Upload
ledan
View
216
Download
0
Embed Size (px)
Citation preview
ISTITUTO COMPRENSIVO “CASIMIRO GENNARI” Piazza Europa - Maratea (PZ)
Dirigente: avv. Francesco Garramone
Scuola Secondaria di I Grado a.s. 2008/2009
ARTE e IMMAGINE docente: arch. Michele Panza
Anno scolastico 2008/2009. A cura del prof. arch. Michele Panza, docente di Arte e Immagine, con la collaborazione degli allievi delle classi III A, III B e III C dell’Istituto Comprensivo “C. Gennari” di Maratea (PZ).
COMPENDIO DI STORIA DELL’ARTE - 3
Dal NEOCLASSICISMO alla POP ART
IL NEOCLASSICISMO
Il Neoclassicismo è un movimento culturale che si sviluppa in
Europa tra la metá del 1700 e i primi decenni del 1800 con lo scopo
di riproporre la civiltá classica greca e romana, anche a seguito della
scoperta di Ercolano e di Pompei, dove vennero trovate molte copie
romane di opere greche. Per il Winckelmann, massimo teorico del
Neoclassicismo, i Greci avevano raggiunto la perfezione nell’arte e
le loro opere sono insuperabili e da imitare.
L’imitazione degli antichi è preferibile a quella della natura,
perché le opere classiche possiedono una perfezione e un’armonia
introvabili nella realtá. Gli artisti neoclassici abbandonano cosí
l’irrazionalitá, l’illusionismo, l’esuberanza fantastica del Barocco e
del Rococó per forme semplici chiare e pure.
In architettura vengono adottati gli “ordini classici”. Con la
costruzione di templi, colonne onorarie e archi di trionfo, le cittá
ricercano lo splendore e la potenza dell’impero romano e si
trasformano in “cittá antiche”. I soggetti dell’arte neoclassica si
ispirano alla storia e al mito greco-romano, i cui valori vengono fatti
propri anche da Napoleone.
L’artista neoclassico, in questa continua ricerca della perfezione,
tende a idealizzare e divinizzare i personaggi delle proprie opere, sia
nelle doti fisiche che morali.
ANTONIO CANOVA
Antonio Canova (Possagno, Treviso, 1757 –
Venezia 1822), figlio di uno scalpellino, si formó a
Venezia, prima nella bottega dello scultor G.
Bernardi, poi frequentando la scuola del nudo
dell’Accademia.
Canova nelle sue sculture e nei suoi disegni seguí i principi del
Winckelmann ed era in continua ricerca della bellezza ideale. Ma
questa in natura non si puó trovare, pertanto capí che solo attraverso
la conoscenza dell’arte classica ed una grande padronanza della
materia scultorea poteva arrivarci. Opere come “Amore e Psiche”,
che oggi si trova al Louvre, e “Le Tre Grazie” sono l’esempio del
grado di perfezione raggiunto dal Canova.
L’epoca napoleonica segnó il culmine della fama internazionale di
Canova: appartengono a questo periodo la grande statua del
Bonaparte in nuditá eroica, come Marte pacificatore, e quella celebre
della sorella dell’imperatore, Paolina, andata in moglie, in seconde
nozze, al principe romano Borghese.
Canova la scolpí, come Venere vincitrice, distesa su cuscini col
busto semieretto e nudo, con in mano il pomo della vittoria offertole
da Paride in quanto dea piú bella. La scultura fece scandalo per le
sue nuditá, tanto da indurre la stessa Paolina a scrivere al marito
chiedendogli di non far accedere visitatori nella sala di palazzo
Borghese dove era ed è ancora oggi collocata.
Antonio Canova, Venere Vincitrice, 1805-1808, marmo. Roma, Galleria Borghese.
IL ROMANTICISMO
Il Romanticismo è un movimento filosofico, letterario e artistico
che, sviluppatosi in Germania negli ultimi decenni del Settecento, si
diffuse in Europa nella prima metá dell’Ottocento fino alla comparsa
del Realismo. Il Romanticismo è una reazione all’Illuminismo e al
Neoclassicismo: alla razionalitá e al culto della bellezza classica si
contrappongono la spiritualitá, l’emotivitá, la fantasia,
l’immaginazione e soprattutto l’affermazione dei caratteri individuali
d’ogni artista. Si guarda con interesse al Medioevo, epoca istintiva e
passionale.
Il Romanticismo sostituisce alla freddezza della classicitá e alla
ragione degli illuminista la rivalutazione di figure tradizionali come
la patria, la famiglia e l’amore considerate mezzo tramite cui
trasmettere i propri sentimenti.
Mentre gli artisti neoclassici ponevano la ragione al centro della
riflessione, i romantici vedevano nella natura l’interesse piú forte;
ritenevano infatti che fosse grandiosa e potente, in quanto simbolo di
infinito su cui riflettere le proprie emozioni.
L’artista romantico è un ribelle che rifiuta le regole della societá
in cui vive e che trae ispirazione solo dal proprio io. Egli partecipa
con la sua arte, spesso anche in prima persona, alla lotta per la
libertá. L’artista è ormai un libero professionista che lavora anche
per un pubblico borghese, culturalmente vario e di gusto raffinato.
EUGÈNE DELACROIX
Eugène Delacroix (Chareton-Saint-Maurice,
Parigi, 1798 – Parigi 1863), di origine
altoborghese, compí la sua formazione artistica
nello studio del neoclassico P. Guérin.
Romantico, nella sua arte esprime malinconia,
esotismo, impetuositá creativa, desiderio di cambiamento e
avversione per l’accademismo. I suoi modelli furono Michelangelo e
Rubens. Un soggiorno in Marocco, nel 1832, da un lato appagó il suo
desiderio di esotismo, dall’altro gli fece scoprire la luminositá dei
cieli africani e i colori accesi e da qui riportó in patria un gran
numero di bozzetti e impressioni a cui attinse per tutta la vita.
Il suo dipinto La libertá che guida il popolo è il primo quadro
politico della pittura moderna e si riferisce ai moti rivoluzionari
parigini del 1830 ai quali partecipó in prima persona. Il vertice della
composizione è la donna con la bandiera francese e il fucile,
rappresentazione allegorica della libertá: è una figura irreale che
sprona i rivoluzionari senza poter essere vista da loro. Il quadro
esalta l’alleanza fra intellettuali e operai idealmente uniti contro la
monarchia: il borghese con giacca, cilindro e fucile è Delacroix. La
massa dei rivoltosi sfuma in lontananza dove si intravedono le due
torri della cattedrale di Notre-Dame a Parigi. Nel ragazzo con le
pistole Delacroix anticipa l’indimenticabile Gavroche, personaggio
del romanzo “I Miserabili” di Victor Hugo, amico dell’artista.
Eugène Delacroix, La libertá che guida il popolo, 1830, olio su tela, 260x325 cm. Parigi, Museo del Louvre.
IL REALISMO
Il Realismo è una corrente letteraria e artistica che si forma in
Francia nella prima metà dell’Ottocento per poi diffondersi in
Europa. I Realisti abbandonano i soggetti storici e letterari cari ai
Romantici per guardare alla realtà.
L’artista realista dipinge la sua epoca senza alcuna idealizzazione.
Anche i contadini, gli operai, i proletari sono considerati degni
d’attenzione. Le opere realiste tentano di cogliere la realtà sociale in
un’epoca di profonde trasformazioni e, in questo senso, sono una
violenta denuncia dei sistemi politici e sociali del tempo.
All’Esposizione Universale di Parigi del 1855 alcuni quadri di
Courbet vennero rifiutati perché giudicati scandalosi e rozzi dalla
cultura ufficiale, accademica e neoclassica. Courbet allora fece
costruire, a sue spese, nelle vicinanze del padiglione
dell’Esposizione, un baraccone di legno, che chiamò Pavillon du
réalism, nel quale espose 40 dipinti. Fece poi stampare un catalogo
in cui si definì “pittore realista”. Fu l’atto ufficiale che sancì la
nascita del Realismo.
