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Assessorato attività produttive, sviluppo economico e ......mente perseguibile (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633). Quest’opera è protetta ai sensi della legge sul diritto

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Assessorato attività produttive, sviluppo economico e piano telematicoAssessore, Duccio Campagnoli

Direzione attività produttive, commercio, turismoDirettore generale, Morena Diazzi

Servizio economia itticaAldo Tasselli

Gestione politiche acque interneSandro Bignami

Istruttore amministrativo gestione politiche acque interneGiampietro Collina, Laura Bordoni

Coordinamento attività di promozione e comunicazioneCarmen Guerriero

Segreteria attività di promozione e comunicazioneValentina Gerini

Foto di copertinaAndrea Dees

Consulenti editorialiNicola Bucci, Francesca Domenichini

Impaginazione graficaJlenia Scarpello

© Copyright 2007 by Greentime SpA - via Barberia, 11 - 40123 BolognaTel. 051.584020 - Fax 051.585000 - E-mail: [email protected]

Proprietà letteraria riservata - Printed in Italy

Stampa: Sate srl - via Goretti, 88 - 44100 Ferrara

Finito di stampare nel mese di settembre 2007

La riproduzione con qualsiasi processo di duplicazione delle pubblicazioni tutelate dal diritto d’autore è vietata e penal-mente perseguibile (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633). Quest’opera è protetta ai sensi della legge sul diritto d’Au-tore e delle Convenzioni internazionali per la protezione del diritto d’Autore (Convenzione di Berna, Convenzione di Gine-vra). Nessuna parte di questa pubblicazione può quindi essere riprodotta memorizzata o trasmessa con qualsiasi mezzo e inqualsiasi forma (fotomeccanica, fotocopia, elettronica, ecc.) senza l’autorizzazione scritta dell’editore. In ogni caso di ri-produzione abusiva si procederà d’ufficio a norma di legge.

II

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TUTELA DEGLI AMBIENTI ACQUATICIE DELLA FAUNA ITTICA:I PROGETTI FINALIZZATI

DELLE PROVINCE DAL 2001 AL 2005

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SOMMARIO

PREFAZIONE ............................................................................................ pag. IX

INTRODUZIONE ..................................................................................... » XI

LA PROVINCIA DI BOLOGNA ....................................................... » 1Premessa .......................................................................................................... » 1Redazione di una cartografia della regolamentazione della pesca nel territorio bolognese........................................................... » 2Attivazione di un gruppo di interventoper il recupero dei pesci nei canali di bonifica....................................... » 2Gestione “pubblica” della risorsa trota ................................................... » 4Realizzazione di postazioni di pescaper disabili sui canali di bonifica............................................................... » 5Adozione sperimentale del tesserino della pesca controllata in acque C............................................................. » 10

LA PROVINCIA DI FERRARA ........................................................ » 25Premessa .......................................................................................................... » 25Tutela della fauna ittica ............................................................................... » 26Reintroduzione dello storione..................................................................... » 28Aree attrezzate per la pesca sportivariservata a persone diversamente abili .................................................... » 30Conservazione e potenziamento del patrimonio ittico fluviale.......... » 31Istituzione di zone specifiche per la tutela della fauna ittica ............. » 32La divulgazione .............................................................................................. » 37La limitazione delle specie alloctone......................................................... » 39Salvaguardia delle specie ittiche nei corpi idrici del ferrarese.......... » 39500 tabelle segnaletiche ................................................................................ » 43Controllo e stoccaggio del gambero rosso della Louisiana ............... » 44Bibliografia ............................................................................................ » 53

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LA PROVINCIA DI FORLÌ-CESENA............................................ pag. 59Progetto barbo................................................................................................ » 59Prima parte: distribuzione ed entità delle catture................................ » 60Seconda parte: analisi sistematica e molecolare.................................... » 67Conclusioni............................................................................................. » 80Bibliografia ............................................................................................ » 80

LA PROVINCIA DI MODENA..................................................... » 85Incubatoi di valle per la riproduzione dell’ittiofauna autoctona (avannotteria) in acque di categoria D.............................. » 85Formazione ed aggiornamento sulla progettazione di passaggi per pesci................................................. » 87Il progetto gambero....................................................................................... » 91

LA PROVINCIA DI PARMA .............................................................. » 95Ripristino dell’impianto ittiogenico di piane di carniglia (anni 2001-2002)...................................................... » 95Progetto di studio dei bacini montani dell’area del crinale “Valutazione dell’impatto dell’ittiofauna sulle popolazioni di anfibi e sulle comunità zooplanctoniche nei laghi all’interno del Parco dei Cento Laghi ai fini di una corretta gestione della pesca sportiva” (anni 2000-2001) .................................................... » 96Progetto di studio sulla distribuzione del barbo europeo(Barbus barbus), dell’aspio (Aspius aspius) e dell’ido (Leuciscus idus), specie alloctone neointrodotte, competitrici del barbo comune(Barbus plebejus) e del cavedano (Leuciscus cephalus),in Provincia di Parma (anno 2001) ........................................................... » 98Progetto di studio sulla distribuzione, sull’ecologia e sullo stato delle popolazioni dei due ciprinidi autoctoni vairone (Leuciscus souffia) e sanguinerola (Phoxinus phoxinus) (anno 2002) .................................. » 99Progetto di studio sulla gestione del salmerino alpino(Salvelinus alpinus) nel Lago Santo Parmense (anni 2002-2003)...... » 100Potenziamento degli interventi sugli incubatoi di valle(Monchio delle Corti e Piane di Carniglia) (anno 2003) ..................... » 102Riconoscimento dell’indennità dalle patologie virali dei salmonidi NEI - SEV nelle acque di categoria Ddella Provincia di Parma (anni 2003-2004-2005) .................................. » 104Sviluppo e promozione dell’attività di pesca nella Val Taro, mediantela realizzazione di una scuola di pesca (anni 2004-2005) .................... » 106

Sommario

VI

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VII

LA PROVINCIA DI PIACENZA ....................................................... pag. 107

Le attività correnti ........................................................................................ » 110

I progetti finalizzati....................................................................................... » 113

Estratto del protocollo per l’esecuzione dei lavoriin alveo: prescrizioni comuni a tutte le opere ........................................ » 123

Monitoraggio della pressione di pesca sul fiume Trebbia tra Ottone e Traschio tramite l’analisi delle catture (anno 2000-2001, sintesi) ...... » 128

Conclusioni ...................................................................................................... » 136

LA PROVINCIA DI RAVENNA......................................................... » 137

Tutela e ripristino delle specie ittiche....................................................... » 138

Progetto per lo stoccaggio e lo smaltimentodi specie ittiche alloctone ............................................................................. » 139

Addestramento all’uso di apparecchi per elettropesca per agenti e personale volontario ............................... » 140

Carta Ittica provinciale e della regolamentazione della pesca............ » 141

Progetto scuole della Provincia: educazione motoria - ambientale - sportiva ........................................... » 144

Progetto: studio e valorizzazionedei “padelloni” in Emilia-Romagna.......................................................... » 144

Conclusioni ...................................................................................................... » 145

LA PROVINCIA DI REGGIO EMILIA......................................... » 147

Studio sulla biologia ed ecologia di due specie alloctone,lucioperca (Stizostedion lucioperca) e gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii) ...................................................... » 147

Progetto finalizzato alla cattura e allo smaltimento di esemplari di siluro, Silurus glanis......................................................... » 157

Ristrutturazione e rinnovo degli impianti provinciali (incubatoi di valle)per la riproduzione controllata della trota fario, Salmo “trutta” trutta L., di ceppo mediterraneo .................................... » 160

Corso per coadiutori nella gestione della fauna ittica ......................... » 161

Indagine preliminare sui rilasci idrici nei bacini montani del fiume Secchia e del torrente Enza, per la definizione di un deflusso minimo vitale (D.M.V.) compatibile nei corsi d’acqua ospitanti popolazioni naturali di trota fario di ceppo mediterraneo ........................................ » 162

Censimento e recupero delle residue popolazioni provinciali di barbo canino (Barbus meridionalis) e di vairone (Leuciscus souffia) ........... » 163

Sommario

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Censimento per il recupero delle residue popolazioni di luccio (Esox lucius L.) e di tinca (Tinca tinca L.)............................ pag. 165Prove di acclimatazione del luccio in un lago appenninico ................ » 166Recupero e tutela delle popolazioni di tinca (Tinca tinca L.) e di luccio (Esox lucius L.) nelle acque di pianura e di alcuni laghi appenninici ....................................................................... » 169Riattivazione, ristrutturazione, adeguamento delle attrezzature e gestione di due impianti ittiogenici in disuso, per la produzionedifferenziata, nei bacini di pertinenza (T. Dolo - T. Secchiello e T. Enza) di novellame qualificato di trota fario, Salmo “trutta” trutta L., di “ceppo mediterraneo” per i ripopolamenti........................................ » 171Analisi e caratterizzazione genetica di alcune popolazioni di Salmo “trutta” trutta L. in corsi d’acqua reggiani vocati a trota fario di “ceppo mediterraneo” ..................................................... » 172Rinaturalizzazione di ex cave e reintroduzione di specie ittiche planiziali............................................................................. » 174Adeguamento al programma di Zona Continentale Indenne (DPR 555/92 del Ministero della Sanità) ....... » 174Bibliografia ............................................................................................ » 175

LA PROVINCIA DI RIMINI ............................................................ » 177I principali corsi d’acqua ..................................................................... » 177Attività 2002: la gestione e i progetti................................................... » 180Attività 2003: la gestione e i progetti................................................... » 181Attività 2004: la gestione e i progetti................................................... » 183Attività 2005: la gestione e i progetti................................................... » 186Attività 2006: la gestione e i progetti................................................... » 192

Sommario

VIII

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IX

PREFAZIONE

Le risorse economiche che la Regione Emilia-Romagna mette a disposizione delle Provin-ce hanno dato luogo a consistenti interventi

a tutela degli ecosistemi acquatici e della fauna it-tica. Ricerca scientifica, rispetto e ripristino degliambienti, salvaguardia delle specie autoctone so-no solo alcuni dei capitoli di un lavoro di grandevalenza ambientale e sociale che qualifica il no-stro territorio e la nostra comunità.La Regione Emilia-Romagna considera da sempreprioritario il rapporto tra il cittadino e il patrimo-nio naturalistico nel quale vive e proprio per que-sto si è impegnata a fondo per dare un senso com-piuto a questo profondo legame.Le Province, grazie alle loro preziose competenze e conoscenze, hanno svoltonel periodo dal 2001 al 2005 una notevole mole di progetti finalizzati di altis-simo livello qualitativo.Questa pubblicazione vuole essere la testimonianza più limpida dello sforzoscientifico ed economico rivolto a favore dell’ittiofauna e delle zone acquatichedell’Emilia-Romagna.

Duccio CampagnoliAssessore alle attività produttive,

sviluppo economico e piano telematico

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XI

INTRODUZIONE

Q uesto volume riporta alcuni dei più significativi Progetti finalizzatiche la Regione Emilia-Romagna, nel periodo 2001-2005, ha finanzia-to alle Province.Ci sembra opportuno ricordare che la L.R. 22 febbraio 1993, n. 11

“Tutela e sviluppo della fauna ittica e regolazione della pesca in Emilia-Ro-magna”, all’art. 7, dedicato al Piano Ittico Regionale, fissa tipologie d’inter-vento ed obiettivi con cui la Regione promuove ed orienta, nei tredici baciniidrografici di competenza, la conservazione, l’incremento e il riequilibrio bio-logico delle specie ittiche d’interesse ambientale e piscatorio, mediante una se-rie di azioni, tra le quali d’indubbia importanza sono le iniziative di ricerca fi-nalizzata e le iniziative di informazione e formazione culturale e tecnica, de-nominate più semplicemente Progetti finalizzati.Detti Progetti finalizzati, proposti annualmente dalle Province alla Regione ealla valutazione della Commissione Ittica Regionale, sono mirati ad indagare estudiare peculiari situazioni dell’ittiofauna o alla pesca nelle acque interne oalla realizzazione di strutture che ne favoriscono la valorizzazione e salva-guardia. Dal 2001 al 2005 le Province ne hanno realizzati 140, certamente tut-ti ispirati da reali esigenze territoriali volte al riassetto dei corsi d’acqua, vistocome riequilibrio di ecosistemi al massimo della loro naturalità e della loro po-tenzialità biotica. Certamente, la gestione delle acque e dell’idrofauna in esseesistente comprende la risoluzione di complessi problemi; è allora essenzialeun contributo unitario da parte di tutti i soggetti coinvolti (pescatori, ammini-stratori, Associazioni e tecnici) che miri a strumenti e mezzi di conduzione e tu-tela della fauna ittica che prevedono, nel medio periodo, positive ricadute ge-stionali. Il recupero ed il rafforzamento delle popolazioni ittiche autoctone rap-presenta un’occasione significativa ed importante per una previdente condu-

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zione delle risorse idro-faunistiche delle acque interne e ciò si realizzerà conl’introduzione di pesci provenienti da ceppi indigeni selezionati e adatti agliambienti regionali, allevati in condizioni naturali ed in buono stato sanitario.A tal fine risulta più favorevole una struttura produttiva voluta congiuntamen-te dalle Amministrazioni locali e dagli utenti (i pescatori) consistente in un pic-colo allevamento, incubatoio di valle o di pianura, condotto dalle locali Societàdi pesca sportiva. Una politica gestionale di questo tipo, oltre ad innegabili be-nefici di ordine biologico ed economico, comporterà un’intensa partecipazionedei cittadini alla salvaguardia dei corpi idrici.Quanto illustrato è stato, e sarà ancor più nel prossimo quinquennio, uno deifiloni principali d’intervento dei Progetti finalizzati, assieme alle aree attrezza-te per consentire e facilitare la pesca sportiva ai pescatori diversamente abili ealle strutture atte alla libera circolazione della fauna ittica quali le “scale di ri-salita”. Come si può ben prevedere, le problematiche sostenute e da sostenereper migliorare una gestione moderna del patrimonio ittico, percepito non piùsoltanto quale bene di consumo, ma come azione sociale culturale di tutela am-bientale, sono tante, ma non tali da demoralizzare chi se ne occupa.È appunto lo stimolo determinato dalla consapevolezza dell’impegno che tuttele componenti coinvolte hanno assunto, il fattore basilare a mantenere costan-te la sollecitudine della Regione Emilia-Romagna, per adeguatamente proteg-gere degli ambienti che indubbiamente evidenziano segnali di recupero.Infine, un ringraziamento ai componenti della Commissione Ittica Regionaleper il costante contributo scientifico prestato nelle varie fasi di selezione ed in-dirizzo dei Progetti finalizzati ed ai colleghi tutti delle Province per il coordi-namento e la realizzazione operativa degli stessi. Dalla loro collaborazione edesperienza trae vantaggio questa pubblicazione.

Sandro BignamiSettore pesca sportiva delle acque interne

della Regione Emilia-Romagna

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Introduzione

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LA PROVINCIA DI BOLOGNA di Marco Rizzoli

PREMESSA

L’impegno della Provincia di Bologna sui progetti finalizzati durante il quin-quennio 2001-2005 si è espresso principalmente nella realizzazione di due ini-ziative particolarmente significative che hanno richiesto diversi anni di lavoroper essere portate a termine. L’introduzione dell’obbligo del tesserino della pe-sca controllata dei salmonidi anche nelle acque classificate C, è nato come unprogetto triennale che doveva concludersi nel 2003, ma di fatto prosegue ancoraoggi alla luce del favorevole apprezzamento da parte dei pescatori. Il progettoper giungere alla realizzazione di postazioni di pesca per disabili ha comportatoinvece un notevole impegno di coordinamento tra vari Enti, portando però ad unrisultato straordinario che oggi è sotto gli occhi di tutti come prodotto di una pro-ficua sinergia tra soggetti diversi. Si è deciso pertanto di dedicare proprio all’il-lustrazione dei risultati di queste due iniziative la maggior parte dello spazio anostra disposizione in questa pubblicazione. Si tratta infatti di progetti innovati-vi che ci hanno consentito di maturare esperienze quantomai significative in set-tori finora poco esplorati nella nostra Regione e che per la loro rilevanza appli-cativa e sociale ci auguriamo possano risultare interessanti per i lettori. Non so-no mancati comunque progetti finalizzati meno impegnativi ma decisamente im-portanti dal punto di vista della promozione della pratica della pesca e del mi-glioramento delle attività gestionali. Ci riferiamo in particolare alla predisposi-zione della Carta della regolamentazione della pesca nel territorio bolognese, al-l’attivazione di un gruppo d’intervento specifico per il recupero dei pesci in oc-casione del prosciugamento dei canali di bonifica e al progetto gestione pubbli-ca della risorsa trota. Queste attività, che sono sinteticamente illustrate di segui-to, hanno consentito da un lato di consolidare il proficuo rapporto di collabora-zione con le Associazioni piscatorie e dall’altro di rendere sempre più agevole lafruizione del reticolo idrografico bolognese da parte dei pescatori.

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Redazione di una cartografia della regolamentazionedella pesca nel territorio bolognese

Da diverso tempo la Provincia di Bologna redige un calendario pesca annualeche ha lo scopo di riassumere brevemente la regolamentazione vigente in mate-ria e riportare la delimitazione degli ambiti protetti esistenti. Questo documento,redatto fino a quel momento in versione di solo testo, è sempre stato molto ap-prezzato dai pescatori che però, in alcune occasioni, ci hanno sollecitato ad unulteriore sforzo per consentire una più agevole individuazione dei tratti oggettodi particolari limitazioni all’attività di pesca. Questo obiettivo è stato raggiuntoattraverso l’abbinamento del calendario pesca a un’idonea cartografia del retico-lo idrografico che visualizza più chiaramente i tratti oggetto di provvedimentigestionali particolari. All’inizio della stagione piscatoria 2004, avvalendoci delfinanziamento regionale per uno specifico progetto finalizzato, abbiamo provve-duto all’informatizzazione cartografica del reticolo idrografico principale e ditutti gli ambiti gestionali vigenti. Il calendario pesca (Figura 1) è stato riprodot-to in un adeguato numero di copie e diffuso ai pescatori attraverso i Comuni, leAssociazioni piscatorie e gli esercizi commerciali specializzati. Il successo dell’iniziativa è stato notevole e grazie alla collaborazione delleCommissioni ittiche di zona, è stato possibile assicurare a quel documento unavalidità pluriennale, consentendoci così di ammortizzarne i costi. Gli ambiti digestione cartograficamente individuati sono rimasti infatti immutati anche perl’anno 2005 e poche variazioni significative hanno interessato la stagione 2006.L’esperienza della prima Carta della regolamentazione della pesca si sta rivelandoun eccellente banco di prova per impostare una promozione della pesca sportivacome elemento aggiuntivo dell’offerta turistico-ricreativa del territorio bolognese.

Attivazione di un gruppo di intervento per il recupero dei pesci nei canali di bonifica

La gestione della rete scolante della maggior parte dei canali di bonifica del bo-lognese prevede anche la creazione di invasi irrigui nel periodo maggio-settem-bre, seguita da una fase di svuotamento autunnale e dal mantenimento di livelliidrici minimali da ottobre a maggio. Queste modalità operative hanno semprecreato forti problemi di compatibilità con la pratica della pesca, ma solo sporadi-camente hanno prodotto danni apprezzabili al patrimonio ittico. La fauna ittica ri-sponde normalmente alle manovre di prosciugamento con massicce migrazioni avalle, alla ricerca di aree di rifugio più profonde dove trascorrere in tranquillità imesi invernali. Da queste aree di svernamento parte poi la rimonta primaverile

La Provincia di Bologna

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La Provincia di Bologna

Figura 1 - Carta della regolamentazione della pesca in Provincia di Bologna.

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che assicura il ripopola-mento spontaneo deivari tratti. Questo equi-librio ha purtroppo su-bito negli ultimi anninotevoli alterazioni, acausa soprattutto dellarecrudescenza di unbracconaggio che sem-brava ormai scomparsofin dai primi anni ’80.Reti, bigulli ed altri at-trezzi con elevato po-tenziale di cattura sem-brano ritornati d’usoquasi corrente per pre-

levare i pesci dalle zone di svernamento. Preso atto di questa nuova situazione,abbiamo ritenuto di ripristinare, con la collaborazione delle Associazioni piscato-rie, un gruppo operativo di persone specializzate ed opportunamente attrezzate ingrado di intervenire tempestivamente in occasione del prosciugamento dei canaliper recuperare il pesce che si viene a trovare in situazioni critiche.Le prime esperienze realizzate nel corso dell’autunno-inverno 2005-2006 han-no prodotto risultati estremamente interessanti con il recupero di circa 1.000 kgdi pesce pregiato che è stato trasferito in condizioni di sicurezza in corsi d’ac-qua caratterizzati da livelli idrici più stabili (Canale emiliano-romagnolo, Ca-nale Lorgana, ecc.). Il progetto che sta continuando ancora oggi, dovrebbe pre-sumibilmente portare, nel volgere di pochi anni, ad una revisione della filoso-fia posta alla base del piano annuale dei ripopolamenti; in particolare bisogneràvalutare gli effetti a medio termine del prelievo degli esemplari in pericolo epensare ad una eventuale sostituzione con esemplari pronta pesca acquistati sulmercato. Viceversa, andrà presa in considerazione la possibilità di una riduzio-ne dei quantitativi di pesce immessi per ripopolamento in quei canali che già ri-cevono l’apporto del materiale recuperato.

Gestione “pubblica” della risorsa trota

Da anni la gestione della trota fario in Provincia di Bologna si è incentrata sullaproduzione di novellame presso lo Stabilimento ittiogenico di Panigale. Questa at-tività è sempre stata svolta in stretta collaborazione con le società di pesca locali,

La Provincia di Bologna

Fase preliminare di un recupero lungo un canale in via di prosciugamento nel territorio bolognese.

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rimanendo però ignotaalla maggior parte deipescatori per i quali l’at-tuale gestione della trotafario non ha nulla di di-verso rispetto al passatoe nemmeno rispetto aquella di altre specie. Permodificare questa situa-zione si è ritenuto oppor-tuno avviare un’azionedi sensibilizzazione e diinformazione della citta-dinanza, avvicinando leistituzioni e la loro atti-vità ai fruitori attuali opotenziali di un bene collettivo come il patrimonio ittico. Per perseguire questoobiettivo si è proceduto ad affidare alla Sezione Fipsas di Bologna la gestione del-l’intera struttura di Panigale nel Comune di Lizzano in Belvedere. Ciò ha portatoimmediatamente ad un importante allargamento della base dei potenziali collabo-ratori e soprattutto ha creato le condizioni per un’ampia partecipazione di personealle fasi più “spettacolari” e cruciali dell’attività produttiva (spremitura e schiusa).Con questa nuova strategia gestionale, si sono create anche le condizioni per ac-crescere ed estendere a nuovi soggetti la partecipazione agli interventi di ripopola-mento, mantenendo fede all’obiettivo primario del progetto, che è, e rimane, quel-lo di ampliare la conoscenza dell’ambiente per aumentare la sensibilità verso un’o-culata fruizione, mantenendo alta la qualità del materiale autoctono prodotto. Ilpercorso fin qui compiuto sembra aver creato le condizioni preliminari per rende-re lo Stabilimento ittiogenico di Panigale una struttura fruibile anche dal mondoscolastico e quindi utilizzabile anche a fini didattici. Risultati in questa direzionesaranno possibili solamente operando in stretta collaborazione con il Comune diLizzano in Belvedere e con il Parco Regionale del Corno alle Scale.

Realizzazione di postazioni di pesca per disabili sui canali di bonifica

L’unica agevolazione che la Legge Regionale n. 11/1993 riconosce agli invalidi oportatori di handicap, è di fatto la possibilità di esercitare la pesca con la bilan-cella in spazi dove questa pratica risulta normalmente vietata (art. 17, comma 3;

La Provincia di Bologna

La partecipazione di pescatori e curiosi alle operazioni di spremitura nello Stabilimento ittiogenico di Panigale,

nel Comune di Lizzano in Belvedere.

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art. 21, comma 8). Generalmente tali spazi si connotano, però, per un elevato li-vello di artificializzazione, di disturbo e di elevata precarietà d’accesso, che pocohanno a che fare con il contesto di naturalità e tranquillità che caratterizza invecele zone più ambite dai pescatori. Nel tentativo di mettere a disposizione delle per-sone disabili spazi più ameni per l’esercizio in sicurezza della passione piscato-ria, la Provincia di Bologna propose, nell’ambito dei progetti finalizzati 2002, diavviare la realizzazione di alcune postazioni attrezzate per disabili lungo un ca-nale di bonifica. Il progetto venne finanziato dalla Regione Emilia-Romagna afine anno e proprio nel corso del 2003, Anno Europeo delle Persone con Disa-bilità, vennero effettuati i primi passi per realizzare l’intervento. Partner fon-damentali di tutto il percorso sono stati fin dall’inizio il Consorzio della Boni-fica Renana e l’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili (ANMIC)con i quali si è operato per l’individuazione dei siti più idonei e la selezionedelle migliori tipologie costruttive. In particolare, la Bonifica Renana è statacoinvolta in qualità di gestore della più vasta rete di canali di bonifica della no-stra Provincia e l’ANMIC in quanto soggetto che dispone, al proprio interno,di competenze specifiche anche per la progettazione di opere senza barriere.La sede ottimale dell’opera è stata localizzata nel Canale Lorgana, nel Comunedi Molinella, all’altezza di ponte Morgone, in un tratto di canale già individua-to come campo di gara permanente di pesca e che, per le sue caratteristicheidrauliche di principale collettore di acque basse in sinistra Idice, risulta fruibi-le tutto l’anno. Una soluzione ritenuta quindi ideale per consentire ai pescatoridisabili la possibilità sia di praticare la pesca libera in ogni stagione che di par-tecipare a pieno titolo a competizioni piscatorie. Le indicazioni progettuali sono state orientate verso la realizzazione di duepiazzole per disabili rese accessibili da un’area di parcheggio esistente già rea-lizzate dalla Provincia e collegate a questa con rampe a scivolo di pendenza op-portuna. La lunghezza delle rampe necessarie al superamento del dislivello traparcheggio e posto di pesca hanno reso indispensabile prevedere piani di inter-ruzione della pendenza degli scivoli, piani che si è ritenuto utile sfruttare perrealizzare postazioni ugualmente sicure ma dotate di alcuni scalini. Ci si èorientati così verso la creazione di quattro punti di affaccio sul canale a circa 10metri di distanza l’uno dall’altro, una distanza questa che risulta ideale tra pe-scatori in attività (Figura 2 a e b). Per procedere alla realizzazione dell’opera, i partner hanno assunto ruoli bendefiniti, con la Provincia nel ruolo di coordinatore e soggetto finanziatore,l’ANMIC che ha confermato la disponibilità dell’architetto Roberto Rizzo, co-me professionista qualificato ed esperto per la progettazione esecutiva ed ilConsorzio della Bonifica Renana che si è assunto l’incarico della realizzazionedelle piazzole, mettendo a disposizione i propri mezzi ed il proprio personale.

La Provincia di Bologna

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L’opera è stata infattirealizzata facendo ri-corso ad un giustoequilibrio tra le tecni-che tradizionali diconsolidamento erinforzo degli arginicon tronchi naturali, ele più moderne tecno-logie in materia di pa-vimentazioni drenanti.Il risultato così ottenu-to appare perfettamen-te inserito nel paesag-gio semi-naturale del-la pianura bolognese.I lavori, materialmenteiniziati nel 2005, sonostati ultimati all’iniziodel 2006 e hanno con-sentito di mettere a di-sposizione dell’Asso-ciazionismo piscatorioe di tutti gli appassio-nati una struttura digrande valore sociale. Le nuove piazzole dipesca per disabili rea-lizzano infatti una pie-na integrazione di tuttii pescatori, permet-tendogli di svolgerein sicurezza un’atti-vità sportiva senza separazioni, senza discriminazioni e senza barriere. Ora sistanno concretizzando nuovi rapporti con il Comune di Molinella per riuscire amettere a disposizione dei disabili anche un opportuno servizio igienico a ri-dosso delle postazioni di pesca attrezzate. Per presentare i risultati di questo importantissimo progetto abbiamo preferitoaffidarci ad una breve ma esauriente rassegna di immagini gentilmente fornite-ci dal Consorzio della Bonifica Renana.

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Figura 2 - Il progetto delle postazioni di pesca senza barriere(elaborazioni degli architetti Rita Vannini e Gian Tommaso Simone).

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La prima postazione prende forma. Le poste intermedie completate.

La posa del tessuto-non tessuto. La struttura a fronte del canale ultimata.

Iniziano gli scavi per le rampe. Il sostegno delle rampe è realizzato.

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Il posizionamento dei teli sui camminamenti. Il manto di calce è posato e vibrato.

Posizionamento dei parapetti. Ultimate le piazzole, si ripristina il parcheggio.

Tutto è pronto per l’inaugurazione.Il collaudo delle postazioni effettuato dal presi-

dente dell’ANMIC provinciale di Ferrara.

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I positivi riscontri ottenuti nei primi mesi di attivazione delle strutture ci han-no spinto ad inserire già nel Programma ittico 2006 la richiesta di un nuovo fi-nanziamento per raggiungere l’obiettivo ambizioso di realizzare un’analogapostazione di pesca senza barriere architettoniche lungo un corso d’acqua na-turale (torrente Santerno). La sfida è ambiziosa ma riteniamo che sarebbe una grande conquista per tuttipoter vedere dei pescatori disabili misurarsi in sicurezza con l’astuzia del ca-vedano o con la diffidenza del barbo.

Adozione sperimentale del tesserino della pesca controllata in acque C

Il popolamento ittico dei corsi d’acqua bolognesi si caratterizza per una diffusapresenza di trota fario anche in torrenti, fiumi e laghi classificati di categoria C.La trota, pur in queste zone marginali dell’areale di distribuzione, è oggetto diregolari interventi gestionali attuati dalla Provincia con la collaborazione delleAssociazioni piscatorie. Ripopolamenti con novellame autoctono ai vari stadi dicrescita o con materiale adulto pronta pesca ed anche recuperi da ambiti protet-ti, vengono eseguiti ogni anno indipendentemente dalla classificazione del trat-to. Nelle zone C con più spiccata vocazione salmonicola vengono addirittura in-dividuate specifiche zone di protezione delle specie ittiche che vietano total-mente la pesca durante il periodo di frega della trota (dalla prima domenica diottobre all’ultima domenica di marzo), rendendo quindi le modalità gestionalipressoché identiche a quelle in vigore nelle zone classificate D. A Bologna, quindi, l’adozione del tesserino della pesca controllata limitato alleacque D, così come previsto dalla L.R. n. 11/1993, consente di fatto una verifi-ca solo parziale dei risultati delle attività gestionali attuate sulle popolazioni ditrota fario. Questa situazione è stata in parte rettificata dalla Regione Emilia-Romagna nel 2004, con una delibera di Giunta che ha accolto la richiesta dellaProvincia di Bologna di rivedere alcune delimitazioni delle acque salmonicole.In precedenza, nel 2001, erano state gettate le basi di quel provvedimento at-traverso l’attivazione di un apposito progetto finalizzato che prevedeva di in-trodurre, in via sperimentale, l’obbligo di registrazione delle catture di salmo-nidi anche per le acque C.

Fase 1: attivazione del progettoL’introduzione dell’uso del tesserino per la pesca controllata dei salmonidi an-che nelle acque C della nostra Provincia, è stata attivata nella stagione pisca-toria 2002, in stretta collaborazione con la Regione Emilia-Romagna, le Asso-

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ciazioni piscatorie, la Polizia provinciale ed i Comuni territorialmente interes-sati. Si trattava infatti di mettere a punto scelte logistiche ben precise ed alcu-ni correttivi sostanziali, rispetto alla normativa regionale di utilizzazione e di-stribuzione dei tesserini. Tutti punti sui quali doveva essere raggiunto il mas-simo livello possibile di condivisione. Dal punto di vista pratico andavano ri-solti i nodi dell’aspetto dei tesserini, della loro stampa e della successiva ela-borazione dei dati. Nell’affrontare questi temi si è cercato di tesaurizzare almassimo il lavoro svolto dall’Ufficio regionale. Si è quindi ritenuto utile e van-taggioso mantenere il medesimo modello di tesserini introducendo la sola va-riazione dei codici dei sottobacini, affidare la stampa di un numero supple-mentare di tesserini alla medesima tipografia aggiudicataria della stampa perconto della Regione ed incaricare dell’elaborazione dei dati la medesima dittagià assegnataria dell’elaborazione su scala regionale.Le scelte correttive principali hanno riguardato:� l’applicazione di una deroga all’obbligatorietà di possesso del tesserino per

esercitare la pesca dei salmonidi;� l’individuazione dei nuovi sottobacini;� le modalità di distribuzione e riconsegna dei tesserini.

Anche l’approccio generale a questi temi è risultato improntato alla massimasemplificazione, con l’obiettivo comune di far percepire ai pescatori questa in-novazione come un elemento positivo, funzionale e non vessatorio nei loroconfronti. Relativamente al primo punto, la scelta adottata è quella di non ap-plicare per le acque C il vincolo di obbligatorietà di possesso del tesserino del-la pesca controllata dei salmonidi. Sarebbe apparsa, infatti, abbastanza incomprensibile l’imposizione del posses-so di questo tipo di documento per praticare la pesca in zone di bassa collinadove la trota fario risulta completamente assente. Il pescatore è quindi libero di esercitare la pesca in tutte le acque C, anche seprivo di tesserino: l’obbligo di possesso del librettino di registrazione dellecatture scatta infatti solamente al momento della cattura di un salmonide dimisura che il pescatore decida di trattenere; è sufficiente allora rilasciare im-mediatamente il salmonide catturato per non correre alcun rischio di esseresanzionati.Sull’individuazione dei nuovi sottobacini ha pesato molto il fatto che il pro-getto acque C si presentava come iniziativa sperimentale e temporanea che ve-niva però ad inserirsi a fianco di un obbligo normativo già in vigore da alcunianni. Eventuali modifiche nella definizione dei sottobacini avrebbero reso inuovi dati non più confrontabili con quelli raccolti dal 1994 in poi. La scelta èstata quindi di individuare accanto ai cinque sottobacini storici di acque D an-

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che il corrispondente sottobacino di acque C (Tabella 1), caratterizzando que-st’ultimo con l’eventuale indicazione dell’invaso lacustre più significativo ri-cadente in quella zona.

Tabella 1 - Codici dei sottobacini in Provincia di Bologna.

Codici Sottobacini8.Ad Alto Reno, Silla (acque D)8.Ac Alto Reno, Silla, Pavana (acque C)8.Bd Medio Reno, Limentra di Treppio (acque D)8.Bc Medio Reno, Limentra di Treppio, Suviana (acque C)8.Cd Setta, Brasimone, Sambro (acque D)8.Cc Setta, Brasimone, Sambro (acque C)8.Dd Savena (acque D)8.Dc Savena, Castel dell’Alpi (acque C)8.Ed Santerno (acque D)8.Ec Santerno (acque C)

Il tema della distribuzione dei tesserini è stato affrontato cercando, ancora unavolta, di andare incontro alle esigenze dei pescatori; si è ritenuto infatti di ap-plicare il medesimo principio già sancito dalle disposizioni regionali in mate-ria che prevedono il rilascio da parte dei Comuni territorialmente interessati.Sono quindi stati coinvolti nella distribuzione dei tesserini della pesca con-trollata tutti i Comuni toccati dalle acque classificate C. Nella realtà bologne-se, che si caratterizza per la presenza di acque C fino alla via Emilia, ciò ha vo-luto dire estendere enormemente le opportunità di reperimento dei tesserini; aquesto risultato hanno dato un contributo particolarmente significativo anchele Associazioni piscatorie che, attraverso le loro sedi provinciali, si sono as-sunte l’onere della distribuzione per i pescatori del capoluogo. Anche la Polizia provinciale e la Vigilanza volontaria delle Associazioni han-no svolto un prezioso lavoro di distribuzione territoriale dei tesserini nei primianni di attivazione del progetto. Il potenziamento della rete distributiva dei tes-serini per la pesca controllata ha rappresentato il primo importante risultato diquesto progetto finalizzato.L’esigenza di seguire direttamente come Provincia la fase di inserimento ed ela-borazione dei dati ha invece imposto una radicale revisione del percorso giàconsolidato negli anni precedenti, richiedendo ai Comuni ed alle Associazionidi inoltrare al nostro Servizio sia le matrici di rilascio che i tesserini restituiti.Per le fasi successive abbiamo ritenuto di avvalerci della medesima ditta inca-ricata dell’analisi dei dati per conto della Regione Emilia-Romagna.

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Fase 2: inserimento dei datiL’inserimento dei dati è stato affidato alla ditta M.A.R.E. Soc. Coop. di Catto-lica (Rn) a partire dall’anno 2004, quando ormai poteva considerarsi completa-ta la fase di restituzione dei tesserini relativamente ai primi anni di attivazionedel progetto. Per l’organizzazione dei dati è stato seguito il medesimo modelloapplicato per la Regione, il quale, considerando la tipologia delle informazionicontenute nei tesserini, prevede la predisposizione di tre tabelle principali:� Anagrafe pescatori: tabella che archivia le informazioni relative ai pescato-

ri che hanno ritirato il tesserino della pesca controllata almeno una volta nelcorso del periodo d’indagine.

� Anagrafe tesserini: tabella che raccoglie le informazioni relative ai tesseri-ni rilasciati (numero identificativo, comune di rilascio, ecc.).

� Dati di presenza e catture: tabella che riassume le informazioni relative al-le zone di pesca frequentate ed alle catture effettuate.

I dati dell’ultima tabella risentono della differente regolamentazione dell’usodel tesserino tra l’obbligatorietà di possesso e di registrazione dell’uscita previ-ste nelle acque D e l’obbligatorietà di registrazione delle sole catture di salmo-nidi prevista per le acque C. La diversità dei dati disponibili si è tradotta, ov-viamente, in un’evidente diversità nelle informazioni estrapolabili.Il trattamento dei dati personali contenuti nella tabella dell’Anagrafe pescatoriè stato effettuato nel pieno rispetto della normativa per la tutela della privacy,prevedendo anche specifiche misure di sicurezza tese ad assicurarne la prote-zione informatica nei confronti di accessi non autorizzati.

Fase 3: elaborazione dei datiLo scopo principale del tesserino per la pesca controllata è quello di fornire conregolarità e rapidità informazioni utili ai fini della gestione ittiogenica delle ac-que salmonicole. Perseguendo questi obiettivi è stato sviluppato uno specificoapplicativo che consente di elaborare in automatico le principali informazioni in-serite nelle tabelle della Banca Dati. Le elaborazioni consentono un’analisi del-le informazioni relative ad una singola stagione di pesca oppure permettono unavalutazione sull’andamento temporale di alcuni parametri. In questo testo ana-lizziamo solamente i dati relativi al triennio 2002-2004; i tesserini relativi allastagione piscatoria 2005, al momento dell’elaborazione del testo, stanno infattiancora pervenendo dai Comuni e pertanto i dati risultano ancora insufficienti.

Anagrafe dei pescatoriDall’elaborazione dei dati dell’Anagrafe dei pescatori, emerge innanzitutto chele donne che praticano la pesca dei salmonidi rappresentano circa il 2% del to-

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tale dei praticanti. Dinotevole interesse sonoi dati sulla composizio-ne per età dei pescatoridi trota (Figura 3). Igiovanissimi (età < 13anni) sono circa il 2%; iragazzi di età inferioreai 25 anni rappresentanocirca l’8-9% e passanoal 15% tra i 26 ed i 35anni. Le classi di età chestanno tra i 36 ed i 65

anni sono quelle maggiormente rappresentate, con circa il 20% di praticanti cia-scuna; dopo tale età la percentuale dei frequentatori dei torrenti decresce rapida-mente passando al 10-11% nella categoria tra i 66 ed i 75 anni e riducendosi al2-3% negli ultra-settantacinquenni. Questi dati, che risultano abbastanza stabilinel triennio, evidenziano un buon livello di affezione dei pescatori praticanti ver-so le acque della nostra montagna; sembra infatti che chi scopre l’emozione del-la pesca alla trota continui poi a praticarla per lungo tempo.

Anagrafe dei tesseriniL’Anagrafe dei tesserini è stata costruita anch’essa sui dati 2002-2004 che risul-tano fortemente influenzati dall’avvio del progetto finalizzato; nel 2002 abbia-mo registrato infatti un’impennata del numero di tesserini distribuiti, superandoquota 4.000 nella sola Provincia di Bologna. Tale numero è andato però pro-gressivamente ridimensionandosi negli anni successivi portandosi ora a livelli si-mili a quelli delle Province più salmonicole della Regione (Piacenza, Forlì-Ce-sena), con oltre 2.800 tesserini rilasciati nel 2004. Abbastanza deludente, anchese in linea con l’andamento delle altre Province della Regione, è il livello di re-stituzione dei tesserini da parte dei pescatori, che nel bolognese si colloca intor-no al 50%. Questa situazione poco entusiasmante è probabilmente l’effetto diuna scarsa percezione da parte dei pescatori delle potenzialità gestionali che i da-ti forniti dai tesserini della pesca controllata possono rappresentare.

Sforzo di pescaNelle tre stagioni piscatorie considerate (2002-2004), la distribuzione sul terri-torio dello sforzo di pesca sui salmonidi sembra incidere principalmente sul sot-tobacino dell’Alto Reno, Silla (8A), seguito dal sottobacino Setta, Brasimone,Sambro (8C) e poi da quello denominato Medio Reno, Limentra di Treppio

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Figura 3 - Composizione per classi di età dei pescatori.

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(8B). Quello del Savena(8D) mostra livelli difrequentazione decisa-mente più bassi dei pre-cedenti, mentre il sotto-bacino del Santerno(8E) risulta assai pocofrequentato ed i dati chelo riguardano sono ri-sultati stabilmente in-sufficienti per procede-re alle elaborazioni suc-cessive. A titolo rappre-sentativo, riportiamo inFigura 4 il grafico di distribuzione delle giornate di pesca della stagione 2002,che evidenzia le considerevoli differenze registrate nei vari sottobacini.

Andamento delle cattureL’analisi dei dati complessivi di cattura per ogni sottobacino, mostra negli annipresi in esame andamenti sostanzialmente sovrapponibili (Figure 5, 6, 7, 8), purevidenziando valori massimi spesso molto diversi da un anno all’altro. Partico-larmente interessante è la marcata differenza di andamento delle medie mensi-li di cattura per giornata di pesca, che caratterizza il sottobacino dell’Alto Re-no-Silla-Pavana (Figura 5), rispetto a tutti gli altri esaminati. Le catture in Al-to Reno mostrano infatti una ridotta variabilità nel corso dell’intera stagione pi-scatoria e appaiono poco influenzate dai modesti interventi di ripopolamentocon materiale adulto pronta pesca eseguiti nei bacini di Pavana (100 kg) ed inquello di Molino del Pallone (100 kg) prima della riapertura della pesca alla tro-ta. L’andamento registrato sembra tipico di una situazione di sfruttamento equi-librato di un popolamento semi-naturale, con un apprezzabile aumento dellecatture all’inizio della stagione calda e all’inizio di quella autunnale. La mediaannuale delle catture per giornata di pesca in Alto Reno varia da 1,7 trote nel2002 a 1,86 nel 2004, valori che risultano in linea con quelli riscontrabili neibacini più pescosi della nostra Regione. Un andamento simile, ma con valori dipescosità media annuale sensibilmente più bassi, si registra anche nel sottoba-cino Medio Reno-Limentra-Suviana (Figura 6) su cui si concentra una forteazione di ripopolamento pre-apertura con l’immissione nel bacino di Suviana di800 kg di trote fario pronta pesca. Questa apparente incongruenza tra il cospi-cuo quantitativo di pesce immesso e la bassa pescosità riscontrata al momentodell’apertura negli anni 2002 e 2003 e pressoché risolta nel 2004, trova una

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Figura 4 - Distribuzione dello sforzo di pesca nei vari sottobacini della Provincia di Bologna.

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plausibile spiegazionenel lungo periodo (circa10 giorni) trascorso trala semina delle trote el’apertura della pesca.Difficile dire se la bassapescosità sia frutto di unreale ambientamento edi una uniforme distri-buzione degli animaliimmessi o se, invece,non sia più probabil-mente il risultato disemplici episodi di brac-conaggio avvenuti du-rante il periodo antece-dente l’apertura dellapesca. Certo è che i ri-sultati di pescosità ri-scontrati nella stagione2004, con una seminaeseguita solo tre giorniprima dell’inizio dellastagione piscatoria e se-guiti da un’attenta azio-ne di sorveglianza, mo-strano un andamentomolto più simile a quel-lo delle altre realtà ric-camente ripopolate.Gli altri sottobacini esa-minati (Figure 7 e 8)mostrano andamentidelle medie mensili dicatture per giornata dipesca che in genere ten-dono a diminuire mar-catamente nel corso del-la stagione piscatoria.Gli esempi più eclatanti

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Figura 5 - Andamento mensile della media di catture per giornata di pesca nell’intero sottobacino dell’Alto Reno-Silla-Pavana

(confronto tra le annate 2002, 2003, 2004).

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di questa situazione siriscontrano nel sottoba-cino Setta-Brasimone-Sambro nel 2002 e nelSavena-Castel dell’Alpinel 2003, che passanoda catture di oltre tretrote per giornata delmese di marzo a catturemolto base a fine stagio-ne. Questi andamentisono probabilmente at-tribuibili al ruolo gestio-nale strategico svoltodalle cospicue semine ditrote fario pronta pescache la Provincia eseguenel periodo immediata-mente precedente la ria-pertura della pesca. Sitratta infatti di quantita-tivi relativamente im-portanti, 700 kg nel sot-tobacino Setta-Brasimo-ne-Sambro e 400 kg inquello Savena-Casteldell’Alpi, che attiranoogni anno oltre un mi-gliaio di pescatori ad ef-fettuare l’apertura neilaghi e nei bacini delnostro Appennino. Pur-troppo l’effetto di questiinterventi di ripopola-mento sembra esaurirsiin tempi piuttosto brevi,come dimostra la pesco-sità del mese di aprile,che risulta solitamentegià dimezzata rispetto a

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Figura 6 - Andamento mensile della media di catture per giornata di pesca nell’intero

sottobacino del Medio Reno-Limentra-Suviana(confronto tra le annate 2002, 2003, 2004).

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quella del mese prece-dente. L’affinamentodell’analisi dei dati, conl’analisi separata tra ac-que C ed acque D dellemedie mensili di catturagiornaliere, è stato pos-sibile eseguirlo sola-mente per le stagioni2002 e 2003, in quantonel 2004 un disguido ti-pografico non ha messoi pescatori nelle condi-zioni di indicare corret-tamente il sottobacinofrequentato. L’interpre-tazione quindi dei grafi-ci riportati nelle Figure9, 10, 11 e 12 risulta pe-santemente condiziona-ta da questa carenza. Peril sottobacino Alto Re-no-Silla-Pavana, anche idati disaggregati (Figu-ra 9) confermano un an-damento stagionale re-lativamente stabile dellapescosità sia nelle acqueC che in quelle più tipi-camente salmonicole(D); anche il dato dellapescosità media stagio-nale si mantiene su li-velli paragonali alle mi-gliori situazioni regio-nali, con fluttuazioni tra1,96 catture/giorno nel-le acque C nel 2002 ed1,57 catture/giorno inacque D nello stesso an-

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Figura 7 - Andamento mensile della mediadi catture per giornata di pesca nell’interosottobacino del Setta-Brasimone-Sambro

(confronto tra le annate 2002, 2003, 2004).

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no. Anche questi datisembrano quindi con-fermare l’esistenza diuna situazione di prelie-vo in sostanziale equili-brio con le popolazionisemi-naturali sia a livel-lo di acque salmonicoleche a livello di acque C.Un’evidenza questa cherisulta in linea con lascelta della Commissio-ne ittica di zona, dellaProvincia ed anche dellaRegione Emilia-Roma-gna che hanno promos-so ed approvato la ri-classificazione come ac-qua D di un lungo trattodell’alto corso del fiumeReno. Tale decisione,pur approvata nel mag-gio del 2004, è stata ap-plicata solamente nellastagione piscatoria suc-cessiva e quindi biso-gnerà attendere l’elabo-razione dei dati 2005per poterne valutare iprimi risultati. L’analisidei dati disaggregati re-lativi al sottobacino delMedio Reno-Limentra-Suviana (Figura 10)conferma sostanzial-mente quanto già de-scritto in precedenza,con livelli bassissimi dipescosità riscontrati nelmese di marzo in acque

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Figura 8 - Andamento mensile della mediadi catture per giornata di pesca nell’intero

sottobacino del Savena-Castel dell’Alpi(confronto tra le annate 2002, 2003, 2004).

