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Attività di alternanza scuola- lavoro Relazione Lorenzo Dattile

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Attività di alternanza scuola-lavoro

Relazione

Lorenzo Dattile

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Indice

Introduzione ………………………………………………………………………………….

3

1. Sofidel ……………………………………………………………………………………..

3

2. Le caratteristiche dei diversi tipi di carta. …………………………………………………

4

3. La preparazione impasti. …………………………………………………………………..

4

4. Valutazione caratteristiche meccaniche, fisiche e ottiche della carta. …………………….

6

5. Prova di scolantezza ……………………………………………………………………….

10

6. Argomenti particolari. …………………………………………………………………….

10

7. La gara. ……………………………………………………………………………………

13

8. Conclusioni. ……………………………………………………………………………….

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.

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Introduzione

L’alternanza scuola-lavoro, obbligatoria per tutti gli studenti dell’ultimo triennio delle scuole

superiori, è una delle innovazioni più significative della legge 107 del 2015. In adempimento di

questa legge, l’ITC Marchi, nell’ambito del settore cartario, ha organizzato insieme alle aziende

cartarie della provincia di Lucca una sorta di stage lavorativo finalizzato, da un lato, ad offrire agli

studenti una occasione formativa dal netto taglio pratico e, dall’altro lato, a soddisfare l’esigenza

delle cartiere di assumere persone altamente qualificate e tecniche.

Assieme ad alcuni compagni di classe (Alessio Masi, Giammarco Acciai, Lorenzo Poetto, Giacomo

Cecchi e Niccolò Violante) sono stato assegnato all’azienda Sofidel di Lucca.

1. Sofidel

Sofidel è un’impresa italiana che produce e commercializza carta “tissue”, ovvero la carta utilizzata

per uso igienico-sanitario e domestico. Fondata nel 1966, è di proprietà delle famiglie Stefani e

Lazzareschi. Ha 27 società presenti in 13 Paesi, oltre a 5000 dipendenti ed un fatturato annuo

intorno a 1511 milioni di euro. Ultimamente si sta sviluppando sempre di più in America dove

aprirà altri stabilimenti oltre a quelli già presenti. Lo stabilimento più grande è quello in via

Francesco Lazzareschi in provincia di Lucca dove abbiamo frequentato l’attività di alternanza

scuola-lavoro. “Soffass” è il nome che prendono gli stabilimenti della Sofidel.

Lo stabilimento (Fig. 1) che abbiamo visitato è suddiviso in tre reparti principali:

- uffici dell’amministrazione;

- produzione, cioè la zona in cui viene fabbricata la carta dal caricamento nastri delle balle di

cellulosa alla bobinatura;

- trasformazione o coverting dove la carta subisce trattamenti superficiali specifici (ad

esempio la goffratura) e spedita ai vari clienti.

I primi due giorni di alternanza abbiamo frequentato corsi di sicurezza con conseguente test scritto.

Nei giorni successivi della prima settimana alcune figure professionali dell’ambito cartario ci hanno

organizzato delle lezioni che prevedevano argomenti già trattati durante l’attività scolastica come la

cellulosa, le fasi del flusso del processo produttivo(preparazioni impasti, depastigliazione,

Fig. 1 Fig. 1

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raffinazione, miscelazione, diluizione ed epurazione), la composizione e la funzioni di alcuni

macchinari (pulper, raffinatore ecc) ed impianti ma anche argomenti nuovi come la macchina

continua che possiamo definire come il “motore” principale in cui avviene la formazione della

carta.