Secondo la cultura ufficiale l’arte si doveva interessare solo a
soggetti cosiddetti “importanti”, storici, religiosi o mitologici.
Courbet sosteneva, invece, che un’opera può essere “importante”,
quindi d’arte, anche se il soggetto non è “importante”: questa idea
rivoluzionaria sarà madre di tutta l’arte moderna e contemporanea.
GUSTAVE COURBET
Gustave Courbet (Ornans 1819 – La Tour-de-
Peilz, Vevey, 1877), figlio di ricchi contadini, si
trasferí a Parigi nel 1840 per dedicarsi alla pittura.
Arrestato e condannato, per motivi politici, a sei mesi
nel 1873, riparò in Svizzera vicino a Vevey.
Momento centrale della formazione pittorica di Courbet fu l’attenta
osservazione dei capolavori della pittura fiamminga, veneziana e
olandese che egli copiò al museo del Louvre. Alle prime opere,
d’ispirazione romantica, seguì un periodo in cui diversi fattori, fra
cui l’amicizia con Baudelaire e l’influenza del filosofo anarchico
Proudhon, portarono Courbet alla maturazione di quello stile che lui
stesso definirà Realismo.
Nel dipinto Funerale a Ornans il soggetto è un episodio
quotidiano, insignificante: il funerale di un contadino in un piccolo
paese di campagna. Le persone sono reali: Courbet si serve di
familiari, amici, abitanti del luogo. Le figure sono a grandezza
naturale. La realtá è rappresentata senza interpretazioni personali: i
personaggi indossano abiti del tempo e hanno visi scavati, rugosi,
privi di ogni abbellimento. Per questo motivo Courbet venne
accusato di cattivo gusto e di volgaritá. Fece scandalo anche la
grandezza del dipinto: queste dimensioni erano usate solo per
composizioni “importanti”, ovvero storiche, religiose o mitologiche.
Gustave Courbet, Funerale a Ornans, 1849-50, olio su tela, 315x668 cm. Parigi, Museo d’Orsay.
I MACCHIAIOLI
I Macchiaioli sono un gruppo di artisti italiani che si riunivano,
fra il 1855 e il 1867, al Caffè Michelangelo di Firenze e che
propugnarono una pittura antiaccademica atta a riprodurre
“l’impressione del vero”. Fattori, Lega e Signorini, i principali
esponenti del gruppo, erano repubblicani e anarchici; parteciparono
anche alle guerre d’indipendenza. Gli artisti lavoravano in piccoli
gruppi e fecero propri gli obbiettivi del Realismo.
Il nome fu usato in senso dispregiativo nel 1862 dal critico della
Gazzetta del Popolo, che intendeva sottolinere il loro antiaccademico
rifiuto del disegno e della forma a favore dell’effetto: “macchia” è
appunto quello stadio della pittura tradizionale in cui il pittore mette
sulla tela, in un sommario abbozzo e senza cura dei contorni, una
serie di macchie di colore al fine di studiare l’effetto dei toni.
Signorini accolse il termine in una accezione positva, e Macchiaioli
divenne definizione del gruppo. In realtá i Macchiaioli abolirono il
tradizionale chiaroscuro e dipinsero per accostamenti di colore-
ombra e colore-luce: ottennero cosí effetti di grande luminositá e di
suggestiva resa atmosferica.
Alla prima impressione le forme appaiono come macchie di
colore, usate per sintetizzare la natura lavorando in modo rapido e
immediato.
GIOVANNI FATTORI
Giovanni Fattori (Livorno 1825 – Firenze 1908),
figlio di un artigiano, studió a Livorno con il modesto
pittore Bandini e a Firenze, dal 1846, con G.
Bezzuoli. In seguito, frequentando il Caffè
Michelangelo, si uní ai Macchiaioli dei quali divenne
il rappresentante piú autorevole.
Dopo un primo periodo in cui produsse opere con soggetti storici
e caratterizzate dal chiaroscuro romantico, gradatamente, venne
sempre piú costruendo i propri quadri per zone cromatiche di un peso
quasi astratto, con contrasti a “macchia” di colore-luce di grande
nettezza. Talvolta sfruttó anche le qualitá del supporto, tavola o
cartone, per creare effetti suggestivi.
Temi ricorrenti e costanti in tutta l’opera di Fattori sono i
paesaggi, la gente della Maremma e la vita militare.
Nel dipinto In vedetta la composizione è essenziale: un muro in
prospettiva colpito dalla luce del sole, il cielo, la strada percorsa da
tre soldati in avanscoperta. Lo spazio assolato è contrastato dalle
“macchie” scure delle uniformi, del cavallo e delle ombre che si
profilano sul terreno e sul muro. La luce è quella di un’afosa mattina
d’estate.
Giovanni Fattori, In vedetta, 1872, olio su tela, 37x56 cm. Valdagno (BI), collezione privata.
L’IMPRESSIONISMO
La data ufficiale della nascita dell’Impressionismo é il 5 aprile
1874 quando alcuni pittori, fra cui Monet, Renoir, Sisley, Degas,
espongono le loro opere nella galleria del fotografo Nadar. In realtá
giá da una decina d’anni essi dipingevano paesaggi en plein air
(all’aria aperta) lungo le rive della Senna.
Il termine Impressionismo fu usato per la prima volta dal critico
francese Leroy, proprio a questa esposizione, per il quadro di Monet
intitolato Impression: soleil levant e poi esteso a tutto il movimento.
Con tale denominazione negativa Leroy credeva di evidenziare i
“difetti” dell’opera: il disordine compositivo, la velocitá di
esecuzione, la scomposizione del colore.
Interesse principale degli Impressionisti é lo studio dei colori e
della luce, la cui azione modifica continuamente l’aspetto delle cose
e della natura. Per rendere questo fenomeno, il colore é steso sulla
tela in una serie di macchie e di tocchi che, osservati da una certa
distanza, suggeriscono il movimento e la vibrazione dell’atmosfera,
in un mosaico di luci e di riflessi cromatici. Il disegno e il nero
vengono aboliti: i colori, puri e luminosissimi, sono i protagonisti dei
dipinti. Anche le ombre si colorano. Le neve non é solo bianca, ma
anche azzurra per i riflessi del cielo; l’erba non é solo verde, ma
gialla per il sole, azzurra per il cielo e cosí via all’infinito.
I soggetti preferiti degli Impressionisti sono paesaggi, scene di
vita contemporanea, ritratti, nature morte.
CLAUDE MONET
Claude Monet (Parigi 1840 – Giverny 1926),
trascorse l’adolescenza a Le Havre dove comnció a
disegnare caricature. Nel 1859 si recó a Parigi dove
frequentó l’Académie Suisse. Dopo il servizio militare
in Algeria tornó a Le Havre e poi di nuovo a Parigi.
Fu affascinato dalla pittura en plain air, secondo la tradizione
olandese, e dalle teorie di Courbet. Nei paesaggi dal vero, dipinti
verso il 1868 sulle rive della Senna, lo studio dei riflessi della luce
sull’acqua rappresentano le prime realizzazioni impressioniste.
Le leggi dei colori complementari e della luce-colore vennero
approfondite da Monet attraverso le infinite variazioni su uno stesso
soggetto.
Monet sebbe un profondo interesse per la fotografia (inventata nel
1826 dal francese Nièpce), in quanto si riallacciava alla sua
problematica personale: lo studio di ció che “impressiona” la retina
dell’occhio.
L’opera Impression: soleil levant è il dipinto che ha dato il nome
al movimento dell’Impressionismo. Si tratta di un’impressione
fugace dell’alba nel porto di Le Havre: è un colpo d’occhio, la
registrazione immediata di una sensazione. Il sole si riflette
nell’acqua, scomposta in tocchi di colore, la cittá e i velieri si
confondono nell’atmosfera.
Claude Monet, Impression: soleil levant, 1872, olio su tela, 48x63 cm. Parigi, Museo Marmottan.
IL POSTIMPRESSIONISMO
Il termine Postimpressionismo fu introdotto nel 1910 dal critico
inglese R. Fry con la mostra Manet e i post-impressionisti,
organizzata alla Grafton Gallery di Londra.
