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Art. 11 Cost. L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia delle Nazioni, promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

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Art. 11 Cost.

L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia delle Nazioni, promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

 

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ART. 11

• La Costituzione come ‘capacità’ di essere moderna e visionaria

• L’importanza della parola ‘ripudia’ al posto della parola ‘rinuncia’

• Rottura con ‘nazionalismo’ e ‘imperialismo’• Divieto della guerra come strumento di

conquista e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali

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• Gli strumentI per la risoluzione delle controversie:

• PACE• GIUSTIZIA• SOLIDARIETA’

• … anche attraverso la cessione di ‘pezzi’ della propria sovranità

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• L’autolimitazione della propria sovranità, pensata per garantire l’accesso dell’Italia nelle Nazioni Unite, è diventata anche lo strumento che ha permesso all’Italia di partecipare al processo di integrazione europea, al fine di garantire lo Stato di diritto, la democrazia, l’eguaglianza, la protezione dei diritti fondamentali

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• L’art. 11 si sposa perfettamente con la Carta delle Nazioni Unite il cui art. 2 par. 4 recita:

“i membri devono astenersi, nelle loro relazioni internazionali, dalla minaccia e dall’uso della forza… con l’obbligo di risolvere le loro controversie con mezzi pacifici”.

Una deroga al divieto della forza è costituita dal diritto di legittima difesa individuale e collettiva nel caso di attacco contro un membro dell’ONU e in attesa delòle misure ritenute ‘necessarie’ dal Consiglio.

L’uso della forza è permesso solo dietro autorizzazione del Consiglio di Sicurezza.

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• L’uso della forza è subordinata al raggiungimento della pace e della sicurezza internazionale e non è una delega al suo uso indiscriminato.

• Il diritto consuetudinario non autorizza una ‘guerra’ ma un intervento subordinato alla risoluzione del Consiglio di sicurezza.

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• La mancanza di una ‘polizia’ o di un ‘esercito’ internazionale fa sì che si sia consolidata la prassi attraverso la quale il Consiglio autorizza gli Stati, singolarmente o in coalizione, ad usare la forza contro uno Stato rimettendo ad altri il controllo delle operazioni militari, seppure sotto l’autorità del Consiglio stesso. (si veda guerra di Corea, Iraq contro Kuwait

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• Ultimamente si è, inoltre, affermato un nucleo di norme che comportano obblighi “erga omnes”, al fine di tutelare valori essenziali per la Comunità internazionale: divieto di aggressione, divieto di dominazione coloniale, divieto di apartheid, divieto di danni all’ecosistema e di violazione dei diritti umani. La violazione di tali obblighi comporta la commissione di crimini internazionali, che legittimano tutti gli Stati a una risposta collettiva contro lo Stato autore di tali illeciti, in quanto gestori di interessi collettivi della Comunità internazionale.

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• Solo in questo contesto l’Italia può disporre dell’uso della forza, consentendo “limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace ela giustizia tra i popoli”, applicando la risoluzione del Consiglio di Sicurezza.

• Anche l’art. 52 Cost. (la difesa della patria è sacro dovere del cittadino) è conforme all’art. 51 dell’ONU che riconosce il diritto di legittima difesa.

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• Considerando anche l’art. 10 Cost., si può affermare che il diritto internazionale prevale sul diritto costituzionale, tranne che ui ‘principi’ ritenuti ‘fondamentali’ nella Costituzione italiana, tra i quali si annovera l’art. 11.

• Il ‘ripudio’ della guerra non può assumere valore semplicemente esortativo o programmatico, ma, al contrario, valore vincolante e precettivo.

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L’ITALIA TRA PACE E GUERRA

• Il testo costituzionale è decisamente un testo ‘pacifista’. La pace è vista come un valore costituzionale e come strumento di rimozione del termine e del concetto di guerra.

• Non è un caso se nel nostro ordinamento il concetto di conflitto armato o di grave crisi internazionale, siano emerso solo recentemente

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• Per anni in Italia ha prevalso il valore della pace, sia perché garantita dalla deterrenza nucleare tra le due superpotenze, sia dalla convinzione che fosse irrealizzabile una oggettiva situazione di pericolo.

• La fine della guerra fredda ha cambiato radicalmente lo scenrio internazionale ed anche l’Italia è stata coinvolta in episodi che comportavano e comportano l’uso della forza

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• La guerra del Golfo, la crisi del Kossovo, la catastrofe dell’Afghanistan, la guerra irachena, hanno fatto sì che, lentamente e progressivamente, maturasse la consapevolezza della presenza di un conflitto bellico e la necessità, conseguente, il tentativo di elaborare concetti sostituvi al termine ‘guerra’, al fine di non contraddire il dettato costituzionale.