2. Le caratteristiche dei diversi tipi di carta

La cellulosa vergine è impiegata dalla Sofidel per la fabbricazione di: carta igienica, asciugatutto,

tovaglioli e fazzoletti. Ognuna di queste differenti destinazione d’uso della carta tissue assume

caratteristiche simili per alcuni aspetti ed opposte per altre. Ad esempio, riguardo alla sofficità, la

carta che dovrà presentare in modo più evidente questa qualità sarà la carta igienica e i fazzoletti,

mentre asciugoni e fazzoletti dovranno avere una migliore resistenza a umido per poter assorbire

meglio l’acqua o vari liquidi. A seconda del Paese in cui si vende il prodotto finito, l’esigenza di

mercato cambia; ad esempio, una carta igienica in Grecia non è importante che abbia pochi veli od

una bassa resistenza all’acqua da potersi spappolare facilmente negli scarichi senza provocare

occlusioni, poiché dopo l’utilizzo viene gettata nella spazzatura. L’ingegner Filippo Anomurri ci ha

spiegato inoltre che la carta per uso igienico sanitario può essere composta da 1, 2 o 3 veli (i

fazzoletti ed i tovaglioli monouso sono talvolta addirittura composti da 4 veli di carta). Questi veli,

che naturalmente potrebbero facilmente dividersi, sono trattenuti da una particolare lavorazione che

può essere:

- godronata: che determina l’unione dei veli mediante i godroni (una specie di incollatura a

secco effettuata lungo il rotolo di carta);

- incollata: con diversi sistemi (punta punta, macro collatura, ecc.);

- goffrata: con diversi sistemi (acciaio e gomma, punta a punta, ecc.) che ne determinano

anche l’aspetto estetico.

I veli possono presentarsi con un aspetto estetico molto diverso:

- lisci;

- goffrati: il velo si presenta con un aspetto fortemente a buccia d’arancia, questo trattamento

serve a migliorare l’assorbenza (la carta assorbe più velocemente) ed al tempo stesso

aumenta sensibilmente la morbidezza.

- microgoffrati: si utilizza di solito per la carta di uso igienico per aumentarne la morbidezza.

3. La preparazione impasti

Sia che si lavori carta da macero che cellulosa, la preparazione impasti è la prima fase del processo

produttivo cartario. È un’operazione di durata 15-20 minuti (nelle cartiere da macero anche 30-35)

dove le balle della materia prima che si tratta (cellulosa o macero) vengono gettate dentro grossi

mescolatori che prendono il nome di “pulper” o “idroapritori”. Questi macchinari sono utilizzati per

spappolare i pacchi di cellulosa ed ottenere, anche grazie all’aggiunta di acqua, una sospensione

fibrosa pompabile.

Nello stabilimento della Sofidel in cui ho svolto l’attività lavorativa ci sono 3 pulper discontinui a

bassa consistenza (Fig. 2) che operano a densità di ’impasto fino al 10% e che lavorano per fibra

corta, lunga e mista. Sono provvisti:

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- di una girante concentrica (Fig. 3) che è lo strumento di movimentazione;

- di elementi verticali detti deflettori che guidano la sospensione fibrosa verso il centro vasca

durante la rotazione.

Con il pulper discontinuo si ha il vantaggio di poter determinare in modo esatto il tempo di

permanenza dell’impasto nel pulper e quindi il contenuto di pastiglie residuo allo scarico, la

consistenza e la temperatura di lavoro, il dosaggio degli additivi chimici. Per rimuovere i fili di

ferro presenti all’interno del pulper e sfuggiti al controllo dell’operatore durante il caricamento delle

balle di cellulosa sui nastri trasportatori, vengono utilizzate delle calamite e non il ragger come

accade spesso in molte cartiere. La Sofidel inoltre non utilizza pulper ad alta consistenza (Fig. 4)

poiché quest’ultimi, come dice la parola, operando a densità d’impasto intorno al 15-18% vengono

utilizzati nelle cartiere da macero, ad esempio, nella produzione di carta da imballaggio. Come

aspetto strutturale, i pulper ad alta consistenza sono provvisti di una lunga girante elicoidale capace

di aprire le fibre dell’impasto con basse forze di taglio senza sminuzzare le impurità presenti.