Intorno al 1880, infatti, l’Impressionismo era entrato in crisi. Fu
giudicato troppo parziale perché rivolto esclusivamente alla
raffigurazione della natura. Gli stessi artisti, degli ultimi decenni
dell’Ottocento, che avevano avuto un inizio o una fase
impressionista, ebbero in comune la volontá di andare, con la loro
pittura, oltre il mondo delle apparenze esteriori e del mutamento
delle luci e dei colori che avevano avuto tanta importanza per gli
Impressionisti e sentirono il bisogno di esprimere sentimenti e
comunicare idee.
Al naturalismo impressionista, legato alle apparenze delle cose, si
contrapponevano, con diverse motivazioni e intenzioni, la
semplificata soliditá architettonica delle geometrie di P. Cézanne, la
ricerca sintetista di P. Gauguin sull’efficacia psicologico-visiva delle
forme astratte e del colore, la pittura visionaria di V. Van Gogh
attenta ai significati emozionali riposti nelle cose.
Questa innovativa ricerca artistica di Cézanne, Gauguin e Van
Gogh porterá rispettivamente al Cubismo, al Fauvismo e
all’Espressionismo.
PAUL CÉZANNE
Paul Cézanne (Aix-en-Provence 1839 – 1906),
figlio di un banchiere, dopo gli studi di diritto, nel
1861 si recó a Parigi dove, al Louvre, studió i pittori
barocchi. Tornato al paese natio si impiegó nella
banca paterna fino al 1862, quandó ripartí per Parigi
dove vide il Salon de Refusés. Nel 1864 ritornó ad Aix e, da lí,
cominció a mandare ai Salons quadri che furono sempre rifiutati. Su
invito di Pissarro, nel 1874 partecipó alla prima mostra ufficiale dei
pittori impressionisti ai quali, in seguito, rimproveró di considerare la
pittura una semplice imitazione della realtá.
Per Cézanne ogni forma naturale ha una sostanza geometrica: é
necessario rappresentare la natura “ per mezzo del cilindro, della
sfera e del cono, il tutto messo in prospettiva”. Egli semplifica le
forme, ricostruisce “mentalmente” la realtá cercando, al di lá di
quello che vediamo, la vera sostanza delle cose.
Nel dipinto Mont Sainte-Victoire la scomposizione è totale: le
forme sono sintetizzate in tasselli cromatici che compongono una
sorta di mosaico. La profonditá è annullata, la distanza è suggerita
dalla nebbia azzurra che avvolge la montagna triangolare. Ogni tocco
colorato serve per “costruire” l’immagine: Cézanne rinuncia alla
vibrazione atmosferica, all’immediatezza impressionista per
costruire un’opera studiata e controllata in ogni particolare.
Paul Cézanne, Mont Sainte-Victoire, 1904-06, olio su tela, 63x83 cm. Zurigo, Kunsthaus.
IL POSTIMPRESSIONISMO
Il termine Postimpressionismo fu introdotto nel 1910 dal critico
inglese R. Fry con la mostra Manet e i post-impressionisti,
organizzata alla Grafton Gallery di Londra.
Intorno al 1880, infatti, l’Impressionismo era entrato in crisi. Fu
giudicato troppo parziale perché rivolto esclusivamente alla
raffigurazione della natura. Gli stessi artisti, degli ultimi decenni
dell’Ottocento, che avevano avuto un inizio o una fase
impressionista, ebbero in comune la volontá di andare, con la loro
pittura, oltre il mondo delle apparenze esteriori e del mutamento
delle luci e dei colori che avevano avuto tanta importanza per gli
Impressionisti e sentirono il bisogno di esprimere sentimenti e
comunicare idee.
Al naturalismo impressionista, legato alle apparenze delle cose, si
contrapponevano, con diverse motivazioni e intenzioni, la
semplificata soliditá architettonica delle geometrie di P. Cézanne, la
ricerca sintetista di P. Gauguin sull’efficacia psicologico-visiva delle
forme astratte e del colore, la pittura visionaria di V. Van Gogh
attenta ai significati emozionali riposti nelle cose.
Questa innovativa ricerca artistica di Cézanne, Gauguin e Van
Gogh porterá rispettivamente al Cubismo, al Fauvismo e
all’Espressionismo.
PAUL GAUGUIN
Paul Gauguin (Parigi 1848 – Isole Marchesi
1903), trascorse la prima infanzia in Perú. Tornato
in Francia, frequentó le scuole e nel 1865 si arruoló
in marina. Rientrato a Parigi, nel 1871 si impiegó
presso un agente di cambio, ma, nello stesso tempo,
inizió una fervida attivitá di “pittore della domenica”. Deluso dalla
civiltá corrotta e materialistica, nel 1883 abbandonó il lavoro e la
famiglia per fuggire in luoghi solitari e selvaggi (la Bretagana, la
Polinesia) alla ricerca di un mondo incontaminato, puro, primitivo
dove dipingere. Ma Gauguin non riuscí mai a “indigenizzarsi”
completamente e la speranza di trovare un paradiso terrestre si riveló
un sogno. Morí disilluso e sconfitto.
Nel quadro Ia Orana Maria (Ave Maria) Gauguin trasferisce la
storia cristiana della nascita di Gesú nei mari del Sud: Maria, il
Bambino, gli adoranti sono polinesiani e la vegetazione rappresenta
il Paradiso terrestre. I colori sono molto vivaci e stesi in grandi
campiture accostate direttamente senza sfumature. La pittura risulta
cosí piatta e bidimensionale; le figure sono semplificate e hanno
contorni scuri. La luminositá è ottenuta mediante l’accostamento dei
complementari e i colori primari sono adoperati con libertá e fantasia
poiché hanno un valore simbolico ed esprimono le passioni
dell’artista. Gauguin, infatti, diceva che lui dipingeva ció che sentiva
e non ció che vedeva.
Paul Gauguin, Ia Orana Maria, 1891, olio su tela, 114x89 cm. New York, Metropolitan Museum of Art.
IL POSTIMPRESSIONISMO
Il termine Postimpressionismo fu introdotto nel 1910 dal critico
inglese R. Fry con la mostra Manet e i post-impressionisti,
organizzata alla Grafton Gallery di Londra.
Intorno al 1880, infatti, l’Impressionismo era entrato in crisi. Fu
giudicato troppo parziale perché rivolto esclusivamente alla
raffigurazione della natura. Gli stessi artisti, degli ultimi decenni
dell’Ottocento, che avevano avuto un inizio o una fase
impressionista, ebbero in comune la volontá di andare, con la loro
pittura, oltre il mondo delle apparenze esteriori e del mutamento
delle luci e dei colori che avevano avuto tanta importanza per gli
Impressionisti e sentirono il bisogno di esprimere sentimenti e
comunicare idee.
Al naturalismo impressionista, legato alle apparenze delle cose, si
contrapponevano, con diverse motivazioni e intenzioni, la
semplificata soliditá architettonica delle geometrie di P. Cézanne, la
ricerca sintetista di P. Gauguin sull’efficacia psicologico-visiva delle
forme astratte e del colore, la pittura visionaria di V. Van Gogh
attenta ai significati emozionali riposti nelle cose.
Questa innovativa ricerca artistica di Cézanne, Gauguin e Van
Gogh porterà rispettivamente al Cubismo, al Fauvismo e
all’Espressionismo.
VINCENT VAN GOGH
Vincent Van Gogh (Groot Zundert 1853 –
Auvers-sur-Oise 1890), figlio primogenito di un
pastore protestante, ebbe un’esistenza infelice e
tormentata. Tentò diversi lavori, divenne teologo
e nel 1878 partì per le miniere del Borinage, in Belgio, come
evangelizzatore. Fervente sostenitore dei minatori, venne allontanato
e, dopo mesi vissuti in miseria, nel 1880 decise di dedicarsi alla
pittura. Nel 1886 si trasferì a Parigi, ospite del fratello Theo, che lo
aiutò economicamente per tutta la vita. Qui conobbe gli
Impressionisti e schiarì la sua tavolozza. Nel 1888 andò ad Arles
dove iniziò una febbrile attività pittorica che lo portò a una pittura
“espressionistica”, in cui le pennellate, grosse e violente, rivelano il
suo male di vivere. Per autopunirsi a seguito di una lite con Gauguin,
si tagliò il lobo dell’orecchio sinistro. Venne ricoverato in
manicomio più volte, finché non si tolse la vita con un colpo di
pistola.