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C ed andamenti di pesco-sità relativamente stabilinelle acque D. I sottobacini Setta-Brasi-mone-Sambro e Savena-Castel dell’Alpi eviden-ziano, anche in forma di-saggregata (Figure 11 e12), un andamento dellapescosità progressiva-mente decrescente damarzo ad ottobre. Se que-sta situazione risulta ac-cettabile e comprensibileper le catture in acque C,ciò appare preoccupanteper le zone salmonicoledove il forte decrementodelle catture, accompa-gnato anche da una eleva-ta pescosità iniziale (mar-zo), fa temere per unosforzo di pesca che po-trebbe risultare eccessivoper le potenzialità ittioge-niche di quei torrenti. Diparticolare interesse risul-tano i dati record di pe-scosità che i grafici evi-denziano per il mese dimarzo 2002 nelle acque Cdel sottobacino Setta-Brasimone-Sambro e perlo stesso mese dell’annosuccessivo nel sottobaci-no del Savena: in entram-bi i casi le elaborazioniregistrano gli effetti di va-riazioni nel quantitativodi trote fario immesse in

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Figura 9 - Confronto tra l’andamento mensile delle catture per giornata di pesca nelle acque C e D del sottobacino

dell’Alto Reno-Silla-Pavana (annate 2002, 2003).

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pre-apertura. Nel 2002 in-fatti l’aumento di quantitàinteressò il bacino di San-ta Maria (sottobacino Set-ta-Brasimone-Sambro)mentre l’anno successivola semina più abbondanteavvenne nel lago di Ca-stel dell’Alpi.

ConclusioniL’analisi dei dati, ancor-ché preliminare e con in-teressanti possibilità disviluppo, ha evidenziatoun’eccellente affidabilitàdel sistema dei tesserinidella pesca controllatacome metodo di verifica econtrollo dell’efficaciadelle scelte gestionali. La sensibilità dimostratadalla metodica in corri-spondenza di variazioniquantitative degli inter-venti di ripopolamento,conferma la praticabilitàdi questo sistema di anali-si e di monitoraggio indi-retto della gestione delpatrimonio ittico. Anchela probabile denuncia del-l’esistenza di fenomeni dibracconaggio ed il conse-guente positivo riscontroad un cambiamento diabitudini, vanno sicura-mente annoverati tra glielementi di validità diquesto metodo di indagi-

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Figura 10 - Confronto tra l’andamento mensile delle cattureper giornata di pesca nelle acque C e D del sottobacino del Medio Reno-Limentra-Suviana (annate 2002, 2003).

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ne. Riteniamo poi che laraccolta di serie storichedi dati, tutti confrontabilitra loro, non potrà che ac-crescere ulteriormentel’affidabilità del sistema.Purtroppo permangonoalcune problematiche dicarattere strutturale cheappaiono difficilmentesuperabili; dobbiamo in-fatti registrare un cronicoritardo nella restituzionedei tesserini ed ancheun’eccessiva dispersionedegli stessi. Percentuali direstituzione del 50% sonoveramente molto basse eper ottenere risultati digran lunga superiori biso-gnerebbe riuscire a legaremaggiormente il rilasciodel nuovo documento conla restituzione di quelloscaduto. Sui tempi di re-stituzione sembra esserciinvece ben poco da fare: itentativi effettuati nei pri-mi anni di avvio del tesse-rino, prevedendo la resti-tuzione spontanea a finestagione, risultarono falli-mentari e proficuamentesostituiti dalla riconsegnaal momento del ritiro suc-cessivo, purtroppo questoallunga di molto i tempidi avvio delle fasi di inse-rimento ed elaborazione.Ancora oggi (novembre

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Figura 11 - Confronto tra l’andamento mensile delle cattureper giornata di pesca nelle acque C e D del sottobacino

del Setta-Brasimone-Sambro (annate 2002, 2003).

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2006) non siamo in gradodi recapitare alla dittaspecializzata per l’inseri-mento i tesserini relativialla stagione 2005. Soloall’inizio del prossimoanno ciò potrà presumi-bilmente avvenire e que-sto fa sì che si rendanonecessari circa 2 anni pri-ma di poter disporre dellenecessarie elaborazioni.Il progetto iniziale, pen-sato per una durata trien-nale, si sarebbe dovutoformalmente concluderecon la stagione piscatoria2003, ma il breve periodotrascorso e la necessità ditempi più lunghi per giun-gere ad un’efficace valu-tazione dei risultati ci haspinto a chiederne il pro-seguimento nell’ambitodei progetti finalizzati2004. Ora, alla luce degliinteressantissimi risultatiottenuti ed anche dell’ele-vato livello di gradimentodell’iniziativa mostratodai pescatori e dalle Asso-ciazioni piscatorie, rite-niamo utile e proficuoproseguire questa espe-rienza facendola diventa-re routine, in attesa che laRegione Emilia-Roma-gna valuti di estendere l’i-niziativa ad altri ambititerritoriali.

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Figura 12 - Confronto tra l’andamento mensile delle cattureper giornata di pesca nelle acque C e D del sottobacino

del Savena-Castel dell’Alpi (annate 2002, 2003).

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LA PROVINCIA DI FERRARAdi Elisabetta Mantovani e Renato FincoServizio Protezione Flora e Fauna Oasi e Zone Protette

PREMESSA

Nel quinquennio 2001-2005, la Provincia di Ferrara, attraverso i finanziamen-ti regionali relativi ai progetti finalizzati in materia di pesca nelle acque inter-ne, ha inteso concentrare le risorse su alcune attività preferenziali, direttamen-te connesse alle linee guida e agli obiettivi del proprio Programma ittico pro-vinciale. Esse sono state, infatti, rivolte principalmente alla conoscenza dellepopolazioni ittiche e al miglioramento ambientale dei canali, attraverso appo-site convenzioni con l’Università degli Studi di Ferrara e con i Consorzi di Bo-nifica. Analoghe convenzioni con le Associazioni ittiche provinciali hanno per-messo di attivare numerosi progetti di tutela e incremento delle specie itticheautoctone, in particolare di quelle rare o in via di estinzione, di controllo e li-mitazione delle specie alloctone invasive, di vigilanza e recupero della fauna it-tica dai canali posti in asciutta.Non sono stati omessi gli interventi volti a favorire le attività di pesca sportivae ricreativa in fasce sempre più ampie di cittadini, con un’attenzione particola-re alle persone diversamente abili per le quali è stata attrezzata un’appositabanchina alle porte della città di Ferrara.Una parte delle risorse regionali, infine, è stata destinata alle indispensabili at-tività ed iniziative di informazione e didattica in materia di fauna ittica e di pe-sca nelle acque interne.Desideriamo ringraziare sentitamente tutti coloro (rappresentanti di Associa-zioni, Consorzi di Bonifica, Enti locali, ricercatori, membri delle Commissioniittiche, volontari) che, con la collaborazione e la condivisione dell’impegno inquesti anni, hanno reso possibile la realizzazione dei numerosi progetti che ven-gono riportati nelle pagine seguenti.

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Tutela della fauna ittica

� Progetto per lo studio e il mantenimento di un adeguato livello idrico in al-cune zone di tutela della fauna ittica.

� Stipula di convenzioni con i Consorzi di Bonifica del Ferrarese per la realiz-zazione di interventi di miglioramento dei canali ai fini della tutela e dell’in-cremento della fauna ittica nelle acque interne.

� Realizzazione di interventi di miglioramento delle caratteristiche ambientalidei canali ai fini della tutela e incremento della fauna ittica nelle acque interne.

Il finanziamento di questa serie di progetti ha permesso alla Provincia di Ferra-ra di proseguire nelle attività di coinvolgimento dell’Università degli Studi diFerrara e dei Consorzi di Bonifica già intraprese negli anni precedenti, attra-verso una puntuale collaborazione nell’ambito del monitoraggio delle popola-zioni ittiche e nella ricerca congiunta di soluzioni tecniche volte alla loro tute-la e al miglioramento delle condizioni ambientali delle acque dolci interne delnostro territorio. Dopo un’attenta analisi dei dati scientifici scaturiti dall’osser-vazione sul campo ed elaborati dall’Università, e sentito il parere della Com-missione ittica di Bacino provinciale, si è proceduto ad individuare, con la col-laborazione dei Consorzi di Bonifica, tutti i corsi d’acqua della rete idrograficaferrarese che non vanno mai posti in asciutta (per l’istituzione di “zone di ripo-polamento e frega”), nonché gli interventi necessari al miglioramento delle ca-ratteristiche ambientali in alcuni canali particolarmente significativi per la tute-la della fauna ittica, sui quali convogliare contributi per la realizzazione dellerelative opere idrauliche. Da tale lavoro preliminare sono scaturite le conven-zioni tra la Provincia di Ferrara e i Consorzi di Bonifica che, oltre a sancirel’impegno di mantenere costantemente adeguati livelli idrici per la vita dei pe-sci in alcuni corsi d’acqua, hanno permesso di realizzare le opere idrauliche dimiglioramento ambientale che vengono di seguito descritte.

I Consorzi di Bonifica

Consorzio di Bonifica I Circondario Polesine di FerraraAnni 2001-2002Fossa Lavezzola Fossa Lavezzola � Da Ponte Tabarro all’Impianto idrovoro Abbondanza per 5000 m circa, con-

trollo della rete e regimazione del canale, alimentandolo con acqua del Poproveniente dai sifoni consorziali di Guarda.

� Aumento del livello idrometrico fino a 1,30 m circa, con espurgo della Fos-sa Lavezzola, intervento straordinario.

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Anni 2002-2003Fossa Lavezzola Fossa Lavezzola � Espurgo della Fossa Lavezzola, tratto dal Ponte Pennacchiera al derivatore.� Comune di Berra.� Innalzamento del livello idrometrico della Fossa Lavezzola dai sifoni di Con-

tuga alla travata Papini, Comune di Berra.

Consorzio di Bonifica II Circondario Polesine di San GiorgioAnni 2001-2002Scolo Bolognese Scolo Bolognese � Mantenimento dell’invaso attraverso l’automazione delle paratoie della

Chiavica Punta.

Anni 2003-2004Canale Diversivo Canale Diversivo � Elettrificazione ed automazione della Chiavica Diversivo, nel tratto di Cana-

le Diversivo compreso tra la Chiusa Punta e la Chiavica Diversivo.

Anno 2005Canale ConvogliatoreCanale Convogliatore� Elettrificazione e sostituzione di paratoie della Chiavica Capitello sul Cana-

le Convogliatore (Loc. Dogato di Ostellato), intervento che inciderà positi-vamente sul livello idrico dell’asta comprendente i Canali Convogliatore,Fossa Masi, Fossa Gattola (Comuni di Ostellato - Portomaggiore - Masi To-rello e Ferrara).

Consorzio di Bonifica Burana Leo Scoltenna PanaroAnni 2003-2004Canale Acque BasseCanale Acque Basse� Sistemazione delle paratoie dell’Impianto idrovoro Cipollette delle Acque

Basse in sinistra (Comune di Bondeno), 1° lotto.

Anno 2005Canale delle Barche (Zrf), Comune di Bondeno Canale delle Barche (Zrf), Comune di Bondeno � Espurgo del canale che consentirà il mantenimento di una quota d’acqua pa-

ri a circa 120 cm nel periodo invernale.

Canale Diversivo di Fossalta (Zrf), Comune di BondenoCanale Diversivo di Fossalta (Zrf), Comune di Bondeno� Espurgo del canale, 1° lotto che consentirà il mantenimento di una quota

d’acqua pari a circa 100 cm nel periodo invernale.

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Anno 2006Canale Acque Basse Canale Acque Basse � Sistemazione delle paratoie dell’Impianto idrovoro Cipollette delle Acque

Basse in sinistra (Comune di Bondeno), 2° lotto, intervento che inciderà po-sitivamente sul mantenimento costante dell’invaso dell’intero Canale Allac-ciante di Felonica per oltre 6.700 m, garantendo la sopravvivenza della fau-na ittica presente.

Consorzio di Bonifica Valli di Vecchio Reno Anni 2002-2003Scolo Circondariale S. Martino, Comune di FerraraScolo Circondariale S. Martino, Comune di Ferrara� Costruzione di una chiusa in c.a. con paratoia.

Anno 2005Canale Scolo Principale Superiore, Località Gallo di Poggio RenaticoCanale Scolo Principale Superiore, Località Gallo di Poggio Renatico� Elettrificazione e sostituzione di una paratoia a due luci ubicata sul Canale

Scolo Principale Superiore (Località Gallo di Poggio Renatico), interventoche inciderà positivamente sul mantenimento di un adeguato livello idrico.

Si ringraziano i Consorzi di Bonifica che hanno concesso preziosa disponibilitàalla progettazione e alla realizzazione dei lavori.

Reintroduzione dello storione

Progetto per la tutela e la valorizzazione della popolazione autoctona di storione nel corso del fiume Po e bacini ad esso collegati

Il progetto, avviato nel 1998, è proseguito anche negli anni successivi, avendonaturalmente un’impostazione pluriennale.

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Canale Convogliatore. Canale Diversivo.

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Nel 2004 l’iniziativa è divenuta parte integrante del progetto Life Natura Cobi-ce “Conservation and Breeding of Italian Cobice Endemic Sturgeon”, candida-to congiuntamente a numerosi altri Enti del Bacino Padano, ed approvato dallaCommissione Europea, per la reintroduzione dello Storione cobice (Acipensernaccarii) nel fiume Po.L’Ente capofila dell’iniziativa è il Parco Regionale Veneto del Delta del Po, leRegioni Emilia-Romagna e Lombardia sono cofinanziatrici e tra i partner, oltrealla Provincia di Ferrara, compaiono anche le Province di Piacenza, Rovigo,Venezia, Treviso, Padova, Verona, Cremona, l’E.R.S.A.F. (Ente Regionale per iServizi all’Agricoltura e alle Foreste) e l’Istituto Sperimentale Italiano “Lazza-ro Spallanzani”.Il Comitato tecnico-scientifico è composto dall’Università degli Studi di Ferra-ra e di Parma (Prof. Remigio Rossi, Prof. Gilberto Gandolfi), dal CESI spa, dal-la Regione Veneto (Unità complesse politiche faunistico-venatorie e della pe-sca) e dal Parco Nazionale del Circeo.

Gli obiettivi del progetto sono i seguenti:Gli obiettivi del progetto sono i seguenti:� conservazione dell’Acipenser naccarii, storione endemico dell’Adriatico a

migrazione anadroma (dal mare ai fiumi verso i siti di riproduzione), protet-to dalla direttiva “Habitat” come specie prioritaria;

� incremento della popolazione naturale residua dell’Acipenser naccarii, perricostituire una popolazione vitale in grado di autosostenersi;

� sensibilizzazione della popolazione sulle peculiarità di questa specie e sul-l’importanza della sua conservazione, elevandola a “specie simbolo”.

Le azioni previste di competenza della Provincia di Ferrara sono:Le azioni previste di competenza della Provincia di Ferrara sono:� elaborazione e sottoscrizione di specifica convenzione tra i partner e il bene-

ficiario (Ente Parco Regionale Veneto del Delta del Po);� scambio di esperienze sulle attività di ripopolamento degli storioni, con rap-

presentanti del Comprensorio del Delta del Danubio;� predisposizione dell’“Action Plan” (documento programmatico) per la ge-

stione futura dell’Acipenser naccarii;� realizzazione di due banche dati, consultabili su Internet, una bio-ecologica

sui dati dei ripopolamenti e una sui dati genetici;� costituzione di una rete di rilevamento delle catture ed elaborazione di un

GIS per la georeferenziazione dei dati, per monitorare l’esito delle immis-sioni e segnalare l’eventuale cattura di animali selvatici;

� monitoraggio sull’esito del ripopolamento;� aggiornamento delle due banche dati, una sul ripopolamento e monitoraggio

ed una sui dati genetici;

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� mantenimento degli stock di riproduttori già in possesso dei partner, me-diante stabulazione degli animali in apposite vasche affittate presso idoneiimpianti;

� elaborazione e pubblicazione di pagine web del progetto e divulgazione suimass media;

� elaborazione di pannelli informativi sul progetto;� produzione finale di una pubblicazione a carattere tecnico-scientifico e una a

carattere divulgativo (tradotta anche in inglese e francese) e di un foglioinformativo periodico semestrale;

� realizzazione di uno specifico programma di educazione ambientale sull’Aci-penser naccarii con produzione di gadget divulgativi e workshop conclusivodi presentazione dei risultati raggiunti.

Aree attrezzate per la pesca sportiva riservata a persone diversamente abili

Progetto per la realizzazione di strutture di accesso in tratti riservati ai pescatori portatori di handicap

In una cornice festosa e distensiva, resa gradevole da una calda giornata set-tembrina di fine estate, presso il Nuovo Collettore di Baura, si è svolta l’inau-gurazione dell’area attrezzata per la pesca sportiva riservata a persone diversa-mente abili. È stata anche l’occasione per avviare il 1° Raduno “Più Canali Me-no Barriere - Provincia di Ferrara”, arricchito dalla presenza degli Enti coinvoltie di numerosi partecipanti insieme ai familiari.All’iniziativa erano, infatti, presenti rappresentanti della Provincia di Ferrara,del Consorzio di Bonifica I Circondario Polesine di Ferrara, del Comune di Fer-rara, della Pro Loco di Baura, delle Associazioni di categoria quali ANGLAT,ANMIC, ANMIL, ANFASS, nonché delle Associazioni di pescatori sportivi Ar-ci Pesca Fisa e Fipsas.Il progetto, finanziato dalla Regione Emilia-Romagna, e attuato dalla Provin-cia di Ferrara grazie alla disponibilità del Consorzio di Bonifica I CircondarioPolesine di Ferrara e alla stretta collaborazione e consulenza tecnica delle stes-se Associazioni di categoria interessate, è stato finalizzato alla realizzazione diappositi tratti riservati, in canali che presentano una buona facilità d’accessoveicolare, in modo da consentire alle persone diversamente abili l’esercizio fa-cilitato della pesca. Questo progetto ha reso accessibile la sottobanca internadel Canale Consorziale denominato Nuovo Collettore in località Baura, Co-mune di Ferrara, a persone con difficoltà di deambulazione onde evitare situa-

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zioni di pericolo. Esso ha portato alla creazione di strutture idonee, quali piaz-zole di sosta attrezzate, balaustre con accesso facilitato e postazioni di pescaprotette, nonché la pavimentazione della sottobanca del canale al fine di con-sentire il transito con carrozzine durante l’intero arco dell’anno, compreso ilperiodo invernale. L’entusiasmo e il favore con cui il progetto è stato condivi-so ed accolto ci inducono a considerarlo un esempio e un primo punto di rife-rimento per la ripetizione dell’esperienza in altri corsi d’acqua idonei della no-stra Provincia, affinché la salutare pratica della pesca possa estendersi a fascesempre più ampie di cittadini.

Conservazione e potenziamento del patrimonio ittico fluviale

Progetto per la riproduzione in ambienti controllati di specie autoctonedi pregio, ritenute rare o in via di estinzione (tinca, luccio)

Il degrado delle acque di bonifica dovuto a vari fattori, fra cui il principale è lascomparsa della vegetazione ripariale e di rifugi idonei alla riproduzione, non-ché la presenza diffusa di specie alloctone quali il siluro d’Europa ed il lucio-perca, ha modificato pesantemente gli equilibri fra le varie specie a sfavore diquelle pregiate quali la tinca ed il luccio.Il progetto annovera tra i propri scopi la conservazione ed il potenziamento, at-traverso la creazione di siti controllati in cui è possibile garantire la riproduzio-

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Il fiume Po nei pressi di Ro Ferrarese.

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ne delle due specie oggetto dell’iniziativa, del patrimonio ittico fluviale. Si èprovveduto ad acquisire la possibilità di effettuare ripopolamenti ittici all’inter-no di bacini di risaia condotti con sistemi agronomici di lotta integrata, quindia basso impatto ambientale, in modo da facilitare la successiva diffusione neicorsi d’acqua delle specie oggetto dell’intervento. Tali bacini, posizionati inprossimità del fiume Po e del Po di Volano, hanno permesso l’accrescimento diesemplari giovanili di luccio e tinca che sono stati reimmessi, dopo una stagio-ne di accrescimento, nelle acque pubbliche interne provinciali. Tale sperimentazione, che ha presentato diverse problematiche legate alla pre-dazione delle specie di avifauna ittiofaga, ha comunque fornito buoni risultati,dimostrando dei fattori incrementali di rilievo, a livello di accrescimento di-mensionale, sugli esemplari immessi, in particolar modo di luccio.

Istituzione di zone specifiche per la tutela della fauna ittica

Progetto per lo studio e il monitoraggio di alcuni corsi d’acqua particolarmente pregiati e collegati a zone di tutela della fauna itticadi Giuseppe Castaldelli, Mattia Lanzoni, Sara Mantovani, Elena Rizzati, Remigio Rossi (Dipartimento di Biologia, Università degli Studi di Ferrara)

Nella Delibera n. 5463 del 9 novembre 1993, vengono indicati gli orientamen-ti per il ripristino e la tutela delle specie ittiche autoctone; in particolare gli in-dirizzi gestionali riguardano l’istituzione di zone specifiche per la tutela dellafauna ittica, distinte in (Legge Regionale n. 11/93) Zone di ripopolamento e fre-ga (Zrf), Zone di protezione integrale (Zpi), Zone di protezione delle specie it-tiche (Zpsi) e Zone a regime speciale di pesca (Zrsp). Nella Provincia di Ferrara, l’istituzione di Zrf è sicuramente l’intervento piùattuato. Tuttavia, di fronte al rapido cambiamento ambientale e di composi-zione dei popolamenti ittici, risulta fondamentale disporre di un continuo ag-giornamento dello stato qualitativo delle Zrf in vigore e di una rosa di altreeventuali aventi i requisiti di idoneità. Una prima indagine, compiuta in Provincia di Ferrara nel triennio (1996-1998), aveva evidenziato un netto cambiamento strutturale della comunità it-tica in numerosi siti. Sulla scorta di tali risultati, è stato attivato un progettoche prevedeva il monitoraggio e lo studio di alcuni corsi d’acqua della Pro-vincia di Ferrara particolarmente pregiati e collegati a zone di tutela della fau-na ittica ed in particolare le Zrf, con particolare attenzione alle specie autoc-tone di particolare pregio, come tinca e luccio e a quelle di particolare inte-resse alieutico, quali pesce gatto e lucioperca.

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Modalità di campionamento Nell’utilizzo attuale di una Zrf si possono distinguere due funzioni principali,quella finalizzata al ripopolamento e quella di zona di riproduzione; a secondadella tipologia di canale e dell’ubicazione del tratto, possono prevalere l’una ol’altra o essere importanti entrambe. Mentre non serve entrare nel merito della funzione di zona che favorisce la fre-ga o riproduzione delle specie ittiche, può valer la pena puntualizzare la fun-zione di zona di ripopolamento. Tale funzione di “ripopolamento” delle Zrf vainfatti considerata nel particolare contesto del sistema idrico ferrarese, sogget-to a prosciugamento completo di ampie porzioni dei bacini (svaso), solita-mente effettuato all’inizio dell’autunno. In relazione a ciò alcune Zrf sono sta-te collocate in tratti dei canali maggiori dove, al momento degli svasi, il pescepuò confluire trovando un battente idrico idoneo allo sverno. Un secondoaspetto, parimenti importante per la funzione di zona di ripopolamento, è quel-lo di servire da zone in cui effettuare il rilascio delle specie ittiche autoctonedi particolare interesse e da dove, dopo un primo acclimatamento, gli animaliimmessi possono spostarsi raggiungendo altri settori del canale o del bacinoidonei alla frega. Detto questo, risulta immediato che nella valutazione dell’eleggibilità di unsito a Zrf, è fondamentale considerare non solo la qualità ecologica generalee la presenza di aree idonee alla frega ed alla crescita degli avannotti, ma an-che una serie di caratteristiche ambientali legate al ripopolamento, tra cui leprincipali sono:� la morfologia dell’alveo, la regolazione idraulica, la variazione annuale del-

le quote idriche ed il livello di compartimentazione del canale e del bacinoper presenza di sostegni, chiusini, impianti di sollevamento, ecc.;

� caratteristiche idrochimiche (temperatura, conducibilità, pH, concentrazionee percentuale di saturazione, O2 disciolto, torbidità, sali nutritivi di azoto e difosforo;

� caratteristiche biologiche tra cui lo stato della vegetazione sommersa, emer-gente e di riva, l’abbondanza fitoplanctonica come concentrazione di cloro-filla, la produzione primaria lorda (PPL) fitoplanctonica, la composizionequalitativa e quantitativa della fauna macrozoobentonica e l’IBE (Indice Bio-tico Esteso);

� il tipo e la frequenza degli interventi di sfalcio della vegetazione acquatica eriparia;

� la composizione della comunità ittica.

Nei tratti presi in esame, parte o tutti i citati aspetti sono stati analizzati per valu-tare l’idoneità del sito per le specie di particolare pregio, presenti o reintroducibi-

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li. Ad esempio, nel caso del luccio l’idoneità è stata valutata principalmente in re-lazione alla presenza di zone idonee per la frega o possibilità di movimentazioneal fine di raggiungere tali zone, alle caratteristiche della colonna d’acqua, alla pre-senza di vegetazione sommersa, che garantisce nascondigli durante la caccia e ri-fugi dai potenziali predatori (ad esempio il siluro) e di riva, che protegge i giova-nili dalla predazione degli ittiofagi e alla disponibilità di prede per tutte le classidi taglia. Per la tinca le principali caratteristiche di idoneità considerate sono sta-te la presenza di macrofite acquatiche o di altre strutture di rifugio dalla preda-zione, principalmente da parte del siluro, lo stato di ossidazione del sedimento su-perficiale che a sua volta è indice di abbondanza e diversificazione della macro-fauna bentonica (lombrichi acquatici e piccoli crostacei) e quindi tale da rappre-sentare una buona disponibilità alimentare. Per il pesce gatto, è stata privilegiatala ramificazione del sistema idrico, la presenza di vegetazione ripariale, lo statodi ossidazione del sedimento, possibilmente di colore chiaro e privo di chiazze dipatina organica nerastra e traslucida. Lo stato del sedimento è fondamentale peril pesce gatto ancora di più che per la tinca, sia in relazione alle necessità alimen-tari sia all’affossamento invernale di questa specie.

Risultati e proposteI monitoraggi delle Zrf hanno in alcuni casi evidenziato un decremento dellaqualità ambientale e cambiamenti nella comunità ittica, rispetto al momento del-l’istituzione del regime di protezione. Sinteticamente, sono state documentate:� riduzione o assenza di zone rifugio (vegetazione acquatica sommersa ed

emergente e vegetazione ripara, radici o tronchi sommersi, anfratti dellasponda, ecc.) e di habitat riproduttivi, originariamente presenti come zonepoco profonde e vegetate del sottoriva;

� assenza o densità molto bassa di specie di pregio, luccio in particolare;

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Strumentazione per il rilevamento delle caratteristiche idrochimiche e biologiche.

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� generalizzata assenza di avannotti e giovanili;� presenza di esemplari di siluro di grossa taglia, favorita dal mantenimento

di un battente idrico spesso superiore al metro e dal divieto di pesca; infat-ti, in occasione di tutti i campionamenti nelle più importanti zone di ripo-polamento e frega, sono stati catturati siluri, spesso di taglia ragguardevo-le, tali da determinare un’elevata pressione predatoria anche sulle specieautoctone di pregio.

In base a questi risultati e osservazioni, è stata compilata una lista di siti, risul-tati non del tutto idonei come Zrf, in relazione ai registrati mutamenti delle con-dizioni ambientali e biologiche. Ciò è stato evidenziato anche tramite il con-fronto con gli inventari ittici degli anni precedenti (1996-2000).

Le Zrf di cui è stata evidenziata la parziale perdita Le Zrf di cui è stata evidenziata la parziale perdita dei requisiti di idoneità sono le seguenti:dei requisiti di idoneità sono le seguenti:� Collettore Acque Alte, dal Canale Malpiglio al sostegno Zaffo (3 km circa),

Comune di Iolanda di Savoia;� Canale Circondariale Sud Est, 1 km a valle e 1 km a monte dell’idrovoro

Gramigna (km 2), Comune di Argenta;� Collettore Giralda, dall’idrovoro della Falce, a monte sino al ponte per 2,5

km, Comune di Codigoro;� Canale Circondariale Nord Ovest, dalla sede COVATO al canale di confine

dell’Oasi Anse Vallive di Ostellato (km 6), Comune di Ostellato (solo destraidrografica; vedi proposte Zrf);

� Canale Convogliatore, dalla confluenza con il Canale Circondariale NordOvest a monte (km 2), Comune di Ostellato;

� Canale Circondariale Nord Ovest, dall’impianto idrovoro di Valle Lepri amonte per 3 km su entrambe le sponde, Comune di Ostellato;

� Canale Circondariale Sud Est, tratto di collegamento tra le due zone esisten-ti di ripopolamento e frega (km 8), Comuni di Portomaggiore-Argenta;

� Condotto Contuga, dall’argine del Po alla confluenza con il Canal Bianco(km 3,2) Comune di Berra;

� Canale Pero, dall’impianto idrovoro a monte del ponte sulla strada Rangona(km 4), Comune di Portomaggiore;

� Canale delle Pilastresi, dalle acque vincolate a campo di gara alla confluen-za con il Canale Burana (km 2,5), Comune di Bondeno;

� Po di Primaro, fatta eccezione per un tratto di 1,5 km in località Traghetto;eliminazione del tratto a monte per 3 km dallo sbarramento di Traghetto al-l’incrocio delle SP 7 e 26, e del tratto a monte per 3,3 km dal ponte Fascina-ta all’incrocio con lo Scolo Bolognese, Comuni di Ferrara e Argenta;

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� Scolo Bolognese, tratto tabellato a monte di Portomaggiore, ma non inclusonell’elenco delle Zrf.

Contestualmente, parte dello sforzo di campionamento è stato dedicato ad evi-denziare altri siti aventi le caratteristiche di idoneità per l’istituzione del vinco-lo di Zrf, riportati nella seguente tabella, con la specifica della/e funzioni pre-

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Corso d’acqua LocalitàZrf

Zf Zr

Montata Vallona Bosco Mesola x xCollettore Valle Isola Lagosanto-Comacchio x xCanale Poazzo Lagosanto x xCanale Bosco Lagosanto x xCollettore Ponti Lagosanto xCollettore Trebba Lagosanto Marozzo xCollettore Maestro Massafiscaglia xRisvolta Massafiscaglia Massafiscaglia xCanal Bianco Monticelli-Mesola x xCollettore Pega Mezzano xCollettore Mezzano Mezzano xCollettore Fosse Mezzano xCanale Circondariale Bando xCanale Circondariale Ostellato x xCanale Dominante Gramigne Menate xScolo Gramigne Bando xFossa Martinella Idrovoro Martinella xFossa Gattola Campo Cieco x xCanale Brello Idrovoro Martinella xCondotto Verginese Campo Cieco x xCondotto Pioppe Conf. Fossa Masi xFossa Masi Viconovo x xCondotto Biagine Contrapò x xScolo Bolognese Portomaggiore xCanale Torniano Idrovoro Torniano x xFossa Cembalina Spinazzino x xCanale Derivatore dal Po Idrovoro Pilastresi xCavo Terre Vecchie II Idrovoro Pilastresi xCanale di Bagnoli Idrovoro Renana x xFossa Reggiana Collettore Burana x

Tabella 1 - Siti aventi caratteristiche di idoneità per l’istituzione del vincolo di Zrf.

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valenti in base a cui sono stati proposti, ovvero di Zona idonea per la frega (Zf)o di Zona idonea per il ripopolamento (Zr).

La divulgazione

Pubblicazione di materiale divulgativo sulla fauna ittica locale ed esperienze in materia di gestione della pesca

Allestimento di una sala didattica finalizzata all’illustrazione e all’approfondimento delle conoscenze sulle specie ittiche di acqua dolce del Ferrarese Le attività di corretta gestione della pesca e di tutela della fauna ittica devo-no necessariamente comprendere anche l’informazione e la divulgazione.Per tale motivo, la Provincia di Ferrara ha investito risorse in questo campo

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Cavo Terre Vecchie II,località le Pilastresi.

Canale Brello, nei pressi dell’impianto idrovoro Martinella.

Fossa Gattola, nei pressi dell’impiantoidrovoro Campo Cieco.

Canal Bianco,località Monticelli.

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che, anche grazie ai finanziamenti regionali, hanno permesso la stampa e ladiffusione di numerose pubblicazioni, nonché l’allestimento di acquari di-dattici di acqua dolce per l’osservazione e l’approfondimento scientifico del-le specie ittiche del Ferrarese. Per quanto riguarda le pubblicazioni, sono di-versi i materiali prodotti diffusi capillarmente e gratuitamente ai pescatori,attraverso la collaborazione degli Uffici Pesca comunali: innanzitutto un ap-posito cofanetto, realizzato in oltre 20.000 copie, contenente il volume “Lapesca nelle acque interne del Ferrarese”, il “Vademecum del Pescatore” e la“Carta Ittica Provinciale”, che illustrano le funzioni e le attività della Pro-vincia in materia, le collaborazioni con gli Enti e l’Associazionismo attivatenegli ultimi anni, le linee guida e i principali riferimenti del Programma Itti-co Provinciale, le specie ittiche delle acque interne e i risultati di monitorag-gio condotti dall’Università degli Studi di Ferrara, la legislazione regionalee le norme provinciali sulla pesca vigenti, strumenti indispensabili per uncorretto e consapevole esercizio di pesca. Il cofanetto, molto apprezzato anche per la sua efficace ed elegante vestegrafica, è stato presentato pubblicamente in occasione di un riuscito ed affol-lato convegno tenutosi presso l’Oasi delle Valli di Canneviè e Porticino, edè andato letteralmente a ruba tanto da indurne la ristampa.Visto il successo del cofanetto, è stata messa in cantiere anche la stampa di un“Notiziario del Pescatore”, quale pubblicazione annuale, con tiratura in 20.000copie, riportante più dettagliate informazioni sulle attività condotte, con parti-colare riferimento agli interventi di miglioramento ambientale nei canali di bo-nifica in funzione della vita dei pesci, ai ripopolamenti ittici effettuati, ai recu-peri della fauna ittica in difficoltà in occasione della messa in asciutta dei canalie di quella alloctona, alle specifiche iniziative di studio e di gestione in materiadegne di essere opportunamente divulgate agli interessati.Per concludere il quadro informativo, è stato, altresì, stampato e ampiamentediffuso (non solo in ambito provinciale) un apposito manifesto riportante i “di-vieti di pesca” vigenti nel nostro territorio, ai fini dell’applicazione delle san-zioni in base all’art. 22 comma 4° della Legge Regionale n. 11/1993, che per-mette di evitare i costosissimi ed inutili tabellamenti, che regolarmente vengo-no rimossi e danneggiati.Nel campo della didattica, rivolta soprattutto ai giovani e alle scuole di ogni or-dine e grado, sono stati allestiti alcuni acquari di acqua dolce presso il CentroVisite dell’Oasi di Bando in Comune di Portomaggiore e presso il Centro diEducazione Ambientale situato nel Castello Estense di Mesola, dove, attraver-so apposita convenzione annuale con l’Associazione Acquariofili di Ferrara, siè dato vita ad esperienze di osservazione e studio delle specie ittiche più carat-teristiche delle acque interne con numerosi visitatori e scolaresche.

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La limitazione delle specie alloctone

Progetto sperimentale per la limitazione, lo stoccaggio e lo smaltimento del siluro ed altre specie alloctone, a scopo di riequilibrio ittico e di conservazione delle specie autoctone

La consistente presenza di alcune specie alloctone in tutto il bacino idrico“Burana-Volano”, in particolare di siluro d’Europa e di carassio, può com-promettere gli equilibri biologici preesistenti, con rischi per la conservazio-ne delle specie autoctone di maggior pregio. Si sono, pertanto, organizzatediverse forme di pesca, accompagnate dal divieto assoluto di reimmissionedel catturato, che è stato stoccato in quattro apposite vasche dislocate sul ter-ritorio provinciale. Tali strutture consentono di mantenere in vivo nel tempo la fauna alloctonapescata (in particolare siluro d’Europa e carassio) da gruppi di pescatori siasportivi che di professione, organizzati e coordinati dalla Provincia, sulla ba-se di programmi predisposti all’inizio dell’autunno dalle competenti Com-missioni delle zone omogenee, tesi ad intensificare le catture, scoraggiare lareimmissione, favorire lo stoccaggio e l’utilizzo economico dello stesso. I principali risultati ottenuti sono stati la diminuzione costante, soprattutto inrelazione alle dimensioni della pezzatura del pescato, della presenza di spe-cie ittiche alloctone, con particolare riferimento al siluro d’Europa, in parti-colare di esemplari di grossa taglia, nei canali maggiormente interessati allecatture.

Salvaguardia delle specie ittiche nei corpi idrici del ferrarese

Progetto sperimentale per l’attuazione di interventi di presidio e vigilanza su zone ittiche di pregio finalizzate alla reintroduzione di specie quali tinca e luccio

Progetto di recupero della fauna ittica in difficoltà a causa della messa in asciutta dei canali di bonifica provinciali

L’art. 3 della Legge Regionale n. 11/1993 prevede che la Regione promuova lapartecipazione delle Associazioni piscatorie riconosciute alla programmazionee gestione ittica, alle funzioni di vigilanza svolte dalla Provincia attraverso ipropri aderenti abilitati, alla salvaguardia della salubrità delle acque in relazio-ne al monitoraggio ambientale, e che le stesse Province determinino le moda-

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Tabella 2 - Dati sui recuperi della fauna ittica effettuati dai volontari

Mese Canale di recupero/Località Specie

Gennaio Canal Bianco da Copparo a Coccanile Carpa e amurFossa Formignana SiluroSottobotte Cavo Napoleonico-Canalino di Cento Bondeno

Giugno Golena del Po in Comune di Berra Carpa

Luglio Golena del Po in Comune di Ro CarpaGolena del Po in zona autostrada Pesce gatto

Carassio

Agosto Golena del Po in Comune di Ro CarpaCarassioGambero rosso LouisianaPesce gatto

Settembre Canale Gallo-Bondeno Settepolesini CarpaLagosanto AmurBuscarola Jolanda S. Pesce gattoS. Apollinare CarassioOca Campazzo-Argenta Gambero rosso LouisianaCanali Angiolino e Generale-Casumaro LuciopercaChiusa Campo Cieco SiluroCanale Bastione e Condotto Pietra-Codigoro AbramidiCanale Corba-Massafiscaglia TincaCanali in Comune di Mesola Persico reale

Persico trota

Ottobre Stellise-S. Vito Ostellato CarpaRovereto AmurFossa Masi-Masi T. CarassioMedelana, Rovereto AbramidiBacino Cantuga-Berra Pesce gattoValle Pega-Comacchio SiluroCanale Benvignante-Bando LuciopercaCanale S. Giovanni-Ostellato Gambero rosso Louisiana

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lità specifiche con cui sirealizzano tali partecipa-zioni e le collaborazioni,nonché le relative risorsefinanziarie da destinare alrimborso delle spese daesse sostenute per le pre-stazioni programmate.Per l’attuazione di talenorma, da diversi anni laProvincia di Ferrara ha at-tivato apposite conven-zioni con le Associazioniittiche provinciali, nellequali vengono definitenel dettaglio le modalità,le condizioni e gli impe-gni reciproci di sinergia ecollaborazione nel campodella gestione della pesca,della tutela e del monito-raggio della fauna ittica,della vigilanza, al fine diottenere un più razionale,concreto ed economicoimpiego delle risorse.Le Associazioni itticheprovinciali che hannoaderito a tali convenzionisono l’Arci Pesca Fisa e laFipsas; queste ultime, at-traverso i propri associati,sotto il coordinamento e ilcontrollo del ServizioProtezione Flora e Faunae del Corpo di PoliziaProvinciale, si dedicano anumerose attività relativealla gestione operativa

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dell’Arci Pesca Fisa nel corso del 2005.

Quantità Canale di reimmissione (*)

52,00 quintali Collettore Acque Alte39,20 quintali Lavezzola Idrovoro

MarabinoCanale Nord Ovest di OstellatoFossa LavezzolaCanale AndioCavo Napoleonico

21,30 quintali Fiume Po

34,38 quintali Fossa Lavezzola1,01 quintali Canale Andio3,60 quintali Fossa Formignana

Canale Burana

8,70 quintali Fossa Formignana0,80 quintali0,60 quintali + n. 470,20 quintali

22,24 quintali Burana-Vigarano P.0,40 quintali Canale Marozzo-Lagosanto2,89 quintali Collettore Acque Alte-Tresigallo5,62 quintali Fossa Formignana1,60 quintali Canale del Vero0,27 quintali Cavo Napoleonico0,52 quintali San Nicolò Medelana1,18 quintali Canale Volano-Codigoron. 4 Massafiscaglian. 16 Canale Montata Vall.n. 7 Canale Viadara

continua

129,3 quintali1,18 quintali

29,48 quintali6,08 quintali2,47 quintali5,01 quintali0,57 quintali2,04 quintali

Volano-Ponte EreditàCanale Valle LepriCanal BiancoPero-PortomaggioreNavigabileCanale TaglioneCanale Valicella-MarraraCollettore Acque Alte

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dei corpi idrici, quali tabellamenti, ripopolamenti ittici, recuperi della fauna it-tica in difficoltà in occasione della messa in asciutta dei canali, cattura e limi-tazione degli alloctoni quale il siluro d’Europa, organizzazione dei campi di ga-ra, presidio e vigilanza, monitoraggio ittico e ambientale in collaborazione conl’Università e con l’ARPA.A fronte di tali attività la Provincia di Ferrara, anche attraverso le risorse finan-ziarie regionali, contribuisce alle spese vive sostenute dalle Associazioni, qualiacquisto di mezzi, carburanti, attrezzature di campagna e materiali, rendendocosì efficace, capillare e tempestiva la preziosa ed insostituibile opera di parte-cipazione del volontariato in questo campo.A titolo di esempio, si riportano (vedi Tabella 2) i dati relativi ai recuperi del-la fauna ittica effettuati dalle squadre di volontari dell’Arci Pesca Fisa provin-ciale nel corso del 2005, che hanno permesso la salvaguardia di oltre 381 quin-tali di pesce.

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Mese Canale di recupero/Località Specie

Ottobre Ponte Rosso Lagosanto CefaliCanale Cembalina- Marrara, Spiazzino Persico soleSottobotte Andio-CoccanileCanale Alberone-JolandaBosco Eliceo-Vaccolino St. RomeaValle Isola-LagosantoVolania, S. GiuseppeCanale Menate-FiloLongastrinoDominante-CodaCondotto JolandaCanale Biffi-JolandaCanale Magnone-JolandaCondotto Contuga-BerraCanale di Cento-BondenoCavo NapoleonicoCanali Com. Mesola

Novembre Canale Cembalina CarpaCanale Cembalina-Marrara Siluro

Dicembre Canali 11, 13, 14 CarpaValle Pega Pesce gatto

Totale

(*) Ad eccezione del siluro d’Europa ed altri alloctoni.

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500 tabelle segnaletiche

Apposizione di segnaletica informativa sulle zonedi pesca del reticolo idrografico ferrarese classificate nella Carta ittica provinciale Nell’ambito della revisione della Carta ittica provin-ciale attuata nel 2005, è stato realizzato un progettoche ha previsto l’apposizione di segnaletica di loca-lizzazione territoriale con cui sono stati tabellati iprincipali corsi d’acqua della Provincia e le zone ditutela della fauna ittica. Tale progetto si è reso ne-cessario al fine di consentire una diffusa conoscenzadel sistema idrografico provinciale in quanto, in ap-plicazione dell’art. 22 comma 4° della Legge Regio-

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Quantità Canale di reimmissione (*)

0,14 quintali0,50 quintali

2,80 quintali Torniano-Poggio Renatico2,25 quintali Taglione S. Nicolò

1,70 quintali Valle Lepri-Ostellato1,25 quintali

321,28 quintali

Fossa FormignanaGuagnino-VolaniaCanale S. Nicolò-MedelanaAcque Alte Zaffo-JolandaNaviglioCavo NapoleonicoCanale di CentoPo di PrimaroCanale Viadara

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nale n. 11 del 1993 “Tutela e sviluppo della fauna ittica e regolazione della pescain Emilia-Romagna”, si è inteso divulgare in maniera efficace la conoscenza del-la toponomastica dei canali e di alcuni siti rilevanti (quali idrovore, ponti, chiuse,ecc.) che identificano in modo inequivocabile il bacino idrografico provinciale.Tale necessità è emersa dal fatto che, attraverso la pubblicazione di oltre 20.000copie della nuova Carta ittica provinciale, è stata fornita ad ogni possessore di li-cenza di pesca la possibilità di conoscere nel dettaglio i siti idonei all’attività pi-scatoria rendendo chiaramente riconoscibili i nomi dei canali. Il progetto ha per-messo la posa di circa 500 tabelle segnaletiche, che assumono nel contempo an-che una funzione informativa sulla geografia del nostro paesaggio.

Controllo e stoccaggio del gambero rosso della Louisiana

Progetto sperimentale per la limitazione, lo stoccaggio e lo smaltimentodel gambero rosso della Louisiana a scopo di riequilibrio ittico e di conservazione delle specie autoctonedi Giuseppe Castaldelli, Sara Mantovani, Mattia Lanzoni, Elena Rizzati, Remigio Rossi (Dipartimento di Biologia, Università degli Studi di Ferrara)

L’introduzione di specie alloctone di gamberi d’acqua dolce è un fenomeno mol-to diffuso che esercita significativi effetti sulle comunità residenti (Holdich,1987; Axelsson et al., 1997), risultando addirittura più destabilizzante di fortimodificazioni ambientali o fenomeni legati all’eutrofizzazione (Rodríguez et al.,2005). La loro presenza in ambienti naturali ha fortemente modificato le comu-nità di invertebrati (Barbaresi e Gherardi, 2000; Gil-Sánchez e Alba-Tercedor,2002; Renai e Gherardi, 2004), pesci (Guan e Wiles, 1997; Renai e Gherardi,2004) ed anfibi (Axelsson et al., 1997), nonché la struttura del sedimento e le ca-ratteristiche della colonna d’acqua (Angeler et al., 2001; Rodríguez et al., 2003).In Italia la presenza del gambero rosso della Louisiana Procambarus clarkii (Gi-rard) è stata evidenziata in molti corsi d’acqua nel Nord e nel Centro della peni-sola (Gherardi et al., 1999), dove le popolazioni sembrano ancora in espansione.In particolare, la diffusione di tale specie nel basso corso del Po (Nobile, 1997)e nel delta (Mazzoni et al., 1997) è stata confermata da numerose segnalazioni apartire dalla fine degli anni novanta. Un’ampia porzione del Delta del Po fa par-te del territorio della Provincia di Ferrara dove Procambarus clarkii è stato cat-turato da pescatori dilettanti e professionisti sin dal 1996, come documentato dalServizio provinciale di Protezione Flora e Fauna. Questo studio ha interessato ta-le ambito territoriale ed in particolare sono state considerate la distribuzione diProcambarus clarkii a meno di una decade dall’introduzione, nonché le relazio-

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ni tra distribuzione e para-metri abiotici e biotici e l’eu-trofizzazione. I punti sopradescritti sono stati utilizzatiper la compilazione di unquadro descrittivo e per laformulazione di ipotesi per ilcontrollo della specie.

Dati storiciIl gambero indigeno Austro-potamobius italicus (Lere-boullet), appartenente alcomplesso di A. pallipes, eradistribuito in tutta la peniso-la (Gherardi et al., 1999; Grandjean et al., 2000; Largiadér et al., 2000). Non so-no però disponibili dati storici relativamente alla sua presenza nel Delta del fiu-me Po, dove era scarsamente diffuso probabilmente in relazione alle elevate tem-perature e basse concentrazioni di ossigeno tipiche di questi ambienti durante ilperiodo estivo, che risultano restrittive per la specie, a prescindere dall’aumentodella trofia che ha interessato l’area negli ultimi decenni (Nobile, 1997).

