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SCUOLA NORMALE SUPERIORE DI PISA Laboratorio di Storia, Archeologia e Topografia del Mondo Antico QUARTE GIORNATE INTERNAZIONALI DI STUDI SULL’AREA ELIMA (Erice, 1-4 dicembre 2000) ATTI I Pisa 2003

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SCUOLA NORMALE SUPERIORE DI PISA

Laboratorio di Storia, Archeologia e Topografia del Mondo Antico

QUARTEGIORNATE INTERNAZIONALI DI

STUDI SULL’AREA ELIMA

(Erice, 1-4 dicembre 2000)

ATTI

I

Pisa 2003

ISBN 88-7642-122-X

Il presente volume è stato curato da Alessandro Corretti.

LE ANFORE PUNICHE DI SOLUNTO:

DISCRIMINAZIONE TRA PRODUZIONI LOCALI ED

IMPORTAZIONI MEDIANTE ANALISI AL

MICROSCOPIO POLARIZZATORE

R. ALAIMO1 - G. MONTANA2 - I. ILIOPOULOS2

1. INTRODUZIONE

Negli ultimi anni è stata avviata un’articolata ricercaarcheometrica, focalizzata sui materiali ceramici punici (anforee terracotta d’uso domestico) rinvenuti nei due più importantiinsediamenti della Sicilia occidentale, ovvero, Solunto e Mozia,entrambi molto noti come centri di produzione. La prima fasedello studio ha avuto lo scopo caratterizzare gli impasti locali everificare l’esistenza di criteri di differenziazione tra i due siti,attraverso l’analisi incrociata di numerosi scarti di produzione edelle relative materie prime (Alaimo et al., 1997; Alaimo et al.,1998; Alaimo et al., 2002). In tutti e due i casi, le “argilleceramiche” sono state individuate in seguito ad attente ricogni-zioni geologiche nel territorio. Nel caso specifico di Solunto, èstata ritenuta necessaria anche una ricerca bibliografica e d’archi-vio sulla produzione ceramica dei secoli passati nell’agro paler-mitano. La seconda fase della ricerca, che è stata da poco iniziata,prevede, per ogni sito, lo studio archeometrico sistematico diclassi ceramiche omogenee ed inquadrate in contesti cronologiciben definiti.

Il presente contributo deve, pertanto, essere inserito a pienotitolo nell’ambito della caratterizzazione composizionale di det-

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taglio della ceramica punica portata alla luce a Solunto. Inparticolare, in questa nota viene affrontata la determinazione delcentro di produzione delle diverse tipologie di anfore punicherinvenute a Solunto e già classificate stilisticamente da CaterinaGreco. I risultati dello studio archeometrico riportati in questasede si riferiscono alle sole indagini petrografiche condotte almicroscopio polarizzatore (sezioni sottili). Sono attualmente incorso di esecuzione le analisi mineralogiche (XRD) e le analisichimiche (XRF).

2. RISULTATI E DISCUSSIONE

Sono stati esaminati 59 campioni rappresentativi di 18diverse tipologie anforiche, sia arcaiche che classiche edellenistiche, identificate secondo la nota classificazione stilisticaproposta da J. Ramón Torres nel 1995 (tav. CCXXXVII, 1). Lamaggior parte di esse, in base alle osservazioni microscopiche diseguito esposte, è risultata di manifattura locale. Il riconoscimen-to degli impasti locali (produzione soluntina) è stato conseguitobasandosi su un archivio di dati di riferimento precedentementeacquisiti tramite analisi mineralogico-petrografiche e chimichecondotte dagli stessi autori sui numerosi scarti di produzionerinvenuti nell’area delle fornaci nel promontorio di Sòlanto esulla materia prima locale (Alaimo et al., 1998; Alaimo et al.,2002). Queste ricerche hanno consentito di definire, sino ad undettaglio assai soddisfacente, gli aspetti caratteristici degli impa-sti di manifattura soluntina. In particolare, sono state evidenziateapprezzabili e ricorrenti differenze tessiturali/composizionalidell’impasto che risultano sorprendentemente correlate all’epo-ca di manifattura dei reperti e sono, al tempo stesso, del tuttoindipendenti dalla tipologia formale degli stessi. Esse sono stateinterpretate come conseguenti ad un cambiamento nella tecnolo-gia di produzione avvenuto, molto probabilmente, agli inizi del Vsecolo a.C. ed apparentemente indipendente dalla effettiva desti-nazione d’uso dei singoli oggetti ceramici.

