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Avvocati di famiglia Anno VI - n. 4 - ottobre-dicembre 2013 - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - 70% - DCB Roma OSSERVATORIO NAZIONALE SUL DIRITTO DI FAMIGLIA ISSN 2039-6503 n. 4 - ottobre-dicembre 2013 L’Osservatorio associazione forense specialistica Diritto all'anonimato della partoriente e corte costituzionale Mantenimento e spese straordinarie La verità imposta ai coniugi nel processo di separazione

Avvocati di famiglia 04 13 Avvocati di famiglia di... · Avvocati di famiglia Periodico dell’Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia Nuova serie, anno VI, n. 4 - ottobre-dicembre

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Avvocatidifamiglia

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OSSERVATORIO NAZIONALE SUL DIRITTO DI FAMIGLIA

ISSN 2039-6503

n. 4 - ottobre-dicembre 2013

L’Osservatorio associazione forense specialistica

Diritto all'anonimato della partorientee corte costituzionale

Mantenimento e spese straordinarie

La verità imposta ai coniugi nel processodi separazione

Avvocati di famigliaPeriodico dell’Osservatorio nazionale sul diritto di famigliaNuova serie, anno VI, n. 4 - ottobre-dicembre 2013Autorizzazione del tribunale di Roma n. 98 del 4 marzo 1996Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - 70% - DCB Roma

AmministrazioneOsservatorio nazionale sul diritto di famigliaCentro studi giuridici sulla personaVia Nomentana, 257 - 00161 RomaTel. 06.44242164 - Fax 06.44236900 ([email protected])

Direttore responsabileavv. Gianfranco Dosi ([email protected])

Comitato esecutivo dell’Osservatorio nazionale sul diritto di famigliaavv. Gianfranco Dosi (Roma)avv. Claudio Cecchella (Pisa)avv. Franca Ferrara (Cagliari)avv. Matilde Giammarco (Chieti)avv. Michela Labriola (Bari)avv. Giancarlo Savi (Macerata)

Comitato dei probiviri dell’Osservatorio nazionale sul diritto di famigliaavv. Massimo Bisson (Milano)avv. Angela Chimento (Catania)avv. Michela Fugaro (Verona)avv. Francesca Salvia (Palermo)avv. Raffaella Zadra (Bolzano)

RedazioneMaria Giulia Albiero, Germana Bertoli, Claudio Cecchella, Maria Stella Ciarletta,Emanuela Comand, Gianfranco Dosi, Matilde Giammarco, Michela Labriola,Claudia Romanelli, Francesca Salvia, Giancarlo Savi

Coordinamento redazionaleavv. Maria Limongi

Impaginazione e StampaEUROLIT S.r.l.00133 Roma - Via Bitetto, 39 - Tel. 06.2015137 ([email protected])

AvvocatidifamigliaOSSERVATORIO NAZIONALE SUL DIRITTO DI FAMIGLIA

LA PROFESSIONE FORENSE NEL DIRITTO DI FAMIGLIA IN ITALIA

Avvocati di famiglia | ottobre-dicembre 2013Sommario

SOMMARIO

ottobre-dicembre 2013 | Avvocati di famiglia | 1

Editoriale La scuola di formazione e di aggiornamentoper avvocati dell’Osservatorio nazionalesul diritto di famiglia 2(Gianfranco Dosi)

Studi e ricerche Modalità di determinazione e versamentodell’assegno di mantenimento e delle spesestraordinarie per il coniuge e per i figli.Confronto giurisprudenziale e prassisul diritto di famiglia 4(Riccardo Leonetti)

Le nuove ipotesi di indegnità a succederetra le poche luci e le tante ombre allungatedal nuovo art. 448 bis c.c. sul principiodi equiparazione degli status di filiazione 24(Giuseppe Palazzolo)

DibattitoNota critica alla verità imposta ai coniugisotto sanzione penale nei procedimentiper separazione 34(Claudio Cecchella)

Corte CostituzionaleLa Corte Costituzionale rimedita l’anterioreindirizzo sulla rigida irreversibilità dell’opzionematerna per l’anonimato di genitura 38(C. Cost., 22 novembre 2013 n. 278)(Giancarlo Savi)

Giurisprudenza La destinazione degli assegni familiarinella separazione coniugale 58(Cass. civ. Sez. I, 23 maggio 2013, n. 12770)Il punto di vista (Giancarlo Savi) 59

ApprofondimentiLo status di figlio 64(Germana Bertoli)

La successione dei figli nati fuori dal matrimoniodopo la legge 219/2012 71(Bianca Santoro e Antonella Molica)

In libreriaLa riforma della filiazione, 1° quadernodella Scuola di formazione dell’Osservatoriosul diritto di famiglia 81(Mauro Paladini e Claudio Cecchella)

La Famiglia Composita. Un’indagine sistematicasulla famiglia ricomposta: i neo coniugio conviventi i figli nati da precedenti relazionie i loro rapporti 81(Dario Buzzelli)

Il divorzio collaborativo 82(Olga Anastasi)

Le carte storiche dei diritti. Raccolta di Carte,Dichiarazioni e Costituzioni con note esplicative 83(Alarico Mariani Marini e Umberto Vincenti)

Formulario del matrimonio canonico 83(Mauro Agosto Rosaria Capozzi)

DossierLa Convenzione di Istanbul adottata dal Consigliod’Europa l’11 maggio 2011 sulla prevenzionee il contrasto alla violenza alle donnee alla violenza domestica (ratificata dall’Italiacon le legge 27 giugno 2013, n. 77) 39

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Il Consiglio Nazionale Forense nella seduta del 13 dicembre 2013 ha deliberato l’iscrizione dell’Osserva-torio Nazionale sul Diritto di Famiglia nell’elenco delle associazioni forensi specialistiche maggiormenterappresentative.

EDITORIALE

GIANFRANCO DOSI

LA SCUOLA DI FORMAZIONE E DI AGGIORNAMENTOPER AVVOCATI DELL’OSSERVATORIO NAZIONALESUL DIRITTO DI FAMIGLIA

ottobre-dicembre 2013 | Avvocati di famiglia | 3

La scuola centrale di formazione e di aggiornamento dell’Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia -costituita il 21 maggio 2011 - promuove un corso biennale rivolto ad avvocati iscritti all’associazione con ilseguente programma:

EDITORIALE

I PRINCIPI GENERALI DEL DIRITTO DI FAMIGLIA E IL RUOLO DELL’AVVOCATORoma - Via Cavour 50

Programma del primo anno

I. Venerdì 21 febbraio (ore 15-19) Il processo camerale nel diritto di famigliaSabato 22 febbraio 2014 (ore 9-13)

II. Venerdì 28 marzo 2014 (ore 15-19) L’affidamento dei figliSabato 29 marzo 2014 (ore 9-13)

III. Venerdì 23 maggio (ore 15-19) Il processo di separazione e divorzioSabato 24 maggio 2014 (ore 9-13)

IV. Venerdì 27 giugno 2014 (ore 15-19) L’esecuzione e l’attuazione dei provvedimentiSabato 28 giugno 2014 (ore 9-13)

V. Venerdì 26 settembre 2014 (ore 15-19) Le obbligazioni di mantenimentoSabato 27 settembre 2014 (ore 9-13)

VI. Venerdì 24 ottobre (ore 15-19) La filiazioneSabato 25 ottobre 2014 (ore 9-13)

VII. Venerdì 21 novembre (ore 15-19) Trasferimenti e attribuzioni patrimonialiSabato 22 novembre 2014 (ore 9-13)

VIII. Venerdì 12 dicembre (ore 15-19) La mediazione familiareSabato 13 dicembre 2014 (ore 9-13)

Le modalità di partecipazione e di iscrizione verranno comunicate ai soci dell’Osservatorio

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STUDI E RICERCHE

MODALITÀDI DETERMINAZIONEE VERSAMENTODELL’ASSEGNODI MANTENIMENTOE DELLE SPESESTRAORDINARIE PERIL CONIUGE E PER I FIGLI.CONFRONTOGIURISPRUDENZIALEE PRASSI SUL DIRITTODI FAMIGLIA

DOTT. RICCARDO LEONETTI

GIUDICE DEL TRIBUNALE DI TRANI

MODALITÀ DI DETERMINAZIONE E VERSAMENTODELL’ASSEGNO DI MANTENIMENTO E DELLE SPESESTRAORDINARIE PER IL CONIUGE E PER I FIGLI1

Premessa. Dei due profili - personale e patrimoniale - in cui

è dato scomporre il regime convenzionale o giudi-ziale della separazione personale o del divorzio trai coniugi, quello solitamente oggetto di maggiore at-tenzione, anche da parte dei mezzi di informazionedi massa, è senz’altro il profilo dei rapporti perso-nali, più direttamente involgente diritti di rilievo co-stituzionale, in particolar modo in presenza di proleminore di età.

Tuttavia da qualche tempo, anche per via della ne-gativa situazione economica in cui versa il Paese, l’at-tenzione si va sempre più concentrando sugli aspettieconomici della crisi coniugale, oggetto di continuiinterventi della Suprema Corte e quotidiano terrenodi confronto nelle aule dei Tribunali di tutta Italia.

Le molteplici e variegate conseguenze della crisieconomica, infatti, non soltanto costituiscono circo-stanze sopravvenute che i coniugi obbligati al man-tenimento pretendono di far valere al fine di otte-nere una riduzione del loro impegno economico in

favore dei beneficiari, ma possono incidere anchesotto altri connessi profili: si pensi, ad esempio, alladelicata questione del contemperamento - in uncontesto caratterizzato da disoccupazione endemicada un lato e forme di lavoro precario e sottopagatodall’altro - tra l’interesse del figlio maggiorenne adessere mantenuto dai genitori sino al raggiungi-mento dell’indipendenza economica, e il contrappo-sto interesse di questi ultimi (spesso a loro volta indifficoltà economica ovvero impegnati a mantenerela nuova famiglia costituita dopo la crisi coniugale),a non essere gravati dal dovere di assistenza mate-riale in favore di soggetti ormai dotati di capacità la-vorativa, talora addirittura più dei genitori da cuivorrebbero continuare ad essere mantenuti.

Le principali e più dibattute questioni in tema dideterminazione e versamento dell’assegno di man-tenimento costituiranno, appunto, l’oggetto dellapresente relazione, che si sforzerà di tenere fede al-l’approccio suggerito dal titolo dell’incontro, ossiaquello strettamente pratico-operativo, attraverso laricognizione delle pratiche giudiziali e degli orien-tamenti della giurisprudenza in materia.

1. L’ASSEGNO ALLA PROLE MINORE D’ETÀ1.1 Generalità.

Con riferimento ai rapporti tra genitori e figli, lariforma del 2006 (L.8.2.06 n. 54) ha introdotto, per iprofili economici come per quelli personali, unaspecifica disciplina, che ha trovato collocazione al-l’interno delle disposizioni codicistiche in materiadi separazione, ma che è applicabile, per espressaprevisione dell’art.4 co.2 della legge di riforma, an-che in sede di divorzio, con susseguente implicitaabrogazione delle disposizioni in materia già conte-nute nella L.898/70.

Con specifico riguardo alla prole minorenne, la par-ticolare intensità dell’esigenza di protezione di talecategoria di soggetti deboli determina l’applicabilità,anche in punto di disciplina dei rapporti economici,di regole caratterizzate dalla presenza di penetrantipoteri officiosi del giudicante, sul presupposto del-l’inopportunità di una scelta che lasci la materia aldominio di principi tipicamente privatistici.

Tipica espressione di questo approccio è l’inap-plicabilità, al mantenimento della prole minorenne,del principio della domanda, potendo il giudice pre-vedere l’obbligo di mantenimento a prescindere daogni iniziativa di parte2.

Altro importante profilo pubblicistico in materia èl’ampliamento dei poteri istruttori esercitabili d’uf-ficio dal giudicante. Il fulcro di tali poteri è rinveni-bile nell’art.155 sexies cc, a mente del quale il giu-dice, prima di adottare i provvedimenti di cui al-l’art.155 cc, può disporre, anche d’ufficio, mezzi diprova (procedendo altresì all’ascolto del minore sedodicenne o infradodicenne capace di discerni-mento). È dubbio se tale potere officioso soggiaccia

ai generali limiti temporali previsti in via generaledall’art.183 co.7 cpc; dubbio che ad avviso di chiscrive va sciolto nel senso dell’inoperatività di ognitermine preclusivo (salvo il rispetto del contraddit-torio), considerati da un lato la superiore esigenzadi tutela della prole, dall’altro l’immanenza, in ma-teria, del principio tempus regit actum.

In concreto il giudicante, nell’esercizio dei suoipoteri istruttori, potrà, al fine di ricostruire la situa-zione economica del’obbligato: assumere prove te-stimoniali; esaminare le dichiarazioni reddituali egli altri documenti (la cui mancata produzione exart.5 co.9 L. divorzio costituisce argomento sfavore-vole di prova ai sensi e per gli effetti dell’art.116 cpc);interrogare liberamente i coniugi; ordinare ai co-niugi o a terzi esibizioni documentali (estratti conto,visure immobiliari, estratti conto, contratti di lavoroe di locazione, contratti di finanziamento, fatture,fotografie, bilanci ecc.); disporre informative pressoterzi (banche, enti previdenziali, uffici del registro)ex art. 213 c.p.c.; disporre indagini mediante di Fi-nanza3; disporre CTU; avvalersi di presunzioni, chein materia hanno grande rilevanza, specialmente incontesti sociali e territoriali in cui i redditi non di-chiarati (c.d. “in nero”) sono la regola4.

1.2 Rapporto tra mantenimento diretto ed assegnoperequativo.

La disciplina dei provvedimenti economici da as-sumere, riguardo ai figli minorenni, nei giudizi di se-parazione (e di divorzio) è tutta contenuta neicommi 2 e 4 dell’art.155 cc..

Tale disposizione afferma che spetta al giudicestabilire non soltanto la misura, ma anche il modoin cui ciascun genitore deve contribuire al mante-nimento della prole; che, salvi accordi liberamentesottoscritti dalle parti, ciascun genitore vi provvedein misura proporzionale al proprio reddito; e che,ove necessario al fine di realizzare il principio diproporzionalità, il giudice stabilisce un assegno pe-riodico, determinato sulla base di cinque criteri: 1)esigenze attuali del figlio; 2) tenore di vita da luiavuto durante la convivenza matrimoniale; 3)tempi di permanenza dello stesso presso ciascungenitore; 4) risorse economiche di ciascun genitore;5) valenza economica dei compiti domestici di cia-scun genitore5.

Tra breve verrà approfondito ciascuno dei suddetticriteri. Prima, però, occorre evidenziare il punto cri-tico della disciplina sopra descritta, costituito dalrapporto tra il mantenimento diretto e l’assegno de-terminato a titolo di contributo al mantenimento.

In proposito, dopo l’avvento nel 2006 dell’affida-mento condiviso come modalità elettiva di affida-mento della prole (in quanto maggiormente funzio-nale alla realizzazione del diritto indisponibile dellaprole alla c.d. bigenitorialità, ossia ad essere educatoe curato da entrambi i genitori attraverso una lorofrequentazione equilibrata sul piano qualitativo e/oquantitativo), si sarebbe portati a pensare che la mo-dalità normale ed esaustiva di assolvimento del-l’obbligo di mantenimento dei figli sia divenutaquella del mantenimento in via diretta degli stessida parte di ciascun coniuge.

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Così, tuttavia, non è: non soltanto perché conti-nua a ribadire nei suoi più recenti arresti6 che il giu-dicante conserva, anche in regime di affidamentocondiviso, un’ampia discrezionalità circa la misurae il modo di contribuzione al mantenimento daparte di entrambi (tanto da poter ritenere irrilevanteil fatto che per un certo tempo il figlio stia presso ilgenitore non collocatario, dando esclusivo rilievoagli altri criteri7); ma anche e soprattutto perché laprevisione del mantenimento diretto come formaesclusiva di mantenimento, con esclusione di ogniforma perequazione economica, postula due circo-stanze entrambe di rara verificazione: un’assolutaequivalenza dei redditi e delle sostanze dei coniugi;e, soprattutto, una sostanziale equivalenza deitempi di permanenza della prole presso ciascun ge-nitore.

Sotto quest’ultimo aspetto, invece, nella prassi sisuole cumulare alla previsione dell’affidamentocondiviso un regime di collocazione (eufemistica-mente qualificato come “prevalente”) marcata-mente squilibrato in favore di uno soltanto dei ge-nitori, di regola la madre, regime cui segue una di-sciplina del diritto di visita del genitore non collo-catario sovente consistente in una frequentazionelimitata a pochi giorni e poche ore settimanali, adalcuni giorni alternati nelle feste canoniche, e aduna o due settimane nel periodo estivo.

È chiaro che un simile assetto dei tempi di fre-quentazione finisce per influire in maniera decisivaanche sulla regolamentazione dei rapporti econo-

mici: nel senso che il genitore non collocatario, gra-vato da oneri minimi di mantenimento diretto deifigli pur affidati anche a lui, finisce per dovere com-pensare lo squilibrio in moneta sonante, in base alcriterio sopra indicato dei “tempi di permanenza”,ed avuto riguardo agli altri criteri di determinazionee, in particolare, del criterio proporzionale-reddi-tuale (Cass. 23411/09).

In altre parole, a causa del concreto atteggiarsidell’affidamento condiviso ciò che è regola (il man-tenimento diretto, salva integrazione per tenereconto della diversità di reddito) finisce per diventareeccezione, e comporta una monetizzazione, spessoneppure voluta, del gap di frequentazione dellaprole da parte dei due coniugi.

È bene intendersi: la sperequazione dei ruoli trovanumerose ed oggettive giustificazioni: l’esigenza chei figli siano radicati presso una sola abitazione ed ab-biano un unico centro d’interessi; la necessità, incaso di figli piccoli, di rispettare la loro fisiologica esi-genza di vicinanza alla madre. Ma, nei non rari casiin cui tali esigenze non sussistano o comunque nonsiano avvertite come stringenti da entrambi i coniugi(si pensi al caso di figli ormai adolescenti che ab-biano ormai metabolizzato la situazione di conflittotra i loro genitori), il coniuge penalizzato, di solito ilpadre, tende ad invocare un riequilibrio dei tempi difrequentazione della prole, in modo da attenuare ipropri obblighi perequativi, anche nel sospetto chel’altro coniuge possa utilizzare impropriamente ildanaro ricevuto per i bisogni dei figli8.

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1.3 Criteri legali di determinazione dell’assegno.Deve comunque prendersi atto del fatto che ad

oggi, nella pratica giudiziaria, il mantenimento di-retto non è praticamente mai considerato una mo-dalità esclusiva di contributo al mantenimento dellaprole, sostituendosi o comunque affiancandosi atale modalità la previsione di un assegno perequa-tivo a carico del soggetto non collocatario9; assegnoil diritto al quale è soggetto alla prescrizione quin-quennale di cui all’art. 2948 c.c. decorrente dalla sca-denza di ciascun rateo mensile10, e che ha natura so-stanzialmente alimentare, ciò valendo ad escluderela compensazione (artt.1246 n. 5 cc e 445 cc), conconseguente inefficacia di eventuali autoriduzionidell’assegno da parte dell’obbligato per tenere contodi propri controcrediti11.

Al fine di quantificare la misura dell’assegno dimantenimento, il principale criterio è costituitodalle risorse economiche di ciascun coniuge.

In proposito, è importante sottolineare che l’ob-bligo di contribuzione va stabilito autonomamentecon riguardo al rapporto tra ciascun genitore e laprole, senza possibilità di valutazione comparativatra i due coniugi.

Ciò comporta anzitutto che, se un coniuge hamaggiori possibilità economiche rispetto all’altro,non basta che contribuisca al mantenimento dellaprole paritariamente rispetto all’altro, trovando l’ob-bligo da cui è gravato il limite piuttosto nelle suepossibilità economiche, secondo il principio gene-rale espresso dall’art.148 c.c.; né esiste, secondol’opinione prevalente (solidamente basata sull’ine-quivoca formula della legge), una misura massimadi tale assegno, che va dunque tarato sulle possibi-lità economiche dell’obbligato, quali esse siano,senza che se ne possa disporre la riduzione sul ri-lievo, pur ragionevole, che un simile assegno sa-rebbe diseducativo perché troppo elevato12.

Ne consegue inoltre, con riguardo al coniuge conminori possibilità economiche, che il fatto che l’altroabbia maggiori risorse giova al figlio beneficiario, manon vale certo a sollevare il genitore meno dotato dal-l’obbligo di contribuire anch’egli al mantenimento delfiglio, in proporzione ovviamente alle sue risorse13.

In quest’ottica di completa indifferenza alla si-tuazione dell’altro coniuge, si comprende perché lagiurisprudenza abbia sempre considerato irrilevanti,ai fini della determinazione degli obblighi di un co-niuge verso la prole, tutte le vicende che compor-tino un risparmio di spesa per l’altro coniuge affi-datario (ess.: casa data in comodato da parente14;convivenza more uxorio con un compagno cheprovveda al mantenimento del figlio15).

Per motivi eguali e contrari, sono invece conside-rate rilevanti, in linea di principio, le circostanze esituazioni che incidano, in senso negativo o positivo,sulla situazione economica del coniuge obbligato. Siè pertanto affermata la rilevanza del sopravvenuto

obbligo di mantenimento di un figlio naturale con-cepito dall’obbligato fuori dal matrimonio16; cosìcome si è chiarito che la circostanza dell’ assegna-zione al coniuge affidatario della casa familiare inproprietà, esclusiva o comune, all’altro coniuge, in-cide senz’altro sulla determinazione dell’obbligo diquest’ultimo, in particolare risultando equo ridurrel’assegno di un importo corrispondente al valore lo-cativo della quota di immobile di proprietà dell’ob-bligato non assegnatario, sul presupposto che la da-zione in godimento costituisce modalità di (parziale)adempimento dell’obbligo di mantenimento17.

Quanto al concreto contenuto da assegnare al cri-terio in esame, la S.C. ha sempre adottato un’inter-pretazione estensiva, in quanto ha ritenuto, nono-stante il richiamo al solo “reddito” contenuto nell’in-cipit del comma 4 dell’art.155 cc, che rilevino a tal finenon soltanto i redditi (in un’ampia accezione, com-prensiva di tutti i flussi reddituali18 derivanti da la-voro autonomo o subordinato o da trattamenti pre-videnziali), ma anche il lavoro casalingo svolto dal co-niuge a beneficio dei figli (d’altra parte espressa-mente ritenuto suscettibile di valutazione economicadal n.5 della disposizione), le “sostanze” e ogni altrautilità. In quest’ampia accezione, rilevano dunque: ilvalore intrinseco degli immobili in proprietà, anchese improduttivi, purchè suscettibili di essere impie-gati direttamente o convertiti19; le quote di parteci-pazione sociale; gli utili derivanti dall’investimentodi capitali; il capitale derivante dalla vendita di beni20;le rendite Inail21; i proventi di qualsiasi natura22.

La S.C. ha inoltre chiarito che il parametro di ri-ferimento è costituito non soltanto dai redditi edalle sostanze dell’obbligato, ma anche dall’astrattacapacità lavorativa del medesimo, tenuto a metterlaa frutto al fine di reperire mezzi di sostentamentonon solo per sé ma anche per i propri figli minori23.Ne deriva che neppure lo stato di disoccupazione (amaggior ragione se volontaria o addirittura preordi-nata a sottrarsi agli obblighi di mantenimento) ri-leva al fine della soppressione del contributo almantenimento, salva ovviamente l’incidenza sullaquantificazione del contributo, ove la mancanza dioccupazione sia incolpevole; a meno che l’obbligatoriesca a superare la presunzione iuris tantum di ca-pacità di occuparsi, dimostrando le ragioni per cuinon riesce a trovare utile impiego (es. una malattia).

Nella prassi giudiziaria, i predetti principi hannoportato i Tribunali italiani ad individuare un asse-gno minimo (normalmente di importo inferiore ai €200,00 mensili per ciascun figlio, tanto più nei casi incui vi siano più figli da mantenere) da porre a caricodel genitore obbligato a prescindere da ogni provacirca la sua capacità reddituale; anche se la giuri-sprudenza di legittimità ha di recente ribadito che,in conformità con il principio di assoluta discrezio-nalità del giudice nel determinare modo e misuradel mantenimento, ben può statuirsi che il genitore

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non collocatario assolva l’obbligo di mantenimentoesclusivamente ospitando e mantenendo i figli inoccasione delle loro visite, laddove le sue condizioninon gli permettano altro contributo24.

Altro criterio di riferimento per la determinazionedell’assegno di mantenimento è quello delle esi-genze attuali (alimentari, ma anche abitative, scola-stiche, sportive, sanitarie, sociali, di assistenza mo-rale e materiale) della prole beneficiaria.

Il fatto che il legislatore faccia espresso riferi-mento alle sole esigenze “attuali” dei figli porta lamaggioranza degli interpreti ad escludere la possi-bilità che possano considerarsi, a fini di quantifica-zione dell’assegno, anche le esigenze future dellaprole25. Peraltro l’aumento dei bisogni del figlio, nonsuscettibile di considerazione in sede di prima de-terminazione dell’assegno, può sempre essere por-tato all’attenzione del giudicante ai sensi del-l’art.155 ter cc mediante istanza di modifica dellecondizioni di separazione o di divorzio; ed in talesede non può che presumersi, in mancanza di ele-menti di segno contrario, che la crescita dei figli (edin particolare il passaggio del minore alla fase del-l’adolescenza) comporti, per via della maggiore ten-denza alla socializzazione, unita all’ancora assolutaimpossibilità di procacciarsi da sé forme di autono-mia economica, maggiori bisogni economici26.

Quanto infine al criterio secondo cui l’assegnodeve garantire alla prole il mantenimento del me-desimo tenore di vita cui era abituato nel periodo diconvivenza con entrambi i coniugi, esso non costi-tuisce un criterio assoluto, giacchè va contemperatocon gli altri criteri e, in particolare, con quello delreddito dei genitori: nel senso che il tenore di vitaanteatto va sì conservato, ma nei limiti di quantoconsentito dai redditi dei coniugi, tenuto ancheconto che, con la separazione, si produce normal-mente, come effetto del venir meno dell’organizza-zione domestica comune, un aumento delle spesesopportate da ciascun coniuge27.

Nei suddetti limiti, peraltro, il criterio in discorsova parametrato alle potenzialità economiche dei ge-nitori nel periodo di convivenza, sicchè deve tenereconto dei prevedibili sviluppi futuri delle condizionieconomiche di ciascuno di essi28.

1.4 Gli accordi delle parti sul mantenimento dellaprole.

La facoltà - sovente utilizzata dalle parti - di ac-cordarsi sulle condizioni della loro separazione per-sonale impone di esaminare la disciplina di tali ac-cordi e i limiti cui essi soggiacciono.

In proposito l’art.155, mentre in tema di accordisui profili personali dispone che il giudice “neprende atto se non contrari all’interesse dei figli”, intema di accordi sul mantenimento dei figli minori,al co.4, parla di “accordi diversi liberamente sotto-scritti dalle parti”.

Non può ritenersi tuttavia, alla luce degli interessipubblicistici ravvisabili in materia di mantenimentodella prole, che la libertà negoziale dei coniugi sia as-soluta. Così si è anzitutto escluso che la convenzionedi separazione possa spingersi al punto di porre ilmantenimento dei figli (e/o le spese straordinarie)interamente a carico di uno dei coniugi, in modo daliberare da ogni peso l’altro coniuge a prescinderedalle sue condizioni economiche, rilevandosi in pro-posito che il diritto ad essere mantenuti da un geni-tore è un diritto di credito esercitato dall’altro geni-tore iure proprio ma nell’interesse esclusivo del figliobeneficiario, sicchè non se può disporre, tanto menoin contrasto con l’interesse del minore29; salvo, se-condo un’opinione, il caso limite del coniuge impos-sibilitato alla contribuzione, nel qual caso l’esen-zione si atteggerebbe come condizione sospensivadell’obbligo di mantenimento sino al perdurare dellasituazione di impossibilità contributiva.

Analoghe ragioni portano a ritenere invalidi, percontrasto con l’interesse della prole e con il princi-pio di proporzionalità funzionale a tale interesse, gliaccordi volti a fissare un termine finale all’obbliga-zione di mantenimento del figlio, nonché quelli voltia stabilire un versamento una tantum satisfattivo deldiritto della prole ad essere mantenuta.

A diverse conclusioni deve pervenirsi in ordine allaquestione della validità dei patti con cui si attribui-scano ai figli (o ci si impegni ad attribuire) diritti realiimmobiliari a soddisfacimento dell’obbligo di man-tenimento. Infatti la giurisprudenza, inizialmenteorientata in senso negativo30 in considerazione delsilenzio serbato dalla legge sul punto e della naturaindisponibile del diritto al mantenimento, in tempipiù recenti ha modificato la propria posizione, rite-nendo valida ed efficace, in linea di principio, un ac-cordo volto alla liquidazione una tantum del credito atitolo di mantenimento31; con la precisazione che unsiffatto accordo, non potendo porsi in contrasto conil principio di proporzionalità espresso dall’art.148cc, viene concluso con l’implicita clausola rebus sicstantibus e, dunque, non impedisce al genitore collo-catario, in caso di modifica della situazione di fattoesistente al momento dell’accordo, di chiedere ed ot-tenere, in aggiunta al trasferimento immobiliare giàoperato, la previsione di un assegno a titolo di con-tributo al mantenimento del figlio32.

Siffatti accordi, aventi natura contrattuale e causasolutorio-compensativa33, devono avere, anche at-traverso il loro recepimento nel verbale di udienza(avente natura di atto pubblico ai sensi dell’art.126cpc) la forma scritta prescritta dalla legge per gli ac-cordi di separazione (l’art.155 cc parla di accordi“sottoscritti”) e, più in generale per i trasferimentiimmobiliari.

Controverso è, peraltro, se tali accordi possanoavere direttamente effetti reali o se, invece, debbanolimitarsi a sancire l’impegno della parte ad operare

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il trasferimento del diritto immobiliare attraverso unsuccessivo atto dotato dei requisiti di legge. A frontedi un orientamento favorevole alla prima tesi34,tende a consolidarsi un contrario orientamento re-strittivo, giustificato anche dalla difficoltà pratica peril giudicante, privo dei necessari mezzi organizzativi,di procedere ai controlli formali richiesti per tale tipodi negozi (verifica della titolarità del diritto oggettodel trasferimento, verifica dell’esistenza della con-cessione edilizia o in sanatoria prevista a pena dinullità dall’art.40 L.47/85, ecc.)35.

1.5 La decorrenza, l’adeguamento Istat, gli assegnifamiliari.

L’assegno di mantenimento della prole decorredal momento della domanda (e quindi dal momentodel deposito del ricorso introduttivo del giudizio), enon già dalla data del provvedimento, provvisorio odefinitivo, con cui esso viene determinato, stante ilprincipio generale secondo il quale il tempo occor-rente per far valere il diritto non deve pregiudicareil suo titolare, principio ribadito in tema di alimentidall’art. 445 c.c.36; a condizione, però, che in quelmomento già sussistessero i presupposti per la na-scita del diritto, altrimenti l’assegno decorrerà dalmomento del verificarsi di essi.

Il tema della decorrenza dell’assegno di manteni-mento della prole trova un elemento di complica-zione nel fatto che spesso l’assegno determinato insentenza è diverso, in senso ampliativo o al contra-rio riduttivo, rispetto a quello provvisoriamente fis-

sato dal Presidente all’esito dell’udienza di compa-rizione dei coniugi innanzi a lui, sicchè si pone unproblema di disciplina della successione tra i duetrattamenti economici.

In proposito, se la sentenza determina una varia-zione in peius dell’assegno stabilito in sede presi-denziale, il suddetto principio di retroattività dellastatuizione giudiziale al momento della domanda vacontemperato con il carattere sostanzialmente ali-mentare dell’assegno di mantenimento37, e quindicon il relativo regime di irripetibilità, impignorabilitàe non compensabilità di tali prestazioni; da ciò de-rivando che chi abbia già ricevuto, per ogni singoloperiodo, le maggiori prestazioni previste in sede in-terinale non può essere costretta a restituirle, tantomeno se esigue e dunque verosimilmente utilizzateper vivere38, né può vedersele opporre in compensa-zione; mentre il soggetto obbligato che non abbia an-cora corrisposto l’assegno non è più tenuto a farloladdove intervenga una sentenza che fa venir menoil relativo obbligo39, e ciò con effetto dal momentodi passaggio in giudicato della pronuncia40.

L’obbligo, da parte di chi è tenuto a versare l’asse-gno di mantenimento, di rivalutare il relativo im-porto sulla base degli indici elaborati dall’Istat, èprevisto espressamente dall’art.155 co.5 cc, comenovellato dalla riforma del 2006, e dunque opera exlege a prescindere da ogni previsione giudiziale o ne-goziale in tal senso. Trattandosi di disposizione in-derogabile, il giudice o le parti non possono esclu-dere la rivalutazione (a differenza di quanto previsto

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per i rapporti tra coniugi in sede di divorzio, dove ilgiudice può escludere l’aggiornamento, con provve-dimento motivato, in caso di palese iniquità: art.5co.7 L. divorzio), mentre possono scegliere parame-tri di rivalutazione diversi da quelli Istat (ad esem-pio stabilire un adeguamento proporzionato agli in-crementi del reddito dell’obbligato), purchè essi nondiano risultati inferiori a quelli scaturenti dall’ap-plicazione dell’Istat.

Quanto infine agli assegni familiari, l’art. 211L.151/75, applicabile per analogia anche al divorzio,prevede che il coniuge affidatario, in aggiunta al-l’assegno di mantenimento e al rimborso pro quotadelle spese straordinarie41, abbia anche il diritto dipercepire gli assegni familiari (o gli analoghi tratta-menti per il nucleo familiare) spettanti a lui o all’al-tro coniuge.

Nella vigenza del nuovo principio di affidamentocondiviso, l’opinione prevalente ritiene che il riferi-mento all’affidatario debba ora essere inteso comeriferimento al coniuge presso cui la prole è collocatain via prevalente, mentre di minore consenso godela tesi secondo cui, nel caso ordinario di affida-mento condiviso, gli assegni andrebbero divisi ametà tra i due genitori.

2. L’ASSEGNO ALLA PROLE MAGGIORE D’ETÀ2.1. Generalità.

In pendenza del giudizio di separazione personale(o di divorzio), i rapporti economici tra genitori e fi-gli maggiori d’età trovano specifica disciplina nel-

l’art.155 quinquies cc, che prevede la possibilità di di-sporre in favore dei figli maggiorenni, ove non indi-pendenti economicamente, un assegno periodico,da versare, salva diversa determinazione del giudi-cante, direttamente al beneficiario.

Un primo elemento di diversità rispetto all’asse-gno in favore della prole minorenne è costituito,dunque, dal fatto che non è prevista la possibilità didisporre il mantenimento diretto, prevedendosi sol-tanto quella di un contributo in danaro (coerente-mente, del resto, con la mancanza, per i figli mag-giori d’età, di un regime di affidamento, collocazionee visita).

Altro più generale profilo di diversità tra i due re-gimi attiene, poi, alla minore presenza, nella disci-plina qui in esame, di deviazioni dai principi priva-tistici. Esemplare è, in proposito, la questione del-l’applicabilità, alle istanze di mantenimento dellaprole maggiorenne non autonoma, del principiodella domanda; questione che, inizialmente risoltain senso negativo, sul presupposto della sostanzialeassimilabilità - quanto ad esigenze protettive - delledue categorie di figli42, sembra essere ormai statadefinitivamente decisa dalla S.C. nel senso della ri-gida applicazione delle preclusioni di rito per la pro-posizione di domande giudiziali43.

2.2. La legittimazione ad agire e il soggetto desti-natario del pagamento.

Dunque, al fine di far valere il diritto della prolemaggiorenne al mantenimento, occorre un’espressa

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domanda, proposta nei tempi e nei modi richiestidal rito vigente.

Legittimato a proporla è anzitutto lo stesso figliointeressato, mediante intervento autonomo nel-l’ambito del giudizio di separazione personale o didivorzio pendente tra i suoi genitori, sussistendo intal caso una connessione tra domande tale da giu-stificare il simultaneus processus44.

Dalla stessa formulazione dell’art.155 quinquies,peraltro, si evince la sussistenza di una legittima-zione, concorrente con la prima, del genitore convi-vente con l’avente diritto45; legittimazione che, di-pendendo dal diritto sostanziale del figlio, cessa sequest’ultimo interviene in giudizio per abdicare alsuo diritto46.

Il tema della legittimazione ad agire si intrecciacon altro tema, di natura sostanziale, riguardantel’individuazione del soggetto cui deve essere mate-rialmente corrisposto l’assegno, e regolato dal-l’art.155 quinquies cc, nella parte in cui dispone chel’assegno è versato direttamente all’avente diritto,salvo diversa determinazione del giudice, che puòquindi decidere di individuare, come destinatariomateriale del versamento, nell’interesse dell’aventediritto, altro soggetto (il genitore con lui convivente,ovvero il soggetto terzo già affidatario o collocata-rio del figlio)47.

È dunque il giudice a scegliere discrezionalmentechi debba essere il destinatario del versamento del-l’assegno, con la conseguenza che soltanto l’osser-vanza di quanto disposto giudizialmente sul puntolibera il debitore48, salva l’applicazione dei principidi cui all’art. 1188 cc; e fermo restando che, se è il fi-glio ad avere agito, può dubitarsi che ricorrano i pre-supposti, anche solo di opportunità, per derogarealla regola del versamento diretto all’avente diritto.

D’altra parte, malgrado la legge consideri eccezio-nale l’ipotesi di versamento a soggetto diverso dal-l’avente diritto, la pratica giudiziale in tanto ritienegiustificata la previsione del pagamento diretto al-l’avente diritto in quanto sia dato presumere che èil figlio stesso a sostenere direttamente le spese peril suo mantenimento (ad esempio perché studia inun’altra città, pur continuando ad avere un rapportoprivilegiato di coabitazione, al suo rientro, presso ilgenitore ex collocatario49), in caso contrario optandoper l’opposta soluzione di individuare come desti-natario del versamento altro soggetto, e cioè quasisempre il coniuge presso cui il figlio convive, e checontinua a sopportare i costi di mantenimento dellostesso.

Deve peraltro osservarsi che il favor legislativo peril pagamento diretto trova altra importante ragioned’essere anche nell’esigenza di incoraggiare l’adem-pimento da parte dell’obbligato, superando il suo ti-more che l’assegno, ove versato nelle mani dell’altroconiuge, possa non essere utilizzato interamenteper i bisogni della prole.

2.3. La “non indipendenza economica”.La sintetica locuzione “non indipendenza econo-

mica”, utilizzata dal legislatore per individuare acontrario il termine finale del diritto al manteni-mento, è stata oggetto, negli ultimi tempi, di nume-rosissimi arresti giurisprudenziali, finendo per di-ventare uno dei profili maggiormente dibattuti dellamateria.

In linea generale, la S.C. nega che il raggiungi-mento della maggiore età, in sé considerato, sia suf-ficiente ad escludere o a far cessare l’obbligo dei ge-nitori di mantenimento50, giacchè il diritto del figlio,anche se maggiorenne, permane sino all’interventodi una delle seguenti circostanze: a) il raggiungi-mento dell’indipendenza economica; b) l’avvia-mento ad un lavoro con serie e concrete prospettivedi indipendenza economica; c) il mancato raggiun-gimento dei suddetti obiettivi per colpevole inerziadel figlio, che pure era stato posto nelle concretecondizioni per poterli raggiungere; precisandosi, aquest’ultimo riguardo, che non può considerarsi incolpa il figlio che, ancorchè privo di redditi, abbia ri-fiutato un’occupazione non adeguata alla sua pre-parazione, alle sue attitudini e ai suoi interessi, al-meno finchè le sue aspirazioni abbiano ragionevolepossibilità di realizzazione, e sempre che esse sianocompatibili con i bisogni della famiglia51.

Sul piano probatorio, la S.C. è costante nell’affer-mare che spetta all’obbligato dimostrare il raggiun-gimento dell’indipendenza economica o la colpe-vole inerzia da parte del beneficiario52. Specie conriguardo a quest’ultima circostanza, difficilmentesuscettibile di prova diretta, particolare rilevanza hail ricorso alle presunzioni. In particolare nella prassigiudiziaria, pur condividendosi l’impossibilità di fis-sare a priori un’età massima oltre la quale vienemeno il diritto del maggiorenne all’assegno, si suolefare riferimento ad una soglia d’età, solitamente in-torno ai trenta anni, il cui superamento fa presu-mere l’autonomia economica o comunque l’ingiu-stificata inerzia nel tentare di conseguirla, salvaprova contraria, da parte del beneficiario, del giusti-ficato mancato raggiungimento di tale obiettivo.

In altre parole, il raggiungimento e superamentodei trent’anni di età, la mancanza di qualsivoglia pa-tologia invalidante e la mancata allegazione e provadel perdurante impegno in attività di studio e di for-mazione professionale fanno ritenere dimostrata, inbase ad una presunzione iuris tantum suscettibile diprova contraria, l’ingiustificata inerzia del figlio neltentare di raggiungere l’indipendenza economica,attraverso la ricerca di un’occupazione di qualun-que tipo, in modo da non gravare all’infinito sui ge-nitori; mentre per converso deve riconoscersi an-cora un diritto al mantenimento nei casi in cui, purnon essendovi prova della non indipendenza eco-nomica, la giovane età del figlio sia tale da far pre-sumere che egli, quand’anche non più impegnato

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negli studi, non abbia ancora avuto serie occasionilavorative53.

È pacifico in giurisprudenza, poi, che, una voltaacquisita l’autosufficienza economica, il diritto almantenimento viene definitivamente meno54, néesso è suscettibile di riacquisto in caso di perditadell’indipendenza, in tal caso potendo soltanto con-figurarsi, in presenza dei relativi presupposti, un di-ritto agli alimenti55.

In materia, il punctum pruriens è costituito, nellaprassi, dalle situazioni, sempre più frequenti nellasituazione in cui versa attualmente il mercato dellavoro, in cui il figlio abbia forme di retribuzione in-sufficienti e/o intrattenga rapporti di lavoro precario(part-time, a termine, a progetto, di formazione, sta-gionale ecc). Sebbene l’eterogeneità delle suddettesituazioni imponga di valutare di volta in volta l’ido-neità dell’attività svolta a rendere il figlio economi-camente indipendente, può affermarsi, in linea diprincipio, che nei casi di rapporto precario l’assegno,almeno inizialmente, non va soppresso né so-speso56, ma piuttosto ridotto, salva la sua totale eli-minazione (o al più la sua conversione in altra formadi utilità, quale l’ospitalità nella casa coniugale ol’assunzione diretta di specifici oneri) laddove il rap-porto, pur formalmente precario, sia poi di fatto ri-masto stabile per un lasso di tempo apprezzabile,generalmente individuato in almeno un anno.

Le soluzioni adottate dalla giurisprudenza inpunto di prova della raggiunta indipendenza eco-nomica sono comunque improntate alla massimacautela, al fine di evitare pericolosi vuoti di tutela.

Così la circostanza che il maggiorenne viva sta-bilmente in altro luogo per ragioni di studio o di for-mazione non è ritenuta decisiva, di per sé, al fine diescludere il suo diritto al mantenimento, purchè egliconservi un rapporto privilegiato di coabitazionecon il genitore ex collocatario, nel senso che egli, alritorno in città, dimori abitualmente presso l’abita-zione di quest’ultimo.

Del pari il matrimonio del figlio maggiorenne, senormalmente comporta il venir meno di ogni ob-bligo di mantenimento da parte della famiglia d’ori-gine, non vale a dimostrare la raggiunta indipen-denza economica nel caso in cui alla celebrazionedelle nozze non sia seguita la costituzione di unanuova entità familiare autonoma e finanziaria-mente indipendente, per essere anche il coniugenon autosufficiente sul piano economico57.

3. LE SPESE STRAORDINARIELe “spese straordinarie” sono definibili in negativo

rispetto all’assegno di mantenimento: si tratta in-fatti di quelle spese che, per definizione, non sonoprevedibili a priori nell’an e nel quantum, ma sol-tanto al momento in cui l’esborso è effettivamentesostenuto; con la conseguenza che il loro importonon può essere inglobato ex ante nella misura del-

l’assegno di mantenimento (a pena di determinare,in modo del tutto aleatorio, ingiusti vantaggi o svan-taggi per l’obbligato, a seconda della causale verifi-cazione dei presupposti di tali spese, con pregiudi-zio per la prole, oltre che violazione dei principi diproporzionalità ed adeguatezza del contributo58),ma fa piuttosto sorgere in capo al genitore non col-locatario un obbligo di rimborso in favore dell’altroconiuge, che le ha sostenute, in aggiunta all’assegnodi mantenimento, quale ulteriore “modo” di contri-buire al mantenimento dei figli (art.155 cc); obbligonormalmente consacrato, con le formule più varie,nei provvedimenti giudiziali adottati nel corso deigiudizi di separazione e divorzio.

Va subito osservato, peraltro, che tali spese nonsono identificabili nelle decisioni di maggiore inte-resse che i coniugi devono prendere “di comune ac-cordo” ai sensi dell’art.155 cc, posto che decisioni dimassimo interesse per la prole possono non com-portare spese (si pensi ad un delicato intervento chi-rurgico coperto dal S.S.N.); e per converso ingentispese straordinarie possono derivare da decisioni discarso peso (es. il corredo scolastico). Ciò comportache il coniuge collocatario ben può compiere, senzanecessità di acquisire il consenso dell’altro, spesestraordinarie di notevole entità, almeno finchè nonattengano a decisioni “di maggiore interesse”59; enella realtà non è raro il caso del coniuge che, in unasituazione di elevata conflittualità con l’altro, abusidella situazione, sostenendo ingenti spese straordi-narie senza neppure comunicarle all’altro coniuge,per poi chiedere a quest’ultimo il rimborso dellaquota di spettanza di tali spese, in aggiunta all’as-segno di mantenimento.

Da qui il sorgere, nella pratica quotidiana, di uncorposo contenzioso (d.i., precetti, opposizioni), cheporta ad approfondire due questioni, tra loro inti-mamente connesse: quali siano gli accorgimentiadottati, nella concreta regolamentazione dei rap-porti economici tra genitori e figli, per evitare o co-munque ridurre i rischi di abuso sopra descritti; equali siano, nel caso in cui nonostante ogni accorgi-mento sorga una lite in materia, i profili esecutividella pretesa di rimborso delle spese straordinariesostenute per la prole.

Con riguardo all’esigenza di predefinire le speserientranti nella categoria delle spese straordinarie,in modo da evitare abusi, la prassi dei Tribunali ita-liani è estremamente variegata: vi è chi elenca ana-liticamente le spese straordinarie rimborsabili se-paratamente, magari recependo nel provvedimentoun protocollo d’intesa; chi indica una soglia minimadi ciascuna singola spesa oltre la quale quest’ul-tima, purchè imprevedibile, è da considerare ag-giuntiva rispetto ai costi ordinari di organizzazionefamiliare già presuntivamente considerati nel fis-sare l’assegno di mantenimento; chi prevede unasoglia massima delle spese straordinarie in rapporto

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al reddito dell’obbligato; chi, infine, sceglie di omet-tere qualsiasi riferimento alle spese straordinarie.

Poiché peraltro la regolamentazione giudizialedelle spese straordinarie, per quanto accurata, nonriesce ad evitare il frequente ricorso al giudice, è im-portante anche accennare ai profili esecutivi dellamateria.

Fino al 2008, la giurisprudenza era ferma nel rite-nere necessario che il coniuge, una volta sostenutala spesa straordinaria, non potesse agire esecutiva-mente nei confronti dell’altro coniuge per il rim-borso della quota a suo carico, ma dovesse preven-tivamente adire il giudice della cognizione ai finidella formazione di tanti titoli giudiziali quanteerano le spese straordinarie via via sostenute60.

In tempi più recenti, tuttavia, la S.C.61, condivi-dendo le aperture di alcuni Tribunali62, ha ritenuto,per intuibili ragioni di effettività della tutela e dieconomia processuale, che, laddove il provvedi-mento giudiziale (o l’accordo omologato) prevedaespressamente l’obbligo di un coniuge di contribuirepro quota al pagamento delle spese mediche e sco-lastiche necessarie per i figli (e quindi di rimborsaretale quota all’altro coniuge che le abbia sostenuteper l’intero), esso non richiede un’ulteriore attivitàdi formazione di un titolo esecutivo, costituendoesso stesso titolo giudiziale idoneo per far eseguirecoattivamente l’obbligo di rimborso, tenuto contoche tali categorie di spese sono prevedibili e certenell’an sin dall’origine (tanto che neppure possonoqualificarsi come straordinarie stricto sensu, essendo

al contrario normali su di un piano statistico), men-tre il quantum, inizialmente incerto, ben può esseredeterminato sulla base della documentazione rila-sciata (es. dal S.S.N.) al momento dell’esborso, chedeve intendersi implicitamente richiamata dal ti-tolo.

Ciò non priverebbe comunque di tutela, ad avvisodella S.C., il coniuge obbligato, il quale ben potrebbecontestare il diritto della controparte ex post, in sededi opposizione all’esecuzione (preventiva o succes-siva), a tal fine deducendo che la spesa non puòconsiderarsi necessaria, o contestando la verifica-zione dell’esborso, o deducendo la violazione del do-vere di concordare la spesa in quanto spesa di mag-gior interesse, e così via.

Nel diverso caso di previsione, nel titolo, di rim-borso pro quota di spese senza altra specificazione, laparte interessata non potrebbe evitare invece l’in-tervento del giudice della cognizione, necessario peraccertare l’effettiva sopravvenienza degli specificiesborsi richiesti, in quanto relativi ad eventi il cuiaccadimento risulta oggettivamente incerto e che,quindi, non sono desumibili dal titolo medesimo.

In concreto dunque, nel sistema venutosi a crearea seguito della pronuncia in commento, il coniuge,una volta eseguito l’esborso straordinario medico oscolastico, dovrebbe avanzare all’altro richiesta dirimborso della quota e, in mancanza di pagamento,notificare il precetto e procedere esecutivamente. Incaso di opposizione, il procedente avrebbe poil’onere di provare il suo diritto mediante produzione

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di documenti formatisi successivamente al titoloazionato ma ritenuti già parte integrante dellostesso.