Il dipinto Campo di grano con corvi fu realizzato da Van Gogh
pochi giorni prima del suicidio. L’ambiente viene rielaborato e
stravolto dal suo tormentato stato d’animo. La natura e il paesaggio
risultano deformati dalle lunghe pennellate che creano moti ondulati
sulla tela. Van Gogh crea due fasce di colore contrapposte: la massa
della terra coltivata e quella del cielo. La tempesta sta per scoppiare,
nel cielo si formano grandi vortici e uno stormo di corvi si solleva in
volo. La presenza dei corvi indica un presagio di lutto.
Vincent Van Gogh, Campo di grano con corvi, 1890, olio su tela, 51x103 cm. Amsterdam, Museo Van Gogh.
IL PUNTINISMO
Il Puntinismo é una corrente pittorica sorta intorno al 1885 e
battezzata Neoimpressionismo dal critico F. Fénéon nel 1886. Viene
denominata anche Divisionismo.
Il Puntinismo cerca di rendere l’effetto della luce attraverso la
scomposizione del colore, che non viene piú impastato sulla
tavolozza, ma steso a piccoli punti o a sottili tratti.
I Puntinisti usano i colori puri, quelli dell’arcobaleno: per avere
combinazioni cromatiche e toni intermedi uniscono, senza fonderli, i
colori primari (ad esempio, l’arancione é ricavato da punti rossi e
gialli). In tal modo il colore, e quindi l’immagine, si forma
direttamente nella retina dell’osservatore che, per cogliere
pienamente l’effetto, deve stare a una certa distanza dal quadro.
Mediante l’accostamento dei colori complementari (giallo e viola,
rosso e verde, blu e arancione), che si accentuano l’un l’altro
generando un forte effetto di “vibrazione”, i Puntinisti fanno brillare
di luce l’intera composizione.
L’inventore del Puntinismo è considerato G. Seurat, che lesse con
estremo interesse le opere degli studiosi che analizzavano i fenomeni
della luce e del colore come Chevreul e Maxwell.
L’altro grande esponente del Puntinismo è P. Signac.
GEORGES SEURAT
Georges Seurat (Parigi 1859 – 1891), nato da
un’agiata famiglia borghese, poté dedicarsi
completamente all’attivitá artistica. Dopo una fase
impressionista, inizió a dipingere in modi puntinisti
nel 1884. Realizzó pochi ma elaboratissimi
capolavori, preceduti da travagliati schizzi e disegni preparatori.
Studió con grande cura tanto l’uso del colore quanto la
composizione, nella quale reintrodusse schemi classici. Alle scoperte
impressioniste sul colore e sulla luce diede una base rigorosamente
scientifica, eliminando ogni improvvisazione. Morí a soli trentadue
anni, folgorato da una malattia incurabile.
Il dipinto Una domenica pomeriggio all’isola della Grande Jatte
è il capolavoro di Seurat. Il soggetto è impressionista ma lo stile è
differente. Le figure sono immobili e la scena è statica, priva del
dinamismo impressionista. La composizione è rigorosa e studiata in
ogni particolare: la donna con l’ombrello rosso è l’asse centrale che
divide il dipinto in due parti uguali; la coppia con la scimmietta è
impostata sulla sezione aurea della parte destra del quadro; la
composizione è un incrocio di linee verticali e orizzontali alle quali
Seurat aggiunge linee oblique che non alterano l’effetto geometrico.
Il colore é scomposto in una fitta trama di punti stesi con assoluta
precisione scientifica. Seurat applica il contrasto dei complementari e
dipinge con colori puri per ottenere l’effetto di massima luminositá.
George Seurat, Una domenica pomeriggio all’isola della Grande-Jatte, 1886, olio su tela, 205x308 cm. Chicago, Art Institute.
IL DIVISIONISMO
Il Divisionismo é una tendenza artistica sorta in Italia nel corso
dell’ultimo decennio dell’Ottocento e operante fino al 1915 circa. Il
Divisionismo italiano si sviluppó indipendentemente dal gruppo
francese dei Puntinisti e con lieve ritardo: le prime opere vennero
esposte alla Triennale di Milano nel 1891.
I Divisionisti italiani operarono una scomposizione del colore piú
libera e sciolta, meno legata a regole scientifiche. Oltre a soggetti
naturalistici, vennero trattati temi sociali, con Pellizza da Volpedo, e
si accolsero elementi simbolisti, con Segantini e Previati.
Secondo Previati i Divisionisti riproducono le addizioni di luce
mediante una separazione metodicamente minuta delle tinte
complementari. Essi associavano a un’immagine naturalistica di
paesaggio o di interni una componente sentimentale che si traduceva
in una struttura filamentosa della pennellata, o materica, o
chiaroscurale. Chi applicó con piú rigore il metodo divisionista fu
Pellizza da Volpedo in una serie di dipinti e di impressioni che
risulteranno importanti anche per la pittura prefuturista di G. Balla e
U. Boccioni.
GIUSEPPE PELLIZZA DA VOLPEDO
Giuseppe Pellizza da Volpedo (Volpedo,
Alessandria, 1868 – 1907), figlio di contadini, si formó
prima all’Accademia di Brera, poi presso quella di
Roma, di Firenze e di Bergamo. Terminati gli studi
proseguí il suo tirocinio in molte scuole e nel 1892
tornó a Volpedo, dove si sposó. Questo tirocinio lo indirizzó verso il
realismo con uno spiccato interesse per i temi sociali e contadini, ma
è osservando le prime opere divisioniste di G. Segantini che si
accostó alla pittura all’aria aperta ed a questa nuova maniera di
dipingere. Pellizza elaboró per molti anni, in successive versioni, il
suo capolavoro Il Quarto Stato che, peró, non ebbe il riconoscimento
sperato e fece cadere l’artista in una forte depressione che, alla morte
della moglie nel 1907, lo portó ad impiccarsi.
Il Quarto Stato, secondo le stesse parole dell’artista, doveva
simboleggiare le grandi conquiste che i lavoratori stavano ottenendo
nel mondo contemporaneo. Il dipinto rappresenta una marcia di
lavoratori in sciopero: due uomini e una donna con bambino in
braccio precedono la massa compatta degli operai. La composizione
è essenziale, senza alcun accenno alla povertá dei personaggi che
avanzano a passo sicuro, consapevoli della propria forza e dei propri
diritti. Pellizza applica un divisionismo rigoroso, alla Seurat, che dá
plasticitá e luminositá alle figure, che emergono sullo sfondo dai toni
cupi, con una prevalenza di verdi e di blu.
Giuseppe Pellizza da Volpedo, Il Quarto Stato, 1901, olio su tela, 293x545 cm. Milano, Civica Galleria d’Arte Moderna.
L’ART NOUVEAU
L’Art Nouveau é uno stile internazionale che, tra la fine
dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, interessó l’architettura e le
arti decorative in Europa e negli Stati Uniti. Questo stile venne
chiamato Floreale o Liberty in Italia, Modern Style in Gran
Bretagna, Modernismo in Spagna, Coup de Fouet o Velde in Belgio,
Jugendstil in Germania, Sezessionstil in Austria.
Nell’Art Nouveau c’é la ricerca di un’arte totale, un’arte che
penetri dappertutto, che porti nel piú umile oggetto il suo marchio e
il suo fascino, che orni tutte le forme materiali dell’esistenza: da un
quadro a un braccialetto, dalla sedia al tappeto. Si cercó di far
diventare l’arte un patrimonio di tutti, servendosi della produzione
industriale. In pratica peró la raffinatezza del disegno e la preziositá
dei materiali fecero dell’Art Nouveau un’arte di elite.
