministrazioni interessate. 1. Il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato trasmette copia della relazione tecnica dell'ANPA ai Ministeri dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale, della sanità ed agli altri ministeri interessati. 2. Il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato e gli altri ministeri interessati possono richiedere all'ANPA ulteriori informazioni ed i dati necessari per una completa valutazione della ubicazione dell'impianto e del progetto di massima. 3. Tutti i ministeri interessati trasmettono all'ANPA, non oltre sessanta giorni dalla data di ricevimento della relazione tecnica, i rispettivi pareri relativi al progetto di massima ed alla ubicazione dell'impianto.  40. Parere dell'ANPA. 1. La Commissione tecnica di cui all'articolo 9, tenuto conto delle eventuali osservazioni dei vari ministeri, esprime un parere tecnico finale, specificando le eventuali prescrizioni da stabilire per l'esecuzione del progetto. 2. L'ANPA trasmette al Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato il suo parere elaborato sulla base di quello della Commissione tecnica con le eventuali osservazioni delle varie amministrazioni. 41. Progetti particolareggiati di costruzione. 1. Il titolare della autorizzazione o del nulla osta di cui ai precedenti articoli deve trasmettere all'ANPA i progetti particolareggiati di quelle parti costitutive dell'impianto che sulla base della documentazione di cui agli articoli 36 e 37 l'ANPA, sentita la Commissione tecnica, ritiene rilevanti ai fini della sicurezza nucleare e della protezione sanitaria. I progetti relativi a dette parti, completati da relazioni che ne illustrano o dimostrano la rispondenza ai fini della sicurezza nucleare e della protezione sanitaria, devono essere approvati dall'ANPA sentita la Commissione tecnica, prima della costruzione e messa in opera.

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2. L'esecuzione dei progetti relativi allo smaltimento dei rifiuti radioattivi non può essere approvata dall'ANPA nei casi previsti dall'articolo 37 del Trattato istitutivo della Comunità europea della energia atomica se non ad avvenuta comunicazione da parte dell'Agenzia stessa alla Commissione della predetta Comunità dei dati generali del progetto in questione. 3. La costruzione viene effettuata sotto il controllo tecnico dell'ANPA che vigila sulla rispondenza della costruzione ai progetti approvati dall'ANPA stessa. 42. Collaudi. 1. Il collaudo degli impianti di cui al secondo comma dell'articolo 7 della legge 31 dicembre 1962, n. 1860, è eseguito con le modalità di cui agli articoli 43, 44, e 45, per i tipi di impianti definiti all'articolo 7 lettere a), c), d), e), f). 2. Con le norme di esecuzione del presente decreto sono stabilite le modalità per l'esecuzione delle prove di collaudo per altri impianti nucleari. Dette norme possono prevedere procedure semplificate rispetto a quelle previste dal presente capo. 43. Prove non nucleari. 1. Ultimata la costruzione delle parti dell'impianto, di cui all'articolo 41, o di qualunque altra parte ritenuta dall'ANPA rilevante ai fini della sicurezza nucleare e della protezione sanitaria, il titolare dell'autorizzazione o del nulla osta è tenuto ad eseguirne mediante prove non nucleari la verifica. Copia dei verbali delle prove è trasmessa dal titolare all'ANPA. 2. Il titolare dell'autorizzazione o del nulla osta è altresì tenuto a procedere all'esecuzione delle prove combinate dell'impianto antecedenti al caricamento del combustibile e, ove trattisi di impianti di trattamento di combustibili irradiati, antecedenti all'immissione di combustibile irradiato, previa approvazione da parte dell'ANPA di un programma delle prove stesse. Per le prove dichiarate dalla stessa ANPA rilevanti ai fini della sicurezza, le specifiche tecniche di ogni singola prova devono essere approvate prima della loro esecuzione. L'ANPA ha facoltà di introdurre, nelle specifiche tecniche delle prove, opportune modifiche e prescrizioni aggiuntive attinenti alla sicurezza. Delle modalità di esecuzione delle prove è redatto apposito verbale. Copia del verbale delle prove è trasmessa dal titolare dell'autorizzazione o del nulla osta all'ANPA. 3. L'ANPA ha facoltà di far assistere alle prove di cui ai commi 1 e 2 propri ispettori. In tal caso il verbale è redatto in contraddittorio. 4. L'esecuzione delle prove avviene sotto la responsabilità del titolare dell'autorizzazione o del nulla osta. 5. A compimento di tutte le prove antecedenti al caricamento del combustibile e, ove si tratti di impianti di trattamento di combustibili irradiati, di quelle antecedenti l'immissione di combustibile irradiato, l'ANPA rilascia al titolare della autorizzazione o del nulla osta apposita certificazione del loro esito attestante che l'impianto dal punto di vista della sicurezza nucleare e della protezione sanitaria è idoneo al caricamento del combustibile o, per gli impianti di trattamento di combustibile irradiato, alla immissione di detto combustibile. 44. Prove nucleari. 1. Il titolare dell'autorizzazione o del nulla osta, prima di procedere alla esecuzione di prove ed operazioni con combustibile nucleare ivi comprese quelle di caricamento del combustibile stesso, ovvero qualora si tratti di impianti di trattamento di combustibili irradiati, prima di procedere all'esecuzione di prove con combustibile irradiato, ivi compresa quella della sua immissione nell'impianto stesso, deve ottenere l'approvazione del programma generale di dette prove da parte dell'ANPA ed il rilascio, da parte dello stesso, di un permesso per l'esecuzione di ciascuna di esse. 2. Al fine di ottenere l'approvazione di cui al comma 1, il titolare dell'autorizzazione o del nulla osta è tenuto a presentare all'ANPA la seguente documentazione: a) rapporto finale di sicurezza; b) regolamento di esercizio; c) manuale di operazione; d) programma generale di prove con combustibile nucleare o con combustibile irradiato; e) certificato di esito favorevole delle prove precedenti al caricamento del combustibile o alla immissione di combustibile irradiato comprese quelle relative a contenitori in pressione destinati a contenere comunque sostanze radioattive; f) organigramma del personale preposto ed addetto all'esercizio tecnico dell'impianto, che svolga funzioni rilevanti agli effetti della sicurezza nucleare o della protezione sanitaria e relative patenti di idoneità; g) proposte di prescrizioni tecniche. 3. Il titolare dell'autorizzazione o del nulla osta deve presentare, a richiesta dell'ANPA, ogni altra documentazione ritenuta necessaria, concernente la sicurezza e la protezione sanitaria dell'impianto. 4. L'ANPA, esaminata la documentazione esibita, sentita la Commissione tecnica, provvede alla approvazione del programma generale di prove nucleari. L'approvazione da parte dell'ANPA del programma generale di prove nucleari è subordinata all'approvazione, da parte del prefetto, del piano di emergenza esterna, con le modalità previste dal capo X. 5. Al fine di ottenere il permesso per l'esecuzione dei singoli gruppi di prove nucleari, il titolare dell'autorizzazione o del nulla osta è tenuto a presentare all'ANPA le specifiche dettagliate di ciascuna di esse. Le specifiche dettagliate devono contenere gli elementi atti ad accertare che sono state adottate tutte le misure per garantire alle prove la maggiore sicurezza e l'efficacia in relazione alle particolari caratteristiche dell'impianto soggette al controllo.

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6. L'ANPA rilascia il permesso per l'esecuzione dei singoli gruppi di prove nucleari condizionandolo alla osservanza delle prescrizioni tecniche con la possibilità di indicare a quali di esse si possa derogare con la singola prova e quali ulteriori prescrizioni debbono invece essere eventualmente adottate. L'ANPA ha anche facoltà di chiedere che siano studiate ed eseguite prove particolari rilevanti ai fini della sicurezza nucleare e protezione sanitaria. 7. L'ANPA può altresì concedere al titolare dell'autorizzazione o del nulla osta l'approvazione di singoli gruppi di prove nucleari anche prima che sia intervenuta l'approvazione dell'intero programma generale; in tal caso il titolare dell'autorizzazione o del nulla osta non può eseguire i detti singoli gruppi di prove fino a che non abbia ottenuto, da parte dell'ANPA, l'approvazione del programma generale delle prove nucleari stesse. 8. Le prove nucleari sono eseguite dal titolare dell'autorizzazione o del nulla osta, che ne è responsabile a tutti gli effetti. Lo stesso è responsabile della esattezza dei calcoli dei progetti e delle dimostrazioni di sicurezza. 45. Verbali, relazioni e certificazioni delle prove nucleari. 1. Per ogni prova nucleare il titolare dell'autorizzazione o del nulla osta è tenuto a misurare e registrare i dati come previsto dalle specifiche approvate con la procedura dell'articolo precedente; copia di tali dati, inclusa nel relativo verbale, è trasmessa all'ANPA al termine della prova stessa. 2. Le modalità con le quali ciascuna prova nucleare è stata eseguita ed il suo esito devono constare da apposita relazione predisposta dal titolare dell'autorizzazione o del nulla osta. Copia della relazione deve essere trasmessa dallo stesso all'ANPA. 3. L'ANPA ha comunque la facoltà di fare assistere propri ispettori all'esecuzione delle prove nucleari ed in tal caso il verbale è redatto in contraddittorio. L'ANPA rilascia al titolare dell'autorizzazione o del nulla osta apposite certificazioni dell'esito dei singoli gruppi di prove nucleari. 4. Nei casi in cui le modalità di esecuzione di una prova nucleare non rispondano a quelle previste dalle specifiche tecniche e alle prescrizioni aggiuntive di cui al quinto e sesto comma dell'articolo precedente, l'ispettore dell'ANPA presente sul posto ha facoltà di sospendere lo svolgimento della prova stessa, previa contestazione ed invito al titolare ad adeguare le modalità di esecuzione a quelle previste dalle specifiche approvate. 46. Regolamento di esercizio. 1. Il regolamento di esercizio, necessario per gli impianti di cui agli articoli 36 e 37, approvato dall'ANPA, sentita la Commissione tecnica. 47. Manuale di istruzioni per le situazioni eccezionali. 1. Il manuale di operazione di cui all'articolo 44, comma 2, lettera c), deve contenere in allegato un manuale di istruzioni per le situazioni eccezionali, che possono insorgere nell'impianto e che determinano la previsione o il verificarsi di una emergenza nucleare. 2. Il manuale di operazione deve altresì contenere la identificazione del personale addetto all'impianto, che, in caso di insorgenza di situazioni eccezionali, deve essere adibito a mansioni di pronto intervento. 48. Personale tenuto a non allontanarsi in qualsiasi evenienza. 1. Dal momento in cui il combustibile nucleare è presente nell'impianto, deve essere assicurata in ogni caso, ai fini della sicurezza nucleare e della protezione sanitaria, la permanenza del personale indispensabile che non può abbandonare il posto di lavoro senza preavviso e senza avvenuta sostituzione. 2. Il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, con proprio decreto, d'intesa con i Ministri per il lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita l'ANPA, stabilisce per ciascun impianto il numero e la qualifica degli addetti soggetti all'obbligo di cui al comma 1. 3. In ottemperanza al decreto del Ministro il titolare dell'autorizzazione o del nulla osta, con ordine di servizio affisso nel luogo di lavoro, stabilisce i turni nominativi del personale indispensabile, ai fini della sicurezza nucleare e della protezione sanitaria, per le varie condizioni di funzionamento. 4. Copia dell'ordine di servizio e delle eventuali variazioni deve essere comunicata al prefetto, all'Ispettorato del lavoro competente per territorio, agli organi del servizio sanitario nazionale competenti per territorio ed all'ANPA. 49. Collegio dei delegati alla sicurezza dell'impianto. 1. Per gli impianti di cui all'articolo 7 lettere a), b), c), d), e), f), deve essere costituito un Collegio dei delegati alla sicurezza dell'impianto. 2. Il titolare dell'autorizzazione o del nulla osta è tenuto a sottoporre all'approvazione dell'ANPA la composizione di detto Collegio. 3. Il Collegio è composto da almeno quattro membri prescelti fra i tecnici che sovraintendono a servizi essenziali per il funzionamento dell'impianto; di esso deve far parte l'esperto qualificato di cui all'articolo 77. Il Collegio ha funzioni consultive, con i seguenti compiti: a) esprimere parere preventivo su ogni progetto di modifica dell'impianto o di sue parti; b) esprimere parere preventivo su ogni proposta di modifica alle procedure di esercizio dell'impianto; c) esprimere parere preventivo su programmi di esperienze, prove ed operazioni di carattere straordinario da eseguire sull'impianto; d) rivedere periodicamente lo svolgimento dell'esercizio dell'impianto, esprimendo il proprio parere unitamente ad eventuali raccomandazioni relative alla sicurezza e protezione; e) elaborare il piano di emergenza interna dell'impianto e provvedere a sue eventuali modifiche successive, d'intesa col comando provinciale dei vigili del fuoco;

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f) assistere il direttore responsabile di turno o il capo impianto nella adozione delle misure che si rendono necessarie per fronteggiare qualsiasi evento o anormalità che possa far temere l'insorgere di un pericolo per la pubblica incolumità o di danno alle cose. 4. Nel caso previsto dalla lettera f) assiste alle riunioni del Collegio di sicurezza dell'impianto un esperto nucleare designato dall'ANPA; negli altri casi tale esperto ha la facoltà di intervenire alle riunioni. Alle riunioni del Collegio di sicurezza dell'impianto possono inoltre partecipare funzionari rappresentanti delle amministrazioni interessate. 5. Tra i componenti del Collegio di sicurezza devono essere designati due tecnici incaricati di esplicare le funzioni di collegamento con le autorità competenti per gli adempimenti relativi allo stato di emergenza nucleare di cui al capo X. 50. Licenza di esercizio. 1. La licenza di esercizio è accordata per fasi successive di esercizio, correlative all'esito positivo di successivi gruppi di prove nucleari e determina limiti e condizioni che l'esercente è tenuto ad osservare. 2. L'istanza intesa ad ottenere la licenza di esercizio di ciascuna fase è presentata al Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato. Ogni istanza deve essere corredata dei certificati di esito positivo del gruppo di prove nucleari relative e della dimostrazione che le caratteristiche dell'impianto consentono di prevedere una fase di esercizio sicuro entro determinati limiti e condizioni. Copia dell'istanza, corredata della copia della detta documentazione, deve essere contemporaneamente presentata all'ANPA. 3. L'ANPA, esaminata l'istanza e la documentazione, sentita, per gli impianti di cui agli articoli 36 e 37, la Commissione tecnica, trasmette al Ministero dell'industria, commercio e dell'artigianato il proprio parere, prescrivendo eventualmente l'osservanza di determinati limiti e condizioni per l'esercizio. 4. Il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato rilascia la licenza di esercizio, condizionandola all'osservanza delle eventuali prescrizioni definite dall'ANPA che vigila sulla loro osservanza. 5. L'esercente deve tenere aggiornati in tutte le fasi, gli appositi registri di esercizio. L'esercente è tenuto inoltre ad osservare le disposizioni di cui agli articoli 46, 47, 48, 49 e gli obblighi di cui al Capo X. 51. Reattori di ricerca. 1. Per gli impianti con reattore di ricerca di potenza non superiore a 100 chilowatt termici non si applica la procedura prevista dagli articoli 38 e 39. 2. Il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, prima del rilascio della autorizzazione o del nulla osta, richiede il parere dell'ANPA, che lo rilascia sentita la Commissione tecnica. 3. Per i reattori di ricerca di potenza maggiore si applicano integralmente le disposizioni previste dal presente capo. 52. Depositi e complessi nucleari sottocritici. 1. L'esercizio di un deposito di materie fissili speciali o di combustibili nucleari di cui all'articolo 7 lettera g) e quello dei complessi nucleari sottocritici di cui all'articolo 7 lettera b), sono subordinati all'autorizzazione del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di intesa con i Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentito il parere dell'ANPA che lo rilascia sentita la Commissione tecnica se si tratta di combustibili nucleari irradiati. Nel decreto di autorizzazione possono essere stabilite speciali prescrizioni. 53. Depositi temporanei ed occasionali. 1. Il deposito temporaneo ed occasionale di materie fissili speciali o di combustibili nucleari non irradiati, purché conservati negli imballaggi di trasporto e nelle quantità autorizzate per le singole spedizioni, può essere costituito per non oltre trenta giorni con il nulla osta del prefetto che lo rilascia secondo le procedure del decreto di cui all'articolo 27, ferme tutte le disposizioni di cui alla legge 31 dicembre 1962, n. 1860, sull'obbligo della garanzia finanziaria per la responsabilità civile di cui agli articoli 19, 20 e 21 della stessa legge. Per i depositi di zona portuale e aeroportuale il nulla osta è rilasciato dal comando di porto, sentito il dirigente dell'ufficio di sanità marittima, o dal direttore della circoscrizione aeroportuale. 2. Del deposito temporaneo ed occasionale deve essere data preventiva comunicazione all'ANPA ed al comando provinciale dei vigili del fuoco e nei casi di deposito in zona portuale o aeroportuale, anche al prefetto. 3. La sosta tecnica in corso di trasporto effettuata per non oltre ventiquattro ore non è soggetta alle disposizioni del presente articolo. 54. Sorveglianza locale della radioattività ambientale. 1. Il titolare dell'autorizzazione o del nulla osta e l'esercente sono tenuti a provvedere alle attrezzature per la sorveglianza permanente del grado di radioattività dell'atmosfera, delle acque, del suolo e degli alimenti nelle zone sorvegliate e nelle zone limitrofe ed alle relative determinazioni. 55. Autorizzazione per la disattivazione degli impianti nucleari. 1. L'esecuzione delle operazioni connesse alla disattivazione di un impianto nucleare è soggetta ad autorizzazione preventiva da parte del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentiti i Ministeri dell'ambiente, dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, la regione o provincia autonoma interessata e l'ANPA, su istanza del titolare della licenza. Detta autorizzazione è rilasciata, ove necessario, per singole fasi intermedie rispetto allo stato ultimo previsto. 2. La suddivisione in fasi intermedie deve essere giustificata nell'ambito di un piano globale di disattivazione, da allegare all'istanza di autorizzazione relativa alla prima fase. 3. Per ciascuna fase, copia dell'istanza di autorizzazione deve essere inviata alle amministrazioni di cui al comma 1 e all'ANPA, unitamente al piano delle operazioni da eseguire, a una descrizione dello stato dell'impianto, comprendente

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anche l'inventario delle materie radioattive presenti, all'indicazione dello stato dell'impianto stesso al termine della fase, alle analisi di sicurezza concernenti le operazioni da eseguire e lo stato dell'impianto a fine operazioni, all'indicazione della destinazione dei materiali radioattivi di risulta, ad una stima degli effetti sull'ambiente esterno ed a un programma di radioprotezione anche per l'eventualità di un'emergenza. Nel piano il titolare della licenza di esercizio propone altresì i momenti a partire dai quali vengono meno i presupposti tecnici per l'osservanza delle singole disposizioni del presente decreto e delle prescrizioni attinenti all'esercizio dell'impianto. 56. Procedura per il rilascio dell'autorizzazione alla disattivazione - Svolgimento delle operazioni. 1. Le Amministrazioni di cui all'articolo 55 trasmettono all'ANPA, non oltre sessanta giorni dal ricevimento della documentazione prevista allo stesso articolo 55, le proprie eventuali osservazioni. 2. L'ANPA, esaminata l'istanza di autorizzazione e la relativa documentazione e tenendo conto delle osservazioni delle amministrazioni di cui al comma 1, predispone e trasmette alle stesse amministrazioni una relazione con le proprie valutazioni e con l'indicazione degli eventuali limiti e condizioni da osservare. 3. Le amministrazioni di cui al comma 2, non oltre trenta giorni dal ricevimento della relazione trasmettono le loro osservazioni finali all'ANPA la quale, sentita la Commissione tecnica, predispone e trasmette al Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato il proprio parere con l'indicazione delle eventuali prescrizioni. 4. Il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, rilascia l'autorizzazione di cui all'articolo 55, condizionandola all'osservanza delle eventuali prescrizioni definite dall'ANPA. 5. L'esecuzione delle operazioni avviene sotto la vigilanza dell'ANPA che, in relazione al loro avanzamento e sulla base di specifica istanza del titolare dell'autorizzazione, verifica l'effettivo venir meno dei presupposti tecnici per l'osservanza delle singole disposizioni del presente decreto e delle prescrizioni emanate. 57. Rapporto conclusivo. 1. Il titolare dell'autorizzazione, al termine delle operazioni di cui all'articolo 56, trasmette all'ANPA uno o più rapporti atti a documentare le operazioni eseguite e lo stato dell'impianto e del sito. 2. Il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentite le amministrazioni interessate e l'ANPA, emette, con proprio decreto, le eventuali prescrizioni connesse con lo stato dell'impianto e del sito al termine delle operazioni. 58. Inosservanza delle prescrizioni; sospensioni; revoche. 1. Il titolare dei provvedimenti autorizzativi di cui al presente capo è tenuto alla esecuzione dei progetti come approvati dall'ANPA. Egli deve altresì osservare le prescrizioni impartite con detti provvedimenti. 2. Nel caso di inosservanza delle prescrizioni contenute negli atti di autorizzazione, nel nulla osta o nella licenza di esercizio, oppure di difformità della esecuzione dai progetti approvati dall'ANPA, il Ministro dell'industria del commercio e dell'artigianato contesta all'interessato l'inosservanza. Quest'ultimo può fornire le proprie giustificazioni entro il termine di trenta giorni. Decorso tale termine, il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, con proprio decreto, sentita l'ANPA, può imporre al titolare delle autorizzazioni, del nulla osta o all'esercente di adempiere, in un termine stabilito, alle modifiche delle opere di esecuzione, ovvero alla osservanza delle prescrizioni. 3. Nel caso di inottemperanza agli adempimenti suddetti da parte del titolare delle autorizzazioni, del nulla osta o da parte dell'esercente, il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, qualora ricorrano motivi di urgenza ai fini della sicurezza nucleare o della protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione, può sospendere con proprio decreto, per una durata di tempo non superiore a sei mesi, l'autorizzazione, il nulla osta o la licenza di esercizio. 4. Nei casi di constatata grave o ripetuta inottemperanza agli adempimenti di cui al comma 2, il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato revoca con proprio decreto l'autorizzazione, il nulla osta o la licenza di esercizio. 5. Prima dell'adozione dei provvedimenti di cui ai commi 3 e 4 il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato deve sentire la Commissione tecnica, di cui all'articolo 9, per gli impianti di cui agli articoli 36 e 37, e nei casi di revoca deve procedere di intesa con i Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale, della sanità e le altre amministrazioni interessate, sentita l'ANPA. 6. Nei provvedimenti di sospensione o di revoca devono essere indicate, ove necessario, le disposizioni per assicurare la sicurezza nucleare e la protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione.

Capo VIII - Protezione sanitaria dei lavoratori

59. Attività disciplinate - Vigilanza. 1. Le norme del presente capo si applicano alle attività di cui all'articolo 1 alle quali siano addetti lavoratori subordinati o ad essi equiparati ai sensi dell'articolo 60, ivi comprese le attività esercitate dallo Stato, dagli enti pubblici, territoriali e non territoriali, dagli organi del servizio sanitario nazionale, dagli istituti di istruzione, dalle università e dai laboratori di ricerca. 2. La vigilanza per la tutela dai rischi da radiazioni dei lavoratori addetti alle attività di cui al comma 1 è affidata, oltre che all'ANPA, al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, che la esercita a mezzo dell'Ispettorato del lavoro e, nel caso di macchine radiogene, agli organi del servizio sanitario nazionale competenti per territorio. 3. È fatta salva l'apposita disciplina prevista per le attività di cui al capo IV. 4. Il rispetto delle norme del presente capo non esaurisce gli obblighi cui sono tenuti i datori di lavoro, i dirigenti, i preposti, i lavoratori e i medici competenti, ai sensi del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, per il quale restano altresì ferme le attribuzioni in ordine alle funzioni di vigilanza stabilite ai sensi dello stesso decreto. 60. Definizione di lavoratore subordinato.

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1. Agli effetti delle disposizioni di cui all'articolo 59 per lavoratore subordinato si intende ogni persona che presti il proprio lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari, con rapporti di lavoro subordinato anche speciale. Sono equiparati i soci lavoratori di cooperative o di società, anche di fatto, e gli utenti dei servizi di orientamento o di formazione scolastica, universitaria e professionale avviati presso datori di lavoro per agevolare o per perfezionare le loro scelte professionali. Sono altresì equiparati gli allievi degli istituti di istruzione e universitari, e i partecipanti ai corsi di formazione professionale, nonché coloro i quali, a qualsiasi titolo, prestino presso terzi la propria opera professionale. 2. È vietato adibire alle attività disciplinate dal presente decreto i lavoratori di cui alla legge 18 dicembre 1973, n. 877. 61. Obblighi dei datori di lavoro, dirigenti e preposti. 1. I datori di lavoro ed i dirigenti che rispettivamente eserciscono e dirigono le attività disciplinate dal presente decreto ed i preposti che vi sovraintendono devono, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, attuare le cautele di protezione e di sicurezza previste dal presente capo e dai provvedimenti emanati in applicazione di esso. 2. I datori di lavoro, prima dell'inizio delle attività di cui al comma 1, debbono acquisire da un esperto qualificato di cui all'articolo 77 una relazione scritta contenente le valutazioni e le indicazioni di radioprotezione inerenti alle attività stesse. A tal fine i datori di lavoro forniscono all'esperto qualificato i dati, gli elementi e le informazioni necessarie. La relazione costituisce il documento di cui all'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, per gli aspetti concernenti i rischi da radiazioni ionizzanti. 3. Sulla base delle indicazioni della relazione di cui al comma 2, e successivamente di quelle di cui all'articolo 80, i datori di lavoro, i dirigenti e i preposti devono in particolare: a) provvedere affinché gli ambienti di lavoro in cui sussista un rischio da radiazioni vengano, nel rispetto delle disposizioni contenute nel decreto di cui all'articolo 82, individuati, delimitati, segnalati, classificati in zone e che l'accesso ad essi sia adeguatamente regolamentato; b) provvedere affinché i lavoratori interessati siano classificati ai fini della radioprotezione nel rispetto delle disposizioni contenute nel decreto di cui all'articolo 82; c) predisporre norme interne di protezione e sicurezza adeguate al rischio di radiazioni e curare che copia di dette norme sia consultabile nei luoghi frequentati dai lavoratori, ed in particolare nelle zone controllate; d) fornire ai lavoratori, ove necessari, i mezzi di sorveglianza dosimetrica e di protezione, in relazione ai rischi cui sono esposti; e) rendere edotti i lavoratori, nell'ambito di un programma di formazione finalizzato alla radioprotezione, in relazione alle mansioni cui essi sono addetti, dei rischi specifici cui sono esposti, delle norme di protezione sanitaria, delle conseguenze derivanti dalla mancata osservanza delle prescrizioni mediche, delle modalità di esecuzione del lavoro e delle norme interne di cui alla lettera c); f) provvedere affinché i singoli lavoratori osservino le norme interne di cui alla lettera c), usino i mezzi di cui alla lettera d) ed osservino le modalità di esecuzione del lavoro di cui alla lettera e); g) provvedere affinché siano apposte segnalazioni che indichino il tipo di zona, la natura delle sorgenti ed i relativi tipi di rischio e siano indicate, mediante appositi contrassegni, le sorgenti di radiazioni ionizzanti, fatta eccezione per quelle non sigillate in corso di manipolazione; h) fornire al lavoratore esposto i risultati delle valutazioni di dose effettuate dall'esperto qualificato, che lo riguardino direttamente, nonché assicurare l'accesso alla documentazione di sorveglianza fisica di cui all'articolo 81 concernente il lavoratore stesso. 4. Per gli obblighi previsti nel comma 3 ad esclusione di quelli previsti alla lettera f), nei casi in cui occorre assicurare la sorveglianza fisica ai sensi dell'articolo 75, i datori di lavoro, dirigenti e preposti di cui al comma 1 devono avvalersi degli esperti qualificati di cui all'articolo 77 e, per gli aspetti medici, dei medici di cui all'articolo 83; nei casi in cui non occorre assicurare la sorveglianza fisica, essi sono tenuti comunque ad adempiere alle disposizioni di cui alle lettere c), e), f), nonché a fornire i mezzi di protezione eventualmente necessari di cui alla lettera d). 4-bis. I soggetti di cui al comma 1 comunicano tempestivamente all'esperto qualificato e al medico addetto alla sorveglianza medica la cessazione del rapporto di lavoro con il lavoratore esposto. 5. Tutti gli oneri economici relativi alla sorveglianza fisica e medica della radioprotezione sono a carico del datore di lavoro.

62. Obblighi delle imprese esterne. 1. Il datore di lavoro di impresa esterna di cui all'articolo 6, lettera q) assicura, direttamente o mediante accordi contrattuali con i terzi, la tutela dei propri lavoratori dai rischi da radiazioni ionizzanti in conformità alle disposizioni del presente capo ed a quelle emanate in applicazione di esso. 2. In particolare il datore di lavoro dell'impresa esterna è tenuto a: a) assicurare per quanto di propria competenza il rispetto dei princìpi generali di cui all'articolo 2, lettere a) e b) e dei limiti di esposizione di cui all'articolo 96; b) rendere edotti i lavoratori, nell'ambito di un programma di formazione finalizzato alla radioprotezione, delle norme di protezione sanitaria e delle altre informazioni di cui all'articolo 61, lettera e), fatto salvo l'obbligo dei terzi di informazione specifica sui rischi di cui all'articolo 63;

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c) curare che vengano effettuate le valutazioni periodiche della dose individuale e che le relative registrazioni siano riportate nelle schede personali di cui all'articolo 81; d) curare che i lavoratori vengano sottoposti alla sorveglianza medica e che i relativi giudizi di idoneità siano riportati nel documento sanitario personale di cui all'articolo 90; e) istituire per ogni lavoratore e consegnare al medesimo, prima di ogni prestazione, il libretto personale di radioprotezione di cui al comma 3 ed assicurarsi della sua compilazione. 3. Con il decreto di cui all'articolo 81, comma 6, sono stabilite le modalità di istituzione e di tenuta del libretto personale di radioprotezione di cui al comma 2, lettera e); il libretto deve in particolare contenere i dati relativi alla valutazione delle dosi inerenti all'attività svolta, nonché i giudizi medici di idoneità e le relative limitazioni di validità. 4. L'attività di datore di lavoro delle imprese esterne è soggetta a notifica al Ministero del lavoro e della previdenza sociale o ad autorizzazione rilasciata dallo stesso Ministero, in relazione all'entità dei rischi cui i lavoratori possono essere esposti, nei casi e con le modalità stabilite con decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministero della sanità, sentita l'ANPA. 5. Gli obblighi di notifica o di autorizzazione non si applicano alle amministrazioni che esercitano la vigilanza ai sensi del presente decreto.

63. Obblighi degli esercenti zone controllate che si avvalgono di lavoratori esterni. 1. Gli esercenti una o più zone controllate, i quali si avvalgono di lavoratori esterni, sono tenuti ad assicurarne la tutela dai rischi da radiazioni ionizzanti, direttamente o mediante accordi contrattuali con l'impresa esterna da cui detti lavoratori dipendono oppure con il lavoratore stesso, se autonomo, e rispondono degli aspetti della tutela che siano direttamente collegati con il tipo di zona controllata e di prestazione richiesta ai lavoratori esterni. 2. In particolare, per ogni lavoratore esterno che effettua prestazioni in zona controllata l'esercente la zona controllata è tenuto a: a) accertarsi, tramite il libretto personale di radioprotezione di cui all'articolo 62, che il lavoratore, prima di effettuare la prestazione nella zona controllata, sia stato riconosciuto idoneo da un medico autorizzato al tipo di rischio connesso con la prestazione stessa; b) assicurarsi che il lavoratore esterno abbia ricevuto o comunque riceva, oltre alla informazione di cui all'articolo 62, lettera b), una formazione specifica in rapporto alle caratteristiche particolari della zona controllata ove la prestazione va effettuata; c) assicurarsi che il lavoratore esterno sia dotato dei mezzi di protezione individuale, ove necessari; d) accertarsi che il lavoratore esterno sia dotato dei mezzi di sorveglianza dosimetrica individuale adeguati al tipo di prestazione e che fruisca della sorveglianza dosimetrica ambientale eventualmente necessaria; e) curare il rispetto, per quanto di propria competenza, dei princìpi generali di cui all'articolo 2 lettere a) e b) e dei limiti di esposizione di cui all'articolo 96; f) adottare le misure necessarie affinché vengano registrati sul libretto individuale di radioprotezione le valutazioni di dose inerenti alla prestazione. 64. Protezione dei lavoratori autonomi. 1. I lavoratori autonomi che svolgono attività che comportano la classificazione come lavoratori esposti sono tenuti ad assolvere, ai fini della propria tutela, agli obblighi previsti dal presente decreto. Fermi restando gli obblighi di cui agli articoli 63 e 67 gli esercenti di installazioni presso cui i lavoratori autonomi sono esposti a rischio di radiazioni rispondono degli aspetti della tutela che siano direttamente collegati con il tipo di zona e di prestazione richiesta.

65. Altre attività presso terzi. 1. Fuori dei casi previsti negli articoli 62, 63 e 67, il datore di lavoro per conto del quale lavoratori subordinati o ad essi equiparati prestano la propria opera presso uno o più impianti, stabilimenti, laboratori o sedi gestiti da terzi, ove vengono svolte attività disciplinate dal presente decreto tali da comportare per i lavoratori anzidetti la classificazione di lavoratori esposti, è tenuto ad assicurare la tutela dei lavoratori dai rischi da radiazioni ionizzanti in conformità alle norme del presente capo ed alle disposizioni emanate in applicazione di esso, in relazione all'entità complessiva del rischio. 2. Il datore di lavoro deve svolgere presso i terzi esercenti, le azioni necessarie affinché venga comunque assicurato il rispetto di quanto disposto al comma 1, anche ai fini del coordinamento delle misure da adottare, fermi restando gli obblighi dei terzi esercenti stessi, derivanti dalle disposizioni del presente capo, per gli aspetti operativi della radioprotezione direttamente connessi con la natura dell'attività da essi svolta e dell'intervento che i lavoratori sono chiamati a compiere. 66. Molteplicità di datori di lavoro. 1. Nel caso di lavoratori i quali svolgono per più datori di lavoro attività che li espongono a rischi di radiazioni ionizzanti, ciascun datore di lavoro è tenuto a richiedere agli altri datori di lavoro ed ai lavoratori, e a fornire quando richiesto, le informazioni necessarie al fine di garantire il rispetto delle norme del presente capo e, in particolare, dei limiti di dose. 67. Lavoratori autonomi e dipendenti da terzi, con particolari compiti nell'ambito aziendale.

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1. I datori di lavoro e i dirigenti che eserciscono e dirigono le attività indicate nell'articolo 59 ed i preposti che vi sovraintendono, devono rendere edotti, in relazione alle mansioni cui sono addetti, i lavoratori autonomi e quelli dipendenti da terzi, che svolgono nell'ambito aziendale attività diverse da quelle proprie dei lavoratori esposti, dei rischi specifici da radiazioni esistenti nei luoghi in cui siano chiamati a prestare la loro opera. Essi devono inoltre fornire ai predetti lavoratori i necessari mezzi di protezione ed assicurarsi dell'impiego di tali mezzi. 2. È vietato adibire i lavoratori di cui al comma 1 ad attività che li espongono al rischio di superare i limiti di dose fissati per gli stessi ai sensi dell'articolo 96. 68. Obblighi dei lavoratori. 1. I lavoratori devono: a) osservare le disposizioni impartite dal datore di lavoro o dai suoi incaricati, ai fini della protezione individuale e collettiva e della sicurezza, a seconda delle mansioni alle quali sono addetti; b) usare secondo le specifiche istruzioni i dispositivi di sicurezza, i mezzi di protezione e di sorveglianza dosimetrica predisposti o forniti dal datore di lavoro; c) segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei dispositivi e dei mezzi di sicurezza, di protezione e di sorveglianza dosimetrica, nonché le eventuali condizioni di pericolo di cui vengono a conoscenza; d) non rimuovere né modificare, senza averne ottenuto l'autorizzazione, i dispositivi, e gli altri mezzi di sicurezza, di segnalazione, di protezione e di misurazione; e) non compiere, di propria iniziativa, operazioni o manovre che non sono di loro competenza o che possono compromettere la protezione e la sicurezza; f) sottoporsi alla sorveglianza medica ai sensi del presente decreto. 2. I lavoratori che svolgono, per più datori di lavoro, attività che li espongano al rischio da radiazioni ionizzanti, devono rendere edotto ciascun datore di lavoro delle attività svolte presso gli altri, ai fini di quanto previsto al precedente articolo 66. Analoga dichiarazione deve essere resa per eventuali attività pregresse. I lavoratori esterni sono tenuti ad esibire il libretto personale di radioprotezione all'esercente le zone controllate prima di effettuare le prestazioni per le quali sono stati chiamati. 68-bis. Scambio di informazioni. 1. Su motivata richiesta di autorità competenti anche di altri paesi appartenenti all'Unione europea o di soggetti, anche di detti paesi, che siano titolari di incarichi di sorveglianza fisica o medica della radioprotezione del lavoratore, il lavoratore trasmette alle autorità o ai soggetti predetti le informazioni relative alle dosi ricevute. La richiesta delle autorità o dei soggetti di cui sopra deve essere motivata dalla necessità di effettuare le visite mediche prima dell'assunzione oppure di esprimere giudizi in ordine all'idoneità a svolgere mansioni che comportino la classificazione del lavoratore come esposto oppure, comunque, di tenere sotto controllo l'ulteriore esposizione del lavoratore.

69. Disposizioni particolari per le lavoratrici. [1. Ferma restando l'applicazione delle norme speciali concernenti la tutela delle lavoratrici madri, le donne gestanti non possono svolgere attività in zone classificate o, comunque, attività che potrebbero esporre il nascituro ad una dose che ecceda un millisievert durante il periodo della gravidanza. 2. È fatto obbligo alle lavoratrici di notificare al datore di lavoro il proprio stato di gestazione, non appena accertato. 3. È altresì vietato adibire le donne che allattano ad attività comportanti un rischio di contaminazione].

70. Apprendisti e studenti. 1. Ai fini del presente capo gli apprendisti e gli studenti sono suddivisi nelle categorie definite ai sensi dell'articolo 82. 71. Minori. 1. I minori di anni diciotto non possono esercitare attività proprie dei lavoratori esposti. 2. Gli apprendisti e gli studenti, ancorché minori di anni diciotto, possono ricevere dosi superiori ai limiti previsti per le persone del pubblico in relazione alle specifiche esigenze della loro attività di studio o di apprendistato, secondo le modalità di esposizione stabilite ai sensi dell'articolo 96. 72. Ottimizzazione della protezione. 1. In conformità ai princìpi generali di cui al capo I del presente decreto, nell'esercizio delle attività di cui all'articolo 59 il datore di lavoro è tenuto ad attuare tutte le misure di sicurezza e protezione idonee a ridurre le esposizioni dei lavoratori al livello più basso ragionevolmente ottenibile, tenendo conto dei fattori economici e sociali. 2. Ai fini di quanto previsto dal comma 1, gli impianti, le apparecchiature, le attrezzature, le modalità operative concernenti le attività di cui all'articolo 59 debbono essere rispondenti alle norme specifiche di buona tecnica, ovvero garantire un equivalente livello di radioprotezione. 73. Provvedimenti e misure relativi al rispetto dei limiti di esposizione. 1. I datori di lavoro, i dirigenti ed i preposti, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, devono adottare i provvedimenti idonei ad evitare che vengano superati i limiti di dose fissati, per le diverse modalità di esposizione, con il decreto di cui all'articolo 96, per: a) i lavoratori esposti; b) gli apprendisti e studenti;

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c) i lavoratori non esposti; d) i lavoratori autonomi e dipendenti da terzi di cui al precedente articolo 67. 2. I soggetti di cui al comma 1 debbono altresì adottare i provvedimenti idonei ad assicurare il rispetto dei limiti e delle condizioni di esposizione fissati con il decreto di cui all'articolo 96 per le lavoratrici, le apprendiste e le studentesse in età fertile. 3. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano ai casi di cui all'articolo 96, comma 5. 74. Esposizioni accidentali o di emergenza. 1. Dopo ogni esposizione accidentale o di emergenza i datori di lavoro, i dirigenti ed i preposti, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, devono acquisire dall'esperto qualificato una apposita relazione tecnica, dalla quale risultino le circostanze ed i motivi dell'esposizione stessa per quanto riscontrabili dall'esperto qualificato, nonché la valutazione delle dosi relativamente ai lavoratori interessati. Resta fermo quanto disposto dall'articolo 91. 2. I lavoratori e il personale di intervento previsto nei piani di cui al capo X devono essere preventivamente resi edotti, oltre che dei rischi connessi all'esposizione, anche del fatto che, durante l'intervento possano essere sottoposti ad esposizione di emergenza e, conseguentemente, dotati di adeguati mezzi di protezione in relazione alle circostanze in cui avviene l'intervento medesimo. 3. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della sanità, per il coordinamento della protezione civile e dell'industria del commercio e dell'artigianato sono stabilite le modalità e i livelli di esposizione dei lavoratori e del personale di intervento. 4. Per le attività estrattive gli interventi di soccorso sono effettuati da personale volontario appositamente addestrato.

75. Sorveglianza fisica. 1. La sorveglianza fisica della protezione dei lavoratori e della popolazione deve essere effettuata ove le attività svolte comportino la classificazione degli ambienti di lavoro in una o più zone controllate o sorvegliate, ovvero comportino la classificazione degli addetti come lavoratori esposti. 2. I datori di lavoro esercenti le attività disciplinate dal presente decreto devono provvedere ad assicurare la sorveglianza fisica, effettuata ai sensi delle disposizioni contenute nel decreto di cui all'articolo 82, sulla base delle indicazioni della relazione di cui all'articolo 61, comma 2, e, successivamente, di quella di cui all'articolo 80, comma 1. 76. Servizi di dosimetria. 1. Ferme restando le competenze previste dalla vigente normativa, chiunque svolge attività di servizio di dosimetria individuale, anche per le attività disciplinate al capo IV, è soggetto alla vigilanza dell'ANPA e, a tale fine, comunica all'ANPA medesima, entro trenta giorni, l'avvenuto inizio delle attività. 2. I soggetti di cui al comma 1 trasmettono all'ISPESL e all'ANPA, con le modalità da questa specificate, i risultati delle misurazioni effettuate, ai fini del loro inserimento in un archivio nazionale dei lavoratori esposti, da istituire con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanità, sentita l'ANPA. 77. Esperti qualificati. 1. Il datore di lavoro deve assicurare la sorveglianza fisica per mezzo di esperti qualificati. 2. Il datore di lavoro deve comunicare all'Ispettorato provinciale del lavoro competente per territorio e, per le attività estrattive, anche all'ingegnere capo dell'ufficio periferico competente per territorio, i nominativi degli esperti qualificati prescelti, allegando altresì la dichiarazione di accettazione dell'incarico. 3. È consentito che mansioni strettamente esecutive, inerenti alla sorveglianza fisica della protezione contro le radiazioni, siano affidate dal datore di lavoro a personale non provvisto dell'abilitazione di cui all'articolo 78, scelto d'intesa con l'esperto qualificato e che operi secondo le direttive e sotto la responsabilità dell'esperto qualificato stesso. 4. Il datore di lavoro è tenuto a fornire i mezzi e le informazioni, nonché ad assicurare le condizioni necessarie all'esperto qualificato per lo svolgimento dei suoi compiti. 5. Le funzioni di esperto qualificato non possono essere assolte dalla persona fisica del datore di lavoro né dai dirigenti che eserciscono e dirigono l'attività disciplinata, né dai preposti che ad essa sovrintendono, né dagli addetti alla vigilanza di cui all'articolo 59, comma 2. 78. Abilitazione degli esperti qualificati: elenco nominativo. 1. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanità, è istituito, presso l'Ispettorato medico centrale del lavoro, un elenco nominativo degli esperti qualificati, ripartito secondo i seguenti gradi di abilitazione: a) abilitazione di primo grado, per la sorveglianza fisica delle sorgenti costituite da apparecchi radiologici che accelerano elettroni con tensione massima, applicata al tubo, inferiore a 400 KeV; b) abilitazione di secondo grado, per la sorveglianza fisica delle sorgenti costituite da macchine radiogene con energia degli elettroni accelerati compresa tra 400 keV e 10 MeV, o da materie radioattive, incluse le sorgenti di neutroni la cui produzione media nel tempo, su tutto l'angolo solido, sia non superiore a 104 neutroni al secondo; c) abilitazione di terzo grado, per la sorveglianza fisica degli impianti come definiti all'articolo 7 del capo II del presente decreto e delle altre sorgenti di radiazioni diverse da quelle di cui alle lettere a) e b). 2. L'abilitazione di grado superiore comprende quelle di grado inferiore. 3. Con lo stesso decreto di cui al comma 1, sentita l'ANPA, sono stabiliti i titoli di studio e la qualificazione professionale, nonché le modalità per la formazione professionale, per l'accertamento della capacità tecnica e

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professionale richiesta per l'iscrizione nell'elenco di cui al comma 1 e per l'eventuale sospensione o cancellazione dal medesimo, fermo restando quanto stabilito all'articolo 93 per i casi di inosservanza dei compiti. 79. Attribuzioni dell'esperto qualificato. 1. L'esperto qualificato, nell'esercizio della sorveglianza fisica per conto del datore di lavoro deve: a) effettuare la valutazione di radioprotezione di cui all'articolo 61 e dare indicazioni al datore di lavoro nella attuazione dei compiti di cui al predetto articolo ad esclusione di quelli previsti alle lettere f) e h); b) effettuare l'esame e la verifica delle attrezzature, dei dispositivi e degli strumenti di protezione, ed in particolare: 1) procedere all'esame preventivo e rilasciare il relativo benestare, dal punto di vista della sorveglianza fisica, dei progetti di installazioni che comportano rischi di esposizione, dell'ubicazione delle medesime all'interno dello stabilimento in relazione a tali rischi, nonché delle modifiche alle installazioni le quali implicano rilevanti trasformazioni delle condizioni, dell'uso o della tipologia delle sorgenti; 2) effettuare la prima verifica, dal punto di vista della sorveglianza fisica, di nuove installazioni e delle eventuali modifiche apportate alle stesse; 3) eseguire la verifica periodica dell'efficacia dei dispositivi e delle tecniche di radioprotezione; 4) effettuare la verifica periodica delle buone condizioni di funzionamento degli strumenti di misurazione; c) effettuare una sorveglianza ambientale di radioprotezione nelle zone controllate e sorvegliate; d) procedere alla valutazione delle dosi e delle introduzioni di radionuclidi relativamente ai lavoratori esposti; e) assistere, nell'ambito delle proprie competenze, il datore di lavoro nell'individuazione e nell'adozione delle azioni da compiere in caso di incidente. 2. La valutazione della dose individuale per i lavoratori di categoria A derivanti da esposizioni esterne deve essere eseguita, a norma dell'articolo 75, mediante uno o più apparecchi di misura individuali nonché in base ai risultati della sorveglianza ambientale di cui al comma 1, lettera c). 3. La valutazione della dose individuale per i lavoratori di categoria A derivanti da esposizioni interne deve essere eseguita in base ad idonei metodi fisici e/o radiotossicologici. 4. Qualora la valutazione individuale delle dosi con i metodi di cui ai commi 2 e 3 risulti per particolari condizioni impossibile o insufficiente, la valutazione di essa può essere effettuata sulla scorta dei risultati della sorveglianza dell'ambiente di lavoro o a partire da misurazioni individuali compiute su altri lavoratori esposti. 5. La valutazione della dose ricevuta o impegnata dai lavoratori esposti che non sono classificati in categoria A può essere eseguita sulla scorta dei risultati della sorveglianza fisica dell'ambiente di lavoro. 6. L'esperto qualificato comunica per iscritto al medico autorizzato, almeno ogni sei mesi, le valutazioni delle dosi ricevute o impegnate dai lavoratori di categoria A e con periodicità almeno annuale, al medico addetto alla sorveglianza medica, quelle relative agli altri lavoratori esposti. In caso di esposizioni accidentali o di emergenza la comunicazione delle valutazioni basate sui dati disponibili deve essere immediata e, ove necessario, tempestivamente aggiornata. 7. L'esperto qualificato deve inoltre procedere alle analisi e valutazioni necessarie ai fini della sorveglianza fisica della protezione della popolazione secondo i princìpi di cui al capo IX del presente decreto; in particolare deve effettuare la valutazione preventiva dell'impegno di dose derivante dall'attività e, in corso di esercizio, delle dosi ricevute o impegnate dai gruppi di riferimento della popolazione in condizioni normali, nonché la valutazione delle esposizioni in caso di incidente. A tal fine i predetti gruppi di riferimento debbono essere identificati sulla base di valutazioni ambientali, adeguate alla rilevanza dell'attività stessa, che tengano conto delle diverse vie di esposizione. 80. Comunicazioni al datore di lavoro e relativi adempimenti. 1. In base alle valutazioni relative all'entità del rischio, l'esperto qualificato indica, con apposita relazione scritta, al datore di lavoro: a) l'individuazione e la classificazione delle zone ove sussiste rischio da radiazioni; b) la classificazione dei lavoratori addetti, previa definizione da parte del datore di lavoro delle attività che questi debbono svolgere; c) la frequenza delle valutazioni di cui all'articolo 79; d) tutti i provvedimenti di cui ritenga necessaria l'adozione, al fine di assicurare la sorveglianza fisica, di cui all'articolo 75, dei lavoratori esposti e della popolazione; e) la valutazione delle dosi ricevute e impegnate, per tutti i lavoratori esposti e per gli individui dei gruppi di riferimento, con la frequenza stabilita ai sensi della lettera c). 2. Il datore di lavoro provvede ai necessari adempimenti sulla base delle indicazioni di cui al comma 1; si assicura altresì che l'esperto qualificato trasmetta al medico addetto alla sorveglianza medica i risultati delle valutazioni di cui alla lettera e) del comma 1 relative ai lavoratori esposti, con la periodicità prevista all'articolo 79, comma 6. 3. Il datore di lavoro garantisce le condizioni per la collaborazione, nell'ambito delle rispettive competenze, tra l'esperto qualificato e il servizio di prevenzione e protezione di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626. L'esperto qualificato è in particolare chiamato a partecipare alle riunioni periodiche di cui all'articolo 11 del decreto legislativo predetto. 81. Documentazione relativa alla sorveglianza fisica della protezione. 1. L'esperto qualificato deve provvedere, per conto del datore di lavoro, ad istituire e tenere aggiornata la seguente documentazione:

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a) la relazione di cui all'articolo 61, comma 2 e all'articolo 80, comma 1, relativa all'esame preventivo dei progetti e delle eventuali modifiche, nonché le valutazioni di cui all'articolo 79, comma 1, lettera b), n. 1 e comma 7; b) le valutazioni di cui all'articolo 79, comma 1, lettera c), nonché i verbali di controllo di cui allo stesso articolo, comma 1, lettera b), nn. 3) e 4); c) i verbali dei controlli di cui al comma 1, lettera b), n. 2), dello stesso articolo 79 e dei provvedimenti di intervento da lui adottati e prescritti, nonché copia delle prescrizioni e delle disposizioni formulate dagli organi di vigilanza divenute esecutive; d) le schede personali sulle quali devono essere annotati i risultati delle valutazioni delle dosi individuali e delle introduzioni individuali; le dosi derivanti da eventuali esposizioni accidentali, di emergenza, da esposizioni soggette ad autorizzazione speciale o da altre modalità di esposizione debbono essere annotati, separatamente, in ciascuna scheda; e) le relazioni sulle circostanze ed i motivi inerenti alle esposizioni accidentali o di emergenza di cui all'articolo 74, comma 1, nonché alle altre modalità di esposizione; e-bis) i risultati della sorveglianza fisica dell'ambiente di lavoro che siano stati utilizzati per la valutazione delle dosi dei lavoratori esposti. 2. Per i lavoratori di cui agli articoli 62 e 65 nelle schede personali devono essere annotati tutti i contributi alle esposizioni lavorative individuali con le modalità stabilite nel provvedimento di cui al comma 6. 3. Il datore di lavoro deve conservare: a) per almeno cinque anni dalla data di compilazione la documentazione di cui al comma 1, lettera b); b) sino a cinque anni dalla cessazione dell'attività di impresa che comporta esposizioni alle radiazioni ionizzanti la documentazione di cui al comma 1, lettere a) e c); c) sino alla cessazione del rapporto di lavoro, o dell'attività dell'impresa comportante esposizione alle radiazioni ionizzanti, mantenendone successivamente copia per almeno cinque anni, la documentazione di cui al comma 1, lettere d), e) ed f). 4. Entro tre mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro o dell'attività d'impresa comportante esposizione alle radiazioni ionizzanti la documentazione di cui al comma 1, lettere d), e) ed e-bis) va consegnata al medico addetto alla sorveglianza medica che provvede alla sua trasmissione, unitamente al documento di cui all'articolo 90, all'ISPEL, che assicurerà la loro conservazione nel rispetto dei termini previsti dall'articolo 90, comma 3. 5. In caso di cessazione definitiva dell'attività di impresa, i documenti di cui al comma 1, lettere a), b) e c), sono consegnati entro sei mesi all'Ispettorato provinciale del lavoro competente per territorio che assicurerà la loro conservazione nel rispetto dei termini e delle modalità previsti nel presente articolo. 6. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentiti l'ANPA e l'ISPESL, sono determinate le modalità di tenuta della documentazione e sono approvati i modelli della stessa.