Sebbene le finalità pratiche del suddetto approc-cio ermeneutico siano assolutamente condivisibili,esso appare francamente un po’ troppo sbilanciatoin favore del coniuge che richiede il rimborso. Infattida un lato esso sembra porsi in tensione con il con-solidato principio secondo cui il titolo esecutivo nonè suscettibile di integrazione extratestuale, salvoche i dati integrativi, non contenuti nel titolo, sianogià stati ritualmente acquisiti nel processo in cui iltitolo stesso si è formato63; dall’altro lato la solu-zione della Cassazione pone al coniuge obbligato, incaso di mancata o incompleta documentazione de-gli esborsi, e di dubbi circa l’effettiva riconducibilitàdegli stessi alle spese suscettibili di rimborso, l’al-ternativa tra il soddisfare fideisticamente la richie-sta, ovvero proporre opposizione al fine di far sor-gere in capo all’altro l’onere di dimostrare il suo di-ritto attraverso un’adeguata produzione documen-tale; con il rischio, in quest’ultimo caso, di pagarecon la condanna alle spese di lite la propria legit-tima esigenza di esaminare le pezze d’appoggio del-l’altro.

4. L’ASSEGNO C.D. DIVORZILE4.1 Generalità.

Mentre il regime dell’assegno in favore della proleè ormai unico per la separazione e per il divorzio,stante l’espressa previsione di applicabilità degli

artt.155 ss. cc anche al giudizio divorzile, il regimedei rapporti patrimoniali tra coniugi si presenta an-cora distinto nei due ambiti, e ciò in quanto in ma-teria di separazione opera l’art.156 cc, mentre in ma-teria di divorzio opera l’art.5 co.6 L. divorzio; dispo-sizioni che, pur delineando istituti in qualche mi-sura omogenei (si pensi ad es. all’assoggettamentodi entrambi gli assegni al principio della domanda),presentano anche rilevanti profili di diversità, aventila loro ragion d’essere nelle differenze tra gli istitutisostanziali cui si riferiscono.

Tra i due regimi, è quello dell’assegno divorzile ilregime generalmente riconosciuto come più pro-blematico. La materia è regolata dall’art.5 co.6 L. di-vorzio, secondo il quale il giudice stabilisce l’obbligodi un coniuge di somministrare un assegno perio-dico all’altro64 sulla base dei seguenti criteri: a)“quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comun-que non può procurarseli per ragioni oggettive”; b) ...“te-nuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni delladecisione, del contributo personale ed economico dato daciascuno alla conduzione familiare e alla formazione delpatrimonio di ciascuno o o di quello comune, del reddito dientrambi; e valutati tutti questi elementi anche in rap-porto alla durata del matrimonio”.

Siffatta disciplina ha apportato sostanziali novitàrispetto a quella previgente. Infatti nel precedentesistema si riteneva che l’assegno di divorzio avessenatura composita, nel senso che tutti e tre i criteriassistenziale (riguardante l’adeguatezza dei mezzie le rispettive condizioni dei coniugi), compensativo

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(riguardante il contributo personale di ciascun co-niuge al ménage domestico e alla formazione del pa-trimonio comune o individuale) e risarcitorio (ri-guardante le ragioni della decisione) concorresseroalla determinazione, prima ancora del quantum, del-l’an debeatur.

Con la nuova inequivoca formulazione, invece,l’assegno divorzile ha acquistato natura essenzial-mente assistenziale, essendo fondato sull’esigenza- in caso di inadeguatezza dei mezzi di un coniuge- che l’altro assicuri la sua solidarietà post-coniu-gale, e ciò a prescindere dal tempo trascorso dallaseparazione65); sicchè soltanto il parametro del-l’adeguatezza dei mezzi del coniuge istante rileva aifini dell’accertamento dell’an dell’assegno, mentregli altri parametri, afferenti ancora al profilo assi-stenziale ma anche e soprattutto a quelli compen-sativo e risarcitorio, incidono soltanto sul pianodella concreta quantificazione di tale assegno.

Coerentemente con tale nuova impostazionedommatica, la S.C., a partire da una pronuncia a se-zioni unite del 199066 ha affermato che la determi-nazione dell’assegno divorzile va compiuta sullabase di due indagini, tra loro logicamente distinte:una prima, relativa all’an, che è volta a verificare ilpresupposto per la somministrazione dell’assegno,ossia l’inadeguatezza dei mezzi dell’istante a con-servare il tenore di vita anteatto; una seconda, rela-tiva al quantum, e logicamente successiva alla primaperché da compiere soltanto in caso di esito posi-tivo della stessa, che è invece volta a stabilire la mi-sura dell’assegno astrattamente riconoscibile (salvi,in casi estremi, il suo assoluto azzeramento) attra-verso l’applicazione, all’accertata misura dell’ina-deguatezza dei redditi del coniuge, costituente lamisura massima dell’assegno divorzile, dei fattori diriduzione derivanti dai criteri enunciati dalla legge,ferma peraltro la discrezionalità del giudicante dinon applicare uno o più di tali ultimi criteri67.

4.2 Rapporti tra assegno divorzile e regime econo-mico della separazione.

La specificità della natura e dei presupposti del-l’assegno divorzile, nel distinguerlo dall’assegno dimantenimento del coniuge separato, comporta chele precedenti determinazioni, giudiziali o conven-zionali, in ordine all’assegno di separazione, nonpossano vincolare il giudice del divorzio68, il qualequindi potrà riconoscere l’assegno divorzile anchein presenza di assegno di separazione determinatouna tantum69, ovvero in caso di domanda di assegnodi separazione non proposta, o rigettata, o sullaquale il giudice abbia omesso di pronunciarsi70; cosìcome ben potrà riconoscere l’assegno divorzile inmisura superiore a quello della separazione71.

Ciò non significa, tuttavia, che le vicende dell’as-segno di separazione siano del tutto irrilevanti. An-zitutto, infatti, in sede di provvedimenti provvisori

assunti all’esito dell’udienza presidenziale è assaifrequente, nella prassi, il caso di conferma in blocco,anche per i rapporti economici, del regime della se-parazione personale; il che trova solida giustifica-zione nell’opportunità, in un’ottica di cautela, dinon sconvolgere gli equilibri consolidatisi per effettodi quel regime, tanto più se essi derivano da accorditra le parti; salvo, ovviamente, il caso in cui siano al-legate e provate, già in quella sede di sommaria va-lutazione, modificazioni della situazione di fattocosì rilevanti da imporre l’immediata revisione dellestatuizioni della separazione.

Inoltre, e soprattutto, le vicende che nel corso delgiudizio di separazione hanno interessato i rapportipatrimoniali tra i coniugi assurgono ad elementi divalutazione, talora decisivi, da cui prendere lemosse per determinare in concreto l’assegno divor-zile. Così, la mancata proposizione della domandadi mantenimento in sede di separazione, ovvero laconclusione di una convenzione di separazione chenon preveda alcun assegno in favore del coniuge,sono circostanze significative della convinzionedello stesso di poter continuare a tenere, già con ipropri mezzi, un tenore di vita analogo a quello dicui ha goduto durante la convivenza matrimoniale72.Del pari, l’assetto economico relativo alla separa-zione costituisce un importante indice di riferi-mento nella regolazione del regime patrimoniale deldivorzio, nella misura in cui possa fornire elementiutili per la valutazione delle condizioni dei coniugie dell’entità dei loro redditi73.

4.3 Il criterio dell’adeguatezza dei mezzi di so-stentamento e dell’impossibilità oggettiva di pro-curarseli da sè.

Dunque il giudicante deve verificare se i mezzi delconiuge (redditi, sostanze e ogni altra utilità) sianosufficienti a consentirgli di mantenere il tenore divita avuto in costanza di matrimonio e, in caso ne-gativo, deve verificare l’entità dell’inadeguatezza, laquale, in mancanza di altri elementi di valutazione,è pari appunto al divario reddituale attuale dei dueconiugi74. Tale divario, peraltro, costituisce il tettomassimo della misura dell’assegno, da contempe-rare poi con gli altri criteri relativi al quantum, cheoperano come fattori di moderazione, diminuzionee addirittura azzeramento dell’assegno divorzile75.

Circa il riferimento al tenore di vita tenuto in co-stanza di matrimonio, la giurisprudenza, con ri-guardo anche alla materia della separazione perso-nale, ha più volte chiarito che il relativo giudizio diadeguatezza va riferito alle “potenzialità” economi-che dei coniugi. Pertanto è irrilevante che durante laconvivenza matrimoniale il coniuge beneficiario ab-bia tollerato, subìto o comunque accettato un tenoredi vita più modesto rispetto a tali potenzialità76; men-tre per converso sono senz’altro rilevanti eventualimiglioramenti della situazione economica del co-

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niuge obbligato verificatisi dopo la separazione o ad-dirittura dopo la conclusione del relativo giudizio77;con la precisazione, a quest’ultimo proposito, che talimiglioramenti rilevano soltanto se, e nella misura incui, costituiscano sviluppi naturali e prevedibili del-l’attività svolta durante il matrimonio: perché sol-tanto in tale caso il coniuge che richiede l’assegno hamaturato una legittima aspettativa di miglioramentodel tenore di vita nel tempo, frutto tra l’altro del pro-prio contributo al ménage coniugale78.

In tale prospettiva, si comprende come la S.C. nonattribuisca rilevanza, al fine di determinare il tenoredi vita cui commisurare l’assegno al coniuge, agliatti straordinari di liberalità in favore del coniugeobbligato79.

In materia di divorzio peraltro la legge espressa-mente impone al giudicante, a differenza che nellaseparazione, la verifica di un altro presupposto ne-gativo, e cioè che il coniuge, oltre a non avere mezziadeguati alla conservazione del tenore matrimo-niale, sia nell’impossibilità oggettiva di procurarselida sé, solo in tal caso imponendosi l’applicazionedel principio di solidarietà post-coniugale.

Anche qui le questioni più delicate si pongono,nella pratica giudiziaria, sul versante probatorio. In-fatti, se non può dubitarsi che incomba su chichiede l’assegno divorzile l’onere di provare, oltrealle circostanze positive della propria inadeguatezzaeconomica e della maggiore capacità economicadell’altro coniuge, anche quella negativa dell’im-possibilità oggettiva di procurarsi da sé tali mezzi,la difficoltà pratica di provare quest’ultimo presup-posto spiega perché la giurisprudenza faccia ampioricorso alle presunzioni80 e ai poteri istruttori offi-ciosi81, valorizzando addirittura - quanto meno nellafase davanti al Presidente - le dichiarazioni rese dalbeneficiario, nella contumacia dell’altro coniuge,circa la capacità economica di quest’ultimo82.

4.4 Il criterio della condizioni e del reddito dei co-niugi.

Nelle “condizioni”, quale parametro di determi-nazione dell’assegno divorzile, vanno ricompresenon soltanto le condizioni economiche, ma anchetutti gli elementi di carattere personale quali l’età, lecondizioni sociali e di salute, la situazione ambien-tale e la capacità lavorativa.

Per quanto riguarda il “reddito” dei coniugi, in-vece, esso è da intendere nell’ampia accezione giàvista in tema di assegno di mantenimento dellaprole, cui si rimanda.

Occorre qui accennare, invece, alla rilevanza, sottol’aspetto reddituale, della convivenza more uxorioche uno dei due coniugi, dopo la crisi matrimoniale,abbia eventualmente instaurato con altra persona.

Quanto all’ipotesi di instaurazione, da parte delconiuge obbligato, di un regime di convivenza conaltra persona (ed eventualmente con i figli concepiti

con la stessa), tale circostanza83 può rilevare ai finidella quantificazione in senso riduttivo dell’assegnodivorzile (non valendo a renderla irrilevante il fattoche si sia trattato di una libera scelta dell’interes-sato), ma soltanto se, e nella misura in cui, si diaprova del fatto che essa comporta esborsi continua-tivi, e che tali esborsi incidono sostanzialmentesulla situazione economica dell’obbligato, non es-sendo la complessiva situazione patrimoniale del-l’obbligato di consistenza tale da rendere irrilevantii nuovi oneri84. Del tutto irrilevanti sono poi, al finedi tali valutazioni, i redditi del soggetto convivente85.

Con riguardo, invece, al regime di convivenzaeventualmente instaurato dal coniuge beneficiario,la più recente giurisprudenza, nel superare prece-denti orientamenti (volti ad attribuire rilevanza allacapacità di apporto economico del nuovo compa-gno), tende ora a distinguere tra l’occasionale con-vivenza del coniuge con il nuovo partner (la quale in-cide sulla persistenza dei presupposti del diritto al-l’assegno solo se e nella misura in cui si provi che ilnuovo convivente assicura entrate connotate da re-golarità e relativa sicurezza) e il diverso caso in cuila convivenza assuma connotati di stabilità e conti-nuità, e dunque assurga a vera e propria famiglia difatto, connotata in quanto tale dall’elaborazione diun progetto di vita in comune analogo a quello checaratterizza la famiglia fondata sul matrimonio.

Quest’ultima situazione infatti, nel precludere ogniriferimento al preesistente modello di vita caratte-rizzante la convivenza matrimoniale, fa venir menola possibilità di ricorrere al parametro dell’adegua-tezza dei mezzi attuali rispetto al tenore di vita ante-atto e, con ciò, il presupposto stesso della riconosci-bilità dell’assegno di mantenimento (fondato propriosulla conservazione di tale tenore), che quindi non èpiù dovuto; con la precisazione che, essendo il nuovorapporto di fatto suscettibile di rottura ad nutum (adifferenza di quello fondato sul matrimonio), il dirittoall’assegno non cessa definitivamente, ma entra inuna fase di quiescenza, potendo ritornare attuale incaso di cessazione della convivenza86.

Sul piano probatorio, poiché gli aspetti più intimie soggettivi del progetto di vita in comune (arricchi-mento e potenziamento reciproco della personalitàdei conviventi; trasmissione di valori educativi ai fi-gli ecc.) non possono essere oggetto di prova diretta,si suole ricorrere anche qui a ragionamenti presun-tivi, desumendo la configurabilità di una vera e pro-pria famiglia di fatto dalla condotta complessivadella nuova coppia.

4.5. Il criterio delle ragioni della decisione. Tale parametro, riferibile alla componente risar-

citoria dell’assegno divorzile, assume naturalmenteparticolare rilevanza nei casi di divorzio per ragionidiverse dall’intervenuta separazione personale (in-consumazione, condanna penale).

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Nel caso statisticamente più frequenta, ossiaquello del divorzio chiesto a seguito dell’interventodella separazione, la S.C. è ferma nel ritenere chepossa rilevare anche il comportamento tenuto dalconiuge anteriormente alla separazione, consen-suale o giudiziale, salvo che non debba ritenersi as-sorbito dalla valutazione compiuta dal giudice dellaseparazione87. Pertanto, specialmente nei casi di se-parazione consensuale, in cui non vi è alcuno sbar-ramento costituito dalla pronuncia giudiziale, latendenza è quella di prendere in considerazione, inqualche misura, le condotte tenute dai coniugiprima di separarsi, tanto più nei casi in cui sia giu-stificato il sospetto che gli accordi economici presiin sede di separazione siano frutto di imposizioni diun coniuge, accettate dall’altro per ottenere con-cessioni sul piano dei rapporti personali, soprattuttorelativi ai figli minori.

4.6. Il criterio del contributo personale ed econo-mico di ciascun coniuge. La durata del matrimo-nio.

Al fine di quantificare l’assegno divorzile, rilevaanche il contributo dato da ciascun coniuge allaconduzione familiare ed alla formazione del patri-monio di ognuno e di quello comune.

Rilevano dunque, anche in negativo88, anzituttole forme di contributo di natura personale, quali inparticolare l’educazione e l’allevamento della prole,

il lavoro domestico, l’assistenza al coniuge (ancheove abbia avuto carattere di normalità89), ecc.

Rilevano inoltre le forme di contributo di naturaeconomica: si pensi all’acquisto in costanza di ma-trimonio, con danaro proveniente in via esclusivada uno dei coniugi, della casa coniugale; o al caso incui siano messi a disposizione della famiglia beni diproprietà esclusiva di uno solo dei coniugi; o ancoraal caso, sempre più frequente nella prassi, in cuil’apporto economico provenga non direttamente dalconiuge ma dalla sua famiglia d’origine90.

Connesso al criterio del contributo personale edeconomico è quello della durata del matrimonio(durata da calcolare sino al momento della separa-zione personale, salva la possibilità per l’interessatodi provare la rilevanza del vincolo matrimoniale an-che nel periodo successivo); criterio che però, comerileva la peculiare collocazione dello stesso nel-l’ambito dell’art.5 L. divorzio, non è sullo stessopiano degli altri, costituendo piuttosto un parame-tro per valutare – appunto – l’importanza del con-tributo dei coniugi alla famiglia. Va peraltro preci-sato che la breve durata del matrimonio influiscesoltanto sulla misura dell’assegno e non può valere,in linea di principio, ad escludere del tutto il dirittoa goderne, a meno che risulti che il vincolo matri-moniale fu solo formalmente istituito e non diedeluogo alla formazione di alcuna comunione mate-riale e spirituale fra i coniugi 91.

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4.7. Decorrenza e adeguamento dell’assegno di-vorzile.

Il principio generale operante in tema di decor-renza dell’assegno divorzile è quello secondo cuitale assegno, trovando la propria fonte nel nuovo“status” delle parti, stabilito da una sentenza di na-tura costitutiva, decorre soltanto dal passaggio ingiudicato della relativa statuizione92. Prima di talemomento, continua dunque ad essere dovuto – salvispecifici provvedimenti provvisori presidenzialiadottati nel giudizio di divorzio - l’eventuale asse-gno di mantenimento disposto in sede di separa-zione, assegno la cui modifica però va chiesta, inpendenza del giudizio di divorzio, al G.I. di quest’ul-timo e non già al Tribunale collegiale ai sensi del-l’art.710 cpc93.

L’art.4 co.13-14 L. divorzio peraltro (riferito te-stualmente alle sentenze non definitive ma ritenutoapplicabile dalla giurisprudenza anche alle defini-tive94) introduce una deroga al suddetto principio,

sta bi len do il potere del giudicedi disporre, anche senza unadomanda di parte in tal senso,che l’obbligo di mantenimentodecorra dal momento della do-manda, purchè espliciti adegua-tamente in motivazione le ra-gioni della deroga95. Non si ri-tiene possibile, invece, fissareun momento intermedio di de-correnza dell’assegno divorzile,a meno che la parte interessatanon abbia allegato e provato so-pravvenienze, rispetto alla datadella domanda, che giustifi-chino tale soluzione96.

Sono poi immediatamenteesecutivi, per il più recenteorientamento della S.C., i prov-vedimenti di revisione, ex art.9L. divorzio, di quanto disposto,sotto i profili economico e per-sonale, a seguito di sciogli-mento del matrimonio o di ces-sazione dei suoi effetti civili; eciò in conformità con una regolagenerale, espressa dall’art. 4della citata legge regolativadella materia ed incompatibilecon l’art. 741 cpc (che invece su-bordina l’efficacia esecutiva aldecorso del termine utile per laproposizione del reclamo97).

Quanto all’adeguamento del-l’assegno, l’art.5 co.7 L. divorzioimpone al giudice di stabilire, insentenza, un criterio di adegua-mento automatico dell’assegno,

almeno con riferimento agli indici di svalutazionemonetaria; con implicito divieto, quindi, di fissarecriteri di adeguamento meno favorevoli per il bene-ficiario. La stessa norma prevede peraltro, con di-sposizione eccezionale operante soltanto in mate-ria di divorzio, il potere del tribunale di escluderel’adeguamento, motivando adeguatamente tale de-cisione, in caso di “palese iniquità”.

4.8. Liquidazione una tantum dell’assegno. L’art.5 co.8 L. divorzio prevede espressamente la

possibilità che i coniugi si accordino nel senso dellaliquidazione dell’assegno divorzile una tantum, os-sia nel senso della corresponsione di somme o altreutilità, in forza di un’unica fonte negoziale, con fun-zione di sistemare definitivamente i rapporti tra iconiugi98, eventualmente affidandosi al giudicanteper la determinazione della concreta misura di taleassegno. L’attribuzione può riguardare capitali, ren-dite, beni in proprietà o in godimento ecc..

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L’equità di un siffatto accordo deve essere valu-tata dal giudicante, al quale spetta verificare, preci-samente, se l’attribuzione una tantum, per il suo con-creto contenuto, sia idonea a fornire al coniuge be-neficiario i mezzi adeguati al suo sostentamento. Incaso di valutazione positiva, al coniuge beneficiariosarà preclusa ogni successiva pretesa a contenutoeconomico, anche relativa a quote di TRF, di pen-sione ecc., e ciò anche nell’ipotesi in cui sopravven-gano circostanze rilevanti ai fini della revisione dicui all’art.9 L. divorzio99.

4.9. La cessazione dell’assegno a seguito di nuovenozze.

Ai sensi dell’art. 5 co.10 L. divorzio, le nozze del co-niuge beneficiario determinano il venir meno delsuo diritto all’assegno divorzile, purchè il nuovo ma-trimonio, ancorchè non trascritto, abbia effetti civiliin Italia. Occorre peraltro precisare che, come pertutte le circostanze sopravvenute, la sua verifica-zione non determina l’automatica cessazione del-l’obbligo, giustificando soltanto l’instaurazione di unprocedimento ex art.9 L. divorzio al fine di ottenere laconseguente revisione delle condizioni economiche.

La norma è insuscettibile di applicazione analo-gica alla convivenza more uxorio100: ma si è detto che,con riguardo alla nuova famiglia di fatto costituitadal beneficiario, la giurisprudenza ha affermato lasospensione del diritto all’assegno (salva sua revivi-scenza in caso di cessazione ad nutum della relazioneaffettiva) al fine di pervenire a risultati analoghi.

5. L’ASSEGNO DI MANTENIMENTO IN FAVORE DELCONIUGE SEPARATO5.1 Generalità.

La materia è disciplinata dall’art.156 cc, a mentedel quale il coniuge cui non è addebitabile la sepa-razione ha diritto di ricevere dall’altro coniuge il ne-cessario al suo mantenimento, qualora non abbiaadeguati mezzi propri, nella misura determinata inrelazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato.

Sotto il profilo processuale, il diritto in discorso èsoggetto al principio della domanda, sicchè esso vafatto valere mediante proposizione della relativapretesa in sede di tempestiva costituzione in giudi-zio101; a meno che i presupposti per la sua nascitanon siano maturati successivamente102, oppure il co-niuge nei cui confronti la domanda viene avanzataabbia riconosciuto il suo obbligo in corso di causa103.

All’assegno di mantenimento del coniuge sepa-rato, inoltre, non sembra applicabile, dopo la novelladel 2006,, il peculiare regime di decorrenza esami-nato in tema di divorzio. In mancanza di una nor-mativa specifica, si ritiene che la decorrenza del-l’assegno al coniuge separato vada riferita, cosìcome in materia di assegno alla prole, al momentodi proposizione della domanda, e ciò sia in base alprincipio generale della retroattività degli effetti alla

domanda, sia in base all’art.445 cc104; disposizione,quest’ultima, applicabile in considerazione della na-tura sostanzialmente alimentare dell’assegno rela-tivo al coniuge separato, tale da comportare altresìil divieto di compensazione, l’impignorabilità ecc105.

5.2 Presupposti dell’assegno e criteri di determi-nazione.

Sul piano sostanziale, l’art.156 cc prevede anzi-tutto, ai fini della nascita del diritto al manteni-mento in capo al coniuge, un presupposto negativo,ossia la circostanza che al medesimo istante non siastata addebitata la separazione. È invece irrilevante,a tal fine, che la separazione sia stata addebitata al-l’obbligato, in quanto l’addebito all’altro non è pre-supposto del diritto al mantenimento106. Se poi laseparazione è stata addebitata ad entrambi i co-niugi, nessuno di loro potrà pretendere dall’altro ilmantenimento107.

L’altro presupposto richiesto per la nascita del di-ritto al mantenimento, pure di tipo negativo, è lamancanza di adeguati redditi propri, la quale fa sor-gere il diritto ad ottenere quanto necessario al man-tenimento.

Malgrado l’uso di termini come “necessità” e “ade-guati”, Il credito del coniuge separato non postula lostato di bisogno del coniuge (la cui configurabilitàcomporta piuttosto l’obbligo di prestare gli alimentisecondo il regime codicistico, come espressamentestabilisce l’art.156 co.2), bensì la mancanza di red-diti sufficienti ad assicurare al coniuge beneficiarioun tenore di vita analogo a quello di cui ha godutodurante la convivenza matrimoniale108.

Quanto alla prova dei suddetti presupposti nega-tivi, in conformità con i principi generali in tema diriparto dell’onere della prova spetta al coniugeistante dimostrare in via indiretta, attraverso laprova di circostanze positive contrarie, l’inadegua-tezza dei propri redditi e una capacità redditualedell’altro tale da giustificare una corresponsione pe-requativa; mentre è onere della controparte provare,in via liberatoria, l’esistenza di altre risorse del-l’istante o una propria capacità economica tale danon giustificare alcuna perequazione.

Peraltro, per evidenti fini prativi di semplifica-zione probatoria, la S.C. suole precisare che l’attivitàistruttoria non deve tendere ad accertare l’esattoammontare dei redditi dei due coniugi attraversol’acquisizione di dati numerici o rigorose indaginicontabili, essendo sufficiente pervenire ad un’at-tendibile ricostruzione delle rispettive situazioni pa-trimoniali complessive109.

È importante sottolineare che gli accertamentiistruttori sul punto vanno compiuti con riguardoalla situazione economica attuale dei coniugi, ope-rando in materia la clausola generale rebus sic stan-tibus, in base alla quale rileva ogni modificazionedegli assetti economici intervenuta sino al mo-

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mento della decisione110 o addirittura nelle more delgiudizio di appello111. Ciò, nel consentire lo svolgi-mento di attività assertiva e probatoria ben oltre glisbarramenti temporali imposti dal vigente sistemadelle preclusioni, comporta evidentemente delicatiproblemi processuali, tra i quali in particolare l’esi-genza di assicurare il pieno contraddittorio112, even-tualmente anche rimettendo - a richiesta - la parteinteressata nei termini per svolgere le ulteriori alle-gazioni e richieste istruttorie che si rendano neces-sarie per replicare alle avverse deduzioni. In ognicaso, proprio perché va tutelato il contraddittorio,deve escludersi che circostanze sopravvenute pos-sano essere allegate e provate nelle fasi finali delgiudizio, destinate unicamente a precisare ed illu-strare le domande ed eccezioni svolte nel corso delgiudizio e le relative attività istruttorie.

Una volta accertata la sussistenza dei due pre-supposti negativi richiesti per la nascita del diritto almantenimento, occorre procedere a determinare lamisura dell’assegno, e ciò in base all’entità dellasperequazione reddituale tra i due coniugi, nonchéin base agli altri criteri espressamente indicati dal-l’art.155 cc113.

Quanto al tenore di vita anteatto, sulla cui base vaformulato il giudizio di adeguatezza reddituale, èsufficiente richiamare i principi e gli orientamentigiurisprudenziali già descritti con riferimento al-l’analoga materia del divorzio.

Anche con riguardo al concetto di redditi del co-niuge obbligato vale richiamare quanto già riferitoin ordine ai redditi rilevanti a fini di determinazionedell’assegno alla prole.

Un discorso a sé merita, invece, la capacità reddi-tuale del coniuge separato richiedente l’assegno dimantenimento. In materia, infatti, la S.C. ha assuntoun atteggiamento piuttosto benevolo nei confrontidel coniuge istante, in quanto, dopo avere premessoche non sono applicabili all’assegno di separazionei diversi presupposti previsti in tema di assegno didivorzio dall’art.5 co.6 L. divorzio114, suole affermareche in materia occorre valutare se, in relazione aduna serie di fattori individuali ed ambientali delcaso concreto (età, condizioni psicofisiche, prepara-zione professionale, vita anteatta, condizioni delmercato del lavoro), esistano serie ed immediatepossibilità di guadagno in un’occupazione non usu-rante e comunque confacente alla propria persona-lità115. Dunque, per la S.C., l’inattività lavorativa delconiuge separato può incidere sull’an dell’assegnodi mantenimento in suo favore, nel senso di preclu-derne il riconoscimento, soltanto se il beneficiarioabbia rifiutato effettive e concrete possibilità di la-voro, essendo al contrario irrilevante un’occasionelavorativa meramente ipotetica116.

Discusso è inoltre, sempre con riferimento alla si-tuazione economica del coniuge che richiede l’as-segno di mantenimento, se e in che misura vadano

considerati gli apporti economici fornitigli dalla suafamiglia d’origine o da terzi117 .

Quanto infine alle “circostanze” che, ai sensi del-l’art.155 co.2 cc, possono incidere sulla determina-zione del quantum dell’assegno di mantenimento alconiuge separato, meritano attenzione, per la parti-colare frequenza con cui se ne è occupata la giuri-sprudenza: l’assegnazione della casa coniugale e lemaggiori spese che ciò comporta per il coniuge nonassegnatario118; la durata del matrimonio119; il con-tributo dato alla formazione del patrimonio comuneo dell’altro coniuge120; le ragioni della decisione121;l’obbligo di mantenimento di figli naturali concepitinell’ambito di altra relazione122.

5.3 Profili negoziali dell’assegno di mantenimentodel coniuge.

Occorre infine accennare brevemente a talunequestioni, di notevole rilievo pratico, riguardanti i li-miti entro cui l’autonomia privata può incidere sulregime, pattizio o giudiziale, di mantenimento delconiuge.

La prima questione è se possa ritenersi valida larinuncia all’assegno di mantenimento da parte delconiuge separato che ne sia beneficiario. In propo-sito, il tradizionale orientamento della S.C. è nelsenso che, stante la natura indisponibile del dirittoal mantenimento (art.143 cc), esso è irrinunciabile,con la conseguenza che deve ritenersi affetto danullità, ai sensi dell’art.160 cc, il patto con cui il co-niuge rinunci all’assegno pur in presenza dei pre-supposti per ottenerlo123.

Più in generale, si discute della validità di even-tuali accordi a latere di una convenzione di separa-zione, come tali non oggetto di omologazione. Trat-tasi solitamente di accordi volti a maggiorare la mi-sura del mantenimento, spesso per tenere conto diun’effettiva capacità reddituale dell’obbligato mag-giore di quella risultante dalle dichiarazioni reddi-tuali prodotte in sede di separazione. Per la giuri-sprudenza che se ne è occupata124, simili accordisono validi ed efficaci, anche a prescindere dal-l’omologazione, ai sensi dell’art.1322 cc, ma entro iseguenti limiti: quanto agli accordi successivi al-l’omologazione, finchè rispettino il limite di dero-gabilità dell’art.160 cc (e quindi, entro tale limite, an-che quando peggiorativi delle condizioni pattuite);quanto agli accordi anteriori o contemporanei aquelli oggetto di omologazione, purchè si collochinoin posizione di non interferenza rispetto a questi ul-timi (regolando ad esempio aspetti non disciplinatidai patti omologati, ovvero dettando una disciplinadi dettaglio), oppure quando siano incontestabil-mente in posizione di maggiore rispondenza ri-spetto all’interesse del coniuge beneficiario (si pensial caso dell’accordo per un assegno di manteni-mento di entità maggiore rispetto a quella concor-data nella convenzione di separazione).

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Note1 Intervento nel seminario organizzato dalla Sezione Territoriale di Bari dell’Osservatorio Nazionale sul diritto di fa-

miglia. Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bari - Scuola Superiore della Magistratura/Struttura didattica territorialedel distretto della Corte di Appello di Bari.

24 maggio 2013 ore 15,30 - Bari - Sala del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati.2 Cass.1506/90, 6312/99, 17043/07.3 La pratica giudiziale evidenzia, peraltro, l’esito spesso insoddisfacente di tali indagini, le quali comunque postulano

che l’interessato abbia proposto un’istanza circostanziata, fondata su fatti specifici, tale da giustificare l’esercizio delpotere discrezionale del giudice: Cass.2098/11.

4 Cfr., in materia, Cass. pen. 9.4.10 n.34336, la quale ha desunto la maggiore potenzialità economica dell’obbligato dal-l’assunzione di un mutuo immobiliare superiore alla capacità economica dichiarata dal mutuatario.

5 In concreto, al fine di determinare l’assegno, il giudice dovrà procedere nel seguente modo: a) determinare l’entitàdel mantenimento necessario in base ai nn.1-2 (attuali esigenze+tenore di vita anteatto); b) dividere il relativo obbligotra i genitori in base ai nn.3-4 (tempi permanenza presso ciascuno+risorse di ciascuno); c) sottrarre al dovuto quanto giàerogato in natura.

6 Cass.1367/11; 785/12.7 Cass.15566/11.8 La tendenza ad una più coerente applicazione pratica dei principi normativi in tema di affidamento condiviso ha tro-

vato, di recente, emersione in un provvedimento del Presidente del Tribunale di Firenze (ord. 2-4.3.12 n.190, in Gdir.N.18/12 pag.13), il quale ha disciplinato la frequentazione del figlio minore da parte dei genitori separati, in una situa-zione di affidamento condiviso connotata da elevata litigiosità, nel senso di collocare il minore presso entrambi i geni-tori a settimane alternate; con la conseguenza di limitarsi a fissare a carico del genitore dotato di maggiore capacità pa-trimoniale, in una situazione di lieve sperequazione reddituale, il versamento di un minimo assegno di mantenimentodel figlio (€ 75,00) , fermi i rispettivi obblighi di mantenimento diretto.

9 Solitamente l’altro coniuge, ma anche altri terzi - quali ad es. i nonni - che risultino collocatari e/o affidatari dellaprole:cfr. Trib. Palermo 26.11.07 in Dejure.

10 Cass.13414/10.11 Trib. Pistoia, n.993 del 24.11.11 in Dejure.12 Cass.11538/09.13 Cass.1607/07; Cass.13630/11.14 Cass.6074/04.15 Cass.17043/07.16 Così Cass.10197/05. Per Cass.3905/11, peraltro, la circostanza non vale ex se ad escludere il diritto del figlio legittimo

di avere garantito il tenore di vita anteatto. Contrario alla rilevanza della nascita di un figlio naturale è, poi, Trib. Milano6.3.07, in Giust. a Milano 2007,3,18, secondo cui la nuova nascita impone piuttosto una contrazione delle spese personalidell’obbligato.

17 Cass.16126/11.18 Cass.9719/10, sia pure in tema di assegno al coniuge separato, precisa che devono considerarsi soltanto i redditi netti,

poiché è su questi ultimi che, in costanza di matrimonio, la famiglia fa affidamento, ad essi rapportando ogni possibi-lità di spesa.

19 Cass. 706/95.20 Cass.6774/90.21 Cass.9718/10.22 Cass.6872/99.23 Cass.3974/02; Trib. Novara 11.2.10 e Trib. Lanciano 24.11.11, entrambe in Dejure.24 Cass.15565/11.25 contra Trib. Monza n.1750 del 9.6.10, in Dejure, secondo cui il contributo va già tarato sull’aumento delle esigenze

della prole, notoriamente legato alla sua crescita. 26 Cfr. sul punto, per l’analogo caso di figlio maggiorenne non autosufficiente studente fuori sede, Cass.400/10.27 Trib. Varese 4.1.12 i D. & G. 2012,21.28 Cass.785/12.29 Trib. Roma 21.5.98 in CED Archivio Merito30 Trib. Catania 1.12.90 in DFP 1991,1010.31 Corte di Appello Milano 6.5.94, in Fam. e diritto 1994; Cass.3747/06; Trib. Reggio Emilia 26.3.07 in Il civilista 2009,5,19.32 Cass.2088/05.33 Anche tali aspetti hanno costituito oggetto di evoluzione giurisprudenziale. Infatti la S.C., inizialmente propensa a

considerarli accordi di diritto familiare (Cass.4277/78), successivamente ha optato per l’inquadramento nella figura delcontratto con obbligazioni a carico del solo proponente ex art.1333 cc (Cass.9500/87), per poi precisare, a partire dagli anni90 (Cass.2788/91), che i negozi che trovino sede e occasione nella separazione consensuale, ma non causa in questa (inquanto non direttamente collegati a diritti ed obblighi matrimoniali) non sono convenzioni di famiglia, distinte dai con-tratti, ma espressione appunto di libera autonomia contrattuale, nel senso che ciascun coniuge, con un contratto aventecausa solutorio-compensativa, condiziona il proprio consenso alla separazione, nei limiti dei diritti inderogabili in ma-teria, ad un determinato assetto dei propri interessi economici, per lui soddisfacente. Nel senso di una causa tipica, coni caratteri dell’onerosità o della gratuità a seconda delle concrete ragioni dell’attribuzione, cfr. da ultimo, con riguardoperò alle attribuzioni tra coniugi, Cass.8678/13.

34 Trib. Cagliari 2.10.00 in Riv. Giur. Sarda 2001,785.35 Trib. Milano, Sez. IX, decreto 21.5.13, in Guida al diritto, n.34-35 p.34;36 Cass. 24932/07.37 Trib. Modena n.752 del 9.5.12 in Dejure.38 Cass.6864/09; Cass.21675/12.39 Cass.11863/04, Cass.28987/08 e, da ultimo, Trib. Milano 28.7.10 in Dejure.40 Cass.5384/90.41 SS.UU. 5135/89.

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42 Cass.6215/94.43 Cass.10780/96 e, da ultimo, Cass.3908/09.44 Cass.4296/12.45 Cass.1146/07, 19607/11.46 Cass.22951/12.47 In caso di figlio divenuto maggiorenne dopo la sentenza di separazione o di divorzio che ha disposto un assegno di

mantenimento in suo favore, persiste la legittimazione del genitore a ricevere tale assegno (Cass.21437/07; 19607/11), E’però salva la facoltà dell’avente diritto di domandare (si ritiene con le forme dell’art.710 cpc o dell’art.9 L. divorzio) il ver-samento diretto in suo favore dell’assegno stabilito in suo favore.

48 Cass.9067/02, che sottolinea come in tal caso il figlio maggiorenne, rimasto estraneo al giudizio e al giudicato for-male così formatosi, non ha titolo per ottenere direttamente dal genitore obbligato il contributo al suo mantenimento.

49 Così Trib. Marsala 26.2.07 in Giur. Merito 2008,1,13650 Cass.15756/06.51 La casistica, in materia, è copiosissima. Tra le pronunce più significative cfr. Cass.4765/02; Cass.4616/98 riguardante

il rifiuto del figlio ventenne di accettare l’ingaggio annuale in una squadra di basket per ottocentomila mensili più vittoe alloggio, così sacrificando l’ultimo anno di liceo scientifico; Cass.11020/13 riguardante un figlio laureato in medicina eiscritto a corso di specializzazione; Cass.7970/13, che ha ritenuto ingiustificata l’inerzia della figlia trentasettenne, manon per il dato in sé dell’età, quanto per la presunzione che la stessa avesse ricevuto e rifiutato ingiustificatamenteun’idonea offerta lavorativa; Cass.4555/12 riguardante un figlio con laurea triennale; Cass.19589/11 riguardante una fi-glia che aveva appena iniziato un’attività di impresa; Cass.14123/11 riguardante una figlia impiegata in lavoro a tempoindeterminato, il cui contenuto non soddisfaceva però le sue legittime aspettative; Trib. Catania 20.4.12 in D. & G. 2012,23,maggio, sull’insufficienza, al fine di ritenere raggiunta l’autonomia economica, della circostanza della liquidazione, in fa-vore del figlio maggiorenne, di una grossa somma a titolo risarcitorio.

52 Cfr. Cass.4555/12, 11020/13 e, con riguardo al giudizio d’appello, Cass. 407/97. Tale soluzione, peraltro, sembra non per-fettamente in linea con i principi generali in materia di riparto dell’onere della prova, trattandosi di provare un elementocostitutivo del diritto del figlio al mantenimento, e non rilevando il fatto che la “non indipendenza economica” sia unacircostanza negativa, ben potendo quest’ultima essere presuntivamente dimostrata attraverso la prova dei contrari fattipositivi (Cass.1557/98).

53 Trib. Bari 13.10.09 in Dejure parla addirittura di inversione dell’onere della prova al raggiungimento di una certa età.54 E’ però comunque necessario far emergere la circostanza mediante promozione del relativo giudizio di revisione: così

Trib. Modena 23.2.11 in Dejure.55 Cass.12477/04; Cass.1761/08; CdA Roma 4685 del 27.9.12 in Guida al diritto 2012,46,90.56 Cass.8954/10 in tema di borsa di studio post-universitaria e, da ultimo, Cass.1779/13.57 In tal senso Cass.1830/11, relativa ad un caso in cui la figlia maggiorenne, studentessa, continuava a coabitare con

la madre pur essendo coniugata con un giovane, anch’egli studente e privo di ogni autonomia economica. Contra Trib.Napoli 5.2.07 n.1433, secondo cui, a seguito del matrimonio, l’obbligo di mantenimento “slitta” sul coniuge a prescinderedalla sua capacità economica.

58 Cass.9372/12.59 E anche, a ben vedere, qualora vi attengano, non essendo configurabile per Cass. 19607/11 un obbligo di concerta-

zione preventiva.60 Cass.1758/08; nello stesso senso anche Trib. Palermo 1178 del 9.3.09 in Guida al diritto 2010,1,57).61 Cass.11316/11.62 Trib. Bari n.1960 dell’1.6.10 in Dejure, che ha ritenuto sufficiente la produzione di c.d. pezze d’appoggio ad evitare il

ricorso al giudice della cognizione a fini di liquidazione delle spese straordinarie.63 SS.UU. 11067/12. 64 Il concreto riconoscimento giudiziale (e non anche l’astratta riconoscibilità) di un siffatto assegno è presupposto per

ottenere, in concorso con gli altri presupposti di legge, una serie di importanti benefici (un assegno periodico a carico del-l’eredità dell’obbligato defunto ai sensi dell’art.9 bis; una quota del TFR ai sensi dell’art.12 bis; una quota della pensionedi reversibilità ai sensi dell’art.9 co.2-3). Ciò contribuisce a spiegare la frequenza con cui la materia dell’assegno divor-zile viene trattata nelle aule giudiziarie.

65 Cass.3398/13.66 SS.UU. 11490/90. Tra le ultime pronunce in tal senso cfr. Cass.23202/12 e Corte App. Roma n.54 del 24.1.13 in Guida

al diritto 2013,15,51.67 Cass.5178/12.68 In tal senso Corte App. Roma n.2784 del 22.6.11 in Guida al diritto 2011,36,76. Cass.11905/09 ha enunciato il mede-

simo principio addirittura con riguardo all’assegno per la prole stabilito nelle due sedi, rispetto al quale pure si riscon-tra una vera e propria identità di presupposti e finalità.

69 Cass.4424/08.70 Cass.6189/79; Cass.15055/00.71 Cass.25010/07.72 Corte App. Milano 14.2.97, in Famiglia e Diritto 97,447.73 Cass.11575/01.74 Cass.21979/12; Cass.9669/13; Cass.2313/13.75 Cass.4040/03.76 Cass.1557/03.77 Cass.18327/02.78 Cass.785/12, ad esempio, ha ritenuto rappresentare il prevedibile sviluppo della carriera notarile l’incremento di red-

dito collegato all’esperienza acquisita, all’aumento dei clienti, allo spostamento da una piccola località ad una città piùgrande. Cfr. anche Cass.11686/13. Problematica si presenta, nella pratica giudiziaria, la specifica ipotesi in cui l’incre-mento successivo non attenga ai redditi bensì al patrimonio, ricollegandosi in particolare all’acquisto di un compendioereditario da parte dell’obbligato. Ad avviso dello scrivente, in tale ipotesi non appare pienamente soddisfacente la so-luzione di escludere la rilevanza di tale situazione sul rilievo che gli acquisti ereditari non rientrano nella comunione le-gale (potendosi replicare che i frutti dei beni personali vi rientrano ai sensi dell’art.177 cc), apparendo preferibile appli-

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care anche a tale ipotesi il criterio generale della prevedibilità del miglioramento economico: di talchè potrà e dovràdarsi rilievo soltanto agli acquisti ereditari in qualche misura dati per scontati (es. perché provenienti da stretti con-giunti) e quindi oggetto di una legittima aspettativa da parte del nucleo familiare; con esclusione, al contrario, di situa-zioni inattese (quali ad es. l’inaspettata eredità di un lontano parente o di un amico.

79 Cass.18613/08.80 Cfr. in materia Cass.10540/10, confermativa di una pronuncia di merito che aveva ritenuto provata l’impossibilità di

procurarsi da sé i mezzi di sostentamento desumendola dall’età non più giovane della beneficiaria, dalle caratteristichesocio-economiche del territorio di residenza, dalla sua infruttuosa iscrizione nelle liste di collocamento.

81 Cass.3916/09.82 Trib. Novara n.131 dell’11.2.10, in Dejure.83 Secondo Cass.22337/11, trattasi di situazione non rientrante, sotto il profilo processuale, tra le circostanze in senso

proprio. 84 Cass.4551/12.85 Cass.13053/99.86 (cfr. in tema di separazione Cass.17643/07, 23968/10 e, da ultimo, Tribunale Lamezia Terme 1.12.11 in Dir. Famiglia

2012,2797; cfr. in tema di divorzio Cass.17195/11, Cass.3923/12 e, da ultimo, Corte d’Appello di Bologna n.394 dell’8.4.13).87 Così Cass.15055/00, che ha negato rilevanza alla relazione extraconiugale di un coniuge, sul rilievo che la sentenza

di separazione aveva rigettato la domanda di addebito fondata sulla violazione del dovere di fedeltà.88 Cfr. Cass.28892/11, relativa ad un caso di scarsa contribuzione al menage familiare da parte di coniuge dedito, an-

che nei primi anni di vita della prole, a frequentare locali notturni e ad assumere alcool e sostanze psicotrope.89 Cass.2261/85.90 Contra Cass.13060/02, in un caso in cui i familiari del coniuge richiedente l’assegno di divorzio avevano contribuito

economicamente al ménage familiare prima che l’altro coniuge riuscisse ad accedere alla professione di notaio, sul ri-lievo che il criterio del contributo personale esige la provenienza del contributo stesso direttamente da uno dei coniugi.

91 Cass.8233/00; Cass.7295/13.92 Cass.10648/11; Cass.7295/13.93 Cass.28990/08.94 Cass.25010/07.95 Cass.1613/11; Cass.7295/13.96 Cass.4038/02.97 SS.UU. 10064/13.98 In tali termini Cass.3635/12. 99 Cass.126/01; Cass.3635/12, cit.100 Cass.14921/07.101 Cass.7599/11.102 Cass.3925/12.103 Cass.1243/12. Contra, tuttavia, Cass. 26380/11.104 Cass.147/94.105 Trib. Modena n.752 del 9.5.12, in Dejure.106 Cass.8787/02.107 Cass.5698/88.108 Cass.21097/07.109 Cass.187/12, Cass.23051/07.110 Cass.12136/01.111 Cass.3336/07; Corte Appello Bologna 2.1.12, in Guida al diritto dossier 2012,25,13. 112 Cass.5876/12.113 In concreto, al fine di determinare l’assegno, il giudice dovrà procedere nel seguente modo: 1) anzitutto stabilire il

tenore di vita dei coniugi in costanza di matrimonio; 2) poi valutare se i mezzi a disposizione del coniuge istante sianotali da consentirgli di mantenerlo indipendentemente da un assegno dell’altro; 3) in caso negativo, verificare se tra imezzi economici a disposizione dei due coniugi vi sia una sperequazione in favore del destinatario della domanda, incaso positivo giustificandosi l’imposizione dell’assegno a fini perequativi, 4) determinare infine la misura dell’assegnoin base all’entità della sperequazione medesima e alle altre circostanze cui fa riferimento l’art.155.

114 Cass.5555/04.115 Cass.18547/06; Cass.3502/12116 Così Cass.12121/04 e Cass. 4178/13. V. anche Cass.3502/13, per la quale non rilevano, di per sé considerate, la giovane

età, le buone condizioni di salute e il possesso della laurea.117 In senso affermativo cfr. Cass.11031/97. Contra Cass.6200/09, con riferimento al caso in cui l’aiuto dei familiari si giu-

stifichi con le precarie condizioni economiche e di salute del beneficiario e con l’esiguità dell’assegno dato dall’altro co-niuge. Per Cass. 7211/90 gli apporti dei terzi rilevano soltanto se presentano caratteri di regolarità, continuità e sicurezza.Quanto in particolare alle liberalità di terzi in favore del beneficiario, per Cass.18708/12 esse devono comunque essereattentamente considerate, mentre per Cass.10380/12 esse sono irrilevanti, non costituendo reddito agli effetti dell’art.156co.2 cc. Per Cass.19579/11, infine, l’ospitalità data dai familiari all’istante è irrilevante.

118 Cass.4543/98; Cass.19291/05.119 Cass.23378/04.120 Cass.20638/04.121 Cass.446/81.122 Cass.4800/02.123 Cass.6424/87. Più di recente, tuttavia, la stessa S.C., nel ribadire che la revisione delle condizioni di una separazione

omologata (nel senso della previsione di un mantenimento non previsto in quella sede) postula sempre la sopravve-nienza di nuove circostanze a prescindere dal fatto che la mancata previsione del mantenimento dipenda da rinunciadel beneficiario, sembra avere implicitamente affermato la configurabilità di una valida rinuncia (Cass.12235/92).

124 Cass.657/94.

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LE NUOVE IPOTESI DIINDEGNITÀ A SUCCEDERETRA LE POCHE LUCIE LE TANTE OMBREALLUNGATE DAL NUOVOART. 448 BIS C.C.SUL PRINCIPIO DIEQUIPARAZIONE DEGLISTATUS DI FILIAZIONE

AVV. GIUSEPPE PALAZZOLO

ORDINARIO DIRITTO CIVILE UNIVERSITA’ DI PERUGIA

Sommario: 1. Il rifiuto degli alimenti al genitore indi-gente decaduto dalla potestà genitoriale nel nuovo art.448 bis c.c. - 2. Pluralità delle cause generatrici della re-voca sulla potestà genitoriale, circolazione degli obbli-ghi alimentari ed alterazione della graduatoria degli ob-bligati contenuta agli artt. 433 e 441 c.c. - 3. I nuovi casidi indegnità a succedere per la decadenza dalla potestàgenitoriale: limiti sostanziali ed aperte antinomie siste-matiche del nuovo art. 448 bis c.c. - 4. Le regole del pro-cesso civile per la declaratoria di indegnità a succedere eloro inamovibilità.

1. Il rifiuto degli alimenti al genitore indigente deca-duto dalla potestà genitoriale nel nuovo art. 448 bisc.c..

Il completamento della riforma sugli status di fi-liazione, nell’unico nomen iuris di figlio, avvenuta,come è noto, il 27 novembre 20121, offre allo stu-dioso del diritto successorio e della famiglia ulterioriargomenti di verifica, specie con riguardo alla tenutadi alcune norme del nostro sistema che necessitano,per unità di intenti riformatori, di una adeguata si-stemazione.