Fig. 4

Fig. 2 Fig. 3

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4. Valutazione caratteristiche meccaniche, fisiche e ottiche della carta

Per proprietà meccaniche si intendono tutte quelle prove fisiche che determinano la resistenza della

carta impedendone la rottura. Fanno parte di questo gruppo:

- la resistenza alla trazione: determina la capacità della carta a resistere sotto trazione;

- la resistenza alle doppie pieghe: identifica il numero massimo di pieghe che la carta può

esercitare prima di rompersi;

- la resistenza alla delaminazione: determina la forza necessaria a suddividere il foglio di carta

in due strati uguali;

- la resistenza alla lacerazione: rappresenta la forza sufficiente a lacerare un foglio di carta sul

quale è già stato praticato un taglietto;

- la resistenza allo strappo superficiale:cioè la resistenza della carta al getto d’inchiostro (in

fase di stampa);

- la resistenza allo scoppio:rappresenta la resistenza della carta all’azione di una forza agente

perpendicolarmente sulla sua superficie.

Delle caratteristiche meccaniche che abbiamo analizzato in laboratorio durante l’attività di stage

troviamo:

- resistenza a secco: consiste nel determinare la resistenza a

trazione della carta non bagnata. La prova si esegue con

uno strumento noto come dinamometro (Fig. 5) che

misura il valore della forza che ha determinato il carico di

rottura (ovvero il punto in cui la carta si rompe). L’analisi

viene eseguita su due veli, come da standard, sia nel senso

longitudinale (senso di macchina o machine direction), sia

nel senso traversale (alla produzione). I due veli sono

formati con la taglierina da 50mm e vengono inseriti tra

due pistoni e si premono i tasti END-TAST-TARE. In

questo modo si analizzano le diverse resistenze a secco

per i vari tipi di carta. Il dinamometro presente nello

stabilimento Sofidel fornisce il valore in N/50mm su 2 veli. Si deve convertire il risultato

ottenuto su N/m su 10 veli come da protocollo. Si divide il valore ottenuto per 0,05

trovando così il risultato in N/m su 2 veli. Dopo di che si fa la proporzione per ottenerlo su

10 veli, ovvero moltiplicando per 10 il valore ottenuto e dividendolo successivamente per 2.

Il dinamometro è collegato ad un altro strumento noto come “Tea” che elabora, durante la

prova di trazione, il grafico di allungamento del tipo di carta che si sta analizzando in quel

momento e si può notare così la zona in cui la carta ha un comportamento elastico (ed è

quindi in grado di ritornare alla lunghezza iniziale) e quella in cui assume un

comportamento plastico (dove non può più ritornare alla lunghezza 0). L’allungamento è

una proprietà che viene controllata soprattutto per le carte che andranno a ricoprire il ruolo

di fazzoletti o asciugatutto ed il valore secondo lo standard ricorrente in specifica è in

percentuale.

- Resistenza a umido: come la precedente, anche questa prova determinata la resistenza a

trazione della carta. La differenza consiste nel fatto che la prova viene eseguita su due

Fig. 5

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coppie di veli e la carta deve essere prima riscaldata a circa 105 gradi in stufa e poi bagnata

con acqua distillata per quindici secondi. Il test viene effettuato sempre con il dinamometro.

Il risultato ottenuto con lo strumento è in N/50mm e si vuole convertirlo in N/m su 10 veli.

Si seguono gli stessi calcoli analizzati nella prova di resistenza a secco solo che alla fine si

divide ulteriormente il risultato per 2 poiché avevamo preso 2 veli accoppiati.

Per proprietà fisiche troviamo:

- stabilità dimensionale: la capacità di una carta di mantenere invariate le proprie dimensioni

se sottoposta a pressione, trazione o variazione di temperatura e umidità ambientale;

- resistenza all’acqua;

- assorbanza all’acqua;

- porosità all’aria (capacità di traspirare aria);

- spappolabilità.