82. Modalità di classificazione degli ambienti di lavoro e dei lavoratori ai fini della radioprotezione e della sorveglianza fisica. 1. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita l'ANPA, vengono stabiliti e aggiornati: a) i criteri per la classificazione in zone degli ambienti di lavoro ai fini della radioprotezione; b) i criteri per l'adozione della sorveglianza fisica e per la classificazione dei lavoratori in categorie; c) le categorie di classificazione, ai fini della radioprotezione, degli apprendisti e studenti di cui all'articolo 70. 2. Con lo stesso decreto sono disciplinate particolari modalità di esposizione cui i lavoratori possono essere eventualmente soggetti. 3. I criteri, le categorie e le modalità di cui al comma 1 devono, nel rispetto degli obiettivi di radioprotezione stabiliti dalle direttive del Consiglio delle Comunità europee, garantire comunque, con la massima efficacia la tutela sanitaria dei lavoratori, degli apprendisti e degli studenti dai rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti. 83. Sorveglianza medica. 1. Il datore di lavoro deve provvedere ad assicurare mediante uno o più medici la sorveglianza medica dei lavoratori esposti e degli apprendisti e studenti in conformità alle norme del presente capo ed alle disposizioni contenute nel decreto di cui all'articolo 82. Tale sorveglianza è basata sui princìpi che disciplinano la medicina del lavoro. 2. La sorveglianza medica dei lavoratori esposti che non sono classificati in categoria A è assicurata tramite medici competenti o medici autorizzati. La sorveglianza medica dei lavoratori di categoria A è assicurata tramite medici autorizzati. 3. Il datore di lavoro non può assegnare le persone di cui al comma 1 ad alcuna attività che le esponga al rischio di radiazioni ionizzanti qualora le conclusioni mediche vi si oppongano. 4. Il datore di lavoro deve assicurare ai medici di cui al comma 1 le condizioni necessarie per lo svolgimento dei loro compiti. 5. Il datore di lavoro deve consentire ai medici di cui al comma 1 l'accesso a qualunque informazione o documentazione che questi ritengano necessaria per la valutazione dello stato di salute dei lavoratori esposti, e delle condizioni di lavoro incidenti, sotto il profilo medico, sul giudizio di idoneità dei lavoratori.

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6. Le funzioni di medico autorizzato e di medico competente non possono essere assolte dalla persona fisica del datore di lavoro né dai dirigenti che eserciscono e dirigono l'attività disciplinata, né dai preposti che ad essa sovrintendono, né dagli addetti alla vigilanza di cui all'articolo 59, comma 2. 84. Visita medica preventiva. 1. Il datore di lavoro deve provvedere a che i lavoratori esposti e gli apprendisti e studenti di cui all'articolo 70, prima di essere destinati ad attività che li espongono alle radiazioni ionizzanti, siano sottoposti a visita medica a cura del medico addetto alla sorveglianza medica. 2. Il datore di lavoro deve altresì rendere edotto il medico, all'atto della visita, della destinazione lavorativa del soggetto, nonché dei rischi, ancorché di natura diversa da quella radiologica, connessi a tale destinazione. 3. La visita medica preventiva deve comprendere una anamnesi completa, dalla quale risultino anche le eventuali esposizioni precedenti, dovute sia alle mansioni esercitate sia a esami e trattamenti medici, e un esame clinico generale completato da adeguate indagini specialistiche e di laboratorio, per valutare lo stato generale di salute del lavoratore. 4. In base alle risultanze della visita medica preventiva i lavoratori vengono classificati in: a) idonei; b) idonei a determinate condizioni; c) non idonei. 5. Il medico comunica per iscritto al datore di lavoro il giudizio di idoneità ed i limiti di validità del medesimo. 6. Il medico, nell'ambito della visita preventiva nonché in occasione delle visite previste dall'articolo 85, illustra al lavoratore il significato delle dosi ricevute, delle introduzioni di radionuclidi, degli esami medici e radiotossicologici e gli comunica i risultati dei giudizi di idoneità che lo riguardano. 7. Con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentiti l'ISPESL, l'ISS e l'ANPA, sono definiti criteri indicativi per la valutazione dell'idoneità all'esposizione alle radiazioni ionizzanti.

85. Visite mediche periodiche e straordinarie. 1. Il datore di lavoro deve provvedere a che i lavoratori esposti e gli apprendisti e studenti di cui all'articolo 70 siano sottoposti, a cura del medico addetto alla sorveglianza medica, a visita medica periodica almeno una volta all'anno e, comunque, ogni qualvolta venga variata la destinazione lavorativa o aumentino i rischi connessi a tale destinazione. La visita medica per i lavoratori di categoria A e per gli apprendisti e studenti ad essi equiparati deve essere effettuata almeno ogni sei mesi. Le visite mediche, ove necessario, sono integrate da adeguate indagini specialistiche e di laboratorio. 2. Gli organi preposti alla vigilanza di cui al comma 2 dell'articolo 59 e i medici addetti alla sorveglianza medica possono disporre che dette visite siano ripetute con maggiore frequenza in tutti i casi in cui le condizioni di esposizione e lo stato di salute dei lavoratori lo esigano. 3. In base alle risultanze delle visite mediche di cui ai commi 1 e 2, i lavoratori sono classificati in: a) idonei; b) idonei a determinate condizioni; c) non idonei; d) lavoratori sottoposti a sorveglianza medica dopo la cessazione del lavoro che li ha esposti alle radiazioni ionizzanti. 4. Il datore di lavoro ha l'obbligo di disporre la prosecuzione della sorveglianza medica per il tempo ritenuto opportuno, a giudizio del medico, nei confronti dei lavoratori allontanati dal rischio perché non idonei o trasferiti ad attività che non espongono ai rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti. Anche per tali lavoratori il medico formulerà il giudizio di idoneità ai sensi del comma 3, al fine di un loro eventuale reinserimento in attività con radiazioni. 5. Prima della cessazione del rapporto di lavoro il datore di lavoro deve provvedere a che il lavoratore sia sottoposto a visita medica. In tale occasione il medico deve fornire al lavoratore le eventuali indicazioni relative alle prescrizioni mediche da osservare. 6. Ferma restando la periodicità delle visite di cui al comma 1, nel periodo necessario all'espletamento e alla valutazione delle indagini specialistiche e di laboratorio di cui allo stesso comma, il giudizio di idoneità, di cui al comma 3, in precedenza formulato conserva la sua efficacia.

86. Allontanamento dal lavoro. 1. Il datore di lavoro ha l'obbligo di allontanare immediatamente dal lavoro comportante esposizione a rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti i lavoratori che alla visita medica risultino, a giudizio del medico, non idonei. 2. Detti lavoratori non possono proseguire l'attività cui erano adibiti, né altre attività che li espongano ai rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti, se non dopo essere stati riconosciuti nuovamente idonei dal medico. 3. Il medico deve richiedere l'allontanamento dal lavoro dei lavoratori non idonei e proporre il reinserimento di essi quando accerti la cessazione dello stato di non idoneità. 87. Sorveglianza medica effettuata da medici autorizzati. 1. Il datore di lavoro deve far eseguire da medici autorizzati la sorveglianza medica dei lavoratori classificati in categoria A e degli apprendisti e studenti di cui all'articolo 70, ad essi equiparati ai sensi del decreto di cui all'articolo 82.

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2. Il datore di lavoro deve comunicare all'Ispettorato provinciale del lavoro competente per territorio i nominativi dei medici autorizzati prescelti, con la dichiarazione di accettazione dell'incarico. 88. Elenco dei medici autorizzati. 1. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della sanità e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, istituito, presso l'Ispettorato medico centrale del lavoro, un elenco nominativo dei medici autorizzati. 2. All'elenco possono essere iscritti, su domanda, i medici competenti ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 che abbiano i requisiti stabiliti ai sensi del comma 3 e che dimostrino di essere in possesso della capacità tecnica e professionale necessaria per lo svolgimento dei compiti inerenti alla sorveglianza medica della protezione dei lavoratori di categoria A. 3. Con lo stesso decreto di cui al comma 1, sentita l'ANPA, sono stabiliti i requisiti per l'iscrizione all'elenco e le modalità per la formazione professionale, per l'accertamento della capacità tecnica e professionale e per l'iscrizione all'elenco stesso, nonché per l'eventuale sospensione o cancellazione da esso, fermo restando quanto stabilito all'articolo 93 per i casi di inosservanza dei compiti. 89. Attribuzioni del medico addetto alla sorveglianza medica. 1. Nell'esercizio delle proprie funzioni, il medico addetto alla sorveglianza medica dei lavoratori esposti è tenuto in particolare ai seguenti adempimenti, fermi comunque restando gli altri compiti previsti nel presente capo: a) analisi dei rischi individuali connessi alla destinazione lavorativa e alle mansioni ai fini della programmazione di indagini specialistiche e di laboratorio atte a valutare lo stato di salute del lavoratore, anche attraverso accessi diretti negli ambienti di lavoro; b) istituzione e aggiornamento dei documenti sanitari personali e loro consegna all'ISPESL con le modalità previste all'articolo 90 del presente decreto; c) consegna al medico subentrante dei documenti sanitari personali di cui alla lettera b), nel caso di cessazione dall'incarico; d) consulenza al datore di lavoro per la messa in atto di infrastrutture e procedure idonee a garantire la sorveglianza medica dei lavoratori esposti, sia in condizioni di lavoro normale che in caso di esposizioni accidentali o di emergenza.

90. Documento sanitario personale. 1. Per ogni lavoratore esposto il medico addetto alla sorveglianza medica deve istituire, tenere aggiornato e conservare un documento sanitario personale in cui sono compresi: a) i dati raccolti nella visita preventiva e nelle visite mediche periodiche, straordinarie ed in occasione della sorveglianza medica eccezionale; b) la destinazione lavorativa, i rischi ad essi connessi e i successivi mutamenti; c) le dosi ricevute dal lavoratore, derivanti sia da esposizioni normali, sia da esposizioni accidentali o di emergenza, ovvero soggette ad autorizzazione speciale utilizzando i dati trasmessi dall'esperto qualificato. 2. I lavoratori hanno diritto ad accedere ai risultati delle valutazioni di dose, delle introduzioni e degli esami medici e radiotossicologici, nonché ai risultati delle valutazioni di idoneità, che li riguardano, e di ricevere, dietro loro richiesta, copia della relativa documentazione. Copia del documento sanitario personale deve essere consegnata dal medico all'interessato alla cessazione del rapporto di lavoro. 3. Il documento sanitario personale deve essere conservato sino alla data in cui il lavoratore compie o avrebbe compiuto il settantacinquesimo anno di età, ed in ogni caso per almeno trenta anni dopo la cessazione del lavoro comportante esposizione alle radiazioni ionizzanti. 4. Il medico addetto alla sorveglianza medica provvede entro sei mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro o dalla cessazione dell'attività di impresa comportante esposizioni alle radiazioni ionizzanti a consegnare i predetti documenti sanitari personali unitamente ai documenti di cui all'articolo 81, comma 1, lettere d) ed e) all'ISPESL, che assicurerà la loro conservazione nel rispetto dei termini e delle modalità previste nel presente articolo. Su richiesta motivata del medico e valutate le circostanze dei singoli casi, l'Ispettorato medico centrale del lavoro può concedere proroga ai predetti termini di consegna. 5. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentiti l'ANPA e l'ISPESL, sono determinate particolari modalità di tenuta e di conservazione della predetta documentazione e approvati i modelli della stessa, anche per i casi di esposizione contemporanea alle radiazioni ionizzanti e ad altri fattori di rischio. 91. Sorveglianza medica eccezionale. 1. Il datore di lavoro deve provvedere affinché i lavoratori che hanno subìto una contaminazione siano sottoposti a provvedimenti di decontaminazione. 2. Il datore di lavoro deve inoltre provvedere a che siano sottoposti a visita medica eccezionale, da parte di un medico autorizzato, i lavoratori che abbiano subìto una esposizione tale da comportare il superamento dei valori stabiliti ai sensi dell'articolo 96. Deve altresì provvedere a che i lavoratori in questione siano sottoposti a sorveglianza medica eccezionale, comprendente in particolare i trattamenti terapeutici, il controllo clinico e gli esami, che siano ritenuti necessari dal medico autorizzato a seguito dei risultati della visita medica. Le successive condizioni di esposizione devono essere subordinate all'assenso del medico autorizzato.

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3. Nel caso in cui, nell'ambito della sorveglianza medica eccezionale di cui al comma 2, il medico autorizzato decida l'allontanamento di un lavoratore dal lavoro cui era assegnato, il datore di lavoro deve darne notizia all'Ispettorato del lavoro e agli organi del servizio sanitario nazionale competenti per territorio. 92. Segnalazione di incidenti, esposizioni rilevanti e malattie professionali. 1. Il datore di lavoro ha l'obbligo di comunicare, senza ritardo e comunque entro tre giorni, all'ANPA, all'Ispettorato provinciale del lavoro ed agli organi del servizio sanitario nazionale, competenti per territorio, gli incidenti verificatisi nelle attività previste dall'articolo 59, nonché le esposizioni che abbiano comportato il superamento di valori stabiliti ai sensi dell'articolo 96. 2. Entro tre giorni dal momento in cui ne abbia effettuato la diagnosi il medico deve comunicare all'Ispettorato provinciale del lavoro e agli organi del servizio sanitario nazionale competenti per territorio i casi di malattia professionale. 3. I medici, le strutture sanitarie pubbliche e private, nonché gli istituti previdenziali o assicurativi pubblici o privati, che refertano casi di neoplasie da loro ritenute causate da esposizione lavorativa alle radiazioni ionizzanti, trasmettono all'ISPESL copia della relativa documentazione clinica ovvero anatomopatologica e quella inerente l'anamnesi lavorativa. 4. L'ISPESL inserisce nell'archivio nominativo di cui all'articolo 71, comma 2, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, i casi di neoplasia di cui al comma 3. 93. Provvedimenti a carico dell'esperto qualificato e del medico autorizzato. 1. Su segnalazione degli organismi di vigilanza il capo dell'Ispettorato medico centrale può disporre, previa contestazione degli addebiti, senza pregiudizio delle altre sanzioni previste dalla legge, la sospensione, non superiore a sei mesi, dall'esercizio delle funzioni dell'esperto qualificato o del medico autorizzato, in caso di accertata inosservanza dei rispettivi compiti. 2. Nei casi più gravi il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, su proposta del capo dell'Ispettorato medico centrale del lavoro, con le modalità stabilite al comma 1, può disporre la cancellazione dell'esperto qualificato o del medico autorizzato dagli elenchi previsti rispettivamente dagli articoli 78 e 88. 3. I provvedimenti di cui ai commi 1 e 2 possono essere adottati dopo che sia stato assegnato all'interessato un termine di sessanta giorni per presentare le proprie controdeduzioni sugli addebiti contestati. Tali provvedimenti non possono essere adottati decorsi sei mesi dalla presentazione delle controdeduzioni da parte dell'interessato. 4. La procedura per l'adozione dei provvedimenti di cui ai commi 1 o 2 viene iniziata d'ufficio in caso di condanna definitiva a pena detentiva del medico autorizzato o dell'esperto qualificato per reati inerenti alle funzioni attribuite. La procedura per l'adozione dei provvedimenti di cui al comma 1 viene iniziata d'ufficio anche in caso di sentenza non passata in giudicato con condanna a pena detentiva. 94. Ricorsi. 1. Le disposizioni impartite dagli ispettori del lavoro in materia di protezione sanitaria dei lavoratori sono esecutive. 2. Contro le disposizioni di cui al comma 1 è ammesso ricorso al Ministro del lavoro e della previdenza sociale entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione delle disposizioni medesime. Il ricorso deve essere inoltrato al Ministro per il tramite dell'Ispettorato del lavoro competente per territorio. Il ricorso non ha effetto sospensivo salvo i casi in cui la sospensione sia disposta dal capo dell'Ispettorato del lavoro competente per territorio o dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale. 95. Ricorso avverso il giudizio di idoneità medica. 1. Avverso il giudizio in materia di idoneità medica all'esposizione alle radiazioni ionizzanti è ammesso ricorso, entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio stesso, all'Ispettorato medico centrale del lavoro. 2. Decorsi trenta giorni dalla data di ricevimento del ricorso senza che l'Ispettorato abbia provveduto, il ricorso si intende respinto. 96. Limiti di esposizione. 1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della sanità, d'intesa con i Ministri dell'ambiente, del lavoro e della previdenza sociale e della protezione civile, sentiti il CNR, l'ANPA, l'ENEA, l'ISS e l'ISPESL sono fissati, con riferimento alle diverse modalità di esposizione di cui al decreto ai sensi dell'articolo 82: a) i limiti di dose per: 1) lavoratori esposti; 2) apprendisti e studenti; 3) lavoratori autonomi e dipendenti da terzi; 4) lavoratori non esposti; b) i valori di dose che comportano la sorveglianza medica eccezionale e l'obbligo di cui agli articoli 91 e 92. 2. Il decreto di cui al comma 1 può altresì stabilire particolari limiti di dose o condizioni di esposizione per le lavoratrici in età fertile, nonché per le apprendiste e studentesse in età fertile, di cui all'articolo 70. 3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri della sanità e della protezione civile, sentiti il CNR, l'ANPA, ISS e l'ISPESL sono fissati i limiti di dose per le persone del pubblico.

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4. Con i decreti di cui ai commi 1 e 3 vengono definite le specifiche grandezze radioprotezionistiche, come mezzo per garantire l'osservanza dei limiti di dose, con i relativi criteri di utilizzazione, anche per i casi di esposizione esterna e interna concomitante. 5. Con i decreti di cui ai commi 1 e 3 possono essere stabiliti particolari casi per i quali non si applicano i limiti di dose di cui agli stessi decreti. 6. Nel decreto di cui al comma 1 sono altresì stabiliti i valori di concentrazione di radionuclidi nelle acque di miniera ai fini dell'articolo 16, comma 1. 7. I limiti ed i valori di dose di cui ai commi 1 e 3 nonché le specifiche grandezze ed i criteri di cui al comma 4 debbono essere fissati ed aggiornati nel rispetto degli obiettivi di radioprotezione stabiliti dalle direttive dell'Unione europea.

Capo IX - Protezione sanitaria della popolazione.

Sezione I - Protezione generale della popolazione

97. Attività disciplinate. Vigilanza. 1. Le disposizioni del presente capo si applicano alle attività che comunque espongono la popolazione ai rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti. 2. La tutela sanitaria della popolazione spetta al Ministero della sanità che si avvale degli organi del servizio sanitario nazionale. 3. La vigilanza per la tutela sanitaria della popolazione si esercita su tutte le sorgenti di radiazioni ionizzanti al fine di prevenire, secondo i princìpi generali di cui all'articolo 2, esposizioni della popolazione e contaminazioni delle matrici ambientali, delle sostanze alimentari e delle bevande, ad uso sia umano che animale, o di altre matrici rilevanti. 4. La vigilanza di cui al comma 3 è esercitata attraverso gli organi del servizio sanitario nazionale competenti per territorio e attraverso l'ANPA, che riferisce direttamente ai Ministeri della sanità, dell'ambiente e della protezione civile, per quanto di competenza. 98. Divieti. 1. È vietato mettere in circolazione, produrre, importare, impiegare, manipolare o comunque detenere, quando tali attività siano svolte a fini commerciali, i seguenti prodotti o manufatti, ove agli stessi siano state deliberatamente aggiunte materie radioattive, sia direttamente, sia mediante attivazione: a) prodotti per l'igiene e cosmesi; b) oggetti di uso domestico o personale, ad eccezione di quelli destinati ad uso medico o paramedico; c) giocattoli; d) derrate alimentari e bevande; e) dispositivi antifulmine. 2. Il divieto, di cui al comma 1, non si applica alle sorgenti di tipo riconosciuto di cui all'articolo 26. 3. È vietato l'uso sulle persone di sorgenti di radiazioni ionizzanti che non sia effettuato a scopo diagnostico, terapeutico o di ricerca scientifica clinica in conformità alle norme vigenti. 4. È altresì vietato produrre, importare, impiegare o comunque mettere in circolazione apparati elettronici di visione a distanza o comunque idonei alla riproduzione elettronica di immagini, che emettano radiazioni ionizzanti a livelli superiori a quelli stabiliti con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato e con le altre amministrazioni interessate, sentita l'ANPA. 5. In caso di comprovata giustificazione, con decreto del Ministro della sanità sono concesse deroghe specifiche ai divieti di cui ai commi 1 e 4, nel rispetto dei princìpi generali di cui all'articolo 2.

99. Norme generali di protezione - Limitazione delle esposizioni. 1. Chiunque pone in essere le attività disciplinate dal presente decreto deve attuare le misure necessarie al fine di evitare che le persone del pubblico siano esposte al rischio di ricevere o impegnare dosi superiori a quelle fissate con il decreto di cui all'articolo 96, anche a seguito di contaminazione di matrici. 2. Chiunque pone in essere le attività disciplinate deve inoltre adottare tutte le misure di sicurezza e protezione idonee a ridurre al livello più basso ragionevolmente ottenibile, secondo le norme specifiche di buona tecnica, i contributi alle dosi ricevute o impegnate dai gruppi di riferimento della popolazione, nonché a realizzare e mantenere un livello ottimizzato di protezione dell'ambiente. 3. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano ai casi di cui all'articolo 96, comma 5.

100. Significativi incrementi del rischio di contaminazione dell'ambiente e di esposizione delle persone. 1. Qualora si verifichi, nelle aree all'interno del perimetro di una installazione o nel corso di un'operazione di trasporto, una contaminazione radioattiva non prevista o, comunque, un evento accidentale che comporti un significativo incremento del rischio di esposizione delle persone, l'esercente, ovvero il vettore, richiedendo ove necessario tramite il prefetto competente per territorio l'ausilio delle strutture di protezione civile, deve prendere le misure idonee ad evitare l'aggravamento del rischio.

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2. Ove l'evento di cui al comma 1 comporti il rischio di diffusione della contaminazione o comunque di esposizione delle persone all'esterno del perimetro dell'installazione l'esercente deve darne immediata comunicazione al prefetto e agli organi del servizio sanitario nazionale competenti per territorio che, in relazione al livello del rischio, ne danno comunicazione all'ANPA. 3. Fermo restando quanto disposto all'articolo 25, le disposizioni previste ai commi 1 e 2 si applicano anche alle installazioni e alle operazioni di trasporto non soggette alle disposizioni del presente decreto, all'interno o nel corso delle quali l'esercente o il vettore venga a conoscenza di eventi accidentali che coinvolgano materie radioattive, e determinino le situazioni di cui agli stessi commi. 101. Situazioni eccezionali. [1. Qualora, nel corso delle attività soggette al presente decreto che implicano delle operazioni con materie radioattive si verifichino eventi che possono comportare rilevante contaminazione dell'aria, delle acque, del suolo e di altre matrici in zone esterne al perimetro di uno stabilimento, gli esercenti che effettuano dette operazioni sono tenuti: a) ad informare immediatamente il prefetto, il comando provinciale dei vigili del fuoco, gli organi del servizio sanitario nazionale competenti per territorio e l'ANPA nel caso si tratti delle attività di cui agli articoli 29 e 30, gli stessi nonché il comandante del compartimento marittimo e l'ufficio di sanità marittima quando gli eventi stessi interessino gli ambiti portuali e le altre zone di demanio marittimo e di mare territoriale, nel caso si tratti delle attività soggette ad altri provvedimenti autorizzativi previsti nel presente decreto e nella legge 31 dicembre 1962, n. 1860; b) a prendere tutte le misure atte a ridurre la contaminazione radioattiva nelle zone esterne al perimetro dello stabilimento in modo da limitare il rischio alla popolazione. 2. Il prefetto, ricevuta l'informazione di cui al comma 1, ne dà immediata comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per il coordinamento della protezione civile. 3. Gli impianti e le situazioni, previsti dal presente decreto, diversi da quelli di cui alla sezione I del capo X, che possono determinare per il gruppo di riferimento della popolazione il superamento dei valori di dose stabiliti dal comma 6 dell'articolo 96, sono oggetto di valutazione secondo le disposizioni della legge 24 febbraio 1992, n. 225, ai fini della loro eventuale inclusione nei piani di intervento previsti da detta legge. 4. Agli impianti e alle situazioni di cui al comma 3 si applicano le disposizioni della sezione II del capo X. 5. I livelli di rilevante contaminazione, nonché altre condizioni, per i quali si applicano le disposizioni di cui al presente articolo sono stabiliti, per l'aria, le acque ed il suolo, con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri della sanità e dell'interno, sentita l'ANPA; per le sostanze alimentari e le bevande, sia ad uso umano che animale, e per altre matrici, con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro dell'ambiente, sentita l'ANPA].

102. Disposizioni particolari per i rifiuti radioattivi. 1. Chiunque esercita un'attività soggetta al presente decreto deve adottare le misure necessarie affinché la gestione dei rifiuti radioattivi avvenga nel rispetto delle specifiche norme di buona tecnica e delle eventuali prescrizioni tecniche contenute nei provvedimenti autorizzativi, al fine di evitare rischi di esposizione alle persone del pubblico. 2. Fermi restando i provvedimenti contingibili e urgenti a tutela della salute pubblica, dei lavoratori e dell'ambiente è facoltà dei Ministeri dell'ambiente e della sanità, nell'ambito delle rispettive competenze e fornendosi reciproche informazioni, sentita l'ANPA, nonché delle autorità individuate agli articoli 29, comma 2, e 30, comma 2, nel caso delle attività di cui agli stessi articoli 29 e 30, di prescrivere l'adozione di adeguati dispositivi e provvedimenti, nonché di ulteriori mezzi di rilevamento e di sorveglianza necessari ai fini della protezione sanitaria, specie nelle località ove coesistono più fonti di rifiuti radioattivi. 103. Norme generali e operative di sorveglianza. 1. Ai fini del conseguimento degli obiettivi stabiliti all'articolo 99, chiunque, nell'ambito delle attività disciplinate dal presente decreto che comportano l'obbligo della sorveglianza fisica, produce, tratta, manipola, utilizza, ha in deposito, materie radioattive o comunque detiene apparecchi contenenti dette materie, o smaltisce rifiuti radioattivi ovvero impiega apparecchi generatori di radiazioni ionizzanti, è tenuto a provvedere affinché vengano effettuate e registrate per iscritto le valutazioni preventive di cui all'articolo 79, comma 7. 2. I soggetti di cui al comma 1 devono inoltre provvedere, a seconda del tipo o della entità del rischio, affinché vengano effettuate: a) la verifica delle nuove installazioni dal punto di vista della protezione contro esposizioni o contaminazioni che possano interessare l'ambiente esterno al perimetro dell'installazione, tenendo conto del contesto ambientale in cui le installazioni si inseriscono; b) la verifica dell'efficacia dei dispositivi tecnici di protezione; c) la verifica delle apparecchiature di misurazione della esposizione e della contaminazione; d) la valutazione delle esposizioni che interessano l'ambiente esterno, con l'indicazione della qualità delle radiazioni; e) la valutazione delle contaminazioni radioattive e delle dosi connesse, con indicazione della natura, dello stato fisico e chimico delle materie radioattive e della loro concentrazione nelle matrici ambientali. 3. In particolare, le valutazioni di cui al comma 2, lettera e) devono comportare: a) la stima dell'impegno di dose relativo allo smaltimento nell'ambiente dei rifiuti radioattivi, solidi, liquidi o aeriformi;

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b) la predisposizione degli opportuni mezzi di rilevamento e sorveglianza, atti a consentire la verifica del rispetto dei livelli di smaltimento definiti con lo studio di cui al comma 2, lettera a), delle eventuali prescrizioni autorizzative o dei livelli di esenzione di cui all'articolo 30; c) la registrazione dei rilevamenti di cui alla lettera b). 4. I provvedimenti di cui ai commi 1, 2 e 3 che abbiano carattere di periodicità devono avere frequenza tale da garantire il rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 99, 100, 101 e 102. 104. Controllo sulla radioattività ambientale. 1. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 54, nonché le competenze in materia delle regioni, delle province autonome e dell'ANPA, il controllo sulla radioattività ambientale è esercitato dal Ministero dell'ambiente; il controllo sugli alimenti e bevande per consumo umano ed animale è esercitato dal Ministero della sanità. I ministeri si danno reciproca informazione sull'esito dei controlli effettuati. Il complesso dei controlli è articolato in reti di sorveglianza regionale e reti di sorveglianza nazionale. 2. La gestione delle reti uniche regionali è effettuata dalle singole regioni, secondo le direttive impartite dal Ministero della sanità e dal Ministero dell'ambiente. Le regioni, per l'effettuazione dei prelievi e delle misure, debbono avvalersi, anche attraverso forme consortili tra le regioni stesse, delle strutture pubbliche idoneamente attrezzate. Le direttive dei ministeri riguardano anche la standardizzazione e l'intercalibrazione dei metodi e delle tecniche di campionamento e misura. 3. Le reti nazionali si avvalgono dei rilevamenti e delle misure effettuati da istituti, enti ed organismi idoneamente attrezzati. 4. Per assicurare l'omogeneità dei criteri di rilevamento e delle modalità di esecuzione dei prelievi e delle misure, relativi alle reti nazionali ai fini dell'interpretazione integrata dei dati rilevati, nonché per gli effetti dell'articolo 35 del Trattato istitutivo della CEEA, sono affidate all'ANPA le funzioni di coordinamento tecnico. A tal fine l'ANPA, sulla base delle direttive in materia, emanate dal Ministero della sanità e dal Ministero dell'ambiente: a) coordina le misure effettuate dagli istituti, enti o organismi di cui sopra, riguardanti la radioattività dell'atmosfera, delle acque, del suolo, delle sostanze alimentari e bevande e delle altre matrici rilevanti, seguendo le modalità di esecuzione e promuovendo criteri di normalizzazione e di intercalibrazione; b) promuove l'installazione di stazioni di prelevamento di campioni e l'effettuazione delle relative misure di radioattività, quando ciò sia necessario per il completamento di un'organica rete di rilevamento su scala nazionale, eventualmente contribuendo con mezzi e risorse, anche finanziarie; c) trasmette, in ottemperanza all'articolo 36 del Trattato istitutivo della CEEA, le informazioni relative ai rilevamenti effettuati. 5. Per quanto attiene alle reti nazionali, l'ANPA provvede inoltre alla diffusione dei risultati delle misure effettuate. 6. La rete di allarme gestita dal Ministero dell'interno ai sensi della legge 13 maggio 1961, n. 469, concorre autonomamente al sistema di reti nazionali. 105. Particolari disposizioni per i radionuclidi presenti nel corpo umano. 1. I radionuclidi comunque presenti nel corpo umano non sono soggetti alle disposizioni stabilite nei capi V e VI. Per tali radionuclidi le altre disposizioni del presente decreto si applicano con le modalità ed a partire dalle soglie di quantità o di concentrazione che, anche in relazione al tipo di sorgente radioattiva, sono stabilite con decreto del Ministro della sanità, di concerto con i Ministri dell'ambiente e del lavoro e della previdenza sociale, sentita l'ANPA. 2. In attesa dell'emanazione del decreto di cui al comma 1 deve essere, comunque, garantita la protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione. 106. Esposizione della popolazione nel suo insieme. 1. L'ANPA, in collaborazione con l'ISPESL e con l'Istituto superiore di sanità, anche sulla base dei dati forniti dagli organi del servizio sanitario nazionale competenti per territorio, effettua la stima dei diversi contributi all'esposizione della popolazione derivanti dalle attività disciplinate dal presente decreto, dandone annualmente comunicazione al Ministero della sanità, anche ai fini delle indicazioni da adottare affinché il contributo delle pratiche all'esposizione dell'intera popolazione sia mantenuto entro il valore più basso ragionevolmente ottenibile, tenuto conto dei fattori economici e sociali. 2. Il Ministero della sanità comunica alla Commissione europea i risultati delle stime di cui al comma 1.

107. Taratura dei mezzi di misura. Servizi riconosciuti di dosimetria individuale. 1. La determinazione della dose o dei ratei di dose, delle altre grandezze tramite le quali possono essere valutati le dosi ed i ratei di dose nonché delle attività e concentrazioni di attività, volumetriche o superficiali, di radionuclidi deve essere effettuata con mezzi di misura, adeguati ai diversi tipi e qualità di radiazione, che siano muniti di certificati di taratura. Con decreto del Ministro della sanità, di concerto con i Ministri dell'ambiente, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale, dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, sentita l'ANPA e l'istituto di metrologia primaria delle radiazioni ionizzanti, sono stabiliti i criteri e le modalità per il rilascio di detti certificati, nel rispetto delle disposizioni della legge 11 agosto 1991, n. 273, che definisce l'attribuzione delle funzioni di istituto metrologico primario nel campo delle radiazioni ionizzanti. 2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai mezzi radiometrici impiegati per: a) la sorveglianza ambientale di radioprotezione nei luoghi di lavoro, di cui all'articolo 79, comma 1, lettera b) n. 3);

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b) la sorveglianza ambientale di cui all'articolo 103, comma 2, lett. c), d), ed e), ivi compresa quella dovuta ai sensi dell'articolo 79, comma 5; c) i rilevamenti e la sorveglianza ambientali volti a verificare i livelli di smaltimento dei rifiuti radioattivi nell'ambiente, il rispetto delle eventuali prescrizioni autorizzative relative allo smaltimento medesimo o dei livelli di esenzione di cui all'articolo 30; d) il controllo sulla radioattività ambientale e sugli alimenti e bevande per consumo umano e animale, di cui all'articolo 104; d-bis) rilevamenti con apparecchi, diversi da quelli di cui al comma 3, a lettura diretta assegnati per la rilevazione di dosi; d-ter) rilevamenti con apparecchi impiegati per la sorveglianza radiometrica su rottami o altri materiali metallici di risulta, di cui all'articolo 157; e) i rilevamenti previsti dai piani di emergenza di cui al capo X. 3. Gli organismi che svolgono attività di servizio di dosimetria individuale e quelli di cui all'articolo 10 -ter, comma 4, devono essere riconosciuti idonei nell'àmbito delle norme di buona tecnica da istituti previamente abilitati; nel procedimento di riconoscimento si tiene conto dei tipi di apparecchi di misura e delle metodiche impiegate. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato, dell'interno e della sanità, sentiti l'ANPA, l'istituto di metrologia primaria delle radiazioni ionizzanti e l'ISPESL, sono disciplinate le modalità per l'abilitazione dei predetti istituti.

108. Ricerca scientifica clinica. 1. Le esposizioni di persone a scopo di ricerca scientifica clinica possono essere effettuate soltanto con il consenso scritto delle persone medesime, previa informazione sui rischi connessi con l'esposizione alle radiazioni ionizzanti e solo nell'ambito di programmi notificati almeno trenta giorni prima del loro inizio al Ministero della salute. La documentazione trasmessa deve contenere il parere vincolante del Comitato etico, acquisito secondo quanto disposto dalle norme vigenti. 2. [Nei casi in cui i programmi di ricerca non siano suscettibili di produrre benefici diretti sulla persona esposta si applicano comunque le disposizioni di cui all'articolo 99]. 3. In caso di minori o di soggetti con ridotta capacità di intendere e di volere, il consenso di cui al comma 1 deve essere espresso da coloro che ne hanno la rappresentanza. 4. La ricerca scientifica clinica non può essere condotta su donne sane in età fertile, salvo i casi in cui la gravidanza possa essere sicuramente esclusa.

Sezione II - Protezione dei pazienti

109. Princìpi generali - Vigilanza. [1. Le disposizioni della presente sezione disciplinano l'utilizzazione delle radiazioni ionizzanti in campo medico per la radioprotezione delle persone per qualsiasi motivo sottoposte a prestazioni curative o a indagini diagnostiche individuali o collettive che implichino l'uso di radiazioni ionizzanti. 2. In applicazione dei princìpi di cui all'articolo 2, lettere a) e b), i tipi di utilizzazione considerati nella presente sezione devono essere giustificati dai vantaggi che ne possono derivare dal punto di vista medico, e le corrispondenti esposizioni devono essere mantenute al livello più basso ragionevolmente ottenibile compatibilmente con le esigenze diagnostiche e terapeutiche. 3. La vigilanza sull'applicazione della presente sezione spetta in via esclusiva agli organi del servizio sanitario nazionale competenti per territorio].

110. Titoli e qualificazioni professionali. [1. L'esercizio professionale specialistico della radiodiagnostica, della radioterapia e della medicina nucleare è di competenza dei medici muniti dei rispettivi diplomi di specializzazione ovvero di quelli ad essi equipollenti ai sensi del decreto ministeriale 10 marzo 1983, tabella B e successive integrazioni e modificazioni. Per i sanitari predetti è necessaria la conoscenza e la preparazione specifica in radioprotezione. Con decreti dei Ministri della sanità e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, sono stabiliti ed aggiornati, in relazione all'evoluzione tecnico-scientifica ed alle direttive e raccomandazioni comunitarie, i titoli di studio, le qualificazioni professionali richieste per l'esercizio professionale specialistico di cui sopra, nonché per le attività radiodiagnostiche complementari all'esercizio clinico e per quelle di competenza del fisico specialista. 2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica ai medici che, per periodi limitati ed a scopo di apprendimento o perfezionamento professionale, operino in strutture specialistiche di radiodiagnostica, di radioterapia e di medicina nucleare, sotto la responsabilità dei rispettivi dirigenti. 3. L'attività radiodiagnostica in ambito odontoiatrico, complementare all'esercizio clinico, è consentita ai laureati in medicina e chirurgia che ai sensi della normativa vigente esercitano la professione di odontoiatra e ai laureati in odontoiatria, anche non in possesso del diploma di specializzazione in radiodiagnostica. Tali laureati devono possedere

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le necessarie competenze in radioprotezione e devono osservare, nell'ambito delle proprie competenze, le disposizioni di cui al comma 2 dell'articolo 111. 4. Il personale, anche non specialista o non laureato, continuativamente operante nelle aree, pubbliche o private, di radiodiagnostica, di radioterapia e di medicina nucleare, deve essere istruito sulle tecniche applicate, nonché sulle regole di radioprotezione adeguate agli specifici compiti professionali. 5. Con decreto del Ministro della sanità, entro un anno dalla entrata in vigore del presente decreto legislativo, sono stabilite le linee guida per l'accertamento e l'acquisizione delle conoscenze radioprotezionistiche per il personale medico di cui al presente articolo. 6. I Ministri della sanità e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, entro un anno dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo, stabiliscono le modalità per l'acquisizione di adeguate conoscenze radioprotezionistiche nell'ambito dei corsi di laurea in medicina e chirurgia e in odontoiatria, nonché dei corsi di specializzazione di cui al comma 1]. 111. Criteri e modalità di impiego delle radiazioni in campo medico. [1. L'impiego delle radiazioni ionizzanti in campo medico consentito, tranne nei casi previsti dall'articolo 110, comma 3 e dal comma 6 del presente articolo, solo a seguito di motivata richiesta medica rivolta al medico specialista nelle competenze di cui all'articolo 110, comma 1, da qui in avanti definito «medico specialista». 2. Il medico specialista sulla base della richiesta di cui al comma 1: a) valuta preliminarmente la possibilità di utilizzare tecniche sostitutive a quelle espletate con radiazioni ionizzanti che siano almeno altrettanto efficaci dal punto di vista diagnostico e terapeutico e comportino un rischio minore per la persona; b) sceglie le metodologie idonee ad ottenere il massimo beneficio clinico con il minimo detrimento sanitario e costo economico; c) osserva particolare cautela nell'attività diagnostica, sia radiologica che di medicina nucleare, quando agli accertamenti siano sottoposti soggetti in età pediatrica o donne in età fertile; d) si assicura, al fine di evitare esami radiologici superflui, di non essere in grado di procurarsi le informazioni necessarie in base ai risultati di esami precedenti. Ciò vale in particolare per le procedure con fini medico-legali o di assicurazione. 3. Nelle donne con gravidanza dichiarata non è consentito alcun impiego a scopo diagnostico delle radiazioni ionizzanti che comporti l'esposizione dell'embrione o del feto salvo situazioni di urgenza oppure casi di necessità accertata da parte del medico curante. In tale secondo caso, il medico specialista effettua l'esame diagnostico previa, quando possibile, valutazione dosimetrica da parte del fisico specialista. 4. Nelle donne in periodo di allattamento sottoposte ad esami comportanti la somministrazione di sostanze radioattive lo specialista prescrive, se necessario, la sospensione dell'allattamento previo accordo con il medico curante della madre e del bambino. 5. Gli esami radiologici individuali o collettivi effettuati a titolo preventivo, inclusi gli esami di medicina nucleare, devono essere effettuati soltanto se sono giustificati dal punto di vista sanitario. Tali esami devono essere disposti dall'autorità sanitaria competente per territorio che ne dà adeguata informazione ai gruppi di popolazione interessati. 6. Particolare attenzione deve essere posta nella giustificazione delle indagini radiodiagnostiche espletate su singole persone o su particolari gruppi di persone con fini medico-legali o di assicurazione. Per questi esami e per quelli di cui al comma 5 è escluso l'impiego della radioscopia diretta. 7. Quando è possibile le indagini eseguite per le finalità di cui al comma 5 vanno effettuate con tecniche sostitutive di quelle espletate con radiazioni ionizzanti, che siano altrettanto efficaci e comportino un rischio minore per la persona. 8. Gli esami di cui ai commi 5 e 6 vengono effettuati con il consenso della persona interessata. 9. Sono vietati gli esami radioscopici diretti senza intensificazione di brillanza, nonché le indagini schermografiche comunque utilizzate. 10. Con decreto del Ministro della sanità, entro sei mesi dall'entrata in vigore del presente decreto, sono stabilite le disposizioni atte a permettere che i documenti radiologici e di medicina nucleare e i resoconti esistenti siano resi tempestivamente disponibili per successive esigenze mediche. 11. Negli impianti complessi di radioterapia e di medicina nucleare i medici specialisti si devono avvalere, ai fini della radioprotezione del paziente, della collaborazione del fisico specialista. Con decreto del Ministro della sanità, entro sei mesi dall'entrata in vigore del presente decreto, sono individuati gli impianti complessi soggetti alla disposizione del presente comma e le modalità di detta collaborazione].

112. Inventario delle apparecchiature. [1. Le regioni e le province autonome, entro un anno dall'entrata in vigore del presente decreto, effettuano l'inventario delle apparecchiature radiologiche ad uso medico e odontoiatrico nonché di quelle di medicina nucleare, rilevandone caratteristiche tecniche, data di installazione, stato di conservazione. Le regioni e le province autonome sono altresì tenute ad aggiornare detto inventario con frequenza almeno biennale. 2. Le apparecchiature funzionanti di cui al comma 1 devono essere oggetto di rigorosa sorveglianza. Le competenti autorità adottano i provvedimenti necessari al fine di correggere le caratteristiche inadeguate o difettose di dette

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apparecchiature. Esse provvedono, non appena possibile, affinché tutte le apparecchiature e gli impianti che non rispondono più ai criteri prefissati di accettabilità siano messi fuori uso o sostituite. 3. Con decreto del Ministro della sanità, sentiti l'Istituto superiore di sanità e l'ISPESL, entro un anno dall'entrata in vigore del presente decreto, sono definiti i criteri minimi di accettabilità per le apparecchiature di cui al comma 1, nonché le direttive per la predisposizione dei piani periodici di adeguamento delle apparecchiature e degli impianti alle necessità di impiego o all'evoluzione tecnologica. 4. Le regioni e le province autonome sono tenute a trasmettere al Ministero della sanità, nell'ambito del servizio informativo sanitario e con cadenza almeno biennale, le informazioni rilevate ai sensi del presente articolo ed a comunicare i provvedimenti adottati e programmati]. 113. Controllo di qualità. [1. Il responsabile delle apparecchiature radiologiche e di medicina nucleare funzionanti deve provvedere affinché esse siano sottoposte a controllo di qualità da parte del fisico specialista o dell'esperto qualificato. Il giudizio sulla qualità tecnica della prestazione diagnostica o terapeutica è di competenza del medico specialista. 2. Con decreto del Ministro della sanità sono stabiliti il tipo, le modalità e la periodicità del controllo previsto al comma 1, in funzione della complessità delle apparecchiature radiologiche e di medicina nucleare, nonché gli eventuali casi di esenzione].

114. Registrazioni - Libretto radiologico personale. [1. È responsabilità del medico specialista in una delle branche di cui all'articolo 110, comma 1, e di coloro che esercitano le professioni di cui all'articolo 110, comma 4, provvedere affinché le indagini e i trattamenti con radiazioni ionizzanti vengano singolarmente registrati; in dette registrazioni devono essere annotate le informazioni relative al paziente e alla prestazione secondo le modalità stabilite con il decreto del Ministro della sanità di cui al comma 4. Tali registrazioni devono essere trasmesse annualmente alla unità sanitaria locale competente per territorio che ne predispone un riepilogo secondo le modalità stabilite con il decreto di cui sopra. 2. Ciascuna unità sanitaria locale trasmette il riepilogo annuale di cui al comma 1 all'autorità sanitaria della regione o della provincia autonoma che, secondo le indicazioni di carattere generale emanate dal Ministro della sanità, provvede a valutare l'esposizione a radiazioni a scopo medico della popolazione e ad inoltrarne i risultati al Ministero della sanità. 3. Le unità sanitarie locali forniscono gratuitamente i cittadini di un libretto radiologico personale. I medici di cui al comma 1 sono altresì tenuti ad annotare le prestazioni sul libretto radiologico del paziente. 4. Con decreto del Ministro della sanità, sentiti l'Istituto superiore di sanità e l'ISPESL, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono determinati: a) il modello e le modalità di tenuta dei registri di cui al comma 1; b) le modalità per la predisposizione del riepilogo annuale di cui al comma 1; c) il modello e le modalità di tenuta del libretto radiologico personale di cui al comma 3; d) i casi di esenzione dall'applicazione del presente articolo].

Capo X – Interventi

Sezione I - Piani di emergenza.

115. Campo di applicazione - Livelli di intervento - Livelli di intervento derivati. 1. Le disposizioni di cui al presente capo si applicano alle situazioni determinate da eventi incidentali negli impianti nucleari di cui agli articoli 36 e 37, negli altri impianti di cui al capo VII, nelle installazioni di cui all'articolo 115 -ter, comma 1, nonché da eventi incidentali che diano luogo o possano dar luogo ad una immissione di radioattività nell'ambiente, tale da comportare dosi per il gruppo di riferimento della popolazione superiori ai valori stabiliti con i provvedimenti di cui al comma 2 e che avvengano: a) in impianti al di fuori del territorio nazionale; b) in navi a propulsione nucleare in aree portuali; c) nel corso di trasporto di materie radioattive; d) che non siano preventivamente correlabili con alcuna specifica area del territorio nazionale. 2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della sanità, di concerto con i Ministri dell'ambiente, dell'interno e per il coordinamento della protezione civile, sentiti l'ANPA, l'Istituto superiore di sanità, l'Istituto superiore per la sicurezza sul lavoro e il Consiglio Nazionale delle Ricerche, sono stabiliti, in relazione agli orientamenti comunitari ed internazionali in materia, livelli di intervento per la pianificazione degli interventi in condizioni di emergenza e per l'inserimento nei piani di intervento di cui all'articolo 115-quater, comma 1. 3. Con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri della sanità e dell'interno, sentita l'ANPA, l'ISPESL e l'ISS, sono stabiliti per l'aria, le acque ed il suolo, i livelli di riferimento derivati corrispondenti ai livelli di riferimento in termini di dose stabiliti con il decreto di cui al comma 2; i corrispondenti livelli derivati sono stabiliti per le sostanze alimentari e le bevande, sia ad uso umano che animale, e per altre matrici con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro dell'ambiente, sentita l'ANPA l'ISPESL e l'ISS.

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4. Con i decreti di cui al comma 3 vengono anche stabiliti i valori di rilevanti contaminazioni per le matrici di cui allo stesso comma per i quali si applicano le disposizioni di cui all'articolo 115-quinquies.

115-bis. Princìpi generali per gli interventi. 1. Ai fini delle decisioni in ordine all'eventuale attuazione ed all'entità di interventi in caso di emergenza radiologica, oppure in caso di esposizione prolungata dovuta agli effetti di un'emergenza radiologica o di una pratica che non sia più in atto devono essere rispettati i seguenti princìpi generali: a) un intervento è attuato solo se la diminuzione del detrimento sanitario dovuto alle esposizioni a radiazioni ionizzanti è tale da giustificare i danni e i costi, inclusi quelli sociali, dell'intervento; b) il tipo, l'ampiezza e la durata dell'intervento sono ottimizzati in modo che sia massimo il vantaggio della riduzione del detrimento sanitario dopo aver dedotto il danno connesso con l'intervento; c) alle operazioni svolte in caso di intervento non si applicano i limiti di dose di cui all'articolo 96, commi 1, lettera a), e 3, salvo quanto previsto nell'articolo 126-bis, in caso di esposizione prolungata; d) i livelli di intervento in termini di dose, stabiliti ai sensi dell'articolo 115, comma 2, sono utilizzati ai fini della programmazione e dell'eventuale attuazione degli interventi; detti livelli non costituiscono limiti di dose.

115-ter. Esposizioni potenziali. 1. Nelle pratiche con materie radioattive che siano soggette a provvedimenti autorizzativi previsti nei capi IV, VI, ad eccezione di quelli previsti dall'articolo 31, e nell'articolo 52 del capo VII, nonché nell'articolo 13 della legge 31 dicembre 1962, n. 1860, fatto salvo quanto previsto nel presente articolo, i soggetti richiedenti l'emanazione di detti provvedimenti provvedono ad eseguire, avvalendosi anche dell'esperto qualificato, le valutazioni preventive della distribuzione spaziale e temporale delle materie radioattive disperse o rilasciate, nonché delle esposizioni potenziali relative ai lavoratori e ai gruppi di riferimento della popolazione nei possibili casi di emergenza radiologica. 2. Le valutazioni di cui al comma 1 sono eseguite facendo riferimento alle raccomandazioni in materia dei competenti organismi comunitari ed internazionali. 3. Le valutazioni di cui al comma 1 sono oggetto della registrazione di cui all'articolo 81, comma 1, lettera e). Dette valutazioni sono altresì unite alla documentazione prodotta ai fini dell'emanazione dei provvedimenti autorizzativi di cui al comma 1. 4. Nel caso in cui individui dei gruppi di riferimento della popolazione possano ricevere, a seguito di esposizioni potenziali in installazioni di cui all'articolo 29, dosi superiori ai livelli determinati ai sensi dell'articolo 115, comma 2, le amministrazioni competenti al rilascio del nulla osta di cui all'articolo 29 stesso, dispongono l'inclusione della pratica nei piani di cui all'articolo 115-quater, comma 1. Le predette amministrazioni inseriscono, a tale scopo, apposite prescrizioni nel nulla osta e inviano copia del provvedimento autorizzativo, insieme a tutte le valutazioni relative alle esposizioni potenziali, alle autorità di cui all'articolo 115-quater, ai fini della predisposizione dei piani di intervento. 5. Ferma restando la disposizione di cui al comma 4, le installazioni soggette agli altri provvedimenti autorizzativi di cui al comma 1 sono sempre incluse nei piani di intervento. L'amministrazione che rilascia il provvedimento di cui al comma 1 ne invia copia alle autorità di cui all'articolo 115-quater, ai fini della predisposizione dei piani stessi. 6. L'attività delle nuove installazioni per cui è necessaria la predisposizione di piani di intervento non può iniziare prima che le autorità di cui all'articolo 115-quater abbiano approvato i piani stessi.

115-quater. Approvazione dei piani di intervento - Preparazione degli interventi. 1. I piani di intervento relativi alle installazioni di cui all'articolo 115-ter sono approvati secondo le disposizioni della legge 24 febbraio 1992, n. 225. 2. I piani di intervento di cui al comma 1, sono elaborati, anche con riferimento all'interno degli impianti, alla luce dei princìpi generali di cui all'articolo 115-bis, tenendo presenti i livelli di intervento stabiliti ai sensi dell'articolo 115, comma 2. Detti piani sono oggetto di esercitazioni periodiche la cui frequenza è stabilita nei piani predetti, in relazione alla tipologia delle installazioni ed all'entità delle esposizioni potenziali. 3. I piani di intervento di cui al comma 1 prevedono, ove occorra: a) la creazione di squadre speciali di intervento in cui è assicurata la presenza delle competenze necessarie, di tipo tecnico, medico o sanitario; b) le modalità per assicurare ai componenti delle squadre di cui alla lettera a) una formazione adeguata agli interventi che esse sono chiamate a svolgere.

115-quinquies. Attuazione degli interventi. 1. Qualora nelle installazioni di cui all'articolo 115-ter, comma 1, si verifichino eventi che possano comportare emissioni e dispersioni di radionuclidi all'esterno dell'installazione, che determinino rilevanti contaminazioni dell'aria, delle acque, del suolo e di altre matrici in zone esterne al perimetro dell'installazione, gli esercenti sono tenuti ad informare immediatamente: a) il prefetto, il comando provinciale dei vigili del fuoco, gli organi del servizio sanitario nazionale competenti per territorio, le agenzie regionali per la protezione dell'ambiente e l'ANPA nel caso si tratti delle attività di cui agli articoli 29 e 30;

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b) le amministrazioni di cui alla lettera a), nonché il comandante del compartimento marittimo e l'ufficio di sanità marittima quando gli eventi stessi interessino gli ambiti portuali e le altre zone di demanio marittimo e di mare territoriale, nel caso si tratti delle attività soggette ad altri provvedimenti autorizzativi previsti nel presente decreto e nella legge 31 dicembre 1962, n. 1860. 2. Gli esercenti le installazioni di cui al comma 1 in cui si verifichino gli eventi di cui allo stesso comma sono altresì tenuti a prendere tutte le misure atte a ridurre la contaminazione radioattiva nelle zone esterne al perimetro dell'installazione in modo da limitare il rischio alla popolazione. 3. Il prefetto, ricevuta l'informazione di cui al comma 1, ne dà immediata comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della protezione civile e al Presidente della Giunta regionale. 4. Nell'attuazione dei piani di intervento le decisioni rispettano i princìpi generali di cui all'articolo 115-bis, tenendo conto delle caratteristiche reali dell'emergenza radiologica in relazione ai livelli indicativi di intervento di cui all'articolo 115, comma 2, con azioni relative: a) alla sorgente, al fine di ridurre o arrestare l'emissione e la dispersione di radionuclidi all'esterno dell'installazione, nonché l'esposizione esterna dovuta ai radionuclidi medesimi; b) all'ambiente, per ridurre il trasferimento di sostanze radioattive agli individui; c) agli individui interessati dall'emergenza radiologica, ai fini della riduzione della loro esposizione e dell'adozione di eventuali provvedimenti sanitari nei loro confronti. 5. Le autorità responsabili dell'attuazione dei piani di cui all'articolo 115-quater curano l'organizzazione degli interventi, nonché la valutazione e la registrazione dell'efficacia degli stessi e delle conseguenze dell'emergenza radiologica. 6. Alle installazioni ed agli eventi di cui al comma 1, si applicano le disposizioni della sezione II del capo X.