L’argomento che ha colto la nostra attenzione intema di indegnità a succedere, ancora modellatanell’art. 463 c.c. con regole a dir poco ottocenteschee di rifiuto degli alimenti dovuti al familiare indi-gente2, si trova all’art. 1, punto 9 della nuova legge,laddove si afferma che: “Nel titolo XIII del libroprimo del Codice civile, dopo l’art. 448 è aggiunto ilseguente” - art. 448 bis - (Cessazione per decadenza del-l’avente diritto dalla potestà sui figli). - Il figlio, ancheadottivo3, e, in sua mancanza i discendenti prossimi,non sono tenuti all’adempimento dell’obbligo diprestare gli alimenti al genitore nei confronti delquale è stata pronunciata la decadenza dalla pote-stà, e per i fatti che non integrano i casi di indegnitàdi cui all’art. 4634, possono escluderlo dalla succes-sione”.

La prima lettura del nuovo testo normativoespone immediatamente una non comune durezzadispositiva, del tutto incompatibile con la gentil ri-forma della unificazione degli status di filiazione,ove, invece, l’affettività prevale sulla causa di gene-razione5, unitamente alla riduzione che ingenera sulcontenuto dei principi di solidarietà e di responsa-bilità allargata tra i membri della famiglia6, siccomecorrelati alla ragione giustificativa della prestazionealimentare dovuta al familiare stretto caduto instato di indigenza.

Mai prima d’ora la disciplina degli alimenti con-tenuta agli artt. 433 - 448 c.c., benché caduta quasi inuno stato di desuetudine7, era stata incisa da testilegislativi volti a regolare ipotesi di rifiuto alimen-tare in favore di familiari stretti caduti in stato di bi-sogno con l’individuazione di cause esclusive del di-ritto, né stabiliti collegamenti col diritto successo-rio tra i membri della vicenda alimentare8, sì che ilnuovo testo normativo produce l’effetto di alterareun sistema ove il dovere di rispondere al bisognodell’indigente prevaleva su ogni pregressa condottadell’alimentando.

Mentre, scendendo nel dettaglio della disposi-zione in esame, una volta individuati i soggetti tito-lari del diritto di rifiuto, benché tutti richiamati nel-l’art. 433 n. 2 c.c., essa sembra indurre il figlio e/o ildiscendente in sua mancanza a coalizzarsi contro ilgenitore e di poi ascendente, nella possibilità di ri-fiutargli gli alimenti richiesti ai sensi dell’art. 445c.c., sul presupposto che costui abbia subito la re-voca della potestà genitoriale9. Si ignora, così sta-tuendo la legge, un recente parametro di bilancia-mento delle posizioni in campo, del tutto sfuggito ailavori preparatori della normativa in questione,stante che il genitore, pur revocato dalla potestà, ètenuto ad adempiere alla prestazione alimentare e/omantenitoria10 nei confronti degli aventi diritto, aprescindere dal reato che abbia determinato la per-dita della potestà anzidetta11.

Quindi, se così è, la stessa umanità sottesa allacausa generale del contributo alimentare, dovevamantenersi, come era prima della nuova legge, in fa-vore del soggetto bisognoso, a prescindere dal suocomportamento in vita; anche in considerazione delfatto che la disciplina degli alimenti dovuti, non èrichiamata, né collegata ai profili dell’indegnità asuccedere, come invece si è voluto generalmentefare col nuovo testo normativo, donde anche l’omi-cida del de cuius, del suo coniuge, del discendente odell’ascendente, va alimentato dai suoi aventi causacapienti, quando esponga una condizione di indi-genza tale da potersi temere per la sua sopravvi-venza.

E ciò, a più forte ragione, quando la dichiarazionedi revoca della potestà genitoriale fosse intervenutasul presupposto della reiterazione della mancataprestazione del mantenimento, attivata con l’appli-

cazione degli art. 330 c.c. e 570 n. 1 c.p., nelle fre-quenti ipotesi correlate ai contenziosi matrimonialidi separazione e divorzio12, continuiamo a credereche la costruzione della norma volta a giustificare ilrifiuto degli alimenti al genitore nelle condizioni dibisogno anzidette, sia in capo al figlio che al nipotesuo discendente, esponga una durezza incompati-bile con un ordinamento civile ed evoluto, inemen-dabile anche di fronte alla sua rinnovata laicità.

Poi, per chi crede, la brutta norma di cui discor-riamo, annienta quell’idea del perdono che scende trai membri della famiglia, quando un affetto prima per-duto possa poi rientrare nella circolazione di quelli fa-miliari, spenti i fuochi del dissidio originario13.

E qui giunti, fuor di metafora, sembra che il legi-slatore abbia adottato, del tutto a sproposito, un re-gola attinente al diritto dei contratti a prestazionicorrispettive, nella misura in cui ricalca il principiocorrelato all’art. 1460 c.c., laddove si legittima l’ina-dempimento nei confronti di chi, obbligato ex con-tractu, non abbia a sua volta adempiuto, principio talultimo che meglio si coglie nel contesto della mas-sima secondo cui: “Inadimplenti non est adimplendum”.

Si tratta, ovviamente, del riporto di un’aberrazionegiuridica che solleverebbe molte grida manzonianeda parte degli studiosi del diritto di famiglia, consi-derato che gli alimenti dovuti ai sensi degli artt. 443e ss. c.c. non nascono dal contratto, bensì da una ec-

cezionale condizione di bisogno dell’alimentandoche ha esaurito ogni possibile riserva economica dadestinare alla sua sopravvivenza.

2. Pluralità delle cause generatrici della revoca sullapotestà genitoriale, circolazione degli obblighi alimen-tari ed alterazione della graduatoria degli obbligaticontenuta agli artt. 433 e 441 c.c.

Sfugge, così, nella nuova normativa una rifles-sione di sintesi, ben nota tra gli addetti ai lavori, ri-guardo il labile confine tra il diritto civile e quellopenale in argomento di revoca della potestà genito-riale, potendosi considerare che la nozione di ab-bandono del minore sembra sempre più uscire dal-l’accezione criminale prevista agli artt. 591 e 570 c.p.,per sistemarsi in quella dell’inadempimento del-l’obbligo civile di mantenimento in favore dei mi-nori ai sensi dell’art. 147 c.c. e del coniuge affidata-rio della prole.

La discriminante, anzidetta, doveva essere ricor-data nella norma dettata all’art. 448 bis c.c. al fine dievitare una situazione di abbandono alimentare del-l’avente diritto indigente senza una sufficientecausa giustificativa del rifiuto, specie considerandoche costui si presenterebbe alla richiesta di alimentiin una fase avanzata della sua vita terrena, assu-mendo la qualifica di anziano, categoria tal ultimasempre più negletta e abbandonata dal legislatore,

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per la quale non ha mai dettato norme di tutela14, enon inferiore, sul piano ontologico, a quella di mi-nore abbandonato o bisognoso15.

Bisognava, perciò, ricordare, unitamente alla giu-stificazione legale dell’obbligo alimentare che nonsi compone solo col denaro16, il momento in cui lanorma può avere applicazione, stante che il figlio edin sua mancanza il discendente avrebbero il doveredi adempiere al bisogno alimentare del genitore odell’ascendente, solo quando le loro condizioni pa-trimoniali lo avrebbero consentito, vale a dire in unafase compiuta della vita di costoro, siccome assistitada una certa agiatezza economica.

La triste scena giuridica che si aprirà nel futuro aldiritto dell’alimentando, vedrà un anziano signorebisognoso, nella figura del padre decaduto dalla po-testà o del nonno, ancor più cruenta, quando questisopravviva al proprio figlio e rimanga il discendente,cui potrà essere opposto dall’obbligato sopravissuto,ai sensi del nuovo art. 448 bis c.c., di non esser te-nuto ad alimentarlo: non perché non possa in rela-zione alla sue condizioni patrimoniali, ma perchénon deve, anteponendo quale causa del rifiuto l’an-tica dichiarazione di decadenza dalla potestà geni-toriale a prescindere dal motivo che l’abbia deter-minata.

Ma l’uomo bisognoso, nella concezione del legi-slatore antico, che ha fatto tesoro dei precetti evan-gelici sul valore della carità, non può morire abban-donato a sé stesso, sì che ricevuto il rifiuto degli ali-menti da parte dei suoi diretti discendenti, per cosìdire legalizzato dalla norma anzidetta, benché ca-pienti, dovrà rivolgersi alla graduatoria degli obbli-gati in subordine nell’ordine divisato all’art. 433 c.c.,sperando di trovare, tra questi, qualcuno che siprenda cura di lui.

Ora, se si può capire il peccato del singolo uomo,al cui favore si rivela catartico ed importante ancheil pentimento avvenuto nell’ultimo momento esi-ziale della sua vita, non può assolutamente com-prendersi quello commesso dal legislatore che conle sue leggi lo alimenta, nonostante abbia il doveredi essere, per definizione, perfetto ed equilibrato.

Sì che, lo squilibrio del nostro legislatore si avverteimmediatamente dal fatto che nello scrivere la leggenon ha tenuto conto di quanto la nuova introdu-zione dell’art. 448 bis c.c., scardini il fragile sistemadegli obbligati in subordine, stante che i soggetti ti-tolari del diritto di rifiuto ivi individuati, rappresen-tano le categorie più estese, appunto quelle dei figlie dei discendenti, naturalmente plurali ed occasio-nalmente bilaterali, tutti ricompresi nello stessogrado parentale, donde, al fine di evitare una logo-rante escussione capo per capo, l’ottimo legislatoreantico, ha previsto. per l’esecuzione dell’obbligo ali-mentare, due norme di centrale importanza, vale adire gli artt. 441 e 442 c.c., rispettivamente dettatein tema di concorso tra più obbligati alla prestazione

alimentare e di concorso di aventi diritto alla me-desima.

Tali norme, lette congiuntamente, rappresentanola massima espressione legale della solidarietà par-tecipativa al bisogno dell’alimentando che trascinacon sé l’ulteriore movente della responsabilità al-largata tra i membri del gruppo familiare per la so-pravvivenza del congiunto prossimo caduto in statodi bisogno, al contempo rispettose delle singole con-dizioni patrimoniali degli obbligati.

La norma che qui in particolare rileva è quella del-l’art. 441 c.c., sì che, tolto il contributo alimentaredell’altro coniuge17, uno per definizione, si scendenella categoria prevista dall’art. 433 n. 2 c.c., che puòcomprendere più figli o in assenza di loro più di-scendenti, donde, essendo stato previsto il diritto dirifiuto in favore degli uni e degli altri, sia come sin-goli che, a più forte ragione, quali obbligati nellostesso grado, l’alimentando dovrà scendere ancoratra le categorie parentali minori ed in quelle degliaffini, essendo molto probabile l’estinzione dell’ob-bligo in capo ai genitori dell’alimentando e dei suoiascendenti prossimi (art. 433 n. 3 c.c.) per morte, te-nendo presente la naturale durata della vita umana.

Fa specie, a questo punto, che la norma dell’art.448 bis c.c. non consideri che i generi e le nuore (art.433 n. 4 c.c.), in capo ai quali dovrebbe permanerel’obbligo alimentare, siano i rispettivi coniugi dei fi-gli, testualmente esonerati dalla legge dall’alimen-tare il genitore decaduto dalla potestà su di loro; sìche, scontato l’effetto stupefacente che deriva datale digressione, del tutto dimenticata dal disattentolegislatore, le poche parole che rimangono nel de-scrivere la nuova disposizione non possono essereche di profondo biasimo, senza ulteriori commenti.

Rimangono, allora, in corsa per la prestazione ali-mentare i fratelli e le sorelle germani ed unilaterali(art. 433 n. 6 c.c.), seppure col limite dello stretto in-dispensabile (art. 440 c.c.), ove ancora campeggia ildifferenziato regime dell’obbligo tra le sorelle e i fra-telli germani e quelli unilaterali, stabilendosi la pre-cedenza dei germani sugli unilaterali.

Tale precedenza, in relazione alla riformulazionedelle norme sulla parentela e sui suoi gradi secondoil nuovo art. 74 c.c., per così dire unificati, a prescin-dere dalle forme della filiazione da cui prendono ori-gine18, non ha più ragione di esistere, stante che,muovendo dal parametro di uguaglianza tra i tutti ifigli, poi vedendoli nella loro correlata dimensionedi fratelli, lo spettro della completa unificazionedeve completarsi in modo uniforme, abolendosiespressamente il regime della precedenza degli unirispetto agli altri ed attivandosi con maggiore pie-nezza il disposto dell’art. 441 c.c.

Qui giunti, l’epilogo che ognuno può trarre dal “pericoloso “riflesso dell’art. 448 bis c.c., sulla scenagiuridica del diritto alimentare e successorio, è evi-dente, considerato che con esso si intende cancel-

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lare ogni rapporto col genitore decaduto dalla patriapotestà, senza distinzione di cause, annientandosi,con una fragilissima previsione di indegnità, i suoidiritti successori dal lato attivo e conservandosi in-teri quelli dei suoi aventi causa diretti, nelle personedei figli e dei discendenti che succedono al genitoreindegno nel caso di sua naturale premorienza19.

Essi, infatti, nella posizione di legittimari appar-tenenti al primo ordine successorio (art. 536 c.c.),precedono la categoria dei fratelli e delle sorelle che,invece, appartengono all’ordine dei collaterali, il cuidiritto di succedere è regolato agli artt. 565 e 570 c.c.in assenza di costoro.

Tali ultimi, benché posti in fondo alle categoriepreviste dall’art. 433 c.c., nella triste digressione cuila norma costringe, largamente sovversiva degli or-dini successori anzidetti, rimarrebbero gli unici ob-bligati alla prestazione alimentare in favore del pro-prio fratello decaduto dalla potestà genitoriale e de-stinato alla declaratoria di indegnità da parte deisuoi discendenti diretti.

Se questo era l’intento del legislatore, bastata scri-vere un norma ancor più brutale di quella qui ana-lizzata, ma al contempo tragicamente sincera, conla quale si poteva affermare la perdita di ogni dirittoin capo al genitore revocato dalla potestà genito-riale, siccome indegno di succedere e di essere ali-mentato dalla sua progenie.

3. I nuovi casi di indegnità a succedere per la deca-denza dalla potestà genitoriale: limiti sostanziali edaperte antinomie sistematiche del nuovo art. 448 bisc.c..

Venendo ora al profilo della indegnità a succederedel genitore, conseguente dalla revoca della potestà,attivabile dal figlio o dal discendente in mancanzadi lui, esso espone una serie di contraddizioni nonemendabili, le quali rendono il passaggio dellanorma che la contiene irta di insidie con riferimentoalla lesione di diritti costituzionalmente garantiti,non difficili da individuare all’art. 3 della Costitu-zione.

E proprio qui riposa il punto critico delle nuove di-sposizioni contenute all’art. 448 bis c.c., stante che laprevisione di indegnità ivi richiamata, era già stataregolata con l’introduzione del n. 3 bis nel novero deicasi previsti all’art. 463 c.c., contemplandosi per laprima volta il caso dell’indegnità a succedere con-seguente dalla perdita della potestà genitoriale neiconfronti del figlio.

Il precedente legislatore, ammetteva, dunque, lapossibilità di dichiarare l’indegnità del genitore etuttavia salvo reintegra, addizione, tal ultima, de-terminata dal richiamo dell’art. 1 della L. 137/2005,che ne consentiva l’applicazione solo nel caso in cuiil genitore fosse giunto alla successione del figlio colpeso della revoca della potestà ancora sulle spalle.

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Un occhio attento alla rigide ipotesi di indegnità asuccedere, contenute all’art. 463 c.c. avrebbe sicura-mente notato che in ognuna di esse, anche in quellepiù gravi che considerano l’omicidio tentato o con-sumato, è sempre prevista una liberatoria, tutte levolte in cui sia esclusa la punibilità del reo da partedella legge penale; sì che il non aver considerato lareintegra nella potestà, quale causa riparatrice del-l’indegnità, rappresenta più un capriccio paidocen-trico di ultima istanza che un valido ed opponibilemovente esclusivo del diritto di succedere.

Ciò posto e scendendo, allora, nel dettaglio dellanuova disposizione rileva, a nostro avviso, il se-guente inciso “…per i fatti che non integrano i casi diindegnità di cui all’art. 463, possono escluderlo dallasuccessione” estendendosi la detta facoltà anche infavore dei discendenti, naturalmente, se non pren-diamo errori, dopo la morte del figlio, loro padre.

L’ipotesi descritta nella norma anzidetta risultatanto eccezionale a verificarsi da non meritare l’enu-cleazione di un principio di così radicale portata,volto ad ampliare i casi di indegnità oltre le catego-rie individuate nell’art. 463 c.c., norma, tra l’altro, distretta interpretazione che non consente alcunaestensione analogica dei casi esclusivi della succes-sione dell’indegno in essa individuati; sì che, stupi-sce il fatto che il legislatore, pur avendo sotto gli oc-chi l’art. 315 c.c., ove al primo comma è previsto il ri-

spetto dovuto dai figli nei confronti dei genitori, ab-bia perso l’occasione di riflettere sul risvolto dellaquestione dell’indegnità a parti inverse, dal quale ri-cavare, con le stesse parole adottate per il figlio e ildiscendente, il bilanciato potere di esclusione dallasuccessione anche in favore dei genitori anziani,fuori dai casi dell’art. 463 c.c., quando vengano ab-bandonati, disprezzati, vilipesi da coloro che hannomesso al mondo e condotti alla maturità, emanci-pandoli con i loro apporti dai bisogni della vita20.

Quindi il figlio, invertendo l’ordine dei fattori, puravendo rifiutato gli alimenti al genitore ai sensi del-l’art. 448 bis c.c., sul presupposto che durante la suainfanzia costui abbia subito la revoca della potestà,senza distinzione tra casi maggiori e casi minori cuiessa dà corso, spesso attinenti a tutte quelle que-stioni collegate al difetto attitudinale all’eserciziodella genitorialità, oppure, nel reiterato inadempi-mento dell’obbligo mantenitorio, gli potrà succe-dere, laddove residui, dopo la sua morte, un certopatrimonio immobiliare, nonostante lo possaespressamente escludere, quando premuoia, ancheoltre i casi previsti dall’art. 463 c.c.

E ciò si badi, a prescindere dal fatto che il genitoreabbia ottenuto la reintegra nella patria potestà,come sembra affermare la norma considerata nel-l’art. 448 bis c.c., stante che non considera, neancheper richiami esterni, l’ipotesi del superamento della

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causa di indegnità, già prevista all’art. 463, n. 3 bisc.c. tutte le volte in cui il genitore fosse stato reinte-grato prima della morte del figlio con un validoprovvedimento del giudice.

Se così è, rimanendo inemendabile il carattererancoroso che circola all’interno della nuova dispo-sizione di legge, un legislatore giusto e comprensivoavrebbe avuto altri possibili profili da collegare al ri-fiuto degli alimenti dovuti al genitore da parte delfiglio, sul presupposto di una revoca della potestàgenitoriale di cui non si distinguono le cause ed iveri confini.

Ed allora, rilevata la permanenza del provvedi-mento di revoca della potestà, laddove fosse statadeterminata da cause severe21, si sarebbe potutoescludere la successibilità in modo reciproco sui ri-spettivi patrimoni residuati alla loro morte, con l’at-tribuzione della quota che sarebbe spettata all’in-degno all’altro genitore, del caso vivente, visto cheper gli ascendenti non c’è rappresentazione ma soloaccrescimento; oppure, una volta ammessa l’inde-gnità a succedere del genitore decaduto dalla pote-stà genitoriale, anche fuori dai casi previsti dall’art.463 c.c., consentire al genitore che l’abbia corretta-mente esercitata, di attivarla nei confronti di quelfiglio che reiteratamente abbia posto in essere neisuoi confronti, atti di abbandono e disprezzo, tali daattentare al suo patrimonio morale e materiale, ca-gionati o meno dalla permanenza della revoca dellapotestà genitoriale.

Tale cautela avrebbe fornito, con l’evasione dallerigide classi dell’indegnità offerta dalla nuovanorma contenuta all’art. 448 bis c.c., per giunta col-locata proprio nel sistema degli alimenti dovuti, unmiglior criterio argomentativo alla giurisprudenza,ancora impegnata nella ricerca dell’atto lesivo dellapersonalità del donante in argomento di revocadelle donazioni per ingratitudine22 ai sensi dell’art.801 c.c.

Proprio a questo punto, prendendo ulteriori argo-menti dalle questioni anzidette, si deve segnalare ildisdoro della giurisprudenza che non ha conside-rato il reiterato schiaffeggiamento subito dalla do-nante da parte della figlia donataria, quale causa direvoca della donazione, considerandolo un compor-tamento da collocare nella normale dinamica liti-giosa della famiglia, conseguente da scelte di vitadella beneficiata non approvate dai genitori23; men-tre è noto che un’azione del genere, nei confronti diun minore, benché deplorevole, possa condurre pro-prio alla perdita della potestà genitoriale anche sul-l’abbrivo offerto, in materia penale, dal reato diabuso dei mezzi di correzione.

Così sfogato un represso sentimento di giustiziasostanziale in argomento di revoca delle donazioniper ingratitudine e venendo al tema d’indagine, l’ul-timo profilo, veramente difficile da collocare nel si-stema successorio, si incontra nella misura della di-

sposizione dell’art. 448 bis c.c., che prevede la possi-bilità offerta al discendente, nel caso in cui manchiil figlio del padre indegno, che non abbia attivato ilnuovo meccanismo ablativo, di attivarlo lui stesso,stabilendosi, più che un caso possibile a verificarsinella realtà giuridica, una sorta di successione nelrancore derivante dalla permanenza della perditadella potestà genitoriale sul genitore del genitore.

L’inciso della legge che riporta il seguente passag-gio: “possono escluderlo dalla successione” con-giuntamente riferito al figlio e ai discendenti, primaautorizzati a non prestare gli alimenti al genitore re-vocato dalla potestà, appare, dunque, particolar-mente oscuro, considerato che secondo un logico or-dine graduale, i momenti dell’indegnità a succedere,poggiati sull’unica causa della decadenza dalla po-testà genitoriale, sembrerebbero spiegare effetti at-tivi in capo a due categorie di successibili, confon-dendosi l’interesse ad agire, in capo all’una e all’al-tra, potendosi attivare, l’azione di specie, solo dopola morte della persona offesa.

Deriva, allora, che l’azione di indegnità da partedei discendenti contro il genitore revocato dalla po-testà sul figlio premorto, può essere innescata solodopo tale esiziale momento e quando non vi sia iltestamento di costui col quale si dichiari espressa-mente l’indegnità del genitore, per una causa chepur girando intorno alla permanenza della perditadella potestà genitoriale, potrebbe andare anche ol-tre i casi previsti dall’art. 463 c.c., stando al testodella norma in esame.

Ora, quali possano essere i casi posti fuori dall’art.463 c.c. da cui giungere all’esclusione dalla succes-sione del genitore inciso dalla perdita della potestàsull’originario minore non è dato saperli; mentre siconosce con certezza quello contenuto all’art. 463 n.3 bis c.c. che consente l’attivazione del rimedio abla-tivo di succedere da parte dei successibili concor-renti, solo quando permanga in capo al genitore larevoca della potestà dopo la morte del figlio.

Ma, a ben vedere, rilevato che le categorie di in-degnità sono tassativamente previste dall’art. 463c.c., l’inciso “ possono escluderlo “ trascina con sèl’idea che tale esclusione possa avere radice volon-taria, potendo essa dichiarazione di esclusione del-l’indegno, nel cui curriculum vitae vi sia la macchiadella revoca della potestà genitoriale, trovare la suasede solo nel testamento della persona offesa e insua mancanza in quello dell’avente causa diretto,vale a dire il discendente.

Deriva, allora, che un testamento del genere, lad-dove si dichiari l’indegnità del genitore a succederequando, invece, costui sia stato reintegrato nella po-testà prima della morte del figlio, da cui deriva poil’identico potere del discendente in sua assenza,sarà colpito da nullità parziale ed a più forte ragionenel caso in cui la dichiarazione anzidetta giri in-torno ad una causale collegabile al precedente con-

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flitto genitoriale, del tutto non richiamata nella li-sta dei casi tassativamente previsti dall’art. 463 c.c.

Venendo, ora, al profilo della legittimazione attivadell’erede concorrente, che prende le mosse, nel no-stro caso, dal presupposto dell’assenza di testa-mento del figlio e nell’ipotesi più lontana del di-scendente, cui segue l’apertura della successione le-gittima, laddove concorrano discendenti e ascen-dente, sembrerebbe aprirsi il campo all’azione di in-degnità, il cui interesse ad agire sarebbe trasferitoin capo al discendente contro l’ascendente revocatodalla potestà, al quale non gioverebbe nemmeno,l’intervenuta reintegra nella potestà genitoriale, se,per fuori dai casi previsti dall’art. 463 c.c. debba purecomprendersi quello dettato al n. 3 bis della normain questione.

La norma del nuovo art. 448 bis c.c., con unaestensione parossistica, sembra pure prevedere ladisponibilità dell’azione di indegnità in capo al di-scendente del discendente, stante che il “possonoescluderlo” riferito al figlio e al discendente, benchéincomprensibile in prima battuta, deve collocarsinell’ambito dell’autonomia dispositiva, non poten-dosi prevedere una dichiarazione di esclusione con-giunta con atto volontario precedente la morte incapo a soggetti egualmente autorizzati dalla legge,ciò che in ultima analisi rende la norma del tuttoinapplicabile.

Qui giunti, volendosi, infine, segnalare l’errore difondo, sottostante all’art. 448 bis c.c. esso si incontra,con miglior chiarezza, procedendo alla naturale se-zione della norma in due parti, benché appaia su-perficialmente impostata in un’unica disposizione,da cui trarre argomenti utili a dimostrare l’impossi-bilità tecnica del richiamo volto all’applicazionedella congiunta declaratoria di indegnità in capo algenitore decaduto dalla potestà.

È evidente, infatti, che nel caso del rifiuto degli ali-menti al genitore decaduto dalla potestà, il primorichiamo è rivolto al figlio obbligato ai sensi dell’art.433 n. 2 c.c., registrata la mancanza del coniuge, permorte o per cessazione del vincolo matrimoniale,dalla cui intrapresa spesso deriva l’attivazione dellarevoca della potestà nei confronti dell’altro, sì che,l’inciso “ in sua mancanza”, può cogliersi soltantoin quello che si riferisca alla sua morte, da cui derivala chiamata in subordine del discendente prossimo.Non avrebbe avuto alcun senso una doppia chia-mata alla prestazione di alimenti, sull’identico po-tere di rifiuto introdotto dall’art. 448 bis c.c., con-giuntamente e contemporaneamente attribuito alfiglio e al discendente.

Da qui deriva, a nostro avviso, che nella succes-siva sezione della norma, ove si tratta dell’indegnitàa succedere anticipata dal “possono escluderlo dallasuccessione” la stessa graduazione adottata per ilrifiuto degli alimenti al genitore decaduto dalla po-testà sul figlio evidentemente premorto, deve essere

mantenuta, tale da escludersi una posizione con-giunta del figlio e del discendente, come erronea-mente affermato nella legge che prende le mosse dauna identica causa di esclusione.

Secondo un’altro angolo di lettura, potrebbe an-cora affermarsi che la perdita remota della potestàgenitoriale avrebbe un carattere plurioffensivo voltaa colpire il figlio e i discendenti, da ciò legittimati anon prestare entrambi, senza chiamata in subor-dine, gli alimenti al genitore, così sovvertendosi icriteri della personalità del rapporto alimentare, dacui normalmente deriva quello dell’irrogazionedella sanzione, e di poi ancora, in ambito proces-suale il criterio dell’opponibilità.

Tale costruzione, per così dire allargata ai naturalidiscendenti del genitore colpito dalla perdita dellapotestà avrebbe il fatale intento di cancellare, addi-rittura, ogni legame tra di loro, quasi anticipando lamorte civile del dante causa comune, cui nessun ri-guardo dovrà più essere portato finchè viva.

Ma, se muore prima il padre, com’è normale cheaccada nella naturale sequenza della vita umana, ilfiglio e il discendente, quisque pro suo, non hanno li-miti legali nella facoltà di succedergli, sì che ognirancore precedente, dinanzi ad un patrimonio de-volubile iure hereditatis si estinguerà del tutto, es-sendo ben noto che di fronte al denaro ogni anticopregiudizio moralistico, cedendo il passo all’oblio,annega nel fatto contingente dell’apprensione deibeni ereditari, il cui effetto catartico è ben cono-sciuto da quegli eredi ingrati ed irriconoscenti chesi presentano al capezzale del dante causa un mo-mento prima che spiri, pur avendolo abbandonatoe, a volte, disprezzato durante la sua vita terrena.

4. Le regole del processo per la declaratoria di inde-gnità a succedere e loro inamovibilità.

Messe così in evidenza le incongruità della leggequi commentata, seppure nell’euforia della primalettura, rimanendo in attesa di migliori chiarimentidel suo contenuto, appare doveroso ricordare le re-gole minime di attivazione dell’indegnità a succe-dere riportate alle categorie contenute all’art. 463c.c., siccome blindate dal criterio della stretta inter-pretazione.

È noto in dottrina che l’ipotesi della indegnità asuccedere di colui il quale abbia commesso nei con-fronti di alcuno dei soggetti indicati all’art. 463 n. 1c.c., uno dei reati previsti nelle successive sequenzedella norma, non conduce verso il parametro del-l’incapacità, bensì costituiscono singole cause diesclusione dell’indegno dalla successione della per-sona offesa24, che secondo la vecchia massima, an-cor oggi molto esplicativa, “potest capere sed non reti-nere”.

Movendo allora da questo abbrivo, l’inciso riferitoalla successione del figlio e del discendente dell’in-degno in pectore: “possono escluderlo dalla loro suc-

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cessione anche fuori dai casi previsti dall’art. 463c.c.” da cui deriva un esplicito richiamo alla materiagenerale dell’indegnità, non ha speranza di veder laluce della corretta applicazione, stante che le causedi indegnità non possono essere estese oltre i (du-rissimi) casi in essa previsti, se non individuandosi,da parte del legislatore, una nuova causa specificaed oggettiva, con la necessaria previsione delle ipo-tesi estintive dell’indegnità connesse alla legge pe-nale e a quella civile.

Posta così in luce la prima evidente anomaliadella nuova norma, del tutto incomprensibile risultapoi il non aver tenuto conto dell’art. 463 n. 3 bis, c.c.ove è testualmente previsto, da una parte, il caso diindegnità riportato alla perdita della potestà geni-toriale sul figlio e dall’altra la sua neutralizzazionein ipotesi di reintegra intervenuta prima della suamorte, che con rigore sistematico alla disciplina del-l’indegnità produce una causa di esclusione dellapunibilità, riconducibile sia alla legge penale, per leipotesi maggiori, sia alla legge civile, quando il ge-nitore venga reintegrato nella potestà ai sensi del-l’art. 332 c.c.

E, siccome ogni diritto dell’avente causa in subor-dine, concorrente con quello dell’indegno, deve es-sere portato alla conoscenza del giudice civile condomanda giudiziale, rispettate le regole del litiscon-sorzio necessario ex art. 102 c.p.c., tra gli interessatiall’eredità della vittima dell’indegno25, notificata etrascritta ai sensi dell’art. 2652 c.c., entro dieci anni

dall’apertura della successione della persona offesa,da cui deriva la sentenza costitutiva dell’indegnitàmedesima, laddove mai potessero concretizzarsi lecostruzioni della norma da noi avversata, le possi-bilità di difesa del genitore decaduto dalla potestàgenitoriale e reintegrato, al tempo suo, ai sensi del-l’art. 463 n. 3 bis c.c., sarebbero senz’altro prevalentisu quelle adottabili dai discendenti che dovrebberocercarle fuori dai casi previsti dall’art. 463 c.c.

Il pericolo cui conduce l’impostazione dell’art. 448bis c.c. è da considerare, perciò, grave, stante che ungiudice, strettamente argomentando dai suoi gene-ralissimi richiami, potrebbe dichiarare l’indegnitàdell’ascendente (quando gli vada di succedere al fi-glio premorto) sulla domanda proposta dal discen-dente, siccome tenuemente argomentata dalla per-dita della potestà genitoriale, nella quale sarebbe in-corso, moltissimi anni prima dell’attivazione delgiudizio ereditario, senza tener conto della reinte-gra dal medesimo conseguita, fissando nella sen-tenza un nuovo caso di indegnità, sostituendosi allegislatore e così all’infinito.

Ogni altro ragionamento sull’impostazione dellanorma contenuta nell’art. 448 bis c.c., risulta fin quiimpedito dall’evidente disarmonia che essa genera,sia in argomento di alimenti dovuti, sia per i riflessinegativi introdotti nel delicato ambito successorio,rendendosi così del tutto estranea ai principi gene-rali della nuova normativa sulla parificazione deglistatus di filiazione.

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Note1 In tale data la Camera dei Deputati della Repubblica Italiana approvava, in via definitiva, il disegno di legge unificato C. 3915 – S.

2805 della XVI legislatura, inerente alle “ Disposizioni in materia di riconoscimento di figli naturali “ confluito, nella L. 10 dicembre2012, n. 219, pubblicata in G.U., 17 dicembre 2012, n. 293, con numerose e forse troppe disposizioni delegate contenute nel suo art. 2,da attuare entro un anno dalla pubblicazione, che sancendo il principio generale della parificazione di tutti gli status di filiazione, tra-mite la rimodulazione dell’art. 315 bis c.c. e la necessaria elaborazione dell’art. 74 c.c., ha dato definitivamente voce agli studi di A. PA-LAZZO, La filiazione fuori dal matrimonio, Milano, 1965; ID. La filiazione, in Tratt. dir. civ. comm.,. Cicu e Messineo, continuato da L. Men-goni, diretto da P. Schlesinger, Milano, 2007, nonché alle serrate critiche di Cesare Massimo Bianca contro l’arresto di Corte Cost. 23 no-vembre 2000, n. 532 che ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale con riferimento alla esclusione dei parenti na-turali dalla successione legittima, osservazioni, tali ultime che abbiamo avuto l’onore di ricevere ne, I Pareri, richiesti e ordinati da G. Pa-lazzolo, in A. PALAZZO, Testamento e istituti alternati, Tratt. teorico pratico di diritto privato, diretto da G Alpa e S. Patti, Padova, 2008,p. 693 ss., C.M. BIANCA, Alcune considerazioni sulla parentela naturale e sul principio di eguaglianza dei figli ove, trovando felici espres-sioni afferma che : “ Un ordinamento civile non può essere costruito sulle disuguaglianze tra figli. Il civilista deve piuttosto guardare adun ordinamento in cui non vi siano figli legittimi e figli non legittimi, ma figli e basta “.

2 La dottrina generale sugli alimenti dovuti è vasta, sì che tra i contributi più recenti e significativi, cfr. T. AULETTA, Alimenti e soli-darietà familiare, Milano, 1984; ID., Diritto di famiglia, X ed., Giappichelli, Torino, 2011; G. BONILINI, Manuale di diritto di famiglia, To-rino, 2012, V ed.; G. CIAN, Alimenti, in Comm. alla riforma del diritto di famiglia, Padova, 1977, p. 815; G. TAMBURRINO, Lineamentidel nuovo diritto di famiglia italiano, Torino, 1976, p. 376; D. VINCENZI AMATO,Gli alimenti, in Tratt. di dir. priv. diretto da Rescigno,Torino, 1982, p. 848, G. PALAZZOLO, Alimenti dovuti e mantenimento negoziato, Napoli, 2008, p. 31 ss., tutti sulla fondamentale lezionedi A. CICU, La natura giuridica dell’obbligo alimentare tra congiunti, in Riv. dir. civ., 1910, p. 145.

3 In argomento di adozione legittimante ex L. 184/1983 e sue relazioni con l’art. 74 c.c., si veda G. SALITO, Parentela e affinità, in Ildiritto di famiglia nella dottrina e nella giurisprudenza, Il matrimonio, le unioni di fatto, i rapporti personali, Vol. I., Trattato teorico –pratico, diretto da G. Autorino Stanzione, II ed., Torino, Giappichelli, 2011, p. 13 e ss.; : mentre, per completezza di informazione, sulletematiche relative alla posizione del figlio adottivo sia, inter vivos che mortis causa, si rinvia alla completa analisi di G.BONILINI, Ma-nuale di diritto di famiglia, cit., p. 335 e ss., specie in argomento di adozione di maggiorenni, nonché A. GIUSTI, L’adozione di personemaggiori di età, in Il diritto di famiglia, Vol. III, Filiazione e adozione, Tratt. diretto da G. Bonilini e G. Cattaneo, continuato da G. Boni-lini, Torino, 2007, II ed., p. 563 ss, nonché, in tema di adozione civile e riconoscenza dell’adottato al recente e compendioso contributo diC. COPPOLA, L’ingratitudine nel diritto privato, Padova. 2012, p. 61 ss.

4 Si ricordi che la norma generale contenuta all’art. 463 c.c., regolatrice dei casi di indegnità a succedere era stata già integrata conl’introduzione del n. 3 bis per effetto della L. 8 luglio 2005, n. 137, pubblicata in G.U., n. 166 del 19 luglio 2005 che escludeva dalla suc-cessione del figlio il genitore revocato dalla patria potestà, salvo che alla morte dell’ereditando non fosse stato reintegrato, con provve-dimento dell’autorità giudiziaria su istanza del genitore revocato; oppure, in via volontaria, da parte del figlio, per mezzo del testamentoai sensi dell’art. 466 c.c., sia in forma espressa che tacita ed infine con atto pubblico. Dalla stessa norma, per completezza di informa-zione è da riferire che vennero pure espunti alcuni termini che evocavano l’idea della pena di morte al n. 3 e la menzione “ penale “ ri-portata dalla legge in argomento di omicidio al n. 2.

5 Come insegna A. PALAZZO, La filiazione, in Tratt. dir. civ. comm , cit., specie alle pp., 205, 211, 241 e 261, che, contro il tradiziona-lismo delle regole antiche, concernenti i vari status di filiazione differenziati dal matrimonio, pone al centro del sistema la tutela dei fi-gli non matrimoniali, coniandone l’evolutiva qualificazione ed ancorandola al tema dell’affettività, della solidarietà e dell’amore obla-tivo, che nella norma qui analizzata sembra tragicamente dimenticato.

6Per tutti, G. GIACOBBE, “Genitorialità sociali” e principio di solidarietà: riflessioni critiche, in Dir. fam. pers., 2005, p. 156 ss., ID., Il fon-damento giuridico della solidarietà sociale, in Iustitia, 1999, p. 523 ss.

7 Scorrendo i repertori della giurisprudenza raramente si incontra un provvedimento giudiziale che disponga sugli alimenti dovuti aisensi degli artt. 433 e ss. c.c., essendo noto che i genitori si compiacciano dei propri figli al punto da tenerli fuori da ogni loro vicendaesistenziale, attribuendosi, di contro, all’intervento impersonale dello Stato di welfare il ruolo di colmare, col sistema dei servizi agli an-ziani indigenti, certi obblighi di assistenza e cura che prima dovrebbero essere risolti in famiglia, quando le condizioni economiche di al-cuni suoi membri siano tanto sufficienti da poterli garantire. Ed infatti, ai sensi dell’art. 443 c.c., la prestazione del rateo alimentare puòtrasformarsi in accoglienza e mantenimento dell’alimentando nella casa dell’obbligato, che nonostante sia considerata quale modo diadempimento alternativo dell’obbligazione di alimenti, perpetua nella legge un uso atavico delle famiglie italiane, ancora molto diffusonel Sud d’Italia, vale a dire quello di accompagnare i propri genitori nelle ultime fasi della loro esistenza verso quel crepuscolo della vitacui tutti gli uomini devono soggiacere; per tali argomenti sia consentito rinviare a G. PALAZZOLO. Alimenti dovuti e mantenimento ne-goziato, Napoli, 2008, p. 25 ss. .

8 L’unica norma riconducibile ad un parametro contrattuale oggettivo, riguardante l’obbligato agli alimenti e l’alimentando caduto instato di bisogno, si incontra all’art. 437 c.c. ove il donatario è tenuto ad adempiere con precedenza su ogni altro soggetto previsto all’art.433 c.c., escluso il caso della donazione obnuziale ( art. 785 c.c.) e della remuneratoria ( art. 770 c.c. ), prevedendosi in capo all’obbli-gato che persista nell’inadempimento della prestazione alimentare una specifica causa di revocazione, secondo il richiamo dell’art. 801c.c. riconducibile, con altre deduzioni, al sistema dell’ingratitudine e tale da non consentire il mantenimento della donazione a lui fatta.Tali particolari applicazioni dell’ingratitudine al diritto dei contratti gratuiti, delle attribuzioni mortis causa e delle donazioni sono statedi recente messe in chiaro da C. COPPOLA, L’ingratitudine nel diritto privato, cit., p. 73 e ss.

9 Il non aver previsto nell’ambito della nuova disposizione dettata con l’art. 448 bis c.c. la causa della revoca della potestà genitorialeche conduce al diritto del figlio di rifiutare gli alimenti dovuti al genitore o all’ascendente, produce un grave effetto massimalista, del tuttosbilanciato rimanendo al contenuto patrimoniale dell’obbligo circolare di alimenti, specie, quando, nelle ipotesi minori il genitore deca-duto continui ad adempiere alla prestazione di mantenimento. Tale massimalismo, poteva essere risolto semplicemente aggiungendo aldiritto di rifiuto anzidetto, le causali più gravi della decadenza dalla potestà genitoriale, normalmente connesse ai reati di abuso o di gravimaltrattamenti sul minore, lasciandosi, in ogni caso, al genitore decaduto la possibilità di riscattarsi con la riabilitazione, non fosse al-tro che per il richiamo successivo all’art. 463 c.c. in argomento di indegnità a succedere, ove è prevalente l’impostazione penalistica..

10 Sulla questione generale del diritto al mantenimento dei figli e dell’affidamento condiviso, nella disciplina introdotta dalla L. 54/2006,si rinvia all’esaustiva analisi di G. FREZZA, Mantenimento diretto e affidamento condiviso, Milano, 2008, p. 5 ss., unitamente alle suenumerose riflessioni critiche sulla tenuta e l’applicabilità della nuova legge, specie in argomento di disarmonie tra di essa e quella pre-cedente che si propone di innovare sul discrimen posto dall’art. 4 comma 2 del nuovo testo.

11 Ci basta qui riportare l’arresto della Corte Costituzionale n. 31 del 23 febbraio 2012, che intervenendo sulla pena accessoria rela-tiva alla perdita della potestà genitoriale prevista dall’art. 569 c.p., siccome derivante dal reato di alterazione di stato commesso in vio-lazione dell’art. 567 c.p., l’ha dichiarata costituzionalmente illegittima, tutte le volte in cui sia corrispondente all’interesse del minore cheil genitore continui a mantenerla in vista della realizzazione degli obblighi genitoriali connessi al fatto di procreazione.

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12 Quando l’altro coniuge non abbia un patrimonio aggredibile, è noto che l’azione penale prevista dall’art. 570 n.1 c.p. nei confronti del-l’obbligato al mantenimento in favore del figlio minore e del coniuge affidatario, anche nei casi di oggettiva impossibilità di adempiere re-golarmente, spesso rappresenti una sorta di rimedio punitivo - afflittivo di ultima istanza, col quale colpire l’altro genitore e fargli perderela potestà genitoriale sul minore nel susseguente giudizio previsto all’art. 330 c.c. dinanzi al Tribunale per i minorenni; espediente questo,tanto odioso ed inopportuno, specie considerandosi che il genitore, nonostante la dichiarazione di decadenza pronunciata nei suoi confronti,che in linea astratta lo libererebbe dal dovere di adempiere, deve continuare ad assolvere ai suoi obblighi di mantenimento senza esercitarela potestà sul minore, passaggio, tal ultimo, cui fortunatamente provvede il largo spettro argomentativo di Corte. Cost. 31/ 2012 cit.

13 Per tali particolari argomenti si veda, A. PALAZZO, Il patto del decalogo e l’idea del contratto sociale nell’Europa moderna, in Jus,1 – 2, 2011, p. 159 ss., la cui lettura apre nuove direttrici di analisi della nostra materia, considerandosi la Legge di Dio un dono di cuigodono tutti gli uomini per conseguire la libertà dalle regole particolari poste a tutela di singoli e spesso contrastanti interessi.

14 Nonostante un primo interessamento della nostra migliore dottrina, intervenuto a cavallo degli anni 90’ nessuna norma protettivadei bisogni degli anziani è stata pensata dal legislatore italiano, sì che, tra i più importanti contributi cfr. L. MENGONI, La tutela giuri-dica della vita materiale nelle varie età dell’uomo, in Riv. Trim. dir. e proc. civ., 1982, p. 1127; P. PERLINGIERI, Diritti della persona anziana,diritto civile e stato sociale, in P. Stanzione ( a cura di ), Anziani e tutele giuridiche, Napoli, 1991, p. 88 ss.; P. STANZIONE, Le età dell’uomoe la tutela della persona: gli anziani, in Riv. dir. civ., 1989, I, p. 447 ss.; L. ROSSI CARLEO, Il futuro degli anziani: le ragioni di una ri-cerca, in L. Rossi Carleo, M.R. Saulle, L. Siniscalchi ( a cura di ), La terza età nel diritto interno e internazionale, Napoli, 1997.

15 Si vedano sul punto discriminante della questione esposta al testo, correlata al fatto che la posizione del minore nel processo è ga-rantita da una pluralità di norme cogenti, mentre per l’anziano i riferimenti della sua tutela debbano essere cercati all’esterno del di-ritto, vale a dire nelle scienze sociologiche, nella medicina, nella psicologia, nell’economia, le profonde riflessioni di M. DOGLIOTTI, Anzianie società; doveri e diritti, in Dir. fam. e pers., 1998, p. 426; ID., I diritti dell’anziano, in Riv. trim. dir e proc. civ.., 1987, p. 711 s.; ID., Di-ritti della persona ed emarginazione: minori, anziani, handicappati, in Giur. it., 1990, IV, c. 361.

16 Si deve a G. BONILINI, Sull’inadempimento del vitalizio assistenziale, in Resp. Civ., 1998, p. 331 ss.; ID., Vitalizio e risoluzione perinadempimento dell’obbligo di prestare assistenza morale, in Contratti, 1996, p. 5 ss. l’individuazione dei nuovi caratteri su cui si fondala prestazione globale di assistenza e cura in favore delle persone deboli, che ha mosso anche il sistema degli alimenti dovuti, nella mi-sura in cui la prestazione alimentare non è più inquadrata nell’antico parametro dello stretto indispensabile per la sopravvivenza del-l’alimentando, bensì su un coacervo di prestazioni complesse che si compongono, altresì, con l’assistenza e l’accompagnamento dell’ali-mentando stesso a tutte quelle attività della vita giornaliera che da solo non potrebbe svolgere compiutamente.

17 Sui rapporti tra i coniugi ed in particolare con riferimento al dovere di fedeltà, si rinvia alla completa analisi di E. GIACOBBE, Il ma-trimonio, T.1, L’atto e il rapporto, in Tratt. di dir. civ., diretto da R. Sacco, Torino, 2012, p. 733 e ss.

18 Bisogna qui ricordare il coraggioso contributo di M. SESTA, Stato di figlio legittimo e richiesta di alimenti al padre naturale, in Riv.dir. civ., II, 1975, p. 460 e ss., che schierandosi contro la dottrina dominante del periodo e passando in rassegna la giurisprudenza pre-cedente la riforma del diritto di famiglia, allora all’esordio, ha dimostrato che il sistema non escludeva che il titolare dello status di figliolegittimo altrui, non potesse ottenere ulteriori diritti alimentari, dimostrando, con l’ausilio dell’art. 279 c.c., una diversa paternità, con-formemente all’idea della prevalenza del fatto biologico di procreazione sul favor legitimitatis, ormai, quasi irrilevante nei giudizi di ac-certamento della genitura naturale. Tale fondamentale passaggio della dottrina, espresso in tempi duri per il diritto di famiglia, consente,quindi, un’efficace lettura delle norme contenute agli artt. 580 e 594 c.c. in argomento di successione dei figli cd. irriconoscibili, sì che siaconsentito rinviare a G. PALAZZOLO, I diritti successori dei figli non matrimoniali, in Rass. dir. civ., IV, 2010, p. 1116 e ss.

19 Tale nuova introduzione produce una ulteriore criticità proveniente dal potere loro concesso di rifiutare gli alimenti al dante causadecaduto dalla potestà genitoriale, dichiarando di non essere tenuti, che si incontra con quanto dispone la vecchia norma contenuta nellaL. 1580/31, all’art. 1 comma 1, ove è prevista, nonostante le rimodulazioni intervenute con L. 833/78, istitutiva del Servizio sanitarionazionale, la rivalsa dello Stato per le spese di spedalità effettuate in favore del congiunto prossimo, ripetibili nei confronti dei suoi eredilegittimi o testamentari. Tale normativa, nonostante sia scarsamente seguita, risulta ancora applicabile, specie dopo l’intervento di CorteCost. 349/89 che argomentando dal movente dell’arricchimento senza causa ( cfr. la corretta applicazione di Cass. 10 maggio 1999, n.4621, in Mass. Giur. It., 1999 ), ritiene la rivalsa attivabile nei confronti degli aventi causa diretti dell’alimentando, quando questi risultiin stato di povertà, ai sensi dell’art.. 438 comma 1 c.c., secondo cui gli alimenti possono essere chiesti solo da chi versa in stato di biso-gno e non è in grado di provvedere al proprio mantenimento. Dall’esclusione dell’obbligo alimentare in capo ai figli e ai discendenti checomunque succedono nel patrimonio del loro dante causa, deriva senz’altro un appesantimento della spesa pubblica che contrasta conla dichiarazione di invarianza contenuta all’art. 6 del Disegno di legge unificato C. 3915 – S. 2805 approvato dalla Camera dei Deputatiil 27 novembre 2012, confluito nella L. 219/2012..

20 Sia qui consentito richiamare l’apporto di A. PALAZZO, Testamento e istituti alternativi, in Tratt. teorico – pratico di Dir. priv. di-retto da G. Alpa e S. Patti, Padova, 2008, p. 452 e ss., nonché p. 455, nt. 25, che replica al progetto di legge n. 1043 della XV legislatura,volto ad abolire la successione necessaria ed il patto di famiglia, con profonde riflessioni in argomento di tutela dei soggetti deboli e sullaparticolare funzione della proprietà partecipativa vista nell’ambito del diritto successorio dei legittimari.

21 E, tuttavia, esclusa quella relativa al compimento di reati concernenti abusi sessuali sul minore che solo la morte del genitore ac-certato colpevole potrebbe riparare, com’è, senza alcuna indulgenza, nell’immaginario collettivo di tutti gli uomini coscienti; sì che,considerata la gravità del gesto disumano ed innaturale, connesso a tale tipologia di reati, non sarebbe stato difficile aggiungere l’esclu-sione per indegnità del genitore colpevole di tali abomini all’interno dell’art. 463 n. 1 c.c., laddove si prevede il caso l’omicidio consu-mato o tentato.