Durante le prove in laboratorio è stato controllata la capacità di spappolamento di un certo tipo di

carta. Il test viene praticato con uno strumento noto con il termine di cartiera di “spappolimetro” o

con il termine tecnico di “agitatore con rotore”. Si mette all’interno dello strumento della carta che

non deve avere uno specifico quantitativo di veli. Si avvia lo strumento e se entro 2 minuti la carta

non si riduce in poltiglia completamente, viene definita ”non spappolabile” (caratteristica

fondamentale per le carte igieniche poiché con lo scarico non devono provocare occlusioni nelle

tubazioni).

Delle proprietà ottiche fanno parte:

- il grado di bianco;

- l’opacità;

- il grado di lucido;

- il colore.

Sono caratteristiche vitali per il settore della stampa. Nella parte del Tissue alcune di queste

proprietà sono caratteristiche da controllare e regolare.

Con lo svolgimento delle attività di laboratorio nello stabilimento della Sofidel si sono analizzati:

- presenza di sbiancanti ottici: ovvero degli

additivi chimici riducenti o ossidanti introdotti

nell’impasto al fine di renderlo più bianco.

Questa test viene eseguito mettendo il foglio di

carta all’interno della Lampada di Wood (Fig.

6). Questo apparecchio emette luci ultraviolette.

Nel caso in cui siano presenti sbiancanti ottici

essi diventeranno molto fluorescenti sotto

esposizione a luce ultravioletta.

Fig. 6

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- Grado di bianco: viene controllato quanto la carta in esame si

avvicina al valore di bianco perfetto con lo spettrofotometro

(Fig. 7). Per la prova si prelevano una quantità di veli

sufficiente perché la luce non possa penetrare attraverso il

provino (circa 40). Successivamente si appoggia lo

spettrofotometro sul pacchetto di provini e si preme il tasto di

misura. In fine si annota il valore di riflettenza del campione

presente sul display dello spettrofotometro. Per riflettenza

s’intende la capacità di riflettere parte della luce incidente su

una data superficie o materiale (in questo caso sulla carta).

Altri test effettuati in laboratorio sono:

a) determinazione della grammatura;

b) determinazione dello spessore;

c) presenza di pasta legno;

d) determinazione delle ceneri.

a) Grammatura.

Per grammatura s’intende il peso in grammi di un metro

quadrato di carta. La prova di questo parametro inizia con

la preparazione di un provino circolare formato da 10 veli

e di dimensioni 100 cm quadrati servendosi dell’apposita

taglierina circolare. Si azzera la bilancia (Fig. 8) e si

effettua la pesatura. Si registra il valore riportato sul

display della bilancia. Il valore della bilancia è espresso in

grammi su 100 cm quadrati su 10 veli. Sul foglio di

specifica, come da standard, il risultato della prova deve

essere espresso in grammi su metro quadro su due veli.

Innanzitutto si moltiplica il valore per 100 in modo da

ottenere i grammi su metro quadro di 10 veli. Infine si

divide per 10 ricavando così il valore su due veli.

b) Spessore.

Per spessore s’intende la distanza media tra le due facce del foglio. Il test

si esegue utilizzando un provino di 10 veli di dimensioni 150x150mm.

Lo strumento che calcola questa prova è il micrometro (Fig. 9). Esso

viene chiamato con il termine di cartiera spessimetro. Il campione viene

inserito tra i due spessore dello strumento. Dopodiché si preme il tasto di

misura. Il micrometro digitale fornisce un valore in millimetri su 10 veli.

Come da protocollo in specifica deve essere riportato in micron su un

Fig. 7

Fig. 8

Fig. 9

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velo. Prima si moltiplica per 100 ottenendo in questo modo i micron su 10 veli. Poi si divide per 10

arrivando ai micron su un velo.

c) Pasta legno.