116. Piano di emergenza esterna. 1. Per assicurare la protezione, ai fini della pubblica incolumità, della popolazione e dei beni dagli effetti dannosi derivanti da emergenza nucleare, per ciascuno degli impianti previsti dagli articoli 36 e 37 del presente decreto deve essere predisposto un piano di emergenza esterna. 2. Il piano di emergenza esterna prevede l'insieme coordinato delle misure da prendersi, con la gradualità che le circostanze richiedono, dalle autorità responsabili in caso di incidente dell'impianto nucleare che comporti pericolo per la pubblica incolumità. 117. Presupposti del piano di emergenza esterna. 1. Fermo restando quanto stabilito all'articolo 44, comma 4, ai fini della predisposizione del piano di emergenza esterna il titolare dell'autorizzazione o del nulla osta dell'impianto nucleare deve fornire all'ANPA un rapporto tecnico contenente: a) l'esposizione analitica delle presumibili condizioni ambientali pericolose per la popolazione e per i beni, derivanti dai singoli incidenti nucleari ragionevolmente ipotizzabili, in relazione alle caratteristiche strutturali e di esercizio dell'impianto, e delle prevedibili loro localizzazioni ed evoluzioni nel tempo; b) la descrizione dei mezzi predisposti per il rilevamento e la misurazione della radioattività nell'ambiente circostante l'impianto, in caso di incidente, e delle modalità del loro impiego. 2. Nel rapporto tecnico debbono essere evidenziati gli incidenti le cui conseguenze attese siano circoscrivibili nell'ambito provinciale o interprovinciale e quelli che possono invece richiedere misure protettive su un territorio più ampio. 3. L'ANPA, esaminato il rapporto tecnico, redige una relazione critica riassuntiva, che trasmette, unitamente al rapporto stesso, ai Ministeri dell'ambiente, dell'interno e della sanità e alla Commissione tecnica di cui all'articolo 9 del presente decreto. 4. Il rapporto, munito del parere della Commissione tecnica, viene trasmesso dall'ANPA alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per il coordinamento della protezione civile che lo invia al prefetto competente per territorio, unitamente ad uno schema contenente i lineamenti generali del piano individuati sulla base dei criteri definiti dal Consiglio nazionale della protezione civile di cui all'articolo 8 della legge 24 febbraio 1992, n. 225. 118. Predisposizione del piano di emergenza esterna. 1. Il prefetto, sulla base della documentazione trasmessagli di cui all'articolo 117, predispone il piano di emergenza esterna sul territorio della provincia. 2. Per l'attività di cui al comma 1 il prefetto si avvale di un Comitato operante alle sue dipendenze e composto da: a) il questore; b) il comandante provinciale dei vigili del fuoco; c) il comandante provinciale dell'arma dei carabinieri; d) un rappresentante dei competenti organi del servizio sanitario nazionale; e) un rappresentante dei competenti organi veterinari; f) un ispettore laureato in materie tecnico-scientifiche o in medicina e chirurgia dell'Ispettorato del lavoro competente per territorio; g) un ingegnere capo del genio civile;

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h) un rappresentante del competente Ispettorato compartimentale della motorizzazione civile e dei trasporti in concessione; i) un rappresentante del competente comando militare territoriale; l) un rappresentante del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato; m) un ufficiale di porto designato dai capi dei compartimenti marittimi interessati. 3. Sono chiamati a partecipare ai lavori del Comitato di cui al comma 2 esperti dell'ANPA, un rappresentante della regione o della provincia autonoma e un rappresentante del titolare dell'autorizzazione o del nulla osta. Il comando provinciale dei vigili del fuoco esplica i compiti di segreteria e attua il coordinamento dei lavori. Per tali lavori il prefetto si avvale altresì dei rappresentanti di enti, istituzioni ed altri soggetti tenuti al concorso ai sensi dell'articolo 14 della legge 24 febbraio 1992, n. 225. 4. Nei casi in cui la localizzazione dell'impianto renda prevedibile l'estensione a più province del pericolo per la pubblica incolumità e per i beni, un piano di emergenza esterna deve essere contemporaneamente predisposto per ciascuna provincia con le modalità previste ai commi 1 e 2, previa intesa fra i prefetti delle province interessate. Il coordinamento dei piani provinciali è demandato al prefetto della provincia ove ha sede l'impianto cui si riferiscono i singoli piani provinciali.

119. Approvazione del piano di emergenza esterna. 1. Il piano di emergenza esterna di cui all'articolo 118 viene trasmesso dal prefetto all'ANPA che, sentita la Commissione tecnica, lo restituisce al prefetto, munito di eventuali osservazioni, ai fini dell'approvazione, nel rispetto delle procedure di cui alla legge 24 febbraio 1992, n. 225, e ai relativi regolamenti di attuazione. 2. Il piano approvato viene trasmesso dal prefetto alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per il coordinamento della protezione civile e al Ministero dell'interno, nonché a ciascuno degli enti e delle amministrazioni di cui al comma 2 dell'articolo 118 e al titolare dell'autorizzazione o del nulla osta. 3. Il prefetto, entro trenta giorni dall'approvazione del piano, compie tutti gli adempimenti necessari per assicurarne l'attuazione in caso di emergenza. 120. Riesame, aggiornamento e annullamento del piano di emergenza esterna. 1. Il piano di emergenza esterna deve essere riesaminato dal prefetto e dal Comitato provinciale di cui all'articolo 118 in caso di modifiche rilevanti dei presupposti tecnici di cui all'articolo 117, e comunque ogni triennio, in relazione ai mutamenti sopravvenuti nelle circostanze precedentemente valutate, e particolarmente nell'ambiente fisico, demografico e nelle modalità per l'impiego dei mezzi previsti, ed allo scopo di adeguarlo alle mutate esigenze della sicurezza ed allo sviluppo della tecnica e dei mezzi disponibili. Gli aggiornamenti eventualmente necessari sono effettuati con le procedure di cui agli articoli 118 e 119. 2. In caso di disattivazione dell'impianto nucleare, il piano di emergenza viene periodicamente riesaminato ed adeguato e, se del caso, revocato, in relazione alle diverse fasi di cui all'articolo 55, secondo le procedure di cui all'articolo 117, commi 1, 2 e 3, ed agli articoli 118 e 119. 121. Piano nazionale di emergenza. 1. La Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per il coordinamento della protezione civile, d'intesa con il Ministero dell'interno, avvalendosi degli organi della protezione civile secondo le disposizioni della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e dell'ANPA, predispone un piano nazionale delle misure protettive contro le emergenze radiologiche su tutto il territorio. 2. La Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento per il coordinamento della protezione civile, d'intesa con il Ministero dell'interno, include nel piano di cui al comma 1, con le modalità di cui allo stesso comma, ed entro sei mesi dalla data di ricezione del rapporto di cui al comma 4 dell'articolo 117, le misure necessarie per fronteggiare le eventuali conseguenze degli incidenti non circoscrivibili nell'ambito provinciale o interprovinciale. I pareri dell'ANPA sono espressi sentita la Commissione tecnica di cui all'articolo9. Il piano è trasmesso ai prefetti interessati affinché sviluppino la pianificazione operativa e predispongano i relativi strumenti di attuazione, per quanto di loro competenza. Il piano è trasmesso altresì a tutte le amministrazioni interessate all'intervento di emergenza. 3. Nel piano di cui ai commi 1 e 2 sono previste le misure protettive contro le conseguenze radiologiche di incidenti che avvengono in impianti al di fuori del territorio nazionale, nonché per gli altri casi di emergenze radiologiche che non siano preventivamente correlabili con alcuna specifica area del territorio nazionale stesso. Per i casi di cui al presente comma, i presupposti tecnici della pianificazione dell'emergenza sono proposti dall'ANPA, sentita la Commissione tecnica. 4. Per i casi di cui al comma 3, nella pianificazione delle misure protettive sono definiti gli obblighi per la comunicazione iniziale dell'evento che potrebbe determinare l'attuazione delle misure protettive. 122. Attuazione del piano di emergenza esterna. 1. Il piano di emergenza esterna e le misure protettive di cui all'articolo 121 vengono attuati secondo le disposizioni della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e dei relativi regolamenti di attuazione. 2. Il direttore responsabile di un impianto nucleare ha l'obbligo di dare immediata comunicazione al prefetto, alla regione o provincia autonoma interessata, al comandante provinciale dei vigili del fuoco ed all'ANPA, nonché agli organi del Servizio sanitario nazionale competenti per territorio, di qualsiasi incidente nucleare che comporti pericolo

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per la pubblica incolumità e per i beni, indicando le misure adottate per contenerlo e comunicando ogni altro dato tecnico per l'attuazione del piano di emergenza esterna, specificando l'entità prevedibile dell'incidente. 3. Lo stesso obbligo incombe al direttore responsabile dell'impianto per qualsiasi evento o anormalità che possa far temere l'insorgenza di un pericolo per la pubblica incolumità. 4. Il prefetto informa immediatamente la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per il coordinamento della protezione civile e la direzione generale della protezione civile e dei servizi antincendi del Ministero dell'interno, nonché il presidente della Giunta regionale e gli organi del servizio sanitario nazionale competenti per territorio. Il prefetto avvia le azioni previste dal piano di emergenza esterna, ovvero, se necessario, quelle di cui all'articolo 121, comma 2, di sua competenza. 5. Il Comandante provinciale dei vigili del fuoco attua i primi interventi di soccorso tecnico urgente nell'ambito del piano di emergenza. 6. Nel caso in cui si preveda che il pericolo per la pubblica incolumità o il danno alle cose possa estendersi a province limitrofe, il prefetto ne dà immediato avviso agli altri prefetti interessati. 123. Centro di elaborazione e valutazione dati. 1. Al fine di assicurare un comune riferimento tecnico nella gestione delle emergenze radiologiche di cui al presente capo è istituito, presso l'ANPA, il Centro di elaborazione e valutazione dati. 2. Il Centro costituisce struttura tecnica per il Ministro per il coordinamento della protezione civile, anche ai fini del funzionamento del comitato operativo della protezione civile di cui all'articolo 10 della legge 24 febbraio 1992, n. 225. 3. Il Centro effettua le valutazioni in ordine all'andamento nel tempo e nello spazio dei livelli di radioattività nell'ambiente nelle situazioni di emergenza ed ai conseguenti livelli di esposizione, al fine di consentire alle autorità responsabili della gestione dell'emergenza l'adozione dei necessari provvedimenti di intervento sulla base delle valutazioni effettuate. Tutti i centri e le reti di rilevamento, ivi comprese quelle regionali, debbono far confluire ad esso i dati delle misure radiometriche effettuate nel corso dell'emergenza. Il Centro, sulla base della situazione in atto, può dare indicazione di specifiche modalità operative delle reti e dei mezzi mobili di rilevamento disponibili sul territorio nazionale e fornisce alle autorità preposte alla diffusione dell'informazione alla popolazione i relativi elementi radiometrici. Le indicazioni formulate dal Centro sono rese prescrittive da parte del Ministro per il coordinamento della protezione civile ovvero dal prefetto nei confronti delle strutture delle reti di sorveglianza regionali e delle reti di sorveglianza nazionale di cui all'articolo 104. 4. Il Centro viene attivato dal Ministro per il coordinamento della protezione civile per ogni situazione che comporti l'adozione delle misure protettive previste all'articolo 121. Il suo intervento può inoltre essere richiesto dal prefetto nelle situazioni che comportino l'attuazione dei piani di emergenza di cui all'articolo 116. 5. Il Centro è formato da quattro membri effettivi e quattro supplenti, esperti di radioprotezione, designati rispettivamente dall'ANPA, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, dall'Istituto superiore di sanità, dall'ISPESL, e da due membri, di cui uno supplente, designati dal Servizio meteorologico dell'aeronautica militare. Le funzioni di coordinamento sono svolte dall'ANPA. 6. Possono essere chiamati a partecipare all'attività del Centro esperti di radioprotezione designati dalle regioni eventualmente interessate. Possono essere altresì chiamati esperti di altri enti o istituti le cui competenze siano ritenute utili in relazione allo specifico problema in esame. 124. Aree portuali. 1. Con decreto del Ministro per il coordinamento della protezione civile, di concerto con i Ministri dell'ambiente, della difesa, dell'interno, dei trasporti e della navigazione e della sanità, sentita l'ANPA, sono stabilite le modalità di applicazione delle disposizioni del presente capo alle aree portuali interessate dalla presenza di naviglio a propulsione nucleare. 125. Trasporto di materie radioattive. 1. Con decreto del Ministro per il coordinamento della protezione civile, di concerto con i Ministri dell'ambiente, dell'interno, della difesa, della sanità, dei trasporti e della navigazione, sentita l'ANPA, sono stabiliti i casi e le modalità di applicazione delle disposizioni del presente capo alle attività di trasporto di materie radioattive, anche in conformità alla normativa internazionale e comunitaria di settore. 2. Il decreto di cui al comma 1 deve in particolare prevedere i casi per i quali i termini del trasporto e la relativa autorizzazione debbono essere preventivamente comunicati alle autorità chiamate ad intervenire nel corso dell'emergenza, nonché le relative modalità di comunicazione. 126. Esercitazioni. 1. La Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per il coordinamento della protezione civile ed il prefetto, ciascuno negli ambiti di propria competenza, debbono effettuare esercitazioni periodiche al fine di verificare l'adeguatezza dei piani di emergenza di cui al presente capo e dei relativi strumenti di attuazione. 126-bis. Interventi nelle esposizioni prolungate. 1. Nelle situazioni che comportino un'esposizione prolungata dovuta agli effetti di un'emergenza radiologica oppure di una pratica non più in atto o di un'attività lavorativa, di cui al capo III-bis, che non sia più in atto, le autorità competenti per gli interventi ai sensi della legge 25 febbraio 1992, n. 225, adottano i provvedimenti opportuni, tenendo conto dei princìpi generali di cui all'articolo 115-bis, delle necessità e del rischio di esposizione, e, in particolare quelli concernenti:

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a) la delimitazione dell'area interessata; b) l'istituzione di un dispositivo di sorveglianza delle esposizioni; c) l'attuazione di interventi adeguati, tenuto conto delle caratteristiche reali della situazione; d) la regolamentazione dell'accesso ai terreni o agli edifici ubicati nell'area delimitata, o della loro utilizzazione. 2. Per i lavoratori impegnati negli interventi relativi alle esposizioni prolungate di cui al comma 1 si applicano le disposizioni di cui al capo VIII.

126-ter. Collaborazione con altri Stati. 1. Nella predisposizione dei piani di intervento di cui al presente capo si tiene altresì conto delle eventuali conseguenze di emergenze radiologiche e nucleari sul territorio nazionale che possano interessare altri Stati, anche non appartenenti all'Unione europea. 2. La Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della protezione civile stabilisce opportuni contatti di collaborazione con altri Stati, anche non appartenenti all'Unione europea, che possano essere interessati da eventuali emergenze verificatesi nel territorio nazionale, al fine di agevolare la predisposizione e l'attuazione di misure di radioprotezione di detti Stati.

126-quater. Particolari disposizioni per le attività di protezione civile e di polizia giudiziaria. 1. In casi di necessità e di urgenza nel corso delle attività di protezione civile svolte sotto la direzione dell'autorità responsabile dell'attuazione dei piani di intervento, nonché nel corso delle attività di polizia giudiziaria non si applicano gli obblighi di denuncia, di comunicazione, di autorizzazione o di nulla osta previsti nel presente decreto e nella legge 31 dicembre 1962, n. 1860, per le sorgenti di radiazioni ionizzanti.

Sezione II - Informazione della popolazione

127. Situazioni disciplinate. 1. Le norme della presente sezione disciplinano le attività e le procedure di informazione della popolazione sulle misure di protezione sanitaria e sul comportamento da adottare per i casi di emergenza radiologica e si applicano alle situazioni di emergenza di cui alla sezione I del presente capo, nonché ai casi previsti all'articolo 115-ter.

128. Definizioni. 1. Ferme restando le definizioni di cui al capo II, ai fini dell'applicazione della presente sezione valgono le definizioni seguenti: a) popolazione che rischia di essere interessata dall'emergenza radiologica: qualsiasi gruppo di popolazione per il quale è stato stabilito un piano di intervento in previsione di casi di emergenza radiologica; b) popolazione effettivamente interessata dall'emergenza radiologica: qualsiasi gruppo di popolazione per il quale sono previste misure specifiche di protezione qualora sopravvenga un caso di emergenza radiologica; c) piano di intervento: i piani di emergenza di cui alla sezione I del presente capo, ovvero i piani di cui alla legge 24 febbraio 1992, n. 225, che tengano conto delle situazioni previste all'articolo 115-ter.

129. Obbligo di informazione. 1. Le informazioni previste nella presente sezione devono essere fornite alle popolazioni definite all'articolo 128 senza che le stesse ne debbano fare richiesta. Le informazioni devono essere accessibili al pubblico, sia in condizioni normali, sia in fase di preallarme o di emergenza radiologica.

130. Informazione preventiva. 1. La popolazione che rischia di essere interessata dall'emergenza radiologica viene informata e regolarmente aggiornata sulle misure di protezione sanitaria ad essa applicabili nei vari casi di emergenza prevedibili, nonché sul comportamento da adottare in caso di emergenza radiologica. 2. L'informazione comprende almeno i seguenti elementi: a) natura e caratteristiche della radioattività e suoi effetti sulle persone e sull'ambiente; b) casi di emergenza radiologica presi in considerazione e relative conseguenze per la popolazione e l'ambiente; c) comportamento da adottare in tali eventualità; d) autorità ed enti responsabili degli interventi e misure urgenti previste per informare, avvertire, proteggere e soccorrere la popolazione in caso di emergenza radiologica. 3. Informazioni dettagliate sono rivolte a particolari gruppi di popolazione in relazione alla loro attività, funzione e responsabilità nei riguardi della collettività nonché al ruolo che eventualmente debbano assumere in caso di emergenza. 131. Informazione in caso di emergenza radiologica. 1. La popolazione effettivamente interessata dall'emergenza radiologica viene immediatamente informata sui fatti relativi all'emergenza, sul comportamento da adottare e sui provvedimenti di protezione sanitaria ad essa applicabili nella fattispecie. 2. In particolare vengono fornite in modo rapido e ripetuto informazioni riguardanti:

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a) la sopravvenuta emergenza e, in base alle notizie disponibili, le sue caratteristiche: tipo, origine, portata e prevedibile evoluzione; b) le disposizioni da rispettare, in base al caso di emergenza sopravvenuta e eventuali suggerimenti di cooperazione; c) le autorità e gli enti cui rivolgersi per informazione, consiglio, assistenza, soccorso ed eventuali forme di collaborazione. 3. Le informazioni di cui al comma 2 sono integrate, in funzione del tempo disponibile, con richiami riguardanti le nozioni fondamentali sulla radioattività ed i suoi effetti sull'essere umano e sull'ambiente. 4. Se l'emergenza è preceduta da una fase di preallarme alla popolazione vengono fornite informazioni riguardanti le modalità ed i tempi con cui vengono diffusi gli aggiornamenti sull'evoluzione della situazione. 5. Informazioni specifiche sono rivolte, anche in fase di preallarme, a particolari gruppi di popolazione, in relazione alla loro attività, funzione ed eventuale responsabilità nei riguardi della collettività nonché al ruolo che eventualmente debbano assumere nella particolare occasione. 132. Informazione delle persone che possono intervenire nella organizzazione dei soccorsi per i casi di emergenza radiologica. 1. I soggetti che possono comunque intervenire nella organizzazione dei soccorsi in caso di emergenza radiologica devono ricevere un'informazione adeguata e regolarmente aggiornata sui rischi che l'intervento può comportare per la loro salute e sulle precauzioni da prendere in un caso simile; tale informazione deve tener conto dei vari casi di emergenza radiologica prevedibili. 2. Dette informazioni sono completate con notizie particolareggiate in funzione del caso in concreto verificatosi. 133. Commissione permanente per l'informazione sulla protezione contro i rischi da radiazioni ionizzanti. 1. È istituita presso il Ministero della sanità una commissione permanente per l'informazione sulla protezione contro i rischi da radiazioni ionizzanti, con il compito di: a) predisporre ed aggiornare le informazioni preventive di cui agli articoli 130 e 132 e di indicare le vie di comunicazione idonee alla loro diffusione, nonché la frequenza della diffusione stessa; b) predisporre gli schemi generali delle informazioni da diffondere in caso di emergenza di cui all'articolo 131 e indicare i criteri per l'individuazione degli idonei mezzi di comunicazione; c) fornire consulenza agli organi di cui all'articolo 134; d) studiare le modalità per la verifica che l'informazione preventiva sia giunta alla popolazione, utilizzando anche le strutture del servizio sanitario nazionale ed il sistema informativo sanitario. 2. La commissione è nominata con decreto del Ministro della sanità, di concerto con i Ministri dell'interno, per il coordinamento della protezione civile e dell'ambiente, sentita l'ANPA. La commissione è composta da quindici esperti in materia di radioprotezione, protezione civile e comunicazioni di massa. Con il medesimo decreto sono stabilite le norme di funzionamento della commissione stessa. 134. Procedure di attuazione. 1. Con decreto del Ministro della sanità, d'intesa con i Ministri dell'interno, per il coordinamento della protezione civile e dell'ambiente, sentita l'ANPA e le altre amministrazioni interessate, sono individuati le autorità e gli enti che provvedono o concorrono alla diffusione dell'informazione di cui all'articolo 130, i relativi compiti e le modalità operative in funzione dei destinatari dell'informazione stessa. 2. Le modalità operative per la definizione e per la diffusione delle informazioni di cui all'articolo 131 vengono stabilite nei piani di intervento. A tal fine i prefetti e la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per il coordinamento della protezione civile predispongono, nell'ambito dei piani di intervento di rispettiva competenza, i piani di informazione della popolazione, sulla base degli schemi predisposti dalla commissione permanente di cui all'articolo 133. 135. Diffusione dell'informazione nell'Unione europea. 1. L'informazione diffusa ai sensi dell'articolo 131 viene comunicata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per il coordinamento della protezione civile alla Commissione europea ed agli Stati membri interessati o che rischiano di essere interessati, secondo quanto previsto all'articolo 10, comma 2, della direttiva del Consiglio del 27 novembre 1989, n. 89/618/EURATOM, concernente l'informazione della popolazione sui provvedimenti di protezione sanitaria applicabili e sui comportamenti da adottare in caso di emergenza radiologica. 2. La Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento per il coordinamento della protezione civile comunica alla Commissione europea, su richiesta di quest'ultima, le informazioni di cui agli articoli 130 e 132.

Capo XI - Norme penali

136. Contravvenzioni al capo V. 1. Chiunque viola gli obblighi di notifica, d'informativa, di registrazione o di riepilogo, di denunzia, di comunicazione e di tenuta della contabilità di cui al capo V è punito con l'arresto sino a quindici giorni o con l'ammenda da un milione a cinque milioni. 2. Chiunque viola le particolari prescrizioni di cui all'articolo 18-bis, comma 1, e all'articolo 21, comma 1, è punito con l'arresto sino a tre mesi o con l'ammenda da cinque a venti milioni.

137. Contravvenzioni al capo VI.

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1. L'impiego di sorgenti di radiazioni di categoria A senza il nulla-osta di cui all'articolo 28, comma 1, è punito con l'arresto da due a sei mesi o con l'ammenda da venti a ottanta milioni; chi non osserva le particolari prescrizioni di cui al nulla-osta è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da cinque a venti milioni. 2. L'impiego di sorgenti di radiazioni di categoria B senza il nulla-osta di cui all'articolo 29, comma 1, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da cinque a venti milioni; chi non osserva le particolari prescrizioni di cui al nulla-osta è punito con l'arresto fino a quindici giorni o con l'ammenda da uno a cinque milioni. 3. Chi effettua lo smaltimento di rifiuti radioattivi senza l'autorizzazione di cui all'articolo 30, comma 1, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da cinque a venti milioni; chi non osserva le particolari prescrizioni di cui all'autorizzazione è punito con l'arresto fino a quindici giorni o con l'ammenda da uno a cinque milioni. 4. Chi effettua le attività di cui agli articoli 31, comma 1, e 32, comma 1, senza le richieste autorizzazioni è punito con l'arresto da due a sei mesi e con l'ammenda da venti a ottanta milioni. 5. Colui il quale effettua una delle attività di cui all'articolo 33, comma 1, senza il preventivo nulla-osta è punito con l'arresto da sei mesi a tre anni e l'ammenda da venti a cento milioni; chi non osserva le particolari prescrizioni di cui all'articolo 33, comma 2, è punito con l'arresto da due a sei mesi e con l'ammenda da venti a ottanta milioni. 6. Chiunque viola gli obblighi di registrazione e di riepilogo di cui all'articolo 34, commi 1 e 2, è punito con l'arresto fino a quindici giorni o con l'ammenda da uno a cinque milioni. 138. Contravvenzioni al capo VII. 1. Chi pone in esercizio gli impianti di cui all'articolo 37, comma 1, senza la relativa licenza è punito con l'arresto da sei mesi a tre anni e con l'ammenda da venti a cento milioni. 2. Il titolare dell'autorizzazione di cui all'articolo 6 della legge 31 dicembre 1962, n. 1860 e il titolare del nulla-osta di cui all'articolo 37 della presente legge che mettono in esecuzione progetti particolareggiati di impianti nucleari senza l'approvazione di cui all'articolo 41, comma 1, sono puniti con l'arresto da due a sei mesi o con l'ammenda da venti a ottanta milioni. 3. Chiunque viola le prescrizioni contenute nell'autorizzazione, nel nulla-osta e nella licenza di esercizio, o contravviene agli obblighi di cui agli articoli 46, 48, comma 1, 53, 54, 55 e 57 è punito con l'arresto da due a sei mesi o con l'ammenda da venti a ottanta milioni; la violazione degli adempimenti di cui all'articolo 48, commi 3 e 4, è punita con l'arresto sino a quindici giorni o con l'ammenda da uno a cinque milioni. 139. Contravvenzioni ai capi IV e VIII. 1. Contravvenzioni commesse dai datori di lavoro, dai dirigenti e dai direttori delle miniere: a) chi viola gli articoli 12; 13, 15; 16; 17; 61, comma 3; 62, commi 2 e 4; 63, comma 2; 65; 67; 69, commi 1 e 3; 71; 73; 74; 75; 77; 83; 84, commi 1 e 2; 85, commi 1, 4 e 5; 86, commi 1 e 2; 87; 91; 92, comma 1, punito con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da tre a otto milioni; b) chi viola gli articoli 14; 61, commi 2, 4 e 4-bis; 66; 72; 80, commi 2 e 3; 81, commi 3, 4 e 5, è punito con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da uno a cinque milioni. 2. Contravvenzioni commesse dai preposti: a) chi viola gli articoli 61, commi 3 e 4; 67; 73; 74 è punito con l'arresto sino ad un mese o con l'ammenda da lire trecentomila a un milione. 3. Contravvenzioni commesse dai lavoratori: a) chi viola gli articoli 64; 68, 68-bis e 69, comma 2, è punito con l'arresto fino a quindici giorni o con l'ammenda da lire duecentomila a lire ottocentomila. 4. Contravvenzioni commesse dagli esperti qualificati e dai medici addetti alla sorveglianza medica: a) l'esercizio di funzioni tipiche degli esperti qualificati e dei medici autorizzati ad opera di soggetti non legittimati è punito con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da uno a cinque milioni; b) chi viola gli articoli 79; 80, comma 1; 81, comma 1; 84, commi 5 e 6; 85, comma 5; 86, comma 3; 89; 90; 92, commi 2 e 3, è punito con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da lire cinquecentomila a tre milioni. 5. Contravvenzioni commesse nell'esercizio dei servizi di dosimetria: a) chi viola gli obblighi di cui all'articolo 76 è punito con l'arresto fino a quindici giorni o con l'ammenda da uno a cinque milioni.

140. Contravvenzioni al capo IX. 1. Chiunque viola le disposizioni di cui agli articoli 98; 99; 102; 103 e 108, è punito con l'arresto da due a sei mesi o con l'ammenda da venti a ottanta milioni; nei casi di grave o continuato superamento dei limiti di cui all'articolo 96, il contravventore è punito con l'arresto da sei mesi a tre anni e con l'ammenda da lire venti a cento milioni. 2. L'esercente ed il vettore che omettono di effettuare gli adempimenti di cui all'articolo 100 sono puniti con l'arresto sino a tre mesi o con l'ammenda da lire cinque a venti milioni. 3. Gli esercenti che omettono di effettuare gli adempimenti di cui all'articolo 101 sono puniti con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire venti a ottanta milioni. 4. Chiunque viola le disposizioni di cui agli articoli 107; 111, commi 6 e 9; 113, è punito con l'arresto fino a quindici giorni o con l'ammenda da lire uno a cinque milioni. 141. Contravvenzioni al capo X.

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1. Il direttore responsabile che omette gli adempimenti di cui all'articolo 122, commi 2 e 3, è punito con l'arresto da sei mesi a tre anni e con l'ammenda da lire venti a cento milioni. La stessa pena si applica al comandante della nave ed al trasportatore nelle ipotesi di cui agli articoli 124 e 125. 1-bis. La violazione degli obblighi di cui agli articoli 115-ter e 115-quater è punita con l'arresto fino a quindici giorni o con l'ammenda da lire un milione a lire cinque milioni. 1-ter. L'esercente che omette di informare le autorità di cui all'articolo 115-quinquies, comma 1, lettere a) e b), o di prendere le misure di cui all'articolo 115-quinquies, comma 2, è punito con l'arresto da sei mesi a tre anni e con l'ammenda da lire venti milioni a lire cento milioni.

142. Contravvenzioni al capo XII. 1. Chiunque viola l'obbligo di registrazione di cui all'articolo 154, comma 3, o contravviene all'articolo 157, commi 1 e 2, è punito con l'arresto fino a quindici giorni o con l'ammenda da uno a cinque milioni. 142-bis. Contravvenzioni al capo III-bis. 1. L'esercente che viola gli obblighi di cui agli articoli 10-ter, 10-quater e 10-quinquies è punito con l'arresto sino a tre mesi o con l'ammenda da lire cinque milioni a lire venti milioni. 2. Il datore di lavoro che viola gli obblighi di cui all'articolo 10-octies, comma 2, è punito con l'arresto fino a quindici giorni o con l'ammenda da lire un milione a lire cinque milioni.

143. Prescrizione. 1. Alle contravvenzioni di cui ai capi III-bis, IV e VIII del presente decreto si applica l'istituto della prescrizione di cui agli articoli da 19 a 25 del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758.

Capo XII - Disposizioni transitorie e finali

144. Industria estrattiva. 1. Sino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 11, comma 1, continuano ad avere efficacia le disposizioni del decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale e il Ministro della sanità, del 13 maggio 1978. 144-bis. Particolari disposizioni concernenti le comunicazioni preventive di pratiche. 1. Ferme restando le disposizioni di esonero di cui all'articolo 22 le comunicazioni di detenzione effettuate, ai sensi dell'articolo 92 del decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1964, n. 185, precedentemente alla data di applicazione delle disposizioni di cui al medesimo articolo 22, sono considerate, a tutti gli effetti, come comunicazione preventiva di pratiche di cui allo stesso articolo 22. 2. Le amministrazioni e gli organismi di cui all'articolo 22, comma 1, del presente decreto si comunicano vicendevolmente, su richiesta, le informazioni in loro possesso concernenti le comunicazioni di detenzione di cui all'articolo 92 del decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1964, n. 185. 3. Le amministrazioni e gli organismi di cui all'articolo 22, comma 1, non sono tenuti alla comunicazione preventiva di cui allo stesso articolo per quanto concerne le sorgenti di taratura per la strumentazione di radioprotezione impiegata nell'àmbito delle proprie attività.

145. Materie fissili speciali, materie grezze, minerali e combustibili. 1. Sino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 23 continuano ad avere efficacia le disposizioni del decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato del 4 novembre 1982. 146. Regime transitorio per i provvedimenti autorizzativi di cui al capo VI. 1. Coloro che, al momento dell'entrata in vigore dei decreti di cui all'articolo 27 comma 2, all'articolo 30, comma 2, all'articolo 31, comma 1 e all'articolo 33, comma 2, svolgono le attività ivi previste debbono presentare, entro sei mesi, domanda di autorizzazione, salvo quanto stabilito al comma 2. 2. Qualora i soggetti di cui al comma 1 siano già in possesso di provvedimenti autorizzativi ai sensi delle disposizioni precedentemente vigenti, ivi incluse quelle dell'articolo 13 della legge 31 dicembre 1962, n. 1860, debbono chiedere, entro due anni, la conversione o la convalida dei provvedimenti medesimi alle amministrazioni titolari della potestà autorizzativa secondo le norme del presente decreto. 3. Ove i provvedimenti autorizzativi in possesso dei soggetti di cui al comma 2 prevedano il rinnovo, la richiesta di conversione deve essere presentata nei termini previsti dai provvedimenti in questione. 3-bis. I titolari di nulla osta o di autorizzazioni rilasciati ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1964, n. 185, o della legge 31 dicembre 1962, n. 1860, i quali esercitino pratiche esenti da nulla osta o da autorizzazione ai sensi delle disposizioni del presente decreto o della legge 31 dicembre 1962, n. 1860, sono tenuti, entro un anno dalla data di entrata in vigore delle disposizioni stesse, a comunicare alle Amministrazioni che li avevano rilasciati il venir meno delle condizioni di assoggettamento a tali provvedimenti. Le Amministrazioni provvedono alla revoca dei provvedimenti autorizzativi, accertata la sussistenza dei presupposti per la revoca stessa.

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3-ter. Le Amministrazioni competenti, ai sensi del comma 2, ad emettere i provvedimenti di conversione o convalida inviano copia di detti provvedimenti alle amministrazioni che avevano emesso gli atti autorizzatori convertiti o convalidati; queste ultime provvedono alle revoche necessarie. 3-quater. Coloro che al momento dell'entrata in vigore delle disposizioni del decreto di cui al comma 2 dell'articolo 27 esercitano le pratiche di cui all'articolo 115-ter, comma 1, devono inviare, entro centottanta giorni da tale data, alle autorità di cui all'articolo 115-quater, comma 1, le valutazioni di cui all'articolo 115-ter stesso. Restano ferme le particolari disposizioni, di cui al comma 4 dello stesso articolo 115-ter, per le installazioni soggette a nulla osta all'impiego di categoria B di cui all'articolo 29, anche nel caso in cui, ai sensi delle norme precedentemente vigenti, tali installazioni fossero soggette all'autorizzazione di cui all'articolo 13 della legge 31 dicembre 1962, n. 1860. 3-quinquies. I provvedimenti di conversione o di convalida di cui al comma 2 contengono anche le prescrizioni relative allo smaltimento dei rifiuti eventualmente autorizzato ai sensi del previgente articolo 105 del decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1964, n. 185. 3-sexies. I titolari esclusivamente di provvedimenti autorizzativi rilasciati ai sensi dell'articolo 105 del decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1964, n. 185, ove non soggetti ad altri provvedimenti in materia di nulla osta all'impiego ai sensi dell'articolo 27, devono richiedere l'autorizzazione allo smaltimento ai sensi dell'articolo 30. 3-septies. Le autorità competenti al rilascio dei provvedimenti autorizzativi, di convalida o di conversione, nonché di revoca relativi all'impiego di categoria B, inviano all'ANPA, secondo le modalità indicate nei provvedimenti applicativi di cui all'articolo 27, copia di tali provvedimenti. 4. In attesa dei provvedimenti di conversione, di convalida, di nulla osta o di autorizzazione di cui ai commi precedenti, è consentita la prosecuzione dell'esercizio delle attività, nel rispetto delle modalità, limiti e condizioni con cui la stessa veniva svolta. 5. Con i decreti di cui al comma 1 sono stabilite le modalità per il rilascio dei provvedimenti amministrativi previsti nel presente articolo. 6. Sino all'entrata in vigore delle leggi di cui all'articolo 29, comma 2, e all'articolo 30, comma 2, il nulla osta per l'impiego di categoria B e l'autorizzazione allo smaltimento di rifiuti nell'ambiente di cui allo stesso articolo 30 sono rilasciate secondo le disposizioni vigenti in ogni regione o provincia autonoma. 7. Sino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 32, comma 4, valgono le disposizioni di cui all'allegato II.

147. Provvedimenti autorizzativi di cui al capo VII. 1. I provvedimenti autorizzativi, le approvazioni, i certificati nonché tutti gli atti già emanati per gli impianti di cui al capo VII del decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1964, n. 185, conservano a tutti gli effetti la loro efficacia. Per gli impianti considerati all'articolo 55 del decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1964, n. 185, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 146. 148. Regime transitorio per i procedimenti autorizzativi in corso. 1. I procedimenti autorizzativi previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1964, n. 185, e dall'articolo 13 della legge 31 dicembre 1962, n. 1860, che siano in corso al momento dell'applicazione del presente decreto, continuano, con esclusione di quelli inerenti alla disattivazione degli impianti nucleari, ad essere disciplinati dalla stesse disposizioni; ai relativi provvedimenti di autorizzazione conclusivi si applicano le disposizioni dell'articolo 146, a decorrere dalla data di emanazione di tali provvedimenti. 1-bis. Per gli impianti nucleari per i quali sia stata inoltrata istanza di disattivazione ai sensi dell'articolo 55, in attesa della relativa autorizzazione, possono essere autorizzati, ai sensi dell'articolo 6 della legge 31 dicembre 1962, n. 1860, particolari operazioni e specifici interventi, ancorché attinenti alla disattivazione, atti a garantire nel modo più efficace la radioprotezione dei lavoratori e della popolazione.

149. Commissione medica per l'accertamento dell'idoneità fisica e psichica. 1. Sino a quando non saranno aggiornate le norme regolamentari relative al riconoscimento dell'idoneità alla direzione ed alla conduzione degli impianti nucleari, ai sensi dell'articolo 9 della legge 31 dicembre 1962, n. 1860, il comma 2 dell'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1970, n. 1450, è così modificato: «La Commissione è composta: a) da un ispettore medico del lavoro, designato dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, che la presiede; b) da uno specialista in psichiatria, o specializzazione equipollente, e da uno specialista in neurologia, o specializzazione equipollente, designati dal Ministero della sanità; c) da un medico iscritto nell'elenco di cui all'articolo 88 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230». 2. Inoltre, in attesa dell'aggiornamento delle norme regolamentari di cui al comma 1, l'articolo 35 del predetto decreto è così modificato: «Le spese per il funzionamento delle commissioni di cui al presente capo sono a carico dell'ANPA, il cui Consiglio di Amministrazione delibererà anche in ordine al trattamento economico da corrispondere. L'ANPA fornirà agli ispettorati provinciali del lavoro gli stampati per il rilascio delle patenti». 2-bis. Negli articoli 9 e 15 del decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1970, n. 1450, sono soppresse le parole: «e non superato 45 anni di età».

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150. Esperti qualificati, medici autorizzati e medici competenti. Documentazione relativa alla sorveglianza fisica e medica. 1. Sino all'emanazione dei decreti di cui agli articoli 78 e 88 valgono le disposizioni di cui all'allegato V. 2. Le iscrizioni negli elenchi nominativi degli esperti qualificati e dei medici autorizzati istituiti dal decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1964, n. 185, conservano a tempo indeterminato la loro validità, numero progressivo e, se presenti, le loro limitazioni all'attività in campo sanitario. 2-bis. Negli elenchi istituiti ai sensi degli articoli 78 e 88 confluiscono con le loro eventuali limitazioni anche i soggetti di cui al comma 2, nonché quelli che abbiano conseguito l'abilitazione entro il 31 dicembre 2000. 3. Le domande di ammissione all'esame di abilitazione presentate entro il 31 dicembre 1995 vengono esaminate e portate a termine secondo le modalità indicate dal decreto del Presidente della Repubblica 12 dicembre 1972, n. 1150. 4. Le commissioni di cui agli articoli 16 e 20 del decreto del Presidente della Repubblica 12 dicembre 1972, n. 1150, rimangono in carica fino al termine di validità previsto dal relativo decreto ministeriale di nomina. 5. [In attesa dell'emanazione dei decreti di cui agli articoli 81, comma 6, e 90, comma 5, la documentazione relativa alla sorveglianza fisica e medica della radioprotezione dei lavoratori esposti è tenuta e conservata secondo le modalità previste nel decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 13 luglio 1990, n. 449, che stabilisce altresì i modelli di tale documentazione]. 6. [In attesa dell'emanazione del decreto di cui all'articolo 81, comma 6, gli obblighi di cui all'articolo 62, comma 2, lettera e) e comma 3, sono adempiuti mediante prospetti, sottoscritti dall'esperto qualificato, compilati in base alla documentazione di cui al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 13 luglio 1990, n. 449].

151. Classificazione degli ambienti di lavoro e dei lavoratori. Particolari modalità di esposizione. 1. Sino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 82 valgono le disposizioni stabilite nell'allegato III. 152. Prima applicazione delle disposizioni concernenti i limiti di esposizione. 1. Sino all'emanazione dei decreti di cui all'articolo 96, commi 1 e 3, al fine di garantire comunque con la massima efficacia la tutela sanitaria dei lavoratori e della popolazione dai rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti, valgono i limiti, i valori, le grandezze ed i criteri stabiliti nell'allegato IV del presente decreto. 152-bis. Ulteriori allegati tecnici per la fase di prima applicazione. 1. Fino all'adozione del decreto di cui al comma 2 dell'articolo 1 valgono le disposizioni dell'allegato I-bis. 2. Fino all'adozione del decreto di cui al comma 5 dell'articolo 18 valgono le disposizioni dell'allegato VII. 3. Fino all'adozione del decreto di cui al comma 1 dell'articolo 26 valgono le disposizioni dell'allegato VIII. 4. Fino all'adozione del decreto di cui al comma 2 dell'articolo 27 valgono le disposizioni dell'allegato IX, anche ai fini di cui al comma 2 dell'articolo 29. 5. Fino all'adozione del decreto di cui al comma 2 dell'articolo 31 valgono le disposizioni dell'allegato X. 6. Fino all'adozione del decreto di cui al comma 2 dell'articolo 74 valgono le disposizioni dell'allegato VI. 7. Fino all'adozione del decreto di cui agli articoli 62, comma 3, 81, comma 6, e 90, comma 5, valgono le disposizioni dell'allegato XI. 8. Fino all'adozione del decreto di cui al comma 2 dell'articolo 115 valgono le disposizioni dell'allegato XII. 9. Fino all'adozione dei decreti di cui al comma 3 dell'articolo 115 valgono le corrispondenti disposizioni emanate ai fini dell'attuazione dell'articolo 108 del decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1964, n. 185.

153. Guide tecniche. 1. L'ANPA, sentiti gli altri enti ed organismi interessati, può elaborare e diffondere, a mezzo di guide, anche in relazione agli standard internazionali, norme di buona tecnica in materia di sicurezza nucleare e protezione sanitaria. 154. Rifiuti con altre caratteristiche di pericolosità. Radionuclidi a vita breve. 1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta formulata d'intesa dai Ministri dell'ambiente e della sanità, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita l'ANPA, sono definiti i criteri e le modalità da rispettare per la gestione dei rifiuti radioattivi che presentano anche caratteristiche di pericolosità diverse dal rischio da radiazioni, nonché per il loro smaltimento nell'ambiente. 2. Le norme del presente decreto non si applicano allo smaltimento di rifiuti radioattivi nell'ambiente, né al loro conferimento a terzi ai fini dello smaltimento, né comunque all'allontanamento di materiali destinati al riciclo o alla riutilizzazione, quando detti rifiuti o materiali contengano solo radionuclidi con tempo di dimezzamento fisico inferiore a settantacinque giorni e in concentrazione non superiore ai valori determinati ai sensi dell'articolo 1, sempre che lo smaltimento avvenga nel rispetto delle disposizioni del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni. 3. I dati relativi ad ogni smaltimento o ad ogni conferimento di rifiuti a terzi, e ad ogni altro allontanamento di materiali, effettuati ai sensi delle disposizioni di cui al comma 2, che dimostrino il rispetto delle condizioni ivi stabilite, debbono essere registrati e trasmessi, su richiesta, all'Agenzia regionale o della provincia autonoma, di cui all'articolo 03 del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496 convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, agli organi del servizio sanitario nazionale competenti per territorio ed all'ANPA. 3-bis. Fuori dei casi di cui al comma 2, l'allontanamento da installazioni soggette ad autorizzazioni di cui ai capi IV, VI e VII di materiali contenenti sostanze radioattive, destinati ad essere smaltiti, riciclati o riutilizzati in installazioni,

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ambienti o, comunque, nell'àmbito di attività ai quali non si applichino le norme del presente decreto, è soggetto ad apposite prescrizioni da prevedere nei provvedimenti autorizzativi di cui ai predetti capi. I livelli di allontanamento da installazioni di cui ai capi IV, VI e VII di materiali, destinati ad essere smaltiti, riciclati o riutilizzati in installazioni, ambienti o, comunque, nell'àmbito di attività ai quali non si applichino le norme del presente decreto debbono soddisfare ai criteri fissati con il decreto di cui all'articolo 1, comma 2, ed a tal fine tengono conto delle direttive, delle raccomandazioni e degli orientamenti tecnici forniti dall'Unione europea.

155. Consultazione del comitato di coordinamento degli interventi per la radioprotezione dei lavoratori e delle popolazioni. 1. Il Comitato di coordinamento degli interventi per la radioprotezione dei lavoratori e delle popolazioni, di cui all'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1980, n. 619, viene consultato dai Ministri dell'ambiente e della sanità ai fini dell'emanazione dei decreti applicativi di loro competenza previsti dal presente decreto, nonché ai fini della predisposizione dei pareri che i ministri suddetti sono chiamati a dare su schemi di decreti applicativi la cui emanazione sia competenza di altri ministri. 2. Nei casi di cui al comma 1, per le materie di competenza anche del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, ai lavori del Comitato è chiamato a partecipare un rappresentante del Ministero stesso. 156. Specifiche modalità applicative per il trasporto. 1. Fermo restando quanto stabilito all'articolo 1, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dei trasporti e della navigazione, di concerto con i Ministri dell'ambiente, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, della sanità e dell'interno, sentita l'ANPA, possono essere indicate specifiche modalità di applicazione delle disposizioni del presente decreto alla attività di trasporto di materie radioattive, anche al fine di un'armonizzazione con le norme internazionali in materia. 157. Sorveglianza radiometrica su materiali. 1. I soggetti che, a scopo industriale o commerciale, compiono operazioni di fusione di rottami o di altri materiali metallici di risulta sono tenuti ad effettuare una sorveglianza radiometrica sui predetti materiali e rottami, al fine di rilevare la presenza in essi di eventuali sorgenti dismesse. Nel caso di ritrovamento si applica quanto disposto dall'articolo 25, comma 3. 2. Agli obblighi di cui al comma 1 sono altresì tenuti i soggetti che esercitano attività, a scopo commerciale, comportanti la raccolta ed il deposito dei predetti materiali e rottami. Sono escluse le attività che comportano esclusivamente il trasporto. 3. Con decreto del Ministro della sanità, di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato, del lavoro e della previdenza sociale e dell'ambiente, sentita l'ANPA, sono stabilite le condizioni di applicazione del presente articolo, indipendentemente dal verificarsi delle condizioni fissate ai sensi delle disposizioni di cui all'articolo 1, e le eventuali esenzioni. 158. Semplificazione dei procedimenti amministrativi. 1. Ai provvedimenti autorizzativi di cui al presente decreto non si applicano le disposizioni previste dall'articolo 2, comma 10, della legge 24 dicembre 1993, n. 537. 159. Altre disposizioni per impianti e laboratori nucleari. 1. Ai fini del coordinamento delle norme del presente decreto con quelle contenute in altre disposizioni di legge, ed in particolare nel decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, per impianti e laboratori nucleari si intendono gli impianti e le installazioni di cui agli articoli 7, 28 e 33 del presente decreto. 160. Termini per l'applicazione.

1. Ove non diversamente previsto ai commi successivi, le disposizioni del presente decreto si applicano a partire dal 1 gennaio dell'anno successivo alla data di pubblicazione del presente decreto sulla Gazzetta Ufficiale. 2. Le disposizioni di cui agli articoli 18, 19, 20, 21, commi 3, 22, 24, 26, 27, 30, 31, 33, 34, 98, 101 e 105, secondo periodo, si applicano tre mesi dopo l'entrata in vigore dei decreti previsti negli stessi articoli. 3. Le disposizioni di cui al capo VIII relative alla sorveglianza medica dei lavoratori non classificati in categoria A si

applicano dal 1 luglio dell'anno successivo alla data di pubblicazione del presente decreto sulla Gazzetta Ufficiale. 4. Le disposizioni di cui all'articolo 107 si applicano tre anni dopo la data di entrata in vigore dei decreti previsti in tale articolo; nelle more, le attività continuano a svolgersi secondo le condizioni già in atto. All'ANPA e all'ISPESL sono attribuite le funzioni di istituti abilitati di cui all'articolo 107, comma 3. 5. Sino alle date a partire dalle quali si applicano le disposizioni richiamate ai commi 1, 2 e 3 conservano efficacia le corrispondenti disposizioni stabilite dal decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1964, n. 185, con le relative modalità e soglie di applicazione. 161. Decreti di attuazione. 1. Le norme di attuazione previste dal presente decreto devono essere emanate entro il 31 dicembre 1995. Tali norme saranno informate ai princìpi del sistema di protezione radiologica di cui all'articolo 2, al fine di garantire con la massima efficacia la protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori e la protezione dell'ambiente, e terranno conto delle indicazioni comunitarie e di quelle delle altre competenti organizzazioni internazionali in materia.

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2. I pareri previsti per l'emanazione delle norme di attuazione di cui al comma 1 debbono essere trasmessi entro novanta giorni dalla richiesta. Trascorso tale termine i pareri si intendono favorevoli. 3. Sulle norme di attuazione di cui al comma 1 è sentita la Conferenza Stato-Regioni ai sensi dell'articolo 12, comma 5, della legge 23 agosto 1988, n. 400. 162. Disposizioni particolari per il Ministero della difesa. 1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro della difesa, sentito il Consiglio interministeriale di coordinamento e consultazione, è emanato il regolamento di sicurezza nucleare e protezione sanitaria per l'amministrazione della difesa. 2. Il regolamento, tenuto conto delle particolari esigenze connesse ai compiti istituzionali delle forze armate in tempo di pace, si uniformerà ai princìpi di radioprotezione fissati nel presente decreto e nella normativa comunitaria cosicché sia garantita la protezione della popolazione e dei lavoratori contro i rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti. 163. Abrogazione. 1. È abrogato il decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1964, n. 185. 2. I riferimenti al decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1964, n. 185, contenuti in leggi, decreti, regolamenti, circolari, si intendono riferiti ai corrispondenti istituti del presente decreto legislativo.

OMISSIS ALLEGATI E TABELLE.