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• Il regime di messa al bando della guerra, che l’Italia ‘ripudia’, è stato così superato tramite l’utilizzo di un nuovo vocabolario che trova nei concetti “missioni di pace” e “conflitto armato” lo strumento capace di aggirare il dettato costituzionale.

• In tal modo, superata la messa al bando della guerra, i conflitti recenti ed ancora in corso tendono a legittimare il ricorso alle armi, pur esorcizzando il termine ‘guerra’ che non viene mai evocato.

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• NUOVE FORME DI CONFLITTO:

– GUERRA UMANITARIAUtilizzata nel Kossovo con l’esigenza di tutelare i diritti umani.

Comprensibile sotto l’aspetto politico perché motiva agli occhi dell’opinione pubblica il ricorso alla forza/guerra . Non lo è sotto l’aspetto giuridico perché viola il principio di non ingerenza nella sfera territoriale di uno stato sovrano

IL RICORSO AL CONFLITTO ARMATO PUO’ ESSERE FONDATO MA RESTA IL FATTO CHE LA GUERRA E’ IL RISULTATO DI UNA VALUTAZIONE UNILATERALE CHE PUO’ NON ESSERE FONDATA DA PREVENTIVE DETERMINAZIONI DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA

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• I nuovi concetti di ‘conflitto armato’ e di ‘grave crisi internazionale’ sono limitrofi o coincidenti con il concetto di guerra?

• Possiamo considerare questi concetti come un mutamento di prospettiva del costituente?

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• NUOVE FORME DI CONFLITTO:

– GUERRA AL TERRORISMOIniziata con l’operazione in Afghanistan presenta riflessi di

‘guerra preventiva’, perché ipotizza possibili guerre future nei confronti di un numero imprecisato di Paesi.

E’ una guerra contro un nemico non ben individuato, si svolge in luoghi non determinati e per un tempo non determinato. E’ una guerra NUOVA perché manifesta una disponibilità ad un conflitto quasi “perenne” nei confronti di soggetti che si definiranno e in luoghi non precisamente individuati.

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• La partecipazione a queste vere e proprie guerre (qualunque sia il concetto adottato) rappresenta, sotto il profilo costituzionale, una vera e propria novità perché mal si concilia con la guerra, puramente difensiva, prevista dall’art. 11.

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• L’adozione di questi nuovi concetti e la partecipazione dell’Italia ai conflitti pone serie questioni che vanno al di là dell’art. 11.

• In particolare:– Art. 78 Cost. “Le Camere deliberano lo stato di

guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari”

– Art. 87 Cost. “Il Presidente della Repubblica … dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere

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• La prassi, in contraddizione con la dottrina costituzionale, ha superato di fatto gli art. 78 e 87.

• Controprova è la modifica dell’art. 165 del C.P. Militare di guerra (decreto del 1° dicembre 2001) con il quale si registra che “… le disposizioni della legge penale militare si applicano in ogni caso di conflitto armato indipendentemente dalla dichiarazione dello stato di guerra.

• Il nostro legislatore ha preso atto che per l’applicazione di norme che sono tipiche del regime di guerra NON E’ INDISPENSABILE LA DICHIARAZIONE FORMALE DELLO STATO DI GUERRA.

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• DECOSTITUZIONALIZZAZIONE E COMPENSAZIONE• Durante la guerra del Golfo persico alcuni

costituzionalisti furono chiamati a pronunciarsi se la partecipazione italiana nella guerra del Golfo persico implicasse l'utilizzazione della procedura prevista dall'articolo 78 della costituzione. Prevalse l'opinione negativa. La decostituzionalizzazione dell'articolo 78 in realtà è stata compensata dall'utilizzo dell'articolo 11 della costituzione. In altre parole si è manifestato un ulteriore allargamento delle maglie dell'articolo 11 che è stato abbondantemente usato per l'Unione Europea e per la Comunità Europea.

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• CONCLUSIONI• La situazione internazionale carica di conflitti armati,

le nuove fattispecie di reati previsti in tema di terrorismo, l’attività di prevenzione in assenza di un procedimento penale, costituiscono di fatto una limitazione al regime dei diritti. In Italia ed anche all’estero.

• La decostituzionalizzazione di alcuni articoli della Carta ci parla anche della sua fragilità e di come risulti non facile rispettare lo spirito e i precetti dei nostri padri costituenti.

ART. 11 e diritto internazionale