22 Con le nuove introduzioni al tema indicato nel testo, offerte da C. COPPOLA, L’ingratitudine nel diritto privato, cit. p. 57 e ss., chesottopone ad una critica pacata ed elegante le precedenti posizioni assunte in dottrina ( cfr., in particolare i diversi risultati di G. FER-RANDO, Filiazione. 1) Rapporto di filiazione, in Enc Giur., Vol. XIV, Roma, 1988, p. 4 e ss. e G. FOTI, Commento all’art. 315 cod. civ., inCommentario al Codice Civile, dir. da E. Gabrielli, Della famiglia, a cura di L. Balestra, Vol. II, Torino, 2010, p. 978 ss. che escludono ognisimmetria tra l’obbligo di rispetto dei figli verso i genitori con quello previsto dall’art. 147 c.c. in argomento di mantenimento dovuto daigenitori ai figli minori ), prendono corpo e sostanza giuridica le nostre riflessioni in argomento di revoca delle donazioni per violazionedell’obbligo di rispetto verso i genitori da parte del figlio donatario, in violazione dell’art. 315 c.c., contenute in G. PALAZZOLO, Atti gra-tuiti e motivo oggettivato, Milano 2004, p. 73 ss.

23 Si tratta di Cass. 5 aprile 2005, n. 7033, in Mass. Giur. It. 2005, da noi fortemente avversata nel silenzio di tanti, sì che sia consen-tito rinviare a G. PALAZZOLO, Alimenti dovuti e mantenimento negoziato, cit., p. 90, nt. 65.

24 Contro l’autorevole voce di R. NICOLO’, La vocazione ereditaria diretta e indiretta, in Annali dell’Università di Messina, 1933 –1934, pp. 3 e 44, che riteneva l’indegnità una specifica forma di incapacità a succedere, cfr. A. PALAZZO, Successioni ( Parte generale ),in Dig. Disc. priv., Sez. civ., diretto da R. Sacco, XIX, Torino, 1999, p. 1222 e di recente A. NATALE, L’indegnità a succedere, in Tratt. dellesuccessioni e donazioni, diretto da G. Bonilini, I, La successione ereditaria, Milano, 2009, p. 939 ss.

25 Chiara sul punto è la massima di Cass. civ., 12 luglio 1986, n. 4533, in Giust. Civ., 1986, I, p. 2347.

STUDI E RICERCHE

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DIBATTITO

NOTA CRITICAALLA VERITÀ IMPOSTAAI CONIUGI SOTTOSANZIONE PENALENEI PROCEDIMENTIPER SEPARAZIONE

CLAUDIO CECCHELLA

PROFESSORE DELL’UNIVERSITÀ DI PISARESPONSABILE DELLA SEZIONE DI PISA DELL’OSSERVATORIO

1. Su alcuni recenti contenuti dei decreti in calce alricorso per separazione presso i tribunali di Romae di Napoli.

Con una diversa gradualità due dei più importantiTribunali d’Italia (Roma e Napoli) hanno ordinatonel decreto che fissa la comparizione delle parti nelprocedimento per separazione ai malcapitati co-niugi di produrre non semplicemente come la leggeimpone, già dalla fase presidenziale, le rispettive di-chiarazioni dei redditi, ed è il caso del tribunale ca-pitolino, ma un atto sostitutivo dell’atto di notorietàcon l’avviso alle “parti che la falsità delle dichiarazionirese è penalmente punita ai sensi dell’art. 76 del d.P.R. 28dicembre 2000, n., nel quale: “andranno indicate le se-guenti circostanze.

a) attività lavorativa a tutte le fonti di reddito (retribu-zioni, compensi di ogni genere anche se saltuari, canoni dalocazione, redditi da titoli, ecc.);

b) redditi annui relativi agli ultimi tre anni e redditinetti mensili percepiti negli ultimi sei mesi, con la preci-sazione in caso di lavoro autonomo, del numero dei colla-boratori e dei compensi mensili loro corrisposti;

c) proprietà immobiliari ed altri diritti reali immobiliarielencati singolarmente indicando la tipologia (abitazioni,terreni, ecc.), l’anno di acquisto, l’ubicazione, la superficiee l’utilizzazione del bene (se rimasto nella disponibilità, seconcessi in godimento a terzi e l’eventuale corrispettivomensile);

d) carte di credito e tutti conti correnti intestati o coin-testati o sui quali si possa comunque operare con l’indi-cazione dei dati identificativi (istituto di credito, numero,ecc.) e dei relativi saldi trimestrali degli ultimi tre anni;

e) quote sociali, titoli, depositi, e qualsiasi altra formadi investimento e di risparmio;

g) proprietà di beni mobili registrati e in particolare au-tovetture (da elencare singolarmente indicando il tipo el’anno di acquisto), imbarcazioni, aeromobili;

h) spese per mutui e finanziamenti con l’indicazionedella rata mensile dovuta dell’anno di erogazione e delladurata, per canoni di locazione, per rette di iscrizione allescuole dei figli, di circoli sportivi e/o ricreativi;

i) rapporti di convivenza, rapporti di collaborazione do-mestica, con indicazione dei compensi”.

Il tribunale partenopeo, invece, attenua le conse-guenze, in termini delittuosi, ma impone comun-que: “che entrambe le parti provvedano a depositare nelmedesimo termine, in aggiunta alla documentazione red-dituale degli ultimi tre anni, una nota informativa nellaquale dovranno essere inseriti anticipatamente tutti queidati che potrebbero essere rivelati a seguito di libero in-terrogatorio da parte del presidente, qui di seguito elen-cati: a) titolo di studio, qualificazione professionale, atti-vità lavorativa di tutti i componenti il nucleo familiare; b)complessive entrate delle quali in atto beneficia il nucleofamiliare con specifica indicazione del componente dellafamiglia, al quale le stesse debbano riferirsi; c) le proprietàmobiliari e immobiliari nella titolarità dei componenti lafamiglia, in essi compresi i figli minori e, in ogni caso, unaanalitica descrizione degli spazi nei quali si svolge la vitafamiliare e dei mezzi di locomozione di cui fruiscono icomponenti della famiglia; d) il tipo della scuola frequen-tata dai figli, con specifica indicazione della denomina-zione dell’istituto presso il quale sono iscritti; e) gli istitutibancari con i quali intrattengano rapporto i componentidella famiglia, con specifica indicazione dei valori ivi de-positati, in qualunque forma, e del numero dei conti cor-renti accesi, anche al solo fine della formazione della prov-vista per carte di credito, con estensione alle società la cuiattività sia in qualche modo d’interesse della famiglia o dialcuni dei componenti; f) le passività che gravino sul bi-lancio familiare; g) la condizione eventualmente di am-messi provvisoriamente al patrocinio a spese dello Stato.

La nota informativa dovrà essere redatta separata-mente da ciascuna delle parti, e anche dai figli conviventinon economicamente autosufficienti, per l’utilità che puòderivare dal confronto delle indicazioni fornite dalle partialla decisione sull’assetto, anche provvisorio, dei rapportipersonali e patrimoniali dei nuclei separati dalla famigliaa formarsi”.

Il tribunale di Napoli prudenzialmente non si pro-nuncia sulle conseguenze della mancata produzionedella “nota informativa; invece quello di Roma, nelnobile intento di coartare la verità dei coniugi, si di-lunga ben oltre le conseguenze penali della menzo-gna, ma in una fine analisi delle conseguenze civili enon: “avverte le parti che la falsità delle dichiarazioni reseè penalmente punita ai sensi dell’art. 76 del d.P.R. 28 di-cembre 2000, n. 445, e che tale condotta o l’omessa allega-zione o la tardività del deposito o la lacunosità della di-chiarazione saranno valutate quali argomenti di prova aisensi dell’art. 116 c.p.c. già in sede di pronuncia dei prov-vedimenti provvisori e, qualora i coniugi abbiano figli mi-nori, nella definizione del regime di affidamento, oltre cheai sensi dell’art. 709-ter c.p.c. ed in sede di regolamenta-zione delle spese processuali ed ai sensi dell’art. 96 c.p.c.”.

Un ventaglio di conseguenze che vanno da effettipregiudizievoli sul piano probatorio, ad effetti eco-nomici coercitivi (la sanzione, è da pensare, dell’ul-timo comma dell’art. 96 c.p.c.), sino addirittura adincidere nel merito sui provvedimenti di affida-mento e potestà, ai sensi dell’art. 709- ter c.p.c.

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Il giudice partenopeo, con la maggiore sensibilitàdovuta alla tradizione giuridica della città, tace, maè un silenzio sinistro che lascia presagire scenaritutti da verificare in concreto.

Questo il quadro offerto all’interprete, a cui si ac-cinge sommessamente chi scrive.

2. La determinazione giudiziale delle regole delprocesso.

Il processo civile ammette che le regole siano po-ste dal giudicante, ma nel diverso contesto delleforme di giustizia espressione dell’autonomia delleparti, le quali – nell’arbitrato, art. 816 - bis c.p.c. – ol-tre a fissare la regola contrattuale che disciplina ilrapporto, possono liberamente stabilire di rivolgerela domanda ad un giudice privato di cui hanno fi-ducia e possono – salvo le regole processuali di or-dine pubblico come il contraddittorio –, nel mandatodi giudicare offerto, stabilire anche le regole proces-suali, in mancanza, come è noto, provvede l’arbitrocon un intervento vicario.

Ma questa regola è propria dell’arbitrato e sispiega per il rilievo che il legislatore ha voluto offrireall’autonomia privata.

Nel processo giurisdizionale le cose non stannonello stesso modo; il giudice è sottoposto alla leggee con particolare rigore è sottoposto alla legge pro-cessuale, tanto che un legislatore che devolvesse –come l’arbitrato – al giudice la determinazione dellaregola processuale, sarebbe un legislatore eversivodel principio di riserva di legge nella regolamenta-zione del processo, ai sensi dell’art. 111, 1° comma,Cost.

Se poi è il giudice, che non approfittando dei vuotilegislativi, che pure vi sono e non sono pochi – sipensi alle regole del rito camerale – ad imporre laregola di fonte giurisprudenziale anziché legislativa,egli si pone su una china che lo conduce molto lon-tano da precise garanzie costituzionali.

Il fenomeno non è nuovo ed è qualche volta ali-mentato da quel movimento traversale, nel sensoche vede coinvolti oltre a giudici anche avvocati, chenella ricerca di protocolli concertati, per un verso li-mitano la discrezionalità del giudicante (di cui que-sti si dovrebbe forse avvedere con più consapevo-lezza), per altro verso alimentano un diritto proces-suale di emanazione extra legislativa, approfittandodel vasto fenomeno della informatizzazione del pro-cesso, che pone gravi interrogativi sul rispetto dellariserva di legge costituzionalmente imposta.

3. La prova legale di origine giurisprudenziale, ilde profundis del principio di libero apprezzamentoe di tipicità della prova civile.

Nel caso che trattiamo, sempre a sommesso av-viso dello scrivente, la regola del processo di crea-zione giurisprudenziale non ha semplicementeriempito una lacuna, ma ha violato precisi precetti

legislativi, sul tema della prova, dell’apprezzamentodella prova e, profilo assai più preoccupante, dei di-ritti difensivi della parte.

Quest’ultimo aspetto ha indotto lo scrivente ad unseppur breve contributo critico.

È noto, tanto da non meritare approfondimento senon un fugace cenno, come un sistema probatorioimprontato alla legalità della prova, che ha radici nelprocesso del diritto intermedio pre-rivoluzionario,allontana il giudizio di fatto dalla verità contraria-mente ad un sistema probatorio fondato sulla provaliberamente apprezzabile, che attraverso il confrontocon regole logiche e di esperienza consente al giudi-cante, anche grazie all’immediatezza di percezionedella prova (valore troppo spesso sacrificato nellapratica) di raggiungere un verità “vera”.

Il Tribunale di Roma, nelle accentuazioni che locontraddistinguono rispetto al Tribunale di Napoli,introduce nel sistema una sorta di preventivo giu-ramento suppletorio, sull’altare sacrificale del giu-dizio fondato sul libero apprezzamento della provalibera o delle sommarie informative, tipiche dellacognizione sommaria, fuori dai presupposti di legge,essendo com’è noto quello un mezzo di mera sup-plenza al dubbio che discende dalla libera valuta-zione della prova, diretto alla parte che più si è av-vicinata all’onere che le fa carico e che costituiscerimedio postumo, non certo in limine litis.

Imporre il giuramento della parte su fatti a sé fa-vorevoli in un termine anteriore alla udienza dicomparizione, se destinato ad avere una qualche(apparente) utilità per il giudicante (pigro nel di-sporre la prova liberamente valutabile), deve im-porre al medesimo giudicante di tenerne conto aifini della decisione (abbandonandone le conse-guenze al giudice penale). Introduce di fatto unaprova legale, vincolante per il giudice, il quale potràconfidare solo sullo spauracchio della sanzione pe-nale, come remora alla menzogna.

La verità giurata non avrà invece alcuna utilità alservizio della contestazione dei fatti, contribuendoad aprire la prospettiva di un’istruttoria sui fatti ri-levanti, perché secondo il tribunale capitolino e par-tenopeo la parte ha l’onere di prendere posizionesolo sui fatti che la riguardano e non sui fatti del-l’altra parte.

Dunque nella sostanza un giuramento suppleto-rio in limine litis.

Ma quali sono le conseguenze di una decisionefondata sul giuramento in limine che dovesse risul-tare falso quando la pronuncia non è più impugna-bile per decorso dei termini di reclamo o peggio an-cora per il passaggio in giudicato della sentenza fi-nale?

La sentenza è revocabile ex art. 395, n. 3 c.p.c. op-pure, come per il giuramento comune, il diritto siestingue, convertito esclusivamente in un diritto alrisarcimento del danno?

DIBATTITO

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Ecco un’elegante modalità di trasformazione, dalcilindro del prestigiatore, di diritti personali indi-sponibili (affidamento, assegnazione della casa,mantenimento) in equivalente in denaro.

Il segno che il diritto si liquida, ovvero assume lasola dimensione del denaro, è l’attento richiamo trale conseguenze (non hanno senso dopo il giudicatoil riferimento all’argomento di prova o la incidenzasulle spese), all’applicazione dell’art. 96 c.p.c., il ri-sarcimento del danno per responsabilità proces-suale aggravata: il giudice pensa ancora alla san-zione economica, ma non ne valuta le conseguenzesul piano sistematico.

Al di là della nostalgia (oltre tre secoli) verso unsistema di prova legale, a scapito di un sistema diprova libera e di prudente apprezzamento nella va-lutazione della prova, noi aggiungeremo un nuovomotivo di sacrificio della verità sostanziale (ma or-mai il processo sfugge alla verità sostanziale datempo), che non costituisce più l’obiettivo del giu-dizio sui fatti, essendo importante che l’ordina-mento offra una rapida soluzione ancorché gover-nata dalla prova legale e qualunque essa sia, anchein materia di diritti indisponibili.

Ma questa volta la tendenza evolutiva (o involu-tiva) del nostro sistema processuale, viola aperta-mente la legge.

Il nostro sistema probatorio è fondato sulla tipi-cità della prova e il giudice non può creare unaprova oltre il decalogo delle prove consentito. Nep-pure il carattere sommario della cognizione con-sente di fuoriuscire dall’alveo rigido delle informa-tive che hanno luogo esclusivamente con la perce-zione diretta, e non stragiudiziale e giurata, dell’in-terrogatorio libero della parte o della testimonianza.

La creazione di conio giurisprudenziale di un giu-ramento suppletorio extraprocessuale in limine litis èeversivo del sistema probatorio.

Si deve dire che la soluzione partenopea non ade-risce, per buona sorte, alla rigidità della pronunciacapitolina e anzi, nonostante imponga alle parti unadichiarazione in limine litis da contenuti analoghi,precisa che “l’utilità … può derivare dal confronto delleindicazioni fornite dalle parti alla decisione sull’assetto,anche provvisorio, dei rapporti personali e patrimonialidei nuclei separati dalla famiglia a formarsi” e che sitratta di ”dati che potrebbero essere rivelati a seguito dilibero interrogatorio da parte del presidente”, perciò ladichiarazione (in questo caso non giurata) ha la va-lenza delle risultanze di un interrogatorio libero,quindi di semplice chiarificazione dei fatti rilevantiin causa e delle contestazione che aprono la pro-spettiva dell’effettivo thema probandum e nient’altro.Risultanze, deve intendersi, che non assurgono aprova, come non assurgono a tale effetto i risultatidi un interrogatorio libero: ma allora non si intendequale utilità possano avere le note informative,quando il Presidente ben possa acquisire tali infor-

mazioni direttamente in sede di interrogatorio (conil rispetto delle regole che fondano le informative eche rendono auspicabile un principio di immedia-tezza tra giudicante e prova).

Si tratta tuttavia di un’interpretazione del decreto“pretorio” di Napoli volto ad introdurre nuove regoleal processo per separazione, poiché la cautela del-l’interprete lascia aperta l’insidia, cui può cadere ilgiudice con minore sensibilità con il sistema proba-torio, di una prova vera e propria fondante la deci-sione, che anche in questo caso incontra l’ostacolodel divieto di prove libere, qualunque valenza pro-batoria si intenda offrire alla c.d. “note informative”.

4. La violazione del diritto della parte di non ri-spondere e l’annientamento del ruolo del giudice.

Coartare la verità alla parte sotto pena di sanzionepenale corrisponde ad una corretta concezione deldiritto di difesa?

Il processo penale, che si è liberato di quel sistemaprobatorio legale, grazie all’apporto di insigni giuri-sti e di movimenti storici che hanno condotto allaconquista di una civiltà del diritto, lascia un’ereditàche il giudice capitolino sembra trascurare.

Il processo e il giudizio sul fatto nel quale con-fluisce non può fondarsi sulla verità della parte in-dotta con la forza della sanzione afflittiva, ma devecercarla aliunde, con l’apporto del contraddittorio ov-vero dello scontro delle “opposte menzogne”, del-l’iniziativa probatoria delle parti indotte a fare pre-valere la propria verità, mitigata dall’apporto pro-batorio del giudice.

È nello conflitto delle verità, il contraddittorio, cheemerge la menzogna e il compito del giudice, con glistrumenti del libero apprezzamento della prova inparticolar modo, è quello di cogliere quale delle ve-rità debba prevalere, con un evidente esaltazione delsuo ruolo, avvilita da orientamenti come quelli inesame critico.

Pensiamo seriamente che un sistema di prova le-gale esalti il ruolo del giudice, vincolato alle conse-guenze del giuramento della parte sulla verità deifatti?

Pensiamo veramente che nel processo civile (ilprocesso penale ha da tempo aborrito l’apporto della“tortura” come mezzo preferenziale per estrarre laverità dalla parte), viga un obbligo di verità delle partie che questo sia in linea con i principi del contrad-dittorio?

Chi scrive sommessamente crede esattamentenel contrario: la parte ha il diritto di non dire la ve-rità e che solo il contraddittorio, in un processo di-spositivo, può assicurare il maggior grado di rispon-denza della verità formale con la verità sostanziale.

Non esiste alcuna norma di diritto positivo chepossa giustificare una contraria opinione.

Non l’obbligo di lealtà e probità nella difesa ex art.88 c.p.c., non il motivo di revocazione individuato

DIBATTITO

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nel dolo di una parte ai danni dell’altra (art. 395 n. 1,c.p.c.).

Quelle norme sono la massima concessione che illaico Calamandrei (vincente per buona sorte) con-cesse ad un Carnelutti (perdente sempre per buonasorte), offuscato dal moralismo che lo contraddi-stinse nell’ultimo periodo, e non sono affatto il se-gno di un obbligo di verità della parte.

Esse sanciscono solo il confine del diritto a non ri-spondere e a non confessare la verità, raccontandouna verità falsificata: quello di non impedire all’al-tra parte di difendersi, ovvero di alterare le regoledel gioco sino al punto di paralizzare la difesa altrui,minando per altra via il contraddittorio (la parte chenon semplicemente si astiene dal dire la verità, macon comportamenti attivi impedisce all’altra di di-fendersi, sottraendo documenti o alterando laprova, sino a falsificarla).

Il principio è dunque esattamente rovesciato.

5. Il tramonto della indisponibilità dei diritti.Infine un ultimo non meno rilevante motivo di

critica.Certamente è in atto ormai da qualche decennio

un’evoluzione della materia familiare, verso unapiena disponibilità dei diritti, soprattutto economici,in materia di famiglia (gli accordi dei coniugi sulcontributo o l’assegno destinato ad uno di essi, nonè sindacabile dal giudice), ma resta un’area forte, co-stituita dalla tutela dei diritti del minore, anche eco-nomici ma particolarmente personali (affidamento

e potestà), rispetto alla quale le dichiarazioni giu-rate suscitano gravi perplessità anche sotto altriprofili, essendo riposto nelle mani della parte la ve-rità dei fatti patrimoniali e reddituali che sono fon-damento anche della liquidazione del contributo afavore del minore.

Il giuramento suppletorio in limine litis, ma nonmeno insidiosamente la nota informativa priva dichiari effetti sul piano probatorio (decreto parteno-peo, si segnala che il tribunale di Torino adotta unasoluzione analoga a quella del Tribunale di Napoli),ripongono nelle mani delle parti la soluzione delgiudizio di fatto, presupposto dalla applicazionedella norma di diritto sostanziale, in contrasto contutti i limiti al potere dispositivo processuale dei di-ritti, quando questi non sono disponibili.

Ciò discende non soltanto dall’applicazione dinorme di carattere generale, ma anche di norme dicarattere specifico, come quella che impone l’inter-vento obbligatorio del p.m. nel processo per separa-zione, evidentemente in supplenza della carenteiniziativa delle parti; l’intervento di un curatore delminore in caso di conflitto con il genitore che eser-cita la potestà, sino – quando il giudice di legittimitàne sarà più consapevole – alla difesa tecnica del mi-nore.

Il giuramento suppletorio in limine litis pone nellemani della parti, rendendo inutile il giudice, anchei diritti indisponibili che fanno capo al minore.

Non resta che sperare nel ravvedimento “ope-roso”.

DIBATTITO

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CORTE COSTITUZIONALE

LA CORTECOSTITUZIONALERIMEDITA L’ANTERIOREINDIRIZZO SULLA RIGIDAIRREVERSIBILITÀDELL’OPZIONE MATERNAPER L’ANONIMATODI GENITURA

AVV. GIANCARLO SAVI

RESPONSABILE SEZIONE MACERATA DELL’OSSERVATORIO

Corte Costituzionale,Sentenza 22 novembre 2013, n. 278

Con la pronuncia appena pubblicata, che fac-ciamo seguire in copia integrale (tratta dal sito isti-tuzionale: www.cortecostituzionale.it), la Corte delleleggi mitiga l’anteriore quadro normativo, dichiaratoparzialmente illegittimo, siccome l’impedimentopreclusivo derivante dall’opzione materna per ilproprio anonimato, secondo volontà manifestata almomento della nascita, risulta in contrasto con gliartt. 2 e 3 della carta costituzionale.

Il vulnus individuato nel vincolo ad un segreto as-solutamente irreversibile: il “diritto all’oblio” ma-terno, salvaguardato erga omnes dal legislatore, purproducendo un legittimo impedimento all’insor-genza del rapporto di genitorialità (giuridicamenteintesa), potrà d’ora in avanti vedere la possibilità diuna revoca di quella “cristallizzazione” centenaria(art. 93, co. 2, D. l:vo n° 196/2003), affidata però an-cora alla volontà della stessa genitrice “naturale”(che potrà essere interpellata dal giudice sul man-tenimento o meno dell’anonimato).

Il ben noto precedente specifico della stessa CorteCost. 25/11/2005 n° 425 (in Giur. It., 2006, 1800, connota di MARZUCCHI; in Nuova Giur. Civ. Comm., 2006,545, con nota di LONG; in Fam. Dir., 2006, 129, connota di ERAMO; in Guida Dir., 2005, 47, 28, con nota diFIORINI; in Fam. Pers. Succ., 2006, 885, con nota di CAR-LETTI), risulta quindi “mitigato”, sull’onda esplicita

del recente caso Godelli contro Italia, deciso dall’al-trettanto nota CEDU, sez. II, 25/9/2012 n° 33783 (inNuova Giur. Civ. Comm., 2013, 103, con nota di LONG;in Fam. Dir., 2013, 537, con nota di CURRÒ).

Pregevole d’altronde l’ordinanza del Tribunale peri Minorenni di Catanzaro 13/12/2012, che ha pro-mosso l’incidente di costituzionalità, giunto a posi-tivo scrutinio.

In dottrina, cfr., PALAZZO, La Filiazione, in Trattato Dir.Civ. Comm. CICU – MESSINEO – MENGONI, continuato daSCHLESINGER, Milano, 2013, 190 ss.; GOSSO, L’adottatoalla ricerca delle proprie origini, spunti di riflessione, inFam. Dir., 2011, 204; STEFANELLI, Parto anonimo e dirittoa conoscere le proprie origini, in Dir. Fam. Pers., 2010, 426;LONG., La Corte europea dei diritti dell’uomo, il parto ano-nimo e l’accesso alle informazioni sulle proprie origini: ilcaso Odièvre c. Francia, in Nuova Giur. Civ. Comm., 2004,283; LISELLA, Ragioni dei genitori adottivi, esigenze dianonimato dei procreatori e accesso alle informazioni sulleorigini biologiche dell’adottato nell’esegesi del nuovo testodell’art. 28 L. 4 maggio 1983 n° 184, in Rass. Dir. Civ.,2004, 441; LENTI, Adozione e segreti, in Nuova Giur. Civ.Comm., 2004, 229; PETRONE, Il diritto dell’adottato allaconoscenza delle proprie origini, Milano 2004; BALESTRA,Il diritto alla conoscenza delle proprie origini tra tuteladell’identità dell’adottato e protezione del riserbo dei ge-nitori biologici, in Familia, 2002, 167.

Di grande delicatezza e spessore le considerazionivolte a garantire i primari diritti della personalitàdel figlio adottato nella peculiare ricorrenza del di-ritto all’anonimato materno, primo fra tutti quelloalla conoscenza delle proprie origini, globalmenteintese, sino alle caratteristiche del proprio patrimo-nio genetico; giuste si palesano le motivazioni chesorreggono il nuovo quadro normativo, ma decisa-mente “timide” le conseguenze che ne sono statetratte; questa nuova sistemazione normativa che laCorte comunque prefigura come oggetto dell’inter-vento del legislatore, ci pone di fronte ad innume-revoli interrogativi, soprattutto sul piano concretodell’applicazione e delle modalità di interpello giu-diziale della madre “anonima”, nonché della confi-gurazione attuativa di un tale atto processuale, attoche non trova un valido riferimento tipico nel co-dice di rito.

Non può che rimandarsi ad una successiva notaesplicativa la compiuta e meditata considerazionedi ogni aspetto e dei suoi effettivi risvolti, meritandola pronuncia, proprio per la sua rilevanza, unapronta segnalazione.

Svolgimento del processo(omissis)

Nel giudizio di legittimità costituzionale dell’arti-colo 28, comma 7, della legge 4 maggio 1983, n. 184(Diritto del minore ad una famiglia), promosso dalTribunale per i minorenni di Catanzaro, sul ricorsoproposto da R. M., con ordinanza del 13 dicembre

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Convenzione di Istanbul adottata dal Consigliod’Europa l’11 maggio 2011sulla prevenzionee il contrasto alla violenzaalle donne e alla violenzadomestica[ratificata dall’Italia con la legge 27 giugno 2013, n. 77]

La Convenzione non è stata accolta, né in Italia néaltrove, con particolare euforia (almeno pari a quelloche alla fine degli anni Ottanta accompagnò l’appro-vazione della Convenzione di New York sui diritti delfanciullo). Forse a causa del momento storico parti-colare che non vede purtroppo particolarmente ap-passionata l’opinione pubblica nei confronti dellenorme sovranazionali. Nonostante ciò si tratta di unodei testi legislativi internazionali più importanti chemai siano stati approvati. Un testo normativo - comechiunque si può rendere conto leggendolo con at-tenzione - forse tra i più completi e ben scritti tra imolti esistenti. E’ stato approvato dal Consiglio d’Eu-ropa (47 Stati del continente europeo di cui quasi lametà appartenenti all’Unione europea) a distanza dioltre sessanta anni dalla Convenzione europea suidiritti dell’Uomo del 1950 con la quale il Consigliod’Europa fece il suo esordio nel campo della tuteladei diritti delle persone.L’Italia è il quinto Stato a ratificarla (la Convenzioneentrerà in vigore a livello internazionale tre mesi dopola decima ratifica). Finora l’avevano ratificata solo ilMontenegro, l’Albania, la Turchia e il Portogallo.In ogni caso molte delle indicazioni contenute nellaConvenzione di Istanbul - e questo è senz’altro il mo-tivo per cui l’Italia l’ha ratificata quasi immediata-mente - fanno già parte del nostro sistema giuridicoche, sia pure solo nell’ultimo decennio, ha costruitoun quadro normativo sistematico piuttosto omogeneoe coerente contro la violenza di genere e contro la vio-lenza domestica (di cui la Convenzione dà una nuovae puntuale definizione recepita dal nostro legislatorenella recente legge 119/2013 che ha convertito il de-creto legge del 14 agosto 2013, n. 93 sugli stessi temi).Mi riferisco - oltre che alle norme contro la violenzasessuale inserite nel 96 nei codici e alle norme con-tro lo sfruttamento sessuale dei minori (legge269/1998) e contro la pedopornografia (legge 38/2006)- soprattutto alla legge 4 aprile 2001, n. 154 che ha in-trodotto in Italia ormai da oltre un decennio gli or-dini di protezione; al più recente decreto legge11/2009 (legge 38/2009) sullo stalking nonché da ul-timo al recentissimo decreto legge 14 agosto 2013, n.93 (convertito nella legge 15 ottobre 2013, n. 119) che,proprio in seguito alla ratifica della Convenzione diIstanbul, ha inasprito le norme sanzionatorie e haintrodotto molte disposizioni di prevenzione.Pubblichiamo il testo della Convenzione con l’auspi-cio che la sua lettura possa contribuire a rafforzarenei tempi che corrono la cultura della non violenza.

Gianfranco Dosi

CONVENZIONE DEL CONSIGLIO D’EUROPA SULLA PRE-VENZIONE E LA LOTTA CONTRO LA VIOLENZA NEI CON-FRONTI DELLE DONNE E LA VIOLENZA DOMESTICAIstanbul, 11 maggio 2011

PreamboloGli Stati membri del Consiglio d’Europa e gli altri firmataridella presente Convenzione,Ricordando la Convenzione europea per la salvaguardia deidiritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (STE n° 5, 1950)e i suoi Protocolli, la Carta sociale europea (STE n° 35, 1961,riveduta nel 1996, STE n°163), la Convenzione del Consigliod’Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani (STCEn° 197, 2005) e la Convenzione del Consiglio d’Europa sullaprotezione dei bambini contro lo sfruttamento e gli abusisessuali (STCE n° 201, 2007);Ricordando le seguenti raccomandazioni del Comitato deiMinistri agli Stati membri del Consiglio d’Europa: Racco-mandazione Rec(2002)5 sulla protezione delle donne dallaviolenza, Raccomandazione CM/Rec(2007)17 sulle norme e meccani-smi per la parità tra le donne e gli uomini, Raccomanda-zione CM/Rec(2010)10 sul ruolo delle donne e degli uomininella prevenzione e soluzione dei conflitti e nel consolida-mento della pace, e le altre raccomandazioni pertinenti;Tenendo conto della sempre più ampia giurisprudenza dellaCorte europea dei diritti dell’uomo, che enuncia norme rile-vanti per contrastare la violenza nei confronti delle donne;Considerando il Patto internazionale sui diritti civili e poli-tici (1966), il Patto internazionale sui diritti economici, so-ciali e culturali (1966), la Convenzione delle Nazioni Unitesull’eliminazione di ogni forma di discriminazione controle donne (CEDAW, 1979) e il suo Protocollo opzionale (1999)e la Raccomandazione generale n° 19 del CEDAW sulla vio-lenza contro le donne, la Convenzione delle Nazioni Unitesui diritti dell’infanzia (1989) e i suoi Protocolli opzionali(2000) e la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dellepersone con disabilità (2006);Considerando lo statuto di Roma della Corte penale inter-nazionale (2002);Ricordando i principi fondamentali del diritto internazio-nale umanitario, in particolare la quarta Convenzione di Gi-nevra (IV), relativa alla protezione dei civili in tempo diguerra (1949) e i suoi Protocolli addizionali I e II (1977);Condannando ogni forma di violenza sulle donne e la vio-lenza domestica;Riconoscendo che il raggiungimento dell’uguaglianza di ge-nere de jure e de facto è un elemento chiave per prevenirela violenza contro le donne;Riconoscendo che la violenza contro le donne è una mani-festazione dei rapporti di forza storicamente diseguali tra isessi, che hanno portato alla dominazione sulle donne e alladiscriminazione nei loro confronti da parte degli uomini eimpedito la loro piena emancipazione;Riconoscendo la natura strutturale della violenza contro ledonne, in quanto basata sul genere, e riconoscendo altresìche la violenza contro le donne è uno dei meccanismi so-ciali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette inuna posizione subordinata rispetto agli uomini;Riconoscendo con profonda preoccupazione che le donne ele ragazze sono spesso esposte a gravi forme di violenza, tracui la violenza domestica, le molestie sessuali, lo stupro, ilmatrimonio forzato, i delitti commessi in nome del cosid-detto “onore” e le mutilazioni genitali femminili, che costi-tuiscono una grave violazione dei diritti umani delle donnee delle ragazze e il principale ostacolo al raggiungimentodella parità tra i sessi;Constatando le ripetute violazioni dei diritti umani nei con-flitti armati che colpiscono le popolazioni civili, e in parti-

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colare le donne, sottoposte a stupri diffusi o sistematici e aviolenze sessuali e il potenziale aggravamento della vio-lenza di genere durante e dopo i conflitti;Riconoscendo che le donne e le ragazze sono maggiormenteesposte al rischio di subire violenza di genere rispetto agliuomini;Riconoscendo che la violenza domestica colpisce le donnein modo sproporzionato e che anche gli uomini possono es-sere vittime di violenza domestica;Riconoscendo che i bambini sono vittime di violenza do-mestica anche in quanto testimoni di violenze all’internodella famiglia;Aspirando a creare un’Europa libera dalla violenza contro ledonne e dalla violenza domestica,Hanno convenuto quanto segue:

CAPITOLO I – OBIETTIVI, DEFINIZIONI, UGUAGLIANZA ENON DISCRIMINAZIONE, OBBLIGHI GENERALI

Articolo 1 – Obiettivi della Convenzione1 La presente Convenzione ha l’obiettivo di:

a) proteggere le donne da ogni forma di violenza e preve-nire, perseguire ed eliminare la violenza contro ledonne e la violenza domestica;

b) contribuire ad eliminare ogni forma di discriminazionecontro le donne e promuovere la concreta parità tra isessi, ivi compreso rafforzando l’autonomia e l’auto-determinazione delle donne;

c) predisporre un quadro globale, politiche e misure diprotezione e di assistenza a favore di tutte le vittime diviolenza contro le donne e di violenza domestica;

d) promuovere la cooperazione internazionale al fine dieliminare la violenza contro le donne e la violenza do-mestica;

e) sostenere e assistere le organizzazioni e autorità inca-ricate dell’applicazione della legge in modo che pos-sano collaborare efficacemente, al fine di adottare unapproccio integrato per l’eliminazione della violenzacontro le donne e la violenza domestica.

2 Allo scopo di garantire un’efficace attuazione delle sue di-sposizioni da parte delle Parti contraenti, la presente Con-venzione istituisce uno specifico meccanismo di controllo.

Articolo 2 – Campo di applicazione della Convenzione1 La presente Convenzione si applica a tutte le forme di vio-

lenza contro le donne, compresa la violenza domestica,che colpisce le donne in modo sproporzionato.

2 Le Parti contraenti sono incoraggiate ad applicare le di-sposizioni della presente Convenzione a tutte le vittimedi violenza domestica. Nell’applicazione delle disposi-zioni della presente Convenzione, le Parti presterannoparticolare attenzione alla protezione delle donne vittimedi violenza di genere.

3 La presente Convenzione si applica in tempo di pace enelle situazioni di conflitto armato.

Articolo 3 – DefinizioniAi fini della presente Convenzione:a) con l’espressione “violenza nei confronti delle donne” si

intende designare una violazione dei diritti umani e unaforma di discriminazione contro le donne, comprendentetutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocanoo sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di na-tura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese leminacce di compiere tali atti, la coercizione o la priva-zione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, chenella vita privata;

b) l’espressione “violenza domestica” designa tutti gli atti diviolenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si

verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiareo tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipenden-temente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o ab-bia condiviso la stessa residenza con la vittima;

c) con il termine “genere” ci si riferisce a ruoli, comportamenti,attività e attributi socialmente costruiti che una determi-nata società considera appropriati per donne e uomini;

d) l’espressione “violenza contro le donne basata sul genere”designa qualsiasi violenza diretta contro una donna inquanto tale, o che colpisce le donne in modo sproporzio-nato;

e) per “vittima” si intende qualsiasi persona fisica che subi-sce gli atti o i comportamenti di cui ai precedenti commia e b;

f) con il termine “donne” sono da intendersi anche le ra-gazze di meno di 18 anni.

Articolo 4 – Diritti fondamentali, uguaglianza e non di-scriminazione1 Le Parti adottano le misure legislative e di altro tipo ne-

cessarie per promuovere e tutelare il diritto di tutti gli in-dividui, e segnatamente delle donne, di vivere liberi dallaviolenza, sia nella vita pubblica che privata.

2 Le Parti condannano ogni forma di discriminazione neiconfronti delle donne e adottano senza indugio le misurelegislative e di altro tipo necessarie per prevenirla, in par-ticolare:– inserendo nelle loro costituzioni nazionali o in qualsiasi

altra disposizione legislativa appropriata il principiodella parità tra i sessi e garantendo l’effettiva applica-zione di tale principio;

– vietando la discriminazione nei confronti delle donne,ivi compreso procedendo, se del caso, all’applicazionedi sanzioni;

– abrogando le leggi e le pratiche che discriminano ledonne.

3 L’attuazione delle disposizioni della presente Conven-zione da parte delle Parti contraenti, in particolare le mi-sure destinate a tutelare i diritti delle vittime, deve esseregarantita senza alcuna discriminazione fondata sul sesso,sul genere, sulla razza, sul colore, sulla lingua, sulla reli-gione, sulle opinioni politiche o di qualsiasi altro tipo, sul-l’origine nazionale o sociale, sull’appartenenza a una mi-noranza nazionale, sul censo, sulla nascita, sull’orienta-mento sessuale, sull’identità di genere, sull’età, sulle con-dizioni di salute, sulla disabilità, sullo status matrimo-niale, sullo status di migrante o di rifugiato o su qualun-que altra condizione.

4 Le misure specifiche necessarie per prevenire la violenzae proteggere le donne contro la violenza di genere nonsaranno considerate discriminatorie ai sensi della pre-sente Convenzione.

Articolo 5 – Obblighi degli Stati e dovuta diligenza1 Gli Stati si astengono da qualsiasi atto che costituisca una

violenza nei confronti delle donne e garantiscono che leautorità, i funzionari, i rappresentanti statali, le istituzionie ogni altro soggetto pubblico che agisca in nome delloStato si comportino in conformità con tale obbligo.

2 Le Parti adottano le misure legislative e di altro tipo ne-cessarie per esercitare la debita diligenza nel prevenire, in-dagare, punire i responsabili e risarcire le vittime di atti diviolenza commessi da soggetti non statali che rientranonel campo di applicazione della presente Convenzione.

Articolo 6 – Politiche sensibili al genereLe Parti si impegnano a inserire una prospettiva di generenell’applicazione e nella valutazione dell’impatto delle di-sposizioni della presente Convenzione e a promuovere ed

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attuare politiche efficaci volte a favorire la parità tra ledonne e gli uomini e l’emancipazione e l’autodetermina-zione delle donne.

CAPITOLO II – POLITICHE INTEGRATE E RACCOLTA DEI DATI

Articolo 7 – Politiche globali e coordinate1 Le Parti adottano le misure legislative e di altro tipo ne-

cessarie per predisporre e attuare politiche nazionali ef-ficaci, globali e coordinate, comprendenti tutte le misureadeguate destinate a prevenire e combattere ogni formadi violenza che rientra nel campo di applicazione dellapresente Convenzione e fornire una risposta globale allaviolenza contro le donne.

2 Le Parti si accertano che le politiche di cui al paragrafo 1pongano i diritti della vittima al centro di tutte le misuree siano attuate attraverso una collaborazione efficace tratutti gli enti, le istituzioni e le organizzazioni pertinenti.

3 Le misure adottate in virtù del presente articolo devonocoinvolgere, ove necessario, tutti i soggetti pertinenti,quali le agenzie governative, i parlamenti e le autorità na-zionali, regionali e locali, le istituzioni nazionali deputatealla tutela dei diritti umani e le organizzazioni della so-cietà civile.

Articolo 8 – Risorse finanziarieLa Parti stanziano le risorse finanziarie e umane appropriateper un’adeguata attuazione di politiche integrate, di misuree di programmi destinati a prevenire e combattere ogniforma di violenza rientrante nel campo di applicazione dellapresente Convenzione, ivi compresi quelli realizzati dalleONG e dalla società civile.

Articolo 9 – Organizzazioni non governative e società civileLe Parti riconoscono, incoraggiano e sostengono a tutti i li-velli il lavoro delle ONG pertinenti e delle associazioni dellasocietà civile attive nella lotta alla violenza contro le donne einstaurano un’efficace cooperazione con tali organizzazioni.

Articolo 10 – Organismo di coordinamento1 Le Parti designano o istituiscono uno o più organismi uffi-

ciali responsabili del coordinamento, dell’attuazione, delmonitoraggio e della valutazione delle politiche e delle mi-sure destinate a prevenire e contrastare ogni forma di vio-lenza oggetto della presente Convenzione. Tali organismihanno il compito di coordinare la raccolta dei dati di cuiall’Articolo 11 e di analizzarne e diffonderne i risultati.

2 Le Parti si accertano che gli organismi designati o istituitiai sensi del presente articolo ricevano informazioni di ca-rattere generale sulle misure adottate conformemente alcapitolo VIII.

3 Le Parti si accertano che gli organismi designati o istituitiai sensi del presente articolo dispongano della capacitàdi comunicare direttamente e di incoraggiare i rapporticon i loro omologhi delle altre Parti.

Articolo 11 – Raccolta dei dati e ricerca1 Ai fini dell’applicazione della presente Convenzione, le

Parti si impegnano a: a) raccogliere a intervalli regolari i dati statistici disag-

gregati pertinenti su questioni relative a qualsiasiforma di violenza che rientra nel campo di applica-zione della presente Convenzione;

b) sostenere la ricerca su tutte le forme di violenza cherientrano nel campo di applicazione della presenteConvenzione, al fine di studiarne le cause profonde egli effetti, la frequenza e le percentuali delle condanne,come pure l’efficacia delle misure adottate ai fini del-l’applicazione della presente Convenzione.

2 Le Parti si adoperano per realizzare indagini sulla popo-lazione, a intervalli regolari, allo scopo di determinare laprevalenza e le tendenze di ogni forma di violenza cherientra nel campo di applicazione della presente Con-venzione.

3 Le Parti forniscono al Gruppo di esperti menzionato al-l’articolo 66 della presente Convenzione le informazioniraccolte conformemente al presente articolo, per stimo-lare la cooperazione e permettere un confronto a livellointernazionale.

4 Le Parti vigilano affinché le informazioni raccolte confor-memente al presente articolo siano messe a disposizionedel pubblico.

CAPITOLO III – PREVENZIONE

Articolo 12 – Obblighi generali1 Le Parti adottano le misure necessarie per promuovere i

cambiamenti nei comportamenti socio-culturali delledonne e degli uomini, al fine di eliminare pregiudizi, co-stumi, tradizioni e qualsiasi altra pratica basata sull’ideadell’inferiorità della donna o su modelli stereotipati deiruoli delle donne e degli uomini.

2 Le Parti adottano le misure legislative e di altro tipo ne-cessarie per impedire ogni forma di violenza rientrantenel campo di applicazione della presente Convenzionecommessa da qualsiasi persona fisica o giuridica.

3 Tutte le misure adottate ai sensi del presente capitolo de-vono prendere in considerazione e soddisfare i bisognispecifici delle persone in circostanze di particolare vul-nerabilità, e concentrarsi sui diritti umani di tutte le vit-time.

4 Le Parti adottano le misure necessarie per incoraggiaretutti i membri della società, e in particolar modo gli uo-mini e i ragazzi, a contribuire attivamente alla preven-zione di ogni forma di violenza che rientra nel campo diapplicazione della presente Convenzione.

5 Le Parti vigilano affinché la cultura, gli usi e i costumi, lareligione, la tradizione o il cosiddetto “onore” non pos-sano essere in alcun modo utilizzati per giustificare nes-suno degli atti di violenza che rientrano nel campo di ap-plicazione della presente Convenzione.

6 Le Parti adottano le misure necessarie per promuovereprogrammi e attività destinati ad aumentare il livello diautonomia e di emancipazione delle donne.

Articolo 13 – Sensibilizzazione1 Le Parti promuovono o mettono in atto, regolarmente e a

ogni livello, delle campagne o dei programmi di sensibi-lizzazione, ivi compreso in cooperazione con le istituzioninazionali per i diritti umani e gli organismi competentiin materia di uguaglianza, la società civile e le ONG, tracui in particolare le organizzazioni femminili, se neces-sario, per aumentare la consapevolezza e la compren-sione da parte del vasto pubblico delle varie manifesta-zioni di tutte le forme di violenza oggetto della presenteConvenzione e delle loro conseguenze sui bambini, non-ché della necessità di prevenirle.

2 Le Parti garantiscono un’ampia diffusione presso il vastopubblico delle informazioni riguardanti le misure dispo-nibili per prevenire gli atti di violenza che rientrano nelcampo di applicazione della presente Convenzione.

Articolo 14 – Educazione1 Le Parti intraprendono, se del caso, le azioni necessarie

per includere nei programmi scolastici di ogni ordine egrado dei materiali didattici su temi quali la parità tra isessi, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco ri-spetto, la soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti

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interpersonali, la violenza contro le donne basata sul ge-nere e il diritto all’integrità personale, appropriati al li-vello cognitivo degli allievi.

2 Le Parti intraprendono le azioni necessarie per promuo-vere i principi enunciati al precedente paragrafo 1 nellestrutture di istruzione non formale, nonché nei centrisportivi, culturali e di svago e nei mass media.

Articolo 15 – Formazione delle figure professionali1 Le Parti forniscono o rafforzano un’adeguata formazione

delle figure professionali che si occupano delle vittime odegli autori di tutti gli atti di violenza che rientrano nelcampo di applicazione della presente Convenzione in ma-teria di prevenzione e individuazione di tale violenza, ugua-glianza tra le donne e gli uomini, bisogni e diritti delle vit-time, e su come prevenire la vittimizzazione secondaria.

2 Le Parti incoraggiano a inserire nella formazione di cui alparagrafo 1 dei corsi di formazione in materia di coope-razione coordinata interistituzionale, al fine di consen-tire una gestione globale e adeguata degli orientamentida seguire nei casi di violenza che rientrano nel campodi applicazione della presente Convenzione.

Articolo 16 – Programmi di intervento di carattere preven-tivo e di trattamento1 Le Parti adottano le misure legislative e di altro tipo ne-

cessarie per istituire o sostenere programmi rivolti agliautori di atti di violenza domestica, per incoraggiarli adadottare comportamenti non violenti nelle relazioni in-terpersonali, al fine di prevenire nuove violenze e modi-ficare i modelli comportamentali violenti.

2 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo ne-cessarie per istituire o sostenere programmi di tratta-mento per prevenire la recidiva, in particolare per i reatidi natura sessuale.

3 Nell’adottare le misure di cui ai paragrafi 1 e 2, le Parti siaccertano che la sicurezza, il supporto e i diritti umanidelle vittime siano una priorità e che tali programmi, sedel caso, siano stabiliti ed attuati in stretto coordina-mento con i servizi specializzati di sostegno alle vittime.

Articolo 17 – Partecipazione del settore privato e dei massmedia1 Le Parti incoraggiano il settore privato, il settore delle tec-

nologie dell’informazione e della comunicazione e i massmedia, nel rispetto della loro indipendenza e libertà diespressione, a partecipare all’elaborazione e all’attua-zione di politiche e alla definizione di linee guida e dinorme di autoregolazione per prevenire la violenza con-tro le donne e rafforzare il rispetto della loro dignità.

2 Le Parti sviluppano e promuovono, in collaborazione coni soggetti del settore privato, la capacità dei bambini, deigenitori e degli insegnanti di affrontare un contesto del-l’informazione e della comunicazione che permette l’ac-cesso a contenuti degradanti potenzialmente nocivi a ca-rattere sessuale o violento.

CAPITOLO IV – PROTEZIONE E SOSTEGNO

Articolo 18 – Obblighi generali1 Le Parti adottano le necessarie misure legislative o di altro

tipo per proteggere tutte le vittime da nuovi atti di violenza.2 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo ne-

cessarie, conformemente al loro diritto interno, per ga-rantire che esistano adeguati meccanismi di coopera-zione efficace tra tutti gli organismi statali competenti,comprese le autorità giudiziarie, i pubblici ministeri, leautorità incaricate dell’applicazione della legge, le auto-rità locali e regionali, le organizzazioni non governative e

le altre organizzazioni o entità competenti, al fine di pro-teggere e sostenere le vittime e i testimoni di ogni formadi violenza rientrante nel campo di applicazione dellapresente Convenzione, ivi compreso riferendosi ai servizidi supporto generali e specializzati di cui agli articoli 20 e22 della presente Convenzione.

3 Le Parti si accertano che le misure adottate in virtù delpresente capitolo:– siano basate su una comprensione della violenza di ge-

nere contro le donne e della violenza domestica e si con-centrino sui diritti umani e sulla sicurezza della vittima;

– siano basate su un approccio integrato che prenda inconsiderazione il rapporto tra vittime, autori, bambini eil loro più ampio contesto sociale;

– mirino ad evitare la vittimizzazione secondaria;– mirino ad accrescere l’autonomia e l’indipendenza eco-

nomica delle donne vittime di violenze;– consentano, se del caso, di disporre negli stessi locali di

una serie di servizi di protezione e di supporto;– soddisfino i bisogni specifici delle persone vulnerabili,

compresi i minori vittime di violenze e siano loro ac-cessibili.