L’Art Nouveau é uno stile ornamentale basato sulla linea curva,
elegante, di ispirazione vegetale, che si compone in decorazioni
bidimensionali e ricche di colore. In architettura scompaiono gli
ordini e le forme classiche; il ferro, il vetro e il cemento armato sono
i materiali piú usati. Comincia a formarsi il concetto moderno di
design, cioé di progettazione di oggetti industriali, che si svilupperá
poi soprattutto al Bauhaus.
L’Art Nouveau é espressione della societá borghese della Belle
Epoque che mascherava, sotto l’eleganza e la bellezza delle
immagini, una profonda crisi ideologica e spirituale.
GUSTAV KLIMT
Gustav Klimt (Baumgarten, Vienna, 1862 – Vienna
1918), figlio di un orafo e incisore, studió alla Scuola
di Arti e Mestieri di Vienna. Tra i fondatori, nel 1897,
della Secessione viennese, ne divenne rapidamente la
personalitá dominante, svolgendo un’intensissima
attivitá sul piano organizzativo come su quello artistico. Viaggió
molto e tenne mostre di successo a Parigi, Dresda, Berlino e in Italia,
dove a Ravenna e Venezia studió i mosaici Bizantini.
Klimt usa una composizione ritmica, un accentuato linearismo,
colori smaltati e materiali preziosi, uniti ad uno sconcertante
realismo espressivo delle figure.
Nel dipinto Il bacio Klimt rappresenta due amanti mentre si
baciano, vestiti elegantemente, su di un prato. L’artista adotta colori
preziosi tra cui prevale l’oro. Le decorazioni si estendono su tutti gli
abiti. Il bacio è simbolo della felicitá amorosa: le due figure sono
sprofondate l’una nell’altra. La figura maschile avvolge nelle mani il
volto della donna, abbandonata nell’abbraccio all’emozione. La
coppia é immersa in uno scenario incantato senza tempo né spazio; le
figure sono trasformate in decorazioni: solo le mani, i piedi e i volti,
incastonati in un intrico di materie preziose e rilucenti, sono
naturalistici, mentre il resto del corpo è sostituito da una superficie
ricca e a disegni geometrici.
Gustav Klimt, Il bacio, 1907-08, olio su tela, 180x180 cm. Vienna, Galleria Österreichische.
IL FAUVISMO
Il Fauvismo é un movimento pittorico francese, nato a Parigi nel
1905 e sciolto nel 1907, i cui principali esponenti sono H. Matisse,
A. Derain e M. de Vlaminck.
Il termine fauves (belve) fu coniato dal critico francese L.
Vauxcelles per indicare quei pittori le cui opere avevano suscitato
scandalo al Salon d’Automne di Parigi del 1905 per la “selvaggia”
violenza espressiva del colore, steso in tonalitá pure.
La caratteristica principale dei Fauves é, quindi, la violenza degli
accostamenti cromatici caldi e freddi: colori puri, accesi e
luminosissimi si scontrano sulla tela con “furia selvaggia”. L’uso
violento del colore sconvolge il naturalismo impressionista, la
prospettiva, le forme, i volumi, ed é rotto ogni rapporto con la realtá.
La linea di contorno serve per separare e far risaltare ulteriormente i
colori ed é anch’essa violenta e molto accentuata.
L’antinaturalismo cromatico di Van Gogh e di Gauguin e il
puntinismo di Seurat vengono ripresi, ma con pennellate libere, forti
ed espressive. La deformazione delle immagini é una conseguenza
del nuovo grande interesse per le sculture oprimitive dell’Africa e
dell’Oceania.
Il Fauvismo é il primo movimento espressionista europeo ma, al
contrario dei successivi, non ha interesse per le questioni politiche e
sociali.
HENRI MATISSE
Henri Matisse (Le Cateau 1869 – Cimiez, Nizza,
1954), primogenito di una famiglia di commercianti,
si trasferí a Parigi nel 1887 per studiare legge, ma,
dopo aver abbandonato un impiego presso un
avvocato, si dedicó alla pittura. Con grande
disapprovazione del padre, nel 1891 si iscrisse all’Académie Julian.
Frequentó diverse scuole e l’atelier di G. Moreau.
Se per gli impressionisti il colore era un mezzo per avvicinarsi il
piú possibile alla “veritá” della luce naturale, la convinzione del suo
maestro Moreau, che il colore dovesse essere pensato e sognato,
aiuterá Matisse a sostituire al principio tradizionale dell’imitazione
quello del colore come fine per produrre una soddisfazione
puramente visiva attraverso la percezione dell’immagine dipinta. Il
colore diventerá a tal punto il personaggio principale che, nelle opere
degli ultimi anni, dopo il 1950, Matisse sfiorerá l’astrattismo.
L’opera Donna con cappello è un ritratto della moglie. Il colore è
libero e antinaturalistico. Il viso e il busto sono costruiti con poche e
spesse pennellate senza ricorrere al disegno: il verde mette in risalto
la fronte e il naso e divide il volto in due parti, una scura e l’altra piú
chiara; il rosso evidenzia i capelli, il collo e le labbra. L’abito, il
cappello e lo sfondo sono un intarsio di vari colori: il punto di
partenza è ancora reale, ma serve solo per esprimere le emozioni
dell’artista.
Henri Matisse, Donna con cappello, 1905, olio su tela, 81x60 cm. San Francisco, Museum of Modern Art.
L’ESPRESSIONISMO
L’Espressionismo é una corrente artistica e letteraria sviluppatasi
in Germania frail 1905 e il 1925 circa.
Allo storico dell’arte W. R. Worringer é attribuito il primo
impiego del termine Espressionismo in un saggio pubblicato nel
1911 sulla rivista “Der Sturm”, il piú importante organo letterario del
movimento.
Il nucleo storico di questo movimento fu costituito dal grupppo
Die Brücke (Il Ponte) fondato nel 1905 a Dresda e che ebbe tra i suoi
piú importanti artisti E. L. Kirchner ed E. Nolde.
Gli Espressionisti rifiutano l’eleganza dell’Art Nouveau e
rappresentano la sofferenza, condizione esistenziale dell’uomo
moderno, con figure sconvolte e straziate. Le immagini deformate
esprimono la tensione dell’artista. Feroce é la critica verso una
societá falsa e disgregata che precipita nel caos e nella tragedia della
prima guerra mondiale. Per accentuare la deformazione e la
“brutalitá” delle figure la linea é spezzata, spigolosa, i colori sono
violenti e contrastanti, lo spazio e la prospettiva distorti.
Gli Espressionisti tedeschi furono impegnati in una furiosa
denuncia della societá contemporanea priva di valori morali e
spirituali. Se gli Impressionisti erano solo degli occhi, gli
Espressionisti “hanno riaperto la bocca dell’uomo che urla la sua
angoscia”.
EDWARD MUNCH
Edward Munch (Løten 1863 – Oslo 1944) ebbe
un’infanzia infelice, sconvolta da tragiche vicende (la
tubercolosi, la morte della madre e della sorella, la
pazzia del fratello) che spiegano la sua drammatica
concezione della vita come sofferenza senza fine.
Munch, lasciate le scuole tecniche, studió alla Scuola Reale di
Disegno di Oslo, e a un primo periodo “naturalista”, dopo diversi
viaggi a Parigi, seguí un periodo impressionista ed un suo
superamento verso una pittura piú adatta ad esprimere il senso
tragico della vita e della morte. Nel 1908 lo colpí una grave malattia
nervosa, alla quale seguí una pittura sempre piú apertamente
espressionista: con uso di colori violenti e irreali e immagini
deformate e consumate dal tormento interiore. Nel 1937 fu
perseguitato dai nazisti, che definirono le sue opere “degenerate” e,
nel 1940, si rifugió negli Stati Uniti.