Metodi di campionamentoPer descrivere un’ampia gamma di fattori biotici ed abiotici che possono in-fluenzare la distribuzione di Procambarus clarkii, in relazione a quanto ripor-tato in studi precedenti (ad esempio, Gutiérrez-Yurrita e Montes, 1998; Gil-Sán-chz e Alba-Tercedor, 2002; Light, 2003), sono stati selezionati 46 siti localiz-zati su 38 corsi d’acqua. I campionamenti sono stati effettuati nel periodo mag-gio-giugno del 2004 e del 2005. In questo periodo, compreso tra la tarda pri-mavera e l’inizio dell’estate, negli ambienti studiati il gambero rosso è molto at-tivo e la rappresentatività del campionamento non è influenzata da eventi inde-siderati quali piene, frequenti in marzo, aprile e ottobre, e ipossia nella colonnad’acqua, tipica della piena e tarda estate, come evidenziato in più occasioni inluglio ed agosto (dati non mostrati).Dopo uno studio pilota condotto nel 2003 in cui sono state valutate attenta-mente alcune caratteristiche dell’ambiente oggetto di studio, si è deciso di uti-lizzare per il campionamento gabbie con esche, seguendo le procedure di cam-pionamento di popolazioni di gamberi di acqua dolce (Reynolds e Matthews,1993; Holdich e Domaniewski, 1995; Lappalainen e Pursiainen, 1995) che si ri-fanno alle tecniche di cattura messe a punto dai pescatori professionisti del sud

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Mappa della Provincia di Ferrara. In nerettosono indicati i corsi d’acqua campionati nel corso di questa attività sperimentale.

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degli Stati Uniti. Inizialmente, è stata verificata l’efficienza di due tipi di trap-pole costruite in plastica (40x25x25 cm, rete con maglia di 0,3 cm) o in acciaioinox (cilindriche, 80x35 cm, rete con maglia di 1x2 cm), munite di due apertu-re opposte per permettere l’entrata dei gamberi (Fjälling, 1995) ed un’aperturacentrale per estrarli. I campionamenti replicati sono stati effettuati con set ditrappole (n = 5) di ciascuno dei due tipi, utilizzando come esca una scatoletta dicibo per gatti con piccoli fori (3-5 mm), tali da permettere l’azione attrattiva im-pedendo ai gamberi di mangiarne il contenuto. Le trappole sono state posizio-nate durante il pomeriggio e raccolte il giorno seguente.L’analisi statistica (ANOVA) ha evidenziato l’assenza di differenze significati-ve nell’efficienza di cattura delle due tipologie di trappola (d.f. = 1, 32; F = 0,212; P>0,05). Di conseguenza, l’attività sperimentale è stata effettuatautilizzando il modello in plastica, più leggero, pieghevole e più facile da tra-sportare. Ogni stazione è stata campionata posizionando cinque trappole, posi-zionate nel sottoriva a 50 metri l’una dall’altra e lasciate in pesca per 24 ore.Per ciascun animale catturato, sono stati misurati la lunghezza del carapace(dall’apice del rostro alla parte posteriore del cefalotorace) e quella totale (dal-l’apice del rostro al telson), utilizzando un calibro (risoluzione 0,1 mm) ed il pe-so utilizzando una bilancia elettronica (risoluzione 0,1 g). Prima di effettuare lamisura, l’eccesso di acqua è stato rimosso appoggiando gli individui su carta as-sorbente. Infine, è stato definito il sesso ispezionando il primo e secondo paiodi pleopodi.In ogni sito di campionamento sono stati misurati: velocità di corrente (cm sec-1, correntometro ad elica, modello Open Stream Current Meter 2100), lar-ghezza ed estensione della fascia ripariale vegetata, principalmente a Phrag-mites australis (m; Leica 10x42 Geovid BRF Binocular Laser Rangefinder oasta metrica galleggiante), profondità (m), temperatura (°C), conduttività (µS),

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Esemplari di Procambarus clarkii.

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pH, O2 (mg l-1 e % di satura-zione) con sonda multipara-metrica (Ocean Seven, 316,Idronaut, Brugherio, Mi,Italia).La comunità ittica è statacampionata in ogni sito, damarzo a ottobre 2004 e2005, utilizzando vari meto-di, cogolli, bertovelli, trama-gli, reti da posta ed altre ti-pologie di reti da pesca, inrelazione alle caratteristichedel sito. In molte occasioni,alla fine del periodo irriguo(settembre-ottobre) è stato possibile recuperare l’intera comunità, svuotando ilcanale. In tali occasioni, i dati sono stati confrontati con quelli raccolti con lereti, negli stessi siti o in siti appartenenti allo stesso sottobacino, nello stessomese, senza evidenziare differenze significative (P<0,05), per le specie che co-stituivano il 90% della biomassa totale. Tutti gli individui catturati sono staticlassificati in accordo con Berg (1932), Sterba (1962) e Gandolfi et al., (1991).In particolare, per le finalità di questo studio sul gambero rosso, è stata consi-derata l’abbondanza del siluro, Silurus glanis (Linnaeus), come percentuale del-la biomassa totale.

Risultati principaliIn totale sono stati catturati 1153 esemplari, in 36 date di campionamento. Pro-cambarus clarkii è risultato essere l’unica specie di gambero presente nel Del-ta del Po, sebbene alcuni anni fa fosse stata registrata la presenza di Orconec-tes limosus (Rafinesque) in uno stagno da pesca e in un torrente in Provincia diBologna (Nobile, 1997) nonché in alcuni fiumi della bassa pianura veronese, acirca quaranta km dal confine con la Provincia di Ferrara (Confortini e Natali,1995; Confortini, 1996) dove è ancora presente ma con bassissime densità, do-po l’introduzione del gambero rosso (Castaldelli, dati non pubblicati).Procambarus clarkii è risultato presente in 37 siti sui 46 campionati, con den-sità massima di 12 ind. trap-1. La lunghezza media totale e del carapace era ri-spettivamente 56,68 ± 38,19 mm e 26,43 ± 17,65 mm; il peso medio era di12,17 ± 9,56 g.Il rapporto sessi di circa 1 (53,7% femmine e 46,3% maschi), sebbene in disac-cordo con i risultati riguardanti popolazioni di Procambarus clarkii recentemen-

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Nasse utilizzate per i campionamenti del gambero rosso della Louisiana.

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te introdotte a latitudini simili, dove le femmine sono risultate più abbondanti deimaschi (Anastacio e Marquez, 1995; Fidalgo et al., 2001), trova conferma nelleosservazioni di Penn (1943) riguardanti zone umide della Louisiana.Durante il periodo di campionamento (maggio-giugno) non sono mai state ri-trovate femmine con uova o forme giovanili, la cui presenza è stata invece evi-denziata, in agosto in entrambi gli anni, in occasione dei campionamenti dellafauna ittica, due mesi prima del massimo periodo di reclutamento, in ottobre,secondo quanto indicato da Penn (1943) e Huner (1978) in Louisiana e da Ana-stacio e Marquez (1995) e Fidalgo et al., (2001) in Portogallo dove le condi-zioni climatiche più miti consentono il prolungamento del ciclo riproduttivo fi-no ad autunno inoltrato.La densità del gambero rosso è risultata negativamente correlata con la bio-massa del siluro, Silurus glanis (r = -0,261, g.l. = 82; P < 0,01).Silurus glanis, sempre presente nei siti di campionamento con biomassa varia-bile tra il 2 e l’88% del totale, è risultato essere l’unico predatore di Procam-barus clarkii, mentre persico trota, Micropterus salmoides Lacépède, e luccio,Esox lucius Linnaeus, sono stati occasionalmente catturati, e nell’intero perio-do hanno presentato biomassa al di sotto dello 0,01% del totale. L’analisi deicontenuti stomacali degli esemplari di Silurus glanis catturati ha presentato il71% di positività per Procambarus clarkii.

DiscussioneLa distribuzione omogenea, la densità relativamente alta in tutti i siti e la man-canza di differenze significative tra i due anni di campionamento, indicano unbuon grado di acclimatazione del Procambarus clarkii nel territorio di studio.Densità, lunghezza e peso medi sono risultati simili a quelli evidenziati in altriambienti recentemente invasi e a simile latitudine (Gil-Sánchez e Alba-Terce-dor, 2002; Harper et al., 2002; Light, 2003).L’impatto del gambero rosso sulle componenti biotiche dell’ambiente di studioè risultato molto peculiare; per esempio, l’atteso declino e/o scomparsa dellemacrofite, per sovrapascolo (Harper et al., 2002; Rodríguez et al., 2005) o co-me conseguenza della risospensione del sedimento e risultante aumento di tor-bidità (Rodríguez et al., 2003) ed il generale calo di qualità dell’acqua, non sisono verificati. Infatti, nei canali studiati, le macrofite avevano iniziato un len-to e inesorabile declino già negli anni ’80 probabilmente relazionabile a varieazioni fisiche di disturbo, dall’introduzione di carpa erbivora, Ctenopharingo-don idellus Valenciennes, all’aumento di frequenza e di efficienza delle prati-che di taglio della vegetazione della riva e del fondale, in relazione all’introdu-zione di bracci decespugliatori e di benne falcianti.In tale periodo, parallelamente alla scomparsa delle piante acquatiche sommer-

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se, si è verificato l’aumento delle microalghe sospese nella massa d’acqua (fi-toplancton) ed il relativo incremento di torbidità. Ciò ha sostanzialmente cam-biato la struttura architettonica, la qualità della sostanza vegetale prodotta e lemodalità di assimilazione e trasferimento della stessa nella rete alimentare deicanali del delta ferrarese ed in generale della bassa padana. Inoltre, questa “so-stituzione” delle piante acquatiche sommerse da parte delle microalghe fito-planctoniche ha portato all’instaurarsi di condizioni di ipossia ed anossia a li-vello dello strato d’acqua prossimo al sedimento in tarda primavera ed estate,come evidenziato in più occasioni da profilazioni verticali della colonna d’ac-qua con sonda multiparametrica, effettuate poco prima dell’alba, coincidentecon un momento di maggior rischio per mancanza di ossigeno (Mantovani etal., 2004; Mantovani, 2005).In relazione alla notevole plasticità alimentare (Nyström et al., 1996; Nyström,1999; Parkyn et al., 2001; Correira, 2002; Rodríguez et al., 2005), più che agi-re come una forzante esterna, il gambero rosso della Louisiana ha saputo adat-tarsi ed utilizzare le abbondanti risorse alimentari di un sistema ipertrofico for-temente artificializzato, adattandosi anche ad un regime di disturbo che avevaprecedentemente portato alla semplificazione e rarefazione della comunità itti-ca. In particolare, Procambarus clarkii si è insediato occupando nicchie ecolo-giche parzialmente vuote, divenendo il principale legame tra la produzione pri-maria fitoplanctonica, che arricchisce continuamente in forma di detrito fine ilsedimento superficiale e mantiene la semplificata comunità di invertebrati ben-tonici ad esso associata (Chironomidi e Oligocheti che rappresentano il 97%dell’abbondanza totale; Mantovani, dati non pubblicati) ed i predatori finali,principalmente il siluro.Negli ecosistemi studiati altri fattori, quali l’estrema compartimentalizzazioneper presenza di sostegni ed impianti idrovori, il frequente escavo e riseziona-mento del fondale e la riduzione dei livelli idrici in inverno, se da un lato han-no contribuito alla semplificazione della comunità ittica (quattro specie rappre-sentano il 91% della biomassa totale) ed alla riduzione e scomparsa degli anfi-bi (Mazzotti, 1993) e dei rettili, al contrario, non hanno limitato la diffusione diProcambarus clarkii, capace di percorrere grandi distanze fuori dall’acqua percercare nuovi ambienti da colonizzare (Hazlett et al., 1974; Hazlett et al.,1979), di riprodursi rapidamente (Huner e Lindqvist, 1995) e di resistere a con-dizioni ambientali estreme, quali le basse concentrazioni di ossigeno (Huner eBarr, 1991) ed i periodi di prosciugamento (Claire e Wroiten, 1978).In altre parole, le condizioni ambientali estremamente limitative per la fauna it-tica, che caratterizzano buona parte della rete consortile di canali, ed in parti-colare va menzionato lo svaso completo al termine della stagione irrigua, giàprima dell’introduzione del gambero rosso della Louisiana, avevano ridotto al

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minimo l’elenco dei potenziali competitori e soprattutto quello dei potenzialipredatori, offrendo a questa specie, comunque fortemente invasiva, un am-biente di facile colonizzazione perché ricco di risorse alimentari e privo dicompetitori. A conferma, si consideri la relazione negativa tra la abbondanza del siluro equella del gambero: dove c’è un predatore, il siluro in questo caso, il gamberoè poco o per niente presente. Il dato è stato peraltro confermato dalla positivitàdell’analisi dei contenuti stomacali (71% di stomaci controllati contenenti restidi gambero).

Conclusioni ed ipotesi di intervento Di fronte alla rapida diffusione del gambero rosso nel Delta del Po, risulta chia-ra la necessità di introdurre forme di controllo, peraltro di non facile applica-zione considerando che le tecniche più comunemente impiegate (Gherardi eAngiolini, 2002), come la costruzione di barriere per prevenire la diffusione el’alterazione di habitat limitrofi non sono efficaci nel caso di questa specie e so-prattutto nel contesto ferrarese, dove la presenza in tutti i corsi d’acqua di nu-merosi sbarramenti non ha limitato minimamente gli spostamenti di Procam-barus clarkii. Inoltre, data la vasta distribuzione della specie non è possibile utilizzare bioci-di, come gli insetticidi organoclorurati o organofosfati, che tendono a bioaccu-mulare e possono avere effetti tossici su tutti gli altri organismi presenti. Anche la rimozione meccanica, utilizzando trappole selettive, che rappresente-rebbe la tecnica meno pericolosa per l’ambiente, richiederebbe un enorme sfor-zo di cattura, sostenibile solo avendo la possibilità di sfruttare commercialmen-te il gambero rosso, come avviene in altri sistemi europei (ad esempio, Kirja-vainen e Sipponen, 2004). In ogni caso, questo intervento potrebbe solo limita-re la specie ma non eradicarla. Sul breve e medio termine, quindi, di fronte all’emergenza ambientale legata ainotevoli danni alle arginature di canali e risaie dovuti allo scavo delle tane, piùefficace e a basso costo potrebbe essere il contenimento biologico, utilizzandospecie ittiche che predano il gambero. In quest’ottica risulta fondamentale valutare l’efficacia dei potenziali predatorisulle varie taglie del gambero. Tra le specie autocotone, al luccio spetta il ruo-lo di elezione, essendo in grado di predare tutti gli stadi del gambero rosso. Tut-tavia, fatta esclusione per pochi corsi d’acqua, non è pensabile di poter ottene-re nel breve periodo il ripristino di condizioni ambientali tali da permettere alluccio di riprodursi e raggiungere le densità che presentava alcuni decenni orsono e ciò ipoteca l’impiego di questa specie. L’anguilla è l’altra specie autoc-tona che potrebbe esercitare un efficace contenimento del gambero, soprattutto

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agendo su taglie piccole e medie. Come noto l’anguilla resiste bene anche inambienti fortemente impattati, riuscendo a superare situazioni critiche quali re-pentine riduzioni delle quote idriche, ricolonizzando l’ambiente qualora l’acquasia nuovamente rilasciata. Tuttavia, la riduzione di circa il 99% della rimontanaturale del novellame, la ridotta consistenza dello stock di riproduttori, e laconseguente scarsità e difficoltà di reperimento di novellame da semina, rendo-no improbabile il ripopolamento di questa specie al fine di controllare l’espan-sione del gambero rosso. Per quanto riguarda i predatori alloctoni, nel bacino ferrarese e padano sonopresenti numerose specie “utili”, in ordine di abbondanza: il siluro, il lucioper-ca (potenzialmente, visto che al presente non disponiamo di dati sperimentali ariguardo), il pesce gatto ed il persico trota.Mentre il siluro e il lucioperca prediligono i canali di sezione e profondità mag-giori, dove infatti il gambero è stato riscontrato con le densità più basse, il per-sico trota ed il pesce gatto potrebbero servire da “alleati” nei canali di ridottasezione. Per il primo, tuttavia, si riscontrano gli stessi problemi citati per il luc-cio, con difficoltà di intervento nel breve termine. Differentemente, il pesce gat-to, così ampiamente apprezzato il Emilia-Romagna da far pensare ad una suanaturalizzazione e protezione, ha mostrato interessanti segnali di ripresa negliultimi anni. L’azione di questa specie sul gambero rosso della Louisiana si ri-volge raramente agli adulti, predabili solo da esemplari di pesce gatto di 2-3 et-ti, mentre colpisce efficacemente gli stadi giovanili, nel primo anno di vita. Par-

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Tane di Procambarus clarkii sulle arginature di una risaia.

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ticolarmente interessante risulta la recente osservazione, eseguita in campo,che gli stadi giovanili del gambero trovano condizioni elettive per la crescitanei canali di ridottissima sezione e profondità (< 1m, < 20-30 cm), dove diffi-cilmente si insedia la fauna ittica, ad eccezione però dei giovanili di pesce gat-to (0+, 1+) che come il gambero utilizzano questi canali come zone di crescita.Allo stato attuale, la ricostituzione di abbondanti stock di pesce gatto appare ot-tenibile mantenendo nei canali consortili un battente idrico compatibile con losverno che, in relazione alla capacità di affossarsi, corrisponde al limite di soli20-30 cm e, dove possibile, di 40-50 cm, sufficienti per limitare la predazioneda parte degli uccelli ittiofagi. Per concludere, alla luce dei risultati ottenuti si ritiene che il contenimento delgambero rosso della Louisiana in Provincia di Ferrara, così come nell’area pa-dana dove si riscontrano simili condizioni ambientali, al presente possa essereeffettuato favorendo il mantenimento di una comunità ittica diversificata, do-ve luccio, anguilla e persico trota siano ben rappresentati. Nei casi in cui un in-tervento di questo tipo non risultasse attuabile nel breve periodo, il solo man-tenimento di un battente idrico invernale di 20-50 cm faciliterebbe comunquela ripresa di popolazioni di pesce gatto tali da limitare il gambero rosso dellaLouisiana.

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Esemplari femmina e nuovi nati di Procambarus clarkii.

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LA PROVINCIA DI FORLÌ-CESENAdi Francesco Zaccanti, Giovanni Rossi, Giorgio Marchesan e Enzo Boschieri

Progetto barbo

Lo stato del barbo nella Provincia di Forlì-CesenaLe specie del genere Barbus nelle acque montane e collinari della Provincia diForlì-Cesena sono state oggetto di un’indagine che è partita dai dati dei cam-pionamenti ittici eseguiti nel periodo 1998-2004 nell’ambito di diversi progetti(Carta ittica della zona D, Carta ittica della zona C, Consistenza e dinamica del-le popolazioni di trota di torrente, Stato ed evoluzione degli ambiti protetti). Nelbiennio 2003-2004 sono stati inoltre eseguiti rilevamenti e prelievi finalizzatiad analisi dei caratteri morfologici meristici, dei caratteri genetico-tassonomicie dell’attività gonadica.Il quadro complessivo emerso presenta un certo grado di complicazione per lapresenza nei popolamenti di entità tassonomiche problematiche. Infatti, secon-do le opere classiche di riferimento (Tortonese e Gandolfi), nell’ittiofauna ita-liana il genere Barbus è rappresentato da due sole entità, il barbo comune e ilbarbo canino, con dignità di “buone specie”. Nei bacini idrografici della Pro-vincia invece, secondo i risultati dell’analisi molecolare, risultano presenti al-meno tre distinti genomi mitocondriali, quelli del barbo comune, del barbo eu-ropeo e del barbo tiberino, quest’ultimo limitato alle acque del versante tirreni-co (alto bacino del Tevere). Nel complesso dei risultati ottenuti, cui deve esse-re attribuito valore preliminare, non è stato possibile rinvenire sequenze attri-buibili al barbo canino: alcune ipotesi formulate su base morfologica o su indi-cazioni di diversa origine su popolazioni dell’Uso, dell’Olmo, del Tevere e delTeveriola non hanno trovato conferme genetico-molecolari, mentre non è statoancora possibile analizzare da questo punto di vista esemplari “sospetti” delGualchiere.

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La prima parte di questa relazione presenta i risultati su distribuzione, struttura edinamica delle popolazioni di Barbus sp nelle acque interne della Provincia. Laseconda parte della relazione viene dedicata alle problematiche tassonomicheemerse e comporta la comparazione dei risultati genetico-molecolari, con quellidelle analisi morfologiche dei caratteri diagnostici qualitativi e quantitativi.

Prima parte: distribuzione ed entità delle catture

La banca dati disponibile è costituita da 162 campionamenti ittici eseguiti contecniche di elettropesca nel periodo 1998-2004 in stazioni distribuite nelle ac-que della Provincia in un intervallo altitudinale compreso tra 16 e 1.070 m slm.Un totale di 2.940 esemplari di Barbus sp (pari a 153 kg) sono stati rinvenuti in118 campionamenti distribuiti in un intervallo altitudinale compreso tra 16 e620 m slm. Le Tabelle 1 e 2 riportano in sintesi i risultati dei campionamentipositivi per la presenza di barbi.

La Provincia di Forlì-Cesena

bac

ini

e

sott

obac

ini

den

sità

to

tale

(n/m

q)

+/-

ds

bio

mas

sa

toto

tale

(g

/mq

)

+/-

ds

den

sità

dei

bar

bi

(n/m

q)

+/-

ds

%

bio

mas

sa d

ei

bar

bi

(g/m

q)

+/-

ds

%

Lamone 0,472 0,353 16,70 15,69 0,070 0,072 14,7 3,69 5,79 26,5

Montone 0,337 0,277 12,43 12,05 0,034 0,035 10,6 1,84 2,35 30,1

Rabbi 0,507 0,543 13,67 11,78 0,039 0,024 14,4 2,11 2,25 17,7

Bidente-Ronco 0,252 0,207 7,74 11,63 0,039 0,054 14,1 1,59 3,60 29,0

Savio 0,183 0,134 6,61 7,47 0,031 0,040 16,7 2,40 4,55 25,7

Tevere 0,295 0,266 3,75 3,78 0,096 0,099 29,0 2,13 2,67 42,8

Tabella 2 - Densità media e biomassa media di barboe relative percentuali sul totale delle catture ittiche per bacini e sottobacini.

Tabella 1 - Distribuzione ed entità numerica e ponderale delle catture ittiche e delle catture di barbo per bacini e sottobacini.

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Nella Tabella 1 la distribuzione dei barbi è indicata dall’intervallo altitudinalein cui sono distribuite le stazioni e dall’altitudine media (± ds) ponderata ri-spetto ai quantitativi catturati.Nella Figura 1 sono rappresentate le altitudini medie di distribuzione del barbonei diversi bacini e sottobacini considerati. Appare evidente, pur tenendo contodella distribuzione non omogenea dei campionamenti e della particolarità deidati riguardanti l’alto bacino del Tevere, una tendenza allo spostamento versol’alto dell’areale del barbo che procede più o meno regolarmente da ovest ver-so est, dal Lamone verso il Savio, in accordo con il gradiente termico marino-continentale, che condiziona ad esempio la coltura dell’ulivo.Nella Tabella 2 sono riportati i valori medi di densità e di biomassa (± ds) otte-nuti a partire dai dati dei singoli campionamenti. Il quadro ottenuto mette in evidenza per il barbo una sostanziale omogeneità deivalori di densità, di biomassa e delle relative percentuali rispetto al complessodelle catture ittiche nei diversi bacini e sottobacini della Provincia. Fa eccezio-ne l’alto bacino del Tevere, sicuramente disomogeneo rispetto alle altre situa-zioni indagate.

Struttura e dinamica di popolazione A partire dai dati rilevati, è stata possibile la costruzione della curva di catturariportata nella Figura 2.La proporzionalità tra catture e consistenza delle popolazioni è proponibile peresemplari di lunghezza uguale o superiore ai 10 cm. Per gli esemplari di di-mensioni inferiori la catturabilità si riduce fortemente.

La Provincia di Forlì-Cesena

0

100

200

300

400

500

600

700

Lam

on

e

Mo

nto

ne

Rab

bi

Bid

ente

-

Ro

nco

Sav

io

Tev

ere

alti

tud

ine

(m.

slm

numero

peso

Figura 1 - Distribuzione altitudinale degli areali del barbonei bacini e sottobacini della Provincia di Forlì-Cesena.

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Funzione di accrescimento di Von Bertalanffy(1) (VBGF) Per la valutazione della lunghezza asintotica (Loo) e dell’indice di accrescimento(k) sono stati utilizzati i risultati di una analisi scalimetrica eseguita su campioniprelevati nell’ambito dei rilevamenti dell’anno 2004. Nella Figura 3 è riportato unesempio di analisi scalimetrica. I valori dei parametri ottenuti con il metodo Ford-Walford(2) secondo Pauly(3) sono i seguenti:

Loo = 582 mmk = 0.146

Dall’equazione VBGFLt = 582 * (1-e^(-0.146*t)

in cui “Lt” rappresenta la lunghezza media di unesemplare di età “t”, è stata ottenuta la Tabella 3.

Relazione lunghezza-pesoI parametri della relazione lunghezza-peso sonostati calcolati nella forma seguente, utilizzandotutti i dati disponibili.

Ln (W) = 2.929*Ln (L) – 11.309con un coefficiente di relazione R = 0.997.

La Provincia di Forlì-Cesena

0

100

200

300

0 10 20 30 40 50 6

lunghezza (cm)

fre

qu

en

za

(nu

me

ro)

0

Figura 2 - Curva di cattura di Barbus sp nella Provincia di Forlì-Cesena.

(1) Bertalanffy L. (von), 1938.(2) Ford E., 1933. Walford, L.A., 1946.(3) Pauly D., 1984.

Tabella 3 - Accrescimentoin lunghezza di Barbus sp delle acque della Provincia

di Forlì-Cesena in funzione dell’età.

età (t) Lunghezza

anni mm

1 79

2 147

3 207

4 258

5 302

6 340

7 373

8 401

9 426

10 447

11 465

12 481

13 495

14 507

15 517

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Il valore del coefficiente angolare si avvici-na al valore atteso di 3, che dimostra unostato di forma ottimale. Nella Tabella 4 è ri-portata la proiezione dei pesi medi alle di-verse età.

MortalitàLa mortalità generale è stata stimata secon-do il modello Nt = No * e^(-Z*t) in cui Nt èil numero di individui sopravvissuti al com-pimento dell’età “t”, “No” è il numero ini-ziale e “Z” è l’indice di mortalità. Per il cal-colo del valore dell’indice di mortalità “Z”,sono stati utilizzati la parte discendente del-la curva di cattura e i valori della VBGF.Nella Figura 4 è rappresentata l’elaborazio-ne che porta ad una stima di “Z” pari a0.621, che equivale ad una sopravvivenza dianno in anno del 53.8%.

La Provincia di Forlì-Cesena

Figura 3 - Scaglia di un esemplare di barbo di 411 mm di lunghezza e di 587 g di peso, catturato nella stazione Rabbi 170 il 7 aprile 2004, giudicato di età 9+. Le linee nere

individuano le intersezioni degli annuli sul raggio della scaglia (linea rossa).18X.

età (t) Lunghezza Peso

anni mm g

1 79 4

2 147 27

3 207 71

4 258 135

5 302 214

6 340 303

7 373 397

8 401 493

9 426 586

10 447 676

11 465 760

12 481 838

13 495 910

14 507 974

15 517 1033

Tabella 4 - Relazioni lunghezza-peso di Barbus sp nelle acque della Provincia

di Forlì-Cesenaper età progressive.

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BiomassaDall’insieme delle elaborazioni svolte può essere costruito un modello della di-namica di popolazione di Barbus sp nelle acque della Provincia di Forlì-Cese-na (Figura 5).Dal modello emerge la dimensione critica, sotto la quale un eventuale prelievoalieutico di dimensioni massicce comprometterebbe la consistenza delle popo-

La Provincia di Forlì-Cesena

y = -0,6208x + 6,1161

R2 = 0,9544

0

1

2

3

4

5

6

7

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 1

Età relativa alla lunghezza (anni)

ln(N

)

0

Figura 4 - Mortalità generale di Barbus sp nelle acque della Provincia di Forlì-Cesena.I cerchi pieni rappresentano valori utilizzati, quelli vuoti rappresentano

valori eliminati dal calcolo dell’equazione “Ln(Nt)=Ln(No)-Z*t. L’ascissa “Età relativa alla lunghezza” è stata ottenuta con la VBGF.

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15

età (anni)

%suivalo

rim

assimi

lunghezza

peso

numero

biomassa

Figura 5 - Modello di dinamica di una coorte coetanea di Barbus sp nelle acque della Provincia di Forlì-Cesena. Il massimo di biomassa si realizza alle età 3+ e 4+.

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lazioni e sopra la quale il prelievo potrebbe essere tollerato. In altre parole, da-to che il massimo di biomassa viene raggiunto per ogni coorte coetanea alle età3+ e 4+, con una lunghezza media di circa 26 cm, tale dimensione potrebbe es-sere quella da adottare come limite minimo per le catture in un’ottica di con-servazione estrema.

FeconditàAnalisi istologiche delle gonadi hanno permesso le seguenti valutazioni:� esemplari di sesso femminile di dimensioni inferiori ai 19 cm di lunghezza

presentano ovari immaturi nel periodo riproduttivo. Femmine di lunghezzeuguali o superiori ai 19 cm presentano invece quadri di maturazione ovarica(Figura 6) con una fecondità generale stimata in 101+ 48 (dev. st.) uova pergrammo di peso corporeo.

La Provincia di Forlì-Cesena

Figura 6 - Istologia di un ovario di Barbus sp di 218 mm di lunghezza e 99 g di peso, catturato nella stazione Rabbi 170 il 24 giugno 2004. Sono presenti ovociti in avanzato

stadio di maturazione (punto rosso), prossimi alla deposizione, accanto ad ovociti in stadi intermedi (punti azzurri) e in stadi iniziali di maturazione (punti verdi). 110X.

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� Maschi di dimensioni uguali o superiori a 9 cm di lunghezza presentano te-sticoli maturi con chiari quadri di spermatogenesi in atto. La precoce matu-razione sessuale dei maschi è confermata nei rilevamenti tardo primaverili dafrequenti riscontri di maschi fluenti di dimensioni riferibili alla classe 1+ (8-11 cm di lunghezza).

Ne deriva una stima dell’età di raggiungimento della maturità sessuale in 1+ peri maschi e in 3+ per le femmine, con un rapporto sessi dei riproduttori vicino a

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Tabella 5 - Specie e sottospecie nominali appartenenti alla fauna autoctona.

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3:1 a favore dei maschi (3.46:1). Le popolazioni di Barbus sp delle acque del-la provincia di Forlì-Cesena non sembrano presentare problemi riproduttivi, co-me si evince dalla costante presenza di novellame constatata nei rilevamenti.

Seconda parte: analisi sistematica e molecolare

TassonomiaIl genere Barbus è presente in Europa, Asia ed Africa con numerosissime spe-cie, a diverso grado di ploidia, con endemismi e sottospecie che mostranoun’alta variabilità morfologica, caratteri meristici talora sovrapposti(4) e possi-bilità di ibridazione(5). Tale complessità si traduce in una tassonomia incerta più volte soggetta a revi-sione, così che in Italia dal 1819 ad oggi sono state descritte almeno 11 fra spe-cie e sottospecie nominali appartenenti alla fauna autoctona(6,7) (Tabella 5).Considerando omonimie e sinonimie, tale elenco può essere ricondotto a due/treforme distinte, queste a loro volta sono da taluni considerate buone specie e datalaltri sottospecie: barbo comune, barbo tiberino e barbo canino.A titolo esplicativo, in Tabella 6 è riportato un quadro riassuntivo dei punti divista di quattro Autori: Tortonese, Gandolfi(8), Bianco e Zerunian(9).

Barbo comune e barbo tiberinoIl barbo comune viene considerato da Tortonese nel 1970 sottospecie del barboeuropeo Barbus barbus (L.), una ventina di anni dopo Gandolfi lo eleva al ran-go di specie Barbus plebejus. Quest’ultima tesi è condivisa sia da Bianco che

La Provincia di Forlì-Cesena

(4) Machordom A., Doadrio I., 2001. Tsigenopoulos C.S., Berrebi P., 2000.(5) Tsigenopoulos C.S., Berrebi P., 2002.(6) Tortonese E., 1970.(7) Bianco P.G., 1995a.(8) Gandolfi G., Zerunian S., Torricelli P., Marconato A., 1991.(9) Zerunian S., 2002.

Tortonese, 1970 Gandolfi et al., 1991 Bianco, 1995 Zerunian, 2002

Barbus barbus plebejus Barbus plebejus Barbus plebejus Barbus plebejus

Valenciennes, 1819 (Bonaparte, 1839) Bonaparte, 1839 Bonaparte, 1839

Barbus tyberinus Barbus plebejus

(Bonaparte, 1839) Bonaparte, 1839

Barbus meridionalis Barbus meridionalis Barbus caninus Barbus meridionalis caninus

Risso, 1826 Risso, 1826 Bonaparte, 1839 Bonaparte, 1839

barbo comune

barbo tiberino non menzionato non menzionato

barbo canino

Tabella 6 - Classificazione, secondo vari Autori, delle forme autoctonein Italia appartenenti al genere Barbus.

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da Zerunian. Il nomenclatore diviene Bonaparte non avendo Valenciennes ri-portato alcuna descrizione a fianco del nome latino(10).Bianco, però, propone per le popolazioni peninsulari un’ulteriore specie distin-ta dal barbo comune, il barbo tiberino (Barbus tyberinus). Per Zerunian tale di-visione non ha ragione di essere e Barbus tyberinus rimane un taxon non vali-do, compreso nella specie Barbus plebejus.

Barbo caninoTortonese inserisce il barbo canino nella specie Barbus meridionalis e Gandol-fi valuta l’ipotesi che sia una sottospecie italiana (Barbus meridionalis meri-dionalis), ma ritiene prudenziale, per mancanza di dati sulle popolazioni locali,usare la sola nomenclatura binomia. Sulla stessa linea Zerunian considera il bar-bo canino una sottospecie (Barbus meridionalis caninus) della forma francese,mentre per Bianco esso è buona specie (Barbus caninus). Per semplicità identificativa, nel presente studio si è seguita la divisione tasso-nomica di Bianco.

DistribuzioneLa distribuzione del barbo comune per Zerunian comprende tutta la regione Pa-dano-Veneta (Dalmazia inclusa) e gran parte della regione Italico-peninsulare. Bianco, separando tassonomicamente il barbo comune da quello tiberino, indi-vidua il primo nella regione Padano-Veneta (con limite meridionale della distri-buzione incerto) attribuendo a materiale esogeno le popolazioni tosco-laziali, edal secondo la regione Italico-peninsulare, considerando alloctone le popolazioniliguri e lucane. L’areale del barbo canino viene individuato sia da Bianco che daZerunian nel distretto Padano-Veneto; per entrambi gli Autori il limite meridio-nale della distribuzione è, però, incerto. Le popolazioni riscontrate nel distrettoTosco-Laziale sarebbero da ascrivere ad episodi di importazione. Nella Figura 7è riportata la distribuzione delle tre forme di barbo secondo Bianco.

Forme alloctoneIl genere Barbus viene accreditato nel 2001(11) di tre specie alloctone presenti nelterritorio italiano: � Barbus barbus (L.), il barbo europeo, originario dell’Europa centrale, è rite-

nuto acclimatato ed in espansione nell’Italia settentrionale e centrale;� Barbus petenyi Heckel, 1852, originario della regione balcanica, è stato rin-

venuto nel fiume Isonzo;

La Provincia di Forlì-Cesena

(10) Bianco P.G., 1988.(11) Bianco P.G., Ketmaier V., 2001.

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� Barbus graellsii, Steindachner, 1866, uno dei barbi iberici, è stato catturatonei fiumi Fiora, Ombrone ed Albegna.

L’introduzione di forme alloctone, siano esse nuove specie o individui di popo-lazioni geneticamente isolate da quelle autoctone, provenienti da altri Paesi, daaltri bacini dello stesso Paese o da diverse zone dello stesso bacino, in specie adelevato interesse per la pesca sportiva e, in passato, commerciale, è da attribui-re, per una grossa fetta, ad immissione volontaria.Secondo vari Autori dalla fine dell’800 al 1970 i due maggiori stabilimenti it-tiogenetici italiani ufficiali, quello di Roma e quello di Brescia, operarono spo-stamenti di pesci all’interno della regione Padano-Veneta e da questa a quellaItalico-peninsulare(12) (più di 500 milioni di individui di Barbus plebejus trasfe-riti dal 1924 al 1930) e l’immissione di 16 taxa non autoctoni(13). Con il passag-gio delle competenze sulla gestione delle acque interne alle Province dalla finedegli anni ’70(14), si affermò l’abitudine di introdurre una mistura di pesci notacome “pesce bianco”, acquistato da aziende private: principalmente barbi e ca-

La Provincia di Forlì-Cesena

Figura 7 - Distribuzione di Barbus plebejus (a sinistra), Barbus tyberinus (al centro)e Barbus caninus (a destra). Inserto: distretti ittiogeografici Padano-Veneto (A),

Tosco-Laziale (B), Italico-meridionale (C) ed Italico-peninsulare (B+C). B. plebejus. Punti: areale originario; barre verticali: area di introduzione; punto interrogativo:

limite meridionale indefinito. B. tyberinus. Barre verticali: areale originario; punti: aree di introduzione; triangolo: popolazione del fiume Esino probabilmente nativa. B. caninus. Barre verticali: areale originario;

punto interrogativo: limite meridionale indefinito (da Bianco modificato).

(12) Bianco P.G., 1995b.(13) Bianco P.G., 1991.(14) Bianco P.G., 1995c

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vedani più altre specie incluse accidentalmente o per superficialità. A questistocks di pesci, che si compongono in parte di materiale proveniente da Paesistranieri, principalmente Paesi dell’Est Europa (anche 100 tonnellate di “pescebianco” importate alla settimana)(15), si attribuisce l’introduzione del barbo eu-ropeo e della pseudorasbora.

Inquinamento genetico - ibridazioneConsiderando la facilità con cui nel genere Barbus avviene l’ibridazione, Zeru-nian ritiene probabile che gli individui immessi con le semine si riproducanocon quelli autoctoni, determinando in questi ultimi inquinamento genetico del-le popolazioni. In effetti, sono noti ibridi naturali comprovati a livello moleco-lare: Barbus barbus X Barbus meridionalis(16), Barbus meridionalis X Barbushaasi(17), Barbus petenyi X Barbus barbus(18), Barbus plebejus X Barbus cani-nus(19), Barbus bocagei X Barbus comiza, Barbus graellsii X Barbus haasi, Bar-bus bocagei X Barbus haasi(20).I primi due casi, quelli più studiati, sono caratterizzati dall’esistenza di popolazio-ni ibride fertili in persistenti “zone ibride” tampone che collegano gli areali dellespecie parentali. Le caratteristiche morfologiche degli ibridi risultano in questi duecasi ed in quello di Barbus plebejus X Barbus caninus intermedie a quelle dellespecie pure(21). Almaça(22) ed alcuni Autori da egli citati, seppur basandosi su carat-teri morfologici, riportano di fenomeni di ibridazione sovragenerici fra Barbus eCapoeta, Carassius, Chondrostoma, Cyprinus, Tinca e Schizotorax. Per Hubbs(23) l’incompletezza dei meccanismi d’isolamento genetico nei pesci sideve ad ambienti effimeri e mutevoli o alla rarità di una delle due specie pa-rentali. Krupka e Holèfk(24) registrano infatti l’ibridazione fra Barbus capito(Güldenstäd, 1773) e Barbus brachycephalus Kessler, 1872 nel fiume Chu (tri-butario del lago Aral), soggetto a continue secche, e non in altri fiumi dove ledue specie sono comunque simpatriche.

Determinazione morfologicaIn letteratura si trovano diversi tentativi di definizione dei caratteri meristicidelle varie specie/sottospecie/forme del genere Barbus.

La Provincia di Forlì-Cesena

(15) Ielardi G., 1998.(16) Crespin L. & Berrebi P., 1994.(17) Machordom A., Berrebi P., Doadrio I. 1990.(18) Slechtova V., Slechta V., Berrebi P., 1993.(19) Betti L., 1995.(20) Callejas C., Ochando M.D., 2000.(21) Berrebi P., 1995.(22) Almaça C., 1990.(23) Hubbs C.L., 1955. (24) Krupka I., e Holèfk J., 1975.

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Il quadro complessivo risulta anche in questo caso piuttosto confuso, a causa prin-cipalmente della grande varietà morfologica inter ed infraspecifica. Così alcuniAutori, non distinguendo fra due forme, definiscono caratteri meristici che sonola somma di quelli di due entità diverse o, peggio, di una sola delle due. Ad esem-pio, il carattere scaglie sulla linea laterale del barbo comune è per Gandolfi ca-ratterizzato da 49-82 elementi mentre per Bianco esso è dato da 61-80 elementi,essendo 47-62 quelli tipici del barbo tiberino; per Almaça(25), che non distingue frabarbo comune e barbo tiberino, lo stesso carattere (numero di scaglie sulla linealaterale) è invece dato da 54-67 elementi; egli infatti esamina un campione di 31esemplari, 30 provenienti dall’Italia peninsulare e solo 1 dalla regione Padano-Veneta. Il suo risultato è pertanto principalmente riferibile alle popolazioni di bar-bo tiberino. Quando l’inquadramento sistematico corrisponde, non è detto cheugualmente facciano i valori dei caratteri meristici. Nel caso delle scaglie sullalinea laterale, esse sono, in Barbus barbus, 55-63 per Almaça e 53-62 per Bian-co ed in Barbus graellsii 46-47 per Almaça e 46-50 per Bianco e Ketmaier,mentre il numero di branchiospine di Barbus graellsii, per Almaça è 15-16 e perBianco e Ketmaier 19-21. Le divergenze sono da imputare all’impossibilità diesaminare i numeri di esemplari statisticamente necessari per non compiere er-rori, o ad un’eventuale non rappresentatività dei campioni studiati.Molti lavori riportano i caratteri relativi alle sole specie autoctone o di interes-se contingente così che spesso è necessario confrontare descrizioni di differen-ti Autori, talora gli stessi caratteri sono misurati in modi diversi e divengono co-sì inconfrontabili: il carattere lunghezza dei barbigli viene infatti descritto daBianco come valore per mille della Lunghezza standard del corpo e da Almaçain rapporto alla posizione di narici, occhi ed opercoli.In relazione alle specie (come considerate da Bianco) nei bacini interessati dal-lo studio in corso, la determinazione morfologica è stata effettuata tenendo con-to, stanti le critiche sopra espresse, dei caratteri e dei valori definiti da Bianco,Bianco e Ketmaier ed Almaça che sono riportati nella Tabella 7.

Tabella 7 - Caratteri meristici delle specie considerate.

La Provincia di Forlì-Cesena

Barbus plebejus Barbus tyberinus Barbus barbus Barbus caninus Barbus graellsii

Ultimo raggio indiviso

della pinna dorsale

moderatamente ossificato

e liscio o lievemente

seghettato (2-4

dentelli/mm)

moderatamente ossificato

e liscio o lievemente

seghettato (3-5

dentelli/mm)

da robusto a molto

robusto e dentellato

(0,9-1,9 dentelli/mm)

debole e senza dentelli debole e senza dentelli

Pinna anale

può raggiungere l'origine

del lobo inferiore della

pinna caudale

può raggiungere l'origine

del lobo inferiore della

pinna caudale

da oltrepassante a non

oltrepassante l'origine del

lobo inferiore della pinna

caudale

oltrepassante l'origine del

lobo inferiore della pinna

caudale

non oltrepassante

l'origine del lobo inferiore

della pinna caudale

N° branchiospine 9-16 7-13 12-16 6-12 15-21

N° scaglie della linea

laterale61-80 47-62 53-63 38-50 46-50

(25) Almaça C., 1981.

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La variabilità dei caratteri è così elevata che spesso, soprattutto per caratteri ilcui rilevamento non implica la soppressione dell’individuo, i valori fra speciediverse sono sovrapposti e non è sempre possibile determinare univocamentegli esemplari. A questo si deve sommare l’aumento di variabilità morfologicadovuto ai possibili fenomeni di ibridazione. All’analisi morfologica si è pertan-to affiancata quella molecolare.

Determinazione molecolare La determinazione molecolare per le specie del genere Barbus nella letteraturapiù recente è principalmente compiuta mediante sequenziamento di geni mito-condriali ed in particolare del gene codificante il citocromo b. In Tabella 8 so-no riportati il tipo ed il relativo numero di sequenze disponibili al 22/12/04 neldatabase Entrez Nucleotides di NCBI(26) per alcune specie e/o forme del genereBarbus. Tale database è una collezione di sequenze provenienti da diverse fon-ti, quali GenBank, RefSeq e PDB(27).

Tabella 8 - Distribuzione delle sequenze disponibili nel database di Entrez Nucleotides per alcune specie/forme del genere Barbus.

Tale scelta permette così la determinazione a livello specifico/sottospecifico(28), (29), (30)

superando le complicazioni relative all’analisi genetica nucleare in particolarein animali poliploidi quali sono la stragrande maggioranza dei barbi. L’eredita-rietà matrilineare dei mitocondri deve essere contemplata nell’analisi dei datiottenuti, che devono essere comparati a quelli morfologici.

Materiali e metodiCampionamentiNel corso delle annate 2003/2004 sono state esplorate mediante elettropesca 15stazioni di campionamento site nel territorio provinciale di Forlì-Cesena; su 368

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(26) http://www.ncbi.nlm.nih.gov/(27) http://www.ncbi.nlm.nih.gov/entrez/query.fcgi?db=Nucleotide&itool=toolbar(28) Farias I.P., Orti G., Sampaio I., Schneider H., and Meyer A., 2001.(29) Avise J.C., Arnold J., Ball R.M., Bermingham E., Lamb T., Neigel J.E., Reeb C.A., Saunders N.C., 1987.(30) Kocher T.D., Thomas W.K., Meyer A., Edwards S.V., Paabo S., Villablance F.X. and Wilson A.C., 1989.

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esemplari di barbo catturati, in 174 sono stati registrati i caratteri morfometriciesterni, “N° di scaglie sulla linea laterale” e “Lunghezza relativa della pinnaanale”, rilevabili senza la soppressione degli animali, in 85 casi si è asportatoun pezzo di pinna anale per la determinazione molecolare, 24 animali sono an-che stati fissati mediante liquido di Bouin(31) oltre che per l’analisi istologicadelle gonadi (vedi la prima parte della presente Relazione), anche per la regi-strazione dei caratteri morfometrici interni “Dentellatura/ossificazione dell’ul-timo raggio indiviso della pinna dorsale” e “Numero di branchiospine”.In Tabella 9 è riportato il quadro riassuntivo delle operazioni effettuate.

Osservazione dei caratteri morfometrici interniGli animali fissati in liquido di Bouin sono stati dissezionati in laboratorio. Ilgrado di ossificazione e dentellatura dell’ultimo raggio indiviso della pinna dor-sale ed il numero di branchiospine sono stati valutati con un microscopio Mo-tic binoculare modello “SFC-11C-2LBB” con ingrandimenti “2X” e “4X”.

Sequenziamento del DNA mitocondrialeLe porzioni di pinna anale prelevate sono state conservate in etanolo al 70%. Daesse si è proceduto ad estrarre il DNA seguendo il protocollo dell’estrazionecon fenolo-cloroformio(32).Si è proceduto tramite PCR all’amplificazione di un segmento di citocromo bdi 603 paia basi utilizzando i primers FRA-F (5’-TTGACCTACCAGCAC-

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Tabella 9 - Quadro riassuntivo delle operazioni effettuate.

(31) Mazzi V., 1977.(32) Sambrook J., Fritsch E.F. & Maniatis T., 1989.

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CATCTAAT-3’) e FRA-R (5’-ACGAATCCGAGTAGGTCTTTGTA-3’). Taliprimers sono stati creati mediante il software Primer 3(33) a partire dalle sequen-ze di citocromo b di specie del genere Barbus disponibili nel database EntrezNucleotides di NCBI. La purificazione del prodotto di PCR è stata effettuata perfiltrazione a depressione su piastra mediante PCR Cleanup Filter Plates dellaMillipore Corporation. Il sequenziamento dei campioni ottenuti è stato affidatoall’Istituto Nazionale di Apicoltura. Le sequenze di DNA sono quindi state con-trollate con il software Chromas 2 (versione 2.24)(34) ed allineate mediante ilsoftware Mega version 2.0(35), si sono così ottenuti segmenti leggibili di 502 paiabasi, essendo, nel citocromo b, di 1140 pb la lunghezza totale. Questi segmen-ti sono infine stati inseriti nel servizio BLAST (Basic Local Alignment SearchTool) di NCBI(36) che restituisce la percentuale di similarità con le sequenze nu-cleotidiche disponibili.