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Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22. Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Considerato che lo Stato italiano si è assunto il dovere di recepire nell'ordinamento interno le direttive dell'Unione Europea e che, per effetto degli articoli 10 e 11 della Costituzione, le norme contenute in dette direttive, se di applicazione incondizionata, prevalgono nei settori di competenza, sempre nel rispetto dei princìpi fondamentali dell'ordinamento e dei diritti inalienabili della persona umana garantiti dalla Costituzione; Viste le direttive CE 91/156, 91/689 e 94/62, che costituiscono un sistema compiuto di disciplina del settore dei rifiuti, al quale è necessario fare riferimento per rinvenire le linee di intervento cui il legislatore nazionale è comunque tenuto ad adeguarsi nel recepimento delle direttive stesse; Visto l'articolo 1 della legge 22 febbraio 1994, n. 146, recante delega al Governo per l'attuazione delle direttive 91/156/CEE, del Consiglio del 18 marzo 1991, che modifica la direttiva 75/442/CEE relativa ai rifiuti, e 91/689/CEE, del Consiglio del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti pericolosi, come modificata dalla direttiva 94/31/CE, del Consiglio del 27 giugno 1994; Visti gli articoli 2, 36 e 38 della legge 22 febbraio 1994, n. 146; Visto l'articolo 1 della legge 6 febbraio 1996, n. 52, recante delega al Governo per l'attuazione della direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994, sugli imballaggi e rifiuti di imballaggio; Visti gli articoli 3, 6 e 43 della legge 6 febbraio 1996, n. 52; Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 20 settembre 1996; Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 30 dicembre 1996; Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato, della sanità, dei trasporti e della navigazione, delle risorse agricole, alimentari e forestali, dell'interno, delle finanze, per la funzione pubblica e gli affari regionali, degli affari esteri, di grazia e giustizia e del tesoro; In applicazione degli articoli 76 e 87 della Costituzione; Emana il seguente decreto legislativo:

TITOLO I Gestione dei rifiutiCapo I - Princìpi generali

1. Campo d'applicazione. 1. Il presente decreto disciplina la gestione dei rifiuti, dei rifiuti pericolosi, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggi, fatte salve disposizioni specifiche particolari o complementari, conformi ai princìpi del presente decreto, adottate in attuazione di direttive comunitarie che disciplinano la gestione di determinate categorie di rifiuti. 2. Le regioni a statuto ordinario regolano la materia disciplinata dal presente decreto nel rispetto delle disposizioni in esso contenute che costituiscono princìpi fondamentali della legislazione statale ai sensi dell'articolo 117, comma 1, della Costituzione. 3. Le disposizioni di principio del presente decreto costituiscono norme di riforma economico-sociale nei confronti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome aventi competenza esclusiva in materia, le quali provvedono ad adeguare i rispettivi ordinamenti entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto. 2. Finalità. 1. La gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse ed è disciplinata dal presente decreto al fine di assicurare un'elevata protezione dell'ambiente e controlli efficaci, tenendo conto della specificità dei rifiuti pericolosi. 2. I rifiuti devono essere recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente e, in particolare: a) senza determinare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo e per la fauna e la flora; b) senza causare inconvenienti da rumori o odori; c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente. 3. La gestione dei rifiuti si conforma ai princìpi di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell'utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nel rispetto dei princìpi dell'ordinamento nazionale e comunitario. 4. Per il conseguimento delle finalità del presente decreto lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'àmbito delle rispettive competenze ed in conformità alle disposizioni che seguono, adottano ogni opportuna azione avvalendosi, anche mediante accordi e contratti di programma, di soggetti pubblici e privati qualificati. 3. Prevenzione della produzione di rifiuti. 1. Le autorità competenti adottano, ciascuna nell'àmbito delle proprie attribuzioni, iniziative dirette a favorire, in via prioritaria, la prevenzione e la riduzione della produzione e della pericolosità dei rifiuti mediante: a) lo sviluppo di tecnologie pulite, in particolare quelle che consentono un maggiore risparmio di risorse naturali;

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b) la promozione di strumenti economici, eco-bilanci, sistemi di eco-audit, analisi del ciclo di vita dei prodotti, azioni di informazione e di sensibilizzazione dei consumatori, nonché lo sviluppo del sistema di marchio ecologico ai fini della corretta valutazione dell'impatto di uno specifico prodotto sull'ambiente durante l'intero ciclo di vita del prodotto medesimo; c) la messa a punto tecnica e l'immissione sul mercato di prodotti concepiti in modo da non contribuire o da contribuire il meno possibile, per la loro fabbricazione, il loro uso od il loro smaltimento, ad incrementare la quantità, il volume e la pericolosità dei rifiuti ed i rischi di inquinamento; d) lo sviluppo di tecniche appropriate per l'eliminazione di sostanze pericolose contenute nei rifiuti destinati ad essere recuperati o smaltiti; e) la determinazione di condizioni di appalto che valorizzino le capacità e le competenze tecniche in materia di prevenzione della produzione di rifiuti; f) la promozione di accordi e contratti di programma finalizzati alla prevenzione ed alla riduzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti. 4. Recupero dei rifiuti. 1. Ai fini di una corretta gestione dei rifiuti le autorità competenti favoriscono la riduzione dello smaltimento finale dei rifiuti attraverso: a) il reimpiego ed il riciclaggio; b) le altre forme di recupero per ottenere materia prima dai rifiuti; c) l'adozione di misure economiche e la determinazione di condizioni di appalto che prevedano l'impiego dei materiali recuperati dai rifiuti al fine di favorire il mercato dei materiali medesimi; d) l'utilizzazione principale dei rifiuti come combustibile o come altro mezzo per produrre energia. 2. Il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero di materia prima debbono essere considerati preferibili rispetto alle altre forme di recupero. 3. Al fine di favorire e incrementare le attività di riutilizzo, di riciclaggio e di recupero le autorità competenti ed i produttori promuovono analisi dei cicli di vita dei prodotti, eco-bilanci, informazioni e tutte le altre iniziative utili. 4. Le autorità competenti promuovono e stipulano accordi e contratti di programma con i soggetti economici interessati al fine di favorire il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti, con particolare riferimento al reimpiego di materie prime e di prodotti ottenuti dalla raccolta differenziata con la possibilità di stabilire agevolazioni in materia di adempimenti amministrativi nel rispetto delle norme comunitarie ed il ricorso a strumenti economici. 5. Smaltimento dei rifiuti. 1. Lo smaltimento dei rifiuti deve essere effettuato in condizioni di sicurezza e costituisce la fase residuale della gestione dei rifiuti. 2. I rifiuti da avviare allo smaltimento finale devono essere il più possibile ridotti potenziando la prevenzione e le attività di riutilizzo, di riciclaggio e di recupero. 3. Lo smaltimento dei rifiuti è attuato con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti di smaltimento, che tenga conto delle tecnologie più perfezionate a disposizione che non comportino costi eccessivi, al fine di: a) realizzare l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi in ambiti territoriali ottimali; b) permettere lo smaltimento dei rifiuti in uno degli impianti appropriati più vicini, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti; c) utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione dell'ambiente e della salute pubblica. 4. A partire dal 1° gennaio 1999 la realizzazione e la gestione di nuovi impianti di incenerimento possono essere autorizzate solo se il relativo processo di combustione è accompagnato da recupero energetico con una quota minima di trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in energia utile, calcolata su base annuale, stabilita con apposite norme tecniche. 5. Dal 1° gennaio 1999 è vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi gli accordi regionali o internazionali esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto. Eventuali nuovi accordi regionali potranno essere promossi nelle forme previste dalla legge 8 giugno 1990, n. 142, qualora gli aspetti territoriali e l'opportunità tecnico-economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano. 6. [Dal 1° gennaio 2000 è consentito smaltire in discarica solo i rifiuti inerti, i rifiuti individuati da specifiche norme tecniche ed i rifiuti che residuano dalle operazioni di riciclaggio, di recupero e di smaltimento di cui ai punti D2, D8, D9, D10 e D11 di cui all'allegato B. Per casi di comprovata necessità e per periodi di tempo determinati il Presidente della regione, d'intesa con il Ministro dell'ambiente, può autorizzare lo smaltimento in discarica nel rispetto di apposite prescrizioni tecniche e delle norme vigenti in materia]. 6-bis. [L'autorizzazione di cui al comma 6 deve indicare i presupposti della deroga e gli interventi previsti per superare la situazione di necessità, con particolare riferimento ai fabbisogni, alla tipologia e alla natura dei rifiuti da smaltire in discarica, alle iniziative ed ai tempi di attuazione delle stesse, nonché alle eventuali integrazioni del piano regionale. Ai fini dell'acquisizione dell'intesa il Ministro dell'ambiente si pronuncia entro 90 giorni dal ricevimento del relativo provvedimento, decorso inutilmente tale termine l'intesa si intende acquisita].

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6. Definizioni. 1. Ai fini del presente decreto si intende per: a) rifiuto: qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell'allegato A e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi; b) produttore: la persona la cui attività ha prodotto rifiuti e la persona che ha effettuato operazioni di pretrattamento o di miscuglio o altre operazioni che hanno mutato la natura o la composizione dei rifiuti; c) detentore: il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che li detiene; d) gestione: la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni, nonché il controllo delle discariche e degli impianti di smaltimento dopo la chiusura; e) raccolta: l'operazione di prelievo, di cernita e di raggruppamento dei rifiuti per il loro trasporto; f) raccolta differenziata: la raccolta idonea a raggruppare i rifiuti urbani in frazioni merceologiche omogenee; g) smaltimento: le operazioni previste nell'allegato B; h) recupero: le operazioni previste nell'allegato C; i) luogo di produzione dei rifiuti: uno o più edifici o stabilimenti o siti infrastrutturali collegati tra loro all'interno di un'area delimitata in cui si svolgono le attività di produzione dalle quali originano i rifiuti; l) stoccaggio: le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito preliminare di rifiuti di cui al punto D15 dell'allegato B, nonché le attività di recupero consistenti nelle operazioni di messa in riserva di materiali di cui al punto R13 dell'allegato C; m) deposito temporaneo: il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti alle seguenti condizioni: 1) i rifiuti depositati non devono contenere policlorodibenzodiossine, policlorodibenzofurani, policlorodibenzofenoli in quantità superiore a 2,5 ppm né policlorobifenile, policlorotrifenili in quantità superiore a 25 ppm; 2) i rifiuti pericolosi devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento con cadenza almeno bimestrale indipendentemente dalle quantità in deposito, ovvero, in alternativa, quando il quantitativo di rifiuti pericolosi in deposito raggiunge i 10 metri cubi; il termine di durata del deposito temporaneo è di un anno se il quantitativo di rifiuti in deposito non supera i 10 metri cubi nell'anno o se, indipendentemente dalle quantità, il deposito temporaneo è effettuato in stabilimenti localizzati nelle isole minori; 3) i rifiuti non pericolosi devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento con cadenza almeno trimestrale indipendentemente dalle quantità in deposito, ovvero, in alternativa, quando il quantitativo di rifiuti non pericolosi in deposito raggiunge i 20 metri cubi; il termine di durata del deposito temporaneo è di un anno se il quantitativo di rifiuti in deposito non supera i 20 metri cubi nell'anno o se, indipendentemente dalle quantità, il deposito temporaneo è effettuato in stabilimenti localizzati nelle isole minori; 4) il deposito temporaneo deve essere effettuato per tipi omogenei e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute; 5) devono essere rispettate le norme che disciplinano l'imballaggio e l'etichettatura dei rifiuti pericolosi; 6) [deve essere data notizia alla Provincia del deposito temporaneo di rifiuti pericolosi]; n) bonifica: ogni intervento di rimozione della fonte inquinante e di quanto dalla stessa contaminato fino al raggiungimento dei valori limite conformi all'utilizzo previsto dell'area; o) messa in sicurezza: ogni intervento per il contenimento o isolamento definitivo della fonte inquinante rispetto alle matrici ambientali circostanti; p) combustibile da rifiuti: il combustibile ricavato dai rifiuti urbani mediante trattamento finalizzato all'eliminazione delle sostanze pericolose per la combustione ed a garantire un adeguato potere calorico, e che possieda caratteristiche specificate con apposite norme tecniche; q) composti da rifiuti: prodotto ottenuto dal compostaggio della frazione organica dei rifiuti urbani nel rispetto di apposite norme tecniche finalizzate a definirne contenuti e usi compatibili con la tutela ambientale e sanitaria, e in particolare a definirne i gradi di qualità. 7. Classificazione. 1. Ai fini dell'attuazione del presente decreto i rifiuti sono classificati, secondo l'origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali, e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi. 2. Sono rifiuti urbani: a) i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione; b) i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell'articolo 21, comma 2, lettera g); c) i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade; d) i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua; e) i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali; f) i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui alle lettere b), c) ed e). 3. Sono rifiuti speciali:

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a) i rifiuti da attività agricole e agroindustriali; b) i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti pericolosi che derivano dalle attività di scavo; c) i rifiuti da lavorazioni industriali, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 8, comma 1, lettera f-quater); d) i rifiuti da lavorazioni artigianali; e) i rifiuti da attività commerciali; f) i rifiuti da attività di servizio; g) i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi; h) i rifiuti derivanti da attività sanitarie; i) i macchinari e le apparecchiature deteriorati ed obsoleti; l) i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti; l-bis) il combustibile derivato da rifiuti. 4. Sono pericolosi i rifiuti non domestici precisati nell'elenco di cui all'allegato D sulla base degli allegati G, H ed I . 8. Esclusioni. 1. Sono esclusi dal campo di applicazione del presente decreto gli effluenti gassosi emessi nell'atmosfera, nonché, in quanto disciplinati da specifiche disposizioni di legge: a) i rifiuti radioattivi; b) i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall'estrazione, dal trattamento, dall'ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave; c) le carogne ed i seguenti rifiuti agricoli: materie fecali ed altre sostanze naturali non pericolose utilizzate nell'attività agricola ed in particolare i materiali litoidi o vegetali riutilizzati nelle normali pratiche agricole e di conduzione dei fondi rustici e le terre da coltivazione provenienti dalla pulizia dei prodotti vegetali eduli; c-bis) i residui e le eccedenze derivanti dalle preparazioni nelle cucine di qualsiasi tipo di cibi solidi, cotti e crudi, non entrati nel circuito distributivo di somministrazione, destinati alle strutture di ricovero di animali di affezione di cui alla legge 14 agosto 1991, n. 281, e successive modificazioni, nel rispetto della vigente normativa; d) [le attività di trattamento degli scarti che danno origine ai fertilizzanti, individuati con riferimento alla tipologia e alle modalità d'impiego ai sensi della legge 19 ottobre 1984, n. 748, e successive modifiche ed integrazioni. Agli insediamenti che producono fertilizzanti anche con l'impiego di scarti si applicano le disposizioni di cui all'articolo 33]; e) le acque di scarico, esclusi i rifiuti allo stato liquido; f) i materiali esplosivi in disuso; f-bis) le terre e le rocce da scavo destinate all'effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati, con esclusione di materiali provenienti da siti inquinati e da bonifiche con concentrazione di inquinanti superiore ai limiti di accettabilità stabiliti dalle norme vigenti; f-ter) i materiali vegetali non contaminati da inquinanti in misura superiore ai limiti stabiliti dal decreto 25 ottobre 1999, n. 471, del Ministro dell'ambiente, provenienti da alvei di scolo ed irrigui, utilizzabili tal quale come prodotto; f-quater) il coke da petrolio utilizzato come combustibile per uso produttivo. 1-bis. Non sono in ogni caso assimilabili ai rifiuti urbani i rifiuti derivanti dalle lavorazioni di minerali e di materiali da cava. 2. [Sono altresì esclusi dal campo di applicazione del presente decreto: a) i materiali litoidi o vegetali riutilizzati nelle normali pratiche agricole o di conduzione dei fondi rustici comprese le terre da coltivazione provenienti dalla pulizia dei prodotti vegetali eduli; b) le frazioni merceologiche provenienti da raccolte finalizzate effettuate direttamente da associazioni, organizzazioni ed istituzioni che operano per scopi ambientali o caritatevoli, senza fini di lucro; c) i materiali non pericolosi che derivano dall'attività di scavo]. 3. [Le attività di recupero di cui all'allegato C effettuate nel medesimo luogo di produzione dei rifiuti, ad eccezione del recupero dei rifiuti come combustibile o altro mezzo per produrre energia, in quanto parte integrante del ciclo di produzione, sono escluse dal campo di applicazione del presente decreto]. 4. [Le disposizioni del presente decreto si applicano agli scarti dell'industria alimentare destinati al consumo umano od animale qualora gli stessi non siano disciplinati da specifiche norme di tutela igienico-sanitaria]. 9. Divieto di miscelazione di rifiuti pericolosi. 1. È vietato miscelare categorie diverse di rifiuti pericolosi di cui all'allegato G ovvero rifiuti pericolosi di cui all'allegato G con rifiuti non pericolosi. 2. In deroga al divieto di cui al comma 1, la miscelazione di rifiuti pericolosi tra loro o con altri rifiuti, sostanze o materiali, può essere autorizzata ai sensi dell'articolo 28 qualora siano rispettate le condizioni di cui all'articolo 2, comma 2, ed al fine di rendere più sicuro il recupero e lo smaltimento dei rifiuti. 3. Fatta salva l'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 51, comma 5, chiunque viola il divieto di cui al comma 1 è tenuto a procedere a proprie spese alla separazione dei rifiuti miscelati qualora sia tecnicamente ed economicamente possibile e per soddisfare le condizioni di cui all'articolo 2, comma 2. 10. Oneri dei produttori e dei detentori.

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1. Gli oneri relativi alle attività di smaltimento sono a carico del detentore che consegna i rifiuti ad un raccoglitore autorizzato o ad un soggetto che effettua le operazioni individuate nell'allegato B al presente decreto, e dei precedenti detentori o del produttore dei rifiuti. 2. Il produttore dei rifiuti speciali assolve i propri obblighi con le seguenti priorità: a) autosmaltimento dei rifiuti; b) conferimento dei rifiuti a terzi autorizzati ai sensi delle disposizioni vigenti; c) conferimento dei rifiuti ai soggetti che gestiscono il servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani, con i quali sia stata stipulata apposita convenzione; d) esportazione dei rifiuti con le modalità previste dall'articolo 16 del presente decreto. 3. La responsabilità del detentore per il corretto recupero o smaltimento dei rifiuti è esclusa: a) in caso di conferimento dei rifiuti al servizio pubblico di raccolta; b) in caso di conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di smaltimento, a condizione che il detentore abbia ricevuto il formulario di cui all'articolo 15 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore, ovvero alla scadenza del predetto termine abbia provveduto a dare comunicazione alla provincia della mancata ricezione del formulario. Per le spedizioni transfrontaliere di rifiuti tale termine è elevato a sei mesi e la comunicazione deve essere effettuata alla regione. 11. Catasto dei rifiuti. 1. Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Ministro dell'ambiente, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano di cui all'articolo 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400 , provvede con proprio decreto alla riorganizzazione del Catasto dei rifiuti istituito ai sensi dell'articolo 3 del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397 , convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, e successive modificazioni, in modo da assicurare un quadro conoscitivo completo e costantemente aggiornato, anche ai fini della pianificazione delle connesse attività di gestione, sulla base del sistema di raccolta dei dati relativi alla gestione dei rifiuti di cui alla legge 25 gennaio 1994, n. 70, utilizzando la nomenclatura prevista nel Catalogo europeo dei rifiuti istituito con decisione della Commissione delle Comunità Europee del 20 dicembre 1993, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee n. 5 del 7 gennaio 1994. 2. Il Catasto è articolato in una sezione nazionale, che ha sede in Roma presso l'Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente (ANPA) e in sezioni regionali o delle province autonome presso le corrispondenti Agenzie regionali e delle province autonome per la protezione dell'ambiente (ARPA) e, ove tali Agenzie non siano ancora costituite, presso la Regione. 3. Chiunque effettua a titolo professionale attività di raccolta e di trasporto di rifiuti, compresi i commercianti e gli intermediari di rifiuti, ovvero svolge le operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti, nonché le imprese e gli enti che producono rifiuti pericolosi e le imprese e gli enti che producono rifiuti non pericolosi di cui all'articolo 7, comma 3, lettere c), d) e g), sono tenuti a comunicare annualmente con le modalità previste dalla legge 25 gennaio 1994, n. 70 , le quantità e le caratteristiche qualitative dei rifiuti oggetto delle predette attività. Sono esonerati da tale obbligo gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile con un volume di affari annuo non superiore a lire quindicimilioni e, limitatamente alla produzione di rifiuti non pericolosi, i piccoli imprenditori artigiani di cui all'articolo 2083 del codice civile che non hanno più di tre dipendenti. Nel caso in cui i produttori di rifiuti conferiscano i medesimi al Servizio pubblico di raccolta, la comunicazione è effettuata dal gestore del servizio limitatamente alla quantità conferita. 4. I comuni, o loro consorzi o comunità montane ovvero aziende speciali con finalità di smaltimento dei rifiuti urbani e assimilati comunicano annualmente secondo le modalità previste dalla legge 25 gennaio 1994, n. 70, le seguenti informazioni relative all'anno precedente: a) la quantità dei rifiuti urbani raccolti nel proprio territorio; b) i soggetti che hanno provveduto alla gestione dei rifiuti, specificando le operazioni svolte, le tipologie e la quantità dei rifiuti gestiti da ciascuno; c) i costi di gestione e di ammortamento tecnico e finanziario degli investimenti per le attività di gestione dei rifiuti, nonché i proventi della tariffa di cui all'articolo 49; d) i dati relativi alla raccolta differenziata. 5. Le Sezioni regionali e provinciali e delle Province autonome del Catasto provvedono all'elaborazione dei dati ed alla successiva trasmissione alla Sezione nazionale entro 30 giorni dal ricevimento, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, della legge 25 gennaio 1994, n. 70, delle informazioni di cui ai commi 3 e 4. L'ANPA elabora i dati, evidenziando le tipologie e le quantità dei rifiuti prodotti, raccolti, trasportati, recuperati e smaltiti, nonché gli impianti di smaltimento e di recupero in esercizio, e ne assicura la pubblicità. 6. Fino all'emanazione del decreto di cui al comma 1 continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti in materia. 7. La riorganizzazione del Catasto di cui ai commi 1 e 2 non deve comportare oneri ulteriori ed aggiuntivi per il bilancio dello Stato. 12. Registri di carico e scarico. 1. I soggetti di cui all'articolo 11, comma 3, hanno l'obbligo di tenere un registro di carico e scarico, con fogli numerati e vidimati dall'Ufficio del registro, su cui devono annotare, le informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti, da utilizzare ai fini della comunicazione annuale al Catasto. Le annotazioni devono essere effettuate:

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a) per i produttori almeno entro una settimana dalla produzione del rifiuto e dallo scarico del medesimo; b) per i soggetti che effettuano la raccolta e il trasporto almeno entro una settimana dalla effettuazione del trasporto; c) per i commercianti e gli intermediari almeno entro una settimana dalla effettuazione della transazione relativa; d) per i soggetti che effettuano le operazioni di recupero e di smaltimento entro ventiquattro ore dalla presa in carico dei rifiuti. 2. Il registro tenuto dagli stabilimenti e dalle imprese che svolgono attività di smaltimento e di recupero di rifiuti deve, inoltre, contenere: a) l'origine, la quantità, le caratteristiche e la destinazione specifica dei rifiuti; b) la data del carico e dello scarico dei rifiuti ed il mezzo di trasporto utilizzato; c) il metodo di trattamento impiegato. 3. I registri sono tenuti presso ogni impianto di produzione, di stoccaggio, di recupero e di smaltimento di rifiuti nonché presso la sede delle imprese che effettuano attività di raccolta e trasporto, e presso la sede dei commercianti e degli intermediari. I registri integrati con i formulari relativi al trasporto dei rifiuti sono conservati per cinque anni dalla data dell'ultima registrazione, ad eccezione dei registri relativi alle operazioni di smaltimento dei rifiuti in discarica, che devono essere conservati a tempo indeterminato ed al termine dell'attività devono essere consegnati all'autorità che ha rilasciato l'autorizzazione. 3-bis. I registri di carico e scarico relativi ai rifiuti prodotti dalle attività di manutenzione delle reti e delle utenze diffuse svolte dai soggetti pubblici e privati titolari di diritti speciali o esclusivi ai sensi della direttiva 93/38/CE attuata con il decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 158 , che installano e gestiscono, direttamente o mediante appaltatori, reti ed impianti per l'erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico, possono essere tenuti, nell'àmbito della provincia dove l'attività è svolta, presso le sedi di coordinamento organizzativo o altro centro equivalente comunicato preventivamente alla provincia medesima. 4. I soggetti la cui produzione annua di rifiuti non eccede le 5 tonnellate di rifiuti non pericolosi ed una tonnellata di rifiuti pericolosi, possono adempiere all'obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico dei rifiuti anche tramite le organizzazioni di categoria interessate o loro società di servizi che provvedono ad annotare i dati previsti con cadenza mensile, mantenendo presso la sede dell'impresa copia dei dati trasmessi. 5. Le informazioni contenute nel registro sono rese in qualunque momento all'autorità di controllo che ne fa richiesta. 6. In attesa dell'individuazione del modello uniforme di registro di carico e scarico e degli eventuali documenti sostitutivi, nonché delle modalità di tenuta degli stessi, continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti che disciplinano le predette modalità di tenuta dei registri. 6-bis. Sono esonerati dall'obbligo di cui al comma 1 i consorzi di cui agli articoli 40, 41, 47 e 48 del presente decreto e i consorzi di cui all'articolo 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, e all'articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95.

13. Ordinanze contingibili e urgenti. 1. Fatto salvo quanto previsto dalle disposizioni vigenti in materia di tutela ambientale, sanitaria e di pubblica sicurezza, qualora si verifichino situazioni di eccezionale ed urgente necessità di tutela della salute pubblica e dell'ambiente, e non si possa altrimenti provvedere, il Presidente della giunta regionale o il Presidente della provincia ovvero il sindaco possono emettere, nell'àmbito delle rispettive competenze, ordinanze contingibili ed urgenti per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti, anche in deroga alle disposizioni vigenti, garantendo un elevato livello di tutela della salute e dell'ambiente. Dette ordinanze sono comunicate al Ministro dell'ambiente, al Ministro della sanità e al presidente della regione entro tre giorni dall'emissione ed hanno efficacia per un periodo non superiore a sei mesi. 2. Entro centoventi giorni dall'adozione delle ordinanze di cui al comma 1, il Presidente della Giunta regionale promuove ed adotta le iniziative necessarie per garantire la raccolta differenziata, il riutilizzo, il riciclaggio e lo smaltimento dei rifiuti. In caso di inutile decorso del termine e di accertata inattività, il Ministro dell'ambiente diffida il Presidente della Giunta regionale a provvedere entro un congruo termine, e in caso di protrazione dell'inerzia può adottare in via sostitutiva tutte le iniziative necessarie ai predetti fini. 3. Le ordinanze di cui al comma 1 indicano le norme a cui si intende derogare e sono adottate su parere degli organi tecnici o tecnico-sanitari locali, che lo esprimono con specifico riferimento alle conseguenze ambientali. 4. Le ordinanze di cui al comma 1 non possono essere reiterate per più di due volte. Qualora ricorrano comprovate necessità, il Presidente della regione d'intesa con il Ministro dell'ambiente può adottare, sulla base di specifiche prescrizioni, le ordinanze di cui al comma 1 anche oltre i predetti termini. 5. Le ordinanze di cui al comma 1 che consentono il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti pericolosi sono comunicate dal Ministro dell'ambiente alla Commissione dell'Unione Europea. 14. Divieto di abbandono. 1. L'abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati. 2. È altresì vietata l'immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee. 3. Fatta salva l'applicazione delle sanzioni di cui agli articoli 50 e 51, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi

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in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa. Il sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate. 4. Qualora la responsabilità del fatto illecito di cui al comma 1 sia imputabile ad amministratori o rappresentanti di persona giuridica, ai sensi e per gli effetti del comma 3 sono tenuti in solido la persona giuridica ed i soggetti che subentrano nei diritti della persona stessa. 15. Trasporto dei rifiuti. 1. Durante il trasporto effettuato da enti o imprese i rifiuti sono accompagnati da un formulario di identificazione dal quale devono risultare, in particolare, i seguenti dati: a) nome ed indirizzo del produttore e del detentore; b) origine, tipologia e quantità del rifiuto; c) impianto di destinazione; d) data e percorso dell'istradamento; e) nome ed indirizzo del destinatario. 2. Il formulario di identificazione di cui al comma 1 deve essere redatto in quattro esemplari, compilato, datato e firmato dal detentore dei rifiuti, e controfirmato dal trasportatore. Una copia del formulario deve rimanere presso il detentore, e le altre tre, controfirmate e datate in arrivo dal destinatario, sono acquisite una dal destinatario e due dal trasportatore, che provvede a trasmetterne una al detentore. Le copie del formulario devono essere conservate per cinque anni. 3. Durante la raccolta ed il trasporto i rifiuti pericolosi devono essere imballati ed etichettati in conformità alle norme vigenti in materia. 4. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano al trasporto di rifiuti urbani effettuato dal soggetto che gestisce il servizio pubblico né ai trasporti di rifiuti che non eccedano la quantità di trenta chilogrammi al giorno o di trenta litri al giorno effettuati dal produttore dei rifiuti stessi. 5. Il modello uniforme di formulario di identificazione di cui al comma 1 è adottato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. 5-bis. I formulari di identificazione di cui al comma 1 devono essere numerati e vidimati dall'ufficio del registro o dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, e devono essere annotati sul registro IVA-acquisti. La vidimazione dei predetti formulari di identificazione è gratuita e non è soggetta ad alcun diritto o imposizione tributaria.

16. Spedizioni transfrontaliere. 1. Le spedizioni transfrontaliere dei rifiuti sono disciplinate dal regolamento CEE n. 259/93 del Consiglio del 1° febbraio 1993, e successive modifiche ed integrazioni. 2. Sono fatti salvi, ai sensi dell'articolo 19 del regolamento CEE n. 259/93, gli accordi in vigore tra lo Stato della Città del Vaticano, la Repubblica di San Marino e la Repubblica italiana. Alle importazioni di rifiuti solidi urbani e assimilati provenienti dallo Stato della Città del Vaticano e dalla Repubblica di San Marino non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 20 del regolamento CEE n. 259/93. 3. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto il Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato, della sanità, del tesoro e dei trasporti e della navigazione, nel rispetto delle norme del regolamento CEE n. 259/93 disciplina: a) i criteri per il calcolo degli importi minimi delle garanzie finanziarie da prestare per le spedizioni dei rifiuti, di cui all'articolo 27 del regolamento; b) le spese amministrative poste a carico dei notificatori ai sensi dell'articolo 33, paragrafo 1, del regolamento; c) le specifiche modalità per il trasporto dei rifiuti prodotti negli Stati di cui al comma 2. 4. Ai sensi e per gli effetti del regolamento: a) le autorità competenti di spedizione e di destinazione sono le regioni e le province autonome; b) l'autorità di transito è il Ministero dell'ambiente; c) corrispondente è il Ministero dell'ambiente. 5. Le Regioni e le Province autonome comunicano le informazioni di cui all'articolo 38 del regolamento CEE n. 259/93 al Ministero dell'ambiente, per il successivo inoltro alla Commissione dell'Unione Europea. 17. Bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati. 1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto il Ministro dell'ambiente, avvalendosi dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (ANPA), di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, definisce: a) i limiti di accettabilità della contaminazione dei suoli, delle acque superficiali e delle acque sotterranee in relazione alla specifica destinazione d'uso dei siti; b) le procedure di riferimento per il prelievo e l'analisi dei campioni; c) i criteri generali per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale dei siti inquinati, nonché per la redazione dei progetti di bonifica;

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c-bis) tutte le operazioni di bonifica di suoli e falde acquifere che facciano ricorso a batteri, a ceppi batterici mutanti, a stimolanti di batteri naturalmente presenti nel suolo al fine di evitare i rischi di contaminazione del suolo e delle falde acquifere. 1-bis. I censimenti di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 16 maggio 1989, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 121 del 26 maggio 1989, sono estesi alle aree interne ai luoghi di produzione, raccolta, smaltimento e recupero dei rifiuti, in particolare agli impianti a rischio di incidente rilevante di cui al D.P.R. 17 maggio 1988, n. 175, e successive modificazioni. Il Ministro dell'ambiente dispone, eventualmente attraverso accordi di programma con gli enti provvisti delle tecnologie di rilevazione più avanzate, la mappatura nazionale dei siti oggetto dei censimenti e la loro verifica con le regioni. 2. Chiunque cagiona, anche in maniera accidentale, il superamento dei limiti di cui al comma 1, lettera a), ovvero determina un pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti medesimi, è tenuto a procedere a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale delle aree inquinate e degli impianti dai quali deriva il pericolo di inquinamento. A tal fine: a) deve essere data, entro 48 ore, notifica al Comune, alla Provincia ed alla Regione territorialmente competenti, nonché agli organi di controllo sanitario e ambientale, della situazione di inquinamento ovvero del pericolo concreto ed attuale di inquinamento del sito; b) entro le quarantotto ore successive alla notifica di cui alla lettera a), deve essere data comunicazione al Comune ed alla Provincia ed alla Regione territorialmente competenti degli interventi di messa in sicurezza adottati per non aggravare la situazione di inquinamento o di pericolo di inquinamento, contenere gli effetti e ridurre il rischio sanitario ed ambientale; c) entro trenta giorni dall'evento che ha determinato l'inquinamento ovvero dalla individuazione della situazione di pericolo, deve essere presentato al Comune ed alla Regione il progetto di bonifica delle aree inquinate. 3. I soggetti e gli organi pubblici che nell'esercizio delle proprie funzioni istituzionali individuano siti nei quali i livelli di inquinamento sono superiori ai limiti previsti, ne danno comunicazione al Comune, che diffida il responsabile dell'inquinamento a provvedere ai sensi del comma 2, nonché alla Provincia ed alla Regione. 4. Il Comune approva il progetto ed autorizza la realizzazione degli interventi previsti entro novanta giorni dalla data di presentazione del progetto medesimo e ne dà comunicazione alla Regione. L'autorizzazione indica le eventuali modifiche ed integrazioni del progetto presentato, ne fissa i tempi, anche intermedi, di esecuzione, e stabilisce le garanzie finanziarie che devono essere prestate a favore della Regione per la realizzazione e l'esercizio degli impianti previsti dal progetto di bonifica medesimo. Se l'intervento di bonifica e di messa in sicurezza riguarda un'area compresa nel territorio di più comuni il progetto e gli interventi sono approvati ed autorizzati dalla Regione. 5. Entro sessanta giorni dalla data di presentazione del progetto di bonifica la Regione può richiedere al Comune che siano apportate modifiche ed integrazioni ovvero stabilite specifiche prescrizioni al progetto di bonifica. 6. Qualora la destinazione d'uso prevista dagli strumenti urbanistici in vigore imponga il rispetto di limiti di accettabilità di contaminazione che non possono essere raggiunti neppure con l'applicazione delle migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili, l'autorizzazione di cui al comma 4 può prescrivere l'adozione di misure di sicurezza volte ad impedire danni derivanti dall'inquinamento residuo, da attuarsi in via prioritaria con l'impiego di tecniche e di ingegneria ambientale, nonché limitazioni temporanee o permanenti all'utilizzo dell'area bonificata rispetto alle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti, ovvero particolari modalità per l'utilizzo dell'area medesima. Tali prescrizioni comportano, ove occorra, variazione degli strumenti urbanistici e dei piani territoriali. 6-bis. Gli interventi di bonifica dei siti inquinati possono essere assistiti, sulla base di apposita disposizione legislativa di finanziamento, da contributo pubblico entro il limite massimo del 50 per cento delle relative spese qualora sussistano preminenti interessi pubblici connessi ad esigenze di tutela igienico-sanitaria e ambientale o occupazionali. Ai predetti contributi pubblici non si applicano le disposizioni di cui ai commi 10 e 11. 7. L'autorizzazione di cui al comma 4 costituisce variante urbanistica, comporta dichiarazione di pubblica utilità, di urgenza e di indifferibilità dei lavori, e sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vigente per la realizzazione e l'esercizio degli impianti e delle attrezzature necessarie all'attuazione del progetto di bonifica. 8. Il completamento degli interventi previsti dai progetti di cui al comma 2, lettera c), è attestato da apposita certificazione rilasciata dalla Provincia competente per territorio. 9. Qualora i responsabili non provvedano ovvero non siano individuabili, gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale sono realizzati d'ufficio dal Comune territorialmente competente e ove questo non provveda dalla Regione, che si avvale anche di altri enti pubblici. Al fine di anticipare le somme per i predetti interventi le Regioni possono istituire appositi fondi nell'àmbito delle proprie disponibilità di bilancio. 10. Gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale nonché la realizzazione delle eventuali misure di sicurezza costituiscono onere reale sulle aree inquinate di cui ai commi 2 e 3. L'onere reale deve essere indicato nel certificato di destinazione urbanistica ai sensi e per gli effetti dell'articolo 18, comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 . 11. Le spese sostenute per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale delle aree inquinate nonché per la realizzazione delle eventuali misure di sicurezza, ai sensi dei commi 2 e 3, sono assistite da privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2748, secondo comma, del codice civile. Detto

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privilegio si può esercitare anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi sull'immobile. Le predette spese sono altresì assistite da privilegio generale mobiliare. 11-bis. Nel caso in cui il sito inquinato sia soggetto a sequestro, l'autorità giudiziaria che lo ha disposto autorizza l'accesso al sito per l'esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale delle aree, anche al fine di impedire l'ulteriore propagazione degli inquinanti ed il conseguente peggioramento della situazione ambientale. 12. Le Regioni predispongono sulla base delle notifiche dei soggetti interessati ovvero degli accertamenti degli organi di controllo un'anagrafe dei siti da bonificare che individui: a) gli ambiti interessati, la caratterizzazione ed il livello degli inquinanti presenti; b) i soggetti cui compete l'intervento di bonifica; c) gli enti di cui la Regione intende avvalersi per l'esecuzione d'ufficio in caso di inadempienza dei soggetti obbligati; d) la stima degli oneri finanziari. 13. Nel caso in cui il mutamento di destinazione d'uso di un'area comporti l'applicazione dei limiti di accettabilità di contaminazione più restrittivi, l'interessato deve procedere a proprie spese ai necessari interventi di bonifica sulla base di un apposito progetto che è approvato dal Comune ai sensi di cui ai commi 4 e 6. L'accertamento dell'avvenuta bonifica è effettuato, dalla Provincia ai sensi del comma 8. 13-bis. Le procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale disciplinate dal presente articolo possono essere comunque utilizzate ad iniziativa degli interessati. 13-ter. Gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale previsti dal presente articolo vengono effettuati indipendentemente dalla tipologia, dalle dimensioni e dalle caratteristiche dei siti inquinati nonché dalla natura degli inquinamenti. 14. I progetti relativi ad interventi di bonifica di interesse nazionale sono presentati al Ministero dell'ambiente ed approvati, ai sensi e per gli effetti delle disposizioni che precedono, con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità, d'intesa con la Regione territorialmente competente. L'approvazione produce gli effetti di cui al comma 7 e, con esclusione degli impianti di incenerimento e di recupero energetico, sostituisce, ove prevista per legge, la pronuncia di valutazione di impatto ambientale degli impianti da realizzare nel sito inquinato per gli interventi di bonifica. 15. I limiti, le procedure, i criteri generali di cui al comma 1 ed i progetti di cui al comma 14 relativi ad aree destinate alla produzione agricola e all'allevamento sono definiti ed approvati di concerto con il Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali. 15-bis. Il Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica e con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, emana un decreto recante indicazioni ed informazioni per le imprese industriali, consorzi di imprese, cooperative, consorzi tra imprese industriali ed artigiane che intendano accedere a incentivi e finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie di bonifica previsti dalla vigente legislazione. 15-ter. Il Ministero dell'ambiente e le regioni rendono pubblica, rispettivamente, la lista di priorità nazionale e regionale dei siti contaminati da bonificare.

Capo II – Competenze

18. Competenze dello Stato. 1. Spettano allo Stato: a) le funzioni di indirizzo e coordinamento necessarie all'attuazione del presente decreto da adottare ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59; b) la definizione dei criteri generali e delle metodologie per la gestione integrata dei rifiuti, nonché l'individuazione dei fabbisogni per lo smaltimento dei rifiuti sanitari, anche al fine di ridurne la movimentazione; c) l'individuazione delle iniziative e delle misure per prevenire e limitare, anche mediante il ricorso a forme di deposito cauzionale sui beni immessi al consumo, la produzione dei rifiuti, nonché per ridurre la pericolosità degli stessi; d) l'individuazione dei flussi omogenei di produzione dei rifiuti con più elevato impatto ambientale, che presentano le maggiori difficoltà di smaltimento o particolari possibilità di recupero sia per le sostanze impiegate nei prodotti base sia per la quantità complessiva dei rifiuti medesimi; e) la definizione dei piani di settore per la riduzione, il riciclaggio, il recupero e l'ottimizzazione dei flussi di rifiuti; f) l'indicazione delle misure atte ad incoraggiare la razionalizzazione della raccolta, della cernita e del riciclaggio dei rifiuti; g) l'individuazione delle iniziative e delle azioni, anche economiche, per favorire il riciclaggio ed il recupero di materia prima dai rifiuti, nonché per promuovere il mercato dei materiali recuperati dai rifiuti ed il loro impiego da parte della Pubblica Amministrazione e dei soggetti economici; h) l'individuazione degli obiettivi di qualità dei servizi di gestione dei rifiuti; i) la determinazione dei criteri generali per la elaborazione dei piani regionali di cui all'articolo 22, ed il coordinamento dei piani stessi;

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l) l'indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti; m) l'indicazione dei criteri generali per l'organizzazione e l'attuazione della raccolta differenziata dei rifiuti urbani; n) la determinazione d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano dei criteri generali e degli standard di bonifica dei siti inquinati, nonché la determinazione dei criteri per individuare gli interventi di bonifica che, in relazione al rilievo dell'impatto sull'ambiente connesso all'estensione dell'area interessata, alla quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, rivestono interesse nazionale. 2. Sono inoltre di competenza dello Stato: a) l'adozione delle norme tecniche per la gestione dei rifiuti, dei rifiuti pericolosi e di specifiche tipologie di rifiuti, nonché delle norme e delle condizioni per l'applicazione delle procedure semplificate di cui agli articoli 31, 32 e 33; b) la determinazione e la disciplina delle attività di recupero dei prodotti di amianto e dei beni e dei prodotti contenenti amianto; c) la determinazione dei limiti di accettabilità e delle caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche di talune sostanze contenute nei rifiuti in relazione a specifiche utilizzazioni degli stessi; d) la determinazione dei criteri qualitativi e qualiquantitativi per l'assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani; e) la definizione del modello e dei contenuti del formulario di identificazione di cui all'articolo 15, commi 1 e 5; f) la definizione dei metodi, delle procedure e degli standard per il campionamento e l'analisi dei rifiuti; g) la determinazione dei requisiti soggettivi e delle capacità tecniche e finanziarie per l'esercizio delle attività di gestione dei rifiuti; h) la riorganizzazione e la tenuta del Catasto Nazionale dei rifiuti; i) la regolamentazione del trasporto dei rifiuti e la definizione del formulario di cui all'articolo 15; l) l'individuazione delle tipologie di rifiuti che per comprovate ragioni tecniche, ambientali ed economiche possono essere smaltiti direttamente in discarica; m) l'adozione di un modello uniforme del registro di cui all'articolo 12 e la definizione delle modalità di tenuta dello stesso, nonché l'individuazione degli eventuali documenti sostitutivi del registro stesso; n) l'individuazione dei beni durevoli di cui all'articolo 44; o) l'aggiornamento degli allegati al presente decreto; p) l'adozione delle norme tecniche, delle modalità e delle condizioni di utilizzo del prodotto ottenuto mediante compostaggio, con particolare riferimento all'utilizzo agronomico come fertilizzante, ai sensi della legge 19 ottobre 1984, n. 748, e successive modifiche e integrazione, del prodotto di qualità ottenuto mediante compostaggio da rifiuti organici selezionati alla fonte con raccolta differenziata; p-bis) l'autorizzazione allo smaltimento di rifiuti nelle acque marine in conformità alle disposizioni stabilite dalle norme comunitarie e dalle convenzioni internazionali vigenti in materia; tale autorizzazione è rilasciata dal Ministro dell'ambiente, sentito il Ministro delle politiche agricole, su proposta dell'autorità marittima nella cui zona di competenza si trova il porto più vicino al luogo dove deve essere effettuato lo smaltimento ovvero si trova il porto da cui parte la nave con il carico di rifiuti da smaltire. 3. Salvo che non sia diversamente disposto dal presente decreto, le funzioni di cui al comma 1 sono esercitate ai sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano. 4. Salvo che non sia diversamente disposto dal presente decreto, le norme regolamentari e tecniche di cui al comma 2 sono adottate, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreti del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri dell'industria del commercio e dell'artigianato e della sanità, nonché, quando le predette norme riguardano i rifiuti agricoli ed il trasporto dei rifiuti, di concerto, rispettivamente, con i Ministri delle risorse agricole, alimentari e forestali e dei trasporti e della navigazione.

19. Competenze delle Regioni. 1. Sono di competenza delle Regioni, nel rispetto dei princìpi previsti dalla normativa vigente e dal presente decreto: a) la predisposizione, l'adozione e l'aggiornamento, sentiti le Province ed i comuni, dei piani regionali di gestione dei rifiuti di cui all'articolo 22; b) la regolamentazione delle attività di gestione dei rifiuti, ivi compresa la raccolta differenziata dei rifiuti urbani, anche pericolosi, con l'obiettivo prioritario della separazione dei rifiuti di provenienza alimentare, degli scarti di prodotti vegetali e animali, o comunque ad alto tasso di umidità, dai restanti rifiuti; c) l'elaborazione, l'approvazione e l'aggiornamento dei piani per la bonifica di aree inquinate; d) l'approvazione dei progetti di nuovi impianti per la gestione dei rifiuti, anche pericolosi, e l'autorizzazione alle modifiche degli impianti esistenti; e) l'autorizzazione all'esercizio delle operazioni di smaltimento e di recupero dei rifiuti, anche pericolosi; f) le attività in materia di spedizioni transfrontaliere dei rifiuti che il regolamento CEE n. 259/93 attribuisce alle autorità competenti di spedizione e di destinazione; g) la delimitazione, in deroga all'àmbito provinciale, degli àmbiti ottimali per la gestione dei rifiuti urbani e assimilati;

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h) le linee guida ed i criteri per la predisposizione e l'approvazione dei progetti di bonifica e di messa in sicurezza, nonché l'individuazione delle tipologie di progetti non soggetti ad autorizzazione; i) la promozione della gestione integrata dei rifiuti, intesa come il complesso delle attività volte ad ottimizzare il riutilizzo, il riciclaggio, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti; l) l'incentivazione alla riduzione della produzione dei rifiuti ed al recupero degli stessi; m) la definizione dei contenuti della relazione da allegare alla comunicazione di cui agli articoli 31, 32 e 33; n) la definizione dei criteri per l'individuazione, da parte delle Province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti; n-bis) la definizione dei criteri per l'individuazione dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento e la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui all'articolo 18, comma 2, lettera a), di disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare. 2. Per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 le Regioni si avvalgono anche degli organismi individuati ai sensi del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61. 3. Le Regioni privilegiano la realizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti in aree industriali, compatibilmente con le caratteristiche delle aree medesime, incentivando le iniziative di autosmaltimento. Tale disposizione non si applica alle discariche. 4. Le Regioni, sulla base di metodologie di calcolo e della definizione di materiale riciclato stabilite da apposito decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministeri delle attività produttive e della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali, adottano, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del suddetto decreto, le disposizioni occorrenti affinché gli uffici e gli enti pubblici, e le società a prevalente capitale pubblico, anche di gestione dei servizi, coprano il fabbisogno annuale dei manufatti e beni, indicati nel medesimo decreto, con una quota di prodotti ottenuti da materiale riciclato non inferiore al 30 per cento del fabbisogno medesimo. 4-bis. [Nelle aree portuali la gestione dei rifiuti prodotti dalle navi è organizzata dalle autorità portuali, ove istituite, o dalle autorità marittime, che provvedono anche agli adempimenti di cui agli articoli 11 e 12].

20. Competenze delle Province. 1. In attuazione dell'articolo 14 della legge 8 giugno 1990, n. 142, alle Province competono, in particolare: a) le funzioni amministrative concernenti la programmazione e l'organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale; b) il controllo e la verifica degli interventi di bonifica e del monitoraggio ad essi conseguenti; c) il controllo periodico su tutte le attività di gestione, di intermediazione e di commercio dei rifiuti, ivi compreso l'accertamento delle violazioni del presente decreto; d) la verifica ed il controllo dei requisiti previsti per l'applicazione delle procedure semplificate di cui agli articoli 31, 32 e 33; e) l'individuazione, sulla base delle previsioni del piano territoriale di coordinamento di cui all'articolo 15, comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142, ove già adottato, e delle previsioni di cui all'articolo 22, comma 3, lettere c) ed e), sentiti i comuni, delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti urbani, con indicazioni plurime per ogni tipo di impianto, nonché delle zone non idonee alla localizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti; f) l'iscrizione delle imprese e degli enti sottoposti alle procedure semplificate di cui agli articoli 31, 32 e 33 ed i relativi controlli; g) l'organizzazione delle attività di raccolta differenziata dei rifiuti urbani e assimilati sulla base di àmbiti territoriali ottimali delimitati ai sensi dell'articolo 23. 2. Per l'esercizio delle attività di controllo sulla gestione dei rifiuti le Province possono avvalersi anche delle strutture di cui all'articolo 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come sostituito dall'articolo 8 del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, con le modalità di cui al comma 3, nonché degli organismi individuati ai sensi del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61. 3. Ai fini dell'esercizio delle proprie funzioni le Province possono altresì avvalersi di organismi pubblici con specifiche esperienze e competenze tecniche in materia, con i quali stipulano apposite convenzioni. 4. Gli addetti al controllo sono autorizzati ad effettuare ispezioni, verifiche e prelievi di campioni all'interno di stabilimenti, impianti o imprese che producono o che svolgono attività di gestione dei rifiuti. Il segreto industriale non può essere opposto agli addetti al controllo, che sono tenuti all'obbligo della riservatezza ai sensi della normativa vigente. 5. Il personale appartenente al Nucleo Operativo Ecologico dell'Arma dei Carabinieri è autorizzato ad effettuare le ispezioni e le verifiche necessarie ai fini dell'espletamento delle funzioni di cui all'articolo 8 della legge 8 luglio 1986, n. 349. Restano ferme le altre disposizioni vigenti in materia di vigilanza e controllo. 6. Nell'àmbito delle competenze di cui al comma 1, le Province sottopongono ad adeguati controlli periodici gli stabilimenti e le imprese che smaltiscono o recuperano rifiuti, curando, in particolare, l'effettuazione di adeguati controlli periodici sulle attività sottoposte alle procedure semplificate di cui agli articoli 31, 32 e 33, e che i controlli concernenti la raccolta ed il trasporto di rifiuti pericolosi riguardino, in primo luogo, l'origine e la destinazione dei rifiuti.

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21. Competenze dei comuni. 1. I comuni effettuano la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento in regime di privativa nelle forme di cui alla legge 8 giugno 1990, n. 142, e dell'articolo 23. 2. I comuni disciplinano la gestione dei rifiuti urbani con appositi regolamenti che, nel rispetto dei princìpi di efficienza, efficacia ed economicità, stabiliscono in particolare: a) le disposizioni per assicurare la tutela igienico-sanitaria in tutte le fasi della gestione dei rifiuti urbani; b) le modalità del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani; c) le modalità del conferimento, della raccolta differenziata e del trasporto dei rifiuti urbani al fine di garantire una distinta gestione delle diverse frazioni di rifiuti e promuovere il recupero degli stessi; d) le norme atte a garantire una distinta ed adeguata gestione dei rifiuti urbani pericolosi, e dei rifiuti da esumazione ed estumulazione di cui all'articolo 7, comma 2, lettera f); e) le disposizioni necessarie a ottimizzare le forme di conferimento, raccolta e trasporto dei rifiuti primari di imballaggio in sinergia con altre frazioni merceologiche, fissando standard minimi da rispettare; f) le modalità di esecuzione della pesata dei rifiuti urbani prima di inviarli al recupero e allo smaltimento; g) l'assimilazione per qualità e quantità dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani ai fini della raccolta e dello smaltimento sulla base dei criteri fissati ai sensi dell'articolo 18, comma 2, lettera d). Sono comunque considerati rifiuti urbani, ai fini della raccolta, del trasporto e dello stoccaggio, tutti i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade ovvero, di qualunque natura e provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle strade marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua. 3. È, inoltre, di competenza dei comuni l'approvazione dei progetti di bonifica dei siti inquinati ai sensi dell'articolo 17. 4. Nell'attività di gestione dei rifiuti urbani, i comuni si possono avvalere della collaborazione delle associazioni di volontariato e della partecipazione dei cittadini e delle loro associazioni. 5. I comuni possono istituire, nelle forme previste dalla legge 8 giugno 1990, n. 142 , e successive modificazioni, servizi integrativi per la gestione dei rifiuti speciali non assimilati ai rifiuti urbani. 6. I Comuni sono tenuti a fornire alla Regione ed alla provincia tutte le informazioni sulla gestione dei rifiuti urbani dalle stesse richieste. 7. La privativa di cui al comma 1 non si applica alle attività di recupero dei rifiuti urbani e assimilati, a far data dal 1° gennaio 2003. 8. Sono fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 6, comma 1, della legge 28 gennaio 1994, n 84, e relativi decreti attuativi.

Capo III - Piani di gestione dei rifiuti

22. Piani regionali. 1. Le Regioni, sentite le Province ed i comuni, nel rispetto dei princìpi e delle finalità di cui agli articoli 1, 2, 3, 4 e 5, ed in conformità ai criteri stabiliti dal presente articolo, predispongono piani regionali di gestione dei rifiuti assicurando adeguata pubblicità e la massima partecipazione dei cittadini, ai sensi dell'articolo 25 della legge 7 agosto 1990, n. 241. 2. I piani regionali di gestione dei rifiuti promuovono la riduzione delle quantità, dei volumi e della pericolosità dei rifiuti. 3. Il piano regionale di gestione dei rifiuti prevede inoltre: a) le condizioni ed i criteri tecnici in base ai quali, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia, gli impianti per la gestione dei rifiuti, ad eccezione delle discariche, possono essere localizzati nelle aree destinate ad insediamenti produttivi; b) la tipologia ed il complesso degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti urbani da realizzare nella regione, tenendo conto dell'obiettivo di assicurare la gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all'interno degli ambiti territoriali ottimali di cui all'articolo 23, nonché dell'offerta di smaltimento e di recupero da parte del sistema industriale; c) il complesso delle attività e dei fabbisogni degli impianti necessari a garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di efficienza e di economicità, e l'autosufficienza della gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all'interno di ciascuno degli ambiti territoriali ottimali di cui all'articolo 23, nonché ad assicurare lo smaltimento dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire la riduzione della movimentazione di rifiuti; d) la stima dei costi delle operazioni di recupero e di smaltimento; e) i criteri per l'individuazione, da parte delle Province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti, nonché per l'individuazione dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti; f) le iniziative dirette a limitare la produzione dei rifiuti ed a favorire il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti; g) le iniziative dirette a favorire il recupero dai rifiuti di materiali e di energia; h) le misure atte a promuovere la regionalizzazione della raccolta, della cernita e dello smaltimento dei rifiuti urbani; h-bis) i tipi, le quantità e l'origine dei rifiuti da recuperare o da smaltire; h-ter) la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui all'articolo 18, comma 2, lettera a), di disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare. 4. Il piano regionale di gestione dei rifiuti è coordinato con gli altri piani di competenza regionale previsti dalla normativa vigente, ove adottati. 5. Costituiscono parte integrante del piano regionale i piani per la bonifica delle aree inquinate che devono prevedere:

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a) l'ordine di priorità degli interventi, basato su un criterio di valutazione del rischio elaborato dall'ANPA; b) l'individuazione dei siti da bonificare e delle caratteristiche generali degli inquinamenti presenti; c) le modalità degli interventi di bonifica e risanamento ambientale, che privilegino prioritariamente l'impiego di materiali provenienti da attività di recupero di rifiuti urbani; d) la stima degli oneri finanziari; e) le modalità di smaltimento dei materiali da asportare. 6. L'approvazione del piano regionale o il suo adeguamento è condizione necessaria per accedere ai finanziamenti nazionali. 7. La regione approva o adegua il piano entro due anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto; in attesa restano in vigore i piani regionali vigenti. 8. In caso di inutile decorso del termine di cui al comma 7 e di accertata inattività, il Ministro dell'ambiente diffida gli organi regionali competenti ad adempiere entro un congruo termine e, in caso di protrazione dell'inerzia, adotta, in via sostitutiva, i provvedimenti necessari alla elaborazione del piano regionale. 9. Qualora le autorità competenti non realizzino gli interventi previsti dal piano regionale nei termini e con le modalità stabiliti, e tali omissioni possono arrecare un grave pregiudizio all'attuazione del piano medesimo, il Ministro dell'ambiente diffida le autorità inadempienti a provvedere entro un termine non inferiore a 180 giorni. Decorso inutilmente detto termine, il Ministro dell'ambiente può adottare, in via sostitutiva, tutti i provvedimenti necessari ed idonei per l'attuazione degli interventi contenuti nel piano. A tal fine può avvalersi anche di commissari delegati. 10. I provvedimenti di cui al comma 9 possono riguardare interventi finalizzati a: a) attuare la raccolta differenziata dei rifiuti; b) provvedere al reimpiego, al recupero e al riciclaggio degli imballaggi conferiti al servizio pubblico; c) introdurre sistemi di deposito cauzionale obbligatorio sui contenitori; d) favorire operazioni di trattamento dei rifiuti urbani ai fini del riciclaggio e recupero degli stessi; e) favorire la realizzazione e l'utilizzo di impianti per il recupero dei rifiuti solidi urbani. 11. Sulla base di appositi accordi di programma stipulati con il Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, d'intesa con la regione, possono essere autorizzati, ai sensi degli articoli 31 e 33, la costruzione e l'esercizio o il solo esercizio all'interno di insediamenti industriali esistenti di impianti per il recupero di rifiuti urbani non previsti dal piano regionale qualora ricorrano le seguenti condizioni: a) siano riciclati e recuperati come materia prima rifiuti provenienti da raccolta differenziata, sia prodotto compost da rifiuti oppure sia utilizzato combustibile da rifiuti; b) siano rispettate le norme tecniche di cui agli articoli 31 e 33; c) siano utilizzate le migliori tecnologie di tutela dell'ambiente; d) sia garantita una diminuzione delle emissioni inquinanti.