La prova ho lo scopo di determinare la presenza di lignina sulla cellulosa o sul prodotto finito. Il

reattivo utilizzato è la floroglucina. Si lasciano cadere 1-2 gocce della soluzione sul campione da

esaminare. Se è presente pasta legno la superficie esaminata si colora di rosso-magenta in pochi

secondi. L’esito della prova può dare 3 tipi di risultato:

- presenza: la carta analizzata contiene pasta legno;

- assenza: la carta testata non contiene pasta legno;

- tracce: la carta esaminata evidenzia fibre sparse con presenza di lignina.

La presenza di lignina nella carta comporta resistenze meccaniche più basse e maggiore tendenza

all’ingiallimento. È impiegata nel settore delle carte da stampa poiché possiede un alto tenore di fini

che consente la produzione di una carta più uniforme e chiusa e quindi con una buona speratura

(aspetto che assume il materiale cartaceo quando è osservato in controluce). Inoltre fornisce alla

carta elevata opacità e una buona assorbenza.

d) Ceneri.

La prova consiste nella determinazione del residuo organico (carbonato di calcio, metalli) sulla

cellulosa. Il test inizia prelevando un campione da analizzare. Si prendono un crogiuolo e un

coperchio e si mettono in stufa alla temperatura di 105 gradi per almeno un’ora. Si utilizzano pinze

per porre il crogiuolo con il coperchio nell’essiccatore per 30 minuti. Si estrae il crogiolo con il

coperchio, si pesa il tutto e si registra il valore misurato (W1). Si prepara un campione di cellulosa

(o anche carta) di circa 2 grammi e si taglia in piccole strisce, posizionando quest’ultime all’interno

del crogiuolo pesato. Si pone il crogiuolo con il coperchio e il campione all’interno della stufa alla

temperatura di 105 gradi per 4 ore. Si pone poi il coperchio sul crogiuolo con pinze. Sempre con le

pinze si rimuove il crogiuolo coperto dalla stufa e si mette nell’essiccatore per 30 minuti. Si estrae

dall’essiccatore il crogiuolo con il coperchio per pesarlo sulla bilancia (W2). Si pone il crogiuolo

con il coperchio all’interno del forno a muffola ad una temperatura intorno a 100-125 gradi. Si alza

gradualmente la temperatura a 500 gradi circa per un intervallo non inferiore ad un’ora per evitare

che il provino si incendi e che si perda nell’aria sotto forma di particelle fini. Si scoperchia il

crogiuolo per un minimo di 2 ore. Si ripone il coperchio sul crogiuolo e si mettono nell’essiccatore

per almeno un ora. Si posiziona il crogiuolo coperto sulla bilancia e si annota il valore misurato

(W3). Si calcola la percentuali delle ceneri secondo la seguente formula: 100x ((W3-w1)/(W2-

W3)). Se il risultato è inferiore al 1% la cellulosa o la carta sono idonee alla vendita. I metalli

aumentano la conducibilità delle acque che può portare a:

- corrosione;

- riduzione della ritenzione;

- formazione dei depositi;

- formazione di schiuma.