RisultatiI risultati dell’indagine sono presentati in Tabella 10, dove sono riportati ilnome della stazione, la data di campionamento, la lunghezza totale dell’ani-male, i caratteri morfometrici esterni (numero di scaglie sulla linea laterale eposizione relativa della pinna anale e della pinna caudale) e, quando disponi-bili, i caratteri morfometrici interni (ossificazione e dentellatura dell’ultimoraggio indiviso della pinna dorsale e numero di branchiospine), la determina-zione morfologica e la caratterizzazione genetica. Nella determinazionemorfologica, laddove i caratteri disponibili non permettano di discriminarefra due o più forme, sono state riportate le diverse possibilità. Nella caratte-rizzazione genetica sono riportate la specie più simile e la relativa percentua-le di somiglianza in basi come estratti dal database di NCBI(37). I simboli < e= indicano rispettivamente che la punta della pinna anale non raggiunge oraggiunge l’inserzione del lobo inferiore della pinna caudale; LT indica la lun-ghezza totale, C indica il barbo comune, T il barbo tiberino, E il barbo euro-peo e G indica Barbus graellsii.

Discussione Analisi genetica-molecolareL’analisi genetica sul citocromo b restituisce la presenza di tre genotipi mito-condriali: Barbus plebejus, Barbus barbus e Barbus tyberinus, con i primi due

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(33) http://frodo.wi.mit.edu/(34) http://www.technelysium.com.au/chromas.html(35) Kumar S., Tamura K., Jakobsen I. B. and Nei M., 2001.(36) http://www.ncbi.nlm.nih.gov/BLAST/(37) http://www.ncbi.nlm.nih.gov/BLAST/

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Tabella 10 - Risultati dell’indagine.

continua

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continua

segue Tabella 10

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segue Tabella 10

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distribuiti nei corsi del versante adriatico e l’ultimo circoscritto alle due stazio-ni tirreniche. Non è stata rinvenuta la presenza di Barbus caninus o Barbus graellsii.

Analisi morfometrica completaL’analisi delle caratteristiche morfometriche interne ed esterne è compatibilecon la distribuzione dei genotipi: nel versante tirrenico si riscontra solo Barbustyberinus, in quello adriatico si rileva Barbus plebejus ed un esemplare di ca-ratteristiche intermedie fra barbo comune e barbo europeo. Anche con questoapproccio analitico non è stata rinvenuta la presenza di Barbus caninus o Bar-bus graellsii.

Analisi morfometrica esternaL’analisi delle sole caratteristiche morfologiche esterne, effettuata su 150 esem-plari, può così essere riassunta: a) 33 esemplari determinati come Barbus plebejus, tutti nel versante adriatico;b) 7 esemplari con caratteri che non permettono la distinzione fra Barbus ple-bejus e Barbus barbus, sono tutti stati catturati nel versante adriatico;c) 17 esemplari i cui caratteri erano compatibili con tre forme: Barbus plebejus,Barbus barbus e Barbus tyberinus, sono stati rinvenuti nel versante adriatico;d) 85 animali con caratteri che non hanno permesso di discriminare fra Barbusbarbus e Barbus tyberinus, 19 sono stati ritrovati nel versante tirrenico, 66 inquello adriatico;e) 4 esemplari sono stati determinati come Barbus tyberinus, 2 in versante tir-renico, 2 in versante adriatico;f) 3 individui con caratteri attribuibili sia a Barbus tyberinus che a Barbusgraellsii, tutti nel versante tirrenico;g) 1 individuo con caratteri compatibili col solo Barbus graellsii, trovato in ver-sante tirrenico.

Alla luce dell’analisi genetica e di quella morfometrica completa, l’interpreta-zione di alcuni degli esemplari su cui i soli caratteri morfologici esterni nonhanno permesso una determinazione univoca o chiara può essere rivista:� europeo/comune/tiberino: essendo tutti esemplari del versante adriatico si può

escludere la forma tirrenica, resta l’indeterminabilità fra le altre due forme;� europeo/tiberino: gli esemplari del versante adriatico possono essere consi-

derati dei barbi europei, quelli del versante tirrenico dei barbi tiberini;� tiberino: i due esemplari con 52 scaglie sulla linea laterale e pinna anale non

raggiungente la caudale, catturati in due diverse occasioni sul Savio in loca-lità La Strada, sono di difficile interpretazione, probabilmente sono morfolo-

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gicamente due barbi europei, il numero di scaglie rilevato è infatti di solo diuna unità inferiore a quello minimo tipico del Barbus barbus. Prudenzial-mente verranno trattati come “non-barbo comune”;

� tiberino/graellsii: non essendo stata riscontrata la presenza della specie ibe-rica, gli esemplari in questione sono da considerarsi dei barbi tiberini;

� graellsii: l’esemplare con 45 scaglie sulla linea laterale e pinna anale nonraggiungente la caudale, catturato sul Teveriola, in assenza di prove dellapresenza del barbo iberico rimane prudenzialmente non determinato.

Confronto tra la determinazione morfologica e la determinazione geneticaIl confronto fra i dati genetici e morfologici mostra due situazioni differenti:nelle due stazioni sul versante tirrenico i due approcci coincidono nella totalitàdei casi, nel versante adriatico, anche non considerando gli esemplari incerti, ladivergenza è notevole. In Figura 8 è rappresentata la distribuzione degli indivi-dui nei diversi fenotipi per ognuno dei tre genotipi trovati. La situazione descritta può essere spiegata considerando eventi di ibridazione

fra Barbus plebejus e Barbus barbus. L’entità di tale fenomeno, corrisponden-te alla divergenza fra caratterizzazione morfologica e molecolare, è di circa il47%. Il dato è ancora più preoccupante se si osserva la diffusione geografica delfenomeno: in nessuna delle stazioni campionate le popolazioni di barbo comu-ne sono risultate pure e/o non simpatriche con elementi alloctoni.

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rapporto determinazione genetica-mitocondriale

determinazione morfologica

0

5

10

15

20

25

30

europeo comune tiberino

determinazione genetica mitocondriale

di

ind

ivid

ui

non-barbo comune

europeo

europeo/comune

comune

tiberino

determinazione

morfologica:

Figura 8 - Distribuzione degli individui nei diversi fenotipi per ognuno dei tre genotipi trovati.

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Conclusioni

Le forme autoctone del genere Barbus compaiono nella Direttiva 97/62/EC(38) trale “specie animali e vegetali d’interesse comunitario la cui conservazione richie-de la designazione di speciali zone di conservazione” (all. II) e tra le “specie ani-mali e vegetali d’interesse comunitario il cui prelievo nella natura ed il cui sfrut-tamento potrebbero formare oggetto di misura di gestione” (all. V), sono inoltreconsiderate specie protette dalla Convenzione di Berna (all. III) 6. Il quadro dise-gnato dalla presente indagine si presta pertanto ad alcune considerazioni: � Barbus tyberinus: le popolazioni sotto la giurisdizione della Provincia di

Forlì-Cesena sembrano (pur restando da verificare l’anomalia riscontrata inun esemplare) non inquinate geneticamente né sottoposte a competizione conforme alloctone, come tali debbono essere protette e preservate. Soprattuttose venisse dimostrata la separazione tassonomica da Barbus plebejus, nelqual caso il Barbus tyberinus risulterebbe un endemismo italiano.

� Barbus plebejus: le popolazioni esaminate si presentano simpatriche all’al-loctono europeo e con un grado di inquinamento genetico che appare eleva-to. La portata di tale situazione necessita di un approfondimento mirato. Nelcontempo occorre cercare eventuali popolazioni pure nell’ottica comunitariadella preservazione della specie e del suo habitat.

� Barbus caninus: la specie non è mai stata riscontrata nel territorio provincia-le di Forlì-Cesena. Una delle cause possibili vista la forte reofilia della spe-cie, è la competizione/predazione con la trota, spesso soggetta a ripopola-mento con alti numeri ed in zone non spiccatamente salmonicole. La possi-bile presenza della specie deve essere ricercata.

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LA PROVINCIA DI MODENA

Durante il quinquennio 2001-2005 il Servizio Caccia e Pesca (ora denominatoUnità Operativa Programmazione Faunistica) ha sviluppato una serie di Pro-getti finalizzati alla luce di quanto previsto dal Piano Ittico Regionale secondole disposizioni della L.R. 22 febbraio 1993 n. 11, in tema di “Tutela e sviluppodella fauna ittica e regolamentazione della pesca in Emilia-Romagna”.L’Amministrazione provinciale modenese all’interno dei programmi di inter-vento annuali ha seguito le direttive regionali secondo le quali devono esserevalorizzate alcune tematiche selezionando in particolare: la salvaguardia dellespecie ittiche autoctone, le reti di monitoraggio, la libera circolazione dell’ittio-fauna e la creazione o ristrutturazione di incubatoi di valle.

Incubatoi di valle per la riproduzione dell’ittiofaunaautoctona (avannotteria) in acque di categoria D

Ogni anno la Provincia di Modena investe una grande quantità di risorse per ilripopolamento delle acque a salmonidi di propria competenza. Il materiale itti-co viene reperito in genere dopo approfondite e laboriose indagini di mercato esopralluoghi presso allevamenti variamente ubicati, ma sovente al di fuori deiconfini regionali.Il ricorso ad allevamenti non locali si rivela necessario al fine di ottenere il mi-glior compromesso possibile fra quantità di materiale disponibile e qualità del-lo stesso. Ovviamente tale situazione comporta, oramai da tempo, l’immissionedi notevoli quantitativi di pesci che, per la loro provenienza, risultano poco oper nulla interessanti sotto il profilo conservazionistico e sulle cui potenzialitàbiologiche, in termini di rusticità e capacità di riproduzione in natura, non esi-

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stono evidenze certe. Il Piano Ittico Regionale attualmente in vigore riconoscel’importanza del recupero dell’ittiofauna autoctona ed attribuisce un grande va-lore strategico agli incubatoi di valle, strutture finalizzate alla riproduzione inambiente controllato di pesci catturati in natura, per ottenere materiale ittico diorigine locale e di qualità da destinare ai ripopolamenti.La Provincia di Modena, nell’ambito del Piano Ittico Provinciale, ha fatto pro-prie le linee d’indirizzo regionali attivando un progetto di allestimento di un si-stema territoriale di incubatoi di valle mirato a dotare ogni sottobacino monta-no della Provincia di una propria struttura per la riproduzione di ittiofauna au-toctona. Gli incubatoi creati con le sovvenzioni legate ai progetti finalizzati in materiadi pesca sono tre: il primo nel comune di Frassinoro per il ripopolamento delleacque del bacino del torrente Dolo; il secondo nel comune di Fiumalbo per il ri-popolamento delle acque del bacino del torrente Scoltenna ed il terzo nel co-mune di Fanano per il ripopolamento delle acque del bacino del torrente Leo.È proprio presso Fanano, nell’Alto Appennino Modenese, che già da alcuni an-ni era attiva un’esperienza di allevamento di trotelle a partire da uova embrio-nali, a cura del personale A.P.A.S. (Associazione Pesca Sportiva e Attività Su-bacquee, Sezione di Modena) che gestisce tuttora, per conto dell’Amministra-zione provinciale, i ripopolamenti annuali.Tale esperienza si è trasformata nella realizzazione di una struttura completa perla riproduzione in autosufficienza della fauna ittica dell’alto bacino del Panaro:l’incubatoio situato presso Fanano, in località Due Ponti, vicino alla confluen-za dei torrenti Ospitale e Fellicarolo.La realizzazione dell’avanotteria si colloca all’interno di un progetto più ampioche vede la collaborazione tra Provincia e Parco Regionale dell’Alto Appenni-no Modenese, con il quale è stata pianificata un’azione sinergica di alta valen-za, dalla conservazione all’educazione ambientale in materia di fauna ittica eambiente fluviale in genere. Nell’esperienza di Fanano l’incubatoio è stato realizzato presso il Centro Visi-ta del Parco, un antico mulino oggi ristrutturato, collocandolo nel vano che an-ticamente ospitava le turbine e già da qualche anno sempre all’interno del Cen-tro Parco è stato allestito un locale con acquari e materiali espositivi sulla fau-na ittica locale.A lato dell’edificio è in costruzione una vasca per la stabulazione dei riprodut-tori allestita in modo da simulare fedelmente un tratto di fiume in miniatura, al-lo scopo di essere utilizzata anche per finalità didattiche.Si ritiene che l’opportunità educativa costituisca un importante valore aggiuntodel progetto, peraltro riconosciuto dallo stesso Piano Ittico, che ha promosso larealizzazione di iniziative legate alla conoscenza degli ambienti acquatici, del

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recupero della fauna autoctona e della pesca. Dal punto di vista gestionale e fi-nanziario, la Provincia si è occupata della parte del progetto relativa all’ava-notteria collaborando con il Parco, tramite personale proprio o convenzionato,nella predisposizione di iniziative didattiche per la fruizione della struttura daparte dei visitatori del Centro Parco.L’incubatoio allestito nel comune di Frassinoro è situato in località Cà Stefani,fornisce materiale di ripopolamento per le acque a salmonidi della porzione mo-denese del bacino del torrente Dolo, ivi comprese le acque del sottobacino deltorrente Dragone. Questa struttura è stata completata con la realizzazione di un ambiente idoneoalla gestione dei riproduttori che vengono chiaramente utilizzati per tale fine.L’incubatoio allestito nel comune di Fiumalbo è situato in località Caseificio,servirà a fornire materiale di ripopolamento per le acque a salmonidi del baci-no del torrente Scoltenna. Ad oggi questi incubatoi riescono a produrre circa 150.000 avannotti (con unapotenzialità di circa 300.000) che, rilasciati alle dimensioni da 4-6 a 9-12 cm,vanno ad integrare la popolazione naturale del salmonide al termine del prelie-vo alieutico e al netto della normale mortalità naturale. Inoltre nel 2006 si è at-tivata una sperimentazione nell’incubatoio di Frassinoro per portare gli avan-notti alla taglia di 22 cm circa prima del rilascio.Questo progetto ha l’ambizione di diventare in pochi anni il fulcro della rein-troduzione di popolazioni naturali rendendo superflui interventi di ripopola-mento esterno o addirittura di solo ripopolamento in tutto il bacino idrograficoprovinciale nelle acque di categoria D; se tale traguardo fosse raggiunto, vi sa-rebbe l’opportunità di utilizzare le infrastrutture anche per il recupero di altrespecie ittiche di elevato interesse conservazionistico (scazzone, barbo canino egambero nostrano di fiume).

Formazione ed aggiornamento sulla progettazione di passaggi per pesci

Nel 1984 (Modena) e nel 1985 (Milano) la Provincia di Modena, su incarico ri-spettivamente della Regione Emilia-Romagna e della Regione Lombardia, harealizzato due convegni sulla progettazione di passaggi per pesci, stampandoanche un volume con gli atti del primo convegno, con i testi e le immagini ana-statiche di aggiornati documenti tecnici francesi ed inglesi, riprodotti su licen-za degli istituti di ricerca titolari dei diritti di autore. L’esigenza di tale iniziati-va era, già allora, particolarmente pressante, considerata l’assoluta carenza di ri-ferimenti tecnici.

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Da quel Convegno, la Provincia di Modena è rimasta un punto di riferimentoper tutti coloro che avevano esigenze degli atti i quali, negli anni a seguire, so-no stati distribuiti in 500 copie unicamente ad Associazioni di categoria, Entiidraulici, Enti territoriali e professionisti del settore.Nel volgere di breve tempo emerse l’esigenza di assicurare continuità ed ap-profondimento all’argomento tanto da dover organizzare due stage di formazio-ne di cinque giorni l’uno, a Modena (1986) e a Toulouse (1987). In parallelo èstata consolidata la collaborazione con il CPS-CEMAGREF francese (Centropubblico di ricerca per l’Agricoltura e l’Ambiente) che permise di assicurare ladovuta correttezza e concretezza pratica alla formazione necessariamente inter-disciplinare. Furono i due stage suddetti a dare impulso a nuove realizzazioni.Ci fu poi un periodo nel quale le attività di sostegno di Modena divennero in-dirette, limitandosi a fornire pareri e consigli ad una lunga teoria di enti inte-ressati a sviluppare idee e progetti: imprese energetiche (ENEL di Roma, Vene-zia, Torino e Milano) nonché Regioni, Enti locali ed Associazioni.Nel 1989 (Modena) venne organizzato un workshop di aggiornamento che per-mise di mostrare ad un vasto pubblico i primi progetti realizzati in Italia ed an-che progetti di restauro e ripristino di passaggi per pesci correttamente realiz-zati lungo il fiume Adda alla fine dell’800, testimonianza di una vera e propriaarcheologia industriale.Successivamente le iniziative modenesi si concentrarono sul sostegno di inizia-tive di formazione che potevano ben accogliere l’argomento “progettazione dipassaggi per pesci”.Sono state molteplici le iniziative congressuali o di formazione professionalenelle quali l’argomento specifico è stato inserito e citiamo soprattutto:� Convegno nel 1987 organizzato dal Museo di Storia Naturale di Aulla sulla

gestione dei bacini appenninici;� Convegno nel 1990 organizzato dal WWF Italia ad Orbetello sulla gestione

fluviale;� Corso di Ingegneria Naturalistica organizzato dal Centro Antivalanghe di

Arabba (Bl);� Convegno annuale dell’Associazione Idrobiologi di acqua dolce (AIID).Fu proprio grazie ai contatti con l’AIID avvenuti durante quest’ultimo Conve-gno e alla circolazione degli atti dello stesso che si suggerì di rinnovare l’esa-me della materia. Nello stesso periodo, la Provincia di Modena fu contattata dalDipartimento di Idraulica Agraria e Forestale (DIAF) dell’Università di Firen-ze e fu ben lieta di fornire assistenza alla formazione di un dottorando che scel-se tale argomento specialistico. A tale proposito, furono rinsaldati i contatti conil Centro di ricerca francese (CEMAGREF) e furono gettate le basi al fine diprogrammare un nuovo seminario.

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Il 25 gennaio del 2002, a Modena, fu organizzato il Seminario di aggiornamen-to sui “Passaggi per pesci”, con il concorso di nuovi partners: CSP-CEMA-GREF per primo, DIAF, AIID quali propositori, Food and Agricolture Organi-zation (FAO, Roma) e Centro Italiano per la Riqualificazione Fluviale (CIRF). A differenza dei seminari precedenti, dove il tema principale erano le “tecnichedi realizzazione” dei passaggi per pesci, i contenuti del seminario del 25 gennaiosono stati multidisciplinari e complementari al tema principale. Sono state trat-tate tutte le “materie di accompagnamento” che supportano la corretta metodo-logia di progettazione dei passaggi per pesci. Si è, in sostanza, voluto risponde-re alle domande “Dove si fanno, e perché, e quali risultati debbono portare?”.I temi trattati sono quindi stati: il deflusso minimo vitale, l’analisi delle prioritàa livello di bacino, i principi di ecologia fluviale, la politica internazionale, edinfine la presentazione esclusiva di un nuovo volume pubblicata dal B.F.P.P.Hanno aderito 131 persone provenienti da diverse realtà nazionali, dalle Pub-bliche amministrazioni ai tecnici liberi professionisti, dai Dipartimenti univer-sitari ai gestori di derivazioni d’acqua, sottolineando il grande interesse dellamateria a livello accademico, tecnico, gestionale.Venne fortemente sollecitata la Provincia a mantenere vivo l’impegno sulla for-mazione e sull’aggiornamento.Il Seminario del 2002 è stata anche la sede dell’istituzione di un ComitatoScientifico.Nello stesso anno 2002, alla luce di quanto evidenziato durante le precedentiesperienze, venne proposto un progetto poliennale finalizzato alla “Formazioneed aggiornamento sulla progettazione di passaggi per pesci”.Il progetto poliennale aveva fissato alcuni obiettivi tra i quali:1) il coordinamento delle attività fra DIAF, CSP-CEMAGREF, AIID, CIRF con la

collaborazione della FAO per la produzione di una linea guida provvisoria vali-da per lo sviluppo di passaggi per pesci con riferimento a specifiche priorità;

2) stampa degli atti del convegno del 25 gennaio del 2002; 3) Convegno sulle problematiche dell’argomento.Nei tre anni a seguire, grazie ai finanziamenti regionali finalizzati, sono statequindi sviluppate concretamente le attività previste al raggiungimento degliobiettivi preposti. Per quanto riguarda il coordinamento per l’elaborazione delle linee guida per losviluppo di passaggi per pesci, il primo passo è stato il workshop al quale han-no partecipato i componenti del Comitato scientifico formatosi nel 2002, avve-nuto nelle date del 6 e 7 settembre 2004 presso il Parco Regionale dei Sassi diRoccamalatina (Modena). Nei due giorni del workshop, sono state valutate e concordate dal Comitato tec-nico le proposte di attività utili al fine di rendere operativo il progetto di realiz-

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Il logo dei “passaggi per pesci”. Il Cd contenente le linee guida ed il casostudio modenese sui passaggi per pesci.

zazione delle linee guida. A tale fine sono stati effettuati sopralluoghi presso al-cuni corsi d’acqua, ed è stato individuato il tratto di fiume ritenuto rappresen-tativo quale “caso di studio” previsto nelle linee guida.L’area così individuata, nei mesi successivi, è stata oggetto di una serie di in-dagini multidisciplinari, utili ad una caratterizzazione dei principali parametriambientali. L’iter metodologico quindi che si è seguito è stato, schematicamen-te, il seguente:� indagine sulla popolazione ittica, individuazione delle specie “target”, valu-

tazione delle capacità natatorie ed individuazione dei periodi migratori e ri-produttivi (frega);

� analisi del regime del fiume: variazioni di portata;� scelta e tipologia del passaggio per pesci adatto al contesto fluviale e biolo-

gico in esame;� dimensionamento e progettazione del passaggio per pesci.

Tutti i vari step del lavoro svolto sono ampiamente trattati all’interno delle li-nee guida. In coordinamento con il DIAF è stato quindi organizzato per il me-se di gennaio 2006 lo “stage di formazione ed aggiornamento” previsto nel pro-getto iniziale. Hanno partecipato, quali relatori, tutti i componenti del Comita-to scientifico, e sono state presentate per la prima volta le “Linee guida per ilcorretto approccio metodologico alla progettazione di passaggi per pesci”. Èstato anche presentato al pubblico il “Caso studio del medio corso del fiume Pa-naro”, quale esempio di studio applicativo delle stesse linee guida. Le linee guida e il caso studio sono stati raccolti e distribuiti ai partecipanti me-diante supporto informatico, realizzato all’interno del progetto stesso.

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In parallelo, l’Amministrazioneprovinciale ha realizzato lastampa degli atti del Seminariodel 2002 in collaborazione conil DIAF di Firenze (n. 1000 co-pie), ed è stata colta l’occasionedella giornata di stage per con-segnarli e divulgarli ai parteci-panti. Lo stage in questione ha attira-to un pubblico transregionalerimarcando il forte interesseper il tema trattato.La pubblicazione su formatoinformatico delle “linee guida”e quella relativa agli atti del Se-minario del 2002 vengono adoggi ancora richiesti all’Ammi-nistrazione in numerose copiefungendo da punti di riferimen-to per il settore.

Il progetto gambero

In continuum con il progetto finalizzato di monitoraggio dei crostacei decapodidulciacquicoli realizzato nel quinquennio precedente, è stato proposto il pro-getto finalizzato allo studio di fattibilità per la reintroduzione del gambero difiume autoctono (Austropotamobius pallipes) nei corsi d’acqua della Provinciadi Modena.La presenza del gambero di fiume Austropotamobius pallipes nei corsi d’acquaprovinciali risulta, da recenti indagini, sempre più rarefatta. L’Unità OperativaProgrammazione Faunistica è da diversi anni impegnata in campionamenti lun-go i corsi d’acqua provinciali al fine di rilevare la presenza del gambero di fiu-me autoctono. Ad oggi i risultati confermano purtroppo le previsioni nonconfortanti. La specie potrebbe essere a buon ragione considerata in via di estin-zione. Inoltre il gambero autoctono, per la sua scarsa adattabilità alle condizio-ni avverse, può essere ritenuto un ottimo bioindicatore.L’assenza o la limitata presenza dei gamberi fluviali autoctoni costituisce in-nanzitutto una grave perdita per le comunità macrozoobentoniche fluviali; vie-

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Atti del Seminario del 2002.

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ne, infatti, a mancare un importante anello nella catena trofica dell’ecosistemafiume. Austropotamobius pallipes è incluso negli allegati 2 e 5 della “DirettivaHabitat” 92/43/CEE (recepita in Italia dal D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357), do-ve risulta: “specie animale d’interesse comunitario il cui prelievo in natura esfruttamento potrebbe formare oggetto di misure di gestione”.Austropotamobius pallipes era precedentemente incluso nella Convenzione diBerna e recentemente aggiunto alla lista internazionale delle specie in pericolo(Categoria VU = Vulnerabile) dalla IUCN (The World Conservation Union).Nelle recenti normative nazionali, in osservanza anche dei principi esposti nel-le suddette convenzioni, si auspica una gestione oculata delle popolazioni pre-senti previa conservazione del proprio ambiente naturale e l’eventuale utilizzodi adeguate tecniche di ripopolamento ove se ne prospetti la necessità.Un ripopolamento attivo e controllato è, pertanto, auspicabile sia per garantireuna maggiore biodiversità, sia per ripristinare l’ideale equilibrio ecologico neicorsi idrici del nostro Paese.Le cause della scomparsa di Austropotamobius pallipes sono molteplici:� forte incidenza di alcune malattie (micotiche, batteriche, parassitarie), alcu-

ne a carattere epizootico (peste del gambero), spesso introdotte con gamberialloctoni, portatori asintomatici;

� inquinamento ambientale e diffuso (fitofarmaci, pesticidi, metalli pesanti,concimi chimici, reflui zootecnici ed urbani);

� regimazioni idrauliche;� alterazioni degli habitat ripari;

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Austropotamobius pallipes: la sua presenza si è sempre più rarefatta nei corsi d’acqua provinciali.

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� predazione da parte di pesci predatori, spesso alloctoni, introdotti in ambien-ti originariamente privi;

� bracconaggio.

Negli ultimi anni (2004-2005) si sono verificate gravi e devastanti morie digamberi di fiume in corsi d’acqua della Provincia di Modena (Rossenna, Lerna,Rio Selve), tali da mettere a serio rischio di sopravvivenza la specie.Ciò che si propone è di valutare se in alcune aree appenniniche modenesi sussi-stono ancora le condizioni sufficienti per la loro reintroduzione. Un precedenteprogetto finalizzato di “Reintroduzione del gambero di fiume nel Parco dei Sas-si di Roccamalatina”, finanziato dalla Regione Emilia-Romagna nel 1998, nonha potuto conseguire l’obiettivo della reintroduzione auspicata in quanto:� un previsto finanziamento aggiuntivo per la realizzazione di un incubatoio

per gamberi non è stato concesso dall’Istituto Nazionale per la Ricerca sullaMontagna;

� l’esplosione demografica del gambero alloctono Procambarus clarkii, ha po-sto nuovi e più urgenti problemi gestionali nei confronti delle popolazioniastacicole della Provincia, tanto da imporre la necessità, prima di procederea ripopolamenti di Austropotamobius, di valutare l’effettiva distribuzionedella specie infestante ed i possibili rischi per quella autoctona, nonché disensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti delle problematiche di con-servazione del gambero di fiume;

� i risultati del monitoraggio periodico effettuato dalla Provincia sulle popola-zioni naturali di Austropotamobius hanno fatto emergere un quadro di ulte-riore degrado, in quanto numerosi ambienti che nel 1998 ospitavano gambe-ri se ne sono rivelati in seguito privi e non più idonei.

Il progetto è stato quindi opportunamente modificato al fine di far fronte alleproblematiche emerse in corso d’opera ed è attualmente in fase di ultimazione.A questo punto risulta opportuno riprendere in considerazione l’ipotesi dellareintroduzione, valutando però in primis quali siano i luoghi più idonei ad ospi-tare popolazioni immesse di Austropotamobius pallipes.Gli obiettivi del progetto, in via definitiva, sono stati quindi i seguenti:1) “misurare la qualità ambientale di alcuni tratti di corsi idrici prima dell’e-

ventuale ripopolamento con Austropotamobius pallipes;2) mettere a punto un protocollo operativo, idoneo anche ad altre realtà, al fi-

ne di assicurare il massimo successo alle reintroduzioni;3) ricerca sulle patologie micotiche, parassitarie, batteriche e virali in gamberi

alloctoni presenti sul territorio.Per il conseguimento di questi obiettivi si eseguiranno nel breve periodo analisiidrochimiche (ph, alcalinità, conducibilità, cationi e anioni), indagini ambientali

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(qualità degli ambienti fluviali con indiciQ.H.E.I., I.F.F., W.S.I. e B.S.I.), caratteri-stiche morfometriche e idrologiche e diffe-renziazione del substrato dell’alveo in 20tratti dei corsi d’acqua del Modenese al fi-ne di individuare le zone idonee. Sono in-vece già iniziate, come accennato in pre-cedenza, le analisi biologiche (macroin-vertebrati epibentonici).Per la ricerca sulle patologie presenti nel-le specie di crostacei oggetto di questostudio verranno effettuate indagini di la-boratorio su preparati a fresco e su sezio-ni istologiche per evidenziare gli agentieziologici e le lesioni anatomo-patologi-che. Il referente scientifico per il presenteprogetto è il CRIPS (Centro di Ricerca In-terdipartimentale sulle tecnologie e l’igie-ne degli allevamenti intensivi delle picco-le specie) dell’Università degli Studi diBologna, già da tempo consulente dellaProvincia di Modena per la gestione deigamberi d’acqua dolce. Sempre in collaborazione con il CRIPS, econ il Consorzio di gestione del Parco flu-viale del fiume Secchia (Mo) e il Parco re-gionale dei Sassi di Roccamalatina (Mo),è stata pubblicata nell’anno 2005 la “Gui-da al riconoscimento dei gamberi di acquadolce in italia”.Il pieghevole illustrato contiene informa-zioni utili al riconoscimento delle specie

di gambero di fiume che attualmente popolano i nostri bacini idrici.La distribuzione dei gamberi d’acqua dolce italiani, le principali caratteristichemorfologiche e biologiche e le informazioni generali sulla regolamentazionedella pesca dei gamberi a livello regionale, sono alcune delle informazioni con-tenute nel pieghevole.La pubblicazione vuole essere uno strumento divulgativo (e indirettamente di tu-tela), di semplice esposizione utile al riconoscimento delle diverse specie di gam-bero d’acqua dolce per chiunque frequenti, a diverso fine, i nostri corsi idrici.

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La Guida al riconoscimento dei gamberi di acqua dolce in Italia.

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LA PROVINCIA DI PARMA

Ripristino dell’impianto ittiogenico di Piane di Carniglia (anni 2001-2002)

Il progetto si colloca all’interno di un’opera, iniziata a livello provinciale già nel1996, relativa al potenziamento, alla progettazione ed alla realizzazione degliincubatoi di valle. È infatti ormai noto come l’unica strada per favorire il ripo-polamento delle popolazioni di trota fario nei nostri corsi d’acqua sia la produ-zione di esemplari indigeni. Di fondamentale importanza è infatti la salvaguar-dia del patrimonio genetico delle popolazioni ittiche locali, che permetta agliesemplari di sviluppare tutti gli adattamenti necessari a tollerare le variazioniclimatiche dell’ambiente in cui vivono. L’obiettivo che la Provincia di Parma siè posta attraverso questo progetto, è il ripopolamento dei corsi d’acqua conesemplari di fauna ittica di elevata qualità e rusticità, nonché la valorizzazionedelle specie ittiche locali. Questo progetto in particolare ha previsto la ristrutturazione totale dello stabili-mento ittiogenico ex demaniale situato in sponda destra del torrente Taro, in lo-calità Piane di Carniglia (in comune di Bedonia). Si è trattato di ristrutturare unvecchio stabilimento, da anni inutilizzato, con l’obiettivo di renderlo un incu-batoio di valle funzionale, tale da divenire la struttura produttiva principale delbacino del Taro, anche in considerazione dello smantellamento del piccolo im-pianto posto a Borgo Val di Taro, insufficiente per il ripopolamento complessi-vo dell’intera superficie del bacino. Data la considerevole estensione della struttura e la possibilità di recuperare ocreare apposite vasche per lo svezzamento delle trotelle e delle fasi adulte ditrota fario, si è ipotizzato, con la messa in funzione dello stabilimento, il com-pleto affrancamento dall’acquisto di materiale allevativo di provenienza alloc-

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tona nel Taro ed affluenti in una prima fase, ed in seguito in tutte le acque pro-vinciali, con la possibilità di produrre autonomamente anche materiale adultoselezionato per le manifestazioni agonistiche e le zone con materiale pronta pe-sca. Il progetto prevedeva, come ulteriore importante funzione per l’impianto diPiane di Carniglia, quella didattica, essendone previsto un utilizzo per fini di-dattico-formativi (dalle visite guidate da parte di alunni delle scuole elementa-ri e medie all’attivazione di programmi di sperimentazione in collaborazionecon l’Università degli Studi di Parma).I fondi assegnati dalla Regione Emilia-Romagna per questo progetto sono statidestinati in parte alla progettazione dell’opera di ristrutturazione ed in parte perl’avvio vero e proprio di tale attività. Attualmente, terminata la ristrutturazionedell’edificio, sta per essere ultimato anche l’impianto produttivo e si prevedequanto prima la sua messa in funzione.

Progetto di studio dei bacini montani dell’area del crinale “Valutazione dell’impatto dell’ittiofauna sulle popolazioni di anfibi e sulle comunità zooplanctoniche nei laghi all’interno del Parco dei Cento Laghi ai fini di una corretta gestione della pesca sportiva” (anni 2000-2001)

Il punto di partenza di questo studio, che ha coinvolto la Provincia di Parma perdue anni consecutivi (2000 e 2001), è stato il risultato ottenuto in diverse ricer-che, che dimostrano come i pesci possono influenzare direttamente o indiretta-mente le componenti abiotiche e biologiche degli ecosistemi acquatici. Il lavo-ro svolto intendeva fornire dati fondamentali per una nuova gestione degli am-bienti lentici presenti nel territorio del Parco dei Cento Laghi, che prevedessepiani di tutela e valorizzazione di ecosistemi fragili e facilmente a rischio di de-grado. L’area indagata ricade all’interno del Parco dei Cento Laghi ed in parti-colare lo studio è stato rivolto su 16 laghi ed una pozza permanente. Per carat-terizzare tassonomicamente le popolazioni presenti nei laghi ed individuare lapresenza di specie planctofaghe o potenziali predatrici di anfibi, sono stati pre-levati esemplari in alcuni laghi oggetto di studio, sui quali sono state fatte leanalisi dei contenuti intestinali. Tali analisi sono state effettuate su esemplari disalmonidi ed alcuni individui di ciprinidi, definendo le differenti strategie trofi-che delle specie. Dall’analisi dei contenuti intestinali delle specie ittiche esami-nate non è stato riscontrato alcun impatto sulla densità dei popolamenti di anfi-bi presenti nei corpi acquatici considerati. I campionamenti, effettuati, per piùanni ed in diverse fasi stagionali, hanno inoltre consentito di esaminare l’evo-luzione annuale delle differenti strategie trofiche delle specie. In particolare nel

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Lago Santo Parmense so-no emerse importanticonsiderazioni sulla po-polazione di salmerino al-pino. La specie infattipresentava una pronun-ciata forma di nanismo,data in parte da uno scar-so apporto di alimentodella zona ipolimnica, cuiil salmerino è vincolato.Nel bacino erano presentiinfatti altre specie ittiche,quali trota fario, scardola, cavedano e cobitidi. Vista la bassa produttività del la-go, la comunità ittica è sembrata eccedere la capacità ittiogenica del sistema. Ilsalmerino alpino, nonostante sia stato introdotto da oltre cinquant’anni, si è benacclimatato fino ad autosostenersi e a riprodursi autonomamente. La speciequindi, per il suo particolare valore naturalistico ed ecologico, merita di esseresalvaguardata. Per tale ragione si è reso necessario un controllo sulle altre for-me presenti, sospendendo le attività di ripopolamento per la trota fario e intro-ducendo salmerini adulti e compatibili geneticamente. Dai campioni di zoo-plancton raccolti ed analizzati si è inoltre desunto che le comunità zooplancto-niche degli ambienti considerati nella ricerca sono nella maggior parte dei casiben strutturate, con una presenza bilanciata delle diverse componenti trofiche.Mentre a quote elevate le comunità tendono ed essere semplificate, probabil-mente a causa delle severe condizioni ambientali, nei bacini posti a quote piùbasse, che sono quelli maggiormente interessati da attività turistiche e da pescasportiva, hanno mostrato una più alta diversità specifica (probabilmente per unamassiccia presenza di microfiltratori). Di particolare interesse è stata la valuta-zione della presenza nell’area di studio dei macrofiltratori, in quanto rappre-sentano le prede preferenziali dei predatori vertebrati e giocano un ruolo di pri-maria importanza nel contenimento delle biomasse fitoplanctoniche. È noto in-fatti come i predatoti vertebrati, soprattutto i pesci, predino selettivamente leforme più visibili e di taglia più grande, provocando uno spostamento nellastruttura in taglia dello zooplancton verso forme di dimensioni più ridotte. Infi-ne, per l’individuazione delle specie di anfibi presenti nei corpi d’acqua ogget-to della ricerca, sono stati catturati esemplari con apposite trappole. Lo studiosugli anfibi è stato condotto in quanto la presenza di fauna ittica negli ambien-ti riproduttivi di questi può avere un impatto disastroso sulla sopravvivenza del-le loro popolazioni locali. La presenza infatti di pesci, specie se di rilevante en-

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Lagdei, nel territorio del Parco dei Cento Laghi.

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tità, può determinare un rallentamento della velocità di sviluppo e di crescitadegli anfibi anche in modo indiretto per effetto della competizione trofica, del-l’alterazione delle caratteristiche fisico-chimiche dell’habitat e delle modifica-zioni comportamentali che induce su di essi. In ogni caso è apparso che le loropossibilità di coesistenza con l’ittiofauna, soprattutto in ambienti di modeste di-mensioni, dipendano in buona misura dalle caratteristiche del sito ed in parti-colare dalla disponibilità di adeguate zone rifugio inaccessibili o scarsamenteaccessibili ai pesci.

Progetto di studio sulla distribuzione del barbo europeo(Barbus barbus), dell’aspio (Aspius aspius) e dell’ido (Leuciscus idus), specie alloctone neointrodotte, competitrici del barbo comune (Barbus plebejus) e del cavedano(Leuciscus cephalus), in Provincia di Parma (anno 2001)

Il progetto ha previsto il monitoraggio delle popolazioni delle tre specie alloc-tone barbo europeo (Barbus barbus), aspio (Aspius aspius) e ido (Leuciscusidus), già rinvenute durante alcuni campionamenti effettuati nei corsi d’acquaprovinciali ai limiti superiori delle zone B (barbo europeo) o segnalati dai pe-scatori sportivi come ormai comuni nel Po e nelle lanche attigue (barbo euro-peo, aspio, ido). Il progetto, realizzato attraverso l’uso di elettrostorditori e direti, nonché mediante il controllo del pescato, ha interessato i tratti prossimalidei principali affluenti del Po e il Po stesso. La campagna di campionamento hainfatti interessato 20 siti posti all’interno del reticolo idrografico provinciale na-turale ed artificiale, con particolare riferimento alle zone A e B. Si è proceduto,oltre al censimento delle specie presenti e alla ricerca specifica dei tre ciprinidialloctoni, all’analisi dei loro rapporti trofici e di competizione per i substrati ri-produttivi e per l’habitat più in generale con i ciprinidi reofili autoctoni e tipicidei corsi d’acqua padani (barbo comune e cavedano). Il monitoraggio ha inol-

tre fornito ulteriori dati circala distribuzione e l’entità dialtre specie alloctone già se-gnalate, quali siluro, caras-sio, pseudorasbora, ecc. alfine di valutarne l’andamen-to delle popolazioni e for-mulare ipotesi circa la ge-stione ed il contenimento.Sono state predisposte sche-

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Barbo comune (Barbus plebejus), autoctono.

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de relative alle singole stazioni campionate, comprensive di dati biologici edidromorfologici, schede relative alle specie esotiche rinvenute, cartine di distri-buzione relative alle specie oggetto della presente indagine e quelle di altre spe-cie introdotte la cui è presenza è stata ritenuta particolarmente significativa. Lostudio ha rilevato come il barbo d’oltralpe (europeo) sia in rapida espansione nelPo e nei suoi principali affluenti. Per l’aspio è stato accertato un marcato incre-mento demografico delle sue popolazioni nel fiume Po, dove le catture hanno ri-guardato anche esemplari di ragguardevoli dimensioni. Anche per l’ido sono statisegnalati alcuni esemplari nel basso corso del torrente Parma e nell’asta del fiumePo. Per quanto riguarda le specie autoctone, è possibile asserire che il cavedano ap-pare in contrazione rispetto al passato, in particolare nelle aree planiziali, dove per-mangono popolazioni di scarsa consistenza e composte prevalentemente da indi-vidui di piccola taglia. È infine emerso come l’attecchimento nel bacino padanodel congenerico Barbus barbus, ampiamente diffuso nel tratto padano parmense,costituisca un serio rischio per la sopravvivenza dell’autoctono Barbus plebejus.

Progetto di studio sulla distribuzione, sull’ecologia e sullo stato delle popolazioni dei due ciprinidi autoctoni vairone(Leuciscus souffia) e sanguinerola (Phoxinus phoxinus) (anno 2002)

Il progetto ha previsto il monitoraggio delle due specie autoctone sanguinerola evairone, ciprinidi caratteristici delle zone definite a ciprinidi reofili, talora presentianche nei tratti inferiori delle zone a trota fario. Queste due specie, in base ai cam-pionamenti effettuati per la realizzazione della Carta Ittica Regionale e nell’am-bito delle ordinarie attività di gestione svolte dalla Provincia di Parma, appariva-no in forte regressione su tutto l’areale di distribuzione, probabilmente per l’ec-cessivo ripopolamento con salmonidi e per il progressivo scadimento delle carat-teristiche fisico-chimiche dei corsi d’acqua di fondovalle e dei piccoli affluentidei corsi d’acqua provinciali, cui le due specie sono legate. Per questo motivo, at-traverso questo progetto, si è voluto indagare in modo più approfondito sullo sta-tus provinciale delle due popolazioni ittiche in questione. I campionamenti sonostati attuati mediante elettrostorditore, in sezioni rappresentative dei corsi d’acquaprincipali, e soprattutto nei piccoli corsi d’acqua laterali, non ancora oggetto di in-dagine specifica nel corso dei campionamenti effettuati per la realizzazione dellaCarta Ittica Regionale. Sono state considerate 30 sezioni, in corrispondenza dellequali sono stati raccolti dati biologici relativi alle due specie menzionate, qualidensità presenti, biomasse, sex ratio, periodi riproduttivi, specie ittiche ad esse as-sociate e loro interazioni (rapporti trofici e di competizione), nonché parametriidromorfologici relativi ai corsi d’acqua. Attraverso questo progetto sono state ac-

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quisite informazioni aggiornate edettagliate relative alla biologiaed alla distribuzione di questedue importanti specie autoctone,utili per una gestione attenta ecorretta delle specie. Il monito-raggio ha inoltre fornito ulterioridati circa la distribuzione e l’en-tità di specie alloctone già segna-late o non ancora segnalate nelreticolo idrografico provinciale. Irisultati dello studio sono conte-

nuti nell’Atlante dell’Ittiofauna della Provincia di Parma pubblicato dal ServizioRisorse Naturali, Fauna Selvatica ed Ittica della Provincia di Parma, che analizzapresenza e distribuzione delle popolazioni ittiche nei corsi d’acqua provinciali. Lostudio ha dimostrato come il vairone, analogamente ad altre specie reofile che ne-cessitano di ambienti integri, sia in contrazione rispetto al passato, soprattutto nel-le zone di fondovalle. È stato altresì accertato il decremento degli esemplari disanguinerola: la sua presenza riguarda ormai limitati tratti pedemontani dei corsid’acqua e sporadiche zone di fondovalle non soggette a prolungate asciutte de-terminate dalla presenza di derivazioni.

Progetto di studio sulla gestione del salmerino alpino (Salvelinus alpinus) nel Lago Santo Parmense (anni 2002-2003)

In provincia di Parma, nel territorio del Parco dei Cento Laghi, è stata recente-mente classificata una popolazione di salmerino alpino (Salvelinus alpinus) pre-sente nel Lago Santo Parmense. Da un’indagine svolta presso pescatori localiera emerso che i salmerini del Lago Santo da alcuni anni erano caratterizzati dataglie estremamente ridotte, ben inferiori alla misura minima stabilita dalla leg-ge regionale e soprattutto inferiori alle taglie campionate sino a qualche annofa; inoltre evidenti alterazioni morfologiche caratterizzavano l’aspetto di tuttigli esemplari. Con la collaborazione dell’Università degli Studi di Parma, delParco dei Cento Laghi e della Società di pesca sportiva locale, è stata intrapre-sa negli anni 2000 e 2001 una ricerca preliminare volta ad una prima caratte-rizzazione ecologica e genetica del popolamento sopracitato, al fine di poterprogrammare lo sviluppo di uno studio successivo relativo alle proposte gestio-nali per la tutela e la conservazione della specie. I risultati sulle caratteristichemorfologiche dei pesci avevano evidenziato indubbi problemi di crescita,

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Esemplare di vairone, ciprinide autoctono.

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estrema omogeneità degli esemplari per quanto concerne i parametri biome-trici (taglie ridotte), notevoli asimmetrie di sviluppo, nonché deficit di svi-luppo e di maturazione delle gonadi, aspetti estremamente indicativi di sicu-re carenze nutrizionali. L’ipotesi principale formulata riguardava problemi dicompetizione trofica con altre specie ittiche presenti nel lago.In particolare la presenza di numerosi esemplari di trota fario potrebbe esse-re stata responsabile del confinamento del salmerino nelle tre principali fossedel lago, ambienti caratterizzati da bassa produttività macrobentonica. Erastata inoltre considerata la notevole abbondanza di ciprinidi presenti nel lagoche, con le loro caratteristiche di specie opportuniste, e quindi in grado diadattarsi meglio dei salmonidi a differenti prede, avrebbero potuto alterare inmodo significativo la stabilità della rete trofica. L’analisi delle gonadi avevapermesso di verificare i periodi riproduttivi della specie, che sembravano col-locarsi in un periodo variabile da maggio a dicembre. La maturazione e lo svi-luppo delle uova risultava comunque difficoltosa, con numerosi oociti in rias-sorbimento e perdita di potenziale riproduttivo. L’analisi delle caratteristichemorfologiche e biometriche degli esemplari campionati aveva evidenziatoasimmetrie di sviluppo degli organi pari, mentre l’analisi dei contenuti sto-macali aveva dimostrato che la specie era strettamente bentofaga. A seguito diquesta analisi preliminare è stato avviato nell’anno 2002 lo studio in oggetto. So-no stati effettuati ulteriori campionamenti durante i mesi invernali, per arrivare adun quadro completo di 8-9 mesi campionati (utili anche per le analisi genetiche).Sono stati inoltre eseguiti campionamenti dopo il ripopolamento con esemplariadulti di salmerino, al fine di verificare eventuali modifiche nelle caratteristichegenetiche delle nuove generazioni. Sono stati altresì eseguiti prelievi di campionidi macroinvertebrati bentonici, per l’identificazione degli organismi al più basso li-vello tassonomico possibile. Irisultati ottenuti hanno con-sentito l’emanazione di un ap-posito regolamento di pescarelativo al lago in questione,nonché la formulazione delleseguenti proposte gestionali ingrado di salvaguardare la po-polazione di salmerini presen-ti nel Lago Santo Parmense edi consentire lo sviluppo diaspetti turistici ecologicamen-te compatibili:� identificazione di un cep-

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Il Lago Santo Parmense.

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po geneticamente compatibile per la programmazione di attività diripopolamento;

� attività di ripopolamento programmate su base annuale al fine di mantenereadeguati livelli di variabilità genetica nella popolazione e per compensare ilprelievo operato dalla pesca sportiva;

� controllo delle popolazioni di specie ittiche in grado di competere con il sal-merino (trota fario e ciprinidi);

� eventuale necessità di immissione di una specie foraggio compatibile con lecaratteristiche ittiofaghe dei salmerini (sanguinerola, cobite barbatello);

� allevamento di riproduttori e attività di fecondazione artificiale presso l’in-cubatoio di Corniglio;

� garanzia di un adeguato livello di pescosità del lago al fine di incentivare ri-svolti turistici opportunamente regolamentati.

Lo studio ha inoltre confermato la necessità di proseguire nel tempo con le at-tività di monitoraggio attuate in questi anni di studio, in particolare:� caratterizzazione dello stato trofico del lago;� analisi della struttura dei popolamenti fito e zooplanctonici e macrobentonici;� monitoraggio delle caratteristiche morfometriche degli esemplari pescati al fi-

ne di verificare lo stato di benessere della popolazione e la pressione di pesca; � identificazione della stagione riproduttiva per definire le modalità ed i perio-

di di pesca.