3LE ANFORE PUNICHE DI SOLUNTO

2.1 Tipologie anforiche soluntine prodotte dalla fine del VIIa tutto il VI sec. a.C.

Anfore arcaiche di certa produzione soluntina sono risultatii tipi Ramón 1.1.2.1 (10 campioni su 10 analizzati), 2.1.1.2 (7campioni su 7 analizzati), 1.1.2.2 (un solo campione analizzato)e serie 1. (due campioni, non meglio classificabili). Chiaramente,per il tipo 1.1.2.2 occorre mantenere ancora una certa prudenza inattesa di arricchire adeguatamente la casistica. Da sottolineareche nessuno dei campioni arcaici sino ad ora esaminati (un totaledi 20 campioni su 59) è risultato di importazione.

L’impasto dei suddetti tipi anforici (VII-VI sec. a.C.) attri-buiti a manifatture locali è risultato sempre caratterizzato da unadistribuzione dimensionale eterogenea degli inclusi sabbiosi, cheassai spesso risulta iatale, talora con due mode evidenti nelleclassi della sabbia media (0,5-0,25 mm) e della sabbia molto fine(0,125-0,06 mm), con code nel silt grossolano (0,06-0,04 mm).Anche la distribuzione areale del degrassante è mediamente nonuniforme e l’addensamento sempre piuttosto alto, compreso tra il20 ed il 30%. Dal punto di vista composizionale, lo scheletrosabbioso dei frammenti cotti a temperature inferiori agli 800°C(che ancora preservano abbastanza integra la componente calcarea)risulta sempre costituito da prevalenti granuli di quarzomonocristallino, quindi, da litoclasti carbonatici di varia natura(biocalcareniti quaternarie e calcari compatti mesozoici) e dabioclasti (tavv. CCXXXVII, 2; CCXXXVIII, 1-2; CCXXXIX,1). Sono presenti anche minori quantità di quarzo policristallino,selce e litoclasti quarzarenitici. Il feldspato (sia feldspato potassicoche plagioclasio) e la mica sono da sporadici a rari. Alcuneapparenti differenze nell’aspetto microscopico dell’impasto sono,in realtà, da attribuire soltanto alla diversa temperatura di cotturache, se maggiore di 900°C, comporta la scomparsa parziale ototale della componente carbonatica, l’isotropia ottica della pastadi fondo, la comparsa di bordi di schiarimento intorno ai pori daimpronta.

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2.2 Tipologie anforiche soluntine realizzate dall’inizio del Va tutto il III sec. a.C.

Tipi anforici di età classica ed ellenistica, di accertatamanifattura soluntina, sono risultati i tipi Ramón 1.4.5.1 (5campioni su 6 analizzati), 4.2.1.4 (6 campioni su 7 analizzati),7.1.2.1 (5 campioni su 5 analizzati), 4.2.2.6 (4 campioni su 5analizzati), 1.4.2.1 (4 campioni su 4 analizzati), 1.4.5.1/4.2.2.6(tipo di transizione, 3 campioni su 3 analizzati) 7.1.1.2 (1 campio-ne analizzato), 7.2.1.1 (1 campione analizzato), 7.5.2.1 (1 cam-pione analizzato), 1.2.3.1 (1 campione analizzato) e 1.3.1.2 (1campione analizzato).