23. Gestione dei rifiuti urbani in ambiti territoriali ottimali. 1. Salvo diversa disposizione stabilita con legge regionale, gli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei rifiuti urbani sono le Province. In tali ambiti territoriali ottimali le Province assicurano una gestione unitaria dei rifiuti urbani e predispongono piani di gestione dei rifiuti, sentiti i Comuni, in applicazione degli indirizzi e delle prescrizioni del presente decreto. 2. Per esigenze tecniche o di efficienza nella gestione dei rifiuti urbani, le Province possono autorizzare gestioni anche a livello subprovinciale purché, anche in tali ambiti territoriali sia superata la frammentazione della gestione. 3. I comuni di ciascun àmbito territoriale ottimale di cui al comma 1, entro il termine perentorio di sei mesi dalla delimitazione dell'àmbito medesimo, organizzano la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di efficienza, di efficacia e di economicità. 4. I comuni provvedono alla gestione dei rifiuti urbani mediante le forme, anche obbligatorie, previste dalla legge 8 giugno 1990, n. 142, come integrata dall'articolo 12 della legge 23 dicembre 1992, n. 498. 5. Per le finalità di cui ai commi 1, 2 e 3 le province, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, coordinano, sulla base della legge regionale adottata ai sensi della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, le forme ed i modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo àmbito ottimale. Nei casi in cui la forma di cooperazione sia attuata per gli effetti dell'articolo 24 della legge 8 giugno 1990, n. 142, le province individuano gli enti locali partecipanti, l'ente locale responsabile del coordinamento, gli adempimenti ed i termini previsti per l'assicurazione delle convenzioni di cui all'articolo 24, comma 1, della legge 8 giugno 1990, n. 142. Dette convenzioni determinano in particolare le procedure che dovranno essere adottate per l'assegnazione del servizio di gestione dei rifiuti, le forme di vigilanza e di controllo, nonché gli altri elementi indicati all'articolo 24, comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142. Decorso inutilmente il predetto termine le regioni e le province autonome provvedono in sostituzione degli enti inadempienti. 24. Contributo per lo smaltimento di rifiuti in discarica. 1. In ogni àmbito territoriale ottimale deve essere assicurata una raccolta differenziata dei rifiuti urbani pari alle seguenti percentuali minime di rifiuti prodotti: a) 15% entro due anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto; b) 25% entro quattro anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto;

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c) 35% a partire dal sesto anno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto. 2. Il coefficiente di correzione di cui all'articolo 3, comma 29, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, è determinato anche in relazione al conseguimento degli obiettivi di cui al comma 1. 2-bis. Con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, d'intesa con la Conferenza dei Presidenti delle regioni e delle province autonome, vengono stabiliti la metodologia e i criteri di calcolo delle percentuali di cui al comma 1.

25. Accordi e contratti di programma, incentivi. 1. Ai fini dell'attuazione dei princìpi e degli obiettivi stabiliti dal presente decreto, il Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, può stipulare appositi accordi e contratti di programma con enti pubblici o con le imprese maggiormente presenti sul mercato o con le associazioni di categoria. Gli accordi ed i contratti di programma hanno ad oggetto, in particolare: a) l'attuazione di specifici piani di settore di riduzione, recupero e ottimizzazione dei flussi di rifiuti; b) la sperimentazione, la promozione, l'attuazione e lo sviluppo di processi produttivi e di tecnologie pulite idonei a prevenire o ridurre la produzione dei rifiuti e la loro pericolosità, e ad ottimizzare il recupero dei rifiuti stessi; c) lo sviluppo di innovazioni nei sistemi produttivi per favorire metodi di produzione di beni con impiego di materiali meno inquinanti e comunque riciclabili; d) le modifiche del ciclo produttivo e la riprogettazione di componenti, macchine e strumenti di controllo; e) la sperimentazione, la promozione e la produzione di beni progettati, confezionati e messi in commercio in modo da ridurre la quantità e la pericolosità dei rifiuti e i rischi di inquinamento; f) la sperimentazione, la promozione e l'attuazione di attività di riutilizzo, riciclaggio e recupero di rifiuti; g) l'adozione di tecniche per il reimpiego ed il riciclaggio dei rifiuti nell'impianto di produzione; h) lo sviluppo di tecniche appropriate e di sistemi di controllo per l'eliminazione dei rifiuti e delle sostanze pericolose contenute nei rifiuti; i) l'impiego da parte dei soggetti economici e dei soggetti pubblici dei materiali recuperati dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani; l) l'impiego di sistemi di controllo del recupero e della riduzione di rifiuti. 2. Il Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'Industria del commercio e dell'artigianato, può altresì stipulare appositi accordi e contratti di programma con le imprese maggiormente presenti sul mercato nazionale e con le associazioni di categoria per: a) promuovere e favorire l'utilizzo di sistemi di eco-label e di eco-audit; b) attuare programmi di ritiro dei beni di consumo al termine del loro ciclo di utilità ai fini del riutilizzo, del riciclaggio e del recupero di materia prima, anche mediante procedure semplificate per la raccolta ed il trasporto dei rifiuti, le quali devono comunque garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente. 3. I predetti accordi sono stipulati di concerto con il Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali qualora riguardino attività collegate alla produzione agricola. 4. Il programma triennale di tutela dell'ambiente di cui alla legge 28 agosto 1989, n. 305, individua le risorse finanziarie da destinarsi, sulla base di apposite disposizioni legislative di finanziamento, agli accordi ed ai contratti di programma di cui ai commi 1 e 2, e fissa le modalità di stipula dei medesimi. 26. Osservatorio nazionale sui rifiuti. 1. Al fine di garantire l'attuazione delle norme di cui al presente decreto legislativo, con particolare riferimento alla prevenzione della produzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti ed all'efficacia, all'efficienza ed all'economicità della gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, nonché alla tutela della salute pubblica e dell'ambiente, è istituito, presso il Ministero dell'ambiente, l'Osservatorio nazionale sui rifiuti, in appresso denominato Osservatorio. L'Osservatorio svolge, in particolare, le seguenti funzioni: a) vigila sulla gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio; b) provvede all'elaborazione ed all'aggiornamento permanente di criteri e specifici obiettivi d'azione, nonché alla definizione ed all'aggiornamento permanente di un quadro di riferimento sulla prevenzione e sulla gestione dei rifiuti; c) esprime il proprio parere sul Programma generale di prevenzione di cui all'articolo 42 e lo trasmette per l'adozione definitiva al Ministro dell'ambiente ed al Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato ed alla Conferenza Stato-regioni; d) predispone il Programma generale di prevenzione di cui all'articolo 42 qualora il Consorzio Nazionale Imballaggi non provveda nei termini previsti; e) verifica l'attuazione del Programma Generale di cui all'articolo 42 ed il raggiungimento degli obiettivi di recupero e di riciclaggio; f) verifica i costi di recupero e smaltimento; g) elabora il metodo normalizzato di cui all'articolo 49, comma 5, e lo trasmette per l'approvazione al Ministro dell'ambiente ed al Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato; h) verifica livelli di qualità dei servizi erogati; i) predispone un rapporto annuale sulla gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio e ne cura la trasmissione ai Ministri dell'ambiente, dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità.

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2. L'Osservatorio è costituito con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'industria del commercio e dell'artigianato, ed è composto da nove membri, scelti tra persone esperte in materia, di cui: a) tre designati dal Ministro dell'ambiente, di cui uno con funzioni di Presidente; b) due designati dal Ministro dell'industria, di cui uno con funzioni di vice-presidente; c) uno designato dal Ministro della sanità; d) uno designato dal Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali; d-bis) uno designato dal Ministro del tesoro; d-ter) uno designato dalla Conferenza Stato regioni. 3. I membri durano in carica cinque anni. Il trattamento economico spettante ai membri dell'Osservatorio e della segreteria tecnica è determinato con decreto del Ministro del tesoro, di concerto con il Ministro dell'ambiente ed il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato. 4. Con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della Sanità, e del tesoro da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono definite le modalità organizzative e di funzionamento dell'Osservatorio e della Segreteria tecnica. 5. All'onere derivante dalla costituzione e dal funzionamento dell'Osservatorio e della segreteria tecnica pari a lire due miliardi, aggiornate annualmente in relazione al tasso di inflazione, provvede il Consorzio Nazionale Imballaggi di cui all'articolo 41 con un contributo di pari importo a carico dei consorziati. Dette somme sono versate dal Comitato Nazionale Imballaggi all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate con decreto del Ministro del tesoro ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente. Le spese per il funzionamento del predetto Osservatorio sono subordinate alle entrate. 5-bis. Al fine di consentire l'avviamento ed il funzionamento dell'attività dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti, in attesa dell'attuazione di quanto disposto al comma 5, è autorizzata la spesa di lire 1.000 milioni per l'anno 1998 da iscrivere in apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente.

Capo IV - Autorizzazioni e iscrizioni

27. Approvazione del progetto e autorizzazione alla realizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti. 1. I soggetti che intendono realizzare nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare apposita domanda alla regione competente per territorio, allegando il progetto definitivo dell'impianto e la documentazione tecnica prevista per la realizzazione del progetto stesso dalle disposizioni vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di salute e di sicurezza sul lavoro, e di igiene pubblica. Ove l'impianto debba essere sottoposto alla procedura di valutazione di impatto ambientale statale ai sensi della normativa vigente, alla domanda è altresì allegata la comunicazione del progetto all'autorità competente ai predetti fini ed il termine di cui al comma 3 resta sospeso fino all'acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge 8 luglio 1986, n. 349, e successive modifiche ed integrazioni. 2. Entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di cui al comma 1, la regione nomina un responsabile del procedimento e convoca una apposita conferenza cui partecipano i responsabili degli uffici regionali competenti, e i rappresentanti degli enti locali interessati. Alla conferenza è invitato a partecipare anche il richiedente l'autorizzazione o un suo rappresentante al fine di acquisire informazioni e chiarimenti. 3. Entro novanta giorni dalla sua convocazione, la conferenza: a) procede alla valutazione dei progetti; b) acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le esigenze ambientali e territoriali; c) acquisisce, ove previsto dalla normativa vigente, la valutazione di compatibilità ambientale; d) trasmette le proprie conclusioni con i relativi atti alla giunta regionale. 4. Per l'istruttoria tecnica della domanda la regione può avvalersi degli organismi individuati ai sensi del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61. 5. Entro trenta giorni dal ricevimento delle conclusioni della conferenza, e sulla base delle risultanze della stessa, la Giunta regionale approva il progetto e autorizza la realizzazione dell'impianto. L'approvazione sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali. L'approvazione stessa costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico comunale, e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori. 6. Nel caso in cui il progetto approvato riguardi aree vincolate ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497 , e del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, si applicano le disposizioni di cui al comma 9 dell'articolo 82 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, come modificato dal decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431. 7. Le regioni emanano le norme necessarie per disciplinare l'intervento sostitutivo in caso di mancato rispetto del termine complessivo di cui ai commi 2, 3 e 5. 8. Le procedure di cui al presente articolo si applicano anche per la realizzazione di varianti sostanziali in corso di esercizio, che comportano modifiche a seguito delle quali gli impianti non sono più conformi all'autorizzazione rilasciata.

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9. Contestualmente alla domanda di cui al comma 1 può essere presentata domanda di autorizzazione all'esercizio delle operazioni di smaltimento e di recupero di cui all'articolo 28. In tal caso la regione autorizza le operazioni di smaltimento e di recupero contestualmente all'adozione del provvedimento che autorizza la realizzazione dell'impianto. 28. Autorizzazione all'esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero. 1. L'esercizio delle operazioni di smaltimento e di recupero dei rifiuti è autorizzato dalla regione competente per territorio entro novanta giorni dalla presentazione della relativa istanza da parte dell'interessato. L'autorizzazione individua le condizioni e le prescrizioni necessarie per garantire l'attuazione dei princìpi di cui all'articolo 2, ed in particolare: a) i tipi ed i quantitativi di rifiuti da smaltire o da recuperare; b) i requisiti tecnici, con particolare riferimento alla compatibilità del sito, alle attrezzature utilizzate, ai tipi ed ai quantitativi massimi di rifiuti ed alla conformità dell'impianto al progetto approvato; c) le precauzioni da prendere in materia di sicurezza ed igiene ambientale; d) il luogo di smaltimento; e) il metodo di trattamento e di recupero; f) i limiti di emissione in atmosfera, che per i processi di trattamento termico dei rifiuti, anche accompagnati da recupero energetico, non possono essere meno restrittivi di quelli fissati per gli impianti di incenerimento dalle direttive comunitarie 89/369/CEE del Consiglio dell'8 giugno 1989, 89/429/CEE del Consiglio del 21 giugno 1989, 94/67/CE del Consiglio del 16 dicembre 1994, e successive modifiche ed integrazioni; g) le prescrizioni per le operazioni di messa in sicurezza, chiusura dell'impianto e ripristino del sito; h) le garanzie finanziarie; i) l'idoneità del soggetto richiedente. 2. [I rifiuti pericolosi possono essere smaltiti in discarica solo se preventivamente catalogati ed identificati secondo le modalità fissate dal Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della sanità, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto]. 3. L'autorizzazione di cui al comma 1 è concessa per un periodo di cinque anni ed è rinnovabile. A tale fine, entro centottanta giorni dalla scadenza dell'autorizzazione, deve essere presentata apposita domanda alla regione che decide prima della scadenza dell'autorizzazione stessa. 4. Quando a seguito di controlli successivi all'avviamento degli impianti questi non risultino conformi all'autorizzazione di cui all'articolo 27, ovvero non siano soddisfatte le condizioni e le prescrizioni contenute nell'atto di autorizzazione all'esercizio delle operazioni di cui al comma 1, quest'ultima è sospesa, previa diffida, per un periodo massimo di dodici mesi. Decorso tale termine senza che il titolare abbia provveduto a rendere quest'ultimo conforme all'autorizzazione, l'autorizzazione stessa è revocata. 5. Fatti salvi l'obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico da parte dei soggetti di cui all'articolo 12, ed il divieto di miscelazione, le disposizioni del presente articolo non si applicano al deposito temporaneo effettuato nel rispetto delle condizioni stabilite dall'articolo 6, comma 1, lettera m). 6. Il controllo e l'autorizzazione delle operazioni di carico, scarico, trasbordo, deposito e maneggio di rifiuti in aree portuali sono disciplinati dalle specifiche disposizioni di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84. L'autorizzazione delle operazioni di imbarco e di sbarco non può essere rilasciata se il richiedente non dimostra di avere ottemperato agli adempimenti di cui all'articolo 16, nel caso di trasporto transfrontaliero di rifiuti. 7. Gli impianti mobili di smaltimento o di recupero, ad esclusione della sola riduzione volumetrica, sono autorizzati, in via definitiva dalla regione ove l'interessato ha la sede legale o la società straniera proprietaria dell'impianto ha la sede di rappresentanza. Per lo svolgimento delle singole campagne di attività sul territorio nazionale l'interessato, almeno sessanta giorni prima dell'installazione dell'impianto, deve comunicare alla regione nel cui territorio si trova il sito prescelto le specifiche dettagliate relative alla campagna di attività, allegando l'autorizzazione di cui al comma 1 e l'iscrizione all'Albo nazionale delle imprese di gestione dei rifiuti, nonché l'ulteriore documentazione richiesta. La regione può adottare prescrizioni integrative oppure può vietare l'attività con provvedimento motivato qualora lo svolgimento della stessa nello specifico sito non sia compatibile con la tutela dell'ambiente o della salute pubblica. 29. Autorizzazione di impianti di ricerca e di sperimentazione. 1. I termini di cui agli articoli 27 e 28 sono ridotti alla metà per l'autorizzazione alla realizzazione ed all'esercizio di impianti di ricerca e di sperimentazione qualora siano rispettate le seguenti condizioni: a) le attività di gestione degli impianti non comportino utile economico; b) gli impianti abbiano una potenzialità non superiore a 5 tonnellate al giorno, salvo deroghe giustificate dall'esigenza di effettuare prove di impianti caratterizzati da innovazioni, che devono però essere limitate alla durata di tali prove. 2. La durata dell'autorizzazione di cui al comma 1 è di un anno, salvo proroga che può essere concessa previa verifica annuale dei risultati raggiunti e non può comunque superare i due anni. 3. Qualora il progetto o la realizzazione dell'impianto non siano stati approvati e autorizzati entro il termine di cui al comma 1, l'interessato può presentare istanza al Ministro dell'ambiente, che si esprime nei successivi sessanta giorni, di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della ricerca scientifica. La garanzia finanziaria in tal caso è prestata a favore dello Stato.

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4. In caso di rischio di agenti patogeni o di sostanze sconosciute e pericolose dal punto di vista sanitario l'autorizzazione di cui al comma 1 è rilasciata dal Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri dell'industria del commercio e dell'artigianato, della sanità e della ricerca scientifica. 30. Imprese sottoposte ad iscrizione. 1. L'Albo nazionale delle imprese esercenti servizi di smaltimento dei rifiuti istituito ai sensi dell'articolo 10 del decreto-legge 31 agosto 1987, n. 361, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1987, n. 441, assume la denominazione di Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti, di seguito denominato Albo, ed è articolato in un comitato nazionale, con sede presso il Ministero dell'ambiente, ed in Sezioni regionali, istituite presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura dei capoluoghi di regione. I componenti del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali durano in carica cinque anni. 2. Il Comitato nazionale dell'Albo ha potere deliberante ed è composto da 15 membri esperti nella materia nominati con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, e designati rispettivamente: a) due dal Ministro dell'ambiente, di cui uno con funzioni di Presidente; b) uno dal Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, con funzioni di vicepresidente; c) uno dal Ministro della sanità; d) uno dal Ministro dei trasporti e della navigazione; e) tre dalle Regioni; f) uno dell'Unione italiana delle Camere di Commercio; g) sei dalle categorie economiche, di cui due delle categorie degli autotrasportatori. 3. Le Sezioni regionali dell'Albo sono istituite con decreto del Ministro dell'ambiente da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto e sono composte: a) dal Presidente della Camera di commercio o da un membro del Consiglio camerale all'uopo designato, con funzioni di presidente; b) da un funzionario o dirigente esperto in rappresentanza della giunta regionale con funzioni di vicepresidente; c) da un funzionario o dirigente esperto in rappresentanza delle province designato dall'Unione Regionale delle Province; d) da un esperto designato dal Ministro dell'ambiente. 4. Le imprese che svolgono attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi e le imprese che raccolgono e trasportano rifiuti pericolosi, esclusi i trasporti di rifiuti pericolosi che non eccedano la quantità di trenta chilogrammi al giorno o di trenta litri al giorno effettuati dal produttore degli stessi rifiuti, nonché le imprese che intendono effettuare attività di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei rifiuti, di gestione di impianti di smaltimento e di recupero di titolarità di terzi, e di gestione di impianti mobili di smaltimento e di recupero di rifiuti, devono essere iscritte all'Albo. L'iscrizione deve essere rinnovata ogni cinque anni e sostituisce l'autorizzazione all'esercizio delle attività di raccolta, di trasporto, di commercio e di intermediazione dei rifiuti; per le altre attività l'iscrizione abilita alla gestione degli impianti il cui esercizio sia stato autorizzato ai sensi del presente decreto. 5. L'iscrizione di cui al comma 4 ed i provvedimenti di sospensione, di revoca, di decadenza e di annullamento dell'iscrizione, nonché, dal 1° gennaio 1998, l'accettazione delle garanzie finanziarie sono deliberati dalla sezione regionale dell'Albo della regione ove ha sede legale l'interessato, in conformità alla normativa vigente ed alle direttive emesse dal Comitato nazionale. 6. Con decreti del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato, dei trasporti e della navigazione e del Tesoro, da adottarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono definite le attribuzioni e le modalità organizzative dell'Albo, nonché i requisiti, i termini, le modalità ed i diritti d'iscrizione, le modalità e gli importi delle garanzie finanziarie, che devono essere prestate a favore dello Stato dalle imprese di cui al comma 4, in conformità ai seguenti princìpi: a) individuazione di requisiti univoci per l'iscrizione, al fine di semplificare le procedure; b) coordinamento con la vigente normativa sull'autotrasporto, in coerenza con la finalità di cui alla lettera a); c) trattamento uniforme dei componenti delle Sezioni regionali, per garantire l'efficienza operativa; d) effettiva copertura delle spese attraverso i diritti di segreteria e i diritti annuali d'iscrizione. 7. In attesa dell'emanazione dei decreti, di cui ai commi 2 e 3 continuano ad operare, rispettivamente, il Comitato nazionale e le Sezioni regionali dell'Albo nazionale delle imprese esercenti servizi di smaltimento dei rifiuti di cui all'articolo 1 del decreto-legge 31 agosto 1987, n. 361, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1987, n. 441. L'iscrizione all'Albo è deliberata ai sensi della legge 11 novembre 1996, n. 575. 8. Fino all'emanazione dei decreti di cui al comma 6 continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti. Le imprese che intendono effettuare attività di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei rifiuti devono iscriversi all'albo entro sessanta giorni dall'entrata in vigore delle relative norme tecniche. 9. Restano valide ed efficaci le iscrizioni effettuate e le domande d'iscrizione presentate all'Albo nazionale delle imprese esercenti servizi di smaltimento dei rifiuti di cui all'articolo 10 del decreto-legge 31 agosto 1987, n. 361, convertito, con

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modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1987, n. 441, e successive modificazioni ed integrazioni e delle relative disposizioni di attuazione, alla data di entrata in vigore del presente decreto. 10. Il possesso dei requisiti di idoneità tecnica e di capacità finanziaria per l'iscrizione all'Albo delle aziende speciali, dei consorzi e delle società di cui all'articolo 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142, che esercitano i servizi di gestione dei rifiuti, è garantito dal comune o dal consorzio di comuni. L'iscrizione all'Albo è effettuata sulla base di apposita comunicazione di inizio di attività del comune o del consorzio di comuni alla sezione regionale dell'Albo territorialmente competente ed è efficace solo per le attività svolte nell'interesse del comune medesimo o dei consorzi ai quali il Comune stesso partecipa. 11. Avverso i provvedimenti delle sezioni regionali dell'Albo gli interessati possono promuovere, entro trenta giorni dalla notifica dei provvedimenti stessi, ricorso al Comitato nazionale dell'Albo. 12. Alla segreteria dell'Albo è destinato personale comandato da amministrazioni dello Stato ed enti pubblici, secondo criteri stabiliti con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro del Tesoro. 13. Agli oneri per il funzionamento del Comitato nazionale e delle Sezioni regionali si provvede con le entrate derivanti dai diritti di segreteria e dai diritti annuali d'iscrizione, secondo le modalità previste dal decreto del Ministro dell'ambiente 20 dicembre 1993 e successive modifiche. 14. Il decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 407 , non si applica alle domande di iscrizione e agli atti di competenza dell'Albo. 15. Per le attività di cui al comma 4, le autorizzazioni rilasciate ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915, in scadenza, sono prorogate, a cura delle amministrazioni che le hanno rilasciate, fino alla data di efficacia dell'iscrizione all'Albo o a quella della decisione definitiva sul provvedimento di diniego di iscrizione. Le stesse amministrazioni adottano i provvedimenti di diffida, di variazione, di sospensione o di revoca delle predette autorizzazioni. 16. Le imprese che effettuano attività di raccolta e trasporto dei rifiuti sottoposti a procedure semplificate ai sensi dell'articolo 33, ed effettivamente avviati al riciclaggio ed al recupero, non sono sottoposte alle garanzie finanziarie di cui al comma 6 e sono iscritte all'Albo previa comunicazione di inizio di attività alla sezione regionale territorialmente competente. Detta comunicazione deve essere rinnovata ogni due anni e deve essere corredata da idonea documentazione predisposta ai sensi del decreto ministeriale 21 giugno 1991, n. 324, e successive modifiche ed integrazioni, nonché delle deliberazioni del Comitato nazionale dalla quale risultino i seguenti elementi: a) la quantità, la natura, l'origine e la destinazione dei rifiuti; b) la frequenza media della raccolta; c) la rispondenza delle caratteristiche tecniche e della tipologia del mezzo utilizzato ai requisiti stabiliti dall'Albo in relazione ai tipi di rifiuti da trasportare; d) il rispetto delle condizioni ed il possesso dei requisiti soggettivi, di idoneità tecnica e di capacità finanziaria. 16-bis. Entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione di inizio di attività le sezioni regionali e provinciali iscrivono le imprese di cui al comma 1 in appositi elenchi dandone comunicazione al Comitato nazionale, alla provincia territorialmente competente ed all'interessato. Le imprese che svolgono attività di raccolta e trasporto di rifiuti sottoposti a procedure semplificate ai sensi dell'articolo 33 devono conformarsi alle disposizioni di cui al comma 16 entro il 15 gennaio 1998. 17. Alla comunicazione di cui al comma 16 si applicano le disposizioni di cui all'articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241. 17-bis. Sono esonerati dall'obbligo di cui al comma 4 i consorzi di cui agli articoli 40, 41, 47 e 48 del presente decreto e i consorzi di cui all'articolo 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, e all'articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95.

Capo V - Procedure semplificate

31. Determinazione delle attività e delle caratteristiche dei rifiuti per l'ammissione alle procedure semplificate. 1. Le procedure semplificate devono comunque garantire un elevato livello di protezione ambientale e controlli efficaci. 2. Con decreti del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità, e, per i rifiuti agricoli e le attività che danno vita ai fertilizzanti, di concerto con il Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali, sono adottate per ciascun tipo di attività le norme, che fissano i tipi e le quantità di rifiuti, e le condizioni in base alle quali le attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate dai produttori nei luoghi di produzione degli stessi e le attività di recupero di cui all'allegato C sono sottoposte alle procedure semplificate di cui agli articoli 32 e 33. Con la medesima procedura si provvede all'aggiornamento delle predette norme tecniche e condizioni. 3. Le norme e le condizioni di cui al comma 2 sono individuate entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto e devono garantire che i tipi o le quantità di rifiuti ed i procedimenti e metodi di smaltimento o di recupero siano tali da non costituire un pericolo per la salute dell'uomo e da non recare pregiudizio all'ambiente. In particolare per accedere alle procedure semplificate le attività di trattamento termico e di recupero energetico devono, inoltre, rispettare le seguenti condizioni: a) siano utilizzati combustibili da rifiuti urbani oppure rifiuti speciali individuati per frazioni omogenee;

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b) i limiti di emissione non siano meno restrittivi di quelli stabiliti per gli impianti di incenerimento dei rifiuti dalle direttive comunitarie 89/369/CEE del Consiglio dell'8 giugno 1989, 89/429/CEE del Consiglio del 21 giugno 1989, 94/67/CE del Consiglio del 16 dicembre 1994, e successive modifiche ed integrazioni, e dal decreto del Ministro dell'ambiente 16 gennaio 1995, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale 30 gennaio 1995, n. 24. Le prescrizioni tecniche riportate all'articolo 6, comma 2, della direttiva 94/67/CE del Consiglio del 16 dicembre 1994 si applicano anche agli impianti termici produttivi che utilizzano per la combustione comunque rifiuti pericolosi; c) sia garantita la produzione di una quota minima di trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in energia utile calcolata su base annuale. 4. La emanazione delle norme e delle condizioni di cui al comma 2 deve riguardare, in primo luogo, i rifiuti indicati nella lista verde di cui all'allegato II del regolamento CEE n. 259/93, e successive modifiche ed integrazioni. 5. Per la tenuta dei registri di cui agli articoli 32, comma 3, e 33 comma 3, e l'effettuazione dei controlli periodici, l'interessato è tenuto a versare alla Provincia un diritto di iscrizione annuale determinato in relazione alla natura dell'attività con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato e del Tesoro. 6. La costruzione di impianti che recuperano rifiuti nel rispetto delle condizioni, delle prescrizioni e delle norme tecniche di cui ai commi 2 e 3 è disciplinata dal D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, e dalle altre disposizioni che regolano la costruzione di impianti industriali. L'autorizzazione all'esercizio nei predetti impianti di operazioni di recupero di rifiuti non individuati ai sensi del presente articolo resta comunque sottoposta alle disposizioni di cui agli articoli 27 e 28. 7. Alle denunce e alle domande disciplinate dal presente Capo si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1992, n. 300, e successive modifiche ed integrazioni. Si applicano, altresì, le disposizioni di cui all'articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

32. Autosmaltimento. 1. A condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche adottate ai sensi dei commi 1, 2 e 3 dell'articolo 31, le attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate nel luogo di produzione dei rifiuti stessi possono essere intraprese decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla provincia territorialmente competente. 2. Le norme tecniche di cui al comma 1 prevedono in particolare: a) il tipo, la quantità, e le caratteristiche dei rifiuti da smaltire; b) il ciclo di provenienza dei rifiuti; c) le condizioni per la realizzazione e l'esercizio degli impianti; d) le caratteristiche dell'impianto di smaltimento; e) la qualità delle emissioni nell'ambiente. 3. La Provincia iscrive in un apposito registro le imprese che effettuano la comunicazione di inizio di attività ed entro il termine di cui al comma 1 verifica d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti. A tal fine alla comunicazione di inizio di attività è allegata una relazione dalla quale deve risultare: a) il rispetto delle condizioni e delle norme tecniche specifiche di cui al comma 1; b) il rispetto delle norme tecniche di sicurezza e delle procedure autorizzative previste dalla normativa vigente. 4. Qualora la Provincia accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1 dispone con provvedimento motivato il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell'attività, salvo che l'interessato non provveda a conformare alla normativa vigente dette attività ed i suoi effetti entro il termine prefissato dall'amministrazione. 5. La comunicazione di cui al comma 1 deve essere rinnovata ogni cinque anni e, comunque, in caso di modifica sostanziale delle operazioni di autosmaltimento. 6. Restano sottoposte alle disposizioni di cui agli articoli 27 e 28 le attività di autosmaltimento di rifiuti pericolosi e la discarica di rifiuti. 33. Operazioni di recupero. 1. A condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche adottate ai sensi dei commi 1, 2 e 3 dell'articolo 31, l'esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti possono essere intraprese decorsi novanta giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla Provincia territorialmente competente. 2. Le condizioni e le norme tecniche di cui al comma 1, in relazione a ciascun tipo di attività, prevedono in particolare: a) per i rifiuti non pericolosi: 1) le quantità massime impiegabili; 2) la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti utilizzabili nonché le condizioni specifiche alle quali le attività medesime sono sottoposte alla disciplina prevista dal presente articolo; 3) le prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione ai tipi o alle quantità dei rifiuti ed ai metodi di recupero, i rifiuti stessi siano recuperati senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente; b) per i rifiuti pericolosi: 1) le quantità massime impiegabili; 2) provenienza, i tipi e caratteristiche dei rifiuti;

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3) le condizioni specifiche riferite ai valori limite di sostanze pericolose contenute nei rifiuti, ai valori limite di emissione per ogni tipo di rifiuto ed al tipo di attività e di impianto utilizzato, anche in relazione alle altre emissioni presenti in sito; 4) altri requisiti necessari per effettuare forme diverse di recupero; 5) le prescrizioni necessarie per assicurare che, in relazione al tipo ed alle quantità di sostanze pericolose contenute nei rifiuti ed ai metodi di recupero, i rifiuti stessi siano recuperati senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti e metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente. 3. La Provincia iscrive in un apposito registro le imprese che effettuano la comunicazione di inizio di attività ed entro il termine di cui al comma 1 verifica d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti. A tal fine alla comunicazione di inizio di attività è allegata una relazione dalla quale deve risultare: a) il rispetto delle norme tecniche e delle condizioni specifiche di cui al comma 1; b) il possesso dei requisiti soggettivi richiesti per la gestione dei rifiuti; c) le attività di recupero che si intendono svolgere; d) stabilimento, capacità di recupero e ciclo di trattamento o di combustione nel quale i rifiuti stessi sono destinati ad essere recuperati; e) le caratteristiche merceologiche dei prodotti derivanti dai cicli di recupero. 4. Qualora la Provincia accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1 dispone con provvedimento motivato il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell'attività, salvo che l'interessato non provveda a conformare alla normativa vigente dette attività ed i suoi effetti entro il termine prefissato dall'amministrazione. 5. La comunicazione di cui al comma 1 deve essere rinnovata ogni 5 anni e comunque in caso di modifica sostanziale delle operazioni di recupero. 6. Sino all'adozione delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1 e comunque non oltre quarantacinque giorni dal termine del periodo di sospensione previsto dall'articolo 9 della direttiva 83/189/CEE e dall'articolo 3 della direttiva 91/689/CEE le procedure di cui ai commi 1 e 2 si applicano a chiunque effettui operazioni di recupero dei rifiuti elencati rispettivamente nell'allegato 3 al D.M. 5 settembre 1994 del Ministro dell'ambiente, pubblicato nel supplemento ordinario n. 126 alla Gazzetta Ufficiale 10 settembre 1994, n. 212, e nell'allegato 1 al D.M. 16 gennaio 1995 del Ministro dell'ambiente, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale 30 gennaio 1995, n. 24, nel rispetto delle prescrizioni ivi contenute; a tal fine si considerano valide ed efficaci le comunicazioni già effettuate alla data di entrata in vigore del presente decreto. Le comunicazioni effettuate dopo la data di entrata in vigore del presente decreto sono valide ed efficaci solo se a tale data la costruzione dell'impianto, ove richiesto dal tipo di attività di recupero, era stata già ultimata. 7. La procedura semplificata di cui al presente articolo sostituisce, limitatamente alle variazioni qualitative e quantitative delle emissioni determinate dai rifiuti individuati, dalle norme tecniche di cui al comma 1 che già fissano i limiti di emissione in relazione alle attività di recupero degli stessi l'autorizzazione di cui all'articolo 15, lettera a) del D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203. 8. Le disposizioni semplificate del presente articolo non si applicano alle attività di recupero dei rifiuti urbani, ad eccezione: a) delle attività di riciclaggio e di recupero di materia prima e di produzione di compost di qualità dai rifiuti provenienti da raccolta differenziata; b) delle attività di trattamento dei rifiuti urbani per ottenere combustibile da rifiuto effettuate nel rispetto delle norme tecniche di cui al comma 1; c) [dell'impiego di combustibile da rifiuto nel rispetto delle specifiche norme tecniche adottate ai sensi del comma 1, che stabiliscono in particolare la composizione merceologica e le caratteristiche qualitative del combustibile da rifiuto ai sensi della lettera p) dell'articolo 6]. 9. Fermi restando il rispetto dei limiti di emissione in atmosfera di cui all'articolo 31, comma 3, e dei limiti delle altre emissioni inquinanti stabilite da disposizioni vigenti nonché fatta salva l'osservanza degli altri vincoli a tutela dei profili sanitari e ambientali, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con il Ministro dell'ambiente determina modalità, condizioni e misure relative alla concessione di incentivi finanziari previsti da disposizioni legislative all'utilizzazione dei rifiuti come combustibile per produrre energia elettrica, tenuto anche conto del prevalente interesse pubblico al recupero energetico nelle centrali elettriche di rifiuti urbani sottoposti a preventive operazioni di trattamento finalizzate alla produzione di combustibile da rifiuti. 10. I rifiuti non pericolosi individuati con apposite norme tecniche ai sensi del comma 1 che vengono utilizzati in operazioni non comprese tra quelle di cui all'allegato C sono sottoposti unicamente alle disposizioni di cui agli articoli 10 comma 3, 11, 12, e 15, nonché alle relative norme sanzionatorie. 11. Alle attività di cui ai commi precedenti si applicano integralmente le norme ordinarie per lo smaltimento qualora i rifiuti non vengano destinati in modo effettivo ed oggettivo al recupero. 12. Le condizioni e le norme tecniche relative ai rifiuti pericolosi di cui al comma 1 sono comunicate alla Commissione dell'Unione Europea tre mesi prima della loro entrata in vigore.

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12-bis. Le operazioni di messa in riserva dei rifiuti pericolosi individuati ai sensi del presente articolo sono sottoposte alle procedure semplificate di comunicazione di inizio di attività solo se effettuate presso l'impianto dove avvengono le operazioni di riciclaggio e di recupero previste ai punti da R1 a R9 dell'allegato C. 12-ter. Fatto salvo quanto previsto dal comma 12-bis le norme tecniche di cui ai commi 1, 2 e 3 stabiliscono le caratteristiche impiantistiche dei centri di messa in riserva non localizzati presso gli impianti dove sono effettuate le operazioni di riciclaggio e di recupero individuate ai punti da R1 a R9, nonché le modalità di stoccaggio e i termini massimi entro i quali i rifiuti devono essere avviati alle predette operazioni.

TITOLO II

Gestione degli imballaggi

34. Àmbito di applicazione. 1. Il presente Titolo disciplina la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio sia per prevenirne e ridurne l'impatto sull'ambiente ed assicurare un elevato livello di tutela dell'ambiente, sia per garantire il funzionamento del mercato e prevenire l'insorgere di ostacoli agli scambi, nonché distorsioni e restrizioni alla concorrenza ai sensi della direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994. 2. La disciplina di cui al comma 1 riguarda la gestione di tutti gli imballaggi immessi sul mercato nazionale e di tutti i rifiuti di imballaggio derivanti dal loro impiego, utilizzati o prodotti da industrie, esercizi commerciali, uffici, negozi, servizi, nuclei domestici, a qualsiasi altro livello, qualunque siano i materiali che li compongono. 3. Restano fermi i vigenti requisiti in materia di qualità degli imballaggi, quali quelli relativi alla sicurezza, alla protezione della salute e all'igiene dei prodotti imballati, nonché le vigenti disposizioni in materia di trasporto e sui rifiuti pericolosi. 4. I requisiti per la fabbricazione di imballaggi stabiliti dal presente titolo non si applicano agli imballaggi utilizzati per un determinato prodotto prima del 31 dicembre 1994. 5. Per un periodo non superiore a cinque anni dalla data di entrata in vigore delle disposizioni del presente titolo è consentita l'immissione sul mercato di imballaggi fabbricati prima di tale data e conformi alle norme vigenti.

35. Definizioni. 1. Ai fini dell'applicazione del presente Titolo si intende per: a) imballaggio: il prodotto, composto di materiali di qualsiasi natura, adibito a contenere e a proteggere determinate merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, a consentire la loro manipolazione e la loro consegna dal produttore al consumatore o all'utilizzatore, e ad assicurare la loro presentazione, nonché gli articoli a perdere usati allo stesso scopo; b) imballaggio per la vendita o imballaggio primario: imballaggio concepito in modo da costituire, nel punto di vendita, un'unità di vendita per l'utente finale o per il consumatore; c) imballaggio multiplo o imballaggio secondario: imballaggio concepito in modo da costituire, nel punto di vendita, il raggruppamento di un certo numero di unità di vendita, indipendentemente dal fatto che sia venduto come tale all'utente finale o al consumatore, o che serva soltanto a facilitare il rifornimento degli scaffali nel punto di vendita. Esso può essere rimosso dal prodotto senza alterarne le caratteristiche; d) imballaggio per il trasporto o imballaggio terziario: imballaggio concepito in modo da facilitare la manipolazione ed il trasporto di un certo numero di unità di vendita oppure di imballaggi multipli per evitare la loro manipolazione ed i danni connessi al trasporto, esclusi i container per i trasporti stradali, ferroviari, marittimi ed aerei; e) rifiuto di imballaggio: ogni imballaggio o materiale di imballaggio, rientrante nella definizione di rifiuto di cui all'articolo 6, comma 1, lettera a), esclusi i residui della produzione; f) gestione dei rifiuti di imballaggio: le attività di gestione di cui all'articolo 6, comma 1, lettera d); g) prevenzione: riduzione, in particolare attraverso lo sviluppo di prodotti e di tecnologie non inquinanti, della quantità e della nocività per l'ambiente sia delle materie e delle sostanze utilizzate negli imballaggi e nei rifiuti di imballaggio, sia degli imballaggi e rifiuti di imballaggio nella fase del processo di produzione, nonché in quella della commercializzazione, della distribuzione, dell'utilizzazione e della gestione postconsumo; h) riutilizzo: qualsiasi operazione nella quale l'imballaggio concepito e progettato per poter compiere, durante il suo ciclo di vita, un numero minimo di spostamenti o rotazioni è riempito di nuovo o reimpiegato per un uso identico a quello per il quale è stato concepito, con o senza il supporto di prodotti ausiliari presenti sul mercato che consentano il riempimento imballaggio stesso; tale imballaggio riutilizzato diventa rifiuto di imballaggio quando cessa di essere reimpiegato; i) riciclaggio: ritrattamento in un processo di produzione dei rifiuti di imballaggio per la loro funzione originaria o per altri fini, compreso il riciclaggio organico e ad esclusione del recupero di energia; l) recupero dei rifiuti generati da imballaggi: tutte le pertinenti operazioni previste dall'allegato C al presente decreto; m) recupero di energia: l'utilizzazione di rifiuti di imballaggio combustibili quale mezzo per produrre energia mediante incenerimento diretto con o senza altri rifiuti ma con recupero di calore; n) riciclaggio organico: il trattamento aerobico (compostaggio) o anaerobico (biometanazione), ad opera di microrganismi ed in condizioni controllate, delle parti biodegradabili dei rifiuti di imballaggio, con produzione di

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residui organici stabilizzanti o di metano, ad esclusione dell'interramento in discarica, che non può essere considerato una forma di riciclaggio organico; o) smaltimento: tutte le pertinenti operazioni di cui all'allegato B al presente decreto; p) operatori economici: i fornitori di materiali di imballaggio, i fabbricanti ed i trasformatori di imballaggi, gli addetti al riempimento e gli utenti, gli importatori, i commercianti ed i distributori, le pubbliche amministrazioni e gli organismi di diritto pubblico; q) produttori: i fornitori di materiali di imballaggio, i fabbricanti, i trasformatori e gli importatori di imballaggi vuoti e di materiali di imballaggio; r) utilizzatori: i commercianti, i distributori, gli addetti al riempimento, gli utenti di imballaggi e gli importatori di imballaggi pieni; s) pubbliche amministrazioni e organismi di diritto pubblico: i soggetti e gli enti che gestiscono il servizio di raccolta, trasporto, recupero e smaltimento di rifiuti solidi urbani nelle forme di cui alla legge 8 giugno 1990, n. 142 , o loro concessionari; t) consumatore: l'utente finale che acquista o importa per proprio uso imballaggi, articoli o merci imballate; u) accordo volontario: accordo ufficiale concluso tra le autorità pubbliche competenti e i settori economici interessati, aperto a tutti gli interlocutori che desiderano, che disciplina i mezzi, gli strumenti e le azioni per raggiungere gli obiettivi di cui all'articolo 37. 36. Criteri informatori dell'attività di gestione dei rifiuti di imballaggio. 1. L'attività di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio si informa ai seguenti princìpi generali: a) incentivazione e promozione della prevenzione alla fonte della quantità e della pericolosità degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, soprattutto attraverso iniziative; anche di natura economica in conformità ai princìpi del diritto comunitario, volte a promuovere lo sviluppo di tecnologie pulite ed a ridurre a monte la produzione e l'utilizzazione degli imballaggi, nonché a favorire la produzione di imballaggi riutilizzabili ed il riutilizzo degli imballaggi; b) incentivazione del riciclaggio e del recupero di materia prima, sviluppo della raccolta differenziata di rifiuti di imballaggio e promozione di opportunità di mercato per incoraggiare l'utilizzazione dei materiali ottenuti da imballaggi riciclati e recuperati; c) riduzione del flusso dei rifiuti di imballaggi destinati allo smaltimento finale attraverso le altre forme di recupero dei rifiuti di imballaggi; c-bis) l'applicazione di misure di prevenzione consistenti in programmi nazionali o azioni analoghe da adottarsi previa consultazione degli operatori economici interessati. 2. Al fine di assicurare la responsabilizzazione degli operatori economici conformemente al principio «chi inquina paga» nonché la cooperazione degli stessi secondo il principio della «responsabilità condivisa», l'attività di gestione dei rifiuti di imballaggio si ispira, inoltre, ai seguenti princìpi: a) individuazione degli obblighi di ciascun operatore economico, garantendo che il costo della raccolta, della valorizzazione e dell'eliminazione dei rifiuti di imballaggio sia sostenuto dai produttori e dagli utilizzatori in proporzione delle quantità di imballaggi immessi sul mercato nazionale e che la pubblica amministrazione organizzi la raccolta differenziata; b) promozione di forme di cooperazione tra i soggetti istituzionali ed economici; c) informazione degli utenti degli imballaggi, ed in particolare dei consumatori; d) incentivazione della restituzione degli imballaggi usati e del conferimento dei rifiuti di imballaggi in raccolta differenziata da parte del consumatore. 3. Le informazioni di cui alla lettera c) del comma 2 riguardano in particolare: a) i sistemi di restituzione, di raccolta e di recupero disponibili; b) il ruolo degli utenti di imballaggi ed in particolare dei consumatori nel processo di riutilizzazione, di recupero e di riciclaggio degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio; c) il significato dei marchi apposti sugli imballaggi quali si presentano sul mercato; d) i pertinenti elementi dei piani di gestione per gli imballaggi ed i rifiuti di imballaggio. 4. In conformità alle determinazioni assunte dalla Commissione dell'Unione Europea, con decreto del Ministro dell'ambiente e del Ministro dell'industria del commercio e dell'artigianato, sono adottate le misure tecniche che dovessero risultare necessarie nell'applicazione delle disposizioni del presente Titolo, con particolare riferimento agli imballaggi pericolosi, anche domestici, nonché agli imballaggi primari di apparecchiature mediche e prodotti farmaceutici, ai piccoli imballaggi ed agli imballaggi di lusso. Qualora siano interessati aspetti sanitari il predetto decreto è adottato di concerto con il Ministro della sanità. 5. Tutti gli imballaggi devono essere opportunamente etichettati secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'ambiente e del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato in conformità alle determinazioni adottate dalla Commissione dell'Unione europea, per facilitare la raccolta, il riutilizzo, il recupero ed il riciclaggio degli imballaggi, nonché per dare una corretta informazione ai consumatori sulle destinazioni finali degli imballaggi. [Fino alla definizione del sistema di identificazione europeo si applica, agli imballaggi per i liquidi, la normativa vigente in materia di etichettatura]. 37. Obiettivi di recupero e di riciclaggio.

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1. Per conformarsi ai princìpi di cui all'articolo 36, i produttori e gli utilizzatori devono conseguire gli obiettivi finali di riciclaggio e di recupero dei rifiuti di imballaggi fissati nell'allegato E ed i relativi obiettivi intermedi. 2. Per garantire il controllo del raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio e di recupero, a partire dal 1° gennaio 1998, i produttori e gli utilizzatori di imballaggi ed i soggetti impegnati nelle attività di riciclaggio e di recupero dei rifiuti di imballaggio comunicano annualmente, secondo le modalità previste dalla legge 25 gennaio 1994, n. 70 , i dati di rispettiva competenza, riferiti all'anno solare precedente, relativi al quantitativo degli imballaggi per ciascun materiale e per tipo di imballaggio immesso sul mercato, nonché, per ciascun materiale, la quantità degli imballaggi riutilizzati e dei rifiuti di imballaggio riciclati e recuperati provenienti dal mercato nazionale; tali dati sono trasmessi all'ANPA ai sensi dell'articolo 2, comma 2 della legge 25 gennaio 1994, n. 70. Le predette comunicazioni possono essere presentate dai consorzi di cui all'articolo 40 per i soggetti che hanno aderito agli stessi, e dalle associazioni di categoria per gli utilizzatori. 3. Qualora gli obiettivi di riciclaggio e di recupero dei rifiuti di imballaggio non siano raggiunti entro trenta giorni dalle scadenze previste, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, alle diverse tipologie di materiali di imballaggi sono applicate misure di natura economica, ivi comprese misure di carattere pecuniario, proporzionate al mancato raggiungimento di singoli obiettivi, il cui introito è versato alle entrate del bilancio dello Stato per essere riassegnato con decreto del Ministro del tesoro ad apposito capitolo del Ministero dell'ambiente. Dette somme saranno utilizzate per promuovere la prevenzione, la raccolta differenziata, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio nell'àmbito del Programma Triennale dell'Ambiente. 4. Gli obiettivi di cui al comma 1 sono riferiti ai rifiuti di imballaggi generati sul territorio nazionale, nonché a tutti i sistemi di riciclaggio e di recupero al netto degli scarti, e sono adottati ed aggiornati in conformità alla normativa comunitaria con decreto del Ministro dell'ambiente e del Ministro dell'industria del commercio e dell'artigianato. 5. Il Ministro dell'ambiente e il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato notificano alla Commissione dell'Unione Europea, ai sensi e secondo le modalità di cui agli articoli 12, 16 e 17 della direttiva 94/62/CEE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994, la relazione sull'attuazione delle disposizioni del presente titolo accompagnata dai dati acquisiti ai sensi del comma 2 e i progetti delle misure che si intendono adottare nell'àmbito del titolo medesimo. 5-bis. Il Ministro dell'ambiente e il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato forniscono periodicamente all'Unione europea e agli altri Paesi membri i dati sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggi secondo le tabelle e gli schemi adottati dalla Commissione dell'Unione europea con la decisione 97/138/CE del 3 febbraio 1997.

38. Obblighi dei produttori e degli utilizzatori. 1. I produttori e gli utilizzatori sono responsabili della corretta gestione ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio generati dal consumo dei propri prodotti. 2. Nell'àmbito degli obiettivi di cui agli articoli 24 e 37, i produttori e gli utilizzatori adempiono all'obbligo della raccolta dei rifiuti di imballaggi. A tal fine i produttori e gli utilizzatori sono obbligati a partecipare al Consorzio Nazionale Imballaggi di cui all'articolo 41. Per gli utilizzatori che partecipano al Consorzio nazionale degli imballaggi la comunicazione di cui all'articolo 37, comma 2, viene presentata dal soggetto che effettua la gestione dei rifiuti di imballaggio. 3. Per adempiere agli obblighi di riciclaggio e di recupero nonché agli obblighi della ripresa degli imballaggi usati e della raccolta dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari su superfici private, nonché all'obbligo del ritiro, su indicazione del Consorzio Nazionale Imballaggi di cui all'articolo 41, dei rifiuti di imballaggio conferiti dal servizio pubblico, i produttori, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni del presente titolo, possono: a) organizzare autonomamente la raccolta, il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti di imballaggio; b) aderire ad uno dei consorzi di cui all'articolo 40; c) mettere in atto un sistema cauzionale. 4. Ai fini di cui al comma 3 gli utilizzatori sono tenuti a ritirare gratuitamente gli imballaggi usati secondari e terziari ed i rifiuti di imballaggio secondari e terziari nonché a consegnarli in un luogo di raccolta organizzato dal produttore e con lo stesso concordato. 5. I produttori che non aderiscono al Consorzio di cui all'articolo 40 devono dimostrare all'Osservatorio di cui all'articolo 26, entro novanta giorni dal termine di cui al comma 3, di: a) adottare dei provvedimenti per il ritiro degli imballaggi usati da loro immessi sul mercato; b) avere organizzato la prevenzione della produzione dei rifiuti di imballaggio, la riutilizzazione degli imballaggi e la raccolta, il trasporto, il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti di imballaggio; c) garantire che gli utenti finali degli imballaggi siano informati sul ritiro e sulle sue relative possibilità. 6. I produttori che non aderiscono ai Consorzi di cui all'articolo 40 devono inoltre elaborare e trasmettere al Consorzio Nazionale Imballaggi di cui all'articolo 41 un proprio Programma specifico di prevenzione che costituisce la base per l'elaborazione del programma generale di cui all'articolo 42. 7. Entro il 31 marzo di ogni anno, a partire da quello successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto, i produttori che non aderiscono ai Consorzi di cui all'articolo 40, sono tenuti a presentare all'Osservatorio sui rifiuti di cui all'articolo 26 una relazione sulla gestione, comprensiva del programma specifico e dei risultati conseguiti nel recupero

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e nel riciclo dei rifiuti di imballaggio, nella quale possono essere evidenziati i problemi inerenti il raggiungimento degli scopi istituzionali e le eventuali proposte di adeguamento della normativa. 8. I produttori che non dimostrano di adottare adeguati provvedimenti sono obbligati a partecipare ai consorzi di cui all'articolo 40, fatti salvi l'obbligo di corrispondere i contributi pregressi e l'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 54. 9. Sono a carico dei produttori e degli utilizzatori i costi per: a) il ritiro degli imballaggi usati e la raccolta dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari; b) la raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio conferiti al servizio pubblico; c) il riutilizzo degli imballaggi usati; d) il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio; e) lo smaltimento dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari. 10. La restituzione di imballaggi usati o di rifiuti di imballaggio, ivi compreso il conferimento di rifiuti in raccolta differenziata, non deve comportare oneri economici per il consumatore. 39. Raccolta differenziata e obblighi della Pubblica Amministrazione. 1. La pubblica amministrazione deve organizzare sistemi adeguati di raccolta differenziata in modo da permettere al consumatore di conferire al servizio pubblico rifiuti di imballaggio selezionati dai rifiuti domestici e da altri tipi di rifiuti di imballaggi. In particolare: a) deve essere garantita la copertura omogenea del territorio in ciascun àmbito ottimale, tenuto conto del contesto geografico; b) la gestione della raccolta differenziata deve essere effettuata secondo criteri che privilegiano l'efficacia, l'efficienza e l'economicità del servizio, nonché il coordinamento con la gestione di altri rifiuti. 2. Nel caso in cui la pubblica amministrazione non attivi la raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, i produttori e gli utilizzatori possono organizzare tramite il Consorzio Nazionale Imballaggi di cui all'articolo 41 le attività di raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio sulle superfici pubbliche o la possono integrare se insufficiente. 2-bis. La pubblica amministrazione incoraggia, ove opportuno, 1'utilizzazione di materiali provenienti da rifiuti di imballaggio riciclati per la fabbricazione di imballaggi e altri prodotti. 2-ter. I Ministeri dell'ambiente e dell'industria, del commercio e dell'artigianato curano la pubblicazione delle misure e degli obiettivi oggetto delle campagne di informazione di cui all'articolo 41, comma 2, lettera g). 2-quater. Il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato cura la pubblicazione dei numeri di riferimento delle norme nazionali che recepiscono le norme armonizzate di cui all'articolo 43, comma 3, e comunica alla Commissione dell'Unione europea le norme nazionali di cui al medesimo articolo, comma 3, considerate conformi alle predette norme armonizzate.