Nella sua opera piú famosa, L’urlo, la disperazione dell’uomo-
spettro è resa visibile dai colori irreali e violenti, dal ritmo
ondeggiante e ossessivo delle linee curve e dall’allungamento
prospettico del ponte. È Munch stesso a narrare come è nata l’opera:
“Una sera passeggiavo con due amici nei pressi del fiordo;
improvvisamente il cielo divenne rosso e sentii un urlo senza fine
attraversare la natura. Dipinsi questo quadro in cui i colori urlano e le
nuvole sanguinano”.
Edvard Munch, L’urlo, 1893, olio tempera e pastello su cartone, 91x73 cm. Oslo, Nasjonalgalleriet.
IL CUBISMO
Il Cubismo é quel movimento artistico che prese avvio a Parigi,
nel 1907, dalla pittura di P. Picasso e G. Braque. La parola Cubismo
venne coniata dal critico Vauxcelles, recensendo su “Gil Blas” una
serie di paesaggi di Braque, in riferimento alla tendenza del pittore a
ridurre tutto a cubi. Il Cubismo deriva dalle forme geometriche di
Cézanne e dalla stilizzazione antinaturalistica della scultura primitiva
africana che Matisse aveva fatto conoscere in Europa.
I Cubisti cercano di raffigurare simultaneamente un oggetto da
diversi punti di vista, per superare il metodo prospettico tradizionale
che consentiva una veduta obbligata. L’oggetto é scomposto nelle
sue parti costitutive e successivamente ricomposto sulla tela.
L’oggetto viene cosí percepito nella sua interezza, pur mostrando
una forma nuova senza piú rapporto con la realtá di partenza. I
Cubisti scoprono la “quarta dimensione”, cioé il tempo, che viene
fusa con le altre tre (larghezza, lunghezza e profonditá) attraverso la
rappresentazione simultanea di successivi momenti visivi.
Il cubismo ebbe tre fasi principali: Cubismo formativo (1907-
1909) dove prevale la semplificazione geometrica delle cose;
Cubismo analitico (1909-1912) dove vi é la scomposizione delle
cose e dello spazio in piani minutissimi e l’assenza di colore;
Cubismo sintetico (1912-1921) dove si attua una scomposizione
semplificata in piani larghi e colorati e l’introduzione sulla tela di
materiale vario.
PABLO PICASSO
Pablo Picasso (Malaga 1881 – Mougins 1973),
figlio di un insegnante di disegno andaluso,
frequentó l’Accademia di Belle Arti di Barcellona.
Nel 1904 si trasferí in Francia e, ben presto, divenne
uno dei maggiori animatori della nuova cultura
internazionale parigina. Sia nelle opere iniziali, conosciute come
“periodo blu”, che nelle opere successive, conosciute come “periodo
rosa”, sono contenute le premesse degli sviluppi della sua ricerca
formale che lo porterá, nel 1907, al cubismo. La guerra civile
spagnola segnó una svolta, sia nella produzione artistica che
nell’impegno politico di Picasso. Nel 1947 inizió anche un’intensa
attivitá di ceramista. Lavoró moltissimo fino agli ultimi anni.
Guernica, opera simbolo del valore della pace, è la cronaca
drammatica, resa in pittura, del feroce e folle bombardamento attuato
nel 1937 dai tedeschi su Guernica, cittadina basca del Nord della
Spagna, che subí la strage di circa 2.000 civili. La preparazione del
dipinto avvenne attraverso quarantacinque disegni e sei versioni. Per
creare un’atmosfera drammatica dominata dalla morte e dal lutto,
Picasso adopera esclusivamente toni neri, bianchi e grigi. Il toro e il
cavallo, i due animali che caratterizzano la corrida, sono il simbolo
del popolo spagnolo vittima dell’aggressione. I personaggi hanno
tutti la bocca aperta per lanciare un grido di terrore. Ogni figura
risulta deformata, tormentata da una forza che la opprime.
Pablo Ruiz Picasso, Guernica, 1937, olio su tela, 350x777 cm. Madrid, Museo Nazionale Centro di Arte Reina Sofía.
IL FUTURISMO
Il Futurismo é l’unico movimento italiano di avanguardia a livello
europeo, non limitato al solo settore artistico, ma teso a un
rinnovamento integrale della cultura. Fondato da F. T. Marinetti
come movimento poetico con la pubblicazione, nel 1909 a Parigi sul
giornale “Le Figaro”, del Manifesto del Futurismo, si sviluppó
soprattutto dopo l’adesione di un gruppo di artisti fra cui G. Balla, U.
Boccioni, C. Carrá, G. Severini.
I temi e gli obiettivi fondamentali dei Futuristi sono il culto del
progresso tecnico, della macchina, della velocitá, del prodotto
industriale, il rifiuto del passato e della tradizione accademica.
Per i Futuristi il nuovo canone di bellezza é il “dinamismo
universale”, necessario per una rapida trasformazione del mondo e
rappresentazione visiva del progresso. La sensazione dinamica é
provocata nell’osservatore mediante la scomposizione e la
compenetrazione delle cose. “Tutto si muove, nulla é fermo”, perció
gli oggetti, le forme e gli spazi si incastrano, si sovrappongono, si
compenetrano; il dinamismo é dovuto all’uso di piani curvi e obliqui
e di colori accesi.
“Un cavallo in corsa non ha quattro gambe, ma venti”; “ Tutto si
muove rapidamente... una figura non é mai ferma... le cose in
movimento si moltiplicano”; “Un volto é giallo, rosso, verde,
azzurro, violetto perché la luce, muovendosi, porta con sé i colori”
sono tutte affermazioni tratte dal Manifesto della pittura futurista.
UMBERTO BOCCIONI
Umberto Boccioni (Reggio Calabria 1882 – Sorte,
Verona, 1916), figlio di romagnoli trasferitisi in
Calabria, frequentó l’Istituto Tecnico conseguendo il
diploma e, nel 1901, si trasferí a Roma dove divenne
discepolo di G. Balla. Dopo diversi viaggi a Parigi e in
Russia, frequentó L’Accademia delle Belle Arti di Venezia e, nel
1907, si trasferí a Milano. Qui conbbe F. T. Marinetti insieme al
quale scrisse, nel 1910, il Manifesto della pittura futurista, che venne
firmato anche da altri artisti. Nel 1911 inizió anche l’attivitá di
scultore, ma pochissime sue sculture sono sopravvissute. Nel 1915
partí volontario per la guerra. Morí durante un’esercitazione militare
a causa di una banale caduta da cavallo.
Nelle sue opere, Boccioni seppe esprimere magistralmente il
movimento delle forme, la concretezza della materia e l’interazione
di un oggetto in movimento con lo spazio circostante.
Nella scultura Forme uniche della continuitá nello spazio
l’impetuoso avanzare di un uomo in marcia è rappresentato mediante
la scomposizione della figura in piani curvilinei e ondeggianti. La
figura appare per un verso come uno “scorticato” anatomico, per un
altro come una “macchina-ingranaggio” in movimento. L’opera si
sviluppa mediante l’alternarsi di cavitá, di rilievi, pieni e vuoti che
generano un frammentato e discontinuo chiaroscuro fatto di repentini
passaggi dalla luce all’ombra.
Umberto Boccioni, Forme uniche della continuitá nello spazio, 1913, bronzo, 126x90x40 cm. Milano, Civico Museo di Arte Contemporanea.
L’ASTRATTISMO
L’astrattismo ebbe inizio a Monaco di Baviera, nel 1910, quando
il pittore russo V. Kandinskij eseguí un acquerello fatto di macchie
di colore accostate senza alcun riferimento figurativo, intitolato
Improvvisazione a sottolineare un’intuizione improvvisa e un
impulso creativo immediato.
Gli astrattisti, completamente liberi nella loro creazione di linee,
forme e colori, eseguono figure che non imitano la natura. Secondo
loro, é assurdo ispirarsi alla natura poiché linee e colori esprimono
direttamente la sensibilitá dell’artista e suscitano reazioni
psicologiche nell’osservatore.