Tutti i reperti esaminati e identificati come manifatturelocali (32 campioni su 39 analizzati) sono caratterizzati da unscheletro degrassante ben classato, con distribuzione areale uni-forme ed addensamento per lo più compreso tra il 10 ed il 20%.Le dimensioni dei clasti ricadono nell’intervallo granulometricodella sabbia molto fine (0.06-0.125 mm) e del silt grossolano(0.04-0,06 mm).

Dal punto di vista composizionale, a livello puramentequalitativo, non esistono marcate differenze tra le manifatturearcaiche e quelle classiche ed ellenistiche, come ovvio attendersivisto che l’argilla utilizzata come materia prima è la stessa(argille grigio-azzurre del Pleistocene inferiore). Nelle tipologiedi età arcaica la componente silico-clastica appare, nel comples-so, più abbondante rispetto ai tipi anforici prodotti in età classicaed ellenistica, in conseguenza dell’aggiunta di sabbia media(verosimilmente prelevata dal vicino Vallone Cefalà) comedegrassante artificiale. Lo scheletro sabbioso dei frammenti cottia temperature inferiori agli 800°C, che ancora preservano abba-stanza integrale la componente calcarea, risulta costituito daprevalenti granuli di quarzo monocristallino, quindi, da bioclastie subordinatamente da litoclasti carbonatici di varia natura. Sonopresenti anche quarzo policristallino, selce, litoclastiquarzarenitici, feldspato e, raramente, piccole lamelle di mica(tavv. CCXXXIX, 2; CCXL, 1-2, CCXLI, 1). Anche in questocaso, come già visto per i manufatti arcaici, vi sono delle apparen-

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ti differenze di aspetto dei vari campioni visti al microscopiopolarizzatore, che sono legate soltanto alla temperatura di cottu-ra, ovvero alla progressiva decomposizione dei clasti di naturacalcarea ed alla loro reazione con la componente allumo-silicaticaa formare minerali secondari (gehlenite, diopside e plagioclasiocalcico). Questo, ovviamente, comporta nell’impasto mostratodai reperti cotti a temperature maggiori di 900-950 °C, una pastadi fondo otticamente inattiva (bruno scuro a nico incrociati) e lacomparsa, al posto dei granuli calcarei, di pori da impronta conbordi schiariti (con forma irregolare o pseudo-tondeggiante).

2.3 Tipologie anforiche di importazione.

Tipi anforici di età classica ed ellenistica risultati importa-zione (7 su un totale di 59 campioni, pari a circa il 12% dei repertiesaminati), ovvero caratterizzati da impasti non compatibili, percomposizione e tessitura, con gli scarti di produzione e con lamateria prima locale, sono i tipi Ramón 4.2.1.4 (1 campione su 7analizzati), 1.4.5.1 (1 campione su 6 analizzati), 4.2.2.6 (1 cam-pione su 5 analizzati), 7.6.1.1 (1 campione analizzato), 4.2.1.5 (1campione analizzato), 1.3.2.1 (1 campione analizzato), 11.2.1.3(1 campione analizzato).

Questi 7 tipi anforici, corrispondenti ad altrettanti reperti,sono stati distinti in 5 impasti individuati attraverso le osservazio-ni al microscopio polarizzatore. Occorre sottolineare che leipotesi di provenienza indicate in coda ad ogni descrizione sono,al momento, da considerare indicative, in quanto semplicementesupportate da dati litologici deducibili dalla bibliografia e, soltan-to in qualche caso, dai dati archeometrici pubblicati da M.L.Amadori e B. Fabbri (1998).

Impasto A (campione So/An 47 - anfora tipo Ramón 1.4.5.1).L’impasto è caratterizzato da un degrassante sabbioso medio-fine (0,5-0,2 mm), con distribuzione areale non uniforme,addensamento maggiore di 30% e scarsamente classato. Sonoabbondanti i granuli di quarzo mono e policristallino, mentrerisultano comuni plagioclasio, feldspato potassico (microclinoed ortoclasio pertitizzato) e litici metamorfici di varia natura

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(scisti micacei e gneiss). Subordinati appaiono i clasti costituitida selce ed i litoclasti quarzarenitici; sporadici i granuli diepidoto, zircone e mica bianca; rari i frammenti di vetro vulcanico(tav. CCXLI, 2;). Ipotesi di provenienza: Andalusia mediterranea(Toscanos?).