4 La messa a disposizione dei servizi non deve essere su-bordinata alla volontà della vittima di intentare un pro-cedimento penale o di testimoniare contro ogni autore ditali reati.

5 Le Parti adottano misure adeguate per garantire prote-zione consolare o di altro tipo e sostegno ai loro cittadinie alle altre vittime che hanno diritto a tale protezione,conformemente ai loro obblighi derivanti dal diritto in-ternazionale.

Articolo 19 – InformazioneLe Parti adottano misure legislative o di altro tipo che con-sentano alle vittime di ottenere un’informazione adeguatae tempestiva sui servizi di sostegno e le misure legali di-sponibili in una lingua che comprendono.

Articolo 20 – Servizi di supporto generali1 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo ne-

cessarie per garantire che le vittime abbiano accesso aiservizi destinati a facilitare il loro recupero. Tali misureincluderanno, se necessario, dei servizi quali le consu-lenze legali e un sostegno psicologico, un’assistenza fi-nanziaria, alloggio, istruzione, formazione e assistenzanella ricerca di un lavoro.

2 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo ne-cessarie per garantire che le vittime abbiano accesso aiservizi sanitari e sociali, che tali servizi dispongano di ri-sorse adeguate e di figure professionali adeguatamenteformate per fornire assistenza alle vittime e indirizzarleverso i servizi appropriati.

Articolo 21 – Assistenza in materia di denunce indivi-duali/collettiveLe Parti vigilano affinché le vittime possano usufruire di in-formazioni sui meccanismi regionali e internazionali di-sponibili per le denunce individuali o collettive e vi abbianoaccesso. Le Parti promuovono la messa a disposizione dellevittime di un supporto sensibile e ben informato per aiu-tarle a sporgere denuncia.

Articolo 22 – Servizi di supporto specializzati1 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo ne-

cessarie per fornire o, se del caso, predisporre, secondo unaripartizione geografica appropriata, dei servizi di supportoimmediato specializzati, nel breve e lungo periodo, per ognivittima di un qualsiasi atto di violenza che rientra nelcampo di applicazione della presente Convenzione.

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2 Le Parti forniscono o predispongono dei servizi di sup-porto specializzati per tutte le donne vittime di violenzae i loro bambini.

Articolo 23 – Case rifugioLe Parti adottano le misure legislative o di altro tipo neces-sarie per consentire la creazione di rifugi adeguati, facil-mente accessibili e in numero sufficiente per offrire un al-loggio sicuro alle vittime, in particolare le donne e i lorobambini, e per aiutarle in modo proattivo.

Articolo 24 – Linee telefoniche di sostegnoLe Parti adottano le misure legislative o di altro tipo neces-sarie per istituire a livello nazionale apposite linee telefoni-che gratuite di assistenza continua, operanti 24 ore su 24,sette giorni alla settimana, destinate a fornire alle personeche telefonano, in modo riservato o nel rispetto del loro ano-nimato, delle consulenze su tutte le forme di violenza og-getto della presente Convenzione.

Articolo 25 – Supporto alle vittime di violenza sessualeLe Parti adottano le misure legislative o di altro tipo ne-cessarie per consentire la creazione di centri di prima as-sistenza adeguati, facilmente accessibili e in numero suf-ficiente, per le vittime di stupri e di violenze sessuali, chepossano proporre una visita medica e una consulenza me-dico-legale, un supporto per superare il trauma e dei con-sigli.

Articolo 26 – Protezione e supporto ai bambini testimoni diviolenza1 Le Parti adottano le misure legislative e di ogni altro tipo

necessarie per garantire che siano debitamente presi inconsiderazione, nell’ambito dei servizi di protezione e disupporto alle vittime, i diritti e i bisogni dei bambini te-stimoni di ogni forma di violenza rientrante nel campodi applicazione della presente Convenzione.

2 Le misure adottate conformemente al presente articolocomprendono le consulenze psicosociali adattate all’etàdei bambini testimoni di ogni forma di violenza rien-trante nel campo di applicazione della presente Conven-zione e tengono debitamente conto dell’interesse supe-riore del minore.

Articolo 27 – SegnalazioniLe Parti adottano le misure necessarie per incoraggiarequalsiasi persona che sia stata testimone di un qualsiasiatto di violenza che rientra nel campo di applicazione dellapresente Convenzione, o che abbia ragionevoli motivi per ri-tenere che tale atto potrebbe essere commesso, o che si pos-sano temere nuovi atti di violenza, a segnalarlo alle orga-nizzazioni o autorità competenti.

Articolo 28 – Segnalazioni da parte delle figure professionaliLe Parti adottano le misure necessarie per garantire che lenorme sulla riservatezza imposte dalla loro legislazione na-zionale a certe figure professionali non costituiscano unostacolo alla loro possibilità, in opportune condizioni, di fareuna segnalazione alle organizzazioni o autorità competenti,qualora abbiano ragionevoli motivi per ritenere che sia statocommesso un grave atto di violenza che rientra nel campodi applicazione della presente Convenzione o che si possanotemere nuovi gravi atti di violenza.

CAPITOLO V – DIRITTO SOSTANZIALEArticolo 29 – Procedimenti e vie di ricorso in materia civile1 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo ne-

cessarie per fornire alle vittime adeguati mezzi di ricorsocivili nei confronti dell’autore del reato.

2 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo ne-cessarie, conformemente ai principi generali del dirittointernazionale, per fornire alle vittime adeguati risarci-menti civili nei confronti delle autorità statali che abbianomancato al loro dovere di adottare le necessarie misure diprevenzione o di protezione nell’ambito delle loro com-petenze.

Articolo 30 – Risarcimenti1 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo ne-

cessarie per garantire che le vittime abbiano il diritto di ri-chiedere un risarcimento agli autori di qualsiasi reatoprevisto dalla presente Convenzione.

2 Un adeguato risarcimento da parte dello Stato è accor-dato a coloro che abbiano subito gravi pregiudizi all’inte-grità fisica o alla salute, se la riparazione del danno nonè garantita da altre fonti, in particolare dall’autore delreato, da un’assicurazione o dai servizi medici e sociali fi-nanziati dallo Stato. Ciò non preclude alle Parti la possi-bilità di richiedere all’autore del reato il rimborso del ri-sarcimento concesso, a condizione che la sicurezza dellavittima sia pienamente presa in considerazione.

3 Le misure adottate conformemente al paragrafo 2 devonogarantire che il risarcimento sia concesso entro un ter-mine ragionevole.

Articolo 31 – Custodia dei figli, diritti di visita e sicurezza1 Le Parti adottano misure legislative o di altro tipo neces-

sarie per garantire che, al momento di determinare i di-ritti di custodia e di visita dei figli, siano presi in conside-razione gli episodi di violenza che rientrano nel campo diapplicazione della presente Convenzione.

2 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo ne-cessarie per garantire che l’esercizio dei diritti di visita odi custodia dei figli non comprometta i diritti e la sicu-rezza della vittima o dei bambini.

Articolo 32 – Conseguenze civili dei matrimoni forzatiLe Parti adottano le misure legislative o di altro tipo neces-sarie per garantire che i matrimoni contratti con la forzapossano essere invalidabili, annullati o sciolti senza rap-presentare un onere finanziario o amministrativo eccessivoper la vittima.

Articolo 33 – Violenza psicologicaLe Parti adottano le misure legislative o di altro tipo neces-sarie per penalizzare un comportamento intenzionale mi-rante a compromettere seriamente l’integrità psicologica diuna persona con la coercizione o le minacce.

Articolo 34 – Atti persecutori (Stalking)Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo neces-sarie per penalizzare un comportamento intenzionalmentee ripetutamente minaccioso nei confronti di un’altra per-sona, portandola a temere per la propria incolumità.

Articolo 35 – Violenza fisicaLe Parti adottano le misure legislative o di altro tipo neces-sarie per penalizzare il comportamento intenzionale di chicommette atti di violenza fisica nei confronti di un’altra per-sona.

Articolo 36 – Violenza sessuale, compreso lo stupro1 Le Parti adottano misure legislative o di altro tipo neces-

sarie per perseguire penalmente i responsabili dei se-guenti comportamenti intenzionali: a) atto sessuale non consensuale con penetrazione vagi-

nale, anale o orale compiuto su un’altra persona conqualsiasi parte del corpo o con un oggetto;

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b) altri atti sessuali compiuti su una persona senza il suoconsenso;

c) il fatto di costringere un’altra persona a compiere attisessuali non consensuali con un terzo.

2 Il consenso deve essere dato volontariamente, quale li-bera manifestazione della volontà della persona, e deveessere valutato tenendo conto della situazione e del con-testo.

3 Le Parti adottano le misure legislative e di altro tipo pergarantire che le disposizioni del paragrafo 1 si applichinoanche agli atti commessi contro l’ex o l’attuale coniuge opartner, quale riconosciuto dalla legislazione nazionale.

Articolo 37 – Matrimonio forzato1 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo ne-

cessarie per penalizzare l’atto intenzionale di costringereun adulto o un bambino a contrarre matrimonio.

2 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo ne-cessarie per penalizzare il fatto di attirare intenzional-mente con l’inganno un adulto o un bambino sul territo-rio di una Parte o di uno Stato diverso da quello in cui ri-siede, allo scopo di costringerlo a contrarre matrimonio.

Articolo 38 – Mutilazioni genitali femminiliLe Parti adottano le misure legislative o di altro tipo neces-sarie per perseguire penalmente i seguenti atti intenzionali:a) l’escissione, l’infibulazione o qualsiasi altra mutilazione

della totalità o di una parte delle grandi labbra vaginali,delle piccole labbra o asportazione del clitoride;

b) costringere una donna a subire qualsiasi atto indicato alpunto a, o fornirle i mezzi a tale fine;

c) indurre, costringere o fornire a una ragazza i mezzi persubire qualsiasi atto enunciato al punto a.

Articolo 39 – Aborto forzato e sterilizzazione forzataLe Parti adottano le misure legislative o di altro tipo neces-sarie per perseguire penalmente i seguenti atti intenzionali:a) praticare un aborto su una donna senza il suo prelimi-

nare consenso informato;b) praticare un intervento chirurgico che abbia lo scopo e

l’effetto di interrompere definitivamente la capacità ri-produttiva di una donna senza il suo preliminare con-senso informato o la sua comprensione della procedurapraticata.

Articolo 40 – Molestie sessualiLe Parti adottano le misure legislative o di altro tipo neces-sarie per garantire che qualsiasi forma di comportamentoindesiderato, verbale, non verbale o fisico, di natura sessuale,con lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una persona,segnatamente quando tale comportamento crea un climaintimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo, siasottoposto a sanzioni penali o ad altre sanzioni legali.

Articolo 41 – Favoreggiamento o complicità e tentativo1 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo ne-

cessarie per perseguire penalmente il favoreggiamento ola complicità intenzionali in ordine alla commissione deireati di cui agli articoli 33, 34, 35, 36, 37, 38.a e 39 della pre-sente Convenzione.

2 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo ne-cessarie per perseguire penalmente i tentativi intenzio-nali di commissione dei reati di cui agli articoli 35, 36, 37,38.a e 39 della presente Convenzione.

Articolo 42 – Giustificazione inaccettabile dei reati, com-presi quelli commessi in nome del cosiddetto “onore”1 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo ne-

cessarie per garantire che nei procedimenti penali inten-

tati a seguito della commissione di qualsiasi atto di vio-lenza che rientra nel campo di applicazione della pre-sente Convenzione, la cultura, gli usi e costumi, la reli-gione, le tradizioni o il cosiddetto “onore” non possanoessere addotti come scusa per giustificare tali atti. Rien-trano in tale ambito, in particolare, le accuse secondo lequali la vittima avrebbe trasgredito norme o costumi cul-turali, religiosi, sociali o tradizionali riguardanti un com-portamento appropriato.

2 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo ne-cessarie per garantire che, qualora un bambino sia statoistigato da una persona a compiere un atto di cui al pa-ragrafo 1, non sia per questo diminuita la responsabilitàpenale della suddetta persona per gli atti commessi.

Articolo 43 – Applicazione dei reatiI reati previsti ai sensi della presente Convenzione si appli-cano a prescindere dalla natura del rapporto tra la vittimae l’autore del reato.

Articolo 44 – Giurisdizione1 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo ne-

cessarie per determinare la giurisdizione competente perqualsiasi reato previsto ai sensi della presente Conven-zione quando il reato è commesso:a) sul loro territorio; ob) a bordo di una nave battente la loro bandiera; oc) a bordo di un velivolo immatricolato secondo le loro di-

sposizioni di legge; od) da uno loro cittadino; oe) da una persona avente la propria residenza abituale sul

loro territorio.2 Le Parti adottano tutte le misure legislative o di altro tipo

appropriate per determinare la giurisdizione con riferi-mento a tutti i reati di cui alla presente Convenzionequando il reato è commesso contro un loro cittadino ocontro una persona avente la propria residenza abitualesul loro territorio.

3 Per perseguire i reati stabiliti conformemente agli Articoli36, 37, 38 e 39 della presente Convenzione, le Parti adot-tano le misure legislative o di altro tipo necessarie affin-ché la loro competenza non sia subordinata alla condi-zione che i fatti siano perseguibili penalmente sul terri-torio in cui sono stati commessi.

4 Per perseguire i reati stabiliti conformemente agli Articoli36, 37, 38 e 39 della presente Convenzione, le Parti adot-tano le misure legislative o di altro tipo necessarie affin-ché la loro competenza riguardante i commi d. ed e. delprecedente paragrafo 1 non sia subordinata alla condi-zione che il procedimento penale possa unicamente es-sere avviato a seguito della denuncia della vittima delreato, o di un’azione intentata dallo Stato del luogo doveè stato commesso il reato.

5 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo ne-cessarie per determinare la giurisdizione con riferimentoa tutti i reati di cui alla presente Convenzione, nei casi incui il presunto autore del reato si trovi sul loro territorioe non possa essere estradato verso un’altra Parte unica-mente in base alla sua nazionalità.

6 Quando più Parti rivendicano la loro competenza ri-guardo a un reato che si presume stabilito conforme-mente alla presente Convenzione, le Parti interessate siconcertano, se lo ritengono opportuno, per determinarequale sia la giurisdizione più appropriata per procederepenalmente.

7 Fatte salve le disposizioni generali di diritto internazio-nale, la presente Convenzione non esclude alcuna com-petenza penale esercitata da una delle Parti conforme-mente al proprio diritto interno.

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Articolo 45 – Sanzioni e misure repressive1 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo ne-

cessarie per garantire che i reati stabiliti conformementealla presente Convenzione siano punibili con sanzioni ef-ficaci, proporzionate e dissuasive, che tengano contodella loro gravità. Tali sanzioni includono, se del caso,pene privative della libertà e che possono comportarel’estradizione.

2 Le Parti possono adottare altre misure nei confronti degliautori dei reati, quali:– il monitoraggio, o la sorveglianza della persona con-

dannata;– la privazione della patria podestà, se l’interesse supe-

riore del bambino, che può comprendere la sicurezzadella vittima, non può essere garantito in nessun altromodo.

Articolo 46 – Circostanze aggravantiLe Parti adottano le misure legislative e di ogni altro tipo ne-cessarie per garantire che le seguenti circostanze, purchénon siano già gli elementi costitutivi del reato, possano, con-formemente alle disposizioni pertinenti del loro diritto na-zionale, essere considerate come circostanze aggravanti neldeterminare la pena per i reati stabiliti conformemente allapresente Convenzione:a) il reato è stato commesso contro l’attuale o l’ex coniuge

o partner, come riconosciuto dal diritto nazionale, da unmembro della famiglia, dal convivente della vittima, o dauna persona che ha abusato della propria autorità;

b) il reato, o i reati connessi, sono stati commessi ripetuta-mente;

c) il reato è stato commesso contro una persona in circo-stanze di particolare vulnerabilità;

d) il reato è stato commesso su un bambino o in presenza diun bambino; e il reato è stato commesso da due o più per-sone che hanno agito insieme;

f) il reato è stato preceduto o accompagnato da una vio-lenza di estrema gravità;

g) il reato è stato commesso con l’uso o con la minaccia diun’arma;

h) il reato ha provocato gravi danni fisici o psicologici allavittima;

i) l’autore era stato precedentemente condannato per reatidi natura analoga.

Articolo 47 – Condanne pronunciate sul territorio di un’al-tra Parte contraenteLe Parti adottano le misure legislative o di altro tipo neces-sarie per prevedere la possibilità di prendere in considera-zione, al momento della decisione relativa alla pena, le con-danne definitive pronunciate da un’altra Parte contraentein relazione ai reati previsti in base alla presente Conven-zione.

Articolo 48 – Divieto di metodi alternativi di risoluzionedei conflitti o di misure alternative alle pene obbligatorie1 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo de-

stinate a vietare i metodi alternativi di risoluzione deiconflitti, tra cui la mediazione e la conciliazione, per tuttele forme di violenza che rientrano nel campo di applica-zione della presente Convenzione.

2 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo de-stinate a garantire che, se viene inflitto il pagamento diuna multa, sia debitamente presa in considerazione la ca-pacità del condannato di adempiere ai propri obblighi fi-nanziari nei confronti della vittima.

CAPITOLO VI – INDAGINI, PROCEDIMENTI PENALI, DIRITTOPROCEDURALE E MISURE PROTETTIVE

Articolo 49 – Obblighi generali1 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo ne-

cessarie per garantire che le indagini e i procedimenti pe-nali relativi a tutte le forme di violenza che rientrano nelcampo di applicazione della presente Convenzione sianoavviati senza indugio ingiustificato, prendendo in consi-derazione i diritti della vittima in tutte le fasi del proce-dimento penale.

2 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo, inconformità con i principi fondamentali in materia di di-ritti umani e tenendo conto della comprensione della vio-lenza di genere, per garantire indagini e procedimenti ef-ficaci nei confronti dei reati stabiliti conformemente allapresente Convenzione.

Articolo 50 – Risposta immediata, prevenzione e protezione1 Le Parti adottano le misure legislative e di altro tipo ne-

cessarie per garantire che le autorità incaricate dell’ap-plicazione della legge affrontino in modo tempestivo eappropriato tutte le forme di violenza che rientrano nelcampo di applicazione della presente Convenzione, of-frendo una protezione adeguata e immediata alle vit-time.

2 Le Parti adottano le misure legislative e di altro tipo pergarantire che le autorità incaricate dell’applicazione dellalegge operino in modo tempestivo e adeguato in materiadi prevenzione e protezione contro ogni forma di violenzache rientra nel campo di applicazione della presenteConvenzione, ivi compreso utilizzando misure operativedi prevenzione e la raccolta delle prove.

Articolo 51 – Valutazione e gestione dei rischi1 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo ne-

cessarie per consentire alle autorità competenti di valu-tare il rischio di letalità, la gravità della situazione e il ri-schio di reiterazione dei comportamenti violenti, al fine digestire i rischi e garantire, se necessario, un quadro coor-dinato di sicurezza e di sostegno.

2 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo ne-cessarie per garantire che la valutazione di cui al para-frafo 1 prenda in considerazione, in tutte le fasi dell’in-dagine e dell’applicazione delle misure di protezione, ilfatto che l’autore di atti di violenza che rientrano nelcampo di applicazione della presente Convenzione pos-sieda, o abbia accesso ad armi da fuoco.

Articolo 52 – Misure urgenti di allontanamento impostedal giudiceLe Parti adottano le misure legislative o di altro tipo ne-cessarie per garantire che le autorità competenti si ve-dano riconosciuta la facoltà di ordinare all’autore dellaviolenza domestica, in situazioni di pericolo immediato,di lasciare la residenza della vittima o della persona inpericolo per un periodo di tempo sufficiente e di vietarglil’accesso al domicilio della vittima o della persona in pe-ricolo o di impedirgli di avvicinarsi alla vittima. Le misureadottate in virtù del presente articolo devono dare prio-rità alla sicurezza delle vittime o delle persone in peri-colo.

Articolo 53 – Ordinanze di ingiunzione o di protezione1 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo ne-

cessarie per garantire che le ordinanze di ingiunzione o diprotezione possano essere ottenute dalle vittime di ogniforma di violenza che rientra nel campo di applicazionedella presente Convenzione.

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2 Le Parti adottano le misure legislative e di altro tipo ne-cessarie per garantire che le ordinanze di ingiunzione o diprotezione di cui al paragrafo 1 siano:– concesse per una protezione immediata e senza oneri

amministrativi o finanziari eccessivi per la vittima;– emesse per un periodo specificato o fino alla loro mo-

difica o revoca;– ove necessario, decise ex parte con effetto immediato;– disponibili indipendentemente, o contestualmente ad

altri procedimenti giudiziari;– possano essere introdotte nei procedimenti giudiziari

successivi.3 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo ne-

cessarie per garantire che la violazione delle ordinanze diingiunzione o di protezione emesse ai sensi del paragrafo1 sia oggetto di sanzioni penali o di altre sanzioni legaliefficaci, proporzionate e dissuasive.

Articolo 54 – Indagini e proveLe Parti adottano le misure legislative o di altro tipo neces-sarie per garantire che in qualsiasi procedimento civile openale, le prove relative agli antecedenti sessuale e alla con-dotta della vittima siano ammissibili unicamente quandosono pertinenti e necessarie.

Articolo 55 – Procedimenti d’ufficio e ex parte1 Le Parti si accertano che le indagini e i procedimenti pe-

nali per i reati stabiliti ai sensi degli articoli 35, 36, 37, 38e 39 della presente Convenzione non dipendano intera-mente da una segnalazione o da una denuncia da partedella vittima quando il reato è stato commesso in parte oin totalità sul loro territorio, e che il procedimento possacontinuare anche se la vittima dovesse ritrattare l’accusao ritirare la denuncia.

2 Le Parti adottano le misure legislative e di altro tipo ne-cessarie per garantire, conformemente alle condizionipreviste dal loro diritto interno, la possibilità per le orga-nizzazioni governative e non governative e per i consu-lenti specializzati nella lotta alla violenza domestica diassistere e/o di sostenere le vittime, su loro richiesta, nelcorso delle indagini e dei procedimenti giudiziari relativiai reati stabiliti conformemente alla presente Conven-zione.

Articolo 56 – Misure di protezione1 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo de-

stinate a proteggere i diritti e gli interessi delle vittime,compresi i loro particolari bisogni in quanto testimoni intutte le fasi delle indagini e dei procedimenti giudiziari, inparticolare:a) garantendo che siano protette, insieme alle loro fami-

glie e ai testimoni, dal rischio di intimidazioni, rappre-saglie e ulteriori vittimizzazioni;

b) garantendo che le vittime siano informate, almeno neicasi in cui esse stesse e la loro famiglia potrebbero es-sere in pericolo, quando l’autore del reato dovesse eva-dere o essere rimesso in libertà in via temporanea o de-finitiva;

c) informandole, nelle condizioni previste dal diritto in-terno, dei loro diritti e dei servizi a loro disposizione edell’esito della loro denuncia, dei capi di accusa, del-l’andamento generale delle indagini o del procedi-mento, nonché del loro ruolo nell’ambito del procedi-mento e dell’esito del giudizio;

d) offrendo alle vittime, in conformità con le proceduredel loro diritto nazionale, la possibilità di essere ascol-tate, di fornire elementi di prova e presentare le loroopinioni, esigenze e preoccupazioni, direttamente otramite un intermediario, e garantendo che i loro pareri

siano esaminati e presi in considerazione;e) fornendo alle vittime un’adeguata assistenza, in modo

che i loro diritti e interessi siano adeguatamente rap-presentati e presi in considerazione;

f ) garantendo che possano essere adottate delle misureper proteggere la vita privata e l’immagine della vit-tima;

g) assicurando, ove possibile, che siano evitati i contattitra le vittime e gli autori dei reati all’interno dei tribu-nali e degli uffici delle forze dell’ordine;

h) fornendo alle vittime, quando sono parti del processoo forniscono delle prove, i servizi di interpreti indipen-denti e competenti;

i) consentendo alle vittime di testimoniare in aula, se-condo le norme previste dal diritto interno, senza es-sere fisicamente presenti, o almeno senza la presenzadel presunto autore del reato, grazie in particolare al ri-corso a tecnologie di comunicazione adeguate, se sonodisponibili.

2 Un bambino vittima e testimone di violenza contro ledonne e di violenza domestica, deve, se necessario, usu-fruire di misure di protezione specifiche, che prendano inconsiderazione il suo interesse superiore.

Articolo 57 – Gratuito patrocinioLe Parti garantiscono che le vittime abbiano diritto all’assi-stenza legale e al gratuito patrocinio alle condizioni previstedal diritto interno.

Articolo 58 – PrescrizioneLe Parti adottano le misure legislative e di altro tipo neces-sarie per garantire che il termine di prescrizione per inten-tare un’azione penale relativa ai reati di cui agli articoli 36,37, 38 e 39 della presente Convenzione sia prolungato perun tempo sufficiente e proporzionale alla gravità del reato,per consentire alla vittima minore di vedere perseguito ilreato dopo avere raggiunto la maggiore età.

CAPITOLO VII – MIGRAZIONE E ASILO

Articolo 59 – Status di residente1 Le Parti adottano le misure legislative e di altro tipo per

garantire che le vittime, il cui status di residente dipendeda quello del coniuge o del partner, conformemente alloro diritto interno, possano ottenere, su richiesta, in casodi scioglimento del matrimonio o della relazione, in si-tuazioni particolarmente difficili, un titolo autonomo disoggiorno, indipendentemente dalla durata del matrimo-nio o della relazione. Le condizioni per il rilascio e la du-rata del titolo autonomo di soggiorno sono stabilite con-formemente al diritto nazionale.

2 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo ne-cessarie per garantire che le vittime possano ottenere lasospensione delle procedure di espulsione avviate perchéil loro status di residente dipendeva da quello del coniugeo del partner, conformemente al loro diritto interno, alfine di consentire loro di chiedere un titolo autonomo disoggiorno.

3 Le Parti rilasciano un titolo di soggiorno rinnovabile allevittime, in una o in entrambe le seguenti situazioni:a) quando l’autorità competente ritiene che il loro sog-

giorno sia necessario in considerazione della loro si-tuazione personale;

b) quando l’autorità competente ritiene che il loro sog-giorno sia necessario per la loro collaborazione con leautorità competenti nell’ambito di un’indagine o diprocedimenti penali.

4 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo ne-cessarie per garantire che le vittime di un matrimonio

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forzato condotte in un altro paese al fine di contrarre ma-trimonio, e che abbiano perso di conseguenza il loro sta-tus di residente del paese in cui risiedono normalmente,possano recuperare tale status.

Articolo 60 – Richieste di asilo basate sul genere1 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo ne-

cessarie per garantire che la violenza contro le donne ba-sata sul genere possa essere riconosciuta come unaforma di persecuzione ai sensi dell’articolo 1, A (2) dellaConvenzione relativa allo status dei rifugiati del 1951 ecome una forma di grave pregiudizio che dia luogo a unaprotezione complementare / sussidiaria.

2 Le Parti si accertano che un’interpretazione sensibile algenere sia applicata a ciascuno dei motivi della Conven-zione, e che nei casi in cui sia stabilito che il timore dipersecuzione è basato su uno o più di tali motivi, sia con-cesso ai richiedenti asilo lo status di rifugiato, in funzionedegli strumenti pertinenti applicabili.

3 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo ne-cessarie per sviluppare procedure di accoglienza sensibilial genere e servizi di supporto per i richiedenti asilo, non-ché linee guida basate sul genere e procedure di asilo sen-sibili alle questioni di genere, compreso in materia di con-cessione dello status di rifugiato e di richiesta di prote-zione internazionale.

Articolo 61 – Diritto di non-respingimento1 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo ne-

cessarie per il rispetto del principio di non-respingi-mento, conformemente agli obblighi esistenti derivantidal diritto internazionale.

2 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo ne-cessarie per garantire che le vittime della violenza controle donne bisognose di una protezione, indipendente-mente dal loro status o dal loro luogo di residenza, nonpossano in nessun caso essere espulse verso un paesedove la loro vita potrebbe essere in pericolo o dove po-trebbero essere esposte al rischio di tortura o di pene otrattamenti inumani o degradanti.

CAPITOLO VIII – COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Articolo 62 – Principi generali1 Le Parti cooperano, in conformità con le disposizioni della

presente Convenzione, e nel rispetto dell’applicazione de-gli strumenti internazionali e regionali relativi alla coo-perazione in materia civile e penale, nonché degli accordistipulati sulla base di disposizioni legislative uniformi o direciprocità e della propria legislazione nazionale, nelmodo più ampio possibile, al fine di: a) prevenire, combattere e perseguire tutte le forme di

violenza che rientrano nel campo di applicazione dellapresente Convenzione;

b) proteggere e assistere le vittime;c) condurre indagini o procedere penalmente per i reati

previsti sulla base della presente Convenzione;d) applicare le pertinenti sentenze civili e penali pronun-

ciate dalle autorità giudiziarie delle Parti, ivi compresele ordinanze di protezione.

2 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo ne-cessarie per garantire che le vittime di un reato determi-nato ai sensi della presente Convenzione e commesso sulterritorio di una Parte diversa da quella in cui risiedonopossano presentare denuncia presso le autorità compe-tenti del loro Stato di residenza.

3 Se una Parte che subordina all’esistenza di un trattato lamutua assistenza giudiziaria in materia penale, l’estradi-zione o l’esecuzione delle sentenze civili o penali pro-

nunciate da un’altra Parte contraente alla presente Con-venzione riceve una richiesta di cooperazione in materiagiudiziaria da una Parte con la quale non ha ancora con-cluso tale trattato, può considerare la presente Conven-zione come la base giuridica per la mutua assistenza inmateria penale, di estradizione, di esecuzione delle sen-tenze civili o penali pronunciate dall’altra Parte riguar-danti i reati stabiliti conformemente alla presente Con-venzione.

4 Le Parti si sforzano di integrare, se del caso, la preven-zione e la lotta contro la violenza nei confronti delledonne e la violenza domestica nei programmi di assi-stenza allo sviluppo condotti a favore di paesi terzi, com-presa la conclusione di accordi bilaterali e multilateralicon paesi terzi, al fine di facilitare la protezione delle vit-time, conformemente all’articolo 18, paragrafo 5.

Articolo 63 – Misure relative alle persone in pericoloQuando una Parte, sulla base delle informazioni a sua di-sposizione, ha seri motivi di pensare che una persona possaessere esposta in modo immediato al rischio di subire unodegli atti di violenza di cui agli Articoli 36, 37, 38 e 39 dellapresente Convenzione sul territorio di un’altra Parte, la Parteche dispone di tale informazione è incoraggiata a trasmet-terla senza indugio all’altra Parte, al fine di garantire chesiano prese le misure di protezione adeguate. Tale informa-zione deve includere, se del caso, delle indicazioni sulle di-sposizioni di protezione esistenti a vantaggio della personain pericolo.

Articolo 64 – Informazioni1 La Parte richiesta deve rapidamente informare la Parte ri-

chiedente dell’esito finale dell’azione intrapresa ai sensidel presente capitolo. La Parte richiesta deve inoltre in-formare senza indugio la Parte richiedente di qualsiasicircostanza che renda impossibile l’esecuzione del-l’azione ipotizzata o che possa ritardarla in modo signifi-cativo.

2 Una Parte può, nei limiti delle disposizioni del suo dirittointerno, senza richiesta preliminare, trasferire a un’altraParte le informazioni ottenute nell’ambito delle proprieindagini, qualora ritenga che la divulgazione di tali infor-mazioni possa aiutare la Parte che le riceve a prevenire ireati penali stabiliti ai sensi della presente Convenzioneo ad avviare o proseguire le indagini o i procedimenti re-lativi a tali reati penali, o che tale divulgazione possa su-scitare una richiesta di collaborazione formulata da taleParte, conformemente al presente capitolo.

3 Una Parte che riceve delle informazioni conformementeal precedente paragrafo 2 deve comunicarle alle proprieautorità competenti, in modo che possano essere avviatidei procedimenti se sono considerati appropriati, o chetale informazione possa essere presa in considerazionenei procedimenti civili o penali pertinenti.

Articolo 65 – Protezione dei datiI dati personali sono conservati e utilizzati conformementeagli obblighi assunti dalle Parti alla Convenzione sulla pro-tezione delle persone rispetto al trattamento automatizzatodei dati a carattere personale (STE n° 108).

CAPITOLO IX – MECCANISMO DI CONTROLLO

Articolo 66 – Gruppo di esperti sulla lotta contro la vio-lenza nei confronti delle donne e la violenza domestica1 Il Gruppo di esperti sulla lotta contro la violenza nei con-

fronti delle donne e la violenza domestica (di seguito“GREVIO”) è incaricato di vigilare sull’attuazione dellapresente Convenzione da parte delle Parti contraenti.

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2 Il GREVIO è composto da un minimo di 10 membri a unmassimo di 15 membri, nel rispetto del criterio dell’equi-librio tra i sessi e di un’equa ripartizione geografica e del-l’esigenza di competenze multidisciplinari. I suoi membrisono eletti dal Comitato delle Parti tra i candidati desi-gnati dalle Parti con un mandato di quattro anni, rinno-vabile una volta, e sono scelti tra i cittadini delle Parti.

3 L’elezione iniziale di 10 membri deve aver luogo entro unanno dalla data dell’entrata in vigore della presente Con-venzione. L’elezione dei cinque membri supplementari sisvolge dopo la venticinquesima ratifica o adesione.

4 L’elezione dei membri del GREVIO deve essere basata suiseguenti principi:a) devono essere selezionati mediante una procedura tra-

sparente tra personalità di elevata moralità, note perla loro competenza in materia di diritti umani, ugua-glianza tra i sessi, contrasto alla violenza sulle donne ealla violenza domestica o assistenza e protezione allevittime, o devono essere in possesso di una ricono-sciuta esperienza professionale nei settori oggetto dellapresente Convenzione;

b) il GREVIO non può comprendere più di un cittadino delmedesimo Stato;

c) devono rappresentare i principali sistemi giuridici;d) devono rappresentare gli organi e i soggetti competenti

nel campo della violenza contro le donne e la violenzadomestica;

e) devono partecipare a titolo individuale e devono essereindipendenti e imparziali nell’esercizio delle loro fun-zioni, e devono rendersi disponibili ad adempiere ailoro compiti in maniera efficace.

5. La procedura per l’elezione dei membri del GREVIO è de-terminata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Eu-ropa, previa consultazione e unanime consenso delleParti entro sei mesi dall’entrata in vigore della presenteConvenzione.

6 Il GREVIO adotta il proprio regolamento interno.7 I membri del GREVIO e gli altri membri delle delegazioni

incaricate di compiere le visite nei paesi, come stabilitoall’articolo 68, paragrafi 9 e 14, godono dei privilegi e im-munità previsti nell’allegato alla presente Convenzione.

Articolo 67 – Comitato delle Parti1 Il Comitato delle Parti è composto dai rappresentanti

delle Parti alla Convenzione.2 Il Comitato delle Parti è convocato dal Segretario Gene-

rale del Consiglio d’Europa. La sua prima riunione deveavere luogo entro un anno dall’entrata in vigore della pre-sente Convenzione, allo scopo di eleggere i membri delGREVIO. Si riunisce successivamente su richiesta di al-meno un terzo delle Parti, del Presidente del Comitatodelle Parti o del Segretario Generale.

3 Il Comitato delle Parti adotta il proprio regolamento in-terno.

Articolo 68 – Procedura1 Le Parti presentano al Segretario Generale del Consiglio

d’Europa, sulla base di un questionario preparato dal GRE-VIO, un rapporto sulle misure legislative e di altro tipo de-stinate a dare attuazione alle disposizioni della presenteConvenzione, che dovrà essere esaminato da parte delGREVIO.

2 Il GREVIO esamina il rapporto presentato conformementeal paragrafo 1 con i rappresentanti della Parte interessata.

3 La procedura di valutazione ulteriore sarà divisa in cicli,la cui durata è determinata dal GREVIO. All’inizio di ogniciclo, il GREVIO seleziona le disposizioni specifiche sullequali sarà basata la procedura di valutazione e invia al-l’uopo un questionario.

4 Il GREVIO definisce i mezzi adeguati per procedere a talevalutazione. Può in particolare adottare un questionarioper ciascuno dei cicli, che serve da base per la valuta-zione dell’applicazione della Convenzione da parte delleParti contraenti. Il suddetto questionario è inviato a tuttele Parti. Le Parti rispondono al suddetto questionario e aqualsiasi altra eventuale richiesta di informazioni daparte del GREVIO.

5 Il GREVIO può ricevere informazioni riguardanti l’attua-zione della Convenzione da parte delle ONG e della so-cietà civile, nonché dalle istituzioni nazionali di prote-zione dei diritti umani.

6 Il GREVIO tiene debitamente conto delle informazioniesistenti disponibili in altri strumenti internazionali eregionali nei settori che rientrano nel campo di applica-zione della presente Convenzione.

7 Nell’adottare il questionario per ogni ciclo di valutazione,il GREVIO prende in debita considerazione la raccolta deidati e le ricerche esistenti presso le Parti, quali enunciateall’articolo 11 della presente Convenzione.

8 Il GREVIO può ricevere informazioni relative all’applica-zione della Convenzione da parte del Commissario per idiritti umani del Consiglio d’Europa, dell’Assemblea par-lamentare e di altri organi competenti specializzati delConsiglio Europa, nonché da quelli stabiliti nel quadro dialtri strumenti internazionali. Le denunce presentate di-nanzi a tali organi e il seguito che viene loro dato sonomessi a disposizione del GREVIO.

9 Il GREVIO può inoltre organizzare, in collaborazione conle autorità nazionali e con l’assistenza di esperti nazio-nali indipendenti, delle visite nei paesi interessati, se leinformazioni ricevute sono insufficienti o nei casi previ-sti al paragrafo 14. Nel corso di queste visite, il GREVIOpuò farsi assistere da specialisti in settori specifici.

10 Il GREVIO elabora una bozza di rapporto contenente lapropria analisi sull’applicazione delle disposizioni allequali si riferisce la procedura di valutazione, nonché isuoi suggerimenti e le sue proposte riguardanti il modoin cui la Parte interessata può trattare i problemi indivi-duati. Tale bozza di rapporto è trasmessa alla Parte og-getto della valutazione perché formuli i propri com-menti, che sono presi in considerazione dal GREVIOquando adotta il suo rapporto.

11 Sulla base di tutte le informazioni e dei commenti delleParti, il GREVIO adotta il proprio apporto e le proprie con-clusioni in merito alle misure adottate dalla Parte inte-ressata per attuare le disposizioni della presente Con-venzione. Questo rapporto e le conclusioni sono inviatialla Parte interessata e al Comitato delle Parti. Il rapportoe le conclusioni del GREVIO sono resi pubblici non ap-pena adottati, accompagnati dagli eventuali commentidella Parte interessata.

12 Fatte salve le procedure di cui ai precedenti paragrafi da1 a 8, il Comitato delle Parti può adottare, sulla base delrapporto e delle conclusioni del GREVIO, delle racco-mandazioni rivolte alla suddetta Parte (a) riguardanti lemisure da adottare per dare attuazione alle conclusionidel GREVIO, se necessario fissando una data per la pre-sentazione delle informazioni sulla loro attuazione, e (b)miranti a promuovere la cooperazione con la suddettaParte per un’adeguata applicazione della presente Con-venzione.

13 Se il GREVIO riceve informazioni attendibili indicantiuna situazione in cui i problemi rilevati richiedono un’at-tenzione immediata per prevenire o limitare la portata oil numero di gravi violazioni della Convenzione, può do-mandare la presentazione urgente di un rapporto spe-ciale sulle misure adottate per prevenire una forma diviolenza sulle donne grave, diffusa o ricorrente.

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14 Il GREVIO può, tenendo conto delle informazioni pre-sentate dalla Parte interessata e di ogni altra informa-zione attendibile, designare uno o più membri incaricatidi condurre un’indagine e di presentargli con urgenza unrapporto. Se necessario, e con il consenso della Parte, taleindagine può includere una visita sul suo territorio.

15 Dopo avere esaminato le conclusioni relative all’indaginedi cui al paragrafo 14, il GREVIO trasmette tali risultatialla Parte interessata e, se del caso, al Comitato delleParti e al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa,accompagnati da qualsiasi altra osservazione e racco-mandazione.

Articolo 69 – Raccomandazioni generaliIl GREVIO può adottare, ove opportuno, raccomandazioni dicarattere generale sull’applicazione della presente Conven-zione.

Articolo 70 – Partecipazione dei Parlamenti al controllo1 I parlamenti nazionali sono invitati a partecipare al con-

trollo delle misure adottate per l’attuazione della pre-sente Convenzione.

2 Le Parti presentano i rapporti del GREVIO ai loro Parla-menti nazionali.

3 L’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa è invi-tata a fare regolarmente un bilancio dell’applicazionedella presente Convenzione.

CAPITOLO X – RELAZIONI CON ALTRI STRUMENTIINTERNAZIONALI

Articolo 71 – Relazioni con altri strumenti internazionali1 La presente Convenzione non pregiudica gli obblighi de-

rivanti dalle disposizioni di altri strumenti internazionalidi cui le Parti alla presente Convenzione sono parte con-traente o lo diventeranno in futuro e che contengono di-sposizioni relative alle questioni disciplinate dalla pre-sente Convenzione.

2 Le Parti alla presente Convenzione possono concluderetra loro accordi bilaterali o multilaterali relativi alle que-stioni disciplinate dalla presente Convenzione, al fine diintegrarne o rafforzarne le disposizioni o di facilitare l’ap-plicazione dei principi in essa sanciti.

CAPITOLO XI – EMENDAMENTI ALLA CONVENZIONE

Articolo 72 – Emendamenti1 Ogni emendamento alla presente Convenzione, proposto

da una Parte, deve essere comunicato al Segretario Gene-rale del Consiglio d’Europa e trasmesso da quest’ultimoagli Stati membri del Consiglio d’Europa, a ogni Stato fir-matario, a ogni Parte, all’Unione europea, a ogni Stato in-vitato a firmare la presente Convenzione, conformementealle disposizioni dell’articolo 75, nonché a ogni Stato in-vitato ad aderire alla presente Convenzione, conforme-mente alle disposizioni dell’articolo 76.

2 Il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa esaminal’emendamento proposto e, dopo avere consultato le Partialla Convenzione che non sono membri del Consiglio d’Eu-ropa, può adottare l’emendamento con la maggioranza pre-vista all’Articolo 20.d dello statuto del Consiglio d’Europa.

3 Il testo di ogni emendamento adottato dal Comitato deiMinistri conformemente al paragrafo 2 del presente arti-colo è trasmesso alle Parti per accettazione.

4 Ogni emendamento adottato conformemente al para-grafo 2 entra in vigore il primo giorno del mese successivoalla scadenza di un periodo di un mese dopo la data incui tutte le Parti hanno informato il Segretario Generaledella loro accettazione.

CAPITOLO XII – CLAUSOLE FINALI

Articolo 73 – Effetti della ConvenzioneLe disposizioni della presente Convenzione non pregiudi-cano le disposizioni di diritto interno e di altri strumenti in-ternazionali vincolanti già in vigore o che possono entrarein vigore, in base ai quali sono o sarebbero riconosciuti deidiritti più favorevoli per la prevenzione e la lotta contro laviolenza sulle donne e la violenza domestica.

Articolo 74 – Composizione delle controversie1 In caso di controversia tra le Parti circa l’applicazione o

l’interpretazione delle disposizioni della presente Con-venzione, le Parti si adopereranno anzitutto per trovareuna soluzione mediante negoziato, conciliazione, arbi-trato, o qualsiasi altro mezzo pacifico di loro scelta.

2 Il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa può stabi-lire delle procedure per la composizione delle controver-sie che potranno essere utilizzate dalle Parti, se vi con-sentono.

Articolo 75 – Firma ed entrata in vigore1 La presente Convenzione è aperta alla firma degli Stati

membri del Consiglio d’Europa, degli Stati non membriche hanno partecipato alla sua elaborazione e dell’Unioneeuropea.

2 La presente Convenzione è soggetta a ratifica, accetta-zione o approvazione. Gli strumenti di ratifica, di accet-tazione o di approvazione saranno depositati presso il Se-gretario Generale del Consiglio d’Europa.

3 La presente Convenzione entrerà in vigore il primogiorno del mese successivo alla scadenza di un periododi tre mesi dopo la data in cui 10 firmatari, di cui almenootto Stati membri del Consiglio d’Europa, avrannoespresso il loro consenso a essere vincolati dalla Con-venzione, conformemente alle disposizioni del prece-dente paragrafo 2.

4 Se uno Stato di cui al paragrafo 1 o l’Unione europeaesprime ulteriormente il proprio consenso a essere vin-colato dalla Convenzione, quest’ultima entrerà in vigore,nei suoi confronti, il primo giorno del mese successivoalla scadenza di un periodo di tre mesi dopo la data deldeposito dello strumento di ratifica, di accettazione o diapprovazione.

Articolo 76 – Adesione alla Convenzione1 Dopo l’entrata in vigore della presente Convenzione, il

Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, dopo avereconsultato le Parti alla presente Convenzione e averne ot-tenuto l’unanime consenso, può invitare qualsiasi Statonon membro del Consiglio d’Europa che non abbia parte-cipato all’elaborazione della convenzione ad aderire allapresente Convenzione con una decisione presa con lamaggioranza prevista all’articolo 20.d dello Statuto delConsiglio d’Europa, e all’unanimità dei rappresentantidelle Parti contraenti con diritto di sedere in seno al Co-mitato dei Ministri.

2 Nei confronti di ogni Stato aderente, la Convenzione en-trerà in vigore il primo giorno del mese successivo allascadenza di un periodo di tre mesi dopo la data del de-posito dello strumento di adesione presso il SegretarioGenerale del Consiglio d’Europa.

Articolo 77 – Applicazione territoriale1 Ogni Stato o l’Unione europea, al momento della firma o

del deposito del proprio strumento di ratifica, di accetta-zione, di approvazione o di adesione, potrà indicare il ter-ritorio o i territori cui si applicherà la presente Conven-zione.

DOSSIER

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2 Ciascuna Parte potrà, in qualsiasi momento successivo emediante dichiarazione inviata al Segretario Generale delConsiglio d’Europa, estendere l’applicazione della pre-sente Convenzione a ogni altro territorio specificato intale dichiarazione, di cui curi le relazioni internazionali oin nome del quale sia autorizzata ad assumere impegni.La Convenzione entrerà in vigore nei confronti di questoterritorio il primo giorno del mese successivo alla sca-denza di un periodo di tre mesi dalla data di ricevimentodella dichiarazione da parte del Segretario Generale.

3 Ogni dichiarazione fatta ai sensi dei due paragrafi prece-denti potrà essere ritirata nei confronti di ogni territoriospecificato nella suddetta dichiarazione mediante noti-fica indirizzata al Segretario Generale del Consiglio d’Eu-ropa. Il ritiro avrà effetto il primo giorno del mese suc-cessivo alla scadenza di un periodo di tre mesi dalla datadel ricevimento di tale notifica da parte del Segretario Ge-nerale.

Articolo 78 – Riserve1 Non è ammessa alcuna riserva alle disposizioni della pre-

sente Convenzione, salvo quelle previste ai successivi pa-ragrafi 2 e 3.

2 Ogni Stato o l’Unione europea può, al momento dellafirma o del deposito del proprio strumento di ratifica, diaccettazione, di approvazione o di adesione, mediante di-chiarazione inviata al Segretario Generale del Consigliod’Europa, precisare che si riserva il diritto di non appli-care o di applicare solo in particolari casi o circostanze ledisposizioni enunciate nei seguenti articoli:– Articolo 30, paragrafo 2;– Articolo 44, paragrafi 1.e, 3 e 4;– Articolo 55, paragrafo 1 esaminato insieme all’Articolo

35 per quanto riguarda i reati minori;– Articolo 58 esaminato insieme agli Articoli 37, 38 e 39;– Articolo 59.

3 Ogni Stato o l’Unione europea può, al momento dellafirma o del deposito dello strumento di ratifica, di accet-tazione, di approvazione o di adesione, mediante dichia-razione inviata al Segretario Generale del Consiglio d’Eu-ropa, precisare che si riserva il diritto di prevedere san-zioni non penali, invece di imporre sanzioni penali, per icomportamenti di cui agli articoli 33 e 34.

4 Ogni Parte può ritirare in tutto o in parte una riserva me-diante notifica indirizzata al Segretario Generale del Con-siglio d’Europa. Il ritiro avrà effetto a partire dalla data delsuo ricevimento da parte del Segretario Generale.

Articolo 79 – Validità ed esame delle riserve1 Le riserve previste all’articolo 78, paragrafi 2 e 3 sono va-

lide per un periodo di cinque anni a partire dal primogiorno dell’entrata in vigore della Convenzione per laParte interessata. Tali riserve possono tuttavia essere rin-novate per periodi di uguale durata.

2 Diciotto mesi prima della scadenza della riserva, il Se-gretario Generale del Consiglio d’Europa notifica tale sca-denza alla Parte interessata. Tre mesi prima della data

della scadenza, la Parte deve comunicare al Segretario Ge-nerale la sua intenzione di mantenere, modificare o riti-rare la riserva. In assenza di tale comunicazione, il Se-gretario Generale informa la Parte che la sua riserva si in-tende automaticamente prorogata per un periodo di seimesi. Se la Parte interessata non notifica prima della sca-denza di tale termine la sua intenzione di mantenere omodificare la propria riserva, questa è considerata sciolta.

3 La Parte che ha formulato una riserva conformemente al-l’Articolo 78, paragrafi 2 e 3, deve fornire, prima di rinno-varla, o su richiesta, delle spiegazioni al GREVIO in me-rito ai motivi che ne giustificano il mantenimento.

Articolo 80 – Denuncia1 Ogni Parte può, in qualsiasi momento, denunciare la pre-

sente Convenzione mediante notifica inviata al Segreta-rio Generale del Consiglio d’Europa.

2 Tale denuncia ha effetto il primo giorno del mese suc-cessivo alla scadenza di un periodo di tre mesi dalla datadi ricevimento della notifica da parte del Segretario Ge-nerale.

Articolo 81 – NotificaIl Segretario Generale del Consiglio d’Europa notificherà agliStati membri del Consiglio d’Europa, agli Stati non membridel Consiglio d’Europa che abbiano partecipato all’elabora-zione della presente Convenzione, a ogni firmatario, a ogniParte, all’Unione europea e a ogni Stato invitato ad aderirealla presente Convenzione:a) ogni firma;b) il deposito di ogni strumento di ratifica, di accettazione,

di approvazione o di adesione;c) ogni data di entrata in vigore della presente Convenzione,

conformemente agli Articoli 75 e 76;d ogni emendamento adottato conformemente all’Articolo

72 e la data della sua entrata in vigore;e) ogni riserva e ritiro di riserva formulati conformemente

all’Articolo 78;f) ogni denuncia presentata conformemente all’Articolo 80;g) ogni altro atto, notifica o comunicazione concernente la

presente Convenzione.