Potenziamento degli interventi sugli incubatoi di valleMonchio delle Corti e Piane di Carniglia (anno 2003)

In provincia di Parma sono stati realizzati alcuni stabilimenti ittiogenici, situa-ti strategicamente nei bacini a salmonidi (zone D) più importanti a livello pro-vinciale. Inizialmente utilizzate per la produzione in loco di avannotti e trotelleda uova acquistati presso le troticolture, dopo un periodo di formazione deglioperatori sono stati convertiti in strutture in grado di produrre trote fario selva-tiche, provenienti da riproduttori catturati in ambiente naturale. In questo modosi è passati da una gestione dei ripopolamenti basata sull’utilizzo di soggetti do-mestici, poco adatti alla dura selezione determinata dall’ambiente naturale, aduna forma gestionale che cerca di approssimare il più possibile ciò che avvienenormalmente nei nostri corsi d’acqua. Gli avannotti prodotti da fecondazioneartificiale, la cosiddetta “spremitura”, hanno infatti le stesse caratteristiche dirusticità dei loro consimili nati in ambiente naturale, ma rispetto a questi hannomaggiori probabilità di sopravvivenza, trascorrendo i delicati momenti dello

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sviluppo embrionale ed i primi giorni di vita in ambienti controllati, al sicuro dafenomeni pericolosi (piene od asciutte improvvise) e privi di predatori.Lo scopo dell’Amministrazione provinciale di Parma è quello di avere, per cia-scuno dei cinque bacini idrografici più importanti della zona montana, una strut-tura ittiogenica in funzione e capace di ripopolare l’intero bacino. Per questo so-no stati realizzati un impianto a Ponte Lecca per la Valle Ceno, a Berceto per laVal Baganza, a Corniglio per la Val Parma, a Monchio delle Corti per la valleEnza-Cedra ed uno, ancora in fase di ultimazione, a Piane di Carniglia per la ValTaro: quest’ultimo andrà a sostituire quello posto a Borgo Val di Taro, troppopiccolo per un bacino tanto importante. Le strutture in attività hanno differentidimensioni e capacità di produzione, in funzione dell’estensione dell’area da ri-popolare. Così la produzione può essere variabile, da alcune decine di migliaiadi avannotti per il ripopolamento di ridotti bacini idrografici (Baganza), ad oltretrecentomila avannotti e trotelle per i bacini più importanti (Enza-Cedra). I vantaggi derivanti dall’utilizzo degli incubatoi di valle, oltre naturalmente al-la produzione di pesci di elevato pregio naturalistico, risiedono nella loro faci-lità di gestione, nel costo relativamente contenuto e nella loro ubicazione in zo-ne particolarmente favorevoli al trasporto dei riproduttori durante la fase pre-ri-produttiva e degli avannotti al momento della semina: in questo modo vengonoridotti i fenomeni negativi normalmente associati ai ripopolamenti tradizionali,

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Monchio

delle CortiCorniglio

BardiBerceto

Borgotaro

300.000

200.000

100.000 100.000 100.000

20.00030.000

2.0003.500

1.0000

50.000

100.000

150.000

200.000

250.000

300.000

n. uova

prodotte

PRODUTTIVITA' INCUBATOI PROVINCIALI

uova da riproduttori

uova acquistate

Produttività degli incubatoi provinciali - Anno 2003.

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che spesso causano la quasi totale mortalità dei soggetti da seminare. Gli incu-batoi di valle sono gestiti dai pescatori locali, che cooperano con i tecnici del-l’Amministrazione, in forma di volontariato, in tutte le attività connesse al re-cupero dei riproduttori, all’allevamento di uova ed embrioni e alla semina degliavannotti. Per i pescatori operanti negli incubatoi è previsto un rimborso speseannuale, sulla base dei costi sostenuti per la gestione di ciascun incubatoio. Ilprogetto ha riguardato in particolare l’esecuzione di lavori di sistemazione ri-guardanti dell’incubatoio di Monchio delle Corti, finalizzati ad un potenzia-mento della sua efficienza produttiva; si è inoltre proseguito con l’esecuzionedi interventi strutturali sull’impianto di Piane di Carniglia.

Riconoscimento dell’indennità dalle patologie viralidei salmonidi NEI - SEV nelle acque di categoria Ddella Provincia di Parma (anni 2003-2004-2005)

La Provincia di Parma nell’anno 2003 ha avviato, grazie a uno specifico fi-nanziamento della Regione Emilia-Romagna nell’ambito dei progetti finaliz-zati, un progetto pluriennale intitolato “Riconoscimento dell’indennità dallepatologie virali dei salmonidi NEI - SEV nelle acque di categoria D della Pro-vincia di Parma”. Si tratta di un progetto complesso ed importante, che pre-vede diversi anni di attività (quattro), e che potrà portare ad una notevole va-lorizzazione del territorio provinciale. Nel territorio della Provincia di Parmasono presenti diversi fiumi e torrenti con tratti caratterizzati dalla presenzadella trota fario come specie dominante, che la L.R. 11/93 individua e classi-fica come zone di categoria D. In provincia di Parma sono presenti anchestrutture adibite alla produzione di materiale indigeno di trota fario, che rap-presentano l’unica via per consentire alle popolazioni di trota fario di ripopo-lare i torrenti provinciali. Inoltre, proprio per l’importanza della salvaguardiadel patrimonio genetico delle popolazioni ittiche locali, la Provincia di Parmaha realizzato incubatoi di valle per la produzione di esemplari indigeni di tro-ta fario situati in Val Baganza, Val Ceno, Val Taro, Val Parma, Val Cedra. Ilprogetto ha come supporto normativo il D.P.R. 555/92, che stabilisce precisicanoni per l’allevamento di salmonidi presso le unità produttive e sancisce lenorme per il conseguimento del riconoscimento dell’indennità dalle patologievirali NEI e SEV (Necrosi Emopoietica D dei torrenti provinciali, al fine diproseguire l’importante lavoro negli incubatoi di valle, per la valorizzazionee salvaguardia di popolazioni indigene di trota fario (Salmo trutta trutta). Laprima fase del progetto ha previsto un’approfondita analisi del territorio, perl’individuazione dell’area oggetto di studio, conforme ai requisiti fissati dal

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D.P.R. (tratti di fiume in-terrotti a valle da unosbarramento naturale o ar-tificiale di almeno duemetri di altezza, tale daimpedire la risalita dei pe-sci). Sulla base dei dettamidi legge, che sancisce tem-pi e modalità del campio-namento, è stato in seguitostilato un minuzioso pro-gramma di monitoraggio eraccolta di campioni(esemplari di trota o liqui-do ovarico), da attuarsi sianei corsi d’acqua dei baci-ni provinciali, sia pressogli allevamenti ittici priva-ti ricadenti nella fascia og-getto di studio. Per unamigliore organizzazionedelle operazioni previstedal protocollo operativodel progetto e quindi peruna maggiore efficienza, èstato istituito un gruppotecnico di lavoro, le cui attività sono coordinate dalla Provincia di Parma: ta-le gruppo tecnico risulta essere composto da personale del Servizio RisorseNaturali, Fauna Selvatica ed Ittica della Provincia, del Servizio Veterinariodell’A.U.S.L. di Parma, dell’Istituto Zooprofilattico della Lombardia e del-l’Emilia-Romagna (IZSLER) - Sezione Diagnostica di Parma e da personaletecnico esperto in materia di ittiologia dell’Università degli Studi di Parma.Questo progetto viene realizzato anche grazie alla collaborazione delle Asso-ciazioni locali di pescatori, la cui esperienza e conoscenza del territorio risul-tano essere tanto utili e preziose nello svolgimento dei recuperi degli esem-plari di trota da sottoporre alle indagini. Al momento dell’uscita del presente volume, il progetto è ancora in fase di rea-lizzazione (campionamenti ed indagini di laboratorio). Al termine dello studiola Provincia di Parma ha intenzione di divulgare, tramite apposita pubblicazio-ne, tutte le fasi del progetto ed i risultati conseguiti.

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Acque di categoria D nella Provincia di Parma.

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Sviluppo e promozione dell’attività di pesca nella Val Taro mediante la realizzazione di una scuola di pesca (anni 2004-2005)

Il progetto in questione aveva come scopo fondamentale lo sviluppo dell’at-tività di pesca in Val Taro. Una realtà che negli ultimi anni ha visto questo sport scomparire dalla con-suetudine dei suoi abitanti e soprattutto dei suoi giovani. Iniziato nel 1997 adopera della locale Associazione di pesca sportiva, il progetto Centro Pesca La-go Willy prevedeva la costruzione di tre laghi per la pesca sportiva, un puntoristoro, la creazione di vasche di accrescimento per le trote, di un fabbricatodestinato in parte ad una scuola di pesca ed in parte a un impianto ittiogenicoche permetta di far schiudere le uova delle trote.La Provincia, nell’ambito dei progetti finalizzati finanziati dalla Regione, havoluto contribuire alla realizzazione del succitato progetto. Sono state realizza-te tutte le opere di sistemazione idraulica di preparazione della struttura (tuba-zioni e allacci) e tutta la parte relativa alle vasche di accrescimento delle trote(costruzione), in particolare:� la sistemazione idraulica dell’area;� la realizzazione delle tubazioni necessarie all’alimentazione dell’impianto;� l’acquisto delle vasche di accrescimento delle trote;� l’acquisto di un impianto di depurazione acque;� la realizzazione della recinzione dell’area relativa alle vasche.

Sono state inoltre gettate le fondamenta dell’edificio polivalente che andrà adospitare la scuola di pesca. L’obiettivo finale è quello di insegnare ai ragazzi apescare (con istruttori qualificati dal CONI), ma allo stesso tempo sensibiliz-zarli alla gestione delle acque (in stretta collaborazione con gli istituti scola-stici).La parte che completerà il progetto è quella che prevede di pulire ed attrezzare(sentieri e piazzole) il tratto di fiume Taro che scorre adiacente la struttura. Iltratto in questione è classificato come campo di gara permanente, il che per-metterà di formare i giovani non solo nella pesca in lago, ma di portarli diretta-mente a contatto con l’ecosistema fluviale. Il tutto con una notevole valenza so-ciale ma anche turistica della zona.Al momento dell’uscita della presente pubblicazione il progetto è ancora in fa-se di realizzazione.

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LA PROVINCIA DI PIACENZA

La Provincia di Piacenza, attraverso il Servizio Polizia provinciale, vigilanza,caccia e pesca, protezione civile, si occupa di un reticolo idrografico con unosviluppo di corsi d’acqua di interesse alieutico di circa 2.440 km, articolati indue bacini: il Bacino Tidone-Trebbia-Aveto ed il bacino Nure-Chiavenna-Ardache sono in parte condivisi con le Province limitrofe e coprono una superficiedi circa 3.100 km2.Nell’ambito delle Commissioni ittiche dei due bacini, che si riuniscono periodi-camente alla presenza di esperti biologi, si stabiliscono, in collaborazione con leprincipali Associazioni piscatorie, le linee di azione e gli interventi necessari al-la conservazione della fauna ittica e alla tutela degli ambienti fluviali. Il coordi-namento e controllo delle attività stabilite dalle Commissioni è effettuato da unapposito nucleo di Polizia provinciale, costituito da un caponucleo e quattroagenti, coadiuvati da unconsulente ittiologo. Ilfenomeno della pescasportiva in Provincia in-teressa circa 33.000 pe-scatori, di cui 11.500 lo-cali e 21.500 forestieri(provenienti da altreProvince e Regioni).Una quota dei pescatorilocali è raggruppata inquattro Associazioniprovinciali (Fipsas 1954iscritti, Enal Pesca 810, I meandri del fiume Trebbia nei pressi di San Salvatore.

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Arci Pesca Fisa 450 iscritti e UNPeM 120iscritti). Le principali attività svolte dallaProvincia riguardano la conservazionedella fauna ittica e la sua fruizione, con-giuntamente alla salvaguardia dell’am-biente dei corpi idrici, partendo da solidebasi programmatiche individuate nel Pia-no ittico Provinciale, che sviluppa le indi-cazioni del corrispondente Piano Regiona-le. Il quinquennio 2000-2005 ha visto ini-zialmente il Servizio particolarmente im-pegnato nella realizzazione di tutte le atti-vità propedeutiche alla stesura del Pianoittico. A questo scopo è stata definita unarete di stazioni di rilevamento che fosserappresentativa delle diverse caratteristi-che dei corsi d’acqua piacentini. In corri-spondenza delle diverse stazioni sonoquindi stati effettuati monitoraggi quali-quantitativi volti a stabilire le caratteristi-che e la composizione dei popolamenti it-tici e le qualità fisico-chimiche dei corsid’acqua. I principali risultati di queste ana-lisi sono confluiti in una pubblicazione:“Distribuzione dell’ittiofauna in Provin-cia di Piacenza” a cura di Giuseppe Maio,

Thomas Busatto, Enrico Marconato e Stefano Salviati (Provincia di Piacenza,2003). I dati raccolti sono inoltre stati inseriti in una banca dati digitalizzata ecollegata ad un sistema informativo territoriale per una rapida caratterizzazionegeografica. Tale organizzazione facilita la consultazione dei dati raccolti ed il lo-ro utilizzo per il supporto alle attività amministrative e gestionali.Parallelamente, con la collaborazione delle Associazioni piscatorie, è stata con-dotta un’indagine tra i pescatori per capire le modalità di fruizione delle risor-se ittiche: i tipi di pesca a cui ci si dedica, i periodi dell’anno ed i momenti del-la giornata più utilizzati, le aspettative dei pescatori e le problematiche più sen-tite. Il quadro emerso ha consentito di individuare una razionale e condivisa zo-nizzazione dei corsi d’acqua ed a produrre, nel 2003, una “Carta provincialedella regolamentazione della pesca” indicante la localizzazione delle Zone diprotezione, delle Zone di ripopolamento e frega e delle Zone a regime specialeoltre alle prescrizioni relative ai modi ed ai tempi di esercizio della pesca.

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Copertina del volume “Distribuzione dell’ittiofauna

in Provincia di Piacenza”.

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Carta della regolamentazione della pesca.

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Un altro importante risultato derivato dalla redazione del Piano ittico è statoquello di far emergere le criticità connesse alla conservazione dell’ittiofauna edel suo ambiente, fornendo ulteriori spunti di approfondimento d’indagine. IlPiano ittico è stato definitivamente approvato nel 2003.

Le attività correnti

Nelle attività correnti, relative alla gestione della fauna ittica, risorse importan-ti sono state dedicate ai ripopolamenti, attuati con l’obiettivo finale di ricosti-tuire popolazioni in grado di autosostenersi. Per questo motivo le operazionivengono normalmente effettuate seguendo un rigoroso protocollo tecnico cheprevede il rispetto delle diverse vocazionalità dei corsi d’acqua e l’utilizzo dianimali prevalentemente giovani allevati secondo severi standard qualitativi. Lespecie più frequentemente immesse sono la trota fario (Salmo trutta trutta), dicui si immettono sia avannotti, sia trotelle (tra i 4 ed i 12 cm), sia trote adulte(oltre 25 cm), la carpa (Cyprinus carpio) e la tinca (Tinca tinca), sotto forma dicarpette (6-8 cm) e tinchette (6-8 cm), il luccio (Esox lucius) con luccetti (di 6-8 cm), il persico reale (Perca fluviatilis) e l’anguilla (Anguilla anguilla). Nel-l’ambito delle attività connesse ai ripopolamenti vengono gestiti annualmentequattro incubatoi di valle per la maturazione e la schiusa di oltre 2.000.000 diuova di trota fario all’anno. Le strutture sono collocate lungo i principali corsi d’acqua della Provincia ido-nei alla specie: sul Trebbia a Bobbio ed a Ottone, sul Nure in prossimità di Fer-riere e sull’Arda a Lugagnano. È inoltre in corso di allestimento un quinto incu-batoio localizzato in pianura, in prossimità del fiume Po nel comune di Caorso.

L’attività alieutica vienemonitorata grazie anchealla collaborazione dicirca 100 guardie ittichevolontarie, appartenentialle diverse Associazio-ni piscatorie che, ognianno, consentono di ef-fettuare svariate centi-naia di accertamenti perverificare il rispetto del-le leggi. Nel periodo estivo edogniqualvolta se ne rav-

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visi la necessità, il Ser-vizio provinciale prov-vede ad effettuare recu-peri di pesci rimasti inpozze isolate dai corsid’acqua principali in se-guito alla fisiologica ri-duzione di portata deifiumi o a lavori in alveoo ancora alle captazioniper usi irrigui. I pescivengono catturati me-diante l’utilizzo di elet-trostorditori per esserereimmessi, qualora non siano specie alloctone invasive, nei tratti di corsi d’ac-qua che offrono le maggiori garanzie per la sopravvivenza degli animali. Nelquinquennio in oggetto, il Servizio ha progressivamente migliorato l’efficienzadi recupero, passando dai 18 interventi effettuati nel 2000, che hanno consenti-to la reimmissione di 7 quintali di pesci, ai 38 interventi del 2004 con la reim-missione di circa 43 quintali di animali. La partecipazione diretta ad attività di educazione ambientale (visite guidate discolaresche alle strutture provinciali ed alle località più caratteristiche, ecc.) edil sostegno alle attività educative e divulgative delle Associazioni (realizzazio-ne di scuole di pesca, organizzazione di gare, ecc.) completano il quadro diazioni normalmente realizzate nell’ambito della gestione della fauna ittica.Per la tutela degli ambienti fluviali il Servizio collabora con l’Agenzia interre-gionale per il fiume Po ed il Servizio tecnico di bacino ed in particolare vigilaaffinché, durante l’effettuazione di lavori in alveo, vengano rispettate le pre-scrizioni contenute in un apposito documento provinciale (il “Protocollo perl’esecuzione dei lavori in alveo e criteri per la valutazione economica del pre-lievo e lo spostamento dell’ittiofauna e del danno ambientale”) redatte al fine diridurre l’impatto di queste attività sull’ecosistema fluviale.Il Protocollo prevede anche, quando necessari, la realizzazione di interventi diripristino ambientale in modo da compensare gli eventuali effetti negativi cau-sati sull’ambiente dai lavori ed inoltre permette di quantificare economicamen-te, in modo oggettivo e coerente, i danni causati dal mancato rispetto delle pre-scrizioni. Si riporta di seguito un estratto del protocollo contenente le prescri-zioni comuni a tutti gli interventi sui corsi d’acqua. Annualmente vengono con-trollati tra i 70 ed i 100 interventi in alveo. Un altro importante aspetto della tutela dei corsi d’acqua è legato alla corretta

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I pesci recuperati vengono liberati.

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regolamentazione dellagestione degli sbarra-menti per la produzionedi energia elettrica o perl’approvvigionamentoidrico a fini potabili oirrigui. Le acque dellaProvincia di Piacenzarisentono della presenzadi diverse dighe e sbar-ramenti o deviazioniche possono alterare lenaturali modificazionistagionali delle caratte-

ristiche fisico-chimiche dei fiumi (portata, velocità di corrente, ossigeno di-sciolto, concentrazione di inquinanti, ecc.) e impedire le naturali migrazioni ri-produttive tipiche di alcune specie (una per tutte lo storione cobice, Acipensernaccarii) compromettendo spesso la vitalità dell’intero ecosistema acquatico ecomportando una significativa riduzione delle zone disponibili per la pesca. Aquesto proposito il Servizio provinciale sta cercando, con i responsabili ge-stionali di alcune di queste dighe (in particolare la diga di Boschi e la Centra-le di Ruffinanti, sul torrente Aveto) di trovare modalità di gestione del rilasciodelle acque a minor impatto, oltre a realizzare scale di risalita per facilitare imovimenti degli animali lungo le aste fluviali. Tra il 2003 ed il 2004, nell’am-bito del Progetto “Life Trebbia”, è stata realizzata una scala di risalita sul Treb-bia in prossimità dell’abitato di Perino (in comune di Coli) ed un’altra è in cor-

so di completamentosull’Aveto in prossimitàdi Salsominore (comunedi Ferriere). In occasio-ne del citato progettoLife, sono stati effettua-ti ulteriori interventi dirinaturalizzazione delcorso del fiume chehanno previsto la posadi massi nel fiume inmodo da variare laprofondità del letto e lavelocità della corrente

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Lavori in un alveo.

La scala di risalita del pesce nel fiume Trebbia a Perino.

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consentendo all’ecosi-stema di ritornare allacomplessità originaria.Sempre a proposito disbarramenti sui corsid’acqua, particolarmen-te importante è stata lacostituzione di un Tavo-lo scientifico consultivoper la realizzazione diuna scala di risalita inprossimità della diga diIsola Serafini sul Po.Tale tavolo raggruppa iprincipali esperti di settore in campo nazionale (Università e Enti di Ricerca)che dovranno fornire all’Amministrazione provinciale le conoscenze indispen-sabili perché la stessa possa correttamente allestire il progetto di costruzionedella scala che sarà poi realizzata dall’Agenzia Regionale per la Navigazionenelle acque Interne (ARNI) contemporaneamente all’allestimento di una nuo-va conca di navigazione. Si prevede che l’impianto di risalita, che consentiràagli animali di superare un dislivello di 10 metri, permetterà anche un monito-raggio capillare dei pesci in transito.

I progetti finalizzati

Oltre alle routinarie attività di gestione e tutela del patrimonio ittico e del suoambiente, la Provincia di Piacenza investe ingenti risorse ed attenzioni nellarealizzazione dei cosiddetti “Progetti finalizzati”, cioè quei progetti rivolti spe-cificamente a temi di particolare interesse e criticità che vengono realizzati gra-zie a finanziamenti erogati dalla Regione Emilia-Romagna dietro presentazio-ne di appositi programmi di azione. Nell’ultimo quinquennio il Servizio pro-vinciale ha realizzato o sta realizzando 12 progetti finalizzati, alcuni dei qualiarticolati su un arco temporale di 3 o 4 anni, per un investimento economicomedio di oltre 100.000 euro annuali. Complessivamente i progetti possono es-sere distinti in tre principali linee di indagine ed azione: una linea si occupa del-la conoscenza, valorizzazione, promozione ed educazione all’attività alieutica.Un secondo filone è volto alla individuazione delle criticità ambientali ed allariqualificazione degli ecosistemi acquatici ed un terzo alla conservazione dispecie ittiche di particolare interesse a livello locale, nazionale e comunitario.

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Fiume Po, lo sbarramento di Isola Serafini.

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Nell’ambito delle attività direttamenteconnesse con l’esercizio della pescasportiva, è stato realizzato un progettotriennale di monitoraggio della pres-sione di pesca che mirava ad approfon-dire le conoscenze circa l’eserciziodell’attività e che è descritto in detta-glio di seguito. Un secondo progetto (ancora in atto)consiste nello sperimentare un model-lo innovativo di incremento turisticoveicolato dall’attività di pesca. Infattiil territorio collinare e montano dellaProvincia di Piacenza presenta unbuon grado complessivo di integritàambientale e dei luoghi interessanti dalpunto di vista naturale e paesaggistico,ma anche culturale, storico e folclori-stico. Dal canto suo la pesca sportiva,per il numero di appassionati che van-ta e per il fascino che esercita soprat-tutto se effettuata in questi contesti di

naturalità, può richiamare un significativo numero di persone e fungere da pro-motore turistico. Un incremento dei flussi turistici può rappresentare un ele-mento di forza per migliorare le condizioni occupazionali ed economiche dellearee più svantaggiate, contribuendo contemporaneamente ad aumentare il con-trollo sui fenomeni di degrado anche dell’ambiente acquatico. Operativamente,in collaborazione con il Servizio Turismo e Attività Culturali, si è cercato di rea-lizzare un modello di sviluppo turistico che consentisse un aumento delle pre-senze e dei soggiorni nelle valli piacentine, nel pieno rispetto dell’ambiente. Aquesto scopo sono stati identificati una serie di zone e corsi d’acqua da pro-muovere ed al contempo un gruppo di strutture ricettive della zona da conven-zionare nell’iniziativa. Si stanno inoltre formando una serie di persone che han-no il compito di fungere da accompagnatori e da istruttori di pescatori e fami-liari. Il programma prevede, nei week-end, di offrire al pescatore ed alla sua fa-miglia la possibilità da una parte di svolgere l’attività alieutica in contesti am-bientali suggestivi dove possono essere catturati animali di qualità e dall’altradi mettere a disposizione iniziative di intrattenimento anche dei non pescatoriper consentire di apprezzare in modo guidato, gli ambienti, la cultura, le tradi-zioni ed i prodotti tipici locali delle vallate piacentine.

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La Valle dell’Aveto con le sue gole.

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Un terzo progetto ha riguardato l’educazione ambientale: rivolgendosi allescuole medie si è cercato di istruire e sensibilizzare i ragazzi ai temi del rispet-to della natura e della salvaguardia ambientale, promuovendo un approccio cul-turalmente corretto alla pesca sportiva. A questo scopo sono state organizzatelezioni frontali in aula in cui erano di volta in volta presenti un biologo-ittiolo-go, per chiarire gli aspetti biologici ed ecologici legati alla fauna ittica ed ai cor-si d’acqua, agenti di Polizia provinciale per informare sugli aspetti normativi epescatori esperti (appartenenti ad Associazioni di pesca sportiva) per illustrarele differenti tecniche di pesca. Alle lezioni in aula sono seguite visite guidate alMuseo del Po di Monticelli d’Ongina, all’impianto ittico in località La Casellaa Castelsangiovanni (in cui la Provincia detiene oltre 300 storioni) ed agli in-cubatoi provinciali. Il percorso formativo si concludeva con delle visite guida-te sui fiumi per consentire agli studenti di apprezzare le caratteristiche ambien-tali dei corsi d’acqua, riconoscere i pesci ed i macroinvertebrati presenti ed im-pratichirsi nella misurazione di alcuni animali catturati appositamente. Infine inlaghetti di pesca sportiva, accompagnati da vari pescatori esperti, gli studentipotevano mettere in pratica quanto appreso effettuando prove di pesca.L’ultimo progetto realizzato in questo campo d’azione è consistito nella reda-zione di uno studio pilota di introduzione e costituzione di popolazioni stabilidi temolo (Thymallus thymallus) nel fiume Trebbia. Le acque montane dellaProvincia di Piacenza sembrano essere idonee a supportare la presenza di que-sta pregiata specie ittica sulla cui origine sono ancora in atto discussioni tra glistudiosi, ma l’introduzione di una specie ittica considerata alloctona per un cer-to areale presenta una serie di problemi che devono essere affrontati per mezzodi informazioni scientificamente corrette, onde evitare impatti non desiderati enon più correggibili in ambienti delicati come quelli in oggetto. Quindi il fattoche siano numerosi gli appassionati di pesca che aspirano a poter esercitare l’at-tività alieutica su questa specie, obbliga i gestori del territorio a dare rispostecerte sull’opportunità o meno di effettuare l’introduzione. Per questo motivo èstata predisposta una ri-cerca che ha previstol’immissione ed il con-trollo di uno stock di te-moli in un tratto limitatodel Trebbia. Il monito-raggio sarà effettuato siaverificando i risultatidella normale attività dipesca nella zona e nellezone adiacenti (a monte

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Un esemplare di temolo. Una ricerca ne ha previstol’immissione e il controllo in un tratto limitato del fiume Trebbia.

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ed a valle), sia attraverso specifici campionamenti mediante elettrostorditore.Gli obiettivi sono quelli di verificare le possibilità di ambientamento della spe-cie, le sue capacità di dispersione nel contesto ambientale oggetto della prova el’impatto sulle altre specie. L’attività è in corso, ma la definizione degli effettinecessita di dati pluriennali.Nell’ambito dell’individuazione delle criticità ambientali e della riqualificazio-ne degli ambienti fluviali, sono stati sviluppati complessivamente quattro pro-getti. Di questi uno era relativo alla distribuzione ed all’importanza delle deri-vazioni e captazioni di acqua dai fiumi piacentini e viene dettagliatamente de-scritto in seguito.Altri due progetti invece riguardavano la rinaturalizzazione del torrente Nure inzona a salmonidi (località Cantoniera in comune di Farini), con il ripristino del-la circolazione dell’ittiofauna. Un problema comune, infatti, ai frequenti inter-venti di ricostituzione e protezione spondale, realizzati in seguito ad eventi dipiena e/o erosivi, è quello di portare alla rettificazione del corso d’acqua ed al-la banalizzazione dell’ambiente causando una perdita di diversità biologica eduna riduzione della capacità ittiogenica. Nella maggior parte dei casi la realiz-zazione di questi interventi avviene trascurando di valutarne la compatibilitàcon i popolamenti ittici residenti e con l’ecosistema in generale, raddrizzandol’alveo del fiume e mantenendo una lama d’acqua bassa senza possibilità per lafauna ittica di trovare condizioni idonee a sopravvivere e riprodursi. L’inter-vento prevedeva di ripristinare nel tratto di Nure delle condizioni morfologicheed ambientali che consentissero l’insediamento di popolamenti organizzati difauna ittica (salmonidi e ciprinidi reofili) realizzando e/o spostando difese spon-dali radenti. Il successo degli interventi verrà valutato attraverso appositi moni-

toraggi prima e dopol’intervento ed a montee valle dell’interventoper documentare l’evo-luzione e lo stato dei po-polamenti ittici.Un altro progetto di mi-glioramento ambientaleinteressa la cosiddettaarea delle risorgive, cioèquella fascia di pianuradove la falda sotterraneaemerge in superficie.Queste sorgenti sonostate modificate dall’uo-

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La risorgiva è un habitat molto importante per la sopravvivenza di varie specie ittiche.

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mo a partire dall’XI secolo soprattuttoper fini irrigui, determinando la crea-zione dei fontanili: ambienti caratte-rizzati da acque limpide con scarsaescursione termica stagionale, circon-dati spesso da vegetazione naturale.Essi costituiscono importanti elementidi diversificazione ambientale nell’o-mogeneità del paesaggio planiziale eoffrono possibilità di rifugio a moltespecie animali legate agli ambienti ac-quatici (invertebrati, anfibi e rettili)che non troverebbero possibilità di vi-ta nelle tipologie ambientali prevalen-ti in pianura. Oltre a ciò, le risorgivesono una zona molto importante per la sopravvivenza di varie specie ittiche tracui il raro spinarello (Gasterosteus aculeatus) e il luccio (Esox lucius) che sfrut-ta questi ambienti per la riproduzione.Negli ultimi anni, a causa dell’abbassamento della falda, molti di questi am-bienti non sono in grado di mantenere un costante flusso idrico e tale situazio-ne induce i proprietari dei fondi in cui le teste delle risorgive affiorano a inter-rarle, perdendo in questo modo ambienti preziosi e rari. L’Amministrazioneprovinciale, da anni impegnata nel monitoraggio di questi elementi, ha previstoiniziative volte ad individuare una serie di risorgive ancora non compromessein cui intervenire aumentando il flusso dell’acqua ed effettuando interventi pi-lota di riqualificazioneambientale integrata perla vivificazione dell’am-biente e per ripristinarnela funzionalità ecologi-ca. È inoltre previstal’effettuazione di un ag-giornamento dell’ultimocensimento provincialedel 1988 (Bernini F.,Torselli A., Caratteriz-zazione delle unità igro-file di particolare pre-gio. Le Risorgive del-la pianura piacentina,

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Spinarelli da un fontanile.

Il luccio sfrutta ambienti come le risorgive per riprodursi.

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L.R. 1.2.1983 n. 9, pub-blicato anche su Rivistadi Storia Naturale delMuseo Geologico di Ca-stell’Arquato, 1991,Voll.: 4-6) e di verificarel’esito degli interventiattraverso un monitorag-gio ad ampio spettro(chimico-fisico, biologi-co, ittiologico, avifauni-stico, ecc.).Gli interventi realizzati

ed in corso di realizzazione nell’ambito dei progetti finalizzati redatti dalla Pro-vincia di Piacenza nel campo della conservazione delle specie sono stati com-plessivamente quattro, di cui tre di durata poliennale.La maggior parte delle risorse sono state impiegate nella realizzazione di pro-getti relativi allo storione cobice, una specie endemica del Nord Adriatico e deifiumi più importanti della Pianura Padana, che ha subito, assieme agli altri sto-rioni presenti nelle nostre acque, una riduzione talmente intensa dei suoi popo-lamenti da essere considerato in via di estinzione. I problemi che hanno con-dotto a tale situazione sono molti (inquinamento delle acque, alterazione degliambienti, costruzione di sbarramenti, sfruttamento eccessivo da parte della pe-sca, ecc.); alcuni di essi, comunque, sono in via di attenuazione come l’inqui-namento delle acque e lo sfruttamento alieutico (esiste un divieto di pesca perquesta specie nella Regione Emilia-Romagna).La Provincia, proprietaria di uno stock di oltre 300 animali, tra cui alcuni ri-produttori, mantenuti presso un centro ittico in località La Casella in comune diCastelsangiovanni, opera insieme ad Università (Università degli Studi di Fer-rara), Enti di ricerca specializzati (CIRSPE - Centro Italiano per la Ricerca sul-la Pesca e CESI - Centro Elettrotecnico Sperimentale Italiano) e a professioni-sti di settore (Aquaprogram) e da oltre dieci anni si occupa di approfondire leconoscenze relative sia alla riproduzione controllata, sia al riadattamento ali-mentare degli animali cresciuti in cattività, sia all’approfondimento delle prefe-renze ambientali (studi tramite radiotracking) e sia alla reintroduzione massivacon monitoraggio della sopravvivenza.Trattandosi di una specie che inizia a riprodursi attorno ai 10-12 anni di età e dicui sono scarse le conoscenze biologiche, è comprensibile come questo tipo diricerche abbiano bisogno di investimenti e sforzi conoscitivi ben più lunghi ri-spetto ad altri temi.

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Lo storione cobice: nel tempo ha subito una tale riduzione dei suoi popolamenti da essere considerato in via di estinzione.

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Gli obiettivi che ci si propone di raggiungere sono quindi suddividibili in tregrossi temi: da una parte lo studio in ambiente controllato di tutto il ciclo ri-produttivo, per riuscire a comprendere i problemi fisiologici e di mantenimen-to dei riproduttori e per mettere a punto i protocolli di induzione incruenta del-la produzione di gameti fertili; parallelamente sono stati condotti (e lo sono tut-tora) studi in ambiente naturale e seminaturale per valutare le capacità di so-pravvivenza degli animali introdotti (per i vari gruppi di taglia) e quindi di ef-ficienza delle operazioni di ripopolamento; infine si stanno studiando le abitu-dini e le preferenze ecologiche per ottimizzare le operazioni di ripopolamento edi indirizzare le azioni di risistemazione idraulica verso una progettazione com-patibile con la sopravvivenza di questa specie. Un salto di qualità nelle azioni di conservazione della specie si prevede di far-lo mediante la realizzazione, tra il 2004 ed il 2007, di un Progetto Life appro-vato dalla Commissione Europea che coinvolge otto Province (Ferrara, Rovigo,Venezia, Treviso, Padova, Verona e Cremona, oltre a Piacenza), tre Regioni(Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna), il Parco regionale veneto del Deltadel Po, il Centro di Ricerca “Istituto Spallanzani” e l’Ente di Ricerca e Svilup-po Agricolo e Forestale (ERSAF) della Regione Lombardia. L’ambizioso pro-getto interesserà gran parte dell’areale italiano di distribuzione della specie e sipropone di contribuire significativamente alla sua conservazione attraverso ilcoordinamento degli sforzi delle diver-se figure coinvolte, che metteranno incomune il proprio bagaglio di espe-rienze e risorse per aumentare le cono-scenze sulle caratteristiche biologiche,ecologiche e genetiche degli storioni.Incrementeranno i ripopolamenti ed ilmonitoraggio degli animali reintrodot-ti, focalizzandosi sui tratti più idoneidei corsi d’acqua padani, ottimizzeran-no le tecniche di riproduzione artificia-le al fine di aumentare il successo diambientamento degli animali immessie sensibilizzeranno ed educherannopescatori, scolaresche e tutti i fruitoridei corsi d’acqua perché ciascuno pos-sa fattivamente contribuire al recuperodella specie. Le attività svolte fino adoggi hanno consentito di iniziare i ri-popolamenti con animali di circa un

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Attività di selezione dei riproduttori.

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chilogrammo di peso e singolarmentemarcati (sono stati immessi ad oggi5.000 larve a luglio 2005, 1.000 indi-vidui di circa un chilo di peso ad apri-le 2006 ed è stata prevista la semina dialtri 2.000 individui da circa un chilotra novembre 2006 ed aprile 2007). L’attività riguardante la gestione dei ri-produttori ha portato alla determina-zione dello stato di maturazione di cir-ca il 50% degli individui e all’accre-scimento della rimanenete parte, chesaranno idonei alla riproduzione entroil 2008. Grazie alla selezione dei ripro-duttori, assieme agli altri partner delProgetto Life, sono state condotte unaserie di sperimentazioni sulla riprodu-zione artificiale e sullo svezzamentodelle larve ottenute (circa 40.000 nel2005 e circa 50.000 nel 2006). Data la

grande difficoltà di gestione dei piccoli, gran parte della produzione del 2005 èstata immessa in natura nei corsi d’acqua delle varie Province partecipanti alprogetto, mentre per gli animali prodotti nel 2006 si stanno sperimentando tec-niche di allevamento e alimentazione nell’impianto di Treviso, sito scelto daivari partner per questa attività. Un’altra importante serie di azioni di conserva-

zione è stata rivolta allatrota fario, specie pre-giata per le acque mon-tane regionali, che soffreda molti anni di una se-rie di problematiche am-bientali e di pressione dipesca che ne hanno resole popolazioni rarefatte,rendendo necessari in-terventi di sostegno an-che abbastanza intensi.La pratica delle immis-sioni di animali prove-nienti da allevamento,

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Uova embrionate di storione cobice.

Giovani di storione cobice.

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unica fonte di approvvi-gionamento per moltianni, ha sopperito dauna parte alle carenzedemografiche, ma ha in-trodotto anche altri pro-blemi di tipo genetico.L’insieme dei problemiambientali e di inquina-mento genetico hannoportato su vasta scala al-la riduzione della capa-cità riproduttiva dellepopolazioni, che quindinon riescono ad automantenersi. Negli anni dal 1996 al 2001 sono state con-dotte una serie di esperienze su piccola scala basate sulla ricerca di ceppi rusti-ci di trota fario (Salmo trutta trutta) nei corsi d’acqua salmonicoli del piacenti-no. Sono così state individuate alcune popolazioni rustiche, anche se influenza-te geneticamente da immissioni, presenti nel bacino del torrente Nure (LagoMoo) e altre nel bacino del fiume Trebbia (sub-bacino del torrente Boreca).È stata messa a punto la tecnica per la riproduzione controllata e sono stati ri-solti i problemi relativi all’incubazione delle uova, all’allevamento dei primistadi vitali della trota e al mantenimento di una serie di animali in cattività. Ne-gli anni successivi si so-no approfondite le anali-si genetiche su questogruppo di animali e si ècercato di predisporredegli ambienti semina-turali dove far accresce-re gli individui riprodot-ti per ottenere con il pas-sare del tempo una seriedi riproduttori di altaqualità e controllati ge-neticamente. Gli animaliannualmente prodotti,benché contenuti nume-ricamente, vengono uti-lizzati per ripopolare so-

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Immissione di storioni.

Uova di trota fario. Nel bacino del torrente Nure e nel sub-bacino del torrente Boreca sono stati individuati

alcuni ceppi rustici della specie.

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prattutto le aree più inte-gre della Provincia conesemplari più “rustici”,cioè più adattabili allecondizioni ambientalidei corsi d’acqua appen-ninici rispetto alle co-muni trote di allevamen-to. Il monitoraggio deglianimali prodotti ed im-messi, in corso di realiz-zazione, consentirà di

appurare il raggiungimento dell’obiettivo finale del progetto: la costituzione dipopolazioni strutturate in grado di automantenersi. Un’altra specie bersaglio delle azioni di conservazione provinciali è l’anguilla(Anguilla anguilla): la situazione ittiofaunistica attuale della specie è infatti dicrisi evidente, così come risulta da vari studi condotti a livello provinciale e re-gionale. L’emergenza, inoltre, è comune non solo ad altre aree regionali, ma adiversi ambiti territoriali della Pianura Padana. Le cause di questo decrementosono numerose (inquinamento, alterazione morfologica dei corsi d’acqua, co-struzione di sbarramenti) e tra le poche iniziative gestionali che si riesce a met-tere in atto vi è quella dell’immissione di esemplari provenienti per lo più da al-levamenti (in genere allo stadio di “ragano”). Poche purtroppo sono le evidenze sulla reale efficacia delle operazioni di im-missione, soprattutto per la difficoltà di monitoraggio della sopravvivenza edell’accrescimento della specie; a questo va aggiunto che le forniture com-

merciali spesso non ga-rantiscono un controllodella qualità degli ani-mali. Per cercare di por-re rimedio a questa si-tuazione critica si è ri-volto l’interesse ad unafase vitale dell’anguilla,la ceca, che viene cattu-rata in Italia allo statoselvatico lungo le coste,al momento dell’ingres-so nei fiumi, soprattuttosul versante tirrenico.

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Anche l’anguilla è oggetto delle azioni provinciali di conservazione.

L’immissione di anguille.

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Infatti questa fase vitale, anche se soggetta a mortalità ancora elevate per labiologia della specie, darebbe buone garanzie di rusticità degli animali e di cer-tezza sulla provenienza. Il progetto, in fase di realizzazione, prevede di verificare se l’immissione in ac-que interne di questo stadio di accrescimento è sufficientemente efficiente perquesto tipo di prodotto e l’eventuale resa in termini di individui. Per risponde-re a questi interrogativi sono stati individuati due canali di pianura della reteconsortile, delimitati sia a monte che a valle per evitare la fuga degli animali.Si è quindi provveduto ad immettere ragani e ceche separatamente, che ver-ranno monitorati periodicamente nell’arco di alcuni anni tramite campiona-menti diretti.

Estratto del protocollo per l’esecuzionedei lavori in alveo: prescrizioni comuni a tutte le opere

Modalità di comunicazione di inizio opereAl fine di coordinare ed organizzare le operazioni, è necessario prevedere unacomunicazione di inizio e di fine lavori da produrre da parte della ditta esecu-trice dei lavori nei confronti dell’Amministrazione provinciale.Tale comunicazione di inizio lavori dovrà pervenire all’Amministrazione pro-vinciale almeno 15 giorni prima dell’inizio dei lavori stessi.Verrà concordato un incontro e/o un sopralluogo da parte dell’Amministrazio-ne provinciale a cui dovrà essere presente almeno un responsabile della dittaesecutrice dei lavori che provvederà ad illustrare le attività e le opere. In questaoccasione è indispensabile che siano disponibili sia il progetto che le autorizza-zioni relative. A conclusione dei lavori, dovrà pervenire all’Amministrazione provinciale unacomunicazione da parte della ditta esecutrice in un tempo non superiore a 3giorni dopo la chiusura dei cantieri.Anche in questo caso verrà effettuato un sopralluogo per la verifica dell’esecu-zione delle opere come concordato e dovranno essere disponibili il progetto ele autorizzazioni.Nel caso di cantieri di lunga durata (superiori a 15 giorni), o comunque qualo-ra fosse necessario a causa delle caratteristiche dell’opera, saranno concordatiincontri e sopralluoghi periodici da parte dell’Amministrazione provinciale.Per ogni sopralluogo e/o incontri verrà predisposto un verbale sintetico conte-nente le prescrizioni e gli accordi, da controfirmare da entrambe le parti. Il ver-bale sarà in 3 copie di cui una resterà all’Amministrazione provinciale; unaverrà consegnata alla ditta esecutrice e una verrà inviata all’Ente appaltante.

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Modalità di deviazione e prosciugazione delle acqueNelle opere in cui è necessario intervenire con la deviazione di rami o di tuttoil corso d’acqua per consentire le operazioni previste in alveo, è necessario tu-telare sia la fauna ittica presente che l’ambiente fisico.Innanzitutto il tratto da prosciugare/deviare dovrà essere il più breve possibilein estensione longitudinale e dovrà limitarsi al ramo o alla zona direttamente in-teressata dai lavori. Per la deviazione dovrà essere previsto un argine di sbarra-mento nel punto di inizio della deviazione ed eventualmente un argine lateralelungo la zona dell’opera.Tali argini andranno costruiti con materiali dello stesso luogo o con barriere ar-tificiali esogene; tutti, comunque, dovranno essere provvisori e facilmenteasportabili. Il prosciugamento delle acque dovrà essere lento e progressivo,consentendo alla fauna ittica presente di defluire verso valle ed uscire dalla zo-na interessata alle opere. A tal fine sono da evitare manovre volte alla chiusuraistantanea del deflusso del corso d’acqua o della tombatura di buche o avvalla-menti con materiali inerti che accelerino l’asciutta. Nell’eventualità dell’insi-stenza dell’acqua in alcune zone di accumulo dopo la costruzione dello sbarra-mento a monte o dopo la deviazione, si dovrà provvedere alla costruzione di uncanale di deflusso a valle per svuotare la buca formatasi. Se nonostante questeoperazioni vi fosse ancora permanenza d’acqua a causa di infiltrazioni o im-possibilità di drenare tutta l’acqua, si dovrà operare il prelievo della fauna itti-ca residente e la sua traslocazione, come descritto nel presente documento.Si dovrà comunque provvedere, nei limiti del possibile, ad un ulteriore abbas-samento del livello dell’acqua in modo da agevolare le operazioni di cattura delpesce, per mezzo di idrovore o canali di deviazione secondari.Le operazioni di riempimento di buche che si renderanno necessarie all’esecu-zione di altre opere, potranno essere effettuate solo dopo l’asportazione dellafauna ittica e dovranno iniziare da monte e proseguire verso valle dove è statopredisposto il canale di scarico.Dopo aver riempito la porzione di testa della buca, si dovrà attendere 20-30 mi-nuti per continuare le operazioni in modo da consentire al pesce di spostarsi ver-so valle. La velocità con cui si riempirà la buca sarà variabile in funzione delledimensioni della stessa; in linea generale si può considerare indicativa una ve-locità di riempimento di circa 2-3 metri lineari all’ora.In tutti i casi è opportuno che a livello di Capitolato Speciale d’Appalto venga-no inserite, anche quantificandole economicamente appositamente, le azioni dacompiersi al fine di arrecare il minor danno possibile alla fauna ittica, ad esem-pio iscrivendo nell’Elenco prezzi la seguente voce: Spostamento della fauna ittica: spostamento di fauna ittica durante i lavori aseguito di deviazioni di corsi d’acqua per lavori in alveo, compreso l’uso di

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strumentazione di cattura appositamente predisposta per la cattura del pesceed a norma di legge, compreso il carico del pesce in appositi mezzi di traspor-to dotati di vasca contenente acqua alla stessa temperatura di quella presentenel corso d’acqua, strumentazione per l’insufflazione di ossigeno, compresotrasporto e scarico finale in luoghi preventivamente individuati dagli organiprovinciali competenti.Prezzo di applicazione per m2 di superfice bagnata prosciugata euro 0,10/m2

se la distanza di scarico è < 1 km.Prezzo di applicazione per m2 di superfice bagnata prosciugata euro 0,15/m2

se la distanza di scarico è > 1 km e < 5 km.Prezzo di applicazione per m2 di superfice bagnata prosciugata euro 0,21/m2

se la distanza di scarico è > 5 km.