40. Consorzi. 1. Al fine di razionalizzare ed organizzare la ripresa degli imballaggi usati, la raccolta dei rifiuti di imballaggi secondari e terziari su superfici private, ed il ritiro, su indicazione del Consorzio Nazionale Imballaggi di cui all'articolo 41, dei rifiuti di imballaggi conferiti al servizio pubblico, nonché il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti di imballaggio secondo criteri di efficacia, efficienza ed economicità, i produttori che non provvedono ai sensi dell'articolo 38, comma 3, lettere a) e c) costituiscono un Consorzio per ciascuna tipologia di materiale di imballaggi. 2. I Consorzi di cui al comma 1 hanno personalità giuridica di diritto privato e sono retti da uno statuto approvato con decreto del Ministro dell'ambiente e del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato. 3. I mezzi finanziari per il funzionamento dei predetti Consorzi sono costituiti dai proventi delle attività e dai contributi dei soggetti partecipanti. 4. Ciascun consorzio mette a punto e trasmette al Consorzio nazionale imballaggi ed all'Osservatorio di cui all'articolo 26 un proprio Programma specifico di prevenzione che costituisce la base per l'elaborazione del programma generale di cui all'articolo 42. 5. Entro il 31 marzo di ogni anno, a partire da quello successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto, i Consorzi trasmettono al Consorzio Nazionale Imballaggi di cui all'articolo 41 l'elenco degli associati ed una relazione sulla gestione, comprensiva del programma specifico e dei risultati conseguiti nel recupero e nel riciclo dei rifiuti di imballaggio, nella quale possono essere evidenziati i problemi inerenti il raggiungimento degli scopi istituzionali e le eventuali proposte di adeguamento della normativa. 41. Consorzio Nazionale Imballaggi. 1. Per il raggiungimento degli obiettivi globali di recupero e di riciclaggio e per garantire il necessario raccordo con l'attività di raccolta differenziata effettuata dalle Pubbliche Amministrazioni, i produttori e gli utilizzatori costituiscono in forma paritaria, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore delle disposizioni del presente titolo, il Consorzio Nazionale Imballaggi, in seguito denominato CONAI. 2. Il CONAI svolge le seguenti funzioni: a) definisce, in accordo con le regioni e con le pubbliche amministrazioni interessate, gli ambiti territoriali in cui rendere operante un sistema integrato che comprenda la raccolta, la selezione e il trasporto dei materiali selezionati a centri di raccolta o di smistamento;

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b) definisce, con le pubbliche amministrazioni appartenenti ai singoli sistemi integrati di cui alla lettera a), le condizioni generali di ritiro da parte dei produttori dei rifiuti selezionati provenienti dalla raccolta differenziata; c) elabora ed aggiorna, sulla base dei programmi specifici di prevenzione di cui agli articoli 38, comma 6, e 40, comma 4, il Programma generale per la prevenzione e la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio; d) promuove accordi di programma con le regioni e gli enti locali per favorire il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti di imballaggio, e ne garantisce l'attuazione; e) assicura la necessaria cooperazione tra i consorzi di cui all'articolo 40, anche eventualmente destinando, nell'àmbito della ripartizione dei costi prevista dalla lettera h), una quota aggiuntiva del contributo ambientale ai consorzi che realizzano le percentuali di recupero superiori a quelle minime indicate nel Programma generale, al fine del conseguimento degli obiettivi globali di cui all'allegato E, lettera a), annesso al presente decreto. Nella medesima misura è ridotta la parte del contributo spettante ai consorzi che non raggiungono i singoli obiettivi di recupero; f) garantisce il necessario raccordo tra l'amministrazione pubblica, i Consorzi e gli altri operatori economici; g) organizza, in accordo con le pubbliche amministrazioni, le campagne di informazione ritenute utili ai fini dell'attuazione del Programma generale; h) ripartisce tra i produttori e gli utilizzatori i costi della raccolta differenziata, del riciclaggio e del recupero dei rifiuti di imballaggi conferiti al servizio di raccolta differenziata, in proporzione alla quantità totale, al peso ed alla tipologia del materiale di imballaggio immessi sul mercato nazionale, al netto delle quantità di imballaggi usati riutilizzati nell'anno precedente per ciascuna tipologia di materiale. 2-bis. Per il raggiungimento degli obiettivi pluriennali di recupero e riciclaggio, gli eventuali avanzi di gestione accantonati dal CONAI e dai consorzi di cui all'articolo 40 nelle riserve costituenti il loro patrimonio netto non concorrono alla formazione del reddito a condizione che sia rispettato il divieto di distribuzione, sotto qualsiasi forma, ai consorziati di tali avanzi e riserve, anche in caso di scioglimento dei consorzi e del CONAI. I soggetti di cui all'articolo 38, comma 3, lettera a), partecipano al finanziamento dell'attività del CONAI. 3. Il CONAI può stipulare un accordo di programma quadro su base nazionale con l'ANCI al fine di garantire l'attuazione del principio di corresponsabilità gestionale tra produttori, utilizzatori e pubblica amministrazione. In particolare, tale accordo stabilisce: a) l'entità dei costi della raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio da versare ai comuni, determinati secondo criteri di efficienza, di efficacia ed economicità di gestione del servizio medesimo, nonché sulla base della tariffa di cui all'articolo 49, dalla data di entrata in vigore della stessa; b) gli obblighi e le sanzioni posti a carico delle parti contraenti; c) le modalità di raccolta dei rifiuti da imballaggio in relazione alle esigenze delle attività di riciclaggio e di recupero. 4. L'accordo di programma di cui al comma 3 è trasmesso all'Osservatorio nazionale sui rifiuti di cui all'articolo 26, che può richiedere eventuali modifiche ed integrazioni entro i successivi sessanta giorni. 5. Ai fini della ripartizione dei costi di cui al comma 2, lettera h), sono esclusi dal calcolo gli imballaggi riutilizzabili immessi sul mercato previa cauzione. 6. Il CONAI ha personalità giuridica di diritto privato ed è retto da uno statuto approvato con decreto del Ministro dell'ambiente e del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, non ha fini di lucro e provvede ai mezzi finanziari necessari per la sua attività con i proventi delle attività e con i contributi dei consorziati. 7. [Il CONAI delibera con la maggioranza dei due terzi dei componenti]. 8. Al Consiglio di amministrazione del CONAI partecipa con diritto di voto un rappresentante dei consumatori indicato dal Ministro dell'ambiente e dal Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato. 9. I consorzi obbligatori esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge, previsti dall'articolo 9-quater, del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397 , convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, cessano di funzionare all'atto della costituzione del consorzio di cui al comma 1 e comunque entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Il CONAI di cui al comma 1 subentra nei diritti e negli obblighi dei consorzi obbligatori di cui all'articolo 9-quater, del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397 , convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, ed in particolare nella titolarità del patrimonio esistente alla data del 31 dicembre 1996, fatte salve le spese di gestione ordinaria sostenute dai Consorzi fino al loro scioglimento. Tali patrimoni dei diversi Consorzi obbligatori saranno destinati ai costi della raccolta differenziata, riciclaggio e recupero dei rifiuti di imballaggi primari o comunque conferiti al servizio pubblico della relativa tipologia di materiale. 10. In caso di mancata costituzione del CONAI entro i termini di cui al comma 1, e fino alla costituzione dello stesso, il Ministro dell'ambiente e il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato nominano d'intesa un commissario ad acta per lo svolgimento delle funzioni di cui al presente articolo. 10-bis. In caso di mancata stipula degli accordi di cui ai commi 2 e 3, il Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, può determinare con proprio decreto l'entità dei costi della raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio a carico dei produttori e degli utilizzatori ai sensi dell'articolo 49, comma 10, nonché le condizioni e le modalità di ritiro dei rifiuti stessi da parte dei produttori.

42. Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio.

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1. Sulla base dei programmi specifici di prevenzione di cui agli articoli 38, comma 6, e 40, comma 4, il CONAI elabora un Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio che individua, con riferimento alle singole tipologie di materiale di imballaggio, le misure relative ai seguenti obiettivi: a) prevenzione della formazione dei rifiuti di imballaggio; b) accrescimento della proporzione della quantità di rifiuti di imballaggi riciclabili rispetto alla quantità di imballaggi non riciclabili; c) accrescimento della proporzione della quantità di rifiuti di imballaggi riutilizzabili rispetto alla quantità di imballaggi non riutilizzabili; d) miglioramento delle caratteristiche dell'imballaggio allo scopo di permettere ad esso di sopportare più tragitti o rotazioni nelle condizioni di utilizzo normalmente prevedibili; e) realizzazione degli obiettivi di recupero e riciclaggio. 2. Il Programma generale di prevenzione determina, inoltre: a) la percentuale in peso di ciascuna tipologia di rifiuti di imballaggio da recuperare ogni cinque anni, e nell'àmbito di questo obiettivo globale, sulla base della stessa scadenza, la percentuale in peso da riciclare delle singole tipologie di materiali di imballaggio, con un minimo percentuale in peso per ciascun materiale; b) gli obiettivi intermedi di recupero e riciclaggio rispetto agli obiettivi di cui alla lettera a); c) [le necessarie integrazioni con il Piano nazionale per la gestione dei rifiuti]. 3. Il Programma generale è trasmesso per il parere all'Osservatorio sui rifiuti di cui all'articolo 26 ed è approvato con decreto del Ministro dell'ambiente e del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e l'ANCI. Con la medesima procedura si provvede alle eventuali modificazioni ed integrazioni del programma. 4. Nel caso in cui il Programma generale non sia predisposto entro il termine di centoventi giorni dalla costituzione del Consorzio Nazionale Imballaggi di cui all'articolo 41, e, successivamente, dall'inizio del quinquennio di riferimento, lo stesso è elaborato in via sostitutiva dall'Osservatorio di cui all'articolo 26. In tal caso gli obiettivi di recupero e riciclaggio sono quelli massimi previsti ai sensi della direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994, e successive modifiche ed integrazioni. 5. I piani regionali di cui all'articolo 22 sono integrati con un apposito capitolo relativo alla gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio in attuazione delle disposizioni del programma di cui ai commi 1 e 2.

43. Divieti. 1. È vietato lo smaltimento in discarica degli imballaggi e dei contenitori recuperati, ad eccezione degli scarti derivanti dalle operazioni di selezione, riciclo e recupero dei rifiuti di imballaggio. 2. A decorrere dal 1° gennaio 1998 è vietato immettere nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani imballaggi terziari di qualsiasi natura. Dalla stessa data eventuali imballaggi secondari non restituiti all'utilizzatore dal commerciante al dettaglio possono essere conferiti al servizio pubblico solo in raccolta differenziata, ove la stessa sia stata attivata. 3. A decorrere dal 1° gennaio 1998 possono essere commercializzati solo imballaggi rispondenti agli standard europei fissati dal Comitato Europeo Normalizzazione in conformità ai requisiti essenziali stabiliti dall'articolo 9 della direttiva 94/62 CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 1994, e dall'Allegato F al presente decreto. Fino al 1° gennaio 1998 si presume che siano soddisfatti tutti i predetti requisiti quando gli imballaggi sono conformi alle pertinenti norme armonizzate i cui numeri di riferimento sono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee, ovvero, in mancanza delle pertinenti norme armonizzate, alle norme nazionali considerate conformi ai predetti requisiti. 4. È vietato immettere sul mercato imballaggi o componenti di imballaggio, ad eccezione degli imballaggi interamente costituiti di cristallo, con livelli totali di concentrazione di piombo, mercurio, cadmio e cromo esavalente superiore a: a) 600 parti per milione (ppm) in peso a partire dal 30 giugno 1998; b) 250 ppm in peso a partire dal 30 giugno 1999; c) 100 ppm in peso a partire dal 30 giugno 2001. 5. Con decreto del Ministro dell'ambiente e del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato sono determinate, in conformità alle decisioni dell'Unione Europea: a) le condizioni alle quali i livelli di concentrazione di cui al comma 4 non si applicano ai materiali riciclati e ai circuiti di produzione localizzati in una catena chiusa e controllata; b) le tipologie di imballaggio esonerate dal requisito di cui al comma 4, lettera c).

TITOLO III

Gestione di particolari categorie di rifiuti

44. Beni durevoli. 1. I beni durevoli per uso domestico che hanno esaurito la loro durata operativa devono essere consegnati ad un rivenditore contestualmente all'acquisto di un bene durevole di tipologia equivalente ovvero devono essere conferiti alle imprese pubbliche o private che gestiscono la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti urbani o agli appositi centri di

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raccolta individuati ai sensi del comma 2, a cura del detentore. Ai fini della corretta attuazione degli obiettivi e delle priorità stabilite dal presente decreto, i produttori e gli importatori devono provvedere al ritiro, al recupero e allo smaltimento dei beni durevoli consegnati dal detentore al rivenditore, sulla base di appositi accordi di programma stipulati ai sensi dell'articolo 25. 2. Il Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, promuove accordi di programma tra le imprese che producono i beni di cui al comma 1, quelle che li immettono al consumo, anche in qualità di importatori, ed i soggetti, pubblici e privati, che ne gestiscono la raccolta, il recupero, il riciclaggio e lo smaltimento. Gli accordi prevedono: a) la messa a punto dei prodotti per le finalità di cui agli articoli 3 e 4; b) l'individuazione di centri di raccolta, diffusi su tutto il territorio nazionale; c) il recupero ed il riciclo dei materiali costituenti i beni; d) lo smaltimento di quanto non recuperabile da parte dei soggetti che gestiscono il servizio pubblico. 3. Al fine di favorire la restituzione dei beni di cui al comma 1 ai rivenditori, i produttori, gli importatori ed i distributori, e le loro associazioni di categoria, possono altresì stipulare accordi e contratti di programma ai sensi dell'articolo 25, comma 2. Ai medesimi fini il ritiro, il trasporto e lo stoccaggio dei beni durevoli da parte dei rivenditori firmatari, tramite le proprie associazioni di categoria, dei citati accordi e contratti di programma non sono sottoposti agli obblighi della comunicazione annuale al catasto, della tenuta dei registri di carico e scarico, della compilazione e tenuta dei formulari, della preventiva autorizzazione e della iscrizione all'Albo di cui agli articoli 11, 12, 15, 28 e 30 del presente decreto. 4. Decorsi tre anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, nel caso si manifestino particolari necessità di tutela della salute pubblica e dell'ambiente relativamente allo smaltimento dei rifiuti costituiti dai beni oggetto del presente articolo al termine della loro vita operativa, può essere introdotto, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, un sistema di cauzionamento obbligatorio. La cauzione, in misura pari al 10% del prezzo effettivo di vendita del prodotto e con il limite massimo di lire duecentomila, è svincolata all'atto della restituzione, debitamente documentata, di un bene oggetto del presente articolo ai centri di raccolta, ai servizi pubblici di nettezza urbana o ad un rivenditore contestualmente all'acquisto di un bene durevole di tipologia equivalente. Non sono tenuti a versare la cauzione gli acquirenti che, contestualmente all'acquisto, provvedano alla restituzione al venditore di un bene durevole di tipologia equivalente o documentino l'avvenuta restituzione dello stesso alle imprese o ai centri di raccolta di cui al comma 1. 5. In fase di prima applicazione i beni durevoli di cui al comma 1, sottoposti alle disposizioni del presente articolo, sono: a) frigoriferi, surgelatori e congelatori; b) televisori; c) computer; d) lavatrici e lavastoviglie; e) condizionatori d'aria. 45. Rifiuti sanitari. [1. Il deposito temporaneo presso il luogo di produzione di rifiuti sanitari pericolosi deve essere effettuato in condizioni tali da non causare alterazioni che comportino rischi per la salute e può avere una durata massima di cinque giorni. Per quantitativi non superiori a duecento litri detto deposito temporaneo può raggiungere i trenta giorni, alle predette condizioni. 2. Al direttore o responsabile sanitario della struttura pubblica o privata compete la sorveglianza ed il rispetto della disposizione di cui al comma 1, fino al conferimento dei rifiuti all'operatore autorizzato al trasporto verso l'impianto di smaltimento. 3. I rifiuti di cui al comma 1 devono essere smaltiti mediante termodistruzione presso impianti autorizzati ai sensi del presente decreto. Qualora il numero degli impianti per lo smaltimento mediante termodistruzione non risulti adeguato al fabbisogno, il Presidente della Regione, d'intesa con il Ministro della sanità ed il Ministro dell'ambiente, può autorizzare lo smaltimento dei rifiuti di cui al comma 1 anche in discarica controllata previa sterilizzazione. Ai fini dell'acquisizione dell'intesa, i Ministri competenti si pronunciano entro novanta giorni. 4. Con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della sanità, sentita la Conferenza tra lo Stato le Regioni e le Province autonome, sono: a) definite le norme tecniche di raccolta, disinfezione, sterilizzazione, trasporto, recupero e smaltimento dei rifiuti sanitari pericolosi; b) individuati i rifiuti di cui all'articolo 7, comma 2, lettera f) e definite le norme tecniche per assicurare una corretta gestione degli stessi; c) individuate le frazioni di rifiuti sanitari assimilati agli urbani nonché le eventuali ulteriori categorie di rifiuti sanitari che richiedono particolari sistemi di smaltimento. 5. La sterilizzazione dei rifiuti sanitari pericolosi effettuata al di fuori della struttura sanitaria che li ha prodotti è sottoposta alle procedure autorizzative di cui agli articoli 27 e 28. In tal caso al responsabile dell'impianto compete la certificazione di avvenuta sterilizzazione].

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46. Veicoli a motore e rimorchi. 1. Il proprietario di un veicolo a motore o di un rimorchio che intenda procedere alla demolizione dello stesso deve consegnarlo ad un centro di raccolta per la messa in sicurezza, la demolizione, il recupero dei materiali e la rottamazione, autorizzato ai sensi degli articoli 27 e 28. Tali centri di raccolta possono ricevere anche rifiuti costituiti da parti di veicoli a motore. 2. Il proprietario di un veicolo a motore o di un rimorchio destinato alla demolizione può altresì consegnarlo ai concessionari o alle succursali delle case costruttrici per la consegna successiva ai centri di cui al comma 1 qualora intenda cedere il predetto veicolo o rimorchio per acquistarne un altro. 3. I veicoli a motore o rimorchi rinvenuti da organi pubblici o non reclamati dai proprietari e quelli acquisiti per occupazione ai sensi degli articoli 927-929 e 923 del codice civile, sono conferiti ai centri di raccolta di cui al comma 1 nei casi e con le procedure determinate con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro dell'ambiente e dell'industria, del commercio e dell'artigianato e dei trasporti e della navigazione. 4. I centri di raccolta ovvero i concessionari o le succursali rilasciano al proprietario del veicolo o del rimorchio consegnato per la demolizione un certificato dal quale deve risultare la data della consegna, gli estremi dell'autorizzazione del centro, le generalità del proprietario e gli estremi di identificazione del veicolo, nonché l'assunzione da parte del gestore del centro stesso ovvero del concessionario o del titolare della succursale dell'impegno a provvedere direttamente alle pratiche di cancellazione dal Pubblico registro Automobilistico (PRA). 5. Dal 30 giugno 1998 la cancellazione dal Pubblico registro automobilistico (PRA) dei veicoli e dei rimorchi avviati a demolizione avviene esclusivamente a cura del titolare del centro di raccolta o del concessionario o del titolare della succursale senza oneri di agenzia a carico del proprietario del veicolo o del rimorchio. A tal fine, entro sessanta giorni dalla consegna del veicolo e del rimorchio da parte del proprietario, il titolare del centro di raccolta, il concessionario o il titolare della succursale della casa costruttrice deve comunicare l'avvenuta consegna per la demolizione del veicolo e consegnare il certificato di proprietà, la carta di circolazione e le targhe al competente ufficio del PRA che provvede ai sensi e per gli effetti dell'articolo 103, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 . 6. Il possesso del certificato di cui al comma 4 libera il proprietario del veicolo dalla responsabilità civile, penale e amministrativa connessa con la proprietà dello stesso. 6-bis. I gestori di centri di raccolta, i concessionari e i gestori delle succursali delle case costruttrici di cui ai commi 1 e 2 non possono alienare, smontare o distruggere i veicoli a motore e i rimorchi da avviare allo smontaggio ed alla successiva riduzione in rottami senza aver prima adempiuto ai compiti di cui al comma 5. 6-ter. Gli estremi della ricevuta dell'avvenuta denuncia e consegna delle targhe e dei documenti agli uffici competenti devono essere annotati sull'apposito registro di entrata e di uscita dei veicoli da tenersi secondo le norme del regolamento di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. 6-quater. Agli stessi obblighi di cui al comma 6-bis e 6-ter sono soggetti i responsabili dei centri di raccolta o altri luoghi di custodia di veicoli rimossi ai sensi dell'articolo 159 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, nel caso di demolizione del veicolo ai sensi dell'articolo 215, comma 4, del predetto decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. 6-quinquies. All'articolo 103, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, le parole: «la distruzione, la demolizione» sono sostituite dalle parole: «la cessazione della circolazione di veicoli a motore e di rimorchi non avviati alla demolizione». 7. È consentito il commercio delle parti di ricambio recuperate dalla demolizione dei veicoli a motore ad esclusione di quelle che abbiano attinenza con la sicurezza dei veicoli. 8. Le parti di ricambio attinenti la sicurezza dei veicoli sono cedute solo agli iscritti alle imprese esercenti attività di autoriparazione, di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 122, e sono utilizzate se sottoposte alle operazioni di revisione singola previste dall'articolo 80 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 . 9. L'utilizzazione delle parti di ricambio di cui ai commi 7 e 8 da parte delle imprese esercenti attività di autoriparazione deve risultare dalle fatture rilasciate al cliente. 10. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato e dei trasporti e della navigazione emana le norme tecniche relative alle caratteristiche degli impianti di demolizione, alle operazioni di messa in sicurezza e all'individuazione delle parti di ricambio attinenti la sicurezza di cui al comma 8.

47. Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti. 1. È istituito il Consorzio obbligatorio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti, al quale è attribuita la personalità giuridica di diritto privato. 2. Il Consorzio non ha scopo di lucro ed è regolato da uno statuto approvato con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. 3. Il Consorzio: a) assicura la raccolta, il trasporto, lo stoccaggio, il trattamento ed il riutilizzo degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti; b) assicura, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di inquinamento, lo smaltimento di oli e grassi vegetali e animali esausti raccolti dei quali non sia possibile o conveniente la rigenerazione;

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c) promuove lo svolgimento di indagini di mercato e di studi di settore al fine di migliorare, economicamente e tecnicamente, il ciclo di raccolta, trasporto, stoccaggio, trattamento e riutilizzo degli oli e grassi vegetali e animali esausti. 4. Le deliberazioni degli organi del Consorzio, adottate in relazione agli scopi del presente decreto ed a norma dello statuto, sono vincolanti per tutte le imprese partecipanti. 5. Partecipano al Consorzio: a) le imprese che producono, importano o detengono oli e grassi vegetali ed animali esausti; b) le imprese che riciclano e recuperano oli e grassi vegetali e animali esausti; c) le associazioni nazionali di categoria delle imprese che effettuano la raccolta, il trasporto e lo stoccaggio di oli e grassi vegetali e animali esausti. 6. Le quote di partecipazione al Consorzio sono determinate in base al rapporto tra la capacità produttiva di ciascun consorziato e la capacità produttiva complessivamente sviluppata da tutti i consorziati appartenenti alla medesima categoria. 7. La determinazione e l'assegnazione delle quote compete al consiglio di amministrazione del Consorzio che vi provvede annualmente secondo quanto stabilito dallo statuto. 8. Nel caso di incapacità o di impossibilità di adempiere, per mezzo delle stesse imprese e aziende consorziate, agli obblighi di raccolta, trasporto, stoccaggio, trattamento e riutilizzo degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti stabiliti dal presente decreto, il Consorzio può nei limiti e nei modi determinati dallo Statuto, stipulare con le imprese pubbliche e private contratti per l'assolvimento degli obblighi medesimi. 9. Le risorse finanziarie del Consorzio sono costituite: a) dai proventi delle attività svolte dal Consorzio; b) dalla gestione patrimoniale del fondo consortile; c) dalle quote consortili; d) da contributi di riciclaggio a carico dei produttori e degli importatori di oli e grassi vegetali e animali per uso alimentare destinati al mercato interno, determinati annualmente, per garantire l'equilibrio di gestione del Consorzio, con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato. 10. Il Consorzio deve trasmettere annualmente al Ministro dell'ambiente e al Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato il bilancio preventivo e consuntivo entro sessanta giorni dalla loro approvazione, unitariamente ad una relazione tecnica sull'attività complessiva sviluppata dallo stesso Consorzio e dai singoli consorziati. 11. A decorrere dalla data di scadenza del termine di novanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di approvazione dello Statuto di cui al comma 2, chiunque, in ragione della propria attività, detiene oli e grassi vegetali e animali esausti è obbligato a conferirli al Consorzio direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati del Consorzio. 12. Chiunque, in ragione della propria attività ed in attesa del conferimento al Consorzio, detenga oli e grassi animali e vegetali esausti, è obbligato a stoccare gli stessi in apposito contenitore conforme alle disposizioni vigenti in materia di smaltimento.

48. Consorzio per il riciclaggio di rifiuti di beni in polietilene. 1. Al fine di ridurre il flusso dei rifiuti di polietilene destinati allo smaltimento è istituito il consorzio per il riciclaggio dei rifiuti di beni in polietilene, esclusi gli imballaggi di cui all'articolo 35, comma 1, lettere a), b), c) e d), i beni di cui all'articolo 44 e i rifiuti di cui agli articoli 45 e 46. 2. Al Consorzio partecipano: a) i produttori e gli importatori di beni in polietilene; b) i trasformatori di beni in polietilene; c) le associazioni nazionali di categoria rappresentative delle imprese che effettuano la raccolta, il trasporto e lo stoccaggio dei rifiuti di beni in polietilene; d) le imprese che riciclano e recuperano rifiuti di beni in polietilene. 3. Il Consorzio si propone come obiettivo primario di favorire il ritiro dei beni a base di polietilene al termine del ciclo di utilità per avviarli ad attività di riciclaggio e di recupero. A tal fine il Consorzio: a) promuove la gestione del flusso dei beni a base di polietilene; b) assicura la raccolta, il riciclaggio e le altre forme di recupero dei rifiuti di beni in polietilene; c) promuove la valorizzazione delle frazioni di polietilene non riutilizzabili; d) promuove l'informazione degli utenti, intesa a ridurre il consumo dei materiali ed a favorire forme corrette di raccolta e di smaltimento; e) assicura l'eliminazione dei rifiuti di beni in polietilene nel caso in cui non sia possibile o economicamente conveniente il riciclaggio, nel rispetto delle disposizioni contro l'inquinamento. 4. Nella distribuzione dei prodotti dei consorziati il Consorzio può ricorrere a forme di deposito cauzionale. 5. I mezzi finanziari per il funzionamento del Consorzio sono costituiti: a) dai proventi delle attività svolte dal consorzio; b) dai contributi dei soggetti partecipanti; c) dalla gestione patrimoniale del fondo consortile.

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6. Le deliberazioni degli organi del consorzio, adottate in relazione agli scopi del presente decreto ed a norma dello statuto, sono vincolanti per tutti i soggetti partecipanti. 7. Il Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato determina ogni due anni con proprio decreto gli obiettivi minimi di riciclaggio, e in caso di mancato raggiungimento dei predetti obiettivi può stabilire un contributo percentuale di riciclaggio da applicarsi sull'importo netto delle fatture emesse dalle imprese produttrici ed importatrici di materia prima per forniture destinate alla produzioni di beni di polietilene per il mercato interno. 8. Il Consorzio ha personalità giuridica di diritto privato, non ha scopo di lucro ed è retto da uno Statuto approvato con decreto del Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato. 9. A decorrere dalla data di scadenza del termine di novanta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di approvazione dello Statuto di cui al comma 8, chiunque, in ragione della propria attività, detiene rifiuti di beni in polietilene è obbligato a conferirli al consorzio direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati dal consorzio.

TITOLO IV Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani

49. Istituzione della tariffa. 1. La tassa per lo smaltimento dei rifiuti di cui alla sezione II dal Capo XVIII del titolo III del testo unico della finanza locale, approvato con Regio Decreto 14 settembre 1931, n. 1175, come sostituito dall'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915, ed al capo III del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507 , è soppressa a decorrere dai termini previsti dal regime transitorio, disciplinato dal regolamento di cui al comma 5, entro i quali i comuni devono provvedere alla integrale copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani attraverso la tariffa di cui al comma 2. 1-bis. Resta, comunque, ferma la possibilità, in via sperimentale, per i comuni di deliberare l'applicazione della tariffa ai sensi del comma 16. 2. I costi per i servizi relativi alla gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbliche e soggette ad uso pubblico, sono coperti dai Comuni mediante l'istituzione di una tariffa. 3. La tariffa deve essere applicata nei confronti di chiunque occupi oppure conduca locali, o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale. 4. La tariffa è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere e dai relativi ammortamenti, e da una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito, e all'entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio. 4-bis. A decorrere dall'esercizio finanziario che precede i due anni dall'entrata in vigore della tariffa, i comuni sono tenuti ad approvare e a presentare all'Osservatorio nazionale sui rifiuti il piano finanziario e la relazione di cui all'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158. 5. Il Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro dell'Industria del Commercio e dell'Artigianato, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano elabora un metodo normalizzato per definire le componenti dei costi e determinare la tariffa di riferimento, prevedendo disposizioni transitorie per garantire la graduale applicazione del metodo normalizzato e della tariffa ed il graduale raggiungimento dell'integrale copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani da parte dei comuni. 6. La tariffa di riferimento è articolata per fasce di utenza e territoriali. 7. La tariffa di riferimento costituisce la base per la determinazione della tariffa nonché per orientare e graduare nel tempo gli adeguamenti tariffari derivanti dall'applicazione del presente decreto. 8. La tariffa è determinata dagli enti locali, anche in relazione al piano finanziario degli interventi relativi al servizio. 9. La tariffa è applicata dai soggetti gestori nel rispetto della convenzione e del relativo disciplinare. 10. Nella modulazione della tariffa sono assicurate agevolazioni per le utenze domestiche e per la raccolta differenziata delle frazioni umide e delle altre frazioni, ad eccezione della raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio che resta a carico dei produttori e degli utilizzatori. È altresì assicurata la gradualità degli adeguamenti derivanti dalla applicazione del presente decreto. 11. Per le successive determinazioni della tariffa si tiene conto degli obiettivi di miglioramento della produttività e della qualità del servizio fornito e del tasso di inflazione programmato. 12. L'eventuale modulazione della tariffa tiene conto degli investimenti effettuati dai comuni che risultino utili ai fini dell'organizzazione del servizio. 13. La tariffa è riscossa dal soggetto che gestisce il servizio. 14. Sulla tariffa è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l'attività di recupero dei rifiuti stessi.

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15. La riscossione volontaria e coattiva della tariffa può essere effettuata con l'obbligo del non riscosso per riscosso, tramite ruolo secondo le disposizioni del decreto del presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 , e del decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43. 16. In via sperimentale i Comuni possono attivare il sistema tariffario anche prima del termine di cui al comma 1. 17. È fatta salva l'applicazione del tributo ambientale di cui all'articolo 19 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504.

TITOLO V Sistema sanzionatorio e disposizioni transitorie e finali Capo I - Sanzioni

50. Abbandono di rifiuti. 1. Fatto salvo quanto disposto dall'articolo 51, comma 2, chiunque in violazione dei divieti di cui agli articoli 14, commi 1 e 2, 43, comma 2, 44, comma 1 e 46, commi 1 e 2, abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire duecentomila a lire unmilioneduecentomila. Se l'abbandono di rifiuti sul suolo riguarda rifiuti non pericolosi e non ingombranti si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da lire cinquantamila a lire trecentomila. 1-bis. Il titolare del centro di raccolta, il concessionario o il titolare della succursale della casa costruttrice, che viola le disposizioni di cui all'articolo 46, comma 5, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire cinquecentomila a lire tremilioni. 2. Chiunque non ottempera all'ordinanza del Sindaco, di cui all'articolo 14, comma 3, o non adempie all'obbligo di cui agli articoli 9, comma 3, è punito con la pena dell'arresto fino ad un anno. Con la sentenza di condanna per tali contravvenzioni, o con la decisione emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla esecuzione di quanto stabilito nella ordinanza o nell'obbligo non eseguiti.

51. Attività di gestione di rifiuti non autorizzata. 1. Chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 27, 28, 29, 30, 31, 32 e 33 è punito: a) con la pena dell'arresto da tre mesi ad un anno o con l'ammenda da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni se si tratta di rifiuti non pericolosi; b) con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni se si tratta di rifiuti pericolosi. 2. Le pene di cui al comma 1 si applicano ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee in violazione del divieto di cui all'articolo 14, commi 1 e 2. 3. Chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni. Si applica la pena dell'arresto da uno a tre anni e dell'ammenda da lire dieci milioni a lire cento milioni se la discarica è destinata, anche in parte, allo smaltimento di rifiuti pericolosi. Alla sentenza di condanna o alla decisione emessa ai sensi dell'articolo 444 del Codice di Procedura Penale consegue la confisca dell'area sulla quale è realizzata la discarica abusiva se di proprietà dell'autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi. 4. Le pene di cui ai commi 1, 2 e 3 sono ridotte della metà nelle ipotesi di inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni nonché nelle ipotesi di inosservanza dei requisiti e delle condizioni richiesti dalle iscrizioni o comunicazioni. 5. Chiunque, in violazione del divieto di cui all'articolo 9, effettua attività non consentite di miscelazione di rifiuti è punito con la pena di cui al comma 1, lettera b). 6. Chiunque effettua il deposito temporaneo presso il luogo di produzione di rifiuti sanitari pericolosi, con violazione delle prescrizioni di cui all'articolo 45, è punito con la pena dell'arresto da tre mesi ad un anno o con la pena dell'ammenda da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni. Si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da lire cinque milioni a lire trenta milioni per i quantitativi non superiori a duecento litri. 6-bis. Chiunque viola gli obblighi di cui agli articoli 46, commi 6-bis, 6-ter e 6-quater, 47, commi 11 e 12 e 48, comma 9, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire cinquecentomila a lire tremilioni. 6-ter. I soggetti di cui all'articolo 48, comma 2, che non adempiono all'obbligo di partecipazione ivi previsto entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione sono puniti: a) nelle ipotesi di cui alla lettera a) del comma 2 dell'articolo 48, con la sanzione amministrativa pecuniaria di lire 50 mila per tonnellata di beni in polietilene importati o prodotti ed immessi sul mercato interno; b) nelle ipotesi di cui alla lettera b) del comma 2 dell'articolo 48, con la sanzione amministrativa pecuniaria di lire diecimila per tonnellata di beni in polietilene importati o prodotti ed immessi sul mercato interno; c) nelle ipotesi di cui alle lettere c) e d) del comma 2 dell'articolo 48, con la sanzione amministrativa pecuniaria di lire 100 per tonnellata di rifiuti di beni in polietilene.

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6-quater. Le sanzioni di cui al comma 6-ter sono ridotte della metà nel caso di adesione effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine di cui all'alinea del medesimo comma 6-ter. 6-quinquies. I soggetti di cui all'articolo 48, comma 2, sono tenuti a versare un contributo annuo superiore a lire centomila. In caso di omesso versamento di tale contributo essi sono puniti: a) nelle ipotesi di cui alla lettera a) del comma 2 dell'articolo 48, con la sanzione amministrativa pecuniaria di lire 50 mila per tonnellata di beni in polietilene importati o prodotti ed immessi sul mercato interno; b) nelle ipotesi di cui alla lettera b) del comma 2 dell'articolo 48, con la sanzione amministrativa pecuniaria di lire 10 mila per tonnellata di beni in polietilene importati o prodotti ed immessi sul mercato interno; c) nelle ipotesi di cui alle lettere c) e d) del comma 2 dell'articolo 48, con la sanzione amministrativa pecuniaria di lire 100 per tonnellata di rifiuti di beni in polietilene. 51-bis. Bonifica dei siti. 1. Chiunque cagiona l'inquinamento o un pericolo concreto ed attuale di inquinamento, previsto dall'articolo 17, comma 2, è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a un anno e con l'ammenda da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni se non provvede alla bonifica secondo il procedimento di cui all'articolo 17. Si applica la pena dell'arresto da un anno a due anni e la pena dell'ammenda da lire diecimilioni a lire centomilioni se l'inquinamento è provocato da rifiuti pericolosi. Con la sentenza di condanna per la contravvenzione di cui al presente comma, o con la decisione emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale.

52. Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari. 1. Chiunque non effettua la comunicazione di cui all'articolo 11, comma 3, ovvero la effettua in modo incompleto o inesatto è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire cinque milioni a lire trenta milioni. Se la comunicazione è effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da lire cinquantamila a lire trecentomila. 2. Chiunque omette di tenere ovvero tiene in modo incompleto il registro di carico e scarico di cui all'articolo 12, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire cinque milioni a lire trenta milioni. Se il registro è relativo a rifiuti pericolosi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da lire trenta milioni a lire centottanta milioni, nonché la sanzione amministrativa accessoria della sospensione da un mese ad un anno dalla carica rivestita dal soggetto responsabile dell'infrazione e dall'amministratore. Le sanzioni di cui sopra sono ridotte rispettivamente da lire duemilioni a lire dodicimilioni per i rifiuti non pericolosi, da lire quattromilioni a lire ventiquattromilioni per i rifiuti pericolosi, nel caso di imprese che occupano un numero di unità lavorative inferiore a 15 dipendenti calcolate con riferimento al numero di dipendenti occupati a tempo pieno durante un anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di unità lavorative annue; ai predetti fini l'anno da prendere in considerazione è quello dell'ultimo esercizio contabile approvato. 3. Chiunque effettua il trasporto di rifiuti senza il prescritto formulario di cui all'articolo 15 ovvero indica nel formulario stesso dati incompleti o inesatti è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire tre milioni a lire diciotto milioni. Si applica la pena di cui all'articolo 483 del codice penale nel caso di trasporto di rifiuti pericolosi. Tale ultima pena si applica anche a chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto. 4. Se le indicazioni di cui ai commi 1 e 2 sono formalmente incomplete o inesatte ma i dati riportati nella comunicazione al catasto, nei registri di carico e scarico, nei formulari di identificazione dei rifiuti trasportati e nelle altre scritture contabili tenute per legge consentono di ricostruire le informazioni dovute si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da lire cinquecentomila a lire tremilioni. La stessa pena si applica se le indicazioni di cui al comma 3 sono formalmente incomplete o inesatte ma contengono tutti gli elementi per ricostruire le informazioni dovute per legge, nonché nei casi di mancato invio alle autorità competenti e di mancata conservazione dei registri di cui all'articolo 12, commi 3 e 4, o del formulario di cui all'articolo 15.

53. Traffico illecito di rifiuti. 1. Chiunque effettua una spedizione di rifiuti costituente traffico illecito ai sensi dell'articolo 26 del regolamento (CEE) n. 259/93 del Consiglio, del 1° febbraio 1993, o effettua una spedizione di rifiuti elencati nell'allegato II del citato regolamento in violazione dell'articolo 1, comma 3, lettere a), b), c) e d), del regolamento stesso, è punito con la pena dell'ammenda da 1.549 euro a 25.822 euro e con l'arresto fino a due anni. La pena è aumentata in caso di spedizione di rifiuti pericolosi. 2. Alla sentenza di condanna, o a quella emessa ai sensi dell'articolo 444 del Codice di Procedura Penale, per i reati relativi al traffico illecito di cui al comma 1 o al trasporto illecito di cui agli articoli 51 e 52, comma 3, consegue obbligatoriamente la confisca del mezzo di trasporto.

53-bis. Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti.

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1. Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l'allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei anni. 2. Se si tratta di rifiuti ad alta radioattività si applica la pena della reclusione da tre a otto anni. 3. Alla condanna conseguono le pene accessorie di cui agli articoli 28, 30, 32-bis e 32-ter del codice penale, con la limitazione di cui all'articolo 33 del medesimo codice. 4. Il giudice, con la sentenza o con la decisione emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, ordina il ripristino dello stato dell'ambiente, e può subordinare ove possibile la concessione della sospensione condizionale della pena all'eliminazione del danno o del pericolo per l'ambiente.

54. Imballaggi. 1. I produttori e gli utilizzatori che non adempiono all'obbligo di cui all'articolo 38, comma 2, entro il 31 dicembre 1998, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria pari a sei volte le somme dovute per l'adesione al CONAI, fatto comunque salvo l'obbligo di corrispondere i contributi pregressi. Tale sanzione è ridotta della metà nel caso di adesioni effettuate entro il sessantesimo giorno dalla scadenza sopra indicata. I produttori di imballaggi che non provvedono ad organizzare un proprio sistema per l'adempimento degli obblighi di cui all'articolo 38, comma 3, e non aderiscono ai consorzi di cui all'articolo 40 né adottano un proprio sistema cauzionale sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire quindici milioni a lire novanta milioni. La stessa pena si applica agli utilizzatori che non adempiono all'obbligo di cui all'articolo 38, comma 4. 2. La violazione dei divieti di cui all'articolo 43, commi 1 e 4, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire dieci milioni a lire sessanta milioni. La stessa pena si applica a chiunque immette nel mercato interno imballaggi privi dei requisiti di cui all'articolo 36, comma 5. 3. La violazione del divieto di cui all'articolo 43, comma 3, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire cinque milioni a lire trenta milioni.

55. Competenza e giurisdizione. 1. Fatte salve le altre disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689, in materia di accertamento degli illeciti amministrativi, all'irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla presente normativa provvede la Provincia nel cui territorio è stata commessa la violazione, ad eccezione delle sanzioni previste dall'articolo 50, comma 1, per le quali è competente il Comune. 2. Avverso le ordinanze-ingiunzione relative alle sanzioni amministrative di cui al comma 1 è esperibile il giudizio di opposizione di cui all'articolo 23, L. 24 novembre 1981, n. 689. 3. Per i procedimenti penali pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto l'autorità giudiziaria, se non deve pronunziare decreto di archiviazione o sentenza di proscioglimento, dispone la trasmissione degli atti agli enti indicati al comma 1 ai fini dell'applicazione delle sanzioni amministrative.

55-bis. Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie. 1. I proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per le violazioni del presente decreto sono devoluti alle province e sono destinati all'esercizio delle funzioni di controllo in materia ambientale, fatti salvi i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all'articolo 50, comma 1, che sono devoluti ai comuni.

Capo II - Disposizioni transitorie e finali

56. Abrogazione di norme. 1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogati: a) la legge 20 marzo 1941, n. 366; b) il decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915; c) il decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397 , convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, ad eccezione degli articoli 7, 9 e 9-quinquies; d) il D.L. 31 agosto 1987, n. 361, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1987, n. 441, ad eccezione degli articoli 1, 1-bis, 1-ter, 1-quater, 1-quinquies e 14, comma 1; e) il decreto-legge 14 dicembre 1988, n. 527, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 febbraio 1988, n. 45; f) l'articolo 29-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e successive modificazioni; f-bis) i commi 3, 4 e 5, secondo periodo, dell'articolo 103 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285; f-ter) l'articolo 5, comma 1, del D.P.R. 8 agosto 1994, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 251 del 26 ottobre 1994. 2. Il Governo, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, adotta, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, su proposta del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si esprimono entro 30 giorni dalla trasmissione del relativo schema alle Camere, apposito regolamento con il quale sono individuati gli atti

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normativi incompatibili con il presente decreto, che sono abrogati con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento medesimo. 2-bis. Il Governo, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, adotta entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, su proposta del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, previo parere delle competenti commissioni parlamentari, che si esprimono entro trenta giorni dalla trasmissione del relativo schema alle Camere, apposito regolamento con il quale sono disciplinate in conformità ai princìpi del presente decreto le attività di gestione degli oli usati e sono individuati gli atti normativi incompatibili con il decreto medesimo, che sono abrogati con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento stesso. 57. Disposizioni transitorie. 1. Le norme regolamentari e tecniche che disciplinano la raccolta, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti restano in vigore sino all'adozione delle specifiche norme adottate in attuazione del presente decreto. A tal fine ogni riferimento ai rifiuti tossici e nocivi si deve intendere riferito ai rifiuti pericolosi. 2. Sono fatte salve le attribuzioni di funzioni delegate o trasferite già conferite dalle regioni alle province e agli altri enti locali in attuazione della legge 8 giugno 1990, n. 142 . 3. Le autorizzazioni rilasciate ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915 , restano valide fino alla loro scadenza e comunque non oltre il termine di quattro anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. 4. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto le Regioni provvederanno ad aggiornare le autorizzazioni in essere per la gestione dei rifiuti sulla base della nuova classificazione degli stessi. 5. Le attività che in base alle leggi statali e regionali vigenti risultano escluse dal regime dei rifiuti, ivi compreso l'utilizzo dei materiali e delle sostanze individuati nell'allegato 1 al decreto del Ministro dell'ambiente 5 settembre 1994, pubblicato nel Supplemento ordinario n. 126 alla Gazzetta Ufficiale 10 settembre 1994, n. 212, devono conformarsi alle disposizioni del presente decreto entro e non oltre il 30 giugno 1999. 6. Fermo restando il termine di cui all'articolo 33, comma 6, per la prosecuzione delle operazioni di recupero dei rifiuti compresi nell'allegato 3 al decreto del Ministro dell'ambiente 5 settembre 1994, pubblicato nel Supplemento ordinario n. 126 alla Gazzetta Ufficiale 10 settembre 1994, n. 212, e nell'allegato 1 al decreto del Ministro dell'ambiente 16 gennaio 1995, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale 30 gennaio 1995, n. 24, in esercizio e che risultino conformi alle norme tecniche adottate ai sensi degli articoli 31 e 33, gli interessati sono tenuti ad effettuare la comunicazione di cui all'articolo 33, comma 1, entro trenta giorni dall'emanazione delle predette norme tecniche; in tal caso l'esercizio dell'attività può essere continuato senza attendere il decorso di novanta giorni dalla comunicazione. 6-bis. In attesa delle specifiche norme regolamentari e tecniche, da adottarsi ai sensi dell'articolo 18, comma 2, lettera i), i rifiuti sono assimilati alle merci per quanto concerne il regime normativo in materia di trasporti via mare e la disciplina delle operazioni di carico, scarico, trasbordo, deposito e maneggio in aree portuali. In particolare i rifiuti pericolosi sono assimilati alle merci pericolose. 6-ter. In attesa dell'adozione della nuova disciplina organica in materia di valutazione di impatto ambientale la procedura di cui all'articolo 6 della L. 8 luglio 1986, n. 349, continua ad applicarsi ai progetti delle opere rientranti nella categoria di cui all'articolo 1, lettera i), del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 agosto 1988, n. 377, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 31 agosto 1988, n. 204, relativa ai rifiuti già classificati tossici e nocivi.

58. Disposizioni finali. 1. Nelle attrezzature sanitarie di cui all'articolo 4, secondo comma, lettera g), della legge 29 settembre 1964, n. 847 , sono ricomprese le opere, le costruzioni e gli impianti destinati allo smaltimento, al riciclaggio o alla distruzione dei rifiuti urbani, speciali, pericolosi, solidi e liquidi, alla bonifica di aree inquinate. 2. All'articolo 8, comma 2, secondo capoverso della legge 19 ottobre 1984, n. 748, come modificato dall'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 16 febbraio 1993, n. 161, le parole: «di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentiti il Ministro dell'ambiente e il Ministro della sanità» sono sostituite dalle seguenti: «di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato, dell'ambiente e della sanità». All'articolo 8, comma 3, ultimo capoverso della legge 19 ottobre 1984, n. 748 , le parole: «di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentiti il Ministro delle partecipazioni statali e il Ministro della sanità» sono sostituite dalle seguenti: «di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato, dell'ambiente e della sanità». All'articolo 9, comma 5, della medesima legge 19 ottobre 1984, n. 748, le parole: «di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentiti il Ministro delle partecipazioni statali e il Ministro della sanità» sono sostituite dalle seguenti «di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato, dell'ambiente e della sanità». 3. Dall'attuazione del presente decreto non devono derivare maggiori oneri o minori entrate a carico dello Stato. 4. Il Consorzio obbligatorio delle batterie al piombo esauste e dei rifiuti piombosi di cui all'articolo 9-quinquies del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397 , convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, ha personalità giuridica di diritto privato.

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5. Il Consorzio obbligatorio degli oli usati di cui all'art. 11, D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 95, ha personalità giuridica di diritto privato. 6. Nell'assegnazione delle risorse stanziate, ancora disponibili, del D.L. 31 agosto 1987, n. 361, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1987, n. 441, si prescinde dalle specificazioni di cui agli articoli 1, 1- bis e 1-ter e dalle tipologie impiantistiche ivi indicate. 7. Le disposizioni del Titolo II del presente decreto entrano in vigore dal 1° maggio 1997. 7-bis. Le spese per l'indennità e per il trattamento economico del personale di cui all'articolo 9 del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, sono imputate sul capitolo 5940 dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente. Il trattamento economico resta a carico delle istituzioni di appartenenza, previa intesa con le medesime, nel caso in cui il personale svolga attività di comune interesse. 7-ter. I rifiuti provenienti da attività di manutenzione o assistenza sanitaria si considerano prodotti presso la sede o il domicilio del soggetto che svolge tali attività. 7-quater. Le disposizioni di cui agli articoli 11, 12, 15 e 30 non si applicano alle attività di raccolta e trasporto di rifiuti effettuate dai soggetti abilitati allo svolgimento delle attività medesime in forma ambulante, limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del loro commercio.