Come teorizzó Kandinskij, l’azzurro evoca purezza e il senso
dell’infinito, il verde la quiete, il rosso la forza e la passione; allo
stesso modo la linea retta esprime tensione e dinamicitá, quella curva
rilassamento e tranquillitá. I toni caldi hanno il potere di attrarre lo
spettatore, mentre quelli freddi lo respingono.
L’arte diventa sempre piú autonoma, elimina il “soggetto” e la sua
“raffigurazione”, si interessa soprattutto alla vita psicologica ed
emotiva dell’uomo e diventa pura invenzione espressiva.
Nel 1917 alcuni artisti olandesi, tra cui P. Mondrian, G. T.
Rietveld, T. Van Doesburg, fondarono il gruppo De Stijl, che diede
vita al movimento del Neoplasticismo, il cui scopo, fra l’altro, era la
ricerca di un astrattismo geometrico, razionale, meditato, applicabile
all’architettura e al design.
Vasilij Kandinskij
Vasilij Kandinskij (Mosca 1866 – Neuilly-sur-
Seine, Parigi, 1944), nato in una famiglia agiata, studió
giurisprudenza. Nel 1896 decise di recarsi a Monaco
per frequentare l’Accademia d’Arte. Dopo un inizio
naturalistico ed esperienze liberty, divisioniste e
fauviste, giunse progressivamente all’astrattismo. Nel 1911
Kandinskij fondó con F. Marc il gruppo espressionista Der Blaue
Reiter che comprendeva anche P. Klee e A. Macke. Nel 1912
pubblicó Lo spirituale nell’arte, dove afferma che la pittura è
equivalente alla musica e che le forme, le linee e i colori sono capaci
di suscitare reazioni emotive. Ad un astrattismo cosiddetto “lirico”
seguí, gradatamente, un astrattismo piú “geometrico” e, nel 1926,
Kandinskij pubblicó Punto, linea, superficie in cui definí le nuove
regole della sua ricerca compositiva. Nell’ultimo periodo l’artista si
trasferí in Francia dove continuó il suo lavoro di ricerca.
Nell'opera Giallo, rosso e blu vi è un rapporto privilegiato tra
singole forme e singoli colori: il giallo con il triangolo, il rosso con il
quadrato e il blu con il cerchio. La zona gialla sembra avanzare, quella
rossa emergere, mentre quella blu arretrare. La zona gialla a sinistra è
dominata da segni grafici che sembra formino il profilo stilizzato di
un uomo che, peró, capovolgendo l'opera, sembra diano vita al muso
di un gatto. A destra troviamo una linea nera molto marcata di forma
serpentinante che, in qualche modo, "chiude" l'intero quadro.
Vasilij Kandinskij, Giallo, rosso e blu, 1925, olio su tela, 127x200 cm. Parigi, Centro Pompidou.
L’ARTE METAFISICA
L’Arte Metafisica é una corrente artistica italiana,
prevalentemente pittorica, dei primi decenni del Novecento,
sviluppatasi per opera di G. De Chirico, A. Savino, C. Carrá, F. De
Pisis e G. Morandi. Il termine metafisico venne usato da Apollinaire,
nel 1913 in un articolo su “L’intransigeant”, recensendo una mostra
di De Chirico.
La Metafisica (dal greco µετα τα θισικα che significa oltre la
fisica) é un concetto filosofico usato per indicare ció che non
appartiene al mondo naturale, alla realtá sensibile.
Agli sconvolgimenti futuristi, i pittori metafisici contrappongono
un recupero della rigorosa precisione formale della tradizione
italiana dei grandi maestri del Quattrocento.
La pittura metafisica inventa una realtá ambigua, misteriosa e
illogica che provoca inquietudine, stupore e sbigottimento nello
spettatore. All’interno di scenari impossibili, gli oggetti sono
accostati in modi assurdi e proiettano ombre ingigantite; la luce e il
colore sono irreali, le prospettive esagerate e innaturali, gli uomini
trasformati in statue e manichini. Per De Chirico l’opera d’arte deve
tralasciare del tutto i limiti dell’umano, deve rinunciare
completamente al buon senso e alla logica e deve esprimere uno stato
di sogno. Il mondo inventato dai pittori metafisici é vuoto e
disabitato, l’uomo é asssente: rappresenta la solitudine, la paura
dell’ignoto, l’inquietudine, il mistero.
GIORGIO DE CHIRICO
Giorgio De Chirico (Vólos, Grecia, 1888 – Roma
1978), nato in Grecia da genitori italiani benestanti,
dopo la morte del padre, nel 1906, si trasferí a
Monaco dove frequentó l’Accademia di Belle Arti.
Dopo un periodo trascorso in Italia, nel 1911 si spostó
a Parigi dove ebbe inizio la sua vera carriera artistica. Sempre
polemico con il Cubismo e le avanguardie in genere, ricercó il suo
linguaggio autonomamente, legando elementi di diversa origine e
rappresentando le sue visioni oniriche come evasioni dal flusso del
tempo. Rientrato in Italia allo scoppio della prima guerra mondiale,
nel 1916, insieme a C. Carrá, inizió la teorizzazione della pittura
metafisica. Negli ultimi anni continuó la propria ricerca nella quale
confluirono rispetto della tradizione e rifiuto dell’arte contemporanea.
Nel quadro Ettore e Andromaca i due personaggi omerici si
stringono nell’ultimo abbraccio prima del duello fra Ettore e Achille.
Ettore e Andromaca non sono dipinti realisticamente ma come oggetti
meccanici, costruiti con elementi geometrici (righe, squadre, triangoli)
fissati con chiodi. L’uomo perde le sue caratteristiche umane e diventa
un manichino, una “cosa” qualunque senza voce, senza volto, senza
anima. Lo spettatore viene sconcertato da questo giustapporre
elementi reali in un’atmosfera irreale. Nel drammatico saluto di Ettore
alla moglie prima dell’ultima battaglia, De Chirico rievoca anche la
sua partenza per il fronte durante la prima guerra mondiale.
Giorgio De Chirico, Ettore e Andromaca, 1917, olio su tela, 90x60 cm. Milano, Raccolta Privata d’Arte Moderna.
IL SURREALISMO
Il Surrealismo é un movimento letterario e artistico dei primi
decenni del Novecento che rivaluta la parte irrazionale dell’uomo,
cioé il mondo dell’incoscio, dell’immaginazione, del sogno.
Nel campo delle arti visive fu centrale la figura di A. Masson che,
nel 1924, eseguí i primi disegni automatici: servendosi di una penna
e di inchiostro di china, lasciava che la mano scorresse rapidamente
sulla carta, formando una ragnatela di linee da cui emergevano
immagini inaspettate, proiezioni dirette dell’incoscio. Ed é proprio al
1924 a Parigi che si fa risalire la nascita ufficiale del movimento con
la pubblicazione del Manifesto Programmatico Surrealista da parte
del poeta A. Breton.
L’idea surrealista di arte é quella di affidare il messaggio a ció che
vive nel profondo dell'artista, alla casualitá delle sue associazioni
mentali. Le mostre dei Surrealisti, negli anni Trenta, costituivano
eventi complessi dove tutto era organizzato per stupire i visitatori e
indurli ad abbandonare il perbenismo borghese per aprirsi al mondo
dell’incoscio, denso di simboli misteriosi e situazioni paradossali.
Nella pittura surrealista si puó individuare un filone veristico che
rappresenta gli oggetti con assoluta precisione ma in combinazioni
illogiche e paradossali, come nei dipinti di R. Magritte e S. Dalí; e un
filone non figurativo che va oltre la realtá e “ricostruisce”
fantasticamente un universo popolato da “esseri” strani e incredibili,
come nelle opere di J. Miró.
RENÉ MAGRITTE
René Magritte (Lessines 1898 – Bruxelles 1967),
figlio di un mercante belga, dopo aver studiato
all’Accademia di Bruxelles ed essere stato influenzato
dalle correnti avanguardistiche, nel 1923 conobbe la
pittura di G. De Chirico, dalla quale rimase fortemente
colpito. Nel 1926 entró in contatto con A. Breton e col gruppo
parigino dei surrealisti alle cui idee si avvicinó gradatamente. Nei suoi
quadri surrealisti Magritte inseriva una quantitá di immagini
quotidiane e cose familiari che venivano accostate senza un rapporto
logico tra loro, per produrre un’atmosfera di straniamento e mistero.