Modalità di prelievo e spostamento dell’ittiofaunaL’attività di prelievo e spostamento dell’ittiofauna dovrà essere prevista nei ca-si in cui parte dell’area interessata ai lavori da eseguire in alveo o alla devia-zione del corso d’acqua non possa essere totalmente privata dell’acqua in mo-do progressivo. Come descritto nel paragrafo relativo alle modalità di devia-zione o prosciugamento, le operazioni dovranno essere progressive e consenti-re alla fauna ittica di spostarsi in altra zona del corso d’acqua.Dovranno essere poste in essere tutte le misure atte a consentire al pesce unospostamento autonomo e si dovrà intervenire con strumenti di cattura solo do-po questa fase. Il prelievo della fauna intrappolata in zone d’acqua limitate do-vrà essere eseguito da ditte specializzate nell’uso di storditori elettrici apposita-mente predisposti per la cattura del pesce.Il personale di tale ditta dovrà essere presente sul cantiere quando le acque con-sentiranno una cattura efficiente della fauna, cioè quando si sarà fatta defluirela maggior parte dell’acqua presente nelle zone di accumulo.Qualora le condizioni ambientali lo renderanno necessario, si potrà operare conreti di contenimento a maglia fine per il confinamento della fauna ittica o contrappole, in supporto all’uso dello storditore elettrico. Sono espressamente vie-tate le reti con funzione di cattura del pesce come ad esempio il tramaglio.Dovranno essere utilizzati storditori elettrici a corrente continua o continua pul-sata (con massimo di 100 Hz di frequenza) ed il pesce catturato dovrà esseremantenuto nelle migliori condizioni possibili affinché siano ridotti lo stress e leabrasioni. In particolare dovranno essere presenti almeno tre persone addette al-la cattura della fauna ittica con compiti rispettivamente di: operatore dello stor-ditore elettrico, addetto alla cattura con guadino, traslocatore del pesce dalla zo-na di cattura al mezzo di trasporto o ad altra zona del corso d’acqua.L’eventuale mezzo di trasporto per lo spostamento della fauna dovrà essere do-

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tato di vasca di capacità adeguata contenente acqua a temperatura analoga aquella presente nel corso d’acqua; dovrà essere disponibile un sistema di insuf-flazione di ossigeno con capacità adeguate ad un trasporto di durata fino adun’ora oltre che i tempi necessari alla raccolta. Durante le operazioni di catturadovrà essere posta attenzione agli individui che presentano ulcerazioni eviden-ti o necrosi estese; tali individui dovranno essere soppressi e non spostati.Tutto il pesce catturato dovrà essere trasportato in altre zone del corso d’acquastesso (a monte, preferibilmente, o a valle) con le stesse caratteristiche ambien-tali e ittiologiche. Nell’eventualità di assenza di disponibilità di altre zone del-lo stesso corso d’acqua, lo si potrà destinare in altri corsi d’acqua limitrofi conle stesse caratteristiche. Tutte le operazioni di prelievo e spostamento dovrannoessere coordinate ed autorizzate da personale della Polizia provinciale presentesul posto. La Provincia metterà a disposizione, nei limiti del possibile, suoimezzi per lo spostamento della fauna ittica (vasche su camion).A cura del soggetto incaricato dalla cattura del pesce dovrà essere compilato ilverbale di prelievo dell’ittiofauna in tre copie e controfirmato dagli operatoridella Polizia provinciale presenti; una copia verrà trattenuta dal soggetto inca-ricato della cattura, una sarà consegnata all’agente della Polizia provinciale e laterza verrà inviata alla ditta esecutrice dei lavori a cura del soggetto incaricatodella cattura del pesce.

Periodi di lavoro idonei nelle varie zone provincialiUno dei momenti più delicati della biologia delle specie ittiche è il periodo chein termini generali va sotto il nome di “periodo riproduttivo” e che comprendela fase di preparazione alla riproduzione (con spostamenti di alcune specie itti-che in aree idonee), quella di scelta e deposizione delle uova ed infine quella diincubazione delle uova, della nascita e svezzamento delle larve.Per tutelare questa fase delicata del ciclo vitale delle varie specie, sarebbe op-portuno intervenire nelle varie aree della Provincia tenendo conto del calenda-rio biologico naturale; in altre parole, vanno evitati, per quanto possibile, gli in-terventi in alveo in certi periodi dell’anno in funzione delle presenze faunisti-che locali e della biologia dell’ittiofauna.Di seguito, un calendario dei periodi consigliati per le operazioni in alveo infunzione delle varie zone della Provincia di Piacenza, basato sul periodo ripro-duttivo delle varie specie ittiche e sulla loro presenza nella zona.

Valutazione economica del danno alla fauna itticaNell’eventualità che le opere di mitigazione preventive non possano esseremesse in atto per vari motivi, oppure che non risultino efficaci per il tipo di ope-ra, l’Amministrazione provinciale richiederà, ai sensi dell’art 29 della L.R. 11

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del 22/07/93, l’indennizzo del danno arrecato alla fauna ittica. L’entità di taleindennizzo sarà valutato caso per caso dall’Amministrazione stessa, facendo ri-ferimento a parametri propri a seconda del rilievo ambientale del corso d’acquae dell’area interessata ai lavori.Come stime indicative verranno applicati i seguenti costi medi per metro qua-drato di superficie di alveo bagnato (considerato prima dell’inizio dei lavori) esuscettibili di aumenti o diminuzioni in funzione dell’importanza e della sensi-bilità dei popolamenti ittici esistenti, del tipo di intervento realizzato e della du-rata delle operazioni:� Torrente Nure euro 1,03 al m2

� Fiume Trebbia euro 1,55 al m2

� Altri fiumi e torrenti euro 1,03 al m2.

L’Amministrazione provinciale si riserva comunque di valutare la presenza edil verificarsi di ulteriori danni ambientali di natura generale e l’influenza delle

La Provincia di Piacenza

Mese Zona 1 Zona 2 Zona 3 Zona 4

Gennaio

Febbraio

Marzo

Aprile

Maggio

Giugno

Luglio

Agosto

Settembre

Ottobre

Novembre

Dicembre

SalmonidiEsocidi

Ciprinidi reofili

Salmonidi

EsocidiCiprinidi

fitofili

Calendario dei periodi consigliati per i lavori in alveo in relazione alle varie zone della Provincia di Piacenza ed ai periodi di riproduzione delle varie specie ittiche.

Legenda: in azzurro sono rappresentati i periodi non opportuni per le operazioni in alveo;all’interno dell’area azzurra sono richiamati i gruppi di pesci che si riproducono.Zona 1: tutte le acque comprese nella zona di pesca D. Zona 2: tutte le acque comprese nella zona di pesca C, il tratto di fiume Trebbia compresotra Ponte Lenzino e la zona C, il tratto di torrente Nure compreso tra Farini e la zona C.Zona 3: tutte le zone di risorgiva. Zona 4: tutte le acque di pianura comprese nelle zone di pesca B e A.

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opere realizzate su tratti limitrofi del corso d’acqua, determinando l’estensionedel danno ed il suo valore economico.

Monitoraggio della pressione di pesca sul fiume Trebbia tra Ottonee Traschio tramite l’analisi delle catture (anno 2000-2001, sintesi)

Nell’anno 2000 è stato avviato un progetto di monitoraggio della pressione dipesca sull’asta del fiume Trebbia tra Valsigiara e Ottone che aveva come scopola determinazione accurata del fenomeno e quindi la raccolta delle informazio-ni relative al prelievo. Tali dati sono parte integrante e necessaria per poter programmare una gestionerazionale della pesca, basata su dati certi e non su ipotesi o opinioni. A fiancodei dati sulla presenza ed abbondanza delle varie specie ittiche e di quelli sullastruttura e dinamica dei popolamenti, come è stato ribadito in varie occasioni,sono necessarie le informazioni sul prelievo, sia per caratterizzare la tipologiadi attività alieutica nelle aree in esame, sia per poter utilizzare un indicatore ap-prossimato ma complessivo dell’effetto di attività gestionali intraprese e/o del-la variabilità delle condizioni ambientali. In altri termini, la variazione delle situazioni ambientali (morfologiche, clima-tiche, meteorologiche, di disponibilità d’acqua e della sua qualità) e l’effetto diiniziative gestionali debbono essere valutati in modo continuo se si voglionotrarre indicazioni reali ed attuali sullo stato dei popolamenti e se si intende, conun processo di feed-back, imparare e migliorare gli interventi da effettuare infuturo per correggere le condizioni distrofiche. A questo fine sono sicuramentenecessari rilievi diretti sulla morfologia ambientale, sulla presenza di acqua esullo stato dei popolamenti ittici, ma per ovvi motivi questi devono essere li-mitati nello spazio e nel tempo. Le informazioni devono essere integrate con unindicatore che, pur non essendo estremamente preciso, sia comunque in gradodi rilevare in modo continuo e costante lo stato dei popolamenti ittici. Questoruolo può essere tranquillamente assunto dall’attività di pesca dilettantisticapoiché ha come obiettivo proprio la cattura delle specie presenti in acqua e per-ché è continuo nel tempo.Naturalmente tale indicatore deve essere opportunamente tarato e depurato de-gli effetti legati alla soggettività dell’attività e alle preferenze dei pescatori. Tra gli strumenti attualmente presenti in Provincia di Piacenza (come per altroin tutta la Regione Emilia-Romagna) vi è il “Tesserino regionale” che si pre-senta come un diario delle catture e delle uscite eseguite da ogni pescatore edeve essere utilizzato per le zone D (salmonicole) delle varie Province. Que-sto diario è fornito a titolo gratuito a tutti i pescatori che, muniti di regolare li-

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cenza di pesca, ne facciano richiesta ai centri di distribuzione di tutta la Re-gione. Inoltre il tesserino ha valore in tutte le acque della stessa Regione e lasua assenza durante un controllo da parte della vigilanza o la sua non correttacompilazione portano a sanzioni economiche molto elevate. Il tesserino deve essere riconsegnato all’Ente che lo rilascia (i Comuni o suoidelegati) entro l’inizio della stagione di pesca alla trota dell’anno seguente (en-tro marzo) e quindi i tesserini sono reinviati alla Regione, pena l’impossibilitàdi ottenerne uno valido per la successiva stagione di pesca. La Regione prov-vederà ad un’analisi statistica dei tesserini in un secondo momento. L’uso del tesserino è estremamente interessante perché consente di avere unabase di dati molto ampia e quindi significativa per la descrizione del fenomeno.Attualmente, però, non sono ancora disponibili dati elaborati sulla pressione dipesca esercitata negli anni passati (la Legge regionale è del 1995).Oltre a questo, comunque, ci si è concentrati su un’attività approfondita in unazona ristretta delle acque provinciali, proprio per verificare la funzionalità diquesto strumento e la sua capacità di rappresentare il fenomeno. Per fare ciò siè provveduto alla pianificazione di un intervento di rilievo dell’attività di pescamolto accurato, da eseguire nella stagione di pesca 2000, i cui risultati e le in-dicazioni che ne discendono sono parte integrante della relazione.

Metodologia di indagineLo studio ha avuto luogo lungo l’asta del fiume Trebbia, il principale corsod’acqua della Provincia di Piacenza ad esclusione del fiume Po, nel tratto com-preso tra il confine con la Provincia di Genova (a monte) e la zona di Traschio(a valle).Per queste zone sono stati programmati una serie di sopralluoghi da parte diguardie volontarie della Federazione italiana pesca sportiva ed attività subac-quee con cui la Provincia di Piacenza ha stipulato una convenzione, coperta nel-la parte economica, da un finanziamento regionale relativo ad un progetto fina-lizzato progettato per questo scopo.Si è scelto di seguire l’attività dei pescatori dilettanti durante tutti i giorni festi-vi e prefestivi dal 26 marzo (data di inizio pesca ai salmonidi) fino alla chiusu-ra della pesca alla trota (30 settembre 2000).In queste date due guardie volontarie della Fipsas dovevano perlustrare il trattodi torrente indagato almeno due volte (mattino e pomeriggio), contattando i pe-scatori che stavano eseguendo la loro attività, controllandone attrezzature e cat-ture già eseguite e infine intervistandoli su alcuni temi accessori.Per fare ciò è stata predisposta una scheda di rilevamento idonea e i dati rileva-ti sono stati quindi archiviati elettronicamente per essere successivamente ela-borati da un punto di vista statistico.

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RisultatiComplessivamente sono state effettuate 60 giornate di osservazione con il con-trollo di 418 pescatori.Nella Tabella 1 sono raggruppati i pescatori per mese e quindi è possibile evi-denziare come l’afflusso maggiore avvenga nei primi mesi dall’apertura dellapesca (nel nostro caso aprile, maggio e giugno) per poi mantenersi costante nei

mesi estivi e quindi decrescere a settembre. I pescatori hanno frequentato le 4 zone del corsod’acqua con le abbondanze assolute descritte nellaTabella 2. Le zone maggiormente frequentate daipescatori risultano quelle più a monte, in localitàOttone e Valsigiara, meta rispettivamente di 233 e130 pescatori. Riaggregando le presenze per mesesi evidenzia che in località Ottone le presenze piùnumerose sono state registrate nel mese di aprilecon 78 pescatori; in giugno scendono a 44 e a lu-glio e agosto il numero di pescatori si stabilizza in-torno a 26 per ridursi a soli 14 in settembre. In lo-

calità Valsigiara è stata registrata circa la metà delle presenze rilevate ad Otto-ne, ma l’andamento è sostanzialmente lo stesso. In località Traschio sono statiregistrati in totale 37 pescatori pressocché equamente ripartiti nei vari mesitranne che in marzo quando le presenze rilevate erano per lo più concentrate inlocalità Ottone e Valsigiara.I pescatori intervistati provenivano da 13 Province (oltre Piacenza); oltre ai 194pescatori piacentini intervistati (il 46.4%), gli altri provenivano soprattutto daMilano (93, 22.2%) e da Pavia (90, 21.5%). Complessivamente, comunque, leprovenienze sono dalle Regioni limitrofe (Lombardia, Piemonte, Liguria, To-scana, Valle d’Aosta) oltre che dall’Emilia-Romagna.Il picco massimo di presenze si verifica nel mese di aprile, con 136 pescatori,di cui la maggior parte (80) sono piacentini. Il mese di maggio presenta un for-

te decremento (80 pescatori in tutto) cheprosegue nel mese successivo e rimanestabile per luglio ed agosto (43-51 pesca-tori per mese). In questi ultimi mesi laproporzione di pescatori non piacentiniaumenta, soprattutto nei mesi estivi, rap-presentando i tre quarti dei pescatori tota-li osservati.Per raggiungere le località di pesca le per-sone hanno percorso un numero di chilo-

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Mese N. pescatori

Marzo 28

Aprile 136

Maggio 80

Giugno 43

Luglio 51

Agosto 50

Settembre 30

Tabella 1 - Numero di pescatori osservati per mese.

Zone di pesca N. pescatori

Ottone 233

Valsigiara 130

Traschio-Valsigiara 18

Traschio 37

Totale 418

Tabella 2 - Numero di pescatori osservati per zona di pesca.

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metri compreso tra un minimo di 140,quelle provenienti dalla Provincia di Ge-nova ed un massimo di 700 km, quelleprovenienti dalla Provincia di Aosta. Me-diamente i 418 soggetti intervistati hannopercorso 234.1 km.Relativamente all’attività di pesca, soltan-to 11 dei 264 pescatori intervistati hannodichiarato esplicitamente di praticare lapesca no-kill, mentre nessuno ha espres-samente dichiarato di pescare a ciprinidi,pratica che in Provincia di Piacenza è dif-fusa localmente anche nelle zone D. Per quanto riguarda gli attrezzi, la mag-gior parte dei pescatori utilizza un soloamo per canna mentre solo 29 sono i pe-scatori che pescano con tre ami.La maggior parte dei pescatori utilizza lacamola o il verme ma, come riportato nel-la Tabella 3, ne vengono utilizzate anchemolte altre oppure esche miste. Per meglio sintetizzare questa informa-zione, le singole esche sono state rag-gruppate in cinque categorie: esche ani-mali, vegetali, miste (esca animale + ve-getale), pesci ed esche artificiali. Ne ri-sulta che mentre gran parte dei pescatoriutilizza soprattutto esche di tipo animalee solo quattro pescatori hanno dichiaratodi utilizzare come esche piccoli pesci, 40persone hanno dichiarato di pescare conesche di tipo misto, 60 con esche artifi-ciali e 16 con esche di tipo vegetale (Ta-bella 4). Di conseguenza è probabile chele specie oggetto esplicito di pesca eranociprinidi almeno per 16 pescatori (eschedi tipo vegetale), al contrario di quantodichiarato in precedenza.Durante il periodo di osservazione sonostati catturati complessivamente 1.397 pe-

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Tipo di esca N. pescatori

Verme+camole 35Verme+verdine 2Verme 109Verdine 9Mosca artificiale 30Camole+cattozza 1Camola 120Cavalletta 3Alborella 4Cavallette+mais 1Artificiale 29Cattozza 5Verme+mais 15Crisalide+mais 6Camole+mais 6Crisalide 5Amarena 8Verdine+mais 6Cattozza+mais 4Mais 4Verme+cattozza 2Pane 4Camole+verdine 8Pane+verme 2

Totale 418

Tabella 3 - Tipi di esche e numero di pescatori che le utilizzano.

Tipi di esche N. pescatori

Animale 298Vegetale 16Pesci 4Misto 40Artificiale 60

Totale 418

Tabella 4 - Tipi di esche raggruppate per categorie e loro impiego.

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sci (Tabella 5) appartenenti a quattro specie: trote, vaironi, cavedani e barbi. Ivaironi sono risultati i più abbondanti in termini numerici rappresentando il61.9% delle catture complessive; il 28.4% è costituito da trote, l’9.6% dai ca-vedani e soltanto il 2.1% dai barbi. La trota è stata pescata in tutti i mesi, mentre i ciprinidi fanno la loro compar-sa nelle catture più avanti nella stagione. La maggior parte delle trote, 182esemplari, è stata pescata nel mese di aprile mentre le catture di vairone sonostate consistenti da giugno a settembre con un picco in agosto, rappresentatoda 310 animali. I cavedani, assenti nelle catture di marzo e aprile, sono risultati grosso modoequamente ripartiti nei vari mesi con un massimo di 47 individui in giugno edun minimo di 11 in settembre. I barbi, invece, sono stati pescati soltanto in giu-gno, luglio e agosto rispettivamente con 15, 12 e 2 esemplari. Nella Tabella 6 è riportata la distribuzione delle catture nelle quattro localitàdi pesca nelle quali è stata condotta l’indagine. Dal momento che le zone di pe-sca maggiormente frequentate sono quelle di Ottone e Valsigiara (dove afflui-scono rispettivamente il 55.7% ed il 31.1% dei 418 pescatori intervistati), nerisulta che circa il 90% del pesce prelevato nel periodo di osservazione è statocatturato proprio in queste località.In località Ottone i mesi di marzo e aprile sembrano essere i più favorevoli perla pesca della trota, mentre da giugno a settembre risultano molto consistenti ecostanti le catture di vairone. Da maggio a settembre nella zona di Valsigiara ilpescato risulta molto variabile in termini numerici. In località Traschio-Valsigiara, dove si sono recati soltanto 18 pescatori, sonostate catturate 5 trote a marzo, 11 ad aprile e 6 a maggio. Ulteriori informazioni sulla pesca è possibile ottenerle aggregando i dati delle

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Mese Trota Vairone Cavedano Barbo Totali

Marzo 47 0 0 0 47

Aprile 182 20 0 0 202

Maggio 92 70 23 0 185

Giugno 23 110 47 15 195

Luglio 11 205 22 12 250

Agosto 11 310 31 2 354

Settembre 3 150 11 0 164

Totale 396 865 134 29 1.397

Tabella 5 - Numero di individui pescati per specie per mese.

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Località Specie N. individui N. totale (%)

Trota 230

Ottone Vairone 550 880 (63.0%)Cavedano 88Barbo 12

Trota 99

Valsigiara Vairone 230 371 (26.5%)Cavedano 34Barbo 8

Trota 22

Traschio-Valsigiara Vairone 0 22 (1.6%)Cavedano 0Barbo 0

Trota 18

Traschio Vairone 85 124 (8.9%)Cavedano 12Barbo 9

Totale 1.397

Tabella 6 - Catture per specie e località.

Figura 1- Percentuale delle catture realizzate con i diversi tipi di esca utilizzati dai pescatori.

catture in funzione delle esche utilizzate. Nella Figura 1 vengono riportate, inpercentuale, le catture realizzate con i diversi tipi di esca utilizzati dai pescato-ri. Gran parte delle catture è stata realizzata utilizzando esche animali, ma è datener presente che questo tipo di esca è comunque quella più usata dai pescato-ri, come gli stessi hanno dichiarato durante le interviste.

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Nella Figura 2 viene rappresentata per ogni specie la percentuale degli indivi-dui catturati con le diverse esche.Si può osservare che trote, vaironi e barbi vengono pescati soprattutto facendouso di esche di tipo animale e miste. Le esche vegetali, invece, risultano parti-colarmente adatte per la pesca del vairone e del cavedano. Per ottenere un indicatore più preciso della pressione di pesca, è però necessa-rio standardizzare i dati relativi alle catture dividendo il numero delle catturerealizzate per la durata dell’attività di pesca. In questo modo è possibile avereun’idea dell’efficienza di pesca, indipendentemente dalle capacità dei singolipescatori e delle attrezzature utilizzate.Un’elaborazione dei dati di questo tipo consente di confrontare le informazionirilevate in un certo periodo o in una certa area con quelle riscontrate in altre si-tuazioni.In totale sono state conteggiate 2.654 ore di pesca durante le quali sono stati cat-turati 1.397 pesci; complessivamente sono stati quindi pescati 0.58 pesci all’o-ra (+/- 1.35). Questa operazione di standardizzazione è stata eseguita oltre chesul totale catturato, anche sul pescato di ogni specie, tenendo conto del tipo diesca utilizzata (Tabella 7).

La Provincia di Piacenza

Figura 2 - Per ogni specie è stata rappresentatala percentuale degli individui catturati con le diverse esche.

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Nel complesso la pressione di pesca sulla trota non sembra essere particolar-mente efficiente dal momento che vengono catturati in media 0.14 individui al-l’ora. Analizzando anche il tipo di esca utilizzato, si può osservare che con ilpesce vivo l’efficienza di pesca media risulta pari a 0.51 pesci/ora. Per il vairo-ne l’efficienza di pesca è nel complesso più elevata (0.37 pesci/ora) sia rispettoalla trota sia rispetto al cavedano (0.06 pesci/ora) e al barbo (0.01 pesci/ora).Nello specifico risulta particolarmente efficiente per la cattura del vairone l’im-piego di esche di tipo vegetale (1.68 pesci/ora).Naturalmente l’efficienza di pesca è sottostimata in quanto non è possibile iden-tificare quali tra i pescatori sono usciti con l’obiettivo di pescare salmonidi o ci-prinidi (nessuno ha risposto di essere andato espressamente a catturare ciprini-di). È però plausibile che, almeno per la trota, l’efficienza sia di poco superio-re, in quanto i pescatori che hanno utilizzato esche adatte a queste specie sonola maggioranza (402 su 418).Per la trota l’efficienza di pesca decresce progressivamente da marzo a settem-bre, mantenendosi entro 0.11 pesci/ora fino al mese di giugno; già in questo me-se si scende sotto la media annua complessiva per la specie precedentementecalcolata (0.14 pesci/ora); in luglio, agosto e settembre, invece, tale valore ri-sulta piuttosto basso, compreso tra 0.04 e 0.02 pesci/ora.La pressione di pesca esercitata sul vairone risulta essere particolarmente effi-ciente nei mesi di luglio, agosto e settembre, mesi in cui varia tra 0.8 e 1.2 pe-sci/ora.Particolarmente favorevole per la pesca del vairone è risultato l’impiego diesche vegetali con le quali sono stati pescati, in media, 3.13 pesci/ora nel mesedi agosto e ben 4.10 pesci /ora in settembre. In questo stesso periodo ancora piùefficiente per la cattura di questa specie si è rivelato l’impiego di esche miste(4.29 pesci/ora). Per il cavedano l’efficienza di pesca media nei vari mesi risulta piuttosto bassa,

La Provincia di Piacenza

Tipo di escaTrota Vairone Cavedano Barbo Totale

media d.s. media d.s. media d.s. media d.s. media d.s.

Animale ,17 ,20 ,34 1,34 ,02 ,10 ,01 ,07 ,54 1,31

Vegetale ,00 ,00 1,68 2,86 ,44 ,28 ,01 ,04 2,13 2,67

Mista ,10 ,16 ,65 1,49 ,23 ,23 ,04 ,12 1,01 1,39

Pesci ,51 ,17 ,00 ,00 ,00 ,00 ,00 ,00 ,51 ,17

Artificiale ,04 ,12 ,00 ,00 ,02 ,07 ,00 ,00 ,06 ,14

Totale ,14 ,19 ,37 1,37 ,06 ,16 ,01 ,07 ,58 1,35

Tabella 7 - Individui per specie e totali catturati per ore di pesca con diversi tipi di esche.

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compresa tra 0.18 e 0.05 pesci/ora. In funzione delle esche, il risultato relativa-mente migliore è stato ottenuto nel mese di giugno (0.6 pesci/ora) utilizzandoesche di tipo vegetale. Valori medi ancora più bassi, compresi tra 0.05 e 0.01pesci/ora, sono stati registrati per il barbo nei mesi di giugno, luglio e agosto,gli unici periodi in cui questa specie compare nelle catture. Anche per queste valutazioni, comunque, valgono le ipotesi di sottostima ac-cennate in precedenza, particolarmente importanti per i ciprinidi interessati al-l’indagine.

Conclusioni

Il presente studio ha avuto come finalità la descrizione dell’attività di pesca e lacaratterizzazione del pescatore tipo in un’area limitata della Provincia di Pia-cenza. L’attività di rilevamento ha comportato un sforzo non indifferente in ter-mini economici e di giornate passate dalle guardie volontarie della Fipsas lungoi fiumi. Si ottiene in questo modo una caratterizzazione della pesca, soprattuttoai salmonidi, in un’area tra le più integre della Provincia e del fiume Trebbia. Non è possibile trarre conclusioni particolari, proprio perché questo tipo di ap-proccio alle analisi relative alla gestione della pesca non può essere assoluto,ma relativo. In altri termini, questo studio è estremamente importante per esse-re un punto di riferimento per prossime rilevazioni.In effetti per questi territori non sono disponibili dati sul prelievo che, invece,assieme ai dati sulle immissioni e alle valutazioni ottenibili con monitoraggi inaree limitate, potrebbero dare indicazioni importanti sull’esito di iniziative ge-stionali o sulle variazioni indotte dalle condizioni ambientali.Importante, invece, sarebbe estendere questo tipo di rilievo all’intero sistemaidrografico provinciale e renderlo stabile nel tempo, riuscendo ad ottenere unmacrodescrittore dello stato della pesca, dell’attività dei pescatori e, indiretta-mente, dell’efficienza di interventi gestionali posti in essere. Teoricamente que-sto dovrebbe essere già possibile per mezzo delle analisi dei dati registrati neitesserini regionali obbligatori per le acque salmonicole, che però soffrono di unritardo sostanziale nell’elaborazione, dovuto ai problemi tecnici di restituzionedei tesserini ed ai tempi necessari alla loro rielaborazione a livello regionale.Inoltre all’interno del tesserino regionale sono assenti una serie di informazio-ni che potrebbero essere importanti per chi poi è chiamato a effettuare scelte ge-stionali locali, come l’indicazione del corso d’acqua in cui si effettua la pesca enon solo il bacino idrografico di appartenenza, la località di pesca (almeno perle aste principali) e se viene svolta un’attività di pesca senza prelievo (no-kill).

La Provincia di Piacenza

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LA PROVINCIA DI RAVENNA

Come già rappresentato nella precedente edizione, la Provincia di Ravenna haindividuato nel Piano Ittico in scadenza i seguenti obiettivi salienti:� attuare un processo di tutela e valorizzazione biologica ed ambientale delle

acque interne e di progressiva gestione dei prelievi delle specie ittiche di in-teresse ecologico e piscatorio, nel rispetto dei limiti che la produzione natu-rale ed adeguati interventi integrativi consentiranno;

� promuovere la partecipazione dell’associazionismo e del volontariato allagestione tecnica delle acque interne finalizzata alla salvaguardia del patri-monio ittico, alla salubrità delle acque e dell’ambiente;

� l’organizzazione delle acque interne ai fini della pesca;� la regolamentazione e gestione della pesca (di mestiere, sportiva e ricreativa);� la programmazione delle singole attività ed il coinvolgimento delle Associa-

zioni piscatorie ed ambientaliste;� le prescrizioni per la tutela e la salvaguardia delle caratteristiche chimico-fi-

siche delle acque, dell’ambiente naturale e degli ecosistemi fluviali;� curare la pubblicizzazione delle norme concernenti la gestione, la pesca e la

conservazione del patrimonio ittico, quale tramite fra la gestione istituziona-le di un pubblico bene nell’ambito di un rapporto dinamico con le compo-nenti interessate e la corretta fruizione del medesimo da parte dell’utenza;

� assolvere alla funzione di controllo e di surroga sull’operato degli organismidi partecipazione sociale alle attività di pesca;

� assolvere alle funzioni di vigilanza per la prevenzione e repressione degli illeciti.

Nell’attuazione del presente programma si sono individuati alcuni fattori limi-tanti che possono essere così riassunti:� l’inquinamento diffuso delle acque e il conseguente squilibrio degli ecosiste-

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mi fluviali, sia per cause interne al bacino idrografico della Provincia di Ra-venna (scarichi industriali, civili ed agricoli) che per fattori inquinanti pro-venienti da zone a monte del territorio provinciale;

� il consolidamento della presenza di specie alloctone di carassio (Carassiuscarassius) e siluro (Silurus glanis), con conseguenti ripercussioni negativesugli equilibri biologici degli ecosistemi ittici. Nel corso degli anni si è nota-to una rarefazione nelle presenze di alcune specie autoctone quali la tinca(Tinca tinca) e il luccio (Exos lucius);

� l’impiego dei canali di bonifica ad uso quasi esclusivo per azioni di scolo e/oirrigazione relegando in subordine la gestione dei corsi d’acqua nel suo com-plesso con effetti negativi sull’equilibrio della fauna ittica autoctona.

Tutela e ripristino delle specie ittiche

Gli interventi gestionali ordinari e straordinari realizzati nel corso del quin-quennio sono raggruppabili sostanzialmente in tre filoni che, pur risultando ap-parentemente distinti, sono in realtà strettamente correlati e inscindibili. In par-ticolare, si è operato sulla gestione degli ambiti protetti, sulla salvaguardia del-l’ambiente ittico e sui ripopolamenti.

Individuazione e gestione degli ambiti protettiSono stati istituiti ambiti protetti permanenti e temporanei in tutte le categoriedi acque, avendo comunque cura di individuarli nei tratti che offrivano mag-giori garanzie di successo della riproduzione naturale e sui quali fosse possibi-le assicurare un buon livello di sorveglianza. Sono state considerate scarsa-mente efficaci aree che per motivi logistici risultassero impossibili da control-lare e/o gestire. Particolarmente positiva è stata l’esperienza dell’istituzionedelle Zone a regime speciale di pesca che ha consentito di dare risposta alle cre-scenti richieste di pescatori che desideravano esercitare la loro passione senzaasportare il pescato ed arrecando il minor danno possibile al patrimonio ittico.Questa particolare tipologia di ambiti protetti permette di pescare in tratti diparticolare pregio, altresì popolati da esemplari di grandi dimensioni, consen-tendo allo stesso tempo il recupero periodico, mediante elettropesca, di mate-riale ittico autoctono per il ripopolamento delle altre zone.

Salvaguardia e miglioramento dell’ambiente itticoL’importanza della salvaguardia dell’ambiente acquatico come elemento irri-nunciabile per garantire lo sviluppo di un popolamento ittico diversificato perspecie e taglia fa parte ormai del bagaglio culturale di tutti i cittadini e dei pe-

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scatori in particolare. Si è operato quindi per consolidare un mutato approccioall’ambiente fluviale. Fiumi quindi non più considerati come collettori e smal-titori di acque, ma ambienti veri e propri, degni del più assoluto rispetto. Unprogramma di scambi di esperienze e di lavoro collegiale è stato attivato con iConsorzi di Bonifica per mettere a punto una veloce comunicazione degli in-terventi necessari, dalla manutenzione ordinaria ad una gestione idraulica deicanali ecologicamente compatibile. In questo processo un ruolo determinanteè stato svolto dalle Associazioni piscatorie che con grande impegno hanno sa-puto presidiare efficacemente l’esecuzione dei lavori in alveo, gli interventi disfalcio della vegetazione ripariale, nonché le operazioni di invaso e svaso de-gli stessi canali di bonifica.

RipopolamentiI ripopolamenti rappresentano ancora oggi una delle principali attività di ge-stione del patrimonio ittico. Gli interventi riguardano principalmente quegliambienti che per caratteristiche strutturali, gestionali o di pressione piscatoriasoffrono di una palese difficoltà di insediamento di popolazioni ittiche in gradodi autoriprodursi. In particolare, in questi anni sono stati immessi:� anguilla (Anguilla anguilla): g 30-50, ql.3;� barbo (Barbus barbus plebejus): g 150-250, ql.20;� carpa (Cyprinus carpio): g 150-250, ql.20;� carpa erbivora (Ctenopharyngodon idella): g 500-1000, ql.10;� cavedano (Leuciscus cephalus cabeda): cm 10-12, ql.15;� luccio (Exos lucius): g 200-500, ql.8;� persico reale (Perca fluviatilis): g 100-150, ql.8;� tinca (Tinca tinca): g 150-250, ql. 30;� trota fario (Salmo trutta trutta): cm 9-12, ql.10.

Dal punto di vista quantitativo gli interventi sono calibrati sulla base del poten-ziale ittiogenico dei vari corpi idrici o assumendo comunque come riferimentoi dati relativi alle esperienze consolidate.

Progetto per lo stoccaggio e lo smaltimento di specie ittiche alloctone

Le acque interne della Provincia risultano sempre più densamente popolate diesemplari di specie alloctone, in particolare carassio e siluro, ritenute dannoseai fini della conservazione delle specie ittiche autoctone, e per le quali sussisteil divieto di reimmissione nelle acque interne.

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Questo provvedimento, che ha interessato anche i praticanti dell’attività agoni-stica, ha costretto questi ultimi a trattenere le ingenti quantità di carassio pescatein gara ponendo loro significativi problemi di smaltimento di questo pesce chenon desta alcun interesse alimentare. La Regione Emilia-Romagna, sollecitata dalle Associazioni piscatorie, avevainvitato le Province ad elaborare progetti per la raccolta, lo smaltimento o la sta-bulazione del carassio proveniente dalle gare di pesca.Al fine di attivarsi per limitarne la presenza, questa Provincia ha avviato, in col-laborazione con la locale Associazione piscatoria provinciale Fipsas, che dasempre si occupa della gestione, controllo e programmazione dei campi di ga-ra permanenti e temporanei della Provincia, un servizio di raccolta e successi-vo stoccaggio degli esemplari catturati in attività di pesca, e durante i recuperinei canali di bonifica posti in asciutta.Allo scopo si è provveduto ad individuare uno specchio acqueo non collega-to con altre acque pubbliche, identificato in una vecchia cava ora dimessa, giàutilizzata per attività sportive, ora di proprietà comunale, che il comune di Ra-venna aveva già affidato alla stessa Associazione piscatoria. L’Associazioneha provveduto a dotarsi di idoneo mezzo attrezzato con doppia vasca ossige-nata per il trasporto del pesce dal punto di raccolta fino al suddetto bacino.Nel caso di interventi di recupero di fauna ittica in difficoltà, gli esemplari re-cuperati vengono innanzitutto esaminati nell’aspetto sanitario, al fine di nontraslocare esemplari portatori di parassiti o di infezioni in generale, quindi se-parati secondo la loro appartenenza alle specie autoctone od alloctone.Quelli appartenenti a specie autoctone vengono poi reimmessi nel più vicinocorso d’acqua, mentre gli alloctoni conferiti nel suddetto bacino.Iniziativa che si ritiene abbia dato ottimi risultati sia in merito alla quantità dipesce recuperato, sia in termini di interessamento, partecipazione ed organizza-zione del volontariato, specialmente nelle necessità, sempre improvvise, di re-cupero della fauna ittica autoctona in difficoltà.

Addestramento all’uso di apparecchi per elettropesca per agenti e personale volontario

L’utilizzo di apparecchi per elettropesca è sempre stato considerato un primo edirrinunciabile passo verso la realizzazione di un concreto e diffuso programmadi monitoraggio e verifica dei risultati ottenuti a seguito delle varie scelte ge-stionali in materia di gestione della fauna ittica.A tale scopo si è reso necessario provvedere alla formazione ed abilitazione diun congruo numero di personale volontario individuato prevalentemente in se-

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no alle Associazioni piscatorie provinciali. Il corso è stato curato da personaleesperto della ditta Ittiosanitaria di Premariacco (Ud) in collaborazione con do-centi dell’Università di Udine. Si è trattato di un corso teorico-pratico che haconsentito agli allievi di acquisire quelle conoscenze tecniche e di sicurezza ne-cessarie per operare direttamente e per coordinare un gruppo di cattura che ope-ri con catturapesci elettrici. È stata anche un’occasione per verificare le diver-sità operative tra i vari apparecchi a motore o a batteria e per valutarne le di-verse condizioni di impiego.Oltre al personale volontario sono stati inseriti anche alcuni agenti della Poliziaprovinciale. Una parte residuale delle risorse disponibili è stata destinata ancheall’acquisto di un apparecchio catturapesci elettrico, più leggero e moderno, difacile gestione, da affiancare a quello a scoppio, già in possesso da vecchia da-ta a questa Provincia.

Carta Ittica provinciale e della regolamentazione della pesca

Nell’anno 2003 è stata redatta in collaborazione con il SIT provinciale e pub-blicata la Carta Ittica della Provincia, quale strumento divulgativo che illustrala regolamentazione della pesca sul territorio provinciale.La Carta riporta, su base cartografica 1:150000, oltre alla delimitazione geo-grafica della categoria delle acque interne, i tratti dei corsi d’acqua soggetti aparticolari regolamentazioni della pesca, quali zone di divieto di pesca: Zone diprotezione integrale, Zone di protezione della fauna ittica, Zone di ripopola-mento e frega; Zone regolamentate in modo speciale: Zone a regime speciale dipesca, nonché i campi di gara, sia permanenti che temporanei.Una legenda di facile ed immediata consultazione permette di discriminare lediverse tipologie di regolamentazione.Sul retro compaiono, in forma descrittiva, tutti i provvedimenti di regolamenta-zione vigenti in Provincia, da un riassunto della Legge regionale, alle delimita-zioni territoriali necessarie per approfondire la conoscenza della realtà locale.Stampata in formato 55x44,5, ripiegabile a portafoglio e distribuita gratuita-mente, la Carta della pesca è divenuta il principale strumento per la fruizionedel territorio da parte dei pescatori, come testimoniato dalle numerose e conti-nue richieste di copie.

Zone a regime speciale di pescaNegli anni 2000, la continua evoluzione culturale, tecnica e sociale della pescasportiva ha fatto sì che anche in Provincia di Ravenna, con acque prevalente-mente abitate da barbo, cavedano e ciprinidi in genere, si cominciasse ad af-

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La Carta Ittica della Provincia di Ravenna.

frontare la tematica della pesca no-kill. Tale strategia gestionale, di derivazioneanglosassone, si è rilevata di estrema efficacia in quanto rispettosa delle comu-nità ittiche naturali, sulle quali esercita un impatto assai contenuto, senza pre-giudicare la possibilità di fruirne dal punto di vista piscatorio. I no-kill sono sta-ti individuati in aree ad elevata naturalità e riservati alle tecniche di pesca ingrado di ridurre al minimo la mortalità del pescato, quali quelle che prevedonol’utilizzo esclusivo di esche artificiali, divieto di utilizzo di ardiglione, divietodi utilizzo di guadino, cucchiaini con amo singolo oppure con singola ancoret-ta (secondo i casi) eventuale detenzione di esemplare trofeo, nel caso la Zrsp siavocata alla singola specie, con misure particolarmente aumentate, al fine di ga-rantire la massima protezione agli altri individui.Tale pratica, un tempo elitaria, si è rivelata di grande richiamo turistico giun-gendo anche a generare indotti preziosi in aree come quelle collinari particolar-mente marginali e svantaggiate.Particolare accenno a quattro realtà di pianura, che si prestano particolarmente

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al ciclo biologico di luccio epersico reale, in due di loro an-cora naturalmente presenti. Inqueste acque, particolarmentevocate, si è provveduto, oltrealla regolamentazione come ino-kill, ad imporre anche il di-vieto di uso della bilancella, alfine di impedire catture dimassa ed affatto indicate allespecie che si voleva protegge-re e ripopolare.È appena obbligo sottolineareche, come già accennato, an-che queste specie predatrici,immesse dove abbondavano lerelative specie foraggio, si so-no felicemente riorganizzate,fornendo catture di riguardo epopolazioni che presentanoogni tipo di pezzature.

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I numerosi bambini che hanno partecipatoalle iniziative della Provincia di Ravenna.

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Progetto scuole della Provincia: educazione motoria - ambientale - sportiva

Negli ultimi anni è aumentata notevolmente la sensibilità per gli ecosistemi na-turali considerati in tutte le sue componenti. Il progetto si è posto l’obiettivo difare assumere ai bambini ed ai ragazzi delle Scuole elementari e medie una mi-gliore conoscenza dell’ambiente in senso globale, con particolare riferimentoagli habitat acquatici, al loro rispetto, alle loro conoscenze e alle leggi che li re-golano. Il progetto, che si è attuato attraverso una serie di lezioni teoriche e pra-tiche (alcune), le prime di tipo teorico, in aula, poi e soprattutto, all’aperto, inriva ai fiumi e canali della Provincia, ha portato gli adolescenti ad una maggio-re consapevolezza dei problemi legati alla gestione di ambienti, quelli acquati-ci, così particolarmente delicati, soggetti ad improvvise quanto rapide piene in-vernali e magre estive, ma pur sempre capaci di grandi ed impensabili riprese.Il progetto, svolto consecutivamente negli ultimi due anni, mediante il volonta-riato fornito dalla locale Fipsas, ha permesso di avvicinare agli ecosistemi ac-quatici ormai tutte le Scuole medie provinciali e gran parte delle classi superio-ri delle Scuole elementari.La Federazione ha altresì provveduto a mettere a disposizione dei bambini unidoneo pulman per il trasporto da e per la scuola, stabilendo date opportune incollaborazione con gli insegnanti dei circoli didattici e provvedendo ad ospita-re i giovani per un’intera giornata all’aria aperta.

Progetto: studio e valorizzazione dei “padelloni” in Emilia-Romagna

I padelloni, piccole casette molto spesso montate su palafitte ai margini dei cor-si fluviali, al fine di garantire il superamento delle immancabili piene, munitedi rete per la pesca, che rappresentano sicuramente la maggiore tipicità delle zo-ne rivierasche emiliano-romagnole, assumono importanti connotazioni a livel-lo paesaggistico, culturale e socio-economico.La creazione di aree protette in ambienti palustri e al limitare dei litorali, ha fat-to aumentare in maniera significativa la fruizione di questi spazi ad un gran nu-mero di persone, accrescendo il bisogno di recuperare la memoria storica rela-tiva a queste costruzioni.Il progetto, attraverso uno studio interdisciplinare, si è posto l’obiettivo di rin-tracciare notizie sull’origine, notizie geografiche, sulla consistenza e dislocazio-ne dei manufatti, inoltre si è voluto indagare la possibilità di continuare nel tem-po la tradizione e l’eventuale sostenibilità di una forma di pesca ricreativa e tu-

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ristica fortemente caratteristicadel territorio. Nell’ambito del pro-getto si è altresì approfondito lostudio delle trasformazioni accor-se all’ecosistema anche attraversol’analisi dell’impatto delle attivitàantropiche sul patrimonio ittico esulla piscicoltura nel corso deltempo.

Conclusioni

A consuntivo, questo quinquen-nio di attivazione dei progetti fi-nalizzati in Provincia di Ravennapuò considerarsi sostanzialmentepositivo. Quasi tutti i progettiproposti hanno ricevuto il neces-sario sostegno economico e nes-sun problema è emerso rispettoall’apporto di piccoli correttivi insede di attivazione. Particolarmente apprezzabile è stata anche l’elasticità con-sentita nei tempi di spesa. Quest’ultimo aspetto è risultato estremamente im-portante poiché ha consentito in molti casi di attivare collaborazioni forti e qua-lificate con soggetti esterni al mondo della pesca. I progetti di miglioramentoambientale, le scale di risalita, già descritte, e le loro manutenzioni, non avreb-bero potuto conseguire i risultati ottenuti se i progettisti fossero stati pressati daitempi di ultimazione.È assolutamente da evitare il rendere finanziabile esclusivamente quel progettoimmediatamente esecutivo.Non è infatti pensabile a tal proposito che tutti i progetti che si rendono neces-sari debbano essere condotti dal personale interno agli uffici, o che lo stessodebba per forza provenire dall’Associazionismo che per altro talvolta non è ingrado di esprimere le professionalità tecniche necessarie.Il rischio che si corre, quindi, in questa prospettiva è di vedere progressiva-mente ridotto il livello di innovazione tecnica e gestionale che i progetti fina-lizzati hanno prodotto fino ad oggi, per orientarsi verso progetti più semplici, dibasso profilo, ma che garantiscono tempi certi di realizzazione e di spesa.

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LA PROVINCIA DI REGGIO EMILIATesti e foto a cura di Federico Ielli, biologo-ittiologo,consulente incaricato presso l’Ufficio Caccia e Pesca della Provincia di Reggio Emilia

Con questo secondo volume vengono descritti e divulgati i risultati dei Progetti fi-nalizzati realizzati mediante i finanziamenti erogati dalla Regione Emilia-Roma-gna alla Provincia di Reggio Emilia nel quinquennio 2001-2005 (PIR 2001-2005).

Studio sulla biologia ed ecologia di due specie alloctone,lucioperca (Stizostedion lucioperca) e gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii)

Lo studio biennale (2001-2002), è stato finalizzato alla valutazione dell’even-tuale impatto determinato dalla presenza di queste due specie alloctone nei con-fronti dell’ambiente e delle specie ittiche che ne condividono l’habitat (compe-tizione alimentare e predazione).Le indagini effettuate hanno principalmente interessato:� censimento, distribuzione e dinamica delle popolazioni di lucioperca e di

gambero rosso nel territorio della Provincia di Reggio Emilia;� studio della biologia alimentare, riproduttiva e degli accrescimenti delle due

specie in esame;� definizione del ruolo ecologico svolto negli ambienti colonizzati;� possibili azioni di controllo delle popolazioni di queste due specie alloctone.

LuciopercaIl lucioperca, Stizostedion lucioperca, o sandra è una specie predatrice ittiofagaoriginaria del Centro-Est Europa e dei Paesi Baltici, appartenente alla famigliaPercidae, in grado di raggiungere dimensioni notevoli: oltre un metro di lun-ghezza totale e più di 10 chilogrammi di peso corporeo (Gandolfi et al., 1991).

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Nelle acque interne ita-liane è stato introdottoverso gli inizi del secoloscorso, inizialmente in al-cuni laghi del Nord Italiae, successivamente, nelfiume Tevere, dove si èperfettamente acclimata-to. Attualmente la specieappare in fase di espan-sione anche nel bacinopadano e nei canali di bo-nifica che attingono ac-qua dal Po. In particolare,

nei due anni di studio in oggetto, vengono analizzati i risultati delle indaginieffettuate su popolazioni di lucioperca presenti in due canali della bassa pia-nura reggiana: il Canale di Reggio o Canale Cartoccio (Consorzio Irriguo diBonifica Parmigiana-Moglia-Secchia) ed il Canale Irriguo Principale (C.I.P.)del Consorzio di Bonifica Agro-Mantovano-Reggiano. Le catture di lucioper-ca sono state effettuate dal personale del Comitato Interassociativo per la Ge-stione dei Servizi Pesca di Reggio Emilia mediante l’impiego di reti di circui-zione dotate di piombi (maglia di 0,5 cm). Le operazioni sono avvenute in oc-casione degli svasi autunnali dei due collettori, rispettivamente in localitàChiavica Cartoccio (Novellara) e alle origini del Canale C.I.P. dal Canale De-rivatore Principale (Cavo Fiuma), nei pressi di S. Giacomo di Guastalla. Con-

temporaneamente sonostati effettuati dei censi-menti di tipo semi-quan-titativo sull’ittiofaunapresente in questi dueambienti. Gli esemplaridi lucioperca catturati nelCanale di Reggio (in to-tale 165) sono stati misu-rati e pesati; un sottocam-pione di 51 individui èstato trattenuto per gliesami di laboratorio. Tut-ti gli esemplari catturatinel Canale C.I.P. (68) so-

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Il lucioperca, detto anche sandra.

Il Canale Derivatore Principale (Cavo Fiuma), nei pressi di S. Giacomo di Guastalla.

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no stati trattenuti. In totale sono stati avviati alle indagini di laboratorio (stu-dio degli accrescimenti e della biologia alimentare) 119 lucioperca di lunghez-za totale compresa tra 171 e 653 mm (Ielli e Sani, 2001).L’analisi dei contenuti stomacali dei lucioperca trattenuti ha evidenziato la mar-cata tendenza ittiofaga della specie, con tendenza all’opportunismo alimentare.In particolare, le specie ittiche più predate in assoluto sono risultate l’alloctonapseudorasbora (Pseudorasbora parva) e l’autoctona alborella (Alburnus albur-nus alborella), che sono tra le più diffuse negli ambienti studiati. Inoltre, è ap-parsa evidente una predisposizione da parte del lucioperca a cibarsi di individuidi piccole dimensioni (Tabella 1), come l’alborella che è anche una tra le predepreferite dal persico reale, Perca fluviatilis, (Alessio et al., 1991).