* * *

In fede di che i sottoscritti, debitamente autorizzati a talfine, hanno firmato la presente Convenzione.

Fatto a Istanbul, l’11 maggio 2011, in inglese e in francese,entrambi i testi facenti ugualmente fede, in un unico esem-plare che sarà depositato negli archivi del Consiglio d’Eu-ropa.

Il Segretario Generale del Consiglio d’Europa ne trasmetteràuna copia certificata conforme a ogni Stato membro delConsiglio d’Europa, agli Stati non membri che hanno parte-cipato all’elaborazione della presente Convenzione, al-l’Unione europea e a ogni Stato invitato ad aderirvi.

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2012, iscritta al n. 43 del registro ordinanze 2013 epubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblican. 11, prima serie speciale, dell’anno 2013.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consi-glio dei ministri;

Udito nella camera di consiglio del 9 ottobre 2013il Giudice relatore Paolo Grossi.

Ritenuto in fatto1.– Il Tribunale per i minorenni di Catanzaro sol-

leva, in riferimento agli articoli 2, 3, 32 e 117, primocomma, della Costituzione, questione di legittimitàcostituzionale dell’art. 28, comma 7, della legge 4maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una fa-miglia), come sostituito dall’art. 177, comma 2, deldecreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice inmateria di protezione dei dati personali), «nellaparte in cui esclude la possibilità di autorizzare lapersona adottata all’accesso alle informazioni sulleorigini senza avere previamente verificato la persi-stenza della volontà di non volere essere nominatada parte della madre biologica».

Premette il giudice a quo che una donna, nata nel1963 e adottata nel 1969, esponeva di essere venutaa conoscenza della sua adozione soltanto in occa-sione della procedura di separazione e divorzio dalmarito e che la ignoranza delle sue origini le avevacagionato vari condizionamenti anche di ordine sa-

nitario, limitando le possibilità di diagnosi e cura perpatologie (nodulo al seno e disturbi ricollegabiliforse ad una menopausa precoce) che avrebbero do-vuto comportare una anamnesi di tipo familiare.Soggiungeva la istante che non era animata da spi-rito di rivendicazione nei confronti della madre bio-logica, la quale avrebbe potuto ricevere confortodalla conoscenza della figlia, «così chiudendo unconto con il passato». Da qui, la richiesta di cono-scere le generalità della madre naturale. Il pubblicoministero aveva espresso parere favorevole, ma ilTribunale rilevava che, a fronte della possibilità ri-conosciuta all’adottato che abbia compiuto i 25 annidi accedere ad informazioni riguardanti i propri ge-nitori biologici, previa autorizzazione del Tribunaleper i minorenni, tale possibilità era invece esclusadalla disposizione oggetto di impugnativa, ove le in-formazioni si riferiscano alla madre che abbia di-chiarato alla nascita – come nella specie – di non vo-ler essere nominata, ai sensi dell’art. 30, comma 1,del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento perla revisione e la semplificazione dell’ordinamentodello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12,della legge 15 maggio 1997, n. 127).

A proposito della violazione dell’art. 2 Cost., il Tri-bunale osserva come la conoscenza delle proprieorigini rappresenti un presupposto indefettibile perl’identità personale dell’adottato, la quale integra un

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CORTE COSTITUZIONALE

diritto fondamentale, che viene tutelato sotto il pro-filo della immagine sociale della persona; vale adire, di quell’insieme di valori rilevanti nella rap-presentazione che di essa viene data nella vita di re-lazione. Il diritto alla identità personale ed alla ri-cerca delle proprie radici è salvaguardato dagli artt.7 e 8 della Convenzione sui diritti del fanciullo, fattaa New York il 20 novembre 1989, resa esecutiva conla legge 27 maggio 1991, n. 176 – che assicurano, ap-punto, il relativo diritto a conoscere i propri genitoried a preservare la propria identità – nonché dall’art.30 della Convenzione per la tutela dei minori e lacooperazione in materia di adozione internazionale,fatta a L’Aja il 29 maggio 1993, resa esecutiva con lalegge 31 dicembre 1998, n. 476, la quale impone agliStati aderenti di assicurare l’accesso del minore odel suo rappresentante alle informazioni relativealle sue origini, fra le quali, in particolare, quelle re-lative all’identità dei propri genitori. Il diritto al-l’identità è stato poi di recente riaffermato e pun-tualizzato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo,nella sentenza Godelli contro Italia del 25 settem-bre 2012, ove si è affermato che, nel perimetro dellatutela offerta dall’art. 8 della Convenzione per la sal-vaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fonda-mentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resaesecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, rientraanche la possibilità di «disporre dei dettagli sulla

propria identità di essere umano e l’interesse vitale,protetto dalla Convenzione ad ottenere informa-zioni necessarie alla scoperta della verità concer-nente un aspetto importante della propria identitàpersonale, ad esempio l’identità dei genitori».

Il diritto a conoscere le proprie origini contribui-sce, dunque, in maniera determinante a delinearela personalità di un essere umano e rientra, quindi,nell’ambito dei principi tutelati dall’art. 2 Cost., chenella specie risulterebbero violati: negare, infatti, apriori l’autorizzazione all’accesso alle notizie sulleproprie origini, in ragione del fatto che il genitoreabbia dichiarato di non voler essere nominato, com-promette il diritto all’identità personale dell’adot-tato.

D’altra parte – sottolinea il giudice a quo – a frontedel diritto all’anonimato, basterebbe prevedere che,in presenza della richiesta del figlio, la madre fosseposta in condizione di ribadire o meno la scelta fattamolti anni prima, non senza sottolineare come ilmutamento del costume sociale non faccia più per-cepire come un disonore la nascita di un figlio fuoridel matrimonio. Tale possibilità, inoltre, non pre-senterebbe “pericoli” maggiori neppure per la fami-glia adottiva, tenuto conto delle possibilità offerteall’adottato dai commi 5 e 6 dell’art. 28 in discorso.La logica che ne ha informato la novellazione, d’al-tra parte, pare essere tutta orientata verso il recepi-

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CORTE COSTITUZIONALE

mento dei dati scientifici, convergenti nell’asse-gnare importanza alla conoscenza delle proprie ori-gini; sicché, la disposizione dettata dal comma 7, og-getto di censura, rischierebbe di «precludere irra-zionalmente, nella maggior parte dei casi, ciò chevoleva consentire».

La disposizione oggetto di impugnativa violerebbeanche il principio di uguaglianza, trattando in mododiverso l’adottato la cui madre non abbia dichiaratoalcunché e quello la cui madre abbia dichiarato dinon voler essere nominata, senza considerarel’eventualità che possa aver cambiato idea e leistessa desideri avere notizie del figlio. Nella specie,sussisterebbero interessi contrapposti: da un lato,quello dell’adottato a conoscere le proprie origini,quale espressione del diritto alla propria identitàpersonale; dall’altro, le esigenze di protezione dellafamiglia adottiva e quello all’anonimato della fami-glia naturale, quale ulteriore garanzia per la fami-glia adottiva. La norma impugnata avrebbe privile-giato esclusivamente l’interesse del genitore al-l’anonimato, senza controllarne l’attualità, sacrifi-cando sempre e comunque l’interesse dell’adottato,in ipotesi anche a fronte di gravi esigenze attinentialla sua salute psico-fisica.

Infine, la disposizione in questione, operando soloa tutela dell’anonimato, discriminerebbe irragione-volmente gli adottati, in quanto diversamente dalcaso di genitori naturali che non hanno dichiarato dinon voler essere nominati – e che possono in con-creto essersi opposti all’adozione, così da rappre-sentare un potenziale pericolo per la famiglia adot-tiva – un simile rischio non è rappresentato dal ge-nitore il quale abbia richiesto l’anonimato. L’impos-sibilità di accertare, poi, se la madre abbia mutatoorientamento circa l’anonimato costituirebbe viola-zione del principio di uguaglianza, giacché «accer-tato il superamento del rapporto conflittuale fra ildiritto dell’adottato alla propria identità personale equello della madre naturale al rispetto della sua vo-lontà di anonimato», la diversità di disciplina fra ledue ipotesi sarebbe ingiustificata.

Risulterebbe compromesso anche l’art. 32 Cost.,in quanto l’impedimento alla conoscenza dei datiinerenti alla madre naturale priverebbe l’adottato diqualsiasi possibilità di ottenere una anamnesi fa-miliare, essenziale per interventi di profilassi o diaccertamenti diagnostici, essendo già egli privo dinotizie circa la storia sanitaria del ramo paterno delproprio albero genealogico. Ciò, peraltro, in costanzadella prassi, diffusa negli ospedali italiani, di omet-tere la stessa ordinaria raccolta dei dati anamnesticinon identificativi della madre.

Sussisterebbe, infine, violazione dell’art. 117,primo comma, Cost., in riferimento all’art. 8 dellaCEDU, per come interpretato dalla Corte di Stra-sburgo nella già richiamata sentenza nel caso Go-delli contro Italia, la quale ha ritenuto che la nor-

mativa italiana in materia violi l’art. 8 della Con-venzione, non essendo stati bilanciati fra loro gli in-teressi delle parti contrapposte, in tal modo ecce-dendo dal margine di valutazione riconosciuto allastregua del principio convenzionale.

Sottolinea il giudice a quo, rammentando la giuri-sprudenza della Corte costituzionale in tema di in-terpretazione adeguatrice, che la Corte europea nonha considerato che la normativa nazionale (art. 93del d.lgs. n. 196 del 2003), da un lato, consente l’ac-quisizione dei dati relativi alla nascita trascorsicento anni dalla formazione della cartella clinica odel certificato di assistenza al parto e, dall’altro, ri-conosce la possibilità di ottenere informazioni nonidentificative della madre.

Tuttavia – soggiunge il Giudice rimettente – laCorte europea ha censurato la normativa italiana inrapporto a circostanze diverse rispetto all’accessoalle informazioni non identificative, le quali ultime,peraltro, restano disciplinate in modo confuso, alpunto da aver generato prassi applicative assai dif-ferenziate. La reversibilità del segreto, introdottadalla legislazione francese – che ha passato im-mune, nel caso Odièvre, il controllo della Corte diStrasburgo –, costituirebbe un passo in avanti versoil soddisfacimento dell’esigenza di conoscenza delleproprie origini, valutato come elemento fondamen-tale per la costruzione della personalità dai nuoviapprodi della scienza psicologica. Risulterebbe poicontestabile l’assunto che la garanzia dell’anoni-mato preserverebbe dal rischio di “decisioni irrepa-rabili” della donna, tenuto conto dei dati statisticisugli infanticidi. Inoltre, il parto in anonimato sa-rebbe tra le prime cause che favoriscono alterazionidi stato, tanto da aver indotto il legislatore a predi-sporre rimedi in prevenzione, secondo quanto sta-bilito dall’art. 74 della legge n. 184 del 1983.

In punto di rilevanza, infine, il Tribunale sottoli-nea che, nella specie, la madre biologica ha dichia-rato di non voler essere nominata, con la conse-guenza che è precluso anche il semplice interpellodella donna: il che confermerebbe la rilevanza dellaquestione, giacché – come già detto – la ricorrentevedrebbe frustrata la sua aspirazione di conoscenzadelle proprie origini e insoddisfatte le esigenze disalute connesse alla impossibilità di ottenere unaordinaria anamnesi familiare.

Non sussisterebbe, poi, possibilità di procedere adinterpretazioni della norma interna tali da escluderel’intervento del Giudice delle leggi, a nulla valendo,anche per le incertezze normative, il ricorso ad ele-menti non identificativi. D’altra parte, «sia emet-tendo un provvedimento che respingesse la do-manda di accesso, ovvero autorizzasse almeno laconoscenza di dati non identificativi, di fatto nep-pure esistenti perché mai raccolti e/o conservati, lasoluzione non soddisferebbe la decisione dellaCEDU».

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CORTE COSTITUZIONALE

2.– Nel giudizio è intervenuto il Presidente delConsiglio dei ministri, rappresentato e difeso dal-l’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che laquestione sia dichiarata manifestamente infondata.

La difesa erariale segnala come il Tribunale ri-mettente abbia trascurato, salvo un breve passaggio,di considerare che la questione è già stata dichia-rata non fondata dalla Corte con la sentenza n. 425del 2005, in riferimento proprio agli artt. 2, 3 e 32Cost., rievocando la storia del quadro normativo eponendo in luce la ratio della disciplina censurata(«da un lato, assicurare che il parto avvenga in con-dizioni ottimali e, dall’altro, distogliere la donna dadecisioni irreparabili»), che, pure, il giudice a quo harichiamato per disattenderne la concludenza. Delpari, la Corte ebbe a escludere la violazione del prin-cipio di uguaglianza, tra figlio adottato la cui madreabbia dichiarato di non voler essere nominata e fi-glio adottato i cui genitori non abbiano reso tale di-chiarazione, posto che – osservò la Corte – «solo laprima ipotesi e non anche la seconda è caratteriz-zata dal rapporto conflittuale fra il diritto dell’adot-tato alla propria identità personale e quello dellamadre al rispetto della sua volontà di anonimato».

Il novum sarebbe dunque rappresentato dalla sen-tenza della CEDU nel “caso Godelli” e la questioneandrebbe esaminata, pertanto, solo sul versantedella conformazione del quadro normativo agli im-pegni internazionali. Anche sotto questo profilo,però, la questione sarebbe infondata, giacché, se èvero che la legislazione nazionale risolve in favoredella tutela dell’anonimato il contrasto di interessi,attraverso quella tutela si salvaguarda anche la vitadel nascituro e la salute della donna. In linea con ilcomune sentire, quindi, si è considerato più grave il«vulnus che patirebbe la donna dal vedere svelatala sua identità di madre contro la propria volontà,rispetto al pericolo di una (non certa) compromis-sione dell’aspirazione dell’individuo alla sua pienarealizzazione anche attraverso la conoscenza dellesue origini».

D’altra parte – e come ricordato dallo stesso ri-mettente –, il legislatore ha consentito l’accesso allacartella clinica della madre ove venga in gioco la sa-lute del figlio; tutela di natura eccezionale che nonviene invece accordata se la madre si è sottoposta apratiche di fecondazione assistita (art. 9 della legge19 febbraio 2004, n. 40, recante «Norme in materiadi procreazione medicalmente assistita»). Per altroverso, l’accesso ai dati è consentito dopo cento annie, prima, sono acquisibili i dati non identificatividella madre che abbia dichiarato di non voler esserenominata.

Pertanto, e contrariamente all’assunto della Cortedi Strasburgo, la legislazione nazionale avrebbe «re-golato con equilibrio e proporzionalità i diversi in-teressi coinvolti». Mentre risulterebbe priva di basescientifica la tesi del giudice a quo secondo la quale

le ragioni della tutela dell’anonimato sarebbero ve-nute meno per il mutamento dei costumi sociali edella morale civile.

Considerato in diritto1.– Il Tribunale per i minorenni di Catanzaro sol-

leva, in riferimento agli articoli 2, 3, 32 e 117, primocomma, della Costituzione, questione di legittimitàcostituzionale dell’art. 28, comma 7, della legge 4maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una fa-miglia), come sostituito dall’art. 177, comma 2, deldecreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice inmateria di protezione dei dati personali), «nellaparte in cui esclude la possibilità di autorizzare lapersona adottata all’accesso alle informazioni sulleorigini senza avere previamente verificato la persi-stenza della volontà di non volere essere nominatada parte della madre biologica».

La disposizione denunciata contrasterebbe conl’art. 2 della Costituzione, configurando «una vio-lazione del diritto di ricerca delle proprie origini edunque del diritto all’identità personale dell’adot-tato»; con l’art. 3 Cost., in riferimento all’«irragio-nevole disparità di trattamento fra l’adottato natoda donna che abbia dichiarato di non voler esserenominata e l’adottato figlio di genitori che non ab-biano reso alcuna dichiarazione e abbiano anzi su-bìto l’adozione»; con l’art. 32 Cost., in ragione del-l’impossibilità, per il figlio, di ottenere dati relativiall’anamnesi familiare, anche in relazione al ri-schio genetico; con l’art. 117, primo comma, Cost.,in riferimento all’art. 8 della Convenzione per lasalvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertàfondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 eresa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, percome interpretato dalla Corte europea dei dirittidell’uomo nella sentenza del 25 settembre 2012 nelcaso Godelli contro Italia, la quale ha dichiaratoche la normativa italiana rilevante violi il predettoart. 8 della Convenzione, non adeguatamente bi-lanciando fra loro gli interessi delle parti contrap-poste.

2.– Intervenuto nel giudizio, il Presidente del Con-siglio dei ministri ha osservato che la questione dilegittimità costituzionale, già dichiarata non fon-data con la sentenza n. 425 del 2005 in riferimentoai parametri di cui agli artt. 2, 3 e 32 Cost., risulte-rebbe del pari non fondata in riferimento all’art. 117,primo comma, Cost., considerato che con la tuteladell’anonimato si salvaguarda anche la vita del na-scituro e la salute della donna e che, diversamenteda come prospettato dalla Corte di Strasburgo, lanormativa italiana avrebbe «regolato con equilibrioe proporzionalità i diversi interessi coinvolti».

3.– La questione è fondata, nei termini di cui ap-presso.

4.– Come il giudice a quo e la stessa difesa erarialehanno puntualmente rilevato, il tema del diritto al-

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CORTE COSTITUZIONALE

l’anonimato della madre e quello del diritto del fi-glio a conoscere le proprie origini ai fini della tuteladei suoi diritti fondamentali hanno già formato og-getto di pronunce tanto di questa Corte che dellaCorte europea dei diritti dell’uomo.

Si tratta di questioni di particolare delicatezza,perché coinvolgono, entrambe, valori costituzionalidi primario rilievo e vedono i rispettivi modi di con-cretizzazione reciprocamente implicati; al puntoche – come è evidente – l’ambito della tutela del di-ritto all’anonimato della madre non può non condi-zionare, in concreto, il soddisfacimento della con-trapposta aspirazione del figlio alla conoscenzadelle proprie origini, e viceversa.

Nel giudizio concluso con la sentenza n. 425 del2005, questa Corte fu chiamata a pronunciarsi su unquesito del tutto analogo a quello ora nuovamentedevoluto dal giudice rimettente: anche in quella cir-costanza, infatti, il petitum perseguito non miravaalla mera ablazione del diritto della madre che, allanascita del figlio, avesse dichiarato, agli effetti degliatti dello stato civile, di non voler essere nominata,ai sensi dell’art. 30, comma 1, del d.P.R. 3 novembre2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la sem-plificazione dell’ordinamento dello stato civile, anorma dell’articolo 2, comma 12, della legge 15 mag-gio 1997, n. 127); e neppure era volto a conseguireuna sorta di bilanciamento fra i diritti – potenzial-mente alternativi, quanto al rispettivo soddisfaci-mento – di cui innanzi si è detto; ma mirava esclu-

sivamente ad introdurre nel sistema normativo –che sul punto era del tutto silente – la possibilità diverificare la persistenza della volontà della madrenaturale di non essere nominata.

Ebbene, nella circostanza, non si mancò di ram-mentare come la finalità della norma, oggi nuova-mente impugnata in parte qua, fosse quella di assi-curare, da un lato, che il parto avvenisse nelle con-dizioni ottimali tanto per la madre che per il figlio,e, dall’altro lato, di «distogliere la donna da decisioniirreparabili, per quest’ultimo ben più gravi». E l’irre-vocabilità degli effetti di questa scelta venne spie-gata secondo una logica di rafforzamento dei corri-spondenti obiettivi, escludendo che la decisione perl’anonimato potesse comportare, per la madre, «ilrischio di essere, in un imprecisato futuro e su ri-chiesta del figlio mai conosciuto e già adulto, inter-pellata dall’autorità giudiziaria per decidere se con-fermare o revocare quella lontana dichiarazione divolontà».

Il nucleo fondante della scelta allora adottata sicoglie, così, agevolmente, nella ritenuta corrispon-denza biunivoca tra il diritto all’anonimato, in sé eper sé considerato, e la perdurante quanto indero-gabile tutela dei profili di riservatezza o, se si vuole,di segreto, che l’esercizio di quel diritto inevitabil-mente coinvolge. Un nucleo fondante che – vale lapena puntualizzare – non può che essere riaffer-mato, proprio alla luce dei valori di primario risaltoche esso intende preservare.

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Il fondamento costituzionale del diritto della ma-dre all’anonimato riposa, infatti, sull’esigenza di sal-vaguardare madre e neonato da qualsiasi perturba-mento, connesso alla più eterogenea gamma di si-tuazioni, personali, ambientali, culturali, sociali, taleda generare l’emergenza di pericoli per la salutepsico-fisica o la stessa incolumità di entrambi e dacreare, al tempo stesso, le premesse perché la nascitapossa avvenire nelle condizioni migliori possibili.

La salvaguardia della vita e della salute sono, dun-que, i beni di primario rilievo presenti sullo sfondodi una scelta di sistema improntata nel senso di fa-vorire, per sé stessa, la genitorialità naturale.

Peraltro, in questa prospettiva, anche il diritto delfiglio a conoscere le proprie origini – e ad accederealla propria storia parentale – costituisce un ele-mento significativo nel sistema costituzionale di tu-tela della persona, come pure riconosciuto in variepronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo.E il relativo bisogno di conoscenza rappresenta unodi quegli aspetti della personalità che possono con-dizionare l’intimo atteggiamento e la stessa vita direlazione di una persona in quanto tale. Elementi,tutti, affidati alla disciplina che il legislatore è chia-mato a stabilire, nelle forme e con le modalità repu-tate più opportune, dirette anche a evitare che il suoesercizio si ponga in collisione rispetto a norme –quali quelle che disciplinano il diritto all’anonimatodella madre – che coinvolgono, come si è detto, esi-genze volte a tutelare il bene supremo della vita.

5.– Tuttavia, l’aspetto che viene qui in specifico ri-lievo – e sul quale la sentenza della Corte di Stra-sburgo del 25 settembre 2012, Godelli contro Italia,invita a riflettere, secondo la prospettazione dellostesso giudice rimettente – ruota attorno al profilo,per così dire, “diacronico” della tutela assicurata aldiritto all’anonimato della madre.

Con la disposizione all’esame, l’ordinamento pare,infatti, prefigurare una sorta di “cristallizzazione“ odi “immobilizzazione“ nelle relative modalità diesercizio: una volta intervenuta la scelta per l’ano-nimato, infatti, la relativa manifestazione di volontàassume connotati di irreversibilità destinati, so-stanzialmente, ad “espropriare” la persona titolaredel diritto da qualsiasi ulteriore opzione; trasfor-mandosi, in definitiva, quel diritto in una sorta divincolo obbligatorio, che finisce per avere un’effica-cia espansiva esterna al suo stesso titolare e, dun-que, per proiettare l’impedimento alla eventuale re-lativa rimozione proprio sul figlio, alla posizione delquale si è inteso, ab origine, collegare il vincolo delsegreto su chi lo abbia generato.

Tutto ciò è icasticamente scolpito dall’art. 93,comma 2, del ricordato d.lgs. n. 196 del 2003, se-condo cui «Il certificato di assistenza al parto o lacartella clinica, ove comprensivi dei dati personaliche rendono identificabile la madre che abbia di-chiarato di non voler essere nominata avvalendosidella facoltà di cui all’articolo 30, comma 1, del d.P.R.3 novembre 2000, n. 396, possono essere rilasciati in

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copia integrale a chi vi abbia interesse, in confor-mità alla legge, decorsi cento anni dalla formazionedel documento».

Ebbene, a cercare un fondamento a tale sistema –che commisura temporalmente lo spazio del “vin-colo” all’anonimato a una durata idealmente ecce-dente quella della vita umana –, se ne ricava cheesso riposa sulla ritenuta esigenza di prevenire tur-bative nei confronti della madre in relazione al-l’esercizio di un suo “diritto all’oblio” e, nello stessotempo, sull’esigenza di salvaguardare erga omnes lariservatezza circa l’identità della madre, evidente-mente considerata come esposta a rischio ognivolta in cui se ne possa cercare il contatto per veri-ficare se intenda o meno mantenere il proprio ano-nimato.

Ma né l’una né l’altra esigenza può ritenersi diri-mente: non la prima, in quanto al pericolo di turba-tiva della madre corrisponde un contrapposto peri-colo per il figlio, depauperato del diritto di conoscerele proprie origini; non la seconda, dal momento chela maggiore o minore ampiezza della tutela della ri-servatezza resta, in conclusione, affidata alle diversemodalità previste dalle relative discipline, oltre cheall’esperienza della loro applicazione.

Sul piano più generale, una scelta per l’anonimatoche comporti una rinuncia irreversibile alla “genito-rialità giuridica” può, invece, ragionevolmente nonimplicare anche una definitiva e irreversibile rinun-cia alla “genitorialità naturale”: ove così fosse, d’al-tra parte, risulterebbe introdotto nel sistema unasorta di divieto destinato a precludere in radicequalsiasi possibilità di reciproca relazione di fattotra madre e figlio, con esiti difficilmente compatibilicon l’art. 2 Cost.

In altri termini, mentre la scelta per l’anonimatolegittimamente impedisce l’insorgenza di una “ge-nitorialità giuridica”, con effetti inevitabilmente sta-bilizzati pro futuro, non appare ragionevole chequella scelta risulti necessariamente e definitiva-mente preclusiva anche sul versante dei rapporti re-lativi alla “genitorialità naturale”: potendosi quellascelta riguardare, sul piano di quest’ultima, comeopzione eventualmente revocabile (in seguito allainiziativa del figlio), proprio perché corrispondentealle motivazioni per le quali essa è stata compiuta epuò essere mantenuta.

6.– La disciplina all’esame è, dunque, censurabileper la sua eccessiva rigidità.

Ciò, d’altra parte, risulta sulla base degli stessi ri-lievi, in sostanza, formulati dalla Corte EDU nella ri-chiamata “sentenza Godelli”.

In essa – come accennato e nei termini di seguitoprecisati – si è stigmatizzato che la normativa ita-liana non darebbe «alcuna possibilità al figlio adot-tivo e non riconosciuto alla nascita di chiedere l’ac-cesso ad informazioni non identificative sulle sueorigini o la reversibilità del segreto», a differenza di

quanto, invece, previsto nel sistema francese, scru-tinato, in parte qua, nella sentenza 13 febbraio 2003,nel “caso Odièvre”.

Ora, è agevole osservare, quanto al primo rilievo,che il già citato art. 93 del d.lgs. n. 196 del 2003 pre-vede espressamente, al comma 3, la comunicabilità,in ogni tempo (e nel termine di cento anni fissatoper il segreto), delle informazioni “non identifica-tive” ricavabili dal certificato di assistenza al parto odalla cartella clinica, tuttavia ancorandola soltantoall’osservanza, ai fini della tutela della riservatezzadella madre, delle relative «opportune cautele perevitare che quest’ultima sia identificabile».

Resta evidente che l’apparente, quanto significa-tiva, genericità, o elasticità, della formula «oppor-tune cautele» sconta l’ovvia – e sia pure non insor-montabile – difficoltà di determinare con esattezzaastratte regole dirette a soddisfare esigenze di se-gretezza variabili in ragione delle singole situazioniconcrete. Altrettanto evidente che debba, inoltre, es-sere assicurata la tutela del diritto alla salute del fi-glio, anche in relazione alle più moderne tecnichediagnostiche basate su ricerche di tipo genetico.

Il vulnus è, dunque, rappresentato dalla irreversi-bilità del segreto. La quale, risultando, per le ragionianzidette, in contrasto con gli artt. 2 e 3 Cost., deveconseguentemente essere rimossa.

Restano assorbiti i motivi di censura formulati inriferimento agli ulteriori parametri.

Sarà compito del legislatore introdurre appositedisposizioni volte a consentire la verifica della per-durante attualità della scelta della madre naturaledi non voler essere nominata e, nello stesso tempo,a cautelare in termini rigorosi il suo diritto all’ano-nimato, secondo scelte procedimentali che circo-scrivano adeguatamente le modalità di accesso, an-che da parte degli uffici competenti, ai dati di tipoidentificativo, agli effetti della verifica di cui innanzisi è detto.

P.Q.M. la Corte Costituzionale, dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo

28, comma 7, della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Di-ritto del minore ad una famiglia), come sostituitodall’art. 177, comma 2, del decreto legislativo 30 giu-gno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione deidati personali), nella parte in cui non prevede – at-traverso un procedimento, stabilito dalla legge, cheassicuri la massima riservatezza – la possibilità peril giudice di interpellare la madre – che abbia di-chiarato di non voler essere nominata ai sensi del-l’art. 30, comma 1, del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396(Regolamento per la revisione e la semplificazionedell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’ar-ticolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n.127) – su richiesta del figlio, ai fini di una eventualerevoca di tale dichiarazione.

CORTE COSTITUZIONALE

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GIURISPRUDENZA

LA DESTINAZIONEDEGLI ASSEGNI FAMILIARINELLA SEPARAZIONE

Cassazione civile, sezione I,Sentenza 23 maggio 2013, n. 12770

Presidente Di Palma Relatore Didone

Il coniuge affidatario dei figli minori in sede di separa-zione coniugale, acquista ex lege, ai sensi dell’art. 211della L. 19 maggio 1975 n° 151, il diritto a percepire gli as-segni familiari corrisposti per i medesimi figli all’altro co-niuge in virtù del rapporto di lavoro di cui questi sia parte,in aggiunta ed indipendentemente dal tipo e dall’ammon-tare del contributo al mantenimento della medesima prolefissato in sede di separazione dal giudice o convenuto con-sensualmente, cumulandosi in ogni caso a questo.

Gli assegni familiari percepiti dal coniuge onerato delcontributo per il mantenimento del coniuge giudizialmenteo consensualmente separato, in mancanza di una previ-sione analoga all’art. 211 della L. 19 maggio 1975 n° 151,spettano al lavoratore cui sono corrisposti.

Svolgimento del processo(omissis)

1. Pronunciata con sentenza non definitiva la se-parazione personale dei coniugi A - B, il Tribunaledi Trieste, con sentenza dell’8/7/2011, ha provve-duto sulla domanda di addebito formulata da B neiconfronti del coniuge, sull’affidamento dei figli mi-nori, sull’assegnazione della casa familiare e sulladomanda di attribuzione di assegno di manteni-mento in favore della moglie e dei figli (di cui unomaggiorenne non autosufficiente e tre ancora mi-nori), determinato, rispettivamente, in € 300,00mensili per la moglie e in € 150,00 mensili per cia-scun figlio.

La Corte di appello di Trieste, provvedendo sulleimpugnazioni proposte dalle parti, ha - per quantoancora qui interessa - confermato le statuizioni re-lative all’assegno di mantenimento e, in parziale ri-forma della decisione, ha posto a carico del marito«il 50% delle spese straordinarie», preventivamenteconcordate.

Ricorre per cassazione A, il quale formula tre mo-tivi. Resiste con controricorso l’intimata. È stata de-positata relazione ai sensi dell’art. 380bis c.p.c. Il re-latore ha concluso per il rigetto del ricorso. La rela-zione, con il decreto di fissazione dell’adunanza, èstata notificata alle parti e comunicata al P.M.

Motivi della decisione2. Con il primo e il secondo motivo il ricorrente

denuncia violazione di legge e vizio di motivazione.Deduce che la sentenza impugnata è errata nellaparte in cui non prevede che gli assegni di mante-nimento in favore della moglie e dei figli siano com-prensivi degli assegni familiari di cui al d.p.r. n°797/1955. Gli assegni familiari, percepiti diretta-mente dalla B, dovrebbero essere computati nelquantum complessivo liquidato a carico del ricor-rente. Lamenta (2° motivo) l’omessa considerazionedelle sue esigenze di vita.

2.1. «Il coniuge affidatario del figlio minorenne hadiritto, ai sensi dell’art. 211 della legge 19 maggio1975 n° 151, a percepire gli assegni familiari corri-sposti per tale figlio all’altro coniuge in funzione diun rapporto di lavoro subordinato di cui quest’ul-timo sia parte, indipendentemente dall’ammontaredel contributo per il mantenimento del figlio fissatoin sede di separazione consensuale omologata a ca-rico del coniuge non affidatario, salvo che sia diver-samente stabilito in modo espresso negli accordi diseparazione. Gli assegni familiari per il coniuge, con-sensualmente o giudizialmente separato invece, inmancanza di una previsione analoga al citato art.211, spettano al lavoratore, cui sono corrisposti perconsentirgli di far fronte al suo obbligo di manteni-mento ex artt. 143 e 156 c.c., con la conseguenza che,se nulla al riguardo è stato pattuito dalle parti insede di separazione consensuale (ovvero è stato sta-bilito dal giudice in quella giudiziale), deve ritenersiche nella fissazione del contributo per il manteni-mento del coniuge si sia tenuto conto anche di que-sta particolare entrata» (Sez. I, Sentenza n° 5060 del2/4/2003; Sez. Un., Sentenza n° 5135 del 27/11/1989).

Alla luce di tale giurisprudenza della S. C., dun-que, il motivo appare manifestamente infondatoquanto all’assegno in favore dei figli e inammissi-bile nella parte in cui la censura è riferita anche al-l’assegno in favore della moglie, posto che dalla sen-tenza impugnata risulta che il ricorrente, in sede diappello, aveva lamentato soltanto che l’assegno infavore dei figli dovesse essere comprensivo degli as-segni familiari e nel ricorso non risultano specifica-mente indicati il luogo e le modalità di devoluzionedella questione relativa agli assegni familiari perce-piti per la moglie.

La censura, poi, è manifestamente infondata nellaparte in cui denuncia che la corte di merito non ab-bia tenuto conto, nella determinazione dell’assegnodi mantenimento, degli ulteriori oneri derivanti a

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carico del ricorrente in conseguenza della nascita difigli naturali da una successiva unione, perché, in-vece, la corte di merito ha valutato la circostanza el’ha considerata irrilevante – condividendo, sulpunto, l’analogo giudizio del tribunale – alla lucedell’apporto economico della nuova compagna del-l’obbligato. Omissis…

P.Q.M.La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricor-

rente al pagamento delle spese del giudizio di legit-timità, liquidate …omissis.

IL PUNTO DI VISTAdi AVV. GIANCARLO SAVI

RESPONSABILE DELLA SEZIONE DI MACERATA DELL’OSSERVATORIO

Questa pronuncia della Suprema Corte, di largo ri-lievo pratico, riafferma il principio per cui all’asse-gno di contributo perequativo al mantenimento deifigli fissato in sede di separazione coniugale si cu-mulano gli assegni familiari percepiti a tale titolodal coniuge non affidatario, in virtù del rapporto dilavoro di cui è parte, salva l’eventuale diversa sta-tuizione giudiziale o la diversa condizione pattuitain sede di separazione consensuale.

Il riferimento dell’art. 211, L.19 maggio 1975 n°151, al “coniuge affidatario” dei figli in età minore,come tale convivente con essi, deve intendersiesteso al coniuge c.d. collocatario della prole in af-fidamento condiviso, regime imposto d’ordinariodall’art. 155 c.c., nel tenore introdotto dalla soprav-venuta L. 8/2/2006 n° 54; difatti, tale coniuge è co-af-fidatario e convivente, mentre l’ipotesi dell’affida-mento esclusivo di cui all’art. 155bis c.c., costituisceuna residuale eccezione.

Stando alla lettera della norma lo stesso dirittonon sembra potersi estendere al coniuge conviventecon figli che, pur avendo raggiunto la soglia dellamaggiore età, non risultino ancora economicamenteautosufficienti (nei limiti d’età previsti per la con-servazione del diritto alla prestazione che qui ci oc-cupa), e quindi aventi ancora diritto al manteni-mento, secondo la previsione ex artt. 147, 148,155quinquies c.c.: evocando la norma comunque lacondizione di “affidamento” della prole (condivisood eccezionalmente esclusivo), appare obiettiva-mente riferibile al solo figlio in età minore; tutta-via, a diverso risultato può validamente giungersiovi si consideri l’identico fondamento del diritto delgenitore convivente con il figlio maggiorenne (siaesso ancora non autosufficiente come in età mi-nore), che si fa carico degli oneri quotidiani del suomantenimento, ad esercitare, verso l’altro genitore,la tutela volta al conseguimento del proporzionalecontributo; infatti, trattasi di una posizione di di-ritto autonoma e iure proprio, il cui titolo si rinviene

nella comune responsabilità genitoriale - condivi-sione dell’obbligazione ex lato passivo (artt. 147 e148, co. 1, c.c.) - e trova pregnante ragione nel munusspettante al medesimo genitore convivente di prov-vedere direttamente e in modo completo e continuo,al mantenimento, all’istruzione ed all’educazionedel figlio, pur essendo la legittimazione al suo eser-cizio concorrente con quella del figlio maggiorennein quanto titolare del diritto al proprio manteni-mento per autonomo titolo (cfr., da ultimo, Cass.,Sez. I, 19/3/2012 n° 4296, in Giur. It., 2012, 1288, conmia notazione ed ampi riferimenti).

Recita testualmente l’art 211 della L. 19 maggio1975 n° 151 che: “Il coniuge cui i figli sono affidati ha di-ritto in ogni caso a percepire gli assegni familiari per i fi-gli, sia che ad essi abbia diritto per un suo rapporto di la-voro, sia che di essi sia titolare l’atro coniuge.”

Pertanto, il coniuge affidatario (o collocatario) deifigli ha il diritto di percepire ex lege gli assegni fami-liari elargiti per loro; quindi, non ai sensi dell’art.155, co. 2 e 4, c.c., ma direttamente in forza della pre-visione di cui al detto art. 211, L. n° 151/1975.

La posizione di lavoratore subordinato o comun-que di lavoratore (ma anche di pensionato od altracondizione rientrante nelle categorie aventi diritto,tra le quali i beneficiari del trattamento di disoccu-pazione - in tal senso ad es., Cass., Sez. Lav.,20/12/2005 n° 28165, in banca dati Il Foro It. -) benefi-ciario di assegni familiari per i figli, rivestita dal co-niuge/genitore non affidatario o non collocatario inregime di affidamento condiviso, costituisce il pre-supposto per l’acquisto ex lege in capo al coniuge/ge-nitore affidatario o co-affidatario convivente con laprole, del diritto a percepire tali assegni familiari; eciò, a prescindere dalla previsione, dal tipo di con-tributo o dal suo ammontare fissato in sede di se-parazione, a carico del medesimo coniuge/genitore

GIURISPRUDENZA

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onerato, com’è fatto evidente dal riferimento dellanorma ad un diritto che sorge “in ogni caso”.

In tale titolarità ex lege si rinviene così l’ontologicaratio della cumulabilità degli assegni familiari con ilcontributo al mantenimento dei figli fissato dal giu-dice o dalle parti, in sede di separazione coniugale,ai sensi dell’art. 155 o 158 c.c.

D’altronde, i criteri che in sede di separazione per-sonale presiedono alla regolazione del modo e dellamisura con cui il coniuge non convivente o non af-fidatario, è chiamato a contribuire al complessivoobbligo di mantenimento (artt. 30 Cost. e 147 c.c.)dei figli, è determinato in proporzione alle rispettive“sostanze e secondo la capacità di lavoro” (art. 148c.c.), con l’ulteriore specificazione (art. 155 c.c.) dellaproporzionalità al “reddito” e della considerazioneanche delle altre “risorse economiche”, di ciascungenitore (art. 155 c.c.) - cfr. tra molteplici, Cass., Sez.I, 15/5/2009 n° 11291, in Dir. & Giust., 2009 -, ma nonriguarda le somme già spettanti di diritto al geni-tore affidatario o collocatario.

Il diritto così acquisito dal coniuge/genitore con-vivente, è una posizione di diritto condizionata allapermanenza nel tempo del corrispondente diritto incapo all’altro genitore; l’indicata titolarità ex lege deldiritto in parola, essendo peraltro condizionata an-che dalla separazione coniugale e quindi, dalla re-lativa regolamentazione giudiziale o pattizia del-l’affidamento della prole, non sembra consentireuna sua qualificazione di diritto soggettivo acqui-stato a titolo originario. Secondo SUPPIEJ, in Com-mentario alla riforma del diritto di famiglia, Padova,1977, I, 2, 921, la norma dispone soltanto “che la pre-stazione, già dovuta in base alle regole generali, venga ef-fettuata ad un soggetto diverso da quello al quale secondotali norme spetterebbe”. Secondo Trib. Genova3/1/2006, in banca dati Platinum Utet, il coniuge/geni-tore avente diritto alla prestazione non può esserechiamato a rimborsare gli assegni familiari al co-niuge affidatario, ove non li abbia mai percepiti, peraver dichiarato di non avere figli in affidamento.

Gli assegni familiari, o meglio, come vedremo in-fra, l’assegno per il nucleo familiare, costituisce unaprestazione assistenziale di tipo previdenziale checompete al lavoratore (od appartenente ad altra ca-tegoria avente diritto), destinata proprio al sosten-tamento del nucleo familiare a suo carico, piuttostoche rappresentare parte del trattamento stipendiale,pur essendo elargita sotto forma di integrazionedella retribuzione (CINELLI, Diritto della previdenza so-ciale, Torino, 2003, 515; PROSPERETTI, voce Assegni fa-miliari, rapporto di lavoro privato, in Enc. Giur. Treccani,III, Roma, 1993; ORSI BATTAGLINI, voce Assegni familiari,rapporto di lavoro pubblico, ivi; in giurisprudenza, trale tante, Cass., Sez. Lav., 22/11/1996 n° 10296, in bancadati Il Foro It.); infatti gli assegni familiari, sin dal-l’origine, sono stati caratterizzati dalla funzione as-sistenziale, per sopperire ai maggiori oneri derivanti

dai carichi di famiglia di ciascun lavoratore, con ero-gazione integrativa autonoma, attraverso i fondidella specifica contribuzione, cioè in ottica compo-sita prefigurata dagli artt. 3, 31 e 36 Cost.; la fontenormativa si rinviene ancora nel T.U. delle normesugli assegni familiari, approvato con il D.P.R.30/5/1955 n° 797, cui sono state apportate nel tempointegrazioni e modificazioni, tra le quali, quella dicui alla L. 13/5/1988 n° 153 (che ha introdotto ilnuovo criterio del riferimento al complessivo nucleofamiliare) ed alla L. 27/12/2006 n° 296. Giova peraltrorinviare a RODÀ, Gli assegni familiari dopo la legge sul-l’affido condiviso, in Fam. Minori di Guida Dir., 2007,fasc. 8, inserto. Sulla natura della prestazione so-ciale in parola, tra numerose altre, necessario il ri-chiamo di Corte Cost. 3/4/1987 n° 98; ID., 21/7/1988n° 851; ID., 27/7/1989 n° 458; ID., 2/2/1990 n° 42; ID.,8/6/1992 n° 258; ID., 22/12/1995 n° 516; ID., 20/5/1999n° 180; tutte rinvenibili nel sito ufficiale www.corte-costituzionale.it; mentre in ordine al complesso per-corso di equiparazione della madre lavoratrice al pa-dre, cfr., ex multis, Corte Cost. 30/12/1987 n° 613; ID.,31/3/1988 n° 365; ID., 9/3/1990 n° 116; tutte ancoraivi. Cfr. anche, GATTA, Questioni di costituzionalità dellanormativa in materia di assegni familiari, in Dir. Lav.,1991, II, 56; e AMENDOLA, Parità uomo-donna e assegnifamiliari, ivi, 1981, II, 50. Opportuno sottolineare poi,che il diritto alla percezione dell’assegno in favoredegli assicurati sorge per la sola sussistenza dellecondizioni di legge e la richiesta finalizzata ad otte-nerli riveste mera funzione di avvio della procedura,la quale sfocia in un accertamento avente natura di-chiarativa; ragione per cui si trasmette agli eredi inquanto già entrato nel patrimonio del de cuius al mo-mento stesso in cui vengono ad esistenza le condi-zioni di legge (cfr., tra altre, Cass., Sez. Lav., 2/9/2008n° 22051, in banca dati Il Foro It.); la prescrizione, fis-sata nel termine di anni cinque, decorre dal primogiorno del mese successivo al momento in cui ven-gono ad esistenza i requisiti (cfr., Cass., Sez. Lav.,19/10/2007 n° 21960, ivi).

Per maggiori ragguagli, v. NODARI, in Codice della fa-miglia a cura di SESTA, Milano, 2009, III, 4096 ss.

Invero, la giurisprudenza di legittimità si è occu-pata della specifica questione di cui alla pronunciaannotata - nonostante la rilevanza che assume, an-cor più evidente nelle congiunture economiche dicrisi - in sparute occasioni: i precedenti editi si indi-viduano infatti in Cass., Sez. I, 1°/12/2011, in Giust.Civ., 2013, 737; Cass., Sez I, 2/4/2003 n° 5060, in Giur. It.,2003, 2011, con nota di PETRI, Doppio binario per gli as-segni familiari in caso di separazione; e Cass., Sez. Un.,27/11/1989 n° 5135, in Giust. Civ., 1990, I, 973. Ad ognimodo, l’indirizzo è univoco e quindi ben consolidato.

La soluzione adottata, che trova nuova conferma,si palesa in sostanza lineare e condivisibile, manella giurisprudenza di merito le voci emerse nonsono risultate sempre unanimi.

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Infatti, un minoritario indirizzo è giunto all’oppo-sta soluzione, stabilendo che ove il giudice nulla ab-bia disposto od i coniugi stessi nulla abbiano previ-sto, l’assegno di contributo al mantenimento dellaprole, di cui all’art. 155 c.c., deve ritenersi compren-sivo degli assegni familiari percepiti dall’onerato,escludendo così la cumulabilità degli importi, sulladuplice considerazione che tali assegni costitui-scono una voce della retribuzione dell’onerato e chesono corrisposti proprio per consentirgli di soste-nere l’onere per il mantenimento della prole; in talsenso, App. Brescia 19/7/1990, in Giust. Civ., 1990, I,2156.

Tra i precedenti della giurisprudenza di merito in-vece conformi alla pronuncia annotata, si segna-lano, App. Cagliari 14/5/1993, in Rass. Giur. Sarda,1996, 376, (precedente che peraltro estende il prin-cipio alla provvidenza familiare percepita per il co-niuge svantaggiato, in dissenso con la seconda mas-sima della pronuncia annotata, come infra); App.Trento 9/2/2001, in Giur. Merito, 2001, 627, con notadi VITIELLO; App. Genova 18/11/2001, in Inform. Prev.,2002, 561; Trib. Bari 1/8/2006, in banca dati PlatinumUtet, Trib. Vallo della Lucania 7/3/2007, in Fam. Dir.,2007, 715, con nota di NUNIN, Coniugi legalmente sepa-rati e diritto all’assegno per il nucleo familiare; Trib. Cas-sino 19/6/2007, in banca dati Platinum Utet; Trib. Bari18/1/2008, in Il Merito, 2008, 7/8, 30; e Trib. Nocera In-feriore 9/10/2013, in www.ilcaso.it..

In dottrina, pur risalente, A. FINOCCHIARO, in A. e M.FINOCCHIARO, Diritto di famiglia, Milano, I, 1984, 628, af-ferma come “il coniuge non affidatario che si vede ri-durre le proprie entrate della somma corrispondente al-l’ammontare degli assegni familiari non più percepiti cisembra che possa autoridurne - senza necessità di ricor-rere al giudice - l’assegno di mantenimento dovuto per laprole, attesa la stretta correlazione fra mancata perce-

zione degli assegni per i figli e percezione degli stessi daparte dell’altro coniuge”.

In quest’ottica gli assegni familiari sono comun-que parte della retribuzione del genitore che li per-cepisce, unicamente in virtù del proprio rapportodi lavoro e quindi, fanno parte del suo “reddito”,preso in considerazione in sede di fissazione delcontributo al mantenimento della prole ai sensidell’art. 155 c.c., cosicché non possono cumularsicon questo.

Di contrario avviso, DOGLIOTTI, Separazione divorzio,Torino, 1988, 58, secondo cui “Ove non vi sia alcuna in-dicazione, l’assegno non dovrebbe essere comprensivo de-gli assegni familiari, eventualmente percepiti dal genitorenon affidatario. Si tratta infatti di somme comunque do-vute dal genitore indipendentemente dal provvedimentodel giudice, il quale peraltro potrebbe ricomprendere talisomme entro l’assegno liquidato.”

Da segnalare come la Suprema Corte di legitti-mità, anche in sede penale, ha avuto occasione dianalizzare la questione, sotto il profilo della ricor-renza o meno del delitto di appropriazione indebita,nella condotta del coniuge che distrae a proprio pro-fitto gli assegni familiari percepiti per i figli minoriaffidati all’altro coniuge, giungendo alla soluzioneaffermativa; secondo Cass., sez VI pen., 1/2/1985,Amato, in Giust. Pen., 1985, II, 724, ed in Riv. Pen., 1985,1112, è infatti integrato tale reato, in quanto il co-niuge non ha la gestione autonoma degli assegni fa-miliari e con tale condotta sottrae le somme al vin-colo sociale di scopo fissato dal sistema normativo,individuato nell’integrazione alimentare (non con-stano però altri precedenti editi in punto).

In sede divorzile vigono ovviamente gli stessi cri-teri, in quanto la pronuncia di divorzio non rileva ri-spetto alla necessità di regolare parimenti l’affida-mento dei figli in età minore ed in genere in ordineai doveri dei genitori verso i figli.

Per effetto della recente novella sulla parifica-zione dello status filiationis, di cui alla L. 10/12/2012n° 219, il riferimento normativo in materia è da in-tendersi ad ogni figlio, qualunque sia la sua geni-tura, sia matrimoniale che non matrimoniale, comeindica la nuova terminologia legislativa, mutuandoinvero anteriore espressione della dottrina (PALAZZO,La Filiazione, in Trattato Dir. Civ. Comm. CICU-MESSINEO-MENGONI continuato da SCHLESINGER, Milano, 2007,239).