Allegato A –B - C (OMISSIS)

Allegato D (Previsto dall'art. 7, comma 4) Rifiuti pericolosi ai sensi dell'art. 1, paragrafo 4 della direttiva 91/689/CEE Introduzione 1. I vari tipi di rifiuti figuranti nell'elenco sono pienamente definiti dal codice a sei cifre per i rifiuti e dalle rispettive sezioni a due cifre e a quattro cifre. 2. L'inclusione nell'elenco non significa che il materiale o l'oggetto siano da considerarsi rifiuti in tutti i casi. L'inclusione è pertinente soltanto quando venga soddisfatta la definizione di rifiuti ai sensi dell'articolo 1, lettera a), della direttiva 75/442/CEE, purché non si applichi l'articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva. 3. I rifiuti precisati nell'elenco sono soggetti alle disposizioni della direttiva 91/689/CEE, purché non si applichi l'articolo 1, paragrafo 5 della direttiva. 4. Conformemente all'articolo 1, paragrafo 4, secondo trattino, della direttiva 91/689/CEE, i rifiuti, diversi da quelli elencati in appresso, che secondo uno Stato membro presentino una o più caratteristiche indicate nell'allegato III della direttiva 91/689/CEE sono pericolosi. Tutti questi casi saranno notificati alla Commissione e verranno esaminati in vista della modifica dell'elenco conformemente all'articolo 18 della direttiva 75/442/CEE. Elenco dei rifiuti pericolosi Codice CER Designazione 02 RIFIUTI PROVENIENTI DA PRODUZIONE, TRATTAMENTO E PREPARAZIONE DI ALIMENTI IN AGRICOLTURA, ORTICOLTURA, CACCIA, PESCA ED ACQUICOLTURA 0201 RIFIUTI DELLE PRODUZIONI PRIMARIE 020105 rifiuti agrochimici 03 RIFIUTI DELLA LAVORAZIONE DEL LEGNO E DELLA PRODUZIONE DI CARTA, POLPA, CARTONE, PANNELLI E MOBILI 0302 RIFIUTI DEI TRATTAMENTI CONSERVATIVI DEL LEGNO 030201 prodotti per i trattamenti conservativi del legno contenenti composti organici non alogenati 030202 prodotti per i trattamenti conservativi del legno contenenti composti organici clorurati 030203 prodotti per i trattamenti conservativi del legno contenenti composti organo-metallici 030204 prodotti per i trattamenti conservativi del legno contenenti composti inorganici 04 RIFIUTI DELLA PRODUZIONE CONCIARIA E TESSILE 0401 RIFIUTI DELL'INDUSTRIA DELLA LAVORAZIONE DELLA PELLE 040103 

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bagni di sgrassatura esauriti contenenti solventi senza fase liquida 0402 RIFIUTI DELL'INDUSTRIA TESSILE 040211 rifiuti contenenti composti alogenati da operazioni di confezionamento e finitura 05 RIFIUTI DELLA RAFFINAZIONE DEL PETROLIO, PURIFICAZIONE DEL GAS NATURALE E TRATTAMENTO PIROLITICO DEL CARBONE 0501 RESIDUI OLEOSI E RIFIUTI SOLIDI 050103 morchie e fondi di serbatoi 050104 fanghi acidi da processi di alchilazione 050105 perdite di olio 050107 catrami acidi 050108 altri catrami 0504 FILTRI Dl ARGILLA ESAURITI 050401 Filtri di argilla esauriti 0506 RIFIUTI DAL TRATTAMENTO PIROLITICO DEL CARBONE 050601 catrami acidi 050603 altri catrami 0507 RIFIUTI DAL PROCESSO DI PURIFICAZIONE DEL GAS NATURALE 050701 fanghi contenenti mercurio 0508 RIFIUTI DELLA RIGENERAZIONE DELL'OLIO 050801 filtri di argilla esauriti 050802 catrami acidi 050803 altri catrami 050804 rifiuti liquidi acquosi dalla rigenerazione dell'olio 06 RIFIUTI DA PROCESSI CHIMICI INORGANICI 0601 SOLUZIONI ACIDE DI SCARTO 060101 acido solforoso e solforico 060102 acido cloridrico 060103 acido fluoridrico 060104 acido fosforoso e fosforico 060105 acido nitroso e nitrico 060199 rifiuti non specificati altrimenti 0602 

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SOLUZIONI ALCALINE 060201 idrossido di calcio 060202 soda 060203 ammoniaca 060299 rifiuti non specificati altrimenti 0603 SALI E LORO SOLUZIONI 060311 sali e soluzioni contenenti cianuri 0604 RIFIUTI CONTENENTI METALLI 060402 sali metallici (tranne 06 03 00) 060403 rifiuti contenenti arsenico 060404 rifiuti contenenti mercurio 060405 rifiuti contenenti altri metalli pesanti 0607 RIFIUTI DA PROCESSI CHIMICI DEGLI ALOGENI 060701 rifiuti contenenti amianto da processi elettrolitici 060702 carbone attivo dalla produzione di cloro 0613 RIFIUTI DA ALTRI PROCESSI CHIMICI INORGANICI 061301 pesticidi, biocidi ed agenti conservativi del legno di natura inorganica 061302 carbone attivo esaurito (tranne 06 07 02) 07 RIFIUTI DA PROCESSI CHIMICI ORGANICI 0701 RIFIUTI DA PRODUZIONE, FORMULAZIONE, FORNITURA ED USO (PFFU) DI PRODOTTI CHIMICI ORGANICI DI BASE 070101 soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri 070103 solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio di acque madri 070104 altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque madri 070107 fondi di distillazione e residui di reazione alogenati 070108 altri fondi di distillazione e residui di reazione 070109 residui di filtrazione, assorbenti esauriti contaminati da composti organici alogenati 070110 altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti 0702 RIFIUTI DA PFFU DI PLASTICHE, GOMME SINTETICHE E FIBRE ARTIFICIALI 070201 soluzioni di lavaggio e acque madri 070203 solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri 070204 

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altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque madri 070207 fondi di distillazione e residui di reazione alogenati 070208 altri fondi di distillazione e residui di reazione 070209 residui di filtrazione, assorbenti esauriti contaminati da composti organici alogenati 070210 altri residui di filtrazione, assorbenti esauriti 0703 RIFIUTI DA PFFU DI COLORANTI E PIGMENTl ORGANICI (TRANNE 06 11 00) 070301 soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri 070303 solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri 070304 altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque madri 070307 fondi di distillazione e residui di reazione alogenati 070308 altri fondi di distillazione e residui di reazione 070309 residui di filtrazione, assorbenti esauriti contaminati da composti organici alogenati 070310 alti residui di filtrazione, assorbenti esauriti 0704 RIFIUTI DA PFFU DI PESTICIDI ORGANICI (TRANNE 02 01 05) 070401 soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri 070403 solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri 070404 altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque madri 070407 fondi di distillazione e residui di reazione alogenati 070408 altri fondi di distillazione e residui di reazione 070409 residui di filtrazione, assorbenti esauriti contaminati da composti organici alogenati 070410 altri residui di filtrazione, assorbenti esauriti 0705 RIFIUTI DA PFFU DI PRODOTTI FARMACEUTICI 070501 soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri 070503 solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri 070504 altri solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri 070507 fondi di distillazione e residui di reazione alogenati 070508 altri fondi di distillazione e residui di reazione 070509 residui di filtrazione, assorbenti esauriti contaminati da composti organici alogenati 070510 altri residui di filtrazione, assorbenti esauriti 0706 RIFIUTI DA PFFU DI CERE, GRASSI, SAPONI, DETERGENTI, DISINFETTANTI E COSMETICI 070601 soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri 

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070603 solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri 070604 altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque madri 070607 fondi di distillazione e residui di reazione alogenati 070608 altri fondi di distillazione e residui di reazione 070609 residui di filtrazione, assorbenti esauriti contaminati da composti organici alogenati 070610 altri residui di filtrazione, assorbenti esauriti 0707 RIFIUTI DA PFFU DI PRODOTTI DELLA CHIMICA FINE E PRODOTTI CHIMICI NON SPECIFICATI ALTRIMENTI 070701 soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri 070703 solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri 070704 altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque madri 070707 fondi di distillazione e residui di reazione alogenati 070708 altri fondi di distillazione e residui di reazione 070709 residui di filtrazione, assorbenti esauriti contaminati da composti organici alogenati 070710 altri residui di filtrazione, assorbenti esauriti 08 RIFIUTI DA PRODUZIONE, FORMULAZIONE, FORNITURA ED USO (PFFU) DI RIVESTIMENTI (PITTURE, VERNICI E SMALTI VETRATI), SIGILLANTI E INCHIOSTRI PER STAMPA 0801 RIFIUTI DA PFFU DI PITTURE E VERNICI 080101 pitture e vernici di scarto contenenti solventi organici alogenati 080102 pitture e vernici di scarto contenenti solventi organici non alogenati 080106 fanghi derivanti da operazioni di scrostatura e sverniciatura contenenti solventi alogenati 080107 fanghi provenienti da operazioni di scrostatura e sveniciatura non contenenti solventi alogenati 0803 RIFIUTI DA PFFU DI INCHIOSTRI PER STAMPA 080301 inchiostri di scarto contenenti solventi alogenati 080302 inchiostri di scarto non contenenti solventi alogenati 080305 fanghi di inchiostri contenenti solventi alogenati 080306 fanghi di inchiostri non contenenti solventi alogenati 0804 RIFIUTI DA PFFU DI ADESIVI E SIGILLANTI (INCLUSI PRODOTTI IMPERMEABILIZZANTI) 080401 adesivi e sigillanti di scarto contenenti solventi alogenati 080402 adesivi e sigillanti di scarto non contenenti solventi alogenati 080405 fanghi di adesivi e sigillanti contenenti solventi alogenati 080406 

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fanghi di adesivi e sigillanti non contenenti solventi alogenati 09 RIFIUTI DELL'INDUSTRIA FOTOGRAFICA 0901 RIFIUTI DELL'INDUSTRIA FOTOGRAFICA 090101 soluzioni di sviluppo e attivanti a base acquosa 090102 soluzioni di sviluppo per lastre offset a base acquosa 090103 soluzioni di sviluppo a base solvente 090104 soluzioni di fissaggio 090105 soluzioni di lavaggio e di lavaggio del fissatore 090106 rifiuti contenti argento provenienti da trattamento in loco di rifiuti fotografici 10 RIFIUTI INORGANICI PROVENIENTI DA PROCESSI TERMICI 1001 RIFIUTI Dl CENTRALI TERMICHE ED ALTRI IMPIANTI TERMICI (ECCETTO 19 00 00) 100104 ceneri leggere di olio 100109 acido solforico 1003 RIFIUTI DELLA METALLURGIA TERMICA DELL'ALLUMINIO 100301 catrami ed altri rifiuti contenenti carbone dalla produzione degli anodi 100303 rifiuti di cimatura 100304 scorie di prima fusione/scorie bianche 100307 rivestimenti di carbone usati 100308 scorie saline di seconda fusione 100309 scorie nere di seconda fusione 100310 rifiuti provenienti da trattamento di scorie saline o di scorie nere 1004 RIFIUTI DELLA METALLURGIA TERMICA DEL PIOMBO 100401 scorie (prima e seconda fusione) 100402 incrostazioni e loppe (prima e seconda fusione) 100403 arsenato di calcio 100404 polveri dai gas effluenti da camino 100405 altre polveri e particolato 100406 rifiuti solidi derivanti dal trattamento fumi 100407 fanghi derivanti dal trattamento dei fumi 1005 RIFIUTI DELLA METALLURGIA TERMICA DELLO ZINCO 100501 scorie (prima e seconda fusione) 

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100502 scorie e residui di cimatura (prima e seconda fusione) 100503 polveri dai gas effluenti da camino 100505 rifiuti solidi derivanti dal trattamento fumi 100506 fanghi derivanti dal trattamento fumi 1006 RIFIUTI DELLA METALLURGIA TERMICA DEL RAME 100603 polveri dai gas effluenti da camino 100605 rifiuti provenienti da raffinazione elettrolitica 100606 rifiuti dei trattamenti ad umido dei fumi 100607 rifiuti dei trattamenti a secco dei fumi 11 RIFIUTI INORGANICI CONTENENTI METALLI PROVENIENTI DAL TRATTAMENTO E RICOPERTURA DI METALLI; IDROMETALLURGIA NON FERROSA 1101 RIFIUTI LIQUIDI E FANGHI DAL TRATTAMENTO E RICOPERTURA DI METALLI (AD ESEMPIO, PROCESSI GALVANICI, ZINCATURA, DECAPAGGIO, INCISIONE, FOSFATAZIONE, SGRASSAGGIO CON ALCALI) 110101 soluzioni alcaline da cianuri contenenti metalli pesanti tranne cromo 100102 soluzioni alcaline da cianuri non contenenti metalli pesanti 110103 rifiuti contenenti cromo da non cianuri 110105 soluzioni acide di decapaggio 110106 acidi non specificati altrimenti 110107 alcali non specificati altrimenti 110108 fanghi di fosfatazione 1102 RIFIUTI E FANGHI DA PROCESSI IDROMETALLURGICI DI METALLI NON FERROSI 110202 rifiuti da processi idrometallurgici dello zinco (compresi jarosite, goethite) 1103 RIFIUTI E FANGHI DA PROCESSI DI TEMPRA 110301 rifiuti contenenti cianuri 110302 altri rifiuti 12 RIFIUTI DI LAVORAZIONE E DI TRATTAMENTO SUPERFICIALE DI METALLI E PLASTICA 1201 RIFIUTI DI LAVORAZIONE (FORGIATURA, SALDATURA, STAMPAGGIO, RAFILATURA, SMUSSAMENTO, PERFORAZIONE, TAGLIO, TRONCATURA E LIMATURA) 120106 oli esauriti per macchinari contenenti alogeni (non emulsionati) 120107 oli esauriti per macchinari non contenenti alogeni (non emulsionati) 120108 emulsioni esauste per macchinari contenenti alogeni 120109 

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emulsioni esauste per macchinari non contenenti alogeni 120110 oli sintetici per macchinari 120111 fanghi di lavorazione 120112 grassi e cere esauriti 1203 RIFIUTI DI PROCESSI DI SGRASSATURA AD ACQUA E VAPORE (TRANNE 11 00 00) 120301 soluzioni acquose di lavaggio 120302 rifiuti di sgrassatura a vapore  13 OLI ESAURITI (TRANNE GLI OLI COMMESTIBILI 05 00 00 E 12 00 00) 1301 OLI ESAURITI DA CIRCUITI IDRAULICI E FRENI 130101 oli per circuiti idraulici contenenti PCB e PCT 130102 altri oli per circuiti idraulici (non emulsioni) contenenti composti organici clorurati 130103 altri oli per circuiti idraulici (non emulsioni) non contenenti composti organici clorurati 130104 emulsioni contenenti composti organici clorurati 130105 emulsioni non contenenti composti organici clorurati 130106 oli per circuiti idraulici a formulazione esclusivamente minerale 130107 altri oli per circuiti idraulici 130108 oli per freni 1302 OLI ESAURITI DA MOTORI, TRASMISSIONI ED INGRANAGGI 130201 oli esauriti da motore, trasmissioni ed ingranaggi contenenti composti organici clorurati 130202 oli esauriti da motori, trasmissioni ed ingranaggi non contenenti composti organici clorurati 130203 altri oli da motori, trasmissioni e ingranaggi 1303 OLI ISOLANTI E DI TRASMISSIONE DI CALORE ESAURITI ED ALTRI LIQUIDI  130301 oli isolanti e di trasmissione di calore esauriti ed altri liquidi contenenti PCB e PCT  130302 altri oli isolanti e di trasmissione di calore ed altri liquidi contenenti composti organici clorurati  130303 oli isolanti e di trasmissione di calore ed altri liquidi non contenenti composti organici clorurati  130304 oli isolanti e termoconduttori ed altri liquidi a formulazione sintetica  130305 oli isolanti e termoconduttori a formulazione minerale 1304 OLI DI CALA 130401 oli di cala da navigazione interna 130402 oli di cala derivanti dalle fognature dei moli 130403 oli di cala da altre navigazioni 

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1305 PRODOTTI DI SEPARAZIONE OLIO/ACQUA 130501 solidi di separazione olio/acqua 130502 fanghi di separazione olio/acqua 130503 fanghi da collettori 130504 fanghi o emulsioni da dissalatori 130505 altre emulsioni 1306 ALTRI RIFIUTI OLEOSI NON SPECIFICATI ALTRIMENTI  130601 altri rifiuti oleosi non specificati altrimenti  14 RIFIUTI DI SOSTANZE ORGANICHE UTILIZZATE COME SOLVENTI (TRANNE 07 00 00 E 08 00 00) 1401 RIFIUTI DI SGRASSAGGIO DI METALLI E MANUTENZIONE DI APPARECCHIATURA 140101 clorofluorocarburi (CFC) 140102 altri solventi alogenati e miscele solventi 140103 altri solventi e miscele solventi 140104 miscele acquose contenenti solventi alogenati 140105 miscele acquose non contenenti solventi alogenati 140106 fanghi o rifiuti solidi contenenti solventi alogenati 140107 fanghi o rifiuti solidi non contenenti solventi alogenati 1402 RIFIUTI DALLA PULIZIA DI TESSUTI 140201 solventi alogenati e miscele di solventi 140202 miscele di solventi o liquidi organici non contenenti solventi alogenati 140203 fanghi o rifiuti solidi contenenti solventi alogenati 140204 fanghi o rifiuti solidi contenenti altri solventi 1403 RIFIUTI DELL'INDUSTRIA ELETTRONICA 140301 clorofluorocarburi (CFC) 140302 altri solventi alogenati 140303 solventi o miscele di solventi non contenenti solventi alogenati 140304 fanghi o rifiuti solidi contenenti solventi alogenati 140305 fanghi o rifiuti solidi contenenti altri solventi 1404 RIFIUTI DA REFRIGERANTI E PROPELLENTI DI SCHIUMA/AEROSOL 140401 clorofluorocarburi (CFC) 140402 

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altri solventi alogenati e miscele di solventi 140403 altri solventi o miscele di solventi 140404 fanghi o rifiuti solidi contenenti solventi alogenati 140405 fanghi o rifiuti solidi contenenti altri solventi 1405 RIFIUTI DA RECUPERO DI SOLVENTI E REGRIGERANTI (fondi di distillazione)  140501 clorofluorocarburi (CFC)  140502 altri solventi alogenati e miscele di solventi  140503 altri solventi e miscele di solventi  140504 fanghi contenenti solventi alogenati  140505 fanghi contenenti altri solventi  16 RIFIUTI NON SPECIFICATI ALTRIMENTI NEL CATALOGO 1602 APPARECCHIATURE O PARTI DI APPARECCHIATURE FUORI USO  160201 trasformatori o condensatori contenenti PCB o PCT 1604 RIFIUTI ESPLOSIVI DI SCARTO 160401 munizioni di scarto 160402 fuochi artificiali di scarto 160403 altri rifiuti esplosivi di scarto 1606 BATTERIE ED ACCUMULATORI 160601 accumulatori al piombo 160602 accumulatori al nichel-cadmio 160603 pile a secco al mercurio 160606 elettroliti da pile e accumulatori 1607 RIFIUTI DELLA PULIZIA DI SERBATOI PER TRASPORTO E STOCCAGGIO (TRANNE 05 00 00 E 12 00 00) 160701 rifiuti della pulizia di cisterne di navi contenenti prodotti chimici 160702 rifiuti della pulizia di cisterne di navi contenenti oli 160703 rifiuti della pulizia di vagoni cisterne ed autocisterne contenenti oli 160704 rifiuti della pulizia di vagoni cisterne ed autocisterne contenenti prodotti chimici 160705 rifiuti della pulizia di serbatoi di stoccaggio contenenti prodotti chimici  160706 rifiuti della pulizia di serbatoi di stoccaggio contenenti oli  17 RIFIUTI DI COSTRUZIONI E DEMOLIZIONI (COMPRESA LA COSTRUZIONE DI STRADE) 1706 MATERIALE ISOLANTE 

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170601 materiali isolanti contenenti amianto  18 RIFIUTI DI RICERCA MEDICA E VETERINARIA (TRANNE I RIFIUTI DI CUCINA E DI RISTORAZIONE CHE NON DERIVINO DIRETTAMENTE DA LUOGHI DI CURA) 1801 RIFIUTI DA MATERNITÀ, DIAGNOSI E PREVENZIONE DELLE MALATTIE NEGLI UOMINI 180103 altri rifiuti la cui raccolta e smaltimento richiede precauzioni particolari in funzione della prevenzione di infezioni 1802 RIFIUTI DELLA RICERCA, DIAGNOSI, TRATTAMENTO E PREVENZIONE DELLE MALATTIE NEGLI ANIMALI 180202 altri rifiuti la cui raccolta e smaltimento richiede precauzioni particolari in funzione della prevenzione di infezioni 180204 sostanze chimiche di scarto 19 RIFIUTI DA IMPIANTI Dl TRATTAMENTO RIFIUTI, IMPIANTI DI TRATTAMENTO ACQUE REFLUE FUORI SITO E INDUSTRIE DELL'ACQUA 1901 RIFIUTI DA INCENERIMENTO O PIROLISI DI RIFIUTI URBANI ED ASSIMILABILI DA COMMERCIO, INDUSTRIE ED ISTITUZIONI 190103 ceneri leggere 190104 polveri di caldaie 190105 residui di filtrazione prodotti dagli impianti di trattamento dei fumi 190106  acque reflue da trattamento dei fumi ed altre acque reflue 190107 rifiuti solidi derivanti dal trattamento fumi 190110 carbone attivo esaurito dal trattamento dei fumi 1902 RIFIUTI DA TRATTAMENTI CHIMICO/FISICI SPECIFICI DI RIFIUTI INDUSTRIALI (AD ESEMPIO DECROMATAZIONE, DECIANIZZAZIONE, NEUTRALIZZAZIONE) 190201 fanghi di idrossidi di metalli ed altri fanghi da trattamento di precipitazione dei metalli 1904 RIFIUTI VETRIFICATI E RIFIUTI DI VETRIFICAZIONE 190402 ceneri leggere ed altri rifiuti di trattamento dei fumi 190403 fase solida non vetrificata 1908 RIFIUTI DA IMPIANTI DI TRATTAMENTO DELLE ACQUE REFLUE NON SPECIFICATI ALTRIMENTI 190803 grassi ed oli da separatori olio/acqua 190806 resine di scambio ionico sature od esauste 190807 soluzioni e fanghi di rigenerazione delle resine a scambio ionico 20 RIFIUTI SOLIDI URBANI ED ASSIMILABILI DA COMMERCIO, INDUSTRIA ED ISTITUZIONI INCLUSI I RIFIUTI DELLA RACCOLTA DIFFERENZIATA 2001 RACCOLTA DIFFERENZIATA  200112 vernici, inchiostri, adesivi  200113 

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solventi  200117 prodotti fotochimici  200119 pesticidi  200121 tubi fluorescenti ed altri rifiuti contenenti mercurio  Allegato E (Previsto dall'art.37, comma 1) Obiettivi di recupero e di riciclaggio entro 5 anni minimi massimi a) Rifiuti di imballaggi da recuperare come materia o come componente di energia: in peso almeno il 50% 65% b) Rifiuti di imballaggi da riciclare: in peso almeno il 25% 45% c) Ciascun materiale di imballaggio da riciclare: in peso almeno il 15% 15% 

Allegato F (Previsto dall'art. 43, Comma 3) Requisiti essenziali concernenti la composizione e la riutilizzabilità e la recuperabilità (in particolare la riciclabilità) degli imballaggi 1. Requisiti per la fabbricazione e composizione degli imballaggi - Gli imballaggi sono fabbricati in modo da limitare il volume e il peso al minimo necessario per garantire il necessario livello di sicurezza, igiene e accettabilità tanto per il prodotto imballato quanto per il consumatore; - Gli imballaggi sono concepiti, prodotti e commercializzati in modo da permetterne il reimpiego o il recupero, compreso il riciclaggio, e da ridurne al minimo l'impatto sull'ambiente se i rifiuti di imballaggio o i residui delle operazioni di gestione dei rifiuti di imballaggio sono smaltiti; - Gli imballaggi sono fabbricati in modo che la presenza di metalli nocivi e di altre sostanze e materiali pericolosi come costituenti del materiale di imballaggio o di qualsiasi componente dell'imballaggio sia limitata al minimo con riferimento alla loro presenza nelle emissioni, nelle ceneri o nei residui di lisciviazione se gli imballaggi o i residui delle operazioni di gestione dei rifiuti di imballaggio sono inceneriti o interrati. 2. Requisiti per la riutilizzabilità di un imballaggio I seguenti requisiti devono essere soddisfatti simultaneamente: - le proprietà fisiche e le caratteristiche dell'imballaggio devono consentire una serie di spostamenti o rotazioni in condizioni di impiego normalmente prevedibili; - possibilità di trattare gli imballaggi usati per ottemperare ai requisiti in materia di salute e di sicurezza dei lavoratori; - osservanza dei requisiti specifici per gli imballaggi recuperabili se l'imballaggio non è più utilizzato e diventa quindi un rifiuto. 3. Requisiti per la recuperabilità di un imballaggio a) Imballaggi recuperabili sotto forma di riciclaggio del materiale L'imballaggio deve essere prodotto in modo tale da consentire il riciclaggio di una determinata percentuale in peso dei materiali usati, nella fabbricazione di prodotti commerciabili, rispettando le norme in vigore nella Comunità europea. La determinazione di tale percentuale può variare a seconda del tipo di materiale che costituisce l'imballaggio; b) Imballaggi recuperabili sotto forma di recupero di energia I rifiuti di imballaggio trattati a scopi di recupero energetico devono avere un valore calorico minimo inferiore per permettere di ottimizzare il recupero energetico; c) Imballaggi recuperabili sotto forma di compost I rifiuti di imballaggio trattati per produrre compost devono essere sufficientemente biodegradabili in modo da non ostacolare la raccolta separata e il processo o l'attività di compostaggio in cui sono introdotti; d) Imballaggi biodegradabili I rifiuti di imballaggio biodegradabili devono essere di natura tale da poter subire una decomposizione fisica, chimica, termica o biologica grazie alla quale la maggior parte del compost risultante finisca per decomporsi in biossido di carbonio, biomassa e acqua. Allegato G Categorie o tipi generici di rifiuti pericolosi elencati in base alla loro natura o all'attività che li ha prodotti [*] (i rifiuti possono presentarsi sotto forma di liquido, di solido o di fango)

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Allegato G-1 Rifiuti che presentano una qualsiasi delle caratteristiche elencate nell'allegato I e che consistono in: 1. Sostanze anatomiche: rifiuti di ospedali o provenienti da altre attività mediche 2. Prodotti farmaceutici, medicinali, prodotti veterinari 3. Prodotti per la protezione del legno 4. Biocidi e prodotti fitosanitari 5. Residui di prodotti utilizzati come solventi 6. Sostanze organiche alogenate non utilizzate come solventi, escluse le sostanze polimerizzate inerti 7. Sali per rinvenimento contenenti cianuri 8. Oli e sostanze oleose minerali (ad esempio fanghi di lavorazione, ecc.) 9. Miscugli olio/acqua o idrocarburo/acqua, emulsioni 10. Sostanze contenenti PCB e/o PCT (ad esempio isolanti elettrici, ecc.) 11. Sostanze bituminose provenienti da operazioni di raffinazione, distillazione o pirolisi (ad esempio residui di distillazione, ecc.) 12. Inchiostri, coloranti, pigmenti, pitture, lacche, vernici 13. Resine, lattici, plastificanti, colle/adesivi 14. Sostanze chimiche non identificate e/o nuove provenienti da attività di ricerca, di sviluppo o di insegnamento, i cui effetti sull'uomo e/o sull'ambiente non sono noti (ad esempio rifiuti di laboratorio, ecc.) 15. Prodotti pirotecnici e altre sostanze esplosive 16. Prodotti di laboratori fotografici 17. Qualunque materiale contaminato da un prodotto della famiglia dei dibenzofurani policlorurati 18. Qualunque materiale contaminato da un prodotto della famiglia delle dibenzoparadiossine policlorurate Allegato G-2 Rifiuti contenenti uno qualunque dei costituenti elencati nell'allegato H, aventi una delle caratteristiche elencate nell'allegato I e consistenti in: 19. Saponi, corpi grassi, cere di origine animale o vegetale 20. Sostanze organiche non alogenate non utilizzate come solventi 21. Sostanze inorgarniche senza metalli né composti metallici 22. Scorie e/o ceneri 23. Terre, argille o sabbie, compresi i fanghi di dragaggio 24. Sali per rinvenimento non contenenti cianuri 25. Polveri metalliche 26. Materiali catalitici usati 27. Liquidi o fanghi contenenti metalli o composti metallici 28. Rifiuti provenienti da trattamenti disinquinanti (ad esempio: polveri di filtri dell'aria, ecc.) salvo quelli previsti ai punti 29, 30 e 33 29. Fanghi provenienti dal lavaggio di gas 30. Fanghi provenienti dagli impianti di depurazione dell'acqua 31. Residui da decarbonazione 32. Residui di colonne scambiatrici di ioni 33. Fanghi residuati non trattati o non utilizzabili in agricoltura 34. Residui della pulitura di cisterne e/o di materiale 35. Materiale contaminato 36. Recipienti contaminati (ad esempio: imballaggi, bombole di gas, ecc.) che abbiano contenuto uno o più dei costituenti elencati nell'allegato H. 37. Accumulatori e pile elettriche 38. Oli vegetali 39. Oggetti provenienti da una raccolta selettiva di rifiuti domestici e aventi una delle caratteristiche elencate nell'allegato I. 40. Qualunque altro rifiuto contenente uno qualunque dei costituenti elencati nell'allegato H e aventi una delle caratteristiche elencate nell'allegato I. [*] Alcune ripetizioni rispetto alle voci dell'allegato H sono fatte intenzionalmente.

Allegato HCostituenti che rendono pericolosi i rifiuti dell'allegato G-2 quando tali rifiuti possiedono le caratteristiche dell'allegato I [*] Rifiuti aventi come costituenti: C1 Berillio, composti del berillio C2 Composti del vanadio C3 Composti del cromo esavalente C4 Composti del cobalto

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C5 Composti del nickel C6 Composti del rame C7 Composti dello zinco C8 Arsenico, composti dell'arsenico C9 Selenio, composti del selenio C10 Composti dell'argento C11 Cadmio, composti del cadmio C12 Composti dello stagno C13 Antimonio, composti dell'antimonio C14 Tellurio, composti del tellurio C15 Composti del bario, ad eccezione del solfato di bario C16 Mercurio, composti del mercurio C17 Tallio, composti del tallio C18 Piombo, composti del piombo C19 Solfuri inorganici C20 Composti inorganici del fluoro, escluso il fluoruro di calcio C21 Cianuri inorganici C22 I seguenti metalli alcalini o alcalinoterrosi: litio, sodio, potassio, calcio, magnesio sotto forma non combinata C23 Soluzioni acide o acidi sotto forma solida C24 Soluzioni basiche o basi sotto forma solida C25 Amianto (polvere e fibre) C26 Fosforo, composti del fosforo esclusi i fosfati minerali C27 Metallocarbonili C28 Perossidi C29 Clorati C30 Perclorati C31 Azoturi C32 PCB e/o PCT C33 Composti farmaceutici o veterinari C34 Biocidi e sostanze fitosanitarie (ad esempio antiparassitari, ecc.) C35 Sostanze infettive C36 Oli di creosoto C37 Isocianati, tiocianati C38 Cianuri organici (ad esempio: nitrilli, ecc.) C39 Fenoli, composti fenolati C40 Solventi alogenati C41 Solventi organici, esclusi i solventi alogenati C42 Composti organo-alogenati, escluse le sostanze polimerizzate inerti e le altre sostanze indicate nel presente allegato C43 Composti aromatici, composti organici policiclici ed eterociclici C44 Ammine alifatiche C45 Ammine aromatiche C46 Eteri C47 Sostanze di carattere esplosivo, escluse le sostanze indicate in altri punti del presente allegato C48 Composti organici dello zolfo C49 Qualsiasi prodotto della famiglia dei dibenzofurani policlorati C50 Qualsiasi prodotto della famiglia delle dibenzoparadiossine policlorate C51 Idrocarburi e loro composti ossigenati azotati e/o solforati non altrimenti indicati nel presente allegato [*] Alcune ripetizioni rispetto ai tipi generici di rifiuti pericolosi dell'allegato G sono fatte intenzionalmente.

Allegato ICaratteristiche di pericolo per i rifiuti H1 «Esplosivo»: sostanze e preparati che possono esplodere per effetto della fiamma o che sono sensibili agli urti e agli attriti più del dinitrobenzene; H2 «Comburente»: sostanze e preparati che, a contatto con altre sostanze, soprattutto se infiammabili, presentano una forte reazione esotermica; H3-A «Facilmente infiammabile»: sostanze e preparati: - liquidi il cui punto di infiammabilità è inferiore a 21 °C (compresi i liquidi estremamente infiammabili), o - che a contatto con l'aria, a temperatura ambiente e senza apporto di energia, possono riscaldarsi e infiammarsi, o - solidi che possono facilmente infiammarsi per la rapida azione di una sorgente di accensione e che continuano a bruciare o a consumarsi anche dopo l'allontanamento della sorgente di accensione, o - gassosi che si infiammano a contatto con l'aria a pressione normale, o

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- che, a contatto con l'acqua o l'aria umida, sprigionano gas facilmente infiammabili in quantità pericolose; H3-B «Infiammabile»: sostanze e preparati liquidi il cui punto di infiammabilità è pari o superiore a 21 °C e inferiore o pari a 55 °C; H4 «Irritante»: sostanze e preparati non corrosivi il cui contatto immediato, prolungato o ripetuto con la pelle o le mucose può provocare una reazione infiammatoria; H5 «Nocivo»: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono comportare rischi per la salute di gravità limitata; H6 «Tossico»: sostanze e preparati (comprese le sostanze e i preparati molto tossici) che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono comportare rischi per la salute gravi, acuti o cronici e anche la morte; H7 «Cancerogeno»: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono produrre il cancro o aumentarne la frequenza; H8 «Corrosivo»: sostanze e preparati che, a contatto con tessuti vivi, possono esercitare su di essi un'azione distruttiva; H9 «Infettivo»: sostanze contenenti microrganismi vitali o loro tossine, conosciute o ritenute per buoni motivi come cause di malattie nell'uomo o in altri organismi viventi; H10 «Teratogeno»: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono produrre malformazioni congenite non ereditarie o aumentarne la frequenza; H11 «Mutageno»: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono produrre difetti genetici ereditari o aumentarne la frequenza; H12 Sostanze e preparati che, a contatto con l'acqua, l'aria o un acido, sprigionano un gas tossico o molto tossico; H13 Sostanze e preparati suscettibili, dopo eliminazione, di dare origine in qualche modo ad un'altra sostanza, ad esempio ad un prodotto di lisciviazione avente una delle caratteristiche sopra elencate; H14 «Ecotossico»: sostanze e preparati che presentano o possono presentare rischi immediati o differiti per uno o più settori dell'ambiente.

Note.

1. L'attribuzione delle caratteristiche di pericolo «tossico» (e «molto tossico»), «nocivo», «corrosivo» e «irritante» è effettuata secondo i criteri stabiliti nell'allegato VI, parte I.A e parte II.B della direttiva 67/548/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1967, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura delle sostanze pericolose, nella versione modificata dalla direttiva 79/831/CEE del Consiglio. 2. Per quanto concerne l'attribuzione delle caratteristiche «cancerogeno», «teratogeno» e «mutageno» e riguardo all'attuale stato delle conoscenze, precisazioni supplementari figurano nella guida per la classificazione e l'etichettatura di cui all'allegato VI (parte II D) della direttiva 67/548/CEE, nella versione modificata dalla direttiva 83/467/CEE della Commissione.

Metodi di prova.

I metodi di prova sono intesi a conferire un significato specifico alle definizioni di cui all'allegato I. I metodi da utilizzare sono quelli descritti nell'allegato V della direttiva 67/548/CEE, nella versione modificata dalla direttiva 84/449/CEE della Commissione o dalle successive direttive della Commissione che adeguano al progresso tecnico la direttiva 67/548/CEE. Questi metodi sono basati sui lavori e sulle raccomandazioni degli organismi internazionali competenti, in particolare su quelli dell'OCSE.

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Decreto Legislativo 30 luglio 1999, n. 300Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59.Capo VIII - Il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio

35. Istituzione del ministero e attribuzioni. 1. È istituito il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. 2. Al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio sono attribuite le funzioni e i compiti spettanti allo Stato relativi alla tutela dell'ambiente, del territorio e dell'ecosistema, con particolare riguardo alle seguenti materie: a) individuazione, conservazione e valorizzazione delle aree naturali protette, tutela della biodiversità e della biosicurezza, della fauna e della flora, attuazione e gestione, fatte salve le competenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero degli affari esteri, della Convenzione di Washington (CITES) e dei relativi regolamenti comunitari, della difesa del mare e dell'ambiente costiero, e della comunicazione ambientale; b) gestione dei rifiuti ed interventi di bonifica dei siti inquinati; tutela delle risorse idriche e relativa gestione, fatta salva la competenza del Ministero delle politiche agricole e forestali; c) promozione di politiche di sviluppo durevole e sostenibile, nazionali e internazionali; d) sorveglianza, monitoraggio e recupero delle condizioni ambientali conformi agli interessi fondamentali della collettività e all'impatto sull'ambiente, con particolare riferimento alla prevenzione e repressione delle violazioni compiute in danno dell'ambiente, prevenzione e protezione dall'inquinamento atmosferico, acustico ed elettromagnetico e dai rischi industriali; e) difesa e assetto del territorio con riferimento ai valori naturali e ambientali. 3. Al ministero sono trasferite, con le inerenti risorse, le funzioni e i compiti dei ministeri dell'ambiente e dei lavori pubblici, eccettuate quelle attribuite, anche dal presente decreto, ad altri ministeri o agenzie e fatte in ogni caso salve le funzioni conferite alle regioni e agli enti locali anche ai sensi e per gli effetti degli articoli 1, comma 2, e 3, comma 1, lettere a) e b), della legge 15 marzo 1997, n. 59; sono altresì trasferite le funzioni e i compiti attribuiti al ministero delle politiche agricole in materia di polizia forestale ambientale. 36. Poteri di indirizzo politico e di vigilanza del Ministro. 1. Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio è attribuita la titolarità dei poteri di indirizzo politico, di cui agli articoli 4 e 14 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nonché la titolarità del potere di vigilanza con riferimento all'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), ai sensi degli articoli 8, comma 2, 38, comma 1, e dell'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 8 agosto 2002, n. 207 , e all'Istituto centrale per la ricerca applicata al mare (ICRAM). Con successivo decreto ministeriale, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, si provvede a ridefinire i compiti e l'organizzazione dell'ICRAM. 37. Ordinamento. 1. Il Ministero si articola in un numero non superiore a sei direzioni generali, alla cui individuazione ed organizzazione si provvede ai sensi dell'articolo 4, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. 2. Il ministero si avvale altresì degli uffici territoriali del governo di cui all'articolo 11. 38. Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici.

1. È istituita l'agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici nelle forme disciplinate dagli articoli 8 e 9. 2. L'agenzia svolge i compiti e le attività tecnico-scientifiche di interesse nazionale per la protezione dell'ambiente, per la tutela delle risorse idriche e della difesa del suolo, ivi compresi l'individuazione e delimitazione dei bacini idrografici nazionali e interregionali. 3. All'agenzia sono trasferite le attribuzioni dell'agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente, quelle dei servizi tecnici nazionali istituiti presso la presidenza del consiglio dei ministri, ad eccezione di quelle del servizio sismico nazionale. 4. Lo statuto dell'Agenzia, emanato ai sensi dell'articolo 8, comma 4, prevede l'istituzione di un consiglio federale rappresentativo delle agenzie regionali per la protezione dell'ambiente, con funzioni consultive nei confronti del direttore generale e del comitato direttivo. Lo statuto prevede altresì che il comitato direttivo sia composto di quattro membri, di cui due designati dal Ministero dell'ambiente e due designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Lo statuto disciplina inoltre le funzioni e le competenze degli organismi sopra indicati e la loro durata, nell'àmbito delle finalità indicate dagli articoli 03, comma 5, e 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61. 5. Sono soppressi l'agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente, i servizi tecnici nazionali istituiti presso la presidenza del consiglio dei ministri. Il relativo personale e le relative risorse sono assegnate all'agenzia. 39. Funzioni dell'agenzia. 1. L'agenzia svolge, in particolare, le funzioni concernenti: a) la protezione dell'ambiente, come definite dall'articolo 1 del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, nonché le altre assegnate all'agenzia medesima con decreto del ministro dell'ambiente e della tutela del territorio;

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b) il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo e delle acque di cui agli articoli 1 e 4 della legge 18 maggio 1989, n. 183, nonché ogni altro compito e funzione di rilievo nazionale di cui all'articolo 88 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. 40. Abrogazioni. 1. Sono abrogate le seguenti disposizioni: a) l'articolo 9, commi 1, 2, 3, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12 e 13, della legge 18 maggio 1989, n. 183; b) l'articolo 1-ter, 2 e 2-ter del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61.

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Legge regionale 13 aprile 1995, n. 60. (Testo coordinato)Istituzione dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale.

Capo I. Finalita' e oggetto della legge

Art. 1. (Finalita' e oggetto)

1. Le disposizioni della presente legge sono finalizzate, in attuazione del decreto legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito con modifiche dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, allo sviluppo e al potenziamento della tutela ambientale attraverso: a) l'istituzione dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale del Piemonte (ARPA); b) il coordinamento delle attivita' nell'ambito di un sistema complessivo di prevenzione, in armonia con il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517 e successive modificazioni; c) la definizione dei criteri per il riordino delle competenze amministrative in materia ambientale, ai sensi dalla legge 8 giugno 1990, n. 142.

Capo II. Istituzione e ordinamento dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale (ARPA)

Art. 2. (Istituzione dell'ARPA)

1. E' istituita l'ARPA quale Ente di diritto pubblico, dotato di personalita' giuridica e autonomia amministrativa, tecnico giuridica, patrimoniale, contabile, posto sotto la vigilanza del Presidente della Giunta Regionale al fine di garantire l'attuazione degli indirizzi programmatici della Regione Piemonte nel campo della tutela ambientale e del coordinamento delle attivita' di prevenzione. 2. L'ARPA svolge le attivita' di controllo, di supporto e di consulenza tecnico scientifica e altre attivita' utili alla Regione, alle Province, ai Comuni singoli e associati, nonche' alle 1=>Aziende sanitarie <=1 per lo svolgimento dei compiti loro attribuiti dalla legge nel campo della prevenzione e tutela ambientale. 2+>2 bis. Nell'ambito delle funzioni di propria competenza la Giunta regionale, informata la competente Commissione consiliare, formula specifiche direttive per l'esercizio delle attivita' di cui al comma 2. <+2 3. I soggetti pubblici sopra indicati si avvalgono dell'ARPA per le attivita' da essa svolte a norma dell'articolo 3; eventuali eccezioni sono ammesse previo parere favorevole del Comitato Regionale di indirizzo di cui all'articolo 14. 4. La vigilanza finanziaria, gestionale e giuridica sull'ARPA e' esercitata dal Presidente della Giunta Regionale sul bilancio di previsione annuale e pluriennale,3-><-3 sul rendiconto consuntivo, sui programmi annuali e pluriennali di intervento, sulle convenzioni quadro e su tutti gli atti di straordinaria amministrazione, secondo le modalita' che con propria deliberazione sono fissate dalla Giunta. 5. La Giunta Regionale, entro trenta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, approva lo Statuto dell'ARPA. 6. Il Presidente della Giunta Regionale, entro quarantacinque giorni dall'entrata in vigore della presente legge, costituisce l'ARPA con proprio decreto.

Art. 3. (Attivita' tecnico scientifiche dell'ARPA)

1. Ai sensi dell'articolo 03 del D.L. 496/1993 cosi' come convertito dalla legge 61/1994 e ai sensi dell'articolo 2, comma 2 della presente legge, sono attribuite all'ARPA le attivita' inerenti: 4=>

a) al controllo dei fattori fisici, chimici e biologici rilevanti ai fini della prevenzione, nonche' della riduzione o eliminazione dell'inquinamento acustico, dell'aria, delle acque e del suolo; al controllo sull'igiene dell'ambiente, sulle attivita' connesse all'uso pacifico dell'energia nucleare ed in materia di protezione dalle radiazioni, lo studio, l'analisi ed il controllo dei fattori geologici, meteorologici, idrologici, nivologici e sismici ai fini della prevenzione e previsione dei rischi naturali e della tutela dell'ambiente; <=4 5=>

b) alla raccolta, all'elaborazione, all'organizzazione sistematica e messa a disposizione dei flussi informativi rilevanti sotto il profilo della prevenzione e protezione ambientale e territoriale nell'ambito del sistema informativo regionale, in raccordo con le istituzioni e gli organismi regionali, interregionali, nazionali e comunitari competenti in materia, nonche' all'elaborazione, alla verifica ed alla promozione di programmi di informazione, formazione, educazione ambientale e di formazione interna; <=5 c) alla promozione ed allo sviluppo della ricerca di base e applicata sugli elementi dell'ambiente fisico, sui fenomeni di inquinamento, sulle condizioni generali e di rischio, sul corretto utilizzo delle risorse naturali e sulle forme di tutela degli ecosistemi; alla promozione ed alla diffusione delle tecnologie ecologicamente compatibili, dei prodotti e dei sistemi di produzione a ridotto impatto ambientale, alla promozione di indagini epidemiologiche ambientali;

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d) all'assistenza tecnico scientifica ai livelli istituzionali competenti in materia ambientale, territoriale, di prevenzione e di protezione civile per l'elaborazione di normative, piani, programmi, relazioni, pareri, provvedimenti amministrativi ed interventi, anche di emergenza. 2. A tal fine l'ARPA ha il compito di: a) effettuare sopralluoghi, ispezioni, prelievi, campionamenti, misure, acquisizioni di notizie e documentazioni tecniche ed altre forme di accertamento "in loco"; b) effettuare analisi di laboratorio dei materiali campionati ed elaborare le misure effettuate; banche dati, sia attraverso l'accesso a banche dati realizzate a livello Regionale e degli Enti locali;provvedere alla elaborazione, pubblicazione e diffusione dei dati; d) provvedere alla gestione di reti di monitoraggio e di altri sistemi di indagine; e) compiere studi e valutazioni di documentazione tecnica e di elaborati progettuali, compresi quelli attinenti alle procedure di valutazione di impatto ambientale ed alla prevenzione dei rischi di incidenti rilevanti connessi ad attivita' produttive; f) procedere alla verifica dell'efficacia delle azioni e degli interventi realizzati; g) effettuare studi, ricerche ed indagini, in particolare in merito ad ogni aspetto inerente l'aria, l'acqua e il suolo, nonche' rispetto ad ogni possibile loro degrado e alla necessaria loro tutela e protezione; h) formulare pareri e proposte, predisporre elaborati progettuali e redigere un rapporto annuale sullo stato dell'ambiente da trasmettere alla Giunta Regionale ai fini della stesura della relazione annuale sullo stato dell'ambiente del Piemonte; i) garantire l'aggiornamento sullo stato delle conoscenze, delle ricerche, delle sperimentazioni e delle innovazioni tecnologiche in campo Nazionale ed internazionale; l) cooperare a livello tecnico e scientifico con l'Agenzia Nazionale per la protezione dell'ambiente (ANPA) ed altri enti ed istituzioni operanti nel settore. 3. Le attivita' di cui al comma 2, lettere c) e d), sono svolte in raccordo ed in reciproco interscambio con il Sistema informativo regionale, la cui componente ambientale, realizzata nell'ambito del Sistema informativo Nazionale ambientale e basata sul sistema informativo territoriale, e' alimentata dai flussi informativi delle strutture regionali e degli altri Enti ed organismi competenti in materia. La Giunta Regionale, entro trenta giorni dalla costituzione dell'ARPA, in attuazione della normativa vigente, disciplina le modalita' e le forme di raccordo e di interscambio, nonche' le modalita' per la pubblicizzazione dei dati e delle conoscenze raccolte. 4. L'ARPA fornisce prestazioni a favore di privati, purche' tale attivita' non risulti incompatibile con l'esigenza di imparzialita' nell'esercizio delle attivita' di cui ai commi 1 e 2 ad essa affidate e comunque subordinatamente all'espletamento dei compiti di istituto. La Giunta Regionale, entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, individua le tipologie e disciplina l'esercizio delle suddette prestazioni, fissando in un apposito tariffario la remunerazione delle stesse.

Art. 4. (Organi dell'ARPA)

1. Sono organi dell'ARPA: a) il Direttore generale; b) il Collegio dei revisori.

Art. 5(Direttore generale)

6=>1. Il direttore generale e' nominato con deliberazione della Giunta regionale tra persone in possesso di comprovata professionalita' ed esperienza nella direzione delle organizzazioni complesse. <=6 2. Il Direttore generale e' responsabile della realizzazione dei compiti istituzionali dell'ARPA, in coerenza con gli obiettivi fissati dal Comitato regionale di indirizzo di cui all'articolo 14, nonche' della corretta gestione delle risorse. 3. A tal fine al Direttore generale sono riservati tutti i poteri di gestione e di direzione dell'attivita', nonche' la legale rappresentanza dell'ARPA. 4. Il Direttore generale provvede in particolare: a) alla direzione, all'indirizzo ed al coordinamento dell'articolazione centrale e delle strutture periferiche; b) all'approvazione dei programmi annuali e pluriennali di intervento proposti dalle aree funzionali di cui all'articolo 9; c) alla predisposizione del bilancio di previsione e del rendiconto consuntivo; d) all'assegnazione delle dotazioni finanziarie e strumentali all'articolazione centrale e alle strutture periferiche, nonche' alla verifica sul loro utilizzo; e) alla gestione del patrimonio e del personale dell'ARPA; f) alla verifica ed all'assicurazione dei livelli di qualita' dei servizi; g) alla redazione di una relazione annuale sull'attivita' svolta e sui risultati conseguiti; h) alla stipula di contratti e di convenzioni. 7=>

5. Per l'espletamento delle funzioni di propria competenza il direttore generale si avvale di un proprio staff, con comprovata esperienza nelle specifiche funzioni, da lui nominato; fanno parte dello staff esperti in campo economico-finanziario, giuridico, di organizzazione e tecnico in numero non superiore a cinque. <=7 8=>

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6. Il direttore generale e' coadiuvato dall'ufficio di direzione di cui all'articolo 9; e' altresi' coadiuvato da un responsabile amministrativo preposto ad appositi uffici per lo svolgimento dell'attivita' di amministrazione dell'ente e, eventualmente, da un responsabile tecnico per il coordinamento delle attivita' tecnico-scientifiche dell'Agenzia. <=8 9=>

7. Il rapporto di lavoro del direttore generale e dello staff di cui al comma 5 e' a tempo pieno, e' regolato da contratto di diritto privato di durata quinquennale ed e' rinnovabile. Qualora l'incarico di direttore generale sia conferito a persona estranea all'ARPA o all'Amministrazione regionale il rinnovo puo' essere disposto una sola volta. I contenuti del contratto del direttore generale e dello staff, ivi compresi i criteri per la determinazione degli emolumenti, sono stabiliti con provvedimento della Giunta regionale. L'incarico e' incompatibile con ogni altra attivita' professionale e con cariche elettive pubbliche. Il direttore generale, i componenti dello staff e i direttori tecnico e amministrativo, qualora provenienti da enti pubblici, sono collocati in aspettativa senza assegni sin dalla prima nomina immediatamente successiva alla costituzione dell'ARPA, con diritto alla conservazione del posto. Il periodo di aspettativa e' utile ai fini del trattamento di quiescenza e di previdenza. Le amministrazioni di appartenenza provvedono ad effettuare il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali comprensivi delle quote a carico del dipendente, calcolati sul trattamento economico corrisposto per l'incarico conferito, e a richiedere il rimborso di tutto l'onere da esse complessivamente sostenuto all'ARPA, la quale procede al recupero della quota a carico dell'interessato. Per coloro che siano iscritti all'assicurazione generale obbligatoria e alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, la contribuzione dovuta sul trattamento economico corrisposto e' versata dall'ARPA, con recupero della quota a carico dell'interessato. <=9 10=>

8. Nei casi in cui la gestione presenti una situazione di grave disavanzo, in caso di grave violazione di leggi, nonche' in caso di mancato e ingiustificato raggiungimento degli obiettivi, la Giunta regionale, con propria deliberazione e sentito il comitato regionale di indirizzo, provvede alla sostituzione del direttore generale. La revoca del direttore generale comporta la decadenza dello staff. La decadenza si verifica altresi' in caso di recesso del direttore generale. <=10 9. In fase di prima attuazione della presente legge, il Direttore generale e' nominato entro quarantacinque giorni dall'entrata in vigore della presente legge, previa adozione del provvedimento della Giunta Regionale di cui al comma 7.

Art. 6(Collegio dei revisori)

11=>1. Il collegio dei revisori dura in carica tre anni ed e' composto da cinque membri effettivi, di cui due designati dall'Unione Province Piemontesi (UPP) in rappresentanza delle Province, nominati con deliberazione della Giunta regionale su proposta del suo Presidente. <=11 2. I revisori sono scelti tra i revisori contabili iscritti nel registro previsto dall'articolo 1 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 88. 3. Il Collegio dei revisori e' convocato in prima seduta dal Presidente della Giunta Regionale. Il Presidente del Collegio e' eletto dai revisori nella prima riunione.

Art. 7. (Organizzazione)

1. L'ARPA e' articolata a livello centrale e periferico, ai sensi degli articoli 9 e 10 e secondo criteri di: a) programmazione delle attivita' e degli interventi; b) integrazione, coordinamento e flessibilita' delle aree funzionali e delle strutture periferiche; c) interdisciplinarieta' e specializzazione; d) garanzia di collaborazione dell'ARPA a tutti i livelli istituzionali sia attraverso l'articolazione centrale che periferica; e) fissazione e verifica di obiettivi di qualita' dei servizi.

Art. 8. (Regolamento)

1. Il Direttore generale adotta il Regolamento dell'ARPA; entro sessanta giorni dalla costituzione della stessa il Direttore generale adotta un Regolamento per la prima organizzazione dell'Ente, in attesa dell'adozione del provvedimento della Giunta Regionale di cui al comma 2. 2. Entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta Regionale, effettuata la ricognizione di cui all'articolo 03, comma 2 del D.L. 496/1993 cosi' come convertito dalla legge 61/1994, definisce, su proposta del Direttore generale e sentito il Comitato regionale di indirizzo di cui all'articolo 14, la dotazione organica, strumentale, finanziaria e patrimoniale dell'ARPA. 3. Nell'ambito della ricognizione di cui al comma 2 e comunque prima della costituzione dell'ARPA, la Giunta Regionale esamina le posizioni anomale originariamente presenti nelle strutture trasferite, per la definitiva collocazione del personale in rapporto alle funzioni attribuite al Sistema sanitario regionale.

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4. Entro sessanta giorni dalla data del provvedimento della Giunta Regionale di cui al comma 2, il Direttore generale adegua il Regolamento dell'ARPA alle risultanze del suddetto provvedimento.

Art. 9

(Articolazione centrale)

12=>1. Fanno parte dell'articolazione centrale l'ufficio di direzione, le aree funzionali quali riferimenti organizzativi definiti nell'ambito del regolamento di cui all'articolo 8 per la gestione delle attivita' di indirizzo e coordinamento tecnico-scientifico ed amministrativo relative ad un complesso omogeneo delle funzioni elencate all'articolo 3. All'istituzione, modifica o soppressione delle aree funzionali si provvede nell'ambito del regolamento di cui all'articolo 8 nel rispetto dei seguenti criteri: a) omogeneita' e rilevanza delle materie e funzioni attribuite; b) specificita' dei compiti assegnati; c) organicita' e complessita' dell'azione tecnico-scientifica affidata; d) rispondenza alle esigenze funzionali ed operative poste dall'interesse pubblico perseguito. <=12 2. 13-><-13 3. 14-><-14 4. 15-><-15 5. Le aree funzionali propongono al Direttore generale i programmi annuali e pluriennali di attivita' dell'ARPA. 6. A ciascuna delle aree funzionali e' preposto un responsabile nominato dal Direttore generale e scelto tra il personale dirigenziale dell'ARPA. 7. Delle aree funzionali fanno parte il personale attribuito alle stesse in via continuativa, i Direttori dei Dipartimenti provinciali e sub provinciali, nonche', secondo le specifiche competenze, altri funzionari dei medesimi Dipartimenti. 16=>

8. L'ufficio di direzione e' costituito dal direttore generale, dai responsabili delle aree, dal responsabile amministrativo e, se nominato, dal responsabile tecnico per il coordinamento delle attivita' tecnico-scientifiche nonche' da un rappresentante dei dipartimenti provinciali. <=16 17+>

8 bis. I rapporti di lavoro dei dirigenti le aree funzionali, del responsabile degli uffici amministrativi e, se nominato, del responsabile tecnico per il coordinamento delle attivita' tecnico-scientifiche sono regolati da contratti di diritto privato, i cui contenuti sono disciplinati dal regolamento di cui all'articolo 8. Nell'ambito del medesimo regolamento possono essere individuati altri rapporti di lavoro dirigenziali disciplinabili con contratti di diritto privato. <+17 18+>

8 ter. Tutti gli incarichi dirigenziali, sia delle strutture centrali che periferiche, sono rinnovabili e revocabili. La durata e le modalita' di affidamento, rinnovo e di revoca sono disciplinate dal regolamento dell'ARPA. <+18

Art. 10. (Strutture periferiche)

1. L'articolazione periferica dell'ARPA e' costituita dai Dipartimenti provinciali o sub provinciali e dai rispettivi Servizi territoriali, cui compete l'espletamento delle attivita' tecnico strumentali e di quelle operative di vigilanza e controllo sul territorio. 2. A ciascun Dipartimento provinciale o sub provinciale e' preposto un Direttore nominato 19+>sentita la provincia interessata <+19 dal Direttore generale e scelto nell'ambito del personale dirigente della struttura periferica. 3. L'organizzazione delle strutture periferiche ed i loro rapporti di integrazione e collaborazione con l'articolazione centrale dell'ARPA sono definiti nell'ambito del Regolamento di cui all'articolo 8, sentite le Province.