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5. Prova di scolantezza

A differenza delle prove analizzate precedente che si praticano sia su

cellulosa che su prodotto finito, la prova di scolantezza è un controllo

qualità eseguito durante il processo di produzione sulla pasta. La

scolantezza rappresenta la misura del grado di raffinazione di una pasta o

di un impasto. Lo strumento che misura quanto raffinato è l’impasto è

l’Apparecchio Shopper-Riegler (Fig. 10). Il fine del test è quello analizzare

il grado di raffinazione per il controllo dei raffinatori. Per eseguire la prova

con questo apparecchio si prende una sospensione omogenea di 2,0 g di

materia fibrosa in circa 1000 millilitri di acqua. La sospensione fibrosa così

ottenuta si invia su una tela metallica che ha la superficie di 100 centimetri

quadrati. L’acqua filtra attraverso la tela metallica con una velocità che è

tanto maggiore quanto è minore il grado di raffinazione, mentre le fibre

rimangono depositate sulla tela. L’acqua filtrata va in un sottostante imbuto

e qui si divide in due flussi: uno, costante, esce dall’ugello sul fondo

dell’imbuto; l’altro, che esce dal tubo laterale, è massimo all’inizio, ma

diminuisce costantemente, fino a cessare quando la quantità di acqua

raccolta diventa uguale o minore di quella che esce dall’ugello. Con paste

molto magre, l’acqua passa per la maggior parte nel tubo laterale, mentre

con paste grasse, dalle quali l’acqua si separa con molta difficoltà, essa

passa prevalentemente attraverso il tubo verticale . Il recipiente che ha

raccolto l’acqua è graduato e la gradazione va da 0 a 100 partendo dal

basso per i centimetri cubi e dall’alto verso il basso per i gradi shopper.

Con una tabella di conversione del valore ottenuto si ricavano il grado di

raffinazione dell’impasto e si capisce se i raffinatori stanno eseguendo bene

il proprio compito.

6. Argomenti particolari

Negli uffici ci hanno mostrato il funzionamento di alcuni tipi di macchinari che sui libri di testo

avevamo trattato in maniera meno approfondita tra cui:

a) differenza tra depastigliatore e raffinatore;

b) macchina continua;

c) monolucido e cappe;

d) schema P&ID (Piping and Instrumetion Diagram) e PFD (Process Flow Diagram).

a) Depastigliatore e raffinatore.

Il depastigliatore (Fig. 11) è uno strumento che serve ad aprire le “pasticche” di fibra che si possono

trovare dopo il pulper e che possono comportare una cattiva speratura alla carta. E’ composto da

uno statore e da un rotore.

Fig. 10

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Anche il raffinatore (Fig. 12) è costituito da una parte statica e una rotante. Il suo scopo principale

è quello di modificare le caratteristiche superficiali di struttura e forma delle fibre mediante

schiacciamento della sospensione dell’impasto fibroso in un intercapedine fra lame rotanti e fisse.

Inoltre con la raffinazione le fibre si idratano diventano più flessibili in modo da produrre un feltro

omogeneo in grado di sviluppare legami più forti. La differenza sta nel fatto che lo spazio dei denti

tra il rotore e lo statore è minore rispetto a quello del depastigliatore. Quest’ultimo ha anche un

disco o un cono o un cilindro fissato alle lame di dimensioni minori di quello del raffinatore.

b) Macchina continua

La macchina continua (Fig. 13) è un immenso macchinario in cui avviene la formazione del foglio.

È costituito da tre parti fondamentali:

- zona tela: dove avviene la formazione

di un panello di fibre compatto e si ha

circa il 95% del drenaggio dell’acqua;

- zona presse: dove la futura carta passa

tra rulli e allo scopo di perdere acqua;

- zona seccheria: in cui la carta

attraverso cilindri essiccatori riscaldati

a vapore perde completamente anche

l’acqua legatasi per capillarità.

Fig. 12

Fig. 11

Fig. 13

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Sofidel nello stabilimento in cui ho svolto lo stage possiede tre macchine continue, due crescent

former e una a doppia tela. In pratica nelle crescent former si ha una maggiore qualità del futuro

foglio di carta (salvo complicanze) grazie al fatto che è costituita da un percorso più breve che

permette un consumo minore di fibre. Nel sistema a doppia tela o twin wire le macchine continue

sono più grandi proprio per il fatto che utilizzano due tele ed un feltro per costituire la zona di

formazione del foglio. In questo tipo di macchina continua la cassa d’afflusso distribuisce l’impasto

sulle due tele di formazione per fornire un superiore drenaggio dell’acqua dell’impasto. Ci è stato

spiegato che alcuni loro stabilimenti possiedono altri tipi di macchina continua:

- fourdrinier: il drenaggio dell’acqua scende per gravità dal basso grazie alla tavola piana;