Impasto B (campione So/An 14 - anfora tipo Ramón 4.2.2.6).L’impasto risulta caratterizzato da un degrassante sabbioso dafine a molto fine (0,25-0,125 mm), con distribuzione arealemediamente uniforme, classazione moderata ed addensamentocompreso tra 20 e 30%. Il quarzo monocristallino è il costituentepredominante; abbondanti sono frammenti litici e minerali diorigine vulcanica: lave a tessitura fluidale, cristalli di plagioclasio,clinopirosseno, olivina, frammenti di vetro vulcanico. Comunisono il quarzo policristallino, l’anfibolo e frammenti di roccemetamorfiche di tipo gneissico. Altrettanto comuni sono i litoclasticalcarei e bioclasti (per lo più in stato avanzato di decarbonatazio-ne) e i pori da impronta. Subordinati i frammenti di arenaria concemento ferruginoso, i granuli di glauconite, i frammenti di selcee di feldspato potassico (tav. CCXLII, 1). Ipotesi di provenienza:Sardegna meridionale/occidentale.

Impasto C (campione So/An 55 - anfora tipo Ramón 7.6.1.1e campione So/An 19 anfora tipo Ramón 1.3.2.1). Le due tipologieanforiche possiedono lo stesso impasto, caratterizzato da undegrassante sabbioso molto fine (0,125-0,06 mm, con sporadiciclasti > di 0,15 mm), distribuito in modo poco uniforme, conclassazione da scarsa a moderata ed addensamento molto elevato(25-35%). Il costituente predominante è il quarzo monocristallino,il quale presenta in prevalenza contorno particolarmente angoloso.Abbondanti anche i frammenti di litici calcarei di varia natura edi bioclasti (talora ben conservati). I frammenti di quarzarenite eselce sono da comuni a subordinati, come i granuli di quarzopolicristallino, plagioclasio e feldspato potassico (tav. CCXLII,2). Sono state individuate anche rare le lamelle di mica bianca.Ipotesi di provenienza: Africa settentrionale (?).

Impasto D (campione So/An 54 - anfora tipo Ramón 11.2.1.3).L’impasto è rappresentato da uno scheletro degrassante fine(0,25-0,125 mm, con frazione siltosa grossolana ben rappresen-

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tata), con distribuzione areale non omogenea, un bassoaddensamento (3-10%) ed una scarsa classazione. Il costituentepredominante è il quarzo. Subordinati ma comuni sono i granulidi selce, i litoclasti calcarei, il quarzo policristallino ed i fram-menti di rocce metamorfiche. Da sporadici a rari risultano iframmenti di quarzarenite, le lamelle di mica bianca, il feldspato(anche sericitizzato) ed i granuli di tormalina (tav. CCXLIII, 1).

Ipotesi di provenienza: Spagna (?).Impasto E (campione So/An 8 - anfora tipo Ramón 4.2.1.5

e campione So/An 15 anfora tipo Ramón 4.2.1.4). Le due tipologieanforiche possiedono lo stesso impasto, caratterizzato da undegrassante sabbioso da fine a molto fine (0,25-0,1 mm), condistribuzione areale mediamente uniforme, classazione modera-ta ed addensamento alto (20-30%). Il quarzo monocristallino è ilcomponente prevalente, seguito da abbondanti quarzopolicristallino, litici calcarei e microfossili (spesso fortementedecomposti). Sporadici risultano feldspato potassico (anchemicroclino), plagioclasio e litici metamorfici. Sporadici o rarisono mica, anfiboli e tormalina (tav. CCXLIII, 2). Ipotesi diprovenienza: Africa settentrionale (Cartagine ?).

3. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

I dati archeometrici sopra esposti rappresentano soltantol’avvio dello studio sistematico delle caratteristichecomposizionali della ceramica prodotta a Solunto dal VII a tuttoil III sec. a.C., secondo la linea di ricerca già prospettata, in formaestremamente schematica, nella parte introduttiva dell’articolo.La possibilità di distinguere le manifatture siciliane attraversocriteri oggettivi e non soltanto stilistici, molto probabilmenteoffrirà nuove opportunità a coloro che studiano la circolazionedella ceramica fenicio-punica nel Mediterraneo occidentale. Èestremamente importante, a tal proposito, che vi sia una interazionesinergica tra archeologi ed operatori scientifici, per fare in modoche gli sforzi analitici vengano concentrati su problematiche distudio selezionate e ben fondate, ovvero su tipologie ceramichee contesti cronologici, dove l’apporto dell’archeometria sia vera-

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mente necessario e non scollegato, come purtroppo spesso acca-de, da temi centrali di ricerca.

Il tentativo di associare un’immagine dell’impasto con rela-tiva descrizione e l’analisi chimica alle varie tipologie anforichepuniche riconosciute e classificate dal Ramón Torres in ambitomediterraneo, attivando, pertanto, una vera e propria banca dati,rappresenta un obiettivo certamente ambizioso.

Per ciò che riguarda il territorio siciliano, oltre al caso diSolunto, affrontato ormai da circa due anni in stretta e proficuacollaborazione con Caterina Greco, sono contemporaneamente incorso analisi su anfore (78 campioni) e ceramica di uso comune (47campioni) da Mozia, in cooperazione con M. L. Famà e P. Toti. Lostesso tipo di analisi è stato avviato anche sulle anfore punicherinvenute nei più importanti centri greco coloniali confinanti congli insediamenti punici nella Sicilia occiddentale, ovvero Himera(33 campioni, in collaborazione con S. Vassallo) e Selinunte (30campioni, in collaborazione con S. Tusa e P. Toti). È auspicabileche si aggiungano ben presto ulteriori reperti di scavo da altri sitipunici (e non) della Sicilia occidentale, stilisticamente ecronologicamente assimilabili a quanto già in corso di analisi.

RINGRAZIAMENTI

La presente ricerca è stata condotta grazie al supporto economico dellaComunità Europea (TMR-EU contratto n. ERBFMRXCT980165).

NOTE

1 Cattedra di Archeometria, Corso di Laurea in Beni Culturali -Università degli Studi di Palermo.

2 Dipartimento di Chimica e Fisica della Terra ed Applicazioni alleGeorisorse e ai Rischi Naturali (CFTA) -Università degli Studi di Palermo.

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BIBLIOGRAFIA

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J. RAMÓN TORRES , Las anforas punicas en el Mediterraneo centro-occidenta, Barcelona 1995.

TAV. CCXXXVII

1. Istogramma di frequenza dei tipi anforici secondo Ramón Torres (1995), campionatied esaminati nel corso del presente studio.

2. Ramón Torres tipo 1.1.2.1, VII-VI sec. a.C. (campione So/An51). Microfotografiain sezione sottile. Si notano abbondanti bioclasti e litoclasti calcarei ancora benconservati, che, insieme con la pasta di fondo otticamente attiva, indicano unatemperatura di cottura relativamente bassa (< 800°C).

produzioni arcaiche

produzioni classicheed ellenisticheimportazioni

TAV. CCXXXVIII

1. Ramón Torres tipo 1.1.2.1, VII-VI sec. a. C. (campione So/An3). Microfotografiain sezione sottile. Esempio del medesimo impasto mostrato in precedenza, cotto atemperatura relativamente più alta (> 900-950°C): la pasta di fondo è otticamenteisotropa e la componente calcarea risulta completamente decomposta.