Nel 1940, per paura dell’occupazione tedesca, si trasferí nel sud della
Francia dove sperimentó un nuovo stile pittorico, cosiddetto vache,
una sorta di parodia del Fauvismo.
Il tradimento delle immagini è un quadro che raffigura l'immagine
di una pipa seguita dalla dicitura "Ceci n'est pas une pipe" (Questa
non è una pipa). In questa opera Magritte vuole sottolineare la
differenza tra l’oggetto reale e la sua rappresentazione. Chiunque di
noi alla domanda “Cos’è?” risponderebbe “Una pipa!”. In realtà non
lo è, ma è la rappresentazione di una pipa. L’equivoco è dovuto alla
convenzione che lega a ogni oggetto un nome. Per evidenziare la
rottura delle convenzioni l’artista scrive “Questa non è una pipa”.
Questa apparente contraddizione tra realtà e rappresentazione genera
uno stato di perplessità che costituisce la poesia dell’opera.
René Magritte, Il tradimento delle immagini, 1928-29, olio su tela, 60x80 cm. Los Angeles, LA CountyMuseum of Art.
L’INFORMALE
L’Informale é un movimeto artistico che si sviluppa in Europa,
negli Stati Uniti e in Giappone fra il 1940 e il 1960. Il termine
Informale venne usato dal critico francese M. Tapié nel 1952 nel
libro-manifesto Un art autre. L’Informale non é un movimento
unitario, ma un insieme di linguaggi tutti tendenti verso l’assoluta
dissoluzione delle forme, quella stessa dissoluzione a cui avevano
assistito, inermi, gli artisti durante la seconda guerra mondiale
capace, con la bomba atomica, di dissolvere due intere cittá con un
solo gesto. L’arte sviluppa, cosí, una funzione critica verso la societá
che ha portato alla guerra e questo dissenso si attua nel fare senza
progetto, per cui l’ideazione coincide con l’esecuzione.
La pittura Informale ebbe tre indirizzi principali: la pittura
segnica, che fa uso di un sistema di “segni”, una sorta di scrittura
astratta, come nelle opere di G. Mathieu; quella gestuale, che si attua
nell’azione dell’artista che aggredisce la tela liberando tutte le sue
energie creative, come nelle opere di J. Pollock; quella materica, che
ingloba nel dipinto materiali eterogenei e usa un impasto pittorico
molto denso, come nelle opere di A. Burri.
Nella corrente gestuale della pittura informale si colloca in
posizione di avanguardia l’Espressionismo Astratto. Il termine, usato
giá da A. Barr nel 1929 per definire l’astrattismo di Kandinskij, fu
ripreso nel 1946 da R. Coates per indicare le opere di giovani artisti
americani fra cui J. Pollock, W. De Kooning e F. Kline.
JACKSON POLLOCK
Jackson Pollock (Cody, Wyoming, 1912 – Long
Island, New York, 1956), figlio di agricoltori,
trascorse l’infanzia e l’adolescenza in Arizona e in
California, dove conobbe i disegni rituali nella sabbia
degli indiani Navaho. Giá all’etá di quindici anni era
irrequieto e dedito all’alcool. Nel 1929 si trasferí a New York dove
frequentó l’Art Students’ Leaugue. Dal 1938 al 1942 visse un periodo
di gravi difficoltá economiche e privazioni. Nel 1943 incontró P.
Guggenheim, grazie alla quale, nel 1944, presentó la sua prima mostra
personale che gli aprí le porte della celebritá. Gli anni fra il 1945 e il
1950 furono i piú creativi, ma, dopo un periodo di salutare
interruzione, colto da depressione, Pollock riprese a bere e nel 1956
morí in un incidente stradale, ubriaco al volante della sua auto.
Foresta Incantata è uno dei quadri di Pollock che rientra nella
corrente dell’Action Painting (corrente gestuale della pittura
informale), di cui è il rappresentante piú emblematico. Il dipinto è
realizzato con la tecnica del dripping, cioè lo sgocciolamento del
colore sulla tela stesa per terra. Il dripping serve per ottenere una
totale casualitá compositiva che si manifesta negli inesauribili intrecci
e grovigli di segni e di colori. La pittura di Pollock non nasce dal
cavalletto, egli preferisce mettere la tela sul pavimento per sentirsi piú
vicino al quadro, per poterci camminare attorno ed essere
letteralmente dentro il quadro.
Jackson Pollock, Foresta Incantata, 1947, olio su tela, 221x115 cm. Venezia, Collezione Peggy Guggenheim.
LA POP ART
La Pop Art (popular art – arte popolare) é una tendenza artistica
che ebbe origine in Inghilterra nei primi anni Cinquanta del
Novecento, diffondendosi, poi, negli Stati Uniti. Il pittore R.
Hamilton ne diede una prima definizione nel 1957, facendo
riferimento alla mitizzazione degli oggetti e delle immagini di grande
consumo nella societá industriale.
La Pop Art entró a far parte della cultura di massa, che
interpretava ironicamente attraverso manipolazioni spregiudicate e
provocatorie. L’uso di immagini riprodotte in serie, fredde,
impersonali, standardizzate, era un’accusa alla societá, anch’essa
impersonale e standardizzata. Il rifacimento ingigantito di oggetti
domestici ne sottolineava la presenza ossessiva nella nostra vita
quotidiana. C. Oldenburg ironizzando sulla degenerazione del
consumismo proponeva bistecche, gelati e hamburger di dimensioni
colossali come nella pubblicitá e, per la prima volta nella storia della
scultura, li realizzava anche in materiali morbidi e flessibili; R.
Lichtenstein si ispirava ai fumetti, ne raccoglieva alcuni frammenti e
li ingigantiva, evidenziandone anche il retino tipografico, e li
ridipingeva: era un modo per evidenziare la fragilitá di un messaggio
di pochi secondi, che, ancora oggi, costituisce una componente
importante della cultura di massa.
Gli artisti pop riscoprirono il dadaismo e le sue polemiche
artistiche volte a dissacrare l’opera d’arte.
ANDY WARHOL
Andy Warhol (Pittsburgh, Pennsylvania, 1930 -
New York 1987), figlio di immigrati slovacchi,
studió arte pubblicitaria al Carnegie Institute of
Technology di Pittsburgh. Finiti gli studi, nel 1949 si
trasferí a New York dove lavoró come grafico
pubblicitario per riviste come Vogue e Glamour. Padre indiscusso
della Pop Art americana, Warhol fu il primo a scoprire nell'oggetto
banale e quotidiano impensati poteri comunicativi. Egli elaboró un
linguaggio privo di emozioni, a beneficio di soluzioni formali
anonime e perciò universali. Trasformó il “prodotto artistico” in
“prodotto di serie industriale”, da lui proposto come arte ad una
società culturalmente livellata, massificata e mentalmente
condizionata dalla pubblicità. La riproduzione meccanica, con metodo
serigrafico, si prestó in modo ottimale alla produzione di opere
“seriali” destinate al grande pubblico, in aperta dissacrazione con il
concetto dell'unicità dell'opera d'arte.
Nell’opera Marilyn la star hollywoodiana, icona del fascino
femminile, è ritratta più volte, a colori, in bianco e nero, con il metodo
del riporto fotografico, ottenendo, tra le varie versioni, differenze
minime e solo cromatiche. Marilyn viene proposta come sex symbol
da "consumare", con accentuazione dei tratti tipicamente femminili, il
trucco pesante, le labbra sottolineate dal rossetto, l'espressione
ammiccante ed il sorriso stampato di chi sorride per mestiere.
Andy Warhol, Marilyn, 1962, collezione di 10 screenprints, 91x91 cm cad. New York, The Museum of Modern Art.
Impaginato nel Gennaio 2009. (Revisione del Febbraio 2016)