- suction breast roll: l’eliminazione della maggior parte dell’acqua avviene attraverso il breast

roll (rullo di testa) per azione del vuoto creato al suo interno.

c) Monolucido e cappe

Il monolucido o yankee (Fig. 14) è una grande cilindro su

cui scorre la carta che viene crespata successivamente da

una lama. È fabbricato in ghisa di alta qualità. Se

utilizziamo nella sua costruzione l’acciaio consente di

ridurre lo spessore dello yankee a parità di pressione

interna di vapore e quindi di migliorare il passaggio di

calore. Una soluzione può essere quella di metallizzare la

superficie del monolucido in ghisa. In questo modo lo

yankee aumenta la propria resistenza chimica e meccanica

e ha una durata più luna.

Gli scopi sono:

- creazione nip (punti di contatto tra due rulli dello stesso materiale) con pressa

d’aspirazione;

- trasporto del foglio dal nip alla lama crespatrice;

- creare una superfice specifica adatta del foglio di carta.

Le cappe (Fig.15) sono impianti che nella sezione

seccheria hanno la funzioni di:

- evaporare l’acqua;

- estrarre lo strato d’aria umido.

Le cappa sono composte da due parti:

- cappa umida: in cui circa il 70% dell’acqua

presente nel foglio, dopo la pressa d’aspirazione,

evapora;

Fig. 14

Fig. 15

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- cappa secca: la zona in cui deve evaporare il restante 30% di acqua. È la parte più difficile

poiché l’acqua è legata internamente alla fibra. La capacità di asciugamento può essere

incrementata aumentando la portata di acqua calda contro il foglio e alzando la temperatura

dell’aria inviata.

d) Schema P&ID e PFD

Lo schema P&ID (Piping and Instrumention

Diagram) (Fig. 16). o di marcia o meccanico è

un disegno tecnico che mostra le

interconnessioni tra le apparecchiature di un

processo, il sistema delle tubazioni che li

collega e gli strumenti utilizzati per controllare

il processo. Gli strumenti utilizzati sono

conformi agli standard Instrumetion, System,

and Autometion Society (ISA). In questi tipi di

schemi vengono rappresentati tutte

strumentazioni di controllo con relativa

identificazione, le valvole di processo (non

solo quelle principali) e tutte le linee del piping

(tubazioni).

Lo schema PFD (Process Flow Diagram) (Fig. 17) è uno schema

generale dei processi e delle apparecchiature di un impianto.

Relativo ad uno schema di impianto contiene le linee principali del

piping, apparecchiature principali, valvole principali ecc.

Nello stabilimento cartario questi schemi permettono agli operatori

nelle sale di controllo o anche ad altre figure lavorative di capire

nel migliore dei modi il processo di produzione di intervenirvi

qualora fosse necessario per ottimizzare il malfunzionamento.

Nelle grosse aziende vengono utilizzati gli schemi P&ID poiché

rappresentano disegni tecnici più specifici e precisi.

7. La gara

Il sesto giorno di alternanza scuola-lavoro è stata organizzata una gara a due squadre. Il gioco

istruttivo prevedeva una ricerca dei diversi macchinari e strumenti di cui in precedenza ci avevano

illustrato le caratteristiche e il funzionamento. Le apparecchiature meccaniche da trovare erano:

- pulper;

- depastigliatore;

Fig. 16

Fig. 17

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- raffinatore;

- idrociclone o selettore;

- tina di scarico;

- valvole;

- fan pump;

- cassa d’afflusso;

- tela;

- feltro;

- monolucido;

La vera difficoltà non è stata tanto quella di distinguere i vari strumenti quanto quella di orientarsi

nel mastodontico stabilimento!

8. Conclusioni

Personalmente ho trovato questa esperienza di alternanza scuola-lavoro estremamente interessante

poiché ci ha consentito di toccare con mano e vedere più da vicino il funzionamento di strumenti e

meccaniche che avevamo studiato solo a livello teorico.