2. Ramón Torres tipo 2.1.1.2, VII-VI sec. a. C. (campione So/An59). Microfotografiain sezione sottile. Si notano granuli di quarzo, plagioclasio, frammenti di selce equarzarenite. L’assenza dei componenti calcarei denota una temperatura di cotturarelativamente alta.

TAV. CCXXXIX

1. Ramón Torres tipo 1.1.2.1, VII-VI sec. a. C. (campione So/An53). Microfotografiain sezione sottile. Si notano granuli di quarzo mono e policristallino e frammenti diselce. Gli schiarimenti ai bordi dei pori sono indicativi di un cottura effettuata atemperatura maggiore di 900-950 °C.

2. Ramón Torres tipo 1.4.5.1, V-IV sec. a. C. (campione So/An24). Microfotografia insezione sottile. È evidente la minore taglia del degrassante sabbioso in confronto coni campioni arcaici. Si notano, ancora ben conservati bioclasti e litoclasti calcarei, chesuggeriscono una temperatura di cottura inferiore ad 800-850 °C.

TAV. CCXL

1. Ramón Torres tipo 4.2.1.4, V-IV sec. a. C. (campione So/An2). Microfotografia insezione sottile. Si notano granuli di quarzo e plagioclasio mentre i componenti calcareimostrano tracce di incipiente decomposizione.

2. Ramón Torres tipo 4.2.2.6, IV sec. a. C. (campione So/An27). Microfotografia insezione sottile. Esempio di impasto locale con pasta di fondo otticamente attiva ebioclasti e litoclasti calcarei ben preservati in seguito alla basa temperatura di cottura.

TAV. CCXLI

1. Ramón Torres tipo Ramón 7.1.2.1, IV-III sec. a. C. (campione So/An1). Microfoto-grafia in sezione sottile. La cottura a temperatura maggiore di 900-950°C è indicatadall’isotropia ottica di pasta di fondo, dall’assenza della componente calcarea e daitipici bordi di schiarimento intorno ai pori da impronta.

2. Ramón Torres tipo 1.4.5.1. V sec. a. C. (campione So/An47). Microfotografia insezione sottile dell’impasto di importazione “A”. Si notano minerali e litoclastiderivanti da rocce metamorfiche (plagioclasio, ortoclasio pertitizzato, epidoto,micascisto). Ipotesi di provenienza: Andalusia mediterranea (Toscanos).

TAV. CCXLII

1. Ramón Torres tipo 4.2.2.6, IV-III sec. a. C. (campione So/An14). Microfotografiain sezione sottile dell’impasto di importazione “B”. Il degrassante sabbioso è compostoper lo più da minerali e litoclasti vulcanici. Si notano anche granuli di quarzo, selce elitoclasti calcarei in stato avanzato di decarbonatazione. Ipotesi di provenienza:Sardegna occidentale/meridionale.

2. Ramón Torres tipo 1.3.2.1, V sec. a. C. (campione So/An19). Microfotografia insezione sottile dell’impasto di importazione “C”. Il degrassante sabbioso fine (0,25-0,125 mm) è composto in prevalenza da granuli angolosi di quarzo. Meno abbondantii frammenti di calcarenite ed i bioclasti calcarei ben conservati. Ipotesi di provenienza:nord Africa (?).

TAV. CCXLIII

1. Ramón Torres tipo 11.2.1.3, VI-V sec. a. C. (campione So/An54). Microfotografiain sezione sottile dell’impasto di importazione “D”. Il degrassante sabbioso mostrabasso addensamento e scarsa classazione. Si notano numerosi granuli di selce esporadici litici metamorfici. Ipotesi di provenienza: Spagna (?).

2. Ramón Torres tipo 4.2.1.5, IV-III sec. a. C. (campione So/An8). Microfotografia insezione sottile dell’impasto di importazione “E”. Il degrassante sabbioso presentascarsa classazione. Si notano granuli di quarzo, bioclasti e litoclasti calcarei per lo piùdecomposti. Ipotesi di provenienza: nord Africa (Cartagine ?).