Questo potrebbe essere causa di fenomeni di competizione alimentare neiconfronti dello stesso persico reale. D’altra parte, allo stato attuale, il lucio-perca pare essere l’unica specie in grado di controllare l’esplosione demogra-fica di alcuni ciprinidi infestanti, come la pseudorasbora, in ambienti degra-dati come quelli dei canali di bonifica che attingono acqua dal Po (Ielli, 2002;Ielli e Sani, 2001; Ielli e Sani, 2002), nei quali il lucioperca si è perfettamen-te integrato, in assenza e/o scarsità di specie predatrici ittiofaghe autoctonepiù sensibili all’inquinamento (luccio, persico reale, ecc.).Inoltre, dallo studio della dinamica (Figure 1 e 2), le popolazioni in esame ri-sultano destrutturate, mancando o essendo scarsi gli individui delle primeclassi d’età e quelli più vecchi, di età superiore alla quarta (classe d’età 3+)(Ielli e Gibertoni, 2004).In particolare, gli individui delle classi d’età superiori vengono trattenuti dai pe-scatori, che contribuiscono in tal modo ad un’azione di controllo selettivo sullepopolazioni naturali, dato che le carni del lucioperca sono ottime ed assai ap-prezzate sulla tavola. Per tale motivo, nonostante il lucioperca sia da conside-

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Specie ittica N. ind. Lt (mm) max. Lt (mm) med. Lt (mm) min. Es

Alborella 13 86 62,87 42 3,74Carpa 1 133 – 133 –Cavedano 5 75 60,60 53 3,82Pseudorasbora 16 95 60,19 37 4,58Savetta 1 55 – 55 –Triotto 2 127 81,50 36 –

Tabella 1 - Specie ittiche predate dai lucioperca del Canale C.I.P.(Guastalla-Reggio Emilia), con i valori massimi, medi e minimi

(e relativo errore standard) delle rispettive lunghezze totali espresse in mm.

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Figura 1 - Dinamica di popolazione (anni 1999/2000) dei lucioperca del Canale di Reggio.

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170 180 190 200 210 220 230 240 250 260 270 280 300 400 410 420 430 440 450 650 660 670

LT (mm)

26/09/1999

24/09/2000

Figura 2 - Dinamica di popolazione (anni 1999/2000) dei lucioperca del Canale C.I.P.

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rarsi un temibile predatore, le cui popolazioni vanno continuamente monitora-te, non sembra per ora necessario intraprendere ulteriori misure atte al conteni-mento della specie.

Gambero rosso della LouisianaDifferente è invece l’approccio alle popolazioni del gambero rosso della Loui-siana (Procambarus clarkii), crostaceo decapode appartenente alla famigliaCambaridae, originario delle paludi della Louisiana. Questa specie esotica, al-tamente invasiva, è stata segnalata per la prima volta da Delmastro (1992 a) inacque piemontesi in seguito ad una fuga accidentale da un allevamento e si èsuccessivamente diffusa in numerosi ecosistemi del Centro e Nord Italia (Lagodi Massaciuccoli - Lucca: Toscana; Canale di Rio, Rio Saliceto - Reggio Emi-lia: Emilia-Romagna, ecc.). Procambarus clarkii è tra i crostacei più allevati ed esportati in assoluto al mon-do per uso alimentare. Tuttavia la sua diffusione ha causato numerosi scom-pensi negli ecosistemi acquatici nei quali è stato introdotto. La sua rusticità glipermette infatti di adattarsi in ambienti degradati (Arrignon, 1996) come nei ca-nali della bassa pianura emiliana, dove in poco tempo ha raggiunto valori didensità equiparabili a quelli degli allevamenti estensivi dei Paesi d’origine.Nei canali sverna interrandosi in profonde tane che scava negli argini (Manci-ni, 1996), che possono compromettere la resistenza meccanica degli stessi.Inoltre Procambarus clarkii provoca danni alla fauna ittica, soprattutto duranteil periodo riproduttivo di alcune specie che pinza con le sue robuste chele, e al-la vegetazione acquatica, componente fondamentale della sua dieta. Infine Pro-cambarus clarkii è porta-tore sano dell’afanomico-si o peste del gambero,malattia alla quale sonorecettivi gli Astacidi au-toctoni e, come accumu-latore di sostanze tossi-che, è in grado di trasfe-rirle ai suoi potenzialiconsumatori, compresol’uomo. Per contenerne ladiffusione la Provincia diReggio Emilia ha emana-to nel 2003 un’ordinanza(le cui prescrizioni ver-ranno riproposte nei sug-

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Il gambero rosso della Louisiana è una specie esotica altamente invasiva, segnalata

per la prima volta in acque piemontesi.

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gerimenti del P.I.R. regionale2006-2010) finalizzata al divieto ditrasporto vivo di questo crostaceo,in considerazione del fatto che eraconsuetudine dei pescatori trasfe-rirlo da un canale all’altro per po-terlo pescare più facilmente. Ilgambero rosso della Louisiana èinfatti discretamente apprezzatosotto l’aspetto alimentare. Tuttaviaanche in tal caso i pescatori hannoin parte contribuito al controllodelle popolazioni del Cambaride,operando una selezione sugli indi-vidui delle classi d’età superiori,

preferiti in quanto dotati di maggiore porzione commestibile.È stata studiata anche la biologia alimentare del Cambaride per verificare l’im-patto nei confronti delle comunità animali e vegetali degli ambienti in cui si èdiffuso (Tabella 2). Dall’esame di 101 contenuti stomacali della popolazionedel Canale di Rio si è evidenziato che Procambarus clarkii si nutre soprattuttodi fibra vegetale (presente nel 90,91% degli stomaci analizzati), mentre i reper-ti ittici costituiscono solo il 10,10% degli stessi (Ielli, 2002; Ielli e Sani, 2002).Ciò va a confermare quanto asserito da Mancini (1986), che descrive la speciecome onnivora con preferenze fitofaghe. In alcuni ecosistemi acquatici questopuò condurre ad un rapido decadimento della vegetazione acquatica, come nel

caso del Lago di Massa-ciuccoli (Lu), nel quale lascomparsa di alcune ma-crofite pare attribuibileall’azione predatoria diProcambarus clarkii(Gherardi et al., 1999).Tra i possibili interventidi contenimento e/o dibonifica di questa specieesotica invasiva, sono sta-te prese in considerazionesia azioni meccaniche(cattura con reti e “sbur-loni” in fase di svaso dei

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L'alimentazione fitofaga del gambero rosso ha causato un rapido decadimento della vegetazione acquatica.

Reperti alimentari Numero stomaci

Fibra vegetale 90 (90,91)Briozoi 86 (86,87)Insetti 19 (19,19)Fibra muscolare 17 (17,17)Reperti ittici 10 (10,10)Crostacei 6 (6,06)Minerali 45 (45,45)Fibra sintetica 8 (8,08)

Tabella 2 - Numero di stomaci di Procambarusclarkii del Canale di Rio e (tra parentesi)

la frequenza percentuale degli stessi nei quali sono stati rinvenuti

i vari reperti alimentari (su 101 stomaci).

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canali), rivelatesi in gene-re poco efficaci a causadella notevole capacitàdispersiva della specieche tende a ricolonizzarerapidamente i siti bonifi-cati, che biologiche (in-troduzione e/o attività fi-nalizzate all’incrementodi specie ittiche che se necibano naturalmente), conrisultati molto più pro-mettenti. In particolare, si è notato che, come confermato dai recenti dati ac-quisiti per la realizzazione della Carta Ittica Regionale (zona omogenea B: ac-que vocate a ciprinidi limnofili), negli ambienti in cui il pesce gatto (Ictalurusmelas) è in fase di recupero, come nel caso del Canale di Rio, il gambero rossodella Louisiana appare in calo demografico (Tabelle 3a e 3b). Viceversa, doveil pesce gatto è poco rappresentativo o assente, le concentrazioni di Procamba-rus clarkii risultano elevate. A tal riguardo è indicativo il caso del Canale deiRonchi (Pratofontana - Reggio Emilia): il pesce gatto rappresenta solo lo 0,15%della biomassa ittica totale e in 10 metri lineari, in prossimità di una chiavica,sono stati catturati ben 1.198 esemplari di gambero rosso della Louisiana, cor-rispondenti ad una biomassa di 15,224 chilogrammi!La regressione e/o la scomparsa del Cambaride da alcuni ambienti sembra quindiessere correlata alla predazione esercitata nei suoi confronti da Ictalurus melas(Ielli e Gibertoni, 2006 instampa). L’immissionescientificamente controlla-ta di specie ittiche (luccio,persico trota, anguilla, pe-sce gatto, cavedano, ecc.)che si alimentano dei varistadi vitali di questa speciealiena altamente invasivapotrebbe quindi rappre-sentare la strada da seguireper il controllo della suaespansione nel territorio.Infine, è stata anche tenta-ta la via della vendita sul

La Provincia di Reggio Emilia

Il recupero demografico del pesce gatto.

Il Canale di Rio.

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La Provincia di Reggio Emilia

Tabella 3a - Numero di individui, valori di densità e di biomassa di Procambarus clarkii catturati nel Canale di Rio negli anni 1999, 2000, 2002 e 2005.

Sito di campionamento Data N. individui Densità Biomassa(ind/mq) (g/mq)

Canale di Rio(15 m x 4 m) 26/09/99 104 1,73 11,24(15 m x 4 m) 17/09/00 164 2,73 11,24(15 m x 5 m)* 14/09/02 204 2,72 14,00(15 m x 5 m) 29/10/05 42* 0,56 2,86

Specie itticaI.A.

OsservazioniI.A.

Osservazioni(2002) (2005)

Abbondante,Abramide 1 1 solo esemplare 3 in incremento.

Individui di varie taglie

Alborella 1 Pochi individui 1 Pochi esemplari

Carassio dorato 4 Dominante 3 Abbondante

Carpa 2 Taglia max 2 kg 2 Individui di piccola taglia

Gambusia 0 Assente 2 Non era presente nel 2000

Lucioperca 3 Individui 1 1 solo esemplare,di piccola taglia in regresso

Persico sole 2 2 Stabile

Pesce gatto 1 In fase di recupero. 4 Dominante, individui (40)Natalità di varie taglie

Pseudorasbora 2 2 Stabile

Scardola 2 0 Assente

Siluro 1 Pochi individui (3) 0 Assentedi piccola taglia

Triotto 1 Pochi individui 0 Assente

Tabella 3b - Censimenti ittiofaunistici effettuati nel Canale di Rio (anni 2002 e 2005), con i relativi indici di abbondanza (I.A.) delle singole specie ittiche:

0 = assente; 1 = scarsa/saltuaria; 2 = presente;3 = abbondante; 4 = molto abbondante, dominante.

* Il calo demografico relativo al 2005 è presumibilmente dovuto alla predazione da parte del pesce gatto, in fase di deciso recupero demografico.

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mercato ittico, dato che laspecie è oggetto di un cer-to interesse per il consumoalimentare. Tuttavia, inconsiderazione del fattoche Procambarus clarkii èun potenziale accumulato-re di sostanze tossiche, èindispensabile sottopornele partite a controlli sanita-ri prima dell’esitazione sulmercato.

Le comunità itticheNotevole preoccupazionederiva dalle indagini ef-fettuate sulla fauna itticadei canali reggiani. Nei due anni di studio si è notato sia un calo del numero dispecie presenti che della densità e della biomassa delle stesse. Nel Canale diReggio sono state censite nel 2000 12 specie ittiche (17 nel 1999) e nel CanaleC.I.P. sempre nel 2000 17 specie ittiche (19 nel 1999). In entrambi i casi pre-valgono decisamente le specie alloctone (58,3% nel Canale di Reggio e 58,8%nel Canale C.I.P.), più tolleranti in condizioni di degrado ambientale. I ciprinidilimnofili carpa e carassio dorato sono risultate le specie ittiche più rappresenta-tive nel Canale di Reggio, sia in termini di densità che di biomassa percentuale,mentre sono apparse in calo le specie foraggio (alborella, pseudorasbora e rodeoamaro), ma anche quelle predatrici ittiofaghe (siluro, lucioperca e persico reale).Nel Canale C.I.P. la comunità ittica è apparsa più abbondante e varia: predomi-nano numericamente il carassio dorato e la pseudorasbora e, come biomassapercentuale, il carassiodorato e la carpa. Anchel’alborella è discretamen-te rappresentata, mentreappaiono in incrementogli alloctoni lucioperca esiluro (Tabella 4). Preoc-cupa soprattutto l’assolu-ta mancanza delle speciefitofile autoctone, comela tinca ed il triotto, di

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I ciprinidi limnofili, in particolar modo la carpa, sono risultati le specie ittiche più rappresentative

nel Canale di Reggio.

La tinca.

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La Provincia di Reggio Emilia

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predatori come il luccio e la forte contrazione di altre come l’alborella, il go-bione, ecc., ma anche di specie alloctone come il pesce gatto ed il persico tro-ta, da anni acclimatate nelle acque padane, tutte più o meno collegate alla ve-getazione acquatica durante l’espletamento delle fasi trofiche e riproduttive. Proprio la forte riduzione delle fanerogame acquatiche, dovuta al generale peg-gioramento delle condizioni ecologiche dei canali (sversamento dei reflui delleattività zootecniche, sfalcio del canneto e della vegetazione acquatica da partedei consorzi di bonifica) sembrano essere alla base della situazione di squilibriogeneratasi (Ielli e Gibertoni, 2004). Naturalmente anche altre cause hanno con-tribuito a ciò, non ultimo, in ordine d’importanza, i ripopolamenti non semprescientificamente controllati e/o gli spostamenti di fauna ittica durante le opera-zioni di svaso autunnale dei canali. La L.R. 11/93, art.13 “Tutela della fauna it-tica”, cita testualmente al comma 1: “L’immissione nelle acque interne di spe-cie ittiche estranee alla fauna locale è vietata”. Di conseguenza, tutti gli esem-plari appartenenti a specie alloctone, una volta catturati, non possono essere ri-lasciati. Tale provvedimento viene, di fatto, applicato solo nel caso del siluro,specie considerata universalmente “pericolosa” per la fauna ittica, mentre tuttele altre vengono di solito reimmesse in canali non soggetti a svaso o svasati so-lo parzialmente, con le logiche conseguenze nei confronti delle popolazioni in-digene (predazione, competizione trofica, sostituzione, ecc.). Per ovviare a taleproblema si potrebbero effettuare delle immissioni “differenziate” in punti di ri-lascio prestabiliti, rispettivamente per il pescato non selezionato (comprenden-te anche le specie esotiche) e per quello selezionato (comprendente esclusiva-mente le specie locali), come peraltro previsto dal P.I.R. regionale (2006-2010)e già in parte attuato dalla Provincia di Reggio Emilia. D’altra parte tutto ciònon può andare disgiunto da una sana politica ambientale, finalizzata al recu-pero di tutti quegli ambienti particolari (bozzi, stagni, lanche, fontanili, ecc.),luoghi elettivi per la riproduzione delle specie indigene caratteristiche dell’areapadana e, nel contempo, dall’attuazione di Protocolli d’intesa con i consorzi dibonifica per il mantenimento di adeguati minimi battenti d’acqua invernali e perstabilire modalità di sfalcio della vegetazione acquatica poco impattanti sull’e-cosistema.

Progetto finalizzato alla cattura e allo smaltimento di esemplari di siluro, Silurus glanis

Il progetto, annuale (2001), prevedeva, in occasione di uno svaso controllatoper lavori di manutenzione idraulica nel Collettore Irriguo principale del Con-sorzio di Bonifica Parmigiana-Moglia-Secchia (Cavo Fiuma), in località Tor-

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rioni di Guastalla, la cattura dei siluri presenti e la loro successiva stabulazionein bacini di stoccaggio, in attesa di essere prelevati per l’utilizzo nel settore it-tico-alimentare.Le operazioni erano così programmate:� messa in asciutta di una botte sifone (Botte Bentivoglio) di grandi dimensio-

ni in località Torrioni di Guastalla (Re) a mezzo di pompe idrovore;� recupero mediante reti dell’ittiofauna presente, utilizzando un’apposita auto-

gru dotata di verricello (messa a disposizione da A.G.A.C., attualmenteE.N.I.A.) e posizionamento in vasche ossigenate. Successiva reimissionedelle specie di interesse alieutico in ambienti idonei;

� selezione, pesatura dei siluri presenti e loro trasporto, tramite automezzi do-tati di vasche, nei bacini di stoccaggio.

L’intervento è stato ese-guito nei primi giorni diottobre 2001 in collabora-zione con le guardie vo-lontarie del Comitato In-terassociativo per la Ge-stione dei Servizi Pesca diReggio Emilia. Mediante l’impiego di re-ti di circuizione, sono sta-ti recuperati circa 90quintali di fauna ittica, dicui 52 (57,77% della bio-massa ittica totale) di si-luro (Silurus glanis), pre-sente anche con esempla-ri di notevoli dimensioni,fino a 70-80 chilogrammidi peso corporeo.La restante parte della co-munità ittica risultò costi-tuita principalmente daciprinidi limnofili, in par-ticolare grosse carpe, ca-rassi, abramidi e qualchelucioperca. Erano pratica-mente assenti le specieminori e gli individui di

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Operazioni di cattura dei siluri mediante reti.

I siluri catturati.

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piccole dimensioni, pre-dati dai grossi siluri che,durante le fasi di stoccag-gio negli appositi contai-ners, rigurgitavano ab-bondantemente prede ditutte le dimensioni prece-dentemente ingerite.I siluri catturati furonovenduti ad un commer-ciante ittico che li portòoltre confine. Con il rica-vato fu acquistato mate-riale ittico da ripopola-mento di pregio (lucci,tinche, carpe, alborelle,ecc.). Un’operazione ana-loga è stata ripetuta nella scorsa primavera (2006), in occasione di opere di ma-nutenzione alla Botte Bondeno nel Canale Cartoccio (Consorzio Irriguo di Bo-nifica Parmigiana-Moglia-Secchia), nei pressi di Novellara. In tal caso l’intervento assumeva ancora maggiore rilievo in funzione del fattoche veniva effettuato in una zona interdetta alla pesca (Zrf) da parecchi anni,quindi in una potenziale area di tutela per le specie autoctone. In realtà, comeevidenziato dal recente P.I.R. regionale (2006-2010), le aree di protezione del-l’ittiofauna divengono spesso zone di alimentazione e di accrescimento dei si-luri a spese della comunità ittica. I campionamenti effettuati per la realizzazio-ne della Carta Ittica Regionale (acque di categoria B) ne danno conferma: in di-verse stazioni di prelievo la biomassa ittica percentualmente più elevata è rap-presentata dal siluro. Anche in occasione dello svuotamento della Botte Bonde-no furono recuperati (e venduti) circa 40 quintali di grossi siluri. La restante parte della comunità ittica era costituita da grosse carpe, numerosiabramidi e pochi, grossi, lucioperca. Ancora una volta erano praticamente as-senti le specie minori, ma anche lo stesso carassio ed il gambero rosso dellaLouisiana risultavano in calo, in quanto predati dai siluri. Ciò che è apparso evidente, soprattutto in seguito all’intervento del 1999, è chenegli anni successivi la popolazione di siluro subì un certo ridimensionamento(sia numerico che di taglie) nelle acque dei canali di bonifica reggiani (in pra-tica vennero a mancare i grossi riproduttori), evidenziato dalle annuali opera-zioni di cattura in fase di svaso. Contemporaneamente riapparvero il pesce gat-to ed alcune specie ittiche minori. Anche se l’eradicazione totale appare even-

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La restante parte della comunità itticaera costituita da ciprinidi limnofili.

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to quanto mai improbabile, sembra questa la strada da seguire in futuro per ilcontrollo della specie, con interventi più ravvicinati nel tempo (ogni due-tre an-ni), privilegiando un prelievo selettivo sulle taglie dei siluri, a partire da quel-le di prima riproduzione (60 cm per i maschi e 70 cm per le femmine) comesuggerito dal P.I.R. 2006-2010. In tal modo, nonostante l’ingresso di nuovi esemplari dal Po, verrebbe comun-que notevolmente ridotto il potenziale riproduttivo del siluro, con benefici in-flussi su tutta la comunità ittica.

Ristrutturazione e rinnovo degli impianti provinciali (incubatoi di valle) per la riproduzione controllata della trota fario, Salmo “trutta” trutta L., di ceppo mediterraneo

Gli incrementi produttivi di materiale ittiogenico di notevole valore biologico(uova fecondate, avannotti, trotelle) derivante dalla fecondazione artificiale diriproduttori selvatici appartenenti a ceppi selezionati di trota fario, Salmo “trut-ta” trutta L., ha reso necessario, da un lato la ristrutturazione degli impianti pro-duttivi provinciali già esistenti e, dall’altro, la messa in opera di nuove adegua-te strutture per l’alimentazione e l’accrescimento delle trotelle da semina (si ve-da, a tal riguardo, il precedente volume sui Progetti finalizzati, alla voce “Incu-batoi di valle”).Per tali motivi sono stati realizzati:� un adeguamento e un riposizionamento dei sistemi di captazione e di ap-

provvigionamento idraulico (nuove tubature, pozzetti di decantazione, rubi-netterie) dell’incubatoio di Minozzo (Comune di Villa Minozzo); l’acquistodi nuove vasche d’incubazione e longitudinali in vetroresina, con relativemangiatoie dotate di timer, per l’accrescimento degli avannotti; l’acquisto diun generatore di corrente per l’illuminazione interna dell’impianto;

� l’attivazione, previa pulizia e successiva coibentazione, di tre bacini in ter-ra rinaturalizzati posti in serie, per la produzione differenziata a rotazione dinovellame (classi d’età 0+ e 1+) e di nuovi potenziali riproduttori (classed’età 2+) di trota fario, situati in località Garfagno (Comune di Villa Mi-nozzo). Tale struttura ha permesso nel 2003 il recupero di ben 723 potenzialiriproduttori di trota fario (classe d’età 2+), che furono poi selezionati e sud-divisi tra la struttura d’origine (Minozzo) e gli altri incubatoi provinciali, infase di allestimento e/o riadattamento (Roncopianigi: Bacino T. Dolo/ T.Secchiello; Incubatoio dell’Andrella: Bacino T. Enza/ T. Liocca) al fine direndere autonomi per i ripopolamenti i bacini fluviali della Provincia diReggio Emilia.

La Provincia di Reggio Emilia

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Corso per coadiutorinella gestionedella fauna ittica

Il corso, realizzato nel me-se di gennaio 2002, oltre afornire un aggiornamentotecnico in materia di ge-stione della pesca per ilpersonale dipendente dellaProvincia di Reggio Emi-lia, ha avuto lo scopo dipreparare del personalequalificato, tra gli iscrittialle Associazioni di pescapresenti in Provincia diReggio Emilia e, più in ge-nerale, tra gli appassionatiin materia, con la finalitàdi coadiuvare le guardie it-tico-venatorie nelle opera-zioni di routine: manipola-zione del pesce; recuperodi fauna ittica mediantepesca elettrica; attività diripopolamento e, non ulti-me in ordine d’importanza, attività gestionali negli incubatoi di vallata.Il programma d’iscrizione al corso si è così articolato:� lezioni di teoria riguardanti i pesci e gli ecosistemi acquatici; le operazioni

gestionali e l’acquacoltura; le normative in materia di pesca;� lezioni di pratica riguardanti recuperi e campionamenti di fauna ittica; im-

missioni e ripopolamenti; gestione degli incubatoi di valle.

L’adesione, gratuita, era indirizzata alla preparazione tecnica di coadiutori resi-denti nell’area montana della Provincia (acque di categoria C e D). Per facilita-re la partecipazione degli iscritti, le lezioni teoriche si sono svolte in varie sedilocali. In qualità di docenti erano presenti esperti nella gestione della fauna it-tica e nella normativa di pesca. Il breve colloquio finale ha permesso il rilasciodi un attestato ai circa 40 esaminandi, con relativo distintivo, da parte della Pro-vincia di Reggio Emilia.

La Provincia di Reggio Emilia

Uno dei bacini in terra di Garfagno svuotato.

Trota fario con fenotipo mediterraneo di 3 anni.

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Indagine preliminare sui rilasci idrici nei bacini montani del fiume Secchia e del torrente Enza, per la definizione di un deflusso minimo vitale (D.M.V.) compatibile nei corsi d’acquaospitanti popolazioni naturali di trota fario di ceppo mediterraneo

L’indagine, realizzata in due anni, il primo (2001) relativo al bacino del fiumeSecchia, il secondo (2002) al bacino del torrente Enza, ha avuto come finalità:� il monitoraggio diretto sui rilasci minimi effettuati dal concessionario a val-

le delle opere di presa idraulica per uso idropotabile;� le analisi di alcuni parametri chimico-fisici delle acque rilasciate;� la valutazione dello stato fisiologico delle comunità acquatiche a valle (con

particolare riferimento alle popolazioni di trota fario);� il riferimento a studi specifici di settore per la valutazione di un D.M.V. com-

patibile.

Scopo dello studio era quello di concordare con il concessionario responsabiledei prelievi idrici (ex Azienda Consortile Gas Acqua di Reggio Emilia, attual-mente E.N.I.A.), la definizione di un rilascio idrico compatibile con le esigen-ze dell’ecosistema. Dai sopralluoghi, effettuati dai tecnici provinciali nei sitispecifici oggetto di captazione per utilizzo idro-potabile, scaturì che la maggiorparte delle portate residue a valle delle opere di presa era irrisoria o, in alcunicasi, nulla. Ciò appariva tanto più grave in Siti di Importanza Comunitaria(SIC), istituiti in base al D.M. 3.4.00. (G.U. n. 65 - 22.04.00) “Elenco dei siti diimportanza comunitaria e delle zone di protezione speciali, individuati ai sensidelle direttive 92/43/CEE e 79/409/CEE”: elenco ZPS/SIC in Italia, come nelcaso del torrente Riarbero (Valle Belfiore), nel quale è tuttora presente una po-polazione strutturata di trota fario, Salmo “trutta” trutta L., ascrivibile al feno-tipo “macrostigma” o di “ceppo mediterraneo”, degna della massima attenzio-ne e protezione (Ielli e Alessio, 1996 a; Ielli e Gibertoni, 1999). In particolare,in data 22.08.01, le portate di rilascio nel torrente Riarbero a valle dell’opera dipresa in località “Ferriere” (Traversa A.G.A.C., attualmente E.N.I.A., dotata discala a pesci) furono valutate in 5 l/sec, valore non solo inferiore al dato di por-tata naturale del corso d’acqua in periodo estivo (210 l/sec stimati da IdroserS.p.a.), ma anche a quelli ottimizzati per il calcolo del Deflusso Minimo Vitale(D.M.V.), creando così i presupposti per un differente gradiente di popolazione(densità, biomassa e struttura), rispettivamente a monte ed a valle della traver-sa, essendo impossibile da parte dei salmonidi imboccare la scala a pesci per lapressoché totale mancanza d’acqua. Situazioni analoghe furono riscontrate an-che a valle di numerosi altri siti di captazione. In seguito a varie riunioni, fu poiistituita una Commissione tecnico-scientifica, costituita dai rappresentanti dei

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vari Enti coinvolti nella gestioneidrica (Parco Nazionale del-l’Appennino Tosco-Emiliano,E.N.I.A., Provincia, ecc.), per ledefinizioni dei rilasci.La situazione attuale appare infase di miglioramento, soprat-tutto in seguito all’adozione, indata 22.12.2004, del Piano Re-gionale di Tutela delle Acque e,prima ancora (13.03.2002 Deli-bera n.7), della definizione, daparte dell’Autorità di Bacino delfiume Po, dei criteri di regola-zione delle portate in alveo e,quindi, della quantificazione delDeflusso Minimo Vitale(D.M.V.) dei corsi d’acqua delbacino padano e della regolazio-ne dei rilasci delle derivazionidelle acque superficiali. Tutta-via, poiché per le concessioni divecchia data è previsto un graduale adeguamento alla normativa, un evidentebeneficio potrà essere evidente solo a partire dal 2008, anno in cui tutti i con-cessionari dovranno adeguarsi al pieno rispetto del D.M.V.

Censimento e recupero delle residue popolazioni provinciali di barbo canino (Barbus meridionalis) e di vairone (Leuciscus souffia)

Barbo canino (Barbus meridionalis) e vairone (Leuciscus souffia) sono cipri-nidi reofili che rivestono importanza a livello comunitario (All. II Dir. Habi-tat). Entrambe le specie sono caratteristiche del tratto di fondovalle dei corsid’acqua (zone omogenee C in Regione), ma anche della zona a salmonidi in-feriore (zone omogenee D in Regione), dove si trovano in associazione con al-tri ciprinidi reofili (cavedano, barbo e lasca) e con la trota fario ed altri salmo-nidi, di cui sono spesso preda. Sia il barbo canino che il vairone sono in fasedi contrazione (in particolar modo la prima specie), sia a livello nazionale(Gandolfi et al., 1991) che nei corsi d’acqua appenninici in Regione (Ielli et

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al., 2001), a causa dellealterazioni morfologichedegli alvei (sbarramenti,escavazioni, deviazioni,ecc.), delle captazioniidriche e dell’inquina-mento. Non ultimo, in or-dine d’importanza, anchela predazione esercitatanei loro confronti dai sal-monidi (soprattutto trotefario) introdotti in esube-ro nel fondovalle a scopodi ripopolamento, ha con-tribuito alla loro rarefa-zione, così come la pescaintensiva per il vairone.

Per tali motivi era interessante verificare la consistenza e la distribuzione del-le popolazioni presenti nel territorio della Provincia di Reggio Emilia, al finedi poter provvedere alla loro salvaguardia ed al loro recupero, anche medianteprovvedimenti gestionali. Sono quindi stati effettuati censimenti e studi sulladensità e sulla struttura di alcune popolazioni a rischio, in particolar modo suquelle del torrente Dolo a valle dell’Invaso di Gazzano-Fontanaluccia, sogget-te a continue azioni di disturbo dovute ad interventi antropici (riassetto idrau-lico, costruzione di briglie e traverse, ecc.). Dai campionamenti è emerso che,a fronte di aree torrentizie e fluviali dove barbo canino e vairone sono ancoradiscretamente presenti (tratto terminale del torrente Secchiello zona D inferio-re; fiume Secchia zona D inferiore; torrente Dolo zona C a valle dell’invaso diGazzano-Fontanaluccia), ve ne sono altre nelle quali le due specie risultano as-sai contratte e/o occasionali (quasi tutte le aste fluviali in zona C, fatta ecce-zione per il vairone nel torrente Enza e nel torrente Crostolo; torrente Dolo zo-na D; torrente Secchiello zona D; ecc.). Per tali motivi sono stati intrapresi pro-cedimenti gestionali che hanno interessato:� lo spostamento di materiale ittico (riproduttori), prelevato mediante elettro-

pesca, in aree in cui le popolazioni di barbo canino e di vairone apparivanodestrutturate;

� la formulazione di studi di Valutazione d’Impatto Ambientale (V.I.A.), lad-dove fosse richiesta la presenza di appositi “passaggi per pesci” e di un ade-guato Deflusso Minimo Vitale (D.M.V.) in occasione di progetti per la rea-lizzazione di centraline e/o di sbarramenti;

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Lasca e barbo canino risentono fortemente delle alterazioni morfologiche degli alvei,

delle captazioni idriche e dell’inquinamento.

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� l’applicazione di una normativa provinciale (ordinanza) che, attualmente,coinvolge le Province di Parma, Reggio Emilia e Modena e che protegge ilbarbo canino con il divieto assoluto di pesca (anche Forlì-Cesena applica ta-le provvedimento) ed il vairone (ma anche lasca e cavedano) con un periododi divieto di pesca dal 15.03 al 30.06 e con un contingentamento delle cattu-re per il vairone fissato in 50 esemplari al giorno per pescatore;

� il contingentamento delle immissioni di salmonidi “pronta pesca” in aste flu-viali nelle quali sia accertata la presenza di aree preferenziali di riproduzio-ne per le due specie.

Censimento per il recupero delle residue popolazioni di luccio (Esox Lucius L.) e di tinca (Tinca tinca L.)

Il luccio (Esox lucius L.) e la tinca (Tinca tinca L.) sono entrambe specie autoc-tone un tempo assai diffuse (e apprezzate dai pescatori) nelle acque di pianura -in Regione zone omogenee B: acque vocate a ciprinidi limnofili. Attualmente ap-paiono in forte decremen-to in tutto il territorio re-gionale (non sono tuttaviaancora incluse nell’elencodelle specie di interessecomunitario: All. II Dir.Habitat). Il peggioramentodelle condizioni ecologi-co-ambientali, in partico-lar modo dell’habitat ri-produttivo, collegato alleacque minori come i fon-tanili e le risorgive (luc-cio) e ai piccoli canali ve-getati (tinca), ricchi di fa-nerogame acquatiche, do-vuto sia ai reflui delle atti-vità zootecniche che allosfalcio della vegetazioneacquatica da parte dei con-sorzi di bonifica, èsenz’altro tra le cause fon-damentali del loro declino.

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Il luccio.

La tinca.

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Per ovviare a ciò la Provincia di Reggio Emilia ha intrapreso delle azioni mirateal monitoraggio ed al recupero di queste due specie ittiche autoctone, in partico-lar modo nell’area delle risorgive di Corte Valle Re nei pressi di Campegine (ve-dere il volume sui Progetti finalizzati dal 1996 al 2000).In seguito a monitoraggi, effettuati mediante pesca elettrica nei canali di deflussodei fontanili di Corte Valle Re e nel Canale di Risalita del Consorzio Irriguo di Bo-nifica Bentivoglio-Enza (Campegine), è emerso che l’area, pur naturalmente vo-cata per il luccio e per la tinca, presenta attualmente popolazioni poco consistentie destrutturate delle due specie a causa del parziale degrado antropico a cui è sta-ta sottoposta negli ultimi anni. Per tale motivo la Provincia di Reggio Emilia haprovveduto ad immettere nell’area suddetta, nell’aprile del 2003, 2.000 luccetti di6-10 cm, al fine di reintegrare gli scarsi contingenti naturali. L’immissione ha in-teressato il tratto alto del Canale di Risalita, il Cavetto Re, il Cavo Inveriaca ed al-tri fossi minori inibiti all’attività alieutica (Zrf), in maniera tale che i giovani dellaspecie potessero acclimatarsi, accrescersi e colonizzare successivamente le areevallive. Inoltre un’immissione di lucci e di tinche adulti (un centinaio di esempla-ri in tutto) era già stata effettuata in data 14/12/2002 nelle stesse acque. Per pro-teggere queste due specie autoctone, in forte contrazione in tutto l’areale padano,la Provincia di Reggio Emilia fissò poi dei limiti di cattura (1 esemplare al giorno)e, per salvaguardarne almeno un’attività riproduttiva, una taglia minima legale di50 cm per il luccio (attualmente è stata portata a 60 cm) e di 30 cm per la tinca. Inaggiunta, fu istituita una nuova zona di protezione (Zrf) nel Canale di Risalita e fu-rono programmate migliori forme di tutela dell’ambiente riproduttivo con il coin-volgimento da parte degli Enti interessati (Riserva Orientata di Corte Valle Re,Provincia, Consorzio di Bonifica Bentivoglio - Enza), al fine di mantenere suffi-cienti livelli idrici anche nel canale principale (Canale di Risalita) in periodo in-vernale e per limitare al minimo, e con metodiche poco impattanti, le operazionidi sfalcio delle erbe acquatiche. I risultati furono tuttavia inferiori alle aspettative,sia perché tutta la zona è stata (ed è tuttora) interessata dall’impatto generato dallarealizzazione della linea ferroviaria Treni Alta Velocità (TAV), sia perché l’area deifontanili ha subito le conseguenze della cronica carenza idrica dovuta ad estati for-temente siccitose, sia infine per gli effetti dell’azione di disturbo e di predazioneesercitata dalle specie alloctone (in particolar modo Silurus glanis e Procambarusclarkii) sulle giovani leve di luccio e di tinca.

Prove di acclimatazione del luccio in un lago appenninico

Risultati decisamente più confortanti si ottennero per contro dall’immissione(marzo 2002) di circa 3.000 larve di luccio (Esox lucius L.) nel Lago Pranda

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(Alto Appennino Reggia-no), nell’ambito del pro-gramma di ricerca per ilrecupero di questa specieittiofaga, in forte contra-zione in tutto l’areale pa-dano (Alessio e Gandolfi,1983; Alessio et al.,1997). Il Lago Pranda èun piccolo invaso monta-no (1.250 m s.l.m.) origi-nato dallo sbarramentodel Canale Cerretano,emissario del sovrastanteLago del Cerreto. Il progressivo peggioramento della qualità delle sue acque,dovuto ai nutrienti provenienti dalla stazione turistica di Cerreto Laghi, parti-colarmente durante la stagione estiva ed invernale (sciistica), ha inciso note-volmente sulle termiche lacustri (in aumento) e sul grado di ossigenazione del-le stesse, che attualmente appaiono in fase di progressiva eutrofizzazione. Anche la fauna ittica, originariamente costituita da trota fario, Salmo “trutta”trutta, e da vairone, Leuciscus souffia (anche il gambero di fiume - Austropota-mobius pallipes - era un tempo ben rappresentato), ha subito profonde modifi-cazioni, sia quantitative che qualitative, a tal punto che le specie dominanti ri-sultano attualmente quelle ciprinicole, nonostante il bacino fosse originaria-mente vocato ai salmonidi (zona omogenea D, L.R. 11/93 Regione Emilia-Ro-magna). In effetti successive indagini ittiologiche effettuate nel 2004 medianteelettropesca, agendo anche con l’ausilio di un piccolo natante di vetroresina(Ielli et al., 2006), evidenziarono che le specie più abbondanti erano l’alborella(Alburnus alburnus alborella), il carassio (Carassius sp), e in second’ordine latinca (Tinca tinca) ed il luccio (Esox lucius), mentre la trota fario (Salmo “trut-ta” trutta), pur presente, tendeva a localizzarsi soprattutto in prossimità del-l’immissario. Scarse risultarono la carpa (Cyprinus carpio), il cobite (CobitisTaenia) ed il vairone (Leuciscus souffia), così come non fu più rilevata la pre-senza del gambero di fiume (Austropotamobius pallipes).I campionamenti permisero di verificare che, dopo l’immissione, il luccio trovòun ambiente idoneo per accrescersi ed acclimatarsi confermando, oltre al suc-cesso riproduttivo (anche la tinca si riproduce bene in questo ambiente, comeda successive indagini e progetti) anche elevate potenzialità di accrescimento.Infatti, grazie alle buone disponibilità trofiche ambientali nonostante la quotaelevata, i lucci del Pranda sembrano accrescersi più rapidamente rispetto alla

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Il Lago Pranda.

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media nazionale. In ag-giunta, l’immissione delluccio, specie ittiofaga si-tuata all’apice delle catenetrofiche acquatiche, pareaver sortito buoni risultatinel controllo delle popola-zioni sovra densitarie deiciprinidi, oltre a favorirelo sviluppo di un’attivitàalieutica alternativa note-volmente apprezzata. Taliconsiderazioni potrannovenire confermate neglianni a venire, in conside-razione del fatto che la po-polazione degli Esocidipare essersi perfettamenteacclimatata nelle acquedel Lago Pranda, come èpossibile constatare dalladinamica di popolazioneriferita agli anni 2002-2004 (Figura 3). La specie fu inizialmentetutelata dalla Provincia diReggio Emilia con unamisura minima di 50 cmdi lunghezza totale (40cm secondo L.R. 22/21993, n.11, art.16, comma

7) e la possibilità di trattenere un unico esemplare giornaliero. Ulteriori e piùrestrittive misure protettive vennero successivamente adottate e condivise conle limitrofe Province di Parma e di Modena (attualmente il limite di cattura èfissato ad un solo esemplare di luccio e di tinca al giorno per pescatore, di mi-sura non inferiore a 60 cm per il luccio e 30 cm per la tinca su tutto il territorioprovinciale). Inoltre la pesca del luccio è vietata dal 15/12 al 15/05 in tutte leacque provinciali (in Regione dal 15/12 al 15/4 dell’anno seguente, da R.R. 16agosto 1993, n. 29), dato che la frega del luccio è apparsa tardiva nel Lago Pran-da a causa delle basse temperature dell’acqua in questo periodo.

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Nel Lago Pranda il luccio ha trovato un ambiente idoneo per accrescersi ed acclimatarsi.

Le notevoli potenzialità trofiche hanno favoritole potenzialità di accrescimento del luccio.

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Recupero e tutela delle popolazioni di tinca (Tinca tinca L.) e di luccio (Esox lucius L.) nelle acque di pianura e di alcuni laghi appenninici

L’Ufficio Faunistico, Assessorato Caccia e Pesca della Provincia di ReggioEmilia, nell’ottica di continuità degli interventi finalizzati al recupero e allareintroduzione negli ambienti di vocazione di specie ittiche autoctone in fortecontrazione (in particolar modo luccio e tinca), in data 09/04 e 14/04/2004, pro-grammò ed effettuò l’immissione, in ambienti ritenuti naturalmente idonei, di155 kg di lucci adulti (30-70 cm di lunghezza totale) e di 160 kg di giovani tin-che di una o due estati (6-20 cm). Precedentemente a tale intervento era già sta-to effettuato, con buoni risultati, un lancio di 100 kg di tinche adulte (taglia me-dia individuale: 0,500/1 kg) nel Lago Pranda, al fine di incrementare il poten-ziale di reclutamento naturale di questa specie in costante declino e ormai rap-presentata, a livello regionale, da pochissime popolazioni strutturate. In Pro-vincia di Reggio Emilia queste sono state localizzate soprattutto in alcuni baci-ni lacustri montani, come il Lago Pranda (Bacino del fiume Secchia) ed il La-go Calamone (Bacino del torrente Enza).

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Figura 3 - Dinamica di popolazione del luccio (Esox lucius) del Lago Pranda.

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In dettaglio, le immissioni furono così ripartite:

Tale programma vennesuccessivamente integra-to da interventi di tuteladi alcuni habitat partico-lari, tra i quali alcuni pic-coli invasi collinari comeil Lago di Roncolo diQuattro Castella, ambien-te elettivo per l’insedia-mento del luccio e dellatinca (ma anche di altrespecie ittiche tipiche dipianura, come la scardo-

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Lucci n. esemplari Località

40 Casse Espansione T. Tresinaro (Rio Saliceto)40 Casse Espansione Cavo Fiuma Novellara (Bagna; Valletta; Bruciati)15 Buco (Bugno) Azzurro Vecchio di Gualtieri25 Buco (Bugno) Azzurro Nuovo di Gualtieri60 Canale Allacciante Cartoccio Novellara40 Bacino di Gazzano-Fontanaluccia

Tinchette (6-20 cm),kg (ca. 35 ind/kg)

Località

5 Canale 4° di Correggio10 Canale di Rio Saliceto20 Casse Espansione T. Tresinaro (Rio Saliceto)

5 Canale Borgazzo Campagnola25 Casse Espansione Cavo Fiuma Novellara15 Buco Azzurro Nuovo di Gualtieri10 Buco Azzurro Vecchio di Gualtieri15 Fossi di scolo Valle Re (Campegine)

5 Canale Cavo Cava (Campegine)20 Canale di Risalita Zrf (da via Casetto a Bacino Valle Re Campegine)20 Casse Espansione T. Crostolo Rivaltella

5 T. Crostolo Rivaltella5 Canale dei Ronchi Pratofontana

Un piccolo bacino pedecollinare.

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la, l’alborella ed il triotto), e da misure protettive più restrittive per la pesca neiconfronti di queste due specie ittiche. In dettaglio, come già ribadito nell’ambi-to del progetto “luccio” nel Lago Pranda, vennero adottate e condivise con le li-mitrofe Province di Parma e di Modena le seguenti disposizioni:� limite di cattura fissato ad un solo esemplare di luccio e di tinca al giorno per

pescatore, di misura non inferiore a 60 cm (luccio) e 30 cm (tinca) su tutto ilterritorio provinciale;

� divieto di pesca al luccio dal 15/12 al 15/05 in tutte le acque provinciali (in Re-gione dal 15/12 al 15/04 dell’anno seguente, da R.R. 16 agosto 1993, n. 29).

Riattivazione, ristrutturazione, adeguamento delle attrezzature e gestione di due impianti ittiogenici in disuso, per la produzionedifferenziata, nei bacini di pertinenza (T. Dolo - T. Secchiello e T. Enza) di novellame qualificato di trota fario, Salmo “trutta”trutta L., di ceppo mediterraneo per i ripopolamenti

La struttura ittiogenica primaria per la produzione di novellame qualificato di tro-ta fario, Salmo “trutta” trutta L., di “ceppo mediterraneo” della Provincia di Reg-gio Emilia (incubatoio di Minozzo di Villa Minozzo) ha raggiunto nel tempo unapotenzialità produttiva assai elevata (si è passati dalle 23.000 uova fecondate nel-l’inverno 2002-2003 alle ca. 60.000 dell’inverno 2003-2004. Queste sono poi di-venute 80.000 nell’inverno 2004-2005 e ben 112.000 nell’inverno 2005-2006, conla previsione di raggiungere le 200.000 unità nell’inverno 2006-2007), notevol-mente superiore alle capacità portanti della struttura stessa (ca. 50.000 uova em-brionate). L’insufficiente disponibilità di spazio all’interno della costruzione inmuratura per l’inserimento di vaschette d’incubazione aggiuntive e l’approvvigio-namento idrico al limitedelle possibilità hanno re-so indispensabile provve-dere al decentramento diuna parte della produzio-ne, anche in considerazio-ne del fatto che la Provin-cia poteva già disporre didue impianti d’incubazio-ne alternativi. In particola-re, si poteva contare sul-l’impianto di Roncopiani-gi (bacini dei torrenti Dolo

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L’incubatoio di Minozzo.

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e Secchiello) e su quellosituato sul torrente Andrel-la nel Comune di Ramise-to (bacini dei torrenti Enzae Liocca). Mentre nel pri-mo caso si trattava di unvecchio impianto in disu-so, servito da acqua di sor-gente per l’incubazionedelle uova e di acqua di su-perficie per l’approvvigio-namento della vasca ripro-duttori, da riadattare con ilposizionamento di nuove

tubature e rubinetterie e da aggiornare con l’inserimento di nuove vasche per l’in-cubazione e la schiusa delle uova, per quanto riguarda l’incubatoio situato sul tor-rente Andrella si poteva già fare affidamento su una struttura moderna, ben realiz-zata e all’avanguardia in fatto di impiantistica e disponibilità di spazio all’interno.In tal caso il deficit era rappresentato dalla mancanza di un’adeguata sorgente diapprovvigionamento idrico. Potendo perciò disporre solo di acqua di superficie(quella del vicino torrente), si ripresentavano annualmente i soliti problemi: acquetroppo fredde e spesso troppo cariche di sedimenti, dannose per le uova in fase diincubazione e con notevole allungamento dei tempi di schiusa. Per tali motivi eranecessario provvedere, oltre a migliorare i sistemi di captazione (più a monte, piùin profondità e con tubature di maggior diametro), all’attivazione di adeguati si-stemi di decantazione e di filtrazione delle acque. La riattivazione/ristrutturazionedei due impianti, con il decentramento della produzione, era quindi la strada piùrazionale da seguire. Tale operazione avrebbe altresì reso autonomi i singoli baci-ni di utenza, con conseguente minor dispendio di risorse economiche e vantagginella gestione dei ripopolamenti: incubatoio di Minozzo (bacini del fiume Secchiae del torrente Ozola); incubatoio di Roncopianigi (bacini dei torrenti Dolo e Sec-chiello); incubatoio dell’Andrella (bacini dei torrenti Enza e Liocca).

Analisi e caratterizzazione genetica di alcune popolazioni di Salmo “trutta” trutta L. in corsi d’acqua reggiani vocati a trota fario di ceppo mediterraneo

Questo studio si è proposto di verificare se ci fosse stata corrispondenza tra ilfenotipo “mediterraneo” attribuito ad alcune popolazioni selvatiche di trota fa-

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Interno dell'incubatoio di Roncopianigi.