Giova allora fare cenno, in tema di c.d. famiglia difatto o comunque di relazioni familiari al di fuori del“modello legale” fondato sul vincolo di coniugio, albuon diritto del lavoratore agli assegni familiari an-che per il figlio “non matrimoniale” riconosciuto,siccome provvidenza che non richiede l’inserimentodel figlio in seno ad una famiglia legittima; in talsenso, Cass., Sez. Lav., 18/6/2010 n° 14783, in Dir. Fam.Pers., 2011, 126, ed in Fam. Pers. Succ., 2010, 827, connota di CORSO (la fattispecie ineriva genitore coniu-

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gato che aveva effettuato il riconoscimento di tre fi-gli nati da altra donna, nelle forme di cui all’art. 254,co. 1, c.c., e senza il ricorrere di separazione perso-nale dalla coniuge); ma già anteriormente, Cass.,Sez. Lav., 20/12/2000 n° 15978, in Fam. Dir., 2001, 505,con nota di NUNIN, Sul diritto del genitore agli assegnifamiliari per i figli naturali riconosciuti non conviventi;nonché Cass., Sez. Lav., 7/4/2000 n° 4419, in Giust.Civ., 2000, I, 2271, con nota di BAGIANTI, Sul diritto delpadre naturale a percepire gli assegni familiari per il figlioconvivente con la madre naturale, avevano chiarito cheper la corretta individuazione dell’avente diritto do-veva aversi riguardo al soggetto che abitualmenteprovvede al mantenimento dei figli, sicché il discri-mine non è in tal caso segnato dal ricorrere o menodella convivenza nel quotidiano; invero, la convi-venza costituisce elemento di fatto su cui può fon-darsi una mera presunzione della “vivenza a carico”.

Distinta ovviamente l’ipotesi in cui sussista unastatuizione giudiziale inerente l’affidamento dellaprole non matrimoniale, ad esempio in esito a giu-dizio ex art. 317bis c.c.

In via di principio, quindi, l’assegno per il nucleofamiliare, ricorrendo unicamente il vincolo di filia-zione, fermo il criterio del divieto di cumulo dellostesso assegno in capo ad entrambi i genitori, spettaal lavoratore, pensionato, od altro avente diritto, intutte le ipotesi in cui ricorre lo stato di bisogno sot-teso alla tutela, siccome provvede abitualmente almantenimento; d’altro canto, la norma che nel 1988innovava la previsione sugli assegni familiari, ri-

configurandola come assegno per il nucleo familiarecomplessivamente inteso (al fine di una più accortatutela sociale - pur ancora limitata in pratica almondo del lavoro dipendente con altre poche ecce-zioni, piuttosto che all’universalità dei nuclei fami-liari - calibrata in considerazione della sommatoriadei redditi e del numero dei soggetti a carico; in so-stanza, l’importo dell’assegno varia in base all’am-piezza della famiglia ed al reddito complessivo diquesta, secondo il criterio selettivo delle necessitàfamiliari, per cui l’assegno decresce con il migliora-mento della condizione economica, pur evincendosiun livello sostanziale di mero riparo dalla povertà),prendendo in considerazione una nozione di nucleofamiliare estesa; infatti, ai fini del diritto all’asse-gno in discussione, sono considerati, oltre al richie-dente in condizione di occupazione lavorativa od al-tra avente diritto, in sunto essenziale, i seguenti sog-getti: -il coniuge che non sia legalmente ed effetti-vamente separato; -i figli minorenni ed equiparati;ai figli legittimi erano sostanzialmente già equipa-rati i figli oggi definiti “non matrimoniali”, ma an-che quelli nati da precedente matrimonio del co-niuge (sui quali era già intervenuta ad esempio,Corte Cost. 18/2/1988 n° 181, in www.cortecosti-tuzionale.it, ad eliminare residua discriminazione) edi minori in affidamento (in merito ai quali peraltroè poi risultato dirimente l’intervento di Corte Cost.20/5/1999 n° 180, in www.cortecostituzionale.it; cfr.inoltre, quanto alle ipotesi di affidamento al Servi-zio Sociale, con collocazione abitativa presso il ge-

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nitore, Cass., Sez. Lav., 6/8/2003 n° 11876, in Arch.Civ., 2004, 190); sono inoltre equiparati i nipoti in li-nea retta, minori e viventi a carico dell’ascendente,ed i nipoti in linea collaterale, se siano minori omaggiorenni inabili purché orfani di entrambi i ge-nitori e non abbiano conseguito il diritto alla pen-sione ai superstiti, o qualora siano stati affidati alrichiedente; -i figli maggiorenni ed equiparati chesiano totalmente inabili al lavoro, o quelli studentiod apprendisti, con peculiare rilevanza dei nucleicon più di tre figli di età inferiore ad anni 26; -i fra-telli, le sorelle ed i nipoti (in linea collaterale) in etàminore o maggiorenni nelle stesse condizioni ap-pena indicate (cfr. Corte Cost. 2/2/1990 n° 42, cit.).Come si può notare, con questa risalente legisla-zione anche la famiglia c.d. allargata aveva visto unrilevante riconoscimento.

Quanto all’ulteriore e diverso problema dei geni-tori aventi titolo entrambi a richiedere l’assegno peril nucleo familiare, debbono farsi delle distinzioni:a) ove coniugati, in costanza di armonica vita fami-liare, essendo la prestazione previdenziale unica(vige il divieto di cumulo in capo ad entrambi geni-tori), l’individuazione di chi tra i due effettuerà la ri-chiesta di autorizzazione alla corresponsione, saràriferibile all’accordo tra i coniugi, in conformità algenerale dovere di autoregolamentazione concordeex artt. 143, 144 c.c.; b) sopravvenuta la separazionepersonale od il divorzio dei coniugi, nell’ipotesi diaffido esclusivo dei figli in età minore ovviamente èil genitore affidatario il solo titolare del diritto al-l’assegno per il nucleo familiare; mentre, nell’ordi-naria ipotesi di affidamento in regime condiviso,mancando il medesimo accordo, la percezione dellaprestazione verrà accordata al genitore co-affidata-rio con il quale il figlio risulta convivere; in tal sensosoccorre peraltro il disposto normativo generale dicui all’art. 9 della L. 9/12/1977 n° 903, che recita: “Nelcaso di richiesta di entrambi i genitori gli assegni fami-liari, le aggiunte di famiglia e le maggiorazioni delle pen-sioni per i familiari a carico debbono essere corrisposti algenitore con il quale il figlio convive”; c) ricorrendo in-vece la mera separazione di fatto dei coniugi, con-dizione che non produce effetti di status e può ri-correre sino a che non viene proposta la domanda diseparazione personale o vi sia una ripresa della con-vivenza, non sussiste pertanto neppure un provve-dimento di affidamento dei figli, cosicché non puòobiettivamente operare il canone ribadito dalla Su-prema Corte con la pronuncia in commento; in di-fetto di un accordo tra i coniugi risulta allora diri-mente il medesimo art. 9, L. n° 903/1977; d) per i fi-gli “non matrimoniali”, sempre in mancanza di unasoluzione concordata (od anche non opposta), ov-vero di statuizione giudiziale inerente l’affidamento,presentandosi l’esercizio contrastato della pretesada parte di entrambi i genitori parimenti aventi di-ritto, la soluzione può rinvenirsi nel c..d. affida-

mento ex lege (secondo le previsioni di cui agli artt.317, co. 1, e 317bis c.c., per i figli nati fuori dal ma-trimonio) ed ancora nel disposto normativo di cuiall’art. 9, L. n° 903/1977; da evidenziare come la le-gislazione delegata ex art. 2, della L. 10/12/2012 n°219 (schema di decreto approvato dal Governo indata 12/7/2013, ma non ancora promulgato), non hainteso apportare nuove indicazioni; eppure, al-l’odierna equiparazione dei figli, senza eccezioni, ra-zionale risulta far corrispondere la fissazione di uncriterio unico per l’individuazione dell’avente dirittoa percepire questa provvidenza sociale, in esattasintonia con il soddisfacimento del bisogno cui è de-stinata: ed è proprio la relazione di convivenza cheimpone un’organizzazione domestica ed individuail genitore che è obiettivamente gravato - in sinto-nia con la propria veste di coobbligato solidale - de-gli oneri per il vivere nel quotidiano dei figli.

Tutt’altra soluzione riguarda invece, l’assegno fa-miliare percepito dal lavoratore od altro avente di-ritto, per il coniuge: come ribadito dalla pronunciain commento, qui manca obiettivamente una di-sposizione in qualche modo analoga a quella di cuiall’art. 211 della L. 19/5/1975 n° 151, ragione per cuiè indubitabile la titolarità della provvidenza semprein capo esclusivo al coniuge lavoratore onerato delmantenimento del coniuge separato ai sensi degliartt. 143, 156 o 158 c.c.

Questo sistema legislativo del doppio binario, in-vero incoerente, tanto più oggi che la provvidenza èquantificata in relazione al complessivo nucleo fa-miliare, ha indotto minoritaria giurisprudenza dimerito a conclusioni omologhe, sulla base del rilievosostanziale che identica ne risulta la ratio: secondoApp. Cagliari 14/5/1993, cit., con nota di OBINO, Breviosservazioni in tema di cumulabilità fra assegno di man-tenimento e assegni familiari percepiti per il coniuge e peri figli dal coniuge non affidatario, tutte le somme per-cepite a titolo di “assegni familiari” dal lavoratore co-niuge/genitore onerato dei contributi al manteni-mento, e cioè sia per la prole che per il coniuge svan-taggiato, spettano di diritto a quest’ultimo (in rela-zione alla prole ovviamente solo ove genitore affida-tario o co-affidatario convivente), cumulandosi sem-pre con gli assegni di contributo al mantenimentocui il primo è obbligato, siccome fissati giudizial-mente in sede di separazione personale dei coniugi,salvo che ricorra una diversa regolamentazione,espressa nel provvedimento giudiziale o nelle con-dizioni consensualmente convenute ed omologate.

Si impone ad ogni modo una conclusione: l’even-tuale spettanza della provvidenza sociale dell’asse-gno per il nucleo familiare costituisce comunqueuna risorsa economica della famiglia, cosicché si pa-lesa imprescindibile che venga presa in considera-zione espressa nella determinazione dei contributiperequativi per la prole, come pure del contributo almantenimento del coniuge svantaggiato.

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LO STATUS DI FIGLIO

AVV. GERMANA BERTOLI

COORDINATORE REGIONE PIEMONTE

Lo status di figlio è l’insieme dei diritti, doveri, oneri, facoltà ecapacità di cui un soggetto è portatore nell’ambito della col-lettività e che gli derivano a seguito della procreazione. Dettacondizione, però, non può che acquisirsi se non in conse-guenza di una condotta attiva (o in alternativa di un provve-dimento giudiziario) di chi è genitore, attraverso il riconosci-mento da cui scaturisce l’atto di nascita (titolarità formaledello status di figlio) o attraverso il possesso di stato che si de-sume dalla condotta di chi è genitore nei confronti di chi è fi-glio (titolarità sostanziale dello status di figlio). Sia l’atto di na-scita che il possesso di stato sono una prova dello status di fi-glio seppure abbiano funzione e natura differenti.

L’ATTO DI NASCITALa formazione dell’atto di nascita è disciplinata dal D.R.P 3 no-vembre 2000, n. 396 - Regolamento per la revisione e la sem-plificazione dell’ordinamento dello stato civile.

a) Contenuto dell’atto di nascitaL’art 29, comma 2, stabilisce che l’atto di nascita contiene l’indicazione: del luogo, dell’anno, del mese, delgiorno e dell’ora della nascita del figlio; delle generalità, della cittadinanza, della residenza dei genitori; delsesso e nome del bambino.

b) Dichiarazioni di cui viene corredato l’atto di nascitaAl contenuto proprio dell’atto di nascita, per l’attribuzione della natura di atto amministrativo, sono neces-sarie: la dichiarazione di nascita e l’attestazione di nascita.

La dichiarazione di nascitaLa funzione di tale dichiarazione è quella di rendere nota ai terzi la nascita. Da chi è rilasciata: da uno dei ge-nitori, da un procuratore speciale, ovvero dal medico o dalla ostetrica o da altra persona che ha assistito al parto. Dove e quando va rilasciata: la dichiarazione di nascita può essere resa, entro dieci giorni dalla nascita,presso il comune nel cui territorio è avvenuto il parto o nel comune di residenza dei genitori o in alterna-tiva, entro tre giorni presso la direzione sanitaria dell’ospedale o della casa di cura in cui è avvenuta la na-scita. In questi due ultimi casi, il direttore sanitario dovrà trasmetterla entro tre giorni all’ufficiale di statocivile del comune nel cui territorio è situato il centro di nascita o, su richiesta dei genitori, al comune di re-sidenza dei genitori. Se i genitori non risiedono nello stesso comune e salvo diverso accordo tra loro, la di-chiarazione di nascita è resa nel comune di residenza della madre. La dichiarazione resa oltre i termini previsti: se la dichiarazione di nascita è fatta oltre dieci giorni dalla na-scita, il dichiarante deve indicare le ragioni del ritardo. In tal caso l’ufficiale dello stato civile procede alla for-mazione tardiva dell’atto di nascita e ne dà segnalazione al procuratore della Repubblica.Nel caso in cui il dichiarante non indichi le ragioni del ritardo o non si rechi dell’ufficiale di stato civile, que-st’ultimo ne riferirà al procuratore della Repubblica. In tal caso non potrà più essere ricevuta alcuna di-chiarazione, neanche tardiva, e l’atto di nascita potrà essere formato esclusivamente con decreto emesso aisensi e per gli effetti degli artt. 95 e ss. del D.P.R. n. 396/2000.

L’attestazione di nascitaL’attestazione di nascita che è il documento che deve corredare la dichiarazione di nascita e che serve ad ac-certarne la verità. Cosa contiene: le generalità della puerpera, le indicazioni del comune, ospedale, casa dicura o altro luogo ove è avvenuta la nascita, il giorno e l’ora della nascita e il sesso del bambino. Chi la rilascia: il personale sanitario che ha assistito la madre durante il parto. Nel caso in cui la madre nonabbia avuto assistenza sanitaria, il soggetto legittimato a rendere la dichiarazione di nascita potrà, in luogodell’attestazione di nascita, rilasciare una dichiarazione sostitutiva.

APPROFONDIMENTI

Art. 95 D.P.R. n. 396/2000Comma 1: «Chi intende promuovere la ret-tificazione di un atto dello stato civile o la ri-costituzione di un atto distrutto o smarritoo la formazione di un atto omesso o la can-cellazione di un atto indebitamente regis-trato, o intende opporsi a un rifiuto dell'uf-ficiale dello stato civile di ricevere in tutto oin parte una dichiarazione o di eseguire unatrascrizione, una annotazione o altro adem-pimento, deve proporre ricorso al tribunalenel cui circondario si trova l'ufficio dellostato civile presso il quale è registrato l'attodi cui si tratta o presso il quale si chiede chesia eseguito l'adempimento»

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Le annotazioniLe annotazioni sono una serie di fatti o atti susseguenti alla nascita. Di seguito si riportano le principali:- i provvedimenti di adozione; - le comunicazioni relative alla curatela e alla tutela;- le sentenze di interdizione o di inabilitazione e quelle di revoca; - gli atti di matrimonio e le sentenze dalle quali risulta l’esistenza del matrimonio; (vedi schede sul matri-

monio civile e sul matrimonio religioso)- le sentenze che pronunciano la nullità, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio;- gli atti e i provvedimenti riguardanti l’acquisto, la perdita, la rinuncia o il riacquisto della - cittadinanza

italiana;- le sentenze che dichiarano lo stato di figlio- i provvedimenti che determinano il cambiamento o la modifica del nome e del cognome;- gli atti di morte.

Funzione dell’atto di nascita:In merito a quale sia la funzione dell’atto di nascita vi sono tre tesi:- Atto di nascita quale prova legale: nel caso di contestazione della qualità di figlio, l’atto di nascita ne è la

prova.- Atto di nascita quale elemento costitutivo dello status di figlio: lo status di figlio, insito nei fatti (titolarità

sostanziale), preesiste all’atto di nascita che avrebbe esclusivamente la funzione di attribuire efficacia le-gale a dati di realtà.

- Atto di nascita quale atto amministrativo di certificazione: per rendere opponibile a terzi i fatti da cuitrarre la filiazione legittima è necessaria la formazione dell’atto di nascita, con assunzione pubblica dellostatus (titolarità formale). Indubbio che in quest’ultimo caso l’atto di nascita acquisisca anche la natura diatto amministrativo con scopo di certificare i fatti e renderli pubblici.

IL POSSESSO DI STATO È il godimento della qualità di figlio anche in mancanza dell’atto di nascita e tale possesso consente di darprova dello status. (art. 236 c.c.). La mancanza dell’atto di nascita può essere originaria, ossia quando l’attodi nascita non è mai stato formato, oppure successiva quando l’atto di nascita è andato perso o distrutto. Il possesso di stato consegue da una serie di fatti che nel loro complesso vengono a dimostrare le relazionidi filiazione e di parentela fra una persona e la famiglia a cui l’interessato pretende di appartenere.

I requisitiPer avere il possesso di stato di figlio è necessario:- che il genitore abbia trattato la persona come figlio e abbia provveduto in questa qualità al manteni-

mento, alla educazione e al collocamento di essa;- che la persona sia stata costantemente considerata come tale nei rapporti sociali;- che sia stata riconosciuta in detta qualità dalla famiglia.I predetti requisiti devono essere tra loro concorrenti in quanto devono sussistere tutti contemporanea-mente (la mancanza anche solo di uno di essi non consente di attribuire il possesso di stato), persistenti inquanto debbono presentarsi senza alcuna interruzione ed attuali, ossia presenti al momento in cui si ri-vendica l’esistenza del possesso di stato.Si badi, però, che seppure si possa dar prova dell’esistenza delle elencate circostanze, tanto da potersi par-lare di possesso di stato, quest’ultimo non potrà essere opponibile a terzi senza un titolo che abbia effica-cia dichiarativa dello status stesso. Tale fattispecie è infatti una situazione di fatto che necessità di un ac-certamento/certificazione della propria esistenza ottenibile attraverso una sentenza dichiarativa.

ApprofondimentiPrima della riforma in tema di filiazione, attuata con la legge 219/2012, tra i fatti costitutivi del possesso distato, l’art. 237 c.c. indicava anche “che la persona abbia sempre portato il cognome del padre che essa pre-tende di avere”. Tale requisito è stato eliminato dall’articolo riformato. La ragione deriva dal fatto che primadella modifica legislativa, il possesso di stato era un concetto riferito alla filiazione legittima, inserito comeera nel titolo settimo, capo primo, sezione prima del codice civile, riguardante lo “stato di figlio legittimo”.Con l’abolizione della distinzione tra filiazione legittima e filiazione naturale, il legislatore ha correttamenteeliminato tutte quelle specificazioni che potevano valere solo per l’una o per l’altra categoria di figli. Con ri-guardo al cognome, per esempio, è noto che la filiazione extra-matrimoniale può comportare l’assunzioneda parte del figlio del cognome materno (riconoscimento preventivo da parte della madre). Inoltre, la ri-

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vendicazione del possesso di stato potrebbe ben riguardare solo la madre (si pensi appunto all’ipotesi incui, in assenza di legame matrimoniale, non si abbia contezza delle origini paterne).Ha subito, invece una revisione il requisito che nella versione dell’art. 237 c.c. ante riforma prevedeva: “cheil padre l’abbia trattata [la persona che rivendica lo status] come figlio e abbia provveduto in questa qualitàal mantenimento, all’educazione e al collocamento di essa”. Dall’articolo in commento, infatti è stato fattoscomparire il riferimento al “padre” introducendo genericamente la figura di genitore. Ovvio è che la modi-fica è la conseguenza della parificazione tra figli legittimi e naturali che comporta la possibilità che la ri-vendicazione del possesso di stato sia anche nella direzione materna. Già prima della riforma, però, la vi-sione paternocentrica del problema era contestata da parte della dottrina, la quale sottolineava come fossenecessario che anche la madre legittima dovesse trattare l’interessato come figlio, oltre al fatto che il regimedel possesso di stato avrebbe potuto trovare applicazione anche nell’ipotesi in cui la famiglia fosse statacomposta solo dalla madre (G.M. UDA, Presunzione di paternità e prove della filiazione legittima, in Trattato di di-ritto di famiglia, p. 103).

“MATER SEMPER CERTA EST”: UN BROCARDO CHE NON VALE NEL NOSTRO ORDINAMENTO GIURIDICONel nostro ordinamento giuridico lo stato materno non viene riconosciuto automaticamente in conseguenzadella nascita (art. 250 c.c.). Infatti:- nel caso di donna non coniugata viene richiesto l’atto di riconoscimento (art. 250 c.c.);- nel caso di donna coniugata questa ha il diritto di non essere nominata (art. 30 D.P.R. 396/2000).

DIRITTO della MADRE di NON ESSERE NOMINATAL’accertamento della maternità si distingue a seconda che siesplichi all’interno o fuori del matrimonio. Infatti, in caso diprocreazione al di fuori del matrimonio la maternità verràformalizzata con un comportamento attivo della donna, at-traverso l’atto di riconoscimento (art. 250 c.c.), mentre in casodi procreazione nell’ambito matrimoniale la donna assumeràla qualità di madre in maniera automatica, a prescindere dauna dichiarazione di volontà in tal senso. Ma, vi è la possibilitàdi impedire la costituzione dello status di madre in caso di pro-creazione in ambito matrimoniale? Inizialmente tale possibi-lità pareva che non fosse riconosciuta alla madre coniugata,sia che avesse concepito un figlio con il marito sia con personadiversa dal marito e ciò in quanto detto diritto avrebbe coz-zato con la presunzione di paternità del coniuge. Successiva-mente la giurisprudenza è giunta a riconoscere alla donna co-niugata il diritto di non essere nominata, ritenendo che la pre-sunzione di paternità non opererebbe automaticamente, ma solo in conseguenza della formazione dell’attodi nascita ove vi sia l’indicazione della madre. Dunque, qualora la donna coniugata decida di non esserenominata, nessun atto di nascita da unione legittima si verrebbe a formare e quindi non verrebbe ad ope-rare la presunzione di paternità.Peraltro, successivamente alla riforma del diritto di famiglia (L. 151/1975) si è fatto un ulteriore passo avanti,giungendo ad attribuire alla donna coniugata il diritto di riconoscere il figlio nato da una relazione extra-co-niugale come figlio proprio e non del marito, e ciò grazie all’abrogazione del divieto di riconoscimento deifigli adulterini (art. 252 c.c.). Il fermento dottrinale e giurisprudenziale ha evidenziato l’esigenza di un dettato normativo preciso sulpunto, finalmente concretizzatosi nell’art. 30 del D.P.R. 396/2000 che ha introdotto espressamente nel nostrosistema legislativo il diritto della donna coniugata a non essere nominata nell’atto di nascita.

I casiVediamo le differenti casistiche che possono presentarsi:

Donna coniugata che abbia concepito un figlio in costanza di matrimonio, ma con persona diversa dal marito.1) Viene riconosciuto alla donna coniugata il diritto di non essere nominata: in questo caso il padre biolo-

gico potrà provvedere al riconoscimento del figlio.2) Viene riconosciuto alla donna coniugata il diritto di riconoscere il figlio come concepito con persona dif-

ferente dal marito: in questo caso il marito non verrà individuato come padre e non avrà interesse a darcorso all’azione di disconoscimento di paternità.

Art. 30 D.P.R. 396/2000: «La dichiarazionedi nascita è resa da uno dei genitori, da unprocuratore speciale, ovvero dal medico odalla ostetrica o da altra persona che haassistito al parto, rispettando l’eventualevolontà della madre di non essere nomi-nata».

Art. 250 c.c.: «Il figlio nato fuori del matri-monio può essere riconosciuto nei modiprevisti dall’art. 254 c.c. dal padre e dallamadre».

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Donna coniugata che abbia concepito un figlio in costanza di matrimonio con il marito.1) Il figlio acquisisce la qualità di figlio nato in costanza di matrimonio con operatività della presunzione di

paternità in favore del marito;2) Diritto della madre di non essere nominata: in questo caso si sono create due differenti tesi dottrinali:2) a) la donna coniugata che abbia concepito un figlio con il marito non ha il diritto di non essere nominata.

Ciò in quanto si creerebbe una disparità di trattamento tra padre e madre. Infatti, consentendo alladonna coniugata il diritto di non essere nominata nell’atto di nascita del figlio concepito con il marito,si attribuirebbe solo a lei il potere di determinare lo status del figlio e non anche al marito che diverrebbepadre automaticamente con la dichiarazione della maternità della moglie.

2) b) La donna coniugata, al pari della donna non coniugata, ha il diritto di non essere nominata nell’atto dinascita. Tale tesi si basa sul dettato letterale dell’art. 30 D.P.R. 396/2000 nel quale non viene fatta alcunadistinzione, parlandosi di madre a prescindere dallo status di coniugata o meno.

2) b) Questa seconda tesi, a parere di scrive, è quella da condividere, soprattutto alla luce della recente legge219/2012 che ha eliminato le differenze tra figli legittimi e figli naturali. Non sarebbe, infatti, compati-bile con la nuova legge mantenere una distinzione interpretativa nella formazione dello stato maternotra filiazione in ambito matrimoniale e filiazione extra-matrimoniale. Non accettando la possibilità,per la donna coniugata che abbia concepito un figlio con il marito, di non essere nominata, la mater-nità in costanza di matrimonio verrebbe dichiarata a prescindere da qualsiasi manifestazione di volontàdella donna, contrariamente a quanto accade per l’imputazione della maternità al di fuori del matri-monio, laddove è necessario un atto di impulso come il riconoscimento (art. 250 c.c.).

ApprofondimentiPuò la donna che abbia dichiarato di non essere nominatanell’atto di nascita procedere successivamente al riconosci-mento?L’art. 30 del D.P.R. n. 396/2000 prevede per la madre il diritto dinon essere nominata nell’atto di nascita. Ciò, però, non com-porta la rinuncia al riconoscimento, che deve considerarsi undiritto fondamentale. Peraltro, se il legislatore avesse intesofar discendere dal diritto della donna a non essere nominatanell’atto di nascita la rinuncia al riconoscimento ed ulterior-mente la sua irrevocabilità, lo avrebbe previsto come ha fattoper il riconoscimento con l’art. 256 c.c.L’unica situazione in cui la donna che abbia esercitato il dirittoall’anonimato si ha quando si sia istaurato un procedimentodi adottabilità per effetto della preclusione assoluta dell’art.27 l. 184/1983.

IL CONTEMPERAMENTO TRA IL DIRITTO DELLA MADRE AL-L’ANONIMANTO E IL DIRITTO DEL FIGLIO ALLA CONO-SCENZA DELLE PROPRIE ORIGINIL’art. 28, comma 7 della legge n. 184/1983 (legge sull’ado-zione), non consente l’accesso alle informazioni sulle originiquando la madre abbia dichiarato alla nascita di non voler es-sere nominata ai sensi dell’art. 30, comma 1 del D.P.R. n. 396del 2000 (decreto sull’ordinamento dello stato civile). Peraltro, tale restrizione è coerente con quanto stabilito dalCodice sulla Privacy il quale all’art. 93, comma 2, stabilisceche: «Il certificato di assistenza al parto o la cartella clinica,ove comprensivi dei dati personali che rendono identificabilela madre che abbia dichiarato di non voler essere nominataavvalendosi della facoltà di cui all’articolo 30, comma 1 del de-creto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396,possono essere rilasciati in copia integrale a chi via abbia in-teresse, in conformità alla legge, decorsi cento anni dalla for-mazione del documento».Si badi che l’art. 28 della legge 184/1983 ha subito un’importante modifica ai sensi della legge n. 149/2001nella parte in cui prevedeva addirittura il segreto sull’adozione anche nei rapporti tra figlio adottivo e geni-

Art. 28 legge 183/1984Comma 4: «Le informazioni concernentil'identità dei genitori biologici possono es-sere fornite ai genitori adottivi, quali eser-centi la potestà dei genitori, su autoriz-zazione del tribunale per i minorenni, solose sussistono gravi e comprovati motivi. Iltribunale accerta che l'informazione siapreceduta e accompagnata da adeguatapreparazione e assistenza del minore. Le in-formazioni possono essere fornite anche alresponsabile di una struttura ospedaliera odi un presidio sanitario, ove ricorrano i pre-supposti della necessità e della urgenza evi sia grave pericolo per la salute del mi-nore».Comma 5: «L'adottato, raggiunta l'età diventicinque anni, può accedere a infor-mazioni che riguardano la sua origine e l'i-dentità dei propri genitori biologici. Puòfarlo anche raggiunta la maggiore età, sesussistono gravi e comprovati motivi atti-nenti alla sua salute psico-fisica. L'istanzadeve essere presentata al tribunale per i mi-norenni del luogo di residenza». Comma 8: «Fatto salvo quanto previsto daicommi precedenti, l'autorizzazione non èrichiesta per l'adottato maggiore di etàquando i genitori adottivi sono deceduti odivenuti irreperibili»

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tori adottivi. Con la riforma del 2001 il legislatore ha ritenuto di dare rilevanza al diritto all’informazione, con-siderandolo in caso di adozione come un diritto alla personalità, ossia una garanzia per l’equilibrio psico-logico dell’adottato.Ciò però non è stato sufficiente per scalfire il diritto della madre a mantenere l’anonimato. Sul punto si èespressa anche la Corte Costituzionale (sentenza 425/2005) privilegiando il diritto della madre all’anoni-mato, ritenendo che ciò sia necessario per la protezione del diritto alla vita di colui che deve nascere e dellasalute della donna partoriente che, certa di poter conservare l’anonimato, verrà allontanata dall’idea del-l’interruzione di gravidanza e stimolata ad avvalersi di personale sanitario idoneo.

ApprofondimentiSin quanto l’adottato sia minore di età, il diritto alle informazioni sulle sue origini biologiche è dei genitoriadottivi che dovranno rivolgersi al Tribunale per i minorenni della residenza del figlio. Tale richiesta potràtrovare accoglimento esclusivamente nel caso in cui ricorrano gravi e comprovati motivi e nella misura incui tale conoscenza sia funzionale allo sviluppo pieno dellapersonalità del minore.Raggiunta la maggiore età, l’adottato potrà rivolgersi diretta-mente al Tribunale per i minorenni al fine di avere l’autoriz-zazione per avere accesso alle informazioni circa le proprieorigini biologiche, ma ciò solo per gravi e comprovati motiviattinenti alla sua salute psico-fisica. Raggiunta l’età di venti-cinque anni, l’adottato potrà accedere alle suddette informa-zioni senza motivazione. In ogni caso, il maggiorenne non avrànecessità di autorizzazione quando i genitori adottivi sianodeceduti o divenuti irreperibili.

I casi Una donna, abbandonata alla nascita dalla madre e affidata con provvedimento di affiliazione ad una cop-pia di coniugi, si rivolge all’ufficiale di stato civile per avere informazioni sulle proprie origini. In tale occa-sione viene a conoscenza che la madre biologica si era avvalsa del diritto di non essere nominata nell’attodi nascita. Per tale ragione l’interessata si rivolge al Tribunale per i minorenni per ottenere informazionisulle proprie origini. Il Tribunale per i minorenni respinge la richiesta, ritenendo che in applicazione dell’art.28, comma 7 della legge n. 184/1983 non sia consentito l’accesso alle informazioni richieste quando la ma-dre abbia dichiarato alla nascita di non voler essere nominata ai sensi dell’art. 30 del D.P.R. N. 396/2000. Taledecisione viene successivamente impugnata, ma confermata dal giudice di secondo grado. L’interessatapropone ricorso alla Corte europea sui diritti dell’uomo. Detto organo, con sentenza del 25 settembre del2012 (causa Godelli vs Italia) ravvisa da parte dell’Italia la violazione dell’art. 8 della Convezione europea suidiritti dell’uomo, posto che sistema giuridico italiano vi è una tutela del diritto all’anonimato della madreincondizionato senza che sia stato fatto alcun tentativo di mantenere un equilibrio tra i diritti e gli interessiconcorrenti, oltrepassando il margine di discrezionalità che la disciplina europea sul punto attribuisce aglistati membri.

Esperienze europeeIn Francia, nel 2003, è intervenuta una modifica legislativa che ha dato vita ad un organo composto da ma-gistrati, rappresentanti delle associazioni e di professionisti con esperienza nel settore delle adozioni, alquale il figlio adottato può rivolgersi per rimuovere, con l’accordo della madre, il segreto sulle proprie ori-gini. In altre parole la madre che abbia dichiarato al momento del parto di non voler essere nominata, vienechiamata dal detto organo per riconfermare o revocare la propria volontà di mantenere segreta la propriaidentità, introducendosi così la possibilità della reversibilità del segreto.

IL REATO DI ALTERAZIONE DI STATO E DI FALSE DICHIA-RAZIONI AL PUBBLICO UFFICIALEIl reato di alterazione di stato, di cui all’art. 567 comma 2 c.p.consiste nell’alterazione dello status filiationis (vale a dire lo«spostamento» del naturale rapporto di procreazione) che av-viene quando, nella formazione dell’atto di nascita del neo-nato, s’inserisce un dato non veritiero sull’identità, sulla di-scendenza, sulla qualità di figlio legittimo o naturale, sul sessoecc., mediante false certificazioni, false attestazioni o altre fal-

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Art. 28 legge 184/1983comma 7: «L'accesso alle informazioni nonè consentito nei confronti della madre cheabbia dichiarato alla nascita di non volereessere nominata ai sensi dell'articolo 30,comma 1, del decreto del Presidente dellaRepubblica 3 novembre 2000, n. 396».

Alterazione di statoArt. 567, comma 2: «Si applica la reclu-sione da cinque a quindici anni a chiunque,nella formazione di un atto di nascita, al-tera lo stato civile di un neonato, mediantefalse certificazioni, false attestazioni o altrefalsità».

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sità. La qualità di figlio, infatti, compete non già per un atto di autonomia privata del genitore, il quale nonpuò disporre dello stato familiare del bambino, ma in quanto ricorra nella realtà il rapporto naturale di di-scendenza. Per la integrazione del delitto, inoltre, è sufficiente il dolo generico, cioè la contemporanea pre-senza in chi lo commette della consapevolezza della falsità della dichiarazione, della volontà di effettuarlae della previsione dell’evento di attribuire al neonato uno stato civile diverso da quello spettantegli secondonatura. La falsità può concernere sia le dichiarazioni fatte ai medici o alle ostetriche nell’esercizio del par-ticolare potere certificante loro riconosciuto, sia le dichiarazioni rese all’ufficiale dello stato civile dal padre,dalla madre o dalla persona che ha assistito al parto.È invece esclusa l’alterazione di stato nel caso del figlio di donna coniugata che viene denunciato come fi-glio di ignoti oppure di donna che non intende essere nominata.

I casi- Tizio coniugato con Caia, dichiara falsamente - in sede di formazione dell’atto di nascita - la sua paternità

naturale del piccolo Mevio, quale frutto di una relazione ex-traconiugale con una non meglio identificata donna che almomento del parto avrebbe dichiarato di volersi avvalere deldiritto di non essere nominata. In questo caso si è ritenuto in-tegrato il reato di alterazione di stato commesso dal maritoin concorso con la moglie che avrebbe poi chiesto l’adozionedel neonato medesimo, ai sensi dell’art. 44 lett. b), della leggen. 184 del 1983 (Cass. pen., Sez. VI, 12/02/2003).

- Mevia coniugata con Sempronio dichiara all’ufficiale dellostato civile che il figlio è del marito dal quale viveva sepa-rata e con il quale aveva in corso giudizio rotale di annulla-mento del matrimonio, pur sapendo che il bambino eraprole di altra persona. In tale condotta è stato ravvisato ilreato di alterazione di stato (Cass. pen., Sez. VI, 03/11/1989,n. 15039).

- Caio procede al riconoscimento, con atto distinto da quello dinascita, del figlio naturale della moglie pur essendo consa-pevole della paternità di un terzo. In questo caso il reato chesi ravvisa non è quello di alterazione di stato ma di falsa dichiarazione a pubblico ufficiale sulla qualità per-sonali di altri, reato di cui all’art. dell’art. 495, comma 3, c.p..

ApprofondimentiAl fine di evitare che il diritto della madre di non essere nominata nell’atto di nascita possa essere utiliz-zato come espediente per eludere le norme in materia di adozione con il riconoscimento da parte di chi sidichiari padre seppur coniugato con altra donna (che potrebbe procedere successivamente alla richiesta diadozione del figlio del coniuge) la legge 183/1984 al suo art. 74 comma 1 prevede che in caso di riconosci-mento da parte di persona coniugata di un figlio naturale non riconosciuto dall’altro genitore, gli ufficiali distato civile trasmettano immediata comunicazione di tale riconoscimento al competente tribunale per i mi-norenni. Il tribunale dei minorenni provvederà ad effettuare i necessari accertamenti per verificarne la ve-ridicità previa nomina di un curatore speciale del minore. Quest’ultimo, nel caso in cui si dovesse accertarela non corrispondenza a verità della paternità dichiarata nell’atto di nascita, potrà avanzare, nell’interessedel minore un’azione di impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità.

AZIONE DI CONTESTAZIONE DELLO STATO DI FIGLIOPrima della legge 219/2012 l’azione di contestazione doveva intendersi riferita esclusivamente alla filiazionelegittima, ove l’art. 248 c.c. rubricato come “Legittimazione all’azione di contestazione della legittimità. Im-prescrittibilità” prevedeva che: “l’azione per contestare la legittimità spetta a chi dall’atto di nascita del figlio risultisuo genitore e a chiunque vi abbia interesse. L’azione è imprescrittibile. Quando l’azione è proposta nei confronti di per-sone premorte o minori o altrimenti incapaci si osservano le disposizioni dell’articolo precedente1. Nel giudizio devonoessere chiamati entrambi i genitori”. Il decreto legislativo attuativo della legge 219/2012 ha titolato l’art. 248 c.c.“Legittimazione dell’azione di contestazione dello stato di figlio. Imprescrittibilità”, eliminando il riferimento allalegittimità ed introducendo un’azione di stato che pare riguardare sia i figli nati all’interno del matrimonio

1 L’art. 245 c.c. prevede la sospensione della decorrenza del termine sino a quando dura lo stato di incapacità.

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Falsa attestazione o dichiarazione a unpubblico ufficiale sulla identità o su qualitàpersonali proprie o di altri.

Art. 495 c.p.: «Chiunque dichiara o attestafalsamente al pubblico ufficiale [c.p. 357]l'identità, lo stato o altre qualità della pro-pria o dell'altrui persona è punito con lareclusione da uno a sei anni[c.p. 29].La reclusione non è inferiore a due anni:1) se si tratta di dichiarazioni in atti dellostato civile.

[omissis]

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che al di fuori di esso. Si utilizza il condizionale, però, in quanto il corpo della norma non è stato modificato,posto che continua a parlarsi di “azione per contestare la legittimità” con un’evidente disarmonia tra contenutie titolo. Va evidenziato primariamente come l’azione di contestazione dello stato di figlio possa essere esercitata intutti i casi in cui venga posto in dubbio uno degli elementi che danno luogo alla filiazione (ad esempio nelcaso in cui il figlio non sia stato partorito dalla donna indicata come madre nell’atto di nascita o nel caso disupposizione di parto), ad esclusione, però, della contestazione di paternità. Infatti, in quest’ultimo caso èprevista un’apposita azione di stato detta “azione di disconoscimento di paternità” prevista dall’art. 243 bisc.c. dalla legge delega e disciplinata precedentemente alla riforma dall’art. 244 c.c. e di cui si tratterà nel ca-pitolo a seguire. Soggetti legittimati ad esperire l’azione: chi dall’atto di nascita risulti genitore e da chiun-que vi abbia interesse. L’interesse (che si badi deve essere dimostrato solo da chi non sia genitore) può es-sere di natura patrimoniale (ad esempio può avere interesse alla contestazione di figlio un coerede) o di tipomorale (la volontà di individuare con correttezza la composizione familiare). L’azione è imprescrittibile.Competente è il Tribunale ordinario che, nel caso in cui il figlio sia minore, provvede alla nomina di un cu-ratore speciale. La sentenza verrà annotata in calce all’atto di nascita.

AZIONE DI RETTIFICAZIONESi tratta di un’azione volta a modificare un atto esistente nei registri di stato civile o ad inserire un atto chesia stato omesso o a rinnovare un atto smarrito o distrutto (art. 454 c.c.). In altre parole ha come scopo quellodi porre rimedio ad un errore materiale o ad un situazione di fatto. Differisce rispetto all’azione di conte-stazione dello stato in quanto in quest’ultimo caso l’azione è volta a determinare un effetto reale.

AZIONE DI RECLAMO DELLO STATO DI FIGLIOSpeculare all’azione di contestazione dello stato di figlio è l’azione di reclamo dello stato di figlio che hacome obiettivo quello di costituire lo status filiationis.Tale rimedio è disciplinato dall’art. 249 c.c. anch’esso oggetto del decreto legislativo attuativo dei contenutidella legge 219/2012. Prima della legge di riforma detto articolo era rubricato “Reclamo della legittimità”. Il de-creto attuativo prevede una titolazione che elimina la distinzione tra filiazione legittima e naturale indi-cando “Legittimazione all’azione di reclamo dello stato di figlio. Imprescrittibilità”. Tale azione viene esercitataquando mancano l’atto di nascita e il possesso di stato. Legittimazione attiva: l’azione spetta al figlio. Nelcaso di figlio minore, l’azione può essere esercitata da un curatore speciale nominato dal Giudice tutelareai sensi dell’art. 78 c.p.c. seppure vi sia chi ritenga che l’azione possa essere esercitata dal genitore del mi-nore e che il curatore speciale, in caso di accertato conflitto di interessi, debba essere nominato dal giudiceinnanzi al quale l’azione è esercitata. Nel caso in cui il figlio sia morto in minore età o nei cinque anni suc-cessivi alla maggiore età, l’azione spetta ai suoi eredi. La limitazione dei cinque anni pone in evidenza comeil legislatore abbia voluto limitare l’iniziativa degli eredi esclusivamente all’ipotesi in cui si possa presu-mere che il mancato esercizio dell’azione da parte del figlio sia stata esclusivamente la conseguenza diun’impossibilità di maturare consapevolmente la decisione, impedendone l’esercizio da parte di terzi chesia in contrasto con la sua volontà. Legittimazione passiva: legittimati passivi sono i genitori che debbonoessere entrambi chiamati ed in loro mancanza gli eredi. Prova: il decreto legislativo attuativo della L. 219/2012prevede che la prova della filiazione possa essere data con ogni mezzo, modificando l’art. 241 c.c. e abrogandogli artt. 242 e 243 c.c. che prevedevano la prova per testimoni e la prova scritta.

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LA SUCCESSIONE DEI FIGLI NATI FUORIDAL MATRIMONIO DOPO LA LEGGE 219/2012

ANTONELLA MOLICA e BIANCA SANTORO

AVVOCATI DEL FORO DI MESSINA

1. Premessa. La nuova formulazione dell’art. 315 c.c.: dalla pluralità all’unicità dello status filiationis.Con la legge delega n. 219/2012, “Disposizioni sul riconoscimento dei figli naturali”, il Parlamento ha final-mente portato a compimento un lungo e travagliato iter che ha avuto inizio ancor prima della riforma deldiritto di famiglia del 1975 e che ha rappresentato una operazione in primo luogo culturale piuttosto che giu-ridica, attraverso la proclamazione, nel nuovo testo dell’art. 315 c.c., della unicità dello status filiationis.La riforma ha avuto il pregio di intervenire opportunamente in un momento storico di grande complessitàdel tessuto familiare, in cui al modello fondato sul matrimonio si affiancano altri e sempre più numerosi mo-delli di famiglie ricomposte o fondate sulla convivenza anche fra persone dello stesso sesso, ed in cui lastessa nozione di filiazione si è ampliata, vedendo affiancarsi a quella biologica ed adottiva, quella artificiale.Appare evidente, dunque, che il valore aggiunto di tale intervento riformatore è stato quello di dare piena econcreta attuazione al principio di uguaglianza nell’ambito del rapporto familiare, in linea con i principifondamentali sanciti dagli artt. 2, 3 e 30 della Carta costituzionale, disancorando una volta per tutte lo sta-tus filiationis dallo status familiae, senza tuttavia causare un “appiattimento indifferenziato di tutte le formedi comunità familiare nel modello della famiglia fondata sul matrimonio1” e, tantomeno, senza costituire una“minaccia” alla famiglia “tradizionale”2. Sganciando l’attribuzione dei diritti dei figli da ogni profilo inerentel’ambito familiare di appartenenza, è stato altresì evitato il rischio che si potesse confondere il problema dellatutela dei diritti dei figli con quello del riconoscimento delle unioni parafamiliari diverse dal modello dellafamiglia fondata sul matrimonio. Sancendo, infatti, che “tutti i figli hanno lo stesso status giuridico” e, dunque,cancellando dal linguaggio normativo quella che è stata definita la “terminologia della diversità”3, è statotolto agli stati il loro significato di “condizione sociale” dell’individuo, esaltandone, invece, la condizione di“persona umana”4, e ciò in quanto “la famiglia si pone in funzione della persona”5.Come è stato brillantemente osservato da autorevole dottrina, la novella ha rappresentato una “rispostaetica all’ingiustizia dei rapporti familiari”6: mediante il riconoscimento della parità dei figli, l’ordinamentoha finalmente attribuito loro, quali esseri umani, parità di diritti e doveri, sin dalla nascita ed a prescinderedalla condizione della famiglia d’origine o dei genitori. Grazie alla spinta della dottrina, della giurisprudenza di legittimità e del Giudice delle leggi7 nonché in forzadella necessità di adeguare la normativa nazionale al contesto europeo - all’interno del quale la Corte eu-ropea di Strasburgo aveva già da lungo tempo raggiunto la conquista della unicità dello status di figlio an-che in ordine alla equiparazione dei diritti successori dei figli naturali8 e ciò alla luce degli artt. 8 (posto a tu-tela della vita privata e familiare) e 14 (che sancisce il divieto di qualsiasi discriminazione) della CEDU - edinternazionale - in attuazione della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo e dell’art. 21 della Cartadi Nizza (che vieta ogni forma di discriminazione fondata sulla nascita) -, il legislatore ha radicalmente mu-tato la prospettiva inerente la condizione del figlio, eliminando ogni aspetto discriminatorio lesivo della suadignità e fonte di grande ingiustizia, ritenuto che andava a colpire la persona per un fatto a cui la stessa eraestranea, imputandogli una colpa connessa ad eventi anteriori alla sua nascita. La Legge delega 219/2012 riconoscendo piena tutela alla filiazione nata fuori dal matrimonio ha, quindi, con-tribuito a realizzare un passo, ormai dovuto, di grande civiltà giuridica9.

2. Assetti delegati, disposizioni transitorie ed entrata in vigore delle nuove norme.Venendo, dunque, a trattare dell’ambito di operatività concreta delle innovazioni introdotte sotto il profilosostanziale, occorre precisare che è stato demandato al Governo il compito di revisionare le disposizioni vi-genti in materia di filiazione in modo da adeguarle al mutato panorama normativo e da eliminare ogni re-sidua discriminazione tra figli nati nel matrimonio e figli nati fuori dal matrimonio, compito che andrà por-tato a termine entro la data del 1 gennaio 2014.Fra gli assetti delegati vi è quello relativo alla disciplina delle successioni e delle donazioni, il cui adegua-mento al principio di unicità dello status di figlio dovrà avere effetti anche sulle azioni e sui giudizi pendentialla data di entrata in vigore del decreto, e ciò anche nell’ipotesi in cui parte di tali giudizi sia un discendentedel figlio nato fuori del matrimonio che voglia fare valere i diritti successori del de cuius nei confronti dei pa-renti del defunto, rispetto ai quali, anteriormente alla modifica dell’art. 74 c.c., non era riconosciuto alcunvincolo di parentela.

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APPROFONDIMENTI

Orbene, proprio avendo riguardo ai rapporti successori, differenti e contrapposti orientamenti interpreta-tivi potrebbero venire a crearsi in merito alla immediata vigenza o meno delle modifiche introdotte dalla no-vella del 2012. Invero, atteso che l’art. 2, I c., lett. l) della legge 219 delega al Governo “l’adeguamento delladisciplina delle successioni”, si potrebbe argomentare che le modifiche alla successione non siano ancoravigenti, non discendendo in via diretta dal nuovo testo dell’art. 74 c.c., ma che lo diventeranno una volta ema-nati i decreti delegati. È chiaro che si tratta di una visione un po’ forzata che difficilmente potrà incontrareil favore della dottrina ed ancor meno quello della giurisprudenza, e ciò in considerazione del fatto che l’art.74 c.c. deve intendersi norma immediatamente vigente, con tutte le conseguenze del caso, fra cui, in primis,l’abrogazione implicita o virtuale di ciascuna norma basata sulla distinzione tra parenti legittimi e naturali.Di gran lunga più condivisibile appare, invece, una visione che, nella prospettiva della raggiunta e proclamataunicità dello status filiationis, reputi ormai superate le passate discriminazioni fondate sui concetti di filia-zione e parentela naturali, individuando nella delega uno strumento fondamentale atto a sanare le discre-panze tra nuove e vecchie successioni, avuto riguardo ai giudizi pendenti, e ciò allo scopo di evitare l’insor-gere di profili di incostituzionalità10.

3. Effetti sulla successione dei figli: come cambiano le norme.Per esaminare gli effetti che le modifiche normative hanno ed avranno sulla successione dei figli nati fuoridal matrimonio (e, di riflesso, per i figli nati nel matrimonio, che “perdono” quella posizione di privilegionon più giustificabile e non più coperta dall’interpretazione delle norme costituzionali), è doveroso partiredal nuovo art. 315 c.c., il cui testo precedente è stato ampliato ed affidato al successivo art. 315 bis c.c.

Questo “super-principio” è stato seguito nella redazione dello schema di decreto legislativo approvato dalConsiglio dei Ministri il 12.07.2013, in sede di esame preliminare.In attuazione della delega contenuta nella legge 219/2012 si modificano, nel senso specificato, anche lenorme in materia di successione e donazione, dando così attuazione all’art. 2, comma primo, lettera l) dellamedesima legge.La riforma, che arriva nel nostro paese nel 2012 (e dispiega i sui effetti dall’inizio del 2013), si conforma, tral’altro, alla nozione di filiazione via via formatasi in Europa. Interessante è il riferimento allo sganciamento dello status di figlio dalla condizione dei genitori espressa-mente previsto anche nel progetto di raccomandazione del Consiglio d’Europa del 201211.Nell’Explanatory Memorandum posto in appendice al Draft Recommendation si precisa, infatti, che il dettosganciamento evita che l’attribuzione di determinati diritti ai figli sia strettamente connessa al previo rico-noscimento delle varie unioni parafamiliari diverse dalla famiglia fondata sul matrimonio, come, tra le al-tre, le tanto discusse unioni tra persone dello stesso sesso12.Prima di passare all’esame di alcune delle norme portatrici delle modifiche in materia di successione dei fi-gli naturali, è necessario precisare che gli artt. 536, 538, 544, 565, 573, 580, 581, 582, 583, 594, 737 e 804 sonostati solo oggetto dell’adeguamento linguistico imposto dall’art. 2, lett. a) della legge 219/2012 («a) sostituzione,in tutta la legislazione vigente, dei riferimenti ai «figli legittimi» e ai «figli naturali» con riferimenti ai «figli», salvo l’uti-lizzo delle denominazioni di «figli nati nel matrimonio» o di «figli nati fuori del matrimonio» quando si tratta di dispo-sizioni a essi specificamente relative»). A rigore, però, già l’ultimo comma dell’art. 1 della legge 219/2012 ha disposto che nel codice civile, le parole:«figli legittimi» e «figli naturali», ovunque ricorrono, sono sostituite dalla seguente: «figli», con effetto dal 1gennaio 2013. Pertanto, già da tale data le norme in parola risultavano modificate per adeguamento al prin-cipio dell’unicità dello status filiationis (art. 315 c.c.). Gli artt. 578 (Successione dei genitori al figlio naturale) e 579 (Concorso del coniuge e dei genitori sempre di figlio na-turale) c.c. vengono espressamente abrogati dall’art. 106 dello schema di decreto legislativo. A ben vedere, anche le dette norme potrebbero considerarsi implicitamente abrogate a partire dal giorno 1gennaio 2013, vista la parificazione della posizione dei figli nati fuori dal matrimonio a quella dei figli natinel matrimonio.