Art. 11. (Consulenza e collaborazioni)

1. L'ARPA stipula convenzioni quadro con l'Universita' ed il Politecnico di Torino tali da garantire un continuo interscambio di informazioni ed esperienze ovvero uno specifico apporto scientifico quando la complessita' delle indagini o il grado di specializzazione necessaria per l'effettuazione delle stesse lo richiedono. 2. Secondo le modalita' previste dallo Statuto: l'ARPA stabilisce rapporti di collaborazione con altri Enti operanti nel campo della ricerca ambientale ovvero con enti specializzati in possesso di particolari competenze tecniche; il Direttore generale puo' avvalersi di specialisti di cui sia notoria la specifica competenza, per incarichi a tempo determinato, ai fini della soluzione di problemi che richiedono particolari competenze. 3. Per l'espletamento delle attivita' rientranti nei fini istituzionali l'ARPA puo' bandire concorsi pubblici per borse di studio o di specializzazione riservate a laureati e diplomati; tali borse di studio non sono cumulabili con analoghe provvidenze disposte dallo Stato o da strutture pubbliche, ne' con stipendi o retribuzioni derivanti da rapporti di impiego pubblico o privato.

Capo III. Rapporti istituzionali e consultivi dell'ARPA

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Art. 12. (Rapporti con i Dipartimenti di prevenzione delle USL)

1. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 13, le direttive da adottarsi dalla Giunta Regionale ai sensi dell'articolo 23, comma 9 della legge regionale 24 gennaio 1995, n. 10, per la disciplina dei rapporti tra i Dipartimenti di prevenzione delle USL e l'ARPA, garantiscono: a) la prestazione, tramite apposite convenzioni, dell'attivita' tecnico laboratoristica dei Dipartimenti provinciali e sub provinciali dell'ARPA in favore dei Dipartimenti di prevenzione delle USL per l'esercizio delle funzioni amministrative ad essi attribuite dall'articolo 23, comma 4 della l.r. 10/1995 in materia di igiene, sanita' pubblica e veterinaria; b) l'interscambio delle informazioni e delle conoscenze, nonche' il pieno utilizzo delle risultanze ove le attivita' concernenti i controlli nei luoghi di vita o di lavoro non siano svolti congiuntamente.

Art. 13. (Convenzioni tra Regione e Province)

1. La Regione stipula con le Province apposite convenzioni con le quali sono stabiliti i criteri di dipendenza funzionale delle strutture periferiche dell'ARPA dalle Amministrazioni provinciali per l'esercizio delle funzioni di loro competenza. 2. Nell'ambito di tali criteri e' previsto: a) l'utilizzo del personale delle strutture periferiche nell'ambito delle funzioni piu' generali dell'ARPA a supporto di tutti i livelli istituzionali; b) l'utilizzo delle funzioni svolte dall'ARPA al di fuori delle strutture periferiche di competenza per esigenze di carattere piu' generale o contingente; c) la garanzia del supporto tecnico laboratoristico e operativo del Dipartimento provinciale o sub-provinciali dell'ARPA ai Dipartimenti di prevenzione delle USL. 3. Le convenzioni di cui al comma 1 regolano, altresi', i rapporti finanziari e gli obblighi conseguenti.

Art. 14. (Comitato regionale di indirizzo)

1. Al fine di garantire a livello regionale lo svolgimento e lo sviluppo delle azioni di tutela ambientale e di prevenzione, e' istituito con decreto del Presidente della Giunta Regionale il Comitato regionale di indirizzo (di seguito denominato Comitato regionale), al quale compete la determinazione degli obiettivi istituzionali in materia e la verifica dei risultati delle attivita' svolte dell'ARPA, nonche' del loro coordinamento con le attivita' dei Dipartimenti di prevenzione delle USL. 2. Il Comitato regionale e' composto da: a) il Presidente della Giunta Regionale, o suo delegato, che lo presiede; b) l'Assessore regionale alla tutela ambientale, con funzioni di Vice Presidente; c) gli altri Assessori regionali competenti nelle materie ambientali e sanitarie; d) i Presidenti delle Province o loro delegati; e) tre rappresentanti dei Comuni, designati dall'Associazione Nazionale Comuni italiani (ANCI). 3. Il Comitato regionale si dota di un proprio Regolamento per la disciplina dello svolgimento delle sedute e per la partecipazione alle stesse, con funzione consultiva, dei responsabili delle strutture degli Enti competenti in materia, dell'ARPA e dei Dipartimenti di prevenzione delle USL. 4. Il Comitato regionale dura in carica per un periodo coincidente con la legislatura regionale. In sede di prima attuazione della presente legge, viene istituito entro un mese dall'entrata in vigore della stessa. 5. Il Comitato regionale si riunisce di norma ogni quattro mesi ed ogni qualvolta il Presidente delle Giunta Regionale ne richiede la convocazione per l'espletamento della propria attivita' di vigilanza, ovvero quando lo richiede un terzo dei suoi componenti o il Direttore generale dell'ARPA. 6. Al Comitato regionale sono inviati i programmi annuali e pluriennali, il bilancio di previsione, il rendiconto consuntivo, 20-><-20 e tutti gli atti di straordinaria amministrazione dell'ARPA, nonche' la relazione annuale di cui all'articolo 5, comma 4, lettera g); ai fini del coordinamento delle attivita' di tutela ambientale e di prevenzione sono altresi' inviati al Comitato regionale i programmi annuali e pluriennali dei Dipartimenti di prevenzione delle USL; in ordine a detti atti il Comitato regionale esprime eventuali osservazioni entro venti giorni dalla loro ricezione. 7. Il Presidente della Giunta Regionale o suo delegato riferisce annualmente, entro il mese di ottobre, al Consiglio Regionale sull'andamento delle attivita' di tutela ambientale e di prevenzione.

Art. 15. (Comitati provinciali di coordinamento)

1. Presso ogni Provincia sono istituiti, con decreto del Presidente della Giunta provinciale competente, i Comitati provinciali di coordinamento (di seguito denominati Comitati provinciali), al fine di assicurare, nell'ambito degli obiettivi fissati dal Comitato regionale di indirizzo, l'integrazione ed il coordinamento delle attivita' dei Dipartimenti

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provinciali o sub provinciali dell'ARPA con i servizi delle rispettive amministrazioni provinciali e con i Dipartimenti di prevenzione delle USL. 2. Ciascun Comitato provinciale e' composto: a) dall'Assessore provinciale all'ambiente, che lo presiede; b) dal responsabile della struttura dell'Amministrazione provinciale competente; c) da un rappresentante designato dall'ANCI; d) da un rappresentante delle USL, nominato dalle stesse; e) dal Direttore generale dell'ARPA o suo delegato; f) dal Direttore del Dipartimento provinciale e sub provinciale dell'ARPA; g) dai responsabili dei Dipartimenti di prevenzione delle USL esistenti nel territorio della provincia. 3. Il Comitato provinciale resta in carica per la stessa durata del Consiglio provinciale e si riunisce almeno trimestralmente, ovvero quando un terzo dei suoi componenti lo richieda. Il Comitato provinciale si dota di un proprio Regolamento per la disciplina dello svolgimento delle sedute. 4. In sede di prima attuazione della presente legge, i Comitati provinciali si riuniscono entro due mesi dall'entrata in vigore della medesima con la presenza dei soggetti di cui al comma 2, lettere a), b), c) ed e) sino a quando non vengono nominati tutti i componenti previsti dallo stesso comma 2.

Art. 16. (Consultazioni e diritto di accesso all'informazione ed alla documentazione)

1. Lo Statuto dell'ARPA disciplina le forme di consultazione delle associazioni di categoria, delle organizzazioni sindacali e delle associazioni ambientaliste e di tutela degli interessi diffusi sul programma annuale di attivita'. 2. Per il diritto di accesso all'informazione ed alla documentazione si applicano le disposizioni di cui alla legislazione vigente in materia.

Capo IV. Dotazioni dell'ARPA e norme finanziarie

Art. 17. (Finanziamento)

1. Al finanziamento dell'ARPA si provvede mediante: a) una quota del fondo sanitario regionale destinata alla prevenzione, secondo parametri determinati dalla Giunta Regionale in rapporto alle attivita' attribuite all'ARPA; b) una quota dei finanziamenti destinati dai Comuni e dalle Province per attivita' di prevenzione e tutela ambientale, concordata nell'ambito del Comitato regionale di indirizzo; c) una quota degli introiti derivanti dalle tariffe indicate e stabilite con le modalita' di cui all'articolo 02, comma 4 del D.L. 496/1993 cosi' come convertito dalla legge 61/1994, nonche' di altri introiti derivanti da leggi istitutive di tributi e tariffe in campo ambientale; d) altri finanziamenti previsti dal bilancio regionale; e) finanziamenti statali e Comunitari per specifici progetti; f) proventi per prestazioni rese nell'esclusivo interesse di privati. 21 >

Art. 18

(Contabilita')

1. L'ARPA ha un patrimonio ed un bilancio propri. Si applicano all'ARPA le norme di bilancio e di contabilita' previste dalla legge regionale 11 aprile 2001, n. 7 (Ordinamento contabile della Regione Piemonte) e, in particolare, quanto previsto dal capo V della citata l.r. 7/2001. Lo statuto dell'ARPA definisce i centri di costo per la tenuta di una contabilita' di tipo economico. 2. Anteriormente all'approvazione, il bilancio di previsione annuale ed il consuntivo predisposti dal direttore generale sono inviati in bozza al comitato regionale d'indirizzo per le eventuali osservazioni. < 21

Art. 19. (Personale)

1. All'ARPA sono trasferiti sin dalla sua costituzione: a) il personale dei presidi multizonali di prevenzione "Laboratori di sanita' pubblica"; b) il personale delle preesistenti Unita' socio Sanitarie Locali (USSL), che svolgeva le attivita' di cui all'articolo 3 alla data del 18 aprile 1993, nonche' quello che successivamente a tale data ha svolto le suddette attivita', sulla base di apposita ricognizione effettuata dalla Giunta Regionale.

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2. Entro sei mesi dalla sua costituzione puo' essere altresi' trasferito all'ARPA il personale, che svolge attivita' ricomprese all'articolo 3, operante nelle strutture della Regione, degli Enti locali, degli Enti strumentali regionali e di societa' a prevalente partecipazione pubblica, ovvero di societa' che traggono finanziamento dal bilancio regionale. 3. Entro sei mesi dalla costituzione dell'ARPA, l'ulteriore personale degli Enti e della societa' di cui al comma 2, puo' richiedere di essere assegnato all'ARPA in posizione di pari profilo professionale. 4. Ai trasferimenti di cui ai commi 1 e 2 conseguono le riduzioni di organico o finanziarie previste dall'articolo 03, comma 2 del D.L. 496/1993 cosi' come convertito dalla legge 61/1994. 5. Esperite le procedure di mobilita' esterna, alla copertura dei posti vacanti nell'organico dell'ARPA, come definito ai sensi dell'articolo 8, comma 2, si procede mediante concorsi pubblici.

Art. 20. (Trattamento giuridico ed economico del personale)

1. Ai sensi dell'articolo 03, comma 5, del D.L. 496/1993 cosi' come convertito dalla legge 61/1994, in attesa dell'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 45, comma 3, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, il personale assegnato e trasferito all'ARPA a norma della presente legge conserva la posizione giuridica ed economica in godimento all'atto dell'assegnazione e del trasferimento, compresa l'anzianita' maturata e fatti salvi gli effetti di eventuali procedure concorsuali in corso di svolgimento, nonche' il salario accessorio secondo la contrattazione decentrata degli Enti di provenienza. 2. Qualora alla data del 31 dicembre 1996 non sia stata data attuazione alle disposizioni di cui all'articolo 45, comma 3, del D.Lgs 29/1993, il Direttore generale dell'ARPA, sulla base di specifici indirizzi della Giunta Regionale e nel rispetto delle norme vigenti in materia di relazioni sindacali, provvede alla stipula di un apposito contratto decentrato, prevedendo modalita' e termini per la omogeneizzazione dei trattamenti giuridici ed economici del personale dell'ARPA. Tale contratto decentrato e' soggetto al controllo preventivo della Giunta Regionale e viene adeguato alla normativa contrattuale Nazionale dalla data della sua entrata in vigore. Per quanto attiene il trattamento previdenziale e pensionistico del personale confluito all'ARPA resta quello in godimento. 3. Ai sensi dell'articolo 2 bis del D.L. 496/1993 cosi' come convertito dalla legge 61/1994, nell'espletamento delle attivita' di controllo e di vigilanza di cui alla presente legge il personale dell'ARPA accede agli impianti e alle sedi di attivita' e richiede i dati, le informazioni e i documenti necessari all'espletamento dei suoi compiti. Tale personale e' munito di documento di riconoscimento rilasciato dall'ARPA. Il segreto industriale non puo' essere opposto per evitare od ostacolare le attivita' di verifica e di controllo. Il Direttore generale dell'ARPA con proprio atto individua il personale che, ai fini dell'espletamento delle attivita' di istituto, deve disporre della qualifica di ufficiale di Polizia giudiziaria e ne fa proposta al competente Prefetto. 4. Il personale dell'ARPA non puo' assumere, esternamente all'ARPA stessa, incarichi professionali di consulenza, progettazione e direzione lavori su attivita' in campo ambientale; altri incarichi, purche' compatibili con le esigenze d'ufficio, possono essere autorizzati dal Direttore generale.

Art. 21. (Assegnazione di beni e trasferimento dei rapporti giuridici preesistenti)

1. Sono trasferiti all'ARPA sin dalla sua costituzione: a) i beni mobili e immobili, nonche' le attrezzature e la dotazione finanziaria dei presidi multizonali di prevenzione "Laboratori di sanita' pubblica"; b) le attrezzature e la dotazione finanziaria delle preesistenti USSL destinate alle attivita' di cui all'articolo 3 alla data del 18 aprile 1993 e quelle acquisite successivamente con la medesima destinazione d'uso, sulla base di apposita ricognizione effettuata dalla Giunta Regionale. 2. Contestualmente al trasferimento del personale di cui all'articolo 19, comma 2, sono trasferiti all'ARPA le attrezzature e la dotazione finanziaria, nonche' gli eventuali beni mobili e immobili degli Enti e delle societa' di cui al medesimo comma. 3. L'ARPA succede in tutti i rapporti attivi e passivi afferenti alle dotazioni di cui ai commi 1 e 2.

Capo V. Norme transitorie e finali

Art. 22. (Norma transitoria)

1. Al fine di assicurare la continuita' di esercizio delle funzioni di tutela ambientale fino all'emanazione del decreto di costituzione dell'ARPA di cui all'articolo 2, comma 6, valgono le disposizioni contenute nell'articolo 5, del D.L. 496/1993 cosi' come convertito dalla legge 61/1994.

Art. 23. (Criteri per la ricomposizione delle funzioni amministrative in materia di prevenzione e tutela ambientale)

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1. Ai fini dell'attuazione di quanto previsto dall'articolo 02, comma 1, del D.L. 496/1993 cosi' come convertito dalla legge 61/1994, la Regione, attraverso apposite leggi da adottarsi entro il 1° gennaio 1996, ricompone in un quadro organico le funzioni amministrative in materia di prevenzione e tutela ambientale. 2. Le leggi regionali di cui al comma 1: a) riservano alla Regione le funzioni amministrative di carattere unitario ed in particolare quelle di pianificazione, programmazione, disciplina, promozione, indirizzo e coordinamento, di raccordo con lo Stato, ivi compresa l'espressione dei pareri previsti dalla legislazione vigente, di esercizio dei poteri sostitutivi e di adozione dei provvedimenti contingibili ed urgenti previsti dalla normativa statale e regionale; b) riconoscono, delegano e subdelegano alle Province le funzioni utili all'approccio integrato dei controlli di prevenzione e di tutela ambientale, con particolare riferimento: 1) alla specificazione e all'attuazione a livello provinciale della pianificazione e della programmazione regionale; 2) all'approvazione dei progetti ed al rilascio di autorizzazioni, di nulla osta e di concessioni o altri atti di analoga natura previsti dalle disposizioni di legge per la realizzazione di opere o l'esercizio di attivita' che producono emissioni atmosferiche, idriche o sonore o che siano attinenti alle materie di cui all'articolo 14 della legge 142/1990; 3) ai controlli preventivi e successivi sulle suddette opere ed attivita'; 4) alla classificazione delle risorse naturali in relazione ai loro usi; 5) alla tenuta dei catasti e degli inventari ambientali; 6) alla organizzazione dei sistemi di rilevamento dei dati ambientali; 7) alla organizzazione a livello provinciale dei servizi pubblici ambientali; c) riconoscono, delegano e subdelegano ai Comuni le funzioni che riguardano direttamente la popolazione ed il territorio comunale. 3. Sono fatte salve le disposizioni delle leggi regionali gia' adottate in applicazione della legge 142/1990.

Art. 24. (Norme di rinvio)

1. Per quanto non espressamente disciplinato dalla presente legge valgono per l'ARPA le norme applicabili all'Ente Regione, 22-><-22 in quanto compatibili con le disposizioni di cui alla presente legge.

Art. 25. (Urgenza)

1. La presente legge e' dichiarata urgente, ai sensi dell'articolo 45 dello Statuto della Regione Piemonte ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione.

=1 Sostituito dall'art. 3 della l.r. 28/2002.+2 Aggiunto dall'art. 3 della l.r. 28/2002.-3 Abrogato dall'art. 12 della l.r. 28/2002.=4 Sostituito dall'art. 4 della l.r. 28/2002.=5 Sostituito dall'art. 4 della l.r. 28/2002.=6 Sostituito dall'art. 5 della l.r. 28/2002.=7 Sostituito dall'art. 5 della l.r. 28/2002.=8 Sostituito dall'art. 5 della l.r. 28/2002.=9 Sostituito dall'art. 5 della l.r. 28/2002.=10 Sostituito dall'art. 5 della l.r. 28/2002.=11 Sostituito dall'art. 6 della l.r. 28/2002.=12 Sostituito dall'art. 7 della l.r. 28/2002.-13 Abrogato dall'art. 12 della l.r. 28/2002.-14 Abrogato dall'art. 12 della l.r. 28/2002.-15 Abrogato dall'art. 12 della l.r. 28/2002.=16 Sostituito dall'art. 7 della l.r. 28/2002.+17 Aggiunto dall'art. 7 della l.r. 28/2002.+18 Aggiunto dall'art. 7 della l.r. 28/2002.+19 Aggiunto dall'art. 8 della l.r. 28/2002.-20 Abrogato dall'art. 12 della l.r. 28/2002.21 Articolo sostituito dall'art. 9 della l.r. 28/2002.-22 Abrogato dall'art. 10 della l.r. 28/2002.

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Legge regionale 26 aprile 2000, n. 44. Disposizioni normative per l'attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 'Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli Enti locali, in attuazione del Capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59' .

Titolo III. Ambiente, infrastrutture e protezione civile

Capo I. Ambito di applicazione

Art. 34.(Oggetto)

1. Il presente titolo disciplina il conferimento di funzioni e compiti amministrativi agli enti locali in tema di "protezione della natura e dell'ambiente, tutela dell'ambiente dagli inquinamenti e gestione dei rifiuti","energia" "risorse idriche e difesa del suolo", "opere pubbliche" e "protezione civile". 2. Sono fatte salve le funzioni di competenza della Regione ai sensi dell'articolo 3.

Capo II. Disposizioni generali

Art. 35.(Funzioni della Regione)

1. Nell'esercizio delle funzioni di cui al presente titolo la Regione garantisce ai sensi dell'articolo 3: a) il raggiungimento di un idoneo livello di tutela del sistema ambientale regionale, attraverso l'adozione coordinata dei piani e dei programmi settoriali, contenenti gli obiettivi di qualità, sicurezza, previsione e prevenzione, i valori, i limiti e gli standards necessari al raggiungimento di tali obiettivi, i criteri per lo sviluppo sostenibile, la tutela dell'ambiente naturale e delle biodiversità, nonché l'indicazione delle priorità dell'azione regionale; b) il coordinamento, sentiti gli Enti locali, dello sviluppo del sistema informativo regionale ambientale (SIRA) nel quale confluiscono e sono integrati i sistemi informativi di settore, le banche dati, i risultati dei monitoraggi, degli inventari e dei catasti di comparto; in coerenza con gli standards nazionali ed europei e con gli obiettivi di qualità dei dati; c) l'approccio integrato e l'unificazione delle procedure di controllo e di rilascio dei provvedimenti in campo territoriale, ambientale ed energetico previsti per la realizzazione e l'esercizio delle diverse attività, anche attraverso gli strumenti della semplificazione amministrativa; d) la promozione dell'informazione, dell'educazione e della formazione in campo territoriale, ambientale ed energetico, nonché di politiche di sviluppo sostenibile, di tecnologie compatibili, di utilizzo di tecniche di rinaturalizzazione e di ingegneria naturalistica, delle attività di previsione e prevenzione dagli eventi naturali ed antropici e di soccorso alle popolazioni. 2. Al fine del conseguimento degli obiettivi di cui al comma 1, alla Regione competono le seguenti funzioni amministrative che richiedono l'unitario esercizio a livello regionale: a) la relazione sullo stato del sistema ambientale regionale, comprensiva di tutte le relazioni sui diversi aspetti territoriali, ambientali ed energetici previste dalle vigenti disposizioni di legge; b) l'individuazione delle aree caratterizzate da gravi alterazioni degli equilibri ecologici nei corpi idrici, nell'atmosfera e nel suolo che comportano rischio per l'ambiente e la popolazione; c) il coordinamento degli interventi e della ricerca in campo territoriale, ambientale, energetico e di prevenzione e previsione dei rischi naturali, nonché la ripartizione delle risorse finanziarie assegnate per le relative iniziative. 3. La Regione assicura il supporto tecnico alla progettazione in campo territoriale, ambientale ed energetico nelle materie di competenza regionale e l'individuazione dei progetti dimostrativi.

Art. 36.(Funzioni delle Province)

1. Le Province concorrono alla definizione della programmazione regionale in campo territoriale, ambientale ed energetico e provvedono alla specificazione e attuazione a livello provinciale delle medesime ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 15 della l. 142/1990, e all'articolo 57 del d.lgs. 112/1998, garantendo il raggiungimento di un idoneo livello di tutela del sistema ambientale provinciale, attraverso l'adozione coordinata dei piani e dei programmi di loro competenza. 2. In campo ambientale ed energetico, le Province provvedono al rilascio coordinato in un unico provvedimento dell'approvazione di progetti o delle autorizzazioni, nulla osta, concessioni o di altri atti di analoga natura per tutte le attività produttive e terziarie, nonché al relativo controllo integrato.

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3. In campo ambientale ed energetico, le Province provvedono altresì all'organizzazione di un sistema informativo coordinato.

Art. 37.(Funzioni dei Comuni)

1. I Comuni esercitano, nel contesto delle competenze già loro attribuite, le funzioni individuate nel presente titolo in maniera integrata al fine di garantire un adeguato livello di tutela del sistema ambientale nell'ambito del proprio territorio.

Art. 38.(Compiti dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale)

1. In applicazione della legge regionale 13 aprile 1995, n. 60 (Istituzione dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale) la Regione, le Province e i Comuni, singoli o associati, esercitano le funzioni in campo ambientale attraverso il supporto tecnico-scientifico, l'assistenza tecnica, il monitoraggio sulle risorse ambientali e sui fattori di pressione dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale (ARPA). 2. L'ARPA garantisce la sua azione in maniera diretta, ovvero attraverso le attività convenzionali di raccordo con Atenei, enti di ricerca pubblici o privati ai sensi dell'articolo 11 della l.r. 60/1995.

Capo III. Valutazione di impatto ambientale

Art. 39.(Funzioni della Regione e degli Enti locali)

1. Le funzioni della Regione e degli Enti locali in materia di valutazione di impatto ambientale sono disciplinate dalla legge regionale 14 dicembre 1998, n. 40 (Disposizioni concernenti la compatibilità ambientale e le procedure di valutazione).

Capo IV. Attività a rischio di incidente rilevante

Art. 40.(Funzioni della Regione)

1. Ai sensi dell'articolo 35, sono di competenza della Regione l'individuazione e la definizione delle aree a rischio di incidente rilevante ai sensi del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 (Attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose), le modalità, ai sensi dell'articolo 18 del d.lgs. 334/1999 e nel rispetto di quanto previsto dal d.lgs. 334/1999, per il coordinamento dei soggetti che procedono alla istruttoria tecnica e per l'esercizio della vigilanza e del controllo. 2. A tal fine e per gli effetti dell'articolo 72, comma 3 del d.lgs. 112/1998 la Giunta regionale, entro 60 giorni, e, in ogni caso, prima dell'adozione del provvedimento per l'effettivo esercizio delle funzioni da parte degli Enti locali di cui all'articolo 2, comma 1, definisce le funzioni dell'ARPA e il raccordo tra i soggetti tecnici in attuazione dell'articolo 18 del d.lgs. 334/1999, stabilendo: a) le modalità attuative per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1; b) il raccordo, ai fini dell'esercizio unitario delle funzioni, dell'ARPA con il Comitato tecnico interregionale per la prevenzione incendi di cui all'articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577 (Approvazione del regolamento concernente l'espletamento dei servizi antincendi), con i Dipartimenti di prevenzione delle ASL e altri organismi previsti dalla normativa vigente, ai fini di garantire la sicurezza del territorio e della popolazione; c) l'integrazione, l'accelerazione e la semplificazione delle procedure in base alla normativa vigente. 3. Spetta altresì alla Regione il coordinamento di un sistema informativo integrato tra le diverse componenti ambientali, sanitarie, epidemiologiche, territoriali e di protezione civile, nonché l'individuazione degli standard di riferimento per la pianificazione territoriale nelle zone interessate dalla presenza di industrie a rischio di incidente rilevante.

Art. 41.(Funzioni delle Province)

1. Ai sensi dell'articolo 36, sono attribuite alle Province le funzioni amministrative relative alle industrie a rischio di incidente rilevante, ivi compresi i provvedimenti conseguenti agli esiti delle istruttorie, le verifiche di coerenza e compatibilità territoriale, nonché l'esercizio della vigilanza.

Art. 42.(Funzioni dei Comuni)

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1. Ai sensi dell'articolo 37, sono attribuite ai Comuni le seguenti funzioni amministrative: a) la messa a disposizione della popolazione delle informazioni sulle misure di sicurezza e sulle norme di comportamento da seguire in caso di incidente rilevante ai sensi dell'articolo 1, comma 11 della legge 18 maggio 1997, n. 137 (Sanatoria dei decreti legge recanti modifiche al d.p.r. 17 maggio 1988, n. 175, relativo ai rischi di incidenti rilevanti connessi con determinate attività industriali); b) il raccordo e l'utilizzo delle informazioni di cui alla lettera a) nonché degli esiti delle istruttorie tecniche sulle industrie a rischio di incidente rilevante, nello svolgimento delle funzioni di cui all'articolo 72; c) gli interventi sotto il profilo urbanistico, in attuazione della normativa comunitaria e nazionale, nelle zone interessate dalla presenza di industrie a rischio di incidente rilevante.

Capo V. Inquinamento atmosferico

Art. 43.(Funzioni della Regione)

1. Ai sensi dell'articolo 35, sono di competenza della Regione le seguenti funzioni amministrative che richiedono l'unitario esercizio a livello regionale: a) l'individuazione di aree regionali ovvero, d'intesa con le altre Regioni, di aree interregionali nelle quali le emissioni o la qualità dell'aria sono soggette a limiti o a valori più restrittivi in relazione all'attuazione dei piani regionali di risanamento atmosferico; b) l'individuazione delle zone in cui possono verificarsi fenomeni acuti di inquinamento atmosferico ed elaborazione dei criteri per la gestione di detti episodi; c) l'indirizzo e il coordinamento dei sistemi di controllo delle emissioni e di rilevamento della qualità dell'aria, ivi comprese le indicazioni organizzative per la tenuta e l'aggiornamento degli inventari delle fonti di emissione di cui agli articoli 4 comma 1, lettera f) e 5 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203 (Attuazione delle direttive CEE numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualità dell'aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali, ai sensi dell'articolo 15 della legge 16 aprile 1987, n. 183); d) l'espressione del parere di cui all'articolo 17 del d.p.r. 203/1988 sugli impianti soggetti ad autorizzazione statale ai sensi dell'articolo 29, comma 2, lettera g) del d.lgs. 112/1998, da rendersi nell'ambito del parere regionale rilasciato nel corso della relativa procedura di valutazione di impatto ambientale.

Art. 44.(Funzioni delle Province)

1. Ai sensi dell'articolo 36, sono attribuite alle Province le seguenti funzioni amministrative: a) adozione del piano provinciale di intervento per la gestione operativa di episodi acuti di inquinamento atmosferico; b) esercizio del potere sostitutivo in caso di inerzia dei comuni nell'attuazione degli interventi per la gestione operativa di episodi acuti di inquinamento atmosferico; c) rilevamento della qualità dell'aria e controllo delle emissioni atmosferiche, ivi compresi i provvedimenti di autorizzazione, di diffida, di sospensione, di revisione e di revoca delle autorizzazioni agli impianti che producono emissioni, fatta eccezione unicamente per gli impianti termici di civile abitazione di cui all'articolo 45, comma 1, lettera b). E' assorbita in tali funzioni l'autorizzazione di cui all'articolo 17 del d.p.r. 203/1988 per le raffinerie, nonché per gli impianti di produzione di energia elettrica non riservati alla competenza statale ai sensi dell'articolo 29 del d. lgs. 112/1998; è ricompresa altresì la formulazione dei rapporti ai Ministeri dell'Industria, dell'Ambiente e della Sanità previsti dall'articolo 17 del d.p.r. 203/1988, relativamente alle autorizzazioni per gli impianti di produzione di energia elettrica riservati alla competenza statale dall'articolo 29 del d.lgs. 112/1998; d) tenuta e aggiornamento dell'inventario delle fonti di emissione in atmosfera; e) rilascio dell'abilitazione alla conduzione degli impianti termici, compresa l'istituzione dei relativi corsi di formazione.

Art. 45.(Funzioni dei Comuni)

1. Ai sensi dell'articolo 37, sono attribuite ai Comuni le seguenti funzioni amministrative: a) gli interventi per la gestione operativa di episodi acuti di inquinamento atmosferico in attuazione dei piani provinciali di cui all'articolo 44, comma 1, lettera a); b) il controllo delle emissioni in atmosfera degli impianti termici degli edifici di civile abitazione; c) la messa a disposizione della popolazione delle informazioni sulla qualità dell'aria.

Capo VI. Inquinamento acustico ed elettromagnetico

Art. 46.(Funzioni della Regione)

1. Ai sensi dell'articolo 35, sono di competenza della Regione le seguenti funzioni amministrative che richiedono l'unitario esercizio a livello regionale: a) l'adozione dei criteri per la redazione dei piani comunali di risanamento

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acustico, nonché la definizione delle procedure per l'acquisizione dei medesimi piani ai fini della predisposizione del piano regionale triennale d'intervento per la bonifica dall'inquinamento acustico; b) i criteri e le procedure per la redazione dei piani di risanamento acustico delle imprese produttive e terziarie e degli Enti gestori delle infrastrutture di trasporto; c) l'approvazione, nell'ambito della propria competenza territoriale, dei piani pluriennali di risanamento acustico predisposti dagli enti gestori delle infrastrutture di trasporto, di concerto con le province e i comuni interessati; d) la definizione di criteri localizzativi per le infrastrutture a rete del sistema elettrico e delle radiotelecomunicazioni generanti campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici; e) l'acquisizione dei programmi di localizzazione, razionalizzazione e sviluppo della rete elettrica e di teleradiocomunicazione, definiti secondo le norme di settore vigenti, ai fini delle verifiche di compatibilità ambientale nel quadro delle previsioni dei piani e dei programmi regionali di settore e nel rispetto delle norme tecniche nazionali vigenti; f) l'individuazione di standards minimi di qualità ai fini della predisposizione ed approvazione dei piani di risanamento elettromagnetico di cui alle normative tecniche vigenti.

Art. 47.(Funzioni delle Province)

1. Ai sensi dell'articolo 36, sono attribuite alle Province le seguenti funzioni amministrative: a) controllo e vigilanza, mediante l'attività dell'ARPA: 1) delle sorgenti sonore fisse ricadenti nel territorio di più comuni, con particolare riguardo alle emissioni ed immissioni sonore prodotte dalle infrastrutture ferroviarie e dalle infrastrutture stradali e aeroportuali; 2) degli impianti e delle infrastrutture lineari e puntuali generanti campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici; b) approvazione, nell'ambito della propria competenza territoriale, dei piani pluriennali di risanamento acustico predisposti dagli enti gestori delle infrastrutture di trasporto, di concerto con i comuni interessati; c) esercizio del potere sostitutivo in caso di inerzia da parte delle amministrazioni comunali riguardo all'obbligo di zonizzazione acustica o di predisposizione dei piani di risanamento acustico; d) approvazione dei piani di risanamento acustico delle imprese produttive e terziarie nell'ambito dei provvedimenti di cui all'articolo 36, comma 2; e) monitoraggio e campagne di misura dell'inquinamento acustico ed elettromagnetico tramite l'ARPA.

Art. 48.(Funzioni dei Comuni)

1. Ai sensi dell'articolo 37, sono attribuiti ai Comuni i compiti previsti dalla legge 26 ottobre 1995, n. 447 (Legge quadro sull'inquinamento acustico), in tema di inquinamento acustico nonché dalla relativa legge di attuazione regionale, ivi compresa l'approvazione, nell'ambito della propria competenza territoriale, dei piani pluriennali di risanamento acustico, predisposti dagli enti gestori delle infrastrutture di trasporto, fatte salve le competenze attribuite alle Province dall'articolo 47, comma 1, lettera d). 2. Sono, altresì, attribuite ai Comuni le funzioni connesse al rilascio di provvedimenti autorizzativi, nulla osta e concessioni, in materia di localizzazione, costruzione ed esercizio degli impianti di teleradiocomunicazione, tenuto conto del parere dell'ARPA.

Capo VII. Gestione dei rifiuti

Art. 49.(Funzioni della Regione)

1. Ai sensi dell'articolo 35, sono di competenza della Regione le seguenti funzioni amministrative che richiedono l'unitario esercizio a livello regionale: a) le funzioni riservate alla Regione dal decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CEE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio) e successive modifiche e integrazioni, ivi comprese le funzioni amministrative concernenti le spedizioni transfrontaliere dei rifiuti; b) le funzioni di cui alla legge regionale 13 aprile 1995, n. 59 (Norme per la riduzione, il riutilizzo e lo smaltimento dei rifiuti) non espressamente conferite alle Province; c) le funzioni di indirizzo per il raccordo tra il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95 (Attuazione delle direttive 75/439/CEE e 87/101/CEE relative alla eliminazione degli olii usati), e il d.lgs. 22/1997, nonché tra le diverse normative che interagiscono in materia di rifiuti.

Art. 50.(Funzioni delle Province)

1. Ai sensi dell'articolo 36, sono attribuite alle Province le seguenti funzioni amministrative: a) adozione del programma provinciale per lo smaltimento dei rifiuti; b) approvazione dei progetti e rilascio delle autorizzazioni all'esercizio di impianti di smaltimento soggetti a procedura di valutazione di impatto ambientale di competenza statale previsti dall'articolo 27 della l.r. 59/1995; c) approvazione dei progetti e rilascio delle autorizzazioni alla realizzazione, nonché rilascio delle autorizzazioni all'esercizio di impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti previsti dagli articoli 27, 28 e

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29 del d.lgs. 22/1997, non ricomprese tra quelle già attribuite dalla l.r. 59/1995; d) rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 5 del d.lgs. 95/1992 relativa all'eliminazione degli olii usati; e) esercizio del potere sostitutivo nel caso di inerzia dei Comuni, dei consorzi di Comuni, delle aziende municipalizzate, delle Comunità montane, dei consorzi di bacino nell'attuazione degli obblighi di cui all'articolo 37, comma 3 della l.r. 59/1995; f) attuazione e gestione dell'anagrafe provinciale dei siti contaminati; g) provvedimenti di verifica dei progetti di bonifica di cui all'articolo 17, comma 5 del d.lgs. 22/1997; h) il rilevamento dei dati inerenti le bonifiche effettuate sul proprio territorio e trasmissione degli stessi alla Regione.

Art. 51.(Funzioni dei Comuni)

1. Ai sensi dell'articolo 37, sono attribuite ai Comuni le seguenti funzioni amministrative: a) l'attuazione dei programmi provinciali per lo smaltimento dei rifiuti di cui all'articolo 50, comma 1, lettera a); b) i compiti loro attribuiti dalla l.r. 59/1995 nonché dal d.lgs. 22/1997 e sue modifiche e integrazioni, ad eccezione delle funzioni delegate ai comuni ai sensi dell'articolo 29 della l.r. 59/1995 e conferite alle Province con la presente legge; sono fatte salve le autorizzazioni già rilasciate dai Comuni ai sensi dell'articolo 29 della l.r. 59/1995; c) il primo rilevamento e la segnalazione dei dati relativi ai siti contaminati, ivi compresi quelli relativi alle aree produttive dismesse e loro trasmissione alle Province.

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Legge regionale 20 novembre 2002, n. 28. Ampliamento delle attivita' dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale (ARPA), a seguito del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Modifiche alla legge regionale istitutiva 13 aprile 1995, n. 60.

Art. 1. (Finalita' e oggetto)

1. Le disposizioni della presente legge sono finalizzate al riordino dell'organizzazione e delle attivita' dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale (ARPA), istituita con la legge regionale 13 aprile 1995, n. 60, per effetto di quanto stabilito dagli articoli 38 e 39 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11, della legge 15 marzo 1997, n. 59). 2. Sono trasferite all'ARPA le funzioni e le competenze tecniche gia' attribuite alla Direzione regionale dei Servizi tecnici di prevenzione, istituita ai sensi della legge regionale 8 agosto 1997, n. 51 (Norme sull'organizzazione degli uffici e sull'ordinamento del personale regionale). 3. Sono comprese nel trasferimento di cui al comma 2: a) le attivita' tecnico scientifiche degli uffici periferici del Servizio idrografico e mareografico nazionale trasferite ai sensi dell'articolo 92, comma 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (in tema di conferimento di funzioni alle regioni ed agli enti locali); b) la partecipazione al Servizio meteorologico nazionale distribuito ai sensi dell'articolo 111 del d.lgs. 112/1998; c) la progettazione, la realizzazione e la gestione a livello regionale delle reti di monitoraggio e relativi sistemi di allarme e preallarme di cui all'articolo 2, comma 7, del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180 (Misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite da disastri franosi nella Regione Campania), convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 1998, n. 267.

Art. 2.(Modifiche dell'articolo 64 della legge regionale 26 aprile 2000, n. 44)

1. Ferme restando le competenze regionali in materia sismica, dopo la lettera b) del comma 1 dell'articolo 64 della legge regionale 26 aprile 2000, n. 44 (di attuazione del d.lgs. 112/1998), e' aggiunta la seguente: "c) rilascio di autorizzazioni ai sensi della legge 2 febbraio 1974, n. 64 (Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche) e della legge regionale 12 marzo 1985, n. 19 (Snellimento delle procedure di cui alla legge 2 febbraio 1974, n. 64, in attuazione della legge 10 dicembre 1981, n. 741) relativamente agli abitati da consolidare e dichiarati sismici, sulla base degli approfondimenti tecnici svolti dall'ARPA.".

Art. 3.(Modifiche dell'articolo 2 della l.r. 60/1995)

1. Al comma 2, dell'articolo 2 della l.r. 60/1995, le parole "Unita' Sanitarie Locali (USL)" sono sostituite dalle parole "Aziende sanitarie". 2. Dopo il comma 2 dell'articolo 2 della l.r. 60/1995, e' inserito il seguente: "2 bis. Nell'ambito delle funzioni di propria competenza la Giunta regionale, informata la competente Commissione consiliare, formula specifiche direttive per l'esercizio delle attivita' di cui al comma 2.".

Art. 4.(Modifiche dell'articolo 3 della l.r. 60/1995)

1. La lettera a), del comma 1, dell'articolo 3 della l.r. 60/1995 e' sostituita dalla seguente: "a) al controllo dei fattori fisici, chimici e biologici rilevanti ai fini della prevenzione, nonche' della riduzione o eliminazione dell'inquinamento acustico, dell'aria, delle acque e del suolo; al controllo sull'igiene dell'ambiente, sulle attivita' connesse all'uso pacifico dell'energia nucleare ed in materia di protezione dalle radiazioni, lo studio, l'analisi ed il controllo dei fattori geologici, meteorologici, idrologici, nivologici e sismici ai fini della prevenzione e previsione dei rischi naturali e della tutela dell'ambiente;". 2. La lettera b), del comma 1, dell'articolo 3 della l.r. 60/1995 e' sostituita dalla seguente: "b) alla raccolta, all'elaborazione, all'organizzazione sistematica e messa a disposizione dei flussi informativi rilevanti sotto il profilo della prevenzione e protezione ambientale e territoriale nell'ambito del sistema informativo regionale, in raccordo con le istituzioni e gli organismi regionali, interregionali, nazionali e comunitari competenti in materia, nonche' all'elaborazione, alla verifica ed alla promozione di programmi di informazione, formazione, educazione ambientale e di formazione interna.".

Art. 5.(Modifiche dell'articolo 5 della l.r. 60/1995)

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1. Il comma 1 dell'articolo 5 della l.r. 60/1995 e' sostituito dal seguente: "1. Il direttore generale e' nominato con deliberazione della Giunta regionale tra persone in possesso di comprovata professionalita' ed esperienza nella direzione delle organizzazioni complesse.". 2. Il comma 5 dell'articolo 5 della l.r. 60/1995 e' sostituito dal seguente: "5. Per l'espletamento delle funzioni di propria competenza il direttore generale si avvale di un proprio staff, con comprovata esperienza nelle specifiche funzioni, da lui nominato; fanno parte dello staff esperti in campo economico-finanziario, giuridico, di organizzazione e tecnico in numero non superiore a cinque.". 3. Il comma 6 dell'articolo 5 della l.r. 60/1995 e' sostituito dal seguente: "6. Il direttore generale e' coadiuvato dall'ufficio di direzione di cui all'articolo 9; e' altresi' coadiuvato da un responsabile amministrativo preposto ad appositi uffici per lo svolgimento dell'attivita' di amministrazione dell'ente e, eventualmente, da un responsabile tecnico per il coordinamento delle attivita' tecnico-scientifiche dell'Agenzia.". 4. Il comma 7 dell'articolo 5 della l.r. 60/1995 e' sostituito dal seguente: "7. Il rapporto di lavoro del direttore generale e dello staff di cui al comma 5 e' a tempo pieno, e' regolato da contratto di diritto privato di durata quinquennale ed e' rinnovabile. Qualora l'incarico di direttore generale sia conferito a persona estranea all'ARPA o all'Amministrazione regionale il rinnovo puo' essere disposto una sola volta. I contenuti del contratto del direttore generale e dello staff, ivi compresi i criteri per la determinazione degli emolumenti, sono stabiliti con provvedimento della Giunta regionale. L'incarico e' incompatibile con ogni altra attivita' professionale e con cariche elettive pubbliche. Il direttore generale, i componenti dello staff e i direttori tecnico e amministrativo, qualora provenienti da enti pubblici, sono collocati in aspettativa senza assegni sin dalla prima nomina immediatamente successiva alla costituzione dell'ARPA, con diritto alla conservazione del posto. Il periodo di aspettativa e' utile ai fini del trattamento di quiescenza e di previdenza. Le amministrazioni di appartenenza provvedono ad effettuare il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali comprensivi delle quote a carico del dipendente, calcolati sul trattamento economico corrisposto per l'incarico conferito, e a richiedere il rimborso di tutto l'onere da esse complessivamente sostenuto all'ARPA, la quale procede al recupero della quota a carico dell'interessato. Per coloro che siano iscritti all'assicurazione generale obbligatoria e alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, la contribuzione dovuta sul trattamento economico corrisposto e' versata dall'ARPA, con recupero della quota a carico dell'interessato.". 5. Il comma 8 dell'articolo 5 della l.r. 60/1995 e' sostituito dal seguente: "8. Nei casi in cui la gestione presenti una situazione di grave disavanzo, in caso di grave violazione di leggi, nonche' in caso di mancato e ingiustificato raggiungimento degli obiettivi, la Giunta regionale, con propria deliberazione e sentito il comitato regionale di indirizzo, provvede alla sostituzione del direttore generale. La revoca del direttore generale comporta la decadenza dello staff. La decadenza si verifica altresi' in caso di recesso del direttore generale.".

Art. 6.(Modifiche all'articolo 6 della l.r. 60/1995)

1. Il comma 1 dell'articolo 6 della l.r. 60/1995 e' sostituito dal seguente: "1. Il collegio dei revisori dura in carica tre anni ed e' composto da cinque membri effettivi, di cui due designati dall'Unione Province Piemontesi (UPP) in rappresentanza delle Province, nominati con deliberazione della Giunta regionale su proposta del suo Presidente.".

Art. 7.(Modifiche dell'articolo 9 della l.r. 60/1995)

1. Il comma 1 dell'articolo 9 della l.r. 60/1995 e' sostituito dal seguente: "1. Fanno parte dell'articolazione centrale l'ufficio di direzione, le aree funzionali quali riferimenti organizzativi definiti nell'ambito del regolamento di cui all'articolo 8 per la gestione delle attivita' di indirizzo e coordinamento tecnico-scientifico ed amministrativo relative ad un complesso omogeneo delle funzioni elencate all'articolo 3. All'istituzione, modifica o soppressione delle aree funzionali si provvede nell'ambito del regolamento di cui all'articolo 8 nel rispetto dei seguenti criteri: a) omogeneita' e rilevanza delle materie e funzioni attribuite; b) specificita' dei compiti assegnati; c) organicita' e complessita' dell'azione tecnico-scientifica affidata; d) rispondenza alle esigenze funzionali ed operative poste dall'interesse pubblico perseguito.". 2. Il comma 8 dell'articolo 9 della l.r. 60/1995 e' sostituito dal seguente: "8. L'ufficio di direzione e' costituito dal direttore generale, dai responsabili delle aree, dal responsabile amministrativo e, se nominato, dal responsabile tecnico per il coordinamento delle attivita' tecnico-scientifiche nonche' da un rappresentante dei dipartimenti provinciali.". 3. Dopo il comma 8 dell'articolo 9 della l.r. 60/1995, e' aggiunto il seguente:

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"8 bis. I rapporti di lavoro dei dirigenti le aree funzionali, del responsabile degli uffici amministrativi e, se nominato, del responsabile tecnico per il coordinamento delle attivita' tecnico-scientifiche sono regolati da contratti di diritto privato, i cui contenuti sono disciplinati dal regolamento di cui all'articolo 8. Nell'ambito del medesimo regolamento possono essere individuati altri rapporti di lavoro dirigenziali disciplinabili con contratti di diritto privato.". 4. Dopo il comma 8 dell'articolo 9 della l.r. 60/1995, e' aggiunto il seguente: "8 ter. Tutti gli incarichi dirigenziali, sia delle strutture centrali che periferiche, sono rinnovabili e revocabili. La durata e le modalita' di affidamento, rinnovo e di revoca sono disciplinate dal regolamento dell'ARPA.".

Art. 8.

(Modifica dell'articolo 10 della l.r. 60/1995)

1. Al comma 2 dell'articolo 10 della l.r. 60/1995, dopo le parole: "un direttore nominato" sono inserite le seguenti: "sentita la provincia interessata".

Art. 9.(Modifica dell'articolo 18 della l.r. 60/1995)

1. L'articolo 18 della l.r. 60/1995, e' sostituito dal seguente: "Art. 18. (Contabilita') 1. L'ARPA ha un patrimonio ed un bilancio propri. Si applicano all'ARPA le norme di bilancio e di contabilita' previste dalla legge regionale 11 aprile 2001, n. 7 (Ordinamento contabile della Regione Piemonte) e, in particolare, quanto previsto dal capo V della citata l.r. 7/2001. Lo statuto dell'ARPA definisce i centri di costo per la tenuta di una contabilita' di tipo economico. 2. Anteriormente all'approvazione, il bilancio di previsione annuale ed il consuntivo predisposti dal direttore generale sono inviati in bozza al comitato regionale d'indirizzo per le eventuali osservazioni.".

Art. 10.(Modifica dell'articolo 24 della l.r. 60/1995)

1. All'articolo 24, comma 1 della l.r. 60/1995, sono soppresse le parole "ivi comprese quelle della legge 15 marzo 1978, n. 13 e successive modificazioni".

Art. 11.(Norme transitorie e finali)

1. Entro trenta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale, informata la commissione consiliare competente, provvede alla ricognizione delle funzioni trasferite ai sensi dell'articolo 1, comma 2 e del personale assegnato alla Direzione regionale servizi tecnici di prevenzione; provvede inoltre a fissare la data di effettiva decorrenza dell'esercizio delle funzioni trasferite nonche' la data dell'effettivo trasferimento della dotazione strumentale e finanziaria della Direzione regionale servizi tecnici di prevenzione. Con lo stesso provvedimento, la Giunta regionale provvede a formulare specifiche linee guida per lo svolgimento delle attivita'. Nei medesimi tempi si provvede, ai sensi dell'articolo 10, comma 2 della l.r. 51/1997, alla soppressione della Direzione regionale servizi tecnici di prevenzione. 2. Con decorrenza dalla data di esercizio delle funzioni trasferite, la Giunta regionale assegna funzionalmente all'ARPA il personale della Direzione regionale dei servizi tecnici di prevenzione. Per tutta la durata dell'assegnazione funzionale gli oneri diretti e riflessi relativi a tale personale sono a carico della Regione. Entro il 31 dicembre 2006, il personale stesso, qualora non abbia gia' in precedenza espresso opzione per il trasferimento definitivo all'ARPA, ha facolta' di richiedere la permanenza nei ruoli regionali. Al personale trasferito definitivamente in ARPA si applicano i principi di garanzia sulla conservazione del trattamento giuridico, economico, previdenziale e pensionistico in godimento, stabiliti dalla legge regionale 20 novembre 1998, n. 34 (Riordino delle funzioni e dei compiti amministrativi della Regione e degli Enti locali). Nei dodici mesi successivi alla data di esercizio delle funzioni trasferite, il personale degli enti strumentali regionali e dei consorzi a partecipazione regionale, impiegato nell'esercizio delle funzioni tecniche oggetto del presente trasferimento, puo' richiedere di essere assegnato all'ARPA in posizione di pari profilo professionale tenuto conto delle disposizioni contenute, in materia, nei contratti collettivi nazionali di lavoro del comparto sanita' vigenti. La data di decorrenza dell'effettivo trasferimento all'ARPA di tale ultimo personale e' stabilita con successivo provvedimento della Giunta regionale. 3. Alla data individuata al comma 1, sono resi disponibili all'ARPA, in conformita' con i principi individuati all'articolo 12, commi 2, 3, 4 e 5 della l.r. 34/1998, i beni mobili e immobili nonche' le attrezzature della Direzione regionale dei servizi tecnici di prevenzione strumentali all'esercizio delle funzioni trasferite. 4. Entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale, sentito il comitato regionale di indirizzo di cui all'articolo 14 della l.r. 60/1995, apporta le necessarie modifiche allo statuto dell'ARPA.

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Page 123: Arianna Banca Dati Leggi Regionaliarianna.consiglioregionale.piemonte.it/base/dv/7/... · Web viewPer i luoghi di lavoro di cui all'articolo 10-bis, comma l, lettere c), d) ed e),

5. Entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale provvede alla nomina del direttore generale scelto tra persone in possesso dei requisiti di cui all'articolo 5, comma 1 della l.r. 60/1995. Gli effetti giuridici ed economici della nomina decorrono dalla data individuata nel provvedimento regionale di nomina, con contestuale cessazione dall'incarico del Direttore generale in carica. 6. Entro centottanta giorni dalla data di effettiva decorrenza della nomina di cui al comma 5, il direttore generale adegua il regolamento dell'ARPA. 7. L'ARPA subentra alla Regione Piemonte in tutti i rapporti attivi e passivi facenti capo alle competenze della direzione regionale dei servizi tecnici di prevenzione, ivi compresi i rapporti contrattuali e i rapporti di lavoro a tempo determinato. 8. Sino all'adeguamento di cui al comma 6, permangono le strutture organizzative nonche' le relative funzioni dirigenziali cosi' come individuate dalle ll.r. 60/1995 e 51/1997.

Art. 12.(Abrogazioni)

1. Sono abrogate le seguenti disposizioni: a) la lettera f), del comma 1, dell'articolo 63 della l.r. 44/2000; b) i commi 2, 3 e 4 dell'articolo 9 della l.r. 60/1995. 2. Al comma 4 dell'articolo 2 della l.r. 60/1995, le parole: "sugli impegni di spesa pluriennali" sono soppresse. 3. Al comma 6 dell'articolo 14 della l.r. 60/1995, le parole "le eventuali convenzioni stipulate" sono soppresse.

Art. 13.(Disposizione finanziaria)

1. La dotazione finanziaria assegnata alla Direzione regionale dei servizi tecnici di prevenzione ai sensi della l.r. 51/1997 necessaria all'esercizio delle funzioni trasferite e comprensiva delle spese di personale, fatto salvo, per quest'ultime, quanto previsto nel comma 3, e' trasferita all'ARPA alla data indicata nell'articolo 11, comma 1. 2. Sono istituiti nel bilancio di previsione per l'anno finanziario 2002 nello stato di previsione della spesa nelle Unita' Previsionali di Base (UPB) 22991 (Tutela ambientale Gestione rifiuti Direzione Titolo I - spese correnti) e 22992 (Tutela ambientale Gestione rifiuti Direzione Titolo II - spese di investimento), appositi capitoli di spesa per il trasferimento di risorse all'ARPA i cui stanziamenti sono determinati in misura corrispondente alla somma delle risorse impiegate dalla Direzione regionale dei servizi tecnici di prevenzione nell'anno 2002 per l'esercizio delle funzioni oggetto di trasferimento e alle spese di funzionamento, ivi compresi gli oneri diretti e riflessi nonche' i trattamenti accessori relativi al personale. Per gli anni 2003, 2004 e successivi si provvede con le dotazioni dei rispettivi bilanci nella misura pari agli stanziamenti previsti per l'anno 2002. 3. Per tutta la durata dell'assegnazione funzionale di cui all'articolo 11, comma 2, gli stanziamenti dei suddetti capitoli sono ridotti in misura pari agli oneri sostenuti dalla Regione per il personale regionale assegnato funzionalmente all'ARPA.

Art. 14.(Disposizioni finali)

1. Le aree funzionali di cui all'articolo 7, comma 1, non possono essere previste in numero superiore a quattro. 2. I compensi del direttore generale dell'ARPA sono parametrati a quelli dei direttori generali delle Aziende Sanitarie Locali (ASL), delle Aziende Sanitarie Ospedaliere (ASO) e dei direttori regionali.

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