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rio, Salmo “trutta” truttaL., in corsi d’acqua del-l’Appennino Settentrio-nale (Appennino Reggia-no), e la caratterizzazionedello stesso “ceppo medi-terraneo” mediante anali-si genetica combinata deimarcatori molecolari mi-tocondriali e nucleari. Icampioni (frammenti dipinna adiposa dei salmo-nidi), prelevati in aneste-sia da soggetti descrittida personale esperto co-me “mediterranei”, “atlan-tici” o “intermedi”, in re-lazione alle caratteristiche del fenotipo, sono stati analizzati in laboratoriopresso il Dipartimento di Biologia Evolutiva e Funzionale dell’Università de-gli Studi di Parma e sottoposti ad analisi genetica combinata del DNA mito-condriale (a trasmissione materna) e nucleare.I risultati sono stati differenti dalle attese, evidenziando una generale non cor-rispondenza tra l’esame visivo (fenotipico) e la caratterizzazione genetica,nonché un elevato grado d’ibridazione (i soggetti puri mediterranei si attesta-no su valori compresi tra 0 e 35%, compresi quelli degli incubatoi di valle, neiquali solo il 25% dei soggetti risulta puro “mediterraneo”, mentre la maggiorparte di questi, pari al 55%, è costituita da soggetti ibridi e il 20% da “atlan-tici”) delle popolazioni in esame, fatte salve alcune sporadiche eccezioni, co-me nel caso della popolazione, a tutti gli effetti “mediterranea” pura, del tor-rente Riarbero, probabilmente rimasta tale perché non soggetta ad interventidi origine antropica (ripopolamenti) effettuati con materiale di origine zoo-tecnica. In quasi tutti gli altri casi l’introgressione genetica, dovuta alle im-missioni effettuate in passato con materiale spurio appartenente a ceppi“atlantici”, ha contribuito a mantenere alto il tasso di eterozigosi, generandopopolazioni selvatiche dominanti, costituite per lo più da soggetti ibridi tra idue ceppi, anche se l’analisi del fenotipo farebbe pensare a popolazioni “me-diterranee”. Alla luce di quanto esposto, appare evidente come sia necessariosalvaguardare le residue popolazioni mediterranee pure di trota fario, evitan-do qualsiasi forma di inquinamento genetico delle stesse con materiale di in-certa provenienza o geneticamente non conforme.

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Trote fario selvatiche anestetizzate in attesa di analisi genetica.

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PROGETTI FINALIZZATI ANNO 2005(IN FASE DI SVILUPPO E DI COMPLETAMENTO)

Rinaturalizzazione di ex cave e reintroduzione di specie ittiche planiziali

In alcune ex cave dismesse della Pianura Padana reggiana (Area di RiequilibrioBiologico “Cava Luccio” di Luzzara; Area di Riequilibrio Biologico di Budriodi Correggio; Cava Casanova di Fosdondo di Correggio) è stata prevista la pos-sibilità di introdurre e/o di tutelare (dove già presenti) alcune specie ittiche au-toctone planiziali a rischio e/o in forte contrazione (luccio, tinca, triotto, scar-dola, alborella, persico reale, ecc.), in conformità alle linee guida programma-tiche del Piano Ittico Regionale 2001-2005 e del più recente per il quinquennio2006-2010. Le campagne ittiogeniche, considerata l’idoneità dei siti in oggetto,sono e saranno effettuate previo ripristino e/o recupero dell’habitat naturale ti-pico per la riproduzione, l’accrescimento e l’ambientamento di queste specie fi-tofile (fascia riparia a canneto, fanerogame acquatiche, fascine di fondo, ecc.).In aggiunta, oltre alla creazione di Zone di protezione integrale e di Zone di pro-tezione della fauna ittica, è prevista l’istituzione, in aree di limitata estensione,di sezioni in cui sia possibile esercitare l’attività alieutica, debitamente regola-mentata mediante piani di controllo (limiti di cattura e di attrezzi e, eventual-mente, di tesserini di rilievo statistico, ecc.).

Adeguamento al programma di Zona Continentale Indenne(DPR 555/92 del Ministero della Sanità)

È iniziato, in ambito provinciale, l’adeguamento al programma di riconoscimen-to di esenzione dalle malattie infettive Setticemia Emorragica Virale (VHS) eNecrosi Emopoietica Infettiva (IHN) per i bacini fluviali del fiume Secchia, deltorrente Dolo e degli impianti ittiogenici provinciali annessi a questi bacini (Zo-na Continentale Indenne), in ottemperanza alle linee guida del DPR 555/92 delMinistero della Sanità (adeguamento alla Direttiva del Consiglio 91/67/CEE del28 gennaio 1991) per la produzione di soggetti ittici destinati al ripopolamento.Le indagini, iniziate nel 2005 e proseguite nel corso del 2006 (la normativa pre-vede la non positività alla VHS e alla IHN per un periodo di 4 anni e nei suc-cessivi controlli annuali), mediante prelievi di liquido ovarico dai riproduttoridi trota fario, Salmo “trutta” trutta L., degli incubatoi di valle, di trotelline del-

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l’anno dagli impianti edai corsi d’acqua interes-sati, hanno per ora fornitoesiti incoraggianti, risul-tando tutti i campionianalizzati dall’IstitutoZooprofilattico di Brescianegativi per le patologiein oggetto. Seguiranno, abreve, i relativi elaborati,le mappature cartografi-che e fotografiche da alle-gare alla domanda di ade-guamento al programmadi messa a norma degli impianti provinciali e dell’area sottesa, da presentare al-la Commissione Europea per il riconoscimento di Zona Continentale Indenne.

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L'alto corso del fiume Secchia.

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LA PROVINCIA DI RIMINI

I principali corsi d’acqua

Il territorio provinciale, dal punto di vista idrografico, è caratterizzato dalla pre-senza di corsi d’acqua a prevalente carattere torrentizio, le cui sorgenti si tro-vano per la maggior parte fuori dai confini amministrativi; i bacini presenti so-no numerosi ma tutti di origine artificiale (ex cave di ghiaia del Marecchia, di-ga del Conca, laghetti per irrigazione) e di limitata estensione.La superficie territoriale della Provincia di Rimini è di 533,65 kmq. La lun-ghezza totale dei corsi d’acqua presenti è di 314 km, mentre la superficie occu-pata dai bacini è di 5,00 kmq di cui 0,5 kmq relativi al solo bacino originato dal-la diga sul fiume Conca. In base alla cartografia da nord a sud del territorio, siindividuano 8 corsi d’acqua principali di seguito brevemente descritti.

Fiume Uso Nasce presso il Monte Aquilone nella Regione Marche e traccia parzialmente ilconfine con la Provincia di Forlì-Cesena. Ha una lunghezza di circa 30 km, dicui 20 in territorio riminese. Il bacino ha un’ampiezza di 43 kmq. Evidente è ildegrado delle sponde e delle acque a causa della forte presenza di attività ed in-sediamenti antropici nonché delle notevoli recenti opere di arginatura. Sboccanel porto canale di Bellaria, costruito direttamente sulla sua foce.

Fiume MarecchiaLe sorgenti sono situate presso il Monte Zucca nell’Appennino tosco-emilianoed ha una lunghezza di circa 70 km, di cui 20 in territorio riminese. La superfi-cie del bacino è di 462 Kmq di cui 162 in Provincia di Rimini. La foce è a norddella città di Rimini, attraverso un deviatore artificiale realizzato nell’immedia-

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to dopoguerra (in precedenza il fiume attraversava il centro cittadino). Nel trat-to riminese la morfologia del fiume è stata completamente alterata dalla note-vole attività estrattiva oggi fortunatamente cessata. L’asporto del materiale li-toide, oltre ad originare profonde incisioni dell’alveo (“canyon” di Villa Veruc-chio profondo anche 20 metri), ha creato notevoli depressioni lungo le duesponde che una volta cessata l’attività estrattiva hanno formato laghetti di variaprofondità ed estensione. In molti di questi specchi d’acqua si sono create lecondizioni per l’insediamento spontaneo di vegetazione e fauna ittica, terrestreed avifauna.

La Provincia di Rimini

Figura 1 - Cartografia dei principali corsi d’acqua del territorio della Provincia di Rimini.

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Torrente Ausa Il fiume nasce nella Repubblica di San Marino ed ha una lunghezza totale di 17km, 12 dei quali in territorio riminese. Il bacino ha una superficie di 45 kmq (30nel riminese). Tranne che per il tratto iniziale, il corso del fiume si presentacompletamente degradato da attività industriali ed arginature artificiali. Il trattoterminale in corrispondenza dell’abitato di Rimini è addirittura completamentetombinato ed il fiume deviato, tramite un canale artificiale completamente ce-mentificato, sul fiume Marecchia.

Torrente MaranoNasce al confine tra la Provinciia di Pesaro-Urbino e la Repubblica di San Ma-rino. Ha una lunghezza di circa 30 km, di cui circa 27 in Provincia di Rimini.Numerosi sono i corpi idrici secondari che si immettono nel torrente e, questi,convogliando le acque di molti scarichi civili, industriali e zootecnici, compor-tano un notevole degrado della qualità delle acque.

Rio MeloNasce in Comune di Coriano e dopo un percorso di circa 20 km sfocia in maredando origine al porto canale di Riccione. Il rio presenta acqua tutto l’anno enel primo tratto buone caratteristiche naturali.

Torrente ConcaNasce nella Regione Marche sul monte Carpegna ed ha una lunghezza di 45km, di cui 22,5 in territorio riminese con una superficie del bacino imbriferototale di 173 kmq di cui 62,65 in territorio provinciale. La foce è nel Comunedi Cattolica. Come per il Marecchia, anche il Conca ha subito negli anni ’50-‘60 indiscriminati prelievi di inerti che hanno eliminato lo strato ciottoloso al-luvionale di cui era costituito l’alveo. Ciò ha comportato, oltre all’impoveri-mento delle possibilità di riserva idrica, l’innesco di fenomeni di canalizzazio-ne e un notevole aumento della torbidità delle acque causato dalla risospen-sione del materiale argilloso che costituisce, almeno in parte, l’attuale fondodell’alveo. Del 1974 la parte più a valle del corso è regolata idraulicamente daun bacino artificiale di circa 50 ettari creato tramite una diga che serve per ilravvenamento della falda freatica. Tale bacino ha originato un biotopo di no-tevole importanza faunistica, tanto che dal 1992 è stata istituita nell’areaun’oasi di protezione.

Torrente VentenaAnche se la sorgente è in territorio marchigiano, il torrente è per la quasi tota-lità all’interno del territorio riminese (28 km su 29 di lunghezza totale). Man-

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tiene l’acqua per tutto l’anno ed è l’unico corso d’acqua che ha mantenuto qua-si inalterate le caratteristiche di naturalità e di buona qualità biologica (di note-vole importanza è la presenza del granchio di fiume) anche se nell’ultimo trat-to (circa 1 km ), all’interno dell’abitato di Cattolica, si presenta notevolmentedegradato.

Torrente TavolloNasce all’interno del territorio provinciale, ha una lunghezza di 21 km ed oc-cupa un bacino di 74,87 kmq, di cui 31,27 in Provincia di Rimini. Per la quasitotalità della lunghezza segna il confine tra Marche ed Emilia-Romagna. Neltratto collinare presenta buone qualità ambientali, mentre nel tratto in pianural’elevata antropizzazione e la presenza di zone industriali ne minano la qualitàsia ambientale che biologica.

Attività 2002: la gestione e i progetti

Nel corso del 2002 l’Ufficio Tutela Faunistica ha svolto numerose attività di ge-stione, di seguito riportate.Attività amministrativa: l’Ufficio ha regolarmente provveduto all’ordinariaattività di invio tesserini e bollettini ai Comuni che ne facevano richiesta e diraccolta delle sezioni C e D dei moduli inviandoli periodicamente in Regione,oltre alla normale attività amministrativa relativa alla delega sulla pesca nelleacque interne. Ripopolamenti: nel periodo primaverile è stata espletata la gara per la fornitu-ra di specie ittiche da ripopolamento per un totale di 3717 kg di pesce (carpe,carpette, tinche, anguille e pesce bianco). Con l’ausilio delle guardie ittiche vo-lontarie della Fipsas nei giorni 8, 9 e 10 giugno sono stati eseguiti ripopolamentinei corsi d’acqua Marecchia (Comuni di Verucchio, Santarcangelo e Rimini),Conca (Comuni di San Clemente e Morciano), Marano (Comune di Coriano),Ventena (Comune di Montefiore), Uso (Comuni di Santarcangelo e Poggio Ber-ni) e Rio Melo (Comune di Coriano). Anche grazie all’annata favorevole (pio-vosità estiva), i ripopolamenti hanno dato ottimi risultati (si è infatti registratauna notevole presenza di novellame).Vigilanza: l’attività di vigilanza è stata svolta per la maggior parte dalle guardieittiche volontarie della Fipsas sotto il coordinamento del Corpo di Polizia pro-vinciale. Non sono state elevate contravvenzioni e dalla relazione della vigilan-za risulta che il comportamento dei pescatori è da ritenersi fondamentalmentecorretto. La vigilanza ha segnalato, tramite il controllo del pescato, che le speciepiù frequenti nelle acque interne della nostra Provincia risultano essere: carpe,

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cavedani, barbi, anguille, carassi e pesce bianco vario. Le guardie hanno anchesvolto attività divulgativa e di educazione nei confronti dei pescatori. Recupero del pesce: nel periodo estivo, sempre grazie ai volontari Fipsas, so-no state eseguite due azioni di recupero pesce lungo il corso del fiume Marec-chia, in laghi di ex cava che si andavano prosciugando (lago Incalsistem e lagocementificio Poggio Berni). Il pesce recuperato è stato reimmesso nel fiumeUso e nel fiume Marecchia.Tabellazioni: sono state sostituite alcune tabelle deteriorate ed è stata fatta lastima del fabbisogno di tabelle nuove.

Progetti finalizzatiRiqualificazione e valorizzazione ambientale di otto laghetti della bassa Valledel Marecchia: inizialmente è stato redatto lo studio preliminare dell’area inte-ressata. L’area oggetto di intervento è stata presa in concessione dalla Provin-cia (atto del Dirigente regionale n. 15533 del 28/10/2004). Nel frattempo l’Uf-ficio ha iniziato la fase progettuale continuando i sopralluoghi in loco. A com-pletamento del progetto è stato individuato in sponda sinistra un ulteriore la-ghetto sul quale verranno realizzate, in collaborazione con la Comunità Monta-na Valle del Marecchia, opere per favorire la permanenza di acqua ed attivareun allevamento estensivo di carpe.

Attività 2003: la gestione e i progetti

Nel corso del 2003 l’Ufficio Tutela Faunistica ha svolto le seguenti attività di ge-stione:Attività amministrativa: l’Ufficio ha regolarmente provveduto all’ordinaria at-tività di invio tesserini e bollettini ai Comuni che ne facevano richiesta e di rac-colta delle sezioni C e D dei moduli inviandoli periodicamente in Regione, oltrealla normale attività amministrativa relativa alla delega sulla pesca acque interne. Ripopolamenti: nel periodo primaverile è stata espletata la gara per la fornitu-ra di specie ittiche da ripopolamento (determina del Responsabile del Servizion. 17 del 22/04/2003) per un totale di 3940 kg di pesce (carpe, carpette, tinche,anguille e pesce bianco). I ripopolamenti nei corsi d’acqua della Provincia so-no stati eseguiti con l’ausilio delle guardie ittiche volontarie e dei volontari del-la Fipsas come evidenziato nella Tabella 1. I ripopolamenti hanno dato esitonon positivo a causa della successiva grave crisi idrica estiva.Vigilanza: l’attività di vigilanza è stata svolta per la maggior parte dalle guardieittiche volontarie della Fipsas sotto il coordinamento del Corpo di Polizia provin-ciale. Sono state elevate 9 contravvenzioni in particolare per pesca senza licenza.

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Il comportamento dei pescatori nel territorio è comunque da ritenersi fondamen-talmente corretto. La vigilanza ha segnalato, tramite il controllo del pescato, chele specie più frequenti nelle acque interne della nostra Provincia risultano essere:carpe, cavedani, barbi, anguille, carassi, pesce bianco vario. Le guardie hanno an-che svolto attività divulgativa e di educazione nei confronti dei pescatori. Recupero del pesce nel periodo estivo: in considerazione dell’andamento cli-matico estivo (siccità prolungata) tutti i corsi d’acqua della Provincia hanno su-bito una gravissima crisi idrica. Per tutto il periodo estivo, e nei mesi di agostoe settembre in particolare, l’Ufficio con la preziosa collaborazione delle guar-die ittiche volontarie e dei volontari, è stato costantemente impegnato in azionidi recupero pesce in difficoltà lungo il corso dei fiumi Conca, Marecchia e Ma-rano ed in laghi di ex cava che si andavano prosciugando. L’azione di recuperoha riguardato sia avannotti (circa 3000 esemplari, in particolare cavedano, triot-to e barbo), che sono stati reimmessi nei corsi d’acqua in cui permanevano con-dizioni accettabili di livello idrico (Rio Melo, Ventena, Tavollo, Marano) al fi-ne di ottenere anche la finalità di ripopolamento, che fauna ittica di maggioredimensione la quale è stata reimmessa in laghi con sufficiente livello idrico (La-go Santarini). Tabellazioni: sono state acquistate 600 tabelle nuove la cui messa in opera èiniziata nel mese di novembre 2003 da parte delle guardie ittiche e dei volonta-ri. A tale proposito l’Ufficio ha fornito anche le attrezzature per la messa in ope-ra (martelli, fil di ferro, roncole, ecc.).Carta Ittica Zona C: nel dicembre 2003 è stato terminato e consegnato, da par-te del tecnico incaricato Andrea de Paoli, lo studio relativo alla Carta Ittica Zo-na C. A tal fine l’Ufficio si è dotato di un elettrostorditore a zainetto a batteriaIS 200 acquistato presso la ditta “Scubla Acquaculture” di Remanzacco (Ud)che è stato utilizzato, come prevede il protocollo regionale, per l’attuazione del-lo studio. Lo studio prevedeva il campionamento di 6 stazioni (2 staz. ul F. Con-ca, 2 sul T. Marano, 1 sul T. Rio Melo ed 1 sul T. Ventena di Montefiore), maal fine di renderlo più completo sono stati eseguiti 5 campionamenti ulteriori (3staz. sul F. Marecchia, 1 ulteriore sul F. Conca e 1 sul T. Ventena di Gemmano).

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Data Specie immesse (kg) Località

31/05/2003 Anguille (500), F. Marecchia, T. Marano,pesce bianco (540), tinche (1000) F. Conca, T. Ventena

02/06/2003 Carpette (1000), carpe (300) F. Marecchia, T. Marano,F. Conca, T. Rio Melo, F. Uso

21/06/2003 Carpe (700) F. Marecchia, T. Marano, F. Uso

Tabella 1 - I ripopolamenti nei corsi d’acqua della Provincia di Rimini.

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Progetti finalizzatiConservazione dell’ittiofauna nell’Oasi del Conca: il progetto è stato realiz-zato nel mese di ottobre 2006 dopo lo svuotamento dell’invaso del Conca. Ilritardo nell’esecuzione dei lavori è stato causato in un primo momento daltrasferimento delle competenze relative all’invaso dalla S.I.S. (Società Ita-liana Servizi) all’HERA, a causa del quale l’Ufficio è stato costretto a ripe-tere tutto l’iter procedurale perdendo pertanto il periodo utile di svuotamen-to dell’invaso per fare i lavori, quindi dalle condizioni meteorologiche avu-te nel corso del 2005 e nei primi mesi del 2006 che non hanno permesso l’av-vio dei lavori. Campo di gara da pesca permanente sul Marecchia, località Ponte di Legno spon-de destra e sinistra: il progetto ha previsto la costituzione ed il mantenimento diun campo di gara permanente sul fiume Marecchia in località Ponte di Legno.

Attività 2004: la gestione e i progetti

Nel corso del 2004 l’Ufficio Tutela Faunistica, nell’ambito del settore “Pescaacque interne”, ha svolto le seguenti attività di gestione…Attività amministrativa: l’Ufficio ha regolarmente provveduto all’ordinariaattività di invio tesserini e bollettini ai Comuni che ne facevano richiesta e diraccolta delle sezioni C e D dei moduli inviandoli periodicamente in Regione,oltre alla normale attività amministrativa relativa alla delega sulla pesca acqueinterne (atti, riunioni…). Ripopolamenti: il successo dei ripopolamenti con avannotti di recupero effet-tuati nel 2003, e l’applicazione pratica degli studi relativi alla Carta Ittica ZoneC e B effettuati, ha permesso di redigere un piano di ripopolamento più ade-guato alla realtà locale e con quantitativi ridotti rispetto al 2003. Nel periodoprimaverile è stata espletata la gara per la fornitura di specie ittiche da ripopo-lamento (determina del Responsabile del Servizio n. 39 del 03/05/2004), per untotale di 1871,2 kg (contro i 3940 kg del 2003) di pesce (esclusivamente adultie sub adulti di carpa regina e anguille). I ripopolamenti nei corsi d’acqua dellaProvincia sono stati eseguiti con l’ausilio delle guardie ittiche volontarie e deivolontari della Fipsas come evidenziato nella Tabella 2. I ripopolamenti hannodato esito positivo. Vigilanza: l’attività di vigilanza è stata svolta per la maggior parte dalle guar-die ittiche volontarie della Fipsas sotto il coordinamento del Corpo di Poliziaprovinciale. Sono state elevate 3 contravvenzioni in particolare per pesca senzalicenza. Il comportamento dei pescatori nel territorio è comunque da ritenersifondamentalmente corretto. La vigilanza ha segnalato, tramite il controllo del

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pescato, che le specie più frequenti nelle acque interne della nostra Provincia ri-sultano essere: carpe, cavedani, barbi, anguille, carassi, pesce bianco vario. Leguardie hanno anche svolto attività divulgativa e di educazione nei confronti deipescatori. Recupero del pesce nel periodo estivo: tutti i corsi d’acqua della Provinciahanno subito una crisi idrica nel mese di agosto (anche se decisamente minorerispetto all’estate 2003); l’Ufficio, con la preziosa collaborazione delle guardieittiche volontarie e dei volontari, è stato impegnato in azioni di recupero pescein difficoltà lungo il corso dei fiumi Conca, Marecchia e Marano ed in laghi diex cava che si andavano prosciugando. Tabellazioni: è stata terminata l’opera di ritabellazione degli ambiti fluviali ini-ziata nel mese di novembre 2003 da parte delle guardie ittiche e dei volontari. La gestione dei fondi per il rimborso spese delle guardi ittiche volontarie è de-mandata dal regolamento provinciale al Comandante del Corpo di Polizia pro-vinciale, cui pertanto l’Ufficio Tutela Faunistica gira i previsti finanziamenti re-gionali. Carta Ittica Zona B: nel mese di dicembre 2004 è stato terminato e consegna-to, da parte del tecnico incaricato Andrea de Paoli, lo studio relativo alla CartaIttica Zona B. A tal fine l’Ufficio si è dotato di una piccola imbarcazione a re-mi portabile e delle opportune attrezzature da pesca (bertovelli e reti a trama-glio affondanti e galleggianti). Lo studio previsto dal protocollo regionale pre-vedeva il campionamento di 1 sola stazione (F. Marecchia), ma al fine di ren-derlo più completo sono stati eseguiti ulteriori 5 campionamenti (F. Marecchia,F. Conca, T. Tavollo, F. Uso).Attività di divulgazione: in base a quanto riportato nell’art. 7 della L.R. n.23/78, l’Ufficio Tutela Faunistica in collaborazione con la Fipsas sezione di Ri-mini, nel mese di aprile ha attivato un programma di divulgazione presso leScuole elementari e medie dei Comuni di Poggio Berni e San Clemente. Tale

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Data Specie immesse (kg) Località

22/05/2004 Anguille (130,2) F. Marecchia (sotto depuratore),

F. Conca (sotto invaso),

T. Marano, T. Uso, Rio Melo

22/05/2004 Carpette (741), carpe (1000) F. Marecchia,

T. Marano (sotto Ospedaletto),

F. Conca, T. Rio Melo, F. Uso

13/05/2004 Carpe (100) Laghetti Comune San Clemente e Coriano

Tabella 2 - I ripopolamenti nei corsi d’acqua della Provincia di Rimini.

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attività, volta alla sensibilizzazione dei giovani e giovanissimi alle tematichedella pesca e della tutela degli ambiti fluviali, è stata realizzata attraverso le-zioni teoriche in aula e attività di dimostrazione pratica di pesca sportiva nei la-ghetti Fipsas.

Progetti finalizzatiLaghetto di pesca sportiva Mondaino: il progetto è stato affidato al Comune diMondaino, che ha concluso i lavori nei primi giorni di ottobre 2006. L’invaso del Tavollo, sito in Comune di Mondaino, è costituito da una diga interra omogenea realizzata nella parte apicale del bacino del torrente, immedia-tamente al di sotto della sorgente dello stesso, in prossimità dell’abitato di Mon-daino. L’invaso, realizzato a partire dalla metà degli anni ’60, ha una capacitàdi circa 52.000 mc con un’altezza massima dello sbarramento di 25 m ed unaprofondità massima dell’acqua di circa 10 m. Nel mese di dicembre 2002, in seguito alle manovre degli organismi di regola-zione, finalizzate all’abbassamento del livello del lago, messo in atto come mi-sura precauzionale in occasione degli eventi meteorici a carattere temporalescoche hanno investito la Provincia di Rimini nella prima metà del mese stesso, siè verificata la rottura della tubazione dello scarico di fondo dell’invaso con fuo-riuscita di acqua dal paramento di valle del corpo diga. Tale circostanza, estre-mamente pericolosa per uno sbarramento in terra a causa del rischio di sifona-mento del corpo diga, ha reso necessario lo svuotamento completo dell’invaso. Per poter procedere ad un riutilizzo della struttura, sono state reperite dal ge-store, Comune di Mondaino, le somme complessivamente necessarie attingen-do a fondi propri ed a finanziamenti messi a disposizione dalla Provincia di Ri-mini (L.R. 11/93) e dalla Regione Emilia-Romagna (Piano degli interventi ur-genti per il ripristino delle opere e delle infrastrutture danneggiate dagli even-ti calamitosi verificatisi nell’anno 2003). L’intervento complessivo di ripristinoè suddiviso in due stralci funzionali. Il primo stralcio (finanziato con i fondi deiprogetti finalizzati) prevede gli interventi atti ad eliminare le cause del sifona-mento in modo da rendere possibile il nuovo riempimento dell’invaso nel ri-spetto delle indicazioni contenute nel FCEM ed allo stesso tempo agevolare ilfuturo utilizzo del bacino ai fini della pesca sportiva, funzione principale cui èdestinato. Nel dettaglio si è proceduto a: 1) risanamento della condotta dello scarico di fondo mediante tecnica del “re-

lining”; 2) demolizione e ricostruzione del pozzetto di presa dello scarico di fondo; 3) realizzazione delle predisposizioni per l’installazione della valvola a farfal-

la e del relativo circuito oleodinamico di comando;

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4) rimozione e trasporto in discarica delle apparecchiature non più utilizzatedalla casa di guardia e dal pozzetto dello scarico di fondo;

5) smontaggio, sistemazione e rimontaggio delle apparecchiature e delle tuba-zioni esistenti ancora in buono stato di conservazione;

6) realizzazione di percorso perimetrale per accesso all’invaso e per agevolarela pratica della pesca sportiva.

Attività 2005: la gestione e i progetti

Nel corso del 2005 l’Ufficio Tutela Faunistica, nell’ambito del settore della pe-sca nelle acque interne, ha svolto diverse attività.Attività amministrativa: l’Ufficio ha regolarmente provveduto all’ordinariaattività di invio tesserini e bollettini ai Comuni che ne facevano richiesta e diraccolta delle sezioni C e D dei moduli inviandoli periodicamente in Regione,oltre alla normale attività amministrativa relativa alla delega sulla pesca nelleacque interne (atti, riunioni, distribuzione pubblicazioni…). Ripopolamenti: l’applicazione pratica degli studi relativi alla Carta Ittica Zo-ne C e B ha permesso di evitare l’effettuazione di ripopolamenti con ittiofaunadi allevamento nel territorio provinciale. Si è ricorso invece a ripopolamenti lo-calizzati con avannotti recuperati nel corso dell’estate.Vigilanza: l’attività di vigilanza è stata svolta per la maggior parte dalle guardieittiche volontarie della Fipsas sotto il coordinamento del Corpo di Polizia provin-

ciale. Sono state fatte duecontravvenzioni. Il com-portamento dei pescatorinel territorio è comunqueda ritenersi fondamental-mente corretto. La vigilan-za ha segnalato, tramite ilcontrollo del pescato, chele specie più frequenti nel-le acque interne della no-stra Provincia risultano es-sere: carpe, cavedani, bar-bi, anguille e carassi. Leguardie hanno inoltresvolto attività divulgativae di educazione nei con-fronti dei pescatori.

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Laghetto Mondaino (luglio 2006): realizzazione del percorsoperimetrale per lo svolgimento dell’attività di pesca sportiva

e risanamento della condotta dello scarico di fondo.

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Recupero del pesce nel periodo estivo: tutti i corsi d’acqua della Provinciahanno subito una crisi idrica nel mese di agosto, anche se decisamente menograve rispetto agli anni precedenti (in particolare rispetto al 2003); l’Ufficio,con la preziosa collaborazione delle guardie ittiche volontarie e dei volontari, èstato impegnato in azioni di recupero del pesce in difficoltà lungo il corso deifiumi Conca, Marecchia e Marano. Tabellazioni: è stata continuata l’attività di manutenzione delle tabelle da par-te delle guardie ittiche e dei volontari. Aggiornamento Carta Ittica Zona C: nel mese di maggio 2006 è stato termi-nato e consegnato, da parte del tecnico incaricato Andrea de Paoli, lo studio re-lativo all’aggiornamento della Carta della Zona C. Lo studio attuato rispettan-do il protocollo regionale per la Carta Zona C, è consistito nel campionamento,tramite elettropesca, di 3 stazioni (F. Marecchia, F. Conca, F. Uso).Attività di divulgazione: in base a quanto riportato nell’art. 7 della L.R. n.23/78, l’Ufficio Tutela Faunistica in collaborazione con la Fipsas sezione di Ri-mini, nel mese di gennaio 2006 ha attivato un nuovo programma di iniziative acarattere educativo, piscatorio ambientale e sociale. Tale attività, volta alla sen-sibilizzazione nei confronti delle tematiche della pesca e della tutela degli am-biti fluviali, viene realizzata attraverso interventi nelle Scuole elementari e me-die (lezioni teoriche in aula e attività di dimostrazione pratica di pesca sportivanei laghetti Fipsas), attività sociali con pensionati e portatori di handicap.

Progetti finalizzatiRecupero ittico-ambientale dell’alveo del Torrente Conca in località Taverna diMontecolombo e del Torrente Marano in località Vallecchio: il progetto è statorealizzato nel periodo febbraio-giugno 2006. In particolare, relativamente al torrente Conca, l’intervento è stato attuato al fi-ne di ripristinare, all’interno dell’alveo, gli elementi fisici di principale interes-se per i pesci scomparsi a causa delle opere di sistemazione idraulica realizza-te in anni passati per adeguare le sezioni di deflusso al passaggio delle portatedi piena (risezionamento e banalizzazione degli argini e dell’alveo).Il tratto considerato è quello che interessa la zona di Taverna e Osteria Nuova diMontecolombo, in sinistra idrografica, e la zona di Marazzano e Carbognano, indestra idrografica; in questo tratto il torrente Conca è caratterizzato da un alveoesteso ed appiattito con una superficie bagnata modesta ed anastomizzata.L’attuale assetto del torrente favorisce la dispersione delle portate di magra e dimorbida determinando condizioni di profondità e velocità di corrente inade-guate alle esigenze ecologiche della fauna ittica.L’area oggetto di intervento si trova interamente in un’area demaniale, è ubica-ta nei Comuni di Montecolombo e Gemmano, compresa tra il ponte per Ma-

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razzano, a monte, ed il ponte per Gemmano-Montefiore in località Osteria Nuo-va, a valle, per una lunghezza di circa 4.000 metri ed interessa l’intera larghez-za dell’alveo del torrente Conca e le sue sponde.L’area rientra tra le “Zone invasi ed alvei di laghi, bacini e corsi d’acqua” di cuiall’art. 21 del P.T.C.P.:� l’altitudine dei terreni varia tra i 165 e i 155 metri s.l.m.;� le caratteristiche climatiche della zona sono caratterizzate da bassa piovosità

(circa 600 mm/anno in media, dati S.A.L.).

Le condizioni ambientali appaiono generalmente critiche sia nei periodi di ma-gra, sia durante le piene per la mancanza di ripari dalla corrente.Ai danni alla comunità animale si sommano quelli a carico della qualità e del-la quantità delle acque, che derivano dall’aumento della superficie esposta al-l’irraggiamento solare e del tempo di esposizione. Questi fattori sono causa diforti perdite per evaporazione e di eccessivo riscaldamento che, a sua volta, fa-vorisce l’abnorme crescita di alghe e riduce il contenuto di ossigeno solubile. Le attuali caratteristiche morfologiche risultano pertanto inadeguate ad ospita-re una comunità ittica ricca e diversificata, come è emerso dai campionamentiquantitativi eseguiti a mezzo elettropesca.

Gli interventi attuati all’interno dell’alveo Il progetto è consistito nel posizionamento di massi all’interno dell’alveo al fi-ne di aumentare la disponibilità di rifugi per i pesci durante le portate di pienae, grazie alle buche che si formeranno a valle degli stessi, l’aumento delle pos-sibilità di sopravvivenza della fauna ittica anche nei periodi di siccità grazie al-la concentrazione delle portate di magra. Il posizionamento delle strutture è stato inoltre calibrato sulle specifiche esi-genze ecologiche e riproduttive di specie considerate “chiave” all’interno dellacomunità ittica. Le specie in oggetto sono rappresentate dal vairone, per il qua-le sono state predisposte opportune “zone di calma” all’interno del tratto e dalbarbo, per il quale si è cercato di assicurare il mantenimento di una portata suf-ficientemente adeguata alle esigenze ecologiche degli stadi adulti della speciein modo da poter disporre di un tratto nel quale sia presente uno stock adegua-to di riproduttori.Particolare attenzione, grazie alla collaborazione del Servizio Tecnico di Baci-no, è stata posta nell’assicurare che le realizzazioni non interferiscano con lafunzionalità idraulica del sito nei confronti delle piene ma possano anzi contri-buire alla protezione spondale, esercitando un ruolo antierosivo: si tenderà inproposito a direzionare il deflusso preferenziale al centro del letto, oppure ver-so sponde non problematiche in caso di eventuali sollecitazioni idrauliche.

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La fase conclusiva del progetto di ripristino ambientale a fini ittiogenici preve-de, già dopo un anno dalla sua realizzazione, un’indagine su base quantitativadell’ittiofauna da esplicarsi attraverso la tecnica dell’elettropesca al fine di con-trollare e valutare gli “effetti” realmente provocati, correggere gli eventuali ef-fetti indesiderati e non previsti ed adottare il regime gestionale più idoneo allaconservazione o all’utilizzo della risorsa. Gli interventi realizzati sono stati re-lativi alla posa di massi in alveo “a spigolo”: i massi utilizzati sono infatti a spi-goli vivi e non arrotondati.Il posizionamento è stato attuato nei tratti rettilinei o rettificati dell’alveo, in mo-do tale da collegare tra di loro le buche già esistenti avendo cura di manteneregli angoli “vivi” controcorrente ed una disposizione sfalsata a singoli o a gruppidi massimo tre massi, partendo dal centro dell’alveo. Prima di posizionare i mas-si sono stati realizzati scavi idonei in cui sistemarli. I massi sono stati posti inopera in maniera tale che vengano sommersi dalle acque con una portata media. I massi hanno dimensioni minime di 1 m x 1 m x 1 m, e dimensioni massimedi 1,2 m x 1,2 x 1,2 m per un volume massimo di 1,5 m3.

Le opere sul torrente MaranoPer quanto riguarda il torrente Marano, l’intervento è stato localizzato nel trat-to collinare dello stesso in località Vallecchio (Comune di Montescudo). Inquesto caso l’intervento è stato realizzato al fine di mitigare l’impatto delleopere di sistemazione idraulica relative alla realizzazione di un guado in tubiautoportanti in calcestruzzo che hanno provocato la scomparsa all’interno del-l’alveo degli elementi fi-sici di principale interes-se per i pesci.L’area oggetto di inter-vento si trova interamen-te in area demaniale, èubicata tra i Comuni diMontescudo e Coriano,ha una lunghezza di cir-ca 30 metri ed interessal’intera larghezza del-l’alveo del torrente Ma-rano e le sue sponde, im-mediatamente a valledell’attraversamento incalcestruzzo.L’area rientra tra le Zone

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Torrente Marano (maggio 2005): situazione pre intervento a valle del manufatto. Da notare il dislivello tra il piano

dell’alveo a valle dell’opera di attraversamento ed il piano di uscita dei tubi che non permette la risalita dei pesci.

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invasi ed alvei di laghi,bacini e corsi d’acqua, dicui all’art. 21 del P.T.C.P.:� l’altitudine dei terreni è

di circa 95 metri s.l.m.;� le caratteristiche clima-

tiche della zona sonocaratterizzate da bassapiovosità (circa 600mm/anno in media, da-ti S.A.L.)

Le condizioni ambientaliappaiono generalmentecritiche soprattutto neiperiodi di magra e morbi-da, in quanto la presenzadel manufatto in alveo difatto costituisce uno sbar-ramento che ha contribui-to alla creazione di un sal-to tra il tratto a monte e avalle dell’attraversamen-to, ed impedisce la risali-ta della corrente da partedell’ittiofauna. Inoltre lapresenza del salto ha con-tribuito alla creazione diun bacino di smorzamen-to, in continuo approfon-dimento, che mette in pe-ricolo la stabilità del ma-nufatto (pericolo di ribal-tamento). Il tratto consi-

derato è quello che interessa la zona di Vallecchio immediatamente a valle ed amonte del guado realizzato. L’intervento è consistito nel posizionamento dimassi in alveo, che favoriranno la risalita di ittiofauna verso le zone di frega, ecreeranno zone adatte al rifugio dell’ittiofauna stessa, e contemporaneamenteattutiranno l’energia cinetica dell’acqua, riempiranno il bacino di smorzamentoannullando il pericolo di ribaltamento del manufatto in calcestruzzo. Il posizio-

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Torrente Marano (maggio 2005): situazione pre interventoa monte del manufatto. Come ben mostra l’immagine,

è visibile il materiale di sovralluvione.

Torrente Marano (marzo 2006): situazione post interventoa valle del manufatto. Ripristino del livello dell’alveo

per facilitare la risalita dei pesci.

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namento di massi aumen-terà la disponibilità di ri-fugi per i pesci dalle por-tate di piena. A valle deimassi si formeranno bu-che protette dai massistessi con l’effetto dimantenere una quantitàd’acqua sufficiente anchenei periodi di siccità gra-zie alla concentrazionedelle portate di magra.Inoltre la posa di massi inalveo in prossimità delmanufatto in tubi auto-portanti, oltre a realizzaredi fatto una via di risalitaper la fauna ittica, contri-buirà anche a ridurre ilpericolo di ribaltamentodello stesso. La fase con-clusiva del progetto di ri-pristino ambientale a finiittiogenici prevede, giàdopo un anno dalla suarealizzazione, un’indagi-ne su base quantitativadell’ittiofauna da espli-carsi attraverso la tecnicadell’elettropesca al fine dicontrollare e valutare glieffetti realmente provoca-ti, correggere gli eventua-li effetti indesiderati enon previsti ed adottare il regime gestionale più idoneo alla conservazione o al-l’utilizzo della risorsa. Gli interventi realizzati si sono concretizzati nella posain alveo di massi, previo uno scavo idoneo in cui sistemarli. Sono stati realiz-zati due ordini di massi, i più grossi sistemati immediatamente a ridosso del ma-nufatto, mentre quelli di dimensioni minori nel secondo ordine immediatamen-te a valle. Altri massi sono stati disposti all’interno dell’alveo sia a valle che a

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Torrente Marano (marzo 2006:) situazione post lavori. Particolare dell’uscita dell’acqua dai tubi

che formano il manufatto.

Torrente Marano (marzo 2006): situazione post lavori. Massi in alveo a valle dell’opera di attraversamento

che hanno la scopo di ripristinare la naturalità e variabilità dell’ambiente fluviale.

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monte del manufatto perricreare un ambiente piùidoneo alla vita dell’ittio-fauna. Nei tratti di fiumein cui sono stati posti imassi in alveo sono statieseguiti campionamentipre lavori tramite elettro-pesca. È previsto inoltreun campionamento postlavori sempre tramiteelettropesca, al fine di va-lutare, tramite il confron-to con i precedenti cam-pionamenti, l’effetto del-l’intervento.

Attività 2006: la gestione e i progetti

Nel corso del 2006 l’Ufficio Tutela Faunistica, nell’ambito del settore pesca ac-que interne ha portato avanti diverse attività di gestione.Attività amministrativa: l’Ufficio ha regolarmente provveduto all’ordinaria at-tività di invio tesserini e bollettini ai Comuni che ne facevano richiesta e di rac-colta delle sezioni C e D dei moduli inviandoli periodicamente in Regione, oltrealla normale attività amministrativa relativa alla delega sulla pesca acque inter-ne (atti, riunioni, distribuzione pubblicazioni… ). Ripopolamenti: l’applicazione pratica degli studi relativi alla Carta Ittica Zo-ne C e B effettuati ha permesso di evitare l’effettuazione di ripopolamenti conittiofauna di allevamento nel territorio provinciale. Anche per quest’anno si è ri-corso a piccoli interventi localizzati di ripopolamento con avannotti recuperatinel corso dell’estate.Vigilanza: l’attività di vigilanza è stata svolta per la maggior parte dalle guar-die ittiche volontarie della Fipsas sotto il coordinamento del Corpo di Poliziaprovinciale. Sono state comminate 2 contravvenzioni. Il comportamento dei pe-scatori nel territorio è comunque da ritenersi fondamentalmente corretto. La vi-gilanza ha segnalato, tramite il controllo del pescato, che le specie più frequen-ti nelle acque interne della nostra Provincia risultano essere: carpe, cavedani,barbi, anguille e carassi. Le guardie hanno anche svolto attività divulgativa e dieducazione nei confronti dei pescatori.

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Torrente Marano (marzo 2006): situazione post lavori. Posa dei massi in alveo a monte dell’opera

di attraversamento e messa a dimora di talee di salice e rizomi di canna sulla sponda.

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Tabellazioni: è stata continuata l’attività di manutenzione delle tabelle da par-te delle guardie ittiche e dei volontari. Aggiornamento Carta Ittica Zona C: nel mese di maggio 2006 è stato termi-nato e consegnato, da parte del tecnico incaricato Andrea de Paoli, lo studio re-lativo all’aggiornamento della Carta della Zona C. Lo studio attuato rispettandoil protocollo regionale per la Carta Zona C, è consistito nel campionamento, tra-mite elettropesca, di 3 stazioni (F. Marecchia, F. Conca, F. Uso).Attività di divulgazione: in base a quanto riportato nell’art. 7 della L.R. n.23/78, l’Ufficio Tutela Faunistica in collaborazione con la Fipsas sezione di Ri-mini, nel mese di gennaio 2006 ha attivato un nuovo programma di iniziative acarattere educativo, piscatorio ambientale e sociale. Tale attività, volta alla sen-sibilizzazione nei confronti delle tematiche della pesca e della tutela degli ambi-ti fluviali, viene realizzata attraverso interventi nelle Scuole elementari e medie(lezioni teoriche in aula e attività di dimostrazione pratica di pesca sportiva neilaghetti Fipsas), attività sociali con pensionati e portatori di handicap.Studio delle popolazioni di granchio di fiume e spinarello presenti nel terri-torio provinciale: l’Ufficio Tutela Faunistica, in collaborazione con il ServizioProvinciale Ambiente, ha finanziato un accurato studio sulla presenza di popola-zioni di granchio di fiume e spinarello nel territorio provinciale. La realizzazionedello studio è stata affidata a Andrea de Paoli, ittiologo che collabora da tempocon l’Ufficio Tutela Faunistica. In particolare, è stata individuata e studiata la po-polazione di granchio presente nel torrente Ventena di Gemmano, popolazione ri-velatasi integra e ben strutturata grazie alle ottime condizioni ambientali del cor-so d’acqua. Eccezionale è risultata l’individuazione di una popolazione vitale estrutturata di spinarello nella zona di Covignano alle porte di Rimini. Tale popo-lazione verrà preservata tramite un accordo con il Consorzio di Bonifica sulle mo-dalità di sfalcio e gestione dei canali e risorgive dell’area di presenza reale e po-tenziale dello spinarello. Lo studio in questione è stato presentato nel paese diGemmano nel corso del convegno “Granchio di fiume e Spinarello, due presenzefaunistiche ad alto valore naturalistico nel territorio riminese”.Censimento e localizzazione delle popolazioni di Potamon fluviatile (gran-chio di fiume) sul reticolo idrografico dell’area collinare sud della Provin-cia di Rimini. Il granchio di fiume è una specie ad elevato interesse conserva-zionistico e protetta a livello regionale da un divieto assoluto di pesca; in parti-colare il Piano Ittico Regionale raccomanda per la sua conservazione la desi-gnazione di aree speciali di tutela.Purtroppo le modalità comportamentali elusive ed il progressivo declino dellepopolazioni avvenuto in concomitanza con l’espansione antropica nelle zona dibassa e media collina, non consentono di tracciare un preciso quadro distributi-vo della specie così da rendere applicativa la specifica direttiva di riferimento

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regionale. Una migliore conoscenzasulla consistenza e sulla distribuzionedelle popolazioni di questi animaliconcorre pertanto alla loro salvaguar-dia poiché fornisce informazioni utilialla predisposizione di piani di gestio-ne del territorio e delle aree naturali tu-telate. L’indagine sulla presenza delgranchio di fiume, tramite campiona-mento con nasse, è stata effettuata ope-rativamente su tutto l’areale individua-to come potenzialmente adatto a que-

sto crostaceo decapode (tutti i corpi idrici maggiori e minori dell’area collinaresud della Provincia ed alcuni fossi dell’area nord).Le uniche popolazioni vitali di una certa rilevanza che sono state individuatedall’indagine sono state riscontrate nel torrente Ventena di Gemmano (confinetra i Comuni di Gemmano e Montefiore), nel torrente Ventena di Montefiore(confine tra i Comuni di Montefiore, Mondaino e Saludecio), nel fosso Gaianoe nel Rio Felsina (Comuni di Vecchio e Torriana). Nei restanti corpi idrici, a cau-sa delle condizioni di scarsa portata e/o elevato inquinamento, non si è riscon-trata una presenza significativa del granchio di fiume.Conservazione delle popolazioni di spinarello (Gasterosteus aculeatus) inProvincia di Rimini. Tale studio è stato effettuato con le poche risorse non spe-se per il granchio (lo studio infatti è stato limitato ai due corpi idrici con pre-senza dello stesso rispetto ai tre preventivati). Si è comunque ritenuto opportu-no impiegare tali risorse per uno studio scientifico relativo ad un pesce consi-derato estinto in Provincia di Rimini, anche perché il gruppo di ricerca era pron-to ed operante sul territorio. Lo spinarello è un piccolo pesce che non riveste al-

cuna importanza per la pesca sportiva,ma che assume una grande rilevanzada un punto di vista naturalistico: ne-cessita quindi di essere opportunamen-te tutelato insieme all’ambiente in cuivive. Lo spinarello, famoso per le cu-riose modalità comportamentali, è unpesce dalle esigenze ecologiche pecu-liari essendo legato ad ambienti altret-tanto particolari: le risorgive. Lo spi-narello, pur avendo un’ampissima di-stribuzione nell’emisfero settentriona-

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Un esemplare di granchio di fiume fotografato nel torrente Ventena.

Esemplari di spinarello prelevati tramiteelettropesca e narcotizzati per poter attuare

il rilievo delle misure biometriche.

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le, in Italia è presente informa discontinua, sia inrelazione alle particolariesigenze ecologiche chein conseguenza di nume-rose estinzioni locali im-putabili al degrado degliecosistemi. Nella listarossa dei pesci d’acquadolce indigeni in Italiaviene indicato anche co-me specie “vulnerabile”.A livello regionale l’area-le della specie è moltoframmentato rispetto alpassato, tanto che le uni-che popolazioni relitte,certamente presenti,ven-gono segnalate solo inProvincia di Piacenza,dove è già oggetto di spe-cifici piani di salvaguar-dia. Il ritrovamento di al-cuni esemplari in un pic-colo fontanile localizzatonella pianura rimineseapre interessanti prospet-tive relative alla ricercaed alla tutela della speciesul territorio provincialeed alla relativa qualitàdelle acque interne.Realizzazione di passaggio artificiale per la risalita dei pesci. Il progetto èstato finanziato dalla Regione Emilia-Romagna nell’anno 2005. Con Determi-na n. 29 del 04/04/2006, è stato firmato il contratto per l’affidamento della pro-gettazione definitiva. Il progetto definitivo è in fase di revisione al fine di ac-cogliere le modifiche richieste dal Servizio Tecnico di Bacino.

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L’habitat dello spinarello, una specie considerata vulnerabile.

L’incaricato dello studio, Andrea de Paoli, nella postazione di misurazione.