Art. 315Stato giuridico della filiazioneI. Tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico.(1)

(1) Articolo sostituito dall’art. 1 della legge 10 dicembre 2012, n. 219 con effetto dal 1 gennaio 2013. L’articolo sostituito cosìdisponeva: “Art. 315 (Doveri del figlio verso i genitori) I. Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle propriesostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa.”

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APPROFONDIMENTI

Anche la norma contenuta nell’art. 577 c.c. (Successione del figlio naturale all’ascendente legittimo immediato delsuo genitore) dovrebbe essere aggiunta all’elenco delle abrogazioni di cui al citato art. 106 dello schema di de-creto legislativo, ma tale articolo del codice civile, al momento, non è oggetto di alcuna modifica espressa.L’art. 715 c.c., infine, viene modificato semplicemente sostituendo alle parole «sulla legittimità o sulla filia-zione naturale» le parole «sulla filiazione».Le norme esaminate a seguire, invece, sono state oggetto di interventi più significativi di adeguamento alprincipio dell’unicità dello stato di figlio ed alle novità introdotte dalla legge 219/2012, sempre stando al te-sto dello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri il 12.07.2013 ed ora, dopo il re-cente parere favorevole delle Commissioni Giustizia della Camera e del Senato, rientrato al Consiglio deiMinistri per l’approvazione definitiva e quindi, de iure condendo.Per semplicità espositiva, si segue l’ordine numerico progressivo che gli articoli modificati hanno nel codicecivile.

La norma introdotta dalla legge 219/2012 e ritoccata dallo schema di decreto legislativo indicato, sebbene nonsia inserita nel libro II, dedicato alle successioni, merita un breve cenno per due ragioni.La prima è la previsione della dispensa dall’obbligo di prestazione degli alimenti al genitore decaduto dallapotestà e della possibilità di esclusione dalla successione per i fatti che non integrino i casi di indegnità pre-visti dall’art. 463 c.c, posto che gli ascendenti, se in vita, sono eredi legittimari. La decadenza dalla potestà segue come sanzione all’inaffidabilità del genitore ed alla sua incapacità a cu-rare gli interessi del figlio, nelle ipotesi di grave inadempimento ai doveri (o, meglio, alle responsabilità) ge-nitoriali, con conseguente grave danno per il figlio.Con la novella si pone rimedio ad una lacuna dell’ordinamento, che nulla disponeva in proposito. La seconda ragione è la sostituzione del termine «potestà» con il termine «responsabilità genitoriale», in li-nea con l’attenzione data alla disciplina unitaria della responsabilità genitoriale.

Art. 448-bisCessazione per decadenza dell'avente diritto dallapotestà sui figliI. Il figlio, anche adottivo, e, in sua mancanza, idiscendenti prossimi non sono tenuti al-l'adempimento dell'obbligo di prestare gli ali-menti al genitore nei confronti del quale èstatapronunciata la decadenza dalla potestà e, per ifatti che non integrano i casi di indegnità di cuiall'articolo 463, possono escluderlo dalla suc-cessione.

(1) Articolo introdotto dall'art. 1 della legge 10 dicembre2012, n. 219 con effetto dal 1 gennaio 2013.

Art. 448-bisCessazione per decadenza dell'avente diritto dallaresponsabilità genitoriale sui figliI. Il figlio, anche adottivo, e, in sua mancanza, idiscendenti prossimi non sono tenuti al-l'adempimento dell'obbligo di prestare gli ali-menti al genitore nei confronti del quale è statapronunciata la decadenza dalla responsabilitàgenitoriale e, per i fatti che non integrano i casidi indegnità di cui all'articolo 463, possonoescluderlo dalla successione.

Art. 480PrescrizioneI. Il diritto di accettare l'eredità si prescrive indieci anni. II. Il termine decorre dal giorno dell'aperturadella successione e, in caso d'istituzione condi-zionale, dal giorno in cui si verifica la condi-zione. III. Il termine non corre per i chiamati ulteriori,se vi è stata accettazione da parte di precedentichiamati e successivamente il loro acquistoereditario è venuto meno.

Art. 480PrescrizioneI. Il diritto di accettare l'eredità si prescrive indieci anni. II. Il termine decorre dal giorno dell'aperturadella successione e, in caso d'istituzione condi-zionale, dal giorno in cui si verifica la condi-zione. In caso di accertamento giudiziale dellafiliazione il termine decorre dal passaggio ingiudicato della sentenza che accerta la filia-zione stessa.III. Il termine non corre per i chiamati ulteriori,se vi è stata accettazione da parte di precedentichiamati e successivamente il loro acquistoereditario è venuto meno.

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L’art. 480 c.c. è oggetto di modifica da parte del richiamato schema di decreto legislativo, il quale, con l’art.69 inserisce un ulteriore periodo al secondo comma ed esattamente dopo la parola “condizione” è aggiuntoquanto segue: “In caso di accertamento giudiziale della filiazione il termine decorre dal passaggio in giudicato dellasentenza che accerta la filiazione stessa”.La modifica era stata già suggerita dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 191/1983.In merito, nella relazione illustrativa allo schema di decreto si legge13: «È sembrato utile ed opportuna l’introduzione di tale precisazione ancorché la Corte Costituzionale si sia espressa sulpunto in termini del tutto chiari. Con la pronuncia n. 191 del 1983, infatti, dopo aver escluso che tra gli “ulteriori chia-mati” di cui al terzo comma dell’art. 480 c.c. possano essere compresi anche i figli che ottengono la dichiarazione giu-diziale di paternità posteriormente all’apertura della successione (…), La Corte giustifica la declaratoria di non fonda-tezza della sollevata questione argomentando che deve (semplicemente) farsi ricorso all’applicazione del principio ge-nerale di cui all’art. 2935 c.c.», a mente del quale la prescrizione comincia a decorre dal giorno in cui il dirittopuò essere fatto valere. Nel caso di specie, tale giorno è quello del passaggio in giudicato della sentenza cheaccerti la filiazione.Appare (ed appariva) evidente, infatti, che, sino al momento in cui si forma il giudicato in ordine alla do-manda di accertamento della paternità o della maternità, non sorge lo status di figlio e, quindi, difetta il pre-supposto per l’esercizio delle azioni che a tale status si riconnettono.Ad ogni buon conto, nonostante il principio desumibile dalla sentenza n. 191/1983 sia stato ampiamenterecepito dalla giurisprudenza di legittimità, l’occasione offerta dalla legge 219/2012 è stata colta per inter-polare il periodo esaminato e conferire alla norma maggiore chiarezza e completezza.In proposito, si riporta qualche riferimento giurisprudenziale14, già espressione di un orientamento conso-lidato.Chiara e sintetica la massima tratta da Cass. Civ., Sez. II, 5 settembre 2012 n. 14917: «La prescrizione del di-ritto all’eredità del figlio naturale parte dalla data della dichiarazione giudiziale, se successiva alla successione, e nongià da quest’ultima perché il figlio naturale versa nell’impossibilità giuridica e non di mero fatto di accettare l’ereditàdel genitore fino a quando tale dichiarazione sia pronunciata».In precedenza, un’altra pronuncia della medesima Sezione II della Suprema Corte ed esattamente la n.2424/2011 (con riferimento all’opposta usucapione dei beni ereditari) aveva chiarito: «Con riferimento a unasuccessione ab intestato apertasi prima dell’entrata in vigore della riforma del diritto di famiglia, in capo a quanti eranostati chiamati all’eredità quali eredi legittimi non è configurabile un possesso ad usucapionem, da far valere nei con-fronti di coloro che, avendo successivamente ottenuto lo status di figli naturali del de cuius, agiscano in petizione dieredità, se non dal momento (…) in cui questi ultimi potevano in concreto compiere atti interruttivi della situazionepossessoria»15.Riportando, poi, un altro stralcio tratto da Cass. Civ., Sez. II. n. 2923/1990, si può verificare come l’orienta-mento giurisprudenziale fosse consolidato da tempo nel senso illustrato, ottenendo i risultati voluti dallalegge di riforma del diritto di famiglia del 1975 in forza dell’applicazione dei principi basilari del diritto: «Ilconseguimento dello status di figlio naturale, con dichiarazione giudiziale di paternità ottenuta dopo la data di entratain vigore della nuova disciplina di cui alla legge 19 maggio 1975 n. 151 e in forza dell’operatività della disciplina stessaanche per i figli nati o concepiti anteriormente, comporta il diritto di partecipare alla successione del genitore naturalein precedenza apertasi (…) atteso che detta dichiarazione ha effetti retroattivi, senza alcuna limitazione rispetto alle po-sizioni successorie».Una considerazione conclusiva può essere affidata alla precisazione fatta dalla Corte di Cassazione nella sen-tenza n. 23596/2006. Negli obiter dicta della pronuncia indicata si legge: «Tale azione (azione nei confronti dell’altro genitore perottenere il rimborso pro quota delle spese sostenute dalla nascita) non è tuttavia utilmente esercitabile senon dal momento del passaggio in giudicato della sentenza di accertamento della filiazione naturale (atteso che sol-tanto per effetto della pronuncia si costituisce lo status di figlio naturale, sia pure con effetti retroagenti alla data dellanascita), con la conseguenza che detto momento segna altresì il dies a quo della decorrenza della prescrizione deldiritto stesso».La Suprema Corte sottolinea che - pur avendo la sentenza di accertamento della filiazione effetto retroat-tivo e natura dichiarativa di uno status, che attribuisce al figlio nato fuori dal matrimonio tutti i diritti ad essoconnessi, sin dalla nascita - è solo a seguito del passaggio in giudicato della detta sentenza (come a seguitodel riconoscimento volontario) che i medesimi diritti possono essere utilmente esercitati. La sentenza di accertamento de qua, pertanto, sotto il profilo dell’attribuzione dei diritti connessi allo statusfiliationis, potrebbe essere qualificata come costitutiva, poiché in assenza di essa non può esserci utile eser-cizio dei diritti di figlio, nonostante il godimento di tali diritti retroagisca alla data della nascita16.

APPROFONDIMENTI

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L’articolo in parola è ricompreso nelle disposizioni sulla c.d. successione necessaria, ossia quell’insieme diregole che stabiliscono quali quote del patrimonio debbano necessariamente andare a determinati succes-sori, in presenza o meno del testamento. In particolare, i primi due commi dell’art. 537 c.c. fissano la misura della riserva a favore dei figli con un si-stema di mobilità della quota in relazione al numero di figli (uno o più).Il terzo comma dell’art. 537 c.c., attribuisce ai figli legittimi (rectius ai figli nati nel matrimonio) il diritto dicommutazione, ossia la possibilità di soddisfare in danaro o beni immobili ereditari la porzione spettanteai figli naturali (rectius ai figli nati fuori dal matrimonio), salva opposizione di questi ultimi, sulla quale de-cide il Giudice valutando le circostanze personali e patrimoniali, espressione generica di volta in volta affi-data al prudente apprezzamento dello stesso Giudice.Il diritto di commutazione, pertanto, poiché assegna al figlio legittimo una posizione privilegiata rispetto aquella del figlio naturale, è l’oggetto di una disposizione normativa implicitamente abrogata dalla data di en-trata in vigore della legge 219/2012.La norma era stata introdotta nel 1975 dalla legge di riforma del diritto di famiglia, abrogando la vecchia di-sposizione dell’art. 574 c.c., in forza della quale i figli legittimi avevano il diritto potestativo di sciogliere lacomunione ereditaria con i figli naturali, commutando la quota di questi ultimi in una somma di denaro oin beni immobili ereditari, senza che fosse prevista alcuna facoltà di opposizione da parte dei figli naturalie la conseguente valutazione giudiziale delle circostanze del caso concreto17. Lo schema di decreto legislativo citato, all’art. 71, provvede «all’allineamento linguistico» del testo dei primi duecommi ed all’abrogazione del comma terzo dell’art. 537 c.c. La relazione illustrativa aggiunge: «La disposizione - portatrice di un evidente disfavore nei confronti dei figli natifuori dal matrimonio, visti quasi come coloro che intaccano l’integrità della famiglia fondata sul matrimonio, unica me-ritevole di tutela piena - non ha più ragione di esistere, dopo che la legge delega ha affermato nel novellato art. 315 c.c.che “tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico”. L’abrogazione dell’istituto della commutazione, di cui al terzocomma, pertanto, è conseguenza logica e necessaria per la realizzazione, sotto tutti i profili, della completa parificazione»del trattamento dei figli nati nel matrimonio e dei figli nati fuori dal matrimonio. Vale la pena ricordare che, qualche anno fa, la Corte Costituzionale con la sentenza N. 335/2009 aveva di-versamente affermato: «Non è fondata, in riferimento agli art. 3 e 30 comma 3 cost., la q.l.c., dell’art. 537 comma 3c.c. La scelta del legislatore di conservare in capo ai figli legittimi la possibilità di richiedere la commutazione, condi-zionata dalla previsione della facoltà di opposizione da parte del figlio naturale e dalla valutazione delle specifiche cir-costanze posta a base della decisione del giudice, non contraddice l’aspirazione alla tendenziale parificazione della po-sizione dei figli naturali, giacché non irragionevolmente si pone ancor oggi (quale opzione costituzionalmente non ob-bligata né vietata) come termine di bilanciamento dei diritti del figlio naturale in rapporto con i figli membri della fa-miglia legittima. L’espresso riferimento dell’art. 30 cost. al criterio di “compatibilità” assume la funzione di autenticaclausola generale, aperta al divenire della società e del costume. In questa prospettiva al giudice - cui viene in defini-tiva demandato il riscontro della sussistenza o meno di quella che sostanzialmente può definirsi come “giusta causa”dell’opposizione del figlio naturale alla richiesta di commutazione avanzata dai figli legittimi, da valutarsi in base alle

APPROFONDIMENTI

Art. 537Riserva a favore dei figli [legittimi](1) e [naturali](1)

I. Salvo quanto disposto dall'articolo 542, se il ge-nitore lascia un figlio solo, legittimo o naturale, aquesti è riservata la metà del patrimonio.II. Se i figli sono più, è loro riservata la quota deidue terzi, da dividersi in parti uguali tra tutti ifigli, [legittimi](1) e [naturali](1).III. I figli [legittimi](1) possono soddisfare in de-naro o in beni immobili ereditari la porzionespettante ai figli [naturali](1) che non vi si op-pongano. Nel caso di opposizione decide il giu-dice, valutate le circostanze personali e patri-moniali.

(1) L'art. 1 della legge 10 dicembre 2012, n. 219 ha dispo-sto, con effetto dal 1 gennaio 2013, che nel codice civile,le parole: «figli legittimi» e «figli naturali», ovunque ri-corrono, sono sostituite dalla seguente: «figli».

Art. 537Riserva a favore dei figliI. Salvo quanto disposto dall'articolo 542, se ilgenitore lascia un figlio solo a questi è riservatala metà del patrimonio.II. II. Se i figli sono più, è loro riservata la quotadei due terzi, da dividersi in parti uguali tra tuttii figli.

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specifiche circostanze sia personali (attinenti ai pregressi rapporti tra i figli), sia patrimoniali (riguardanti la situazionedei beni lasciati in eredità, in considerazione della loro migliore conservazione e gestione, nonché del rapporto che legal’erede al bene) - è attribuito il ruolo di garante della parità di trattamento nella diversità, attraverso il continuo ade-guamento della concreta applicazione della norma ai principi costituzionali». Eliminato l’ultimo baluardo della differenziazione di trattamento, il fondamento della disciplina della suc-cessione di tutti i figli diventa, oggi, esclusivamente «la responsabilità della procreazione18».

Gli artt. 542 e 566 c.c. vengono snelliti con l’eliminazione, nel primo e nel secondo comma dell’art. 542 c.c.come nella rubrica e nel primo comma dell’art. 566 c.c., degli aggettivi che erano l’indice della pluralità de-gli status di figlio, ossia le parole «legittimi» e «naturali», e con l’abrogazione rispettivamente del terzocomma e del secondo comma dei detti articoli, come inevitabile conseguenza dell’abrogazione dell’art. 537,terzo comma c.c., dagli stessi articoli richiamato.

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Art. 542Concorso di coniuge e figliI. Se chi muore lascia, oltre al coniuge, un solo fi-glio, [legittimo] o [naturale], a quest'ultimo è ri-servato un terzo del patrimonio ed un altro terzospetta al coniuge. II. Quando i figli, [legittimi](1) o [naturali](1), sonopiù di uno, ad essi è complessivamente riservatala metà del patrimonio e al coniuge spetta unquarto del patrimonio del defunto. La divisionetra tutti i figli, [legittimi](1) e [naturali](1), è effet-tuata in parti uguali. III. Si applica il terzo comma dell'articolo 537.

(1) L'art. 1 della legge 10 dicembre 2012, n. 219 ha dispo-sto, con effetto dal 1 gennaio 2013, che nel codice civile,le parole: «figli legittimi» e «figli naturali», ovunque ri-corrono, sono sostituite dalla seguente: «figli».

Art. 542Concorso di coniuge e figliI. Se chi muore lascia, oltre al coniuge, un solofiglio a quest'ultimo è riservato un terzo del pa-trimonio ed un altro terzo spetta al coniuge. II. Quando i figli sono più di uno, ad essi è com-plessivamente riservata la metà del patrimonioe al coniuge spetta un quarto del patrimoniodel defunto. La divisione tra tutti i figli è effet-tuata in parti uguali.

Art. 566Successione dei figli [legittimi](1) e [naturali](1)

I. Al padre ed alla madre succedono i figli [le-gittimi](1) e [naturali](1), in parti uguali. II. Si applica il terzo comma dell'articolo 537.

(1) L'art. 1 della legge 10 dicembre 2012, n. 219 ha dispo-sto, con effetto dal 1 gennaio 2013, che nel codice civile,le parole: «figli legittimi» e «figli naturali», ovunque ri-corrono, sono sostituite dalla seguente: «figli».

Art. 566Successione dei figliI. Al padre ed alla madre succedono i figli inparti uguali.

Art. 567Successione dei figli legittimati e adottiviI. Ai figli [legittimi](1) sono equiparati i legitti-mati e gli adottivi. II. I figli adottivi sono estranei alla successionedei parenti dell'adottante.

(1) L'art. 1 della legge 10 dicembre 2012, n. 219 ha dispo-sto, con effetto dal 1 gennaio 2013, che nel codice civile,le parole: «figli legittimi» e «figli naturali», ovunque ri-corrono, sono sostituite dalla seguente: «figli».

Art. 567Successione dei figli adottiviI. Ai figli sono equiparati gli adottivi. II. I figli adottivi sono estranei alla successionedei parenti dell'adottante.

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L’art. 67 dello schema di decreto legislativo modifica l’art. 567 c.c. e la relazione illustrativa mette in evi-denza che, venuta meno anche la categoria dei legittimati, la categoria degli adottivi ricomprende esclusi-vamente gli adottati maggiori d’età ed i minori adottati ai sensi dell’art. 44 della legge 184/1983, alla qualeil Legislatore ha voluto attribuire un diritto successorio che, altrimenti, gli stessi non avrebbero avuto19.Non potrebbe trattarsi dell’«adozione piena», nel qual caso l’equiparazione degli adottati ai figli nati nel ma-trimonio è già stata sancita dall’art. 27, comma primo, della legge 184/1983.

L’art. 643 c.c. viene modificato dall’art. 84 dello schema di decreto, per dare atto della superata concezionedella “patria potestà”, sostituita prima dalla «potestà genitoriale» e poi dalla «responsabilità genitoriale». Lamodifica attribuisce, pertanto, ad entrambi i genitori l’amministrazione dei beni del concepito, realizzando,anche in tal maniera, la pari responsabilità genitoriale. Ove ce ne fosse bisogno, la relazione illustrativa ag-giunge che nel caso in cui vi fosse un solo genitore «l’amministrazione non potrà che spettare a questi20».

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Art. 643Amministrazione in caso di eredi nascituriI. Le disposizioni dei due precedenti articoli siapplicano anche nel caso in cui sia chiamato asuccedere un non concepito, figlio di una de-terminata persona vivente. A questa spetta larappresentanza del nascituro, per la tutela deisuoi diritti successori, anche quando l'ammini-stratore dell'eredità è una persona diversa. II. Se è chiamato un concepito, l'amministra-zione spetta al padre e, in mancanza di questo,alla madre.

Art. 643Amministrazione in caso di eredi nascituriI. Le disposizioni dei due precedenti articoli siapplicano anche nel caso in cui sia chiamato asuccedere un non concepito, figlio di una de-terminata persona vivente. A questa spetta larappresentanza del nascituro, per la tutela deisuoi diritti successori, anche quando l'ammini-stratore dell'eredità è una persona diversa. II. Se è chiamato un concepito, l'amministra-zione spetta al padre e alla madre.

Art. 687Revocazione per sopravvenienza di figliI. Le disposizioni a titolo universale o partico-lare, fatte da chi al tempo del testamento nonaveva o ignorava di aver figli o discendenti,sono revocate di diritto per l'esistenza o la so-pravvenienza di un figlio o discendente [legit-timo] del testatore, benché postumo, o legitti-mato o adottivo, ovvero per il riconoscimentodi un figlio [naturale]. II. La revocazione ha luogo anche se il figlio èstato concepito al tempo del testamento, e, trat-tandosi di figlio naturale legittimato, anche se ègià stato riconosciuto dal testatore prima deltestamento e soltanto in seguito legittimato. III. La revocazione non ha invece luogo qualorail testatore abbia provveduto al caso che esi-stessero o sopravvenissero figli o discendentida essi. IV. Se i figli o discendenti non vengono alla suc-cessione e non si fa luogo a rappresentazione,la disposizione ha il suo effetto.

(1) L'art. 1 della legge 10 dicembre 2012, n. 219 ha dispo-sto, con effetto dal 1 gennaio 2013, che nel codice civile,le parole: «figli legittimi» e «figli naturali», ovunque ri-corrono, sono sostituite dalla seguente: «figli».

Art. 687Revocazione per sopravvenienza di figliI. Le disposizioni a titolo universale o partico-lare, fatte da chi al tempo del testamento nonaveva o ignorava di aver figli o discendenti,sono revocate di diritto per l'esistenza o la so-pravvenienza di un figlio o discendente del te-statore, benché postumo, anche adottivo, ov-vero per il riconoscimento di un figlio. II. La revocazione ha luogo anche se il figlio èstato concepito al tempo del testamento. III. La revocazione non ha invece luogo qualorail testatore abbia provveduto al caso che esi-stessero o sopravvenissero figli o discendentida essi. IV. Se i figli o discendenti non vengono alla suc-cessione e non si fa luogo a rappresentazione,la disposizione ha il suo effetto.

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L’art. 687 c.c. viene modificato dall’art. 85 dello schema di decreto delegato non soltanto con il già visto ade-guamento lessicale, ma anche con la semplificazione del secondo comma, dal quale viene espunto l’ultimoperiodo, dopo la parola «testamento».Come si legge nella relazione illustrativa21: «è invece soppressa la specifica disciplina dettata per il figlio naturalelegittimato: fattispecie che, con la parificazione dei figli nati fuori dal matrimonio ai figli nati nel matrimonio e il con-seguente venir meno della categoria dei legittimati, non necessita più di autonoma considerazione normativa».

Nella stesura approvata dello schema di decreto, l’art, 88 modifica l’art. 803 c.c. viene adeguato al principiodell’unicità dello status filiationis – come si da atto nella relazione illustrativa – non solo modificando l’arti-colo in esame con il solito adeguamento lessicale, ma anche eliminando la limitazione temporale dei dueanni.Nella relazione illustrativa anzidetta, si tiene presente la pronuncia n. 250/2000, con la quale la Corte Co-stituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma nella parte in cui, in caso di sopravve-nienza di figlio naturale, la donazione poteva essere revocata solo se il riconoscimento era intervenuto en-tro due anni dalla donazione, ma si evidenzia, altresì, che la detta limitazione, comunque, non avrebbe al-cun senso logico alla luce della unificazione dello status di figlio22.

In ultimo, un accenno deve essere fatto all’art. 104 dello schema di decreto legislativo, rubricato “Disposizionitransitorie”.Tale disposizione, per la sua estensione e per le implicazioni che ne deriveranno, non può essere trattata ade-guatamente in questa sede. Si riporta solo qualche riferimento ai primi sei commi di essa, in quanto specificamente dedicati agli effettisuccessori per i figli nati fuori dal matrimonio.Nel rispetto dell’intangibilità del giudicato formatosi prima dell’entrata in vigore della legge 219/2012, effettisi avranno sulle azioni da intraprendere e sui giudizi pendenti di cui sia parte anche un discendente di figlionato fuori dal matrimonio che voglia far valere i diritti successori del de cuius nei confronti di parenti del de-funto, rispetto ai quali, prima della modifica dell’art. 74 c.c., non era riconosciuto alcun vincolo di parentela.Il primo comma, ad esempio, prevede che: «Fermi gli effetti del giudicato (…), sono legittimati a proporre azioni dipetizione di eredità, ai sensi dell’art. 533 c.c., coloro che in applicazione» del nuovo art. 74 c.c. «hanno titolo a chie-dere il riconoscimento della qualità di erede».Il secondo comma prevede l’estensione di cui al primo comma per tutti i diritti successori che derivino dallanovella del 2012.

APPROFONDIMENTI

Art. 803Revocazione per sopravvenienza di figliI. Le donazioni, fatte da chi non aveva o ignoravadi avere figli o discendenti [legittimi] al tempodella donazione, possono essere revocate per lasopravvenienza o l'esistenza di un figlio o di-scendente [legittimo] del donante. Possono inol-tre essere revocate per il riconoscimento di unfiglio [naturale], fatto entro due anni dalla dona-zione, salvo che si provi che al tempo della do-nazione il donante aveva notizia dell'esistenzadel figlio. II. La revocazione può essere domandata anchese il figlio del donante era già concepito al tempodella donazione.

(1) L'art. 1 della legge 10 dicembre 2012, n. 219 ha dispo-sto, con effetto dal 1 gennaio 2013, che nel codice civile,le parole: «figli legittimi» e «figli naturali», ovunque ri-corrono, sono sostituite dalla seguente: «figli».

Art. 803Revocazione per sopravvenienza di figliI. Le donazioni, fatte da chi non aveva o igno-rava di avere figli o discendenti al tempo delladonazione, possono essere revocate per la so-pravvenienza o l'esistenza di un figlio o di-scendente del donante. Possono inoltre essererevocate per il riconoscimento di un figlio, salvoche si provi che al tempo della donazione il do-nante aveva notizia dell'esistenza del figlio.II. La revocazione può essere domandata anchese il figlio del donante era già concepito altempo della donazione.

Art. 104 (Disposizioni transitorie)

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Il terzo comma estende ancora l’applicazione dei primi due commi anche ai discendenti del figlio nato fuoridal matrimonio morto prima dell’entrata in vigore della legge delega.Il quarto ed il quinto comma fissano la decorrenza della prescrizione dei diritti successori scaturenti dallenovità normative, per le successioni già aperte.Infine, il sesto comma, estende l’applicazione dei primi tre commi a tutti i giudizi pendenti alla data di en-trata in vigore del decreto delegato.

4. Brevi accenni agli aspetti processuali.Da ultimo occorre ribadire che in forza della nuova formulazione dell’art. 38, ultimo comma, disp. att. c.c. an-ch’essa introdotta dalla novella del 2012, la competenza in ordine all’accertamento giudiziale di paternità edi maternità di cui all’art. 269 c.c. - anche in caso di minori - nonché in ordine al riconoscimento del figlioda parte del genitore infrasedicenne, ex art. 250, ultimo comma, c.c., spetta al Tribunale Ordinario e, piùnello specifico, in questo secondo caso, al Giudice Tutelare. A tal proposito, parte della giurisprudenza dimerito ha argomentato che “la legge ha attribuito al Giudice Tutelare il potere di accertamento della capacità natu-rale degli individui, al fine di verificarne l’idoneità al compimento di determinati atti. Inoltre, in questo senso, depone laparticolare snellezza e deformalizzazione dei procedimenti di competenza del Giudice Tutelare, che assicurano di normauna particolare celerità nella decisione e si presentano, pertanto, del tutto idonei alle esigenze di speditezza che similicasi richiedono. Per la competenza del giudice tutelare depone anche la circostanza che il provvedimento richiesto nelcaso di specie all’Autorità Giudiziaria, non risolve una questione contenziosa, ma ha la funzione, in quanto autorizza-torio, di rimuovere un limite posto dall’ordinamento nei confronti di un soggetto superando, attraverso l’accertamentoin concreto, la presunzione di incapacità ritenuta dal legislatore”23.Trovando nuovamente attuazione la norma generale di cui all’art. 9, II c., c.p.c., il rito prescelto per l’eserci-zio dell’azione è quello ordinario, pertanto, lì dove il giudizio fosse stato erroneamente introdotto con ricorso,atteso che tale atto non contiene i necessari elementi indicati ex art. 163 c.p.c., si rende necessario ad opera

APPROFONDIMENTI

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del giudice disporre ex officio il mutamento di rito ai sensi dell’art. 4 D.lgs. 150/201124; parte attrice, conse-guentemente, sarà onerata alla integrazione dell’atto introduttivo con le avvertenze di cui all’art. 163, n.7,c.p.c. ed alla notifica dello stesso, unitamente al decreto di conversione contenente la fissazione della datad’udienza25.Quanto ai profili probatori, relativamente all’accertamento giudiziale di paternità e di maternità, atteso cheai sensi dell’art. 269, II e IV c., c.c. la prova può essere data con ogni mezzo purché essa non si basi esclusi-vamente sulle sole dichiarazioni della madre e sulla mera esistenza di rapporti fra la madre ed il preteso pa-dre all’epoca del concepimento, al giudice è dato il potere di valutare liberamente le prove nonché di trarreargomenti di prova dal contegno assunto dalle parti nel corso del giudizio, ex art. 116 c.p.c..La giurisprudenza di legittimità ritiene, quindi, che sia da escludere che “il rifiuto ingiustificato di sottoporsi allaprova ematologica possa essere valutato solo se sia stata provata in altro modo l’esistenza di rapporti sessuali tra ilpresunto padre e la madre naturale” 26.

APPROFONDIMENTI

Note1 La China, “Diritti umani: qualche precisazione”, in Riv. Trim. dir. Proc. Civ., 2012, 835 ss..2 C. M. Bianca, “Verso un più giusto diritto di famiglia”, in Justitia, 2012, 239: “La riforma non è una minaccia al matrimonio che ri-

mane l’insostituibile presidio a garanzia della stabilità e solidarietà del nucleo familiare”.3 F. Gilda, “La nuova legge sulla filiazione. Profili sostanziali”, in Corriere Giur., 2013, 4, 525. 4 C. M. Bianca, Diritto civile, I, II ed., Milano, 299.5 C. M. Bianca, Famiglia (diritto), in Enciclopedia delle scienze sociali, III, Roma, 1993, 780 ss.; C.M. Bianca, “Realtà sociale ed effet-

tiva della norma”, Scritti giuridici, I, t. 2, 883.6 C. M. Bianca, “Il momento giuridico dei valori della persona e della famiglia nel pensiero di Giorgio Oppo”, in Uomo, persona e di-

ritto. Giornate di studio in ricordo di Giorgio Oppo, Roma, 2013; C. M. Bianca, “Dove va il diritto di famiglia”, in Familia, 2011, 3 e ss.. 7 Cfr. Cass. Civ., sez. II, 7 aprile 1990, n. 2923; Corte Cost., sent. Nn. 2 giugno 1979, n. 55; 184/90; 341/90; 377/94 su www.dejure.it. 8 Cfr. Cedu, n. 34406/97, Mazurek vs. France; Cedu 7 febbario 2013, Fabrice vs. France; V. A. Diurni, “La filiazione nel quadro euro-

peo”, in G. Ferrando, “Il nuovo diritto di famiglia”, III, cit., 41 ss.; M. G. Cubeddu, “Diritto della filiazione in Europa, tra diritti ed inte-ressi della persona e di terzi”, in Ferrando e Laurini, La riforma della filiazione, in Quaderni di Notariato, Milano, 2013, 85 ss.

9 Cfr. “L’uguaglianza dello stato giuridico dei figli nella recente legge n. 219/2012”, in Giustizia civile, fasc. 5-6, 2013, pag. 205, suwww.dejure.it.

10 B. De Filippis, “La nuova legge sulla filiazione: una prima lettura”, in Famiglia e Diritto, 2013, 3, 291; nello stesso senso cfr. F. Gilda,“La nuova legge sulla filiazione. Profili sostanziali”, op. cit., 2013, 4, 525, ed ancora, secondo una lettura che già a suo tempo prospet-tava L. Carraro,” La vocazione legittima alla successione”, Padova, 1979, 43 ss..

11 Si veda l’art. 1, paragrafo 2, del Draft Recommendation (Cm/Rec (2012) to member states on the rights and legal status of childrenand parental responsibilities: «In particular, children should not be discriminated against on the basis of the civil status of their parents».

12 L’obiettivo è spiegato nell’Explanatory Memorandum posto in appendice al Draft Recommendation (Cm/Rec (2012) to member sta-tes on the rights and legal status of children and parental responsibilities, cit., sub art. 1, comma 2: «Paragraph 2 emphasises that chil-dren should not be discriminated against to the civil status of their parents. In providing this, the recommendation is not to be read asobliging strictu sensu member states to recognize all form of partnership, for example same-sex relationships».

13 Relazione illustrativa dello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri il 12.07.2013, pag. 34, su www.go-verno.it.

14 Per un commento più approfondito, L. Avignano, “Equiparazione di figli legittimi e naturali: gli effetti successori”, Rivista Venti-quattrore Avvocato – Il Sole 24 Ore, ottobre 2013 n. 10, pp. 18-19.

15 Cass. Civ., Sez. II, 2 febbraio 2011 n. 2424, su www.dejure.it.16 L. Avignano, “Equiparazione di figli legittimi e naturali: gli effetti successori”, già cit., ottobre 2013 n. 10, cit., pp. 18-19.17 Lina Avignano, “Equiparazione di figli legittimi e naturali: gli effetti successori”, già cit., ottobre 2013 n. 10, cit. pp. 19-21.18 V. Barba, “La successione mortis causa dei figli dal 1942 al disegno di legge recante «Disposizioni in materia di riconoscimento dei

figli naturali»“, Famiglia, Persone e Successioni ottobre 2012, p. 665.19 Relazione illustrativa dello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri il12.07.2013, cit., p. 36.20 Relazione illustrativa dello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri il12.07.2013, cit., p. 37.21 Relazione illustrativa dello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri il12.07.2013, cit., p. 37.22 Relazione illustrativa dello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri il12.07.2013, cit., p. 38. 23 Cfr. sul punto Trib. Catanzaro, 5 marzo 2013 su www.dejure.it.24 Cfr. Tribunale di Milano , 29 aprile 2013, su www.ilcaso.it.25 Cfr. Tribunale di Velletri, 8 aprile 2013, su www.dejure.it.26 Cfr. Cass. Civ., Sez. I, 19 novembre 2012 n. 20235, su www.dejure.it.

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IN LIBRERIA

In libreriaa cura dell’avv. MARIA LIMONGI

MAURO PALADINIE CLAUDIO CECCHELLA La riforma della filiazione,1° quaderno della Scuoladi formazione dell’Osservatoriosul diritto di famigliaPro.Form Editore, 2013

La nuova casa editrice Pro.Form.nella collana “Itinerari legislativi”presenta il 1° quaderno dellaScuola di Formazione dell'Osser-vatorio sul diritto di famiglia acura di Claudio Cecchella e MauroPaladini dal titolo “La riformadella filiazione. La legge 10 di-cembre 2012, n. 219”. Nel volume vengono affrontatitutti i temi sia di diritto sostan-ziale che di diritto processualegrazie al contributo di autorevolistudiosi della materia di diritto difamiglia. Nell'introduzione al vo-lume, curata dall' Avv. GianfrancoDosi - Presidente dell'OsservatorioNazionale sul diritto di Famiglia -si pone da subito l'accento sul

senso della nuova normativa cheappunto elimina ogni discrimina-zione giuridica riguardante lo sta-tus filiationis, riaffermazione di unprincipio già facente parte del di-ritto vivente grazie alla ratifica nel1991 della Convenzione di NewYork del 1989 sui diritti dei mi-nori. Parità che però non trova unacompleta attuazione nella nuoveregole processuali, dove come sot-tolineato dall'Avv. Prof. ClaudioCecchella rimane, pur nella mo-difica dell'art. 38 disp. att. c.c. (conl'unificazione delle competenzein favore del tribunale ordinario),una ripartizione delle compe-tenze ed una diversificazione deiriti per le azioni de potestate. Sui profili sostanziali si registranoi contributi del Prof. FrancescoProsperi sull'unicità dello statusfiliationis, dell'Avv. Luca Barbarosulla disciplina unitaria del co-gnome e dell'Avv. Tiziana Cecca-relli sulla delega al governo di cuiall'art. 2 della l. 219/2012, nonchéil contributo del Prof. Mauro Pala-dini in cui vengono sviluppatitemi relativi alla nuova disciplinadella potestà, all'ascolto del mi-nore. Sui profili processuali i contributidell'Avv. Giancarlo Savi sul ruoloprocessuale del minore e del Prof.Angelo Lupoi sui nuovi art. 250c.c. e 315 bis c.c.In calce al volume un'utile ap-pendice normativa di pronta con-sultazione. Luci ed ombre della nuova nor-mativa vengono quindi affrontatedagli autori con spirito critico of-frendo al lettore un utile stru-mento di approfondimento siateorico che pratico grazie alle so-luzioni interpretative offerte.

Avv. Gianluca Vecchio

DARIO BUZZELLI La Famiglia Composita.Jovene Editore Napoli, 2012Riuscire a far convivere in modoarmonioso una famiglia “tradizio-nale” ed a volte eterogenea non èfacile. L’esperienza quotidiana ci

porta spesso a “sbuffare” quandoil nostro quotidiano si intrecciacon i parenti. A quanti è capitatodi dover fare fronte agli interventidel suocero, genero, cognato nelleproprie dinamiche familiari; ine-vitabilmente si creano i presup-posti per situazioni equivoche,per l’insorgere di incomprensioni,ed a volte per accuse vicendevolianche per futili motivi. Se poi siinserisce qualche personaggio,estraneo che subentra a figure diriferimento del nucleo familiareed affiancando la mamma o ilpapà, il quadro si potrebbe com-plicare ulteriormente… oppureno?! La famiglia “composita”.Un’indagine sistematica sulla fa-miglia ricomposta: i neo coniugio conviventi, i figli nati da prece-denti relazioni e i loro rapportianalizza e ripercorre i passaggiattraverso i quali è dovuta transi-tare la famiglia tradizionale. Pren-dendo le mosse dal venir menodell’unitarietà dell’istituto dellafamiglia e del concetto e la no-zione consegnata ai codici ed alleleggi del secolo scorso, l’Autore siaddentra in un’indagine del plu-ralismo delle comunioni e deiprogetti non individuali di vitaevidenziando le criticità e le la-cune degli istituti previsti e tute-lati dall’Ordinamento nonché daquelli nuovi di derivazione giuri-sprudenziale. Non a caso l’Autoreevidenzia sin dai primi capitolicome il Legislatore sia restio a

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IN LIBRERIA

considerare e regolamentare inmodo specifico le seconde nozzeladdove l’impianto normativo as-simila il secondo matrimonio alprimo. Tale impostazione è limi-tante in ragione delle scelte di-verse dal contrarre le secondenozze che oggi possono esserecompiute dai singoli quali la co-munione more uxorio. Tale impo-stazione che prosegue nell’interotesto è tesa ad analizzare i profiligiuridici della famiglia ricompo-sta alla luce delle problematichesottese ai diritti ed ai doveri deinuovi coniugi che possono inter-ferire con le corrispondenti situa-zioni soggettive di cui possono ri-sultare titolari gli stessi coniugiper effetto del precedente matri-monio.Ed infatti l’Autore si sofferma nel-l’esame dei vari diritti che pos-sono essere riconosciuti al co-niuge separato e le modalità at-traverso le quali il diritto dell’expossa interferire con il diritto delpartner attuale; ponendosi inter-rogativi e dando parimenti dellesoluzioni anche attraverso i nu-merosi richiami in nota. Seguel’ulteriore disamina relativa alrapporto del nuovo partner con ilfiglio dell’altro anche in ragionedelle nuove norme a tutela dellabigenitorialità e la loro applica-zione nella vita reale nonchél’analisi della relazione tra ilnuovo partner ed il figlio dell’al-tro nel momento in cui quest’ul-timo diviene padre ovvero nelcaso di adozione ovvero nel casodi introduzione nel nucleo “legit-timo” del figlio naturale. Il testoha un taglio teorico-pratico e ri-sulta ben argomentato e svilup-pato e si propone quale buon te-sto per il Professionista che operanel settore… sia concesso a que-sto punto concludere eviden-ziando che anche in caso di fami-glia composita non si possa ne-gare tuttavia che si possono veri-ficare momenti di tranquilla con-vivenza e di spiritosa ed allegrapartecipazione a fatti che nor-malmente accadono in ogni fami-glia.

OLGA ANASTASIIL DIVORZIO COLLABORATIVOCapponi Editore, 2013

Nel caos emozionale che pre-cede, perdura e segue la fine diun rapporto, è possibile gestire laconflittualità in modo collabora-tivo?Gli americani ci hanno provato,ed hanno elaborato delle strate-gie di negoziazione per portare ipartner a scegliere l’ottimo dilungo periodo su quello, più con-tingente, del breve.

Anche perché – come è nel-l’esperienza di tutti – il successoimmediato (un assegno più alto,l’ affidamento dei figli etc…) puòrivelarsi una vittoria di Pirro (luismette di pagare, figli psicologi-camente distrutti…); ed il caricoemozionale che deriva da con-flitti non risolti può rovinare, inun crescendo di fantasmi e recri-minazioni, anche la nuova vita dichi crede di aver “vinto”.Trasformare il dolore in un mo-mento di crescita è, però, possi-bile: ma occorrono tre cose.Primo: il rispetto dei tempi emo-zionali di ciascuna parte. Può ac-cadere che, mentre per uno deiconiugi il rapporto sia già esau-rito, l’altro cerchi ancora un con-tatto attraverso pretesti di litigio.La fenomenologia può essere di-versa - dalla regolamentazionedelle visite ai figli al servizio da

caffè di nonna Assunta-; le pre-tese dichiarate tutte più o menoapparentemente fondate; ma laragione di fondo quasi sempre èunica: una delle parti non è vera-mente pronta al distacco. Viste in questo modo, le ragionidell’ostilità non sono occasionedi giudizio sulla maturità/imma-turità-adeguatezza/inadegua-tezza-bontà/cattiveria delleparti, ma chiavi di lettura delledinamiche di coppia. La com-prensione di questi modelli diazione emozionale, spesso in-consci, ed il rispetto del dolore edello smarrimento che rappre-sentano, costituisce il primo tas-sello per uno scioglimento armo-nico del rapporto. Secondo: responsabilizzazionedelle parti sulla posizione avutain coppia e sulle cause dello scio-glimento, in modo che nessunasi consideri vittima della forzaprevalente dell’altra. Anche neirapporti più sbilanciati, i pianidel carnefice sono negli occhidella vittima: la presa di co-scienza sul proprio ruolo e sulleconseguenze del proprio atteg-giamento, riporta in entrambi ipartner la fiducia sulla possibi-lità di “essere in controllo”dellapropria vita, ed impedisce i ri-sentimenti dovuti alla perce-zione di aver subito ingiustizieed abusi.Terzo: una distribuzione patri-moniale equa. Nel divorzio colla-borativo l’obiettivo non è riusciread avere il massimo possibile,ma trovare una soluzione dicompromesso che eviti l’accen-dersi di liti future o il continuo ri-negoziamento delle condizioni diseparazione. Ovviamente, in questo quadro lafigura dell’avvocato deve esserecompletamente ripensata, poi-ché non si tratta più di vincereattraverso una prova di forza oun’astuta eccezione processuale,ma di costituire e coordinare unteam (psicologo, mediatore, sti-matore dei beni) con cui pro-grammare un settlement dilungo periodo. In ciò, all’avvo-

cato non è chiesto di essere me-diatore imparziale, ma di assi-stere tecnicamente la parte, conla rilevante differenza di spin-gerla verso soluzioni che abbat-tono – e non incrementano – laconflittualità. La conoscenza della legge di-venta fondamentale in tutti e trei momenti, perché le regole –seadeguatamente presentate- of-frono alle parti un criterio ogget-tivo per valutare i supposti abusiaffettivi, fisici e patrimoniali. Armonia, non vittoria; preva-lenza del “noi” sull’ “io”: questodeve essere lo scopo del profes-sionista, che addirittura mettenero su bianco il suo impegno anon assistere la parte in caso iltentativo della strada collabora-tivi fallisca. Una rivoluzione copernicana,quindi, nel modo di impostare lapropria opera professionale, cheil bel libro di Olga Anastasi ha ilmerito di proporre e dimostrarepossibile; nonché un’indicazionechiara di quello che dovrebbe es-sere il buon avvocato di famiglia:una figura che sappia unire all’alto tecnicismo, profonda sensi-bilità e buon senso.

Avv. Benedetta Piola Caselli

ALARICO MARIANI MARINIE UMBERTO VINCENTILe carte storiche dei dirittiRaccolta di Carte, Dichiarazionie Costituzioni con noteesplicativePisa University Press, 2013L’uomo ha bisogno di regole giu-ridiche per poter vivere e per po-ter condurre una esistenza paci-fica all’interno di un consesso so-ciale. Il volume è il frutto dell’at-tività di studio e di ricerca curatada Alarico Mariani Marini e Um-berto Vincenti con la collabora-zione della Scuola Superiore del-l’Avvocature e del Consiglio Na-zionale Forense e ripercorre attra-verso le Costituzioni storichel’evoluzione del diritto e, soprat-tutto, dell’individuo laddove deveintendersi non tanto l’individuo

monolite ma in quanto elementofacente parte di un unicum che al-tro non è se non il contesto so-ciale nel quale viene ad interagirecon altri individui. Il testo pro-pone un excursus dei capisaldi deldiritto ed iniziando dall’esamedella Magna Charta libertatum pro-seguendo con il trattato di Westa-falia del 1648 e del Bill of rights del1689 per giungere – attraverso al-tri – alla dichiarazione di indipen-denza degli Stati Uniti d’Americaed alle Dichiarazioni dei dirittidell’uomo e del cittadino del 1793e dei diritti e doveri dell’uomo edel cittadino del 1795 giungendoal commento delle Costituzionipre-unitarie quali la Costituzioneromana del 1798, della RepubblicaNapoletana del 1799 ovvero delloStatuto Albertino del 1848. Il let-tore è accompagnato dai varicommenti attraverso un percorsodove in modo inversamente pro-porzionale lo Stato cede all’indi-viduo e l’individuo diviene og-getto di normazione specifica epuntuale con la Legge che si ponecome baluardo rispetto ad inge-renze di terzi e dello Stato stesso.La Legge così assurge ad espres-sione della volontà generale chenon può e non deve essere disat-tesa né dall’individuo né dalloStato così come i diritti degli indi-vidui non possono essere limitatise non in forza della volontà po-polare e del principio generale per

il quale la libertà consiste nel nonnuocere al diritto altrui (art. 2 di-chiarazione dei diritti e dei doveridell’uomo e del cittadino). Il testopermette così di evidenziare i varipassaggi attraverso i quali il di-ritto dell’individuo si è affermatorispetto alla prevaricazione delpiù forte nonché la volontà gene-rale ha sostituito il comune sen-tire dei popoli ed ha così realiz-zato le fondamenta degli Stati didiritto. Una raccolta quale “ulte-riore contributo alla formazione cul-turale di quei giovani che scelgonol’avvocatura non già come percorsoper accedere ad un mercato di servizi,ma soprattutto per svolgersi una fun-zione sociale protesa alla difesa, inuno stato democratico, dei diritti edelle libertà di ogni persona”.

MAURO AGOSTOROSARIA CAPOZZIFormulario del matrimoniocanonicoEUPress FTL, 2013

Mauro Agosto, docente di LinguaLatina presso la Pontificia Univer-sità Lateranense, e Rosaria Ca-pozzi, avvocato civilista e canoni-sta, presentano il loro lavoro con-giunto, risultato della rispettivaesperienza, dedicato alla raccoltadi esempi di scrittura tecnica re-lativa ai motivi di nullità del ma-trimonio canonico al fine di una

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migliore comprensione della ma-teria resa difficoltosa dall’impiegodella lingua Latina nella praticadel tribunale della Rota Romana. Ciascun motivo di nullità del ma-trimonio canonico è affrontato:Simulazione totale, simulazioneparziale, incapacità a contrarrematrimonio, errore, condizione,vis et metus, impotentia coeundi,difetto di forma.L’istituto matrimoniale canonicoè messo in luce attraverso schemi

esemplificativi di casi pratici difrequente riproposizione nellaprassi e giurisprudenza attuale.Sono riportati tutti i modelli discrittura tecnica relativi a casiconcreti accompagnati da unatraduzione latina letterale capacedi esprimere in modo fedele echiaro la complessità dei concettie dei pensieri giuridici canonici. L’esperienza latinista del prof. M.Agosto incontra l’esperienza ca-nonista dell’avv. R. Capozzi che,

in modo particolareggiato e pecu-liare, offrono uno strumento utilenon solo agli studenti di dirittocanonico per i quali è pensato,ma anche ai Professionisti edoperatori di diritto coinvolti dallamateria e che di occupano delsettore. Formule esplicative delladottrina e riferimenti giurispru-denziali completano e rendonoulteriormente concreta, sempliceed efficace la consultazione ecomprensione dell’opera.